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migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti – Modulo 2 1
Patologie dell’apparato respiratorio: informazioni essenziali per il
farmacista per migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti
Autore e responsabile scientifico: Prof. Antonio Ponticiello, Professore di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università Federico II, Napoli
Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a
fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.
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ECM.
Inizio evento: 11/01/2016; ID evento: 12-144214
Modulo 2. La farmacia come centro di servizi per l’assistito
Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il farmacista dovrebbe essere in grado di:
conoscere gli aspetti normativi e tecnologici relativi agli esami di laboratorio erogabili nella
Farmacia dei Servizi;
illustrare gli scopi principali delle prove di funzionalità respiratoria;
descrivere i quadri fisiopatologici associati alle malattie polmonari ostruttive e restrittive;
comprendere il funzionamento del monitoraggio dell’ossigenazione e il suo valore clinico.
Executive summary Le prove di funzionalità respiratoria consentono di classificare le malattie polmonari in malattie
polmonari ostruttive e malattie polmonari restrittive.
I valori di funzionalità respiratoria si basano su età, sesso, etnia, altezza e peso dei soggetti in rapporto ad analoghi individui sani utilizzati come campioni standard.
Nelle patologie ostruttive si determina una riduzione di tutti i flussi inspiratori ed espiratori a un dato volume polmonare. Nelle patologie restrittive si registreranno flussi aerei ridotti, che si
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accompagneranno però a una contestuale riduzione dei valori volumetrici rispetto ai pazienti portatori di sola malattia ostruttiva.
Il 97% delle molecole di ossigeno presenti a livello ematico si trova chimicamente legato all’emoglobina, che permette pertanto al sangue di trasportare da 30 a 100 volte più ossigeno di quanto possibile attraverso la sola dissoluzione.
L’assorbimento della luce rossa e infrarossa è notevolmente diverso tra emoglobina satura e emoglobina non satura; il pulsiossimetro è in grado di calcolare la percentuale di emoglobina satura presente nel torrente circolatorio.
Introduzione L’industrializzazione del mondo farmaceutico ha cambiato profondamente la farmacia e la professione del
farmacista. Nel tempo, infatti, è decisamente diminuita l’attività di preparazione dei farmaci e se, da un
lato, il farmacista è diventato un dispensatore di medicinali, dall’altro è aumentato l’aspetto professionale
che riguarda la misurazione dei cosiddetti parametri vitali (pressione arteriosa, glicemia ecc.) e soprattutto
il consiglio e l’educazione sanitaria ai fini della prevenzione e dell’uso corretto dei farmaci stessi. Ciò ha
contribuito a rendere la Farmacia, ancor più che nel passato, un centro di servizio affidabile e di rapido
accesso per gli assistiti che può e deve far parte dei programmi di informazione e di prevenzione.
Negli anni, infatti, buona parte delle farmacie si sono inoltre attrezzate per la misura di parametri utili al
monitoraggio o alla diagnosi di condizioni patologiche (a partire dalla misurazione della pressione
arteriosa). Questo settore è stato regolamentato a livello nazionale con l’emanazione della Legge del 18
giugno del 2009, n. 69, in particolare l’art. 11 che indica che “il Parlamento ha dato delega al Governo per
l’individuazione, con decreto legislativo, di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle
farmacie pubbliche e private nell'ambito del SSN”. Il 31 luglio 2009, il Consiglio dei Ministri ha poi
approvato lo schema di decreto legislativo (153/2009) attuativo della delega, con il quale sono stati
individuati i nuovi servizi e previste le necessarie modificazioni alla normativa attuale che regola il rapporto
tra le farmacie e il SSN.
Il passaggio successivo è stata la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei tre decreti attuativi e la stipula delle
convenzioni nazionali e regionali. Nell’ottobre 2010 sono stati messi a punto gli schemi di tre decreti (analisi
in farmacia, comprensive di test diagnostici e analisi di secondo livello; prestazioni di infermieri e
fisioterapisti; prenotazione delle visite specialistiche) che iniziano ad attuare la Farmacia dei Servizi e che il
Ministero della Salute ha inviato alla Conferenza Stato Regioni ove sono stati approvati a novembre 2010.
Il primo di tali decreti definisce le condizioni e i limiti delle prestazioni di prima istanza effettuabili in
farmacia, inerenti all’autocontrollo; il secondo, denominato “Erogazione da parte delle farmacie di
specifiche prestazioni professionali”, definisce i servizi erogabili in farmacia da parte di infermieri e
fisioterapisti, mentre il terzo è inerente alla prenotazione delle visite specialistiche ambulatoriali, al
pagamento delle quote che spettano al cittadino e al ritiro dei relativi referti.
Per il futuro ci si attende un ampliamento delle analisi effettuabili in farmacia e la sottoscrizione di accordi
che rendano possibile la prescrizione delle stesse analisi a carico del SSN.
