Criminologia : studio suldelitto e sulla teoria
della repressione / perR. Garofalo,...
Source gallica.bnf.fr / Bibliothèque municipale de Lyon-part Dieu
Garofalo, Raffaele (1851-1934). Criminologia : studio sul delitto e sulla teoria della repressione / per R. Garofalo,.... 1885.
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BIBLIOTECAANTROPOLOGICO-GIURIDICA— SerieI, Yol. II.
CRIMINOLOGIA
STUDIO SUL DELITTO, SULLE SUE CAUSE
E SUI MEZZI DI REPRESSIONE
PEK
R. GAROFALO
BOMA - TOHINO -FIBENZE
FRATELL! BOCCA
MHRM M 8. M.
188E
429^1
BIBILOTECAANTROPOLOGICO-GIURIDICA— SerieI, Yol. II.
CRIMINOLOGIA
STUDIO SUL DELITTO, SULLE SUE CAUSE
E SUI MEZZI DI REPRESSIONE
PER
R. GAROFALO
KOMA - TOEINO -FIRENZE
FRATELLI BOCCA
LIBRAI DI S. M.
1885.
PROPRIETA LETTERARIA
Torino — Tip. e Lit. Camilla e Bertolero.
ERRATA-OORRIGE
(PAROLE)
PAQ. RIGO DOVE SI LEaan
10 9 e 10 . . . un ideale della condotta che
non si pud imaginare se non
ciuando in una societii i senti-
menti altruistici siano affatto
compenetrati negli egoistici so~
praffacendoli e qitasi sopprimen-
doli.
197 34 ... della educazione, della pro-
spcrita, della educazione.
284 22 . . . a sosliluire una pona crimi-
nale alla correzionale, una pena
perpelua alla correzionale.
LEQOASI
. . un ideale dclla condotta che
non si puo imaginare se non
quando in una societa i senti-
monti di ragionevole egoismo
siano pienamentefitsicon quelli
di un hene inteso altruismo.
. . della educazione, della pro-
sperita, della sicurezza.
. , a sostiluii-e una pcna crimi-
nale alla correzionale, una pena
perpetua aila tcmporanea.
(LETTERE)
12 15 convemenza
32' 1 Massagfti
42 14 reazionale
4S ultimo eleinentW
95 12 comuso
154 rigo 1° della nota (1) Strafmases
241 ultimo jalotcu
302 33 (nella noia) esemptan
conviaenza
Massageti
razionale
elemcntnri
camuso
Slrafmawes
jalons
esempn
PREFAZIONE
H buon senso popolare chiama dottri-
narii quelli che applicano concetti asso-
luti in evidente contraddizione con lo stato
reale della societa.
PRANOESCODE SANOTIS(Articoli
politici).
La societa contemporanea offre una stranaantinomia.
Noi vediamo da per tutto la maggioranza sovrana,
onnipotente, anche la dove la sua incompetenza e ma-
nifesta o la sua imparzialita impossibile.Solo in un campo essa si arresta, dubbiosa dei suoi
diritti; solo allora essa indaga i limiti della sua so-
vranita, quando si trova di contro la piu abbietta, la
piii nociva fra le minoranze, quella dei delinquenti.Mentre il senso morale si va estendendo in ogni di-
rezione e va acquistando una delicatezza sempre mag-
giore, mentre vi e 1'abisso fra una nazione moderna
ed una tribu di selvaggi, i costumi di questi ultimi
sono riprodotti fra noi da pochi esseri anormali; e
la societa ne subisce ogni giorno 1'orribile spettacolo.
— VI — ' . .
II delitto offende i piu profondi suoi sentimenti, i piusacri suoi diritti, e pure essa non sa trovare il modo
di rendere meno gravi la sua vergogna e il suo
dolore.
Quesfapatica rassegnazione dipende in gran partedalla prevalenza di una dottrina che ha segnato limiti
alla reazione sociale contro il delitto, in nome di alcuni
principii giuridici malamente trasportati nel campo della
criminalita. Senza studiare in se medesimo il fenomeno,
questa dottrina ha preteso stabilire le norme assolute ed
invariabili della reazione. Lungi dal prefiggersi lo scopodella distruzione, od, almeno, di una considerevole
attenuazione del male, essa non tende ad altro che a
realizzare alcuni suoi ideali. Quando vince un punto,sia pure contrastato dal piii elementare buon senso,dalla evidenza delle necessita sociali, essa e lieta dei
suoi trionfi, poco curandosi del suo deviamento dalla
missione che la societa, credula e sedotta, le avea
afBdato.
Cosi affermansi come « glorie di una scuola » le vit-
torie riportate dal piu. pericoloso individualismo. Oosi
decantasi il progresso del diritto penale, mentre e in
continuo aumento il male che questa scienza sarebbe
chiamata a curare.
II risultato che si e ottenuto e stato quello di contra-
stare 1'applicazione di una grande, universale legge di
natura, origine delle nostre presenti condizioni di vita,
origine di ogni civilta, la selezione.
E cio si e fatto in un tempo in cui questa legge di na-
tura era piu largamente, piu sistematicamente studiata.
.'-.''. — VII —
Invano la scienza dimostra la propagazione eredi-
taria del delitto. Invano Spencer esclama: « Non puofarsi un piu triste dono alla posterita che ingombrarladi un numero sempre crescente d'idioti, di oziosi e di
delinquenti. Soccorrere i malvagi vuol dire prepararemaliziosamente ai nostri discendenti una moltitudine di
nemici. Si ha il diritto di chiedere se la sciocca filan-
tropia che pensa soltanto a raddolcire i mali del mo-
mento e persiste a non vedere i mali indiretti, non
produca nell'insieme una piu grande quantita di mi-
serie che 1'estremo egoismo».I giuristi rispondono presentando progetti di nuovi
codici che aboliscono quasi del tutto i mezzi di elimi-
nazione, e non oppongono altro argine. alla delinquenzache 1'ospitalita nelle case dello Stato, ove i malfattori
hanno diritto al pane ed all'ozio, e donde usciranno
ad infestare di nuovo la societa e perpetuare la razza
degenerata.Senza alcuno studio delle cause della criminalita,
senza alcuna cognizione degii effetti dei castighi, senza
alcuna distinzione delle classi di rei a cui 1' uno o
l'altro mezzo repressivo e piu o meno adatto — i
nostri penalisti s' immaginano di aver raggiunto la
perfezione.Alla societa che chiede soccorso nella lotta contro
il delitto essi forniscono, in cambio d'armi, formole
elaborate.
Alla scienza sperimentale che loro addita la vera via
da seguire, essi oppongono principii tolti ad imprestitoad una vieta metafisica.
• '' — fm — -.,'-.
I naturalisti, che studiano il delinquente, sono gli
intrusi;—essi, che non lo conoscono, sono le persone
competenti!Mentre e dimostrato non essere il delitto che l'ef-
fetto di anomalie psichiche, di abitudini inveterate, di
ambienti malsani, i giuristi non sanno vedere in esso
che una colpa volontaria; — mentre si tratta di
prevenire il male rendendo quelle tendenze innocue,
quelle abitudini impossibili, quella corruzione minore,essi rifiutansi a studiare gli ostacoli da porre sulla via
che il reo ha cominciato a percorrere, e pretendono ca-
stigarlo in proporzione della sua responsabilita morale,cioe a dire della supposta liberta ch'egli avea di sceglierefra il bene ed il male. Cosi, in cambio di adattare la
repressione alle esigenze della pubblica moralita e sicu-
rezza, essi 1'adattano ad un termine la cui esistenza e
sempre dubbia, una incognita che determinanO superfi-cialmente con metodi incerti, senza preoccuparsi altri-
menti del vantaggio o del danno sociale che ne risulti.
Questa scuola del diritto penale classico, vedendo che-
la moderna psicologia e 1'antropologia invadevano il suo
campo e scuotevano le sue fondamenta, non ha saputoresistere in altro modo che dando a queste scienze la
taccia di volere la riabilitazione del delitto e 1'impu-nita dei malfattori.
La falsita di quesfaccusa e cosi evidente che niuno
potrebbe accogiierla in buona fede, salvo chi fosse affatto
ignaro della moderna filosofia positiva. E pure sono
queste le armi con cui si combattono i sociologi che
hanno alzato il grido: Guerra al delitto!
'..'' — IX —
Un movimento, a cui 1'autore di questo scritto non
fu estraneo (1), si e prpdotto gia da qualche anno in
Italia per concretare i risultati della scienza e studiarne
1'applicazione alla penalita. Una scuola e sorta, ac-
colta con vive simpatie in Francia, Germania e Russia,ed ha gia esposto, benche frammentariamente, tutta
una nuova teoria penale.
(1) I primi tentatiyi di appiicazione delle idee scientifiche al trattamento
dei rei furono fatti da DESPINE(Psychologie naturelle) e da LOMBROSO(JJomo
delinquente, 1876). La possibilita di una riforma del diritto penale con la
scorta delle nuove teorie fu additata fiu dal 1878 nel Griornale Napoletano,nello scritto Studii recenti di penalita (GAROFALO)e, piu ampiamente, nel
lavoro Diun criterio positivo della penalita, Napoli, 1880, dello stesso autore.
Seguirono gli importanti lavori di FERRI, Diritto penale ed antropologia eri-
minale (nellMrc7». di Psieh. e scienze penali, 1880), Nuovi orizzonti del di-
ritto e della procedura penale, Bologna, 1881 ; La seuola positiva di diritto
penale, Siena, 1883; Socialismo e criminalita, Torino, 1883 — quelli di
P[JGLIA (La nuova fase evolutiva del diritto penale, Messina, 1882; II reato
d'infanticidio, Messina, 1884; Prolegomeni allo siudio del diritto repressivo,
Torino, 1883) — quelli di POLETTI (Di una legge empirica nella criminalita,
Udine, 1880; II sentimento nella scienza del diritto penale, Udine, 1882)— gli altri scritti di G-AROFALO(Le riforme delVon. Villa, Torino, 1880; II
tentativo criminoso con mezzi inidonei, 1882; Cio che dovrebbe essere wn
giudizio penale, 1882; I pericoli sociali di alcune teorie giuridiche, 1882;Alcune osservazioni sul progetto del Codice penale, 1884) — quelli infine
di A. SETTI, La forza irresistibile, Torino, 1884, e di V. PORTO,La scuola
criminale positiva, Padova, 1884. In Eussia -seguono quesfindirizzo MINZLOPP
(Caratteri della classe delinquente, 1881), DMITRY DRILL (Iluomo delinguente,
1882) ed altri. In Germania lavorarono nel medesimo senso KRAEPELIN (Die
Abschaffung des Strafmasses, Lipsia, 1880; La colpa e la pena, nellaMvistadi
filosofia scientifica, Milano, 1883) — "WILLERT(Das Postulat der Abschaffungdes Strafmasses, 1882) — LISZT (Der Zweclcgedarike in Strafrecht, Mar-
burgeruniversitatsprogramm, 1883). — Nella letteratura socialistica, in cui
finora il problema della criminalita non era stato abbastanza curato, sono notevoli
1'opuscolo di P. TURATI, II delitto e la questione sociale, Milano, 1883, e il libro
di COLAJAOTI,Socialismo e Sociologia criminale, Catania, 1884.
Ora e tempo di raccogliere e, conchiudere, coordi-
nando le idee ad un principio non arbitrario, non me-
tafisico, ma biologico ed irrecusabile; — di determi-
.narne quindi le possibili applicazioni, non sulla base
delle ipotesi, ma su quella delle esperienze gia fatte; —
di vedere infine quale parte della legislazione possa con-
servarsi, quale debba modificarsi o radicalmente mutarsi
perche mal rispondente allo scopo.Io non presumo al certo di aver esposto lo schema
eompleto del nuovo sistema penale; nel presente stadio
della scienza molte lacune sono ancora da colmare.
Nondimeno ho voluto, con alcune proposte concrete,mostrare la possibilita di pratiche applicazioni dei nostri
principii. Ma senza dubbio, anche in quelle poche for^
mole, la critica rilevera molte imperfezioni, molti puntideboli. Forse a me medesimo, fra qualche anno, tutto
questo lavoro non parra che un semplice abbozzo. Ma
tale pensiero non ha potuto distogliermi dalla pubbli-cazione di questo libro, perche sono intimamente con-
vinto che la via in esso tracciata sia la vera. Altri
sapra renderla piu agevole, piu diritta, piu sicura..
Napoli, 10 luglio 1884.
SOMMARIO
PAETE I.
L'AZIONE CEIMINOSA E LA EEAZIONE.
CAP. 1.
IL DELITTO NATURALE.
La parola delitto non appartiene ai giuristi — Significato di questa parola nel
. linguaggio comune — Eicerca delle norme di condotta, la cui violazione pu6dirsi criminosa — Analisi dei sentimenti od istinti che costituiscono il senso
morale — Lhniti in cui il senso morale posseduto dalle razze superiori e
identico — L'istinto di pieta — II sentimento di giustizia relativo alla pro-
prieta — Come tutti i delitti naturali si riconducano alla violazione di questidue sentimenti — Bazze che difettano degl'istinti altruistici elementari —
Evoluzione del senso morale — Se possa sorgere il concetto di nuovi delitti.
Pag 3-41
CAP. 2.
LA LEGGE DELL'ADATTAMENTO.
I. Eeazione razionale della societa contro il delitto — La eliminazione come
forma costante — Porma assoluta di eliminazione: pena di morte — La delica-
tezza deiristinto pietoso rende minore la pieta per alcuni delinquenti — Eli-
minazione parziale, cioe da un determinato ambiente — Modalita.
LI. Impulso individuale di reazione: La vendetta — L' espiazione morale —
II patimento dei rei — La reazione sociale spontanea tende indirettamente
allo stesso scopo della razionale — Giustificazione del principio « punitur
quia peccatum » e suo accordo col principio « punitur ne peceetur ».
m. Se la eliminazione produca gli effetti preventivi dei castighi: Motivo mo-
rale — Motivo del timore.
rv. La eliminazione dei rei come mezzo di selezione — Teoria delFeredita psi-
cologica.
Pag 42-83
.—:.ocii —:
PABTE II.
LE CAUSE DEL DELITT0.
CAP. 1.
L'ANOMALIA DEI DELINQUENTI.
I. Se il pervertimento morale, che e la condizione del delitto, abbia sempre
natura patologica — Distinzione fra malattia ed anomalia — La pazzia mo-
rale e la delinquenza istintiva.
LT. Caratteri antropologici piu frequenti nei rei d'istinto — Tipo delTomicida
e del ladro — Caratteri psicologici comuni — Inefficacia dei castighi —
Inemendabilita.
III. Delinquenti fortuiti — Senso in cui deve intendersi questa parola— La
differenza fra l'anomalia psichica dei delinquenti istintivi e dei fortuiti non
e che una differenza di grado — Omicidio per impulso collerico — Omi-
cidio per impulso di ambiente — Eeati endemici ed imitativi — Clima e
bevande alcooliche, temperatura— Cause occasionali del furto.
Appendice (A) Caratteri antropologici dei selvaggi e degli uomini primitivi.
(B) Eicerche sul cervello nei delinquenti.
(C) Sulla classificazione dei delinquenti.
Pag. 87-136
CAP. 2.
INFLUENZE HODIFICATRICI DEGL'ISTINTI.
Postulato non dimostrato della scuola correzionalista e sue contraddizioni —
La cura morale dei delinquenti secondo Despine— Efficacia delTedueazione
snlla formazione degl'istmti morali — Diverse opinioni— Limiti probabili
di ogni effetto educativo — Conchiusioni — Ci6 che rimane in piedi della
teoria correzibnalista e suo accordo con la teoria dell'adattamento — Assur-
dit&. dell'eclettismo dei nuovi penalisti italiani.
Pag. 137-160
CAP. 3.
INPLUENZE SOCIALI.
I. La ineguaglianza economica ^- II dehtto come reazione contro la iniquita
sociale — Se la miseria sia una causa specifica di criminalita — Eelazione
fra le condizioni economiche ed i crimini mossi da cupidigia— II proleta-
'
,-- — XIII —
riato non da ad essi un contingente maggiore delle classi agiate — Se la
miseria abbia almeno un'influenza indiretta sulla criminalita — Nessun ef-
. fetto benefico delTagiatezza e della istruzione letteraria.
LT. Le istituzioni sociali in rapporto alla criminalita — Teoria preventiva in-
.diretta di Eomagnosi — Idee di Quetelet — Proposte concrete di leggi ten-
denti a rimuovere le cause piu comuni di delitti — Limitazione delTattivita
.legislativa — Quali siano i mezzi preventivi indiretti che lo Stato possa ado-
perare cohtro il delitto — I « sostitutivi penali » del Perri.
Pag. . 161-201
PAETE III.
LA EEPEESSIONE.
CAP. 1.
CBITEEII DI PUNIBILITA.
I. IL CONCETTOGICRIDICODEL DELITTO. Scuola francese e scuola italiana — n
delinquente quale uomo normale — La pena come castigo — Teorie asso-
lute: — non possono risolvere il problema penale — Teoria classica italiana:— tutela giuridica — n limite della giustizia.
II. LA RESPONSABILITAMORALE.II libero arbitrio nel delinquente — Eesponsa-bilita relativa — Impossibile applicazione di questo principio — La forza
irresistibile interna — Gontraddizioni della teoria, della legislazione e della
pratica — II vizio di mente — Punibilita dei delinquenti pazzi — Perche
non debbano essere puniti di morte — L'ubbriachezza e l'eta quali cause
di diminuita responsabilita — Assurdo teorico e pratica impotenza.III. LA PROPORZIONEPENALE.Criterii quantitativi del delitto: loro complicazione
— Impossibilita di determinare un criterio esclusivo della gravita relativa dei
delitti — Proporzione della pena al male od al danno del delitto — Pro-
porzione della pena alla spinta criminosa — Critica di questo sistema —
Criterio positivo — Obbiezioni e risposte — U merito e demerito negli atti
determinati — Proteste in nome della giustizia.IV. IL TENTATIVO CRIMINOSO.Diversi punti di partenza — Caratteri del ten-
tativo — Atti preparatorii — Quando possano essere considerati come veri
tentativi criminosi — Idoneita di mezzi — Teorie germaniche — Soluzione
della quistione.V. Di ALCUNEALTRE TEORIE GIURIDIOHE.Complicita — Incomunicabilita delle
qualita personali — Mandato — Cumulo di reati — Eecidiva propria ed
impropria — La recidiva impropria e di maggior pericolo sociale — Limi-
tazione della recidiva secondo il progetto del nuovo Codice italiano — Come
•,. —- XIV —
si colpisca in Italia la recidiva — Esempio opposto dato dalla Prancia —
La prescrizione — Eagioni che giustificano la prescrizione delPazione pe-nale — Se possa ammettersi anche la prescrizione della pena ed in quali limiti— Assurdita delle amnLstie pei dehtti comuni, e del principio ch'esse abo-
liscano 1'azione penale e la recidiva — La grazia sovrana — Suoi pericoli.VI. EISPOSTAAD ALCUNEOBBIEZIONI.
VII. L'APPLICAZIONEDELLEPENE.Dififerenza fra le pene scritte nei codici e quelleche si applicano — Assurdi derivanti dalla massima pro reo — Come siano
puniti i rei abituali.
VILT. LA RIPARAZIONEDEL DANNO.Poca serieta delTobbligo imposto ai rei di
riparare il danno — Teoria di Spencer — Lato della quistione non consi-
derato da questo scrittore — Ostacoli pratici alla realizzazione del suo si-
stema — Limiti in. cui e ammessibile — La coercizione alla riparazione come
succedaneo della pena in alcune categorie di reati.
Pag 205-319
CAP. 2.
LA PEESECUZIONEDEI MALFATTORI.
Influenza del sistema di procedura sulla criminalita — Eequisiti d'una buona
procediira.I. L'ISTRUZIONE. Azione pubblica e privata — II giudizio di accusa — H se-
greto istruttorio — II carcere preventivo — La liberta prowisoria.II. IL GIUDIZIO.Assurdi del sistema accusatorio — Porme razionali del giu-
dizio — L'appello — U ricorso in Cassazione — Proposte di riforme.
III. I GIUDICI. N6 giuristi ne giurati — Qualita necessarie nei magistrati —
Incompatibilita del giuri con la civilta moderna — Deplorabile esperienzafatta dallTtalia — Proposte di restrizione del potere dei giurati.
Pag. . . 320-374
CAP. 3.
L'lNEPFICACIA DEL PRESENTE SISTEMA REPRESSIVO.
Aumento della criminalita in Prancia, Belgio, Prussia, Austria, Spagna ed Italia— Aumento assoluto dei delitti — Aumento della piu grave criminalita —
Aumento delle recidive — Statistiche italiane — Se sia vero che il movimento
ascendente siasi arrestato ed accenni alla discesa — Confronto delT nl-
timo periodo coi precedenti — Primato italiano nei reati di sangue — U
mestiere del delinquente valutato economicamente — Probabilita d'impunita— Modi di eludere la pena — Eecidiva dei liberati da gravi pene — La
teoria della proporzione fra 1'attivita illecita e 1'attivita onesta — Non e
nuova —Eagioni che la confutano — La criminahta dei secoli passati —
Effetto sensibile dei mezzi eliminativi.
Pag 375-419
XV
CAP. 4.
APPLICAZIONE DELLE NORME RAZIONALI DI REPRESSIONE.
In qual modo il criterio delTadattamento sia applicabile alla legislazione.
I.
OFFESE AL SENTIMENTO DI PIETA.
DELINQUENTIISTINTIVI. Necessita della pena di morte — Criterii sostituiti a
quello dell» premeditazione.EEI PRESUNTIISTINTIVI. Servigi utili che 1'antropologia pu6 rendere per far pre-
vedere il sanguinario o stupratore istintivo — Mezzo repressivo adatto ai rei
presunti istintivi.
EEI FORTUITI.La provocazione — Sentimento di onore famighare — Amor pa-
trio — Pregiudizi di luogo o di classe — Porme adatte di eliminazione —
Eeati a cui 6 applicabile la riparazione coattiva, come succedaneo della pena.
Epilogo. Pormole concrete.
II.
OFFESE AL SENTIMENTO DI GIUSTIZIA.
Eei istintivi e fortuiti — Varieta delle cause e ricerca dei mezzi repressivi,adatti a ciascuna — Modo di determinare 1'ambiente opportuno — Colonie
agricole per gli oziosi e pei fanciulli — Eeati in cui la repressione pu6 li-
mitarsi alla riparazione coattiva — Eei abituali — Eelegazione — Obbie-
zione a questo sistema e confutazione delle medesime.
Epilogo. Pormole concretei
III.
EEATI INVOLONTARII.
Eepressione normale di questi reati — Casi in cui i mezzi eliminativi sono
necessarii.
IV.
AZIONI DA REPRIMERSI CON PENE ANALOGHE ALLE PRESENTI.
Appendice. Quadro che riassume il nuovo sistema penale.
Pag : 420-480
xvi —
CAP. 5.
CONCLUSIONI RELATIVE ALLE CONDIZIONI
DELLA SOUIETA CONTEMPORANEA E DELLlTALIA IN PARTICOLARE.
Impossibilita di apphcare ad un tratto la teoria positiva — Necessita di ri-
forme graduali — Cio che si pu6 tentare presentemente — Proposte di ri-
forme nella procedura, nelle leggi di pubblica sicurezza, nel sistema peniten-ziario — Lo statu quo nella legislazione penale 6 preferibile ai prpgetti
ispirati dal dottrinarismo giuridico — Modificazioni parziali che potrebberofarsi al Codice penale.
Appendice (A). Possibilita d'una colonia penitenziaria italiana.
Pag 481-495
PARTE I.
1/AZIONE CRIMINOSA E LA REAZIONE.
Gktotiw. — !•
CAPITOLOI.
IL DELITTO NATUEALE.
« L'uomo, malgrado molte cause di dubbio, pu6,in generale, e prontamente, fare la distin-
zione fra le piu alte e le piu basse regolemorali ».
(DARWIN, Orig. deWuomo, cap. 3°).
La parola delitto non appartiene ai giuristi — Significato popolare di questa
parola nel linguaggio comune — Eicerca delle norme di condotta, la cui vio-
lazione pu6 dirsi criminosa — Analisi dei sentimenti od istinti che costitui-
scono il senso morale — Limiti in cui il senso morale posseduto dalle razze
superiori e identico — L'istinto di pieta — II sentimento di giustizia rela-
tivo alla proprieta — Come tutti i delitti naturali si riconducano alla vio-
lazione di questi due sentimenti — Razze cbe difettano degl'istinti altrui-
. stici elementari — Evoluzione del senso morale — Se possa sorgere il con-
cetto di nuovi delitti.
LA PAKOLA DELITTO NON APPAETIENE AI GIUEISTI.
Quasi tutti gli scrittori che in questi ultimi tempi hanno stu-
diato il fenomeno del delitto dal punto di vista naturale, hanno
preso ad esaminare il soggetto, 1'uomo delinquente, e ne hanno
fatto la descrizione antropologica e psicologica. Essi non hanno
creduto necessario determinare obiettivamente il fenomeno, cioe
a dire tracciare i confini che separano da tutte le altre le azioni
chiamate delitti. E seguita da ci6 una certa elasticita che rende
malagevoli -le applicazioni scientifiche alla legislazione. L' uomo
delinquente dei naturalisti e egli 1' autore di qualsiasi delitto
'3SP
— 4 —
preveduto dalle leggi di uno Stato, ovverp solo di qualche par-ticolare specie di violazioni ? La criminalita, considerata come
fenomeno naturale-sociale, ha essa limiti piu ampii o piii ri-
stretti di quella designata dal Codice? Ecco il primo dubbio
che occorre spontaneo tutte le volte che si confrontano con le
leggi penali le conchiusioni degli studi sulla criminalita.
Sembrami che il punto di partenza in una ricerca di tal ge-nere debba essere la nozione precisa di ci6 che sia da intendersi
per delitto naturale. Non si tratta qui di una parola tecnica il
cui significato non possa ricavarsi altronde che dalle leggi scritte.
Ed invero, quella parola, prima che nella legge, trovasi nel lin-
guaggio comune. Essa esprime dunque un' idea popolare. II le-
gislatore non l'ha definita; egli non ha fatto che raccogliere un
certo numero di azioni, le quali, a suo credere, offrono i carat-
teri del delitto. Ora, la sua classificazione non pu6 vincolare il
sociologo, il quale osserva come in uno stesso tempo, e talvolta
in uno stesso paese, coesistono diversi codici penali, alcuni dei
quali escludono dal numero dei delitti azioni che altri vi com-
prendono. Ci6 prova che i limiti sono incerti ed arbitrari; laonde
il sociologo non pu6 rivolgersi all'uomo di legge e domandarglila definizione del delitto, a quel modo ch'ei rivolgerebbesi al chi-
mico per averne la nozione di un sale o di un acido, owero al
fisico per averne quella dell'elettricita o del magnetismo.II delitto e un fenomeno sociale, oggetto di diverse discipline,
alcune delle quali sono dette penali. A queste si 6 dato un ca-
rattere giuridico, onde 1'insegnamento ne ha preso posto accanto
a quello del diritto civile. Vedremo piu innanzi quanta eteroge-neita vi sia fra le due materie e con quanto poco criterio esse
furono affidate ai medesimi uomini, tanto per la teoria, che per
1'applicazione.Non entriamo ancora nel penetrale di Temi, e soffermiamoci
alcun tempo. innanzi alla soglia, nel mondo profano al giure.La parola delitto esprime nel linguaggio popolaro 11 concetto
di un'azione che viola le norme sociali di suprema importanza,
— 5 —
e la cui'immoralita e universalmente sentita. Importanza, uni-
versalita, ecco i caratteri di quelle norme la cui violazione co-
munemente dicesi criminosa; — ecco i criterii con cui potremodiscernerle dalle altre leggi sociali.• Quali sono dunque i precetti di condotta che ci offrono simili
caratteri ?
Questa ricerca non pu6 farsi molto rapidamente; essa richiede
un'analisi alquanto minuta.
VAEIABILITA DI UNA PAETE DELLE NORME SOCIALI.
Ogni societa ha un cosi gran numero di norme, che pu6 ben
dirsi non esservi proprio alcuna nostra azione sottratta del tutto
alUimpero di qualcuna fra esse. Altre sembrano stabili, immuta-
bili nei secoli; altre variano di generazione in generazione, tal-
volta di anno in anno; altre sono comuni ad un popob; altre
proprie di una citta, di una regione, di una borgata.Tutfi cosi detti usi sociali non sono che norme di condotta
a cui la maggioranza degli uomini si sottomettono: dalle ceri-
monie piu solenni al modo di salutare ed alla foggia del ve-
stire, dal modo di fare 1'ospitalita e di riceverla a quello di con-
traccambiare un favore, dalla lingua che bisogna paiiare e dalle
frasi che bisogna dire in alcune circostanze fino alla espressioneche si deve dare al volto, ed alle inflessioni con cui certe parolevanno pronunziate.
Coloro che si ribellano a questa parte di norme dette di « eti-
chetta » o di « convenienza » sono chiamati ora eccentrici, ora
stravaganti, ora zotici ed ineducati; essi eccitano il riso o la
compassione; qualche volta anche il disprezzo.Di simili prec^etti ve n'ha di comuni a tutte le classi, ve n'ha
di speciali ad ogni strato della societa, e ve n'ha infine di quelli,
,• — 6 —"'
ancora piu particolari, che dascuno s'impegna ad osservare in
alcune piccole assoeiazioni riguardanti fini determinati, come il
commercio, 1'arte, la scienza, la politica, la religione ed anche.il
divertimento.
.Spesso si permettono in un aggregato, in una sfera sociale,
in una particolare associazione cose che altrove si vietano. Inoltre
1'essere un'azione vietata o permessa dipende talvolta dalle ore
del giorno, dalla localita, dallo scopo per cui si e riuniti.
Cosi, ad esempio, in certe occasioni una' signora potra mo-
strarsi scollacciata; in altre occasioni non potrebbe far ci6 senza
taccia d'impudicizia. In un ballo, il cavaliere, che, forse un mo-
mento innanzi, era ignoto alla sua dama, potra danzare con lei,
tenendole il braccio stretto intorno alla vita, ci6 che, fuori di
quel caso, nessuno ardirebbe di fare, salvo nelle segrete espan-
sioni delFamore.
Simili norme, piu o meno generali, piu o meno assolute, sono
li a dirigere quasi ogni nostro movimento. La tradizione, l'abi-
tudine, 1'esempio fanno si che noi, senza neppure indagarne la
ragione, ci sottomettiamo ad esse volentieri, e per meritare il
nome di persone ben educate, desideriamo mostrare in ogni oc-
casione di non ignorarle.
Queste leggi varie, superficiali, oscillanti, sono dominate da altre
piu generali, le quali penetrano dall' alto al basso la societa tutta
quanta, come il raggio del sole si proietta attraverso liquidi strati
l'uno all'altro sovrapposti; ma, come questo si rifrange diversa-
mente secondo le diverse densita, cosi anchequelle subiscono in
ogni classe sociale alcune notevoli variazioni. Tali sono i precettiche si sogliono chiamare di morale, che, piu agevolmente degli altri,
si possono sinteticamente raccogliere in pochi grandi principii: di-
rettivi della condotta.
Le prime norme a cui ho accennato, quelle che propriamente for-
mano il cerimoniale, hanno il carattere di una continua mutabilita;
maggiore costanza, ma punto assoluta, trovasi nei precetti della
morale. Qui le variazioni sono piu lente e meno sensibili in uno
'•'. —.'? —.
spazio ristretto ed in un'epoca non lunga. Le grandi differense,
gli strani contrasti appariscono solo quando si confrontano fra
loro rasze diverse, ovvero grandi periodi storici. Nondimeno
alcune differensse aboastanm sensibili si possono osservare facil-
mente anche in popoli della stessa razza od in epoche non molto
lontane. .
Basta, per averne la prova, il piu superficiale esame della storia e
uella etnografia. La nostra morale presente einformata dalla dottrina
ui Cristo. Ma lasciamo pure da parte alcuni principii del Vangelo
che, sebbene fossero predicati da per tutto, non hanno potuto mai
attecchire e diventare sentimento: quello, ad esempio, di sopportarele ingiurie senza reagire, — di rendere il bene pel male, — di
desiderare il bene dei proprii nemici, — principii che si possonodire affatto sconosciuti alFepoca greco-romana. Prendiamo invece
qualcuna delle massime comunemente ammesse nella nostra societa
coritemporanea, ad esempio il dovere di rispettare la liberta personaledi totti gli uomini.
Questo principio 6 stato lungamente negato nella nostra stessa
razza: in tutta 1'Europa alFepoca antica, in America fino a venti
anni fa esisteva la schiavitii: la Eussia ha da pochi lustri abolito
il servaggio.
Ora, presso tutti codesti popoli non era immorale pel padrone
costringere la volonta dello schiavo, servirsene come di uno stru-
mento, separarlo dalla sua famiglia, percuoterlo ed anche sotto-
porlo a tormenti.
II mondo classico, cosi vicino al nostro pel grado e pel ge-nere della sua civilta, aveva costumanze religiose e sociali che
oggi si direbbero francamente immorali e non sarebbero tollerate.
L'evidenza con cui celebravansi certi misteri della natura, il culto
a Venere e a Priapo, gli amuleti fallici, la prostituzione religiosain Cipro ed in Lidia, il cedere la propria donna ad un amico
(Koma), 1'adulterio della donna sotto il tetto coniugale ordinato
dal marito in caso di sua inabilita (Sparta), 1'amore pel mede-
simo sesso di.cui si parla da scrittori greci come di cosa non
_ 8 _ * -',
pure tollerata, ma anche lodevole (1), e cento altri usi affattc*
dissimili dai nostri, proverebbero, se alcuno ne dubitasse, quali*
grandi variazioni abbia subito una parte della morale in Europa,-
in meno di venti secoli.
Al medio evo credevasi opera meritevole uccidere i nemici di
Santa Chiesa ed abbruciare gli eretici. Dicesi, in una leggenda,,
che Eiccardo cuor di Leone alla crociata si facesse portare a pranzo-
della carne di fanciullo saraceno (2); si narrava ci6 senza orrore,
ed il soprannome datogli dalla storia mostra che nella opinione
dei contemporanei il carattere cavalleresco di qiiel Ee non fu
offuscato da tali atti di cannibalismo.
Che se poi, lasciando da parte la storia, consideriamo 1alcuni
aspetti, un po' piix minuti, della morale odierna, ne osserveremo
facilmente la varieta, non pure fra 1'Europa e 1'Oriente, ne frar
la nostra e le altre razze, ma nella stessa Europa di questo se-
colo XIX fra un popolo e 1'altro, e, nello stessd popolo, fra
regione e regione, fra classe e classe della societa.
Non pu6 negarsi, ad esempio, che 1'amore libero nelle fanciulle
sia molto piu sparso e meno riprovato nella razza germanica che
nella nostra. II sentimento della liberta di una donna non an-
cora maritata spiega questa maggiore tolleranza. Viceversa, il
sentimento della fedelta e del rispetto alla parola giurata, che in
quella razza e stato sempre molto vivo, congiunto alla nordica
profondita degli affetti, fa considerare come cosa molto riprovevole
1'adulterio, assai piu che nelle razze latine. La liberta delle fanciulle
trovasi ad un grado anche maggiore nelUAmerica del Nord, ove e
stata possibile la costituzione di societa di free lovers che fra noi
sarebbero vietate dalla polizia come corruttrici de'costumi.
(1) Solone vietava a chi non era uomo libero 1'amare fanciulli, annoverandat
s\ fatto amorefra le applicazioni piu belleepiu decorose. — PLTJTARCO,Vita
di Solone.
(2) V. H. TAIHE. Be la litterature anglaise. Tome 1°, ch. 2, § 7.
Nella stessa nasione, ma in diverse regioni e citta, ovvero sempli-cemente nelle diverse classi che compongono una popolazione, la mo-
rale presenta aspetti in qualche punto dissimili. « Se vi ha qualchecosa — dice Bagehot — in cui gli uomini differiscono di molto,
questa e la finezza e la delicatezza delle loro intuizioni morali,
sia- qualunque il modo in cui noi d spieghiamo 1'origine di questi
seritimenti. Per assicurarcene non e necessario fare un viaggio fra
selvaggi; parliamo solo con gl'Inglesi della classe povera, coi nostri
proprii domestici, e saremo abbastanza edificati! Le classi infime,
ne' paesi civili, come tutte le classi ne'paesi barbari, sono eviden-
temente sfornite della parte piu delicata di quei sentimenti che
complessivamente noi designiamo col nome di senso morale » (1).Nella plebe romagnola — per offrire qualche esempio ita-
liano — 1'idea del coraggio e spesso 1'opposto di quella di tutti
gli altri popoli, perche ivi si applaude a chi aggredisce anche
con agguato il proprio nemico. Nella plebe di Napoli, e forse di
altre grandi citta, si da dello sciocco a chi, trovato un oggetto
smarrito, non se ne impossessi o cerchi del proprietario per re-
stituirglielo.Pra' contadini di alcuni luoghi della Provenza, ogni matrimonio
suol essere preceduto dal contatto fra fidanzati, perche non si vuole
rischiare di sposare una donna sterile. Ed ancora in qualche vil-
laggio d'Italia il contadino non soffre nella pubblica stima se sposauna fanciulla che abbia avuto commercio con un ricco signore e
che gli venga offerta incinta e con una dote.
Senza ricorrere dunque ai costumi degli Orientali e degli Afri-
cani, ne a quelli degli antichi barbari e de' moderni selvaggi,vedesi che anche qggi negli stessi popoli di razza europea, e ne' di-
versi strati di un medesimo popolo, varia di molto il significatodella parola « onesto » —
(1) BAGKHOT, Lois scientifiyues du dsveloppement des nations. Livre 3",
page 128. Paris, 1883.
— 10 —
Data dunque una diversita di costumi che rispecchia un diverso
modo di sentire nella razza, nel popolo e nella classe sociale,1'azione dell' individuo che a questo costume si conforma, non
potra dirsi immorale, benche contraddica alle norme della morale
assoluta.
EVOLUZIONE DELLA MOEALE.
Che eosa e la morale assoluta secondo la scuola evoluzionista ?
Sssa e un' ideale della condotta che non si pu6 immaginare se
non quando in una societa i sentimenti altruistici siano affatto
compenetrati negli egoistici sopraffacendoli e quasi sopprimendoli.Ma in ogni stadio della evoluzione si pu6 avere una morale relativa
consistente nell'adattamento dell'individuo alla societa (1).La schiavitu, ad esempio, giudicata in rapporto all'ideale, e
una istituzione immorale perche una societa perfetta non pu6ammettere il dominio di un uomo suLValtro. Ma era forse im-
morale per ogni proprietario di schiavi ai tempi antichi il negaread essi la liberta? Nell'epoca piu civile di Eoma solea darsi la
condizione di liberto ad uno schiavo antico e fedele in premio dei
suoi servigii, od anche ad uno schiavo che per la sua non comune
intelligenza e coltura o per altre attitudini, era in grado di sol-
levarsi dalPumile sua condizione. Con simili affrancamenti par-ziali la morale del tempo tendeva all'ideale.
La morale relativa e in una lenta ma continua evoluzione, che e
quella appunto de'sentimenti altruistici. Ai primordii dell'umanita
essi non esistono che in una forma rudimentale, come un'appen-dice di sentimenti egoistici. L'istinto dellapropria conservazione
si estende prima alla famiglia, poscia alla tribu; diventa. per
(1) SPENCER,Le basi della morale evolueionista.
— 11 —
effetto della simpatia verso i nostri simili, benevolenza ed amore;
e come simili si considerano, man mano, quelli soli che appar-
tengono alla medesima tribu, gli abitanti del medesimo paese,
gli uomini della medesima razza, infine gli uomini tutti di qual-siasi razza.
L'idealista non pu6 precorrere che di poco il suo tempo, ne
accelerare grandemente il processo evolutivo. « Lo stesso idea-
lismo religioso-etico del cristianesimo, con la sua concezione della
umanita come di una sola famiglia di Dio, pote mettere radice
soltanto dopo compiutasi la formazione di un solo impero mon-
diale, soltanto merce i rapporti mondiali creati dalle armi e dalla
politica deiKpmani. Senza questa preliminare condizione, 1'etica
cristiana non avrebbe trovato un terreno propizio per la diffu-
sione ed il consolidamento pratico delle sue idee » (1)., L' insieme delle idee morali di un intero popolo non e mai
« sorto da'meri principii filosofici, come lo statuto di una so-
cieta commerciale vien fuori dalle idee della speculazione mate-
riale » (2). Questo capitale d'idee morali e il prodotto di una
elaborazione di tutti i secoli che ci precedono, e da cui esso ci
viene trasmesso per Feredita aiutata dalla tradizione.
La varieta delle norme di condotta sociale deriva da questa
varieta d'idee morali nelle diverse razze. L'ossequio alle norme e
istintivo, perche Tindividuo, generalmente, vi si conforma senza
sforzo e senza opera di raziocinio, ma per pura virtu di sentimento.
L'esame delle. norme di condotta pu6 dunque ricondursi a quellodei sentimenti sociali che trovansi nel popolo.
Sia che, secondo Darwin, la simpatia istintiva pei nostri si-
mili fosse la prima origine de'sentimenti sociali, sia, come crede
Spencer, che, all' epoca de' primi aggregati umani, il raziocinio
mostrasse la necessita di alcune regole di convivenza, e che que-
(1) SCHAEFFLE,Struttura e vita del corpo sociale. Cap. 5°, II.
(2) Idem, op. e loc. cit.
— 12 — : *
sta nozione acquisita e trasmessa ai discendenti si mutasse, perevoluzione ereditaria, in un istinto; certo e che esiste oggi in
ogni rasza, un senso od istinto morale innato che non e puntoil prodotto di un raziocinio individuale da cui sia indicata la mi-
gliore norma di condotta e 1'utilita, in certi casi, dell'altruismo
col sacrifizio dell'egoismo (1).Coloro che negano 1'esistenza del senso morale innato osservino
che non sipu6 assolutamente attribuire ad un raziocinio il sen-
timento altruistico che rende gli animi dei piu teneri fanciulli
compassionevoli verso persone estranee e da cui non possono spe-rare alcuna utilita, e loro fa desiderare di alleviarne le sventure.
Ne pu6 spiegarsi altrimenti che con 1'esistenza di un senso mo-
rale il non richiesto ed oscuro sacrifizio che alcuni uomini fanno
talvolta deioro vitali interessi in omaggio al dovere. Senza dub-
bio il principio che la convenienza sociale e possibile solo con
una certa contemperazione di egoismo e di altruismo spiega l'ori-
gine pnma utilitaria delle idee morali (2). Non e meno vero
(1) « Alcune intuizioni morali fondamentali sono state sviluppate e si svilup-
pano ancora nella razza, e benche esse siano il risultato di esperienze accu-
mulate di utilita, divenute gradualmente organiche ed ereditarie, esse sono ora
affatto indipendenti dalla esperienza cosciente Tutte le esperienze di uti-
lita organizzate e consohdate attraverso tutte le generazioni passate della razza
umana, hanno prodotto modiflcazioni nervose corrispondenti che per trasmis-
sione ed accumulazione continua sono divenute in noi certe facolta d' intui-
zione morale, certe emozioni corrispondenti alla condotta buona o cattiva, che
non hanno alcuna base apparente nelle esperieme individuali di utilith
La preferenza e 1'awersione diventano organiche per l'eredita degli effetti delle
esperienze piacevoli openose fatte da'nostri progenitori ».
SPENOBR,Le basi della mor. evol. Cap. 7°.
(2) K Nella famiglia primitiva e nella tribu i sentimenti d' interesse comune
e la riprovazione che ordinariamente accompagnavasi ad ogni atto delT indi-
riduo darmoso all'associazione, dovevano finire con 1'originare Fidea del bene
e del male. Questa idea, trasmessa per 1' azione dell' eredita alle varie gene-
razioni, dovea divenire un istinto piu o meno pronunziato ». — MAUDSLEY,La
responsabilita nelle mal. ment., traduz. di A. Tamassia, cap. 1°, pag. 64.
- 13 —
pertanto che ne' casi singoli V altruismo produce spesso il male
dellindividuo; se questi lo preferisce, ci6 non pu6 attribuirsi ad
altro che alla prevalenza di un sentimento che lo spinge ad agire,
senza alcun riguardo alle conseguenze, in conformita di una norma
ch'egli ha dentro di se, la norma del dovere ch'egli vede chia-
ramente, senza alcuna opera di raziocinio (1). Ecco il senso mo-
rale, in tutto, od almeno in gran parte, congenito, ereditato.
Se la morale fosse frutto del raziocinio individuale, gli individui
piu disonesti non sarebbero, come spesso accade, quelli che, per
la loro maggiore intelligenza, potrebbero piu facilmente elevarsi
alla concezione delle leggi di adattamento e di contemperazione
delFegoismo con 1'altruismo.Per converso, molti uomini di mediocre
intelligenza sono ossequenti ai piu rigorosi principii morali, non
perch6 essi ne vegganoTutilita, ma perche sentono inconsciamente
se medesimi obbligati a rispettarli (2).
Questo senso morale 6 dunque, almeno in parte, organico.
Esso, al pari di tutti gli altri nostri sentimenti, 6 stato creato
nella razza per evoluzione ereditaria, ed ha la sua sede in ci6
che nella psicologia contemporanea sindica col nome amplificatodi mente. E dunque una delle attivita del cervello. Pu6 essere
deficiente neglindividui di debole intelligenza, pu6 perdersi per.malattia e pu6 mancare del tutto in altri individui di comune od
(1)« Quantunque 1'uomo, com'e al presente, abbia pochi istinti speciali, avendo
perduto quelii che potevano avere i suoi primi progenitori, non e questa una
ragione perche egli non abbia potuto conservare, da un periodo sommamente
remoto, un certo grado di amore istintivo e di simpaiia pel suo simile
L'imperiosa parpla dovere sembra puramente racchiudere in se l'interaa con-
sapevolezza di un istinto persistente, sia esso innato od acquisito in parte,che gli serve di guida, qu&ntunque possa essere disobbedito ». — DARWIN,
L'origine deWuomo, cap. 3°.
(2) E stato osservato essere enormemente maggiori le differenze fra i popoliciviii ed i selvaggi nel campo intellettuale che nel campo morale. Alcune tribu
selvagge hanno una moralita eguale a quella degli Europei, ma tutte hanno
intelligenza assai meno sviluppata.
. — 14.—' "
anche superiore intelligenza, i quali sono veri mostri neirprdine
psichico, spiegabili come fenomeni atavistici. Le gradazioni sono
•infinite « dalla suprema energia di una volonta ben costrutta
all'assenza completa del senso morale » (1).Ora la quistione da farsi 6 la seguente:
Questo senso od istinto morale e esso proprio di ciascuna razza,
diverso in ogni momento della evoluzione, ovvero una, parte ne e- comune a tutti i popoli e puo rintracciarsi in qualsiasi tempo,in qualsiasi condizione di aggregati umani?
La persistenza di alcuni principii di condotta attraverso i secoli,la loro identita fra genti lontanissime ha fatto credere aLVesistenza
di una norma uniforme dettata alVumana coscienza, la recta ratio
di Cicerone, Yimperaiivo categorico di Kant.
II punto di vista da me prescelto mimpedisce ogni discussione
metafisica; ma credo opportuno osservare che, se da una parteil naturalista non pu6 accettare incondizionatamente tali formole
astratte, ne ammettere 1'esistenza di una identica morale miversale,
perche smentita dalla storia e dalla etnografia, pure, d'altra parte,
egli non deve affrettarsi a proclamare, senza limitazioni, che la
morale sia sempre variabile secondo i tempi e i luoghi.Una simile affermazione 6 ora divenuta quasi un luogo comune;
ma unidea esposta cosi indeterminatamente potrebbe giustificaremolti errori. E necessario precisare i termini. Bisogna vedere
quando, come' e fino a qual punto la morale possa variare, sce-
verando l'uno dalFaltro i diversi principii, secondo la diversitd
dei sentimenti a cui essi mettono capo e investigando ilimiti in
cui questi sincontrano nella specie umana, limiti di razza,, di
tempo, di luogo, di civilta.
Quesfanalisi 6 importante, perche essa potra farci distinguere
quei sentimeri^i che, acquisiti dalla razza, non si perdono piu ma
sono soltanto suscettibili di un perfezionamento sempre maggiore,
(1) MAUDSLEY,op. cit., pag 36.
• -15-
e che si ritrovano quasi identicamente in periodi' storici diversi
ed in tutti glj aggregati sociali civili o semi-civili, — da altri sen-
timenti proprii di un tempo, di una razza, di un popolo, e quindi
assai piu superficiali ed incostanti.
Insomma noi vogliamo ricercare se vi sia un senso morale uni-
versale nelle razse umane superiori, lasciando in disparte gli uomini
della pietra grezza e della pietra liscia e le tribu degenerate
od arrestate nel loro sviluppo, le quali riproducono ancor oggi i
costumi preistorici.Eu detta una fantasticheria la recta ratio naturae congruens,
diffusa in omnes, constans, ma pure vi ha in queste parole la
verita, a patto che quella recta ratio non si consideri come un
attributo primitivo, originario della natura umana, bensi come un
prodotto della evoluzione, ovvero, ci6 che importa lo stesso, non si
estenda alle razze preistoriche e alle loro odierne rappresentanti,le tribu selvagge, ne, infine, comprenda la morale come un tutto
omogeneo, ma invece solo alcune delle norme in cui essa si de-
compone, norme derivanti da alcuni sentimenti divenuti organiciod istintivi negli uomini viventi in societa civili o semi-civili.
Se potremo provare questa derivazione, dovremo conchiudere
che una parte del senso morale e identico nei limiti medesimi.
Ed allora chiameremo DELITTO NATURALE, Voffesa a questi soli
sentimenti profondi ed isiintivi deWuomo socievole.
Esaminiamo dunque le diverse norme che si riferiscono al senso
morale.
VAEIABILITA DI ALCUNI SENTIMENTI.
Ho gia fatto un accenno alla varieta di alcuni usi sociali derivati
dal sentimento del pudore. Bastera qualche osservazione per mo-
strare come questo sia assai meno istintivo di quanto da molti
si crede.
— 16 — *
Bisogna distinguere qui due cose affatto diverse: il pudore
che consiste nel celare la propria nudita, e quello che consiste
nel resistere agli stimoli della libidine. Per ci6 che riguarda
il primo, 6 facile notare 1'immensa diversita del costume, a seconda
delle classi, della educazione, de' tempi e dei luoghi. Ne ho gia
recato qualche esempio parlando della Grecia e di Roma antica.
Oggi la donna Araba si' copre financo il volto con un fitto velo,
mentre in altri luoghi d'Oriente la donna piu onesta porta il
petto affatto scoperto, la Nubiana e 1'Abissina vanno quasi del
tutto ignude e la Giapponese si mostra cosi ne'pubblici bagni.
In Europa la popolana meridionale cela il seno con gran cura ad
ogni sguardo, mentre la signora delle classi alte lo scopre in parte
nelle feste e nei ricevimenti della sera. Viceversa, la prima ado-
pera nel suo linguaggio, con la massima semplicita, parole che
alla seconda ripugnano come oscene. Ma quesfultima danza stretta
fra le braccia del suo cavaliere e la prima non permette ch'egli
le tocchi neppur la mano.
Quanto alValtra specie di pudore, tutti hanno potuto sperimen-
tare che essocede quasi sempre alVamore. E ben raro che una donna
resista lungamente alla insistenza appassionata di un. uomo a lei
molto simpatico. Anche nelle migliori classi della societa in cui
le fanciulle si custodiscono con grandi precauzioni, le pareti delle
loro virginee stanze accolgono spesso segreti tali da fare impal-lidire i personaggi dello Zola. La castita di molte altre e mantenuta
principalmente dalla mancanza di vive premure, ovvero di una
audace ed abile seduzione.
Se dunque il pudore femmineo suol essere vinto dalla passioneod anche da una semplice simpatia, bisogna dire che questo sen-
timento non ha radici molta profonde nelVorganismo.Noi possiamo dunque mettere da" banda le norme sociali che
concernono il pudore pubblico, perche la loro variabilita e troppo
grande, anche in un solo popolo ed in un'epoca sola. Esse non
costituiscono la moralita profonda, sostanziale, identica in tutte
le societa civili, ma fannno parte della moralita specifica di un
'_'17 —
^opolo o di una classe sociale. Quanto alla impudicizia privata,essa non ha importanza che dal punto di vista famigliare e dal
aieligioso.A tutti e nota la diversa profondita del sentimento religioso
.anche in quei popoli che adorano con le stesse forme la Divinita.
Ma, in generale, nelVEuropa contemporanea la moralita pubblica si
considera come indipendente dalla religione, ci6 che non si sarebbe
potuto concepire in Grecia e nella Roma repubblicana, ne per tutto
il corso del Medio Evo, ne oggi si concepisce in Oriente.
La bestemmia, 1'eresia, il sacrilegio, la stregoneria ed anche
la scienza in contraddizione coi dogmi furono un tempo i piu gravimisfatti. II pregiudizio religioso fu cosi vivo da far commettere
atroci stragi ed inique spogliazioni. Esso spiega in parte la cru^
delta dei crociati contro i Saraceni, e quella degli Spagnuoli contro
gVindigeni Americani.
II sentimento religioso antico era connesso intimamente al pa-
triottico, poiche dal culto degli Deicredevasi dipendesse la salute
della patria. II medesimo pregiudizio si e osservato in molte tribu
barbare moderne.
Nella razza europea il sentimento religioso ha perduto questo•carattere. Esso non 6 altruistieo se non nei suoi effetti, perche,
per un intento egoistico, la propria salvazione, spinge alla bene-
volenza e alla giustizia. Ma questi ultimi sentimenti si ritrovano
anche in uomini in cui difetta la fede cristiana. II successo della
morale evangelica deve attribuirsi prineipalmente alVavere essa
indirettamente favorito lo sviluppo dei sentimenti altruistici fon-
damentali. In questo campo il cristianesimo, con Vaiuto delle
sanzioni di oltre tomba, ha senza dubbio contribuito al maggior
progresso della razza europea.Noi dobbiamo dunque escludere dalle norme universali di con-
-dotta anche quelle derivanti dalla religione.
GAKOFII,». — 2.
18
Cl6 CHE NON VARIA NELLA MORALE.
Non e possibile trovare Vuniformita e Vinvariabilita se non in-
quelle norme che si riferiscono ad alcuni sentimenti altruistici piu o,
meno sviluppati a seconda delle condizioni delVaggregato sociale-,
ma esistenti fin dai punto in cui questo si mostra fornito di UH
organismo atto a congiungere gVinteressi ed a rimuovere le col-
lisioni.
Quali sono questi sentimenti altruistici fondamentali della na-
tura umana?
Essi possono ridursi a due: la benevolenza e la giustizia, i
quali, spuntati nella famiglia, estesi poi alla tribu, alla nazione;
alla razza, oggi non conoscono altri limiti che quelli delVuma-
nita. La morale moderna si e generalizzata e spiritualizzata, pas-
sando sopra agli aggregati speciali e divenendo piu direttamente
altruista. Ma se lo. spazio si e allargato per alcuni sentimenti,
Vintensita di altri e diminuita.
II sentimento religioso, quello della famiglia e quello della patria-
o della fedelta al Ee, nen costituiscono piu il fondo della pub-blica morale, se non in quanto sono connessi agli altri due sen-
timenti di benevolenza e di giustizia. Ne segue che la violazione-
dei primi, a meno che non leda questi ultimi, non ha Vimprontadi una cosi profonda immoralita da assumere carattere criminoso,
salvo, per il patriottismo, certi periodi eccezionali di rivoluzioni
o di guerre in cui esso ritorna predominante.II vero delitto naturale de' nostri tempi deve sempre contenere;
un elemento di disumanita o i'ingiustizia, anzi e da questo ele-
mento essenzialmente costituito.
19
LlSTINTO DI PIETA.
Esaminiamo dunque dapprima il sentimento, modemo nella sua
estensione, delVcwworeo della benevolenza verso i nostri simili.
Esso corrisponde, fra'sentimenti altruistici, a quello egoistico della
propria conservazione. Divenuto organico prima di ogni altro nel
seno di un aggregato famigliare, benche la leggenda di parecchi
popoli cominci con un fratricidio, fu uno degli ultimi a svilup-
parsi negli aggregati superiori. Nei popoli divisi in caste arre-
stavasi ai limiti di queste, nelVantichita classica non si estese
agli schiavi che nei tempi prossimi al cristianesimo. Solo negliultimi secoli ha cominciato ad abbracciare anche le razze umane
inferiori.
« La pieta, nella sua origine, non e puramente altruistica. Come
il piacere che 6 costituito dalla rappresentazione del piacere e il
sentimento che provoca Vazione generosa, cosi Vemozione che pro-voca il tentativo di addolcire il dolore eun dolore costituito dalla
rappresentazione del dolore altrui La simpatia pel dolore pro-duce nella condotta modifieazioni di diverso genere. In primo luogoessa reprime gli atti con cui s'infligge intenzionalmente un dolore.
Quesf effetto osservasi in gradi diversi. Se non esiste alcuna ani-
mosita fra due persone, il movimento con cui Vuna di esse
urta Valtra, suscita un sentimento spontaneo di rammarico fra
quasi tutti gli uomini adulti, eccetto quelli del tutto brutali;la rappresentazione del dolore fisico prodotto in tal modo 6 suf-
ficientemente vivo presso quasi tutte le persone civili per indurle
ad evitare con cura di produrlo. Dove esiste un grado maggioredi potenza rappresentativa, vi ha una ripugnanza viva ad inflig-
gere un dolore anche non fisico. Lo statodispirito penoso che sarebbe
eccitato in un altr'uomo da una parola dura o da un atto offen-
sivo e raffigurato con tanta chiarezza che una tale immagine e
— 20 — ,
sufficiente per distogliercene completamente. E fra le persone sim-
patiche larappresentazione del dispiacere che esse possono pro-
vare e cosi viva da impedire loro soventi volte di dire o di fare
cose spiacevoli, le quali esse avrebbero pure il dovere di dire o
di fare: il sentimento della pieta fa ostacolo, anche quando non
dovrebbe, alla produzione di uno stato doloroso (1) ».
La parola pieta pu6 dunque adoperarsi da noi, come e stata da
Spencer, per indicare un sentimento di ripugnanza dalla crudelta,
ripugnanza da cui ha origine la resistenza agVimpulsi contrarii.
Questo sentimento che, nelle societa primitive, vedesi ristretto
alle relazioni domostiche e pertanto conserva piu della natura
egoistica che delValtruistica, tende sempre piu ad assumere que-sf ultima con Vevoluzione morale.
« La maggior parte dei selvaggi vedono con indifferenza i pa-timenti degli stranieri, ed anche ne provano piacere. E cosa nota
come le donne e i bimbi del Nord-America aiutassero a torturare
i loro nemiei..... Man mano che Vuomo progredisce nelVincivili-
mento e le tribu poco numerose si uniscono per formare comu-
nita piu grandi, la piu semplice ragione insegnera ad ogni in-
dividuo che egli deve estendere i suoi istinti sociali e ie sue
simpatie a tutti i membri della medesima nazione, sebbene non
li conosca personalmente. Giunto una volta a questo punto, non
vi e piu che un ostacolo artificiale a ci6 che le sue simpatie non
siestendano agli uomini di tutte le nazioni e di tutte le razze.
«Invero, se siamo separati da questi uomini da grandi diffe-
renze nelVaspetto e ne'costumi, V esperienza sfortunatamente di-
ihostra quanto tempo ci vuole perche possiamo veriire a consi-
derarli come nostri simili. La simpatia oltre i confini umani,che vuol dire Tumanita verso le bestie, sembra essere fra gli
acquisiti merali piu' tardivi » (2).
(1) SpfiNCER, Princ. di Psijiol., Vol. 2°, Corollarii, cap. 8°.
(2) DARWIH, Orig. deWuomo, Cap. 3°.
_ 21 —
Un pppolp civile e dunque, normalmente, alieno dalla crudelta.
« Benche vi siano fra gli uomini civili individui in cui soprav-•oivequesta nota del carattere sehaggio, pure il piacere di far sef-
frire non e generale, ed oltre il gran numero di coloro che mo-
strano benevolenza, vi hanno persone che spendono tutto il loro
tempo ed una gran parte della loro fortuna in opere di filantro-
pia senza alcun pensiero di ricompensa attuale o futura » (1).Ecco dunque le gradazioni di tale sentimento: Al vertice, filan-
tropia, virtu dipochi;piu giu, benevolensa, piu comune ma non
ancora universale; al di sotto, pietd od umanitd, istinto ereditario
di razza, dicui sono soltanto privi alcuni individui nei quali so-
prawive o ricorre la crudeltd primitiva.La determinazione della violazione criminosa dev'esserci dun-
que fornita dal grado minimo, piu comune di cosi fatto istinto,la pietd od umanitd, cioe a dire V avversione al dolore dei no-
stri simili.
Ma qui cade in acconcio una distinzione: II dolore pu6 essere
fisico o morale, o- meglio, pu6 essere prodotto da una causa fisica
ovvero da una causa morale. .
Cause di quesf.ultimo genere sono talvolta non meno dirette
delle prime e possono, come quelle, produrre un grave male, ed
anche la morte. Ma, in generale, esse sfuggenp ad una precisa
determinazione, tanto n.el loro modo d'agire che neiloro effetti. La
spcieta non pu6 dunque preoccuparsene; Vomicidio morale rimarra
sempre un'utopia.
Viceversa, quasi tutti ripugnano dal vedere sbffrire il loro si-
mile per una causa materiale. L'azione ehe, con un messofisicofh diretta a produrre un dolore e, al sommp gradp, anti-spciale.
Pertantp qualsiasi aggressione per uccidere, per recdre danno al
corpo di un uomp, qualsiasi aziorie preerdinata ad un simile ef-
fettp, cpme un incendio, una rotbura di strade ferrate, una esplo-
(1) SPENCER,Le basi della mor. evol., Cap. 10°.
- 22 -
sione, ecc., lede il senso morale piu comune; quello a cui piurare sono le eccezioni. Cosi pure, benche Veffetto sia piu lento,e una lesione del sentimento di umanita Veccessodi lavoro mec-
canico imposto ad un tenero fanciullo, tale da potersi prevedereche lo sviluppo del suo corpo ne sara arrestato, la sua salute per
sempre distrutta.
La violazione della liberta individuale per commettere atti di
libidine o per qualsiasi altro scopo e del pari Un' offesa al sen-
timento di pieta. II dolore • potra in questi casi essere morale
piuttosto che fisico, ma questa distinzione qui poco importa, poi-che esso non ha nulla di vago, nulla dindeterminato; e Veffetto
diretto di un' azione fisica. L' offesa al senso mol-ale, quindi il
delitto, e nelVostacolo posto ai liberi movimenti (sequestro deila
persond), e nel costringimento delValtrui volonta, nella violenza
libidinosa (stupro, ratto violento). Similmente la diffamasione e
la calunnia, benche producano un dolore morale, sono pure azioni
ben determinate e trovano il loro posto naturale accanto alle ag-
gressioni alla persona, di cui, nella vita sociale, V onore forma
parte integrante. Che anzi la calunnia, causa di una pena sofferta da
un innocente, pu6 assimilarsi alla stessa azione che direttamente
produca un dolore identico a quello della pena, Vomicidio nel
Caso di condanna a morte, il sequestro della persona nel caso di
condanna alla prigionia.Ecco come mettono capo ad un solo sentimento, ta pietd, azioni
che ledono diritti diversi e che sono classificate nei codici come
reati affatto eterogenei. Noi faremo rientrare nella medesima ca-
tegoria anche quel delitto politko, che sotto forma di attentato
alla vita del capc dello Stato, o dei suoi funzionarii, lede il
sentimento di umanita. La vera criminosita delVazione, secondb
il sentimento morale contemporaneo, non trovasi gianella cir-
costanza che la vittima sia un Sovrano od un suo ministro; la
natura delVomicidio non pu6 dirsi mutata per la qualita del-
1'ucciso. Ma, se ci6 e vero, per la medesima ragione il delitto po-litico in quei casi rimane pur sempre un delitto naturale. Non
— 23 -
*e meno delinquente il fanatico settario che uccide il suc Re di
qualsiasi omicida mpsso da altre cause, poiche il sentimento di
umanita fu leso dalVuno e dalValtro in eguale misura.
Che si dira poi di tutti quei reati politiei, i quali non of-
fendono il senso morale per disumanita od improbita inerente al-
Vazione, ma ledono nondimeno, con la sicurezza dello Stato, il sen-
timento del patriottismo ?
Certo questo sentimento fa parte della morale, ma esso, come
ho detto poc'anzi, nelVodierna civilta non e piu fondamentale; un
uomo pu6 disobbedire al governo del proprio paese, pu6 prefe-
rire alla propria un' altra nazione senza essere considerato come
profondamente immorale. Dunque, nonostante le gravi pene che
uno Stato, per propria difesa, deve minacciare ai ribelli, ai set-
tarii, agli apostoli di idee sovversive, la pubblica coscienza non
riconoscera mai in essi il delinquente, a meno che non sia leso
dalla. loro azione uno dei due sentimenti morali predominanti. E
awenuto nel sentimento del patriottismo una evoluzione in senso
opposto a quella delVistinto di pieta. Questo 6 divenuto, quello ha
cessato dalVessere necessario alla moralita delVuomo.
IL SENTIMENTODI GIUSTIZIA.
Passiamo alValtro sentimento altruistico prevalente in un po-
polo civile, la cui lesione reputasi universalmente delitto. Questosentimento non e che una parte di quello complesso della giu-
stisia, il quale « non consiste in una rappresentazione di sem-
plici piaceri o semplici dolori provati dagli altri, bensi nella rap-
presentazione di quelle emozioni che gli altri risentono quando si fa
•dstacolo o si lascia libero corso alla manifestazione di quelle attivita
per mezzo delle quali si raggiungono i piaceri o si allontanano i do-
lori II limite verso cui s' incammina questo sentimento altru-
istico superiere e lo stato in cui ogni cittadino, incapace di
-24— .
tollerare qualsiasi altra violazione della propria liberta, soffrira-
npndimeno volentieri le restrizioni di questa liberta rese neces-
sarie dai diritti altrui. Che anzi, non solo soffrira tale restrizione,
ma la riconoscera ed affermera spontaneamente » (1).Inteso cosl il sentimento di giustizia, molte azioni ppsspno of-
fenderlo senza che pertanto si possano dire criminose^ E la ra-
gione ne e chiara. Nellostadio presente di evoluzione morale (stadiodi lunghi secoli) un sentimento cosi complesso non pu6 essere
posseduto in tutta la sua perfezione che dalle nature privilegiate,una minoranza nella societa (2). Perche possa dunque esistere Vof-
fesa criminosa, che 6 offesa ai sentimenti piu comuni, e necessario -
ricercare quella parte del sentimento di giustizia che costituisce la
misura media in cui esso,e generalmente posseduto.Per riuscire in questa ricerca, investighiamo il sentimento egoi-
stico che ad esso corrisponde. Ogni sentimento altruistico deve
averne uno, poiche « se una sensazione od emozione non e stata ri-
sentita, essa non pu6 essere simpaticamente eccitata » (3). Questosentiinento egoistico 6 quello della libera attivita personale che vuole
i mezzi di soddisfazione dei proprii desiderii. Primo fra' desiderii e
quello del spstentamentp. Dal piacere diretto che procura il pren-dere gli alimenti, si passa a quello di teherli in serbo (possesso), e-
l'uno e Valtro sono comuni agli animali. L'uomo primitivo v'ag-
giunge tosto il piacere del possesso di quegli oggetti che possonoservire a procurargli alimenti, a premunirlo contro il freddo, a pro--
(1) SPENCER.Princ. di Psieohgia. Vol. 2. Corollarii, cap. 8°.•
(2) Viceversa, Videa della giustizia anche nelle cose piu minute, e coinunis-
sima. Ma questa idea, che in tutta la sua estensione e posseduta tmiversal-
mente, non diviene senUmento se non in pochi individui. Un esempio della dif-
ferenza fra Videa ed il sentimento della giustizia si ha nel bambino. Questi
distingue perfettamente cio che e suo, da cid che e degli altri, ma pure tende
continuamente ad appropriarsi l'altrui. La medesima cosa si osserva nel sel-
vaggio.
(3) SPENCER,op. e loc. cit.
- 25 -
eurargli sensazioni estetiche. NelV.uomo civile il piacere esiste-
anche nel possesso di oggetti che sono mezzi indiretti di sod-
disfazione, siano materiali (occupazione del suolo), siano immate-
riali (diritti sulle cose rappresentati da titoli o documenti) (1).Ecco il sentimento di proprieta che assai bene 6 stato definito
« una forma secondaria» di quello della propria conservazione (2)..
LA PROBITA.
Era' sentimenti altruistici, quello che corrisponde al sentimento
egoistico di proprieta deve dunque considerarsi come elementare.
Ma quale sara il nome cOn cui lo distingueremo ? La nostra lin-
gua non ci porge una parola che indichi con precisione il senti-
mento di rispetto alValtrui proprieta. La parola « probita » ha
forse fra tutte uri significato a questo vicino, benche senza dub-
bio assai piu comprensivo. Essa indica in geherale il sentimento di
rispetto a tutto ci6 che appartiene altrui, nelVordine materiale come
nelVordine morale, beni, diritti, fama, onore, tranquillita privata.II significato complesso della parola ci awerte che in una so-
cieta civile il sentimento di rispetto a codeste appartenenze mo-
rali si aggiunge tosto a quello delle appartenenze materiali e ad
esso aderisce in mcdp indissolubile.
Anche qui vi sono parecchie gradazioni corrispondenti ai diversi
stadii di evoluzione morale.
Al vertice della probita troviamo la delicatessa, con le sue
ihfinite sfumature, al fondo il solo rispetto per Vaitrui possesso di
m oggetto. E questa la piu semplice e primitiva manifestaziohe
del sentimento altruisticp ccrrispondente a quello di prpprieta.
(1) SPENCER,op. cit. Corollarii, cap. 6°.
(2) SERGI, Elementi di Psieoiogia, pag. 590, 591. Messina, 1879.
— 26 —
Tutte le violazioni di contratto, tutti gVinadempimenti ai proprii
«obblighi, sono altrettante offese a questo sentimento. Ma il delitto
non comparisce che quando si adopera la violenza o Vinganno per
rapire altrui un oggetto, od un diritto.
Infatti il senso morale comune non pu6 abbracciare tutte le
-gradazioni della probita. L'accettare un premio non meritato pu6essere una indelicatezza, ed anche una ingiustizia se altri v'era
piu degno che ne facea domanda. Ma se per ottenerlo non fu
adoperato inganno, ne violenza, V accettazione del premio non
meritato potra offendere soltanto i sentimenti delicati, che sono
il patrimonio morale della piti eletta minoranza.
Noi possiamo adunque classificare nelle violazioni criminose le
sole aggressioni violente alla proprieta altrui mobile od immobile
(furto, estorsione, rapina, devastamento, incendio), e le azioni np-
cive commesse con inganno (truffa, frode, falso).Ma poiche il progresso intellettuale ha fatto sorgere il concetto
•della proprietd scientifica, letteraria, artistica, anche qui la viola-
zione avra un identico carattere criminoso.
Abbiamo gia classificato altrove la diffamazione, perche, gene-
ralmente, e il sentimento di pieta quello che piu di ogni altro
e offeso dalle aggressioni alVonore. Ma se si riflette che la buona
fama e una vera proprieta delVindividuo, la quale gli rende pos-sibile la convivenza nella societa onesta, una proprieta acquisita
per mezzo della condotta costante, e la quale e, come le altre^un mezzo indiretto di godimento, s'intendera che nella diffama-
zione, in taluni casi, pu6 alla crudelta prevalere la improbita.La fabbricazione di false monete o carte di pubblico credito,
la falsa testimonianza e la falsitd m atti pubblici rientrano an-
-cora in questa categoria, ancorche esse non producano direttamente
un danno materiale ad alcuno. Ma vi e in quei fatti una poten-zialita di danno che presto o tardi ricadra su qualcuno owero
sulla intera societa. L'istinto della probita ripugna dunque da
simili azioni quanto dalle lesioni dirette della proprieta o dei
'diritti individuali;
— 27 —
E facile osservare che la parte divenuta istintiva ed ereditaria
uella probita sia molto meno salda, molto piu elastica, nella ge-neralita di ogni popolazione, del sentimento di benevolenza o di
pieta; ed in parte molto maggiore sia da attribuirsi alVeduca-
zione delVinfanzia ed alVambiente. Anche questo sentimento, come
quello di pieta, oltrepass6 assai tardi i confini della tribu o della
gente. Ed anche nel seno di un gruppo famigliare esso aveva pocasaldezza e profondita. Basta rammentare gVinganni delle famiglie
patriarcali: Giacobbe che al letto del padre morente simula la
figura di suo fratello, con la connivenza della madre; — Eebecca
che nel partire con lo sposo dal tetto paterno, ruba gVidoli pre-ziosi di Labano, ecc. Inoltre le leggi dei popoli primitivi si cu-
ravano poco della proprieta dei singoli individui: esse non si
occupavano che della proprieta comune del gruppo famigliare.« Ci6 che noi chiamiamo proprieta privata — dice Bagehot —
non esisteva forse allora, o, se esisteva, non aveva alcuna impor-tanza: rassomigliava a quegli oggetti che si danno ai fanciulli,
e che questi non possono vedersi sottrarre senza dolore, ma che
essi conservano senza alcun serio diritto. TaV e la legge di pro-
prieta ai tempi piu antichi L'individuo, in quanto era un
individuo, non era protetto ne nei suoi beni, ne nella sua esi-
stenza » (1).II furto in Eoma era un delitto privato: niun altro che il
derubato poteva trarre il ladro in giudizio. Solo il ladro da
strada, quegli ch' era la causa di comune pericolo e di pub-blico turbamento poteva essere pubblicamente perseguitato per-la legge Gornelia, ci6 che apparisce dal punirsi con le sanzioni
di questa legge qui furti faciendi causacum telo ambulaverit
<D. Lib. 48, Tit. 8, ad leg. corn.). II progresso della legisla-zione non e ancora ai nostri giorni giunto a tale da annoverare
fra'reati qualsiasi inganno con cui si danneggia altrui. Esistono
(1) BAGEHOT,Lois scientif. du devel. des naiions. Liv. m. Paris 1882.
— 28 —
casi di frode detta civile per indicare che non e punibile, come
la vendita di un immobile o la cessione di diritti a danno dei
creditori. Tutte le simulazioni che si scoprono nei giudizii civili
sono altrettanti modi di ottenere un lucro non dovuto a danno
altrui. E pure ben di rado esse possono dar luogo ad un giudizio
penale. >
Qual'e la ragione di questo stato della legislazione ? Pur troppoesso corrisponde a quello della pubblica morale contemporanea.
Negli attentati alla proprieta materiale non vi ha che due awer-
sioni istintive ed universali, quella per la sottrazione violenta o-
per la distruzione di un oggetto, e quella per aleune specie di
frodi piu grossolane e sfacciate. II senso della probita non ha radici
cosi profonde nella natura umana media da eccitare la repugnanza
per ogni illecito lucro, per ogni danno recato altrui. Certo nella
classe piu alta la delicateam e spessoistintiva, ma cio e il privilegiodi un numero ben ristretto di persone. Anche in quella classe e fre-
quente il contrarre debiti con la coscienza di non poterli pagare,e cio non disonora il debitore se non quando si tratti di debiti
di giuoco. Nel vendere beni immobili, oggetti d'arte o cavalli, e-
comunemente tollerato che si celi una parte della verita. Che
dire poi dei guadagni illeciti che sogliono fare i preposti alle
forniture governative; che dire delle infmite contraffazioni indu-
striali, ed anche di quelle che possono danneggiare la salute,.come nelle sostanze alimentari?
La menzogna, la slealta, l'indelicatezza, sono cosi comuni in;
certe classi sociali, in certe occasioni della vita, da rendere ne-
cessaria una reciproca tolleranza. II delitto e cosi limitato in con—
fini assai piu ristretti di quelli che il sentimento di giustizia gli.
assegnerebbe.
29
II SENTIMENTO DI FAMIGLIA.
Per quanto riguarda il sentimento di famiglia ai giorni nostri,non mi resta che ripetere ci6 che ho detto del patriottismo. La
immoralita famigliare non assume oggi carattere criminoso se non
in quanto essa offende il senso di pieta o di probita. Un figlio mal-
tratta i suoi genitori, una madre abbandona i suoi bambini: qual'e il
sentimento realmente offeso, quello della famiglia in quanto e un
aggregato, un organismo, ovvero la pieta che generalmente e mag-
giore per le persone del nostro sangue, e che pertanto fa in. queicasi stimare delitto 1'azione che altrimenti non sarebbe tale?
Niun dubbio che questa seconda ipotesi sia la vera. D'altra parte,un sacerdote che, in paese cattolico, celando la sua qualita, riesce
a sposare una fanciulla, un uomo ammogliato che, facendosi cre-
dere libero, si fa sposo per la seconda volta, ripugnano al senso
di probita non meno del frodatore e del falsario. Similmente la
sqpjpressione di stato, la sostitusione dHnfante, ecc, sono delitti
naturali perche ledono sempre ilmedesimo sentimento.
Viceversa, la pura violazione delle norme di associazione fami-
gliare, sara essa.un delitto naturale? La mancanza di fedelta, di
assistenza, la disobbedienza, 1'adulterio producono senza dubbio
un dolore morale. Ma questi fatti sono quasi da paragonarsi a
quelli che violano le norme di una piu vasta associazione, lo Stato:
sono, per cosi dire, i delitti politici della famiglia. NeWadulterio
non vi e inganno ne violenza; esso non e che una violazione di
contratto, una inosservanza di norme convenute. Certo, Ia donna
adultera pu6 essere immorale come il debitore che ricusa il pa-
gamento dovuto: ma, come questo, essa non e una delinquente.H carattere criminoso non esiste, perche non e offeso il senso
.•.;' '-^30.-— -•.
morale nella pieta o nella probita. Delinquente e il oigamo come
il falsario, non Yadultero, ne il debitore moroso.
Ecco come con questo criterio i veri delitti si sceverano facil-
mente dalle altre azioni vietate e punibili.
DEFINIZIONE DEL DELITTONATUKALE.
Noi abbiamo dunque potuto riconoscere in un certo numero di
violazioni di sentimenti quei caratteri di universalita e di suprema
importanza che nella pubblica coscienza e nel linguaggio comune
.costituiscono il delitto.
Possiamo dunque conchiudere:
II delitto sociale o naturale e una lesione di quella parte del
senso morale che consiste nei senUmenti altruistici fondamentali
.(pieta e probita) secondo la misura media in cui trovansi nelle
rasse umane superiori, la quale misura e necessaria per Vadatta-
mento deWindividuo alla societd (1).La limitazione contenuta nelle parole « razze umane superiori »
e indispensabile, perche in quella parte della umanita conosciuta
(1) II solo £ra gli autori piu recenti che abbia, a quanto io sappia, tentato
Tina definizione del delitto naturale e il POLETTI, il quale nella sua « Tutela
sociale » scriye potersi riconoseere il delitto a tutti quei segni pei quali la
coscienza dell'umanita si mostra offesa ed insorge contro' quegli atti che in-
vincibilmente le ripugnano « per la loro manifesta opposizione alle proprieta.
che costituiscono la Tera umanita di nostra natura, considerata in di6 cheil
sentire, 1'aspirare, il conoscere e 1'operare ^uniscono in noi di egregio e su-
ilime ». Formola che sembrami alquanto vaga ed inesatta perche 1'autore
parla della natura umana come di un termine doyunque identico. Sostanzial-
mente, essa e poi ben diversa dalla mia, perohe, lungi dal vedere il delitto negli
atti che violano i sentimenti piii egregi e sublimi, io lo vedo in quelli che
wolano alcuni soltanto fra i sentimenti piii elementari.
— 31 -
col nome di selvaggi vedesi spesso mancare in tutto od in parte-l'uno b 1'altro di codesti istinti altruistici, che sono fra noi fon-
damentali. E questa la eccezionealla universalita di quei sentimenti.
La mancanza totale di ogni pieta e di ogni giustizia verso le-
tribu vicine e comunissima, ma facilmente spiegabile, quando si
pensi che fra' selvaggi contemporanei 1' altruismo non ha ancora
potuto valicare i confmi della propria tribu, perche non esiste la
nazione, il mezzo per cui soltanto pu6 sorgere il sentimento del
cosmopolitismo. II fatto delle uceisioni e delle depredazioni oltre
i proprii confini, e semplicemente analogo a quello delle guerree delle spogliazioni fra gli Stati. La crudelta verso gli stranieri
non prova 1'assenza delFistinto pietoso, ma soltanto il fatto che-
tale istinto trovasi al primo stadio della evoluzione, cioe a dire
limitato alla famiglia, ai vicini, ai sudditi di un medesimo capo,.
agli abitanti di una sola isola, a coloro che parlano una identica
lingua.Ma ci6 che importa eonsiderare, come segno della totale as-
senza del sentimento di pieta, sono gli atti di ferocia, comuni
in alcune tribu africane, malesi e polinesiache, sulle proprie donnefsui proprii bambini, sui deboli, gli schiavi, gl'infermi, i vecchi,e da parte dei capi sui sudditi. Qui ancora, bisogna escludere
quegli atti connessi a pregiudizii religiosi o patriottici, o ad antiche
usanze che trovano la loro spiegazione nei bisogni della lotta per
1'esistenza, nella necessita della selezione, nella prevenzionediun aumento eecessivo della popolazione. II cannibalismo religioso,,
quello per pieta fdifile, 1'omicidio nei sacrificii o riti funerarii,si rannodano alle prime cause, ed alle ultime 1'aborto largamente*
sparso nellaTolinesia, 1'infanticidio nel Giappone, nella Cina, in
Australia, fra gli Ottentotti, i Boscimani, gl'indigeni delle due
Americhe, ed in particolare nel Paraguay. Tra' Panches si ucci-
dono tutte le bambin« che nascono prima di un maschio, e nelle
isole Viti o Eidji, i due terzi delle bambine. H parricidio, che
e per noi il piu nero dei misfatti, fu ed e ancora in alcuni luoghiuna istituzione religiosa. II sentimento del dovere spingeva i Mas-
;-•';— 32— •".:;-. ..v/'
; >*.
sagiti, i Sardi, gli Slavi e gli Scandinavi alla uccisione dei loro
vecchi genitori, ed oggi ancora gli abitanti della Terra del Fuoco,i Kamtschadali, i Tshuthski, gli abitanti della Nuova Caledonia
e delle isole Viti, serbano — dicesi — quesforribile costume.
Ma ci6 che rivela la crudelta istintiva, perche non e spiegabile«on pregiudizii od istituzioni sociali, sono gli omicidii commessi
per mero capriccio, per fare uno scherzo, per mostrare la propria
sveltezza, per provare la bonta di una lama, per acquistare no-
torieta, — insomma quelli che da noi si direbbero per brutale
malvagitd. I viaggiatori ne hanno narrato molti casi, aggiungendoche essi non eccitavano punto la riprovazione della tribu, ma,
anzi, erano sovente ammirati dai testimoni (1). NelPinterno del-
1'Africa, nella Nuova Zelanda, fra gli Australiani e gli abitanti
delle isole Viti, non si fa maggior conto della vita di un uomo
che di quella di una farfalla. Nelle isole Viti, ove gli indigeni'avevano leggi severe contro il furto, 1'adulterio, il ratto, la magia,
1'incendio, 1'irriverenza, nessuna pena era minacciata agli omicidi.
Importa per6 il notare che anche nelle razze inferiori si e po-tuto scoprire un processo evolutivo che, col tempo, anche senza
1'intervento degli Europei, avrebbe fatto sorgere gPistinti altrui-
stici. Se ne ha una prova da ci6 che molti simboli ricordano
forme brutali di omicidio gia cadute in dissuetudine. Ed in
Tahiti, alFepoca del primo arrivo degl'Inglesi, il cannibalismo
per ghiottornia era gia quasi scomparso, ma si avevano provedella sua esistenza in tempo non remoto. Le forme che piu lun-
gamente sopravvivono sono quelle connessea pregiudizii religiosio patriottici (EEBEI e LOMBEOSO),ma fuori di questo campo pro-ducesi una graduale diminuzione del cannibalismo e deH'omicidio
brutale, che indica lo spuntare delPistinto pietoso.Per quanto riguarda 1'istinto di probita, e naturale che esso,
(1) Molti esempi ne hanno raccolto FERRI, L'omicidio (in corso di stampa)e LOMBEOSO,Uomo delinquente, 3a ediz. (ora pubblicata), pag. 57, 58 e 59.
— 33 —
cosi poco profondo anche nelle razze superiori, sia affatto defi-
«iente Delle selvagge. Ma la necessita della coesione di qualsiasi
piccola tfibu fa si che la depredazione si eserciti in generale suglistranieri e che il furto sia generalmente punito, salvo forse nelle
popolazioni piu degradate, come le tribu australiane deH'occidente,
ovvero quelle che, come i Puegiani, mancano di qualsiasi organismosociale e vivono in una completa anarchia.
E noto come la tendenza al furto sia comune ed irresistibile
nella razza malese, nella polinesiaca e nella africana negra. Di-
cesi essere un caso molto raro che un domestico africano, se pure
per lungo tempo sembri onesto, non finisca per rubare in una
occasione favorevole.
Senza negare pertanto la possibilita di progresso anche nelle
razze inferiori, noi non possiamo parlare della natura umana come
di un termine oggi costante, ne pure a riguardo della immoralita
criminosa, perche il sentimento di tale immoralita non si ritrova
in eguale misura nei diversi popoli, ed alcune tribu ne sono quasidel tutto prive. II carattere di. universalita che abbiamo notato
in alcuni sentimenti, e che ci ha fatto dare alle azioni ad essi
repugnanti. il nome di delitti, deve intendersi non di tutta la
specie umana, ma di tutta la parte civile o semi-civile della me-
desima. La razza bianca in particolare sembra possegga in piualto grado 1'istinto della pieta e il sentimento della giustizia re-
lativo alla proprieta.Vedremo piu innanzi che gl'individui di razza bianca, sforniti
deiristinto altruistico fondamentale, sogliono accostarsi, anche perla loro costituzione organica, al tipo malese, africano e mongollo.
Quegli individui sono anomali nella razza, come le tribu sel-
vagge di cui abbiamo parlato poc'anzi sono anomale nella specieumana.
Tutta 1'analisi che precede ci ha dunque condotto ad escludere
dal campo proprio del delitto naturale molte violazioni di diritti,benche queste possano e debbano, in taluni casi, essere frenate con
CrAROFALO. — 3.
— 34 —
minacce di castighi. Grli attentati alla tranquillita pubblica, af
diritti politici, ai diritti familiari, non rientrano nella crimina-
lita, se non in quanto essi offendono anche quella parte piu pro-
fonda del senso morale, che abbiamo distinta nel senso di pieta e-
in quello di probita. I sentimenti di pudore, di religione, di pa-
triottismo, variano troppo nella loro intensita, e nel loro modo di
essere, perche le azioni che li offendono siano sempre e dapper-
tutto riprovate al modo istesso. Anche queste azioni possono e
debbono in alcuni casi punirsi, ma esse non possono chiamarsi
delitti, a meno che a questa parola non si dia quel carattere assai
piii relativo, che abbiamo voluto escluderne.
Per noi, vi ha nel delitto 1'immoralita sentita in tutte le razze-
superiori delPumanita, in tutte le societa che meritano realmente
questo nome. Cio toglie il carattere criminoso a molte violazioni
famigliari, politiche, religiose, appunto per la immensa varieta
della loro importanza a seconda dei luoghi e dei tempi. I sentimenti
di pietS, e di probita che esistevano anche nel mondo antico e che
embrionalmente si ritrovano nel mondo primitivo, nel nostro sono
divenuti predominanti, e si possono dire acquisiti stabilmente dalla.
razza, perche sono la base della moralita progredita dei .nostri
tempi.Porse la prima origine della pieta e della probita fu il razio-
cinio elementare che fece stabilire, anche negli aggregati sociali
primitivi, le norme che vietavano le aggressioni, le violenze, gli
inganni, perche altrimenti credevasi la coesistenza degli uomini
impossibile, od almeno priva di scopo, e piena di tali svantaggida doversi ad essa preferire la solitudine.
II raziocinio, congiunto alla simpatia, e trasmesso ereditaria-
mente di generazione in generazione, divenne istinto organico, sensO'
morale. Ora, mentre altri istinti, altri sentimenti, scomparverO'del tutto, od andarono occupando un posto sempre minore, la-
pieta e la probita mettevano radici sempre piu profonde, e, nel-
1'anima delPuomo non anormale del nostro tempo, esse rappre-sentaho la moralita elementare e necessaria alla vita civile; altre
— 35 — .
norme produssero del pari altri sentimenti, ma questi formano glistrati superiori della moralita, piu variabili, a seconda delle mu-
tazioni delPambiente.
A questo punto si pu6 domandare:
Ma se la civilta richiede un maggior numero, una maggiore
complessita di norme di condotta, perche darete voi il carattere
criminoso solo alla violazione delle prime ? Non deve riconoscersi
anche qui la legge di evoluzione? Mentre una societa primitivavietava solo 1'aggressione a mano armata e la violazione iisica,una societa piu progredita vieta anche la violenza morale, e qual-siasi torto,qualsiasi ingiustizia.
Ora, perche non darete un carattere identico ad ogni violazione
delle leggi di una societa nel grado di sviluppo a cui essa e per-venuta ?
Questa obiezione e grave, ma la risposta chiarira ancora megliola mia teorica.
Ho detto poc'anzi che uno Stato deve necessariamente vietare
un gran numero di azioni e punire i violatori del divieto. Se per6a tutte qiieste azioni si desse un identico carattere criminoso, il
concetto del delitto non potrebbe essere colto che in un fugacemomento della storia di un popolo. II progresso potrebbe di anno
in anno rendere necessaria qualche nuova norma, o renderne inutile
qualcuna precedente. La scienza oscillerebbe incerta, il concetto
del delitto diverrebbe relativo, non piu alPintera specie umana,come si credeva pel passato, ne a tutta 1'umanita civile, come
crediamo noi, bensi ad ogni leggiero progresso o regresso, ad ognimutazione di qualcuna delle condizioni di una societa (1).
La scienza non troverebbe saldo terreno in questa via. II bi-
sogno di generalizzare, di semplificare, non tarderebbe a manife-
(1) Ne abbiamo una prova nella varieta dei codici penali della Europa con-
temporanea, e della stessa Italia, ove, ancor oggi, ne sussistono tre, dei quali1'uno chiama crimini o delitti azioni per 1'altro non punibili, e viceversa.
— 36,—
starsi. Ora, la semplificazione non dev'essere arbitraria; essadeve
fondarsi su di una base sicura.
Le mille leggi clie ha ogni Stato, sono tutte reputate neees-
sarie; ma non gia tutte ad un modo: e impossibile non sirico-
nosca tosto la gran differenza fra 1'importanza di questa e l'im-
portanza di quella. Perche 1'una si crede piu importante delFaltra?
Perche l'una e condizione di esistenza della societa, mentre 1'altra
e solo condizione di progresso o di miglioramento. La nuova norma
e utile; e anzi necessaria per assicurare questo o quel vantaggio
alla societa; ma la sua violazione non sarebbe una causa di dis-
soluzione o di ruina: la esistenza della societa puo concepirsi senza;
la nuova norma. Ed e facile intenderne la ragione.
Talune azioni contrarie alla pubblica morale, offendono cosi vi-
vamente il senso morale, da produrre una « grave perturbazione
nella vita sociale; esse provocano un antagonismo e, sesononuv
merose, 1'associazione perde qualsiasi coesione » (1) ed i vantaggi
che sono la ragione del suo essere,distruggendo le condizioni della
vita civile. Tali sono quelle offese che ho enumerate piu su, ed
ecco perche esse turbano, in misura maggiore o minore, tutti i
diversi popoli, e tutte le diverse classi di un popolo. Ma le altre
violazioni non producono una eguale perturbazione, appunto perchei sentitnenti che nesono lesi sono piu superficiali, e non esistono
forse del tutto negli strati sociali inferiori.-
Ora, per designare quelle leggi che sono necessarie, non ad un
particolare stadio di sviluppo, bensi alla esistenza stessa di qual-siasi civile societa, bisogna ricercarle nella pubblica coscienza, bi-
sogna vedere quali azioni contengano la immoralita piu odiosa,
piuintollerabile, cioe a dire offendano il senso morale delVintera
societd. E per determinare questo senso morale comune, nelle in-
fmite gradazioni che vanno dalla eccessiva delicatezza alla mas-
sima brutalita, e mestieri esaminare i sentimenti altruistici fon-
(1) SPBNCBR,Le basi della mor. evol., Cap. 8°.
