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  • LUNEDÌ 15 FEBBRAIO 2016 11

    Primo piano PREZIOSAACQUISIZIONE

    Il presidente: «Presto l'archivio sarà anche consultabile»

    Andrei: «Una donazione a noiè una donazione alla città»

    CARPANELLIAmore per il passato nell'innovazioneUnico architetto italiano allievo di Mies van der Rohe dona il suo archivio alla Fondazione CariparmaDalla Camera di commercio alle nuove Poste: ha cambiato il volto di Parma negli anni della ricostruzione

    IL PATRIMONIOIl patrimonio che entra nella collezione di Palazzo Bossi Bocchiè un «tesoro» di circa 600 disegni su supporto cartaceo.All'inizio della carriera l'architetto Carpanelli lavorava a mano,su carta lucida. I progetti erano piccoli capolavori diprecisione grafica. Poi è arrivato il tecnigrafo e dopo ancora ilcomputer. L'archivio rappresenta, a tutti gli effetti, un viaggionella storia dell'architettura contemporanea. Tutti i progetti,rigorosamente catalogati e schedati in ordine alfabetico, sonoconservati, arrotolati, in tubi cilindrici.

    Katia Golini

    L'architetto Franco Carpanelli dona al-la Fondazione Cariparma il suo enor-me archivio di disegni e progetti. Dadue anni ha cessato l'attività, ora chiu-de lo storico (e bellissimo) studio incentro storico e lascia alla città un pa-trimonio di inestimabile valore. Car-panelli è il «padre», tra l'altro, dellaCamera di commercio, delle Poste cen-trali di via Pastrengo e dei primi palazziper uffici interamente in vetro realiz-zati tra viale Mentana e viale Fratti.Dagli anni Sessanta in poi è stato tracoloro che hanno cambiato il volto diParma, catapultandola nella moderni-tà attraverso interventi all'avanguar-dia, all'insegna dell'internazionalità.

    «E pensare che sono vi-vo per miracolo. Chil'avrebbe mai dettoche sarei arrivato finoa qui?». Scampato a

    un eccidio nazista nel '44, Franco Car-panelli racconta la sua vita da romanzo,con la verve di un ragazzo che quest'an-no compie 93 anni. Giocare gli piace an-cora. Colleziona animaletti danzanti,animati dalla forza cinetica: il picchioche becchetta l'albero, il gabbiano sospe-so che sbatte le ali, il piccolo carabinierea cavallo che galoppa in aria. C'è qual-cosa di magico ai suoi occhi in queglioggetti dal meccanismo perfetto. Si di-verte a toccarli per metterli in moto. «So-no rimasto un po' bambino» sorride. «Epoi credo molto nella capacità espressivadelle mani. Lo dico sempre ai ragazzi:“Non utilizzate solo il mouse. Privilegiatela manualità, mi raccomando”». A sup-porto della tesi ricorda una delle ultimeinterviste di Ettore Scola nel salotto diFabio Fazio: «Alla domanda: “Quale og-getto si porterebbe via se potesse sce-glierne uno soltanto?”. Il grande registarispose: “La matita”. L'episodio mi è sem-brato tanto significativo che l'ho raccon-tato ai ragazzi delle scuole durante unrecente intervento in pubblico in ricordodi Camillo Rondani. Hanno ascoltato erecepito il messaggio. Alla fine mi hannotributato un lungo applauso».

    UNA MINIERA DI ESPERIENZECarpanelli è una miniera di sapere, unfiume di esperienze. Nasce a Livorno nel'23, da padre parmigiano, e vive la gio-vinezza in Toscana, terra che gli ha la-sciato l'inflessione inconfondibile che dàgrazia alla parlata spigliata e una ricchez-za lessicale impeccabile. E' proprio in To-scana, tra l'altro, che conosce Frank LloydWright, il grande architetto americano,all'epoca in Italia per il suo «grand tour».Adora la cultura in tutte le sue espres-sioni. Ama il passato e adora l'innovazio-ne. Non a caso è presidente dell'Accade-mia nazionale di belle arti di Parma e diItalia Nostra. Può citare Sant'Agostino eJacques Maritain senza batter ciglio, sal-tellare dall'arte alla letteratura, senza maiscadere nella banalità dei luoghi comuni.L'architettura è però la materia predilet-ta, sua vera passione. Di architettura havissuto e all'architettura ha dedicato l'e-sistenza. La sua parola d'ordine? «Armo-nia». Il filo rosso del suo lavoro: la ra-

    nn Una grande soddisfazione. E ungrande orgoglio. La gioia dello scam-bio riguarda entrambe le parti. Il do-natore in primis: «La Fondazione Ca-riparma è l'ente che meglio di chiun-que altro sa conservare e valorizzarebeni d'arte preziosi e custodire la me-moria storica della nostra città. In unambiente di qualità, con la cura e ilrispetto dovuto». L'architetto FrancoCarpanelli ne è convinto. Tanto cheaggiunge: «E' davvero un momentoimportante per me: poter lasciare inottime mani l'intero mio archivio mirasserena e mi rende orgoglioso. Tuttii miei progetti, pensati e realizzati so-prattutto per Parma non potevano tro-vare migliore collocazione».