Nel presente corso, si farà riferimento principalmente al primo dei tre decreti, che definisce i requisiti e le
modalità di attuazione dei test diagnostici in farmacia e delle analisi di secondo livello.
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I test diagnostici in farmacia e le analisi di secondo livello Il Decreto Ministeriale del 16 Dicembre 2010 (GU n. 57 del 19-3-2011), dal titolo “Disciplina dei limiti e
delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo ai
sensi (…) del decreto legislativo n. 153 del 2009”, definisce ambiti e modalità relative al tema dei test
autodiagnostici (Patient Self-testing, PST) in farmacia, fornisce per prima cosa la definizione di test
autodiagnostico, ovvero un’analisi che può essere gestita direttamente dal paziente presso la propria
abitazione, con finalità di autocontrollo, e che in caso di non completa autosufficienza o di fragilità, può
essere effettuata in farmacia con il supporto di un operatore sanitario. Le apparecchiature utilizzabili per
tali operazioni possono essere adoperate in farmacia anche per realizzare campagne di prevenzione e
programmi di educazione sanitaria.
Le analisi che possono essere effettuate in farmacia possono essere suddivise nelle analisi di prima istanza
(ovvero le analisi che rientrano nell’ambito dell’autocontrollo) e in quelle di secondo livello.
Al primo gruppo appartengono:
la misurazione della glicemia;
la misurazione dei livelli di trigliceridi e di colesterolo;
la misurazione in tempo reale di creatinina, transaminasi, emoglobina, emoglobina glicata ed
ematocrito;
i test di gravidanza, i test di ovulazione e i test di menopausa per la misura dei livelli dell'ormone
FSH presenti nelle urine;
l’analisi del sangue occulto nelle feci;
le analisi per la misurazione dei componenti nelle urine, come proteine ed esterasi leucocitaria,
nitriti, pH, sangue, acido ascorbico, leucociti, chetoni, urobilinogeno e bilirubina.
Alle analisi di secondo livello, effettuabili in farmacia con dispositivi strumentali, appartengono invece:
la misurazione della pressione arteriosa con l’utilizzo di strumenti di tipo non invasivo;
l’auto-spirometria per la misurazione della curva flusso-volume;
l’analisi della saturazione percentuale dell’ossigeno attraverso l’utilizzo di tecniche non invasive
(saturimetro);
il monitoraggio non invasivo dell’attività cardiaca e della pressione arteriosa, in collegamento con
centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di specifici requisiti tecnici, professionali e
strutturali;
l’effettuazione di elettrocardiogrammi attraverso modalità di tele cardiologia, effettuati attraverso
un collegamento con centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di specifici requisiti
tecnici, professionali e strutturali.
I servizi di secondo livello erogabili con dispositivi strumentali Lo stesso Decreto 16 dicembre 2010 (GU n. 57 del 10-3-2011), dal titolo “Disciplina dei limiti e delle
condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo ai sensi (…)
del decreto legislativo n. 153 del 2009” , definisce le indicazioni tecniche relative all’utilizzo di dispositivi
strumentali per i servizi di secondo livello erogabili in farmacia.
Si fa espresso riferimento a:
dispositivi per la misurazione con modalità non invasiva della pressione arteriosa;
dispositivi per la misurazione della capacità polmonare tramite auto-spirometria;
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dispositivi per la misurazione con modalità non invasiva della saturazione percentuale
dell’ossigeno;
dispositivi per il monitoraggio con modalità non invasiva della pressione arteriosa e dell’attività
cardiaca in collegamento funzionale con i centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di
specifici requisiti tecnici, professionali e strutturali;
dispositivi per consentire l’effettuazione di elettrocardiogrammi con modalità di telecardiologia da
effettuare in collegamento con i centri di cardiologia accreditati dalle Regioni sulla base di specifici
requisiti tecnici, professionali e strutturali.
Occorre in questo caso distinguere due diverse tipologie di esami diagnostici: la misurazione della pressione
arteriosa, della capacità polmonare e della saturazione percentuale di ossigeno sono esami che non
necessitano di refertazione da parte dello specialista e che possono essere effettuati per automonitoraggio
da parte dello stesso assistito.
Nel caso di dispositivi per il monitoraggio della pressione arteriosa e dell’attività cardiaca e di
elettrocardiogrammi con modalità di telecardiologia la refertazione dovrà invece essere effettuata dal
medico specialista in cardiologia.
Sebbene trascenda gli obiettivi di questo corso esplicitare la corretta interpretazione del valori della
pressione arteriosa, occorre evidenziare alcuni punti chiave relativi all’automonitoraggio della stessa (vedi
Tabella 1).