— 37 —
damentali e coglierne la parte da cui cominci6 Tevoluzione, la
quale parte costituisce la moralitd media, non solo di unanazione
o di una razza, ma di tutta laspecie umana, salvo una minoranza
degradata od arrestata nel suo sviluppo.E questo il cammino che ho tentato seguire, ecredo averesu-
perato gli ostacoli di cui parevami irto in ogni sua parte.
SE POSSASORGEREIL CONCETTODI NUOVIDELITTI.
Ma occorre un'ultima awertenza. Quando io dico, che, per a-
vere il concetto del delitto, devesi ricercare quale sia 1'offesa ad
alcuni sentimenti altruistici fondamentali, io non intendo gi& dire
che la evoluzione non potra arricchire il senso morale e dare ai
nostri posteri il concetto di nuovi delitti, al modo istesso che la
evoluzione medesima ci ha sottratto quello di alcuni altri.
Ma i sentimenti di cui questi nuovi delitti rappresenteranno la
violazione, saranno sempre i medesimi in una gradazione supe-riore e piu delicata, la quale sara divenuta la piu comune.
A quel modo che al sentimento della famiglia, si soprappose
quello della patria, cosi una esplicazione del sentimento dipieta,
spuntato alFepoca romana, ma arrestatosi poscia, per lunghi se-
coli, non ostante il cristianesimo, va crescendo di giorno in giorno,e mettendo radici sempre piu profonde. II cosmopolitismo si sovrap-
pone al patriottismo, appunto in forza della prevalenza del senti-
mento di pieta sovra tutti gli altri.
Non si creda gia che il patriottismo sia un sentimento destinato a
scomparire; benche sovente esageratoe falso (1), pure esso durera
sempre fmo a che esisteranno diverse nazioni, al modo istesso che il
patriottismo non ha distrutto, ma solo temperato, il sentimento di
famiglia. Similmente il patriottismo andra raddolcendosi man mano;
(1) SPENCER,Introdusione alle scienze sociali. — II pregiudizio patriottico.
— 38 -
oggi essonon e gia cosi fiero ed esclusivo come ai tempi in cui 1'uma-
nith era piu disciolta, e l'una dall'altra erano piu lontane le nazioni.
Si e comnciato dal rispettare i diritti privati degli stranieri
che nel mondo antico potevansi legalmente calpestare. Era un di-
ritto dello Stato 1'ereditare dallo straniero morto nel suo terri-
torio, era un diritto saccheggiare una nave naufragata, era un
diritto fare schiavi i prigionieri di guerra. II ricatto che ora non si
commette se non da briganti, esercitavasi al medio evo da signori e
principi. Basta rammentar il trattamento sofferto dai primi crociati
con Goffredo di Buglione al loro passaggio per 1'impero greco.E tutti
conoscono la storia di Eiccardo Cuor di Leone che, gittato da una
burrasca sulle coste illiriche, vi fu fatto prigione dalPlmperatorecon cui egli non aveva guerra, e da cui non fu rilasciato in liberta se
non dopo aver pagato il riscatto stabilito dalla Dieta dell' Impero.Ed e ancor piena la storia delle crudelta di popoli e principi coi loro
nemici vinti: dal supplizio di Attilio Begolo a quello di Vercince-
torige, dalla orribile carcere ove fu cacciato Giugurta a quella ove
languirono i giovani figli di Manfredi, dalla decapitazione di Cor-
radino alla fucilazione di Murat e di Massimiliano d'Austria.E risalendo il corso-di secoli oltre il mondo classico e pene-
trando nelPAssiria, leggiamo su' suoi monumenti quesfiscrizionecuneiforme in cui un gran re si vanta al cospetto del mondo di
cosi atroce e raffmata barbarie da farci rabbrividire dopo tre mi-
gliaia di anni: « TTccisi un ribelle per ogni due. Costruii un muro» innanzi alle grandi porte della citta; feci scorticare i capi della
» ribellione e ricoprii quel muro con la loro pelle. Alcuni furono» chiusi vivi entro il muro, altri crocifissi od impalati di sopra:» ne feci scorticare un gran numero in mia presenza e rivestire» il muro con la pelle. Peci mettere insieme le loro teste in forma
» di corone ed i loro cadaveri in forma di ghirlande » (1).
(1) Cosi parla il re Assur-nazir-habal narrando la conquista d'una citta della
Mesopotamia che, dopo essersi ribellata, erasi sottomessa- implorando perdono.— MASPERO, Hist. anc. des peuples de V Orient. Ch. ix.
— 39 — : :
Chi consideri questi fatti' che tanto ripugnano al nostro modo
di sentire, dubitera che quegli uomini fossero proprio fatti come
noi. Ne a questa domanda e gia da rispondere con un sorriso di
scherno.No, quegli uomini non erano psichicamente costituiti come
noi, perche in essi mancava il sentimento del cosmopolitismo, che
ha esteso la pieta oltre i limiti della nazione.
Ma il cosmopolitismo non e solo un' esplicazione del senso di
pieta, bensi anche di quello di giustizia. Ora quesfultimo non e
ancora sufiicientemente sviluppato. Senza dubbio un certo progressodell'altruismo hon pu6 negarsi nelle relazioni fra popoli vicini ed
in uno stato simile di civilta. Ma fra.i popoli di diverse razze,anche oggi, come quaranta secoli fa, si esercitano dall'uno sul-
Taltro senza scrupolo 1'inganno, la violenza, il monopolio, la con-
quista, la spogliazione. Sembra che vi siano due moralita: una
per gl'individui, Ualtra per le nazioni.
Non e facile il prevedere se verra tempo in cui queste nei loro
reciproci rapporti riconosceranno il regno delle idee morali co-
muni. Non pochi scrittori credono che ci6 sara 1'ultimo progressodella evoluzione naturale (1). Sarebbe questo insomma 1'estensione
del sentimento di piet& e di quello di probita alle nazioni consi-
derate come altrettanti individui. E ne sorgerebbe allora il con-
cetto del delitto internazionale.
Questa parola e stata gia pronunziata; uomini di mente e di
cuore hanno gia dato alla guerra questo carattere ed hanno detto
•che « le Mros n'est qu'une variete de Vassassin » (2).
(1) « Si giunge al limite della evoluzione della condotta pei membri d'una
soeieta solo quando i membri delle altre societa, avendo ancor essi raggiuntoil limite, cessano le cause di antagonismo internazionale al tempo medeshno
che quelle di antagonismo fra gi'individui».
SPENCER,Le basi della mor. evol. Cap. 8°.
(2) VICTOR HUGO, in uno dei suoi discorsi politici. Egli soggiunge:« Les peuples en viennent a comprendre que, si tuer est un crime, tuer
beaucoup ne peut pas en etre la circonstanee attenuante; que si voler est
— 40 —
Se non che, una nazione non potrebbe essere considerata come-
deiinquente se non ne' suoi capi a cui, qualunque essi siano e con
qualsiasi forma piu democratica di governo, essanon fa pur sempre che
obbedire passivamente. I capi, d'altra parte, potranno ben esser pu-
niti, ma 1'aver essi incontrato pei loro divisamenti la simpatia e l'ap-
poggio degli uomini principali d'un popolo, fa si che la loro azione
non si possa mai considerare come puramente individuale; per
quanto sia stata grande la loro iniziativa, non si potra mai dare
ad essi la colpa esclusiva della guerra. Sara dunque difficile che
questa possa, come delitto internazionale, punirsi da un consesso
di nazioni.
Kimane il biasimo della storia che ancor oggi non manca, benche
siano cosi spesso diversi i giudizii degli scrittori.
Ad ogni modo, tolta di mezzo quella, come a me sembra, utopia
del delitto internazionale, le idee cosmopolite di Victor Hugo e
di altri pensatori hanno pur sempre un gran valore. Esse sono
un indizio del progresso che, nella continua evoluzione del senso
morale, accresce ed espande i sentimenti altruistici in ogni senso,
in tutfi rapporti. Ne diversa e 1'origine di un altro sentimento
che fa grandi progressi ai giorni nostri: la zooftlia, la pietd verso
le oestie; ne sono prova i regolamenti che vietano il tormentare
gli animali, divieti che si trovano inscritti fra le trasgressioni o
contravvenzioni di molti codici penali; ne sono prova le societa
zoofile e 1'indignazione da queste promossa contro la vivisezione,
1' ingrassamento artificiale dei polli, la lenta combustione delle
oche vive.
Al tempo nostro vediamo diffondersi in tutta la societa la sim-
patia per gli animali che non sono nocivi all'uomo e che gli ren-
un crime, envahir ne saurait etre une gloire; que les Te Deum n'y font pas
grande chose, que 1'homicide est l'homicide, que le sang vers6 est sang verse,
que cela ne sert a rien de s'appeler C6sar et Napoleon, et que, aux yeux du Dieu
Sternel on ne change pas la figure du meurtre, parce que, au lieu d'un bonnet
de forcat, on lui met sur la t&te une couronne d'empereur ».
— 41 —
dono servigi. Quindi la crudelta verso queste creature e biasi-
mata quasi al pari di quella verso i nostri simili.
« Se la sensibilita morale va crescendo, le cose che oggi sono
semplicemente sgradevoli (choquantes) diventeranno le cose odiose
dell'avvenire La nostra simpatia abbraccia un numero sempre
maggiore di esseri; essa si estende non solo aH'umanit&., ma a
tutta quanta la natura; per ci6 appunto piu facilmente pu6 ri-
manere ofiesa, specialmente nella sua forma morale » (1).
Pertanto, mentre molte cose, considerate oggi come indifferenti,
potranno considerarsi come immorali ed anche punibili, altre azioni
potranno assumere un vero carattere criminoso, quali Yeceessodi
lavoro imposto ai fanciulli, ovvero la specialitd di un lavoro che
danneggi la loro salute. E, per quanto riguarda la probita, quelle
frodi e simulazioni dette civili a cui ho accennato piu su, potreb-bero prendere posto accanto a quelle che oggi vanno punite, permodo che fra le une e le altre cessi ogni distinzione.
Dato questo sguardo alle probabilita dell'avvenire, riconducia-
moci allo stadio presente delPevoluzione del sentimento, secondo
il quale abbiamo determinato il concetto della criminalita, e pas-siamo ad un'altra rieerca: quella della logica reazione della so-
cietd contro il delitto.
(1) ALPRED POUILLEE, Hevue des deux mondes, 15 mars 1883.
: - 42 —'
CAPITOLOII.
LA LEGGE DELL'ADATTAMENTO.
« Ho dato il nome di selezione naturale, o di
persistenza del piu adatto, alla conservazione
delle variazioni e delle differenze individuali
favorevoli, e alla eliminazione delle nocive ».
(DARWIN, Orig. delle speeie. Cap. 4°).
I. Eeazione razionale delle societa contro il delitto — La eliminazione come
forma costante — Forma assoluta di eliminazione — La delicatezza .delTistinto
pietoso rende minore la pieta per alcuni delinquenti — Eliminazione parziale,
cioe da un determinato ambiente — Modalita.
n. Impulso individuale di reazione: La vendetta — L' espiazione morale —
II patimento dei rei — La reazione sociale spontanea tende indirettamente
allo stesso scopo della reazionale — Giustificazione del principio npunitur
quia peccatum » e suo accordo col principio « punitur ne peecetur ».
III. Se la elhninazione produca gli effetti preventivi. dei castighi: Motivo mo-
rale — Motivo del timore.
IV. La eliminazione. dei rei come mezzo di selezione — Teoria delTeredita psi-
.cologica.
I. — BEAZIONE RAZIONALE DELLA SOCIETA CONTRO IL DELITTO.
La parola « delitto » non indica esclusivamente le azioni im-
morali che la soeieta deve vietare, tollerando tutte le altre. Essa
indica solo quelle immoralita contro le quali ogni Stato deve re-
agire, mentre in altre non e sempre necessario il suo intervento, ed
in altre infine la reazione producesi spontanea per opera dei parti-colari aggregati sociali esistenti nel gran corpo della societa. Ogniviolazione ha lasua reazione adeguata, e per mostrare quale sia
quella che logicamente dovrebbe aver luogo contro il delitto, tornera
atile il procedere per analogia.
— 43 —
Secondo il concetto che ho tentato esporre del delitto naturale,esso e 1'offesa recata al senso morale delFumanita sollevatasi
dalle condizioni di vita selvaggia. Ora, a quel senso intimo, pro-fondo, universale soprastanno un gran numero di sentimenti pro-
prii di una data classe, di un particolare aggregato di persone,i quali corrispondono alle norme di una morale piu elevata, piiirelativa, ovvero semplicemente a quelle del cerimoniale, delPeti-
chetta, della buona educazione.
Supponiamo che un uomo ospite in una famiglia, manifesti
vizii di educazione incompatibili con le abitudini delle personeche lo hanno accolto. Qual' e la condotta naturale di quella fami-
glia ? Non invitarlo una seconda volta, non riceverlo piti, se eglici6 nonostante, si ripresenti. Con un po' piu di clamore un socio
di un club ne sara espulso quando manchi a taluni doveri di gen-tiluomo. Un pubblico funzionario sara destituito se si mostri in-
degno deU'ufficio che gli fu affidato. In generale pu6 dirsi che
quando un uomo e incorso nella riprovazione della classe, del-
1'ordine, o dell' associazione a cui appartiene per la violazione delle
norme di condotta ivi considerate come essensiali, la reazione si
manifesti in un modo identico, 1'espulsione. Si badi che io non
intendo parlare di ogni violazione, di ogni mancanza, contro cui
1'associazione avra stabilito qualche castigo, come sanzione del
divieto, bensi delPoffesa recata alla morale relativa delVaggregato,al sentimento che, negli associati, e o deve supporsi comune. La
reazione consiste nella esclusione del membro il cui adattamento
alle condisioni delVambiente sie rivelato incompleto od impossibile.A tale rivelazione un fatto unico e sufficiente.
Ed in vero, le particolari circostanze in cui si e trovato l'in-
dividuo sono appunto la pietra del paragone. Fuori di esse non ap-
parisce in modo abbastanza sensibile 1' educazione o la moralita
della persona. Basta 1'essersi veduto che in un solo caso un uomo
non siasi condotto come venivagli imposto da un principio fon-
damentale di convenienza o di morale per indurre da ci6 che egli
posponga l'una o 1'altra al piacere od alUutile egoistico.
— 44 -
Senza dubbio potrebbe awenire che, una seconda volta, inun
caso simile, il medesimo individuo si sottometta alla norma, ma
questa possibilita non gli giova, perche si e perduto quella fiducia
che in lui si aveva per la presunzione di buona educazione o di
onesta che lo accompagnava quando non vi era motivo di dubitarne.
Se ora, al posto delPoffesa fatta ai sentimenti di un piccolonumero di persone, noi poniamo una di quelle che urtano il senso
morale medio della intera societa, troveremo logico che la re-
azione si manifesti in un modo analogo, cioe a dire con Vesclu-
sione dalla vita sociale.
La famiglia ben educata ha espulso 1'nomo rozzo, rivelatosi purecon un gesto o con una parola; un aggregato maggiore ha espulso1'uomo poco delicato o poco scrupoloso; non dovra la societS, in-
tera mettere fuori 1'uomo delinquente che, con una sola azione,ha rivelato la sua mancanza di adattamento ?
Cosi il potere sociale produrrebbe artificialmente una selezione
analoga a quella che nell' ordine biologico producesi spontanea-mente con la morte degPindividui non adatti alle particolari con-
dizioni delPambiente in cui nacquero o furono trasportati.Se non che, un primo dubbio occorre quando si pensa al modo
di realizzare questa esclusione dalla societa. Mentre e facilissimo
mettere un individuo fuori di una determinata cerchia di persone,non 6 altrettanto facile a concepirsi il modo di privare un uomo
della vita sociale.
Nel mondo antico ogni paese non preoccupavasi che della pro-
pria esistenza. Esso costringeva il reo ad esulare, privandolo di
ogni mezzo di vivere in patria. Dunque 1'alternativa: morte od
esilio (1).
(1) Le due pene aveano in Eoma il medesimo intento: « Capitalia sunt ex
quibus poena mors aut exilium est, hoc est aquae et ignis interdictio, per has
enim poenas eximitur caput de civitate ». D. Lib. 48°, Tit. 1°, De pub.
jud., § 2.
— 45 -
Questa seconda forma, inattuabile d'altra parte per la resistenza
reciproca degli Stati, sembrerebbe oggi una reazione insufficiente.
I sentimenti di pieta e di probita limitati prima alla famiglia,
poscia alla tribu ed al popolo, oggi abbracciano tutta la specieumana. II concetto del delitto non e piu quello di un' offesa ai
sentimenti nazionali, bensi ai sentimenti umani. La reazione, peressere corrispondente, deve dunque privare il reo, non della sola
patria, ma della possibilita di ogni vita sociale.
La uccisione de'colpevoli e dei ribelli, mezzo ordinario di ven-
detta o d' intimidazione, e stato anche adoperato come il mezzo
piu semplice e piu sicuro di eliminazione. Fra' succedanei esco-
gitati alla pena di morte, la deportazione non h che una maniera
di esilio, la sola possibile nelle presenti condizioni della civilta,
e come quello incompleta, quale mezzo di privazione della vita
sociale. Essa non raggiunge questo scopo che quando il condan-
nato sia trasportato in un luogo affatto deserto. Ma una solitu-
dine assoluta h inconciliabile con la vita dell'uomo. I Bobinson
trovano sempre alla fine esseri umani. Non si pu6 immaginareunlsola delPOceania per cui non possa mai passare una nave.
Un altro succedaneo e la reclusione perpetua, ma questa lascia
al delinquente la possibilita della fuga e quella del perdono. Non
vi ha dunque altro mezzo assoluto, completo di eliminazione che
la morte.
A questo punto io non intendo discutere la quistione della pena
capitale, ma solo difenderla da una critica che potrebbe farsi con
gli stessi principii da me stabiliti.
Pu6 osservarsi: II delitto rivela 1'uomo disadatto alla vita so-
ciale. Bisogna dunque privarlo della societd, non della esistenza
animale. Con la pena di morte si eccede nella reazione.
Questa obiezione sarebbe stata giusta per Bousseau che im-
maginava uno stato naturale delFuomo diverso dallo stato sociale.Ma oggi non si pu6 ammettere altro stato naturale che quellodi societ^,, qualunque sia il grado a cui questa sia pervenuta nella
evoluzione. Un uomo non pu6 essere assolutamente privato della
— 46 —
vita sociale che con la morte : trasportato su di una spiaggia af-
fatto deserta, nelle sabbie del Sahara, o nei ghiacci polari, egli,se h solo, vi perira necessariamente.
E, d'altra parte, se lo scopo delPuomo e la vita sociale, ache
giova conservargli la esistenza fisica, posto ch'egli non debba mai
essere riammesso nella societa? La irrevocabilitd, spauracchio con
cui si combatte questa pena, e, a mio credere, il suo pregio mag-
giore. La reazione comincia e finisce in un punto, senza lasciare
aperto 1'useio della falsa pieta. Ma questa parola « pieta » ci ob-
bliga ad una nuova discussione.
Si potra osservare : Se il delitto h una violazione del senso mo-
rale costitituito in gran parte dalla pieta, non sara questo stesso
sentimento offeso dalla uccisione dei delinquenti?
Bispondo: L'analogia pu6 ben esistere fraFazione e lareazione,
ma questa non e una ragione perche essa debba esistere necessa-
riamente ne' sentimenti provocati dalPuna e dalPaltra.
Si noti: Io non affermo gia che non possa esservi, ma la pos-sibilita e ben diversa dalla necessita.. Ora il vedere se questa pos-sibilita siasi realizzata, e un esame di fatto: non trattasi qui dunquedi un ragionamento a priori. Basta il dire non esservi fra le due
cose alcuna logica connessita.
La quistione riducesi allora in questi termini: Se, nel grddo
presente di evoluzione del sentimento, 1'uccisione del delinquenteoffenda la pieta come il delitto che ha provocato la condanna.
Ora, a questa domanda si pu6 rispondere con una negazionecondizionata: la coscienza morale pubblica contemporanea non e
punto offesa dalla morte violenta di alcuni delinquenti, ma h of-
fesa da quella di alcuni altri.
La prima cosa, se ci6 fosse necessario, potrebbe dimostrarsi
con le «ifre delle condanne a mprte volute dal giuri, anche in
quei paesi ov'essi hanno facolta di attenuare la pena, come l'I-
talia e la Prancia. Dei paesi di razza anglo-sassone non occorre
parlare, perche a tutti h noto che 1'opinione pubblica vi e quasiunanime in favore della pena di morte quando si tratta di omi-
— 47 -
cidio premeditato. Nel Belgio si e veduto recentemente (in oc-
casione della condanna dei fratelli Peltzer) tutta quanta la po-
polazione di un distretto far voti per 1'esecuzione e firmare una
petizione al Be perche fosse da lui negata la grazia. Si h veduto
in questi ultimi anni il libero popolo elvetico riammettere con
un plebiscito la pena di morte fra quelle consentite dallo Sta-
tuto, e molti Cantoni, avvalendosi di tale facolta, tosto ristabi-
lirla nelle loro leggi. Da noi non le si oppongono che pregiudizi
dottrinarii, divisi da una Camera composta in gran parte di semi-
dotti e di saecenti, ovvero- di persone che votano leggermente
quando si tratta di quistioni che, come questa, essi credono « se-
condarie » ed « insignificanti ». La stessa cosa pu6 dirsi della
stampa. L'amenita di alcuni giornali italiani h insuperabile. Essir
considerando la quistione come gia risoluta, compiangono come
paesi incivili e barbari quelli che hanno un numero dieci volte
minore di assassini del nostro, ma pur danno di tempo in
tempo lo spettacolo di una esecuzione capitale. Se un malfat-
tore italiano e giustiziato all' estero, essi deplorano come una.
« vergogna » per 1'umanita ed una « umiliazione » per 1'Italia,
non gia' che questa produca assassini in cosi gran numero, bensi
che la persona di costoro non sia sacra ed inviolabile presso le
nazioni (e sono quasi tutte) non affette dal nostro morboso sen-
timentalismo. Quando il popolo del Cantone di Schvritz doveva
essere consultato sul ristabilimento della pena capitale, un nostra
giornale, dandone la notizia, soggiungeva; « Si TEME che la ri-
sposta sara affermativa, stante il gran numero di misfatti com-
messi in questi ultimi tempi ! » (1). Codesti giornali fanno del-
1'abolizione un principio di liberalismo, dimenticando che nelle
repubbliche di America, loro ideale, s'impicca senza misericordia,.
e che Gladstone, il ministro liberale, non si e punto curato di
(1) TORIELLO, Governo e Governati, cap. 3°, pag. 347. — Bologna, Za-
nichelli, 1882.
- 48 -
•ottenere la grazia pei condannati di Phoenix-Parh, ne per altri
simili assassini.
Ma, checche ne dicano alcuni professori e giornalisti, ci6 che
urta in Italia la pubblica coscienza non e gia il vedere tolta,
hensi il veder conservata la vita ai mostri nelVordine morale.
E, del resto, naturale che il sentimento di pieta, derivato dalla
simpatia, non esista per uomini che del tutto non ci rassomi-
gliano.Ed e, anzi, proprio cosi degli individui come delle nazioni, in
cui piu sviluppato e il senso morale, una maggiore antipatia peralcuni delinquenti (gli omicidi). La tendenza della civilta e quella
di aumentare sempre tale antipatia, ci6 che i paesi di razza ger-manica ed anglo-sassone dimostrano.
In vero, il maggiore sviluppo di un istinto quasi universale
(com'e quello della pieta) fa sembrare, a chi ne e fornito, total-
mente diverso da se ed anormale chi ne e del tutto privo. Tale
ripugnanza rende impossibile la simpatia, la quale nasce dalla
facolta di rappresentazione del proprio simile e dal piacere che
ne risulta (1). La grande importanza che ha perTuomo.la vita
psichica fa si che le deviazioni o mostruosita nell' ordine intel-
lettuale o mo.rale rendano maggiore 1' antipatia che le mostruo-
sita nelTordine fisico.
Viceversa, la simpatia pu6 essere assai maggiore per un es-
sere vivente di un'altra specie animale, che, nonostante la grandediversita di organismo, abbia qualcuna di quelle qualita che piuvolentieri noi ci rappresentiamo. Si ama un cane fedele od un
nobile cavallo assai piu che un uomo idiota od abbrutito. Cosi
il seguace ortodosso di una religione odia il settario assai piuche il credente in una religione affatto diversa.
Segue da ci6 che quando ci si presenta un malfattore affatto
sfornito d'istinti morali elementri, noi, appunto perche umani e
(1) A. ESPINAS, Les societis animales. — Conclusion, § i.
- 49 -
joietosi, non possiamo in lui riconoscere il nostro simile, quindinon possiamo sentire perlui alcuna simpatia (1). Alla sua morte
violenta non si oppOne dunque la nostra pieta, riservata princi-
palmente ai nostri simili. Ed io spiego cosi un fatto che ho co-
stantemente osservato : le donne, che generalmente sono piu com-
passionevoli degli uomini, non hanno ripugnanza per Ia pena di
morte quando questa si applica agli autori di atroci misfatti.
II loro istinto morale piu lino e delicato allontana dalla loro sim-
patia 1'uomo che e affatto sfornito di un simile istinto. Non deve
dirsi dunque che il maggiore sviluppo dei sentimenti pietosi di-
strugge la pieta per taluni esseri? Dante ha espresso un senti-
mento a questo molto vicino, dicendo:
Qui vive la pieta quando e ben morta.
Se a tale osservazione si congiunge quella del modo di sentire
•di tutte le nazioni piu civili, si dovra conchiudere che il mag-
giore sviluppo del senso morale, se da una parte vieta 1'applica-zione della pena di morte ad ungran numero di delinquenti, d'altra
parte la esige piu imperiosamente per alcuni fra essi, quelli ap-
punto che hanno rivelato la loro completa disumanitd. Ed allora
i fautori della pena capitale, lungi dal mostrare sentimenti piii
-ottu3i, danno prova di una delicatezza maggiore di quei senti-
menti che il patibolo apparentemente offende.
Questo discorso e dunque applicabile soltanto ad alcuni delin-
-quenti. Vedremo piu innanzi quali essi siano.
Viceversa, io diceva che il senso morale comune non tollera
la pena capitale quando essa s'infligge ad altri delinquenti. La
volonta del legislatore e allora sopraffatta dalla universale ripu-
gnanza.
(1) «Les affections sj^mpathiques les mieux definies ontpour conscquenceLA HAINE des §tres ou 1'image, bien que voisine, n' est pas reconnue comme
semblable, et leur EXCLUSIONdu moi collectif ». — ESPINAS, ibidem. § 3.
GAROPALO. — 4.
- 50 —
L'esperienza storica ci offre un famoso esempio in conferma di.
tale fatto.
Essa ci da notizia della sorte che ebbero le leggi di Dracone,.
abrogate, tosto dopo il suo arcontado, dal suo successore in
omaggio alla coscienza pubblica, offesa da quelle leggi assai pittche dai misfatti. Similmente , in tempi posteriori, la pena di
morte, benche stabilita dalla legge, non fu mai applicata a ta-
luni reati che non offendevano, se non in parte, il senso morale.
E molto facile spiegare questa ribellione della coscienza po-
polare.L'uomo e naturalmente un essere socievole ; egli fa parte della
societa senza avere contratto con essa alcun impegno. Egli vi si
trova perche non pu6 trovarsi altrove, e, qualunque cosa egli facciar.vi e necessita ch'egli vi rimanga, salvo il caso di xxa!anomatia
che, togliendogli il carattere della socievolezza, renda per lui, ec-
cezionalmente, impossibile 1'adattamento.
Ne vien meno pertanto 1'analogia con le minori associazioni,.benche ivi i patti siano liberamente accettati dall' individuo che
vi e ammesso. E pure il socio suol esserne espulso, non gia per
Ja contrawenzione ad un patto valutata in se, ma per la rive-
lazione del suo carattere che da quel fatto s'induce. Pel fatto egli
potra essere sottoposto ad una multa, ad una riparazione ; ma..
per la mancanza d'idoneita del carattere, quale rimedio pu6 es-
,'servi se non la esclusione?
Cosi, nella umana societa, la mancanza delle qualita essensiali
alla convivenza muta la necessita di vita sociale nella necessita
opposta, quella della rottura d'ogni vincolo con 1'individuo disa-
datto. Ed e appunto in questa idea della necessita che risolvesi
quella del diritto. L'individuo ha diritto alla vita sociale perche •
ne ha necessita, ma questa deve sottostare a quella della societa.
L'individuo non rappresenta di questa che una molecola e non puofar valere il suo diritto quando la sua conservazione metterebbe
in pericolo quella dell'organismo sociale.
Se non che questa necessita non esiste tutte le volte che il
— vJ51—
senso morale comune sia stato offeso dal delitto; esiste soltanto
in quei casi in cui questa violazione e un sintomo di una per-manente anomalia psichica che renda il delinquente per sempredisadatto alla vita spciale.
Ora, qiiesta mancanza d'idoneita pu6 affermarsi soltanto se l'in-
dividuo sia del tutto privo, istintivamente e costantemente, di quelminimum di moralita che abbiamo chiamato senso morale ele-
mentare, cioe i sentimenti di giustizia e di pieta nella loro mag-
giore semplicita, nella loro minore elevatezza, la misura^ co-
mune in cui quei sentimenti sono posseduti, perche- solo allora
egli sara per sempre incapace di adattamento.
Ma, per giungere a tale conchiusione, non basta che la mo-
rale pubblica sia stata offesa nel sentimento di pieta. o di giu-stizia elementare; bisogna che 1'autore della violazione sia dimo-
strato un essere permanentemente disumano od improbo. E questadimostrazione non e sempre data dal solo fatto della violazione.
Nulla indica, in moltissimi casi, che 1' immoralita del fatto in-
vesta tutto 1'essere dell' agente, e che egli sia insuscettibile di
quei sentimenti da lui medesimo violati.
Apparentemente tale enunciazione e contraddittoria, ma sostan-
zialmente essa e vera. Per convincersene basta considerare che,sebbene 1'azione metta sempre capo ad un sentimento, pure essa
prova soltanto la prevalensa di quello, non gia Yassensa del sen-
timento opposto. Non si tratta qui di un movimento riflesso che
producesi sempre identicamente tutte le volte che e identica la
percezione sensitiva (1). Ma la prevalenza di un motivo sulPaltro,
(1) « L'acte volontaire differe et du rSflexe simple, ou une seule impressionest suivie d'un ensemble de contractions, et des formes plus complexes ou une
seule impression est suivie d'un ensemble de contractions; — il est le resultat
de 1'organisation nerveuse tout entiere, qui reflete elle-meme la nature de l'or-
ganisme tout entier et reagit en cons^quence. Psychologiquement, cela signifie
que 1'acte volontaire, sous sa forme complete, n'est pas la seule transformation
— 52 —
e quindi 1'azione, dipende da infinite cause diverse, spesso acci-
dentali e transitorie. L'intimo seuso morale non rappresenta che
una di queste forze fra quelle che si affollano e lottano per de-
terminare la volonta, e, quando 1'impulso gli ripugna, diventa una
forza di resistenza.
Senza dubbio, una resistenza debole equivale, per 1'effetto imme-
diato, ad una resistenza nulla; nondimeno essa rivela la presenza
del senso morale, benche in un grado minore delPordinario. Per la
qual cosa, se e possibile indagare la causa che, in un organismo sif-
fatto, determina il delitto, e se e possibile rimuovere questa causa,
sia rifacendo 1'ambiente, sia sottraendo alla sua influenza 1'indi-
viduo, h probabile che questi ridivenga idoneo, perche il delitto non
avrebbe piu ragione di essere.
Tutto ci6 suppone due classi diverse di delinquenti, nell'una
delle quali gPimpulsi al delitto risiedono nella vita intema dell'in-
dividuo, mentre nelPaltra vengono dal di fuori, trovando, per una
debolessa psichica, predisposto 1'individuo ad accoglierli. Con altre
parole,l'istinto immorale e criminoso troverebbesi formato nei primi
per un processo individuale, per la mancanza di quel senso morale,
« che e patrimonio comune della razza; — mentre negli altri questosenso morale troverebbesi latente e soffocato da una influenza dele-
teria di ambiente.
Vi e modo di distinguere queste due categorie di delinquenti?II reo nato od istintivo ed il fortuito hanno essi caratteri che li
facciano sceverare facilmente l'uno dalPaltro?
E questa la ricerca che faremo nel prossimo capitolo.
Prattanto, dato che essi siano ben distinti, la legge di adatta-
mento non pu6 permettere che siano trattati in un modo identico.
L'individuo che, non avendo alcun istinto morale, e perpetua-
d'un e"tat de conscience en mouvement, mais qu'il suppose la participation de
tout un groupe d'6tats conscients ou subconscients, qui constituent le moi a
un moment donne\ Nous sommes donc fondes a definir la volontfi une r^action
individuelle ». — EIBOT, Les maladies de la volonte, pag. 32. — Paris, 1883.
-53-
mente, in qualsiasi condizione di cose,disposto al delitto, deve essere
soppresso dalla societa, perche mancano fra lui e gli altri uomini
tutti quei vincoli di simpatia che rendono possibile la convivenza.
Viceversa, se il reo, mutate le condizioni di cose che, sopraf-facevano il suo debole carattere, pu6 divenire idoneo all'ambiente
nuovo o rifatto, la societa deve porgergliene il mezzo.
Adunque, 1'esclusione dalla convivenza sociale in questi casi non
deve essere assoluta, ma, ora dipendente dalla persistenza dello
stato di incapacitd, ora limitata al particolare ambiente in cui
1'individuo trova le spinte criminose contro le quali mancagli la
forza di resistenza.
Ad esempio, 1'adattamento impossibile in un dato luogo al va-
gabondo od al ladro, sara possibile in una regione lontana, in una
sbcieta nascente, in terre vergini ov'egli sia tratto dalla neces-
sita della propria conservazione all'onesto lavoro, a cominciare una
nuova vita in condizioni diverse, tali da rompere ogni legame col
passato e da obliterare le antiche abitudini.
Molti fra' deportati inglesi nell'Australia e nella nuova Zelanda
divennero laboriosi ed onesti coloni (1).I fanciulli delinquenti, educati nelle colonie agricole in alcuni
stati delFEuropa centrale e nordica e d'America, diventano,in grande
maggioranza, uomini onesti (2).
(1) Nel 1787 partirono gli 800 convicts, primi deportati in Australia. Da
quelVanno al 1837 ne furono trasportati 102,957. Nei primi qtiattro anni, in
cui ve n'erano 4000, non fu commesso un solo omicidio. Nessun assassinio
ebbe luogo nei primi dieci anni (KEINACH, Les recidivistes, pag. 159 e seg.,
Paris, 1882). Bisogna perb notare che fra qnei convicts non vi erano mwderers
(omicidi), o ve n'erano ben pochi, perche costoro 1'Irighilterra e stata sempresohta d'impiccarli. Inoltre, che nel 1815, fra 20 mila convicts ve n'era un terzo
di renitenti ad ogni tentativo di moralizzazione e strettamente sorvegliati (op.
cit., pag. 173).
(2) Vedi la descrizione di tali colonie presso D'OLIVECRONA,Bes causes de
la recidive, pag. 167-190, Stockholm, 1873. Sono notevoli in particolare i ri-
snltati delle colonie di Mettray e di Val dTevre.
— 54 —
Simili modalita della eliminazione sono tanto logiche quanto la
assoluta esclusione nei casi in cui il reo e incapace di qualsiasiadattamento perche sfornito permanentemente di senso morale.
Ma se vi ha dunque una criminalita distinta dalla impossibilitddelVadattamento dei suoi autori alla vita sociale, ed un'altra in cui
1'inidoneita e soltanto relativa ad una data condisione di vita, qual e
il criterio generale per distinguere la prima dalla seconda forma?
II fatto obbiettivo del delitto non basta seinpre a porgerne il
criterio, poiche il suo significato pu6 variare con gradazioni infi-
nite secondo la natura del delinquente.Trattasi insomma di dare un giudizio sulla idoneita di un in-
dividuo alla vita sociale: ora, questo giudizio non pu6 dipenderein tutti i casi dal solo esame di un fatto, perche questo spessonon rivela che un singolo caso di determinasione della volontd.
Occorre invece avere il concetto preciso dell'anormalita transitoria
o permanente de' suoi sentimenti, cioe a dire, esaminare la sua
forsa costante di resistensa agl'impulsi criminosi, in una paro 1
il suo carattere.
Dal che segue non potersi completamente studiare la crimina-
litd che ne1suoi autori, essendo la forma in cui deve manifestarsila reasione sociale determinata dalla indole dei delinquenti.
II. —- EEAZIONE NATURALECONTROIL DELITTO.
II modo razionale della reazione contro le azioni criminose e
stato' delineato fin qui nei suoi tratti piu generali; ma pu6 esso,
concepito cosi, accordarsi coi sentimenti che si producono nella
pubblica coscienza a riguardo dei delitti? Se si supponesse che
non esistessero dottrine ne leggi, quale sarebbe la reazione natu-
rale che si manifesterebbe nella societa?
Un primo sentimento che producesi nelVoffeso quasi contempo-raneamente al delitto e che, per la solidarieta umana, si estende
*- 55 —
alla intera societa, e il desiderio della vendetta. Ed esso dura perun tempo maggiore o minore nelFoffeso a seconda del suo tem-
peramento, della gravita del male da lui sofferto, dell'ingiustizia-con cui questo male gli fu recato, e della piu o meno completa
riparazione ottenuta. Quando il male e stato lieve ed e stato del
tutto riparato, quel desiderio suole scomparire; viceversa la ripa-razione non lo distrugge quando fu grave il dolore prodotto dal
•delitto.
Le leggi piu antiche dei Germani lasciavano la scelta alFoffeso fra
la vendetta ed il wehregild o compenso pecuniario, perche si suppo-neva che in taluni casi questo fosse insufficiente a placare 1'offeso.
II rendere il male pel male e istintivo. I fanciulli percuotono^anche gli oggetti che loro produssero dolore. Negli uomini bar-
bari o rozzi la vendetta si esercita anche contro gli animali e le
cose. II Deuteronomio puniva il bue uccisore. Serse, simile ad un
bambino, fece battere con verghe 1'EUesponto che aveva distrutto
11 suo ponte.La passione della vendetta non e puramente individuale; benche
ad un grado minore, gli altri uomini risentono per simpatia il
dolore prodotto dal delitto, ed e mestieri, per appagarlo, che al
reo s'infligga un male. L'anormalita di un'azione e sempre per-
turbatrice; essa spiace anche nelle piu piccole cose, perche quandovi sono norme di condotta generalmente accettate, si vorrebbe ve-
derle seguite da tutti. Ciascuno vorrebbe sentire coloro che lo cir-
-condano all'unisono con le proprie idee, coi proprii affetti. Una
nota discordante urta tanto piu quanto essa e piu stridula e forte.
L'odio verso il delinquente trae seco il desiderio del male; si vuole
ch'egli soffra. Lo strazio che si fara di lui compensera quello su-
bito dalla sua vittima. La spontaneita di questo sentimento e in-
negabile e la sua importanza non pu6 disconoscersi dal sociologo.
L'indignazione pubblica contro il reo e massima nei primi istanti
-che s.eguonoil misfatto ed in coloro che ne furono testimoni, ma
•essaspargesi, benche forse con minore intensita, negli animi di
tutti coloro che n'ebbero notizia.
.— 56—
Questo sentimento che fa desiderare il male del reo non 6' in
fondo che la rivelazione esterna del modo in cui il senso morale-
rimane offeso da una data azione criminosa, perche il male che
s'invoca al suo autore e piu o meno grave secondo la malvagitadell'azione medesima. Ed e questo appunto 1'elemento che ci for-
nisce il criterio per determinare, in una data razza ed in una data-
epoca storica, la gravita obbiettiva de' delitti.
Senonche, perla determinazione di una rasionah reasione della-
societa contro il delitto, 6 impossibile seguire questo sentimento
di odio nella sua conseguenza della vendetta.
Anzitutto la misura della vendetta sarebbe diversamente for-
nita da' sentimenti di ciascun popolo, ed anche di ciascuna regioner
secondo la rispettiva indignazione che ogni delitto vi produce. Cosi
1'omicidio produce in Italia minore indignazione che in Germania.
ed in Inghilterra; in Komagna e in Sicilia minore che nel Pie-
monte e in Lombardia.
La vendetta sociale essendo una sostituzione alla individuale,,
dovrebbe essa modellarsi su quest'ultima?.Ed in tal caso quali
sentimenti sarebbero considerati come normali ? .
Un uomo offeso si vendica in quel modo ed in quella misura.
«he comportano il suo temperamento, le sue idee morali e reli-
giose ed il grado dell'odio ch'egli ha concepito contro il suo of-
fensore. La medesima offesa che per l'uno e mortale e richiede-
sangue, per 1'altro non e che una lieve puntura all'amor proprio.Di questa immensa diversita delle umane suscettibilita abbiamo-
esempi ogni giorno nella diversa condotta dei mariti verso le loro-
donne infedeli, degli amanti yerso i loro rivali.
Ora, con quale misura di vendetta dovrebbe reagire la societ^
sostituita-all'individuo? Dovrebbe questa valutare 1'offesa secondo-
il grado in cui la risente il flemmatico ovvero il sanguigno, 1'uomo-
rude ed incolto, ovvero 1'uomo raffinato dalla educazione, il superboowero 1'umile, 1'intollerante ovvero il rassegnato, il miscredente-
ovvero il seguace dei precetti di Cristo? L'adulterio (supposto che-
questo reato sia un vero delitto naturale) sara esso punito con la.
— 57 —
morte, come sarebbe desiderio del marito A., con una leggieris-
;sima pena afflittiva, come vorrebbe il marito B., ovvero col solo
divorzio, ci6 che sarebbe ne' voti del marito C. ?
Potrebbe rispondersi che una media fra i sentimenti umani pu6
sempre determinarsi approssimativamente,' e cosi potrebbesi sta-
bilire anche quella de' desiderii vendicativi. Un simile tentativo
fu quello del taglione. Ma questo non era suscettibile di appli-cazione che nella sola specie di delitti che ledono le persone nei
loro corpi.Inoltre la base della media era affatto arbitraria, essendo im-
possibile calcolare il numero delle volonta che avrebbero deside-
rato al loro 'offensore un male assai piu grave dell'offesa ricevuta,
e delle altre volonta che sarebbero state disposte al perdono. II ta-
glione segnava il limite dei desideri vendicativi che apparivano
giusti; quando si diceva: « occhio per occhio, dente per dente »
supponevasi che ogni persona ragionevole dovesse dirsi soddisfatta;ma forse questa presunzione era il piu delle volte smentita dal
fatto. Del restoj pu6 darsi che nel popolo israelita la misura del
taglione fosse generalmente stimata conveniente. E certo, per contro,
che al nostro tempo essa lederebbe il sentimento universale, salvo,in pochi casi, quello delPoffeso e dei suoi congiunti od amici.
La desuetudine in cui quella legge era caduta fin dai tempi
antichi, mostra chiaramente la sua incompatibilita con una ci-
vilta progredita. Unico avanzo ne fu la pena di morte, la qualefu conservata fino a' giorni nostri, ed e sempre da conservarsi, perconsiderazioni ben diverse dallo spirito di vendetta.
Questo sentimento vendicativo, benche innegabilmente sussista
ancora al di d'oggi, pure e andato sempre scemando col pfo-
gresso de' costumi. La morale del Vangelo ha senza dubbio in-
fluito di molto nel temperarne gli eccessi, benche essa non riu-
scisse mai ad inspirare il sentimento opposto, quello di rendere il
benepelmale.E facile osservare come il desiderio della vendetta non per-
duri a lungo neppure nello stesso offeso e spesso vi rimanga allo
— 58 -
stato latente, senza sufficiente energia per tradursi nell'azione.
L'abitudine acquisita gia da molte generazioni di vedere il mal-
vagio punito dal potere pubblico, ha prodotto un nuovo senti-
mento che per lo piu nasce spontaneo nell'offeso, il desiderio di
una riparasione del male morale o materiale cagionatogli dal
delitto.
II desiderio vendicativo non rimane in tutta la sua primitivacrudessa che in pochi luoghi ed in poche classi delle popolazionile piu basse, le meno socievoli. La lenta modificazione arrecata
dalPopera dei secoli nei sentimenti umani non si e ancora dif-
fusa in tutti gli strati della popolazione; ne rimane qualche partein cui continua non interrotta 1'eredita dello spirito piu feroce
di vendetta. Esso ricomparisce di tratto in tratto per ricorso ata-
vistico anche negli strati sociali superiori.
Ora, se una legge fatta dagli uomini non pub da un giornoall'altro creare una pubblica morale, pure, quando abbia una
durata secolare, essa pu6 influire sulla evoluzione dei senti-
menti. Essa pu6 secondare, cosi come arrestare, lo sviluppo del-
Funo o delFaltro. L'effetto d'una legge non pu6 mai dirsi nullo,essa agisce sempre su' sentimenti popolari, talvolta in modo
palese, talvolta quasi insensibilmente, come la goccia che fora il
sasso.
Una legge fondata sui sensi di vendetta che di generazione in
generazione veggonsi andare scemando, potrebbe ridestarli ed ina-
sprirli. La corrente salutare stabilita dal progresso della morale
sarebbe cosi contrastata dalla legge umana la quale farebbe o-
pera selvaggia ed inutile. Selvaggia, nel ridestare i sentimenti
crudi dell'uomo primitivo che tendono a raddolcirsi; inutile, per-che la societa non pu6 trarre alcun vantaggio dal vedere secon-
dato. un cattivo istinto dell'uomo che avrebbe il solo effetto di
presentare la reazione contro il delitto sotto 1'aspetto di un nuovo
male eguale, per quanto piu e possibile, a quello del delitto
medesimo.
Che se poi immaginiamo la vendetta sociale come affatto sol-
- 59 -
levata dai sentimenti individuali, entreremmo in un campo i cui
limiti sono ancora piu vaghi ed oscuri.
L'idea di un corrispettivo di male da infliggersi al reo per ven-
-dicare il diritto leso, riducesi in fondo alla vendetta delFoffesa
recata al senso morale comune.
Non pu6 concepirsi che il desiderio della vendetta nasca dal
sentimento di giustizia. Questo non pu6 condurre logicamente che
:alla riparazione dell'offesa. Ma come pu6 immaginarsi che un male
si ripari con un nuovo male? Se ci6 si e immaginato qualche
volta, gli e perche, inavvertitamente, si e ricaduti nel campodei sentimenti individuali ed ivi si e trovato quello della ven-
detta.
L'ESPIAZIONE.
L'idea del corrispettivo del male si e nobilitata, presso qual--che popolo antico ed in qualche moderna teoria, con quella del-
Yespiasione. Si e creduto che il male del delitto non possa es-
rsere riparato nelYanimo stesso del delinquente che con un dolore
•da lui sofferto. Solo il dolore pu6 purificare il malvagio: esso e
la conseguenza necessaria del peccato. Col dolore si seconda il
pentimento di coloro che sentono rimorso, si fa nascere questosentimento in coloro che non lo avevano. Ecco il concetto della
pena, quale pu6 rintracciarsi fra gli antichi Semiti ed Indiani,•concetto che prevalse nel diritto ecclesiastico, e per tutto il medio
evo, e che nella filosofia platonica e kantiana ebbe la sua piualta espressione scientifica.
Questa dottrina non pu6 sostenersi al di d'oggi perche essa e
fondata su di una ipotesi smentita dalla osservazione. Infatti e
noto che nei delinquenti la facolta del pentimento e del rimorso
e quasi nulla; e che, in ogni caso, essa non si potra far nascere
per mezzo di un dolore fisico.
II delitto pu6 essere commesso soltanto da~chi non e moral-
— 60 —
mente alFunisono con gli altri, sia perche il senso morale e-
stato sempre in lui deficiente, sia perche esso e venuto meno
in una particolare circostansa. Non vi e altra ipotesi. E evidente
che se la morale comune avesse avuto impefo su di lui, egli non
avrebbe potuto essere delinquente. Trattasi dunque in ogni casO'
di un''anormaliid permanente o transitoria. II concetto dell'espia-zione morale per mezzo della pena, cioe di un dolore che il de-
linquente debba subire, suppone che questi, pensando e sentenda
come la generalita degli uomini, abbia, acl onta di cio, voluto com-
mettere il delitto per soddisfare le sue passioni. Ma com'e mai
possibile non vedere 1'antinomia contenuta in questa frase ? Se la
passione prevalse sul dovere, ci6 vuol dire semplicemente che il sen-
timento del dovere non era abbastanza forte da prevalere sulla
passione; — colui che soccombe in una lotta e il piu debole;.
dunque la moralita del reo era fiacca, cioe inferiore alla comune.
Pertanto egli non pensava e sentiva come un uomo onesto, bensi
come un uomo disonesto. Alla mancanza od alla debolezza di un
sentimento, come a quella di un organo, pu6 tentafsi di ripa-
rare, sia educando il sentimento stesso, sia, quando ci6 sembri
impossibile, ponendo ostacolo alle azioni che esso determina. Ma
e inconcepibile che il dolore sociale del delitto sia moralmente-
compensato e neutralizzato da un dolore cui si sottoponga il de-
linquente, e che il male sia riparato da un nuovo male.
Dicesi ancor oggi nel linguaggio comuhe che il sangue lava
il sangue. Ma questa e una idea che ha il suo sostrato nel sen-
timento della vendetta, affatto diverso dal concetto mistico del-
1'espiazione morale. Questo deriva dal fatto del rimorso che pro-ducesi in un animo non depravato, cioe a dire ancora accessibile
ai sentimenti morali i quali, latenti per qualche istante, ricom-
pariscono ad uii tratto e danno luogo al pentimento. Di qui un
patema, uh vero dolore che talvolta perdura e rattrista la vita.
intera di un uomo. Ma 6 cosi strana 1'idea che un patimento fisico-
debba produrre il ritorno di quei sentimenti morali come era
strana quella degli Indiani che le abluzioni espellessero le soz-
— 61 —
aure deH'anima e 1'idea della chiesa medievale che il fuoco pu-rificasse dalFeresia.
Senza dubbio il tormento subito dal reo genera spesso il pen-
timento, perche il suo delitto e stato causa del dolore ch'egli soffre.
Ma, fra questa specie di pentimento ed il rimorso^er aver fattomah altrui, ci corre di mezzo 1'abisso. Ora e appunto su questoultimo sentimento che fondasi 1'espiazione morale. Ed esso pu6
sorgere senza alcun dolore fisico, ovvero contemporaneamente a
•questo, ma per pura accidentalita.
Per poco che si insista sul concetto delPespiazione, si vedra
com'e difficile sceverarlo del tutto da quello della vendetta del
delitto, e come il sostrato di questa, in ultima analisi, sia il de-
siderio di far soffrire chi e stato causa di un dolore.
UNIVERSALITA' DEL PRINCIPIODELLA ELIMINAZIONE.
Ho detto poco innanzi che il sentimento della vendetta e troppo•realee troppo sparso per potersi trascurare dal sociologo. Se la logica
rigorosa ci insinua la persuasione che la reazione sociale contro
il delitto non debba manifestarsi come una espressione di senti-
menti vendicativi, non pu6 d'altra parte negarsi che la reazione
piu spontanea e naturale sia appunto quella che fa soffrire qual-che cosa al delinquente.
In qualche caso sembra, anzi, che ci6 sia voluto dallo stesso
senso morale. Cosi 1'odio contro 1'assassino del presidente Garfield,e stato tanto vivo e persistente che la pubblica coscienza di tutto
il gran popolo degli Stati Uniti si e sentita appagata solo al-
lorquando Guiteau e stato sospeso alla forca, piii di un anno
dopo il misfatto, e circa sei mesi dopo la condanna. Una graziaavrebbe profondamente sdegnato il paese, avrebbe avuto 1'aspettodi una vera immoralita. Un simile appagamento si e del parisentito al di qua delFAtlantico e pu6 dirsi senza esagerazione
— 62 —
che il mondo intero ha fatto voti per la condanna e l'esecuzione
di Guiteau.
Sarebbe vano il negare le profonde radici di questo sentimento-
E opportuno per6 avvertire che esso si genera nella coscienza so-
ciale non solo dalPodio contro 1'offensore ma anche dalla spe-ranza che il male inflittogli trattenga altri perversi dal delitto..
Ed era questo il duplice concetto della pena nel mondo classico,a cui, in alcune teoriche di filosofi e nelle dottrine della chiesa.
si aggiunse ed innest6 quello della morale espiazione.
Ora, il yalore della pena come intimidasione non pu6 assoluta-
mente stimarsi dal punto di vista delle credenze popolari. Trattasi
anzitutto di vedere fino a che punto e con quali minacce si pos-sano atterrire questi o quei delinquenti od uomini proclivi al de-
litto. Non 6 questo il luogo di trattare tale argomento. In questo-momento noi consideriamo i sentimenti che muovono la reazione
contro il delitto, non gia un' idea che non pu6 essere se non il
prodotto di calcoli di probabilita tratti dalPesperienza.Noi troviamo dunque — e bene stabilire questo punto — un sen-
timento di odio che sembra esigere, per appagarsi, il patimentodel reo.
Ho detto « sembra » perche potrebbe darsi che non si tratti se
non di una fallace parvenza, o, per meglio dire, di un sentimento
che, approfondito, risolverebbesi nella ripugnansa contro il malfat-
tore per la sua anormalita, cioe pel difetto che e in lui della mora-
lita piu comune e necessaria.
Ed allora il vero appagamento della societa avrebbe luogo nella
espulsione del delinquente, cioe a dire appunto in quella reazione
che ho indicato come la piu logica e naturale.
Invero, se guardiamo al di sotto delle apparenze, intenderemo
tosto che quel sentimento non e se non il modo in cui si manifesta il
desiderio della reazione piu razionale; e pertanto il patimento del reo
non rappresenta il fine, bensi il messo necessario per raggiungere
questo.II caso di Guiteau, citato poc'anzi, se prova che una intera e ci-
— 63 —
yile popolazione pu6 desiderare la morte di un assassino, non prova
gia che essa desideri ci6 perche la morte e dohrosa. Senza dubbio
gli Americani avrebbero avuto ofrore di quegli strazii con cui si
giustiziavano fino al secolo passato i grandi malfattori. La morte e
richiesta solo perche essa e Yunico messo di eliminazione completa,assoluta, irrevocabile. Ma se una vera, completa eliminazione po-tesse farsi senza uccidere il delinquente, b probabile che da nessuno
si desidererebbe la vista del patibolo.II senso morale violato nella sua parte fondamentale non pu6 am-
mettere che continui a godere i vantaggi della vita sociale chi non
ha dentro di se la forza di frenare gPimpulsi pih perversi. Ecco per-
che, quando si annunzia un gran delitto, ci6 che prima d'ogni altra
cosasi domanda ansiosamente da tutti 6: se il delinquente sia stato
arrestato. E si noti chesi fa tale domanda se pure non vi sia alcun
pericolo di fuga. II sospetto ladro, omicida, stupratore, falsario deve
esseretosto segregato dalla societa, perehe la sua liberta ripugna al
sensomorale per la probabilita che la imputazione sia vera. Ed e
questa appunto — diciamola qui di passaggio — una delle ragioniche fanno sussistere 1'istituzione del carcere preventivo, nonostante
le teorie di dottrinarii che sogliono guardare grettamente, e da un
lato solo, tutti i problemi sociali.
Poiche dunque la segregazione ed eliminazione sono appunto rea-
lizzate dalle pene, s'invocano le pene, e poiche questi mezzi sono do-
lorosi, s'invocano i patimenti. Tanto ci6 e vero che la legge non
muta la pena in quei casi in cui il desiderio di essa fu il movente
.del misfatto. Vi sono uomini cheuccidono per farsi impiccare, o che
rubano per farsi rinchiudere e vivere in ozio. Ma la forca o la ga-
lera, benche, in questi casi, non rappresenti pel reo un dolore, pure
gli sara inflitta del pari, e la societa ne sara appagata, come quandoil supplizio e da lui detestato e temuto.
II patimento non e dunque il fine della reazione voluta dal sen-
timento popolare, ma, per la natura delle cose, va sempre congiuntoal vero fine, Yeliminasione ddlVambiente delVindividuo ad esso non
udatto.
; , _'64 — ,:
II sentimento comune coincide dunque col modo razionale della
reazione sociale, anzi, forse inconsciamente, non tende che ad otte-
nere il medesimo effetto.
Importa per6 il notare che essonon e direttamente geuerato da un
raziocinio, come quello della utilita sociale dell'eliminazione in
quanto questa preserva da un futuro e probabile delitto delFidentico
malfattore; benche spesso quesfidea, come 1'altra della esemplaritadella pena, ecciti il sentimento e ne rinvigoriscaTespressione.
Ildesiderio della societa di estirpare 1'individuo- disadatto pu6non derivare apparentemente da alcuna diretta considerazione di
utilita. ,
Eccone qualche esempio:Un uomo, dopo aver ricevuto o creduto ricevere un'offesa, subito
o creduto subire un torto, premedita lungamente 1'uccisione del suo
nemico e la compie, mosso solo dal suo odio implacabile. E proba-bile che, soddisfatta la sua perversa passione, egli non spargeraaltro sangue per tutto il resto della sua vita, .poiche nessun'altra
persona potra essere da lui odiata quanto quella che fu sua vittima.
Un altr'uomo, che per mancanza di ricchezza si sente spostatonell'ambiente in cui vive, accelera la morte di un suo vecehio zio
milionario di cui egli sa di esssre unico erede. Eealizzato il suo so-
gno, la fortuna, egli non vorra forse torcere un capello ad alcuno.
La medesima cosa pu6 dirsi dell'infanticidio commesso dalla fan-
ciulla sedotta che spera salvare il suo onore; del parricidio com-
messo per qualche ragione affatto peculiare e non riproducibile.Ora, in tutti questi casi il timore del futuro non e ci6 che diretta-mente muove il sentimento comune, nell'invocare pene gravissime,anche maggiori di quelle che esso domanda contro i ladri, gl'in-cendiarii ed i falsarii, che sono per tutti i cittadini un pericolocontinuo.
Dunque la pubblica coscienza esige la reazione contro il delittoanche quando essa non e preoccupata dal pensiero del futuro. Essavuole si punisca non solo nepeccetur, ma anohe quia peccatum.
Ora e a domandarsi: questo sentimento, innegabile, e esso rasio-
_ 65 -
nale, tanto da essere conciliabile con la nostra teoria? ovvero deve
essoporsi in disparte come un'aberrazione dello spirito umano da
correggere, non da seguire ?
Invero ci si potrebbe osservare: secondo la vostra teoria, la eli-
minazione e il modo razionale della reazione contro i delitti, perche
questi importano la mancanza di adattamento. Ma questa idea «man-
canza di adattaniento » non pu6 riferirsi che al futuro perche, se
1'individuo gid inidoneo, b oggi divenuto idoneo, 1'eliminazione non
ha piil ragione di essere.
Senza dubbio: ma altra cosa b 1'affermare che un individuo sia
divenuto idoneo alla societa. altra cosa il dire che egli non com-
mettera probabilmente un secondo delitto simile a quello gia per-
petrato.Secondo le nostre idee, il vero delitto naturale non si ha se non
in alcune violazioni di sentimenti che importano necessariamente la
mancanza della parte piii comune ed elementare del senso morale,sia transitoriamente, sia permanentemente; quindi 1'anormalita del-
1'individuo, ovvero la sua inidoneita (assoluta o limitata) alla vita
sociale.
Basta dunque che quesf anormalita sia stata riconosciuta, per-che 1'individuo sia dichiarato inidoneo. Poco importa il vedere se
1'identico delitto abbia probabilita di ripetizione. Kimane sempre la
scoperta fatta ielYuomo delinquente, cioe a dire di un individuo in
cui, contro gli impulsi criminosi, manca il freno del senso morale.
Ora, la societa dice a quesf individuo: « La mia t sistenza, nelle
mie condizioni presenti, e fondata sul sentimento di pieta e su
quello di giustizia. Tu che sei del tutto privo di tali sentimenti,non puoi appartenermi. Invano mi dici tu, parricida, che io non
ho a temere nulla perche tu non puoi commettere un secondo par-
ricidio; non puoi tu forse fare tutto ci6 che, dopo un simile mi-
sfatto, si pu6 immaginare di piu orribile? Se la pieta verso il tuo
genitore non ha potuto frenare la tua ira o la tua cupidigia, qualealtro freno posso io credere che valga per te ? Tu non puoi ispi-rare alcuna fiducia. Ciascuno, dalla sola tua presenza, sentira mi-
GAROFALO. — 5.
- 66 -
hacciata Ia sua vita, Ia sua proprieta, il suo onore, la sua tran-
quillita. La tua anomalia e troppo grande perche tu possa goderedel sentimento di simpatia che lega tutti gli uomini, appunto
perche questa simpatia tu non sei atto a sentirla. Gli uomini
non vedono piu in te il loro simile; fra te e gli altri e rotto ogni
vincolo. Tu devi essere dunque soppresso ». '- -
Questo discorso e strettamente logico; il modo della reazione
e analogo a quello di qualsiasi associazione di uomini, intesa ad
un fine determinato.
Infatti, come credo avere mostrato piii su, in ogni minore as-
sociazione la violazione dei principii di condotta considerati come
fondamentali trae seco naturalmente 1'espulsione del violatore. Se
la societa non reagisse in un modo analogo, il divieto del delitto
avrebbe, in proporsione, una forza minore di quella del divieto di
ogni altra immoralita,perche, mentre la violazione di queste norme
produce la perdita della partecipazione ai piaceri dell'associazione,
viceversa il delitto, violazione delle norme dellintera societa, non
produrrebbe la perdita della partecipazione alla intera vita sociale.
La piccola associazione decreta 1'espulsione dopo aver giudicatoil colpevole disadatto o spostato, e fonda questo giudizio sulla man-
canza del carattere richiesto per appartenerle.La grande associazione detta, per ahtonomasia, societd, non fa
diversamente eliminando coloro che hanno rilevato una deficienza
dei piu comuni, piu elementari, piii necessarii sentimenti umani.
L'azione commessa, con tutte le circostanze obbiettive e subbiet-
tive che 1'accompagnano, b essa un vero delitto, cioe un'azione tale
da dimostrare la mancanza o la debolezza del senso morale ? Se
la risposta e affermativa, il reo non e idoneo alla convivenza so-
ciale; egli dev'esserne posto fuori, sia per sempre, sia provviso-
riamente, sia perdendo ogni possibilita di contatto con gli uomini,sia perdendo solo alcuni determinati rapporti, a seconda che si
possa presumere che la sua morale anomalia sia o non sia suscet-
tibile di modificazione.
Dunque un parricida, che non pu6 piu esser tale per la seconda
- 67 -
volta, una madre infanticida che non ha piu bambini da soffocare,
sono nondimeno inidonei, perche privi di uno de' sentimenti fon-
damentali della pubblica morale, la pietd.Conchiudiamo: La reazione nella forma dell'eliminazione e l'ef-
fetto socialmente necessario delUazione del delitto (quia peccatum).E dunque un effetto naturale, se e vero che 1'organismo sociale ha,
come ogni organismo fisico, leggi invariabili che sono condizione
di sua esistenza.
E un principio biologico che 1'individuo scomparisca quandole sue imperfezioni gli impediscono di sopportare 1'azione dell'am-
biente. La differenza fra Fordine biologico e 1'ordine morale b che
la selezione nel primo ha luogo spontaneamente con la morte de-
gli individui disadatti, mentre nel secondo caso 1'individuo, essendo
fisicamente atto alla vita, e non potendo vivere fuori dell'ambiente
sociale a cui pure esso non e adatto, la selezione deve aver luogo
artificialmente, cioe per opera del potere sociale che operi ci6 che
nell'ordine biologico e operato dalla natura.
Lo scopo dell'eliminazione e la conservazione dell' organismo
sociale, con la estirpazione dei membri disadatti (ne peccetur).Non vi ha dunque contraddizione fra le due formole che si sogliono
contrapporre 1'una alFaltra dai campioni di due scuole avverse (1).
Komagnosi dice: « Se dopo il primo delitto si avesse.una mo-
rale certezza che non sia per succederne verun altro dappoi, la so-
cieta non avrebbe diritto alcuno di punirlo (2) ».
(1) LISTZ. — Der Zweckgedanke im Strafrecht, nella Zeitschrift fiir die
gesammte Strafrechtswisseschaft, 1882.
(2) Tutto all'opposto Kant diceva: « Se la societa civile fosse in procinto di
sciogliersi, 1'ultimo omicida detenuto in una prigione dovrebbe essere messo a
morte al momento di questa dissoluzione perche ogni colpevole riportasse la
pena del suo delitto ». Una soluzione contraria e simile a quella di Eoma-
gnosi e data da ELLERO: « Se non si avessero piu a temere futuri misfatti,
l'ultimo delinquente si potrebbe vegliare, custodire e costringere alla soddisfa
zione privata, ma non si potrebbe punire perche mancherebbe alla pena il suo fine
proprio. II delinquente, nell'atto in cui subisce la pena, non e che uno stru-
mento, costretto ad offrire di se un terribile esempio ».
-68 —
Ma una simile ipotesi, secondo il nostro concetto del delitto na-
turale, racchiude una contraddizione ne' tennini.
Delitto importa mancanza di adattamento all'intera vita sociale
- o ad un lato solo della medesima; esso e il rivelatore delPanor-
malita morale (curabile od incurabile), esso, in altri termini, si-
gnifica che 1'individuo ha la capacitd del male, capacita che neglialtri uomini non si conosce, o non si pu6 accertare, o sipresumeinesistente. Dunque quando vi ha il vero delitto naturale, non vi
ha mai certezza che il suo autore non possa commetterne altri.
Questa certezza non pu6 aversi che quando il reo sia un essere
normale. Ma in tal caso la sua azione non sarebbe stata un de-
litto, perche questo e incompatibile con la esistenza o con la vi-
goria del senso morale. E se vi ha difetto o debolezza del senso
morale, vi ha sempre possibilita di nuovi delitti.
Ora questa capacitd, una volta riconosciuta, non e tollerabile.
Essa infrange il vincolo fra 1'individuo e la societa, poiche il solo
rvincolo comune di tutti i suoi membri b la presimzione che tutti
•posseggano quella misura minima di alcuni sentimenti nella cu i
violazione sta il delitto.
La ragione del punire e, in una parola, Yintolleransa del de-
litto, la quale traducesi in uno sforzo continuo per tentare di sop-
primerlo. Ma questo tentativo non pu6 riuscire pienamente, per-che in una parte del genere umano vi sara sempre deficienza di
istinti morali. II fine pratico della pena e dunque Yattenuasione
del male, Yostacolo alla sua diffusione.
Coloro che nel delitto non veggono se non la trasgressione, e nella
pena veggono soltanto il castigo, possono a questo proposito par-lare della grande utilita sociale che, per combattere il delitto, pu6avere la minaccia del castigo.
Questa efficacia consiste in una categoria di motivi che ecci-
tano e sostengono il sentimento del dovere; ed in un motivo nuovo
di condotta, il timore.
Ma simili effetti, proprii di qualsiasi minaccia di castigo, non
possono mancare alla eliminazione, la quale non pu6 non essere
considerata come un male daglindividui che la subiscono.
— 69 -
Prima dunque di discorrere degli effetti esclusivi dell'elimina-
zione, sara opportuno fare un cenno di questi motivi di condotta
con cui essa, come qualsiasi altra pena, puo tendere alla preven-zione di una parte dei delitti.
III. — EFPICACIAPREVENTIVA— MOTIVOMORALE.
Non pu6 negarsi che il senso morale comune e talvolta, lenta-
mente, nel corso di parecchie generazioni, modificato da una leggeche riconosea il carattere criminoso ad un'azione, ovvero che glielo sottragga.
« Se si scoprissero soltanto le azioni spregevoli senza punirle,
il loro numero non ne verrebbe immediatamente accresciuto in modo
sensibile, ma solo indirettamente e lentamente per una serie di
altri motivi, perche dal vedersi permesse azioni che per 1'innanzi
venivano proibite, si distruggerebbe gradatamente nelPanimo degliuomini il sentimento di onore e quello di giustissia relativamente
a cosi fatte azioni (1) ».
Tutti i sentimenti si possono ricondurre a raziocinii primitividivenuti istintivi, ovvvero ad esperienze di utilita fatte dai nostri
primi antenati. Ora, fra simili esperienze, vi furono quelle della
dolorosa reazione provocata dalla immoralita e dal delitto, reazione
individuale dapprincipio, sociale quando nacque lo Stato. Queste
esperienze che generano il raziocinio, quindi il sentimento del male
del delitto, hanno ancor oggi in noi la loro efficacia.
« L'elemento della coercivita trae la sua origine dalla espe-rienza delle forme particolari di freni che si sono stabilite nel
corso della civilta... II sentimento della coercivita si e associato
indirettamente ai sentimenti considerati come morali. La rappre-
(1) HOLTZENDORFF.— Das Verbrechen des Mordes und die Todesstrafe.
Cap. 7°.
-70 —
sentazione dei risultati futuri produce il motivo politico, il mo-
tivo religioso, il motivo sociale; il timore e ad essi congiunto..'.cosi pure, per associasione, si congiunge al sentimento morale. II
pensiero- degli effetti estrinseci di un'azione proibita eccita un ti-
more che persiste quando si pensa agli effetti intrinseci di que-
sfatto, e il timore cosi congiunto a questi effetti intrinseci, produceun vago sentimento' di incitamento morale (1) »a.
Anche negPindividui piil sviluppati psichicamente, ed il cui
senso.morale e organico e delicatissimo, questo e rinvigorito e
scortato, per cosi dire, dall'idea dell'obbligo o del dovere che im-
plica sempre la minaccia di un male al violatore. Senza dubbio
molti si astengono dalla. maldicenza, dalla menzogna, dalla se-
duzione delle fanciulle, solo perche la coscienza del far male di-
struggerebbe in essi ogni piacere. Ma anche costoro pensano in-
volontariamente alla reazione provocata da simili vizii: la sfiducia,
1'isolamento, 1'esclusione dalle case oneste, "e cio li rafferma nel
proposito dell'astensione.
Queste sanzioni adeguate furono forse quelle che principalmente
generarono il senso morale de' nostri antenati da essi a noi tra-
smesso per eredita, ma queste medesime sanzioni soho sempre li
per eccitare anche in noi e ridestare quel sentimento in noi con-
genito, che altrimenti s'indebolirebbe e col tempo potrebbe spe-
gnersi.Ed analogamente si puo dire che alla ripugnanza divenuta istin-
tiva per le azioni criminose trovasi sempre associata 1'idea deglieffetti perniciosi di un arresto, di un processo, di una pena. La
rappresentazione diquesti effetti e dunqueancof oggi,ed anchenegliindividui non degenerati, una forza che coopera alla conservazione
del senso morale. La legge, da questo creata, lo crea alla sua
volta con eterna vicenda. I motivi sehsibili della pena non sono
estranei a quella lenta, secolare, inavvertita evoluzione-del razio-
(1) SPENCER,Le basi della mor. evoluz. Cap. 7.
- 71 —
cinio in sensoorganico. La ripugnanza che ispira la parola galera,trovasi ora intimamente congiunta alla ripugnanza che si ha pelladro e pel falsario, ed accresce senza dubbio 1'avversione al de-
litto. Lidea della catena e quella del berretto giallo rendono piiiodioso il delinquente.
Certo il legislatore non ha la forza di dare carattere d'infamia
ad un atto che la pubblica opinione reputi indifferente ed ono-
revole (1). Egli non pu6 agire in un senso affatto opposto alla
pubblica moralita, ma egli pu6 bene secondare quesf ultima, rav-
vivarla, impedire che s'infiacchisca e venga meno.
Insomma la rappresentazione del male della pena rinvigorisceil motivo morale di condotta nelTanimo degli onesti; e una nuova
forza di resistenza, un puntello del senso morale. Essa ha, inoltre,
in molti casi, l'a virtii di un vero premio per gli onesti. Ed ecco
come:
Non vi e onesta che non sia stata alla prova di tentazioni. II
povero e molte volte sollecitato da'suoi stenti ad un lucro ille-
cito, che gli darebbe qualche dolcezza. L'oltraggiato e tentato di
procurarsi il piacere degli Dei, la vendetta. Ma la morale soffoca
gFimpulsi malvagi, non pero senza lotta, non senza qualche ram-
marico. Ora il vedere che chi non seppe trovare in se medesimo
eguale forza di resistenza subisce il dolore e 1'onta del giudizioe della pena, produce un senso di compiacenza della propria virtu
che e il migliore guiderdone dello sforzo penoso fatto per ripor-tare sui pravi impulsila.vittoria. E questo, senza dubbio, unsen-
timento egoistico, ma la sua utilita e incontestabile. Esso ci e
rivelato da quella soddisfazione quasi universale, con cui si ac-
coglie la notizia di una meritata condanna.
Certo, divenuto oramai organico nella maggioranza degli uomini
(1) I/opinione pubblica, che dev'essere rettificata da lumi, corretta dallae-
sperienza, ma non mai violentata, non mai disprezzata dalle leggi, e quellache solo puo determinare rinfamia: —FILANGIERI, Scienza della legislazione.— Lib. III, Cap. 31.
— 72 —
il senso mofale, 1'uomo onesto rimarrebbe per sempre tale sepure
ogni pena fosse abolita. Nondimeno il suo sforzo per reprimerelatentazione sarebbe piu penoso, minore dopo la vittoria la sua
compiacenza.L'ideadella «*&&'£«diunabuonacondottaverrebbe meno,
e, col succedersi delle generazioni, il senso morale andrebbe man
mano degenerando. L'entusiasmo del bene scomparirebbe, perche
quale sarebbe il vantaggio di una condotta irreprensibile, se la
condotta peggiore non debba rendere 1'uomo infelice ?
E cosi che il male del delinquente coeteros meliores reddit, come
1'antichita classica credeva. E quesfeffetto di ogni pena meritata e
comune anche ai mezzi eliminativi, in quanto essi necessariamente
rappresentano pel reo un male od un dolore.
INTIMIDAZIONE.
Se ora, in una civilta progredita, questo motivo di condotta
fornito dalla rappresentazione della pena, che e in fondo il sen-
timento stesso delPobbligo, non e che accessorio negli uomini il
cui istinto morale e piu sviluppato, viceversa esso e il principalein coloro in cui minore e la forza di resistenza agl'impulsi crimi-
nosi. Molti non rattengono le loro passioni se non pel timore del
male che una legge inesorabile minaccia, il quale timore diventa
un motivo determinante alPastensione.
Eccoci nel campo della intimidazione, che, sottratta aLTempi-rismo medievale, assunse carattere scientifico nella teoria della
eontrospinta (ROMAGNOSI)ed in quella della coasione psicologica
(FEUERBACH),le quali hanno uniformemente stabilito questo prin-
cipio: Che il male minacciato dalla pena, per divenire un motivo
determinante della condotta debbasuperare alquanto ilpiacere spe-rato dal delitto.
Nessuno potrebbe dubitare della verita di questo principio, ne
della utilita della sua applicazione. Se non che, se e vero che la
- 73 —
controspinta ocoazione psicologica puo.aversi da un gran numero
di castighi, rimane insoluto il pfoblema della determinazione quan-
titativa del castigo necessario, perche la minaccia prevalga sul-
1'impulso criminoso. II problema pu6, anzi, dirsi insolubile, perche1'efficacia di una minaccia come motivo determinante varia infi-
nitamente hegli uomini: non si troverebbero forse due individui in
cui la rappresentazione delUidentico male agisca in una misura
identica sulla volonta, tanto da potersi stabilire che quella data
minacciaprevalga normalmente su quelladata passione, salvo quando
la misura del male minacciato e eccessivamente superiore a quelladel vantaggio sperato, come nelle pene capitali eperpetne.Ma queste,
tanto nella nostra che in ogni altra teoria, non si possono minac-
ciare ad ogni specie di delitti. Ed allora quale sara, nel sistema
comune di pene o castighi, il criterio per contrapporre ad ogni de-
littoquellamisura dimale che ecceda solo di tanto il piacere spe-rato da far si che ordinariamente il motivo del timore prevalga?Com'e possibile trovare la controspinta necessaria se s'ignora la
misura precisa della spinta in ogni individuo ? Chi ci dara la media
della forza degl'impulsi ad un dato delitto ?
II calcolare simili medie e impossibile, perche bisognerebbeesaminare psichicamente tutti gli uomini proclivi al delitto, in-
dicare la quantita di male che, a ciascuno minacciata, certamente
lo distoglierebbe dal delitto. Senza dubbio 1'effetto del timore e
innegabile, esso e uno dei piti potenti motivi di determinazione, ma
non bisogna credereche trionfi in ogni caso su' motivi criminosi come
su tutti gli altri. L'uomo incontra spesso il rischio, ed anche la cer-
tessa di mali gravissimi, senza che il timore possa frenarlo. Ci6 ac-
cade per motivi nobili, come il sentimento del dovere ed il punto
d'onore, nel soldato in battaglia, nel gentiluomo in duello, nel
pompiere in un incendio. Ci6 accade per provvedere alla propria
snssistenza, come ne'mestieri pieni di pericoli continui e quelli che
producono generalmente una malattia. Cio pu6 bene accadere anche
pei motivi piii ignobili,' quelli della delinquenza. Certo nessuno ricer-
cherebbe una norma che agisca in tutfi casi, ma solo nella maggior
_ 74: —
parte di essi. L'effetto del timore non potrebbe essere calcolato che
approssimativamente.Ma quale sara il mezzo per ritrovare una simile approssima-
sione? Come si potra mai sapere se 3 anni di prigionia sieno un
motivo sufficiente per distogliere da un furto domestico, se invece
non ne occorrano 5, o se viceversa tanto i 3 come i 5 anni non siano
eccessivi ? L'empirismo deve necessariamente predominare, e cio
spiega le strane diversita di pene ne' codici di una stessa epoca,ovvero di epoche molto vicine. Fino al principio di questo secolo
si esagerava nel rigore, oggi si esagera nella mitezza, e gli effetti
sono egualmente cattivi.
L'esagerazione della minaccia era nociva. Al secolo passato in
Napoli il furto domestico era punito di morte. Ci6, faceva si che il
padrone non denunziava mai il servo che 1'avea derubato, anzi iten-
tava ogni mezzo di nascondere il reato (1).Cosicche la crudelta della pena produceva 1'impunita del col-
pevole.— Puo anche avvenire che quella sia causa di piu gravi
misfatti, come in Prancia, al secolo passato, quando i ladri erano
puniti con la forca. « II ladro, diceva il Filangieri, diviene quasi
sempre assassino, perche il secondo delitto, senza esporlo ad una
pena maggiore, lo libera da un testimonio importante, la denunzia
del quale pu6 condurlo al supplizio ». D'altra parte,' la frequenzae la barbarie dei supplizi diminuisce la sensibilita del popolo:ci6 e provato continuamente dalla storia.
Un criterio esatto della pena necessaria alla intimidazione non
pu6 essere fornito che dalla teoria dinanzi esposta. Se la penae semplicemente una reasione, essa, come ogni altra reazione,dev'essere Yeffetto naturalmente provocato dalVasione.
« Le leggi della vita — dice Spencer — in.cui le leggi mo-
rali hanno la loro radice, sono cosi fatte che quando se ne tra-
scura alcuna, il male che ne deriva non e che la conseguenza
(1) FILANGIERI, Scienmdella legislasione. Lib. 3.
- 75 -
necessaria della trasgressione. Altri cammina senza guardare ai
suoi passi;— egli cade, ne riporta una contusione, forse una com-
mozione organica spiegata dalla caduta — ma nulFaltro. Non ha
a temere altri mali, come un reuma od il vaiuolo. Altri mangia
di un cibo indigesto: paga ci6 con disordini di stomaco, ma la
natura non si vendica del suo peccato rompendogli un osso o gua-
standogli il midollo spinale. Le pene, in tutti i casi simili, sono
esattamente quelle che risultano dagli effetti naturali dei fatti:
nulla di piii, nulla di meno, Ora questo esempio non dovremmo
noi seguirlo umilmente ? Non dovremmo noi ragionare in un modo
identico e dire:
II tale cittadino ha violato le condizioni necessarie alla salute
della societa: egli deve sopportare la coercizione e il castigo ne-
cessari, ma nuLTaltro. Se la societa oltrepassa tale misura, essa
e colpevole verso il delinquente »-(1).E appunto questo concetto della pena come naturale reasione
che limita l'uso di essa al fine deLVintimidire. Questo non e che
un effetto utile, di cui la societa si giova mentre essa infligge al
reo queLTesclusione totale o parziale ch'e richiesta dal suo difetto
di adattamento. Se essa non considera piii la pena che come un
mezzo d'intimidazione, si potra toglier la vita ad un delinquenteche sarebbe ancora suscettibile di adattamento; ovvero gli si po-tranno far subire inutili- strazi, violandosi il suo diritto di non
sopportare un male maggiore di quello ch'e naturale conseguenzadel male da lui commesso. Od anche la pena potra fallire al vero
suo scopo, come.accadeva quando, per intimidire, si sottoponevail reo al bastone o si esponeva alla gogna, e poscia si rimandava
libero a ricominciar la sua vita consueta ; ovvero, come si fa oggi,
quando s'infliggono pochi o molti mesi Ai carcere a' rei abituali.
Insomma, quando si tenta solo di agire sull'animo dei di-
sonesti, formidine poenae, si sottoporra il reo a castighi piu
(1) SPENCER,Morale della prigione.
'. .
'— 76 -
o meno duri, ma quasi sempre inutili, non ottenendosi la sua
esclusione da tutta intera la vita sociale, o da quelle sole condi-
zioni a cui egii non e idoneo.
Ma il credere che un delinquente possa, dopo aver subito un
castigo, rientrare libero e con pieni diritti nella vita sociaje, e
cosa incompatibile col concetto positivo del delitto, esposto di
sopra.Se il delitto e, secondo noi, un'azione rivelatrice del difetto di
adattamento, la reazione logica della societa dovra consistere nel
riparare a tale difetto.
Dunque, nessuno studio rivolto alla ricerca della pena atta al-
1'intimidazione. Questa si produce pel proprio effetto della mi-
naccia di eliminazione, poiche vi e sempre insito un male.
Ci6 e evidente per la forma di eliminazione assoluta, la morte,o pe' suoi succedanei, la deportazione e reclusione perpetua.
Ma anche le forme di eliminazione parziale e condizionata
produrranno 1'effetto d'intimidire, quando esse siano esattamente
il messo necessario al r.aso, in considerazione del difetto di una
speciale attitudine sociale. Se la determinazione di questo messo
b fatta con precisione, esso, per la natura delle cose, produrra la
intimidazione,
Per dare qualche esempio che chiarisca tale idea, suppongasiche un abitante di una piccola borgata, per vecchi rancori di fa-
miglia pubblicamente insulti e minacci altri di continuo, ovvero
pretendendo essere amato da una fanciulla che lo respinge, le tenda
frequenti insidie, rendendosi cosi intollerabile e pericoloso alla
tranquillita del luogo.
Questo delitto, secondo la felice espressione del Filangieri, si
potrebbe chiamare locale (1), tanto e evidente che il difetto di
adattamento e relativo alle circostanze delTambiente in cui l'of-
fensore ha concepito il suo odio od il suo amore incurabile. Ora,
(1) FILANSIERI, Scienza della legislazione.
-77-
con 1'esilio dal luogo si pu6 presumere che, scomparsi i motivi
di quella condotta antisociale, in alfcro posto sia possibile 1'adat-
tamento del reo. Tal e dunque il modo rasionale di reagire della
societa in un caso simile. Ma questo mezzo sara poi tale da in-
timidire ? Senza dubbio, perche il timore di esser allontanato dalla
propria casa, se non vince i motivi che spingono alPomicidio o
ad altro grave delitto, b sufficiente a sconsigliare dalle ingiurieo da altri minori offese.
Suppongasi parimente che il direttore di un giornale turbi con
le sue menzogne o colle sue indiscrezioni la pace delle famiglie,che esso non viva se non di scandali e di diffamazioni, ovvero che,
carezzando le piii basse passioni, ecciti all'immoralita ed al de-
litto. Una buona legge non si contentera di vani sequestri o di
multe, piu vane ancora. Essa dara allo Stato la facolta di sop-
primere il giornale e sapra trovare il modo di far si che possaesserne impedita, sotto qualsiasi forma, la riproduzione. Ecco il
modo piu semplice e logico della reazione sociale. Ma sara esso una
vera pena? Avra esso efficacia intimidativa? Certo, perche niuno
vorra, dopo tale esempio, sciupare il suo denaro nella fondazione
di simili pubblicazioni che avrebbero identica sorte.
Ne si dica che, posto tale principio, non avrebbero piti ragionedi essere i rigori e gPinasprimenti delle case di reclusione. Questi
sono consigliati dalla necessita della disciplina, cosi difficile a man-
tenere in una popolazione di delinquenti. Ed una gran parte del
rigore dipende poi dallo scopo medesimo che si vuole raggiungere,la completa segregasione del condannato.
Da questi e cento altri esempi simili che sarebbe facile ad-
durre, mi pare sia dimostrato ad evidenza che quando il messo
eliminativo e quello richiesto dal caso, cioe quand'esso corrispondeallo scopo vero della repressione, Veffetto riflesso della intimida-
sione producesi sempre per la natura delle cose, sensa che sia ne-
cessario preoccuparsene particolarmente.
»
IV. — LA SELEZIONE.
Griungiamo ora alFeffetto proprio, esclusivo dei mezzi elimina-
tivi, che solo per caso incontrasi in qualcuno dei mezzi penali,intesi come castiglii.
La soppressione degli elementi piii disadatti produce dal puntodi vista psichico un miglioramento della razza, in quanto nascera
un numero sempre minore di persone proclivi alla delinquenza.
Qui e necessario ricordare la teoria delFeredita psicologica.La genesi delle forme costitutive deirintelligenza, delle leggi
e delle condizioni del pensiero e opera della eredita. Le modift-casioni acquisife, cosi fisiologiche come psicologiche, si trasmet-.
tono ereditariamente; 1'abitudine le rende stabili nelFindividuo,
1'eredita nella razza, di guisa che 1'eredita diventa in qualche modo
una potenza creatrice. fi cosi che noi ci troviamo in possesso di
sentimenti morali, i quali, come tutti gli altri sentimenti, sono
al tempo medesimo creati e trasmessi dalla eredita. Le differenze
fra il modo di sentire e di pensare di un popolo in due diversi
periodi storici non puo spiegarsi altrimenti che con 1'ereditaria
trasmissione delle modificazioni, piccole ma stabili, prodotte suc-
cessivamente nello spirito e nel cervello dalle condizioni dell'am-
biente. Ora, come Feredita fu la creatrice di tutfi nostri senti-
menti e dello stesso intelletto, cosi ad essa dobbiamo 1'idea'del
vizio e della virtu, le buone e le cattive tendenze, il senso morale,
la forza di resistenza ai cattivi impulsi: in breve, 1'indole ed il
carattere (1).Si e certamente esagerato quando si e tentato dimostrare con la
storia che la eredita si estenda al genio, ai grandi talenti, alle
(1) BIBOT, Hheredite psychologique.— Paris, 1882.
. - « _
virtii spiccate (G-ALTON).Si e confuso spesso la celebrita col vero
genio, la fama acquistata da una famiglia con le qualita dei di-
scendenti. Gli esempi delle famiglie di uomini illustri non sono
molto concludenti, e giustamente incontrano le critiche degli spi-ritualisti. L'eredita nell'ordine psichico non puo trasmettere che
attitudini o sentimenti (1); ma il genio risulta di diversi elementi,
i quali non possono tutti essere trasmessi in eguale misura; inoltre,
per manifestarsi esso ha bisogno di circostanze favorevoli; si puo
avere la capacita di un'arte senza conosceria; si pu6 avere la stoffa
del grande uomo senza 1'occasione di valersene; ora il genio poten-
ziale non e genio.La medesima cosa pu6 dirsi delle virtii, di tutte le grandi qua-
lita. Esse si riprodurrebbero come si riproducono le tendenze, se
le circostanze fossero identiche, se 1'ambiente non mutasse, se la
vita dei padri e dei figli avesse incidenti simili.
I filosofi spiritualisti non negano oggi la legge di eredita psi-
chica; anzi, vi e fra essi chi traccia i confini in cui la crede am-
missibile. « Elle existe — dice Caro — mais a differents degres.Elle est plus sensiblement verifiable dans les ensembles, dans les
races que dans les individus Elle se montre plus particulie-rement dans les cas de psychologie morbide, parce que les faits
de ce genre sont des faits derives dans lesquels 1'individu retombe
sous la domination presque exclusive des inflttences physiologiques.Elle se montre plus agissante d mesure que les pli6nonienes sont
plus voisins de Vorganisme; elle devient moins active a mesure
que Ton gravit 1'echelle des phenomenes humaius; tres forte dans
les actes reflexes, les cas de cerebration inconsciente, les impres-
sions, les instincts, decroissante et de plus en plus vague dans
les phenomenes de sensibiliU supirieure et de pensee; nulle dans
les manifestations lesplus hautes, celles de la raison et de la mo-
ralite, le genie, Vherolsme, la vertu (2).
(1) LOMBROSO,nel Genio e follia, distinguendo il genio dal talento, ha di-
mostrato clie non il primo ma 1'altro suol essere ereditario.
(2) CARO, Essais de psychol. soe. (ReTue des deux mondes, 15 avril 1883).
-86 -
Se pure si accettino queste limitazioni, Teredita criminosa ha
il suo posto assegnato nel quadro. II delitto, secondo il concetto
da me esposto, e la rivelazione della mancanza di quella parte di
senso morale che e la meno alta, la menojwra, la meno delicata.
. Dunque non si tratta qui d'un fenomeno di sensibilitd superiore,
bensi della sensibilita morale piu comune. La mahcanza del senso
morale in questa sua parte fondamentale e un fenomeno organicodi degenerazione o di reversione.
Le tendenze criminose debbono dunque trasmettersi ereditaria-
mente anclie piu delle altre, e cosi pure la forza di resistenza ad
impulsi di tale natura. Se eccezioni possono immaginarsi ad una
legge biologica universale, questo non e certo il loro campo.
Le norme di ogni trasmissione ereditaria sono oggi ben note.
La prole eredita i caratteri comuni dei genitori; di quelli diversi
prevale uno dei due: ecco il caso piu comune; ma spesso l'ere-
dita e interrotta ed alternante, ed allora il figlio non rassomigliaal padre ne alla madre, bensi alVavo, la cui eredita rimase la-
tente per una generazione: talvolta infine Tinterruzione ebbe luogo
pef parecchie generasioni ed il carattere di un antenato riprodu-cesi identicamente in un lontano nipote: ecco Vatavismo che spiegaanche Teredita collaterale, cioe la rassomiglianza del nipote con
lo zio o col progio. Vi e poi il ricorso nei periodi corrispondentidella vita; infine Vadattazione correlativa, per la quale, quandouno dei caratteri paterni e trasmesso con esagerazione, gli altri
caratteri, per compenso, sono trasmessi con diminuzione.
Or bene, le tendenze criminose, come le degenerazioni, seguonole leggi che ho accennato con una costanza maggiore di tutte le
altre tendenze.
L'eredita vi e forse piu spesso interrotta, 1'atavismo piu fre-
quente, ci6 che si e osservato in tutte le trasmissioni patologi-che (1). Per6, se 1'insensibilita morale, la mancanza di carattere,
(1) TOPINARD, L'anthropologie, 2e isartie. Ch. vu, pag. 394. Paris, 1879.