    «Siamo noi a ringraziare. Siamo noiorgogliosi di questa acquisizione - dicePaolo Andrei, presidente della Fonda-zione Cariparma -. Ciò che viene do-nato alla Fondazione viene donato allacittà. In questo atto che l'architettoCarpanelli ha voluto compiere c'è unagenerosità che va a vantaggio dell'in-tera comunità. Si tratta di un patri-monio dal punto di vista culturale eprofessionale davvero significativo, unpatrimonio di valenza storica. Orgoglioe soddisfazione riguardano anche ilfatto che presto saremo in grado direndere consultabile il materiale. Delresto tra le nostre finalità c'è propriola diffusione della cultura in tutte lesue forme».

    gione unita al senso del bello. «In archi-tettura le parole chiave sono forma, mi-sura e numero - spiega -. E' fondamentaleil modulo che, ripetendosi, produce ar-monia. Non sai perché, ma la senti aleg-giare nell'aria. Questa è la bellezza».Dei grandi architetti è stato amico. Ri-vivono, nel suo racconto, i protagonistidella modernità. Prendono forma reale,come in un film, giganti spiegati nei libridi storia dell'arte. Dalla cartellina ingial-lita, esce il carteggio con Le Corbusier,Alvar Aalto, Walter Gropius, Pier LuigiNervi, colossi dell'avanguardia, fondato-ri dell'architettura moderna e padri deldesign. Fra tanti amici, nel cuore Car-panelli ne ha uno in particolare, il suomaestro: «Mies van der Rohe era dav-vero grande. Voleva essere chiamato pernome. Credo di essere stato l'unico ar-chitetto italiano nei primi Anni Cin-quanta a studiare e progettare nella Gra-duate School of Design con lui. Alloraero giovane, disegnavo per lui pezzettiminuscoli di grattacieli. Parlava poco enon gli piacevano le persone che par-lavano troppo. Il linguaggio che predi-ligeva era il lavoro. Il suo motto, quelloper cui anche i non addetti ai lavori loconoscono, era “The less is more” (il me-no è più). Ed è proprio vero: solo chi nonsa fare aggiunge. Al contrario, chi sa faretoglie. Tutti gli architetti ancora oggi de-vono confrontarsi con questa regola».

    DA FIRENZE A CHICAGODalla facoltà di Architettura a Firenze (do-ve si laurea nel '49) vola immediatamentea Chicago, negli Stati Uniti, sede di unafamosa scuola di specializzazione a cui ac-cede grazie a una borsa di studio (vince ilFulbright Scholarship all'Illinois Instituteof Tecnology). Il mondo si svela ai suoiocchi. Guarda, ascolta e impara. Sono glianni Cinquanta, l'America è il centro delmondo. «Era facile incontrare personalitàdi interesse internazionale. Per motivi po-litici e razziali si erano trasferiti negli StatiUniti i fondatori del Bauhaus, per questo

    ho avuto modo di conoscere tante personeche hanno fatto la storia».C'è un incontro in particolare che Carpa-nelli ha scolpito nella memoria. Nulla ache fare con l'architettura: «ConobbiEnrico Fermi alla prima americana di“Miracolo a Milano”, presentato personal-mente da Vittorio De Sica alla Interna-tional House di Chicago nel 1952. In se-guito mi invitò al Congresso internazio-nale di Fisica in Michigan Avenue ove lonominarono presidente onorario della So-cietà internazionale di fisica. Mi commos-se il fatto che un italiano, seppur celebre,in terra straniera, ricevesse un un ricono-scimento così importante. Mi fece sentire

    orgoglioso e meno solo. Siamo diventatiamici. Da quel giorno lo accompagnavospesso a passeggiare sulle rive del lago Mi-chigan. L'inventore della bomba atomicaera un uomo semplice, gentile e ingenuo».La splendida esperienza americana segnaper sempre la vita, professionale e per-sonale, del giovane architetto. Il bagagliocolmo di conoscenze e entusiasmo lo aiu-ta a farsi notare. Rientrato in Italia si gua-dagna un posto da docente all'Universitàdi Bologna. Fa ricerca, insegna e insiemeprogetta. Vince concorsi nazionali (duemolto importanti per il ministero degliAffari esteri e per il Consiglio nazionaledelle ricerche) che lo mettono in luce sul-la piazza italiana. Decisivo il concorso na-zionale del 1953 per la stesura del nuovoPiano regolatore di Parma, che da quel-l'anno diventa la sua città.