Tabella 1. Potenziali vantaggi e svantaggi dell’automonitoraggio pressorio
Potenziali vantaggi La possibilità di ottenere misurazioni multiple determina una migliore valutazione della “reale” media dell’ipertensione arteriosa per la diagnosi e il monitoraggio (riducendo l’effetto della “inerente variabilità”) Una migliore classificazione dello stato ipertensivo grazie alla rimozione del problema dell’ipertensione da camice bianco e dell’ipertensione mascherata Miglioramento della motivazione del paziente nei confronti della patologia Convenienza per il paziente Miglior controllo pressorio a lungo termine
Potenziali svantaggi Le misurazioni sono di difficile interpretazione poiché le evidenze correnti sul rischio di morbilità e mortalità sono basate sulle tradizionali misurazioni cliniche Le attuali raccomandazioni sul trattamento sono basate sulle tradizionali misurazioni cliniche Vi è il rischio di ipermedicalizzazione Le misurazioni possono essere poco accurate Le normali variazioni della pressione arteriosa possono causare ansia nel paziente Richiede motivazione adeguata da parte del paziente e del medico
Fonte: McManus RJ, Glasziou P, Hayen A, et al. Clinical Reviews, blood pressure self monitoring: questions and answers from a national conference. BMJ 2008;337:a2732
Vista la tematica del corso, saranno ora trattate le metodiche a disposizione del farmacista in ambito
pneumologico.
I dispositivi a disposizione del farmacista in pneumologia Spirometria e saturazione dell’ossigeno ematico si dimostrano, da soli o in associazione, esami molto utili
per diagnosticare l’insorgenza e valutare la progressione delle principali malattie dell’apparato respiratorio.
La possibilità di effettuare questi esami anche in farmacia consente di semplificare al paziente il
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monitoraggio di patologie croniche di grande prevalenza come l’asma bronchiale e la Broncopneumopatia
Cronica Ostruttiva, così come di intervenire prontamente a fronte di una patologia acuta.
Le prove di funzionalità respiratoria (PFR) costituiscono uno strumento indispensabile per la valutazione
della funzione respiratoria risultando fondamentali nel verificare l’esistenza di un danno funzionale, nel
qualificarlo e nel quantificarlo. Sebbene i test funzionali da soli, ovvero senza le dovute correlazioni clinico-
radiologiche, non consentano una diagnosi di malattia, alcuni pattern funzionali sono fortemente suggestivi
di specifiche patologie. La funzione del polmone è di permettere lo scambio gassoso, cioè fornire ossigeno
ai tessuti e rimuovere l’anidride carbonica. Questo fenomeno avviene con la cooperazione di vari
sistemi/apparati:
respiratorio;
cardiovascolare (perfusione);
ematico (trasporto);
metabolico (muscoli respiratori, ecc.).
L’apparato respiratorio a sua volta può essere suddiviso in:
un organo di pompa (mantice) che permette la ventilazione polmonare:
1. gabbia toracica con i muscoli respiratori
2. i centri del respiro
3. conduzione nervosa afferente ed efferente
un organo di scambio gassoso dove avviene la diffusione alveolo-capillare di O2 e CO2: i polmoni.
Idealmente, le PFR dovrebbero valutare le diverse componenti separatamente, ma per quanto vi siano test
che esplorano i vari settori, avere una specifica valutazione di ogni singolo componente è difficile. Molte
prove misurano più componenti con risultati sovrapposti.
Le PFR possono essere classificate in test di primo livello:
spirometria e misura del picco di flusso;
test di broncodilatazione;
test di diffusione alveolo-capillare al monossido di carbonio;
ossimetria;
emogasanalisi arteriosa.
e di secondo livello:
resistenze delle vie aeree (pletismografia);
misurazione della forza dei muscoli respiratori;
misura della reattività bronchiale;
test da sforzo.
Le finalità delle PFR sono:
diagnosi di patologie polmonari (determinare se segni, sintomi rilevati sono di origine respiratoria);
monitoraggio e follow up di pazienti con patologia polmonare nota;
valutazione preoperatoria;
quantificazione del grado di disabilità in patologie polmonari e professionali (es. silicosi negli
addetti alla lavorazione del vetro, pneumoconiosi negli impiegati nell’estrazione e lavorazione
carbonifera, ecc.);
esecuzione di screening di sanità pubblica.
Le PFR, quindi, forniscono un valido aiuto al clinico per scegliere o modificare una determinata terapia
farmacologica o non farmacologica di supporto (come, ad esempio, terapia con broncodilatatori o
programmi di riabilitazione motoria e respiratoria eseguiti attraverso esercizi fisici specifici). Inoltre,
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svolgono un ruolo fondamentale nella ricerca clinica in pazienti sottoposti a specifici protocolli
sperimentali.
La spirometria La spirometria è il test più comune per valutare la ventilazione polmonare ovvero lo scambio d’aria tra
atmosfera (ambiente esterno) e alveoli.
Questo è un fenomeno periodico e automatico, che si realizza sotto il controllo centrale mediante
l’attivazione dei muscoli respiratori e di una serie di forze che producono variazioni di pressione capaci di
vincere alcune resistenza e di determinare un flusso aereo per cui un volume di aria di circa 0,5 l (Volume
Corrente, VC) viene inspirato ed espirato in condizioni di riposo.