— 81 —
la perversita di ambedue i genitori non si riproducono nei figli,
si ha una grande probabilita che esse ricompariranno nella pros-
sima o in una delle successive generasioni. Solo e a notarsi che le
tendense criminose non producono sempre delitti, per mancanza di
occasioni o di energia; e, inoltre, che 1'immoralita ed il vizio si
possono manifestare in altre forme, come Valcoolismo negli uo-
mini, la prostitusione nelle donne; infine e accertato che, spesso,
da pazzi, epilettici e beoni nascono delinquenti, e vieeversa.
Ci6 nonostante THOMSON, sopra 109 condannati, ne trovo 50
imparentati, 8, fra gli altri, membri di una stessa famiglia che
discendevano da un condannato recidivo (1). VIRGILIO pote provare
la trasmissione della delinquenm per ereditil diretta e collaterale,
,-nel 32,24 per 100 dei condannati da lui osservati (2).Se si pensa al gran numero di casi che rimangono ignoti, sia
perche celati di proposito, sia perche dimenticati, sia infine per"la difficolta delle ricerche neLVeredita collaterale e la quasi im-
possibilita di risalire oltfe gli avi, si potrebbe gia conchiudere
da tali osservazioni, benche incomplete, che la legge della trasmis-
sione ereditaria del delitto abbia ricevuto una splendida conferma.
Ma la dimostrazione diviene evidente quando, nei recidivi, che
rappresentano per lo piu il vero tipo delinquente, il secondo di
quegli autori trova in 42, fra 48, « riscontri d'impronte fisiche
degenerative ereditarie o congenite » (3).Sono poi notissime le genealogie del Lemaire e del Chretien
studiate dal Despine, ed ancora piu la storia della famiglia
Juke, in cui dal capostipite, Max, beone, discesero, in 75 anni,
200 ladri ed assassini, 288 ammalati di cecita, idiozia, tisi, 90
prostitute (4).
(1) LOMBROSO,Uomo delinquewle. Cap. 14. Torino, 1878.
(2) G. VIRGILIO, Sulla natura morbosa del delitto, pag. 30. Eoma, 1874.
(3) VIRGILIO — op. cit., pag. 24. — Per parte rnia ho trovato in 7 fra 9
assassini recidivi 1'eredita da alcoolici, pazzi o condannati'.
(4) Queste genealogie sono riportate da LOMBROSO, op. e loc. citati, e nel
Genio e Follia, Torino, 1882, pag. 55.
GAROFALO. — 6.
- 82 -
Fra i quindici discendenti di un altro alcoolico, sei soli erano»
sani, due beoni, uno pazzo omicida, uno ladro, tre donne disso-
lute, un epilettico ed un idrocefalo (1).A questi esempii, che, pel numero degli individui, fanno mag-
giore impressione, se ne potrebbero aggiungere mille altri in cui
e stata osservata sia la trasmissione ereditaria del delitto, sia la
conversione delle tendenze criminose de' genitori in vizii o ma-
lattie de' figli, o viceversa.
L'antichita che, senza possedere le nostre statistiche, intuiva
queste leggi naturali, piu savia di noi, sapeva trarne vantaggio-neLVinteresse sociale. Intere famiglie e tribii erano maledette,dichiarate impure, proscritte. Una curiosa osservazione non credo
sia stata ancora fatta: tutti ricordano le maledizioni della Ge-
nesi fino alla quinta generazione. Or bene, la scienza moderna giu-stifica 1'apparente slranezza di tale limitazione, perche essa c'in-
segna che un carattere morale spiccato, nel bene come nel male,non suole persistere in una famiglia oltre la quinta generazione,ci6 che spiega anche in certa guisa la decadenza di ogni aristo-
crazia (2).
Dopo cio, i seguaci degli enciclopedisti, tutti quelli che giu-rano nei grandi principii dell'89, hanno un beiTaffannarsi a soste-
nere che fra padre e figlio non vi e alcuna solidarieta e che il
figlio non eredita i meriti ne i demeriti de'suoi genitori.il fatto
e che egli, se non eredita precisamente le loro virtu e i lorb vizi,eredita certo i loro istinti virtuosi o viziosi, i loro sentimenti, le
loro passioni, il loro carattere. Tutto dimostra che Vereditapsi-chica non e se non un caso deWereditd fisiohgica.
Ma 1'eredita psichica non agisce da sola nel riprodurre i delin-
quenti; vi concorre anche 1'eredita fisiologica, perche gli istinti
criminosi sono connessi molto frequentemente ad una speciale con-
(1) Qenio e Follia, loc. cit.
(2) EIBOT, op. cit.
— 83 -
formazione antropologica che ne forma una spiccata varieta nella
razza. E' questo lo studio che faremo nel prossimo capitolo.L'antichita spietatamente puniva i figli per le colpe de' padri.
La nostra eta piu civile dovrebbe invece impedire la procreazione
d'individui che, secondo ogni probabilita, saranno delinquenti o,
per lo meno, viziosi.
Non punire i figli dei delinquenti, ma impedire che nascano;
produrre con la morte dei delinquenti o con 1'isolamento perpetuo
del loro sesso un'artificiale selezione da cui sarebbe migliorata
moralmente la razza. LOMBKOSOnon dubita di attribuire la mag-
giore gentilezza degli animi nel nostro secolo in confronto de' pas-
sati, all'epurazione della razza mediante la pena di morte (1). II
patibolo, a cui in ogni anno si conducevano migliaia di malfat-
tori, ha impedito che la criminalita sia ai nostri giornipiu lar-
gamente diffusa nella nostra popolazione. Chi pu6 dire che sa-
rebbe oggi 1'umanita se questa selezione non fosse stata mai
fatta; se i delinquenti avessero potuto prolificare, se avessimo fra
noi la progenie innumerevole di tutti i ladri ed assassini dei se-
coli passati?
Oggi 1'umanita e piu mite, meno appassionnata, piu resistente
agl'istinti brutali. Ma perche questo progresso, dovuto in gran
parte alla selezione, sara esso interrotto? Perche non si continuera
questfopera secolare di epurazione ?
Ogni sosta nel progresso e un regresso e le generazioni future
potranno amaramente rimproverare alla nostra di aver lasciato
germogliare i semi infetti che converiiva estirpare e che avranno
prodotto una nuova e piii numerosa progenie di delinquenti.
(1) LOMBROSO,TJincremento del delitto in Italia. Torino, 1879, pag. 30.
PARTE IL
LE CAUSE DEI DELITTI.
CAPITOLOI.
L'ANOMALIA DEI DELTNQUENTI.
« I delinquenti costituiscono una varieta
regressiva del genus homo, e sono perci6da caratterizzare come individui congeni-tamente anormali ». (BENEDIKT).
« Si e formata una razza delinquente cosi di-
stinta flsicamente come la razza schiava »
(in un rapporto americano).
I. Pazzia e delitto — Se il pervertimento morale, che e la condizione del
delitto, abbia sempre natura patologica — Distinzione fra malattia ed ano-
malia — La pazzia morale e la delinquenza istintiva.
II. Delinquenti istintivi — Caratteri antropologici piu frequenti nei rei di
istinto — Tipo delTomicida e del ladro — Caratteri psicologici — Inef-
flcacia dei castighi — Inemendabilita.
UL Delinquenti fortuiti — Senso in cui deve intendersi questa parola — La
differenza fra 1'anomalia psichica dei delinquenti istintivi e dei fortuiti non
e che una differenza di grado — Omicidio per impulso collerico — Omi-
cidio per impulso d'ambiente — Eeati endemici ed imitativi'— Clima e
bevande alcooliche — Cause occasionali del furto.
APPENDICE(A). Caratteri antropologici dei selvaggi e degli uomini primitivi.
(B). Eicerche sul cervello dei delinquenti.
(G). Classificazione dei delinquenti.
I. — PAZZIA E DELITT0.
La teoria deH'adattamento e della selezione ci ha mostrato
•quali dovrebbero essere le linee generali di un sistema repressivo.E ora necessario avere una conoscenza piu profonda del nostro
soggetto, il delinquente. Quando avremo studiato 1'anomalia che
lo distingue dagli altri uomini, potremo vedere se le norme dei
— 88 —
presenti sistemi di penalita corrispondano alla necessita della tu-
tela sociale.
E se troveremo poco validi gli argini che essi oppongono al
delitto, potremo indicare quei mezzi che, a nostro avviso, megliosi confanno allo scopo di cui la societa ha il dovere: la lotta in-
cessante ed intelligente contro la criminalita per ottenerne una
continua e progressiva diminuzione.
Nel primo capitolo si e definito il delitto come un'offesa ad
uno'dei due sentimenti che formano la parte fondamentale ed
universale del senso morale contemporaneo. E nel secondo capitolo-
si e mostrato che questa offesa non pu6 aver luogo senza una.
deficienza, ora completa, ora parsiale, nell'autore di essa, delH-
stinto corrispondente. Noi abbiamo dunque supposto Fesistenza di
due categorie di delinquenii, l'una priva affatto di senso morale,.
1'altra con istinti morali deboli o latenti.
Ora e a vedersi se queste due categorie esistano realmente con
caratteri peculiari che le facciano riconoscere e sceverare 1'una-
dalFaltra, e quali siano le cause della loro anomalia.
Ci6 che, prima d'altro, importa determinare e la natura.dello-
stato psichico da cui si genera il delitto, per vedere quanto vi"
sia di vero nell'opinione, oggi molto sparsa, che questo sia da
attribuirsi ad una condizione patologica della mente del suo au-
tore, cosiech6 il delinquente si possa sempre definire un infermo-
in grado maggiore o minore.
Per potersi risolvere tale quistione bisogna, anzi tutto, sapereche cosa s'intenda per alienaswne mentale.
Tutti possono osservare la infinita varieta di grado nella po-tenza mentale umana, a seconda degl' individui; serie non inter-
rotta di anelli che dalla intelligenza piu limpida e serena con-
duce man mano fino al delirio, alla demenza od al cretinismo.
Le varieta sono cosi sfumate da rendere spesso le distinzionf.
impercettibili e quindi impossibili le definizioni teoriche. Salute-
e follia sono i due termini della serie, ma quale e il punto in
cui si esce dalFuna per entrare nell'altra? Quale e il limite ffa
- 89 -
le due zone? Ecco cio che i psichiatri moderni non si attentano'
piu di definire, perche essi non incontrano mai una linea precisadi demarcazione. « Grli e appunto quello stato di luce incerta dello
spirito ondeggiante fra la ragione e la follia che niuna defini-
zione potrebbe abbracciare, per la ragione principalissima che lo
spirito e vario nella sua forza e nelle sue manifestazioni secondo
gllndividui, ed e difficile determinare un tipo col quale si possa.
procedere ad un confronto chiaro » (1).II concetto volgare della pazzia e quello della privazione com-
pleta di ragione e di coscienza, ma la psichiatria non ha potutoconsiderare come uomini sani quelli il cui delirio o disturbo e
limitato ad un solo oggetto o ad una sola funzione.
Furono dunque comprese nella pazzia quelle diverse forme giadette monomanie e quelle della mania sine delirio (2).
Ma i dubbii cominciarono quando si ricerc6 una definizione com-
plessiva dell'alienazione mentale.
Altri volle trovarne il carattere principale nella perdita della
facolta dell'attenzione, altri in quella della volizione, altri in
quella della comparazione. Ma fu osservato che nessuno di questicaratteri e universale e che le singole facolta mentali talvolta non
esistono del tutto, tal'altra sono lese solo in parte con infinita va-
rieta di gradi. II disordine intellettuale spesso non si rivela se
non dopo lunghe osservazioni, mentre e spiccatissima la incoerenza
(1) A. S. TAYLOR, Traite de medecine legale, traduit par le docteur J.
P. Coutagne, Liv. 6e, Ch. 61e, Paris, 1881.
(2) Le forme proprie delTalienazione si distinguono nella melancolia (de-
pressione semplice e depressione angosciosa) — nella mania (eecitaziorie-
maniaca, mania acuia, periodica, transitoria, follia circolare) — nel de-
lirio sistematico (di 1° e 2° grado) — e nella demenza acquisita (demenza
apoplettica, senile, paralitiea). — Le forme improprie si raccolgono in 5
gruppi, secondo KRAFFT-EBING: le degenerazioni morali e gli arresti di svi-
luppo psichico, le perdite patologiche della conoseenza, il delirio nelle ma-
lattie febbrili, le grandi nevrosi, i movimenti passionati patologici.
— 90 —
degli atti o la imperfezione dei' sentimenti, come nella passia
impulsiva e nella cosi detta passia od imbecillitd morale.
Nella prima un'idea morbosa s'impossessa dei centri nervosi e
li fa agire, contro i desiderii e la volonta delTinfermo, spin-
gendolo per lo piu al suicidio od aNomicidio. Questa forma di-
pende per solito da nevrosi epilettica, ovvero da melancolia con'
delirio di persecuzione, ma talvolta scoppia repentinamente ed ha
breve durata; chiamasi allora mania transitoria.
Nella seconda il difetto principale e nelle facolta morali, cioe
in un'anormale perversitd ed assensa di senso morale che fa
compiere le piu odiose azioni con indifferenza e senza rimorso.
Questa specie di anomalia e cosi prossima al delitto che un
illustre alienista classificava il delitto nella pazzia dandogli il
nome di follia non patologica. Vi sarebbero compresi tutti gliomicidii mossi da brama di lucro, da alcoolismo, da fanatismo,da odio, da collera o furore, da gelosia, i parricidii e gli uxori-
cidii, ecc. (1). Ed i caratteri principali di questa sorta di follia
sarebbero 1'insensibilita morale, permanente o temporanea, l'im-
prudenza e 1'imprevidenza (2).La scuola somatica ha tentato restringere il concetto della
pazzia morale. Questa trova il suo posto nella classificazione di
Krafft-Ebing accanto alla idiosia, alla debolessa di mente ed al
sordomutismo (3). Essa e sempre accompagnata da un disordine
dei centri nervosi e spesso da caratteri antropologici molto spic-cati. Non e che una specie (Vimbecillitd earatterizzata dalla spro-
porzione delle varie attivita mentali (4). E una vera malattia,
spesso ereditaria, spesso determinata da gravi lesioni al capo,
(1) DESPINE,Psychologie naturelle, tome 2«, pag. 287-598. Paris, 1868. —
Vedo questo concetto ripreso oggi ed esposto con molto sapere dal BONVEC-
CHIATO,in una lunga monografla che avr& occasione di citare fra poco.
(2) DESPINE,op. cit., pag. 169 e 265.
(3) KRAFFT-EBING, La responsabilita crimihale, ecc., cap. 3°.
(4) TAMBURINI e SEPPILLI, Studio di Psicopatologia crim., pag. 55-57.
Eeggio-Emilia, 1883.
— 91 -
da insulti apoplettici, da meningiti, da alcoolisnio, da epilessia,
dalla involusione senile del cervelio. Sono frequenti certe defor-
mitd del cranio « che possono attribuirsi ad alterazioni fetali del
cervello e del cranio stesso, certe deformitd delle estremitd rife-
ribili a meningiti ed a convulsioni, il labbro leporino, la gola
lupina, lo strdbismo, la tendenza alle congestioni cerebrali » (1).Vi s'aggiunge spesso Vanalgesia generale, cioe la completa insen-
sibilita agli stimoli meccanici, elettrici o termici (2). Caratteri
effettivi piu frequenti sono le tendenze a cambiamenti non giu-
stificati di animo,' le idee fisse, Vestrema eccitabiiitd moraie; —
V intelligensa e sempre limitata (3), gVistinti sessuali precoce-
mente sviluppati. « II substratum di questa malattia e sempre
organico, poiche essa e indipendente da ogni circostanza este-
riore; talvolta e progressiva, taFaltra, e non raramente, compari-sconoaltri istinti o tendenze, quali 1'alcoolismo, il vagabondaggio,la cleptomania » (4). II criterio diagnostico decisivo e fornito dalla
esistenza di un'alterazione cerebrale a cui sono riferibili « quellealterazioni mentali che sembrano prodotte da un morale dege-nerato ».
La perversita non e dunque che un sintomo della malattia, il
piii spiccato senza dubbio, ma insufficiente da solo a costituirla. Ed
importa il notare che un gran numero di casi osservati appartengonoa speciali frenosi distinte coi nomi di frenosi isterica, epiiettica,
seniie, mania transitoria, melancolia, paralisi progressiva, — glialtri sono casi (Vimbeciilitd parsiaie (5). — Qual'e dunque la ne-
(1) KRAFFT-EBING, Grundzilge der Criminalpsychologie, 1873.
(2) TAMBURINJe SEPPILLI, op. cit., pag. 53.
(3) TAMASSIA,Pazzia morale o nevrismo ? (Biv. sper. di med. leg.), Eeggio-
Emilia, 1877.
(4) KRAFFT-EBING, op. cit.
(5) BONFIGLI, Sulla cosi detta pazzia morale. Milano, 1876. -=- Ancora
sulla quistione della pazzia morale (Biv. sper. di med. leg., anno 3°, 1878.
Eeggio d'Emilia). — Ulteriori considerazioni sulVargomento della cosi detta
pazzia morale (Biv. sper<, anno 5°, 1879).
- 92 —
cessita di conservare questa forma nosologica distinta? (1). II nome
sarebbe giustificato dalla prevalenza di un sintomo, ma questonome e causa d'indeterminabili indecisioni e controversie. Sem-
brerebbe invero miglior partito farlo scomparire dalla scienza fa-
cendo rientrare i singoli casi nelle forme tipiche d'imbecillita e
di pazzia che sono rispettivamente congiunte al fenomeno del per-vertimento morale (2).
Ma ecco che codesto fenomeno appunto, sensa V accompagna-mento di quei caratteri che sono proprii deWalienasione mentale,-ri-torna nel campo patologico col nome di nevrosi criminosa. Mau-
dsley definiva questa nevrosi, che non e se non 1' istinto della
delinquenza, come strettamente legata alla epilessia ed alle ma-
lattie mentali, e come una forma particolare in ctti si manife-
stano quelle tendenze morbose che produrrebbero la pazzia se non
producessero il delitto. « Questa nevrosi — egli dice — e il risul-
tato fisico delle leggi fisiologiche dello sviluppo e della genera-zione ».
Si tent6 poscia determinare il substratum somatico di siffatta
nevrosi nelle anomalie craniche e sensitive di un gran numero di
delinquenti, da Lombroso chiamati mattoidi criminali. E Eerri,dando loro il nome di delinquenti nati, ha proseguito su larga scala
(1) II formare una classe, a rifascio, dei sentimenti che s' accompagnano e
dipendono dalle piu discrete anomalie mentali e chiamarli complessivamentefollie morali soltanto perche in esse vi ha un carattere comune: ]a tendenza
ad atti immorali, — ci sembra contrario alla necessita scientifica di cominciarecol ben distinguere per poter poi ben riunire — e ci sembra aver meritato il
rimprovero di creare una malatida proteiforme ed evanescente, vero amalgamadi casi patogenicamente e clinicamente inconciliabili, che abbracciano delle
forme, dei periodi, delle particolarita transitorie appartenenti a tutte le fre-
nopatie e che insieme se ne distinguono tanto da dover ricorrere al « libero
arbitrio » per distinguersi dalla delinquenza, vera « nebulosita » che attraversa
1'orizzonte della psichiatria ». — BOHVEOCHIATO,II senso mor. e la folliamor. Padova, 1883.
(2) LELORRAIN, De Valiene, pag. 39 e 40. Paris, 1882.
- 93 —
le osservazioni antropometriche comparate su delinquenti e uomini
onesti, ricavandone alcuni caratteri differenziali degli omicidi.
Infine Benedickt ed altri hanno creduto intravvedere nel cervello
dei delinquenti alcune anomalie, ma nulla di concludente si e po-tuto ricavare dal confronto con gli uomini sani (V. Appendice B).
Cosicche la scienza tace ancora su questo punto.II modo con cui oggi si studiano le degenerazioni psichiche e stato
1'effetto della nuova psicologia che non ammette piti 1'esistenza di-
stinta ed autonoma della ragione e del sentimento, ma nella deno-
minazione di « mente » comprende tutte le facolta intellettuali, af-
fettive ed emozionali di cui 1'uomo e dotato. « Anche dal punto di
vista comune pu6 chiaramente osservarsi 1'impossibilita di separare
gli stati psichici che noi chiamiamo intellettuali da quelli che chia-
miamo emozionali«... Questidueelementi «sonoinseparabili, sono
due aspetti diversi del medesimo sviluppo e derivano dalla mede-
sima sorgente in identico modo » (1).Se dunque il pervertimento morale e un'anomalia della mente,
non e esso una vera e propria malattia ?
La risposta dipende dal valore che si da alla parola malattia.
Supposto che la nevrosi criminosa avesseun solo sintomo, il delitto,
essanon potrebbe considerarsi come una malattia se non a pattoche questa parola diventi sinonima delTaltra « anomalia ».
Ed allora scomparirebbe ogni distinzione fra il campo fisiologicoed il campo patologico, poiche ogni deviazione dal tipo, ogni abnor-
mita del corpo, ogni eccentricita del carattere sarebbe da conside-
rarsi come unamalattia, e, non essendovi forse alcun individuo che
non presenti qualche lievenota psichica o fisica peculiare, non si ri-
scontrerebbe forse giammai nella realta Vindividuo sano che diven-
terebbe un'astrazione, un tipo inesistente ed anche arbitrario.
La scienza non pu6 annullare il significato delle parole che 1' u-.
manita ha creduto necessarie. Vi e uno stato di salute e vi e uno
(1) SrENCER. Principii di psicologia, vol. I0,. parte 4a, cap. vm.
— 94 —
stato di malattia, e, Ira questi due stati, una zona intermedia
i cui limiti sono poco precisi. Tale incertezza di confini fa si
che non esiste una definizione dell' alienazione mentale atta ad
abbracciare tuttfi casi, ma non e men vero che, ne' casi concreti,
vi e sempre modo di distinguere un pazzo da un uomo sano di
mente (1).Vedremo fra poco che i caratteri antropologici e psichici del-
1'uomo delinquente corrispondono frequentemente a quelli delle
razze inferiori della specie umana, e, forse, al tipo umano preisto-
rico. Ma, se ci6 e vero, forse che gli uomini primitivi da cui
noi siamo discesi erano infermi e che sono tali i moderni sel-
vaggi?Ed il delinquente di oggi che, per ricorso atavico o per altre cause
a noi ignote, riproduce fedelmente il tipo del suo lontano antenato,
e egli piu di questo infermo, solo perche la sua sensibilita morale
o fisica e minore di quella deU'uomo normale incivilito ? Ne le ano-
malie del cranio , ne la poca sensibilita dolorifica, ne la bruta-
lita degl'istinti, ne la imprevidenza, ne la volubilita, ne queglialtri segni caratteristici cosi maestrevolmente descritti da Lom-
broso, e che si osservano parimente nel selvaggio e nel tipo
« uomo delinquente » possono fare di quesfultimo un ammalato
se il primo, ci6 nonostante, e perfettamente sano (2).A tutto cio si pu6 rispondere che in fondo «la malattia non
(1) TAYLOR, op. cit., pag. 885.
(2) « I casi estremi di pervertimenti appetitivi ed affettivi, con perfetta in-
tegrita intellettuale, costituiscono una forma clinica, non una entita nosolo-
gica, perche si confondono gradatamente, man mano che diminuiscono d'in-
tensita, con la delinquenza comune ». (BONVECCHIATO, II senso morale e la
follia morale — pag. 225, Padova, 1883).« II non aver voluto ammettere la costante e necessaria dipendenza dei sen-
timenti e "degli atti immorali e criminosi da particolarita delTorganismo, di
cui le particolarita della psiche non sono e non possono essere che il risultato
e 1'espressione, fece creare una entita nosologica a parte dei easi in cui quella
dipendenza si mostra evidente ». (Idem — pag. 228).
— 95 — *
e altro che la vita in condizioni abnormi; dal quale punto di vista
la salute e la malattia non sono 1'antitesi assoluta » (1).
Questo principio della scienza moderna apparentemente si op-
pone al mio concetto, ma un esame un po' piu approfondito mo-
strera che, anzi, lo avvalora.
In vero, per potersi dire quali siano le condisioni abnormi bi-
sogna definire le condisioni normaii. Ma quali condizioni nor-
mali? Quelle di una razza, di un popolo, di una tribu, ovvero
della umanita tutta quanta?Od io nTinganno, o il significato della parola malattia si e
sempre riferito al tipo umano indipendentemente dalle variazioni
di razza. I capelli lanosi, il prognatismo, il naso comuso sono
anomalie in una razza, non gia nella specie umana, perche vi
hanno intere razze con quei caratteri, e perche questi non distur-
bano, non alterano punto le funzioni identiche dell'organismo.La medesima cosa e a dirsi delle variazioni psichiche. La scarsa
sensibilita, la imprevidenza, la volubilita, la libidine infrenata,
la crudelta sono anormali nella nosira rassa, comuni nelle rasse
inferiori (2).
Qui 1'anomalia si riferisce dunque non al tipo « uomo » bensi
al tipo « uomo incivilito ». Viceversa, la mancanza della facolta di
coordinazione, la mancanza di memoria, 1'evoluzione del processo
psichico non determinato da stimoli esterni sono anomalie di
specie, non di rassa. E simili anomalie furono distinte col nome
d' infermitd mentali, perche la facolta d'ideazione, propria non di
una razza, ma della natura umana universale, diviene in quei casi
imperfetta o disordinata. -
Ma il semplice pervertimento morale non e una malattia del-
1'individuo, poiche esso non disturba alcuna funzione organica,non altera la vita fisiologica, ma solo rende 1'individuo incom-
(1) VIRGILIO, La fisiologia e la patologia della mente — Caserta, 1883.
(2) V. gli esempi che ho portato al cap. 1°, parte la.
- 96 —
patibile con una societa civile, perche « uccide » come direbbe
Dante, « lo vincolo d'amor ». Lo spettacolo di alcune tribu sel-
vagge prova la possibilita che una ferdcia o libidine infrenata
•non sia eccezionale ma normale, perche ivi quel « vincolo d'amor »
non esiste del tutto.
Ed, analizzando la variabilita dei sentimenti, come abbiamo
fatto in altro luogo, osserviamo che quelli, in una classe sociale,
acquistano delicatezze e sfumature ignote ad un'altra classe della
medesima popolazione. L'eccentricita e allora semplicemente re-
lativa ad un gruppo di uomini, ad un ambiente: essa si allon-
tana sempre piii dalla malattia.
Ora, definiti cosi i termini, la quistione dell'anomalia crimi-
nosa e facilmente risoluta.
Quai'e il tipo da cui si allontana il delinquente? II tipo di
uomo civile o semi-civiie. Prendete 1'abitante delle isole Viti e della
JJuova Zelanda, ed avrete 1'omicida; prendete il negro africano,ed avrete il ladro.
Poco importa che i due istinti della pieta e della probita siano
oggi comuni a quasi tutte le nazioni. Vi e stato un tempo in
«ui essi non esistevano punto o non si, erano ancora del tutto
staccati dalla famiglia perche non si estendevano oltre la propria
famiglia. Ed i superstiti di questo tempo esistono ancora, non
solo sparsi come una minoranza nelle razze superiori, ma anche
Taceolti in intere popolazioni selvagge.Se 1'assenzadei sentimenti altruistici si considerasse come uno
stato patologico dell'individuo, essendo lo sviluppo di quei sen-
timenti immensamente vario nella specie umana, a voler essere
logici non si potrebbe sfuggire questa assurda conseguenza:Che una malattia potrebbe essere gravissima, lievissima od ine-
sistente a seconda del grado di perfezione dei rapporti sociali;— cosicche Findividuo medesimo sarebbe in Europa gravemente
infermo, leggermente in Africa, e nella Polinesia o Malesia per-fettamente sano!
Quando si dice « vita in condizioni abnormi » non si specifica
— 97 —
11 luogo ne il tempo. Non si domanda se 1'uomo e moderno o dei
tempi eroici o delFeta della pietra, ne s'egli e un neo-zelandese
od un anglo-sassone, un malese od un tedesco. Vi hanno condi-
sioni essensiali della vita umana, comuni a tutVi tempi e a tutte
le rasse, e queste sono le condizioni fisioiogiche dell'uomo, a cui
si oppongono quelle condizioni abnormi che, per comune consenso,
chiamansi malattie.
Non e dunque anti-scientifico 1'ammettere anomalie psichichenon patologiche, se queste anomalie si riferiscano non alla speciema alla razza. E tali sono appunto quelle dei delinquenti nati.
Ed ecco una osservazione che pone il suggello alla differenza
fra il pazzo e il delinquente nato.
Nel primo, il delitto e determinato da un eccitamento interno
non provocato dagli stimoli dell'ambiente, onde si suol dire che
-esso e « senza causa » intendendosi per cause soltanto quelle del
mondo esterno. Nel secondo il delitto e mosso dai medesimi im-
pulsi ehe agiscono negli uomini normali; sol che in lui non in-
•contrano la resistenza del senso morale di cui egli e sfornito.
Le immagini del mondo esterno producono nel pazzo o nelTim-
becille impressioni esagerate; questepercezioni erronee danno ori-
gine ad un processo psichico che non 6 piu in alcun accordo con
la causa esterna, onde la sproporzione fra questa e la reazione
dell'alienato. Di qui vendette mostruose mosse da motivi real-
mente insignificanti ma ingigantiti dalla mente inferma: Grandi
che credendosi deriso dai fanciulli del vicinato, li attira 1'un dopo1'altro nella sua bottega e ve li sotterra vivi.
Viceversa, nel delinquente nato, il processo psichico e in ar-
monia con le impressioni del mondo esterno. Se lo scopo e la
•vendetta, il torto o 1'ingiuria esiste realmente. Se e la speranzadi un vantaggio, questo, dato che si raggiunga col delitto, sa-
rebbe un vantaggio reale. II fine non e un piacere patologicoicome quello del pazzo, sgozzare una bambina, dilaniare le carni
*di una donna. II fine rappresenterebbe un piacere anche per
,gli uomini normali. L'anomalia sta nelTadoperare, per rag-. GiBOrii.o. — 7.
— 98 —
giungerlo, il mezzo del delitto: Faella che gitta nel trabocchettc
il prete di cui ha falsificato la firma nelle cambiali che egli speradi farsi scontare.
L'analisi dei caratteri antropologici e psichici, se molte volte
da risultati quasi identici nei pazzi e nei delinquenti, offre purenon poche differenze abbastanza spiccate perche queste due sorte
di anomalie non si possano confondere.
In generale nei pazzi — dice Lombroso (1) — .e maggiore la
tendenza alla dolicocefalia, pitt piccola la statura e il corpo meno
pesante dei delinquenti; piu frequente del doppio la submicroce-
ialia, e piu frequente, come 21 a 7, 1'asimmetria cranica e meno
ottuso 1'angolo facciale; piu rara 1'ateromassia (come 40 a 50)<e pitt frequente del quadruplo la canizie e del triplo la calvizie;meno voluminosi e sporgenti gli zigomi, i seni frontali e le man-
dibole, e meno pigmentata 1'iride ed i capelli. La fisonomia ed
i gesti sono affatto speciali a ciascuno. Cosi i pazzi hanno loro
propria la scelotirbe, i movimenti di lateralita, alcuni moti co-
reici della faccia e degli arti anteriori, mentre 1'assassino abi-
tuale presenta immobile lo sguardo e la faccia, ed il ladro mo-
bilissimo Tocchio. I pazzi hanno minore forza al dinamometro,
minore sensibilita ai rimedii ed ai dolori, e maggiore alle in-
fluenze barometriche e termometriche dei delinquenti I pazzi
criminali, prima di ammattire, conducevano una vita affatto dif-
ferente da quella che tennero nell'epoca prossima al delitto e questo>cambiamento data da una causa speciale, o da un parto, o dallo
svolgersi della puberta, o da una malattia, come tifoide, menin-
gite..... La pazzia si manifesta piu facilmente ffa i 30 ed i 50
anni, mentre il delitto eccelle fra i 20 ed i 30. Ed il delitto,
propriamente detto, prepondera nel sesso maschile e-si mostra
assai piii frequente fra gli illegittimi ed orfani che non' la paz-zia Nei pazzi e rara la tendenza afrodisiaca, rarissima negli
(1) Uomo delinquente, 2* ediz., pag. 327.
- 99 —
alcoolisti; mentre, nei veri criminali, quando esiste, assume spessoforme precoci mostruose I pazzi hanno attivita esagerata i
delinquenti, invece, tendono alPozio completo I delinquentiabituali furono sempre oziosi, violenti e passionati, e passaronola loro vita fra le osterie ed i postriboli; giammai gli alienati,
per solito, anzi sobrii, solitari, laboriosi, docili e di carattere
dolce »
Viceversa, la distinzione diviene difficile quando si voglia con-
siderare come una forma di pazzia la imbeciUita morale. Qui i
caratteri comuni con la delinquenza innata sono tali da avere in-
dotto lo stesso Lombroso ne' suoi ultimi scritti a fare del delitto
congenito una sottospecie della pazzia morale, chiamando i de-
linquenti « mattoidi criminali » (1). Egli presenta invero molti
esempi di folli morali che per nulla potrebbero distinguersi dai
delinquenti, e cosi pure esempi di delinquentl" che hanno tutt' i
caratteri della pazzia mor.ale. Ci6 dipende dalla elasticita di quellaforma a cui si e voluto dare il nome di pazzia od imbecilliid morale
e che, nei casi in cui non pu6 farsi rientrare in qualche forma
propria di pazzia, non e altra cosa che la tendenza irrefrenabile
al delitto.
Ma e poi certo che l'«uomo delinquente » pu6 non essere
sensibilmente leso nelle facolta d'ideazione, mentre 1'esistenza di
un disturbo di queste facolta e il primo criterio diagnostico rielle
forme nosologiche.Che se poi la parola imbecillitd morale si riservi appunto alla
delinquenza innata, non si tratterebbe che di una quistione di
parole, e quella espressione indicherebbe sempre un'anomalia diversa
dalla patologica. Qualsiasi identita in alcuni caratteri non pu6 di-
struggere quella differenza psicologica sostanziale fra due specie,
per l'una delle quali il delitto e sempre un messo, mentre per
(t) LOMBROSO,La pazzia mordle e il delinquente nato, nell'Arch. di psich.,
scienzejpemli, ecc, vol. 3°, fasc. 4°. Torino, 1882, Bocca ed. — Uomo de-
lutfmite, li^eai^
—. 100 —
1'altra esso e per se solo uno scopo: laonde quesfultima costituisce
una deviazione psichica dal tipo uomo, quindi una anomalia pato-
logica, mentre la prima non e che una deviazione dal tipo uomo
incivilito, e quindi rappresenta una anomalia soltanto a riguardodella rassa giunta ad un certo grado di sviiuppo morale.
Questa discussione era necessaria per determinare il significatodelle parole di cui ci serviamo; — ma quanto alla importanza
pratica della risoluzione, in un senso o nell'altro, essa 6 molto li-
mitata. Qualunque delle due si preferisca, la dottrina classica del
diritto penale ne rimane del pari ferita a morte, perche, si dia
o non si dia carattere patologico all' anomalia dei delinquenti,
quando si riconosce che questa dipende dal loro organismo psico-
fisico, non pu6 ammettersi del pari in essi il libero arbitrio e la
resistibilita ai loro pravi impulsi.Nella nostra dottrina la distinzione noh ha grande interesse
per le applicazioai alla penalita, cioe per la ricerca dello specialemodo di eliminasione. 11 criterio da adottarsi per decidere se un
delinquente debba essere eliminato nel modo piu assoluto ed irre-
vocabile, ovvero se possa sperimentarsi per lui una nuova ma-
niera di adattamento, non deve trarsi tanto dalla esistenza di una
infermita mentale quanto dalla prognosi della medesima. Che la
natura dell'anomalia sia o non sia morbosa, ci6 e indifferente in
quanto alle esigenze sociali. Ci6 che importa sapere e se 1'ano-
malia sia permanente e 1'infermita incurabile o duratura nella
sua forma pericolosa alla societa, ovvero se vi sia speranza di mi-
glioramento e di cessazione degl'impulsi criminosi. Nel primo caso
non vi e alcuna ragione per non trattare il pazzo come il delin-
quente istintivo, cio6 a dire eliminarlo assolutamente; nel seeondo
caso si avranrio, da una parte, delinquenti affetti da psico-nevrosi,curabili nei manicomii,- e, dalTaltra parte, delinquenti per occa-
sione o per abitudine che possono modificarsi con un nuovo generedi vita a cui siano costretti.
101 -
II. —DELINQUENTI ISTINTIVI.
Alcune determinate anomalie fisiche, assai pitt spesso che negliuomini onesti, si riscontrano negli autori di quei misfatti che ri-
velano un alto grado di anomalia morale.
Perche il valore dei caratteri antropologici possa stimarsi senza
inconsulte esagerazioni, come senza un disprezzo non giustificato,credo opportuno fare una rapida esposizione dei risultati ottenuti
dalle piu recenti ricerche.
In generale, negli autori di grandi misfatti e nei delinquentiabituali si e osservata una frequenza di deformita craniche le qualiricordano le rasse inferiori, negre e mongoliche, e 1'uomo preisto-
rico; la qual cosa avvalora sempre piu 1'ipotesi che il delitto sia
da considerarsi come un fenomeno di reversione (V. Appendice A).
Principali fra queste anomalie sono le seguenti, e si noti che
esse non si ritrovano isolate, bensi quasi sempre raggruppate neglistessi individui: sinostosi precoce, prognatismo, sviluppo dei seni
frontali, sviluppo maggiore della linea arcuata del temporale, svi-
luppo eccessivo della mandibola, fronte sfuggente, obliquita del-
1'orbita, distanza degli zigomi od eurignatismo, scarsa capacita cra-
nica e vera microcefalia, frequenza delle ossa wormiane (1).Si aggiungono frequentemente: maggiore ampiezza del torace,
capelli piii scuri, peso maggiore del normale, impianto anomalo
delle orecchie, scarsezza della barba, ricchezza ed increspatura dei
capelli, analogie fra' due sessi, scarsa forza muscolare, colore scuro
(1) LOMBROSO,Uomo delinquente, 2* edizione, pag. 22.
VIRGILIO, Sulla natura morbosa del delitto, pag. 12 e seg.Credo utile pel lettore npn versato nell'antropologia il dire nel modo piu
breve il significato delle. piu comuni fra le parole che indicano le diverse forme
nonnali del cranio e le sue diverse anomalie morfologiche.Le forme normali sono le seguenti: Cranio dolicocefalo (allungato); braehi-
— 102 — /
delTocchio e della pelle (1), maggior lunghezza delle braecia (2).Anche questi ultimi caratteri ravvicinano i delinquenti alle razze
inferiori delTumanita.
II carattere distintivo « pitt evidente e la deficienza della parteanteriore e frontale del cranio, e, nei delinquenti minori, anche
cefalo (rotondo); mesaticefalo (forma intermedia fra 1'allungata e la rotonda).Fra il cranio mesaticefalo e il brachicefalo, vi e il sub-brachicefalo; fra il primoe il dolicocefalo, il sub-dolicoeefalo.
Le forme anonnali patologicamente sono: la microcefalia (cranio eccessiva-
mente piccolo) e la maerocefalia (cranio eccessivamente grande).Pra le molte anomalie non patologiche s'incontrano piii spesso:
la submicrocefalia e la sub-macrocefalia, forme intermedie;
Voxicefalia (cranio alto e che termina quasi in punta);la trococefalia (rotondita eccessiva);la plagiocefalia (deformazione obliqua ed ovale, od anche cranio largo con
fronte spianata);la scafocefalia (forma di nave capovolta);la platicefalia (volta cranica piana e depressa);
Vacrocefalia (cranio alto);la stenooefalia (cranio strettissimo).
La capacita cranica varia negli uomini sani da 1200 a 1600 cent. cubi; al
disotto si ha Ia microcefalia con imbecillita, e al disopra la macrocefalia spesso
accompagnata da idrocefalia e pazzia. Nella razza europea la capacita media,secondo alcuni misuratori, e di 1534 c. c; nella razza gialla, di 1420; nella
negra africana di 1364; nella negra oceanica e nella americana indigena' di 1234,
(TOPINARD).
Con la parola prognatismo s'intende l'allungamento, la prominenza o 1'obli-
quita delle mascelle, normale nelle razze negre, accidentale fra gli europei.
(T) LOMBROSO,op. cit., pag. 65 e 66.
(2) LACASSAGNE,Rapporto fra la statura e la grande apertura delle braccia
su 800 delinquenti (tradotto nell'Arehivio di psiehiaWia e scienze penali,vol. iv, fasc. 2°).
Questa particolarita era stata gia additata dal Perri.
Lombroso ha trovato, inoltre, il mancmismo nella proporzione del 13,9 per100 nei delinquenti, mentre negli onesti essa sarebbe del 4, 3 p. 0x0- — V.
Archivio di psichiatria, ecc, vol. iv, fasc. 4°.
— 103 —
rpiu che nei maggiori (1) ». E non meno costante e la minore ca-
pacita cranica, la quale si osserva ancora nella razza gialla, negra
e malese, ed, in proporzioni ancora maggiori, negli australiani,
polinesiaci, ottentotti, e nei cranii preistorici (2).Esaminiamo ora i caratteri speciali dei delinquenti privi delFi-
stinto pietoso, e di quelli privi dell'istinto di probitd. Nell'una e
nell'altra schiera vi hanno infinite gradazioni, spessooscillanti e
poco precise, ma i tipi si accentuano ai limiti estremi: da una
parte gli omicidi, dalFaltra i ladri formano due gruppi antropo-
logicamente distinti cosi bene da confermare sempre piu la ipo-tesi della correlazione fra una speciale disposizione psichica ed una
speciale struttura somatica. Non ci soffermeremo ai gradi inter-
medi, stupratori, falsari e truffatori, perche le osservazioni fatte
finora non sono riuscite a delinearne con precisione il tipo rispet-tivo. E naturale che i caratteri siano piii accentuati negli autori
di quei delitti che sono la manifestazione delFestrema crudelta
(l'omicidio) e della piu rozza improbita (il furto), in cui, dunque,e piii completa la reversione della specie al tipo primitivo, rap-
presentato ora dalle razze inferiori.
Omicidi. — In generale, nei malfattori 1'indice cefalico non si
scosta da quello etnico medio, cosicche prevalgono fra essi i bra-
chicefali nelTItalia settentrionale, ed i dolicocefali nella meridio-
nale., in corrispondenza del tipo cranico della popolazione. Ma, os-
servati a parte gli omicidi, essi hanno dato una prevalenza note-
vole di brachicefali, in confronto dei ladri e dei falsari (3).Inoltre la loro brachicefalia e spesso esagerata, fatto curioso,
(1) PEBRI, Studi di antropometria su crimmali pazzi e sani. — Arch. cit.,TOI. iv, fasc. 1°.
(2) LOMBROSO,op. cit., pag. 23.
(3) LOMBROSO,ISuomo delinquente, pag. 13, 41, 2a edizione.
Questo carattere sembra fosse notato anticamente nei violenti: Quibus frons
rotwnda, iracundi, dice G-. B. DBLLA PORTA, De humana physiognomia, Nea-
poli, 1602.
— 104 —
che, come dice Lombroso, era stato intraveduto dai frenologi, i?
quali avevano conchiuso che nel lobo temporale si celasse 1'organo.della crudelta (1).
Fia, le anomalie craniche si ritrovano in essi piu frequenti la
sporgenza delle arcate sopraorbitali, quella delFoccipite, la plagio-
cefalia, la scafocefalia, la sporgenza zigomatica (2).La larghezza bizigomatica, normalmente maggiore in tutta la
classe criminale, spicca principalmente negli omicidi (3), e cosi
pure la minore altessa frontale e la inferioritd del diametro mi-
nimo frontale (4). Ma i caratteri piii evidenti e costanti sono 1&
grandezza eccessiva delle mandibole e la lunghessa sproporsionatadella faccia in confronto del cranio (5). Questi caratteri, che rav-
yicinano le razze inferiori dell'umanita agli antropomorfi, sono stati
osservati anche nei crani preistorici; lo sviluppo mandibolare e
spiegabile biologicamente negli uomini primitivi e nei selvaggircosi come negli animali, con 1'esercizio nascente dalla masticazione
di cibi duri, di carni crude. A seconda della evoluzione animale-
:(1) LOMBROSO,op. cit., pag. 14.
Le osservazioni del Ferri non hanno dato un eguale risultato; forse 1'ecce-.
denza degli omicidi meridionali fra quelli da lui esaminati, con maggiore do-
licocefalia etnica, ha compensato 1'eccedenza della brachicefalia nell'intera classe.
(2) Pra 7 omicidi recidivi, per brutale malvagita, da me osservati in com-
pagnia del dottor Virgilio, trovammo in 3 la plagiocefalia, in 3 la scafocefalia,.
in 3 il prognatismo, limitato in uno alla sola masceUa superiore, e negli altri-
completo; in 4 la fronte sfuggente, in 2 la microcefalia e dolico-prosopia, in 3
1'nltra-brachicefalia e la trococefalia, in 1 1'emiatrofia facciale e craniale a si-
nistra.
(3) E questo un carattere spiccato della razza malese. — TOPIHARD,L'an-
thropologie, pag. 492. Paris, 1879.
(4) PERRI, UOmicidio (in corso di stampa), pag. 240, 241.
(5) Benche con minore frequenza, s'incontra anche il tipo opposto: la spro-
porzionata brevita, della faccia (brachiprosopia). Ho avuto occasione di os-
servare quesfanomalia in parecchi assassini (per brutale malvagita), congiuntaalla brevita del diametro frontale minimo in confronto del diametro bizi-
gomatico.
— 105 —
ed umana, la mascella si va rimpiccolendo, ed essa e oggi nella-
razza europea minore che in tutte le altre. E dunque naturale che-
la sua grossezza, nei casi di reversione, si manifesti come uno der
caratteri piu notevoli, specie in quei delinquenti che riproduconola ferpcia primitiva. La maggiore lunghezza della faccia in con-
fronto del cranio spiegasi assai bene con la legge biologica di
compensazione di sviluppo (1). Dai mammiferi inferiori agli an-
tropomorfi, da questi ai negri, agli australiani, ai mongoli, agli
europei e un continuo crescere del cranio con una proporzionalediminuzione della faccia. Anche qui dunque, nulla di strano che
il carattere della inferiorita ricomparisca nei fenomeni di rever-
sione.
Ecco in pochi tratti la fisonomia delUomicida: « sguardo vi-
treo, freddo, immobile, qualche volta sanguigno e iniettato, naso
spessoaquilino, adunco, o meglio grifagno, sempre voluminoso^robuste le mandibole; lunghe le orecchie; larghi gli zigomi; crespi,abbondanti i capelli ed oscuri; assai di frequente scarsa la barba,
denti canini molto sviluppati; labbra sottili; frequenti il nistagmoe le contrazioni unilaterali del volto, con cui scopronsi i denti ca-
nini quasi a sogghigno o minaccia » (2).
Questo tipo e cosi costante e spiccato da far si che gli omi-
cidi differiscano assai piu dagli uomini normali del loro paese di
quanto questi differiscono dalla popolazione di un paese etnogra-ficamente diver&o. Cosi, per esempio, nella capacita cranica, nel
diametro frontale, nell'indice frontale, nel diametro mandibolare,
nello sviluppo della faccia vi e piu differenza fra gli assassini omi-
cidi del Napoletano o della Calabria o della Sicilia ed i soldati
della stessa provincia, che non fra' soldati di queste provincie me-
ridionali e quelli della Lombardia e del Veneto (3).La fisonomia dell'omicida-nato si rivela cosi facilmente a chi
(1) FERRI, L'omiciditi?-p&g. .223, 224 e seg.
(2) LOMBROSO,op. cit., pag. 49.
(3) PERRI, op. cit., pag. 246.
. . _ 106 -
laa, potuto osservare un gran numero d'individui, che il Eerri narra
^averla rawisata in.un solo dei settecento soldati da lui esaminati,
e 1'aver uditp costui, poco dopo, confessare di aver subito 5 anni
*di reclusione appunto per omicidio (1). ,
Ladri. — Che molte persone manchino di ogni probita, questae una verita delle piu ovvie, ma la proclivita al furto esiste ra-
famente in coloro che nella loro infanzia ebbero una buona edu-
cazione. Pure furono osservati parecchi casi di tal genere, spessoin buone famiglie, ove tradizioni, esempi, educazione ed insegna-mento cooperavano alla morale; fra molti figli onestissimi ve n'ha
talvolta uno, onta dell'intera famiglia, che fin dai suoi primi anni
mostra la tendenza piu spiccata alFinganno ed al furto. Simili casi
non hanno nulla di comune con quella forma di debolezza mentale
detta cleptomania, perche questa e distinta dalla nota comune ad
ogni maniera di alienazione. L'atto stesso del rubare procura un
vivo piacere, senza che si pensi d celarlo, e senza che col furto
si tenda ad alcuno scopo di lucro od altro vantaggio. Viceversa, il
fanciullo privo dell'istinto di probita ruba per procurarsi qualche
oggetto ch'egli particolarmente gradisce, e spessoadopera 1'ingannoe la menzogna per fare che altri sia sospettato. Quando una si-
mile tendenza non pu6 attribuirsi ai cattivi esempi, ne alUeredita,essa e necessariamente im caso di reversione atavistica, non es-
sendo possibile altrimenti spiegare un istinto degenerato in op-
posizione alUeredita e alle tradizioni di una famiglia.Molto piu frequente e il caso.che simili istinti siano al tempo
medesimo ereditati e resi piu vivi da quella continuazione di eredita
che sono le tradizioni e gli esempi famigliari durante 1'infanzia.
II ladro, il falsario, il truffatore hanno spesso i caratteri an-
tropologici comuni del delinquente nato. Ma, come nella categoria
precedente gli omicidi presentano un tipo spiccato e costante, cosi
in questa i ladri sono distinti e riconoscibili facilmente.
Mentre negli omicidi vi ha prevalenza di brachicefalia, nei ladri
(1) PERRI, pag. 283.
— 107 —
predomina la dolicocefalia, e mentre ne' primi le anomalie cra-
niche piu frequenti sono la sporgenza delle arcate sopraorbitali,la plagiocefalia e la scafocefalia, negli ultimi si notano piu spessola submicrocefalia, la fronte sfuggente, 1'oxicefalia e la trococe-
falia. La capacita cranica sembra minore ne' ladri che negli as-
sassini (1).Nel diametro mandibolare, nella larghezza bizigomatica e nella
lunghezza della faccia questi ultimi superano i borsaiuoli (2).Ma piu spiccata e la differenza nel tipo della fisonomia. Ab-
biamo veduto quello piu comune degli assassini; eccoora, descritto
sempre da Lombroso, quello dei ladri: « Notevole mobilita della
faccia o delle mani, occhio piccolo, errabondo, mobilissimo, ob-
.liquo spesso; folto e ravvicinato il sopracciglio, il naso torto o
camuso, scarsa la barba, fronte quasi sempre piccola e sfuggente...il padiglione dell'orecchio che slnserisce quasi ad ansa nel capo»(3).
Tatuaggio. — Pra' costumi dei delinquenti che ricordano quelli
»dei selvaggi, confermando cosi 1'ipotesi che il delitto sia un feno-
meno di reversione, e notevole il taiuaggio che in Italia e sparsonelle classi infime « contadini, marinai, operai, pastori, soldati »,ina con -tale prevalenza fra' delinquenti da costituire un altro loro
speciale carattere (4).Nella popolazione onesta 1'usanza, dovuta certamente alFatavismo,
{1) LOMBROSO,Uomo delinquente. 3* edizione, pag. 151.
(2) PERRI, L'omicidio (in corso di stampa).
(3) LOMBROSO,Uomo delinquente. 2* edizione, pag. 47 e 48.
A coloro che negano 1'esistenza del tipo delinquente a causa delle molteplici
varieta ch'esso presenta, si puo rispondere che la medesima cosa potrebbe dirsi
anche di qualsiasi tipo etnico.
« B difflcile — dice Lombroso — che su 100 italiani ne trovi 5 col noto
tipo. Negli altri trovi delle frazioni oscillanti del tipo; frasioni che spiccano
perb subito se le confronti con gli estranei: — eppure a nessuno viene in
mente di negare il tipo italiano ». — Pro mea schola. — Arch. cit., vol. v,
fasc. 1°.
(4) LOMBROSO,op. cit., pag. 67.
• '. — 108 —
tende a decrescere, perche, come ha notato Lombroso, nel 1873, fra
i militari e maririari il numero dei tatuati era dieci volte piu scarso
che nel 1863. Invece, nella classe criminale essa serba sempre lasua proporzione eccessiva, dal 6 al 15 OjO.
Ferri non ha trovato alcun tatuato fra 711 soldati da lni esa-
minati, saho due gid condannati, 1'uno per furto, Valtro per fe-
rimento; mentre fra i reclusi nel penitenziario di Pesaro, egli con-
tava ditatuati il 5, 7 0\0, e in quello di Castelfranco il 14 OTO(1).La poca sensibilitd dei delinauenti al dohre fisico si pu6 ar-
guire, come not6 Lombroso, dalla facilita con cui essi si sotto-
pongono alla dolorosa operazione del tatnaggio. Ma oltre a ci6 si
citano moltissimi casi d'indifferenza per atroci tormenti, ed anche
casi frequenti di completa analgesia (2). Non sono infrequenti lemalattie procurate ed anche le mutilazioni per sottrarsi al lavoro.
Le osservazioni sfigmografiche hanno confermato nel modo piu evi-
dente la supposizione di una minore sensibilita dolorifica nei de-
linquenti abituali (3). ,
Infermitd. — Le malattie delFordine degenerativo, in cui si
spengono le famiglie, sono quelle a cui da un largo contingentela classe criminale. II dottor Virgilio, fra 200 condannati infermi
da lui osservati, ne trovava 195 affetti da necrosi o carie strane,scrofolosi delle forme piu singolari, morbi polmonali cronici ed
altre di quelle forme che sono « il retaggio patologico delle classi
degenerate » (4).La tisi, la scrofola, le nevrosi ed altre malattie croniche do-
(1) PERBI, L'omicidio, vol. i, pag. 305.
(2) Archivio di psichiatria, seienze penali, ecc, vol. iv, fasc. 2°. — PA-
TERI e LOMBROSO,Sull'analgesia e anastesia dei eriminali e pazei morali*
(3) Arch. cit., vol. n, fasc. 2° e 4°. — COTHJNETe LOMBROSO,Sfigmografiadi delinquenti e alienati.
B anche a notarsi una proporzione di daltonici alqua*nto maggiore nella po-
polazione criminale. — Arch. cit.. vol. rv, fasc. 1°, pag. 88 e seg. — II dal-
tonismo nei delinquenti, del dottor Gr. B. BONO.
(4) VIRGILIO, Sulla nat. morb. del delitto, pag, 27. Eoma, 1874.
— 109 —
minano nelle carceri, anche le piu nuove e le piii igieniche; la
mortalita fra i prigionieri si calcola in proporzione tre o quattro.
volte maggiore che nella popolazione libera (1); ed assai piii breve
e la vita media del condannato (2).La frequenza con cui incontrasi Valcoolismo nei genitori del
delinquente, e stata paragonata, ben a ragione, alla trasforma-
zione di una nevrosi in vera follia ne'discendenti (3). Ed in largamisura furono anche notate nei genitori la follia, Yepilessia, ed
altre nevrosi.
Garatteri psicohgici — La incapacita di rimorso e di rimpianto
per la vittima e naturale effetto della mancanza di senso morale.
E noto a chiunque abbia frequentato Corti di Assise, il cinismo
con cui gli assassini e i grassatori omicidi confessano il loro mi-
sfatto, descrivendolo in tutt' i suoi piu orribili particolari. E nota
anche la loro indifferenza pel disonore di cui essi coprono le loro
famiglie, pel dolore che essi danno ai loro parenti; la loro imper-tubabilita vien meno solo innanzi al patibolo. Altri caratteri psico-
logici piii comuni dei delinquenti nati sono la esagerazione e la
instabilita degli affetti, e, fra le passioni, il predominio delle piu
egoistiche, 1'orgoglio e la vanita che giunge in essi al punto da far
loro menar vanto dei proprii misfatti, fornendo cosi alla giustizia il
miglior modo di scoprirli. La violenza delle passioni, specie della
vendetta, li rende feroci come i popoli primitivi e le tribu selvaggeodierne. II vino ed il giuoco sono i piaceri piu vivi dei delinquenti;1'amore fra essi non e quasi altro mai che libidine. « Ma questi pia-«eri del giuoco, della gola, della venere, e perfino quello della ven-
detta, non sono che intermedii di uno massimo, che piu di tutti
predomina, quello deLVorgia. Questi esseri, cosi avversi alla so-
•cieta, hanno uno strano bisogno di una vita sociale tutta loro
(1) PERRI, L'omicidio, pag. 299.
(2) BELTRANI-SOALIA, La riforma penitenziaria m JtoWa, pag. 241. Eoma,xmno 1879.
(3) VIRGILIO, op. cit., pag. 32.
— 110 —
propria, una vita di gioia, chiassosa, rissosa e sensuale, in mezzo
ai loro complici, e forse anche ai loro delatoii, la vera vita del-
l'orgia » (1).La passione del giuoco e quella degli alcoolici, la vigliaccheria
mista al coraggio, « o meglio, alla insensibilita che ne fa le
mostre e le veci », la libidine mista all'amore del sangue, sono
tutti caratteri comuni dei delinquenti e dei selvaggi.Gonchiusioni.— Se ora si domandasse: Data in un individuo
la riunione di molte simili anomalie psichiche, patologiche ed an-
tropologiche, se ne potrebbe conchiudere senz'altro che quelTindi-viduo sia un delinquente ? — la risposta dovrebbe essere recisamente
negativa. Nulla si pu6 conchiudere fino a tanto che, fra tutti queicaratteri concomitanti, manchi il principale, che e appunto il delitto.
« Quando si dice — nota il Ferri — che nei delinquenti si
trovano le tali e tali anomalie, non si vuol dire che questi siano
sintomi assolutamente ed esclusivamente criminali. Sono anomalie
che possono avere pero un contraccolpo nella vita dell'individuo,non solo col delitto, ma con la pazzia, Col suicidio, con la prosti-
stuzione, od anche solo con una stranezza ed immoralita di carat-
tere che non giunga a que' gradi estremi. Bisogna infatti ricor-
dare che un uomo pu6 essere onesto di fronte al codice penale,cioe non aver mai rubato, ucciso, stuprato, ecc, e tuttavia non
essere normale. Specie negl' individui delle classi alte, gFistinticriminali possono essere sbffocati dalFambiente (ricchezza, potere,influenza maggiore deH'opinione pubblica, ecc); e perci6 vi e uiia
fisonomia inversa a quella del delinquente d'occasione, cioe la figuradi chi, nato delinquente, non lo diviene invirtu delle circostanze
favorevoli in. cui si trova. Quanti che non rubarono perche nuotanti
nelle ricchezze, nati poveri avrebbero ingombrato le carceri! (2).
(1) LOHBROSO,Uomo delinquente, 2* ediz., pag. 123.
(2) « Io finora ne conobbi tre con tutti.i caratteri flsici e psichici del de-
linquente nato, ma che 1'alta posizione sociale difese dal carcere. Essi stessi
confessavano: Se non fossimo ricchi avremmo rubato «.'LOMBROSO,Archiv. di
psich., ecc, vol. 2°, fasc. 3°, pag. 323.
— 111 —
Oppure quegl'istinti criminali si sfogano in forme velate, schi-
vando il codice penale; invece di uccidere colpugnale, si per-suadera la vittima ad imprese pericolose; invece di rubare sulla
pubblica via, si frodera nei giuochi di borsa; invece di stuprarecon violenza, si sedurra; per poi abbandonare la tradita » (1).
Inoltre — osserva lo stesso autore — quando in un uomo
onesto si notano alcuni caratteri del tipo delinquente, 1'espressionedella fisonomia basta sovente a correggere il giudizio, e quandoci6 non accade, bisogna ricordare che le forme esterne anormali
e la normale costituzione nervosa, e quindi psichica, possono tro-
varsi congiunte in un medesimo individuo « per la diversa pre-valenza di ciascuno dei due genitori nella trasmissione dei loro ca-
ratteri ai loro discendenti ».
Insomma, la osservazione di alcuni caratteri anormali nei de-
linquenti « ha un valore tutto relativo, ma non per questo meno>
positivo ne meno concludente, di una maggiore frequensa di queicaratteri nell'uomo delinquente in confronto all'uomo normale » (2).
L'antropologia non pu6 dunque prevedere il delitto; essa deve
aspettare che questo fatto decisivo si manifesti; ma quando ci6-
avviene in chi offra i piu spiccati fra' caratteri del tipo delinquente,
(1) PERRI, L'omicidio, vol. 1", cap. 1".
(2) B impossibile dubitarne quando si apprende che, ad es., nelle prigioni:di Waldheim, fra 1214 detenuti, 579 presentavano deviazioni flsiche dal tipa^
normale, cioe a dire in proporzione del 48 OpO,ed inoltre vi era il 7 0[0 di
anomalie psichiche spiccate e il 5 0[0 di epilettici (KNEOHT, Ueber die Ver-
breitung physicher Degeneration bei Verbrechern und die Beziehungen
zmschen Degenerationszeichen imd Neuropathien, 1883). Ma quale sia poi
ne'delinquenti il rapporto preciso di questa maggiore frequenza in confronto-
con gli onesti e oggi difflcile il determinare, perche simili confronti non fu-
rono ancora fatti su larga scala. Pure, qualche tentativo si e fatto, e Lom-
broso ci dice che fra 815 creduti onesti, soli 14 aveano il tipo criminale, 8-
dei quali sospetti di vita equivoca. Su 400 di quelli la cui biografia era piu
nota, 8 presentavano la fisonomia tipica criminale, ma di costoro uno solo era
di onesta sicura.
— 112
^congiunti eon 1'eredita, essa pu6 con sicurezza, purche vi concorra
la natura del delitto (che con la sua anormalita da il primo criterio
per riconoscere quella del suo autore), e qualungue sia Tetd deWa-
gente, dichiararlo istintivo, e, quindi, inemendabile.
Questa affermazione delFinemendabilita rovescia i piu recenti si-
stemi penali, fondati in gran parte sulla idea che coi castighi si
possano correggere i rei.
La psicologia moderna, come mostrero nel prossimo capitolo,:non pu6 attribuire la formazione iegVistinti se non, principalmenter,alla trasmissione ereditaria, e, secondariamente, alla influenza del-
Vambiente domestico esociale sulla puerisia.E 1'esempio delle recidive e della inefficacia dei diversi sistemi
-carcerarii prova la verita di questo principio, per quanto riguarda i
delinquenti.L'esame dei medesimi, come tipi anche fisicamente anormali,
pone il suggello alla conchiusione, sconfortante ma inevitabile, della
loro incorreggibilita. Le torture del rimorso sono ad essi ignote;essi non hanno capacita di resipiscenza. Non vi e.dunque nulla a
sperare da insegnamenti morali o religiosi. Quanto alla minaccia
dei castighi, la loro efficacia e limitata a coloro che non li hanno
ancora sperimentati, e che temono, piu del male del castigo per se
stesso, il disonore dello scoprimento e della sentenza che li dichiari
colpevoli. Ma e evidente che solo il reo novizio pu6 essere acces-
sibile a tali sentimenti. Perduta una volta la fama, il castigo non
:si considera piu che come uno dei rischi della vita, che bisognasfidare per riuscire nell'intento.
E vano dunque sperare nella efficacia preventiva dei castighi,il sistema dei quali e fondato sulla supposizione di attitudini che
mancano negFindividui a cui dovrebbero applicarsi: previdenza,sensibilita delicata, correggibilita degFistinti e del carattere.
II solo timore di perdere la vita, che e ben altra cosa del ti-
more di qualsiasi castigo, potrebbe rattenere un gran numero di
delinquenti, ed infatti li rattiene, come si e veduto nelle epoche>di epidemie di delitti, di cui il brigantaggio delle provincie na-;
— 113 -
politane e stato uno dei piu recenti esempi. Ma il sentimento
pubblico non permette 1'applicazione della pena capitale che al
numero, fortunatamente esiguo, de' malfattori piu brutali e
feroci; D'altra parte, la pena di morte, piuttosto che un eastigo,e la forma piu completa di quella eliminazione che e il solo
modo con cui la societa pu6 impedire 1'espansione della delin-
quenza.Noi diremo in altro luogo delle applicazioni che si possono fare
della antropologia criminale alla legislazione (Parte 3a, Cap. 4°).
Notjamo soltanto per ora che i caratteri puramente antropologicinon possono fornire se non im criterio sussidiario per riconoscere il
delinquente istintivo. L'importanza dei servigi che questo criterio
pu6 rendere cresee nelle specie di reati obiettivamente poco gravi,ma gravi subiettivamente come i ferimenti lievi ma non provocati, i
tentativi distupro, i furti non commessiper Timpuho del bisbgno, ecc.
In molti delitti di fanciulli o di giovinetti 1'antropologia pu6 far ri-
conoscereil delinquente istintivo, da cui la societa, anziche inflig-
gergli un castigo, deve pensare apreservarsi per sempre. Viceversa,
1'importanza del criterio antropologico scema, e pu6 divenire nulla,nelle forme della massima delinquenza, come ad es., Vomicidio com-
messo su persona contro cui il reo non aveva alcun motivo di bdio,ed in generale tutti quei misfatti che per se soli provano la totale
-deficiensa del senso morale.
III. — DELINQUENTI FOKTUITI.
Nel cominciare a discorrere della classe dei rei detti comune-
mente occasionali o fortuiti, bisogna fermare bene un punto es-
senziale.
Non esistono veri delinquenti i quali non siano organicamentecostituiti in modo anormale. I caratteri antropologici possono man-
care, non gia un'anomalia psichica piu o meno spiccata. « Come
nei folli accideritali che non sono predisposti a pazzia per fisica
GAROPALO. — 8.
— 114 —
organizzazione od eredita, eosi nei condannati di quest' ordine
(quelli divenuti rei per circostanse accidentali, infortunii, mi-
seria, ecc), bisogna ritenere che essi dovettero sortire da natura
un instabile sistema nervoso ed una organissasione mentale abba-
stansa debole da rompere nel delitto o nella follia ad una circo-
stanza piu o meno vigorosa, con la stessa facilita con che rom-
perebbe in convulsioni un individuo isterico e piu o meno eccita-
bile. Quando la nafcura ha bene e tenacemente conformato questo
organismo dello spirito — dice il Tommasi — qualunque evento
ci scuotera, ma ci fara rimanere in piedi. Sia che questa orga-nlzzazione mentale debole, difettiva, provenga poi da mancanza
d'istruzione o di educazione, cioe da organizzazione 'fiacca del senso-
morale, sia da difetto di organizzazione fisica, vale lo stesso;
giacche essendo ogni stato intellettuale il risultato obbligatodella-somma di tutte le idee e volonta antecedenti, ne segue che una
cattiva educazione del senso morale produce quella organizzazione
mentale, la quale, col tempo, ammesso non ci fossero influenze
benefiche, progredisce nella via delFerrore, della corruzione, perla naturale legge dello sviluppo progreSsivo che si verifica nel fi:
sico come nelmorale » (1).TUTTI i delinguenti sono dunque uomini PSICHICAMENTEanor-
mali.,; MOLTIanclie ANTROPOLOGICAMENTE.
L'anomalia psichica innata ha gradi diversi: in alcuni importa'la completa mancanza. degl'istinti morali e quindi la prevalenzairrefrenabile degl'impulsi antisociali; in altri, la debolezza morale
che li rende incapaci di reagire contro le spinte occasionali al de-
litto. Nel primo caso il ieo pu6 dirsi nato od istintivo, e la sua
anomalia, accompagnata per .16 piu da note antropologiche, e di-
pendente da eredita, e permanente, e pronta a manifestarsi sempree dovunque. Nel secondo caso il reo pu6 dirsi fortuito, solo perche'1'anomalia non lo trascinerebbe al delitto senza le influenze del-
(1) ViRfiiLib, Sulla hatura morbosa del delitto, pag. 9.
— 115 —
1'ambiente; pertanto il delitto pu6 manifestarsi soltanto fino a che
durinb le condizioni che 1'hanno fatta sorgere; la rigenerazione e
soltanto possibile dato che mutino queste condisioni.
E come nel primo caso deve riuscire necessariamente vano il
sistema dei castighi corporali, delle pene temporanee, poiche questimezzi non possono al certo far sorgere gFistinti morali assenti;cosi anche nel secondo caso essi riescono non meno vani, perchenon mutano .le condizioni dell'ambiente a cui il reo, dopo 1'espia-
zione, sara restituito, con la medesima deficienza parziale d'istinti
morali che, in quelle condizioni, determinava in lui il delitto e lo
determinera nuovamente. .
Sarebbe dunque falsa la distinzione fra delinquenti nati ed occa-
sionali, se con essa s'interidesse significare che i primi siano anor-
mali e gli altri no.
Cosi gli uni che gli altri sono anormali, benche non in egualemisura. Se cosi non fosse, non si saprebbe spiegare come quellecircostanze, le quali li spingono al delitto, non producano un si-
mile effetto sulla grande maggioranza degli uomini. Se, in circo-
stanse identiche, per ogni delinquente vi hanno cento o mille uo-
mini che non delinquono, bisogna convenire che il fattore primodel delitto e sempre individuale, e che senza di esso le spinte ocea-
sionali rimangono inefficaci.
Nondimeno 1'anomalia dei delinquenti detti occasionali non sa-
rebbe sufficiente di per se sola a generare il delitto, ma e ne-
cessario che questo nasca da una particolare situazione, cioe da
un insieme di circostanze combinate intorno al soggetto. Cosi questiha 1'aspetto di delinquente fortuito; e pu6 dirsi tale nel senso
che, senza 1'incontro, per lui fortuito, di un simile insieme di
circostanze, la sua debolezza morale non 1'avrebbe tratto al delitto.
In breye, la distinzione e questa: II delinquente istintivo pu6manifestarsi ad ogni istante, in qualsiasi contingensa, per qml-siasi motivo; — il delinquente fortuito non si manifesta se non
m un dato ambiente o in date circostanse. Del resto, cosi Vuno
che Taltro pu6 essere abituale, ma mentre ilprimo e incorreg-
— 116 —
gibile, il secoridojowo cessare dal delinquere tosto chevengdno rneno
le spinte delVambiente.
La categoria dei rei dbituali non rappresenta dufiqiie uria sotto-
specie distinta od una varieta psicolbgica di delinquenti. Ed essa
nbn ha neppure un valore pratico per far determinare il mezzo
repressivo, in quanto questo mezzo deve essere essenzialmente di-
verso, a seconda delle cause generatrici delVabito al delitto.
Le due vere categorie antropologiche e psicologiche sono quelladei delinqueriti istintivi e quella dei delinquenti fortuiti (V. Ap-
pendice, C). La parola « istintivo», sostituita alla parola «nato»,
lascia impregiudicata la quistione, non ancora risoluta, deLVin-
fiuenza delFambiente sugFistinti nella puerizia, periodo di forma-
zione del carattere.
Ma e utile ripetere che, sebbene la parola « istintivo » sia
messa in opposizibne alla parola « fortuito », essa rion significa
gia che 1'anomalia del carattere sia propria di una categoria di de-
linquenti, bensi che in questi 1'istinto Criiriinoso e radicato al seghoda non richiedere, per la produzibne del delitto, una particolaresituazione esterna. L'anomalia psichica esiste anchenella cdtegoria
deifortuiti, benche in un grado minore: riia il delitto si producesoltanto iri quella data situazione riella quale il reo si e accideri-
talmente trovato.
Questa ultima categoria, div"ersa dunque dalla prinia soltakto
pel grado delVandmalid psiehica, safa ora studiata rielle diie sotto-
specie o varieta distinte dalla insufficienza di uno dei due istiriti
riiorali fondaraeritali, la pieta o la pfobita.Nella sottb-specie che ha il cafattoe della crudeltd o deficienza
di pieta, i delinquenti-riati bd istintivi rappreseritano uiia parie
maggiore, perche, corde ho gia fatto riotarb (V. Parte la), la pi^ta e
un sentiinerito piil profondb, piu iritimamehte congiimto all'orga-
nismo, piu fisiologico della pfobita.
Vicevefsa, i deiinquenti foftuiti forriianP la maggiofaiiza del-
1'altra sotto-specie che ha il cafattefe della improbitd — cioe a
dire, assenza d'un istinto meno organico e consolidato del prifiio,
— 117 —
TJDistinto nella cui formazione Teredita ha una parte minore del-
l'ambiente e della educazione.
, Belinquenti inypulsivi. — Icaratteri antropologici sogliono man-
caife negli omicidi impulsivi o di impeto; ma pure si riscontra,
spesso in loro un elemento patologico: ora 1'eredita da alcoolisti,
ora la parentela con pazzi o convulsionari, ora la collera. Ancfye
la collera e un disturbo elementare della mente, cioe un modo
di reagire patologico del cervello agli stimoli esterni, che « so-
pravviene alle gravi encefalopatie nel corso di tutte le nevrosi,
accompagna gli stati degenerativi caratterizzati da difetti di syi-
luppo del cervello o da una eccessiva gracilita del sistema ner-
voso dipendente da labe ereditaria » (1).
Questa classe forma 1'anello di congiunzione fra gli omicidi
istintivi ed i fortuiti. Anche qui si ha un fattore individuale ed
organico, ma esso non suole produrre il delitto se non in date cir-
costanse. II delitto e qui una reazione esagerata, eccessiva, mapur
sempreuna reasione. Bisogna dunque supporre che un fatto esterno
la provochi, e questo fatto e, per lo piu, uno scambio di oltraggi,una baruffa, una rissa; il proposito omicida nasce alTistante per
1'esagerazione con cui 1'organismo reagisce allo stimolo.
Qnando la sproporzione e eccessiva, in rapporto al modo di
sentire universale, cosicche nella produzione del delitto il fattore
interno abbia una parte prevalente, 1'omicida e a classificarsi fra
gl'istintivi, se non e affetto da mania transitoria o da alcoo-
lismo.
Viceversa, il reo puo dirsi fortuito quando il fattore esterno
prevale, cioe a dire quando esso si considera come atto a destare
l'ira, se pure ad un grado alquanto minore, nella maggioranza
degli uomini. Tal e il caso dei reati di sangue provocati da gravi
ingiurie.
(1) VIRGILIO, Perizia psichiatrica sul dott. C... — Vedi anche BONVEOOHIATO,II senso morale, pag. 158 e seguenti.
— 118 —
L'omicidio improvviso puo dunque esserecommesso cosi da un reo
d'istinto, come da un reo fortuito; il criterio della provocazionee quello che distingue il secondo dal primo. Quanto piu graveed immeritata fu l'ingiuria, tanto piu 1'omicida si accosta all'uomo
normale, da cui egli s'allontana a seconda che scema 1'importanzadell'offesa ricevuta (V. per le applicazioni, Parte 3a, Cap. 4°).
Delitto endemico. — Alcuni omicidi possono d'altra parte aversi
in conto di fortuiti, benche spesso premeditino il delitto. Essi non
hanno uno spiccato istinto criminoso, ma la genesi del proposito omi-
cida e ad attribuirsi a motivi che, neWambiente in cui essi vivono,
non sembrano anti-sociali e sono abbastanza validi da scemare forza
al sentimento di pieta: sono pregiudizi locali, di casta, di classe o
di famiglia, modo d'intendere 1'onore, di riparare un torto, di lavare
una macchia. La nostra Italia pu6 ben dirsi affetta da delitti di
sangue endemici in parecchie regioni, principalmente nella Eomagna,nel mezzodi della penisola, in Sicilia ed in Sardegna.
Come accade delle malattie, cosi anche il delitto endemico non
si manifesta se non negFindividui che organicamente vi sono pre-
disposti.I rei fortuiti, come si e gia detto, non sono soltanto determi-
nati dall'ambiente, ma anche dalla loro costituzione psichica. Nel
caso di omicidio, essi sono sempre in difetto, relativamente alla
maggioransa della popolasione, d'una quota proporzionata d'istinto
pietoso. Se non che, non ostante tale inferiorita, essi non giun-
gerebbero aH'omicidio, senza la passione generata in loro dall'at-
mosfera morale.
Sarebbe troppo lungo indagare gli elementi costitutivi d' una
simile atmosfera; essi variano da luogo a luogo, ma i principali. sono senza dubbio la mancansa d'una giustisia pronta, attiva,
rvparatrice, Timitasione, le tradisioni e la minore sensibilitd di
rassa.
Eccone qualche esempio: Napoli ed i suoi dintorni hanno
una specialita: lo sfregio del viso fatto con rasoio daiTamante
alla sua bella infida o sprezzante. Questo reato sarebbe un cri-
— 119
mine (1), ma la Sezione di Accusa lo fa per solito giudicare dai
Tribunali Correzionali. Tale usanza ha prodotto un generale rila-
sciamento. Non si ordina 1'arresto del feritore; egli rimane libero
durante il giudizio in prima istanza, in appello, in cassazione. La
pena, dopo parecchi anni, se pur lo raggiunge, trova 1'ambiente giaraffreddato e scettico. E seguita da cio la fiducia nella tolleranza
d'un simile delitto, e quindi la sua moltiplicazione in proporzioniinverosimili. Non vi e quasi giorno in cui le quattro sezioni cor-
rezionali delTribunale di Napoli non abbiano ciascuna a giudi-care di uno o piu sfregi per motivi erotici. In un piccolo villaggioaccaddero in un solo anno dieci o dodici simili casi; 1'impunitadei primi die agli altri una spinta evidente. I testimoni uditi in
uno degli ultimi processi dicevano essere oramai divenuta una.co-
stumanza nel loro paese che i piu prepotenti fra i giovani spo-sino le piii avvenenti fanciulle, perche queste sanno che se li re-
spingono non potranno sfuggire allo sfregio.In Eoma 1'omicidioe effetto — dice il Gabelli — di « quel-
1'impeto inconsiderato con cui irrompono anime, per cosi dire,brutalmente verginee, a cui una repressione anche moderata, ma
certa, non ha insegnato a considerare le conseguenze. II piu pic-colo motivo, una parola storta sfuggita al giuoco, una ciarla ma-
ligna riferita da un imprudente, la gelosia di mestiere, un so-
spetto lontano sulla fedelta della fidanzata o della moglie basta-
vano, e pur troppo, se si parla della campagna, bastano ancora
per produrre un eccidio da far rabbrividire A questo fenomeno
contribuisce naturalmente tutto intero lo stato della civilta, ma
in modo piu diretto vi conferiscono alcune idee e alcune usanse,alle quali non manca un certo che di generoso e di poetico, che,se vanno morendo nelle citta, in campagna resistono ancora. Chi
(1) H progetto Zanardelli-Savelli ne riduce la pena alla prigionia da 13 mesi
a5 anni(art. 332). II Codice penale germanico punisce assai piu severamente
queste reato, con la casa di forza da 2 a 10 anni (art. 225).
- 120 —
s^intasca un insulto in luogo di vendicarsi, non e un uomo......
Ancora 15 o 20 anni fa, una fanciulla del popolo sposava a ma-
lincuore un giovane che non avesse avuto a fare coi gendarmi o
a cui non fosse mai uscito di tasca il coltello (1).... Sui lunghicoltelli afiilati e lucenti si arrestano per le sagre come abbagliati
gli occhi bramosi dei giovani contadini che li brandiscono, li mi-
surano, li fanno scintillare al sole, e finalmente se li cacciano
in tasca, donde poi un brutto giorno escono per entrare nel veritre
di un compagno o d'un amico. La causa giusta od ingiustapercui Tarme micidiale faccia questo passaggio, non monta; basta
non cedere, non lasciarsi sopraffare, non partire con le pive nel
sacco; sopratutto non darla vinta alle guardie, ai birri, a gente
pagata per far la spia e schiacciare chi ha cuore... Quella disgra-ziata abitudine di portare il coltello, che e il fomite principaleal mal fare, o non 6 scemata, o di poco, e non cessera se non
con cure e diligenze assai piu efficaci di quelle adoperate finora.
Una legge severa e non tormentata dalle fisime d'un liberalismo
ridicolo, quando s'immischia in certe faccende, sui coltelli ed in
generale sulle-armi, sarebbe, oltrecche per la provincia di Eoma,
per tutta Italia un atto d'umanita, perche farebbe diminuire su-
bitamente, forse d'un terzo, il numero dei reati di sangue » (2).La Eomagna, le provincie napoletane, la Sicilia e la Sardegna
presentano un'altra specialita: 1'omicidio per vendetta, premedi-
tato, con aguato, con arma da fuoco, spesso per motivi egual-mente futili; in Eomagna, anche per odio politico, di setta, di
associazione; nel Napoletano, anche per un danno negFinteressi,una maggiore offerta fatta per la locazione di un podere, la reci-
(1) Oggi ancora, in qualche paese del Lazio, il primo dono che fa una fanciulla
al suo fidanzato b un coltello, che questi si affretta a ricambiare (Vedi Discorso
inaugurale alla Gorte di Boma del conte SERRA,Procuratore generale, 1884).
TJn costume simile ha la Campania.
(2) ARISHDE GABBLLI, Boma ed i Eomani, pag. 32, 33, 34, 42. — Roma,-
1884.
— 121 —
sione di un albero ! Napoli, in particolare, ha, oltre la rissa della
bettola con coltello, quella della via con revoher, di cui per lo»
piu e vittima un innocente che la sua cattiva stella traeva a pas-sare pel luogo dello scontro. Ed anche di Napoli si pu6 ripeterecio che il G-ABELLIdice di Eoma, che «l'ira s'accende e scoppiaterribile per una causa cosi fuori di proporzione con 1'effetto, che
per gli stessi giudici resta quasi un enigma e pare un atto piiidi pazzia che di malvagita ».
Un egregio magistrato cosi descrive la criminalita di Terra di
Lavoro:
« Un uomo da un lieve scappellotto ad un fanciullo, a titolo
di correzione. II padre del faneiullo se ne adira e vendica la lieve
offesa con un colpo mortale.
« Altra volta ad uno che passa per via si rivolge una parola di
scherno, e poiche mancano rancori precedenti, la cosa non sarebbe
da pigliare sul serio; ma quegli cui il motto e diretto, reputa cosi
grave 1'ingiuria da doverla vendicare col sangue, ed uccide con
un colpo Tincauto motteggiatore.« Alcuni giovani, dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino,
escono cantando dall' osteria; altri che sono sulla via e che non
li conoscononeppure di vista, fanno qualche segno di dileggio agli
sguaiati cantori. Ci6 bast6 perehe due di questi ponessero mano
ai coltelli e ne seguisse immediatamente un omicidio.
« V'e chi pretende il pagamento d'una mezza lira da un debi-
tore che non si mostra disposto ad eseguirlo; ebbene, il creditore-
si fa subito giustizia coll'immergergli Un coltello nel petto.« S'incontrano sulla stessa via due veicoli; i conduttori son 1'unO'
all'altro ignoti. Ognuno pretende che 1'altro si fermi per avere
piii libero il passo. Segue un breve diverbio, vengono alle mani,e l'uno uccide 1'altro, senza sapere neanche chi esso sia.
« Altra volta sono due veicoli che si urtano incontrandosi. L'urto
fortunatamente non produce alcun danno. Ma un viaggiatore di
uno dei veicoli si crede nel diritto di punir il grave fallo, e
lo punisce uccidendo un povero uomo che stava pacificamente
— 122 —
rseduto sull'altro veicolo e che non aveva neanche la colpa di
rguidarlo.« Sono stati 119 i piu gravi reati di sangue commessi nelTanno:
ebbene, se io vi narrassi le particolari circostanze di ognuno di
-essi, vedreste che le cause furono abbastanza lievi: i fatti somi-
gliano su per giu a quelli che ho accennati. Si verifico sempreche da poca favilla nascesse un incendio. E, come ho detto, lo stesso
cblpevole pare che abbia ferito od ucciso, sapendo si di far male,ma in fondo in fondo non pensando che quel male fosse davvero
:grave ed imperdonabile.« Se volessi aggiungere altre prove a conferma delle mie as-
serzioni, potrei ricordare qualche esempio di omicidio involontario.« Un uomo rimase morto sulla pubblica via per un colpo di
fucile a piccoli proiettili, che un ignoto cacciatore aveva direttocontro un volatile.
« Per simile ragione mori un pover uomo che tranquillamente
-j-zappavaun suo campicello.« Un altro s'ebbe per ischerzo da un giovinastro una pugna-
lata, per la quale dopo poche ore cess6di vivere. E dico per ischerzo,
perocche il fatto segui proprio senza dolo. Vi fu la massima colpa,ma non la volonta di uccidere o di ferire.
« Ora e facile comprendere che ne il cacciatore avrebbe ucciso
per inavvertenza, ne il giovinastro per ischerzo, se l'uno e 1'altro.avessero imparato ad aver maggior rispetto per la vita altrui. II
cacciatore tratta il fucile colla disinvoltura con cui si potrebbefar uso di un innocuo gingillo; il giovinastro scherza col pugnalecome se questo fosse un oggetto da trastullo: e ad occasione diuna rissa od anche d'un semplice diverbio, si mette mano al col-
tello o ad un'arma da fuoco, e si pone termine alla contesa quasi; sempre con un grave reato di sangue » (1).
. Come il delitto stesso, cosi pure la debole repressione in Italia
(1) COSENZA,Discorso inaugurale al Tribimale di Santa Maria Gapua
sVetere, 1884.
— 123 —
e ad attribuirsi in gran parte ad una minore sensibilitd, certo
atavica, della popolazione. Eiferisco a questo proposito la paroladi un profondo osservatore: « Sembra una contraddizione, ma non lo
e, tra la insensibilita dei nostri antichi a contemplare il morir
con arte dei gladiatori nel circo, e quella dei posteri italiani a
por mano ai rimedi, che tutti sanno bene quali sono, contro la
strage immensa e di rado espiata davvero, che si fa del coltello
e della rivoltella ogni anno di tanti italiani. L'uno non e un fe-
nomenb meno nazionale dell'altro, e come i greci non erano ro-
mani pel gusto del circo, cosi nessun'altra nazione civile mo-
derna ha oggi insensibilita pari alla nostra verso le vittime in-
eolpevoli. Se ci e differenza fra il caso nostro e quello degli an-
tichi italiani, e a nostra vergogna. Perche i romani, per solito,
non assistevano cosi, a spettacolo, ad una strage di persone inno-
centi. L'insensibilita e la stessa per la medesimezza della indole
romana e nostra: muta lo scopo. Quelli, sereni nel circo alla morte
dei rei; noi, a sapere, e talora a vedere, freddissimi, quella degliinnocenti. Questa differenza nasce da un fatto nuovo, che e poi
quella che esclude la contraddizione e conferma che la natura
nostra non si e corretta delJa sua insensibilitd pel sangue.In Eoma, lo Stato e la sua legge erano evidenti, erano anzi
prepotenti: nel nuovissimo regno d'Italia al contrario e scarsa,
pallida l'immaginazione dell'uno e delTaltra. Percib erano quelliinsensibili ai supplizii dei colpevoli, come ora noi siamo alla strage,in certo modo normale, di migliaia di innocenti, di mano dei
malfattori. Finclie viva era la maesta della legge, 1'animo si esal-
tava alla vista del supplizio; quando quella manc6, 1'immagina-
zione, quasi disavvezza da ogni concetto. obbiettivo di giustizia,si piace di fantasticare nel reo, vendicatore. E come la stirpe, nel-
1'istinto suo, non ripugna punto dal sangue per se stesso, e quelloda cui per dissuetudine di piu secoli oggi ripugna e uno Stato
possente e punitore impersonale, finche questo, rinfrancato, non
donii di nuovo nell'intimo loro i nostri istinti ribelli, si ripugnerasolo dal sangue che fosse sparso per decreto evidente dello Stato
— 124 —
dopo giudizio e condanna legali. E si ammirera nelTaltre vittime,.
negli altri uccisori, il dramma, 1'arte, fantasticati o veduti, come
gia nel circo romano (1)».
Questa minore sensibilita spiega come siano rari in Italia que-
gli scoppii di popolare indignazione contro i rei, che in America
spno comuni e non trovano resistenza nel governo. Non passa quasiun mese senza che i giornali ci narrino qualche caso di Lynch-
justice, eioe di esecuzione sommaria fatta da contadini sugli autori
di qualche orrendo misfatto. Ma in parecchi luoghi d'Italia si pu6assassinare un uomo in una pubblica piazza, di pieno giorno,ed andarsi poscia a sedere nel prossimo caffe. Se 1'ucciso non ha
figli ne fratelli, si pu6 essere sicuri di non aver nulla a temere,
finp a che non arrivino le guardie per procedere ad un legalearresto.
Sempre alla medesima causa e ad attribuirsi tanto 1'estrema
iridulgenza dei giuri per gli omicidi, quanto 1'indifferenza del pub-blico pei loro verdetti. Da noi si stenta a credere come mai il
popolo di Cincinnati abbia potuto ribellarsi a causa di una con-
danna troppo mite (nelFaprile 1884) e per tre giorni lottare con
le guardie che contro il suo fiirore difendevano i rei.
Io non posso occuparmi qui della camorra^ della mafia, spe-cialita rispettive di Napoli e di Sicilia, ne della setta degli accol-
tetlatori, solo da pochi anni distrutta in Eomagna. II lettore
italiano conosce gia il significato di queste parole, le quali in-
dicano altrettante forme di delinquenza endemica.
E anche nota 1'influenza sui delitti di alcune credenze supersti-
ziose, stregonerie, malie, mal occhio, e di alcuni pregiudizi locali,e di classe.
La violenza carnale su bambine e quasi sempre mossa nel na-
poletano dalla idea che simile contatto procuri la guarigione di
alcune infermita.
(1) TURIELLO, Governo e governati, vol. r, pag. 344 e 355. Bologna, 1883.
— 125 —
'La fbde hella cabala dei frati ha spirito sovente in Napoli al
sequestro di persoria ed anche alle .sevizie per obbligare i mal-
capitati a rivelare i numeri del lotto di prossima estrazione. I
tormenti fatti subire per tale motivo al povero frate Ambrogio,
e che produssero la sua morte, diedero origine ad un famoso pro-cesso.
Glima. — Dopo le influenze delFambiente sociale, le piu effi-
caci sui reati contro le persone sono quelle del clima e delle be-
vande alcooliche.
QUETELETfu il primo senza dubbio a provare con la statistica
che i reati di sangue crescono nei climi caldi e decresCbno nei
freddi. Egli limitb le sue osservazioni alla Erancia, ma la stati-
stica degli altri paesi d'Europa ha mostrato 1'universalita di questa
legge. Anche negli Stati Uniti d'America si e osservato che nelle
regioni settentrionali prevalgono i furti, nelle meridionali gli
omicidii (1),L'autore della Physique sociate dimostr6 inoltre che i massimi
estivi della delinquenza contro le persone ed i minimi iemali di
quella contro la proprieta, coincidono coi minimi esiivi ed i mas-
simi iemali della delinquenza inversa. G-UERRYe MAUET hanno fatto
la statistica mensile dei singoli delitti, con la quale, dice Lom-
broso, « si potrebbero costruire veri calendari criminali, a quella
guisa con cui dai botanici i calendari di Flora » (2); Ed il ca
lendario fu tentato da LACASSAGNEe CHAUSSINAUD.
Pef dire solo dell'omicidio e dello stupro, e costante il massimo
uel primo feato, di giugno e luglio in Inghilterra, di luglio e
agosto in Fraricia, di luglio, agosto e settembre in Italia; —
il massimo dello stupro, di giugno, luglio, agosto in Inghilterra,di maggio, giugno e luglio in Prancia, di agosto in Italia.
(1) VOE HOLTZENDORPP,Politisclier undgemeiner Mord in den verei/nigten
JSlaaten von Nordamerika.
(2) LOMBROSO,Pensiero e meteore, pag. 140, Milano, 1878.
— 126 —
Per mostrare l'enorme divario, riporto da Lombroso le seguenticifre raccolte da parecchi anni di osservazione:
Assassinii.
INGHILTERRA Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre'
(Totale di anni?) 928 842 1072 1043 .
ITALIA
(Totale di anni 6) 919 976 936 1278 1186 1125
Gennaio Pebbraio Marzo Ottobre Novembre Dicembre
LNGHILTERRA 605 701 681 —-
ITALIA 871 859 890 835 806 805
EEREI tent6 mostrare 1'influenza della temperatura non solo
nelle oscillazioni mensili ma anche in quelle annuali. Egli giunsesulle statistiche francesi a queste conclusioni:
La coincidenza fra la temperatura e i delitti di sangue si nota
assai frequentemente, ma non in modo molto costante e spiccato..Gli attentati al pudore seguono assai piiida vicino le oscillazioni
termometriche annuali, connesse a quelle della produzione agricola,ma 1'influenza termica si dimostra spesso piu potente di quelladella produzione medesima (1).