    LA RIBALTA INTERNAZIONALEInsegna e inventa, l'architetto Carpanel-li. Prosegue la carriera accademica (per30 anni è il direttore dell'istituto di ar-chitettura e disegno della facoltà di In-gegneria all'Università di Parma), e in-sieme lavora a progetti per grandi edificipubblici in varie città da Nord a Sud (ca-serme, strutture sanitarie, edifici univer-sitari). Il giovane professionista, allievodi Mies van der Rohe, che sa coniugarel'avanguardia alle esigenze pratiche, ilbello al funzionale, è molto gettonato.Vince concorsi, tiene conferenze in giroper il mondo. Le università americane selo contendono e lui, che adora viaggiare,va ovunque ci sia qualcosa di nuovo dascoprire. E' del '57 il progetto di cui vapiù orgoglioso: «Partecipai al concorsointernazionale indetto da Wiesenthal delCentro Ebraico di Vienna per il Memo-rial del campo di sterminio di Auschwitz.Oltre 700 i partecipanti da tutto il mon-do. Una soddisfazione infinita per me».La proposta più intrigante arriva nel '62dalla prestigiosa Harvard University(Cambridge, Massachusetts): il preside,il celebre architetto Jose Luis Sert vor-rebbe tanto Carpanelli nella sua squadradi docenti. Arriva a dargli carta biancasu qualsiasi forma di collaborazione e,addirittura, di retribuzione. Niente dafare: Carpanelli è disposto a tenere le-zioni in ogni università, ma non lasciaParma. Negli stessi anni collabora con laScuola di architettura del Politecnico diVarsavia in Polonia, invitato personal-mente dal ministro dell'Istruzione, e Ri-chard Neutra lo vuole al suo fianco perun progetto a Maracaibo in Venezuela.La ribalta internazionale prosegue pertutti gli anni Settanta e Ottanta. Nel '72prende contatti con la Scuola di archi-tettura di Shangai e Pechino, parteci-

    pando alla prima missione culturale eprofessionale del governo italiano in Ci-na. Nel 1988 torna a Chicago per unaserie di conferenze in occasione del cen-tesimo anniversario della nascita diLudwig Hilberseimer.

    CARRIERA IN ITALIANel '58 consegue la Libera docenza incomposizione architettonica. Si guada-gna il titolo con una determinazione chelo porta ad arrivare primo nella gradua-toria nazionale. La motivazione è a dirpoco lusinghiera: la commissione gli ri-conosce all'unanimità «una non comu-ne preparazione culturale, maturità dipensiero, attitudine alla ricerca e spic-cate qualità didattiche».Carpanelli è ormai parmigiano a tutti glieffetti. Su Parma concentra le sue ener-gie inventive, in un ambiente carico dientusiasmo e voglia di fare. C'è una cittàda ricostruire. Come non ricordare il suoprogetto di ricostruzione «Com'era e do-v'era» del Neoclassico palazzo ducale delBettoli in piazzale della Pace; progettomai realizzato nonostante l'unanimeconsenso ottenuto al referendum. A me-tà degli anni Sessanta arriva una dellesfide più toste: inizia a pensare il pro-getto per la Camera di commercio. Lamodernità avanza, serve un luogo adhoc: «Una novità assoluta. Doveva in-globare anche la Borsa merci, che fino adallora svolgeva l'attività all'aperto, inpiazza Garibaldi. Erano i tempi in cui icontratti si stipulavano con una strettadi mano». L'edificio di via Verdi vieneinaugurato nel 1970 e per il progettista èuna specie di «battesimo di fuoco». Lasua attività continua incessante. Si de-dica ad altre progettazioni, tra cui il pa-lazzo direzionale delle Poste e telecomu-nicazioni di via Montebello, l'Istituto tec-nico industriale di via Toscana, i grandimagazzini Coin in via Mazzini, il com-plesso direzionale tra viale Fratti e vialeMentana (realizzati in vetro, un'innova-zione assoluta per Parma), il Cepim diFontevivo, il Consorzio agrario, oltre aresidenze private, strutture per uffici ecommerciali in centro storico.Eccola qui, elencata tutta d'un fiato, lacarriera professionale di Franco Carpa-nelli. La sintesi - impossibile elencarlanella sua completezza - delle opere rea-lizzate però non contiene il resto. Oltreche per l'architettura, l'amore per l'arte,ad esempio. «Ho sempre adorato RemoGaibazzi, un uomo libero. Rifiutò di la-vorare con uno dei più importanti gal-leristi americani, che lo avrebbe reso fa-moso, solo perché non voleva vincoli. Sedovessi dire di altri artisti con cui sento diavere un certo feeling direi che mi piacel'Informale - dice guardando “La stragedi innocenti” del 1964 firmata Vasco Ben-dini -. Era un grande, forse il più grandepittore informale italiano. L'Informale è ilgenere che preferisco, impegna l'uomo inmodo più profondo del figurativo».Amici, incontri, esperienze, viaggi. Unaproduzione professionale ingente. Ununico rimpianto: «Avrei sempre volutoprogettare un grattacielo. Non ovviamen-te a Parma, città bellissima, che va sal-vaguardata e protetta con amore nei suoiaspetti storico, artisti e architettonici».u

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    eIl principio«Il modulo che si ripeteproduce armonia.E l'armoniaè bellezza»

    eL'inventore dell'atomica«Fermi era un uomogentile, semplicee ingenuo. Siamodiventati amici»

    Donazione Il presidente della Fondazione Cariparma Paolo Andrei con FrancoCarpanelli. In alto: l'architetto davanti al prezioso archivio di disegni e progetti.

    15/02/2016 Quotidiano 1502_gdp_Par - 11 Cronaca (Dispari)


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