Si tratta di uno strumento diagnostico particolarmente efficace e diffuso in quanto standardizzato,
indolore, facilmente riproducibile e oggettivo (vedi Tabella 2).
Tabella 2. Spirometria: indicazioni e controindicazioni
Indicazioni Controindicazioni
Definizione di sintomi aspecifici (dispnea, tosse, ecc.)
Infarto recente del miocardio (<1 mese) o angina instabile
Sospetto di malattie respiratorie, allo scheletro toracico, muscoli, nervi e cuore
Recente evento ischemico cerebrale, chirurgia oculare, toracica o addominale
Monitoraggio della terapia Pneumotorace recente
Valutazione preoperatoria Aneurisma aortico o cerebrale
Controllo in medicina del lavoro Emottisi
Screening sulla popolazione Trauma toracico recente
Embolia polmonare
Ipertensione non controllata
Per effettuare tale test è sufficiente un’unica manovra da parte del paziente, al quale si chiederà di
respirare normalmente, di svuotare i polmoni e inspirare rapidamente fino al livello della CPT (Capacità
Polmonare Totale = punto di massima inspirazione) ed effettuare un’espirazione forzata seguita da una
nuova inspirazione massimale. Occorre sottolineare che tali manovre sono sforzo-dipendenti e richiedono
da parte dell’esecutore la massima collaborazione e comprensione dell’esame stesso. È necessario che le
prove spirometriche vengano eseguite in presenza di un operatore in grado di seguire attivamente il
paziente e spingerlo con convinzione a effettuare l’esercizio richiesto, pena la non attendibilità dei risultati.
Al fine di ridurre i margini di errore saranno considerati validi i valori della migliore di tre prove accettabili
consecutive.
Con la spirometria si può:
verificare l’esistenza di un danno ventilatorio;
qualificare il danno (ostruttivo, restrittivo o misto);
stabilire l’entità del danno (lieve, moderato, severo).
Se la valutazione iniziale richiede un’anamnesi che trascende normalmente le capacità del farmacista, le
valutazioni successive, che possono essere utili nel monitorare la terapia o la progressione patologica, sono
di facile esecuzione e interpretazione rispetto ai valori basali precedentemente classificati.
Oggi gli spirometri a campana non sono più usati in quanto sostituiti dai pneumotacografi che sono in
grado di misurare contemporaneamente le variazioni di volume e dei flussi arei generati nel corso di una
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manovra forzata. Gli apparecchi devono soddisfare i criteri ATS/ERS di qualità, aggiornati nel 2005. È inoltre
richiesto che gli spirometri siano muniti di termometro o producano valori corretti di temperatura corporea
a pressione ambientale completamente satura di vapore acqueo (Body Temperature Pressure Saturated,
BTPS).
La misurazione dei volumi polmonari rappresenta la prima indagine di funzionalità respiratoria. Attraverso
un’unica manovra, di relativo facile apprendimento, si ottiene la misura riproducibile dei volumi di aria
mobilizzabili, inspirati ed espirati, che stimano la funzione ventilatoria di un individuo. Le principali
informazioni fornite dalla spirometria riguardano le modificazioni di:
• volumi polmonari statici (indipendenti dal tempo);
• volumi polmonari dinamici (misurati in relazione al tempo nel corso di una manovra respiratoria
forzata);
• flussi aerei generati nel corso di una manovra espiratoria forzata.
Sono definiti quattro volumi e quattro capacità polmonari, laddove una capacità polmonare
consiste nella somma di due o più volumi polmonari. I volumi polmonari sono: volume corrente
(VC), volume di riserva inspiratorio (VRI), volume di riserva espiratorio (VRE) e volume residuo
(VR) (vedi Figura 1).
Figura 1. Volumi polmonari statici
CI
CPT
CFR
CV
VRI
VC
VRE
VR
Volumi polmonari statici (espressi in L)
Volumi polmonari dinamici
• Il volume espiratorio massimo al primo secondo
(VEMS o FEV1) in L/sec
(VPM: ventilazione polmonare massima per minuto
in L/min)
Le capacità polmonari sono capacità polmonare totale (CPT), capacità inspiratoria (CI), capacità
funzionale residua (CFR) e capacità vitale (CV).
Tali volumi e capacità sono illustrati anche nella Figura 2 dove viene riportato il classico tracciato
di un vecchio spirometro a campana.
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Figura 2. Volumi e capacità polmonari
Normalmente, nell’adulto maschio, il VC ha un valore di 500 ml, corrispondente al volume d’aria
mobilizzato durante la respirazione tranquilla. Il VRI ha valore pari a 3100 ml. Il VRE è di circa 1200 ml,
mentre il VR è stimabile in circa 1200 ml. Ne risulta che la CPT ha un valore di circa 6000 ml (massimo
volume d’aria che può essere contenuto nel torace), la CI pari a 3600 ml, la CFR a 2400 ml e la CV pari a
4800 ml.