Bevande alcooliche. — L'influenza del vino ed, in generale,delle bevande alcooliche, e certo notevole, come mostrerb in altro
luogo, sui reati d'impeto. Pure essa non e tale da alterare le
proporzioni della criminalita da paese a paese. Per darne un esempio,
neU'Inghilterra Tubbriachezza e un vizio mille volte piii comune
che in Italia, ma gli omicidii vi sono sedici volte meno nume-
rosi. Ci6 proverebbe che i liquori non danno impulso ai reati di
sangue se non in quella razza che vi e organicamente disposta,
ovyero, in altre parole, che nella ubbriacchezza, come ha affermato
la sapienza popolare, si rivela il carattere.
(1) PERRI, Das Verbrechen in sriner Abhangigkeit mit den jahrlichen
Temperaturwechseln, Berlin, 1882.
— 127 —
Ladri fortuiti. — La probita, essendo meno della pieta istin-
tiva, meno connessa all'organismo individuale, e naturale che Ie-
cause occasionali cooperino in piu larga misura alla produzionedei ladri, truffatori, falsarii. Queste cause sono a ricercarsi nelle
peculiari condizioni degUindividui e nelle circostanze in cui essi
si trovarono, perche i reati contro la proprieta sono raramente
scusati da pregiudizii od abitudini popolari, e quindi non soglionoassumere carattere endemico. Mentre dunque 1'omicida nasce o di-
viene tale per influenza endemica, il ladro per lo piii e un pro-dotto del particolare ambiente che immediatamente lo circonda,
quale la sua famiglia, e i suoi compagni di ozio, di lavoro o di
svago. L'educasione e gli esempi hanno qui una parte principale,salvo nei casi in cui Tistinto del furto e innato.
Pure vi sono eccezioni: il brigantaggio calabrese, aragonese e
greco e un fenomeno prodotto sempre dai pregiudizii di una intera
classe sociale in alcune regioni, in alcune localita: il brigante e
in guerra franca ed aperta col potere sociale, e la sua vita avven-
turosa e piena di pericoli lo rende simpatico ed ammirato.
Molti esempi storici potrebbero recarsi di brigantaggio endemico,ma non posso dilungarmi in tali descrizioni. Nella nostra societa
contemporanga, salvo rare eccezioni, la tendenza al furto e pro-dotta per lo piu dall'ambiente viziato della famiglia ed e congiunta
quasi sempre all'ozio, alla infingardaggine e al desiderio di go-dimenti sproporzionati alla propria condizione. Vedremo nel capi-tolo 3° se la miseria sia, come da molti si crede, una causa
specifica di reati contro la proprieta.Le carceri concorrono senza dubbio alla formazione dei ladri abi-
tuali. La depravazione di quelle in cui i detenuti vivono insieme,
passando la giomata in ozio completo, nei comuni dormitorii, e cosa
gia tante volte deplorata che e oramai inutile insistervi. E pure quasrtutte le carceri d'Italia sono in tale stato, e nonostante una legge pro-
mulgata nel 1864, quattro sole citta hanno un carcere cellulare (1).-
(1) V. Belaz. dell'on. DE RENZIS sul Bilancio delllnterno, Roma, 1884.
— 128 —
L'effetto poi di quesfultimo pu6 essere utile nelle condanne di
l>reve durata, ma nelle lunghe ancor essofallisce allo scopo. Ne la
segregazione cellulare continua, ne il sistema di Auburn (lavoro in
«omune durante il giorno e separazione notturna) hanno fatto sce-
mare la recidiva. Lealte cifre di questa nel Belgio, nelTInghilterraed in Irlanda (1) provano che qualsiasi perfezionato sistema carce-
rario riesce vano e che con tanta piu certezza pu6 dirsi inemendabile
il reo per quanto piu gravemente egli fu colpito da condanna alla
prigionia.
(1) La recidiva innanzi alle Corti di Assise oscilla nel Belgio dal 40 al 50
per 100; in Inghilterra, fra gli arrestati, i recidivi oltrepassano quasi in ogni;anno il 40 ed in Irlanda raggiungono il 50 per 100.
— 129 —
APPENDICE AL CAP. 1\
(A) CAEATTEEI ANTROPOLOGICI DEI SELVAGGI
E DEGLI U0MINI PEIMITIVI.
II prognatismo che cosi frequentemente s' incontra fra' delin-
<quenti, osservasi in tutte le razze inferiori. La razza meno prognatae 1'europea; seguono la gialla e la polinesiaca; e supera tutte lealtre la negra.
Riportiamo' da TOPINAED (L'Anthropologie) il quadro seguente.che concerne il prognatismo alveoh-sotto-nasale.
Variazioni individuali massime e minime . 89° a 51° 3
Srazze
bianche . . 82 a 76 5— gialle . . 76 a 68 5— nere . . 69 a 59 5
14 Guanci 81° 3415 Corsi 81 2822 Galli 80 8714 Caverna dell'uomo morto (cranii preistorici
delFepoca neolitica) 79 77,350 Parigini 78 13
10 Tolosani 78 5076 Alvergnati 77 1842 Merovingi 76 54
7 Pinni ed Estoni 75 536 Tasmaniani 76 28
10 Taitiani 75 0014 Cinesi 72 0010 Esquimesi . . . . . . 71 4645 Malesi 69 4956 Neo-Caledonici 69 8711 Australiani 68 2452 Negri dell'Africa occidentale . . . 66 91
7 Namachesi e Boscimani .... 59 58
« La differenza —soggiunge 1'Autore — e considerevole fra le
irazze bianche e le gialle, ma da queste alle negre la transizionee quasi insensibile. In tutte le razze poi vi sono eccezioni; negri.tanto poco prognati quanto europei, come un cranio di Bambarra,
GiKOFALO. — 9.
; — 130 —
e bianchi eccessivamente prognati, come il cranio di Lemaire l'as-sassino ; ma codesti sono, a nostro avviso, casi di atavismo o df.incrociamento, e qualche volta, casi piii o meno patologici. II pro-gnatismo alveolo-sotto-nasale e, insomma, uno dei migliori carat-teri della craniologia ».
Per quanto riguarda i cranii preistorici, bisogna distinguere-quelli deLVepoca del Mammuth da quelli dell'epoca della renna.In quesfultima la cosi detta razza di Cro-Magnon sembra poco-prognata, benche ad essa appartenga il cranio del vecchio che pre-senta 1'angolo di 62° 9, quanto quello dei piu prognati fra' negri.
Nella razza piii antica del Neanderthal (epoca del manmuth ppost-plioeenica) il prognatismo e eccessivo e supera quello di qual--siasi razza negra. E possibile che.il Neanderthal rappresentasseper atavismo una razza inferiore dell'epoca miocenica o pliocenicagia estinta ell'epoca del mammut. « Esso sarebbe stato a quell'e-poca, rispetto alle razze anteriori, cio che fra tre mila anni, rispetto-a noi, sara una tribii od un individuo indiano o negro.»
Per dare un'idea anche degli altri caratteri cranici che avvici-nano il delinquente alFuomo preistorico e a quello delle odiernerazze inferiori, credo non poter fare di meglio che riprodurre leseguenti pagine di LOMBROSO(Uomo delinguente — 3a edizione).
« La fossetta occipitale mediana io l'ho trovata negli europeisani (1320) nelle proporzioni di 4, 1 0[0, in 126 crani antichi, egi-ziani, etruschi, 10 0[0, in 16 negri, 6 OjO, in 252 Papuas, 1 0[0'(Virchow). In 46 americani, 26 0[0, negli Aymara pero" il 40 0[0.In 7 preistorici, 14 0[0. Nei pazzi si trov6 in una proporzione trail 12 (Eomiti) edil 14 0[0, facendo eccezione pelPeli che 1'avrebbetrovata nel 4 55. Nei delinquenti il 16 0[0.
« I Wormiani del pterion che vedemmo superare nei delinquenti i
pazzi e i normali europei, come 23 a 18 a 16, nell'Australo furonotrovati da Anutcine nel rapporto del 28 p. 0[0, nel Finno del 66, nelMelanese del 25, nel Malese del 10, nel Peruviano del 6 OjO(o. c).
« L'apoflsi temporale del frontale sarebbe, pel normale, secondo•
Sommer di 1, 4 0[0. Nei pazzi e di 2, 3 0[0. Secondo Anutcine,.negli Europei andrebbe all'l, 6, mentre nei negri al 12 0[0, nel
Mongolo 3, 7, Americanol, 9. Noi in 58 deliquenti 1'avremmo-trovata nella proporzione del 3, 4 Q\0.
« E qui una abilissima critica mossami dalTill. Oalucci (Iure-jpenale e freniatria, Venezia, 1876) mi costringe a fare una digres-sione. Servendosi di alcune parole delFHuxley, che alludono al-
1'ignoto antenato pitecoide, piu che all'uomo primitivo o selvag-gio, e delle asserzioni di alcuni antropologhi che affibbiano agliuomini primitivi una grande capacita cranica, nega 1'egregio giu-rista che dei caratteri di vera inferiorita si ritrovino nei crani prei-
— 131 —
storici e nei selvaggi, e con ci6 crede scombuiare tutto il mioedificio; se non che qui le prove in favore mio, se mai, peccanodi troppa esuberanza.
« Le razze umane antiche, scrive Darwin, presentano struttureche somigliano piu a quelle degli animali che non le moderne
(Darwin, Orig. de Vhomme, p. 23): secondo P. Strobel « le formerecenti distano piil delle antiche dal punto d'indifferenza morfo-
logica » (Atti della Societd di scienze natur., i, VIII). Infatti: ilforo olecranico fu trovato dal Broca nel 4 0[0 dei cimiteri di Pa-
rigi, nel 3Q,0[0, periodo della renna da Dupont, nel 25 0[0 neidolmen di Argenteuil.
« Non e vero che la capacita cranica sia superiore nel selvaggioo nell'u0mo colorato, di regola e anzi inferiore.
« La media della capacita del cranio nelFEuropeoedi . . . . . . . 1400 e 1500
«Negli Indiani, negri, Cinesi, Malesi . . 1300«Nei Polinesi, Ottentotti .... 1200
(Vogt, Microcephales, 1874)«NeiBotocudi . . . ... 1470-1385
«Negli Australiani secondo Darwin . . 1295secondo Quatrefages (1) . . . . 1263
« Negli Andamani (2) 1277«Nei Negriti (Pilippine) (3). . . .
'1420
« Nei Boschimani (4) 1330 - 1215« Mantegazza in 3 cranii di Neo-Zelandesi trov6 un avanzo del-
1'osso intermascellare che permane costante nei mammiferi (Arcli.per Vantropol, 1872, p. 177).
« E come accade della fossetta occipitale mediana, cosi moltedelle anomalie piu di spesso segnalate nei criminali furono di fre-
quente notate nei selvaggi: solo che alcune si trovano piu fre-
quenti in certe razze che in altre, senza che si possa dire che unao 1'altra suggelli una maggiore inferiorita. Cosl vedemmo per lafossa occipitale media.
« Molti cranii preistorici sono affatto, e vero, eguali ai moderni;ma 1'essere preistorici non vuol dire gempre essere completamenteselvaggi — e 1'uomo delle palafitte menava una vita abbastanza
analoga a quella di molti nostri pastori.« Pure anche fra essi, specie se delle caverne, frequentemente si
trovano tipi cranici inferiori.« II cranio di Neanderthal si distingue dal moderno per il grande
spessoree per gli enormi seni frontali; ora questi sono i caratteri,
(1-2-3-4) QUATREFA6ES,La specie umana. Milano, 1880.
— 132 —
nota Schaffhausen, per cui gli animali selvaggi, il cavallo selvag-gio, 1'orso speleo, il cinghiale, si distinguono dagli animali domesticiclella stessa specie. Quel cranio presentava pure obliquita dell'oc-
cipite, scarsa capacita di 1230 c. c. circa, come negli Ottentottimoderni. Ne e a dire, come si pretese, che sia un cranio patolo-gico, perche per molti caratteri esso si accosta ai cranii di En-
guisheim, ed a quello di Lizere (Broca, Memoires, 1874, p. 388)e di Borreby.
« II cranio di Engis ha 1' indice di 65, piccola capacita fron-
tale, orbite grandi, archi sopracciliari poco sporgenti, fronte sfug-gente, stretta: « appartenne certo ad un individuo, le cui facollknon erano sviluppate » (Schmerling, Becherches sur les ossements
fos., p. 55; — Canestrini, Sulla teoria deTVevolmione, p. 22, To-
rino, 1877).«II cranio del Liri, dice Nicolucci, ha capacita di 1306 c. c,
il suo cervello dovea essere piccolo fra i piccoli (Arch. per Van-
trop., vol. iv, 1873). II canino vi sorpassa il livello degli altri denti.« I cranii preistorici di Verona han mento rientrante, seni fron-
tali e zigomi sviluppatissimi, prognatismo spiccato — alcuni deiloro scheletri presentano il foro olecranico comune negli Ottentotti.
« II cranio di Gibilterra e dolicocefalo, con archi sopraccigliarispaziosi, fronte piccola sfuggente, e come nei pitetici manca dellafossa canina (Broca, Memoires, n, p. 150).
« I cranii di Eyzies han gran capacita, han sviluppo notevoledel fronte, grande prognatismo, sviluppo enorme della brancaascendente della mandibola e semplicita delle suture, ecc. (Id.,pag. 163).
<rI cranii preistorici del Tenessee han foro occipitale portatoall'indietro, quelli della Plorida presentano delle vere creste tem-
porali.«I cranii di Porbes, Quarrj^, ed in Spagna di Cueva de la Mujer
hanno fronte sfuggente, seni frontali enormi, occipite saliente, or-bite voluminosissime, larghe 0,066, alte 0,039, profonde 0,051(Orania ethnica).
« Aggiungo come dai Qrania ethnica di Quatrefages si osser-vino le ossa wormiane frequenti nei crani di Mentone, Grenelle,
Cantalupo e Cro-Magnon.« II grande spessore del cranio e la fronte sfuggente cogli archi
sopraccigliari sporgenti che noi trovammo nel 58 p. 0[0 dei cri-
minali, sono frequentissimi nei crani preistorici di Borris, di Nean-
der, di Cro-Magnon, della Cueva de la Mujer e nell'Australiano.« Nei crani dei Paria (Bevue Anthrop., 1871) danno una ca->
pacita di 1337 i maschi, di 1114 le femmine, e 1'orbita piu grandedi tutte le razze — e sono i progenitori dei nostri Zingari.
- 133 -
« Anche il volume maggiore della mandibola, che trovammocosi frequente, come pure quello delForbita, mentre scarseggianonei pazzi, sono comuni veramente ai selvaggi ed ai crani preisto-rici, tranne quelli di Solutre (Grania ethnica).
« Nel cranio di Cro-Magnon la larghezza delle orbite e enorme,0,44, altezza 0,027, e 1'indice 61 (Quatrefages, Grania ethnica,1882); voluminosa la mandibola, spessa alla sinfisi 0,017, con labranca montante larga 44.
« La mandibola di Naulet e di Clichy presentava uno spessoredi 0,015 al mento e di 0,016 al grande malare.
« Una tabella completera queste singolari analogie e differenze.
Normali Pazzi Criminali Selvaggi
Asimmetria 3,7 °/„ 7 23Submicrocefalia 614 8 FrequentiOsso epactale 10 30 42 22 a 60Saldatura delTatlante .... 0,8 2,7 5Fossetta occipitale mediana . . 5 12-14 16 1 a 26Foro occipitale anomalo . . . 13,0 7,3Sutura media frontale .... 8,10 7,5 a 5 12,7 1,9 a 5,1Sinostosi precoce . . • . . 2 15 28,9 8,0Persistenza delle suture ... 5 4,5 5,0Wormiano frontale 0,4 1,5 6,6Wormiano del pterion.... 16 18 23,0 66
Apoflsi frontale del temporale . 1,4 2,3 3,4 3,7 a 12Pori parietali 29 39 14Persistenza della sutura interma-
scellare 52,60 60 24
(B) ElCEECHE SUL CEEVELLO NEI DELINQUENTI.
Alcuni frenologi hanno tentato scoprire leggi costanti nelFano-mala disposizione delle circonvoluzioni osservate in taluni delin-
quenti. Benedikt ha segnalato la frequenza dei lobi frontali con
quattro circonvoluzioni, tipo comune nei carnivori, raro negli uo-
mini, che hanno per solito tre circonvoluzioni frontali. Ma altri
osservatori, fra cui il Giacomini, trovarono simili anomalie nelcervello di uomini non rei, talvolta in proporzioni anche maggiori.Sembra dunque, almeno per ora, impossibile il designare 1'ano-malia morfohgica speciale dei delinquenti.
Quanto alle anomalie istohgiche, sembra che esse si ritrovino nei
delinquenti con frequenza maggiore, specie le alterazioni delle me-
ningi, fra cui 1'aderenza della pia madre alla corteccia e delladura madre alle ossa, la pachimeningite e la leptomeningite. S'in-contrano anche spesso 1'atrofia parziale o totale d'un emisfero od'un lobo, le emorragie cerebrali, il rammollimento e la sclerosi
cerebrale, tumori, ossificazioni ed osteomi.
— 134 —
In questo campo le osservazioni non sono state fatte finora su
larga scala; le proporzioni percentuali furono ricavate da piccpli,numeri, come quella delle meningiti calcolata da Plesch al 50 OfOsulFesame di 28 cervelli di delinquenti. Mancano poi del tuttoi dati pel confronto coi non rei. E anche da notarsi che le ano-malie patologiche del cervello si trovano spesso congiunte ad al-
coolismo, sifilide, clorosi, malattie cardiache e tisi che forse deter-minarono la morte dei condannati dei quali si fece 1'autopsia.
Notevolissima e la frequenza delle affezioni cardiache, che superaquasi del doppio, secondo Flechs e Lombroso, la proporzione co-mune. L'innuenza perniciosa di simili affezioni sul carattere estata gia osservata da parecchi scrittori. Esse producono spessoegoismo, collera, accessi furiosi, malinconia, isterismo. Ma non
bisogna dimenticare che in qualche caso la malattia di cuore pu6essere effetto della triste vita del carcere.
(C) SULLA CLASSIFICAZIONE DEI DELINQUENTI.
LOMBEOSOnon fece alcuna classificazione nella la e 2a edizionedel suo TJomo delinquente. Ivi egli considera il fattore psichicoorganico come fondamentale, ed accanto ad esso pone quelli ac-cessorii delle diverse influenze sociali, legislative, religiose, poli-tiche, meteorologiche, climatologiche, di razza, di alimentazione,di eta, ecc. Distingue soltanto la categoria dei delinquenti perpassione e per impeto (cap. vn), alcuni dei quali, dagli esempich'egli ne porge, sono veri pazzi, e di altri si pu6 dubitare se,moralmente, abbiano commesso un delitto. Nell'Arch. diPsich., ecc.
(vol. 2°, fasc. 3°, articolo citato) egli, dietro le osservazioni delPerri, not6 una lacuna nel suo quadro della delinquenza e vi ag-giunse la categoria dei rei oVoccasione,molti dei quali sono ancheabituali.
Nel mip Griterio positivo io distinsi i grandi delinquenti istin-tivi, gli abituali e i non abituali (V. pag. 55 e seg.), da un puntodi vista piuttosto pratico anziche veramente scientifico..
Ma il EERRI, distinguendo le forme tipiche, da studiarsi an-
tropologicamente, e quelle che sono fuori il dominio delFantro-
pologia, proponeva le seguenti cinque categorie: Delinquenti passi,nati, abituali, per passione, per oceasione (1).
II dott. TAMASSIA li raccoglie in tre gruppi: Individui neces-
(1) PEEBI, Dirittopenale ed antropologia criminale neWArcJi* dipsich., ecc.Vol. 1, pag. 444, 483. Torino, 1880.
— 135 —
^ariamente criminali ed incorreggibili, fra cui egli classifica gliabituali. Individui in c.ui il delitto e effetto di uno stato psichicoabnorme, od alienati criminali. — Individui senza predisposizioneorganica assolutamente fatale o disorientazione psichica morbosa,in cui il delitto dipende da alcune condisioni intime (passioni) osociali (occasioni) (1).
II prof. PUGLIA sostituisce alla classe dei rei per passione, quelladei rei per impulso etico ch'egli vuol esimere da pena, laquale.idea, che potrebbe parere contraddittoria, deriva dalla mancanzadi una limitazione del campo proprio del delitto naturale. Egliaccetta nel resto la classificazione del Perri (2).
II prof. POLETTI, mostrando con molto acume la elasticita edinstabilita delle classi dei delinquenti abituali ed occasionali, pro-pone la distinzione di due sole categorie: delinquenti ad indohcriminosa e ad indoh non criminosa. La quale classificazione, nelmodo come e formulata, sarebbe inaccettabile perche implica l'e-sclusione assoluta, in una classe di rei, del fattore individuale,
;antropologico o psichico, senza il quale non pu6 mai prodursi ne
pure il delitto occasionale (3).Parecchi anni prima di codesti scrittori il FERRUS aveva for-
mato quattro classi di rei: 1° quelli dotati di carattere perverso,coscienti della loro inferioritd morale e della esecrazione che li col-
pisce, ma incoscienti del mah che fanno — 2" gl'individui vicieux,bornes, abrutis, ou passifs, i quali agiscono sotto 1'impero i'im-
p>ressioni morbose fuggitive o permanenti — 3° i rei ineptes ou in-capabhs, quali sarebbero i maniaci e dementi — 4° gVindividuiindeboliti o corrotti dalh circostame della vita e cosi divenuti de-
linquenti.II dott. VIRGILIO, riassumendo tale classificazione, nota assai
giustamente che codeste quattro categorie si possono aggrupparein due grandi ordini, secondo che il reo e vittima del proprioorganismo e della vita individuah ed intima, ovvero della vita
sociah, cioe ielVambiente ove 1'individuo combatte la lotta perTesistenza. E, seguendo poi la sua teoria che identifica il con-cetto delfanomalia con quello delfinfermita, egli distingue i de-linquenti fisicamente o moralmente malati, da quelli deboli organi-camente ma trascinati al delitto da una causa accidentale. In questinltimi, ch'egli chiama folli o criminali foriuiti, lo sviluppo dege-
(1) TAMASSIA, Gli ultimi studi sulla criminalita, pag. 40 e 41. Eeggio, 1881.
(2) PTOLIA, Passioni ed emozioni, neWArch. di psich., ecc, rolume 2\pag. 394, 1882.
(3) POLETTI, II sentimento nella scienna del diritto penale. TJdine, 1882.
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nerativo e in uno stato inisiah ed e possibile la rigenerasione'-con un trattamento adatto, non ostante lo stadio inoltrato dellacorruzione o della malattia (1).
Questa classificazione e, sostanzialmente, simile a quella da me
proposta nelle pagine che precedono.Se alla parola infermitd si sostituisca la parola anomalia, i
miei delinquenti istintivi sono quelli fisicamente o morahiente ma-Jati del Virgilio. I delinquenti pazzi non possono formare una ca-
tegoria distinta; perche se la loro pazzia e degenerativa e consisteprincipalmente in un pervertimento morale, essi debbono prendereposto accanto ai rei istintivi; — se essa consiste in una psico-nevrosi, il fenomeno del delitto non e che passeggero ed il reodeve considerarsi come fortuito. Ad es., quando la tendenza al-1'omicidio e determinata dal delirio di persecuzione, essa cessaallo scomparire di questo delirio che si trasforma spesso in sem-
plice melancolia o va a fmire nella demenza.Quanto alla classe dei rei abituali, essi, come ho gia detto, pos-
sono considerarsi ora come istintivi, ora come fortuiti, a secondache la ripetizione del delitto sia ad ascriversi principalmente al fat-tore individuale o al fattore esterno.
Infine i due gruppi distinti dal Ferri, di rei per passione eperoccasione, possono considerarsi come due sotto-specie dei fortuiti.
APPENDICEAGGIUNTA.
Importanti dati di confronto, fra i delinquenti e gli onesti im
rapporto alle anomalie craniche, ci sono forniti dal Ferri nella.sua opera « L'Omicidio » (in corso di stampa), pag. 259. Egli,.avendo esaminato parecchie centinaia di soldati e di condannati,ha trovato perfetta regolaritd cranica ne' primi in proporzione-del 37, negli altri del 9 1T2 per 100; ha trovato anormalitacon piu di due carathri, nei primi in proporzione dell'll, negli;altri del 36 Ii2 per 100.
(1) VIRGILIO, Salla natura morbosa del delitto, pag. 8, 9 e 43, Eoma, 1874».
CAPITOLOII.
INFLUENZA DELL'EDUCAZIONE SUGL'ISTINTL
la scuola correzionalista — Suo postulato non dimostrato — La cura morale -
dei delinquenti, secondo Despine — Difetti teorici ed impossibilita praticadi questo sistema — Efficacia della educazione sulla formazione degPistintimorali — Diverse opinioni — Limiti probabili di ogni effetto educativo —
Ci6 che rimane in piedi della teoria correzionalista e suo accordo con quelladell' adattamento — Abolizione della misura penale prestabilita — Assur-
dita delTeclettismo dei nuovi penalisti italiani — Pericoli a cui il progetto*di Codice penale espone 1'Italia.
Abbiamo veduto che una condizione necessaria alla produzione-del delitto e sempre un'anomalia psichica, di grado maggiore c-
minore, quand'anche il motivo determinante sia fornito da influense-d"ambienk. Ma poiche, quando queste crescono a dismisura, l'a-
nomalia pu6 essere minima e quindi poco sensibile, abbiamo di-
stinto i delinquenti nelle due categorie degl' istintivi e dei for-
tuiti, a seconda che il delitto sia da attribuirsi principalmenteal fattore individuale od al fattore esterno.
II nostro principio della reazione, in forma di eliminazione, e-
applicabile in tutti e due questi casi: nel primo, sottrazione det
reo ad ogni vita sociale; nel secondo, sottrazione del reo a quel
particolare ambiente a cui egli e disadatto.
Se non che, a questo modo di risolvere il problema se ne op-
pone un altro da coloro che credono essere possibile modificare
gl'istinti per mezzo della educazione e trasformare 1'ambiente permezzo delle leggi dello Stato.
Queste opinioni, che si riferiscono a due questioni, l'una psi—
-cologica, 1'altra sociale, meritano ambedue un serio esame.
Comincio dalla prima.
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E facile vedere che il nostro sistema sarebbe scosso nelle sue
fondamenta se, nella genesi degl' istinti morali , si considerasse
«come fattore principale, non 1' eredita, ma 1' educazione, non le
.tradizioni e gli esempi di famiglia durante la prima infanzia, ma
i banchi di una scuola e la parola di un pedagogo.Parecchi psicologi credono che il carattere fondamentale sia
sempre modificabile dalla educazione.
Ora, se fosse possibile infondere nei malfattori quello specialesentimento che in essi manca, perche dovrebbe la societa elimi-
aarli per sempre come esseri insuscettibili di miglioramento ? Prima
•di decretare la morte del peccatore, non si dovra fare ogni sforzo
per salvarlo?
Una scuola, detta correzionalista, sostenend^oquesta idea, fece
jguerra alfantico sistema di penalita.Essa assegnava alla pena lo scopo ielVemenda del reo, e, non-
'Ostante le censure che le furono mosse, esercit6 una grande in-
fluenza sulla dottrina e sulla legislazione.Per chi accettava il postulato della correggibilita dei delin-
-quenti, la teoria doveva parere plausibile anche in rapporto al
principio della difesa sociale. Infatti la societa non pu6 esigere
miglior garanzia che la soppressione della perversita. Trasformate
il delinquente in onesfuomo, e la societa potra essere sicura di
lui assai meglio che ponendo fisici ostacoli ai suoi movimenti.
Tutto ci6 in abstracto pu6 avere qualche valore, ma, quando;si scende nel campo della realta non ne ha piu alcuno.
Ed invero, prima di discutere il postulato della correggibilita,•ci si presenta un dilemma: o 1'educazione impartita dallo Stato
-al delinquente deve escludere ogni idea di pena, o la pena deve
-conservarsi, tendendo pure allo scqpo della emenda morah.
La prima ipotesi 6 stata sempre tolta di mezzo per due ra-
gioni. L'una e la impossibilita di stabilire come sanzione di un
divieto, hon la minaccia di un male, ma.la promessa di un bene.
L'educazione e un vantaggio; questo vantaggio, offerto solo per•jina determinata condotta, diventa il premio della medesima. Ed
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ecco capovolti i motivi della condotta: la peggiore e la meglio
retribuita: il delitto assicura il privilegio della coltura gratuita
impartita dallo Stato. E evidente che la promessa di un bene,
sostituita alla minaccia di un male, non potra essere che un in-
citamento alFazione, lungi dal consigliarne la desistenza. II mo-
tivo del timore non interverra nella determinazione, ed il motivo
morale ne sara alla fine indebolito.
La seconda ragione e 1'impossibilita pratica di sottoporre il reo
alla disciplina senza costringerlo con la forza quando la sua vo-
lonta sia riluttante. Ora, una volta comparsa la coercizione, si
lia lo stabilimento penitenziario,' perche la privazione della li-
berfa, per quanto sia dolce il regime carcerario, e pur sempreuna pena.
La scuola correzionalista dove dunque limitarsi a proporre che
la reclusione del reo fosse rivolta al solo fine della sua emenda
morale. Ma tosto si osserv6 come tutti i diversi metodi escogitatia tal fine, fallivano del pari allo scopo: isolamento, obbligo del
silenzio, obbligo del lavoro (1). E ci6 spiegasi naturalmente: dato
che con un processo artificiale sia possibile far nascere o svilup-; pare nell'animo di un uomp 1'istinto morale, questo processo ar-
tificiale non puo immaginarsi che come una cura speciale appro-
priata ad ogni singolo caso di patologia morale, una terapia si-
mile a quella che nei manicomii si adopera con gli alienati.
Una cura di tal sorta del cuore e della mente fu proposta da
Despine pei delinquenti. Questo illustre psicologo propose un trat-.
tamento morah palliativo e curativo, di cui le norme sono da lui
medesimo riassunte cosi: Impedire le comunicazioni fra quegliesseri moralmente imperfetti. — Non lasciarli nella solitudine,
percheessi non possedononella loro coscienzaalcun mezzodiemenda.
"!('!) Una diminuzione delle recidive e stata attribuita al solo sistema gra-duale irlandese, ma sembra piu apparente che reale, perche i liberati emi-
grano in gran parte e la loro vita diventa ignota nella loro patria. V. BEL-
TRANI-SCALIA,La riforma penitenziaria in Italia, pag. 192 e 194.
— 140 -
— Parli stare in continuo contatto con persone morali, atte a
sorvegliarli, a studiare la loro natura istintiva, ad imprimere in
questa e a dare ai loro pensieri una buona direzione, a dar loro
idee di ordine, a far nascere in essi il gusto e 1'abito del lavoro.
Lo Stato dovrebbe dunque assumere questa cura assidua, co-
stante dei reclusi; sorvegliare, come si fa in un collegio di bam-
bini, i loro progressi; tentare, con gli esempi, con 1'esperienza,con listruzione, di farli ridivenire dolci, amorevoli, onesti, pienidi carita e di zelo.
Lidea dell'applicazione di una simile terapia morale ad una
popolazione di molte migliaia di delinquenti, e, praticamente, una
utopia. Sarebbe necessario porre quasi accanto ad ogni recluso il
suo angelo confortatore. Le persone addette ad un simile uffizio
dovrebbero avere le qualita piu nobili, piu rare dell'uomo: pa-
zienza, severita, piena conoscenza del cuore umano, coltura, amo-
revolezza. Dove si troverebbero in numero sufficiente simili me-
dici delFanima? Quali finanze potrebbero sopportare simili spese?
Ma, supposto per un momento che le difficolta pratiche non po-nessero un ostacolo insuperabile a tale sistema, quali ne sareb-
bero gli effetti?
Lindividuo, vivendo segregato dalla societa e non trovandosi
in presenza delle continue tentazioni della vita ordinaria, senti-
rebbe tacere nel suo animo glimpulsi criminosi. La causa occa-
sionale gli mancherebbe, ma il germe criminoso rimarrebbe per
sempre in lui allo stato latente, pronto a manifestarsi col ritorno
delle condizioni precedenti della sua esistenza normale. L'emenda
non sarebbe dunque che apparente, quando pure non fosse simulata.
Si parlera forse di una pedagogia sperimentale? Ma, se e vero
cbe gl'istinti morali delFumanita. sono stati creati da milioni di
esperienze di utilita fatte dai nostri antenati per migliaia di se-
coli, com'e mai possibile immaginarne 1'artificiale ripetizione nel
breve corso della vita di un individuo che non ha ereditato nel
suo istinto il frutto di tali esperienze delle passate generazioni?E evidente che nessun'altra cosa pu6 tentarsi fuori del raziocinio.
— 141 —
Pacciamo ritorno alle piu pratiche fra le proposte della scuola
correzionalista. La cura morale non sarebbe gia da tentarsi di-
rettamente, secondo 1'utopia di Despine, ma essa produrrebbesi
per effetto di una buona disciplina carceraria. L' isolamento , il
silenzio, il lavoro, la scuola farebbero nascere la resipiscenza ed
i buoni propositi onde sarebbe rigenerato il condannato.
Senonche, per quanto riguarda lisolamento, « al povero ed al-
linfelice — dice eloquentemente Mittelstadt — al discacciato ed
al caduto, ci6 che manca non e gia la separazione dalla umana
societa, bensi di questa 1'amore ed il contatto... »
E, per quanto riguarda 1'obbligo del lavoro, egli osserva: « Ora
vi e pei nostri umanisti carcerarii la disperazione di questo di-
lemma: intendersi intorno alle parole « lavoro educativo dei pri-
gionieri ». Vogliono essi 1'effetto benefico del lavoro sui costumi ?
Ed allora e mestieri spogliarlo da ogni coercizione, ed in luogodella prigionia porre la liberta. Ovvero vogliono essi la coerci-
zione al lavoro? Ed allora eccoli da capo nel campo del dolore
penale, e lo scopo delTemenda scomparisce » (1).*
Ma alUobbligo del lavoro, rispondono i correzionalisti, deve an-
dare congiunta 1'educazione della mente e del cuore per mezzo di
scuole in cui i condannati, uomini per lo piu rozzi ed ignoranti,
possano acquistare la cognizione che loro manca del bene e del
vero. Se non che 1'esperienza ha mostrato pur troppo che 1'effi-
cacia della scuola sulla morale individuale e ordinariamente
nulla.
(1) MITTELSTADT, Gegen die Freiheitstrafen, 1880.
Analogamente SPENCER(Morale delle prigioni): « E un segno di vedute
corte il costringere al lavoro il condannato: tosto che questi si vedra libero,
ritornera ad essere cio che era per lo innanzi. La spinta dev' essere interna
perche egli la porti seco fuori della prigione ». E Lord STASLEY, in un di-
scorso parlamentare: « The reformation of man can never hecome d me-
chanical process » (La rigenerazione delT uomo non pud mai diventare un
processo meccanico).
- 142 -
Si ha un delinquente adulto, privo di una parte del senso mo-
rale, listinto della pieta. Si pretende infondergli questo istinto
per mezzo dellinsegnamento, cioe a dire col ripetergli che e do-
vere delfuomo essere pietoso, che la morale vieta il far male ai
nostri simili, ed altre cose bellissime.
Ma in tal modo il reo acquistera, se non 1'aveva, solo un cri-
terio per riconoscere la condotta migliore secondo i principii della
morale. Egli acquistera, insomma, idee, non sentimenti.
E dopo ci6 ? L'uomo 6 buono non per raziocinio, ma per istinto.
Ed e appunto listinto che gli manca. Come si fara per supplirea tale organico difetto ?
Egli vedra il bene, ma fara il male, quando il male gli con-
venga o gli piaccia.
« Video meliora, proboque;
Deteriora sequor ».
# Si avra un bel ripetergli che linteresse sociale e assai piii im-
portante dellindividuale; che questo in fondo si compenetra in
quello; che, essendo noi membri della societa, bisogna in certi
casi sagrificare il nostro egoismo perche gli altri agiscano simil-
mente a nostro riguardo. Ovvero, si partira da un principio re-
ligioso e gli si parlera della felieita della seconda vita per 1'uomo .
giusto e della eterna dannazione dei perversi.Tutto cio si riduce sempre in fondo ad un raziocinio : Se fai
la tal cosa te ne verra la tale conseguenza dannosa. Dunque, perevitare questa, non devi far la tal cosa.
Ma se ad ogni altro piacere, ad ogni altra speranza il delin-
quente preferisce soddisfare la propria passione, il raziocinio non
ha piu valore per lui; ci6 che potrebbe impedirgli un nuovo de-
litto non e gia il vedere chiaramente quello che gli altri uomini,
ma non egli, reputano un interesse prevalente; — bisognerebbeche egli senta la stessa ripugnansa pel delitto che gli altri uo-
mini sentono, perche ci6 che spiega ogni umana determinazione
— 143 —
e, in ultima analisi, la tempra dell'individuo e il suo modo ge-nerale di sentire (1).
Ora un raziocinio non potra mai creare un istinto (2). Questo-non pu6 essere che congenito, cioe ereditato, ovvero acquisito in-
consciamente per effetto dell'ambiente.
Ed e, anzi, necessario, alla persistenza dellistinto, la persi-stenza delle due cause. Esso — dice un naturalista — non e-
« una costante specifica, bensi una variabile dipendente da due
forze: le infiuenze ereditarie e quelle dell'ambiente. Se queste ven-
gono meno, le prime, frutto del tempo, si affievoliscono col tempo;.se riprendono il loro impero, le tendenze obliterate ricompariscono-e si vanno sempre piu confermando (3) ».
La quistione della misura, in cui queste due forze contribui-
scono alla formazione del carattere, e certo molto grave. La parola« ambiente » abbraccia tanta moltitudine di cose che limportanza
maggiore o minore da darsi a quesf elemento dipendein gran parte-dalla sua determinazione.
Immensamente diversa e linfluenza che ha 1'ambiente sulla primainfanzia da quella che esso pu6 avere sulTuomo adulto. Questa.
grande distinzione non si suol fare quando si parla di uno deglieffetti dell'ambiente sociale, 1'educazione.
Segue da ci6 che i psicologi non sono concordi intorno alTef-
ficacia dell'educazione sul carattere. Alcuni negano che questa possa,
distruggere i cattivi istinti e non le concedono che la facolta di
sviluppare i germi buoni (4). Altri ammettono la sua efficacia
(1) V. BIBOT, Les maladies de la volonte. Paris, 1883.
(2) « Les facultes intellectuelles seules ne procurent point les connaissances--
instinctives donnees par les facultes morales; — elles n'en ont pas le pouvoir ».
DESPINE, De la folie, etc, pag. 39, ed. cit.
(3) A. ESPINAS, Des societes animales, ch. 5, pag. 281. Paris, 1877.
(4) « L'education la mieux entendue ne peut pas creer des facultes; elle ne
peut que cultiver celles qui existent, atl moins en germe ». DESPINE, De la
folie, etc, pag. 39, ed. cit. V. anche E. PERRI, Socialismo e eriminalita, pa-
gina 114. Torino, 1883.
— 144 —
ssulle nature medie, cioe quelle che non sono spiccatamente buone
ne cattive (1). Quesf affermazione importa che le indoli perverse
non siano suscettibili di essere trasformate dalla educazione. E
-tale opinione sembra confermata da molte esperienze. Ma se la
perversita significa mancanza di istinti morali, e se vi ha Fim-
possibilita di produrre artificialmente tali istinti ov'essi mancano,tale sarebbe appunto il caso dei nati delinquenti. D'altra parte
•quelle nature medie sono tali appunto per la mancanza di tempra
salda, di rilievo, di accentuazione del carattere. E questo difetto di
«nergia renderebbe sempre poco stabili e poco decisi gli effetti del-
Teducazione sui sentimenti. « Sulla sabbia del deserto, mobile ad
-ogni soffio di vento, nessuna orma pu6 restare impressa » (2).Altri psicologi non distinguono le indoli buone dalle cattive e
dalle medie, ma distinguono invece 1'educazione pedagogica da
>quella che opera sperimentalmente e quasi inconsciamenh, cogli
esempi quotidiani della condotta nelFambiente domesticp e so-
ciale (3).Intesa in questo senso 1'educazione, che cosi diventa tutf uno
con 1'ambiente morale, essi credono alla sua efficacia modifica-
trice degli istinti ereditari od atavici, non solo dur.ante la prima
infanzia, ma per tutto il corso della vita.
Al carattere congenito potrebbero sovrapporsi strati successivi
tali da ricoprire il primo quasi del tutto. Questa opinione e stata
Tecentemente sostenuta da un valente antropologo italiano (4), ma
•essa mi sembra accettabile solo se si suppongache gli strati so-
vrapposti siano tanto meno spessi e consistenti quanto sia mag-
giore I'eta dellindividuo. Senza dubbio 1'organismo psichico ha,
-come il fisico, un periodo determinato di formazione e di sviluppo,
(1) EIBOT, Hered. psych., pag. 351. Paris, 1882.
(2) E. PERRI, op. cit., pag. 113.
(3) ANGIULLI, Bassegna critica, anno 2°, n. 12, Napoli.
(4) G. SERSI, La stratificazione del carattere e la delinquenza, nella Riv.
»di filosofia scientif, anno 2°, marzo-aprile, 1883.
— 145 —
/oltre il quale esso non pu6 acquistare che ben poca cosa, e le
modificazioni successive prodotte dalFambiente non alterano sostan-
zialmente il tipo gia acquisito. Fra lo strato del carattere pro-dotto dalla educazione infantile e quello sovrapposto dalle influ-
enze posteriori deve esservi una differenza immensa, in quanto a
solidita e persistenza ; ed e poi a credersi che difficilmente pos-sano acquistarsi in eta adulta quegli istinti morali che general-
inente sono posseduti in una razza e solo per eccesione mancano
in taluni individui.
Trattasi qui di una deficienza organica per vizio fisiologico, e-
reditato od atavico. Tal' e la mancanza di quella parte del senso
morale che consta deglistinti piu comuni di umanita e di onesta.
Pu6 forse credersi che infiuenze esterne siano sufficienti ad ope-rare una simile creazione ex nihilo ? La cosa e sempre difficile ad
immaginare, ma sembra realmente impossibile quando il periododel maggiore sviluppo fisico e psichico dell'organismo e compiuto,ed il tipo del carattere, come quello della fisonomia, stabilmente
4elineato — quando, insomma, il giovinetto esce dallo stadio di
impuberta.Poniamo dunque da parte questa ipotesi. Biduciamoci a conside-
srare1'altra, cioe la influenza delUambiente educativo sulla infansia-e domandiamo alfesperienza se quello possa far nascere listinto
morale, deficiente in un bambino per vizio fisiologico od ereditato.
La quistione non e risoluta.
Senza dubbio «1'anomalia del carattere che nelFadulto costitui-
rebbe la delinquenza, si manifesta assai piu frequentemente nei
bambini (1) ».
E nota la loro quasi universale crudelta., la loro tendenza, nei
primi anni, ad appropriarsi Faltrui. Nellinsieme nessun indizio
di un senso morale nei primi due o tre anni di vita. Deve forse,
(1) LOMBROSOe MARRO,I germi della pazzia mor. e del delitto ne' fanciulli.
NelTArch. di psich., ecc. Vol. 4°, fasc. 2*.
GAROFALO. — 10
— 146 —
conehiudersi da ci6 che Feducazibne distrugga i cattivi germi, efaccia nascere i buoni, b [hon e a vedersl piuttbsto, in questa quasiuhiversale trasformazione psichica, -nulPaltro che un fenomeno evb-
lutivo analogo a quellb embriogenico, in cui dalle forme organiche^
primitive il feto riesce infine alla forma d'uomo, passahdo succes-
sivamehte per le forme intermedie delFanimalita?
L'evoluzione dell' individuo 'riproduce in bfeve quella della
specie (1).
Cosi, nelTorganismo psichico, giistinti animaleschi e quelli e-
goistici e brutali deH'uomb preistoribo spunterebbero primi, quegliistihti che ilSergi chiama fondamentali — ai quali, non per effettodi educazione o diambiente, ma per seihplice evoluzibne organica,e sempre per legge di eredita, si ahdrebbero man mano sovrap-
ponehdo gli altri istinti suocessivamente acquistati dalla razza, po-gcia quelli della famiglia, infine quelli dei genitori (2).
Certb, questa e lipbtesi piu probabile, ma laprova sperimentale-
neequasi impossibile, perche sarebbe mestieri distinguere, durante
il prbcesso di sviluppo del bambino, cib che e dovutb alTeredita da
ci6 che e dovuto aLVambiente. Ora, ed 6 questa un'osservazione ov-
via,behche traScurata perlo piii dai "psicblogi, Teredita e la educa-
ziohe-sbgliono cooperare nello stesso senso,perche provengono, nella
maggior parte dei casi, dalh mechsime persone. Esse si compene-teahbTuna nelPaltra, per mbdo'che diventa impossibile sceverare i
(1) « L'ontogenesi, o sviluppo individuale, non e che una rapida ricapitola-zione della filogenesi o sviluppo della specie ». HAECKEL, pag. 48, Anthropo-
genie, Paris, 1877.
(2) « La cohseience croit coimne l'ofganisine et pafallelement a lui, renfer-
mant des aptitud.es, des formes pr&16terminees de pensee et d'action quisontdes 6manations directes de consciences anterieures, eclipsies un instant, il est
vrai, dans Vobsewite de la transmission organigue, mais reapparaissant au.
jour avec des caracteres de ressemblence non equivoques, bient6t de plus en
plus confirmes par 1'exemple et l'6ducation. Une generation, (fest vm pMno-
mehedescissipdrite transporte dans la conscience ». A. ESPIHAS,Des sociitte
animales. Conclusion, § 2.
— 147 —
loro 'effetti reeiproei. L'educazione domestica e la continuasione del-
Pereditd:cibtihe non e dato dalla generazione e dato, con operaperlo piu inconsciente del pari, dagli esempi dei genitori. Onde seguecheDarwin, da una parte,.pu6 ben dire che se si trasportassero in
un medesimo paese un certo numero d'Irlandesi e di Scozzesi, dopo
un certo tempo i primi sarebbero divenuti dieci volte piu numerosi
degli Scozzesi, ma costoro, per le loro qualita ereditarie, sarebbero
a capo del Governo e delle industrie. EPouillee pu6 ben replicare:
«Mettete dei fanciulli Irlandesi nelle culle dei bambini Scozzesi
senza che i parenti si accorgano della sostituzione: fateli allevare
da Seozzesi,e, forse,icon vostra meraviglia, il risultato sara il me-
desimo(1) ». Ma questa seconda esperienza non e stata fatta, ed e-
sperienzedi taigenere non si faranno probabilmente giammai. Vi
hannosenza dubbio migliaia di fanciulli non allevati dai loro geni-
tori,maper lopiuicostoro sono sconosciuti. Infine vi ha sempre la
parte che bisogna concedere ai fenomeni di atavismo, oscuri e non
determinabili; cosicche tutto cospira perche il problema rimangainsoluto.
Un casofrequente 6 che glistinti paterni siano vinti od attenuati
dagli esempi materni, e viceversa. Macib non provanullain favore
'delTefficacia educativa, perche pu6 sostenersi con eguale apparenzadi verita che Teffetto sia semplicemente dovuto alla prevalenza fi-
nale diuna delle due eredita.
Ci6 che pub soltanto affermarsi e che linfluenza ereditaria sugliistinti morali e dimostrata; quella d.QH&educagione,incerta, ma pro-
ia6ife,purche sia intesa nel senso di esempieiaMUidim,siconsiien
sempre tninore a seconda del crescere delVetd, e le si attribuiscauna
sempliceazione modificatrice del carattere, tale cioe da affievolire, ma
nonestirpare del tutto glistinti perversi, i quali rimarrebbero semprelatenti nell'organismo psichico. La qual cosa spiega come la per-
(1) FOUILLEE, La philantrophie scientifique au point de vue du Danoi-
nisme. Rev. des deux Mondes, 15 sept. 1882.
- 148 —
versita, forse atavica, manifestata da alcuni teneri fanciulli, non ab-
bia potuto esser corretta per tutta la loro vita, nonostante la piu e-
semplare condotta dei loro genitori e delle altre persone che li cir-
condavano, nonstante le cure piii assidue ed i migliori insegnamenti.Viceversa sembra accertata Vinfluensa dehteria di una cattiva edu-
casione o di un ambiente depravato, per spegnere totalmente il senso
morale ereditato e sostituirvi i peggiori_ istinti. Cosicche la crea-
sione artificiah di un buon carattere sarebbe semprepoco stabile,mentre quella di un cattivo carattere sarebbe comphta. Ci6 si
spiega facilmente, secondo il Ferri, quando si pensa che i germicattivi od istinti anti-sociali, i quali corrispondono aLTetaprimitiva
delliimanita, sono i piii profondi e radicati neLVorganismo psichico
appunto perche i piu antichi nella razza. Essi sono dunque piiiforti di quelli che la evoluzione ha loro sovrapposti. Pertanto gliistinti selvaggi « non solo non sono mai soffocati del tutto, ma per
poco che 1'ambiente e le circostanze della vita ne favoriscano l'e-
spansione, sobbalzano violentemente, perche, diceva Carlyle, la ci-
vilta non e che un involucro sotto il quale la natura selvaggia del-,
1'uomo puo ardere sempre d'un fuoco infernale (1) ».
Pra i segni cheTeducazione imprime negli animi, uno dei piu.
persistenti, quando non sia distrutto da un sistema filosofico, equellbdella fede nella divinita. Le emozioni religiose della prima eta la-
sciano la loro traccia nelle eta successive, e ben di rado si cancellano
del tutto. Limpressione di quei misteri sulla immaginazione e cosi
viva, che le norme di condotta imposte in nome della religione pos-sono nel bambino divenire istintive (2).
Quella impressione cosi viva dipende al certo dai terrori della
(1) E. EERRI, op. cit., pag. 104.
(2) « E cosa degna di nota, che una credenza inculcata costautemente du-
rante i primi anni delk vita, quando il cervello e piu impressionabile, sembra
acquistare quasila naturadiunistinto; e la vera essenza di un istinto e che ess»
vien seguito indipendentemente dalla ragione. » — DARWIN, Horigine del-
1'uomo, cap. 3".
— 149 —
secondavita. La morale pura trova cosi le sanzioni che le man-
cano.
Ed in vero, 1'idea che 1'altruismo non sia, in fondo, che un
egoismo ben inteso, riesce difficile a conoepirsi anche da una
mente elevata e colta: 1' esperienza sembra smentirla ad ogni
istante, perche vi sono mille casi in cui, senza alcun dubbio, il
nostro interesse e in opposizione con quello degli altri. In quei
casi il r*azioeinio della morale utilitaria non puo persuaderci, ne
quindi, determinare la nostra volonta. La morale non rappresenta
chela media delle esperienze di utilila nei casi singoli. Che cosa
imporra 1'obbedienza ad una norma, la quale, propostaci in nome
deirutilita, pure ci riesce evidentemente svantaggiosa ?
Due sole cose possono far cio: 0 un istinto, di cui non ci diamo
ragione, sia congenito, sia acquisito dalla infanzia — owero, quando
qaestoe debole, il timore delle sanzioni religiose, le quali neglianimi infantili possono produrre tale impressione da dirigere per
sempre la condotta in un dato senso.
« Linfiuenza di un codice di morale — dice Spencer — dipendeassai piu dalle emosioni provosate dai suoi imperativi, che dal
sentimento della utilita di ottemperarvi. I sentimenti inspiratiallinfanzia dallo spettacoh della sansione sociah e religiosa dei
principii morali, influiscono sulla condotta assaipiu che lidea del
ben essere che si ottiene con 1'obbedienza a principii di tal ge-nere. Quando difettano i sentimenti nati dallo spettacolo di quelle
sanzioni, la fede utilitaria non basta ordinariamente aprodurreiob-bedienza. — Anche nelle rasse piii educate — egli soggiunge —
fra gli uomini superiori, in cui le simpatie, divenute organiche,lifanno conformare spontaneamente ai precetti altruistici, la sanzione
sociale, derivata in parte dalla religiosa, ha la sua importanza sul-
1'influenza di tali precetti; essa l'ha poi grandissima sulla cpn-dotta delle persone di una mente meno elevata ».
11 medesimo autore trova nocivo il pregiudizio irreligioso od
anti-teologico. — Egli dice a coloro che credono possibile la so-
cieta si conformi senz'altro ai principii della morale: « Come po-
— 150 —
trebbesi valutare la dose di spirito di condotta necessaria, nella
assenza di regole ricevute ereditariamente, e che fanno autorita,
per obbligare gli uomini a comprendere perche, data la, natura
delle cose, un certo modo d'azione sianocivo ed un altro benefieo;
per obbligarli a- guardare oltre al risultato immediato ed a di-
stinguere chiaramente i risultati indiretti e lontani, quali essi
si producono su di se medesimo, sugli altri e sulla societa? »
Egli crede, inoltre, che se pure fosse possibile sostituire di un
tratto al sistema religioso tradizionale un altro sistema elaborato
razionalmente, questo nonagirebbe efficacemente, perche le cre-
denze e le azioni degli uomini, piu che dalla intelligenza, sono
determinate dal sentimento. « I sentimenti morali ispirati allin-
fanzia con lo spettacolo della sanzione morale e religiosa, influi-
scono sulla condotta assai piu che lidea che 1'obbedienza a simili
principii conduca al benessere ».
Egli aggiunge che il sentimento religioso non pu6 scomparire,ne mutare la direzione della sua evoluzione, la quale dipende dal
mistero finale che trovasi in fondo alle umane cognizioni. Un si-
stema religioso e un fattore normah ed essensiah di ogni societa
nella sua.evoluzione; le sue particolarita sono collegate alle con-
dizioni sociali e, se la forma ne e temporanea, la sostanza ne e per-manente.
I positivisti ammettono dunque efficacia educativa nella reli-
gione. Ma tale efficacia non pu6 superare i limiti oltre cui 1'educa-
zione non pu6 essere fattiva, quelli della eredita fisiologica o pato-
logica, owero degli istinti perversi innati. Entro questi limiti,fra le forze educative la religione e senza dubbio una delle mag-
giori, sempre che essa non sia intesa nel senso di una disciplina,la quale imponga soltanto 1'obbligo di osservare riti e costumanze,che nulla hanno di comune con le norme piu alte della morale.
E dunque a deplorarsi che 1'ignoranza o il malvolere di una
parte del clero cattolico disperda quella immensa forza moraliz-
zatrice di una religione, che ha il codice di condotta chiamato
Vangelo!
— 151 —
Non posso dilungarmi nelle considerazioni che potrebbero farsi
a questo punto e che mi trarrebbero lontano dalla traccia del mio
discorso, e conohiudo:
Sembra che 1'influenza delle impressioni religiose congiunte ad
insegnamenti morali, — se non pu6 rimediare alla totale assenza dei
huoni istinti, ne quindi far si che il nato delinquente diventionesto,— possa almeno contrastare altre infiuenze perniciose, ed in molti
casi, frenare 1' impulso al delitto, purche quelle impressioni e
quegl' insegnamenti abbiano agito sulFuomo fin dalla sua prima
infanzia. Ma, viceversa, sembra impossibile una educazione morale,
per mezzo di qualsiasi insegnamento, dell'uomo gia adulto. La
fede religiosa non si acquista se non nella prima infanzia, salvo
qualche caso eccezionale; ora, se questa difetta o riesce un freno
insufnciente, tanto piu vani riusciranno i precetti di morale non
accompagnati, come gli altri, dalle terribili minacce di oltre tomba,tanto meno la morale sara persuasiva, tanto meno diventera
istintiva.
Dunque — ci si domandera, — hessuna speranza di emenda perMt' i delinquenti adulti?
TJna conclusione cosi assoluta sarebbe troppo. afirettata ed anzi
combattuta dai risultati che ottennero alcune societa di patronatoed ancora piu dalla colonizzazione dell'Australia per opera dei
-deportati inglesi. ~knoto che essi in breve tempo si mutarono in
una popolazione attiva ed onesta, i cui discendenti si ricusarono
aricevere nuovi contingenti dicondannati (1).
Eisponder6 agevolmente richiamando ancora la distinzione delle
due specie di criminalita, 1'una che proviene dalla deflcienza or-
ganica di sentimenti altruistici, Faltra generata da una debolezza
di forza morale, incapace di resistere alla forza soverchiante di
(1) E questa la sola ragione per cui 1' Inghilterra ha dovuto limitare la de-
portazione: la resistenza delle colonie gia pervenute ad un alto grado di ci-
vilta e di prosperita economica.
-152 —
alcune abitudini o di alcune spinte d'ambiente. Or bene, non solo-
non pu6 ripararsi aU'assenza, ma neppure correggersi nelTadulto-
la debolezza dell'istinto morale; ci6 che soltanto in alcuni casi
pu6 tentarsi e la soppressione delle cause determinanti, sia col fare
che intorno al soggetto muti 1'ambiente, sia col fargli acquistarenuove dbitudini che distruggano le antiche. Le due cose si operano-
per lo piti simultaneamente e 1'esempio migliore ne e dato ap-
punto dal sistema della deportazione, che pone il condannato in
\m mondo nuovo, in cui la sua vita per cosi dire ricomincia,senza gli ostacoli che in patria gli opponevano i suoi precedentie le sue relazioni, in un mondo ove con assiduo lavoro pu6 egli
procurarsi un'esistenza felice.
Bisogna considerare a questo proposito che in molte condmoni
della vita 1'onesta produce un utile immediato assai maggiore&i
quello che si potrebbe sperare dal delitto. Ed allora, senza che i
germi cattivi siano estirpati, essi possono rimanere latentiyev tutta
la vita, fino a tanto che non mutino di questa le condizioni.Se-
dunque si pu6 trovar modo di far si che il reo sia messo in un
ambiente in cui gli giovi la vita onesta, mentre la cattiva condotta
gli nuocerebbe grandemente, si pu6 far conto che il delitto non
ricomparira, purche 1'individuo abbia nel suo carattere qualchebuon elemento, 1'istinto della socievolezza e 1'aspirazione ad unmi-
gliore avvenire.
Tre cose si possono desumere da tutto ci6:
1° Non essere possibile il determinare fino a qual punto, du-
rante la prima infanzia, gli esempii dell' amoiente domestico e
Yeducazione sperhnentale possano contrastare la perversita innata
e combattere losviluppo degl'istinti criminosi ereditati odatavici.
2° Essere provato che 1'educadone morale pedagogica non
pu6 che contribuire allo sviluppo dei germi buoni gia esistenti.
Essere dunque affatto inutile il tentare di trasformare un carattere
perverso per mezzo d'insegnamenti.3° Potersi tentare di far acquistare ai fanciulli, ed anche
agli adulti non affatto privi di senso morale (delinquenti fortuiti)-
— 153 —
Yabitudine ad un genere di vita ch'essi dovrebbero desiderare dr
poter continuare per sempre, e che 6 gia, per se stesso, un osta-
colo alladelinquenza in coloro che non ne hanno 1'istinto prevalente.— L'amore al lavoro e un sentimento che pu6 nascere dall'abitu-
dine e dalle esperienze di utilita. Ora, in tutti quei delitti a cui
Yosio e le abitudini furono le spinte principali, 1'uomo, posto in un
diverso ambiente che lo inviti al lavoro, pu6 acquistame 1'abito,
quindi 1'amore, e divenire cosi idoneo alla societa. Ecco il solo pro-cessoeducativo che lo Stato deve tentare sui delinquenti adulti.
Ed ecco ci6 che solo pu6 salvarsi dal naufragio della teoria
delFemenda: Gase di lavoro pei fanciulli delinquenti. — Deporta-
zione, od, in mancanza di colonie, compagnie di lavoro in luoghiJontani dal natio pei delinquenti che, a causa delTozio, delle cattive-
abitudini, ovvero della miseria, non erano idonei in patria alla vita
sociale. — Perpetuitd, ovvero nessuna determinazione preventivadella durata, la quale non deve dipendere clie dalla acquisita ido-
neita.
Queste sono le identiche conclusioni (V. Parte 1% cap. 2°) a.cui
eravamo giunti con la scorta del principio dell'adattamento, ed a cui
ora ci troviamo ricondotti logicamente dalla critica del principiodelFemenda. Ed a conclusioni molto simili giungono, per la logicadelle cose, anche quei moderni penalisti che sostengono dovere la
pena essere indirizzata principalmente alla correzione dei rei.
La teoria correzionalista 6 stata oggi tanto modificata da non
essere quasi piu riconoscibile. Essa aggiravasi da principio in una
contraddizione che la rendeva assurda.
Mentre da una parte essa proclamava scopo.della pena essere la
correzione del reo, d'altra parte stabiliva anticipatamente una mi-
sura fissa di pena per ogni reato, un certo numero di mesi o di
anni di custodia in uno stabilimento di educazione o di lavoro,
od anche in una casa di forza riformata secondo le sue idee; — si-
mile,comeosserva il giudice Willert, a quel medico che: « fatta una
diagnosi superficiale, prescriva alFammalato una decozione, e tosto-
dopo prefigga il termine in cui quegli dovra essere messo fuori
— 154 —
deH'ospedale, senza chesu questo termine possa aver influenza il
miglioramento o peggioramento della salute » (1).L'abolizione di ogni misura prestabilita fu propugnata in questi
ultimi tempi in Germania dal dott. Kraepelin, ed e questo il fine
a cui logicamente dovrebbe condurre la teoria deU'emenda. Quandola pena — egli dice —• non rappresenta che un mezzo di cor-
rezione e quando solo per ottenere questa si punisce, il buon
senso vuole che la specie e la durata della custodia non si trovi
prefissa in un codice, e che neppure sia stabilita dal giudice, ma
che dipenda dalla condotta del condannato e dai segni ch'egli da
di resipiscenza e di riabilitazione morale.
Quando la misura e prestabilita, essa, se e troppo alta, rende
vane le buone disposizioni delFindividuo correggibile, oppresso ed
infine abbrutito dai lunghi anni di cattivita; se e troppo bassa,non da alla benefica disciplina il tempo di agire sull'animo del
prigioniero; ne segue che nell'un caso come nelPaltro il condan-
nato ritorna libero senza essere punto migliorato.La pena dev'essere dunque indeterminata (2). Essa, cioe, non
dev'essere prestabilita ne dal codice ne dal giudice. 11 giudice deve
solo sceverare il delinquente sano di mente. daU'alienato, ed or-
dinare che il primo sia tratto in una casa di educazione e di
lavoro, il secondo in un manicomio. Quanto al tempo in cui il
vizio sara corretto o la mente risanata, egli non pu6 prevederlo:come i medici dei manicomii sono creduti competenti nel caso
dello alienato, cosi per gli altri dovrebbero essere competenti i
direttori, maestri, educatori delle case di lavoro (3).Senonche il Kraepelin, essendo naturalista, non pu6 negare l'e-
(1) WILLERT, Bas Postulat der Abschaffimg des Strafmases mit die da-
gegen erhobenen Eiwendungen.
(2) Quasi contemporaneamente io sosteneva per la prima volta in Italia la
medesima idea, con alcune limitazioni, nel mio libro Di un criterio positivodella penalita, puhblicato in Napoli nel 1880, edit. Vallardi.
(3) KRAEPELIN, Bie Abschaffung des Strafmasses, Leipzig, 1880.
— 155 —
sistenza del delitto ereditario e del delinquente incorreggibile.
Egli vuole pertanto che i delinquenti di cui si pu6 facilmente pre-vedere la inemendabilita, ovvero che la rivelano dopo essersi tentato
di educarli, non siano mai rimessi in liberta, ma sceverati daglialtri e custoditi perpetuamente in appositi stabilimenti; perciocchein questi casi non pu6 provvedersi alla sicurezza sociale (ragione
per cui si tenta correggere i delinquenti) se non rendendoli in-
nocui, col porre alla loro attivita un ostacolo insuperabile.La teoria dell'emenda diventa cosi ausiliaria di quella della
difesa sociale, o piuttosto una conseguenza di questa.Tale fu il concetto del mio primo scritto sulla penalita (1) e
tale e oggi quello delle lezioni che il prof. Liszt detta nelFTJni-
versita di Marburgo (2). Egli vuole che la pena sia un mezzo
atto a difendere la societa contro il delitto, e che, secondo la di-
versitd dei casi, raggiunga qiiesto scopo in tre diversi modi: cor-
rezione quando essa e probabile, intimidazione quando e minimo
il pericolo della recidiva,. segregasione che renda il reo innocuo
quando trattasi di delinquenti inemendabili. Per6, anche per co-
storo, la reclusione non sarebbe perpetua quando essi, dopo un
certo numero di anni, dessero qualche segno di ravvedimento:
allora essi passerebbero nella categoria degli emendabili, ove si
continuerebbero gli esperimenti di correzione. Insomma, in un
caso, adattamento artifieiale del delinquente alla societa; in un
altro caso, selesione artificiale con la eliminazione degFindividuidisadatti.
Si vede che questo sistema si avvicina sensibilmente a quelloda me in queste pagine esposto. Ma vi sono pure due grandi dif-
ferenze: la eliminazione e intesa da me in un modo piu generale,come mezzo costante di reazione contro tutti i delitti, da adoperarsicon larghezza maggiore o minore a seconda della necessita, comin-
(1) GAROFALO, Bi un criterio positivo della penalita. Napoli, 1880.
(2) LISZT, Ber ZwecJcgedanke im Strafrecht. Marburgeruniversitats Pro-
gramm, 1882.
— 156 —
ciandosi dalla esclusione da ogni convivenza sociale fino alla sem-
plice esclusione da una localita o da un uffizio. 'Io credo, inoltre,essere possibile determinare eonpiena sicurezsa, e fin da principio,in molti casi, quell'assoluta deficienza di alcuni istinti morali che
costituisce il delinquente. Quanto all' adattamento artificiale, io
credo che la societa non abbia altro dovere che quello di sottrarre
il delinquente all' ambiente per cui esso non era adatto, traspor-tandolo in un altro a cui si pu6 presumere che riesca idoneo. Pra-
ticamente, la cosa si riduce a due maniere principali di provvedi-menti: gli stabilimenti di lavoro industriale od agricolo pei giovani,e la deportazione per gli adulti, ovvero, quando mancano le colonie,la relegazione od obbligo di dimora in un luogo lontano da quellodel delitto, e la istituzione di compagnie di lavoro, perche non vi si
producano centri d'infezione morale.
Ecco i limiti ragionevoli dell'opera dello Stato: nessun dovere
gUincombe d'impartire ai delinquenti il vantaggio della coltura;e tanto meno il privilegio delFozio col diritto al sostentamento:
due veri premii al delitto.
Ora, mentre si e prodotto in G-ermania il movimento a cui ho
accennato, contro la esagerazione della scuola correzionalista, e
mentre in Italia Lombroso e gli scrittori dell'Arcliivio di Psi-
chiatria, Antropologia criminale e Scienze penali indicano le ca-
tegorie di delinquenti di cui soltanto pu6 tentarsi la correzione,6 strano il vedere come 1'ostinazione nei loro preconcetti conduca
gli eclettici italiani in un ordine affatto opposto d'idea.
11 Lucchini, ad esempip, pone bensi il principio che la penadebba rimuovere 1'allarme sociale, e pertanto rendere innocuo il
delinquente (1); ma, quando si tratta d'indicarne il modo, il vec-
chio incurabile dottrinarismo gli vince la mano e gli fa affermare
che la reclusione di un delinquente non debba mai estendersi a
tutta la sua vita, perche vi si opporie la ragione giuridica.
(1) Oorso di diritto penale, pag. 169 e seg.
— 157 —
E quale e poi questa ragione giuridica? II principio che i di-
ritti sono intangibile pertinensa deWindividuo, e quindi la tem-
poraneitd della pena e una delle condisioni essensiali della sua
legittimitd, perche « se la pena dovesse estendersi a tutta la vita
delFuomo, e non esaurirsi che allo spegnersi di questa, essa avrebbe
per risultato di distruggere la personalita morale e giuridica del
delinquente in uno dei massimi fattori della natura umana, Yi-
stinto socievole dal cui sviluppo emergono tutti i giuridici rap-
porti, e con cio la pena contraddirebbe alle funzioni tutelari dello
Stato ».
E naturale, con una simile dottrina, che la Bivista Penale (1)da quello scrittore diretta, trovi « una inconsulta aberrazione »
uno « spregio del diritto » nella nostra salutare teoria della eli-
minazione.
Le contraddizioni del brano che ho riportato sono cosi evidenti
da non meritare quasi una confutazione. 11 ragionamento si risolve
in un sillogismo scolastico di cui una delle assiomatiche premessee un principio, vero, forse, in un altrordine d'idee, falso certa-
mente in quello in cui si trasporta.La pena perpetua distrugge il diritto dell'individuo. Ma il di-
ritto delVuomo e sacro ed intangibile. Dunque la pena non deve
essereperpetua.E la seconda delle premesse (la niinore), che e fuori di posto,
poiche il diritto dell'individuo e sacro ed intangibile fin che si
vuole, ma in un campo ben diverso da quello della repressione del
delitto. Qui, viceversa, esso pub e deve essere violato. Un solo di-
ritto delFindividuo non pu6 calpestarsi: quello di non soffrire un
male non necessario alla salute della societd, un eccesso inutile
ed artificiale nella reasione.
Una discussione seria avrebbe dovuto partire dalla dimostra-
zione di un principio come questo: La eliminazione assoluta del
(1) V. fasc. di maggio 1882.
— 158 —
delinquente (morte o pena peifietua) non e giammai, necessaria
agli scopi della reazione sociale eontro il delitto (1). Ed e facile
intendere che il nostro autore non ha voluto porre cosi la qui-stione, perche il sostenere un simile paradosso gli sarebbe stato
troppo malagevole.Ma d'altra parte lo scopo della difesa sociale, che egli stabi-
lisce come principio della penalita, doveva vietargli di uscire dalla
quistione in quei precisi termini definita, a meno che egli non
creda dovere la necessita, e quindi il diritto sociale, cedere all'in-
dividuale (8).L'ecletismo in tale materia e insostenibile. Bisogna essere. di
qua o di la. Ogni transazione e fallace.
E pure, principii di tal sorta trionferanno forse nella legisla-zione! Ne abbiamo di gia un grave indizio nel progetto di codice
penale preparato all'Italia da illustri gitireconsulti. La pena di
morte e abolita e sostituita dall'ergastolo; questo, dalla reclu-
sione a tempo. Non piu eliminazione assoluta, e quel simulacro
inefficace che se ne conserva nelTergastolo non sara riservato che
ad un numero infinitesimale di misfatti.
(1) El cosi appunto che Beccaria pone la questione della pena di morte e se
eglila risolve nel senso dell'abolizion«, cid e solo perche egli crede di aver
dimostrato che quella pena sia non solo non mcessaria, ma ne pure ittile.
(2) Si pu6 supporre che tale sia la suaidea, quando sileggonole seguenti
parole a proposito del pericolo cui si espone la societa lasciando liberi, dopoil tefmine della loro pena, malfattori non emendati ne emendabili: « Gli e
proprio della vita umana e sociale l'essere esposti afatalie tremendi pericdlL..Non ispetta alla societa il porvi riparo quando, facendolo, essa debba violarei
limiti entro i quali e legittimamente circoscrittala sua potesta! ».
Cosi vuole il Lucchini che il legislatore risponda ai lamenti delle vittime ?
Cosi deve dunque tutelarsi la societa ? Ad una necessita sociale riconosciuta
si oppone la legittimita, come se questa non traesse appunto da quella la sua
origine. E quale sara. allora 1'utilita della pena quando essa, conoscendo il pe-
ricolo e potendolo allontanare, vi espone volontariamente i cittadini col pre-testo del rispetto che si deve alla personalita del malfattore?
— 159 —
La pena normah sard temporanea, prestabilita, predeterminata
in giorni, in mesi, in anni; modo di repressione vario, irrazionale,
e, come dimostrer6 piu tardi, dannoso alla societa quarido esso si
applica agli autori di quei fatti che abbiamo chiamato delittina-
turali.
Sara cosi arrestata quella selezione artificiale che con opera
secolare, lenta, continua epurava la razza; la prolificazione dei
delinquenti, non pitt impedita, ih poche generazioni ne avra ceritu-
plicato il numero (1). Ed altri effetti si vedranno, piu imme-
diati, se questo progetto sara approvato dalle assemblee legisla-tive (2).
La nuova pena, essendo piu mite, sara retroattiva, e 1'Italia
sara invasa ad un tratto da miriadi di condannati che si trove-
ranno ad aver compiuto il loro termine! Non e inopportuno no-
tare che questa popolazione di maggiori delinquenti ascendeva
nel 1883 a 31.900 e che fra questi, quelli condannati a vita erano
5363, ed erano dal 1868 in continuo incremento ! (3).
(1) « La privazione della vita o la lunghezza delia pena sono i soli modi
con cui lo Stato puo cooperare alla selezione ». — « Per cid che riguarda le
qualita morali, una certa eliminazione delle peggiori disposizioni va sempre
progredendo anche nelle nazioni piu incivilite (non certo 1'Italia). I malfat-
tori sono giustmati o tenuti lungamente prigionieri, cosicche non possono tra-
smettere liberamente le loro cattive qualita ». DARWIN, Origine delVuomo,
cap. V.
(2) Questo progetto in fondo si pu6 definire una mitigazione universale e
proporzionale di tutta la penalita. Dal punto di vista costituzionale, perche-
una simile mitigazione sia giustificata, occorrerebbe, direbbero gl'inglesi, che
ranghi e costanti lamenti si sentissero nella popolazione contro 1'eccessiva se-
verita delle pene, che un'agitazione fosse nata nel paese ed avesse prodotto
ripetutamente petizioni alle Camere e al Governo. In Italia basta che le leggi
sembrino a qualche professore di Universita troppo severe o che offendano le
sue idee di simmetria e di proporzione! Inoltre, non si considera che altra &
la severita delle leggi, altra quella dei giudici che le applicano, e che la primae necessaria per limitare la mitezza di questi ultimi.
(3) Belasione delVon. DE EENZK sul bilancio deWInterno — 1884,
— 160 —
Ma i dottrinarii hanno troppa fede nelle loro ubbie per aver
3>aura di simili fantasime! Poco importa che le loro teorie siano
intrinsecamente assurde, purche esse siano coerenti ad un arbi-
irario principio; poco importa che la scienza vera, la scienza in-
dotta dai fatti, protesti contro le loro sillogistiche deduzioni. Essi
-seguitano imperturbabili 1'opera loro e redigono i nuovi codici
:ad immagine e similitudine dei loro trattati. E cosi accade che
la legislazione penale, caduta malauguratamente nelle loro mani^si discosta sempre piu dal suo scopo, perde sempre piu di vista il
faro che doveva rischiararla, lo studio delle necessita sociali.
CAPITOLOIII.
INPLUENZE SOCIALL
I. La ineguaglianza economica — II delitto considerato come reazione eontro
1'iniquita sociale — Se la miseria sia una causa specifica di criminalita —
Eelazioni fra le eondizioni economiche ed i crimini mossi da cupidigia —
11 proletario non da ad essi un contingente, in proporzione, maggiore delle
classi agiate — Se la miseria abbia almeno un'influenza indiretta sulla crimi-
nalita — Nessuna influenza benefica sulla criminalita prodotta dall'agiatezzae dalla istruzione letteraria.
II. Le istituzioni sociali in rapporto alla criminalita — Teoria preventiva in-
diretta di Eomagnosi — Idee di Quetelet — Proposte concrete di modi-
ficazioni legislative tendenti a rimuovere le cause piu comuni dei delitti —
Limitazione delTattivita legislativa: a ehe cosa possano ridursi i .prowedi-menti preventivi indiretti che lo Stato possa adoperare contro il delitto —
I « eostitutivi penali » del Ferri.
Passiamo ora alla seconda questione: quella delle cause di de-
litto esistenti nelTambiente sociale, senza le quali non vi sareb-
bero quei delinquenti da noi chiamati fortuiti, i quali sono senza
dubbio i piu numerosi.
. La soppressione di quelle cause renderebbe dunque inutile tutta
-quella parte della seienza che riguarda il trattamento di questi
delinquenti, e la criminologia come la penologia non avrebbero
ad occuparsi che deirei d^istinto.
Ma 1'ambiente pu6 egli venire cosi trasformato dalFopera del
legislatore?La rieposta affermativa h dsta, nel modo piu reciso, dai soeia-
listi;•— in una forma condizionata, da una parte dei sociologj.
GAROPAIO. — U.
162 —
I. — LA INE(HJAGLIANZA ECONOMICA.'
E noto che il socialismo non e rappresentato da una sola scuola,
ma da parecchie, con diversita di dottrina ed anche d'intenti. Ma
esse sono concordi nel credere che il fenomeno criminoso derivi
principalmente dalla ineguaglianza economica.
Per alcuni di quegli scrittori il delitto rappresenta una rea-
zione contro 1'ingiustizia sociale. La ineguale ripartizione de' beni
condanna una parte della popolazione alla miseria, e con questa
alla ineducazione e alla ignoranza. Uiniquitd economica sanzionata
dalle leggi e un vero delitto, che provoca, se non giustifica, tutti
gli altri (1).La prima colpevole e dunque la societa'. essa rende possibili
i malfattori, creando una classe di infelici che, al banchetto della
vita, non trovarono il loro posto e furono discacciati fuori delle
sale lucenti, nel buio delle vie piovose, riella solitudine triste.
Oggi, per verita, gli scrittori socialisti piu serii non danno in
'modo assoluto simili conchiusioni. Nondimeno essi attribuiscono
quasi sempre il delitto ad un ordinamento artificiale e vizioso
(1) Queste idee del socialismo europeo trovano riscontro in quelle di una
setta' cinese delTXI secolo, al tempo della dinastia di Tsong. Questa setta soste-
neva che « la societa riposa sopra la legge, e Ja legge e Vingiustizia e il
raggiro, sopra la proprieta e la proprieta e V arbitrio e la concussione ».
(Mevue des Beux-Mondes, 15 ffivr. 1880, pag. 923).
II programma di Bakounine, quello dei nichilisti russi e della Mano nera
in Ispagna spingono alla guerra contro tutte le istituzioni sociali. « La societa
e costituita inmodo assurdo e criminoso Ogni proprieta acquisita col la-
voro degli altri e illegittima I ricchi sono da porsi al bando del diritto
delle genti..... Tutti i mezzi per combatterli sono buoni e necessarii, non esclusi
il ferro, il fuoco ed anche la calunnia ». — Programma della Mano nera.
LAVELEYE, Le socialisme contemporain, page 275. Paris, 1883. — V. anchs
il bel lavbro di A. ZORLI, Emancipazione economica della classe operaia.
Bologna, 1881.
— 163 —
della societa, che modificato, anzi radicalmente innovato, ridur-
rebbe tosto a cifre minime la somma della delinquenza, e, con
1'opera lenta della evoluzione, la estinguerebbe del tutto.
Prattanto essi non possono rattenersi dal vedere nel delinquente
il campione di una classe oppressa, che per suo mezzo reagisce;ne risparmiano talvolta 1'amara derisione a coloro che, in quella
classe,chinano. il capo, contentandosi della loro sorte.
« Certo — dice 1'autore di un brillante opuscolo su tale argo-mento — anche nei piu miseri strati v'hanno i martiri, tipi di
rassegnazione cristianamente idiota, incapaci di offesa, benedicenti
la gramola che li percote. Comprendiamo come essi siano 1'ideale
della borghesia che li sfrutta, ma il loro esempio non ci edifica.
Gosi1'operaio che, vendendosi a mercede irrisoria, fa calare il sa-
lario di tutti, e traditore della specie, ed e giusta la reazione che
lo colpisee Imperando il privilegio, ogni ribellione e un fatto
umano che va studiato con sentimenti umani, e, quand'anche
prenda la forma odiosa del delitto, concorre, come sintomo utile,a porre quelle quistioni radicali, ecc. » (1).
Osservo di passaggio che, a chi presenta sotto tale aspetto la
criminalita, deve poi riuscire malagevole lo spiegare il fatto che
1'operaio e il contadino sono -esposti, non meno dei ricchi, adag-
gressioni criminose di ogni specie. Strana quella ribellione al
privilegio che si manifesta in una lotta cosi contro i tiranni come
contro le vittime, cosi contro gli odiati gaudenti come contro i
compagni di sventura!
Una questione ben diversa e il valutare 1'influenza delle speciali
condizioni economiche di tutto un popolo, in confronto di un altro,siilla sua criminalita.
« La miseria — dice un egregio pubblicista — genera l'ab-
Mezione, e 1'abbiezione dei piii da luogo alla tracotanza de' pochi.« Deriva da ci6 quello stato morboso della societa in cui le
(1) P. TURATI, U delitto e la ijuistione sociale. Milano, 1883.
- 164 —
associazioni piu turpi di facinorosi tiranneggiano sfaceiatamente
in mezzo ad una moltitudine di popolo vile e degenere. E pur
troppo le provincie piu povere sono quelle in Italia che danno lo
spettacolo di una deliriquenza piu diffusa e piii esecrabile. Porse
non vi e elasse agricola in Italia pih infelice di quella dei brac-
cianti della bassa Lombardia e del basso Veneto, tra cui fa
scempio la pellagra; e pure cola la delinquenza e lieve, perche
generalmente la popolazione e agiata, e la pingue valle del Po e
la piii florida e produttiva di tutte le regioni italiane. — Pl setnpreil maggior numero che dd, per cosi dire, Tintonazione morah a
tutta.la popolazione, e i poehi ribelli sono costretti a seguire la
niaggioranza e a sentire Finnuenza dell'ambiente sociale che vo-
lentes ducit, nolentes traJiit » (1).
Seguirebbe da cio che la prevalensa della miseria in un m-
tero paese sia uno dei fattori della criminalita che questo paeseoffre in confronto di un altro; in quanto quella miseria, larga-mente diffusa, seiupa il carattere nazionale e corrompe tutto l'am-
biente sociale. Viceversa, la miseria di una parte sola della
popolasione in un paese ricco, rimarrebbe senza un effetto apprez-zabile sulla criminalita. Non so se questa ipotesi sia ben dimo-
strata, ma, vera o no, essa non giova ai socialisti, poich6 da im-
portanza alla ricchezza pubblica nel suo insieme, e non cura la
deficienza di capitale in una classe della popolazione.
Ora, le condizioni economiche relative delle nazioni, bencbe piiimodificabili al certo dei fattori naturali, rappresentano pureunele-mento abbastanza stabile, cioe a dire suscettibile solo di lente
variazioni. Un popolo e p'overo senza colpa dei suoi presenti abi-
tanti, ma la colpa (o, forse, la sventura) e stata delle passate
generazioni. Se ora la nuova generazione lavora attivamente, essa
potra preparare ai proprii figli un migliore avvenire. Ma frattanto
la somma della pubblica riccbezza, pel mondo presente, e uno
stato di fatto inevitabile, come il clima, come la situazione geo-
(1) TAMMEO, I delitti. Civitavecchia, 1882.
— 165 —
grafica. Non e punto di ci6 che in questo momento ci occorre
di ragionare, poiche qui non si tratta di vedere 1'influenza che
quella somma di ricchezza pubblica pu6 avere sulla criminalita
di un paese; bensi 1' influenza su di questa del modo in cui
questa ricchezza trovasi distribuita fra gli abitanti, statodi cose
ehe il socialismo crede artificiale e mutabile. Intorno a ci6 vi e
da discutere lungamente, ma 1'opinione contraria, che crede ne-
eessaria la ineguaglianza dei beni naturali, e indipendente dalla
quistione di fatto: Se la « iniquita economica », cioe quella con-
dizione di cose per cui i cittadini sono distinti in proprietarii e
proletarii, sia la causa principale, o almeno una delle cause piu
importanti, della criminalita.
11 senso in cui adopero la parola « delitto » e gia noto al
lettore; resta ad intenderci sul significato della parola « prole-tariato » a cui si attribuisce, per una triste necessita della sna
condizione, il maggior numero di delitti.
II proletario e l'individuo sfornito di proprieta immobiliare e
che non ha altro mezzo di sussistenza se non il lavoro manuale
retrihuito con salario, per lo piu quotidiano, la cui misura e ri-
stretta al vdlore degli oggetti che, iri una data societa ed in un
dato tempo, rappresentano il puro necessario. Qualsiasi capitale
prodotto dal risparmio, fa passare il proletario nella condizione
dei proprietarii (1).
Ora, non pu6 negarsi che il proletario, piii di qualsiasi altra per-
sona, pu6 essere esposto alla fame, quando, per un solo giorno,
gli manchi quel salario che e 1'imico suo mezzo di sussistenza.
Pu6 accadere allora ch' egli commetta un furto per procurareun pane a se od alla sua famiglia. Ecco il caso del Jean Valjean,dei « MiserabJ.es », Io non dir6, con uno scrittore francese, clie
questa non sia una figura del mondo reale, perche « non^ esiste
in Prancia una citta come Paverolles, in cui un bravo operaio,noto per la sua attivita, per la.sua devozione ad una vedova e
(1) Tale e la definizione del BLOCK, Dictionnaire de la politique.
— 166 —
ad orfanelli, non avrebbe trovato qualche soccorso in caso di ur-
gente bisogno (1).Io credo, invece, questo caso possibile, ma, senza dubbio, esso
e molto raro. — Nella; nostra civilta, salvo in momenti di crisi,
quasi tutti gli uomini di buona volonta trovano lavoro, e, se
hanno la disgrazia di non trovarne, vr sara quasi sempre qualchemano beneflca che loro si stendera. D'altra parte, 1'uomo realmente
in preda alla fame senza sua coJpa, e egli un malfattore se ruba
solo quel tozzo di pane che gli basta a sostenere le sue forze?
Certo, secondo le nostre idee, non potrebbe parlarsi in tal caso di
« delitto naturale », ed anche secondo la presente legislazione,
potrebbesi ammettere la forza irresistibile.
Tolto dunque di mezzo lo stimolo fisico della fame, rimane uno
stimolo morale: la cupidigia prodotta dalla vista delTaltrui ric-
chezza che fa sembrare piu dolorosa la propria indigenza.Ma uno stimolo di tal natura non l'ha soltanto il proletario.
I bisogni sono relativi ai desiderii e questi alla. speciale condi-
zione delFindividuo. II salariato si sente povero in rapporto al
suo padrone; il piccolo possidente in rapporto al gran proprie-
tario; il basso impiegato in rapporto al suo capo di uffizio. A mi-
sura che si ascende la scala sociale, lo splendore della ricchezza
di chi occupa il gradino superiore, fa impallidire chi trovasi al
di sotto. II milionario di capitale invidia II milionario di rendita
ed una cupidigia pu6 invaderlo identica a quella delFoperaio di
campagna per la condizione del mezzadro.
Ora, come questa cupidigia pu6 spingere il contadino al furto
di legna,- essa pu6 spingere -il mezzadro a frodare il proprietario,il contabile a falsificare i suoi registri, il ricco commerciante a
fallire dolosamente, il ricco proprietario a produrre ilfalso testa-
mento di un milionario.
Una dose, piii o meno grande, di cupidigia esiste in tutti gli
(1) A. FRANCK, PJiilosopJiie du droit penal, pag. 147. Paris, 1880.
— 167 —
uomini. Ma, perche essa possa trascinare al delitto, bisogna che
1'individuo si trovi, non gid in una speciale condizione economica,
bensi in una speciale condizione psichica, V assenza o debolezza
di qwlYistinto diprobitd che e il primo dei freni interni, al quale
s'aggiunge poi il desiderio della conservazione della propria fama,
;sia per amor proprio, sia per utilita; ovvero, quando manchino
quei motivi, il timore della pena.
Ora, data la debolezza del carattere, essa sopravviverebbe nel-
1'individuo alla completa soppressione della miseria, ed il fattore
sociale del delitto ricomparirebbe con altre forme; 1'ozioso ladro
di oggi diventerebbe 1'operaio disonesto del domani. Solo sarebbe
presumibile la scomparizione de'reati mossi da cupidigia quando
da essi non fosse piu sperabile utile alcunq. Ma questa presun-
zione non potrebbe mai farsi, con qualsiasi novello ordine econo-
mico che si voglia instaurare, sia con la distribuzione piu mate-
maticamente eguale, seeondo i comunisti, o con quella piu equa,
secondo i socialisti.
Qualunque legge deU'uomo pu6 essere dalFuomo elusa. Bi-
sogna essere molto ingenui per credere che il disonesto non tro-
verebbe modo di procurarsi un vantaggio purchessia col danno
altrui, ed in forma diversa da quella pecuniaria, nei falansterii
di Pourier, negli stabilimenti agricoli ed industriali di Cabet.
Non parlo ne pure delle associazioni operaie di Marx o di Las-
salle. II socialismo contemporaneo che, succeduto al vieto comu-
nismo, ammette in un uomo il diritto di guadagnare piu di un
altro, riconosce cosi 1'impossibilita di stabilire 1'eguaglianza eco-
riomica e sostituisce a questo principio quello della equa retribu-
zione del lavoro. Or bene, la- disuguaglianza economica rende pos-sibile 1'attivita disonesta accanto alla onesta; la speranza dellucro
basta perche persistano le spinte al delitto. Quando al danaro sa-
ranno sostituiti i buoni di lavoro con cui ogni operaio potra, in
cambio delle sue fatiche, prendere ci6 a cui ha diritto nei pub-blici magazzini, forse che sara pertanto finita la specie degli svo-
gliati ed oziosi,- i quali, non potendo ottenere quei buoni col la-
— 168 —
voro, tenteranno d'impossessarsene con inganno e violenza? Stabilito
il principio che ognuno possa consumare solo per quanto produce,
non si sapranno escogitare mille generi di frode per vivere sul
lavoro altrui? Non vi saranno sempre scontenti e spostati ?
Queste considerazioni possono farci ragionevolmente pensare che
la soppressione della miseria non farebbe cessare i delitti mossi
da cupidigia.Ma-li farebbe almeno diminuire? Ecco uri'altra quistione, in-
torno alla quale i sociologi si mostrano incerti. Quasi tutti con-
cedono che la miseria possa essere una spinta criminosa. « Dubito,dice il Perri, che, abolita laproprietd individuale, debbano scorn-
parire del tutto i furti... Certo, tolta quella istituzione, la maggior
parte dei reati ad essa relativi scomparirebbero, ma non tutti» (1).10 esporr6 a questo proposito una opinione che deriva logica-
mente dalle idee teste accennate e che, inoltre, sembrami confer-
mata dai fatti.
11 proletario e una condizione sociale come le altre superiori;1'assoluta mancanza di capitale, che ne e il carattere (esclusi i
casi eccezionali di mancansa del necessario, cioe alloggio, vitto
appropriato al clima, fuoco ne' paesi freddi) e ima condizione eco-
nomica permanente che non ha nulla di anormale per coloro che
sono ad essa avvezzi. Essa costituisce un disagio soltanto per co-
loro i quali hanno desiderii o bisogni ch' essi non possono sod-
disfare per mezzo della loro quotidiana mercede. Ma; un simile
ditiagio economico pu6 esistere, per una ragione analoga, ancJie
nella classe dei capitalisti, posta la parola rendita in luogo di
quella di salario. Nulla ci dice che questa sproporzione fra' de-
siderii e la possibilita di realizzarli sia maggiore nella classe pihumile. Sembra anzi, che, varcato, 1'abisso fra proletarii e proprie-
tarii, crescano fra questi nltimi i desiderii in proporzione mag-
giore della loro ricchezza. ,v
Ora, se il disagio economico, inteso cosi in un significato re-
(1) PERRI, op. cit., pag. 127.
— 169 —
lativo, non e proporzionalmente maggiore nella classe infima, no»
vi ha ragione alcuna perche questa debba esserne spinta al delitto,
piii gagliardamente delle altre.