La misurazione del volume residuo (VR) rappresenta il problema più complesso, in quanto corrisponde a
una quantità d’aria non mobilizzabile, che rimane cioè all’interno dei polmoni anche al termine di una
manovra espiratoria forzata. Per quantificare tale volume d’aria ci si avvale di metodiche più complesse
quali la diluizione di gas inerti (residenti come l’azoto o inalati come l’elio) o della pletismografia corporea.
Lo studio dei volumi polmonari dinamici si effettua con la letture delle curve volume/tempo e
flusso/volume (vedi Figura 3 a,b).
Figura 3a. Curve volume/tempo
FEV1
80%
NORMALE
VR
Volu
me
polm
onar
e (L
)
1 sec
10
8
6
4
2
0
Curva volume/tempo
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Figura 3b. Curve flusso/volume
VOLUME (L)
FLUSSO (L/SEC)
CPT
0 2 4 6 8
12
10
8
6
4
2
PEF
FEF 50 % CVF
FEF 25 % CVF
FEF 75 % CVF
CVF
Inspirazione
espirazione
Curva Flusso-Volume: ad ogni momento si riportano il flusso
istantaneo ed il volume corrispondente.
Con le prime si misurano la CV forzata (CVF) e il Volume Espiratorio Massimo al primo secondo (VEMS o
FEV1 in inglese). Con le seconde si misurano il Picco di Flusso (PEF), i flussi espiratori in relazione a
determinati volumi polmonari (FEF 25%, FEF 50% e FEF 75%) e il flusso espiratorio medio.
I parametri dinamici più rilevanti sono la CVF e il VEMS, ovvero il volume di aria espirato forzatamente dopo
un’inspirazione massimale. Esso può essere valutato come tale o come percentuale di CVF: VEMS/CVF x 100
= Indice di Tiffeneau (IT). Questo è pari al 75-80% ed è uno dei parametri più importanti per
l’inquadramento dei deficit ventilatori. In questo senso, nei pazienti ostruiti tale rapporto risulterà
obbligatoriamente inferiore a 0,7 (70%) per effetto di una marcata riduzione dei flussi espiratori rispetto ai
volumi polmonari, che spesso risultano nella norma o poco alterati. Nel paziente ristretto avremo invece un
rapporto conservato, per questo pari a 1 (100%), per via della riduzione armonica di flussi e volumi
polmonari.
La curva flusso/volume è un’analisi grafica del flusso aereo generato con una manovra forzata. Il volume
viene registrato sull’asse delle ascisse, mentre il flusso su quello delle ordinate.
Significato patologico dell’alterazione dei volumi polmonari rispetto al predetto Le malattie ostruttive causano una più precoce chiusura delle vie aeree, determinando un maggior
intrappolamento d’aria all’interno del polmone al termine di un’espirazione sia massimale sia tranquilla. Le
patologie ostruttive sono l’Asma Bronchiale e la BPCO. Per tale ragione le malattie ostruttive determinano
valori più elevati di VR (vedi Figura 4 a e b).
Le malattie polmonari, interstiziopatie polmonari, ed extrapolmonari come le patologie della gabbia
toracica, le patologie neuromuscolari e le lesioni occupanti spazio, che determinano un disturbo funzionale
di tipo restrittivo provocano invece una riduzione della CPT (cioè una riduzione proporzionale di tutti e
quattro i volumi) a causa della ridotta distensibilità del polmone o della parete toracica (Figura 5 a e b).
Nella figura 6 viene rappresentato un confronto tra le tre curve: normale, dell’ostruito e del ristretto.
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Figura 4 a,b. Alterazioni dei volumi polmonari nelle patologie ostruttive. La curva flusso volume avrà una
forma a concavità rivolta verso l’alto a documentare la rapida e cospicua caduta dei flussi in espirazione.
TLC (total lung capacity = Capacità polmonare totale)
A
DEFICIT OSTRUTTIVI
• Sono contraddistinti dall’aumento delle
resistenze al flusso (ostruzione bronchiale)
con conseguente diminuzione dei flussi e del
FEV1, con volumi statici che restano elevati:
la CV è ridotta, ma non di molto, e in
alcuni casi può essere normale; il FEV1 è
marcatamente ridotto così come l’indice
di Tiffenau (IT); il VR aumenta per il
fenomeno dell’intrappolamento dell’aria e si
riflette in un aumento anche della capacità
polmonare totale (TLC); il rapporto VR/TLC è
aumentato proprio per aumento del VR.
B
VOLUME (L)
FLUSSO (L/SEC)
CPT
0 2 4 6 8
12
10
8
6
4
2
PEF
MEF 50
MEF 25
Deficit Ventilatorio Ostruttivo
inspirazione
espirazione
Figura 5 a,b. Alterazioni dei volumi polmonari nelle patologie restrittive. La curva flusso volume è uguale
a quella di riferimento, ma più piccola, miniaturizzata.
A
Deficit Restrittivi
• Sono contraddistinti, al contrario di quelli
ostruttivi, essenzialmente da perdita dei volumi
ventilabili a causa della ridotta distensibilità
polmonare, mentre il VEMS e i flussi si riducono
parallelamente: la CV è marcatamente ridotta;
il FEV1 è ridotto ma non in modo evidente
come nel quadro ostruttivo e l’IT è infatti
normale o aumentato; il VR è normale o
diminuito; la TLC è diminuita ed il rapporto
VR/TLC è normale. Poiché la restrizione è
definita da una riduzione della TLCO, la
spirometria semplice non ne permette
l’identificazione certa
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B
VOLUME (L)
FLUSSO (L/SEC)
0 2 4 6 8
12
10
8
6
4
2
Deficit Ventilatorio Restrittivo
La pervietà delle vie aeree è
solitamente preservata e gli
indici di flusso corretti per il
volume sono normali o
superiori al normale
Figura 6. Confronto grafico tra le tre curve: normale, ostruita e restrittiva.
In presenza di deficit respiratorio di tipo ostruttivo si è nella condizione di richiedere il test di reversibilità,
ovvero la valutazione spirometrica prima e dopo la somministrazione di un beta2-agonista a breve durata
d’azione. Il farmaco raccomandato è il salbutamolo. Il test prevede:
determinazione del valore basale di FEV1 e FVC;
inalazione di 4 dosi separate di salbutamolo mediante utilizzo di uno spacer;
ripetizione della spirometria dopo 15m.
Metodi per esprimere il test:
percentuale del valore basale di FEV1 e/o FVC;
percentuale del valore predetto;
in valore assoluto.
La Task force ERS/ATS raccomanda la variazione percentuale rispetto al valore basale e quella in valore
assoluto per cui la reversibilità è definita come un incremento del VEMS e/o della CVF rispetto al basale di
almeno il 12% o 200 ml in assoluto. Il miglioramento è determinato utilizzato la seguente formula di
variazione percentuale: miglioramento % = Post VEMS -Pre VEMS/ Pre VEMS x 100.
Sebbene la risposta sia molto più evidente nell’asma bronchiale che nella BPCO, il test non può separare in
maniera chiara le due condizioni.
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La diffusione La diffusione alvolo-capillare solitamente viene valutata utilizzando il monossido di carbonio (CO) inalato a
bassissime concentrazioni (0,3%), spesso in miscela con elio (He) mediante tecnica del singolo respiro. Il CO
è dotato di altissima affinità per l’emoglobina (200 volte >O2) per cui subito dopo l’inalazione si ottiene
l’equilibrio aria-sangue capillare eliminando così la dipendenza dal flusso ematico. Inoltre la sua
concentrazione è nulla nel sangue prima dell’equilibrio.
Prima di iniziare il test del DLCO occorre accertarsi che il paziente:
1. sia riposato
2. non assuma ossigeno supplementare da almeno 10 min. prima dell’inizio del test
3. non abbia fumato il giorno del test (riportare se forte fumatore o no)
4. non abbia assunto alcolici da poco tempo
5. se ha utilizzato un broncodilatatore, riportarlo.
6. se donna in età fertile riportare il periodo del ciclo mestruale
7. far sedere sulla sedia e istruire sulle manovre respiratorie da compiere
Ottimale sarebbe conoscere i valori emogasanalitici e l’emocromo (emazie e emoglobina).
La capacità di diffusione (DL) è:
direttamente proporzionale alla superficie di scambio cioè il letto capillare (portata ematica e
contenuto in Hb) in contatto con gli alveoli, cioè alla superficie di scambio, e alla diffusibilità del
gas;
inversamente proporzionale allo spessore della membrana.
Risulta quindi ridotta nelle condizioni di ispessimento della membrana alveolo-capillare (fibrosi, edema
polmonare) e di riduzione della superficie di scambio (volume alveolare) (pneumonectomia, enfisema
polmonare).
La saturazione dell’ossigeno ematico La misurazione della saturazione di ossigeno (SaO2), o saturimetria, nei pazienti è un utile strumento per
valutare patologie che comportano alterazioni degli scambi gassosi. Il saturimetro permette di individuare
possibili ipossiemie prima che il problema cardiopolmonare sia clinicamente evidente.
Il pulsiossimetro, chiamato anche saturimetro o ossimetro, è costituito da una sonda, in genere formata da
una pinza da posizionare al paziente, che effettua la misurazione dell’emoglobina satura, e da un’unità che
calcola e consente la visualizzazione del dato, in genere grazie a un monitor a cristalli liquidi. Oltre alla
percentuale di emoglobina satura, il pulsossimetro consente di visualizzare anche la frequenza cardiaca e
l’intensità della pulsazione, mentre solo alcuni modelli permettono di vedere il tracciato dell’andamento
della pulsazione o di registrare un periodo di misurazione.