E bensi vero che il furto, la maniera piii grossolana di atten-
tare alla proprieta, e sparso in larghe proporzioni nelle classi in-
fime, ma ad esso fanno riscontro in proporzione maggiore le fal-
sita, le bancarotte, le corruzioni nelle classi superiori. I qualireati non sono che altrettante varietd di un medesimo diritto na-
turale, rion sono che forme diverse, appropriate alle diverse con-
dizioni sociali, in cui si manifesta 1'identica passione della cupi-
digia, non sono cbe effetti della mancanza di un identico freno
morale. Ed il linguaggio comune che, assai meglio del gergo le-
gale, esprime la pubblica coscienza, appropria un epiteto unico-
a tutfi delinquenti di tal sorta, e chiama ladro cosi il povero che
ruba un orologio, comeil cassiere che fugge coi denari dello Stato;
cosi il commerciante fallito fraudolentemente, come il sindaco, il
deputato provinciale, il magistrato od il ministro cbe mette a
prezzo la giustizia od i favori dello Stato. Se quei poveri che ru-
bano non fossero poveri, essi sarebbero commercianti frodatori, uf-
fiziali pubblici infedeli, proprietarii falsificatori.
Ed ecco come ruina il piu forte argomento dei socialisti, i quali,limitando le loro osservazioni al furto, e trovandolo piu sparsonelle classi povere, credono ehe la soppressione delle aggressionialla proprieta seguirebbe alla soppressione della miseria (1).
In cambio di proletariato, essi dovrebbero parlarci di malessere
economico. Ma questo e prodotto, non dalla ineguale distribuzione-
de' beni naturali, bensi dalla eccezionale sproporzione fra' desiderii
e i mezzi di soddisfarli; e ritrovasi in tutti i diversi strati sociali.
Ed allora, fino a che 1'attivita disonesta potra essere utile, cioe
produttrice di lucro, il delitto esistera sempre negli uomini im-
(1) V., ad esempio, TDRATI , op. cit., pag. 92: « La connessione' dei reati
coHtro la proprieta con le ineguaglianze sociali e cosi apoditticamente chiarita
dalla prevalenza quasi esclusiva delle classi infime nella cerchia dei ladri, che
gli stessi sociologi borghesi non osano contestarla ».
— 170 —
morali, la cui razza trovasi sparsa in tutte le classi in proporzioni
pressoche uguali, se s'intende di qiiella specie d'immoralita, non
superficiale ma fondamentale, che rende possibile il delitto.
Ma quali sono i fatti che possiamo portare innanzi per provarela verita di quesfasserzione ?
Una completa dimostrazione sarebbe possibile se avessimo una
statistica del proletariato in rapporto alla delinquenza. Allora forse
1'eloquenza delle cifre ci dispenserebbe dal fare lunghi discorsi
per provare la fallacia di quell'idea tanto sparsa che la miseria
sia una delle cause principali del delitto.
Ma, disgraziatamente, quegli elementi ci difettano e, per.otte-nerli approssimativamente, non ci resta che procedere per induzione.
Ad esempio, occupandoci per ora di quella sola parte della cri-
minalita che pu6 essere mossa direttamente dalla cupidigia e che
e quindi riferibile al disagio economico, possiamo fare un confronto
fra il numero dei reati che, per solito, si commettono esclusiva-
mente dairinfima plebe con quelli che, piu verosimilmente, sono
opera di individui non poveri.E troveremo nella statistica del 1880, fra' crimini su cui pro-
nunziarono le Sezioni di Accusa, da una parte 123 grassazioni ed
estorsioni con omicidio, 919 grassazioni semplici, 195 tentate,11616 furti qualificati e 700 tentati, 971 ricettazioni di oggetti
furtivi; totale 14524 crimini che si possonosupporre, nella maggior
parte, opera &i proletarii, benche le estorsioni ed i ricatti, compresi
^n quella sommaj siano spesso da attribuirsi alla camorra ed alla
mafia, sette criminose non dirette da indigenti, ma da persone che
hanno sufficienti mezzi di sussistenza indipendentemente dai loro
disonesti lucri.
A fronte di questi reati metteremo 230 sottrazioni, corruzioni
e concussioni di pubblici uffiziali, 107 esercizii arbitrarii delle
proprie ragioni, 505 falsificazioni di monete, cedole, obbligazionidello Stato, sigilli, bolli, ecc, 642 falsita in atti pubblici, scritture
commerciali o private, 154 bancherotte, 470 frodi relative al com-
mercio, alle manifatture, alle arti, 10 reati relativi alle sussistenze
— 171 —
militari od ai pubblici incanti; totale 2118, i quali crimini, alcuni
per la loro natura, altri pei mezzi difficili di esecuzione, non sono
generalmente, da attribuirsi ad indigenti.Ma tutti i reati di quesfultima serie sono effetto di cupidigia
non frenata dalla morale, appunto come quelle aggressioni piii
volgari, piii dirette alla roba altrui che hanno nome di furto ,
grassazione, estorsione. Codeste sono dunque quantita omogeneetra cui e ben possibile istituire un confronto.
Da una parte 14524. crimini di prdletarii, dalTaltra 2118 cri-
mini di possidenti. Iprimi stanno dunque ai secondi come87 a 13.
Quale pu6 dirsi ora, approssimativamente, la proporzione dei
proletarii alla intera popolazione?II censimento del 1871 aveva rilevato un numero di 2,276,633
proprietarii (1), ma la cifra reale se ne presumeva molto mag-. giore(2).
Ed infatti, dalle notizie che mi sono giunte relative al censi-
mento del 1881 parrebbe che gl'iscritti come possidenti ascendano
a piu di tre milioni. Se non che un gran numero di questi pro-
prietarii sono gente poverissima. Nel censimento del 1861 ne figu-ravano 1,027,451 come agricoltori, ovvero dediti alla pesca, alla
pastorizia e alle miniere, e, fra questi, sono molti poveri contadini
che nulla posseggono oltre il loro rustico casolare oyvero poche
spanne di terra insufficienti al loro mantenimento. Oggi vi sono
intorrio a 250 mila iscritti, nei ruoli, i quali pagano meno di L. 5
di tributo annuo diretto.
II numero dei meno disagiati si dovrebbe dunque ridurre di
molto dai 3 milioni d'iscritti, ma piacemi, per larghezza di di-
mostrazione, ritenere questa cifra come quella opposta, non alla
miseria, ma al proletariato nel suo senso di classe assolutamente
priva di capitale: Ed allora, fatta la proporzione con 1'intera po-
(1) Fra questi, 672,312 s'iscrissero con la sola qualifica di proprietari, circa
il 2 1|3 per 100 della* popolazione di quel tempo.
(2) V. Introduz. al vol. riguardante le professioni, pag. x.
— 172 —
polazione (che al 1881 era di 28,459,451 individui), avremo che
i proletarii stanno ai proprietarii quasi come 89 ad 11.
Cosicche, mentre fra 100 persone 89'sarebbero povere, fra 100
crimini mossi da cupidigia, 87 sarebbero da attribuirsi a delin-
quenti poveri.Non e lecito conchiudere da ci6 che in quella specie di crimi-
nalita la cui ragione e dwettamente economica, il proletariato non
ha una parte superiore alle altre classi?
E non si vede allora che la miseria entra nei fattori della cri-
minalita in proporzioni che possono dirsi affatto identicJie a quelledel disagio economico delle classi superiori, disagio che esistera
sempre fino a tanto che sia possibile, non solo attribuire a tutti
gli uomini eguali quote di beni naturali, ma. ancora impedire che
un uomo, col suo lavoro, guadagni piu ed un altro meno ?
Ma se ora dovremo negare che il disagio dei proletarii abbia
una parte piii spiceata nella produzione dei reati contro la pro-
prieta, di quella che abbia, generalmente, il disagio economico,che cosa diremo dunque delFopinione di alcuni socialisti che alla
miseria attribuisce ancora i delitti contro le persone, ed, in ge-
nerale, tutta la criminalita?
Qui il loro sforzo e piu visibile. Essi stessi cominciano dal di-
chiarare che « nei reati contro le persone 1'influsso del mal assetto
sociale e meno apparente » (1). Ma pure « 1'influenza sottile della
miseria penetra, di diritto o di sbieco, in tutti i reati, purchenon ci si fermi, come i sociologi borghesi, a guardarne solo le
relazioni immediate ed esterne ». La miseria e congiunta quasi
sempre alla mancanza di e"ducazione,quindi « mali esempi, onesta
mal ripagata, minore solidita nervosa, eccitamento alle basse pas-
sioni, impotenza di riflessione, disavanzo permanente nelYavere delle
soddisfazioni vitali, onde inconsci e segreti fermenti criminosi ».
Ho parlato, nel capitolo precedente, della influenza che si pu6
(1) TURATI, op. cit., pag. 96.
— 173 —
assegnare alla educazione sulla moralita, ed bo accennato alFopi-nione di taluni che credono 1'educazione affatto inefficace sulle
nature congenitamente perverse, e solo utile sulle nature medie,
quelle non buone ne cattive in modo spiccato. Ho soggiunto che
altri, con maggior fiducia nelTopera educativa, credono che essa
possa produrre un nuovo strato nel carattere che ricopra quellofondamentale ereditario od atavico. Ed infine, per chi aecetti que-sfultima opinione, ho mostrato con quali condizioni e con qualimodi pu6 solo sperarsi un tal effetto. La condizione e 1'infanzia,i modi sono gli esempii domestici, ovvero Finsinuazione di una
fede religiosa che imponga una morale purissima.
Ora, finehe la maggioranza della popolazione avra quegl'istintimorali fondamentali di cui ho parlato innanzi, essi saranno tra-
smessi ereditariamente e sviluppati dalFeducazione famigliare in
tutte le classi, povere e ricche, colte-ed ignoranti.Non trattasi qui di quella delicatezza che e patrimonio morale
di pochi, non di virtii ne di sentimenti nobili e generosi, ma solo
di una qualita negativa, la ripugnanza da un numero determinato
di azioni la cui immoralita e universalmente sentita, nelValto come
nel basso della popolazione.Se e vero che tali isiinti morali furono il risultato evolutivo
delle innumerevoli esperienze d'utilita fatte dalle generazioni pre-
cedenti, simili esperienze, quando si tratta di omicidii, di furti
e di altri delitti analoghi, ebbero luogo cosi nelle classipiu eJe-
vate come nelle piu umili. L'istinto della pieta, quello d'una pro-
bita, comunque limitatissima, si generarono anche nella infima
plebe: anche qui, come negli strati sociali superiori, nacque la
stessa ripugnanza dal sangue e dalle aggressioni violente od insi-
diose. L'evoluzione che, alla superfieie, continu6 e produsse i sen-
timenti pih delicati, trovasi, verso il fondo, arrestata, ovvero pro-
grediente con moto assai piu lento; la moralita si limita a quelle
poche avversioni, a quei pochi sentimenti, ma questi vi esistono
in «guale misura, in eguale proporzione : rari ed anormali vi sono
parimente gl'indiTidui privi di siffatta moralita rudimentale. Senza
— 174 - '
dubbio, la miseria impedisce la buona educazione, e la mancanza
di educazione produce difetto di sviluppo nella moralita, ma non
trae seco 1'assenza completa o parziale di alcuni sentimenti al-
truistici, quali la pieta e la probita elementare.
Ho -gia dimostrato la verita di questa affermazione appunto in
quel campo in cui essa e piu frequentemente contrastata, cioe a
dire per quanto si riferisce alfistinto della probita.
Ora, con altre cifre, prover6 che la criminalita in genere non e
prodotta in proporzioni maggiori dalle classi infime, e non e quindida attribuirsi alla miseria ne alla mancanza d'educazione di questeultime.
La statistica penale per 1'anno 1880 ci apprende che furono
giudicati dai Tribunali correzionali 17,293 possidenti e 98,224non possidenti (1), cioe a dire che i primi stanno agli altri come
17 1|2 a 100, e rappresentano piu del sesto del numero totale
degl'imputati. Dunque, mentre i possidenti non sarebbero che il
10 1^2 od 11 OjO della popolazione (col computo larghissimo che
si e veduto poc'anzi), essi rappresenterebbero circa il 15 0x0 della
delinquenza correzionale!
A questa cifra non fa esatto riscontro quella delle Corti d'assise,
ove i possidenti non rappresenterebbero che poco piu del 10 0^0,essendo 943 i possidenti e 8131 i non possidenti. Ma 6 ad osser-
varsi che tali cifre, in quel luogo, si riferiscono alla spla possi-denza immobiliare; inoltre, non ai giudicati, bensi ai condannati
dalle Assise. Questa cifra minore di possidenti condannati dai giu-dici borghesi ha un significato ben diverso, secondo il mio modo
di vedere^ Essa non. fa che confermare sempre piu 1'osservazione
tante volte fatta che un giuri subisce assai facilmente il fascino della
eloquenza del difensore che un ricco pu6 scegliere fra'migliori av-
vocati, od anche il fascino, piu vergognoso, delVoro delFaccusato.
(1) Vi e inoltre una terza cifra che riguarda gl'imputati di cui s'ignora lo
stato di fortuna, ma questa, potendosi dividere in parti eguali fra le due prime
categerie, e stata da me sottratta dal totale. — Statistica «fe,tav. vn.
— 175 —
Che se ora vogliamo valutare gli effetti di quelfineducazioneche e costante compagna della poverta, potremmo fornire un nu-
mero considerevole di prove della indipendenza in cui sta il feno-
meno criminoso della condizione sociale e della coltura individuale.
Ne sceglieremo qualcuna.Nel distinguere secondo le loro professioni gl'imputati di reati
correzionali, troviamo che la classe piu misera ed ignorante, quella
degli agricoltori, da il 25,39 OjO, e che le classi piu colte, qualii commercianti, industriali, professionisti, artisti, studenti, mili-
tari ed impiegati, danno il 13,58 0[0 (1). Non e necessario con-
sultare le statistiche generali, per dire che, in rapporto al loro
numero rispettivo, queste ultime classi delinquono assai piu della
prima.La loro proporzione e anche maggiore fra' condannati dalle As-
sise,poiche. raggiunge il 15,58 OjO, ed e notevole che qui i soli com-
;- mercianti ed industriali entrano in ragione dell'11,62 0^0 (2).
Penpoter valutare su d'una base certa 1'influenza della coltura
individ&dle, e mestieri prendere le cifre degli analfabeti. Questi,secondo il censimento dell'81, sono con 1'intera popolazione in pro-
porzione del 67,25 0^0. Ora la proporzione degli analfabeti giu-dicati nel 1880 dai Tribunali correzionali e poco diversa: il 68,09
OjO.E fra' condannati dalle Corti d'assise, essa 6 minore: il 66,72
0x0. La semplice istruzione alfabetica in Italia non rivela dunquefinora una. decisa influenza nociva ne favorevole.
Ma la cosa 6 diversa se. esaminiamo la proporzione' di delin-
quenza data dalle classi piti colte.
Pra coloro che esercitario professioni liberali abbiamo un con-
dannato per ogni 345, mentre fra' contadini, uno per 428 (3).
(1) Stat. pen. cit., pag. xxxvi.
,(2) Stat.pen. cit., pag. xxvn.
(3) LOMBROSO,TJomodelinquente, pag. 287.
— 176 -
- La differenza proporzionale e dunque molto sensibile, ma inaltri paesi e ancora maggibre.
In prussia, ad esM le professioni liberali occupano il 2,2 OpOdella popolazione, e danno il 4,0 OjO dei delinquenti (1). In Franciai commercianti e coloro che esercitano le professioni liberali su-
perano di molto la classe agricola e manifatturiera in quasi tuttii piu gravi reati, tranne i furti qualifieati. Ed ivi, nel 1879, la
classe agricola contribuiva all'omicidio ed all' assassinio in pro-porzione del 49 0^0, mentre essa forma il 53 OjO della popola-zione; e la classe dei professionisti, che non forma di quella se
non il 4 0[0, daya un eontingente del 7 0[0 (2).
Punque, minore attivita criminosa in generale, e minore atti-
vita nelle specie piu gravi, da parte appunto di quella gente clie
e insieme la piti povera e la piu incolta. Infatti, questa classe
agricola in Francia comprende, oltre i piccoli proprietarii, piu di
un milione di fittaiuoli e coloni e piu di due miHoni di giorna-lieri, braccianti e servi di campagna (3). S'intende cbeviii tale
computo non sono comprese le donne ne i bambini. ;.$! noto come da per tutto, ma in Francia piu spiccatamente,
siavi un contrasto fra la poverta e 1'ignoranza dei contadini e la
relativa agiatezza e coltura degli operai cittadini.
Che dovranno dunque dire coloro i quali hanno fede nella in-
ftuenza benefica dell'alfabeto e del benessere economico, nelFos-servare la proporzione del 23 OpOdella classe manifatturkra e del
32 0[0 diquella delle arti e mestieri in confronto del 13,Q, che eil contingente degli agricoltori aceusati per ogni 100 mila abitanti?
Ma vihanho altri fatti dai quali si pu6 avere quasi una riprovadella nostfa dimostrazione.
(1) LOHRROSO,op. cit., pag. 289.
(2) FERRI, Socialismo e criminalita, pag. 80.
(3) Notizie sulla statistica francese contenute nel yolume Professiom dei
lavori sul censimento italiano <M 1871.
— 177 —
Da una parte, fra il 1853 ed il 1871 i salarii degli operai«rebbero in Francia nella ragione del 45 0[0; — il consumo del
frumento, valutato per ogni abitante nella media di ettolitri 1,53
nel 1821 crebbe ad ettolitri 2,11 nel 1872; — il consumo della
«arne, da kgr. 20,8 nel 1829 giunse a kgr. 25,1 nel 1862. —
D'altra parte, il numero degli allievi delle scuole elementari, che
efadi 57 per 1000 nel 1832, ascese a 122 nel 1877 (1).Or bene, qual e stato, in confronto di un cosi maraviglioso au-
mento di prosperita e di coltura, il progresso della pubblica mo-
ralita?
« Per cio che riguarda la totalita degli affari giudicati percrimini e delitti, possiamo conchiudere che, prese le cifre come
.sono, 1'aumento e MAGGIOREDEL TRIPLO DAL 1826 AL 1878; ma
•che, ad ogni modo, anche fatta una larghissima parte alle innova-
.zioni legislative, la DELINQUENZATOTALEE CRESCIUTADAL 1826-27
AL 1877-78 COMEDA 100 A 254 (2).
Questo fenomeno devesi dunque attribuire alla prosperita, alla
coltura? E senza dubbio pericoloso il conchiudere islposthoc al
propter hoe. Ma se quelle cifre non bastano a dimostrare che l'au-
mento dei delitti sia dovuto alla maggiore ricchezza, alla piu
sparsa istruzione, esse provano indubitatamente che la miseria e
Tignoranza non sono cause della criminalita generica.Ma qui si puo facilmente prevedere una obiezione.
Se la condizione economica del proletariato non e una delle cause
della criminalita, in qual modo si potranno spiegare le statistiche
•da cui e dimostrato ad evidenza il crescere o il decrescere dei furti
a seconda delFabbondanza dei ricolti e del prezzo delle derrate
.alimentari ?
(1) E. FERRI, Stat. della criminalita in Francia dal 1826 al 1878.
Boma, 1882.
(2) E. FBRRI, op. cit., pag. 201
E notevole specialmente 1'aumento degli attentati al pudore su fanciulli,
*he da 100 nel 1825 ascesero a 579 nel 1874.
GAKOFALO. — 12.
— 178 —
Questa legge statistica e notissima ed e stata rilevata con una-
meravigliosa esattezza. Pu osservato, ad es., che in Baviera per ogniaumento di sei Kreutser sul prezzo dei cereali, fra una popolazione-di 100 mila abitanti, comparisce un nuovo furto, e, viceversa, perogni diminuzione dello stesso valore, si ha un furto»di meno.
Se non che non bisogna dimenticare un fenomeno che producesi
sempre in compagnia del primo; a questo movimento dei reaticontro la proprieta corrisponde, in senso inverso, quello dei reati
contro le persone. Ad ogni diminuzione del prezzo del grano cor-
risponde in Baviera un aumento nella delinquenza contro le persone,e, viceversa, ad ogni aumento del prezzo, una diminuzione di tale
delinquenza.Similmente fu notato che in Prussia, nel 1862, quando il prezzo-
di parecchie derrate alimentari era molto elevato, i delitti contro-
la proprieta erano nella proporzione del 44.38 e quelli contro le
persone, del 15.8; quando il loro prezzo calo, discesero a 41 i
primi, crebbero a 18 gli altri.
E se 1'alzarsi od abbassarsi dei prezzi non si arresta ad un sol'
anno, ma prosegue per un lungo periodo, accade generalmente che^
progredisce con eguale persistenza 1'aumento di una forma di cri-
minalita e la diminuziqjie corrispondente delFaltra.
Manca la splnta, la causa occasionale, lo scopo di un furto y.
dunque il furto non vi sara; ma 1'immoralita permanente deH'in-
dividuo si sfoghera in un oltraggio al pudore, in un omicidio..Cosi alla maggiore agiatezza rivelata in Praneia dal progressivo^
aumento dei salarii e dal maggior consumo di frumento, di granordi vino e di alcoolici (1) ha corrisposto una diminuzione ne' reati.
contro la proprieta che ne' singoli crimini e stata di un quinto (dal!1836 al 1869); mentre nel medesimo spazio, i singoli criminicontro le persone sono cresciuti di piii di un terzo (2).
(1) II consumoM vino sift raddoppiato dal 1829 al 1869; quello deffalcoofsi ^ piu che triplicato dal 1829 al 1872.
(2) FKRRI, Stat. sulta crmimli& m Frtmeia, pag. 39 e 40.
— 179 —
Tutto cio prova che le oscillazioni nell'equilibrio economico,
sempre, per sua natura, instabile, non sono altrimenti causa di
criminalita ma soltanto della forma in cui questa si manifesta.
Esse non producono gia nel corpo sociale un effetto analogo a
quello della trichina o del bacterio che, introdotto accidentalmente
in un organismo sano, lo corrompe ed uccide. Ma piuttosto esse
possono paragonarsi al vento freddo od alla abitazione umida che
accelera la manifestazione della tisi ereditaria, ad uno sforzo o ad
un'emozione che produce 1'affrettata rottura dell'arteria. L'indi-
viduo, senza quelle circostanze, sarebbe pur sempre, dopo pochi
anni, morto di tisi o di anevrismo.
Cosi le circostanze che rendono facile o difficile la vita non fanno
chedeterminare .im un clato momento, in una data forma, in un
modo sjoeciale, 1'estrinsecazione di quella immoralita che, presto o
tardi, sarebbesi sempre manifestata criminosamente.
Le variazioni dell'ambiente fisico e le oscillazioni economiche,chespessone conseguono, producono nella criminalita un fenomeno
simile a quello della marea nell'oceano. Non e gia che questo
ingrossi o scemi la quantita delle sue acque, ma queste alternamente
si avanzanoo si ritirano. Cosi non cresce ne scema complessivamente1'attivita criminosa per effetto di cotali variazioni, specie di quellechesi avvicendano regolarmente come le stagioni.
Gia da lungo tempo si e osservato che il maximum estivo ed
il minimum iemale dei reati contro le persone coincidono col mi-
nimum e col maximun rispettivo di quelli contro la proprieta
(QUETELET).L'attivita dei delinquenti, mossa dai bisogni prevalenti. si rivolge
con preferenza ad un solo oggetto trascurandone gli altri. Accade
cosi la costante corrispondenza fra il crescere di una data speciedi reati e il diminuire di un'altra.
In vero, se spesso l'immoralita e limitata alla deficienza di un
solo degl'istinti morali elementari, e anche molto frequente il trovare
congiunta nel medesimo individuo la improbita alla disumunitd.
La statistica delle recidive ne fornisce la prova migliore, mo-
— 180 —
strando come, nello stesso individuo, si alternino spesso le forme
piu varie di delinquenza, e rendendo cosi vana quella teoria giu-ridica che vuole non sia considerata dalla legge penale se non la
recidiva specifica.E costante 1'inversione di una parte di criminalita da una specie
nell'altra, a causa delTavvicendarsi delle stagioni, dell'abbondanza
o scarsita dei ricolti, e della conseguente misura dei prezzi.E come si sono anche osservati simili effetti nelle variazioni
termometriche annuali, cosi del pari nella persistenza delTaumento
o della diminuzione dei prezzi per una serie di anni.
Infatti 1'aumento eccezionale degli omicidii, degli stupri e dei
ferimenti ha perdurato in Francia per un intero quinquennio in
cui fu generale la prosperita rivelata dai prezzi straordinariamente.
bassi della carne, del frumento e del vino (1).Tutti i fatti concorrono dunque a distruggere la illusione dei
socialisti. La maggiore facilita di vita, la maggiore agiatezza delle
classi infime non fa punto diminuire la somma totale della cri-
minalita. Che anzi, al crescere dei salarii, al diffondersi della
istruzione e seguito nell' ultimo mezzo secolo uno straordinario
aumento in alcune forme gravissime.« E curioso osservare — dice uno scrittore francese — che la
cupidigia cresce con la ricchezza, e parimente, a misura che pro-
gredisce la vita cittadina e che le relazioni sessuali diventano piulibere e molteplici, 1'aumento delle passioni sessuali e attestato
dalla progressione enorme dei delitti contro i costumi. Tutto ci6
illustra questa verita, che il bisogno e sovreccitato dalle propriesoddisfazioni » (2).
Dalle cose dette fin qua, si possono trarre queste due conchiu-
sioni:
(1) Dal 1848 al 1852. V. FERRI, Socialismo e criminalita, pag. 77.
(2) G. TARDE, La stat. crim. du demier demi-siecle — Bevtce phitosoph-,
janvier 1833.
- 181 -
1. L'ordine economico presente, cioe il modo in cui la ric-
chezza si trova distribuita, non e una delle cause della crimina-
lita generica;2. Le oscillazioni solite ad avvicendarsi nell'ordine economico
possono produrre 1'incremento d'una forma di criminalita compen-sata dalla diminuzione d'un'altra forma. Esse sono dunque cause
possibili di criminalita specifica.Eimarrebbero ad esaminare gli squilibri anormali prodotti da
carestie, inondazioni, crisi commerciali, guerre e rivoluzioni. Questi
fatti, che mutano del tutto le condizioni abituali di vita, sembre-
rebbero vere cause occasionali di criminalita, in quanto essi pro-ducono la manifestazione del fenomeno criminoso, che altrimenti,in condizioni normali, non avrebbe forse avuto luogo, non essen-
dovi nell'ambiente impulsi sufficienti per determinare 1'individuo
immorale ad un'azione antisociale.
L'esperienza apparentemente conferma quesfidea, in quanto eSsa
mostra 1'aumento repentino delle grassazioni, degli omicidii, delle
frodi che suol tenere dietro a quelle improvvise perturbazioni.E pure, chi andasse un po' piu al fondo, potrebbe venire in una
diversa opinione. Le statistiche dimostrano in quei casi 1'aumento
della piit grave criminalita: ci6 e indubitato. Ma forse, anche
qui, non vi e che una inversione di forma. Porse una carestia od
un'inondazione non fa sorgere per proprio effetto il delinquente, ma
solo tramuta il ladruncolo ed il vagabondo in grassatore. E cosi
forse anco una rivoluzione od una guerra non fa che trasformare
grassatori in briganti.Allora tratterebbesi soltanto di criminalita specifica — aumento
da una parte, diminuzione dall'altra — benche la maggiore gra-vita dei delitti in aumento renda poco sensibile il compenso.
Ma questa e una semplice opinione che non ho il modo di di-
mostrare statisticamente.
Una crisi sociale, politica od economica pu6 essere senza dubbio
una causa occasionale di delitto, perche diventa piu viva, in tutti
i suoi aspetti, la lotta per 1'esistenza; nondimeno si pu6 supporre
- 182 —
che il difetto di istinti morali (condizione sine qua non del de-
litto) troverebbe sempre, in un momento o nelf altro, nelle parti-colari contingenze della vita, questa o quella spinta che determi-
nerebbe la manifestazione del fenomeno criminoso.
II. — LE ISTITUZIONI SOCIALI.
Ora e necessario rivolgere uno sguardo complessivo ai fattori
esterni della criminalita, cioe a dire alle cause che determinano
per solito la manifestazione del delitto, data sempre la condisione
delFimperfezione morale del delinquente.E evidente che una causa determinante esterna esiste sempre
in tutti i delitti, salvo in quelli che sono prodotti da alienazione
mentale.
Ma nei delinquenti in cui v'ha deficienza assoluta di senso mo-
rale od almeno di uno degl'istinti sociali elementari, la spinta al
delitto pu6 essere porta dalla circostanza piu comune, piii indif-
ferente della vita, purche essa ecciti la passione delPagente. Per-
tanto e impossibile classificare le infinite cause occasionali, le quali
occupano qui un posto subordinato: la causa vera del delitto e
la passione priva del freno morale; si ha dunque la prevalenzadel fattore individuale ed antropologico, ed e affatto inutile ri-
cercare la spinta datagli dal mondo esterno.
Nei delinquenti fortuiti, in cui sono deboli i sentimenti mo-
rali, la manifestazione del delitto e determinata dalla forza pre-valente d'una cattiva abitudine di vita o di un corrotto ambiente.
Sono queste le cause che e possibile determinare e classificare.
Anche 1'ambiente fisico ha una influenza incontrastabile, ma
1'esame e la classificazione di queste cause non ha, generalmente
parlando, che 1'interesse di una ricerca scientifica, perche non e
in potere delTuomo mutare le condizioni meteorologiche e cli-.
matologiche di un paese. Quali sono infatti codesti fattori? II
Perri che, dopo il Lombroso, ne ha accuratamente studiato l'in-
— 183 —
Huenza sulla « diversa manifestasione del delitto », li specifica
cosi: II clima, la natura e fertilita del suolo, la vicenda diurna
e notturna, le stagioni, la temperatura annuale, le meteore, le pro-duzioni agricole (1).
Abbiamo gia detto in un capitolo precedente che i reati contro
la proprieta crescono nei mesi invernali e che i crimini i quali«sono piu in rapportb con le passioni umane, stupro ed assas-
-sinio, accadono con frequenza maggiore nei mesi caldi ».
Sappiamo pure essersi ricercato il parallelismo anche nella tem-
peratura media di una serie di anni, ed essersi notato che gli
stupri ed attentati al pudore seguono molto da vicino le oscilla-
zioni termometriche annuali ed anche quelle della produzione agri-
cola, i due elementi principali che determinano 1'equilibrio delle
tendenze erotiche (2).L'influenza delfambiente fisico sul temperamento predominante
e sul carattere di un popolo, esagerata da Buckle fino al puntodi vederne in esso il principale fattore, non potra mai esatta-
mente misurarsi, perche troppo connessa ad altri elementi. Qualee dunque la parte che spetta alferedita? quale quella che spettaal clima in ogni manifestazione morale d'un popolo?
Ovvero, con altre parole, la razza e foggiata principalmente dal
clima o dalf eredita? Grli antropologi tengono per la seconda opi-
nione, e la storia li soccorre mostrando le immense differenze di
carattere fra popoli antichi e moderni, viyenti nella medesima re-
gione, ma appartenenti a razze diverse.
Queste ricerche sono, del resto, poco utili al nostro argomento.Sia nel sangue o nel clima il fattore del carattere nazionale, la
cosa e per noi indifferente. Le influenze che questi elementi hanno
sulla criminalita producono la differenza fra quella speciale d'un
(1) FERRI, Nuovi orizzonti, pag. 72. — La scuola positiva, pag. 38.
(2) FERRI, Das Verbrechen in seiner Abhangigheit von dem jahrlichemTemperaturwechsel.
— 184 —
popolo e quella speciale di un altro. II clima e un elementoin--
separabile dalla vita d'un popolo stabile, e, se esso entra in una
misura considerevole nella produzione del delitto, tale infiuenza.
e egualmente immutabile come quella delferedita, e pertanto pos--siamo farne un fascio con le altre influenze etniche.
I fattori fisici del reato sono dunque strettamente connessi ai
fattori antropologici e noi ne abbiamo gia veduto fimportanza, a
proposito di speciali forme di delinquenza (Cap. 1°).
Frattanto, ci6 che piu importa e la distinzione fra questi fattorr
e quelli che dipendono da una particolare costituzione sociale, ossia,-come suol dirsi, iaWambiente sociale.
L'esame di queste cause ci fara decidere la quistione: se, anche
per quei delitti che derivano da esse piu direttamente, regga la
teoria della eliminazione del reo, ristretta questa al determinato
ambiente cui egli non e adatto. La quistione nasce dalla opinionedi alcuni sociologi i quali Hmitano la teoria della eliminazione-
al solo caso in cui il delitto dipenda unicamente da fattori antro-
pologici e fisici; ma nel caso in cui esso sia da attribuirsi princi-
palmente a cause sociali, propongono,- non gia la soppressione del
delihquente, bensi quella delle cause medesime.
Essi dicono:: Se 6 vero che esistono nelfambiente alcune cate-
gorie di fatti che, demoralizzando gf individui, ne rendono possi-bili i delitti, lo studio del sociologo deve rivolgersi principalmentea quei fatti, perche, se e ppssibile, essi scompariscano od almeno
fefficacia ne sia di molto ridotta.
Se il delitto non e che il sintomo, perche non si curerebbe con~
preferenza la causa morbosa, quando questa trovasi nelf am-
biente?
Certo, per quanto riguarda la influenza delf ambiente fisico, tutti
vedono che il sociologo pu6 occuparsene al solo scopo di specula-zione scientifica, non essendo possibile correggere le efficacie cli-
matologiche e meteorologiche; viceversa, basta che il fenomeno
non sia fisico ma sociale, perch6 tosto si creda essere in poteredelfuomo il farlo scomparire, quasi che il legislatore possa mu-
— 185 —
tare a sua posta le condizioni di quel grande organismo, non meno>
naturale degli altri, che e la societa.
La prima idea di riforme sociali allo scopo di prevenire i de-
litti fu forse del Eomagnosi, perche prima di lui non parlavasi,che di prevenzione di polizia, e lo stesso Bentham limitava a questa.i suoi rimedii preventivi.
Ma quel nostro grande pensatore raccolse le cause piu comunr
e costanti della criminalita in quattro categorie stupendamente-
comprensive: il difetto di sussistenza, di educasione, di vigilansa^di giustisia. « La prima di queste cause, egli dice, si riferisce-
appunto alf ordine economico, la seconda al morale, le due ultime,
finalmente, al politico. Ma se, infatti, la cosa e cosi, ognuno sente^
di leggieri che conviene provvedere precipuamente a questi quattro-rami onde prevenire le tentazioni e feffettuazione de' delitti » (1).
Se non che, per quanto riguarda f ordine economico, il Eoma-
gnosi determina fazione dello Stato in un'opera piuttosto nega-
tiva, il non contrariare V andamento naturale e spontaneo delle-
cose, il proteggere f esercizio libero delle naturali prerogative dei
cittadini, il non attraversare giuste intraprese, ecc. (2).« II provvedere alle sussistenze, egli dice espressamente, noa
consiste qui nelfincaricare il governo di distribuire il pane quo-tidiano ai cittadini, ma bensi di agevolare lo sviluppamento dellat
personale industria, salvo le prerogative di ognuno; ,ad assicurare^
il frutto-intero delle contrattazioni; a ripartire nel modo piu con-
venevole le successioni fatte per pubblico diritto; a non autoriz-
zare ne dominii parteggiati, ne servitu da persona a cosa, ne da-
persona a persona; e finalmente nei casi di assoluta ed incolpa-bile indigensa, ad apportare soccorsi positivi, reprimendo sempreuna volontaria oziosita ».
L'autore spera che per questo modo la legge giunga a « pre-
(1) KOMAGNOSI,Genesi, ecc, § 1021, 1022.
(2) EOMAGHOSI,op. cit, § 1026.
- 186 —
-venire tutti quei delitti che in via principale ed accessoria nascono
per difetto di sussistenza ».
Vedesi da queste citazioni quanto sia lontano il Eomagnosi dai
socialisti moderni che, appoggiandosi ad alcune frasi scucite e ra-
cimolate qua e la, si compiacciono di ravvisare in lui il loro pre-cursore.
L'assistenza pubblica e dovuta nei soli casi d'4ndigensa incol-
pabile, « i quali, egli afferma, in una societa non iniquamente
sistemata sono ristrettissimi ».
L'autore non dice come si fara per distinguere la miseria in>
proba dalla onesta, ne vede i pericoli, sperimentati da altri Stati,
•di leggi che sanzionino il diritto alla pubblica assistenza. Ad ognimodo il suo concetto e molto diverso da quello del diritto al la-
voro secondo i socialisti.
Ed anche assai diverse sono le provvidenze che egli indica per
riparare al difetto di educasione. Anzitutto la educazione sociale
•e per lui tutfaltra cosa della domestica, della pedagogica e della
scolastica (§ 1044). Essa consiste nel far contrarre agli uomini
abitudini morali, spingendoli al lavoro ed al vicendevole soccorso.
« Dunque le cure della legislazione e delf amministrazione pub-blica debbono essere dirette a far cospirare le cognisioni, gYin-ieressi e le opere per quanto si pu6, in modo da ottenere cittadini
operosi, rispettosi e cordiali ». Egli non si occupa di educazione
individuale, egli non domanda che il Governo si dia la cura di
« erudire individualmente la mente, di muovere personalmentei cuori, di dirigere singolarmente le opere dei cittadini... Altro
e agire' sulle cagioni, ed altro e agire sulle persone. Altro e or-
dinare gf interessi, ed altro e raffazzonare gf individui. Altro e il
provocare le* opere, ed altro 6 il dettarle o estofcerle » (§ 1048).II Eomagnosi non vuole dunque,. allo scopo di prevenire i delitti,alcuna immediata pedagogia (§ 1049). Egli la esclude espressa-
mente, perch6 la crede impossibile.Ed allora, quale pu6 essere, secondo lui, f unica efficacia edu-
•cativa dello Stato ? Anche qui 1'opera e principalmente negativa.
— 187 — .
•Tutto si riduce a « non controvertire le basi fondamentali della
associazione civile », a « non attraversare fandamento naturale
dei comuni interessi », e finalmente, ecco funica azione positiva,ad « aggiungere la semplice pqpolare istrusione e diresione mo-
rale e religiosa » (§ 1064).Tutto il resto dev'essere fatto dalla famiglia e dalla societa;
e qui si entra in un campo diverso dalla legislazione, quello della
naturale evoluzione morale di un popolo; diventa perci6 inutile
seguire f autore. Insomma, secondo il suo ,concetto, un Governo
educa un popolo con « una buona legislasione ed una retta am-
ministrasione » ispirando cosi- il fispetto scambievole dei diritti;inoltre reprimendo Toziositd e soccorrendo la onesta indigensa.Ed e cosi ch'egli ritorna alla indicazione di prowedimenti ana-
loghi a quelli indicati a proposito del difetto di sussistenza.
Evi ritorna ancora nelfultima parte, in cui discorre del di-
fetto di vigilansa e del difetto di giustisia. Egli non vuole che
il Governo ecceda nella vigilanza, perehe « governerebbe troppo,
e, governando troppo, •governerebbe male ». La vigilanza deve li-
mitarsi alle classi pericolose, oziosi e vagabondi. L'oziosita e un
vero delitto sociale, ma non basta proibirla sotto sanzione penale;conviene anche renderla sensa scusa.
« Ma, per renderla senza scusa, e necessario di prestare lavoro
pagato a chi ne domanda. Dunque e necessario che fautorita pub-
Mica, o presti tali lavori pagati, o indichi mezzi certi e concreti
onde ottenerli » (§ 1098).II Eomagnosi, con un ottimismo che fesperienza ha sempre di-
strutto, crede,che il numero dei ricorrenti per ottenere lavoro sa-
rebbe esiguo ed andrebbe sempre scemando (§ 1102).La spesa dunque, secondo lui, sarebbe tenue; ma — egli s'af-
fretta a soggiungere — quand'anche dovesse essere grave, lo Stato
dovrebbe sopportarla, riguardandola « tanto doverosa quanto quella
degli eserciti. Infatti, se gli eserciti ci difendono da nemici estemi
pontani, e che ci assaltano allo scoperto, gli stabilimenti di cui
larliamo (quelli di pubblico lavoro) ci difendono da nemici interni
— 188 —
e vicini, che ci assaltano di soppiatto e sempre ci tengono in una
penosa ansieta ».
Dopo avere accennato alfultima categoria di spinte al delitto,il difetto' di giustisia, ed avere stabilito i canoni fondamentali di
una buona legislazione e procedura, il Eomagnosi dichiara incom-
pleta la sua opera, perche sarebbe ancora necessario determinare
la mutua azione e reazione dei diversi prowedimenti riguardantila sussistenza, f educazione, la vigilanza e la giustizia per preve-
nire le ocCasioni di delitto. E « per una contraria relazione, con-
verrebbe dimostrare come la mancansa di questi prowedimenti,o la loro rispettiva divergenza, apra il varco o spinga effettivamente
a veri delitti » (§ 1155). Ma questo lavoro doveva essere fondato
su di una statistica morale, affatto inesistente ai suoi tempi ed
in gran parte anche oggi impossibile.
Ora, da questa esposizione, e facile vedere che i mezzi preven-
tivi indicati dal Eomagnosi si riduconoad una buona legislazionesociale ed economica, e ad una retta amministrazione della giu-
stizia, insomma alle condizioni generali di sicurezza e di mora-
lita di un popolo; nulla che sia rivolto direttamente ed unica-
mente alla prevenzione della criminalita, salvo la proibizione del-
f ozio inescusabile e il dovere dello Stato di dare lavoro a chi non
possa trovarne da se.
Quesfultimo principio, energicamente combattuto da Malthus e
da tanti altri economisti, e che, secondo il primo, contraddice alle
massime piu evidenti delf offerta e della domanda, e ancora oggiuna quistione non risoluta in teoria, forke, come pensa Fouillee (1),« a causa delle esagefazioni contrarie dei socialisti, degli econo-
misti e dei darwinisti ».
Certo, egli dice, lo Stato non puo promettere, in modo vago,di dare lavoro a tutti coloro che ne domandano, anche al medico
(1) A. FOUILLEE, La philanthropie scientifique — Bev. des Deux-Mondesr
15 sept. 1882.
— 189 -
'senz'ammalati, alf avvocato senza cause, al poeta senza lettori; ne
pu6farsi bottegaio, fabbricante, sostituirsi, in una parola, alf ope-
rosita individuale, facendo continuare artificialmente la produzione
di oggetti che la mancanza di domanda rivela eccessiva. D'altra
parte, esso non dovrebbe aceordare il suo soccorso agf individui va-
lidi che sotto condizioni determinate, fra cui, principalmente,
quella di rinunziare al matrimonio per non accrescere il numero
degfindigenti.Non posso estendermi su tale argomento, perche esso mi trar-
rebbe troppo lungi dal mio tema.•
Dopo Eomagnosi cominci6 lo studio delle influenze climatolo-
giche e meteorologiche sul delitto, ed, in generale, su tutfi fe-
nomeni sociali, allelpiali Buckle diede tale importanza da trascu-
rare affatto tutte le cause fisiologiche e di razza. Ma, non essen-
dosi egli proposto il tema della criminalita, e inutile esaminare
qui il suo sistema, che, del resto, e oggi abbandonato dalla maggior
parte degli scienziati. Basti il dire che egli non credeva ad una
speciale moralita di razza, e nel solo sviluppo intellettuale tro-
vava le cause del progresso dei popoli.
Quetelet non ha consacrato uno studio speciale ai fattori sociali
del delitto. « II mio scopo — egli dice — e quello di esaminare
specialmente f influenza che il clima, il sesso e f eta esercitano
sulf elemento morale (la tendenza al delitto), e di ricercare se
tale influenza possa essere sottoposta alfapprezzamento del calcolo
delle probabilita » (1). Egli accenna solo di volo alla possibilitadi modificare per opera legislativa quelle circostanze delfambiente
sociale che sogliono determinare le azioni criminose. « Le tavole che
mostrano f intensita della tendenza al delitto nelle diverse eta,benche da parecchi anni abbiano offerto in Francia risultati quasi
identici, possono modificarsi gradualmente; a tale modificazione
debbono, anzi, rivolgere la loro attenzione gli amici delf umanita
(1) QUETELET,Physique sociale, liv. 4.
— 190 —
(Libro 1°) Si comprende finfluenza che possono esercitare una
buona legislasione ed un governo illuminato. Si muti per poco Yor-
dine stabilito, e tosto si vedranno mutare anche i fatti che, cosi
costantemente, si erano riprodotti. Questi primi studi provano,
sembrami, evidentemente, f importante missione del legislatore e
la parte di responsabilita ch'egli deve assumere in tutfi fenomeni
relativi alf ordine sociale (Libro 4°) E qui che il legislatore
pu6 compiere una nobile missione: modificando Vambiente nel quah
viviamo, egli puo migliorare la condizione del suo simile La-
sciatemi respirare un'aria piu pura, modificate Vambiente nel qualesono costretto a vivere, e mi darete una nuova esistenza. Forse
anco la mia costituzione morale si mostrerebbe forte, tolte di mezzo
quelle cause deleterie da cui mi circondate ed alle quali non posso
sempre resistere. La mia esistenza morale e quasi sempre nelle
vostre mani come potrebbe esservi la mia esistenza fisica. Le vo-
stre istitusioni tollerano od anche favoriscono un gran numero di
pericoli, e voi mi colpite poi se imprudentemente io soccomboI
Non sarebbe meglio tentare di colmare i precipisii sul ciglio dei
quali mi e forza camminare al buio, od almeno di darmi luce ? »
(Libro 4°).Tali idee, rimaste senza sufficiente sviluppo nelfautore della
Physique sociale, furono fatte germogliare da Despine in Francia,da Lombroso e Ferri in Italia.
Anzitutto erano da ricercarsi quelle condizioni sociali, a cui,
piu generalmente, pu6 attribuirsi una influenza sulla crimina-
lita, cioe — come dice Ferri — quei fattori del delitto « risul-
tanti dalf ambiente sociale in cui vive il delinquente ». Essi
possono raccogliersi e ridursi ai seguenti: « L'aumento della po-
polazione, f emigrazione, f opinione pubblica, i costumi, la reli-
gione, la costituzione della famiglia, il regime educativo, f assetto
politico, commerciale, la produzione agricola ed industriale, f or-
dinamento della pubblica istruzione, della pubblica beneficenza,ed infine f ordinamento legislativo in genere, civile e penale. Una
congerie insomma di cause latenti che si compenetrano e s'intrec-
— 191 — •
ciano e si combinano in ogni piu riposto meato della societa, e-
che sfuggono quasi sempre alf attenzione dei teorici e de' pratici,de'criminalisti e de'sociologi ». Questi fattori possono esser&
diversamente modiflcati dal legislatore « per cui la loro conoscenza,
ammaestrandoci sulf andamento del fenomeno criminoso, da modo-
d'influire. sul livello stesso-della criminalita, perche, modiflcate
le cause, si modificano gli effetti » (1).II legislatore dovrebbe insomma esaminare quali istituzioni,
costumi e pregiudizii di un popolo siano fonte di criminalita, e
con tanti speciali provvedimenti rimuoverli o volgerli almeno al
minor male. A questi mezzi preventivi o d'igiene sociale il Ferri
die nome di sostitutivi penali, nel senso che, fin dove possono
spingere la loro efficacia, essi evitano i reati e quindi le pene.L'A. vuole che « nelle discipline legislative, economiche, poli-
tiche, civili, amministrative, penali, dai piu grandi istituti ai mi-
nimi particolari, sia dato alf organismo sociale un tale assetto pel
quale fattivita umana sia, in modo continuo e indiretto, guidata.nelle vie non-criminose, colfoffrire libero sfogo alle energie ed
ai bisogni individuali, urtandoli il meno possibile e scemando le
tentazioni e le occasioni di delinquere ».
Ed eccone, in breve, i principali esempii porti dalfautore:
Nelf ordine economico il libero scambio previene molti reati
contro la proprieta evitando le carestie e i prezzi troppo alti delle-
derrate alimentarie; la libertd di emigrasione depura il paese daglielementi piu torbidi; cid si e sperimentato in Irlanda dove, dacche
cominciarono ad emigrare circa la meta dei liberati dal carcere,
la delinquenza decrebbe considerevolmente. II pareggiamento delle-
tariffe doganali fa sparire il contrabbando. Un buon sistema tri-
butario decimerebbe le frodi alf erario, farebbe cessare molte espro-
priazioni forzate, fomiti di odii e disordini. Le grandi opere pub-
lUche in tempo di carestia evitano, dando lavoro agli indigenti,.
gran numero di reati.
(1) E. FERRI, Nuovi oriseonti, pag. 72-73. Bologna, 1881.
— 192 —
Le tasse sugli alcoolici (proposte gia da Lombroso) ela dimi-
aiuzione di quelle sulla birra e sul caffe, la restrisione della li-
bertd delle osterie, Vaumento di responsabilitd degli osti, Vdbo-
lisione del pagamento settimanale agli operai, ecc, ecc, sareb-
3bero utili provvedimenti contro fubbriachezza e falcoolismo, fonti
«continue di criminalita. G-li stipendii proporsionati ai bisogni dei
jpubblici funzionarii si opporrebbero alle concussioni, corruzioni, sot-
trazioni, dovute in massima parte alle ristrettezze eeonomiche.
lt'estesa viabilitd, le strade ferrate spengono il brigantaggio e l.e
associazioni di malfattori. La distribusione di legna durante fin-
verno nelle misere borgate fa scemare i furti campestri. Nelle
«itta le vie ampie e bene illuminate prevengono grassazioni e furti.,
Infine le istitusioni bancarie nelfinteresse degli operai scemano
la miseria e quindi una parte degli stimoli al delitto.
Nelf ordine politico l'A. ha grande fiducia in un governo lar-
•gamente liberale per prevenire non solo le ribellioni e cospirazioni,ma anche gli eccessi della stampa e quelli delle sette anarchiche.
Egli cita fesempio della Eussia per dimostrare finutilita dei
rigori, ma gli si potrebbe contrapporre quello di altri paesi ove le
leggi piii democratiche rivelano una eguale impotenza. In questamateria il sostitutivo penale era gia stato espresso nella vieta for-
mola che la liberta b rimedio a se stessa, come la lancia di Achille
<che piagava e risanava, ci6 che, come disse il Bonghi, «e falso
quanto e falso che quella lancia ci fosse » (1).II Ferri crede poi, e qui sono del suo avviso, che quella « ca-
terva di reati i quali provengono dagli insoddisfatti bisogni e dalla
•disconosciuta indole particolare delle varie parti di un paese, di-
verse per clima, razza, tradizioni, lingua, costumi, interessi ,• si
•evitera in gran parte abbandonando la smania metafisica della
simmetria politica ed adattando leggi ed istituzioni alla speciale
fisonomia de' singoli nuclei ».
(1) BONGHI, Discorso alla Costituzionale di Napoli, 24 dicembre 1878.
— 193 —
Nelfordine legislativo ed amministrativo f A. crede che alcune
liforme del Codice civile relativamente alle successioni, ai testa-
menti, al riconoscimento dei figli naturali, alle indagini sulla
paternitd potrebbero far diminuire di molto alcune specie di omi-
cidii, infanticidii, procurati aborti, ratti, ecc. II rendere facili e
pocp dispendiose le cause civili preverrebbe i reati contro f ordine
pubblico, le persone e le proprieta. Una buona legislasione com-
merciale eviterebbe le bancherotte. Altre cause occasionali di de-
litti sarebbero tolte di mezzo dalf abolisione del lotto, dalla vigi-lansa sulle fabbriche oVarmi, da una trasformazione radicale de-
•gli istituti (LeWammonisione, della sorvegliansa e del domicitio
coatto, dai manicomii criminali e dagli stabilimenti d'incorreg-
gibili.Nelfordine religioso, Vabolisione clei petlegrinaggi, il divieto
delle processioni , la semplicitd dei tempti, il matrimonio degliecclesiastici toglierebbero molte occasioni di reati contro la pro-
prieta, contro il pudore, contro le famiglie.Nelfordine famigliare Yammissione del divorsio, il matrimonio
oVimpiegati e militari farebbero scemare bigamie, adulterii, infan-
ticidii, uxoricidii. La proibisione delte nosse a certe persone di-
minuirebbe la schiatta dei delinquenti ponendo ostacolo alla tra-
smissione ereditaria delle tendenze criminose.
Infine nelf ordine educativo e necessario far si che alf istruzione
alfabetica vada congiunta la morale, non per mezzo di aridi in-
segnamenti ma di esempii e di esperiense. Vi contribuiscono Ya-
bolisione di motte feste, di tutti gli spettacoti atroci, la soppres-sione delle pubbticasioni disoneste, dei giornali che descrivono
minutamente' i«piu orribili misfatti, della teatratitd dei giudizi
penali, f istitusione di bagni pubblici, di divertimenti igienici e
ginnastici, di scuole 6 cotonie agricole pei fanciulli poveri.« Insomma — conchiude il Ferri — il legislatore, conforman-
dosi agli ammaestramenti delf esperienza scientifica, dovra convin-
cersi che, per impedire lo straripamento dei delitti, assai piil del
Codice penale importano le riforme sociali. II legislatore, che ha
GiKOFALO. — 13.
/' ' ' — 194'-. .
il c6mpito di conservare sano il corpo sociale, deve imitare il
medico che vuol mantenere sano il corpo individuale : ricorrere il
meno possibile, e nei soli casi estremi, alle misure violente della.
chirurgia, fidare con limitata fiducia nella efficacia troppo pro-•blematica dei farmachi ed affidarsi invece ai sicuri e.continui
seryigi della igiene ».
Non gia che coi sostitutivi si possa sopprimere del tutto la.
criminalita; il legislatore pu6 soltanto modificarne considerevol-
mente il livello, ma in ogni ambiente sociale ve ne ha un minimum
inevitabile, malgrado qualsiasi provvedimehto, perche imposto daglialtri fattori criminosi su cui qualsiasi legislazione e inefficace.
Le diverse proposte messe innanzi dal Ferri si possono discutere-
una ad una, accogliere e rigettare in parte, ma non pu6 da alcuno
negarsi il principio che le leggi influiscono molto sulle diverse
forme criminose, e quindi che il legislatore dovrebbe preoccuparsi
continuamente di questa loro efficacia.
Se non che cade in acconcio il fare una distinzione: una legge-
pu6 agire, in generale, sulla pubblica moralita, ovvero su parti-
colari contingense della vita sociale .che sogliono dare occasione
ad uno speciale delitto.
Alla prima categofia appartengono quelle proposte che il Fern'ha raccolto sotto il titolo di orcline educativo e tegislativo e dalle
quali pu6 ragionevolmente sperarsi im miglioramento della pub-
blica moralita, quindi una diminuzione delle tehdenze criminose.
Le altre proposte tendonoa togliere di mezzo alcune occasioni-
piu comuni di delitti. Ed inquale modo? Togliendo alcuni di-
vieti (come per le dogane, privative, ecc.) e creandone altri (come
per le'feste, le bettole, ecc). .'*'
.
Ora, che il togliefe un divieto facciacessarei reati nascenti di-
rettamente dalla violazione del medesimo,- ci6 e evidente. Se togliete
le barriere doganali non avrete piu contrabbandi. Ma, per converso,
ogni nuovo divieto avrS, certamente i suoi trasgressori; quindi
nuove specie di reati prima inesistenti.
Inoltre, tuttl questi divieti che si possono togliere od aggiungere
— 195 —
ad libitum del legislatore non riguardano direttamente il delitto
naturate, da me definito precedentemente, quello che e solo og-
getto del mio studio presente. Non e tale il contrabbando, ne
qualsiasi trasgressione a speciali regolamenti, ne infine il reato .
puramente politico o puramente famigliare, ne infine ogni fatto
che nori offenda quei sentimentj. morali fondamentali di cui ho
parlato nei primi capitoli.I divieti nuovi o la soppressione di divieti non possono avere
che una infkienza indiretta su' delitti naturali.
La bettola, ad esempio, non genera f omicidio, ma e un invito
di riunione a bevitori e giuocatori, fra' quali pu6 appiccarsi una
contesa, la quale pu6 mutarsi in una rissa, in cui pu6 accadere
un omicidio. Ma la bettola e per se innocente, considerata come
luogo di ristoro della classe povera. Essa corrisponde a cio che
•per le classi superiori rappresentano i caffe ed i ctubs. Anche
qui possono nascere .antipatie ed odii, quindi ingiurie e duelli.
Altri costumi od istituzioni che sono condizione sine qua non
di uno speciale delitto, sono fatti sociali permanenti. Se non vi
fosse il danaro non vi sarebbero i falsificatori di monete o di
carte equivalenti. Se non vi fosse il matrimonio non vi sarebbe
la bigamia. Dicasi la medesima cosa di tutte le altre istituzioni
di ordine economico, politico, famigliare, religioso, essenziali alla
vita di una societa.
Se non che il concetto del Ferri e quello di rimuovere le sole
causepiu frequenti di delitti, nascenti da talune abitudini, perlo piu dannose, e che pertanto si possono sopprimere o limitare
con universale vantaggio. Egli medesimo dice, con Ellero, a pro-
posito di talune istituzioni liberali, doversi « vedere dapprima se
non sia male minore il sopportare tali istituzioni coi loro incon-
venienti, anziche perdere la gran parte di bene che esse possono
recare; e sopra tutto non dimenticare che, come dalla societa e
inseparabile il diritto, cosi dal diritto e inseparabile il reato, che ne
e appunto la violazione.L'abuso della liberta umana esistera sempreftutto sta soltanto a ridurlo alle minime pi^porzioni possibili ».
— 196 —
Questo discorso potrebbe ripetersi a proposito di alcune proposte
delf autore medesimo, riguardanti f ordine economico, politico, fa-
migliare.II libero scambio, egli crede, previene molti disordini criminosi,
mentre il monopolio di certe industrie ne fomenta altri. Ci6 e
vero, ma chi potrebbe consigliare ad uno Stato, per questa sola
considerazione, di abolire il protezionismo o di rinunziare ad utili
monopolii ?
La proibizione del matrimonio ai militari e spesso una causa
di tresche illecite, seduzioni, abbandoni. Ma forse che un governo
potrebbe rinunziare agfimmensi vantaggi di un esercito di celibi?
D'altra parte, si muti pure in molte materie la legge od il
costume. Si e poi ben sicuri che alla diminuzione di una speciale
criminalita non corrisponderebbe faumento di un'altra?
Quando avrete tolto ai popolani lo svago delle feste, non avrete
aumentato il loro isolamento e cosi diminuito la loro socievolezza ?
Non risentiranno essi piu vivamente i loro stenti, non piu inter-
rotti da un'ora di spensierata allegria ? E il loro carattere dive-
nuto piu cupo, piu triste, forse piu astioso, non sara una nuova
minaccia di delitti ?
Quando avrete permesso il divorzio avrete forse abolito la ge-losia ? E non diverra piu terribile quella del coniuge discacciato
e rimasto senza fainiglia ?
Ed infine, simili prowedimenti produrrebbero poi il risultato
che se ne spera quando ad essi si opponga la resistenza, quasi
sempre invincibile, del costume inveterato ?
Lombroso ed altri, per combattere falcoolismo, hanno invocato
il fisco, proponendo tasse gravissime sugli alcoolici. Ma la Francia
e 1'Olanda ci hanno dato esempii della inefficacia di tali provve-dimenti. Nel primo di quei paesi, come nota lo stesso Ferri, le
tasse sugli spiriti furono raddoppiate d'un colpo solo con le leggidel 1871 e del 1872, e pure si e veduto crescere sempre il con-
sumo delle bevande alcooliche. Onde f autore medesimo conchiude
rimanere soltanto a sperare che, come f ubbriachezza nelle classi
— 197 -
superiori, cosi, col progresso della civiltd, diventi sempre meno
frequente anche nelle infime « quella piaga terribile delf alcoo-
lismo che non si pu6 medicare all'improvviso ».
Un modo di prevenire direttamente il male che esso producesarebbe fassoluta proibizione degli spacci di bevande spiritose,
gia proposta da Despine. Ma e vano sperare in Europa simili
assoluti divieti (1). Piii facile ad attuarsi sarebbe un prowedi-mento meno radicale, come la restrisione graduale degli spacci,fino a giungere, in un determinato periodo, ad un numero di li-
cenzestabilito come maximum per ogni Comune.
L'01anda ne ha dato un recente esempio. Ivi faumento con-
tinuo del consumo di acquavite, benche la tassa fosse stata por-tata in pochi anni da 22 a 57 fiorini per ettolitro, preoccupavaseriamente il paese. Dal consumo di 224,285 ettolitri nel 1854
si era giunti nel 1881 a 328,000, cioe da 7,08 litri per abitante
a 9,81. U governo prese f iniziativa di portar rimedio a questovizio che « non solo produceva la rovina morale e fisica di molti
individui, ma minacciava anche la vita famigliare, f ordine pub-blico e la sicurezza » — perciocche sembrava « strano che mentre
allo Stato davasi la missione di curare la pubblica educazione permezzodelle scuole, la pubblica prosperita col favore al commercio.
la pubblica sicurezza per mezzo delle carceri, d'altra parte gli si
negasse il diritto di porre ostacoli ad uno dei piu terribili nemici
della educazione, della prosperita e della educazione» (2).
(1) Dico in Europa, perche in qualche parte di America si e avuto 1'energiadi proihire assolutamente la vendita di qualsiasi bevanda alcoolica. Nello
Stato del Maine questo provvedimento fece diminuire in pochi anni molto sen-
sibilmente la miseria, la mendicita e i delitti. Dodici altri Stati dell'TJnione
si aftrettarono a seguire 1'esempio del Maine. — DESPINE,De la folie, eee., ediz.
cit, pag. 904.
(2) Eelazione del ministro MODDERMANN— V. Zeitsehrift fiir die gesammte
Strafrechtswissenschafft. — 3r. B. — 4". tt. Das niederlandische Gesetz von
28 Iuni 1882, von Prof. DRUCKER in Groningen.
;. — 198 —: ; :
In conformita delle quali idee un progetto di legge era pre-
sentato, votato dalle Camere e promulgato il 28 giugno 1882 con
cui stabilivasi una cifra massima di license da accordarsi per .
ogni Comune, mediante una. tassa, e disponevasi che nel termine
di 20 anni la legge doyesse avere lasua piena esecuzione. Aggiun-
gevansi pene contro gli ubbriachi.e gli eccitatori alFubbriachezza.
. Questa legge, dopo soli 6 mesi, eominciava di gia a produrrei suoi benefici effetti. II numero di 45,000 spacci esistenti nel
1879 discendeva a 32,983, e f introito delle tasse sulf acquavitescemava di 100,000 fiorini, mentre cresceva il consumo della
birra e dello zucchero.
L'01anda mostra dunque che un governo fermo e prudente pu6
cooperare alf attenuazione di un vizio divenuto cosi generale nella
popolazione da far dire ad un deputato che bisognasse «lasciar
tranquillamente godere ad Un operaio i suoi due bicchierini
(Schnapse) di acquavite al giorno » (1).Perche non dovrebbe seguirsi tal esempio in Italia, dove il
vizio e piu recente e quindi piii facilmente potrebbe sradicarsi?
L'aumento delle botteghe di liquoristi, delle bettole e delle can-
tine e rapido in Italia. Per darne un esempio, queste, in Milano
dal 1872 al 1877, crebbero di .848 (2). Nelle provincie romane
e meridionali, ove non e grande il consumo delle beyande spiri-
tose, il vino produce alla salute un male senza dubbio minore,ma molto maggiore alla sicurezza sociale, a causa della straor-
dinaria eccitabilita della popolazione.Non vi ha dubbio che gli siano dovuti molti reati di sangue,
e la prova ne e data dal fatto che nella provincia di Napoli,
dopo la licenza assoluta data alle bettole nel 1876 e che ne fece
crescere considerevolmente il numero, i ferimenti e le percosse
(1) Zeitschrift ecc, fasc. cit., pag. 580.
(2) Nello stesso periodo le bottiglie di alcool e liquori introdotte in Italia
crebbero da 17,876 a 27,883. —Arch.dipsich., scienzepen.ecc.vol. 4, &sc. 2,
pag. 273. Torino, 1883.
— 199 —
volontarie salirono da 1577 nelfanno 1877 a 2191 nelfanno 1878
ed a 3349 nelfanno 1879 (1).Un saggio provvedimento sarebbe dunque la limitazione delle
licenze ad un nuinero' massimo stabilito per ogni luogo, con una
forte tassa di esercizio e con disposizioni transitorie simili a quelle
delfOlahda ad effetto di restfingere gradualmente il numero degliesercizii esistenti.
II progetto di riforma della legge sulla pubblica sicurezza
(DEPRETIS,25 hovembre 1882), non reca che timide restrizioni alla
liberta delle osterie. Mentre f Olanda riduce le sue da 45.000 a
14.000, qiiale diminuzione potra sperarsi in Italia dalFart. 80
che.da facolta alfautorita di P. S. di ricusare huove licenze qnandoil numero delle bettole sia creduto gia sufficiente in un Circon-
dario? Ad ogni modo quest'articolo potra essere utile come nn
argine opposto alf estendefsi del vizio: non potendosi ottenere una
diminuzione, giovera un minore aumento. E sara sempre un primo
passo nella via delle restrizioni. n medesimo progetto contiene
anche disposizioni penali contro fubbriachezza in pubblico e contro
1'eccitamento alfubbfiachezza (art. 217, 218), provvedimenti che
fin oggi difettano del tutto nella nostra legislazione e che pbtrahnoessere utili se si sapra fare rigofosamente eseguire la legge.
Per fare ora ritorno alla teoria del Ferri, diciamo di alcuni
altri prowedimenti da lui proposti, i quali sono fuori della pre-sente orbita di azione dello Stato, come « Vespulsiohe dalle so-
uetd operaie dei socii ubbriaconi, la diffusione di divertimenti
igienici a buon mercato, te societd di temperansa un po' meno
arcddiche, Vabolisione delVuso di pagare gti operai in una sola
volta, atla vigitia detta domenica, le case .di operaid buonmer-
cato,-le societd cooperative, di mutuo soccorso, te banche popolari,i comitati di beheficensa, Vesercisio delta medicina per parte detle
donne, la. diffusione ed appticasione delle idee di Malthus».
(1) TURIELLO, Govemo e governati, cap. 3, pag. 368. Bologna, 1883.
— 200 —
Ora, e chiaro che finfluenza del G-overno in tutte queste cose,se non del tutto nulla, e certo assai limitata. Non trattasi qui
dunque di riforme legislative, ma tutto dipende dal progresso na-turale della civilta, dalfaumento della previdenza e del risparmio,.dalla iniziativa privata. II dire che con questi « mezzi » decresce-
rebbe la criminalita vale precisamente, quanto il dire che unasocieta meglio educata al lavoro ed alle idee di ordine e di pre-videnza produce minori delitti.
. Se pure in alcuna di queste cose (eerto non nelf applicazionedella riserva malthusiana) il Govemo potesse assumere qualche
ingerenza, sarebbe molto dubbio il vedere i suoi sforzi coronati
da successo. Ne, d'altra parte, tale intervento potrebbe esserecon-
sigliato da una sana politica.Che cosa rimane dunque alf opera legislativa ed amministrativa?
I provvedimenti legislativi contro il delitto noli possono riferirsl
che ad una buona polizia, una buona amministrazione della giu-
stizia, ed a promuovere indirettamente la pubblica educazione
morale, facendo ostacolo al crescere di talune abitudini viziose
che sogliono essere cause ordinarie di reati.
Eccoci dunque ritornati precisamente alle idee di Eomagnosi:Educasione, vigilansa, e giustisia. Fuori di questo campo, troppovarii sorio gf interessi, troppo f uno alf altro opposti perche lo
Stato possa con le sue leggi mirare priricipalmente alla preven-zione de' delitti. „
Dunque: Scuole dirette da maestri intelligenti e morali; isti-
tuzione di asili educativi, di stabilimenti agricoli pei fanciulli
poveri od abbandonati; divieto di pubblicazioni e spettacoli di-
sonesti -r divieto ai giovanetti di accedere alle aule delle corti cri-
minali, restrizione della liberta delle osterie; divieto delfozio;
vigilanza sulle persone sospette; buone legge civili; procedura
spiccia.e rion dispendiosa.Ecco i soli mezzi indiretti di prevenzione del delitto che sono-
nelle facolta di un governo.
Quanto alla denominazione « sostitutivi penali » il Ferri ha ben
- 201 —
dichiarato, come ho gia detto, il senso ch'egli da alla parola,aia cid non toglie che, a mio credere, essa non sia forse la piitesatta che potrebbesi adoperare.
Trattasi di mezzi di prevenzione, cioe di ostacolo al nascere-
del delitto. Dunque con essi non si sostituisce altrimenti la penarla quale comparisce dopo il delitto. La parola « sostitutivo » po-trebbe solo indicare un succedaneo, cioe un modo di repressionediverso da quella che ordinariamente chiamasi penale; ad esempio-la coazione al pagamento della indennita aH'offeso, mezzo che,
come diremo piii innanzi, sara da noi proposto in cambio della.
carcere o multa per alcuni reati.
Per coloro che intendono la pena nel senso di vendetta o dr
espiazione, la parola sostitutivo diventa esattissima quando essa si
adoperi per indicare mezzi repressivi atti a rimuovere le occasionl
di delitto da coloro che hanno rivelato COLDELITTOSTESSOle bro>
tendenge antisociali. Tal e il mutamento di ambiente fisico &
sociale che, pel delinquente, importi la necessita di nuove abitudini,
di una vita nuova in condizioni affatto diverse, nella quale e difficil&
si riproducano quegl'impulsi criminosi a cui la vita precedente
porgeva una causa continua. La quale idea, come ho gia mostrato,
e contenuta in quella della eliminazione che domina, sovrana, tutta
la materia della repressione.
PARTE III.
LA REPRESSIONE.
CAPITOLOI.
CRITERII DI PUNIBILITA.
« Io non credo che vi sia alcuna teoriasul diritto di punire che si regga saldanella sua base, toltone quella appuntoche ricorre alla necessita naturale ».
(LOMBROSO,Uomo delinq., pag. 382).
I. IL CONCETTOGIURIDICODEL DELITTO — Scuola francese e scuola italiana— II delinquente quale uomo normale — La pena come castigo — Teorie
assolute: — non possono risolvere il problema penale •— Teoria classica
italiana: — tutela giuridica — II limite della giustizia.II. LA RESPONSABILITAJCORALE— 11 libero arbitrio nel delinquente — Ee-
sponsabilita relativa — Impossibile applicazione di questo principio — La
forza irresistibile — Contraddizioni della teoria, della legislazione e della
pratica — H vizio di mente — Punibilita dei delinquenti pazzi — Se pos-sano anclie essere puniti di morte — L'ubbriachezza e l'eta quali cause di
diminuita responsabilita nella teoria classica.
III. LA PROPORZIONEPENALE— Criterii quantitativi del delitto: — loro com-
plicazione — Impossibilita di determinare un criterio esclusivo della gra-vita dei delitti — Criterio di penalitasecondo la scuola classica — Cri-
terio proposto da Eomagnosi — Criterio positivo — Obiezioni e risposte— II merito e demerito negli atti determinati — Proteste in nome della
giustizia.
IV. L TENTATIVO CRIMINOSO— Diversi punti di partenza— Caratteri del
tentativo — Atti preparatorii — Quando possano essere considerati come
veri tentativi — Idoneita di mezzi—Teorie germaniche — Soluzione delle
quistione.
V. Di ALCUNEALTRE TEORIE GICRIDICHE— Complicita— Incomunicabilita
delle qualita personali — Mandato — Circostanze aggravanti ed atte-
nuanti — Cumulo di reati — Eecidiva propria ed impropria— Maggior
pericolo sociale della recidiva impropria — Limitazione della recidiva se-
condo la scuola classica —Progetto del nuovo Codice italiano — Bsempio
opposto dato dalla Francia — L'estinzione dell'azione penale — La pre-
— 206 —
scrizione — Necessita sociale di ammetterla — Limiti che dovrebbe ra-
gionevolmente avere la prescrizione della pena — Patti che la dovrebbero
interrompere — Assurdita intrinseca dell'amnistia pei delitti comuni ed
assurdita del principio che essa abolisca 1'azione penale e quindi la re-
cidiva — La grazia — Suoi pericoli.
VI. EISPOSTA.AD ALCUNEOBIEZIONI.
"VII. LE PENE — Differenza fra le pene scritte nei Codici e quelle che si ap-
plicano —• Assurdi derivanti dalla massima pro reo — Come siano punitii rei abituali.
VIII. LA RIPARAZIONEDEL DANNO— Poca serieta delTobbligo imposto ai rei di
riparare il danno — Teoria di Spencer — Lato della quistione non con-
siderato da questo scrittore — Ostacoli pratici alla realizzazione del suo
sistema — Limiti in cui e ammessibile — La coercizione alla riparaziorie
pecuniaria come succedaneo della pena in alcime categorie di reati.
I. — II CONCETTOGIURIDICO DEL DELITTO.
II punto di vista da cui abbiamo considerato il delitto doveva
logicamente farci determinare in un modo unico la manifestazione
della reazione sociale: 1'allontanamento dei delinquenti daLTam-
biente a cui essi non sono adatti, sia che questo ambiente rap-
presenti 1'intera societa, sia una sola parte della medesima.
Ma questa conchiusione, che stabilisce Veliminasione come sola
pena ragionale, e ben diversa da quella della scienza giuridica.I criminalisti, non avendo avuto finora il concetto del delitio na-
turale, o, per lo meno, non avendo saputo definirlo, dovevano es-
sere tratti necessariamente in un altr'ordine d'idee.
Che cosa e la criminalita pel giurista ? Nulla. Egli non conosce
questa parola. Egli non si occupa del fenomeno sociale ne delle
sue cause naturali, ovvero, tutto al piu, queste cognizioni rappre-sentano per lui una merce di puro lusso. Egli non vede nel de-
linquente un uomo anormale il quale fa necessariamente cio che
un altro non p.otrebbe; il, delinquente e per lui semplicemente l'au-
tore di un reato, un uomo simile a tutti gli altri, il quale ha la
possibilita del male come quella del bene.
' •.-207 —
Insomma, il giurista studia il delitto soltanto nella sua attua-
lita; non guarda il passato ne il futuro. Sua preoccupazione prin-
cipale e la determinazione dei caratteri precisi che costituiscon»
i diversi reati e li distinguono gli uni dagli altri, la determina-
zione della loro diversa gravita e la ricerca di una norma che ad
ogni entita criminosa opponga una proporzionale quantita di pena
giuridica, poco curandosi degli effetti che questa possa produrresul delinquente, ovvero sulla societa.
Ohe cosa e dunque il delitto ? L'antica scuola positiva lo de-
finiva (f. un'azione nociva da proibirsi » (1)> ovvero semplicemente-« un'azione vietata dalla legge » (2), od infine « un atto di per-sona intelligente e libera, nocivo altrui ed ingiusto » (3).
La scuola francese moderna, seguendo Rossi, il suo gran fon-
datore, ha ricercato il principio della legge punitiva nella leggemorale limitata dalle necessita sdciali, ma senza alcuna analisi
psicologica de' sentimenti e senza punto sceverare le. norme fon--
damentali ed invariabili da quelle mutabili insieme ai sentimenti
da cui hanno origine, ne quelle universali da quelle conosciute da
una parte sola della societa.
« Le pouvoir social ne peut regarder comme delit que la vio-
lation d'un devoir envers la soctete et les individus, exigible en
soi et utile au maintien de 1'ordre politique » (Rossi).
Ortolan, Trebutieh, Guizot, Bertauld in Francia, Haus nel BelgiorMittermaier in Germania aderirono a questo concetto, secondo il
quale 1'utile sociale non e gia il principio ma la condmone della
legge punitiva.
(1) « Qualsiasi azione che si creda debba essere vietata a causa di qualche-
male che fa nascere o tende a far nasceve ». — BENTHAM, Trattato di legisla-
zione penale, cap. 1. .
« Tutte leazioni opposte al bene pubblico chiamansi delitti ». BECCARIA,
Bei delitti e delle pene, § vi.
(2) PILANGIERI, Sciensa della legislazione, lib. III, cap. 37.
(3) EOMAGNOSI,Genesi del diritto penale, § 554 e seg.
' ' • —208;-
Nondimeno rimane pur sempre indeterminato ed elastico il con-
«cetto del delitto, non essendo definita la specie della immoralita,•che propriamente lo costituisce.
Per darne un esempio, in una delle piu reputate opere francesi
•di diritto criminale, chiamasi delitto qualsiasi azione che possaturbare Vordine sociale, come la trasgressione di un regolamento•di polizia sanitaria o di polizia urbana: « Tout trouble apportea 1'ordre social est un delit moral, puisque ce trouble est la vio-
lation d'un devoir, celui de 1'homme envers la societe. Ainsi les
actions que la justice a mission de punir seraient de deux sortes:
ou empreintes d'une immoralite intrinseque, ou pures en elles-
memes de cette immoraliti, mais la puisant alors dans la vio-
iation d'un devoir social: dans ces deux cas il y aurait delit so--
cial: 1'element de ce delit serait la criminalite intrinseque ou re-
lative de Facte. La plupart des contraventions materielles rentrent
•dans cette derniere classe » (1).Con altre parole, quando si commette un'azione vietata da una
autorita legittima, vi e sempre nel fatto Vimmoralitd delta disob-
bediensa. Diventa dunque inutile parlare di dovere morale violato,
poiche una violazione di tal natura pu6 trovarsi in qualsiasi tras-
gressione. II principio morale si dilegua, e tutto si riduce alla tra-
sgressione di una legge dello Stato. ,
Alla definizione del Rossi, il Pranck ha sostituito la proposi-zione correlativa. Quegli parla di violazione di doveri, questi di
violazione di diritti: « Une action ne peut etre legitimement pour-suivie et punie par la societe que lorsqu'elle est la violation, non
jpas d'un devoir, mais d'un droit, d'un droit individuel ou colle-
ctif, fonde, comme la societe elle meme, sur la loi morale » (2).Se non che 1'autore e, tosto dopo, costretto a fare considerevoli
restrizioni al suo principio, poiche la violazione di parecchi di-
(1) CHAUVEAUet HELIE, Th. du Code pen., ch. 1, 17.
(-2) AD. FBANCK, Philos. du droit penal, pag. 96. Paris, 1880.
— 209 —
ritti non pu6 dirsi criminosa; « mais ce -sont des droits d'une na-
ture particuliere.». La gratitudine, il rispetto, la gentilezza, la
devozione, 1'umanita, la pieta, sono — egli agginnge — per gliuni un dovere, per gli altri un diritto. Ma non vi ha che una le-
gislazione tirannica e pedante che possa punire la ingratitudine,la ruvidezza, ecc, perche i diritti di cui qui si tratta non sono
suscettibili di una misura determinata e non sono esigibili coat-
tivamente.
II delitto sta solo nella violazione di un diritto circoscritto in
limiti precisi ed invariabili, ed esigibile con la forza (pag. 99).Ma cid non basta: Bisogna inoltre, perche una violazione di tal
genere possa dirsi criminosa, che la sanzione penale sia possibile,
effcace e non turbi i costumi (pag. 101). « Ainsi, une femme quirefuserait a son mari 1'accomplissement des fms du mariage, echap-
perait a toutes les mesures de rigueur qu'on pourrait imaginer,
parce que ces rigueurs seraient plus a craindre pour les mceurs
que le delit lui-meme ».
Ma, nonostante la cura posta dall'autore nella sua defmizione,il concetto del delitto non esce dal vago. Un debitore moroso viola
un diritto ben determinato ed esigibile coattivamente: e egli un
delinquente?
Questo solo esempio mostra 1'incertezza dei limiti secondo la
definizione del Franck. Importa per6 notare in tutta la scuola fran-
cese moderna lo sforzo lodevole fatto per dare al delitto un ca-
rattere non arbitrario, non collegato alle mutabili necessita di go-verno.
La scuola italiana, con una forma apparentemente diversa, ha,in fondo, esposto il medesimo concetto. Solo che, mentre i Fran-
cesi considerano 1'utile sociale come una condizione della legge
penale, gl'Italiani hanno stabilito nella tegge sociale ii principio,
•considerando la legge morale come una condisione per limitarne
e restringerne 1'azione (Beccaria, Romagnosi, Carmignani, Giuliani).
Pertanto il Carrara ci da la seguente definizione del delitto:
« La infrazione della legge dello Stato promulgata per proteggereGiROFALO. — 14.
— 210 —
la sicurezza dei eittadini; risultante da un atto esterno deH'uomor
positivo o negativo, moralmente imputabile » (1)..Insomma il delitto, secondo la scuola classica italiasna, e un'a-
zione che turba 1'ordine sociale, e che inoltre e dalla legge mo-
rale disapprovata, ci6 che piu' brevemente si e espresso con le pa-role « infrasione giuridica ».
Qui non vi e che a ripetere un'osservazione gia fatta: La con-
dizione della immoralita e poco limitativa, perche nessuna viola-
zione di divieto potrebbe escluderla, essendo il rispetto alle leggiun obbligo morale. II concetto del delitto ricade nelTarbitrario e
vi ricadra sempre fino a che,~per mezzo delFanalisi psicologica,non sara distinta la speciale immoralitd che lo costituisce.
Cio che i giuristi hanno, piii o meno esattamente, determinato,sono le condisioni con le quali uno Stato pu6 vietare e punire un'a-
zione. Essi ci hanno dato i caratteri ielVazione punibile, non del'
delitto naturale.
S'intende facilmente che, se qualsiasi azione vietata e punibilesi chiami delitto, la teoria da me esposta non sarebbe piu accettabile.
Dato il concetto giuridico del delitto, il delinquente non e un
individuo anormale, inidoneo alla convivenza civile; egli e sem-
plicemente un uomo che ha disobbedito ad una ingiunzione, un
uomo che ha commesso un fallo perche humanum est errare, e
che pertanto e incorso nella sanzione che accompagna il divieto:
la pena giuridica.Nessuna necessita che quesfca maniera di reazione rappresenti
la esclusione dalla vita sociale; essanon rappresenta che un castigo.11 principio di eguaglianza vuole che questo castigo sia prece-
dentemente determinato nella sua qualitd e nella sua misura, se-
condo la gravita della violazione.
Esso si applica cosi ai delitti naturali come alle trasgressioni
politiche o sociali di altro genere, poiche le azioni vietate non
sono state distinte secondo 1'intima loro natura.
(1) CARRARA,Progr,, Parte gen., § 21.
— 211 —
Questo castigo e considerato dagli idealisti come il compenso mo-
rale del male del delitto (teorie assolute), e dai giuristi classici,non meno metafisici alla loro maniera, come la quantita necessaria
alla tutela giuridica (teorie relative).Alle teorie assolute ho gia fatto un accenno (Parte la, cap. 2°)
a proposito della vendetta e della espiazione. Ora e opportuno no-
tare che esse non possono risolvere in modo coerente ai loro prin-
cipii il problema penale, poiche non hanno alcun modo di sco-
prire la pena assoiutamente giusta, cio6 a dire proporzionata al
delitto. La proporzione e fondata su di una semplice presunzione :
dato che la pena massima sia la capitale e che questa sia pro-
porzionata al delitto x, la pena giusta pel deiitto minore y sara
Yergastolo.
Suppongasi invece che la pena di morte sia abolita e sostituita
MYergastolo come pena massima, il delitto y, minore di x, non
potra'essere giustamente punito con 1'ergastolo, ma con una re-
clusione Jemporanea.
Qual'e dunque la pena assolutamente giusta pel delitto y ? Alla
teoria assoluta manca wt criterio proprio per risolvere la qui-stione. Essa e costretta a domandare al sistema penale del tempoil punto fermo ubi consistat.
Ma allora, dove va la giustizia assoluta che dovrebbe informare
quella teoria, se le pene piu diverse possono essereparimente pro-
porzionate al medesimo delitto, dato un diverso punto di partenza ?
E quale, fra questi punti di partenza, e quello assolutamente giusto ?
Ecco ci6 che i metafisici non potranno mai dirci.
Passiamo alle teorie relative e propriamente a quella classica
italiana della difesa sociaie o tutela giuridica. Homesso insieme
le due espressioni, nonostante la'cura posta da qualche teorista
per mostrare 1'importanza della differenza (1). Ci6 che a noi im-
(1) Ad es. CARRARA, autore della fonnola « tutela giuridica », dice che.« la
formola difesa soeiale da alla punizione un principio tutto materiale e la pone
in balia delle fluttuanti e spesso esorbitanti esigenze deiTutile... Nella formdla
- 212 —
jsorta e 1'identita del coneetto fondamentale: la repressione o penaha uno scopo di conservazione dell'ordine sociale, cioe a dire uno
scopo preventivo di nuovi delitti: concetto antico, gia perfettamentedelineato dai filosofi della Grecia e di Roma, e ricomparso in
Italia tosto dopo il periodo di ascetismo medioevale.
Ma, tosto dopo il principio, da cui il nostro non sarebbe punto
lontano, i giuristi pongoho tali condizioni da distruggerne tutta
1'efficacia, rendendone impossibili le conseguenze piu rigorose.« Io — dice il Carrara (1) — ravviso il principio fondamen-
tale del giure punitivo nella necessita di difendere i diritti del-
1'uomo; ravviso nella giustizia il limite del suo esercizio; nella
pubblica opinione il moderatore della sua forma ».
Vi ha dunque un limite di giustizia, limite che non sarebbe
dato dalle stesse necessita sociali; qualche cosa che viene dal di
fuori, qualche cosa di estraneo ed al tempo medesimo di superiore
alla necessita.
Ecco come i giuristi, pur movendo dal principio della tutela
o conservazione sociale, sdrucciolano nella metafisica; impercioccheessi ricercano in un diverso ordine d'idee quel limite che trove-
rebbero naturalmente nella stessa necessita sociale.
Infatti, il dire che la pena giusta e la pena necessaria, tanto
della tutela giuridica il limite della giustizia e congenito, intrinseco, insepa-rabile » (Progr., Parte gen., § 611). Ma — osserva PERRI — « il dire che
la societa ha diritto di punire per la necessita della difesa giuridica, altro non
puo esprimere se non che la societa punisce per conservare 1'ordine giiiridico,csistente in un dato paese e in un dato momento storico. Ma allora e anche
facile vedere che difesa giuridiea equivale perfettamente a difesa sociale,
perche societa e diritto sono due termini correlativi e convertibili. Chi dice di-
ritto dice societa, perche non esiste diritto senza societa, come non esiste so-
cieta senza diritto. 11 diritto cioe, come dice stupendamente Ardig6, e la forza
specifica delVorganismo sociale, come l'affinita e la forza specifica delle so-
stanze chimiche, la vita delle organiche, la psiche delle animali » (NmviOrizzonti — Bologna, 1881).
(1) Progr., Parte gen., § 611.
— 213 —
vale quanto il dire che la pena non necessaria e ingiusta. La sa-
piente estimazione della necessita impedisce dunque 1'eccesso, ed
e in ci6 che si ripone la migliore garanzia dell' individuo (1).
Ora esaminiamo piu da vicino in che cosa si risolva questa con-
dizione della giustizia con cui la scuola classica limita la difesa
sociale.
I principii che quesfelemento ha introdotto nella scienza cri-
minale e che le danno 1'alto carattere giuridico di cui essa mena
vanto, si possono ridurre ai due seguenti:1° Non esiste delitto quando 1'agente non e moralmente re-
sponsabile della sua azione.
2° La quantita della pena dev'essere proporzionata alla gra-vita del delitto.
Responsabilitd moraie, propqrzione penale, ecco appunto i due
prineipii combattuti dalla giovine scuola naturalistica. Una largabreccia e stata gia fatta, ma codesti principii sono ancora troppointimamente connessi ai pregiudizi filosofici piu comuni, perche si
possasperare di sradicarli presto dalla scienza penale. Bisogna con-
tinuare la lotta con pazienza e rivolgersi non al volgo ma alFari-
stocrazia del pensiero. Come ogni altro progresso intellettuale^anche questo partira dalFalto per diffondersi poi lentamente neglistrati inferiori.
II. — LA RESPONSABILITAMORALE.
Le teorie giuridiche e la legislazione che ne e stato il frutto
sono dominate dalla fede nel libero arbitrio. La volonta umana
e rappresentata come normalmente libera nella sua scelta fra il
bene ed il male. Ond'e che 1'uomo moralmente e responsabile di
un delitto quando egli sapeva che il suo atto era una violazione
della legge morale e, ci6 nonostante, ha tiberamente deciso di com-
(1) LISZT, JDer Zwechgedanke im StrafrecM., S. 32.
— 214 —
metterlo. Dalla responsabilita morale deriva la imputabilita pe-nale; questa non pu6 reggere senza quella, perelie la giustizia si
oppone al punire chi agi senza discernimento, ovvero senza libertadi elezione.
Potrebbe qui osservarsi che, quando si considera la pena comeun mezzo di difesa sociale, questo mezzo debba ricercarsi tanto se
1'uomo sia trascinato al delitto da una infermita mentale perma-
nente, o da un interno impulso cieco ed irresistibile, ma di facile
riproduzione, quanto se la sua volonta, non trovandosi sotto l'im-
pero di alcuna forza determinante, prescelga liberamente il male.
Se non che la imputabilita moraie e, secondo la seuola clas-
sica, un elemento essenziale del delitto. Se essa non esiste, vien
meno il delitto e quindi la ragione del punire.Si noti che 1' elemento rnorale nel mio concetto del delitto e
diverso da quello dei giuristi. Per me il delitto esiste tutte le
volte che 1'offesa recata a tatuniprincipii rivela deficienza o de-
bolezza degVistinti morali piu comuni.
Pei giuristi, invece, il delitto non esiste se non quando 1'atto
criminoso e stato effetto di una libera determinazione della volonta,icioe. a dire quando 1'immoralita non si e imposta da se, ma e
stata ricercata, preferita, eletta dalFagente.
Questa teoria ha il torto di fondarsi su di un principio meta-
fisico intorno a cui, da tempi abbastanza remoti (1) e quasi senza
interruzione, e venuta fino a noi una controversia che probabil-mente durera quanto il mondo.
II libero arbitrio e esso una verita .od una illusione ? II posi-tivismo moderno non sa immaginare una volonta non determinata
in ogni caso dalla prevalenza di un motivo. L'illusione del libero
arbitrio sarebbe prodotta, come disse Spinoza, dalla ignoranza delle
cause determinanti. II fenomeno sarebbe analogo a quello che ac-
cade nel mondo inorganico.
(1) Lutero fu il primo che negb recisamente il libero arbitrio nel suo libros.
« De servo arbitrio ». Sono dunque gia circa quattro secoli di discussione.
— 215 —
Anche qui, apparentemente, vi ha spesso liberta ne' movimenti
de' corpi.« Un corpo nello spazio sottomesso all'attrazione di un altro
corpo, si movera in una direzione che puo predeterminarsi con
precisione;— se e sottoposto alle attrazioni di due corpi, la sua
direzione non potra calcolarsi che approssimativamente; — se i
corpi saranno tre, il calcolo sara ancora meno preciso; — che
se infine quel corpo sara circondato da molti altri di diversa gran-
dezza, in diversa direzione, a diversa distanza, il movimento parra
indipendente della influenza di ciascuno di essi; seguira una linea
infinitamente variabile clic sembrerd determinarsi da se; sembrera
insomma dotatq di libertd » (1).
Cosi, nelTordine morale, la volonta sembra determinarsi da se
perche sono in gran parte ignoti i motivi che la premono, e, di- quelli che si conoscono, non pu6 calcolarsi la forza rispettiva;
onde segue che la linea della condotta credesi arbitraria, mentre
essa e tracciata, sia dalla risultante di piii motivi, sia dalla pre-valenza di alcuno di essi.
Ad ogni modo, 1'ill.usione esiste ed e completa nella coscienza
delFuomo. Ciascuno immagina di essere libero nelle proprie de-
cisioni; nessuno crede di essere costretto da forze misteriose in
ogni atto, in ogni movimento.
Ora io non discuter6 il problema nella sua generalita, ci6 che
non importa al mio tema: non esaminer6 il libero arbitrio nel-
l'uomo, ma solo nel delinquente.
DESPINE, naturalista-spiritualista, concedeva il libero arbitrio
agli uomini normali, ma non poteva ammetterlo nel delinquente,
perche — diceva^ egli — al delinquente manca il senso morale, e
pertanto la sua perversita non ha alcun freno interno. Egli non
lia fateolta di scelta, non avendo dentro di se due istinti, l'uno
buono, 1'altro malvagio, in lotta fra loro. Egli e sotto 1'assoluto
(1) SPENCER,Princ. di psicol., Parte iv, cap. 9.
— 216 —
impero dell'istinto perverso e non ha modo di combatterlo. In lui
dunque nessuna liberta, ma pura necessitS,.
I delinquenti, non avendo libero arbitrio, sarebbero dunque tutti.
moralmente irresponsabili, perche spinti fatalmente, ciecamente, ir-
resistibilmente al delitto.
Ma anche a volersi supporre nei delinquenti 1'esistenza di quelmovimento psichico iniziale quasi miracoloso,perche non sottopostoalle leggi universali di natura, che si suol chiamare libero arbitrio,
esso, pel erirninalista, noh avrebbe che una importanza infinitesi-
male ed inapprezzabile. A lui, dunque, la quistione dovrebbe sem-
brare oziosa.
Ed in vero, se molti psicologi credono che una negazione asso-
luta del libero arbitrio non possa farsi scientificamente ed am-
mettono pertanto la possibilita di una responsabilita morale, essi,d'altra parte, si vedono costretti a ridurla a quella sola parte di
azione alla quale non si possono assegnare motivi determinanti.
La responsabilita deH'ubmo sarebbe dunque timitata dalle cir-
costanze, interne od esterne, che agirono sulla sua volonta. Essa
sarebbe sempre relativa, avrebbe gradi infiniti e potrebbe discen-
dere fino ad un minimo inapprezzabile ed insignificante (1).
L'eredita, 1'atavismo, 1'educazione, 1'ambiente, le particolari con-
tingenze della vita, il clima, 1'alimentazione, la professione, la col-
tura, le infermita, circostanze di cui non si pu6 disconoscere l'in-
ffuenza, timiterebbero dtmque, senza giungere a « togiiere DEL TTJTTO
(parole di un giurista) quella cerchia di movimenti spontanei che
e dato all'uomo di operare per un fme » (2).
Ma, posto ci6, il problema penale diventa insolubile, perche,come sarebbe mai possibile sceverare in ogni «$elinquente quella
parte dovuta a tutte le circostanze di tal sorta, dalla sua respon-sabilita morale? Come si potrebbe mai determinare questa respon-sabilita da tante infinite cagioni limitata ?
(1) POLETTI, Teor. della Tut. pen. — Torino, 1878.
(2) PESSINA, II naturalismo e le scienze giuridiche. — Napoli, 1879.
— 217 -
Suppongasi pure che la vita dell'uomo si manifesti al giudice
con la massima chiarezza in tutti i suoi piu minuti particolari,
in tutte le sue relazioni col mondo esterno, dai primi vagiti fmo
al momento del delitto. Cio non basterebbe! Chi ci darebbe la •
storia della sua famiglia _edei suoi antenati per mostrare in quale
inisura abbiano potuto influire sulle sue tendenze 1'eredita e l'ata-
vismo? E dato che anche questa ricerca fosse possibile, come po-
trebbe determinarsi la parte che spetta alle anormalita psiehiche-
di cui 1'uomo non ha colpa, quelle che dipendono dalla struttura
del cervello, e che solo la tavola anatomica e forse atta a rivelare ?
II principio della responsabilita relativa o limitata e dunqueinsuscettibile di applicazione alle diseipline penali. Esso condur-
rebbe ad una diagnosi per puro interesse scientifico, sempre in-
completa, ed a conclusioni sempre incerte.
Nelle nostre leggi vi ha un articolo che prevede il caso di una
semi-responsabilita. Or bene, 1'applicazione di questo articolo di-
venterebbe la regola; esso dovrebbe applicarsi a tutfi delinquenti,anche a quelli in cui meno apparenti fossero le circostanze limi-
tative della responsabilita, poiche qiiaicuna di esse dovrebbe pur
sempre riscontrarsi in ogni accusato, e pertanto bisognerebbe ri-
cercarla, od almeno presumerla. Altrimenti si stabilirebbe il regnodella ingiustizia valutando tali circostanze solo quando, per av-
ventura, esse fossero evidenti.
Laonde 1'articolo concernente la semi-responsabilita diventerebbe
applicabile in ogni caso, ci6 che importerebbe una mitigazione uni-
versale di penalita.Ma con quale criterio sarebbero mitigate le pene nei diversi
casi? II problema non e punto sciolto, anzi si ripresenta identi-
camente. Posto il principio della responsabilita relativa, come si
potrebbe mai dire che essa sia eguale in tutti, mentre possonoinfinitamente variare le circostanze che timitano il libero arbitrio ?
Insomma, questo principio della responsabilita morale rappre-senta nulFaltro che uno scoglio gittato dal legislatore innanzi alla
pena per impedirle di raggiungere il delitto.
218 —
LA FORZAIRRESISTIBILE.
Ma vi e dippiu. Le legislazioni moderne, foggiate dai giuristidella scuola classica, hanno accolto il principio della forza irre-
sistibile intema, prineipio salutato come un immenso progresso nel
inondo del dottrinarismo.
Ora, e facile vedere, anzi tutto, che questo principio pone la le-
gislazione sotto 1'impero della filosofia dominante in un dato mo-
mento storico. Pel determinista (e chi ha letto le pagine che pre-
cedono, dovrebbe esserne convinto), qualsiasi delitto, come qual-siasi azione cattiva, buona od indifferente, e un effetto necessario,
e una manifestazione della volonta sotto 1'impero di un motivo che
prevale sugli altri per altre cause preesistenti.La forza che fa agire 1'uomo nelle occasioni piu ordinarie della
vita non e meno irresistibile di quella che lo spinge alle piu strane
azioni. Se tutto e determinato, tutto e necessario del pari. La
spinta resistibile e quella a cui se n'oppone un'altra piu valida.
La spinta irresistibile e quella che ha superato tutte le altre.
Dunque il fatto stesso dell'azione prova 1'irresistibilita delPim-
pulso: se esso fosse stato resistibile, 1'azione non avrebbe avuto •
luogo.Tal'e la teoria determinista, in cui convengono moltissimi pen-
satori, e che il progresso del naturalismo va sempre piii diffon-
•dendo.
Ora, con un simile principio, quale giudice potrebbe condan-
nare, se un elemento essenziale del delitto e la responsabilita mo-
xale, che e quanto dire la scelta libera, cioe arbitraria, cioe non
determinata, della volonta?
Questo pericolo, si dira, non b grave, perche il determinismo
non e ancora, e forse non sara per lungo tempo, una dottrina ab-
bastanza popolare da far si che magistrati o giurati, per essere
coerenti alle loro Idee, assolvano sistematicamente i rei.
- 219 —
E sia: nondimeno ne' singoli casi potranno aversi, e si hanno
realmente, assoluzioni di scellerati la cui spinta criminosa e stata
presentata sotto forma di forza irresistibile.
Questa formola contraddice nel modo piu aperto allo scopo della
difesa sociale, perche i peggiori e piu temibili malfattori sono
quelli in cui piu tirannico e 1'impulso al male.
I giuristi, e vero, coi loro comenti assegnano stretti confini alla
forza irresistibiH. Alcuni fra essi insegnano che questo impulso,
benche cieco, deriva pur sempre da un motivo plausibile, e che i
moventi piu bassi e vili non possono mai generarlo.^ Ma queste
sono opinioni che possono variare, mentre la formola e li, nella
sua nudita, distendendosi dove le aggrada. Eorza a cui non si pu6
resistere! E chi vi dice che la cupidigia del cassiere, eccitata dalla
vista dell'oro non suo, ma da lui custodito, sia piu resistibile di
una passione di amante non corrisposto ? E chi vi dice che que-
sfultima sia piti resistibile di quella delFamante tradito ? E come
farete voi per misurare il grado di resistenza che 1'impulso ne' sin-
goli individui avrebbe dovuto avere, ma viceversa poi non ebbe ?
I fatti vengono in appoggio a queste idee. I giurati hanno am-
messo in Italia la forza irresistibile, non una, ma centinaia di
volte, in favore di ogni specie di omicidi. Ed anche si e veduta
1'irresistibilita estesa ad un sicario che per prezzo eseguiva il man-
dato di sfregiare il volto alUamante infedele del suo padrone. Vi
sonostatesimili assoluzioni di falsariiefmancodiladri. Insomma,non vi ha delinquente che non possa rifugiarsi sotto 1'egida di
quella formola. E se non sempre vi si ricorre in certi atroci misfatti,cio e perche i difensori sono convinti che in quei casi non -trove-
rebbero facile ascolto nei giurati. Un sentimento universale e quelloche per alcuni delinquenti non debba esservi indulgenza. Dunque,mentre la legge vuole che non sia punito chi agi per impulso irre-
sistibile, i giuf ati condanneranno sempre un omicida per libidinedi sangue in cui evidentemente Fimpulso b cieco e patologico. Essi
condanneranno tanto piii severamente il ladro quante piii volte essoe recidivo. Ma un ladro di mestiere, figlio di delinquenti, educato
— 220 —
fin dalla prima infanzia al furto, ospite abituale delle carceri,
sfuggito da tutte le persone oneste, ricercato solo da altri mal-
fattori suoi compagni ed amici, privo di ogni freno di amor pro-
prio, di ogni timore della pubblica opinione, senz'altra possibilitadi vita, senza desiderio di mutarla, non e forse il piu perfetto
esemplare deLTuomo che non pub resistere aU'impulso criminoso?E se qui 1'irresistibilita non trova accoglienza, Janto che non si
suole ne pure proporre dalla difesa, forse che essa, coscienziosa-
mente, potrebbe negarsi? Grli e che un consiglio s'impone, supe-. riore a questa considerazione: quello di non lasciare in liberta
pericolosi malfattori. E per non lasciarli liberi, bisogna dichia-
rarli responsabili, bisogna dire che essi potevano resistere ai loro
pravi impulsi — ma resistere come, resistere con quale forza, se
non v'ha istinto buono nei loro animi, non amor proprio, non ti-
more degli uomini ne di Dio? E necessario essere determinista
per dire che in tali condizioni il delinquente non pub essereche
delinquente?
Egli non e dunque responsabile; dunque, secondo la teoria, eglidovrebbe andare impunito. Gran merce che i giurati non la pen-sino cosi, per la salute della societa! La forza irresistibile non e
ammessa nella centesima parte de' casi in cui pur si dovrebbe am-
metterla! Si dice che se ne fa abuso — ma che! a mala penase ne usa qualche volta ne' casi piu evidenti! E pure, bastano quei
pochi casi per sollevare la pubblica indignazione contro i giurati.Essi hanno risposto al quesito secondo la loro convinzione; essi
hanno detto la verita. Ci6 non toglie che hanno fatto male, per-che la conseguenza del loro verdetto e 1'assoluzione di uno scel-
lerato. Per essere onesti doveano dunque mentire! Si pu6 imma-
ginare situazione piii falsa ?
Tal'e la situazione creata da un principio assurdo, quello di
far dipendere la pena dalla indagine della resistibilita agl'istinti
perversi, agl'impulsi criminosi. II quale principio e conseguenza
delFaltro, non meno assurdo, secondo cui il delinquente non e
delinquente se non ha voluto essere tale per libera elezione!
- 221 —
LA PAZZIA.
Piii grave e un'altra quistione suscitata dalla nostra teoria:
Poiche noi escludiamo 1'elemento della responsabilita morale dalle
condizioni essenziali del delitto, 1'alienato sarebbe colpito, come
1'uomo di mente sana, dalla reazione sociale.
Ma se questa deve avere carattere penale, come mai pu6 so-
stenersi che si debbano punire i pazzi ? Ci6 ripugna, ci si dice, al
sentimento universale.
« Se pure i vostri principii conducano realmente — dice un cri-
tico — a confondere gli atti nocivi de' pazzi coi delitti intenzio-
nali e a punirli come questi, un'asserzione cosi strana fa violenza
alla pubblica opinione, e 1'opinione pubblica non e meno rispet-
tabile delTinteresse pubblico di cui e la fonte » (1).E pure tal'e la tesi che, primo, ebbi il coraggio di sostenere
fondandomi sulla identica necessita di protezione che ha la so-
cieta contro il pericolo derivante da un malfattore intelligente e
compos sui e quello prodotto da un maniaco, da un mattoide, da
un semi-imbecille o pazzo morale (2).E il Perri, esponendo recisamente la medesima idea, poneva,
nella sua classificazione dei delinquenti, la categoria dei delin-
quenti pazzi (3). Anche il prof. Puglia vi aderiva scrivendo che
le azioni dei delinquenti nati, pazzi e semipazzi rientrano nella
sfera della scienza dei delitti (4).Prima di rispondere alle diverse obiezioni che su questo punto
ci si fanno, e necessario dire che cosa noi intendiamo per delin-
quente pazzo.
(1) G. TARDE, nella Bevue philosophique, juin 1883.
(2) GAROPALO,Crit. posit, ecc, pag. 56 e 57.
(3) PERRI, La scuola positiva, ecc, pag. 41, 46, 47.
(4) PUGLIA, Prolegom. allo studio del diritto repressivo, pag. 61. To-
rino, 1883.
. '---222'' —
Noi siamo ben lontani dal dare questo nome a tutti coloro che,
per una condizione patologica della conoscenza, commettano atti i
quali negli uomini sani di mente non potrebbero avere che uno
scopo criminoso. Non sara mai detta delinquente quella madre ri-
cordata da Maudsley, la quale per una notturna allucinazione, cre-
dendo la casa in fiamme e volendo salvare i proprii bambini, li
gett6 dalla finestra. L'atto deve valutarsi sempre in rapporto alla
intenzione, altrimenti esso deve considerarsi come un caso fortuito;
bisogna immaginare dunque che le fiamme realmente circondassero
la donna com'essa credeva; ci6 ch'ella fece sarebbe allora, stato
forse plausibile, e, ad ogni modo, non avrebbe rivelato alcuna
malvagia tendenza.
Ora il delitto, secondo la nostra definizione, e un atto che ri-
vela disumanitd od improbitd (v. Parte la, cap. 1°).Da ci6 segue che i soli pazzi i quali possono essere oggetti
, del nostro discorso, sono quelli da cui hanno a temersi nuovi de-
litti per le tendenze disumane od improbe gia con un primo de-
litto manifestate; cioe a dire quelli soltanto che sono affetti da
tendenze alPomicidio, allo stupro,.al furto, alTincendio, alla ca-
lunnia (mania impulsiva, epilessia, erotomania, cleptomania, pi-romania, isterismo), ovvero, in generale, alla criminalita, per una
forma qualsiasi di alienazione che distrugga il senso morale.
Ma i nostri antagonisti dotti ed anche, questa volta, il pubblico
indotto, ci dicono: « Chi non aveva il pieno possesso delle fa-
colta mentali al tempo in cui commise il reato non puo essere
sottoposto a pena, perche egli non ha colpa del male che ha
fatto ».*
Notiamo in parentesi che quel pubblico indotto intuisce forse
il concetto della pena in un modo alquanto diverso dai dotti,nonostante la loro alleanza su questo punto. — Costoro (i dotti,salvo gl'idealisti kantiani od hegeliani) considerano la pena, non
diversamente da noi, come un mezzo preventivo di nuovi delitti,mentre il votgo non sa ancora disgiungere questa idea dal sen-
timento istintivo e primitivo della vendetta. Ed allora e naturale
- 223 — .
che questo volgo dica: « Nessuna pena al delinquente pazzo » ,
perche esso non sente sdegno ma pieta per 1'uomo il cui delitto
fu 1'effetto d'un'infermita che lo ha privato della ragione.S'intende pure che alcuni fra' teorici, quelli che partono dal
principio della espiazione morale, possano giungere alla medesima
conclusione,ma codesto punto di partenza 6 affatto incompatibilecon la teoria classica. Con quale logica dunque sostiene quesful-tima non potersi concepire pena per gli alienati?
Essa non ha che un solo" argomento: la mancanza di responsa-bilita morale. Noi potremmo rispondere: Abbiamo gia mostrato
come sia ingiusto fare uso di due pesi e di due misure : negarela responsabilita de' folli ed affermare quella di uomini privi pereredita o per traviata educazione di quegPistinti morali, senza i
quali gPimpulsi criminosi non hanno alcun freno. Ne si parli del
freno della ragione, perche questa, non accompagnata dalla morale,.
pu6 spesso, invece, mostrare i vantaggi del delitto, sia per la man-
canza, sia per la poca gravita del pericolo. Per quale motivo, in-
somma, voi che non vedete delitto senza libero arbitrio, potrestedichiarare imputabile il reo nato, o 1'uomo che nacque, crebbe e
visse fra' nemici della so.cieta, senz'avere mai sentore di morale e
di diritto ? Non somiglia questa teoria al dogma cattolico che, fra'
non battezzati, salva dall'inferno i bambini, ma vuole siano dan-
nati tutti gli altri, anche gli antichi gentili morti prima di Cristo,
anche i moderni infedeli che, abitanti lontane regioni, non hanno
mai sentito a parlare del Vangelo ?
Ma se questo dogma sfugge alla critica perche s'inabissa nei
misteri della fede ed e subordinato alla divina clemenza, voi, giu-
risti della scuola classica, non potete giustificare in un modo ana-
logo la vostra mancanza di logica.L'obiezione al nostro principio, relativamente alla pazzia, si
pu6 formulare, nel modo piu serio, con queste parole:
In generale, ogni divieto deve essere accompagnato dalla mi-
naccia di un male ai trasgressori. Pertaato, se anche la pena mi-
nacciata ai delitti deve rappresentare un male, questa minaccia
—. 224 —
& vana quando il delitto. e 1'effetto della pazzia, perche ne devient
pas fouqui veut. E dunque inutile far subire ai pazzi il male
minacciato agli altri delinquenti. Ora, se il concetto del male e
inerente a quello della pena, ci6 vale il dire, con altre parole,<che i.pazzi non debbano essere puniti.
Ci6 non toglie che se il pazzo commette quelFazione che negliTuomini sani chiamasi delitto, anche i nostri contradditori vedranno
«on piacere che si adoperino cautele per impedirne la ripetizione,
•e, molto probabilmente, domanderanno la reclusione delTammalato
in un manicomio.
E se tale infermita non e curabile, tale reclusione sara, od al-
meno dovrebbe essere, perpetua.Ma che altro sono codeste cautele se non provvedimenti analoghi
-a quelli che si adoperano contro i malfattori sani di mente ?
II manicomio criminale, che ardentemente sinvoca da ogni parte,non e esso una carcere adatta agli alienati ? Ed anche il manicomio
.comune non e forse tale, se 1'uscirne non dipende dalla volonta del
recluso, bensi da quella della sua famiglia o, in mancanza, de'di-
xettori e medici ?
Si dira forse che questa non e pena, perche, Con tale reclu-
sione, non si fa soffrire alcun male al delinquente pazzo e, anzi,
gli si procura un bene, la guarigione ?
Ci6 vuol dire che lo sccpo a cui si tende e il miglioramento•del recluso, ma resta sempre il male che frattanto gli si fa sof-
frire con la restrizione della sua liberta, ci6 che il pazzo, dice
Maudsley, riguarda come la piu crudele tortura (1). E un male
a fin di bene, sia pure. Ma che altro sono i sistemi correzionali
«scogitati. dalla scienza delle discipline carcerarie ? E si vorra forse
negare alla carcere filadelfiana, auburniana od irlandese il carattere
•di pena?In realta, dunque, la pazzia nociva o criminosa si punisce con
(1) MAUDSLET,La responsttbilita nelle malattie mentali. Introduzione —
pag. 28, ediz. ital. del 1875.
— 225 —
Ja reclusione dei pazzo. Che egli poi soffra della sua reclusione
o ne soffra meno che della liberta, ci6 b indifferente. Anche uomini
sani di mente amano talvolta, per miseria o pigrizia, la loro pri-
gione ; e pure in questo caso non si crede altrimenti che la pena
sia mancata quando essa e tale da preservare la societa.
L'argomento, creduto decisivo, contro la nostra teoria si trae
dalfe esistenza della pena di morte.
« Si d'ailleurs nous ne voulons que suivre le principe de Mr.
(Jarofalo, je me demande comment on pourra faire une distinction
entre un criminel et un fou incurable, et pourquoi on ne guil-lottinerait pas un fou dangereux dont la maladie est incurable ».
>Cosiil Paulhan nella Bevue phiiosophique (1).
Qui io potrei rispondere semplicemente che accetto tutte le
conseguenze del mio principio; e che se il folle omicida.e real-
mente e permanentemente pericoloso come il reo nato, io non
vedrei alcuna ragione di distinguere l'una specie dalFaltra in-
nanzi alla ghigliottina. Ma ci6 che il signor Paulhan mi rim-
provera come un assurdo, non pu6 accadere per una semplice
ragione di fatto. Ed invero, esiste forse una malattia incurdbile
che produca, per proprio effetto, il delitto ? E quale e essa mai ?
Vediamolo. Vi hanno alcune forme delle cosi dette monomanie,
congiunte spesso alla idiozia, con tendenze al furto e alFincendio,ma qui la mancanza d'intelligenza rende il reo poco pericoloso.Esistono anche casi di mania, in cui si. commette un omicidio
per effetto casuale di delirio, e qui non vi ha delitto perohe manca
la coscienza delTazione e quindi b impossibile attribuirla alle
tendenze criminose delFalienato.
•:Si osserva spesso la tendenza omicida congiunta al detirio di
persecuzione; qui 1'azione e cosciente, ma dipende dal delirio e
cessaal cessare diquesto. Ora, il delirio della persecuzione e una
raalattia che spesso guarisce, owero conduce alla demenza in-
(l)BevwpMl0Soph.i<i!uede,laFranceetde Vitranger. Juillet, 1880. Paris-
GiKOFALO. — 15.
— 226 -
nocua. Od infine si tratta di quella forma ibrida detta paszia,
morale, la quale, come si e gia detto altrove (Parte 2a, cap. 1°),
quando e un vero caso patologico, rientra sempre in qualche altra
forma nosologica (imbecillitd, isterismo, epilessia, melancolia,
sparalisi progressiva) ; e, nel caso opposto, pu6 abbracciare tuttfi
delinquenti nati od istintivi, divenendo sinonimo di anomalia
criminosa. m
Nel primo caso, pu6 darsi che la malattia sia incurabile, ma
la speeiale tendenm aWomicidio pu6 essere, ed e per lo piu, un
fenomeno passeggiero : e ad ogni modo 1'alienato delinquente trova
nel manicomio il suo adattamento, perche ivi si osservano facil-
mente i sintomi precursori delFaccesso e vi e modo di farvi
riparo.
Viceversa, nell'altro caso, cioe quando si tratta di una degene-rasiane o di un arresto di sviluppo, da cui dipende la perversitae la mancanza di senso morale, il delinquente sara pericoloso
sempre che col delitto egli possa soddisfare una sua passione o
raggiungere un suo flne. Se questo reo e un assassino, non v'ha
per lui modo di adattamento; quanto e maggiore la sua forza e
la sua intelligenza, tanto la carcere e meno adatta per lui, tanto
piii continui i tentativi ch' egli fara per liberarsi e il pericolode' suoi custodi e dei suoi compagni di pena.
Ora, se pure a questa anomalia psichica dei delinqiienti istintivi
si riservi il nome frimbecillitd morale, tale nome, come altrove ab-
biamo osservato, indichera una anomalia sui generis, non mai
una forma prqpria di passia (V. Parte 2% cap. 1°). E cosl fatta
anomalia, come in quel luogo ho spiegato, e piuttosto relativa
allo sviluppo, morale delle rasse superiori che alle condizioni fi-
siologiche della specie homo.
Dunque, non i paszi propriamente detti potrebbero con la no-
stra teoria essere mai condotti al patibolo; ma questo sarebbe
riservato ai cosi detti imbecilli morali.
E questa diversita di trattamento, benche pur sempre l'ano-
jmalia dipenda dalForganismo, e, come sie visto, giustificata dalla
-j ; —227 —
considerazione che nel primo caso la pena di morte non e mai ne-
cessaria, mentre essa pu6 essere necessaria o, per lo meno,' utile
hel secondo caso.
Eitorner6 piu innanzi (Cap- 4°) sull'argomento della necessita
ed utilita della pena capitale.
Frattanto, facendo ritorno alle teorie de' giuristi, e opportunonotare che 1'assoluta esclusione del concetto del delitto dalle a-
zioni d'un pazzo conduce i giuristi a limitare arbitrariamente il
concetto della pazzia. Leggasi in prova la seguente pagina di
Adolfo Pranck:
« Personne ne doute que la folie ou la demence, prise en ge-
neral, ne detruise toute responsabilite. Mais on pretend qu'il y a
des folies partielles qui ont le meme caractere et quidoivent
produire aux yeux de la loi penale les memes effets. — Ce sont
celles qu'on designe sous le nom de monomanie. II y a des mo-
nomanies inoffensives, mais il y en a aussi, dit-on, de nuisibles
et de menacantes, pour la societe: ii y a la monomanie du meurtre,la monomanie du vol, la monomanie deTincendie, la monomanie
du viol. Pourquoi les folies partielles seraient-elles plus respon-sables que la folie generale, que la demence, le delire et 1'idio-
tisme? Une certaine Ccole midkale a fait valoir cet argument-contre les severites habituelles de la justice. II ne tend rien moins
qu'a dMruire la repression penale dans son prineipe et d faire
•passerun criminel pour aVautant plus innocent qu' il a commis
plus de crimes et qu'il les a commis dans des circonstances plus
aggravantes. En effet, les exemples de monomanie qu'on cite or-
dinairement sont les malfaiteurs qui ont commis le meurtrepourh meurtre, le vol pour le vol, Vincendie pour Vincendie, sans
autre dessein que de faire le mal, sans autre mobile que le der-
nier degre de la perversiU humaine, les Papavoine, les Lacenaire,les Dumolard ed autres scelerats de cet ordre, qui ont laisse dans
les annales de la justice des traces ineffacables. Nous demande-
rons aux partisans de ce systeme a quels traits ils reconnaissent
les monomanes. N'est-ce pas au nombre meme de leurs crimes et
.'; ,•;'
_ 228-—.
a la perseverance de leur perversite'•?, Belle raison pour les ab-
soudre! » (1).
Questo discorso (a prescindere dal criterio diagnostico cheTau-
tore suppone sia il solo adoperato dai psichiatri per determinare
1'esistenza della pazzia nei delinquenti) ha il torto di voler com-
battere una opinione scientifica solo perche essa non conviene alla
teoriadel libero arbitrio.
L'autore, in sostanza, dice: « Io non voglio che il monomane
sia pazzo, e quindi non responsabile moralmente, quando vedo in lui
uno scellerato ». '
Ma avete voi, giurista, il diritto di negare un'affermazione che
vi si fa in nome di una scienza, nella quale voi siete incompe-
tente? Avete voi il diritto di stabilire in questa scienza una vo-
stra teoria ?
E se vi ostinerete a diehiarare il monomane responsabile, sia
completamente, sia parzialmente, del suo delitto, contro il giu-
dizio degli alienisti che lo avranno esaminato, e, forse, contro la
vostra stessa intima persuasione, — che cosa vuol dire ci6 se
non il sentimento, che a voi s'impone, di una neeessita di difesa
sociale contro il delinquente, sia qualsivoglia la causa del suo
delitto, purche questo sia da attribuirsi a lui solo, cioe a niuna
forza estranea alsuo individuo? Ma non avete cosi calpestato
anche voi il principio della responsabilita morale in omaggio a
quello della responsabilita sociale? Ed allora quale differenza e
fra noi ?
Da una parte e dall'altra si vuole siano considerate come de-
litti alcune azioni di pazzi e siano i loro autori riguardati come
delinquenti. Solo che, per essere a ci6 autorizzati, voi sentite il
bisogno di dare una:imentita ai medici che li dichiarano pazzi;— noi non siamo eostretti a ricorrere ad un tale espediente. Quale
delle 1due dottrine e la piii pratica ?
(1) AD. PEANOK, Philos, du droit penal. Ch. 5e, pag. 140. Paris, 1880.
— 229 —
Rimane a parlare, in rapporto alla pazzia, degli effetti indiretti
della pena, la prevenzione dei delitti mediante alcuni motivi di
condotta: quello morale, dalla pena eccitato e tenuto desto; quello
del timore particolarmente efficace sulle persone proclivi al de-
litto (V. Cap. 2°, Parte la).Dacche « 1'esempio di delitti di pazzi rimasti impuniti non e
sufficiente a far diventare pazzo » si conchiude che vi ha luogo a
« distinguere fra gli atti contagiosi imitativamente e gli atti sfor-
niti di questo carattere essenziale » (1).
Qui bisogna distinguere: Non e la pazzia che si tratta di pre-
venire, bensi il delitto che un pazzo e proclive a commettere. La
prevenzione indiretta si restringe alla sola classe degli alienati.
Ora, che il motivo morale rimanga in essi inefficace, non pu6esser dubbio, ma altra cosa e di quello del timore. Quesfultimo
esercita la sua influenza su gran numero di alienati, specie sui
lipemaniaci, mattoidi e sui cosi detti pazzi morali, i quali cono-
scono molto bene le conseguenze penali dei delitti e spesso si
asterrebbero dal delinquere se non sapessero che loro e assicurata
Vimpunita. Alcuni lo hanno apertamente dichiarato. Cosi scrive
Locatelli di un tale che era stato dichiarato maniaco dai tribu-
nali per ben tre volte dopo avere ammazzato due persone e ten-
tato di ammazzarne una terza e che, liberato anche dal mani-
comio, andava dicendo in pubblico ch'egli poteva uccidere a sua
voglia senza il pericolo di essere mandato in galera.
Ma, se pure si voglia concedere che la reazione sociale non possain simili casi produrre alcun effetto preventivo indiretto, ne segui-rebbe forse il dileguarsi del carattere penale, insito, come si e
veduto, per la natura delle cose, alla reazione medesima in quantoessa 6 razionale e necessaria? Ammettiamo pure che la penade' pazzi sia in questa parte meno utile di quella dei delinquentisani di mente; non ne scapita pertanto la teoria penale fondata
(1) G. TARDE, Eev. philosoph. Juin, 1883.
— 230 —
:sul principio dell'adattamento (1). Una pena cessera forse di esser
tale solo perche essa non pu6 impedire la ripetizione del delitto
per parte di alcune persone, quando, d'altra parte, essa raggiungeilsuo scopo diretto, la eliminazione degl'individui disadatti alla
vita sociale ?
La pazzia non induce dunque alcuna eccezione ai principii quisostenuti.
L'applicabilita della stessa pena di morte non e per noi pre-
giudicata, in massima, dalla esistenza di una anomalia psichica;
soltanto, se questfanomalia e una infermitd sopravvenuta, e la
tendenza al delitto da essa prodotta e transitoria, la pena di
morte viene esclusa dallo stesso principio a cui, in ogni sua parte,la nostra teoria si ricohduce, quello dell'adattamento. La elimi-
nazione de'pazzi deve aver luogo con gli stessi criterii generaliche dominano in questa materia. :
« G-uardando al fondo delle cose:— dice Maudsley — forse si
troverebbe che, nella somma ultima, corre una differenza ben picrcola tra il condannare con ira il delinquente e gettarlo in pri-
gione, e il condannarh con piu dolore che dispetto e sequestrarh
cogli stessi modi in una casa oVisolamento, che chiamasi mani-
comio » (2). .
Ed in altro luogo: « La pena di morte non dovrebbe mai es-
sere inflitta ad un pazzo; ma, quanto a pretendere clie un alie-.
nato non debba mai essere colpito da un'altrapena, in certe cir-
costanze, e un'altra quistione Non v'ha dubbio che gli sven-
(1) A causa di questa differenza Ferri aveva scritto dapprincipio ne'suoi
Nuovi orizzonti che «i delinquenti pazzi e semi-pazzi sfuggono al vero e pro-
prio diritto criminale». Ma poscia abhandonava tale idea inesatta, com'eglidichiara « per le osservazioni del dott. Miserocchi, di Puglia, di Garofalo »
convenendo nelTaltra che «tutt' i mezzi difensivi contro ogni sorta di delin-
quenti appartengono al vero e proprio diritto criminale, anche se suggeritidalle scienze ausiliarie di questo.». (La scuola positiva, ecc, pag. 35-36).
(2) MATOSLET, op. cit. — Introduz.
- 231 —
turati ospiti di un manicomio sono in certo modo distolti dal
male e forzati a frenarsi, pel timore di cib che essi poirebbero
soffrire se venissero a perdere ogni diritto all'indulgenza, o peltimore di una reclusione piu severa quando si abbandonassero al-
1'impeto delle loro tendenze » (1).E inutile, perche giaifatta da tutti, 1'osservazione delle disa-
strose conseguenze a cui mena il principio della impunita de' de-
linquenti pazzi. La grande estensione che la moderna psichiatriaha dato alTalienazione mentale e la diversita delle opinioni in-
torno alla pazzia morale, giustifica, in nome della scienza, molte
assoluzioni di uomini che sono un continuo pericolo per la so-
«ieta. L'opinione della semi-responsabilita in alcune forme di
pazzia, ripudiata dalla seienza piu seria, ma ammessa ancora
dai Codici, fa condannare assassini e stupratori a pochi anni
di custodia, provvedimento inefficace e forse dannoso, perch6 il
pazzo rimane tale dopo il breve tempo della sua reclusione
durante il quale nulla fu tentato per guarirlo, e se egli e af-
fetto da una mania sine delirio e conserva la memoria, la lieve
pena che gli fu inflitta avra fatto in lui dileguare del tutto il
timore della legge. La medesima cosa accade quando il pazzo,
completamente assolto, viene custodito per breve tempo in un
manicomio. Tuttfi psichiatri narrano casi di nuovi omicidii com-
messi da uomini gia processati ed assolti per tale ragione, de-
tenuti poscia in un manicomio, e dopo alcuni anni, liberati del
tutto perehe apparentemente guariti.
Adunque si pu6 affermare che, contro 1'opinione del nostro cri-
tico francese, non si lederebbe in alcun modo il sentimento pub-blico condannando i pazzi a quella segregazione che e sufficiente
per guarentire la societa dalle loro aggressioni. Non vi e alcuna
ragione perche la societa, vedendo il pazzo, dimentichi il delin-
quente, come non ve n'e alcuna perche essa distingua, per de-
(1) MADDSLEY, op. cit. Cap. 5°.
— 232 —
cidere se debba difendersi o lasciarsi ferire, i motivi resistibili
dagPirresistibili, e la malvagita istintiva da quella liberamentevoluta.
UBBRIACHEZZA.
Una nuova contraddizione del sistema giuridico si vede nel di-
verso trattamento della ubbriachezza, mentre la ragione pu6 es-
sere da questa completamente offuscata non meno che dalla pazzia.E pure in Inghilterra gli uomini ubbriacatisi volontariamente sono
responsabili di ogni delitto commesso in tale stato, il quale, nel
Codice sardo, importa una minorazione di pena, salvo il caso che
questo vizio sia abituale (1)-Ci6 si giustifica con la volontarietd deirubbriachezza^ mentre
la pazzia e involontaria. Ma la conseguenza logica di questa di-
stinzione non sarebbe forse la punibilitd della ubbriachessa, an-
ziche quella del delitto commesso in tale stato, che 6 sempre l'o-
pera di chi non ha tutta la sua ragione e quindi non e moral-
mente responsabile? Non sarebbe dunque logico equiparare tale
stato a quello della pazzia nella formola unica del vizio di mente
come nel Codice germanico, nel sardo modificato per Napoli e Si-
cilia e nel progetto del nuovo Codice italiano ? Ovvero, tutto al
piti, non si dovrebbero considerare come involontarii e colposi i
reati commessi dall'ubbriaco ?
Certo, 1'impunita. degli ubbriachi delinquenti potrebbe essere
un grave pericolo, e pertanto i legislatori piu prudenti (fra cui
non sono gli autori del progetto italiano) tengonq fermo nel voler
punire il delitto commesso dall'ubbriaco; ma come e mai possi-
(1) « Ailorche il reato 6 commesso nello stato di piena ubbriachezza con-
tratta senza deliberato proposito da chi non e solito ubbriacarsi, i giudici ap-
plicheranno al colpevole la pena del carcere estensibile, secondo le circostanze
dei casi, anche ad anni dieci» (art. 95).
— 233 —
hile conciliare questo punto col principio della responsabilita, onde
i codici sonp d'altra parte informati ?
La nostra teoria risolve facilmente anche il problema de' delitti
commessinello stato di ubbriachezza. Pu6 forse accadere che, come
dice il Eossi, « un homme absolument ivre donnera des coups dans
une rixe, signera comme faux temoin, outragera la pudeur, et,avec la m&ne indifference, il s'enrolera dans un complot de haute
trahison. A son reveil il aura tout oublie, et sera egalement
etonne, quel que soit le fait qu'on lui raconte comme ayant ete
son ouvrage » (1) — ma 6 pur certo che in molti casi Fub-
kiaco non fa se non esagerare le azioni proprie del suo ca-
rattere.
La punibilita del reo ubbriaco dipende per noi dalla dimo-
strazione che al carattere piuttosto che alfeccitamento del vino
sia da attribuirsl il delitto. Se gli atti disumani od improbi
corrispondono alle tendenze delFindividuo, se 1'ebbrezza non fece
che determinarle e rivelarle in modo non dubbio, si pu6 ben
ravvisare il delinquente nell'ubbriaco, poiche allora il vino non fu
che la causa occasionale, sopravvenuta all'istinto del delitto (2).Che se invece la vita precedente del reo mostra chiaramente
Fincompatibilita fra il suo carattere e 1'azione da lui commessa
per effetto del vim, questa potra essere punita come reato invo-
lontarioi non come delitto naturale.
(1) Eossr,; Tr. de dr. pen. Liv. 2y ch. 20.
(2) Esempii: Cip... nel 1883, ubbriaco fradicio, tentd uccidere due personea colpi di fucile, ne feri una, si ribell6 alle guardie. Or bene, egli era stato
cohdannato M 1816 per stupio yioleiito in riunione armata, nel 1877 per
minacce a mano armata e porto d'arma insidiosa, nel 1878 per ferimento vo-
lontario!'
Brun... nel 1883, ubbriaco, tent6 uccidere con pistola. Egli era stato condan-
nato per un simile misfatto nel 1867, per ferimento grave nel 1880, per ol-
traggi nel 1881.
Car,.., ubbriaco, nel 1883 fert a colpi di stile. Egli era stato condannato-
gia quattro volte per ferite, ed altre volte per violenze e porto d'arma.
— 234 -
Altra cosa e a dirsi del delinquente impulsivo creato da un•cronico alcoolismo. Qui si ha una causa di delitto permanente finoa che durino le conseguenze morbose del vizio. Per tanto la nostra
teoria suggerisce per questa classe di rei uno speciale tratta-
mento (V. cap. 4°).
ETA.
Kesta che consideriamo 1'applicazione del principio della respon-•sabilita &\Yetd dei delinquenti. I codici, analogamente alle idee
teoriche da cui sono informati, assegnano nella vita umana un
limite alla responsabilita completa, ora ai 18 anni, ora ai 21. La
puerizia, Tadolescenza, la prima gioventii hanno xma responsabi-lita limitata che waducesi in pene diminuite di uno o due gradi,•di meta o di tre quarti.
Questa teoria grossolana, la quale e affatto muta a riguardo4el sesso, della senilita e delle infermita, come se anche questecircostanze non avessero la loro importanza — non puo esseredel
tufcto accettata dalla scienza penale positiva. Non mi estender6 in
questo punto.su tale argomento, ma ricorder6 solo che la psico-
logia e 1,'antropologia criminaleci danno il mezzo di riconoscere
nel fanciullo il delinquente nato, nel giovinetto precocemente cor-
Totto da un malsano ambiente famigliare o sociale, il delinquente
incorreggibile. « Una certa quota di delinquenti — dicono i dot-
tori Marro e Lombroso — rimonta fino ai primi anni della na-
scita, intervengano o no le cause ereditarie; o, per dir.meglio,se ve n'hanno alcuni causati da cattiva educazione, rin molti non
influi n6 meno la buona (1) ». Qual e dunque il significato di una
pena minorata? E quale pu6 essere 1'utilita delle case di corre-
(1) I germi della pazzia morale e del delitto ne' fanciulli. — Archivio
di psic., seienze penali, ecc. Vol. iv, fasc. 2°.
'.-' v - 235 —
zione, che.«con triste bisticcio, potrebbero dirsi di ufficiale cor-
ruzione? ».
Grli autori qui citati credono che alle tendenze criminose dei
fanciulli pu6 opporsi il sistema educativo di Froebel ed una par-ticolare igiene, ma, quando esse siano tenaci ed invincibili, non
esitano a proporre « una casa di ricovero PERPETUOpei mino-
renni».
Come la scienza si allontana dai codici che infliggono, pei reati
piu atroci, pochi anni di carcere o di custodia ai minori dei 14
o dei 16 anni e che attenuano la pena dei minorenni in omaggioal principio della responsabilita limitata! (1).
Non 6 forse lecito conchiudere da questo sommario esame della
teoria esservi una contraddizione manifesta fra lo scopo della tu-
tela o difesa sociale e la condizione della responsabilita morale?
Non dovranno convenire di questa contraddizione anche coloro che
ammettono, in certa misura, il libero arbitrio umano ?
Vedremo piu innanzi come questa teoria classica della tutela,in realta, non tuteli nulla. L'assurdo teorico tradueesi in una pra-
tica.impotenza.
III. — LA PKOPORZIONEPENALE.
E ora necessario esaminare 1'altro cardine del sistema: la^ro-
porzione delta quantitd della pena alla quantitd del delitto.
Non sara difficile mostrare la poca serieta di questo principiola cui enunciazione puo sembrare soddisfacente ad un osservatore
(1) II Codice penale sardo esclude dal benefizio della minorazione di penai giovani di eta superiore ai 18 ed iuferiore ai 21 che abbiano commesso i
misfatti piu ripugnanti ai sentimenti umani, parricidio, grassazione con omi-
cidio, ecc.
Ma la sapienza dei nostri riformatori ha tiova.t<y ingiusta questa eccezione^e l'ha cancellata dal maraviglioso progetto del nuovo Codice!
— 236 —
superficiale. Per poco che si considerino i due termini, si vedra
tosto com'e vano 1'istituire fra essi un rapporto proporzionale, per10 scopo della difesa sociale.
II primo termine di confronto e la gravita relativa del delitto.11 criterio di questa precede naturalmente quello della quantitadella pena.
La scuola francese ricerca il criterio della gravita relativa dei
delitti nella importansa del dovere vioiato; — la scuola italiana
lo ricerca hel danno recato dal. delitto.
La parola « danno » quando oggi si adopera a tale oggetto,
comprende anche un elemento di natura affatto diversa, detto danno
mdiretto o mediato, cioe quel male che « il delitto recaa tutti
gli aitri cittadini che non furono dali'azione direttamente col-
piti(l)». E questo male consiste nella «perdita o dimimzione
deWopinione della propria sicuressa » (2); onde, « sfiducia ed
atiarme; inoltre, il cattivo esempio che se ne suscita ne' malein-
ctinati i> (3).Vedasi allora come diventa complesso, il concetto di>quel danno
che in ogni delitto dovrebbesi ricercare. Era tanti elementi, il
danno materiale, la sfiducia, 1'allarme, il cattivo esempio, qualeavra la prevalenza per potersi conchiudere che il delitto A sia piu
grave del delitto B?
La scuola risolve la quistione:Per norma» generale «la quantita relativa dei delitti deve mi-
surarsi sul da,nno immediato ». H criterio del ^anno indiretta. non
e, che sussidiario: esso,si adopera soltanto allorche; <t m due. reati
e ugmh il danno diretto (4).,»,.
Dunque il criterio prevalente, il criterio sovrano e quello del
danno materiale. Con esso deve formarsi una scala graduata dei
(!) QARRAKA, Prog., § 153.
(2) CARMIGNANI, Br. crim., § 139.
(3) CABRARA, op. cit., § 103.
(4) Ibidem, op. cit, § 192, 194.
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delitti. Ma come si fara per bilanciare quantita cosi eterogenee,
quali la diffamazione e la percossa, lo stupro ed il falso, il furto
ed il ferimento ? Chi mi dira quale sia in tuttfi casi il male piii
sentito, piu doloroso, piii terribile per le sue conseguenze?
Bisognera rivolgersi all'opinione pubblica che esprime la media
dei sentimenti di una data societa.
Ma questa opinione pubblica, anziche preoccuparsi dei dolori
individuali, che, d'altra parte, essa, per la immensa varieta dei
casi, non pu6 misurare, valutera molto spesso la importanza del
delitto dal punto di vista ieWallarme prodotto dal delinquente,
elemento che doveva servire per misurare il danno indireito (1).Ed ecco che anche il danno diretto e fondato in parte sul me-
desimo elemento! Ne, d'altra parte, e possibile che la cosa vada
diversamente, perche nessuno potra mai stabilire in abstracto la
entita dei diversi danni materiati recati dai diversi delitti per in-
durne la relativa loro gravita.Ma la teoria e poco salda anche per un'altra ragione. Essa vuole
che in ogni delitto si riscontri un elemento di danno diretto, senza
il quale il delitto medesimo non esiste (2). Ma che si fara persostituirlo ove non ci e, quando nessun uomo fu ucciso, nessun og-
getto portato via, insomma in tuttfi casi di tentativo criminoso ?
Eisponde II Carrara: « Le funzioni del danno immediato che in
essi manca, le fa il pericolo corso dalla societa o dal cittadino
attaceato ». Dunque la ragione d'imputare il delitto imperfettosta nel pericolo che fa le veci det danno » (3).
Strano avvicendarsi d' idee! Che male pu6 recare un pericolonon realizzato se non la sfiducia,*Tallarme, il cattivo esempio,
(1) Cosi le aggressioni alla proprieta destano maggiore allarme delle aggres-sioni alle persone. Ci6 si vede dai verdetti dei giurati che assolvono spesso gliomicidi e raramente i ladri.
(2) Progr., % 192 e seg.
(3) Ibidem, § 352.
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tutti gli elementi insomma AelYaltra specie di danno, quello detto
indiretto, o, secondo la scuola toscana, mediato ? Ed ecco che tuttoad un tratto questa specie immateriale di danno e chiamata a so-
stituire il fattore materiaie che manca nel tentativo, a farne k
vecil Ma allora qual e mai il danno indiretto del tentativo? Se
non manca quello, manchera questo: da tale alternativa non si
esce. Vi ha dunque una figura di delitto priva di Una delle due
specie di danno. Dunque npn e vero che « in ogni detitto » debba
riscontrarsi una « quantita morale, rappresentata dat danno im-
mediato ed una quantita politica rappresentata dal danno me-
diato (1) ». Nel tentativo non vi ha che un solo di questi fat-
tori, e, per quanto si sforzi il significato delle parole, esso non
pii6 al tempo medesimo fare le due parti.
Dunque la teoria del danno incontra un primo scoglio insu-
perabile, a meno che essa non consenta ad abbandonare la du-
plicita delTelemento del danno, e ad ammettere che basti a co-
stituire il delitto il semplice danho immateriale risultante dallo
allarme o dal cattivo esempio. Ma in tal caso verrebbe meno ognisolida base alla costruzione della scala graduata dei delitti, perchela loro gravita relativa dipenderebbe da mille mutabili circostanze
di tempo e di luogo. 11 medesimo fatto che in un paese preoc-
cupa tutta una popolazione, a venti miglia di la, per il costume
o 1'indole della gente, e un caso dei piu comuni. La scienza del
diritto penale precipiterebbe da' suoi sublimi ideali nel piii gretto
empirismo, poiche essa dovrebbe misurare la gravita dei delitti
secondo la stima che ne fa il volgo, Yallarme, non gia secondo
il pericolo vero, che non potfebbesi ragionevolmente apprezzaresenza la biografia del delinquente ed il suo esame psicologico.
Questo pericolo vero non e altrimenti quello gia corso e svanito,bensi quello persistente: il pericolo passato non ha piii alcuna im-
portanza se esso non rispecchia il futuro.
(1) CARRARA, § 206 (nota).
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Ben diverso e il criterio misuratore della scuola francese: II
delitfco e tanto maggiore quanto e piu importante moralmente il
dovere violato.
Ma qual e il modo di riconoscejje questa diversa importanza dr
doveri morali? U problema, come dice il Carrara, si scioglie in-
un altro problema (1).
Bisogna interrogare 1'umana coscienza, risponde Pellegrino RossL
Qual e 1'uomo che non l'ha sentita pronunziarsi in tale materia,.anche pel labbro del bambino che, di certo, non ha preso a pre-stito dalla legge esistente i suoi sensi di giustizia? (2).
Ma fin dove questa umana coscienza dara essa risposte precise-eduniformi ? II Eossi medesimo dubita che « le fait de conscience»
possastudiarsi in ogni delitto ed in ogni gradazione dello stesso
delitto; egli e costretto a ridurre tale metodo alle sole speeie o-
categorie_principali.Ma anche cosi non verrebbero meno le incertezze: « Pu6 es-
servi un criterio morale costante per dire che certe azioni sono
cattive, ma un criterio puramente morale, che sia universale e co-
stanteper dire che un'asione epiu cattiva di un'attra, non vi e (3)/Ed analogamente Von Holtzendorff: « Al di d'oggi non pos-
siamo dire giammai dal punto di vista morale che in qualunque-circosfcanzaun certo reato sia piu grave di un altro » (4).
Chi ha letto i miei primi capitoli deve essere convinto che se-
il delitto da me chiamato naturale e stato sempre riprovato dalla
coscienzadei popoli civili o semicivili, d'altra parte, nella nostra-
razza medesima, molti fatti oggi non punibili erano considerati
come assai piu gravi di alcuni veri delitti. Ma nello stesso campo-di questi ultimi il rapporto di gravitd e considerevolmente mu-
(1) CARRARA, op. cit., § 184.
(2) Eossi, Traite de droit penal. Liv. 3°, chap. 4.
(3) CARRARA, op. cit., § 184.
(4) VON HOLTZENDORFF,Das Verbrechen del Mordes und die Todesstrafer
cap. 19.
- 240
tato, ed ancor oggi e diverso secondo il grado della civilta, 1'evo-
luzione dei sentimenti, le influenze climatologiche. Chi non sa che
fra gli antichi Germani il furto era assai piu grave dell'omicidio,mentre oggi domina il sentimento opposto ? Chi non sa che l'omi-
•cidio e stimato il maggiore dei reati nei paesi settentrionali di
Italia, mentre in Eomagna, Napoli, Sardegna e Sicilia pochi si
•commuovono delle centinaia d'assassinii che ogni mese v'accadono?
La frequenza di un fatto ne diminuisce 1'importanza: la rarita
l'aumenta.
D'altra parte, nella medesima regione, la delicatezza del senso
morale varia considerevolmente a seconda dei diversi strati sociali. •
Quale di essi dara la norma?
Non si ritorca 1'argomento contro la nostra teoria del delitto
naturale. Altro e il dire che in qualsiasi classe popolare dominano
nella maggioranza alcuni sentimenti od istinti morali, altro il dire
che alla superficie ed al fondo ne sia identico it rapporto di den-
sitd. Non vi ha strato sociale per cui T omicidio, il falso ed il
furto non siano reati, ma ben pu6 essere stimata diversa la loro
gravitd reciproca, specialmente se codeste categorie cosi larghe si
-distinguono nelle loro sottospecie, determinate da quei. caratteri
«he ne fanno altrettante figure criminose. Chi persuadera 1'agri-coltore che una vendetta sanguinosa sia piu grave d'un abigeato?Come negl'individui, cosi nelle classi, il sentimento di giustizia e
quello di umanita sono piu o meno profohdi ed istintivi. Di quiuna diversa estimazione della importanza del dovere. Aggiungasi
1'eterogeneita dei termini da confrontare: Qual e mai il rapporfcovisibile fra un falso in atto pubblico ed una bancarotta fraudolenta;fra una concussione ed un infanticidio; fra una diffamazione o
«alunnia ed uno stupro ? Certo in tutti questi fatti la coscienza
pubblica rawisera un delitto, ma essa restera muta se le si di-
manda la sua opinione sul grado d'immoralita insita in ciascuna
di quesfe figure criminose.
II criterio della importanza del dovere violato spesso si com-
plica, quasi inconsapevolmente, con quello del pericolo sociale. Ne
— 241 —
vediamo la prova in tutte le classificazioni di delitti graduati, se-
condo la loro rispettiva gravita. Lo stesso Eossi non ha potutoesciudere altri criterii sussidiarii. 1
La verita 6 questa, che la gravitd relativa dei delitti non pubdeterminarsi in modo assoiuto, perche troppi elementi eterogeneivi concorrono. Nel delitto vi e la gravita del danno, quella del-
Yimmoralitd, quella del pericoh e quella infine ielYallarme. Con
quale ragione si pretenderebbe prescegliere un solo di questi ele-
lementi, trascurahdo gli altri ? Certo, in molti casi, essi si com-
penetrano, perch6 1'allarme dipende spesso dalla maggiore im-
moralita, e da questa anche il maggior pericolo. Ci6 spiega come
^concriterii cosi diversi, le teorie penali arrivino a conchiusioni
poco dissimili. Ma ci6 prova del pari la mancanza di un criterio
esclusivo, e che la scala graduata dei delitti, secondo la rispet-tiva imporfcanza delle loro specie e sottospecie, sia il risultato delle
reciproche transazioni dei giuristi.D. secondo problema che ad essi presentavasi, quello della mir
mrapenale, fu risoluto con maravigliosa disinvoltura. Incontro alla
prima scala ne eressero una seconda, formata dalle pene distri-
buite secondo la loro presunta gravita. Ed allora, senza punto cu-
rarsi d'indagare il grado di prevenzione che ogni pena e atta ad
•esercitare secondo la natura dei diversi delitti e quella dei loro
autori, essi hanno fatto combaciare le due scale , per modo cvhe
ad ogni delitto e rimasto attribuito la pena collocata parallela-mente. Ed hanno chiamato cio « proporzione penale ».
H delitto x trovasi al gradinO secondo. Dunque esso merita la
,pena y, perch6 questa trovasi ancor essa al gradino secondo della
propria scala.
Ecco il metodo a cui sono in gran parte dovuti i nostri Codici
penali, stimati frutto di lunghe meditazioni, di sapienti combina-
zioni, di sublimi dottrine al volgo ignote!Nessuna cosa e mai stata piu agevole. Solo esitava alquanto la
nobile mente di Pellegrino Eossi. Egli diceva che questo metodo
« n'offre pas assez de jaloux pour etre sur de ne pas s'Cgarer en
GABOFALO. — 16.
— 242 —
roitte ». Pure egli non sapeva indicarne altro. Posti a rincontro
i due cataloghi di pene e di delitti « on pourra SE HASARDERd
reeonnaitre, en descendant, le rapport de chaquepeine ou des divers
degris de peine avec un detit ».. In altro luogo egli confessa che-
manca un punto fermo di partenza e che per tale mancanza il pro-blema non e risoluto (1).
Ma se quel grande intelletto si e piegato ad un metodo siffatto,T3i6 si spiega facilmente: egli non credeva che la prevenzione dei
delitti fosse lo scopo finale ed ultimo dei delitti. Egli era eclet-
tico, ed un principio che non poteva dimenticare era quello della giu-stizia assoluta e quindi della espiazione pel contraccambio del male.
Ci6 che non si spiega e come mai sia questo il metodo della
scuola classica italiana che, pure, da alla pena lo scopo princi-
pale della prevenzione.Parrebbe che, logicamente, si dovesse indagare quale sia il ri-
medio opportuno nei singoli casi, esaminare quale sia il mezzo pe-nale piit atto a combattere questa o quella specie criminosa, an-
ziche stabilire una proporzione che pu6 non avere alcuna utilita,
rivolgendo contro ogni delitto la pena che per caso trovasi al posto
corrispondente della scala parallela.
CRITERIODELLA CONTROSPINTA.
II solo che In Italia seppe allontanarsi da un cosi gretto em-
pirismo fu EOMAGNOSI,il padre della sociologia criminale. Anche
egli propose una proporzione penale, ma non gia delle pene ai de-
litti, bensi alle spinte criminose.
« La minaccia d'una pena —egli dice — dev'essere anatoga
alFindole presunta dal desiderio criminoso eproporzionale al grado
presunto „della energia di questo desiderio » (2).
(1) Rossi, op. cit., liv. 3, chap. 4.
(2) EOMAGNOSI,Genesi del dir. pen., § 1504.
- 243 —
L'analogia determina la quatitd; la proporzione, la quantiid.La natura della pena dev'essere dedotta dalla natura morale del
delitto, cioe a dire dai sentimenti che lo mossero a colpire questisentimenti medesimi (1). La quantita della controspinta difensiva
dev'essere.proporzionata alla quantita della spinta offensiva, cioe
a dire dev'essere sufficiente a rattenere 1'energia della spinta me-
desiina, intendendosi per energia non quella individuaie dei futuri
delinquenti, bensi quella che « come una misura media si pu6fondatamente presumere operativa in un dato popoh » (2).
La potenza della spinta criminosa risulta dalla intensita del
desiderio e del grado delTaudacia; la conoscenza di questi ele-
menti fara misurare il grado della controspinta necessaria. Questadovra essere tale da prevalere su quella per mezzo di una pre-
potente apprensione di vigitanza, di persecusione e di dohre (3).Tutti gli uomini hanno un proprio vatore sociale, salvo gli oziosi
e i vagabondi; tutti pertanto, tranne costoro, « offrono una sen-
sibilita ed una guarentigia valevole ad usare un uguale maneggiodella controspinta penale ». Di qui segue che le pene debbono
essere eguali per tutti, salvo per quelle classi di non vahri so-
eiali, nei quali la controspinta, per riuscire efficace, dovrebbe es-
sere assai piu energica (4).Molto simile a questo e il sistema della coazione psicohgica
di Feuerbach, cioe a dire la minaccia di un male che superi il
piacere sperato dal delitto e che pertanto determini la volonta
ad astenersene.
Questi due grandi scrittori hanno dunque saputo presentare nn
criterio di penalita coerente al principio della difesa sociale. Ma
fu gia osservato che nelle sue applicazioni pratiche essofarebbe pu-nire molto gravemente reati poco pericolosi, e forse, piu lievemente,
(1) ROMAGNOSI,op. cit., § 1507 e seg.
i2) Idem, § 1533.
(3) Idem, § 1551.
(4) Idem, § 1560, 1574.
244
reati assai maggiori, solo'perci6 che i primi furono mossi da im-
pulsi piu vivi degli altri. « II furfco — dice il Carrara — do-
vrebbe nella scala dei delitti#appresentare una gravita maggioredell'omicidio se la relativa gravita dovesse calcolarsi sui criterii
delTutrle sperato, della sperata impunita, e della facilita di com-,
metterlo ». — Che se poi si confrontino fatti appartenenti al
medesimo titolo « colui che ha rubato per salvarsi dal carcere
imminente di cui lo minacciano i creditori, ha senza dubbio una
spinta maggiore di chi ruba per un viaggio di piacere. S'impu-tera piii la uccisione di un inviso rivale che la uccisione di uno
sconosciuto, consumata per lieve cagione, senza profitto alcuno (1)».Tutto cio non sarebbe sufficiente per farmi rigettare questo
sistema. Io non ammetto si possano confrontare fra loro quellecose eterogenee che sono i delitti di ordine diverso, ed ho negatola possibilita di un criterio unico della rispettiva loro gravita.Poco m'importerebbe dunque che qualche specie di furto sia pu-nita piu gravemente di qualche specie di omicidio, quando il
mezzo penah adoperato nei due casi fosse rispettivamente efficaceallo scopo deila prevenzione. Ma, per una ragione ben diversa,io non credo realizzabile la proporzione penale proposta da Eo-
magnosi e da Peuerbach. ,La pena, secondo il loro sistema, dovrebbe crescere in ragione
diretta dell'impulso criminoso, perche, si noti, nella maggior forsa
dell'impulso si vede un pericoh maggiore per la societa. Ora, se
io non m'inganno, questo e il punto debole della teoria. La con-
siderazione della spinta che ha dato luogo al delitto puo essere
un elemento per argomentare la gravita del Tpevicolopersistente;ma quesfelemento non e il solo, perche quella spinta ha potutoessa medesima derivare da eccezionali circostanse, riproducibiliforse in altri, ma non piu nel reo. Ond'e che, in costui, il nuovo
impulso temuto potrebbe prevedersi assai men valido e quindi
(1) CARRARA,op. cit., § 181.
— 245 —
meno pericoloso. Mancherebbe allora la ragione di commisurare
la pena alFimpulso passato. Viceversa, questfultimo ha potuto es-
sere debole, ma la debole reazione pu6 ringagliardirlo, onde e pro-babile il trionfo del motivo criminoso porto da qualsiasi circostanza
e senza che vi concorra pure un desiderio vivissimo od una pas-sione. La controspinta proporzionale riuscirebbe allora insufficiente.
Infine, vi hanno impulsi che quasi nessun opposto motivo e atto
a frenare, specie quando essi sono eccitati dai pregiudizi di razza.
In tali casi la societa non potrebbe fare altro che tentare la mas-
sima controspinta, la pena di morte, ed esacerbarla come usavasi
al medio evo.
E pure sovente in quei casi l'uomo non e disadatto ad ognimaniera di vita sociale, ed un mutamento di ambiente sarebbe
sufficiente a rendergli possibile 1'umana convivenza.
Pu6 rispondersi che col sistema delle controspinte s'intende piualla prevenzione generale che a quella necessaria particolarmente petreo. Ma se la minaccia della pena esercita sufficientemente la pre-venzione individuale, la pubblica morale vieta di oltrepassarne i li-
miti. Ora, il rispetto ai sentimenti morali comuni, come da una parte
giustifica la reazione contro il delitto, cosi dalFaltra ne vieta l'ec-
cesso. E pu6 esservi eccesso quando la pena non si appropria al
delinquente pel pericolo che da tui nasce, ma pei reati che si
temono da altri; quando insomma 1'intimidazione, che dev'essere
un effetto della pena, diventa invece il suo scopo principale (Vedi
cap. 2°, parte la).Nel XVI secolo un gran numero di vagabondi infestava l'In-
ghilterra. Essi discendevano in gran parte, secondo Carlo Marx,da quei contadini ingiustamente espropriati, aUa fine del secolo
precedente, per effetto di arbitrii feudali o di leggi fatte nelFin-
teresse di borghesi capitalisti (1). Or bene, fu stabilito da En-
rico VIII nel 1530 che i vagabondi robusti fossero per una prima
(1) CARLO MARX, II capitale, cap. 27.
— 246 —
volta fustigati ed obbligati a ritornare ai loro paesi e rimettersi
al lavoro. Leggi posteriori punivano la prima recidiva col taglio
delToreechio, la seconda con la morte. Nel 1547, uno statuto di
Edoardo VI ordinava che gli oziosi o mendicanti validi fossero
aggiudicati come schiavi ai loro denunziatori. Elisabetta decre-
tava nel 1572 che fossero fustigati ed in caso di recidiva, im-
piccati, se niuno volesse prenderli, almeno per due anni, al proprio
servizio. Secondo Marx, che.cita Hollingshed, settantaduemila
osiosi e vagabondi furono impiccati durante il regno di En-
rico VIII (1).Che si direbbe di simili provvedimenti con la teoria della in-
timidazione o coazione psicologica?Non pu6 esservi dubbio che 1'ozio e rl vagabondaggio si deb-
bano considerare come delitti sociali, poiche essi fanno presumeretutti gli altri. Ed e certo del pari che l'abito delFqzio e uno dei
piu invincibili: dunque una spinta vivissima.
A rigor di logica, pertanto, le leggi sanguinarie della Inghil-terra al secolo XVI sarebbero giustificate. Anzi lo stesso Eoma-
gnosi, benche non certo a tal segno, voleva leggi severe contro
le classi pericolose, col temperamento del lavoro preventivamenteofferto dallo, Stato.
D'altra parte, dal punto di vista della selezione, quei settan-
taduemila impiccati hanno senza dubbio epurato la razza anglo-sassone e forse a quel gran numero di fofche si deve la minore
criminalita presente dell'Inghilterra in confronto di tutto il resto
d'Europa.Ci6 nondimeno i nostri sentimenti piu intimi protestano contro
1'uccisione legale di chi non e convinto d'altra colpa se nqn di
ozio o mendicita.
Quei vagabondi, trattati con maggiore umanita, non erano in-
suscettibili di adattamento, ci6 che fu proyato dai loro successori
(1) CARLO MARX, op. cit., cap. 28.
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del secolo XVII, meno di loro infelici, i quali popolarono le co-
lonie di America, e da quelli della fine del secolo XVIII e del
principio del XIX, che dettero esistenza alFAustralia.
La selezione si e operata del pari, e con vantaggio universale.
La teoria del terrore era causa di uno sterminio; quella dell'a-
dattamento faceva sorgere utili colonie che divennero floride e
potenti.
CRITERIOPOSITIVO.
Eitorniamo adesso al problema della proporzione penale.Ci6 che importa misurare non e tanh Vintensitd delle spinte
criminose quanto la forsa di resistensa a tali spinte, cioe, in altri
termini, il senso morale del delinquente; questa indagine sola potrafarci conoscere ci6 che da lui presumibilmente si ha a temere.
Se ci6 e possibile, si sara fatto un gran passo alla soluzione del
problema. Non rimarrebbe che adattare il mezzo di prevenzionealla specie di temibilitd.
Ma a questo effetto diventa affatto inutile il ricercare un cri-
terio quantitativo det deUtto. Ho gia fatto notare la difficolta di
questa ricerca quando si tratta di un confronto fra quelle quan-titiji eterogenee che sono le diverse specie criminose. Che se poisi tratti di una medesima specie, il criterio quantitativo tratto
dalla gravita del danno materiak non potra servire che a misu-
rare la riparasione dovuta alFoffeso, e 1'altro criterio tratto dalla
importanza del dovere violato fornira solo un elemento per la de-
tei-minazione della immoralitd delPagente e quindi della sua te-
mibilitd.
Tolta dunque di mezzo la scala dei delitti graduati secondo la
loro intrinseca gravita, non si tratta altrimenti di proporzione
penaU.
Questa espressione non avra piii alcun significato, e bisognera
sosijituirle quesfaltra: appiicazione del messo idoneo; mutamento
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di parole che importa: Non piu la ricerca di una quantitd misu-
rata di mah da infiiggersi aWautore di un dato delith; bensi
quella di un freno adatto alla specialitd della sua natura.
Ma come! si osservera:— Voi non volete piu distinguere la
pena di chi ha rubato mille lire da quella di chi ha rubato venti
centesimi ? •'
Si, senza dubbio, bisogna distinguere per vedere se,ed in qualemi-
sura, chi ha rubato mille lire sia piii temibile di chi ha rubato venti
centesimi. E questa ricerea deve condurmi a detemiinare il mezzo
penale, 1'ostacolo opportuno, cioe atto a diminuire o ad annullare
questo pericolo. II problema riducesi in questi termini:
Come sara determinata la temibilitd del delinquente?Parecchi elementi vi concorreranno, e non ne sara esclusa la
quantita del danno, che 6 spesso indizio di maggiore o minore
malvagita o cupidigia, ne il modo di esecuzione del reato, ovvevo
le circostanze che diconsi qualifiche, in quanto esse importano una
maggiore audaeia o crudelta. Questi elementi saranno" pesati in-
sieme alla vita precedente del reo, ai suoi caratteri fisiologici e
psichici, ai suoi sentimenti ereditarii ed a quelli acquisiti. E
tutte queste eircostanze cosi raccolte daranno il modo di deter-
minare se il delinquente sia affatto privo di senso morale, e per-tanto insuscettibile di qualsiasi adattamento, ovvero se il suo
debole senso morale, soffocato dalle abitudini o da particolari ed
eccezionali circostanze, possa ridestarsi in nuove condizioni di vita.
Ecco il criterio positivo della penalita gia indicato nel mio la-
voro pubblicato nel 1880 (1). Se non che, al tempo in cui scri-
veva quel primo saggio, io non sapeva ancora abbandonare
completamente quelle idee di proporzione che .sono tradizionali
nei criminalisti. Io feci, e vero, uno sforzo per sottrarmi a co-
deste idee, ed affermai che «le pene si debbano minacciare coe-
rentemente atla temibititd det reo » (pag. 51), principio evi-
(1) Di un criterio positivo della penalita, Napoli, 1880 — Ed. Vallardi.
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dente 6 logicamente dedotto dalla teoria della difesa sociale, ma,
che pure nessuno aveva ancora enunciato.
Nondimeno, nello svolgimento del principio e nelle sue pratiche
applicazioni ricorsero troppo spesso, e quasi involontariamente, le-
idee di una gravita intrinseca di delitto e di una proporzionfr
penale.
Ora, ricondotta tutta la teoria al principio delTadattamento, il
mio criterio positivo pu6 semplicemente enunciarsi cosi: U messo-.
penale dev'essere determinato dalia possibilitd di adattamento del
reo, cioe a dire daWesame delle condisioni d'ambiente in cuipuo
presumersi ch'egli cessi di essere temibih.
Dunque, non piu un criterio di proporsione, bensi un criterio
di idoneitd. E credo aver mostrato abbastanza il significato di
tale distinzione.
Eesta ch'io risponda a qualche censura.
II signor Tarde nella Bevuephihsophique (juin 1883, pag. 665)trova che la mia temibilita e une singuliere quantite" ed accom-
pagna questa frase con un puntoammirativo. Non conosco, poiche
egli non aggiunge altro, le ragioni che gli fanno sembrare cosi
strana la determinazione di questa quantita. Suppongo che tale
impressione sia prodotta in lui dalla molteplicita degli elementi
che vi concorrono. Pure la determinazione degli antichi criterii
del danno o della importanza del dovere violato, risulta, come si
e veduto, da elementi non meno numerosi.
Ora io domando: Che vi ha d'impossibile o di sommamente dif-
ficile nell'esame degli elementi che debbono determinare la temi-
bilita del delinquente? Quando ci si presenta un ladruncolo, non
vediamq noi a prima giunta s'egli e un fanciullo, un giovanott»od un adulto? E non possiamo sapere agevolmente s'egli e uu
ozioso abituale o se esercita un mestiere, se ha famiglia e se
questa gode buona fama, e quali sono i suoi compagni e i suoi
svaghi preferiti?Non possiamo da tutto ci6 formarci un concetto dei motivi che
determinarono il delitto e stabilire se la tendenza al furto e in-
— 250 —
nata, istintiva, invincibile, od acquisita recentemente per la spintadelTozio o per pura imitazione? Ma forse che tutte queste circo-
stanze non si esaminano quotidianamente nei tribunali? Solo che,
per 1'errato sistema, esse non producono altro effetto che quellodi fare aggravare od attenuare la pena, mentre, per noi, esse,
potendo far determinare ci6 che nelTordine naturale delle cose e
presumibile che il delinquente faccia nelTavvenire, condurrebbero
a ricercare il mezzo preventivo piu adatto. E egli un ozioso? E
temibile se persiste nell'ozio. E egli stato traviato da cattivi corn-
pagni? E temibile se non muta compagnia. Ha egli infine nel suo
sangue 1'eredita, di vagabondi, pazzi o beoni con le note antropo-
logiche del reo istintivo ? E forse perpetuamente temibile. Ed ecco
che le condizioni e i limiti di questa temibilita, questa cosi sin-
gotare quantitd secondo il mio critico, trovansi gia belli e definiti.
E la conclusione e immediata; il rimedio, naturalmente indi-
cato: Nel primo caso la coercizione al lavoro; nel secondo la re-
legazione; nel terzo la reclusione; — in tuttfi casi, niuna deteimi-
nazione preventiva della durata.
II prof. Poletti, uno dei piii dotti critici delle nuove idee, crede,
come noi, che il delinquente piu temibile godrebbe l'impunita
se, come vogliono i giuristi, si avesse a commisurarne la re-
pressione al grado della positiva responsabilita individuale. « Se
si considera il delitto nel suo soggetto, si riscontra che la resi-
stenza al crimine diminuisce assai spesso in proporzione della
gravita del medesimo; se lo si considera nel suo,oggetto, si scorge•che tale proporzione procede in senso inverso; di modo che la
temibilitd del delinquente sarebbe massima quando la sua impu-tabilitd si chiarisse minima (1) ».
Pure, ad onta di ci6,1'autore non crede si debba mettere da
parte la condizione della responsabilita morale. Egli non eselude
il mio criterio della temibilita, ma non puo accettarlo da solo per
(1) POLETTI, H sentimento nella scienza del diritto penale, pag. 95,- TJdine, 1882.
— 251 -
la seguente ragione: « L'autore, eon errata induzione, attribuisce
il valore di principio a tal cosa che per l'intrinseca sua natura
non sara mai tale; in quanto che un principio non debba espri-
mere altro che un'idea generale, e la temibilita invece del delin-
quente esprime soltanto un sentimento Ora un sentimento ha
questo di proprio che, come notavamo da principio col Dumont,
non e un'idea e non si presta per conseguenza a costituire il prin-
cipio di veruna dottrina. Siccome pero un sentimento si collega
sempre ad una o piu idee, e siccome queste rappresentano dei fatti,
cosiaccade che un sentimento ci serva tal fiata di guida per rin-
tracciare 1'idea a cui va congiunto, e per essa il fatto dalla mede-
sima rappresentato; ma resta fermo che il diritto si origina dai
fatti e si fonda sulle idee, non gia sui sentimenti che si riferi-
sconoad esse. Che se invece si assurnera un sentimento a norma
delTazione sociale sui crimini, esso ci portera alle conseguenze piii
eccessive,ci condurra, cioe, a sconvolgere in primo luogo il concetto
dell'ente giuridico imputabile, ed in secondo luogo a togliere ogni
positivo rapporto fra la repressione penale e la gravita intrinseca
del reato ».
AUa prima parte di queste osservazioni rispondo che io non
ho gia proposto il criterio deH'allarme prodotto dal delitto o dal
timore della imitazione di esso: la parola da me adoperata « temi-
bilita » indica una misura del male che ragionevolmente pub pre-vedersi da parte del medesimo reo. Questa misura si pu6 trafre, con
norme scientifiche, da elementi di diversa natura: essa sara una
induzione sperimentale di una certezza approssimativa, la quale,
coerentemente al principio della difesa sociale, indichera la speciee la intensita del rimedio penale opportuno. Essa non e che un sen-
timento ! — si dice. — E perche mai? Essa e il frutto di un ra-
ziocinip, una previsione fondata "sulTesame di diverse probabilita,un risultato della osservazione dei fatti, mille volte piu razionale
di quella proporzione, priva di scopo, della pena ad una quantitaposi elastica, cosi ppco determinabile quale la gravita del delitto.
E non e piuttosto fondata sul sentimento la misura di questa gra-
— 252 —
vita relativa dei delitti, sugli elementi della quale i teoristi nonsono d'accordo, ma che accoglie, secondo gli uni, Yalhrme, cioe il
sentimento volgare del pericolo, non la determinazione razionale di
esso; — secondo gli altri la importama del dovere, cosi varia se-
condo le condizioni della morale pubblica ed individuale ? E non e
illogico il misurare la pena alla stregua di cosi fatti mutabili ele-
menti, anziche 1'appropriarla come mezzo al fine cui essa deve
tendere ?
Eispondo poi alle ultime parole del mio critico che col mio
sistema non e tolto di fatto ogni rapporto fra la repressione pe-nale e la gravita intrinseca del reato, in quanto questa, consi-
derata nelFelemento del danno od in quello del valore morah
dell'azione, e uno dei fattori della temibilita.
Ne potrebbe accadere, come il prof. Poletti teme, che un par-ricida sia assoluto, perche la recidiva nelFidentico reato e im-
possibile. II parricida non pu6 essere considerato che come un
delinquente affatto privo di senso morale e quindi insuscettibile di
adattamento, cioe in massimo grado temibile.
Potrebbe invece accadere, e non ci vedo alcun male, che si
realizzi il caso presentato dalPAutore nell'altro suo esempio.
quello del ladro punito gravemente « se dallo esame ahtropolo-
gico, dalla indagine circa 1'educazione avuta dalFimputato e circa
1'indole e abitudini dei suoi genitori e ascendenti, i giudici acqui-stino il convincimento che esso appartenga alla classe dei delin-
quenti ad indole criminosa ».
Forse che il Poletti trova logica la conseguenza del giudizio
che, accertata Yindole criminosa, condanni il reo ad un mese di
carcere?
Egli vuole conciliare il principio sussidiario della temibilita
con quello della responsabilita, sempre relativa. « Codesta conci-
liazione si opera sul terreno giuridico della prevensione quandoal sentimento della responsabilita delFazione si aggiunga il ti-
more della pena, che si reputa suffkiente nei casi ordinari a im-
pedire il delitto; si opera poi ancora su quello della repressione
— 253 —
qnando a quei due sentimenti, che non bastarono ad impedirlo,
si aggiunga 1'applicazione della pena minacciata in quella misura
che la legge reputa sufficiente a tutelare il diritto e a togliere al
delinquente 1'intenzione di commettere nuovi delitti ». Ma dunquela legge dovra reputare sufficiente ci6 che essa sa non essere tale ?
Quale sarebbe lo scopo di questa finzione ? E se essa ricerca ci6
che realmente e sufficiente alla prevenzione, non si riesce forse
inevitabilmente allo stesso principio che mi si combatte?
II nostro Autore, sebbene non abbia determinato con precisioneil concetto sociologico del delitto, pure, come ho notato nel primo
capitolo di quesfopera, e quegli che piu si accosta al mio modo
dintendere il significato del fenomeno criminoso. Egli vede nella
delinquenza una mancanza di adattamento ai rapporti giuridici
dell'associazione, mancanza alla quale si tratta di trovar rimedio
(pag. 126-127).Ma perche mai, dato questo punto di partenza, se ne ricusano
le conseguenze piu rigorose ? Perehe si vuole che la pena rivesta
sempre la forma unica della restrizione della liberta? Perche,
prima di escludere questa o quelFaltra forma, non si vuol ricer-
care se lo scopo non si raggiunga meglio in tal guisa?Per lo piii si mettono innanzi i diritti della umana personalita,
comese anche la restrizione della liberta non li offendesse. Limiti
di tal sorta sono arbitrarii; essi non rappresentano che una tran-
sazione delFindividualismo con le necessita sociali.
Ed h appunto contro questo individualismo, frutto della errata
filosofia del secolo XVIII, che noi vogliamo reagire nella scienza
penale, come si e gia fatto nelle altre discipline giuridiche e so-
ciali e nella economia politica (1).Una considerazione di maggior valore e quella che 1'azione del
potere sooiale, per secondare il progresso della pubblica morale,debba informarsi ai sentimenti altruisti; onde segue che «1'atto
(1) Vedi FEEBI, La scuola positiva, ecc, pag. 29.
- 254 —
stesso con cui combatte e reprime i sentimenti egoisti nella loro
piu turpe e dannosa manifestazione, che e il delitto, ci avverte
che 1'azione sua riuscira tanto piu proficua, quanto piu concor-
defa col sentimento universale della giustizia e con tutti queglialtri sentimenti che piti cospirano a stornare gli animi dalla de-
linquenza e a scemarne i malefici effetti. Ne certamente a quelconcetto s'ispirerebbe il potere sociale qualora avesse a tenere
altro modo, e perseverasse nel volere applicata la pena positiva,la quale e divenuta il vero caput mortuum della penalita (1)».
Da un pensiero nobile e che esprime un irrecusabile fatto di
coscienza, il Poletti trae dunque la conseguenza che Ia societa
non debba valersi, per reprimere i reati, di alcun mezzo doloroso
(pena positiva), e che la repressione debba consistere solamente
in una perdita o sospensione di diritti, in una restriziohe della
liberta e null'altro (pena negativa).
Questfargomento avrebbe valore per combattere la teoria della
espiazione, ovvero quella della intimidazione.
Ma noi siamo ben lungi da cotali idee. La pena e per noi il
rimedio al difetto di adattamento, del reo. Noi non cerchiamo
dunque un mezzo individualmente doloroso, ma solo mettiamo a
questo rimedio la condizione che essonella pubblica opinione non
sia desideraoile, perche non siano sovvertiti, direttamente od in-
direttamente, i motivi della condotta. Con questa condizione, il
miglior rimedio 6 quello che e sufficiente allo scopo, senza alcun
riguardo al grado di dolore che possa risentirne 1'individuo.
Perche dovrebbe escludersi la pena positiva se essae la piti adatta?
Perche si attribuirebbe ad egoismo ci6 che si fa ad uno scopo.di conservazione sociale ? E d'altra parte, se il dolore si dovesse
escludere, non sarebbe anche da abolirsi la pena negativa ? Forse
che la sospensione dei diritti, la privazione della liberta non
sono ancor esse mezzi piu o meno dolorosi?
(1) POLETTI, op. cit., pag. 129.
— 255 —
Tutto si riconduce dunque alla determinazione della necessita
sociale. Di qui solo possono partire criterii generali e norme di
applicazione. Tutto ci6 che fuori di questo campo si tenta trae^
fatalmente ad errori-scientifici che, tradotti nelle leggi, si risol-
vono in danno della societa.
PROTESTE IN NOME DELLA GITJSTIZIA.
Ed ora, lasciando da parte il problema della penalita, rispon-
diamo ad una censura piu generale che si fa al nostro sistema,.iraa critica sintetica che pu6 formularsi cosi:
— Voi sopprimete il merito e il demerito delle umane azioni;
voi non fate conto alcuno del sentimento naturale di giustizia.Merito! Giustizia! Parole che avranno eternamente un signifi-
cato, per quanto si creda diversa 1'origine di ci6 che esse indicano.
Che altro e il merito o il demerito delle azioni umane se non
la loro dipendenza dalla volonta e dal carattere delle persone?Che importa il processo di formazione del carattere, la derivazione
degl'isfcinti e delle tendenze che lo costituiscono, la causalita dei
motivi che determinano il volere ?
Queste origini rimangono spesso ravvolte di mistero, ma tal-
volta sono evidenti, e pure nelPopinione pubblica non ne vien
meno pertanto il merito od il demerito dell'individuo. Porse che
cessail plauso al valore di un soldato solo perche 6 noto essere
ircoraggio ereditario nella sua famiglia? Porse che e meno vi-
tuperato m battaglia il disertore solo perche egli non ha potuto'vincere il triste suo sentimento di paura? Porse che sara meno
rispettato un grande scienziato solo perche la sua scienza e il
risultato della istrnzione che gli si fece acquistare in gioventue della sua intelligenza fecondatrice ?
Non si risparmia la lode ne il biasimo a ci6 che e effetto di
doni naturali, la grazia, 1'arte, il talento. E perche mai dovrebbe
negarsi a ci6 che e effetto di carattere quando si sara saputo che
— 256 —
<questo carattere e ancor esso un prodotto naturale? Si dice di
molti uomini che essi hanno formato da se il proprio carattere
con la tenacita del volere. E ci6 e vero, ma chi ha dato loro
questa possibilita di volere cosi fortemente? Dove pu6 trovarsene
Torigine se non nelle doti naturali dell'organismo psichico? Ora,•che il motivo determinante sia apparente ed a tutti visibile, o
che esso rimanga ascoso, se. non a tutti, almeno al piii gran nu-
mero, ci6 dev'essere indifferente in quanto al merito od al de-
merito delle azioni, tutte le volte che queste siano da attribuirsi
<al solo individuo, alla sola sua vohntd.
Come una bella persona 6 ammirata perche la bellessa e sua,henche non opera sua, cosi una persona virtuosa e lodata perchela virtu e sua, benche la facolta che essa ha di volerla non sia
stata da essa creata.
Si pu6 dunque ben riconoscere in astratto, come gia si fa nella
vita reale, il merito e il demerito dell' atto determinato, con la
sola condizione che quelle espressioni non abbiano che un signi-ficato relativo, quello deU'attribuzione dell'atto al solo individuo,a nessuna forza a lui estranea. ,
Solo il restringerne arbitrariamente il significato alle azioni
non determinate necessariamente da naturali tendenze o qualitadella mente, del cuore o del corpo, pu6 condurre a queste con-
seguenze che, da una parte, non si possa piu biasimare II .vizioso
ed il malfattore — d'altra parte non si possa ne meno lodare
la virtu, la prudenza, il valore, la carita.
Perche affaticarsi a ricercare se 1'uomo poteva essere diverso da
quello ch'egli 6? Ci6 pu6 essere per lui argomento di compiacenzao di rimorso. Ma da ci6 non pu6 dipendere la lode od il biasimo
•delle sue azioni volontarie benche non liberamente volute, come
non ne dipende 1'ammirazione per il bello, il disgusto delForrido.
Ma la giustizia — si replica — protesta contro un dolore fatto
soffrire per un'azione non voluta liberamente.
Quale giustizia ? Che cosa intendete voi per giustizia ?
Trovate voi forse che un padre e ingiusto quando egli frena
— 257 -
con castighi la naturale ma eccessiva vivacita del suo bambino?
E dovra dirsi ingiusto il maestro che punisce la disattenzione o
la scarsa memoria delPallievo ? Ingiusta l'amministrazione che si
disfa.di un impiegato incapace? Ingiasta la legge che riduce alla
miseria i figli pei debiti dei loro genitori ? Ingiusta 1'eleganza
che respinge la sudiceria? Ingiusto il teatro che fischia il cattivo
cantante, la plebe che fischia il generale battuto, il popolo che
fischia il suo vinto imperatore?
Ma allora la societa e la natura non offrirebbero che nn con-
tinuo spettacolo d'ingiustizia. Perche mai vi sono poveri che sof-
frono e ricchi che godono, infelici senza affetti e uomini ineb-
briati di amore, fanciulle da cui s'implora un sorriso ed altre a
cui nessun uomo ha mai rivolto uno sguardo, giovani pieni di
forza ed infermi che stentano, intelligenti che dominano e deboli
ohe obbediscono ? Perche insomma gli uomini non sono tutti egual-mente forti, belli, ricchi, amabili, felici? Perche non sono identici
runo alUaltro affinche niuno possa invidiare alcuna cosa di cui la
natura o la societa sia stata con lui avara e prodiga al suo
vicino?
Ma una simile giustizia non vi e nel creato. In una zona del
nostro globo. si arde, in un'altra si gela. Griove ha quattro satel-
liti, Saturno ha splendidi anelli, Venere e inondata di luee e ca-
lore, la Luna. e arida e desolata.
Come potreste pretendere che questa giustizia consistente nel-
1'eguaglianza, o meglio nelPidentita, che la natura esclude da
ogni: suo prodotto, si trovi soltanto in uno degli organismi ter-
reni, quello delFumana societa?
Ma giustizia vuol dire solamente Yattribuire a ciascuno cib
che gli e dovuto.'
E ci6 che_e dovuto si determina diversamente secondo i varii
rapporti della vita sociale.
All'individuo s^i deve giustizia contro la societa, alla societa
contro rindividuo.
E giusto che l'infermo. povero sia curato a spese delFassocia-
GlEOFAlO. — 17.
_ 258-.— ,
. zione; e ingiusto che questa dia pane gratuitamente all'ozioso non
invalido.
E giusto che Ia societa si conservi merce la esclusione dei dk
•sadatti alla convivenza. E dunque giusto che essa elimini i de-
linquenti.
Ma, come alFinfermo nelPospedale essa non hamisurato le cure
da prestargli in ragione della possibilitd maggiore o minore che
egli avea di evitare le cause della sua inalattia, cosi essa non
misurera la intensita e durata della reazione alla resistibilita in-
terna dei motivi del delitto.
Si dice che ci6 lede il sentimento naturale di giustizia! Marse ci6 e vero, che cosa pu6 mai contentarlo questo sentimento?
Lo contenta forse la presente legislazione penale?Ma come? Essa concede impunita per impulsi irresistibili, e
non .vuole ammettere fra questi i maggiori di tutti, la degenera-
zione ereditata, ovvero la corruzione dell'infanzia che ha soffocato
ogni sehtimento di onore e di virtti, sradicato ogni istinto buono,
distrutto ogni ppssibilita di rimorso ? Essa punisce 1' ozio anche
nel liberato dal carcere che, sfuggito da tutti, non trovera mai
onesto lavoro. Essa colpisce in ragione del danno, anche quando
questo fu involontario. impreveduto. Essa infligge la medesima
multa al ricco che paga ridendo ed al povero che non aveva altro
risparmio, frutto di anni di lavoro. Essa chiude nel medesimo
carcere 1'uomo per cui questo' e una indicibile tortura e il vaga-bondo per cui rappresenta un albergo, gratuito in allegra compa-
gnia. Essa seppellisce nel medesimo ergastolo chi ha commesso
un delitto appunto per esservi. alloggiato e nudrito, e chi fece
ogni sforzo per sfuggirvi come ad una tomba di viventi.
E tutto ci6 si chiama giustizia!Ma essa e mille volte piu remota dalPideale di quella che ri-
sulta dal nostro sistema, con cui non si pretende che il giudice
pesi una quantita a lui ignota, la resistibrlita agFimpulsi crimi-
nosi; ma soltanto ch'egli valuti con dati certi le probabilita del-
1'awenire; — non gia. ch' egli applichi un inutile castigo propor-
— 259 —
zionato a quella quantita ipotetica ed indeterminabile del libero
volere, bensi ch'egli adatti il mezzo preventivo a quelle probabi-
lita, entro i limiti della necessita sociale, ne piii ne meno. Allora
sara data realmente ad ogni uomo la pena meritata, non da una
problematica facolta del suo spirito, ma da tutto il suo individuo,
cioe a dire, dal suo organismo psichico e fisico, dal suo carattere,
dalle sue passioni, dai suoi vizi, dalle sue infermita.
Non si colpisce la sventura, si tenta far si che quella gia ine-
vitabile non sia fonte di nuove sventure. La medesima ragionefa isolare gli appestati ne' lazzaretti, uccidere i cani idrofobi, ster-
jninare gl'insetti nocivi. II sentimento umano di simpatia inter-
wene per salvare la vita di quegli uomini la cui morte non sia
necessaria, cioe a dire quelli che non hanno perduto ogni diritto
alla simpatia per una mostruosita che li renda perpetuamente di-
sadatti alla convivenza.
Questa necessita e in pari tempo 1'origine del sentimento vero di
giustizia. II colpevole non e nellesue mani uno strumento; la
sua pena non e rivolta contro i probabili delitti degli dltri; essa
e rivolta contro lui personalmente, appropriata alla sola sua indi-
vidualitd; essa servira all'esempio, alla intimidazione per un suo
effetto naturale, la considerazione del quale non deve punto de-
terndnarla. Ecco la vera giustizia. Ecco ci6 che limita il rigoredel principio « salus republicae suprema lex ». CHE NIUNO SOPPEA
Pltl O.MENODl Cl6 CHE LA SUAINDIVIDUALITAMERITA: eCCOla maS-
sima suprema che sola pu6 temperare le esagerazioni dell'indivi-
dualismo, cosi come quelle dell'utilitarismo.
IV. — II TENTATIVOCRIMINOSO.
E ora necessario passare ad alcune altre teorie giuridiche, le
quali, facendo seguito a quelle della imputabilita e della propor-zione penale, costituiscono con esse la parte filosofica della dot-
trina e dei Codici penali.
— 260 -
La prima che incontriamo, ed al tempo medesimo la piii im-
portante, e la teoria del tentativo, la quale non senza stento, come
gia mostrai, si rannoda ai principii della seuola classica, ed e
argomento di gravi ed intricate 'controversie, specie in Germania,
ove il eoncetto del tentativo non e identico presso tutti i teorici.
Vi e, infatti, una dottrina subbiettiva, la quale sostiene, sulle
orme della sapienza romana, doversi valutare nel tentativo la sola
intenzione, e non avere 1'essenza materiale del fatto alcuna im-
portanza (Herz, Schwarze, Von Buri); — una dottrina obbiet-
tiva, la quale vuole che 1'intenzione sia sempre trasfusa nel fatto,
cOsicche sia in parte realiasato il proposito, owero sia il tentativo
una parte obbiettiva del reato medesimo (Osenbrtiggen, G-eyer); —
ed infine la recente dottrina del Cohn, che lo definisce « un'azione
atta a produrre la conseguenm voluta, della essemsamateriale di
un maleficio » (1).I Tedeschi distinguono inoltre fra tentativo punibile e nonpu-
nibile, e la stessa legge ha una definizione alquanto vaga, la qualerende possibili, nel campo pratico, molte discussioni, che la let-
tera della legge, presso di noi, esclude.
In Italia e Erancia la figura del tentativo e presentata in li-
miti molto precisi e ristretti.