La sonda è composta da due diodi (uno rosso con emissione a lunghezza d’onda di 660nm e uno infrarosso
con emissione a 905nm-940nm) contrapposti a un fotodiodo che rileva la luce dopo che i suoi fasci hanno
attraversato la cute, il tessuto sottocutaneo e i vasi del paziente. Tra la coppia di diodi led e il fotodiodo
viene posta, infatti, la falange distale di un dito del paziente o il lobo dell’orecchio. L’assorbimento della
luce rossa e infrarossa è notevolmente diverso tra emoglobina satura ed emoglobina non satura; pertanto,
conoscendo la quantità di luce iniziale che viene emessa dai diodi e rilevando la quantità finale di luce che
perviene alla fotocellula, l’apparecchiatura è in grado di calcolare la percentuale di emoglobina satura
presente nel torrente circolatorio. L’apparecchiatura, tuttavia, non è in grado di stabilire da quale substrato
sia saturata l’emoglobina; in condizioni fisiologiche e di normalità, la gran parte dell’emoglobina viene
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saturata dall’ossigeno e, quindi, quanto rilevato dal saturimetro può essere considerato una buona stima
della percentuale di ossiemoglobina che circola nel sangue arterioso.
La sonda del pulsossimetro va applicata in una zona in cui la circolazione arteriosa sia abbastanza
superficiale, come la falange distale del dito o il lobo dell’orecchio, in quanto una circolazione troppo
profonda non potrebbe essere raggiunta e attraversata dai fasci di luce, non permettendo, quindi,
l’effettuazione della misura.
Ad ogni battito cardiaco saranno così visualizzabili la percentuale di saturazione dell’emoglobina (SpO2), la
frequenza cardiaca e l’intensità dell’onda sfigmica del paziente in maniera non invasiva: ciò consente il
riscontro precoce dell’ipossia rispetto alla comparsa della cianosi, prima dello sviluppo di possibili gravi
conseguenze. La cianosi, infatti, non è visibile fino a valori di ossiemia di 60 mmHg, corrispondenti a
saturazioni del 90%.
I diversi valori di saturazione riscontrati consentono, quindi, una stima del grado di ossigenazione
arteriosa del paziente e della sua capacità ventilatoria:
sopra il 96% sono considerati valori normali di O2;
tra il 95 e il 93% si configura una parziale riduzione dell’ossigeno (lieve ipossiemia); sono pertanto
indicativi di possibili problemi di ossigenazione;
tra il 92 e il 90% sono indicativi di ossigenazione insufficiente ed è consigliabile sottoporsi a
emogasanalisi (EGA) per verificare le reali concentrazioni di ossigeno nel sangue;
al di sotto del 90% non sono fisiologici e indicano una conclamata deficienza di ossigeno
(ipossiemia), per cui risulta importante sottoporsi a una emogasanalisi.
L’accuratezza della rilevazione si ha nel range di valori fra 70 e 90%; al di sotto del 70% gli
strumenti non sono attendibili come valore specifico, ma solo come dato di marcata ipossiemia.
In base alla curva di dissociazione dell’emoglobina dall’ossigeno, si può stimare, in un soggetto in normali
condizioni di salute e ambientali, un rapporto fra la saturazione ossiemoglobinica periferica riscontrata al
pulsossimetro e i valori di ossiemia arteriosa:
SpO2 97% pO2 97 mmHg (soggetto normale);
SpO2 90% pO2 60 mmHg (soggetto ipossico che necessita di altri accertamenti);
SpO2 80% pO2 45 mmHg (grave ipossiemia con pericolo di compromissione delle funzioni vitali);
SpO2 < 75% pO2 40 mmHg (corrisponde ai valori fisiologici del sangue venoso).
L’ipossiemia è importante clinicamente perché tutto l’organismo può subire danni irreversibili se
sottoposto a prolungata ipossia; l’encefalo risulta essere l’organo più sensibile e alterazioni visive, cognitive
ed elettroencefalografiche si sviluppano quando la saturazione di ossiemoglobina è inferiore a 80-85% nel
soggetto normale.
I valori di saturazione arteriosa vanno, tuttavia, strettamente correlati alla situazione clinica del paziente:
una saturazione del 100% rilevata in aria ambiente può essere segno di iperventilazione, dovuta, per
esempio, ad attacchi di panico. D’altro canto valori di saturazione prossimi al 90% possono risultare
accettabili in caso di persone affette da patologie respiratorie croniche (BPCO, enfisema, fibrosi
polmonare).