Anzitutto e necessario siasi fallito lo scopo per una circo-
stanza fortuita ed indipendente dalh volontd delFattore. Non e
dunque necessario per noi soggiungere ci6 che la legge tedesca sta-
tuisce (2): Non doversi punire il tentativo quando 1'agente ha desi-
stito volontariamente, ovvero quando ha impedito il verifiearsi deglieffetti proprii della consumazione del reato nel tempo in cui 1'azibne
non era per anco scoperta.Con questa prima limitazione intenderemo anche noi la parola
«tentativo »; ma la teoria classica non se ne accontenta; essa ne ag-
(1) Vedi la controversia intorno a queste definizioni nella Zeitschrift fiii'die gesammte Strafrechtswissenschaft (1881) e nel Gerichtssaal (1880).
(2) Cod. pen. delTImpero Germanico, § 43 e 46.
— 261 —
giunge ancora un'altra: II tentativo criminoso non esiste se gli
atti di esecmione, con cui fu manifestato il proposito, non ave-
vano in se, per loro intrinseca natura, Vefficacia di compiere il
delitto.
Defmito cosi il tentativo, la scuola classica, a cui su questo
puuto aderisce la francese, non ammette che si discuta intorno
al tentativo inidoneo, che per essa non esiste del tutto quale figura
giuridica; mentre la scuola tedesca e controversa intorno alla
panibilitd o non punibilitd di cosi fatto tentativo.
Vi ha infine un altrp punto da esaminare, quello del momento
in cui gli atti cominciano a rivelare la volonta criminosa, e se
atti di tal natura possano esservi prima deWimmediata e diretta
esecu^ione.
E questo 1'argomento de' cosi detti atti preparatorii, a cui la
scuola classica, indistintamente, nega 1'accesso alla categoria dei
tentativi, non credendoli punibili, in taluni casi, se non come de-
litti sui generis. <
Ora, poiche la questione degli atti preparatorii e quella della
idoneita dei mezzi si riferiscono alPessenza stessa del tentativo,
converra esaminarle prima di discutere la punibilita del medesimo.
ATTI PREPARATORH.
Si nega generalmente che un atto preparatorio possamai con-
siderarsi come un tentativo, perche si crede che esso, per sua na-
tura, sia sempre equivoco, cioe a dire non manifesti abbastanza
sipramente il vero indirizzo dell'azione. Se non fosse questa la
ragione, la scuola classica dovrebbe ammettere fra' tentativi anche
gli atti semplicemente preparatorii.Ed invero, 1'elemento del fatto, essenziale per quei giuristi alla
costituzione del tentativo, non difetta negli atti preparatorii. Questisono il primo passo nell%»" delFazione. E ci6 e tanto vero, che
uno dei piii noti fautori della teoria, che i Tedeschi dicono og-
— 262 -
gettiva (la quale corrisponde alla classica italiana), e tratto lo-
gicamente ad affermare che soli motivi di opportunitd consiglianodi non punire gli atti preparatorii, a meno che essi presentino in
modo'conoscibile Vessensa di fatto del maleficio voluto (Geyer).Ed uno degli scrittori francesi che piu si accostano alla dot-
trina classica mostrasi proclive alla medesima idea, ammettendo
che atti di tal sorta si possano punire, come avviamento al mi-
sfatto, e non gid come reati sui generis, quando il misfatto, a
cui essi si riferiscono, sia molto grave e pericoloso ^(Ortolan).Pei romanisti un afcto preparatorio pu6 essere un conatus re-
motus: cum quis exempli gratia gladium strinxerit.
Infine lo stesso nostro Carrara ammette la possibilita che atti
preparatorii acquistino carattere di tentativo, ma solo a patto che
la loro equivocitd cessi per virtu di un atto successivo onde essi
diventino univoci.
Se immaginiamo che chi ha impugnato il ferro ha poi con esso
ferito od ucciso il suo avversario, non potremo negare che il primo
passo nel cammino delFazione criminosa sia stato appu-nto quello
stringere gladium. Ma se invece, proprio in quel punto, 1'agenteha dovuto arrestarsi per un ostacolo qualsiasi, non dipendente dalla
propria volonta, sorgera il dubbio intorno alla sua vera intenzione.
L'azione e incamminata per la sua propria via, ma questa si
biforca tosto dopo: quale sara mai nel' bivio la determinazione
delFagente? Ecco ci6 che s'ignora.Ma se vi ha qualche caso in cui il dubbio non e permesso, in
cui la direzione che al bivio sara prescelta pu6 prevedersi con
certezza, quale sara allora la ragione perche 1'atto preparatorionon debba considerarsi anche dai nostri classici come un ten-
tativo ?
Suppongasi che due ladri di mestiere siano trovati di notte in-
nanzi alla porta di una casa disabitata, e contenente oggetti di
qualche valore, muniti ambidue di ordigni atti alla scassinazione.
Quale persona di buon sense potfa dubitare della loro intenzione ?
E perche allora non potra dirsi giuridicamente ci6 che tutti i pre-
. — 263 —
senti credono in loro linguaggio potere asserire, esservi stato un
tentativo di furto? (1).Un uomo, dopo avere minacciato altri di morte, si arma di fu-
cile e va a nascondersi dietrb una siepe sulla via che il suo ne-'
mico, tosto dopo, dovra percorrere. Se non che questi, prevenuto,
gli va alle spalle e lo disarma. Non dovra dirsi sufficientemente
manifestata Fintenzione ?
Io domando dunque: Perche bisognera negare 1'esistenza di un
principio di esecuzione pel solo fatto che questa non fu ancora
diretta.od immediata, se d'altra parte gli atti, posti in relazione
con gli agenti, rivelaho in modo non equivoco la intenzione cri-
minosa?
QuaTe la necessita di creare, in simili casi, reati speciali, sui
generis, disconoscendp il vero, irrrecusabile significato del fatto?
Solo con le sottigliezze del Cohn potrebbesi giustificare la scuola
italiana, distinguendosi, cioe, il rapporto di motivo a conseguensada quello di messo a fine e da quello di causa ad effetto, e so-
stenendosi che il conato esiste solo quando 1'azione sta col mali-
ficio nel rapporto di motivo d conseguenm. Ma con simili distin-
zioni quello scrittore e riuscito financo a negare che la scalata
sia un tentativo!
Senza dubbio nessuno potrebbe sostenere che, in generale,
gli atti semplicemente preparatofii siano punibili, ma e possibilestabilire alcuni casi, in cui essi diventino tali, senza ricorrere,come Ortolan, al criterio empirico di una eccezionale gravita del
reato probabile, o, come Carrara, alla necessita di un atto suc-
cessivo e determinante.
(1) Eossi, presentando un esempio simile ammette che la legge possa « d6-
«rire ces actes et declarer que leur auteur sera poursuivi comme voleur, a la
«harge -toutefois pour 1'accusation de complfiter par d'autres faits la preuve de
la r&olution. criminelle, et libre a l'accus^ de dtoontrer que ces faits n'etaient
quele resultat innocent d'une combinaison singuliere ». 2V. de Dr. pen., Liv. n,Ch.'27.
- 264 — '
E tali sono tutti gli atti preparatorii commessi ia. delinquenUabituali nelh speciale forma- criminosa da essi esercitata. II fal-
sificatore di monete gia condannato prepara tutti i suoi arnesi,
compera quelli che gli mancano, dispone ogni cosa alla coniazione ?
Lo stupratore recidivo induce una bambina ad entrare in sua casa,la fa sedere sulle sue ginocchia eTaccarezza? II grassatore evaso
dal .carcere si e armato ed accostasi alla porta della casa ove
dorme ilricco? Se codeste azioni non hanno potuto andare oltre
per ostacoli sopravvenuti, indipendenti dalla volontd delV agente,.esse. sono veri tentativi criminosi; invero, Fintenzione e troppo
manifesta, perch6 possa dubitarsi deU'esito'che, senza l'ostacolov
avrebbero avuto.
Ma, potra dirsi, non sono queste, infine, che ipotesi, benche
probabilissime; — potra punirsi dunque per unaipotesi?
Rispondo che il pericolo, da cui e giustificata la punibilita, e
sempre del pari ipotetico.Nei calcoli delle scienze sociali, come talvolta anche in quelli delle
matematiche, tutto ci6 che pu6 richiedersi e un'approssimazionetale da togliere ogni importanza alle parti trascm'ate. Quando una
ipotesi e fondata su di una simile approssimazione, essa e da con-
siderarsi come la realta stessa. Non si distrugge dunque un prin-
cipio dicendo che esso e fondato sovra «na ipotesi; bisognerehbe
provare che 1'ipotesi non sia seria, cioe che essa trascuri una pro-babilita contraria abbastanza grande ;per essere valutata.'
Ora, se queste probabilita contrarie non esistono nei casi di ctii
ho parlato, possiamo ammettere che gli atti semplicemente pie-
paratorii, ovvero di esecusione non immediata, siano da conside-
rarsi come veri e proprii tentativi criminosi, nei delinquenti nati,
dbituali, incorreggibili, ed in tutti quelli che manifestano in modo
non equivoco la loro intenzione.
— 265 -
MEZZI INIDONEI.
Piu grave e complesso 6 1'argomento della icloneitd deimessi.
In Tfcalia esso non si discute: sembra un assioma che all'esi-
stenza di un tentativo criminoso sia necessaria h parsiale realis-
sasione obbiettiva del proposito. L'art. 55 del progetto Zanardelli-
Savelli parla di cominciamento di esecuzione « con atti esteriori
idonei »-. La sola concessione che il Carrara fa ai subbiettivisti
e quella di ammettere il tentativo quando i mezzi, idonei asso-
htamente, non sono tali relativamente alTindividuo contro cui
Tazione era direfcta, e viceversa. Cosi, ad esempio, vi sarebbe ten-
tativo quando si somministri veleno in una dose sufficiente ad
uccidere uomini di costituzione ordinaria, ma insufficiente a dar
morte al'1'individuo cui fu porta, perehe questi era eccezionalmente
robusto. E, per la ipotesi contraria, sarebbevi parimente il ten-
tativo quando il veleno sarebbe stato sufficiente ad uccidere queltale a cui voleasi porgere, perche debole e gracile, sebbene per
gli uomini di ordinaria costituzione quella specie o quantita non
avrebbe potuto produrre effetto.
La scuolaammette inoltre che vi sia tentativo quando 1'agente,avendopreparato un messo idoneo, ad esempio uua dose di arse-
-nico, ha, poscia, per errore materiale, nel momento di porgerla,scambiato questa con una dose eguale di una polvere innocenteTovvero quando fece scattare, con intenzione omicida, un fucile da
lui caricato ed, a sua insaputa, scaricato da altri (1).Ma qui il tentativo si ammette per una ragione alquanto sot-
tile: si dichiara punibile non il fatto in quanto esso e un vene-
fisio o& un omicidio maneato, bensi il primo aito della prepara-sione del veleno o del fucile, il quale atto cessa dalVessere pre-
(1) CARRARA, Progr., vol. 1°, § 364.
— 266 -"
; .
paratorio e diviene un conato, perehe il fatto successivo gli ha
dato univocitd.
Pure, per norma generale la scupla obbiettiva dichiara indiffe-
rente che 1'agente conosca o ignori la inidoneita dei mezzi (1).
Se questa ha perdurato per tutio il corso delVasione, non esiste
tentativo. Dunque, non e punibile, salvo nelle ipotesi presen-
-tate di sopra, 1'atto di chi, per uccidere, tira con un fucile scarico,
o di chi porge altrui una polvere innocente ch'egli credeva ve-
mefica.'
Queste idee sono consentanee al principio che il tentativo sia
una parziaie realizzazione della volonta, ovvero una parte obbiet-
-fciva del fatto costituente il reato. Bisogna dunque cheTidea del-
1'agente abbia cominciato a tradursi in un fatto la cui essenzae'
quella medesima del reato. La proibizione della legge non puo
«stendersi ad azioni le quali non sono atte a produrre, per propria
.attivita, alcuna violazione di diritti. II diritto della propria con-
servazione, non e offeso da un' azione che non puo uccidere, ne fe-
rire, ne danneggiare la' salute. Iiagente potra essere biasimevole,
od anche pericoloso, m& il pericolo non e insito alVasione. Non
puo esservi delitto senza 1'esistenza di un atto che abbia efficacia
criminosa (2).Simili idee sono uniformi a quelle della nostfa scuola classica
.perche questa le trova coerenti al suo principio di punibilita.
. « Non si punisce la criminalitd delVagente rivelata dai suoi
atti esterni, ma si punisce un fatto accompagnato dalla crimina-
lita dell'agente » (Carrara).E naturale che noi, i quali sosteniamo proprio la formola inversa,
siamologicamente condotti a seguire,nella materiadel tentativo, la
teoria detta subbiettiva; non pero senza alcune limitazioni.
(1) CARRARA, Op. crim., Grado nella forza fisica del delitto, § 157.
(2) GEYER, TJber die so genannten untauglichen Versuehshandlungen. —
Nella Zeitsehrift fiir die gesammte Strafrechtswissenschaft, Erster Band. E. H.
— 267 —
Ecco i principii di questa teoria, quale la espongono gli au-
tori tedeschi:
Se nel tentativo non vi e danno, cio che in esso si colpisce e
unicamente la volonta; poco importa dunque se questa, nel caso
speciale,siasi per errore servita di un mezzo con cui non aveva molta
prohabilita di riuscita. Ne e possibile adoperare, come criterio del
tentativo, in eguale misura, la volonta ed il fatto; perciocehe questielementi combaciano soltanto nella consumazione, giammai nel ten-
tativo, in cui vi e sempre la preponderanza di uno di essi. Di-
venta dunque necessario scegliere Funo o Faltro come criterio della
criminosita delFazione.
Ora, se Fevento non ebbe luogo del tutto, e indifferente la quan-tita obbiettiva, cioe il punto a cui giunse la realizzazione del pn>
posito. n risultato voluto ma non ottenuto indica, in ogni caso, una
impossibilita specifica o relativa.
Ci6 che rimane in realta e, unicamente, la manifestazione, la
espressione della volonta delFagente. Nulla importa il ricercare
se ilmezzo creduto idoneo dalFagente si credesse tale anche da
altri o da tutti. La qualita della volonta e sempre la medesima;essa non muta per la maggiore o minore probabilifca delFevento.
Da ci6 segue che quella parte di fatto cpmpiuto che pu6 ritro-
varsi nel tentativo e priva di qualsiasi significato.Chi si dirige ad un posto per una via interrotta da un ostacolo
invincibile, sicche gli convenga ritornare indietro fino al punto da
cui mosse, ha agito fin da principio in modo obbiettivamente vano.
E pure quel modo in abstracto era pienamente idoneo per lui e
per tutti coloro che non avevano notizia dell' impedimento, ma,
viceversa, era affatto inidoneo per quelli che ne conoscevano Fesi-
stenza. La materialita del fatto incompiuto non ha importanza.
Suppongasi che un viaggiatore assetato scorga da lungi un'abita-
zione. Se, nonostante i suoi sforzi, egli non puo raggiungere che
il mezzo del cammino, in quel punto egli e destinato a morire,
poiche quella meta compiuta del suo cammino nonjia potuto spe-
gnere per meta la sua sete. Ne un fuggente nemico sara ucciso in
-^ 268 —f
parte, se il vincitore, caduto a terra, dove. desistere dalFinse-
guirlo (1).Ci6 che solamente importa nel tentativo e la manifestazione della
volonta criminosa. In quanto alFazione, nulla di certo pu6 agserirsi
intorno alla sua eficaeia quando non ebbe lupgp Fevento deside-
fato. Non vi ha aleuna azione assolutamenfe atta a produrre m
evento, non ve ne ha alcuna assolutamente inidonea; perciocche
la maggiore probabilita non e mai certezza di riusGita, la minore
probabilita non e mai certezza di non riuscita (2).In confOrmita di queste idee, la Corte suprema delFInipero Ger-
manicoj pochi anni fa, dichiarava punibile il tentativo con rnezzi
inidonei, ed e pregio delFopera il riprodurre una parte della im-
portante sentenza:
« Poiche vi sono fnolte azioni, le quali, mosse da una decisione
criminosa, pure obbiettivamente non recano maggior pericolo al^
Fordine giuridico che lo stesso pensiero del delinquente, e poiche,
senza un simile pericolo oggettivp, non v'e diritto di punire, una
dottrina molto sparsa pretende che per dirsi punibile il tentativo,
sia necessaria' una relazione di causalita delle azioni cpl fine che
Fagente si e proposto; cosicehe solo quelle azioni siano punibilile quali avrebbero prodottp Fevento desiderato se eircostanze in-
dipendenti dalFagente non avessero ci6 impedito. La scienza ha
dimostrato Finsostenibilita di siffatta teoria.
« La dipendenza di causalita tra un'azipne e Fpvento prevedu-tone non e mai dafcao tolta senz'altro dalFesistenza, ovverp dalla
mancanza di una singola circostanza che s'interpone, bensi quel
caso, ovvero quel rapporto che influisce sulI'evento finale, fornisce
solo, come un singolo fattore, una maggiore p minore possibir
lita, ovvero probabilita, non mai la certezza della riuscita, ovvero
(1) V6N BURI, Versuch und Causalitat, nel Gerichtssaal, B. 32, Heft. 5.
S. 367-368. - Stuttgard, 1880.
(2). VON LISZT, Das fehlgeschlagene DeliJtt imd die Cohn'sche Versuefts-
iheorie, nella citata Zeitschrift, pag. 103.
— 269 —
della noh riuscita. II dichiarare non punibili le azioni che non
hanno possibilita di riuscita hon avrebbe gia il risultato di li-
mitare la punibilita del tentativo solo a quelle azioni la cui rea-
lizzazione e stata parzialmente compiuta, bensi quello di lasciare
impunitb qualsiasi tentativo. Imperciocche un'azione non e mai-
causa di un effetto che non ha avuto luogo; il non avefe avuto-
lnogo Feffettb, mostra che non vi era legame di causalita. Si pub
dife di piu-, generalmente, che non esistono in realta azioni ini-
donee, in ogni caso, a produrre Feffetto voluto; nel caso singolo,
p'er cbhtrOj qualsiasi azione che non ha potuto trarre seco Feffetto,
si e mostrata assolutamehte disadatta alla realizzazione del me-
desimo. La punibilita o non punibilita del tentativo non pu6 fon-
darsi sulla distinzione fra le azioni con mezzi assolutamente ov-
vero solo relativamente inidonei, e se non si vuole decretare la
non punibilita di tutte le aziohi con mezzi inidonei, non v'e alcun
motivo valido per fare cio per quelle i cui mezzi hanno inido-
neita assoluta. Per compiefe anche queste, Fagente ha fatto tutto
cib che gli e sembrato necessario alla realizzazione del suo pro-
posito criminoso, ed ha in tal modo agito contro Fordine giuri-dico. II suo erfore, in quanto alFidoneita del mezzo, non pu6 avere
Muenza sulla punibilita. II non essersi potuto compiere il pro-
posito, ha la sua cagione in ogni caso nello errore delFagente,
poiche egli non ha esattamente esaminato, nel fare il suo piano,
quelle circostanze le quali hanno impedito la consumazione.
« Dev' essere pertanto indifferente che Ferrore si trovi ripostonella efficacia delFuna piuttosto che delFaltra parte del presupposto;non importa distinguere se Fostacolo sia sopraggiunto nel corso
dell'azione, owero esistesse gia fin dal principio della medesima, e
se quei fattori non tenuti in conto dalFagente siano rapporti a
lui estranei, o se egli siasi ingannato intorno alla efficacia delle
proprie azioni, owero intorno a quella del mezzo da lui adope-
rato, in quanto alla specie ed alla quantita, od alFapplicazione, odin quanto alFoggetto stesso usato qual mezzo, od alle qualita del
medesimo. Non ha dunque erf ato il tribunale provinciale nel non ri-
— 270 - '
chiedere per la punibilita\del tentativo altra condizione che quelladelFidea che aveva Fagente di potere, col mezzo da lui adoperato,
-
raggiungere lo scopo ».,
E inutile ripetere che codesta teoria subbiettiva del tentativo
e, mille volte piu di quella classica, suscettibile di accordo con
le nostre idee.
La questione della punibilita del tentativo inidoneo e tosto ri-
soluta da chi creda con noi che la temibilita del delinquente sia
il solo criterio accettabile di penalita, e doversi sostituire al cri-
terio del danno ed a quello della forza degFimpulsi. II reato ha
rivelato il delinquente, e Fesame di questo rivelera la categoriaa cui egli appartiene. Nel tentativo, siano i mezzi idonei od ini-
donei, la volonta criminosa si e manifestata. Tanto deve bastare,
perche in massima' generale si affermi la punibilita.
Pure, come abbiamo gia detto, qualche limitazione e neces-
saria, indicata dal medesimo principio:Se la volonta, benche criminosa, non e pericolosa, cessa la.ra-
gione della pena. Ildelinquente non temibile non dev'essere pu-nito. Onde segue che se Finidoneita del mezzo rivela mancanza
di temibilita nelFagente, essa debba escludere dal tentativo ognicarattere criminoso.
Mostriamo come cib possa awenire.
Anzitutto e a vedersi se il mezzo sia di quelli piu comuni,laefficacia dei quali e generalmente nota. Qui bisogna ricorrere a
quella distinzione che il Carrara rigetta: bisogna vedere se il de-
linquente conosceva quale fosse in realta il mezzo da lui adope-
rato, ovvero se, credendo scrvirsi delFuno, invece ne adoperasseun altro.
IJn esempio di questo secondo caso e quello dl chi, dopo aver
corrotto un chimico od iin farmacista per ottenerne la promessadi una certa quantita di veleno, ne riceve invece, senza saperlo,
per un errore awenuto, owero per un rimorso del complice, una
polvere innocua o poco noeiva, che egli porge alla vittima desi-
gnata. Sara egli meno awelenatore per quella circostanza che rese
- 271 —
impossibile il misfatto ? Non dovra egli rispondere di veneficio ten-
tato o mancato, benche il mezzo fosse inidoneo?'Non v'e pericolonelFazione — ne convengo — ma cib importa poco, perche vi e
pericolo rivelato daWasione.
Se altri, per uccidere, tir6 con un fucile da lui caricato e
scaricato da altri senza che egli se ne accorgesse, egli dovra ri-
spondere di omicidio mancato; non gia come vorrebbe la scuola
italiana, di omicidio semplicemente tentato. La sua temibilita
non e minore per la circostanza fortuita e.d a lui ignota che il
mezzo avesse cessato dalFessere idoneo. .
Viceversa la mia teorica non pub condurre all' assurdo di di-
chiarare la punibilita di chi ha tentato awelenare con un sale in-
nocente o con zucchero, credendo che queste sostanze fossero ve-
nefiche; ne di chi ha tentato uccidere con un'arma da fuoco sca-
rica, conoscendo tale circostanza, owero tirando un colpo ad una
distanza molto maggiore della portata di qualsiasi fucile. Qui non
vi ha reato, non gia perche il mezzo non.fu idoneo, ma perche1'inidoneita del mezzo indica. Fincapacita e quindi Finnocuita del-
1'agente. La votontd, che si tratta di punire, in questo caso non
e pericolosa. Ma se manca la temibilitd vien meno del pari la
neeessita della repressione (1).Che' se il mezzo appartiene a quelli di cui Fefficacia puo es-
sere nota solo alle persone che hanno fatto speciali studii tecnici,1'errore sulle qualita e quantita non dbvrebbe in nessun caso es-
sere una causa d'impunita. La mancanza di cognizioni tecniche
non prova punto Fincapacita delFuomo a delinquere. Sara dunque
punibile il tentativo di venefizio, benche Fagente avesse creduto
sufficiente una dose minore di quella necessaria a dar la morte. L'er-
rore di qualche centigrammo di stricnina non deve restituire alla
societa, come innpcente, Fawelenatore.
(1) Analogamente alcuni Codici, come quelli di Hannover, Brunswick, Nassau,
Baden, lasciavano impunito il tentativo inidoneo quando esso era stato 1'effetto
della superstizione o della imbecillita.
-272 —
Quanto ai fanciulli, e piu difficile tracciare norme generali come
queste. In molti' casi la loro ignoranza non basta a mostrare la
loro innocuita. II fanciullo puo essere un delinquente nato ed igno-rare le cose che ad un adulto sembrano comunissime.
La mancanza di alcune nozioni che per quesfultimo sarebbe un
indizio di imbecillita, non prova nulla nel giovinetto. Basta che
questi mostri la sua-intelligenza e la serieta del proposito crimi-
noso perche possa dirsi temibile per 1'awenire, quando la sua igno-ranza sara cessata.
Mi e accaduto vedere assolvere dalFimputazione di mancato o
tentato omicidio un delinquente tredicenne che, dopo aver rubato
quattro o cinque volte, scoperto alfine, aveva deciso di uccidere
uno di coloro che lo avevano denunziato. Egli si arm6 di un fu*.
cile carico con piccoli proiettili, si pose in imboscata, e, veduto
appressarsi colui, senza calcolare bene la distanza, grid6: « Ti
voglio ammazzare! » ed esplose lo schioppo. Pu giudicato che la
prossimita non essendo sufficiente perche una scarica di piccoli
proiettili potesse uccidere, il mezzo dovesse dirsi inidoneo. E pertale ragione il piccolo assassino fu dichiarato innocente!
Come sarebbe diverso il giudizio di chi facesse dipendere la pu-nibilita dalla temibilita! Evidentemente il fanciullo non avea com-
messo che un errore di calcolo da attribuirsi alla sua mancanza
di esperienza, ma d'altra parte aveva rivelato nel modo piu com-
pleto il suo proposito e fatto quanto aveva creduto necessario perrealizzarlo. Poteva egli essere dichiarato incapace di uccidere non
ostante la piu ferma volonta? No, senza dubbio, perche una se-
conda volta, avendo egli acquistato una nozione esatta della por-tata del suo fucile e delFeffetto delle diverse cariche, non avrebbe
di certo fallito il colpo.Con diversi criterii e dunque da apprezzarsi Fignoranza nel fan-
ciullo e nelFadulto in questa materia dei tentativi inidonei. Ma
una norma generale che preservera da ogni errore e questa: In
cambio di esaminare Yattitudine od inabilitd dei messi, si esa-
mini quella delFa^mfe. Poco importa il pericolo insito nelFazione.
— 273-
«Cibche importa e di quesfazione il significato, quando esso si
esamini non isolatamente, ma in rapporto alFattore. II mezzo ini-
doneo pu6 senza dubbio, in molti casi, dimostrare Fimpotente vo-
lonta delFattore; esso avra dunque la sua importanza come un av-
gomento da valutarsi, non come una condizione di cose che escluda
,-senz'altrola punibilita, sottraendo alFazione il carattere criminoso.
PENA DEL TENTATIVO.
Definiti cosi i limiti di ci6 che noi chiamiamo tentativo criminoso,
la quistione della sua punibilita e da noi agevolmente risolufca.
Per noi Fatto esteriore 6 punibile in quanto esso rivela la cri-
minalita delFagente. E la pena non e altro che il mezzo piu
atto a rendere vano il pericolo che nasce dalFagente medesimo.
E dunque evidente che, se il pericolo indicato dal tentativo e
il medesimo di quello del reato compiuto, non potrebbe esservi
alcuna ragione di applicare un diversb mezzo repressivo.Tutta la quistione, dunque, riducesi in questi termini:
II pericolo che e rivelato dal tentativo e esso il medesimo di
quello rivelato dal delitto compiuto ?
E impossibile qui non accettare alcune delle distinzioni dei giu-risti classici. liiter criminis pu6 essere piu o meno lungo , gliatti necessarii alFeffetto piu o meno numerosi. L'agente pu6 es-
sere arrestato dalFimpreveduto ostacolo prima di aver fatto tutto
ci6 che avrebbe dovuto per raggiungere il fine, ovvero Fostacolo
pu6 sorgere quando non gli restava altro da fare; cosicchb il reato
hjubbiettivaynente compiuto, ma Feffetto frustrato.
Questa seconda figura, quella del reato mancato, importa evi-
dentemente un pericolo sociale identico a quello del reato per-
fetto, poiche nessun dubbio pu6 esservi intorno alla perseveranza^del proposito criminoso, essendo stati gli atti di esecuzione inte-
ramente compiuti. « La resolution criminelle a pris tout son de-
Teloppement. Plus de desistement, plus de possibilite de repentirGAKOFAIO. — 18.
— 274 —
av-ant Faete Si le delit manque c'est pour une cause placee=hors de la prevoyance humaine, c'est un cas forfcuit. Or a-t-ille-
droit de profiter d'un cas fortuit? Non; pas plus qu'il n'a l'o-
bligation de repondre du mal produit par un aceidenfc, surtout
lorsque il n'a pas ete cause de Faccident » (1).
Qual e dunque il motivo che induce molti fautori della dot-
trina subbiettiva, e lo stesso autore delle parole che precedono a
sostenere la minore punibilita del reato mancato ?
. Secondo Eossi, da una parte non e lecito trascurare la distin-
zione, cosi naturale allo spirito umano, del male riparabile dal-
Firreparahile e la tendenza del nostro spirito a giudicafe F im-
portanza delle azioni umane dalFevento ; — d'altra paiie la con-
siderazione del piacere illecito derivante dal delitto contribuisce
alla diversita dei nostri.sentimenti a riguardo del delitto consu-
mato e dei delitto mancato, poiche Fespiazione dev'essere meno
severa quando il piacere sperato non e stato raggiunto.
Questo concetto delFespiazione e estraneo alla nostra teoria, ma
non possiamo rattenerci dalFosservare che il consumare un delitto
non significa sempre ottenere il fine desiderato, come accade ad
esempio nel easo di un arresfco in fiagranza nei reati mossi da
cupidigia, ed m tutti gli altri casi in cui il delitto non e che un
mezzo: altro e dunque perpetrare il delitto, altro raccoglierne 11
frutto, e Fidea del Rossi menerebbe ad una nuova distinzione di
reati consumati, con fine raggiunto e con fine fallito.In quanto alla diversa importanza che il nostro spirito da ai
fatti riusciti ed a quelli falliti, essa 6 riferibile al maggior dispia-cere o dolore derivante dal male da noi sofferto, ovvero, per sim-
patia, da quello che soffre il nostro prossimo, mentre, nel caso
delFevento frustrato, alla prima angoscia succede il piacere peressersi sfuggito ad un pericolo imminente :
Uscir di penaE diletto fr» noi."
(LEOPARDI).
(1) Bossi, op. cit, Liv. n, Ch; 33.
- 275 -
Ma Fimportanza che il nostro spirito da al fatto pu6 essa va-
riare quando questo si valuti secondo il pericolo che deriva dal-
1'autore di un reato consumato e dalFautore di un reato mancato
per una circostanza fortuita? — L'apprensione del pericolo non
pu6 venir meno se non quando la circostanza era cosi facilmente
prevedibile da mostrare Yincapacitd det reo, la sua impotensa ad
essereun vero delinquente. Non basta dire col Niccolini:
« Quando profondate la mente in tutte le circostanze delFav-
venimento, troverete sempre che il fatto non e avvenuto, perchei mezzi scelti non erano ben designati, o perche il luogo ed il
tempo non erano stati ben designati, o perche Fanimo non era ab-
bastanza deliberato ne la mano sicura ».
Bisogna vedere se tali errori, se tale mancanza di energia rag-
giungano il limite della temibilita, se insomma Findividuo abbia
la stoffa del delinquente, ovvero, se, pur volendo esser tale, man-
chi delle qualita morali e fisiche necessarie per potere agire, con
quelFodiosa parte, sulla scena del mondo.
Ora, questa parte egli si dimostra capace di sostenerla quandoe giunto fino alVuItimo atto di esecusione adoperando messi che
con buone ragioni egli poteva credere idonei, e quando la circo-
stanza indipendente dalla sua volontd che impedi Fevento da lui
sperato,non poteva essere da lui facilmente preveduta.Non mi dilungher6 su questo punto perche chi mi ha seguito
fin qua, se accetta i miei principii, deve accettarne questa logica
conseguenza: ammettere, cioe, che il reato consumato ed il man-
cato debbano essere puniti in modo identico.
Maggiori dubbii s'incontrano quando si tratta di tentativo in
cui Fagente incontrb Fostacolo impreveduto prima di poter fare
cib che per solito produce Fevento, quando, con altre parole, Yiter
criminis non fu percorso che in parte.Dicesi oggi non essere esatta Fopinione di Cuiacio che nel di-
ritto romano il tentativo fosse, in quanto alla pena, equiparato»1 reato consumato. Pure non saprei come si possa trovare dubbia
ia ffase: Eadem severitate volunhtem sceleris qua effectum pu-
•'
— 276 —
nir,iri'itm vqluertu,nt (l).;Gpnfroatata,-60Qi lialtr(a,: Itij mftlefipiis vo-
luntafemiSfiecta}tur,inQnrp%itus (2).;La generali,t& dell%,nprma era
foi:se illirnjtatavidaifaltretYeonsidepzion^ esjstenza^.rni
sera^ra,evidejnte.,,;, ,iio:.>ii";:!,;,;',i -- :';;i;;: rJ, :.;",:,.-.<:::, ;;,.::
,,6jertpie,poi:.che; .una, grande nazione ; moderna non ha,,trqyato al-
cuna .ripugnanza nel; consacrare il principio, dellaJ?MW#ilita Men,-
tica di og<ni\t.entativo e del reato cqnsumata,(art,\,2, Qod.penale
frances^e), ,;.:;>;!-,;'V!;:; -'! !:::; ;,•;( i-j- f :'Ji;i.;/!:.';;! -;;;:,;:;:'
.Quas,i tiijt.ti, glii: scrittori hanno aspramente censuratp: qupstp che
essi :diconOiierrQre,..;-con! diversi argomenti eb.e a npi npnimporta
riassufnere,);Per,inoi,la quistione iel,:Semprei la.med.e/Sima:,: II ,pe-
ricolo e egli identico ? ;, r :,r;; ,i i , ;, ; ^ ;,,; .. .
Se-,la, risposta , nel(ea§o di; effetprfrustrato^^^Q,yrnancatp),
non (pu6 ,essere,:,che; .categpricamente ;affermatiya,, diyenta jnvece
necessarip, il fare runa; distinzipne, quando ...trattasji &', un setnplke
tentativq, <.ossi&, &'.im. w^
Vamente. -,;":rr,-;,,-r ••:[• ,;,;":':'- \,\\:.- ,v.';i,; ::-<:.:
,,Qui,,npn; :Si: h>;;se^re,la; certezza che l!agentei:avreb.he, perse-
verato neliSupj.malyagip pioposito, finoriallaufine :;,la,lpntananza
in.,cui }egli ,tr:oyayasi da^IlMtimo. stadjo ;di es,ecuzipne,pu6 laseiare
libero,^l,,carnpp alla,,ipotesi deUa: des.istenza^volontana/.che l'pr-.
rore del delittp pd iliimpre delle. conseguenze,,:avrebbe pptutode-..
terminaret;s:e pure, Ilostapplo esterno.non.fosse s,or,to.., ,;;;, ;,, ,,
Ma^.nei.ca^i, in .cui^sarebbe, sta;ta pre.smnil)ile ques.ta, desistenza
volpntaria,, no^e ingiusto.punire .il. tentativo con :una pena qual-Siasi? ,',;:;',,, •,!•,':, :< ;:,:,;;: ;-;;;,", ,;;;:;;::,,;-
Tolta; di;;m,ezzp la^certezzaopTObabilita che il areQravrebbe per-.
seyerato, ,finp allafine neLsuo malvagippropositOjnon rimane al-
cuni,elernjentp,;di/,.proya, deUa,;S!ia :temibilita,v;,Npn,:cii si ,opppnga;la parte gia realizzata del delitto.,,perche, o questaparte e gia un
delitto ,per,.se, ed allpra ,essa,e,,,di per se stessa, punibile ; — o,
(1) L. 5,•God. ad leg. Jul. Majest:
(2) iL. 14, J3. ad. leg. Gdr.n.- de Sic.
-7 Wtt —
nel caso opposto, essa^nph h'a:'aItro!;Vaiore';chP'quell'0''d'imJ^f?«e(?
della probabilitd fwturk-. •Dunqfue'':dae'Mei-!iipQtfesi'':,;0>lS,; pfbba-bilita del delitto e cPsi^grande dahoripotefsi ragibfevolm-entedubitare che esso safebbe avvenuto' se raziohe ri'oh'fb'sse stafa'ih-
terrotta da una forza esterhaj'—"Q vihauria'grahde probabilita
contraria, cioe di volontaria desisteriza prima dell'al'titrio:att6 ne-
cessario alla consumazibrie'. Nelprimb'casb, peridolo idehticb a
quello del reato perfetto ,; bd aMquello:,;di;:'effeftb :frustrato ;::riel
secondo caso, pericoh duovib', qmMi;'hessun dinito socidte dire-
pressione.-::: <,:-.:/ i- .:.'!:.,, :;/;.;
Non si (ionfonda Yunivo&M[Mli%ii6ne'eoi' h'certekm:del pe-ricolo. " ''''''' ''" i'-.'v' ;': ' ' -'::'
Se 1'azione e ancora equivoca nori pu6'pVxrlarsi di teritativb, in-
tendendosi sempre delUazione noncbnsiderata iri se sola, rria anche
in rapporfco all'agente, coine ho dettbpiu irinanzi apropbsitb^degliatti preparatorii. —Ma, se pure Tazibne h univoca, il'tentativb,
benche esistente, non pub essere pef noi punibilev se rion si: ha
la convinzione che 1'agente avrebbe perseverato usqueddfihem/Senza dubbio ci si fara osservare che una simile teoria farebbe
caderela legislazione nel vago e porrebbe i giudici in cbntinuoim-
barazzo.'' :;'' ;'''
E pure non mi sembra impossibile il tracciare Con" larghe e
semplici massime unaviache, a giudici intelligenti, hondovrebbe
esseredifficile il seguire.'Si riconosce nell'agente un delinquente privo dei freni dell'a-
mor proprio, del timore della pubblica opinione e di quello della
pena, ovvero un delinquente istintivo privo di ogni senso di ;al-
truismo e spinto al delitto dalle sue brutali ed invincibili pas-sioni?
In simili casi, per quanto umana cosa pu6 esser certa, si pu6dire che 1'agente non avrebbe spontaneamente desistito. II peri-colo e dunque esistente come se il delitto fosse stato commesso. .
Si riconosce invece nell'agente un uomo in cui il senso morale
ha subito una irrtprovvisa ecclisse per effetto di una influeriza
: — 278'- /' '.
esterna nuova e di non facile riproduzione ? Ed in tal caso non
vi ha forse una grande probabilita che, giunto ad un certo punto,
la resistenza de'bnoni istinti lo avrebbe fatto indietreggiare, ov-
vero se la cosa era ancora possibile, lo avrebbe indotto, tosto dopo
il fatto, e prima che esso fosse scoperto, a ripararne il danno?
Se si considera il gran numero di reati che non ammettono
1'ipotesi del tentativo, quelli che si compiono con un atto solo,
detti tecnicamente formali, qual-i la calunnia, la -diffamazione, la
falsa testimonianza, la minaccia; quelli detti preterintenzionali;
quelli involontarii, ecc.; si vedra come siano applicabili facilmente
le nostre regole agli altri, ridotti principalmente ad alcuni di
quelli che le leggi raccolgono nelle categorie di reati contro le
persone e contro la proprieta.
La prova potra essere in molti casi difficile, ma ripetero a
questp proposito le parole di uno dei luminari della scuola clas-
sica: Altro e dire che una data condizipne giuridica sia difficile
a provarsi, altro che sia repugnante alla scienza (Carrar.a).
La logica conseguenza dei nostri principii e dunque che il ten-
tativo, ora non sia punibile del tutto, ora sia punibile come il
reato consumato (1).Ed era forse questo il concetto del diritto romano, e cosi si spie-
gherebbero molte .contraddizioni inconciliabili per chi creda avere
quelle leggi stabilito norme uniformi nella materia del tentativo.
(1) Nel cap. 4° si troveraimo indicati i casi che, ia conformita di qiieste
idee, ammettono la pnnibilita del tentativo. Vi si osservera una sola ecce-
eione al principio; per quei reati che, ove fossero stati compiuti, avrebbero
fatto dicbiarare i loro autori « omicidi istintivi ». Qui la gravita deU'anomali»
psicbica e tale cbe la lontananza dell'ultimo atto di esecuzione non puo mai
permettere di presumerla in modo assoluto. Ma il solo fatto che-si sia tentato
un simile delitto e indizio di singolare anomalia. Non si ba la convinzione che
il reo abbia la capacita dell'assassinio, ma e il reo medesimo che crede po3-
sederla, avendo cominciato resecuzione. Vi e una grande probabilita di istinto
criminoso. Nel dubbio non si pu6 sopprimere assolutamente rindividuo, ma ne pur»
lasciarlo libero. Di qui la necessita del provvedimento in quel luogo indicat».
- 27-9 —
TJn semplice atto preparatorio non equivoco poteva essere punito
oon pena capitale, secondo la legge Cornelia: Qui furti faeiendi
causa cum telo ambulaverit. — Qui in alienum cceiiaculum se
dirigunt, furandi animo. -— Is qui cum telo ambulaverit Jiominis
necandi causa. — Qui, cum vellet occidere, id casu aliquo per-
petrare non potuerit, ut homicida punietur. — Qui emit venenum
ut patri daret, quamvis non potuerit dare.
E evidente che in piii d'uno di questi esempii il reo era molto
lontano dall'ultimo atto di esecuzione; ma la serieta del suo pro-
posito e la sua attitudine a realizzarlo erano manifestate con segnicosi certi da potersi avere la convinzione che il delitto sarebbe
stato commesso se una forza esterna non lo avesse impedito.Tutto ci6 dunque non si oppone menomamente al principio:
« Gogitationis pcenam nemo patitur ». — Vi e ben piu di una
eogitatio nelFandare armato col dolo determinato del furto o del-
Yomicidio.
Riconosciuta quest' attiiudine dell'agente e questa sua decisa
mtenzione, tale da non ammettere probabilita di volontaria desi-
stenza, non si distingueva fra esecuzione diretta (tentativb) od
indiretta (atto preparatorio); ne si mutava la pena perche acci-
dentalmente il fatto non aveva potuto esser compiuto: « Pari
sorte leges scelus quam seeleris puniunt voluntatem ».
Noi possiamo domandare adesso: E stato un vero progresso
quella dottrina obbiettiva del tentativo che, distinguendo gli stadii
•deU'azione criminosa, ha proporzionato a questi diversi enti giu-ridici la punibilita a seconda della maggiore o minore distanza
dalla meta ?
Io ne dubito, e credo che, anche qui, questo voluto. progresso
giuridico sia andato a scapito dello scopo ultimo della scienza, la
-difesa della societa contro il delittQ.
— 280 -
V. — Dl ALCUNE ALTKE TEORIE GIURIDICHE.
Eestami ora il dare uno sguardo alle altre teoriche generalidel diritto penale: la complicitd, le circostame aggravanti od
attenuanti, il eumulo dei reati, la recidiva, i modi di estinssiom
dei reati e delle pene.
COMPLICITA.
Qui si e ottenuto un vero progresso col principio della incomu-
nicabilita delle circostanze personali, ed anche di quelle materiali'
di cui il complice non aveva scienza. Ma perche non si e anche
stabilita l'incomunicabilita del genere di pena ? Perche dev'essere
comune la repressione conveniente al mandante in un'aggressionemossa da gelosia o da vendetta e quella che conviene al manda?
"tario spinto da cupidigia? Che cosa ha di comune il trattamento •
necessario pel ladro di mestiere e quello necessario pel suo com-
plice che ruba per la prima volta, da lui traviato e spinto al.
delitto ?
Nella materia del mandato la scuola, quasi universalmente,-ritiene che esso, sebbene sia stato accettato, pure non sia puni-bile quando non ebbe luogo alcun principio di esecuzione, ovvero
quando vi fu volontaria desistenza da parte del mandatario. E fu
vivamente censurato il Codice sardo per avere stabilito (art. 99)che se il mandatario non avesse proceduto ad alcun principio di.
esecuzione, il mandante debba essere tuttavia punito come reo dL
tentativo. La critica fondavasi sulla mancanza dell'elemento del
fatto:
« Aucun raisonnement ne peut faire que ce qui n'est pas meme-.
commence existe, et il serait aussi inique que ridicule de declarer
un homme coupable d'un crime qui n' a pas eu d'existence (1)»-
(1) EOSBI, op. cit., Liv. n, Ch. 36.
— 281 —
Ma potrebbe domandarsi se non vi sia in ogni caso 1'esistenza
di un atto preparatorio, e se non e ammesso universalmente che,
per eccezione, qualche atto preparatorio possa esserepunibilp. L>'au-
tore risponde affermativamente, e quindi ammette la punibilit&del fatto stesso del mandato, col proprio titolo, non gia con quellodel delitto che non fu ne pure cominciato.
Ma il Progetto italiano, il Codice penale gevmanico ed altri
ancora, tacciono del mandato non eseguito.'
A me sembra che a questa ipotesi siano applicabili le norme
del tentativo con mezzi inidonei. II mezao inidoneo e il manda-
tario che avrebbe dovuto essere agente ma non ha agito. 11prin-
cipio di esecuzione e 1'essersi dato 1'incarico aecettato..
Norma di punibilita sara dnnque la considerazione della serieta;
del mandante e della scelta da lui fatta del sicario. Se le circo-
stanzeerano tali da far credere a ciascuno che questi non avrebbe
desistito dal tentare il colpo, il mandante e gia colpevole di reato
mancato, poiche egli lo ha subbiettivamente compiuto. Che il ten-.
tativo sia stato vano o che non abbia neppure avuto cominciamento,e cosaindipendente dalla sua volonta, e circostanza fortuita ond'eglinon deve giovarsi. Come ! L'azione o l'omissione di un altr'iiomo
pub rendermi colpevole od innocente ? La mia colpabilita non e-
dunque definita daLVopera mia esclusiva? E quando io non ho
piu ad aggiungere nulla perche un reato abbia luogo, ci6 che
io hofatto pu6 essere tutto o puo essere nulla, a seconda di cio-
che avra deciso un altro senza ch'io ne abbia notizia ?
Anche qui il principio della temibilita e il solo che offra una-
soluzione plausibile.L'incarico di un assassinio dato ad un brigante, ovvero quello
di una vendetta dato ad un camorrista, quando 1'operazione sia
agevole e poco rischiosa, quando il prezzo promesso sia appunto
quello che il mandatario abbia richiesto, — basta, a mio crederer
per provare la temibilita del mandante. Viceversa, se un incarico .
di tal sorta fu affidato a persona timida ed inesperta, od a tale
che, sebbene disonesto, non si era ancora macchiato di sangue, —
' - 282 —"
ovyero se 1'esecuzione era di-fficile, od il prezzo offerto npnpareatale da allettare al delitto, o se potea dubitarsi della promessa, —
il mandante non e un delinauente serio, egli non e temibile, eglinon ha che una velleita di delitto.
Non dovra dunque dirsi che nel primo caso ha avuto luogo un
tentativo punibile, e nel secondo un atto che non rivela alcun pe-xicolo e quindi noh esige reazione sociale ?
CIRCOSTANZEAGSRAVANTI'EBATTENUANTI.
Questo tema e di vivo interesse, ma non occorre che in questo
luogo io ne discorra a lungo perche eib che ho detto a proposito
della responsabilita mostra la inconciliabile diversita fra' principii'della teoria che qui espongo e quelli che informano la legislazione.Basta notare che la dottrina dominante, proprio alFopposto di cio
. che voleva Eomagnosi, ha una tendenza a far variare la punibilita
in ragione inversa della forza dell'impulso, per modo che quando
1'impulso e massimo, il castigo contrapposto sia minimo, e vice-
versa. Ci6 che, se contraddice apertamente allo scopo della 4ifesa
;SOciale, e, invece, coerente al principio della responsabilita morale
<emostra sempre pih l'incompatibilita di questi due criterii.
Ma se ad essi si sostituisce il criterio della idoneita del reo,
molte circostanze che oggi si considerano come aggravanti od atte-
nuanti diventano o del tutto indifferenti, o tali da richiedere un
mezzo repressivo affatto diverso, senza alcun riguardo di benignita
•o di rigore, parole che dovrebbero scomparire dal linguaggio dei
penalisti, poicbe simili considerazioni sono. affatto estranee alla
ragione ed al fine della funzione sociale repressiva.Avremo occasione, ne' capitoli successivi, di ritornare sull'ar-
.gomento. Ed allora faremo la critica di alcune principali qua-
lifiche di reati che aggravano la pena, non che di alcune fra le
drcostanze ehe piu comunemente si sogliQno considerare come
/ittenuanti.
— 283
CUMULO DI REATI E RECIDIVA.
La preoccupazione della difesa sociale e prevalente quando trattasi
di recidiva, non gia quando si tratta di cumulo di reati commessi
tutti prima di qualsiasi condanna.
Nel primo caso si dimentica che la corruzione e 1'abitudine
sono i piu vivaci fra gli stimoli alle prave azioni e si colpisce
piu forte perche il reo fu avvertito con una prima condanna e
pertanto la sua perseveranza nel male e tanto piu colpevole. Quasiche sia da imputarsi al reo rinefficacia del mezzo adoperato dalla
societa per rigenerarlo ! Quasi che 1'infermo abbia la colpa del
niun effetto di un farmaco disadatto o di cattiva qualita !
Nel secondo caso si e proclivi alla indulgenza, perche, dicesi con
unaumoristica serieta, il reo non Jiaancora provato i rigori della giu-.stizia e pertanto le sue reiterate disobbediense sono meno eolpevoli!
Ecco i criterii, buoni tutto al piii per regolare una madre di
famiglia nel correggere i suoi bambini od un pedagogo nel ca-
stigare i suoi allievi, ma che fanno sorridere quando si trasportanonel campo della criminalita naturale !
L'autore di parecchi omicidii, ciascuno dei quali e punibile con
penatemporanea, non potra mai essere condannato a pena perpetua;— 1'autore di un numero infinito di frodi e di truffe non potra
soggiacere che a pochi anni di carcere. II divieto e comune di
mutare, in considerazione del numero dei delitti, la natura della
pena. Insomma il delinquente abituale non dev'essere trattato di-
versamente dal novizio. Ecco il grande insegriamento della dottrina!
Io non ho il tempo di analizzare i diversi sistemi legislativiintorno al cumulo di reati. Altri stabiliscono una pena unica ag-
gravata, altri il cumulo delle pene corrispondenti ai singoli delitti;
pure essi differiscono piu nell'apparenza che nella sostanza, perche
1'aggravamentb ed il cumulo sono sempre limitati, ed e vietato
oltrepassare, se non di poco, il maximum del genere della pena.
•' — 28i —
Onde segue che 1'autbre di molti crimini o di molti delitti, ap-
punto perche questi sono molti, e leggermente punito per ciascuno
di essi! Quanta coerenza fra questa teoria ed il criterio di pe-nalita che la scuola classica fa derivare dal danno!
I nostri principii ci traggono a ben diverse conchiusioni. Noi
crediamo possa dirsi talvolta piu sanguinario e nputarsi pertanto
piu pericoloso 1'autore di due o tre omicidii improvvisi, che non
1'autore di un solo omicidio premeditato, .e non vediamo perche il
primo debba essere punito sempre temporaneamente ed il secondo
sempre perpetuamente. E similmente ci sembra che un veccliio
ladro o frodatore, benche non mai punito, possa essere creduto in-
correggibile e quindi vanamente sottoposto ad una leggera penacarceraria. Da quale altra parte piu che dal numero dei delitti pudtrarsi il concetto dell'abitudine ? Ora, provata questa, i provvedi-menti da adoperarsi sono quelli indicati pei delinquenti abituali, e
poco importa la circostanza di una precedente condanna.
Ma, ed e ci6 piii strano ancora, le teorie giuridiche, pur rico-
noscendo la necessita di aggravare le pene pei recidivi, voglionoche ancJie per costoro non possa mutarsi il genere di pena. «La
recidiva — dice un illustre scrittore — non pu6 autorizzare il
legislatore a sostituire una pena criminale alla correzionale, nna
pena perpetua alla correzionale e tanto merio a sanzionare la pena
capitale ». E la ragibne ne e poi che la recidiva non cambia «la
criminosita del fatto (1) ». E sempre il medesimo ordine d'idee,
inconciliabile col nostro. A noi ci6 che importa 6 il vedere sela
recidiva alteri la criminosita, non deWamone, ma deWagente.Ai tempi antichi e per tutto il medio-evo quesfultima consi-
derazione era prevalsa benche i criterii ne fossero insicuri; la
seconda recidiva, pei reati anche lievi, poteva dar luogo a gra-vissime condanne. « Si tamen reiteratur tertia vice, potest, protribus furtis, QUAMVISMINIMIS,pcena mortis imponi (2) », — cosi
(1) HAUS, Princ. etc, Ch. iu, 624.
(2) PARIKACCJ, Prax. et Theor. crim. Quaestio XXIJI.
— 285 —
scrivevasi in Eoma nel 1600. Grli editti di Enrico VIII e di
llisabetta d'Inghilterra punivano di morte i recidivi in vagabon-
iaggio. Eino al 1832 in Francia il recidivo autore di un reato
punibile con pena perpetua doveva essere condannato a morte (1).
H Oodice sardo ancora vigente in Italia ammette il passaggio da
w. genere di pena criminale ad un altro, e cosi dai lavori fbrzati
a tempo a quelli a vita, vietando solo che da questi ultimi si possaascenderealla pena di morte. Sono anche escluse dalla regola le
cosi dette pene correzionali, per le quali 1'aumento si fa nello
stessogenere.oltre il maximum, purche non si ecceda il doppio.
Queste leggi sono sembrate troppo aspre ai riformatori ed il
Codice penale germanico tace assolutamente della recidiva (2)abbandonandone ai giudici la valutazione, mentre il progetto ita-
liano, nel conservarla, ne limita grandemente Testensione e glieffetti penali.
La recidiva vi comparisce solo quando il secondo reato e stato
determinato da un intento della medesima natura di quello che fu
causadel primo; l'aggravamento, necessario nel progetto Mancini,diventa puramente facoltativo nel progetto Zanardelli; la recidiva
nonproduce altro effetto che il divieto di applicazione del minimum
ela facolta di aumento di un grado; infine, essa non deve valutarsi
sedal giorno in cui ebbe termine la prima pena sia decorso un
tempodeterminato.
La ragione per cui vorrebbesi abolire la recidiva impropria (3)
(1) E ancora vigente la disposizione della legge 28 aprile 1832, che stabi-
lisce nell'art. 56 dover essere condannato a morte il condannato a perpetuita,clie abbia commesso un secondo crimine punibile con la stessa pena.
(2) Salvo quella speciflca nei furti, la quale e considerata molto seriamente;vedi art. 244.
. (3) II progetto ZANARDELLI-SAVELLIla conserva soltanto dopo tre condanne
espiate, ciascuna maggiore di tre mesi, della stessa specie di pena ed entro glistessi limiti di tempo. Nella pratica, questo cumulo di condizioni equivale quasialla completa abolizione.
- •'•—286 - V-
sarebbe la maggior pravita di coloro che « ricadendo nel medesimo
malefizio, dimostrano essere governati dalla medesima rea passionecui prima obbedirono, ed in cib ancora consiste per la societa ilcresciufb pericolo che vuolsi, col minacciato aumento di repres-sione, combattere. Quindi la recidiva che davvero merita tal nome,
quella per cui solo si giustifica 1'esasperazione della pena, e la
specifica (1) ».
. A me sembra impossibile decidere cosi in astratto e con una
norma generale, se la recidiva propria o Yimpropria dimostri
maggiore perversita. In alcuni casi puo esser vero cio che dice
1'illustre relatore, in altri casi pu6 esser vero il contrario. La
stessa indecisione dev'esservi, per conseguenza, nel determinare la
temibilita. Ma vi hanno casi, senza dubbio, in cui questa raggiungela massima intensita, come quando al difetto delFistinto di prolitdsi accoppia il difetto di quello di pietd.
Pu6 dirsi allora che il senso altruistico sia completamente nullo,
poiche mancano i due principali elementi che lo costituiscono. Tal
e del ladro di mestiere che si fa assassino. E pure, se a questosecondo reato 1'impulso non fu gia la cupidigia, ma, supponiamo,la libidine, non vi sarebbe recidiva, secondo il progetto.
La recidiva, sia propria o specifica, sia impropria, e per noi
uno" degli elementi piu preziosi per la classificazione dei tipi o
classi di delinquenti su cui fondasi il nostro sistema di penalita,Noi diamo dunque a questa circostanza un valore molto maggioredi quello che le concedono i giuristi ed i magistrati.
Quanto sia poco logico, d'altra parte, il colpirla sempre con
pene del medesimo genere, non so come sia possibile non vedere.
La miglior prova che il primo mezzo "adoperato non raggiucseil suo fine, e appunto il nuovo delitto. Intenderei in certi casi che
si facesse un altro solo esperimento dello stesso genere aumehtando
grandemente la dose del rimedio; ma che cosa si direbbe di un
(1) Belasione sul progetto del Ministro MANCIKI, pag. 228. — Eoma, 1877.
- 287 —
medico che si ostinasse, ad onta di una terza recidiva, nel me-
desimo metodo terapeutico in una malattia ehe pu6 diversamente^
curarsi?
Ed infine, come mai pu6 giustificarsi, dal punto di vista della
psicologia ed antropologia criminale, lo stabilire un termine oltre-
il quale: il primo delitto non abbia alcun valore, e la recidiva,esistente in realta, debba dichiararsi inesistente per disposizione-di legge ?
« Sia qualsivoglia — dice 1' illustre relatore — il fondamento
razionale che si assegna alla recidiva, e chiaro che questo viene
a mahcare, od almeno perde parte assai della sua forza, ognorachela vita onesta tenuta per lunghi anni, da che fu scontata la prima
pena, dimostra che i patimenti della repressione ordinaria furono
efficaci. D'altronde non si riscontra in tale ipotesi quella perti-nacianel male che denota nel delinquente maggior dolo e lo rende-
pericoloso alla societa (1) ».
Con questo sistema la societa ringrazia il malfattore per la-
bonta ch'egli ha avuto di star cheto cinque o dieci anni o per la.
sua accortezza nel mantenersi occulto. E per corrispondere degna-mente a tanta generosita, si ricusa di valutare, nella ricerca del
rimedio opportuno, quell'elemento del delitto che essa trova nella
vita antecedente del reo, e che, esaminato insieme al nuovo, po-trebbe far fare una piii esatta previsione dell'avvenire.
II ragionamento riposa su di una delle solite finzioni legali,.
quella che i reati scoperti, giudicati e seguiti da condanna siano
i soli realmente commessi, mentre in realta essi rappresentano di
questi ultimi una parte molto esigua.Chi sa quante frodi avra. commesso questo truffatore recidivo il
quale, legalmente, non sara recidivo solo perche dalla prima frode
scoperta, giudicata e punita, fino all'ultima sono decorsi cinqueanni! Chi sa quanti attentati falliti e non denunziati, o vana-
(1) Bela-:. cit. al Pror/. del Cod. it., pag. 227.
\ — 288 —
inente denunziati^ avra fattb questo reo di minacce condannato
•dieci anni fa per omicidio !
Ma, anche ad ammettere la ipotesi della vita onesta nell'in-
iervallo, non' 6 forse il riprodursi, dopo tanti anni, degl' impulsicriminosi una prova del contrario di ci6 che crede 1'illustre, au-
iore della relazione, — una prova, cioe, della tenacitd deglimpulsi
medesimi, non frequenti nella loro manifestazione, ma pronti a
ricomparire nella occasione favorevole? Non si hauna forte ragione-di pensare che la tendenza perversa non 6 tale da potersi sradi-
-care se essa si ridesta quando ciasciino 1'avrebbe creduta spenta
per sempre; e che il delinquente non e di quelli nei quali una
influenza esterna ha, per caso, riportato una volta sola -la vittoria
au' buoni istinti, bensi di quelli sulla einenda de' quali non e a
farsi' alcun assegnamento per la mancanza del freno morale ?
Non aggiungo altro, poiche la recidiva in qualsiasi delitto na-
turale ha nel mio sistema un' importanza troppo manifesta per
poterla trascurare in qualsiasi caso. Essa e uno dei piu sicuri
.-segni rivelatori del delinquente istintivoed incorreggibile. Pure,non e che un sintomo, e, per apprezzarne il valore, e mestieri
;studiarla, non isolatamente ma nelle diverse specie di criminalita,
poiche il significato ne varia considerevolmente daH'una all'altra
«lasse di delitti e di delinquenti (V. Cap. IV).Frattanto cade in acconcio il notare come la Francia, senza punto
curarsi di sofismi giuridici, siasi messa risolutamente sulla via di
tma energica repressione della recidiva.
Gia fin dal 1854 era stata promulgata una legge in virtu della
quale i condannati ai lavori forzati per otto anni almeno erano
perpetuamente relegati, dopo 1'espiazione della loro pena, alla Gu-
iana ed alla nuova Caledonia, ci6 che fece scemare di molto la
recidiva da crimine a crimine. Infatti la recidiva dei condannati
zi lavbri forzati dalla cifra di 1200, negli anni 1851-55, discese,
negli anni 1861-65, ad 864, e nel 1879, fra 1710 accusati, soli
SO avevano subita quella pena (1).
(1) EEIHACH, Les recidivistes, pag. 58. — Paris, 1882.
— 289 —
Nel 1883 le assemblee legislative votarono la deportazione per-
petua pei recidivi in vagabondaggio, mendicita, furto, truffa, abuso
di confidenza, oltraggio al pudore, e pei recidivi in qualsiasi cri-
mine. Occorrono cinque condanne correzionali precedenti (art. 5),
e se ve ne fu una per crimine, bastano tre altre correzionali
(art. 4, n° 2).; nella recidiva da crimine a crimine due sole con-
danne sono sufficienti (art. 4, n° 1).
La mancanza di colonie impedisce disgraziatamente allltalia
il seguire per ora 1'esempio francese (1).
LA PBESCRIZIONE.
TJna teoria giuridicamente importantissima e quella della pre-serizione. Qui le considerazioni psicologiche debbono cedere il
•campo a quella della difficolta delle prove che, nell'interesse
della sicurezza degl' innocenti, hanno fatto trasportare tale istituto
dalle discipline civili alle penali. La prescrizione dell'azione pe-nale h una necessita sociale, ma pu6 dirsi la stessa cosa di quelladella pena?
Qui il tempo non puo avere alcuna influenza; la reita fu asso-
data, fu riconosciuto il delinquente. La sua accortezza nel celarsi
alla forza pubblica, nel mutar luogo, nome e consuetudini di vita,rendono vana per lungo tempo la condanna. Forse egli ha conti-
nuato con successo il mestiere del ladro, del truffatore o del fal-
-sario, sottraendosi sempre alle ficerche dell'autorita. Ma ecco che
(1) Ha i giuristi italiani non rimangono gia, in ozio. Essi scrivono libri contro
la recidiva quale circostanza aggravante. Non e credibile a quaE sottigliezze•conduca il principio della responsabilita morale e com'esso faccia dimenticarc
del tutto lo scopo della difesa sociale. Per avere un'idea di questo pericolosoindividualismo leggasi il recente libro dell'aw. ORANO: « La recidiva ne' reati,
Eoma, 1883 », di cui 1'avv. BARZILAI ba fatto una critica pungente e seria nel
•suo opuscolo «La recidiva e il metodo sperimentaJe, Eoma, 1883».
GABOFILO. — 19.
— 290 —
alla fine egli cade nelle mani delle guardie senza che sia possibile-
provare alcuh suo delitto posteriore. Erattanto la pena trovasi pre-
seritta e la legge lo restituisce, alla sua nobile industria!
Ci6 non e serio (1). La prescrizione della pena sarebbe da am-
mettere soltantoin quei casi in cui si pu6 ragionevolmente pre-
sumere che sia scomparsa la tendenza criminosa per la cessazione-;
delle condizioni che la determinavano. Un uomo fu condannato per
un. reato contro la proprieta a cui fu spinta principale 1'oziosa
indigenza. Dopo un certo numero di anni egli, sfuggito; a tutte-
le ricerche, e finalmente scoperto in un'altra citta od in un altro
stato; ma, come nel Valjean dei Miserables, una trasformazione
e avvenuta in lui; gia da lungo tempo egli e noto come un as-
siduo e bravo operaio e la sua onesta e da tutti lodata. La pena
ora non ha piu scopo, poiche 1'effetto migliore che questa avrebbe-
potuto proporsi.si e gia ottenuto senza opera sua.
Una regola pratica si potrebbe dunque formulare dicendosi che,.
ne' reati contro la proprietd, la prescrizione della pena non ha.
luogo se il condannato non pub dimostrare la condotta onesta-
da lui tenuta fin clal tempo della condanna.
Cio e gia stato in parte ammesso dalla scuola, essendosi gene-
ralmente stabilito il principio che la recidiva interrompa la pre-
scrizione. Ora trattasi di sostituire a quesfelemento negativo (la,
mancanza di un nuovo delitto) un elementb positivo (il fatto dl
una trasformaziorte morale avvenuta nel reo).La soluzione e meno agevole quando si tratta di reati contro
le persone: Col presente. sistema, chi ha offeso mortalmente con,
uno stupro 1'onore di una famiglia, chi ha con una ferita reso un
uomo deforme od ammalato per tutta la vita, se non fu condan-
nato che ad una pena correzionale di cui riusci ad eludere l'ese-
cuzione, avra il diritto, trascorsi dieci anni, di mostrarsi nei luoghi;
da lui contristati e di vivere sfacciatamente accanto alle sue vit-
time, senza avere punto scontato la sua pena.
(1) Il.Codice penale toscano non ammette prescrizione di pena. Art. 95-
— 291 —
Le leggi non hanno provveduto in simili casi che quando trat-
tasi di peua gravissima. II Codice sardo-italiano stabilisce che « nei
casi di prescrizione delle pene della morte o dei lavori forzati pro-nunziate per omicidii o per altro crimine contro le persone, non
potra ilcondannato abitare nel luogo ove dimora. 1'offeso, ne, in
caso di morte: di questo, nei luoghi ove dimorano i suoi eredi im-
mediati o il coniuge od i congiunti per consanguineita od affinita
fino al terzo grado inclusivamente, se non col consenso dei me-
desimi » (art. 147). Ed una disposizione analoga leggevasi nel
progetto Manoini (art. 114), la quale, disgraziatamente, e scom-
parsa neU'ultimo progetto Zanardelli-Savelli.
Ora, se questo provvedimento si estendesse a tutti i casi di
gravi offese al corpo od ail'onore delle persone, la prescrizionedella pena non sarebbe incompatibile col mio sistema, salvo il
caso di delinquente istintivo od imbecille morale. Ed anzi, come
si vedra piu innanzi, la pena che, in molte circostanze, io pro-
porrei, non differirebbe gran fatto da questo provvedimentQ me-
desimo.
Dunque, anche jn questa materia, la scuola positiva non pu6accettare una riorma assoluta. Essa vuole che il provvedimento sia
quello richiesto nei singoli casi dalle esigenze della tutela sociale.
AMNISTIA E «RAZIE.
Bestami il far cenno di due altri modi di estinzione dei reati
o delle pene: la grazia e 1'amnistia.
Questi atti di generosita del Governo non hanno senso che quando
trattasi di cose dal Governo medesimo vietate, del quale divieto
esso, se lo crede opportuno, pu6 ben perdonare la trasgressione.Simili prerogative del Capo dello Stato hanno dunque il loro
posto naturale nella materia de' reati politici e delle contrawen-
zioni finanziarie od amministrative di qualsiasi natura.
Ma nel campo della criminalita naturale e ihconcepibile come
- 292 -
esse abbiano potuto sopravvivere a tante altre viete prerogativeche ilprogresso delle istituzioni ha successivamente abolito.
La irrazibnalita dell'amnistia per delitti comuni e cosi evidente,in qualsivoglia sistema penale, da non essere mestieri il parlarnea lungo. Essa non eun perdono accordato per circostanze ecce-
zionali; essa pretende sottrarre alla pena, non una o piu persone,ma una o piu classi di reati, senza distinzione dei loro autori,e- senza che questi reati siano cancellati dal Codice. Essa e una
finzione legale con cui si dice a coloro che •hanno commesso un
dato delitto: Questfazione che ieri era un delitto e domani sara
tale, per oggi soltanto e un fatto innocente.
Se una pena e stata gia inflitta, essa non dovra solo cancel-
larsi, ma ancora dovra dirsi che non fu mai pronunziata, che ci6
che e stato non e stato, che gli archivii hanno mentito. La reci-
diva 6 dunque abolita dalPamnistia! Si pu6 immaginare piu strana
istituzione?
Ma, dunque, non e vero che esista una legge, come credeva
Cicerone, alla quale « nec obrogari fas est neque derogari ex Jiac
aliquid licet neque tota abrogari potest » — e da cui « nec vero
per senatum aut per populum solvi possumus » — una legge che
« nec erit alia Bomae, alia Athenis, alia nunc, alia postJiac, sed
apud omnes gentes et omni tempore una et sempiterna et immu-
tabilis? » (1).
Bisogna che il nostro tempo faccia scomparire questo assurdo
delle amnistie pei delitti comuni. Non e possibile immaginare che
la volonta di un uomo distrugga il passato, abolisca il delitto
esistente, impedisca al giudice futuro di riconoscere nel reo il
recidivo! Tutto ci6 e falso, e se il mondo del giure vi si adatta,il buon senso protesta fuori le porte del tempio di Temide.
Non cosi assurda sembra la grazia, in quahto essa e personake limita la sua azione agli effetti penali. Se il Capo dello Stato
"(l) Be Bepublica, Lib. m, Cap. xxn.
— 293 —
ne facesse uso in casi realmente eccesionali, potrebbe forse giu-
stificarsi, sia come mezzo di riparare a qualche errore giudiziario,sia come temperamento di una legge, il cui rigore, per la spe-cialita delle circostanze, non sarebbe necessario.
Sarebbe questo, insomma, un ultimo grado di giurisdizione eser-
citata dal Capo dello Stato, e la opportunita di conservare tale
istituzione sarebbe da esaminare nel campo della procedura od in
quello della costituzione.
Ma il diritto di grazia non sintende cosi. Esso continua ad in-
tendersi come un atto di clemenza, di generosita, di misericordia,senzaalcun riguardo alla utilita della pena inflitta ed al pericoloche essa venga diminuita od abolita del tutto.
Per verita il male di questi atti arbitrarii non e molto grave
quando si tratta di pene temporanee. Che un ladro di mestiere
resti in carcere un anno di pih o di meno, la cosa e quasi in-
differente. Vuol dire che la sua anticipata liberazione gli dara agiodi rubare un po'. piu di ci6 ch' egli avrebbe rubato dopo il ter-
mine della completa espiazione. Ad ogni modo, quel numero ec-
cedente di furti che egli commettera, per effetto della sua antici-
pata liberazione, sara sempre un danno pei cittadini, che il Go-
verno, in buona giustizia, dovrebbe riparare, poiche ne e tutta
sua la responsabilita.Ma il male pu6 diventare gravissimo se il Governo fa uso della
regia prerogativa a favore dei condannati a morte od a pena per-
petuaperqueimisfatti dolorosi che costituiscono 1'alta criminalita.
La pena capitale non e abolita in Italia, ne nel Belgio. Ognianno le Corti di Assise, nonostante la facolta delle attenuanti la-
sciata ai giurati, condannano a quella pena un certo numero di
assassini (1). E pure il Governo italiano, dal 1876 al 1884 (anno
(1) Condannati a morte in Italia in contraddittorio: 55 nel 1869, 88 nel
1874, 98 nel 1875, 88 nel 1876, 102 nel 1877, 64 nel 1878, 87 nel 1879,104 nel 1880. (Statist. pen. del 1880) — 73 nel 1882, 70 nel 1883. (Belazionesul Bil. delTInterno, 1884). — Nel Belgio (1875), condannati a morte 10.
BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 60, 64, 65.
— 294 —
in cui fu costretto a derogare a questa regola pei soli reati mili-
tari), ed il Governo belga dal 1863, si oppongono sistematicamente
alla esecuzione di una legge dello Stato liberamente applicata dai
rappresentanti della giustizia popolare. L'opinione personale di al-
cuni uomini avversi alla pena capitale trionfa dunque sulla opi-
nione pubblica che le e favorevole. Ci6 non sembrava' costituzio-
nale al re Oscar dl Svezia, che, respingendo nel 1875 il ricorso
in grazia di due condannati a morte per grassazione con omicidio,
scriveva queste memorabili parole: « Trovo tanto il delitto stesso
quanto ci6 che si riferisce ai condannati di una gravezza cosi ec-
cezionale, che Tesercisio det -diritto di grasia concessomi dalla Co-
stituzione, in questo caso, non significJierebbe altro che Tabolisione
della pena di morte prescritta dalle vigenti leggi per 1'assassinio
commesso con circostanze aggravanti. Ma, indipendentemente dalh
mie idee sulla equitd ed opportunita della pena.di morte in ge-
nerale, ho la profonda convinzione di non potere sopprimere da
me solo, esercitando il mio diritto di grasia in simili casi, una
legge istituita di comune accordo dal Be e dat Parlamento (1).Non e chi non veda come la grazia sistematicamente accordata
"ai peggiori delinquenti debba, col volgere degli anni, infiacchire
la forza della minaccia penale. Indolfi, il pompiere assassino del
suo benefattore (il colonnello. Semmola), era talmente persuaso che
la pena di morte fosse in realta abolita da confessare? tosto dopo'il delitto, di averlb commesso per essere sicuro di avere alloggio e
vitto per tutta la sua vita senza essere costretto a lavorare od a
mendicare.
II soldato Misdea, che nel 1884 fece nella caserma di Pizzo-
falcone in Napoii un eccidio che rimarra memorabile, era cosi
convinto del pari che nessuno poteva essere giustiziato in Italia,
da non aver mai preso sal serio la sua condanna, fino al punto di
credere che la lugubre cerimpnia del suo trasporto notturno alla
piazza d'armi non fosse che una pura formalita.
(1) BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 241.
— 295 —
L'allievo oarabiniere Marino, pochi giorni dopo il misfattb del
Misdea, uccise il suo superiore, perche voleva passare in galera
gli anni residui del suo servizio militare.
Una simile convinzione non e ancora sparsa dovunque, ma nel
Belgio, « oit la croyance d Tabolition de la peine de mort ape-nCtre' de plus en plus dans les esprits », i reati piii gravi sono
•cresciuti « d'une maniere effrayante », perche, come gia accadde
nell'esperimento che si volle fare al 1850, « des que la pratiquede quelques annees avait donne aux masses la conviction qu'il n'y.aurait plus d'echafaud, lenombredes grands crimes s'est accru »(1).
In generale, il diritto di grazia e presso di noi usato con una
larghezza che non pu6 non preoccupare seriamente.
Per darne un esempio, nel 1876 le domande di grazia furono
•25,583; ne furono. accolte 2403, cioe piii del 9 per 100 (2). Nel
1880, fra 31,080 domande, se ne accolsero 3627, cioe intorno al
12 per 100 (3), e non si creda che esse riguardassero principal-mente contravvenzioni finanziarie, poiche il 52 per 100 dei graziati-eranostati condannati per crimini o deliiti, ed il 2,92 per 100 percontravvenzioni previste dat Codice penale. Ne si tratta sempre di
riduzioni alla durata della pena, poiche nel 37 per 100 delle grazieconcessecommutavasi it genere della pena o la sicondonava det tutto.
Gia da lungo tempo illustri pensatori hanno alzato la voce contro
il diritto di grazia ne'reati comuni: Rousseau, Beccaria, Pilangieri.
Quesfultimo osservava che « ogni grazia conceduta ad un delin-
quente e una derogazione della legge; che se la grazia e equa, la
^gge e cattiva, e se la legge e buona, la grazia e un.attentato
contro la legge; nella prima ipotesi bisogna abolire la legge e
nella seconda la grazia » (4).
(1) Biscorso del Proc. Gen. Be la Court, presso BELTRANI-SCALIA. Per darne
una prova, gli accusati di omicidio dal 1865 al 1880 crescevano da 34 a 120.
(2) Statistica penale generale pel 1876 (pubblicata nel 1879).
.(3) Staiistica penale pel 1880 (pubblicata nel 1883).
(4)'PILANOIERI, Scienza della legisl., lib. III, parte 4a, cap. 57.
— 296 —
Ma se questo diritto e incompatibile anche coi principii della
dottrina dominante, che dovremo noi dirne dal punto di vista delle
nostre idee?
Per noi il giudizio penale significa la designazione del tipo dr
delinquente che si esamina, la pena significa il mezzo eliminativo
necessario alla sicurezza sociale. Ora, si pub ammettere una revisione
di questo giudizio ed il suo annullamento nel caSo di errore, ma
come mai potrebbesi immaginare che il Capo dello Stato faccia
perdurare quel pericolo che i giudici hanno riconosciuto e cercato.
di evitare ? Non e questa un'aperta violazione del diritto che hanno
i cittadini di es.sere liberati dal contatto coi delinquenti ricono-
sciuti ? 11 reo e stato dichiarato disadatto a tutta quanta la vita.
sociale, ovvero ad alcune speciali condizioni di vita, ed ecco che
il Governo col suo decreto di grazia gli dona quelFattitudine fisio-
logica, quel senso morale, quelle abitudini sociali ch'egli nonha!
Non aggiungo altro. La incoerenza fra le nostre idee ed il diritto
di grazia e troppo manifesta perche sia necessario insistervi. La
logica esige che questa facolta governativa non si estenda oltre i
reati puramentepolitici, fiscali ed amministrativi, i quali non hanno
nulla di comune con la criminalita naturale, oggetto dei nostri
studi.
VI. — RlSPOSTA AD ALCUNE OBIEZIONI.
Ho compiuto cosi 1'esame critico del diritto penale nella sua
parte generale^ed ho indicato, in ogni teoria, come i nostri prin-
cipii potrebbero sostituirsi a quelli della scuola classica. Ma, primadi passare ad un altro argomento, e mestieri rispondere a due obie-
zioni, l'una delle quali mi fu rivolta direttamente, e Faltra si suole
rivolgere a.tutti i fautori della scuola positiva.Mi sbrigher6 presto di quesfultima perche essa manca di ognl
solido fondamento. Ci si osserva che se lo scopo della pena h, per
noi, il porre ostacolo alle malvagie tendenze di alcuni individui,
- 297 -
non sarebbe necessario aspettare il fatto del delitto, poiche la per-
versita di molti pu6 conoscersi senza che un delitto abbia ancora
avuto luogo.
Questa critica pecca nel suo punto di partenza, Non sono gia le
tendenze che noi vogliamo colpire, bensi le tendenze non frenate.
Ora 1'esistenza di siffatti impulsi vittoriosi non pu6 mai asseve-
rarsi se 1'individuo non li abbia manifestati con un detitto ovvero
col tentativo di un detitto. Prima di cib s'ignora se 1'uomo perverso
o depravato avra 1'energia necessaria per diventare delinquente (1),e se, in mancanza del freno morale, non 1'arrestera il timore della
pena ovvero quello di perdere irreparabilmente la sua riputazione
ed il posto da lui occupato nella societa.
Ma la cosa e ben diversa quando il dado fu tratto ed il delitto
commesso, od almeno tentato.
II delitto non trova nelTagente queirinterno ostacolo insuperabile
cheessoincontra nella maggioranza degli uomini. L'uomo e dunque
anormale; trattasi di vedere fin dove si estenda quesfanormalita e
quali mezzi possano contenerla o ridurla.
Prima delFatto criminoso qualsiasi manifestazione di una ten-
denza malvagia ne pbteva far nascere un sospetto: dopo il fatto
questo sospetto e divenuto certessa, ed fe solo questa certezza che
da alla societa il diritto di proteggere se medesima col danno del
suooffensore.
Passo alPaltra obiezione: si dubita che il mio sistema siafa-
cilmente applicabile, per la varieta degli elementi da cui dovrebbesi
indurre nei singoli casi il grado di temibilita.
« Noi domandiamo — dice un mio critico (2) — se a voi pare,
(1) « Les sentiments moraux peuvent 8tre faibles ou nuls sans que pour celales mauvais sentiments aient unegrande activit6 ». DESPINE,Be la folie au
point de me pMlosoph., pag. 601. — Paris, 1875.
(2) H signor P. A. GALIERO in una sua accurata recensione del mio « Criterio
positivo » pubblicata nel Criornale Napoletano, fascicolo del novembre 1880.
— 298 —
com'e, che questo sistema abbia tutto il rigore scientifico che possa
desiderarsi, credete pure che abbia tutta la praticitd possibile ?
Noi non diremo, ne potremmo dirlo pienamente, che questo sistema
di positivo non ha altro che il nome, poiche ci pare essere stato
forse lontano dalle intenzioni dell'autore di dare a questa parolail significato che noi le attribuiamo. Per6 e bello il dire, ma come
si fara a risolvere in un giudizio criminale tutte queste domande
relative al delinquente: « II tale impulso si ripetera esso?.—
ricomparira nelle stesse forme? — produrra gli stessi effetti? —
o e stato un fenomeno unico nella vita di un uonio prodotto da
cause ora scomparse? (1)». E sempre possibile tutto ci6?Atali
dubbii, che nascono spontanei dalla lettura dell'opera, abbiamo
cercato, ma invano, un'adeguata risposta ».
La risposta, un po' ritardata, si trovera negli ultimi capitoli del
presente lavbro. La distinzione dei tipi o classi di delinquenti'edi rimedii penali da appropriarsi a ciascuna classe non saranno giaabbandonati nei singoli casi alle opinioni dei giudici; cheanziil
legislatore dovra tracciarele linee generali alle quali il giudicedovra confrontare le specie concrete. La legge definira i caratteri,la riunione dei quali nel medesimo individuo dara l'uno. o 1'altro
tipo di delinqitente. Questi caratteri saranno tali da potersi ri-
conoscere facilmente in ogni sogge.tto, poiche essi risulteranno in-
gran parte dalle notizie personali che anche oggi per solito ac-
compagnano il processo, e alle quali dovra aggiungersene qualchealtra intorno' alla famiglia del-reo ed all'ambiente sociale in cui
questi ha menato la sua vita; infine, nei casi in cui possano essere
utili, i dati patologici ed antropologici saranno raccolti con me-
tbdo uniforme e non daranno al giudice imbarazzo maggiore di
quello che oggi gli diano le perizie mediche.
La classificazione del reo potra senza dubbio, in alcuni casi, pre-sentare non lievi difficolta, ma queste non saranno insuperabili, con
(1) LVautore cita qui la pagina 51 del mio libro indicato di sopra.
— 299 —
la guida di una legge esplicativa, chiaramente formulata. D'altra
parte, nei casi realmente dubbii, il giudice, secondo 1'antica mas-
sima di equita, dovra attenersi alla ipotesi meno dura pel de-
linquente.•
Superato questo punto, il giudice trovera nella legge medesima
la indicazione del rimedio penale che nelle diverse ipotesi si e
creduto opportuno, ed in ci6 la sua operazione sara egualmente
agevole come quella con cui egli infligge il castigo. La sostituzione
del coricetto di attribusione a quello di proporsione sara per lui
indifferente, poiche nel primo caso come nell' altro egli non dovra
fare che un'applicazione di norme stabilite dalla legge.Tutto ci6 che pub sembrare poco pratico riducesi dunque alla
classificazione dei delinquenti, ma la difficolta maggiore sara quelladi tracciarne legislativamente le grandi linee, piuttosto che quelladi ricondurre, nei casi concreti, ciascun reo ad un tipo gia desi-
gnato. Certo il giudice sara molte volte costretto a fare indagini
piii minute e piu intime, poiche non bastera il dire che cosa e
ilreato, bisognera anche dire' cJie cosa e il suo autore. 016 fara
•sorgere il dubbio se 1'essere un buon giureconsulto sia la migliore
qualita da desiderarsi nei giudici penali, e se ad un romanista non
sia preferibile per tale ufficio un direttore di carceri, di case di
ricovero, un ufficiale di polizia, un uomo insomma che abbia la
luhga esperienza del suo simile degenerato. Ma di ci6 nel prossimo
•capitolo. • '
VII. — LE PENE.
Quale sia il sistema penale delle nostre leggi e cosa nota: la
pena carceraria temporanea, determinata preventivamente, con un
maximum ed un minimum di durata, e la pena dominante, tipicadei nostri codici, coi suoi diversi nomi di casa di forsa, lavori
forsati, reclusione, carcere, custodia, ecc. Accanto ad essa esistono
la pena perpetua (tavori forsati a vita, ergastolo), la pena di
— 300 —
morte, la multa, 1'ammenda, 1'esilio correzionale, il confino. Ma
questi ultimi due castighi si applicano raramente,.la multa e l'am-
menda si convertono in carcere ed arresti per gl'insolvibili, la penadi morte si suole in Italia commutare nei lavori forzati a vita,e negli altri Stati d'Europa, in cui la si fa eseguire, e sempre l'ec-
cezione, riservata ai casi insoliti, quasi straordinarii.
Per compiere 1'esame critico.della nostra legislazione, dovrei
mostrare ora come le pene minacciate si attaglino ai diversi reati;
ma una simile analisi mi condurrebbe troppo lungi. LValtra parte,essa sarebbe anche inutile dal punto di vista della efficacia dei
mezzi repressivi oggi adoperati. Le leggi che il popolo conoscenon
sono gia quelle scritte nei codici, bensi quelle applicate dai giudieLE stato. detto assai bene che « se per regola costante non s'in-
fligge per taluni reati piu di una determinata lievissima condanna,
cid vale quanto il sanzionare che quei fatti sono di niuna impor-tanza e poco meno che leciti ,ed innocui » (1).
Parmi dunque che sia per riuscire piti utile al mio scopo il ve-
dere quale sia il trattamento a cui reaimente si sottopongono i rei,
anziche quello che essi dovrebbero subire in virtii delle leggi scritte.
E, ad esempio, del tutto vano che nel Codice sardo sia scritta
la pena dei lavori forzati a vita per 1'omicidio improvviso, quando
questo misfatto non si punisce normalmente che con cinque o sette
anni di reclusione o di relegazione. L'efficacia della minaccia pe-nale contro l'omicidio devesi attribuire a questi 5 o 7 anni che
effettivamente il popolo vede infliggere, anziche alla perpetuitadella reclusione nota a coloro soltanto che studiarono il codice (2).
(1) COSENZA,Biscorso d'inaugur.pel Tribun. diS.Maria Capua-Vetere, 1884.
(2) TJn condannato a 20 anni per omicidio « non sapea dubitare della ille-
galita della sua condanna » ricordando parecchi esempi di omicidii awenuti
nel suo paesello e puniti con pochi anni di carcere. Una condanna a 25 anni
di lavori forzati per omicidio consumato e mancato omicidio, produsse tal me-
raviglia nel pubblico, dove non si era mai sentito profferire simili condanne,.
da far si che molti sospettassero « che fosse un errore od un sopruso ». Idemr
op. cit.
— 301 —
Piuttosio che delle leggi scritte ne' codici, diciamo dunque della'
giurisprudenza.
Questa e dominata da alcuni preghidizii.Basta il dare uno sguardo ad un repertorio di massime delle
•Corti di appello e di cassazione per osservarvi lo studio costante
e multiforme di favorire il reo. II cavillo forense vi e accolto
non infrequentemente; ben di rado una elevata eonsiderazione mo-
rale (1). Cid deriva in parte da un dogma che e sacrilegio discu-
tere: il doversi sempre interpretare la leggepenale nel sensopiu
benigno (2).A questo principio si rannoda una consuetudine quasi costante:
Le leggi stabiliscono per ogni reato un maximum ed un mv-
nimum, posti talvolta a distanza considerevole. Nel Codice sardo-
italiano, ad esempio, molti reati possono essere puniti al tempomedesimocon 6 giorni e con 5 anni di carcere (ad es. il furto sem-
plice), o con 1 mese e 2 anni (ad es. i ferimenti nongravi).Or bene, mentre 1'intenzione del legislatore fu quella di lasciare
largo campo alla valutazione della speciale gravita del caso (in-
(1) E stato mestieri che la Corte Suprema di Eoma, a sezioni riunite, dicMarasse
Tincapacita elettorale degli amrnoniti (sospetti, ladri, oziosi, vagabondi, camor-
risti, ecc), per vincere 1'opposizione di alcune Corti di appello. Nella oscurita della
legge, queste non avevano esitato nel sacrificare all' interesse della societa il
trionfo della interpretazione favorevole al reo.
(2) « I giureconsulti romani nelle quistioni di scHavitu risolvevano i dubbii
« pro Ubertate », perocche sentivano che la istituzione della schiavitu, sebbene
fosse conforme alle leggi, non era conforme alTumanita ed alla giustizia.« Chi esamina i nostri responsi nelle questioni penali potrebbe argomentare,
«he noi abbiamo di quelTalta istituzione sociale che si appella punizione dei
delinqrtehti, lo stesso concetto che i giureconsulti romani aveano della schia-
vitu, perche ci studiamo di temperare, anzi di distruggere per quanto b pos-
sibile, le conseguenze giuridiche troppo dure o troppo contrarie ai rei.
«Mi e occorso di vedere assolvere un accusato, perche per errore fu scritta
risposta negativa ad una- quistione principale, non ostante che le altre rispostealle quistioni subordinate manifestavano ad evidenza 1'equivoco, e non ostanteche i giurati protestavano di volere ripetere il verdetto per rettificarlo. Si ri-
— 302 —
tenzione che e affermata da tutti i teoristi, e che nel Codice to-
scano, art. 63, e .espressamente dichiarata), cosieehe nei casi or-
dinarii la pena sia da infliggersi nella misura equidistante da'due
estremi, i giudici di tutta Italia non sogliono allontanarsi dal-
1'estremo inferiore, e il minimum si puo dire divenuto la penanormale.
La medesima tendenza benigna si osserva nel fare uso della
facolta di aggravamento o di attenuazione delle pene. Pra queste,le attenuanti generiche ed indeterminate, le quali dovrebbero es-
sere riservate ai casi realmente eccezionali, sono prodigate a larga.mano pei piu futili motivi, ad es., perche il reo, stretto dalle
prove, dove confessare, perehe 1'oggetto rubato pote essergli ri-
tolto, ecc. Viceversa, i giudici non fanno alcun uso di quella fa-
colta che avrebbero.di raddoppiare ai recidivi le pene correzionali
e di aumentare di due gradi le criminali, ci6 che, in molti casi,
produrrebbe una lunga segregazione, e quindi, in eerto modo, l^eliminazione di buon numero di delinquenti abituali.
Bssi sogliono applicare la pena nella misura piu mite che pos-
sono, qualunque sia il numero delle recidive, dimenticando che
tenne che la risposta negativa alla quistione principale era un diritto acquisit»
per 1'accusato'.
« E mi ricordai che per il figliuolo di una schiava fu ammesso come diritto
acquisito la circostanza, che la madre; quando lo portava nel seno era stata,
sia pure per errore, qualche giorno o qualche momento libera.' « Per noi e cosa umanitaria liberare un malvagio dalla meritata condanna,
eome era pei nostri padri liberare un fanciullo dalle conseguenze di una bar-
bara istituzione!
« Non v' e chi non rida della consuetudine invalsa nelFantico diritto di mi-
tigare la cohdanna nel caso che il reo avesse incontrato per via un Cardinale.
Ebbene, per caso fortuito di non maggiore importanza, quale e la caduta di
un po' d'inchiostro sul voto di un giurato, e avvenuto' che si pronunziasse1'assoluzione del giudicabile.
« Chi ne avesse vaghezza potrebbe trovare centinaia di esemplari nelle rac-
colte della odierna giurisprudenza ».
COSENZA,Biscorso inaugurale a Santa Maria C. V., 1884.
— 303 —
vrnapena inefficace, come disse Eomagnosi, e una pena ingiusta,
perche produce un male privato, senza produrre alcun bene ge-
nerale.
Al pubblico estraneo ai tribunali sembrera inverosimile il modo
con cui in Italia si colpisce la recidiva.
Bcco, ad esempio, il certificato penale di certo V. DE E., dt
anni 20:
Anno 1880 — Furto semplice: 2 lire di ammenda.
» 1881 — Furto semplice: un mese di carcere.
» 1881 — Furto semplice: 5 giorni di arresti.
» 1882 — Furto semplice: un mese di carcere.
» 1882 — Contravvenzione per ozio: 4 mesi di carcere.
» 1883 — Tentato furto qualificato: 5 mesi di carcere.