Altrettanto fondamentale rispetto all’inquadramento del dato relativo alla persona su cui si sta effettuando
la misurazione risulta essere il contesto della misurazione stessa. Infatti la rilevazione della saturazione
dell’emoglobina può essere fortemente influenzata da fattori ambientali fra cui:
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presenza di smalto sulle unghie: lo spessore o il colore dello smalto può schermare le lunghezze
d’onda generate dai diodi alterando la misurazione;
vasocostrizione: questa, determinando una scarsa vascolarizzazione delle estremità, porta a una
riduzione del flusso sanguigno rilevabile dalla sonda, con conseguente difficoltà di lettura dei dati
ed elaborazione di misure non attendibili;
legame dell’emoglobina ad altri gas: nei casi di intossicazione da monossido di carbonio, la
quantità di emoglobina satura sarà elevata in quanto il monossido di carbonio presenta una affinità
per l’emoglobina molto più elevata di quella che caratterizza l’ossigeno; l’emoglobina si lega quindi
al monossido di carbonio invece che all’ossigeno, che così non viene più trasportato ai tessuti,
sebbene la saturazione al pulsiossimetro indichi un valore normale;
disturbi del ritmo cardiaco: come per la vasocostrizione, alterando la ritmicità del flusso sanguigno
e dell’onda sfigmica, si verifica un impedimento alla corretta lettura dei fasci di luce da parte del
fotodiodo, per cui vengono effettuate rilevazioni inattendibili;
presenza di ipovolemia o anemia: nello scarso volume ematico la poca emoglobina presente in
periferia viene completamente saturata determinando una sovrastima della capacità ossigenatoria
del paziente.
Implicazioni pratiche Alla luce della facilità di utilizzo, della non invasività della manovra e dell’importanza delle sue misurazioni,
il pulsossimetro trova il suo possibile utilizzo in molteplici situazioni cliniche e sanitarie, fra cui il
monitoraggio perioperatorio – anche durante interventi diagnostici endoscopici ed odontoiatrici – o dei
pazienti in terapia intensiva, la valutazione del paziente ambulatoriale o ricoverato affetto da patologia
respiratoria (polmonite, bronchite, asma, fibrosi polmonare, ecc.), il trasporto del malato in situazioni
“critiche”, nello screening di cardiopatie congenite cianogene e come indice di perfusione tissutale dopo
chirurgia plastica o ortopedica.
Per quanto riguarda il mondo della farmacia, la saturimetria consente di valutare i primi sintomi di malattie
quali asma bronchiale o bronchite acuta, così come di monitorare le condizioni di pazienti affetti da
insufficienza respiratoria cronica e la conseguente necessità di ossigenoterapia domiciliare.
Conclusioni
Spirometria e saturazione dell’ossigeno ematico si dimostrano, da soli o in associazione, esami molto utili
per diagnosticare e valutare l’insorgenza e la progressione di numerose malattie dell’apparato respiratorio.
La possibilità di effettuare questi esami anche in farmacia consente di semplificare al paziente il
monitoraggio di una patologia cronica, così come di intervenire prontamente a fronte di una patologia
acuta.
Questionario ECM
1) Quale delle seguenti potrebbe essere una corretta definizione di Farmacia dei Servizi? a) una farmacia che riesce a reperire con facilità tutte le tipologie di farmaci e presidi b) la farmacia con laboratorio galenico c) la farmacia che associa all’attività di dispensazione e consiglio dei medicinali una serie di servizi
correlati alla salute del cittadino e facilmente usufruibili dallo stesso
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d) nessuna delle risposte indicate
2) Il rapporto VEMS/FCV nel paziente ostruito risulta essere: a) normale b) sempre ridotto c) sempre aumentato d) nessuna delle risposte indicate
3) Il rapporto VEMS/CV nel paziente ristretto risulta essere: a) normale b) sempre ridotto c) sempre aumentato d) nessuna delle risposte indicate
4) Le malattie _________ causano una più precoce chiusura delle vie aeree, determinando un maggior
intrappolamento d’aria all’interno del polmone al termine di un’espirazione sia massimale sia
tranquilla, con valori più elevati di VR,
a) ostruttive
b) restrittive
c) sia ostruttive sia restrittive
d) nessuna delle risposte indicate
5) Le malattie di tipo _________ polmonari ed extrapolmonari provocano una riduzione della CPT,
quelle del parenchima polmonare una riduzione della CFR e del VR.
a) ostruttivo
b) restrittivo
c) sia ostruttivo sia restrittivo
d) nessuna delle risposte indicate
6) Il pulsiossimetro consente di calcolare: a) la percentuale di emoglobina legata al proprio substrato b) la percentuale di ossigeno legato all’emoglobina c) la percentuale di ossigeno disciolto nel sangue d) la percentuale di emoglobina legata all’ossigeno
7) Quale fra le seguenti affermazioni è corretta: e) valori di SpO2 compresi fra 85 e 80% identificano pazienti a rischio di gravi danni cerebrali da
ipossiemia
a) valori di SpO2 superiori al 90% sono da considerarsi normali b) valori di SpO2 inferiori 80% sono indicativi di lieve ipossiemia c) i singoli valori di SpO2 sono sempre una stima precisa della ossiemia arteriosa
8) Quale delle seguenti condizioni NON può alterare i risultati dell’ossigenazione cardiaca: a) vasocostrizione b) diabete c) avvelenamento da monossido di carbonio d) anemia