» 1884 — Stupro su di una bambina di 4 anni (riman-dato dalla Sezione d'accusa al Tribunale correzionale!).
In questo doeumento (che a me stesso parrebbe inverosimile,
se non 1'avessi veduto in originale) si noti particolarmente 1'umo-
rismo della condanna a 5 giorni di arresti per furto, dopo due
altre eondanne pel medesimo reato, e la comicita dei 5 mesi di
carcere, alla quarta recidiva, e con quelle gravi circostanze che
chiamansi qualifiehe del fiirto; infme la sagacita della Sezione
d'aecusa nel trovare attenuanti allo stupro di una bambina di
quattro anni!
.Ecco qualche altro esernpio di questo dispregio della recidiva,o di questa sfiducia nella efficacia delle pene:
FRAB , ammonito, tre volte contravventore:
1863 — Condannato a 3 anni di carcere e 3 di sorveglianza per
furto qualificato.1871 — Furto campestre: 3 giorni diarresti.
1873 — Imputato di 2 furti qualificati e prosciolto per insuf-
ficienza di prove.
~ 304 -
1876 — Furto qualificato: 6 mesi di carcere {minimum con
attenuanti!).1883 — Furto di oggetti esposti alla fede pubblica: carcere
per 6 mesi.
L. ESP (Terra di Lavoro):1869 — Violazione di domicilio: 2 mesi di carcere.
1876 — Furto semplice: un mese di carcere.
1876 — Ferite volontarie: 6 giorni di carcere (il minimum
con attenuanti!).1878 — Omicidio: 4 anni di relegazione.1884 — Stupro violento su di una bambina (sotto processo).
FAK , di anni 31 (Bologna):1864 — Oltraggi: 5 giorni d'arresti.
1865 — Furto qualificato: 6 mesi di carcere.
1868 — Ferimento: 4 mesi di carcere.
1868. — Due furti qualificati: 2 anni di carcere (attenuanti!).1871 — Contravventore all'ammonizione: 3 mesi di carcere.
1871 — Contravventore alla sorveglianza: un mese di carcere.
1879 — Minacce: 5 giorni di arresti.
1879 — Porto di coltello: 9 mesi di carcere (attenuanti!).1879 — Appropriazione indebita: 4 mesi.
1879 — Contravventore airammonizione: 3 mesi.
IMP :
1880 — Truffa: un mese di carcere e L. 51 di multa.
1880 — Porto d'arma. insidiosa ed oltraggio ai carabinieri: 4
mesi di carcere.
1881 — Eapina: un anno di carcere. (La pena, se pure non
vi fosse stata recidiva, avrebbe dovuto, normalmente, essere cri-
minale).1881 — Appropriazione indebita: 2 mesi di carcere. (E il mi-
nimum con 1'aumento di un solo mese per la recidiva!).
— 305 -
1882 — Ferimento volontario: TJNMESE. (E assolutamente il
mnimum!).
1882 — Imputato di minacee a mano armata.
Di PE , contadino:• 1881 — Percosse: un giorno d'arresti.
1882 — Percosse: 2 lire d'ammenda.
1882 — Ferita involontaria con arma da fuoco: 6 giorni di
carcere.
1882 — Furto semplice: 15 giorni di carcere.
1882 — Furto semplice: 15 giorni di carcere.
1883 — Furto semplice (sotto processo).
Notai una volta, fra tanti casi poco diversi, che un ladro gia-condannato per furto a 3 anni, poscia, dopo molti anni, ammo-
nito per sospetti di reati contro la proprieta, era dichiarato reo
di furto seguito da ferimento sul derubato che se ne lamentava
e condannato a soli 2 MESI di carcere!
Un'altra volta mi accadde di vedere un.ladro recidivo per la
quarta volta condannato a soli 6 mesi di carcere per essersi in-
trodotto in una casa, avervi fatto un fagotto di oggetti pel va-
lore di L. 50, ed essere con quello fuggito in istrada. Se un uomo
con precedenti non tristi avesse rubato un cencio vecchio od un
tozzo di pane con Taggravante del salto di una siepe, la penanon avrebbe potuto essere minore di quella che ebbe quel vecchio
furfante!
E vidi ad un ladro campestre, condannato precedentemente una
volta per oziosita e due volte per furto, infliggersi la terribile
jena di 3 MESI di carcere!
Ne la recidiva specifica e trattata dai npstri magistrati con
maggiore severita.
Eccone un esempio nei reati contro le persone:
, FEER :
1869 — Condannato per ingiurie e minacce a giorni 3 di arresti.
GAB0FA1.0. — 20;
— 306 —
1869 — Percosse: giorni 7 di arresti..
1869 — Ferimehto volontario: UN GIORNO.
1870 — Non luogo, per minacce a mano armata.
. 1871 — Ingiurie e minacce verbali: giorni 7 di arresti.
1877 — Non luogo, per ingiurie verbali.
1883 — Imputato di ferimento volontario. :
E\si noti che egli, non ostante tuttiquesti reati,.chemostrano-
nel modo piu evidente la pertinacia delle tendenze aggressive,. non
e legalmente nello stato di recidiva, perche questa richiede una
condanna precedente criminale p corresiongle. Dunque, fino a tanto
ch'egli sara punito coi soli arresti, potra. ingiuriare, minacciare,
percuotere e ferire leggermente, senza che la pena debba mai ol-
trepassare pochi giorni di detenzione!
Ecco altri casi di recidiva specifica, in cui si vede spiccata la.
tendehza piu indubitablle alle brutali aggressioni:
EIM , di anni 34 (Bologna):1866 — Ferimento in persona della PROPKIAMADRE: 6 mesi
di carcere.
1869 — Ferimento: 18 mesi.
1875 — Oltraggio ai carabinieri: giorni 6. (E il MINIMTJM!).1877 — Ferimento: GIORNI 5!'
1879 — Porto di coltello: un mese.
1880 — Provocazione a commettere reati: 2 mesi e L. 51 di;
multa.
1882 — Einviato al Tribunale per disordini in teatro.
EEST , di anni 50 (Terra di Lavoro):1858 — Ferita lieve: un mese di esilio correzionale (amni-
stiato).'
1858 — Percosse lievi ed ingiurie (desistenza).1864 — Offese volontarie con malattia per giorni 26 con sparo
d'arma da fuoco: L. 6 d'ammenda.
_ 307 r-
1866 — Omicidio volontario (non luogo, per insufficienza).'1867— Grassazione con minacce (non e annotato Tesito).1867 — Ferimento con malattia per piu di 5 giorni: 12 lire
d'aminenda.
1873': — Ferimentovolontario con malattia per piu di 5 giorni:15 giorni di carcere.
1877"'— Ferimento idem (amnistia).1883!—Percosse al proprio padre con mazza (sotto processo).
SANT , ventenne, da Aversa:
1881 — Porto di rewolver: L. 51 di multa.
1882 — Porto di lungo pugnale: 3 mesi di carcere.
1882 — Ferita volontaria a colpidi rasoio: 3 mesi di carcere,ridotta ad un mese in appello.
1883 — Ferita volontaria: 2 mesi di carcere.
1883 — Ferita con coltello fermo in manico per sfregiare il
volto di una fanciulla, la quale non voleva cedere alle sue insi-
stenze. (Fu assoluto, perche si disse deficiente la prova della pre-meditazione e perche la ferita, per puro caso, guari in meno di
5 giorni e non vi era istanza privata di punizione, evidentemente
pel terrore di una nuova vendetta).
FERR...... di anni 23, di genitori ignoti (Terra di Lavoro):1871 — Percosse volontarie ed ingiurie (non luogo, per de-
sistenza deH'offeso).1875 — Ferita volontaria con malattia per 35 giorni: carcere
per 15 giorni.1875 — Ferita volontaria con malattia per 35 giorni: carcere
per 15 giorni.1881 — Ferita volontaria con malattia per piii di 5 giorni:
carcere per 7 giorni.1882 — Contravvenzione di ordine pubblico: L. 2 d'ammenda.
1883 — Scatto di pistola in rissa (leggi mancato omicidio: con
le attenuanti sara probabilmente condannato a 4 mesi di carcere!).
-308 —
, AMB , proprietario:1864.— Ferita con agguato, con pericolo di vita, con-pugnale,in
persona del proprio germano: s'ignora la pena.
1866 — Porto di pugnale: un mese di carcere e 100 lire di multa.
1876 — Porto d'arma da fuoco senza licenza: L. 51 di multa.
(E il minimum).1877 — Percossa volontaria con debilitamento permanentedi
un organo e con agguato, in persona di una donna: 3 anni di
carcere (il minimum con attenuanti, escluso 1'agguato), ridotti a
2 anni e 6 mesi per amnistia.
1883 (maggio)— Mancato assassinio con premeditazione ed
agguato e con arma da fuoeo (1).
CRIS...... di anni 26 (Terra di Lavoro):1873-— Ferita: 2 giorni di arresti.
1881 — Ferita: 5 giorni di arresti.
1881 — Mancato omicidio e porto d'arma da fuoco (il man-
cato omicidio fu, more solito, definito sparo d'arma in rissa);
3 mesi di carcere e L. 51 di multa.
1882 — Ferita con malattia per 20 giorni: un mese di car-
cere. (E \\minimum, e siamo gia al quarto reato di sangue!).1883 — Ferita: 5 giorni d'arresti!
1884 — Mancato omicidio con prodizione (sotto processo).
CARV , di anni 25 (Terra di Lavoro):1875 — Ferita volontaria contro una donna: 6 giorni di carcere.
(1) La Sezione di accusa di * * * esclude la intenzione omicida dicendo pos-sibile che 1'arma fosse stata carica con sola polvere ed esclude 1'aguato riflet-
tendo che la via soleva essere frequentata anche a sera inoltrata; quindi quantoil reo fece « debba ritenersi 1'effetto di una istantanea deliberazione da esclu-
dere altresl la intenzione omicida, tanto piu che la parte eivile si e spontanea-mente ritirata, essendosi transatta pei danni e interessi sofferti»!
Con questo bel ragionamento 1'imputato fu rinviato, escarcerato, al Tribu-
nale Correzionale per rispondere di semplice ferimento!
— 309 -
1875 — Ferita e percosse e contravvenzione all'ammonizione r
6 mesi di carcere e 20 lire d'ammenda.
1876 — Grassazione con ferite (non luogo, per insufficienza).1876 — Trasgressione alla sorveglianza: un mese di carcere.
1877 — Ferita volontaria e porto di coltello: 4 mesi di car-
cere e 3 giorni di arresti.
1877 — Ferita volontaria e contravvenzione alPammonizione:
3 mesi di carcere, 3 giorni d'arresti e 6 mesi di sorveglianza.1878 — Contravvenzione aU'ammonizione: 3 mesi.di carcere
e 6 mesi di sorveglianza.1879 — Porto di coltello: un mese di carcere.
1881 — Violenza privata ed evasione dalTisola del Giglio (oveera coatto): 15 mesi di carcere, e conversione del tempo residuo-
del domicilio coatto in carcere.
1883 — Ferimento grave con stile (sotto processo).
MON , d'anni 26, di genitori ignoti (S. Maria C. V.):1874 — Ferita volontaria: un mese di carcere.
1877 — Percosse contro una donna: 15 giorni di carcere.
1877 — Furto semplice: 12 giorni.1879 — Ferita volontaria: 45 giorni.1880 — Ferita volontaria: 5 giorni di arresti.
1880 — Oltraggio ad agenti: 2 mesi di carcere e2 mesi di confino.
1882 — Furto: 2 anni di carcere.
1882 — Ferita volontaria: 50 lire d'ammenda.
1884 -- Ferita volontaria con rasoio (sotto processo).
Infine, ecco due casi di recidiva nelle identiche specialita di
furto e frode.
CASS (Bologna).1881 (9 aprile) —Furto con destrezza: 4 mesi di carcere.
1881 (20 settembre) — Furto con destrezza: 4 mesi.
1882 (3 febbraio) — Furto con destrezza: 8 mesi. (Si notr
che il minimum sarebbe stato un anno, senza attenuanti).1883 (marzo) — Imputato di estorsione.
— 310 -
IANN , di> anni 31, da Napoli:1871 — Truffa (Livorno): 12;giorni di carcere.
1875 — Parecchi furti e truffe (Napoli): 10 mesi di carcere
e L. 5Tdi multa.
1875 — Frode (Livorno): un anno di carcere.
1876 — Furto aggravato e frode (Lucca): 6 mesi di carcere.
'.1876 — Due truffe (Santa Maria, di Capua) :•;un anno di carcere.
1877 — -Due truffe (Salerno): 6 mesi di careere.; 1878 —Eurto;qualificato (Santa Maria diCapua): 4annidi
carcere.
1879 — Furto: (Napoli): un:anno di carcere.
1879 — Furto (Napoli): 2 mesi di carcere.
1883 — Imputato di furto qualificato in> Napoli, di truffa in
Santa Maria di Capua.
In tutti questi casi di delitto abituale, il giudice, lungi dall'ag-
gravare la pena di uno odue gradi, oltre- iT maximum, come
avrebbe potuto, non ha ne pure stimato opportuna 1'applieazionedel maximum che, nei furti qualificati, e la reclusione perdieci
anni, nei furti semplici e nelle truffe il carcere per 5 anni, nei
ferimenti gravi la relegazione per 5 o per 10 anhi, nei ferimenti
lievi il carcere per 2 anni.Ma, invece, senza darsi alcun pensierodella efficacia che la pena pu6 avere sulTindividuo, e sulla societa,
egli ha quasi costantemente applicato il mmm«»»,aggravato nella
misura piu lieve che la legge gli consentisse.
Questo modo quasi universale di giudicare e ad attribuirsi in
parte, come io diceva poc' anzi, alla falsa interpretazione che la
latitudine lasciata al giudice sia un arbitrio a lui dato di mostrarsi
clemente; in parte alle sue abitudini legali che gli fanno consi-
derare nel reato il solo fatto obbiettivo, sceverandone, per spiritodi semplificazione, tutta quella parte subbiettiva che rende cosi
diverso l'uno dalPaltro caso.
Egli ha cosi adottato alcuni criterii: II furto semplice e a pu-
nirsi, ad es., con un mese di carcere se il valore e inferiore a
— 311 —
1. 50, con tre mesi se supera questo valore; la recidiva' porteranelTuno e nell'altro caso 1'aggravamento di tre mesi, ecc. —Simili
norme si seguono costantemente e formano la cosi detta giuri-
sprudenza di un tribunale, mezzo molto comodo di evitare, per ogni
fatto, la noia di un diligente esame delle particolari circostanze
che lo rendono assai dissimile da un altro.
Inoltre, 1'indble del giudice, avvezzo nelle controversie civili a
decidere tra due parti interessate, fa si che egli si sollevi a stento
da' casi singoli a considerazioni di ordine generale. Egli cura l'in-
teresse legale, ma dimentica 1'interesse sociale. E, se pure lo' ri-
cordasse, sarebbe scettico, e non a torto, in quanto alla efficacia
delle pene stabilite dalle nostre leggi. Benche egli abbia studiato
piuttosto il diritto romano e canonico che 1'antropologia, pure la
vista cohtinua di delinquenti incorreggibili gli ha insinuato nel-
1'animo la convinzione che sia affatto indifferente, in quanto alla
sperata correzione, il punirli con cinque anzich6 con due anni di
prigionia. Ci6 che egli non considera e il numero proporzionale di
reati commessi da delinquenti abituali, numero che la maggioredurata delle pene farebbe necessariamente scemare. Maqui, sepure
egli avesse sufficienti notizie statistiche, il suo senso giuridico si
ribellerebbe ad aggravare la mano su di un reo solo in vista de'
possibili suoi reati futuri.
E, in fondo, ci6 che vi ha di falso neU'intero sistema che si
Tiflette nell'applicazione delle pene: La responsabilita morale, con-
dizione del diritto di punire, la proporzione della pena al gradodi questa responsabilita.
Com'e possibile, con questi principii pretendere dal giudice una
mano energica nella lotta contro ildelitto? Come gli si pu6 im-
porre di punire severamente, perche pih colpevole, il recidivo,'quahdo
egli sa che-questi, infamato gia dal suo triste passato, sfuggito,
-disprezzato da tutti, e tratto piu facilmente al delitto di chi ne
-e rattenuto ancora dal timore di perdere la sua fama ancora in-
contamifiata ?
II giudice e piu logico delle leggi ed e scusabile se pronunzia
- 312— -''
condanne che sembrano un'ironia, tanto sono vane cosi pei delin-
Vquenti come per la societa.
- VIII. — LA RIPARAZIONEDEL DANNO.
'Secondo ci6 che e scritto ne' codici, la condanna penale trae
seco 1'obbligo di una indennita che la parte lesa deve pagare al-
1'offensore. Ma quale sia. la misura di tale indennita, e cosa che
si lascia all'apprezzamento del magistrato giudicante in materia
civile; e, similmente, le norme della procedura civile sono quelle
con eui si pu6 far valere tale credito. II magistrafo penale esempre
autorizzato ad assegnare una somma provvisoria in conto di quella
dovuta, ma ben raramente fa uso di tale facolta, e, d'altra parte,il condannato che non voglia pagare riesce sempre nel suo intento.
Ne segue che la vittima di un reato, o la sua famiglia, per lo
piu non ottiene alcuna indennita, ed in qualche raro caso giungead otteneria dopo lunghi anni, ed a furia di spese e di stenti.
Cosi spiegasi che si sia veduto « offrire ed accettare per risar-
cimento dei danni in seguito ad omicidii trecento, duecento e fin
cento lire. Ed in un caso, i fratelli delPucciso, stanchi di piu liti-
gare, accettarono dall'uccisore, in transazione. di oghi loro diritto,
cinquanta lire ! » (1).Su questo punto 6 importante la teoria messa in campo da
Spencer, la quale, se fosse realizzabile, semplificherebbe di molto
anche il problema della penalita (2).II fondamento del diritto di punire, egli dice, e la necessita so-
ciale di mantenere le condizioni necessarie della vita completa.
Pertanto, se una di esse e stata violata, la prima cosa che deve ri-
chiedersi dal colpevole e il rimettere le cose, per quanto e possi-
(1) COSENZA,Discorso inaugurale in Santa Maria Capua Vetere, 1884.-
(2) SPENCEB,.Saggi di politica — La morale della prigione.
— 313 —
'bile, nel loro stato precedente, cioe a dire riparare il danno pro-
dotto dal delitto. In secondo luogo e neeessario costringere 1'offen-
sore a desistere dai suoi attentati. L'equita autorizza la societa a
limitareVuso delle forze del delinquente per quanto e necessario
alla sua sicurezza, null'altro che questo. II reo non deve perdere
tuttfi suoi diritti, ma solo quelli che non pu6 conservare senza
pericolo comune. Dunque, ne'limiti della necessaria coercizione,
dev'essere libero di esercitare le sue facoltd e trarne il naturale
vantaggio. D'altra parte la societa non deve al reo nessun'altra
cura, ne pure quella di nudnrlo. Essa non deve preoccuparsi di
altro che della propria difesa; spetta al reo, cosi dopo come primadel delitto, di provvedere alla propria sussistenza. Egli ha solo
il diritto di domandare che non gli s'impedisca di trovare lavoro.
Se lo scopo della sua reclusione e il far si ch'egli non rapisca ai
suoi concittadini alcuno dei beni che ad essi die la natura, la me-
desima ragione vuole ch'egli, detenuto, non privi gli altri di una
parte dei frutti del loro lavoro. Donde riceve egli alimenti e.vesti-
Direttamente, dai magazzini nazionali; indirettamente, dai risparmidei contribuenti. Ecco una nuova aggressione ai diritti altrui, di
cui il condannato si reude colpevole per procura. In cambio di ri-
parare il danno da lui recato alle condizioni della vita completa,
egli 1'accresce. Egli fa soffrire agli altri precisamente quella in-
giustizia che gli si voleva impedire di commettere.
Riparazione dovuta dall' aggressore, precauzioni della societa
contro di lui, nessuna pena inutile, nessun obbligo della societa
di prowedere alla sua sussistenza, — ecco dunque i principii che
piu si approssimano alla pura equita, bench6 forse non siano oggitutti realizzabili. Ecco insomma, secondo Spencer, il sistema che
deriva dalla morale assoluta, in una parola, 1'ideale a cui bisognatentare di giungere, arrestandosi soltanto agli ostacoli chePespe-rienza dimostri insuperabili.
A questi principii se ne innesta naturalmente un altro. La du-
rata della pena non 6 ora determinata da un criterio semplice e
costante, cosi nella legislazione come nei giudizi. Molti elementi
-314-
vi'concorrono, e rapprezzamento di essi dipende quasi sempre'dal
sentimento. II metodo prbposto daSpehcer opera da se solo.
Thfatti; intirfcfrcasi (che sonoi piu numerosi) in cui il delin-
qtilente e povero, la durdta detta sua reclusione sarebbe determi-
riata dal tempo incui egli e atto a guadagnare tanto col suola-
voro da riparareil dannoprodotto. La gravita deH'ingiustiziaUalui;'commessa e la sua pigrizia od inabilita al lavoro prolunghe-rebbero dunque la coercizione.
Ma Pi6 non basta: nohostantela restituzione o riparazione, la
societa esige ^aranzie per la propfia tranquillita. Or bene, lare-
putazione del colpevOle, che per ora opera indirettamente nella
pommisurazione della pena, si lasci pufe agire direttamente. ' Si
rimetta il condannato in liberta dal momento ch'egli trovi la mal-
leveria di uha persona onorevole la quale potrebbe sempre resti- •
tuirlo all?autorita quando lo veda uscire dal retto sentiero.
In tal modo avrebbesi una specie di regolatore automatico: i
«olpevoli di delitti odiosi non troverebbero mai garanti; rimar-
rebbero dunqiie reclusi per sempre: irecidwi ne troverebbero assai
diffbCilmente; viceversa gli autori di reati lievi o scusabili, ripa-rato il male, sarebbero esenti da pena, per effetto della garanziache la lofo buona reputazione loro procurerebbe agevolmente. In
oltre,' agFinnocenti ingiustamehte condannati darebbesi cosi il modo
•di rimediare alla lbro sventura.
La soeieta deve contentarsi di ogni mezzo atto a garantirla,
qtiando il prigi6n|iero ha adempiuto all'obblig6 di disfare,"per
•quanto h possibile, il male da lui fatto. « Ora, se, con uha spe-'fanza di lucro, o per qualsiasi altra ragione, un cittadino vuole as-
siimere la cura di proteggere la societa, questa deve accettare Fof-
ferta. La sola condizione che essa pu6 richiedere e che lagaranziasia sufficiente, e ci6, naturalmente, non pu6 accadere nel caso in
cui la nuova colpa possibile sia un delitto molto gfave. Mn"vi
Jta causione clie compensi un assassinio; dunque, per questo reato,
e'per gli altri dtroci del pari, la societa avrebbe ragione diV«-
cusare qudlsiasi garante che peravventura si offra: mailcasoe
poco verosimile».
— 315 —. v
Tal e, in breve, il sistema proposto dal grande sociologo con-
temporaneo, ilquale, d'altra parte, lungi dal pretendere d'imporloalle legislazioni dei diversi paesi, crede che, se a causa delle con-
dizioni di tempo e di luogo, esso non fosse sufficiente' ad intimi-
dire i malfattori, dovrebbe ad esso preferirsi quel sistema che,meno equo, meglio tuteli la societa; questo, sebbene intrinseca-
mente cattivo, accidentalmente sarebbe migliore, e, relativamente,
giusto. Quanta differenza fra la moderazione e la riserva del vero
filosofo e la prosunzione di alcuni nostri giureconsulti, i quali,senzapreoccuparsi delle condizioni d'Italia, pretendono imporle il
codice assolutamente perfetto!Ci6 che manca, a mio credere, alla teoria di Spencer e ne co-
stituisce il difetto principale, e il non aver egli punto considerato
il lato psicologico della quistione. II delitto naturale edaluicon-
fuso con ogni altra maniera di offese o trasgressioni. E strano che
egli non abbia pensato ad applicare in questo campo della crimi-
nalita i principii generali della sua filosofia, e che non abbia esa-
minato il problema dal punto di vista della possibilita od impos-sibilita di adattamento dei delinquenti, ne abbia infine pensatoche la necessita di una perpetua pena si pu6 in molti casi vedere
fin da principio, e non occorre sia dimostrata dalla mancanza di
persone che vengano ad offrire la loro personale garanzia.II principio sarebbe, in fondo, come 1'autore stesso ha osser-
vato, una estensione del sistema dei giudizii popolari. II jury chia-
mato a stabilire la durata della pena sarebbe formato dalle per-sone fra cui visse il condannato e che, pertanto, possono avere di
lui un esatto concetto. D'altra parte questo jury sarebbe rattenuto
dal sentimento della grave responsabilita che assumerebbe, poichela liberazione del prigioniero avrebbe luogo a rischio e pericolo•de'garanti.
L'autore crede, dopo ci6, che i colpevoli di reati odiosi non
troverebbero mai garanti e rimarrebbero perpetuamente reclusi.
Ma quale sarebbe il criterio della odiosita ? Vi hanno sempre mi-
noranze indulgenti per alcune specie di delitto. Quasi ogni omicida
— 316 —
in Eomagna troverebbe facilmente i suoi garanti. D'altra parte, e noto come 1'amicizia sia proelive al perdono delle eolpe piu gravi:in moltissimi luoghi (in Sicilia, per esempio) stimerebbesi un sacrodovere strappare 1'amico,. reo di qualsiasi misfatto, ai ceppi della
, giustizia. E dove non pu6 1'amicizia potrebbe il danaro. Ma i ga-ranti — dice Spencer — dovrebbero essere persone onorevoli. Ed
ecco un nuovo dubbio: Dove comincia e dove finisce 1'onorabilita?
Donde si avrebbe il criterio pratico per la distinzione? Si pub
prevedere che, nella pratica degli affari, si adotterebbe la regoladi stimare persone onorevoli quelle che presentassero un certificato
penale netto e 1'attestato di esercizio di un mestiere onesto. Do-
vrebbe ci6 bastare per rimettere in liberta un falsificatore od uno
stupratore ?
La giustizia penale sarebbe abbandonata, non al sentimento na-
zionale, ma a quello di una minoranza, sia pure infima. Ma in
tal modo, la legge perderebbe quella sua efficaeia con la qualeessa ha rinvigorito, nel corso de' secoli, e tenuto desto 1'avversione
al delitto: il motivo di condotta nascente dal timore, uno dei
motivi che hanno contribuito alla formazione del sentimento mo-
rale nelle passate generazioni. Quando la devozione di un amico
od, in mancanza, il danaro, bastino ad aprire le porte del carcere,
questo non e piu una paurosa minaccia; la giustizia, non piu in-
flessibile, cessa di atterrire. Si e gridato contro 1'abuso del diritto
di grazia, ma qui si avrebbe la grazia elevata a sistema, con la
differenza che essa non sarebbe fatta dal Ee, ne dal popolo col-
lettivamente, bensi da un semplice cittadino !
E vero che Spencer fa una eccezione. Egli non ammette ga-ranzie per gli assassinii, ne per gli altri reati parimente atroci.
Ora, quali sono questi altri reati? Ci6 importa una distinzione, che
1'autore non ha fatto, nel campo della criminalita. Lo stupro di una
bambina, il ferimento premeditato, obrutale, sarebbero compresinella eccezione? Ed allora non bisognerebbe comprendervi anche
altri reati che rivelino la profonda immoralita dell'agente? E non
si verrebbe al concetto di una criminalita naturale di cui gli au-
- 317 — •
tori, per impossibilita di adattamento, debbano essere perpetua-
mente.esclusi dalla societa?
Posto questo limite insormontabile, esaminiamo un altro punto
della teoria: 1'obbligo del condannato di provvedere alla propria
sussistenza.La giustizia di questo principio e cosi evidente da non
potervisi opporre che pratiche difficolta. Solo e ad osservarsi che
nonsi pu6 pretendere dal recluso o relegato il trovare quel lavoro
retribuito che lo Stato non gli offra. Qui la quistione si com-
plica con problemi economici, ma, dato che non vi siano ostacoli,
e che 1'amministrazione di un luogo di pena possa porgere ad
ogni detenuto il modo di guadagnare il suo pane, la societa e
pienamente giustificata se lascia morire di fame chi si ricusi al
lavoro. II. nudrire, vestire ed alloggiare gratuitamente 1'ozioso
sarebbeanzi una grave colpa, rappresenterebbe il premio della
pigrizia pstinata, ed una ingiusta spesa dello Stato a pregiudizio"
dei contribuenti. II principio 6 dunque giusto, e solo pu6 discu-
tersi intorno al modo pratico di realizzarlo. Ma di cio avr6 ad
occuparmi altrove.
L'obbligo del delinquente di riparare il danno da lui commesso,
e riconosciuto e sancito da tutte le leggi, ma pure rimane lettera
morta nella maggior parte de' casi. E perche ? Per 1'apparente
ittipossibilita di esigere danaro dagUinsolvibili.Ora Spencer propone un mezzo pratico: la coasione allavoro,
pena una 4ndefinita reclusione per chi vi si ricusi.
Qui molti dei nostri avvocati non mancheranno di gridare alla
violazione degli alti principii del giure: L'obbligo della riparazionede' danni e un obbligo civile; non e dunque esigibile per mezzo
della pena, bench6 1'azione per farlo riconoscere sia proponibilein sede penale. Ma, una volta dichiarato, non pu6 procedersi alla
esecuzioneche in virtu delle norme della procedura civile. Ognicoazione personale sarebbe un abuso, degno di un paese barbaro,
indegno della patria del diritto, ecc.
Noi osserveremo soltanto 1'immensa differenza fra un debito na-
scente da un contratto, in cui si h potuto prevedere il caso del-
'.''". —.,318,—"
rinflsservanza > prenderpj le eautele opportune, ed un debito na-
scente da una offesa con cui non si e gia.violato> una norma di.i
condptta conyenuta tra jdue .persone, bensi una norma di condotta
universalmerite adottata-.- Givilmente, non si contraecon un insol-'
vibilfij e,.se, ci6 ;accade, vuol dire che si h mancato di prudenza.,
Viee.versa,, .tutti sono esposti ai danni derivanti da un delitto com-
messo- da,un insplvibile. Perche dovrebbe. dunque 1'insolvibilita
esseie una causa di esenzione dal pagamento ? Perche, essendo cosi
divefsaTorigine,e la.natura del debito, non dovrebbe anehe la coa-
zione al pagamento assumere una forma, diversa ?
Se. 1'offenspre e povero e non ha.beni che si possano sequestrare,
egli; dev'essere obbligato a riparare il danno, per quanto e pos-
sibile, col frutto del proprio lavoro, ed e giusto che la coercizionft
duri fino a che egli non abbia soddisfatto il suo debito.
Quest.o- principio, tradotto nel campo de' fatti,- sarebbe uno der
mezzipreventivi piu.energici contro il delitto. Oggi la durata
della >pena si suole ,porrp .-in una bilancia coi lucri disonesti; il
delinquente esamina se gli convenga di rinunziare a due o tre
annTdiJibertil per. godere poscia la somma Jrodata, la quale age-
volmente si fa intanto:.custodire da mano. amica. Un cassiereche
ruba;i<&e .milioni.&& una banca.;od.alIo Stato;sa ci6; che egli ha a
temere: cinque o sei.anni di ireelusione (ed il caso e avvenuto in
Italia). Ora, due milioni nonvalgono forse per molti unatemporanea
perdita della liberta? Quanti nonsono mai che per la speranza,.
siapure lontanissima, di tanta fortuna, non si rassegnerebbero a
passare, una parte della loro vita fra, stenti ben maggiori che
quelli di un carcere?
Ma suppongasi che quel cassiere sappia non esservi^per lui che
questo,; dilemma: 0 restituzione o reclusione senza termine; —
nessuna ombra di speranza che gli sia mai datp di godere del
danaro sottratto. Oh allora si pu6 essere ben sicuri che egli non
peserebbe i vantaggi del delitto con le conseguenze penali, ma,
tutto: al piu, potrebbe calcolare le probabilita della fuga in luogo
dove lo Stato non possa raggiungerlo!
— 319 —
Le medesime cose si potrebbero ripetere, a un dipresso, per
molti altri delitti. II mestiere de' frodatori, de' ladri e ricettatori, dei
tancarottieri fraudolenti h incoraggiato dalla loro convinzione cher
con un po' di abilita, essi potranno conservare i frutti del delittc
e goderne dopo la espiazione della pena. Non h chi non veda quale
potente freno sarebbe la convinzione opposta (1).La coazione personale alla riparazione offrirebbe un succedaneo
efficacissimoalle pene lievi, e cosi spesso illusorie, de'nostri Codici.
Nel sistema che qui si propone il reo non vi si potrebbe sot-
Irarre, sia che.contr.o_di lui fossero da adoperarsi mezzi elimina-
tivi, sia che questi non fossero necessarii. In quesfultimo caso la
coazioneHalla riparazipne sarebbe il vero « sostitutivo penale »
deicastighi oggi minacciati dalle leggi. Essa sarebbe un mezzo pre-ventivo assai piu efficace dei pochi giorni di arresti o delle multe-
odammende ridicole a benefizio delVerario, che, per una stranezza
legislativa, sono spesso proporzionate alla misura del danno(2).
Quasiche il dannp.sofferto da un cittadino sia.riparato dalla somma
equivalente sborsata, non a lui, ma al Governo, il quale, nel proprio
interesse, sa ben punire 1'insolvibile colla prigionia, ma, quandotrattasi della ihdennita al privato, si guarda dalPadoperare un
mezzo di talfatta, per ossequio ai principii che protestano pellabbro dei giuristi. — La riparazione dei danni e cosi divenuta
unaformola vana (3), mentre essa h la pena vera, la pena naturale
di tutti quei reati che non richiedono necessariamente la elimina-
nazionedel reo.
(1) Vedi il mio opuscolo: Cib che dovrebbe essere un giudizio penale. To-
rino, Loescher, 1882.
(2) Vedi ad esempio gli art. 634, 625, 672 del Codice penale Sardo, nei
quali sono stahilite, a vantaggio dello Stato, multe proporzionate al valore od
al doppio del valore del danno recato al privato.
(3) Ed ancora piu vana la rendono i giudici, i quali molto di rado asse-
gnanp una somma al danneggiato con la stessa sentenza di condanna alla
pena, ohbligandolo inyece ad un nuovo giudizio. TJn egregio magistrato (il
COSENZA)osserva in proposito: « Alle cpnseguenze pecuniarie si bada poco o
CAPITOLOII.
LA PEESECDZIONE DEI MALFATTOEI.
« Pede poena claudo ».
HOK.
Influenza del sistema di procedura sulla criminalita — Bequisiti di lina buona
procedura.I. L'istruzione — Azione pubblica e privata — 11 giudizio di accusa — II
segreto istruttorio — II carcere.preventivo — La liberta provvisoria.
II. II giudizio — Assurdi del sistema accusatorio — Porme razionali del giu-
dizio — L'appello — H ricorso per .cassazione — Proposte di riforme.
III. I giudici— Ne giuristi ne giurati — Qualita necessarie nei magistrati
— Incompatibilita del giuri con la civilta moderna — Deplorabile espe-
rienza fatta dall'Italia — Opportunita di una abolizione graduale— Pro-
poste di restrizioni del potere dei giurati.
Tutti riconoscono la grande influenza del sistema di procedurasulla criminalita di un paese. Si e osservato che 1'effetto speratodalla minaccia della pena scema in ragione diretta della proba-bilita che ha il reo di sfuggire alla realizzazione di tale minaccia.
Quelli che misurano la pena principalmente dal punto di vista
del terrore, scrivono che « tanto bisogna la pena sia maggiore
nulla, ed interpretando la legge, secondo alcune idee preconcette, trascuriamo
per abitudine la condanna ad una determinata somma, e non consideriamo che
la dichiarazione accademica di una rivalsa in genere e lettera morta nelle nostre
sentenze, anzi e una vera irrisione, e un atto d'ironia verso la vittima, la qualesolo dopo lunghi nuovi patimenti, solo dopo le ansie e le difflcolta di una lite
civile, potra forse un giprno ricuperare ci6 che dovette spendere per guarire da
una coltellata, o per comprarsi le grucce dopo che ad un malfattore piacquedi romperle una gamba! ». — JOiscorso inaugwale al Tribunale di Santa
Maria di Capua, 1884.
— 321 —
quanto minore ne e la certezza » e viceversa che « si potrebbediminuire la gravita della pena in proporzione della certezza d
essa» (1). Ora il grado di probabilita favorevole o sfavorevole
al reo dipende in parte dalle norme stabilite per lo scoprimentoe la persecuzione dei rei, cioe a dire, dal modo di raccogliere le
prove,di sottoporre il reo a giudizio e di far eseguire la condanna.
Per noi 1'orizzonte e piu ampio: la intimidazione non figuranel nostro sistema che come un effetto spontaneo della pena neces-
saria, effetto che e vano ricercare direttamente. L'utilita di una
procedura che colpisca sicuramente e rapidamente il reo non ri-
chiede dimostrazione. Se la eliminazione dei delinquenti e il mezzo
principale di lotta che la societa pu6 adoperare contro il delitto,
questo mezzo sara tanto piti efficace per quanto esso agira piu
prontamente.Per una ragione o per un'altra tutti convengono in abstracto
nell'affermazione che una buona procedura debba avere simulta-
neamente qiieste tre qualita: rapidita di giudizio, certezza di ese-
cuzione, sicurezza per gli onesti di rion soffrire ingiuste persecu-zioni.
Quesfultimo requisito si raggiunge per mezzo di istituti che
rendano impossibili gli arbitrii, difficili gli errori; — il controllo
reciproco delle giurisdizioni istruttorie e del Pubblico Ministero,la libera difesa, la solennita e pubblieita de'giudizii, gli appellied i ricorsi sono altrettante garanzie per gl'innocenti. In que
paesi che ammettono la liberta di accusa privata si sono studiati
altri modi di far ostacolo alle ingiuste o calunniose pefsecuzioni:
principali la cauzione prestata dalFaccusatore e le gravi pene che
gli si minaceiano nel caso di sua mala fede.
Le legislazioni hanno dunque proweduto alla tutela degli onesti.
Ma hanno esse parimente trovato il modo piu rapido e sicuro di
raggiungere e colpire i rei?
; (1)'BESTHAM, Principii del Codice penale.
GUKOFALO. — 21.
— 322 —
II lettore fara da se la risposta dopo che avremo ricordato al-
cune norme principali di procedura.
I. — L'lSTKUZIONE — AZIONE PUBBLICA ED AZIONE FRIVATA.
Manca in Inghilterra, come nelFantica Eoma, 1'istituto del Pub-
blico Ministero, un magistrato che, indipendentemente dalla vo-
lonta dei privati, ha la missione di perseguitare il delitto fino
ad ottenerne la giusta punizione. Tale istituto e un vero progressodella civilta, in quanto esso significa che la lotta contro la de-
linquenza e un dovere sociale, non una facolta del cittadino.
Ma piu che Ia mancanza in alcuni paesi di un simile ufficio,e strano il vedere, nei paesi che lo hanno, sussistere o risuscitare
la distinzione dei reati di azione pubblica e di azione privata,senza alcun fondamento razionale, spesso su quello empirico della
gravita e del genere della pena minacciata od infiitta.
Ad esempio, nelle leggi vigenti per Napoli e la Sicilia, tutti
gli stupri sono di azione privata, salvo quelli commessi in riu-
nione armata.
In altri codici parecchi casi di frode sono punibili a richiesta
della parte danneggiata. La stessa cosa e a dirsi dei ferimenti
lievi, in quasi tutte le legislazioni.II progetto del Codice penale italiano (Zanardelli-Savelli) estende
la necessita delFazione privata anche a ferimenti di maggiore
importanza (quelli che producono malattia fino a. 20 giorni), alle
truffe, frodi ed appropriazioni indebite..
E tutto ci6 senza alcun riguardo alla recidiva, alla indole del
reo, alla prdbabilita di nuove aggressioni da sua parte.Per tal modo il privato diventa giudice della convenienza o
della necessita di far subire un castigo ad un delinquente; eglidiventa arbitro delFaltrui liberta, tutore della sicurezza sociale.
II potere sociale gli domanda: Permettete voi, desiderate voi
— 323 —
che questo stupratore recidivo, che questo truffatore abituale, che
questo arrogante provocatore di risse vada in carcere per qualchemese o per qualche anno ? — Owero lo volete voi conservare alla
societa perche domani faccia; agli altri ci6 che oggi ha fatto a
voi?
In vero la cosa e strana e si direbbe quasi che il progresso
giuridico ci faccia ritornare ai tempi in cui la pena era consi-
derata come una semplice v.endetta dell'offeso o della sua famiglia.Nel sistema da noi proposto si ha un criterio evidente dell'a-
zione pubblica e della privata:la distinzione dei reati i qualirichiedono l'uso di meszi eliminativi da quelli che richiedono sem-
plicemente una riparasione alFoffeso.
Un gran numero di delitti contro le persone e la proprieta, che
oggi si sogliono punire invariabilmente con pochi giorni o pochimesi di carcere, potrebbero, secondo le nostre proposte, trarre tal-
volta la conseguenza di una repressione gravissima, in qualchecasofinanco una perpetua relegazictae; — altra volta, la semplicecoercizione alla riparazione. E tanta diffefenza sarebbe determinata
dal criterio subbiettivo, dal tipo, dalla classe di delinquenti a cui
appartiene 1'autore di quel reato, obbiettivamente identico.
Seguirebbe da ci6 che per un ferimento, per una truffa, sia pur
lievissimo il danno, non bisognerebbe aspettare giammai la do-
manda dell'offeso, rendendosi cosi vane le minaece del reo, che
spesso lo intimidiscono e lo consigliano ad un prudente silenzio.
II giudizio, in quei casi, dovrebbe aver sempre luogo per potersi
sapere se il reo appartenga ad una delle categorie di delinquenti
temibili od inidonei alFambiente (rei per istinto criminoso, folli
morali, impulsivi per alcoolismo, epilettici, ladri recidivi, ecc),
casi nei quali sono da adoperarsi mezzi eliminativi, in forma di
relegazione o di una segregazione pih o meno lunga e completa
dalla societa od anche in formadi reclusione in apposite case di
salute.
Se invece risulti che il reo appartenga ad una classe non temi-
bile, il miglior mezzo repressivo da adoperarsi contro di lui sara
— 324 —
il costringerlo a ripafare il danno materiale o morale da lui fatto,
pagando all'offeso una equa indennita (1); ma la funzione sociale
non h gia compiuta con una semplice dichiarazione di diritto.
E necessario rendere serio, ineluttabile questfobbligo della ripa-
razione, perche esso possa costituire un vero succedaneo della pena.II reo solvibile sia trattenuto in carcere fino a tanto che non abbia
soddisfatto il suo debito; — se e insolvibile sia costretto a pa-
gare, sul quotidiano frutto del suo lavoro, la parte eccedente ci6
che e assolutamente necessario pel suo vitto, pena la carcere; —
se h un ozioso, se non ha stabile domicilio, se rivela 1'intenzione
di sottrarsi alPobbligo, sia ascritto a compagnie di lavoro desti-
nate alle opere dello Stato, quelle a cui oggi, con rischi molto
maggiori per la pubblica sicurezza, si destinano i galeotti; la coer-
cizione duri fino a che la soinma non sia stata messa insieme e
pagata, o, se e troppo alta per potersi mai sperare di comple-tarla coi risparmi sul salafio, sia stabilito un termine massimo
alla, coercizione, e Foffeso si contenti della somma raccolta.
Queste proposte saranno svolte in altro luogo; vi ho fatto quiun accenno per mostrare quanta diversita. vi e fra la nostra teoria
e la legislazione intorno al criterio distintivo dell'azione pubblicadalla privata.
II processo, secorido le nostre idee, dovrebbe aver luogo «enza
1'istanza del danneggiato, sempre che sia necessario esaininare il
delinquente per definirne il tipo e Vedere se sia da sottoporsi a
mezzi eliminativi od a mezzi semplicemente riparatori.Sarebbero dunque di azione privataleingiurie verbali, diffama-
sioni, rivelasioni di segreti, ecc, ma qualsiasi ferimento,appropria-sione indebita o truffa dovrebbe essere di azione pubblica.
La finunzia del danneggiato potfebbe valere soltanto a sottrarre
(1) II Codice penale germanico stahilisce (art. 231) che per le lesioni del corpo,il giudice, nel pronunziare la condanna, possa aggiungere, a favore deU'offeso,
nrfammenda fino a duemila talleri.
— 325 —
il reo ai mezzi riparatorii, non potendosi al certo costringere al-
cuno ad esigere una indennita ricusata. Ma in niun caso dovreb-
besi consultare 1'offeso intorno alla opportunita di privare il reo
per un tempo maggiore o minore della sua liberta.
GlUDIZIO DI ACCUSA.
II processo penale e diviso in due stadii, l'uno preparatorio, o
distruzione; — 1'altro di pubblico giudizio; nel, primo si raccol-
gono gli elementi dell'altro, e quando essi difettano, ovvero si
prova 1'insussistenza della denunzia, 1'azione penale e troncata ed
il giudizio pubblico non ha luogo.
Queste due fasi distinte si ravvisano in tutte le legislazioni,ma nei paesi anglo-sassoni, soltanto pei reati gravi, quelli di com-
petenza del giuri, 1'aecusa dev'essere ammessa in un giudizio
preparatorio fatto dal gran giuri; — negli altri il reo 6 tratto
direttamente dalVoffeso innanzi al giudice di pace o di polizia (1).Da noi, quando un delitto (nel senso tecnico franco-italiano) e
denunziato al Pubblico Ministero, questo, secondo i casi, trae Tim-
putato direttamente in giudizio, ovvero., se ci6 h necessario, fa
procedere ad una inchiesta. per mezzo di un magistrato a ci6
deputato e che ha potesta di prosciogliere F imputato owero di
ordinarne il giudizio.Ma se il reato h di quelli tecnicamente detti crimini (reati pu-
nibili, secondo il Codice sardo, con la morte, i lavori forsati, la
relegasione, la reclusione, Vinterdisione dai pubblici uffisi; —
(1) Questa distinzione esiste in Inghilterra fin dal tempo di Enrico II (se-colo XTT). Erano deferiti alla euria regis passando pel jury di accusa, la ri-
bellione, l'omicidio, 1'incendio, il furto, il ratto, il falso et si quae sunt si-
milia, come verbera, plagae, si accusator adjciat de pace regis infracta.
Divenivano placita coronae e quindi non aveano il carattere di offese privateche potessero comporsi e per cui potesse ammettersi la prova delT acqua e
del fuoco o il duello giudiziario. GTKEIST,Const. co»s.,vol. 1°, partela,pag. 137.
— 326' —
ai quali sono equiparati i delitti punibili, secondo il Codice to-
scano, con Vergastolo e la casa di forsa, e quelli punibili, secondo
il progetto Zanardelli-Savelli, con la prigionia o la detemione per
.piit di cinque anni) — il meceanismo si complica con una nuova
ruota, la Gamera o Sezione delle accuse.
Poco importa che la prova sia completa, che il reo sia stato
sorpreso in tlagranza od abbia confessato il suo delitto! Le for-
malita della istruzione e quella del giudizio di accusa sono ine-
vitabili; quasi che, per la sola diversita del genere di pena sta-
bilita dal Codice, il fatto possa perdere alcuna cosa della sua
evidenza e richiedere piti accurate indagini e il giudizio prelimi-nare di un consesso di alti magistrati.
L'inutile formalita del giudizio di accusa produce 1'indugio di
molti mesi e rende impossibile sempre che un reo sia tratto in-
nanzi alle Assise prima che il tempo. abbia cominciato a fare
1'opera sua distruggitrice.La citazione diretta pei « crimini» potrebbe introdursi senza
alcun inconveniente nei casi di flagranza, quasi-fiagranza, e con-
fessipne dell'imputato (1) ed, in generale, quando, fm da principio,sia chiara ed incontrastabile la sua colpabilita. Viceversa, il pro-cedimento formale potrebbe conservarsi pei casi in cui 1'imputato'si difenda fm dal primo istante, negando fatti, invocando testi-
monianze. 13 qui che bisogna adoperare cautele per non esporreun innocente alle torture morali di'un pubblico giudizio.
SEGKETOISTRUTTOEIO.
'La nostra procedura da al giudice istruttore la cura di esami-
nare i testimoni indicati dall'imputato e di raceogliere le provedella sua innocenza o minore colpabilita. Questo magistrato ha il
(1) Erano questi i casi in oui proponevasi dalTon. Villa nel suo progetto
presentato alla Camera de' deputati nel 1880 e messo a dormire negli archiyii.
— 327 —
solo ufficio di far la luce, non quello di trovare a qualsiasi costo
il colpevole. L'imputato ha il diritto di reclamare contro 1'ordi-
nanza che dichiara legittimo il suo arresto. Bgli pu6 far soste-
nere da un avvocato le sue ragioni e la Sezione di accusa giu-dica su questo punto. La difesa e dunque ammessa fln dal primostadio del processo.
Ma tanta larghezza non basta ai progressisti della procedura!Essi vorrebbero che ogni segreto fosse bandito, che ogni cosa fosse
di ragion pubblica fin dal primo istante, e che tutti gli atti, pe-
rizie, esami di testimoni, confronti, ecc, fossero fatti in contrad-
dittorio, cioe dalle due parti, accusa e difesa, sotto la sorve-
glianza del giudice.
Chiunque ha fior di senno osservera tosto che questo sistema
sarebbe una inutile complicazione. Poiche il giudice istruttore non
ha la missione di accusare ne quella di difendere, la sua impar-zialita supplisce alla contraddizione delle parti con grande eco-
nomia di tempo e di lavoro.
E poi ridicolo il timore che egli sia disposto ad accusare,
per la sua dipendenza dal Procuratore del Ke; — quasi che
quesfultimo dovesse di gia sostenere 1'accusa la quale ancora non
esiste!
Ma ci6 non e tutto: solo per mezzo del piii rigoroso segreto
pu6 essere garentita la sincerita dell'istruzione. II mostrare al-
1'imputato e al suo difensore quel tenue filo che guida nel la-
berinto di un processo indisiario vale la stessa cosa che lasciarlo
spezzare. Ed anche ne' casi meno intricati non e senza pericoloil permettere che 1'imputato conosca fin da principio i nomi
dei testimoni indicati dall'offeso. I parenti, gli amici del reo,e spesso, pur troppo, anche il suo difensore, arriverebbero alla
casa di quei testimoni assai prima del magistrato. Le nostre leggihanno saggiamente prescritto il segreto la dove esso e necessario.
Ogni solerzia ed energia del magistrato sarebbe paralizzata dalla
pubblicita nel primo stadio delle indagini. Solo dopo che le
prove sono state raccolte da un magistrato imparziale, si pu6
— 328 —
senza imprudenza farne consapevole rimputato ed il suo difen-
sore (1).
CAEOERE PBEVENTIVO.
II prevenire la fuga del reo non e, come dicesi da alcuni, la
sola ragione della carcerazione preventiva. Anche quando non vi
sia pericolo di fuga, e mestieri, in molti casi, privare fm da prin^
cipio il presunto reo della sua liberta, sia per impedirgli di fare
scomparire le tracce materiali del: reato e non permettergli di ac-
cordarsi co' suoi complici, ovvero con amici che confermino le cir-
costanze da lui messe innanzi per negare o scusare la suareita;
sia per rendergli malagevole la subornazione o rintimidazione dei
testimoni awersi; sia per deciderlo a confessare la sua colpa; sia
infme per difendere lui medesimo cohtro 1'offeso che voglia ven-
dicarsi.
H propugnare Fabolizione della custodia dell'imputato, ed, ove
sia necessario, della piu rigorosa segregazione, e cosa talmente
puerile che e da far le meraviglie come uomini di un certo in-
gegno abbiano potuto sostenere cosi fatta opinione.Le nostre leggi permettono la spedizione del mandato di cat-
tura per tutti i « crimini », e per alcune specie di « delitti ».
(1) « Voler proscrivere 1'istruzione preparatoria eseguita dal magistrato, per
avvicinarsi al sistema accusatorio di Boma repubblicana e delT Inghilterra, e
lo stesso che ofirire in olocausto i piu ovvii postulati della ragione e dell'espe-
rienza all'antipatia che destano il nome e le rimemhranze del processo inqui-
sitorio». L. CASOBATI,II processopenaleele riforme,pag. 241. Milano, 1881.
%, del resto, dimostrato che anche in Eoma, quando 1'inchiesta era auto-
rizzata dal pretore, 1'accusatore raccoglieva le prove senza essere seguito e con-
traddetto dall'accusato (CAKKARA, Discorsi di apertu/ra).
Ed, inflne, in Inghilterra, le investigazioni preliminari si fanno dalla polizia
in segreto, ed assoluto e il segreto con cui procede. il giuri di accusa.
— 329 —
Ma, stranamente, tale facolta non si estende ai « delitti » contro
le persone, nei quali, sia pure avvenuto 1'arresto in fiagranza,il magistrato deve far luogo ad immediata scarcerazione.
Cosicche, mentre il ferito soffre nel suo letto, il delinquente
ride e scherza nei caffe o nelle bettole, vantasi co' suoi amici del
colpo ben riuscito ed istruisce testimoni che provino come egli
fu gravemente provocato, ovvero non aveva 1'intenzione di fare il
male che fece.
Secondo le nostre idee, posta da banda l'arbitraria distinzione
di crimini e delitti, la carcerazione preventiva dovrebbe sempreordinarsi per tutti i reati contro i quali la legge minacci pene
a cui pu6 presumersi che il reo voglia sottrarsi ad ogni costo con
la fuga ed il volontario esilio, perche esse rappresentano per lui
un male maggiore di questi; — inoltre, per tutte le offese alla
persona fino a che duri la malattia; — per tutte le offese di
qualsiasi genere di cui si pu6 prevedere che si voglia fare san-
guinosa vendetta; — per tutti i casi di recidiva nella stessa spe-cialita criminosa, e, in generale, per tutti quelli di delitto abi-
tuale; — infine, per tutti i casi in cui, dalla natura del reato,dall'indole del reo e dalle condizioni d'ambiente si pu6 presumere
ch'egli possa minacciare, intimidire o subornare testimoni, fare
scomparire le tracce del reato o deviare in qualsiasi modo 1'operadel magistrato.
II trovare formole pratiche le quali porgano in questi sensi una
guida sicura ai funzionarii pubblici e senza dubbio difficile; non
si pu6 evitare una casuistica minuta, ma questa, quando rispondaalle idee qui messe innanzi, e preferibile sempre ad una deter-
minazione di poche e larghe categorie che necessariamente com-
prendono casi. troppo diversi. Ne meno pericoloso sarebhe il la-
sciare tutto in tale materia all' arbitrio del magistrato, perche
questi, dall'esterna somiglianza di molti fatti e tratto, per lo piu,a formarsi una norma ch'egli crede buona per tutti, evitando cosi
1'esame paziente delle particolari circostanze che rendono 1'uno in-
trinsecamente diverso dall'altro.
— 330 —
LlBEETA PEOVVISORIA.
Ecco un argomento molto discusso ed intorno a cui i progres-
sisti dottrinarii propugnano il piu gretto e pericolosb individua-
lismb. Pur troppo la loro voce non e inascoltata in Italia, e la
legge e la giurisprudenza fanno a gara per correggere, come si
suol dire, con la liberta provvisoria la « iniquita » della carcera-
zione preventiva.Senza dubbio, della liberta provvisoria si 6 sentito il bisogno
in tutti i tempi, perche, malauguratamente, non e stato mai pos-
sibile realizzare 1' ideale del giudizio che, senza alcun indugio,
segua all'inchiesta preparatoria.Ma la sapienza dei popoli ha sempre sottoposto la liberta prov-
visoria a condizioni che assicurino 1' imputato alla giustizia: la
«auzione o la fideiussione; — inoltre non ha potuto ammetterla
giammai per alcune specie di delitti. « Divus Pius rescripsit non
esse in vincula conjieiendum eum qui PIDEIUSSOEESdare paratus
est, NISI TAM GEAVE SCELUSadmississe eum constet, ut neque mi-
litibus committi debeat; verum, hanc ipsam carceris poenam ante
supplicium sustinere » (1).E nel caso non si trovassero mallevadori, maneat quidem in.
carcere (2). Se il reo non compariva in giudizio, i fideiussori su-
bivano una pena (3).
Analogamente, al medio evo era' lasciato in liberta fino al giu-dizio solo chi aveva potuto prestare malleveria. « Oomprehensus
autem, si fidejussores Jiabere potuerit, per fidejussores ad mallum
perducatur; si fidejussores liabere non potuerit, a ministris comiiis
custodietur et ad mallum perducatur » (4).
(1) D. Lib. XLVIU, tit. 3°, 1. 3, De custodia reorum.
(2) Cod. Lib. ix, tit. 3°, 1. 6, § 2.
(3) D. Loc. cit., 1. 4.
(4) Oapit. Karoli II, ann. 873, jan. 4, 229, ediz. Pertz. Hannover, 1835.
— 331 —
Oggi, in Inghilterra, il paese del celebrato Jiabeat corpus, questonon e ammesso che mediante cauzione, e la cauzione vi e pro-
porzionata alla gravita del fatto, alla ricchezza dell'imputato, alla
probabilita della sua fuga. Ma sono sempre eccettuati i grayis-simi delitti, in cui nessuna somma di danaro potrebbe dare si-
curezza che il reo si sottoponga alla pena.I pfincipii che regolano in Prancia la liberta provvisoria sono
cosi riassunti dallo Helie:
« II rilascio in liberta sotto cauzione presenta una garanzia
uguale a quella della detenzione preventiva quando riunisce le se-
guenti condizioni: 1° allorche si applichi agFimputati aventi un
domicilio certo ed una professione abituale; 2° allorche la cau-
zione e proporzionata ai mezzi pecuniarii dell'imputato ; 3° al-
lorche e in rapporto alla gravita del fatto imputato; 4° allorche,
infine, questa misura sia estesa ai fatti punibili, sia col carcere
correzionale, sia con una pena temporanea che essensialmente non
differisca.da questo » (1).In Italia questi savi principii furono dimenticati, poiche la li-
berta provvisoria si pu6 concedere anche agFimputati di crimini
punibili con qualsiasi pena temporanea, quindi anche a coloro che
trovansi sotto la minaccia di dieci o venti anni di lavori forsati.Sono esclusi dal benefizio gli ammoniti, le persone sospette o
diffamate, gl'imputati di oltraggio ad agenti del potere, gFimputatidi crimini contro la proprieta, o di qualsiasi crimine quando l'ar-
resto avvenne in. flagranza, e i recidivi da condanne .criminali e
dalle sole condanne correzionali per alcuni reati contro la pro-
prieta.'
%
Salvo poche eccezioni, la liberta prowisoria si ammette dunqueintutfi « delitti » o reati punibili col carcere, coh la multa, con 1'esilio
o col confino, e, di tale facolta, la giurispfudenza di molte Corti
ha fatto quasi un diritto delRmputato. Quindi tutti gli imputati di
(1) E. EfeLiE, Trattato della istr. crim., lib. iv, cap. 15, § 385.
— 332 —
frodej di truffa, di furto semplice, quale che sia il valore sottratto,sono rimessi, a loro domanda, in liberta e cosi rimangonp fino a che
la sentenza non sia divenuta esecutiva.Ma, ci6 che e ancorapiu grave,si veggono spessoin liberta proyvispria gli autpri di stupro, di gravi
ferimenti, di omicidio mancato ed anche, nelle provincie meridio-
nali, di omicidio consumato.
Vi e, a dir vero, nella legge il temperamentp della cauzione
e si e avuto anche la cura di dichiarare che « la cauzione ha per
oggetto di assicurare che l'imputato si presentera a tutti gli atti
del processo e per la esecuzione della sentenza » ed inoltre che
la somma sara determinata « secondo le circostanze, avuto riguardo
alla condisione delTimputato ed alla natura o qualitd del reaio ».
(Proc. ital., art. 212).Ma questesavie avvertenze sono per lo piu trascurate dai giu-
dici, i quali hanno stabilito alcune norme credute buone per tutti
i casi, ad es.: quella che la cauzione nei reati di sangue non
superi due o trecento lire, e nei casi ordinarii si limiti a cinr
quanta o cento. Nelle frodi e nelle truffe e ben difficile che il P. M.
possa ottenere una cauzione superiore a 500 o 1000 lire, non ostante
gli sforzi ch'egli fa per dimostrare che 1'imputato e un possidentee che quella somma non ha per lui che un valore minimo (1).
Ma vi e un'altra disposizione di. legge che, nel maggior numero
dei casi, paralizza le precedenti: la dispensa dei poveri da ognicauzione « quando risultino a loro riguardo favorevoli informazioni
di moralita » (art. 214), le quali nella pratica sono rappresentateda un certificato del sindaco che diehiari « regolare » la condotta
precedente dell'imputato quand'anche, come spesso aecade, costui
sia recidivo da parecchi reati.
(1) Quanto piu saggiamente in Prancia la legge del 29 Termidoro, anno IY,
avea stabilito che la cauzione dovesse avere valore triplo di quello degli og-
getti sottratti, ed in nessun caso minore di L. 3000 nei delitti contro la
proprieta! Negli altri delitti non poteva essere minore di L. 1000.
— 333 —
Ne segue che quasi tutfi poveri sono rimessi in liberta senza
alcuna malleveria, salvo quei pochi dei quali -il sindaco attesti la
pESSiMAfama. E questo un vero privilegio che gode in Italia il
proletariato!Alle larghezze sancite dall'uso s'aggiungono le stranezze della
legge.Mentre la liberta, prdwisoria e solo facoltativa ne' « delitti »
contfo la pfoprieta, essa e, viceversa, necessariamente dovuta al-
1'imputato di qualsiasi « criminev> rinviato a giudisio corresionale
dalla Sezione di accusa (art. 206), salvo poche eccezioni relative
alle persone sospette, a taluni recidivi ed ai crimini con arresto
in flagfanza (1). Ed e dovuta, inoltre, SENZA CAUZIONE!
Segue da ci6 che godono la liberta prowisoria senza cauzione
gl'imputati di gravi e talvolta atroci ferimenti, quelli che pro-ducono una malattia insanabile, il deturpamento del volto, la per-dita della vista, perche questi reati si fahno per solito giudicaredai Tribuhali Correzionali.
Si noti che la cauzione, oltre ad essere una garanzia di espia-zione della pena, e anche, secondo 1'intenzione del legislatore, una
garanzia del pagamento delle spese d'infermita e di risarcimento
de' danni (art. 229) (2).Ma tutto ci6 e dimenticato dalla legge stessa che esclude ap-
punto la cauzione ne' reati che hanno potuto produrre una infer-
mita, per la sola ragione che essi sono giudicati da un Tribunale
anziche da una Corte d'assise! .
Infine la liberta provvisoria pu6 essere chiesta anche dopo una
condanna in prima istanza, anche dopo una condanna in appello,
(1) Quesfultimo caso di eccezione e APERIAMENTEVIOLATOdalla giurispru-
denza napbletana COL PKETESTOche il crimine rinviato al Tribunale sia, per
ci6 solo, divenuto un delitto!
(2) Quesfarticolo e quasi sempre eluso, perche la stessa legge ammette che
la cauzione possa essere prestata da un fideiUssore, il quale, finito il giudizio,
ha il difitto di ritirarla!
— 334 —
ed essa dev'essere aecordata dalla Corte di assise quando, per le
attenuanti concesse .dai giurati, la pena inflitta fu correzionale.
E curioso osservare come la facilita di uscire dal carcere si
aumenti in ragione diretta della certezza che 1'imputato sia col-
pevole. Quell'individuo chie per un sospetto fu tratto in arresto, e
per soli indizii fu trattenuto in carcere, deve essere liberato quandola sua reita diviene manifesta, quando una sentenza lo ha di-
chiarato reo! Questo sistema non e naturale, « falso, esso non si
capisce dal popolo e, meno che da altri, da un popolo meridionale.
II carattere meridionale e di quelli poco previdenti, poco cu-
ranti delle possibilita lontane. Esso vive del presente assai piu che
dell'awenire. Come pu6 egli dunque sentire il freno di una pena,che non si realizzera immediatamente,. ma per mesi e per anni
rimarra latente, da lui e da tutti dimenticata? Se egli non pu5rannodare senza intervallo il castigo al misfatto, per lui manca
ogni relazione fra le due cose. Le minacce di mali lontani che
hanno efficacia sullo spirito calcolatore del settentrionale non val-
gono per 1'uomo del mezzodl (1).Se he vuole un esempio? Ecco ci6 che scrive un.nostro pubbli-
cista: :
« Ho udito spessissimo ripetere dai popolani di Napoli che oggiun uomo si pu6 cavare il gusto di dare una coltellata per 51 lire (2).Alcuni se ne compiacevano; i piii, dicendo ci6, scoppiavano in un
riso d'ironia amara, come se avessero voluto dire: Egoverno questo?Siffatta opinione si riferisce al valore solito della cauzione per la
liberta provvisoria (3). Ci6 prova che la pena ultima, dopo il giu-
(1) « Per contenere quesfultimo, pene severe, pronte, precise, tali da colpire.fortemente l'immaginazione; pel primo basteranno castighi meno definiti, meno
intensi, menp immediati ». SPENCER,Saggi di politica — La morale delle
prigioni.
(2) Anche a me e accaduto di udire mille volte la medesima frase, cio che
prova essersi il popolo formato intorno a cio una vera convinzione.
(3) Quella di 200 o 300 lire e riservata da' giudici napoletani ai casi piA
— 335 —
dizio, perche solitamente remota (e massime dopo la liberta prov-.visoria agevolata di recente dal Mancini) alla fantasia pronta ed
impressionabile del napoletano non da nessuna idea di terribilita.
Quello ehe piu la ferma sono le 51 lire, percJie pronte. La pron-tezza del giudizio e di qualunque pena ha dunque efficacia pre-ventiva in loro, anche maggiore delTasprezza di questa » (1).
S'immagini quale debba essere 1'impressione dei vicini, degli
amici, e della famiglia delFoffeso, allorche essi veggono ritornare
libero fra loro, dopo qualche mese di custodia, il delinquente la
cui reita e stata gia riconosciuta e dichiarata dal magistrato!II pubblico che ignora gli arcani della procedura, vedendo che
il reo, dopo una lunga carcerazione, ritorna libero a vivere nel
luogo ove commise il delitto, crede non si sia voluto punirlo al-
trimenti. II senso morale rimane penosamente turbato nel vedere
l'offensore, riconosciuto e dichiarato tale, menare la solita sua vita
accanto alle sue vittime, come se nulla fosse accaduto.
Ma ecco che, dopo altri due o tre mesi, quando, generatasi la
sfiducia nella giustizia, il fatto comincia ad essere da tutti dimen-
ticato, a un tratto il reo e invitato a comparire in giudizio. La
memoria del delitto si ridesta allora, e con essa la speranza che
un castigo colpisca infine il malfattore.
Ma la e ancora una illusione. La condanna e pronunziata, ma
essa non si esegue, perche il reo pu6 indugiarla con una dichia-
razione di appello fondato su di un motivo purchessia, spesso sfac-
ciatamente falso. E, secondo i luoghi, sei mesi od un anno di
liberta gli sono cosi assicurati. Egli, inoltre, corre in tal modo
una nuova alea e non di rado il giudizio di appello, se non gli
gravi e quasi eccezionali; ne essi sogliono punto informarsi della ricchezza
dell'imputato che potrebbe renderla del tutto illusoria.
In America (StatiTJniti del Sud), ove pure sono cosi grandi e continue le
doglianze per 1'abuso della libeita prowisoria, essa non si accorda ne' casi graviche previo pagamento di 2 o 3 mila dollari (10 o 15 mila lire).
(1) TURIELLO, Governo e governati, vol. i, cap. 3°. Bologna, 1882.
— 336 —
riesce favorevole del tutto, gli produce almeno una diminuzione
di pena (1).Si puo far contp che tra il reate e questa sentenza di appello
decorrano in media 16 mesi, quando i pretesti di un abile awo-
cato non facciano rinviare piu di una volta la causa.
Molto spesso accade che la peha sia ridotta in appello a pochi
mesi o giorni i quali, per uno strano fenomeno, sogliono coincidere
con quelli della carcerazione preventiva, ed allora la pena si consi-
dera come di gia espiata.Ma quando restino da scontare parecchi mesi, od uno o piu
anni di carcere, i condannati sogliono fare un altro tentativo, quello
della cassazione, via che si apre gratuitamente ai poveri, e mediante
un tenue deposito ai non poveri. E qui, nuova sospensione, la quale,a seconda dei luoghi, dura per uno o due anni.
Dir6 piu innanzi della serieta di simili giudizii per violazioni
di formalita. Frattanto, limitiamoci a considerare 1'effetto della
liberta prowisoria protratta cosi per tre o piu anni.
Suppongasi che si tratti di un tentato omicidio, di un ferimento,di gravi minacce, di uno stupro violento. H reo ha tutto 1'agiodi vendicarsi de' testimoni che deposero contro di lui, di reiterare
i suoi attentati contro la vittima o, per lo meno, di farle subire
lo strazio morale di. replicati cltraggi.Pptrei pcrtarne parecchi lamentosi esempii. Nesceglierd qualcuno:N. N. voleva ad ogni costo farsi amare da una fanciulla. Ke-
spinto da questa, tir6 contro di lei un colpo di pistola che1percaso la lasci6 illesa. Pu arrestato ma riusci ad ottenereja liberta
(1) Dall' Annuario stat. ital. pubblicato nel 1883 rilevo che nel 1881 fra
29,371 giudicati dalle Corti di appello, la pena fu diminuita per 6160 e vi
fu dichiarazione di non luogo o di assoluzione per 2572 j cosicche la riduzione
di pena fu ottenuta in ragione del 21 OjO, Tassoluzione, dell'8 OiO. Molto mag-
giore e la propbrzione nelle province meridibnali in cui le assoluzioni e dimi-
nuzioni di pena raggiungono e in alcuni luoghi oltrepassano il 45 OiO.
— 337 —
provvisoria. Durante la lenta istruzione, egli assassin6 il fratello
della fanciulla.
T, camorrista, viet6 ad un 4giovine caffettiere di amare una
fanciulla. Questi non cur6 il divieto, e 1'altro gli fece sfregiareil volto da un sicario, a due riprese, in modo che l'infelice fu
deturpato da due lunghi solchi profondi sulla destra e la sinistra
guancia.La Sezione di accusa seppe trovare circostanze attenuanti e ri-
mand6 il reo a giudizio correzionale. Gli furono inflitti quattro.anni di carcene, ma egli port6 appello e trov6 modo di protrarre
per lungo tempo il giudizio.Prattanto dilettavasi a passare di quando in quando innanzi al
caffe dove serviva la sua vittima, guardandola con un sorriso di
scherno e gittandole in viso il fumo del suo sigaro. II giovanesoffriva tutto, aspettando sempre giustizia, e respingendo il con-
siglio di farsela da se. Mi disse una volta piangendo che solo per1'amore che egli portava alla sua vecchia genitrice, non uccideva
quel malfattore. Era povero, ma non accett6 un'offerta pecuniariacon cui si voleva comprare la sua ritrattazione. Passarono.cosii^
di quattro anni; — la causa fu tre o quattro volte differita; non
so che cosa ne sia poscia awenuto, ma so con certezza che il reo
e ancora libefo.
Non e poi a dire 1'effetto pernicioso della liberta provvisoria sui
reati endemici ed imitativi.
Ho narrato in altro luogo il caso di un villaggio presso Na-
poli, dove un giovinastro sfregi6 il volto di una ragazza; e i tre
. giudizii successivi durarono, secondo il solito, piii di due anni.
Prattanto a quel caso ne seguiva un altro simile, e poi un altro, circa
dieci in pochi mesi, tanto che le piu belle fanciulle, atterrite,
subivano, contro ogni loro desiderio, la domanda di matrimonio
dei piii prepotenti e malvagi del paese.Ma se quel primo feritore non fosse stato escarcerato se non
dopo il termine de' suoi tre anni di pena, e probabile che il
GAKOFAIO. — 22.
— 338 —
suo esempio non sarebbe stato imitato da alcuno de' suoi com-
pagni (1).
Suppongasi ora che si tratti, invece, di un furto, di una truffa,di una falsita. II reo, fra un giudizio e 1'altro, prepara la sua
fuga pel caso che la condanna sia confermata, ovvero dispone lesue cose in modo da sottrarsi alla restituzione della somma ru-
bata o frodata.
Cosi, il famoso sacerdote De Mattia, che rub6 quasi due mi-
lioni allo Stato con false vincite al lotto, pote fuggire tosto dopola sentenza della Corte di Cassazione che, in seguito alla dichia-
razione d'incompetenza del Tribunale, lo rinviava alle Assise.
Pino a quel punto, la causa essendo stata correzionale, egli era
rimasto in liberta prowisoria!Ed e accaduto qualche cosa di simile in un furto di 500 mila
lire; 1'imputato fu dichiarato colpevole dal giuri con circostanze
attenuanti che, rendendo la pena correzionale, gli davano diritto
alla liberta prowisoria. — II danaro non era stato ritrovato, il
ladro, una volta uscito dal carcere, non vi h piu rientrato, perehecon mezzo milione si evita la polizia, si cambia nome e si vive dove
si vuole sicuri e rispettati.Cento e cento altri esempii simili potrebbero recarsi per dimo-
strare che 1'istituto della liberta prowisoria, qual e fra noi rego-
lato, rende affatto vana la repressione, poiche lascia alFarbitrio del
reo il subire la pena o il sottrarsi ad essa.
Una riforma della procedura ispirata ai principii della scienza
penale.positiva deve rendere con la celerita dei giudizii inutile
quasi sempre la liberta prowisoria.Determinati con norme razionali i casi in cui sia da ordinarsi
la custodia delFimputato, egli non deve ritornare libero nella so-
(1) TJno di questi imitatori, essendo stato trattenuto in carcere, dichiarava
francamente che se egli avesse potuto prevedere un trattamento cosi diverso
da quello de' suoi predecessori, non avrebbe commesso il delitto.
— 339 —
cieta che con una dichiarazione d'innocenza, ovvero dopo che. sia
cessatala necessita della segregazione.
Questa la regola: ma la liberta prowisoria potrebbe conser-
varsi eccezionalmente ne' seguenti casi: 1° Quando non vi siano
indizii sufficienti per provare la reita del detenuto ed occorra frat-
tanto far nuovi e lunghi atti d'istruzione ; 2° Quando la cauzione
sia una garanzia sufficiente, cioe quando si tratti di un reato in
cui 1'effetto piii sensibile od unico della condanna sarebbe l'ob-
bligo della riparazione. In questo caso il deposito di una somma
corrispondente a quella che, in caso di condanna, 1'imputato sa-
rebbe tenuto a pagare, dovrebbe dargli diritto alla liberta prov-
visoria, poiche verrebbe meno allora lo scopo della detenzione pre-
ventiva.
E inutile il dire che quella non potrebbe ammettersi giammainel nostro sistema in tutti quei casi di delitti, pei quali sarebbero
da applicarsi messi eliminativi assoluti, od anche indeterminati,
cioe senza una durata prestabilita. Vedremo in altro luogo qualisiano codesti delitti.
Diciamo solo per ora che la grande estensione da noi data alla
riparazione pecuniaria come sostitutivo penale, renderebbe non in-
frequenti i casi di liberta prowisoria previa cauzione.
Ma diventerebbe impossibile il vedere andame liberi pel mondo
ladri e frodatori abituali, vanamente colpiti da una o piii condanne
ed escarcerati frattanto in nome della legge; — ed impossibiledel pari il vedere, innanzi la casa dell' infelice ferito che gemenel suo letto, della fanciulla violata che non ardisce piii mo-
strarsi al pubblico, 1'offensore libero, indifferente, impunito per
lunghi anni, deridendo ogni legge, baldanzoso e pronto a ricomin-
ciare, mentre i testimoni indifesi hanno forse amaramente a pen-tirsi delPinutile coraggio che mostrarono innanzi al magistrato, di-
cendola verita.
340 —
II. — II GIUDIZIO.
II carattere strettamente giuridico dato al magistero punitivo ha
prodotto un'artificiosa rassomiglianza fra' giudizii penali e i civili.— In questi vi ha un attore (il creditore) ed un convenuto (il
debitore); — in quelli parimenti due parti sono in causa, l'una
delle quali (il pubblico ministero) esige il credito della societa
(la .pena), — 1'altra (la difesa dell' imgutato) nega in tutto od
in parte Fobbligo di pagarla.II giudice, con la sua sentenza afferma il diritto controverso,
cioe dichiara quello che spetta al reo in proporzione del delitto
da lui commesso. L'analogia va cosi oltre che quando il reo ha
espiato la sua pena, si suol dire nel linguaggio forense ch'egli ha
soddisfatto il suo debito verso la societa e che questa non Jiapiunulla a richiedere da lui.
Questa necessita delle due parti in causa, Vaccusa e la difesa,die origine alle forme antiche del processo penale, nate in tempinei quali la persecuzione dei delinquenti non era considerata
come una funzione sociale, perche non si vedeva nel delitto che
un danno privato da riparare, non una offesa all'intero corpo so-
ciale.
I nostri miopi progressisti vorrebbero ridarci in tutta la sna
puressa il sistema accusatorio per ricondurci ai tempi delle na-
zioni barbariche, in cui un giudizio avea 1'aspetto d'una vera lotta.
« L'indole propria del sistema accusatorio e sempre 1'antago-nismo di due parti, come quello che si propone, non la consta-
tasione e Vomaggio ad una certessa assoluta, ma si ad una re-
lativa, non se vi sia un innoeente e un colpevole, ma qualesia il vinto. II pegno di battaglia cangiasi in una cauzione, il
persecutore in accusatore, il perseguitato in accusato, i pari in
giurati, le lotte in altercazioni, ma sempre rimane la primitiva
impronta di una pugna. Non altrimenti si possono spiegare gli
— 341 —
estremi cardinali del processo accusatorio, cioe la necessita d'un
accusatore (privato o pubblico) per procedere, la cessazione del
procedimento per desistenza di una delle parti, 1'inammissibilita
di una sentenza dilatoria e delFappellazione ad una istanza supe-riore, 1'oralita e la pubblicita dei riti, il giudizio pronunziato perinterno convincimento senza motivazione e giustificazione, la de-
cisione di fatto affidato ai giurati, la libera ricusa de' medesimi
evia dicendo. I quali estremi tutti che ricorrono nei sistemi di
accusa piu celebrati, il romano per es. e 1'inglese, sebbene talora
corretti o adulterati per intromissione di altri principii, attestano
che non si tratti tanto di un ministero sociale quanto di una
vertensa privata. Epercid si assomigliano alla procedura civile,
ove, trattandosi appunto gl'interessi dei singoli, la societa non
cnra la ragione assoluta, ma quella che sembra piii suffragatadai mezzi addotti » (1).
II sistema inquisitorio introdotto dalle giustizie ecclesiastiche
al medio-evo ed adottato defmitivamente in Prancia da Luigi XII,fu innegabilmente un progresso, in quanto esso riconosceva « la
vera essenza della procedura », cioe una indagine critica ed im-
parziale della verita, ci6 che e appunto « 1'obbietto del processorazionale e legittimo » (2).
Gli abusi a cui questo sistema die luogo, specie in materia po-
litica, la mancanza di qualsiasi garanzia per 1'accusato ed il po-tere eccessivo del magistrato, provocarono una reazione, da cui
venne fuori il processo misto che oggi domina, inquisitorio nello
stadio della istruzione, accusatorio nello stadio del giudizio: nel
primo il segreto di un'inchiesta fatta dal magistrato, nel secondo
la pubblicita del dibattimento fra due parti, di cui l'una accusa,
1'altra difende. — L'accusatore deve in prima dimostrare la reita
(1) P. ELLERO, Belle origini storiehe del diritto di punire, pag. 18. Bo-
logna, Ed. Zanichelli. — V. anche STOTNER-MAISE,L'ancien droit, Ch. x.
(2) Idem, loe. cit.
— 342 —
delTaccusato, poscia richiedere 1'applicazione della pena legale. E
similmente, il magistrato, dopo avere udito la difesa, decide primain fatto, poscia in diritto.
Nel sistema della scuola positiva, il giudizio dovrebbe assu-
mere forme molto diverse. Anzi tutto, nessuna necessita di una
discussione sul fatto quando il reo sia stato sorpreso in flagranza,owero sia confesso e non vi sia alcun.motivo di dubitare della ve-
racita di tale confessione.
La discussione sul fatto dovrebbe limitarsi, come ancor oggisi fa in Inghilterra, al caso in cui Timputato si dichiari inno-
cente e pronto a darne le prove.
Egli sia dunque ammesso a discutere i fatti con 1'assistenza
di un awocato, ove lo desideri, e salvo i casi di flagranza o con-
fessione. Ma 1'intervento del P. M. alFudienza sarebbe inutile,avendo esso gia fornito il suo c6mpito che e la riunione delle
prove e la traduzione innanzi al giudice delFindividuo che, se-
condo lui, e colpevole.Fatto ci6, egli potrebbe abbandonare 1'accusato al giudice ; in-
vece di un' accusa nel pubblico giudizio si avrebbe il parere di
un magistrato relatore.
I testimoni sarebbero poscia invitati a ratificare le loro dichia-
razioni e dopo ci6 avrebbe la parola 1'accusato o il suo difensore.
Ma la presenza di quesfultimo non dovrebbe essererichiesta dalla
legge a pena di nullita. La necessita imprescindibile di un awo-
cato che sostenga la innocenza o la minore colpabilita delFimpu-tato e spessoun non senso.
I rei abituali, soliti a passare la vita nelle prigioni con brevi
intervalli di liberta, non hanno alcun terrore della condanna, ed
anzi, in taluni mesi delFanno, la desiderano, per avere tetto e
vitto gratuito. Ed allora accade un caso sempre curioso, nonostante
la sua frequenza.Un avvocato deve scalmanarsi a riparare il suo difeso da quei
« fulmini della legge » che quesf ultimo irride perche ne conosce
1'innocuita, e che, fors'anco, in cuor suo invoca.
— 343 —
Pu6 immaginarsi maggiore assurdita di quella che ogni ladrun-
«)lo di mestiere debba avere il suo togato paladino, dal quale debba
esseredifeso, anche suo malgrado ?
Io credo che il buon senso non possa ammettere se non la di-
fesa facoltativa, la quale non renderebbe gia disuguale il tratta-
mento dei ricchi e dei poveri. Anche questi ultimi, salvo semprei casi di sorpresa in flagranza e di confessione, potrebbero far ri-
chiesta di un difensore d'ufncio ; ma ci6 che non ha ragione di
esseree che questo difensore sia dato al prevenuto anche contro la
sua volonta.
Ma non sarebbero gia codeste le sole novita del nostro sistema.
In esso scomparirebbe affatto quella che oggi si chiama discus-
sione in diritto, fra Faccusa e la difesa, tendente alla defmizione
del reato ed alle conseguenze legali che ne derivano.
La pubblicita, 1'oralita, il dibattimento cesserebbero con la di-
chiarazione resa dai giudici sul fatto, quando esso fosse contro-
verso. Con questo pronunziato sarebbe -stabilito, ad esempio: che
X ha. rubato un orologio dalla tasca di un signore;— che e con-
vinto di furto per la terza volta; — che e figlio di un forzato e
una prostituta, e che fu sempre senza un mestiere onesto.
In un altro caso potrebbe essere stabilito: che Y ha commesso
una grassazione a mano armata; '— che nella sua prima gioventu•era stato omicida; — infine ch' egli ha il tipo antropologico e
psicologico del delinquente istintivo.
Owero: che Z ha ferito in una rissa da bettola il suo com-
pagno; ch'egli e un beone abituale e che gia presenta alcuni seghidi un cronico alcoolismo.
Ora, compiuta la prova di quei fatti che la difesa negava in
tutto od in parte, la discussione dovrebbe avere termine. II compito
della difesa sarebbe finito, poiche ci6 che rimarrebbe da fare sa-
rebbe la designazione della classe, della sotto-specie, della varieta
di delinquente a cui il reo appartiene, e 1'applicazione del prov-
vedimento che il codice dell'awenire dichiarera piii adatto al caso.
Quale sarebbe il significato di un appello alla clemenza da parte
— 344 —
della difesa, di dn appello al rigore da parte dell'accusa ? La so-
cieta chiede essere tutelata, 1'offeso chiede una riparazione. Ecco
ci6 a cui si deve prowedere. Qui non si tratta di fare che il reo
soffra qualehe cosa di piu o qualche cosa di meno; trattasi sol-
tanto di renderlo innocuo ed obbligarlo a riparare, per quanto b
possibile, il male da lui fatto.
Dunque le viete forme dei giudizii andrebbero a monte. Esse
sarebbero conservate in parte solo nei casi in cui sia dubbia qual-che importante circostanza di fatto, ed il reo voglia provare la sua
innocenza. Puori di qui, non piu dibattimento giudiziario, non piir
oralita, non piu scene da commedia, anzi da farsa, offerte da queiteatri gratuiti che sono le cosi dette aule di giustizia.
Tocca allo Stato il prowedere a tutti gPinteressi sociali, una
dei piii gravi dei quali e la repressione del delitto. Ad esso dun-
que tocca il determinare il trattamento che conviene al reo. L'in-
teresse per 1'individuo cessa al punto in cui il cittadino e dichia-
rato reo. II classificare questo reo nell'una o nelFaltra classe percui trovasi gia indicato il mezzo repressivo, deve appartenere ad
un ordine di funzionarii dal Governo creduti competenti, ed ai qualinon pu6 altro importare che la piii esatta defmizione del caso e
1'applicazione del rimedio nella qualita e nella dose opportuna.
Quali poi abbiano ad essere codesti funzionarii, ella e una qui-stione che discuteremo piu innanzi.
APPELLI.
Ho detto che vofrei conservate in parte le presenti forme dei
giudizii, nei casi in cui il reo sostenga la propria innoceriza.
Ora la nostra legge ammette, nei processi correzionali, 1'appello,ed in ogni processo, il ricorso in cassazione. E inutile il dire in
qual modo funzioni tutto quesf ingranaggio di ruote. I lamenti
contro la lentezza e 1'inutilita della giustizia corresionale sono
antichi, ma insistenti. Per darne un saggio, ecco le parole di un
— 345 —
egregio magistrato: « Nel modo come attualmente procede la giu--
stizia correzionale, si soddisfa soltanto alle esigenze di una giu-stizia astratta, ideale, che non e quella onde ha bisogno la societa.
La giustizia sociale, quando tardi scocca, e infeconda, e nei lievi
reati forse anche dannosa. E d'uopo riesaminare ab imis il mec-
canismo del nostro procedimento penale, e vedere se per awentura
non vi sia qualche ruota guasta da freni un po' troppo esagerati,
che, se gafentiscono dalFuna parte la liberta dell'individuo, in-
ceppano dall'altra il corso stesso della giustizia » (1).Grli appelli ed i ricorsi producono effetto sospensivo; 1'imputato
-
rimane libero, egli non paga i danni dovuti all'offeso, egli ha
tutto da guadagnare, nulla da perdere, poiche, secondo la nostra
procedura, la pena non pu6 in un secondo giudizio venire aumen-
tata, quando non vi fu appello del ministero pubblico.Ne segue che si fa appello da un numero immenso di sen-
tenze (2), e le frequenti revocazioni sono un continuo incoraggia-mento a tentare questo mezzo. Ne si creda che la revocazione della
prima sentenza significhi esserestato commesso in prima istanza un
errore giudiziario riparato dal magistrato superiore. Nulla di ci6: nel"
maggior numero degli appelli accolti si diminuisce soltanto la pena.La Corte di appello non lascia mai sussistere quella misura di
pena eccedente la misura media che essacrede giusta per un dato-
reato. E ci6 si spiega agevolmente: essa non giudica dopo aver
ricevuto le vive impressioni del dibattimento e dopo aver veduto-
(1) MIRAGLIA, Biscorso inaugurale alla Corte di Trani, 1882.
(2) Gli appelli dai Tribunali correzionali, che erano 23,313 nel 1873, creb-
bero a 29,371 nel 1881. In Prancia, ove 1'appellante corre 1'alea di una piu
grave condanna, gli appelli non furono nel 1882 che 8,819. La media percen-tuale delle sentenze dei Tribunali correzionali appellate e in Italia il 30, mentre
in Prancia non e che il 5. Di piu, in Italia la media delle diminuzioni di-
pena e il 21,65 OjO, quella delle assoluzioni e il 9,04 OpO,quella di aumento-
non e che il 2,17 0^0 e quella di coiidanna in caso di assoluzione, 1'1,66 OiO.In Francia circa l'8il0 delle sentenze sono confermate in appello. Inoltre, nelle-
sentenze riformate, vi e aggravamento di pena tre volte su dieci.
— 346 —
e udito 1'offeso; ma solo dopo aver ascoltato 1'appellante ed aver
dato uno sguardo fuggitivo alle carte. Essa ha le sue formole, i
suoi dogmi, la sua giurisprudenza che fa astrazione dalle cose e
dagli uomini, e che la induce a cedere alle premure dei difensori,
•quando non ci vede alcun ostacolo legale. Vi ha qualche Corte
che si crede chiamata a ridurre le pene, ed esegue sistematica-
mente e scrupolosamente tale presunta missione tutte le volte che
non fu applicato il minimum.
Nel sistema che qui proponiamo, gli appelli ed i ricorsi non
dovrebbero gia essere banditi, ma conservati con tali limiti da
rendere impossibili gli esempi di condanne non eseguite per due,tre o piu anni, di prescrizione acquisita nel frattempo, di annul-
lamenti per formalita puramente esterne e che non hanno potutoin alcun modo influire sul contenuto della sentenza.
Per quanto riguarda 1'appello, e giusto che al cittadino si dia
tale garanzia contro un possibile errore. Ma non e giusto che frat-
tanto rimanga in piena liberta il condannato. E strano che, mentre
la carcerazione preventiva si ammette per un semplice sospetto
concepito dai pubblici funzionarii, essa non si debba ammettere
poi quando 1'imputato e stato gia dal giudice dichiarato reo. Eorse
che una dichiarazione di appello pu6 distruggere quella gravis-sima presunsione che nasce dal giudicato?
Io vorrei che, non solo 1'imputato sia tratto in arresto tosto
dopo la condanna, ma che, anche nel nuovo giudizio, sia data fa-
•colta al giudice d'infliggere la pena ch'egli creda opportuna, senza
il limite di quella gia applicata, la quale, secondo la procedura
italiana, non pu6 oltrepassarsi quando non siavi appello del P. M.— Solo in tal modo si porra un termine alla consuetudine, uni-
versale nel Mezzodi, di appellare da qualsiasi sentenza al solo ef-
fetto di guadagnare tempo, e potere, inoltre, sperare nella prescri-
zione, nella ritrattazione della parte offesa o dei testimoni, in una
-amnistia, ecc.
Si dira che, in caso di assoluzione, la carcere sarebbe stata in-
;giustamente sofferta. Io chiamerei 1'errore del primo giudizio un
— 347 -
caso disgraziato per cui, se si dichiari provata 1'innocenza delTap-
pellante, questi possa anche avere diritto ad una indennita. E una
delle tante sventure che possono incogliere anche ad un galan-tuomo. Ed al vero galantuomo ci6 che piu d'ogni altra cosa premein tal caso e la riabilitazione del proprio onore. D'altra parte,
pochi mesi di custodia non sono poi un male intollerabile, specie
quando si avra diritto ad una indennita. La causa dell'errore e poi
quasi sempre da attribuirsi in parte alla imprudenza delFimpu-
tato, alla sua leggerezza, alla sua condotta eccentrica o strana,alla cattiva compagnia in cui egli trovavasi, e soltanto in casi ra-
rissimi ad una vera circostanza imprevedibile. Ed e giusto l'in-
dennita sia tanto minore quanto piu ragionevoli erano i sospettiche il contegno dell' imputato avea fatto nascere, e che avean
tratto in errore il primo giudice.II diritto all'indennita potra ammettersi anche per la ingiusta
detenzione preventiva sofferta durante il processo in prima istanza,e valgono anche per questo caso le medesime considerazioni (1).La somma da pagarsi sara inoltre proporzionata alla durata della
ingiusta carcerazione, la qual cosa dara al potere esecutivo una
spinta per accelerare il cammino degli affari e far si che i giudicidi appello pronunzino nel piii breve tempo la loro sentenza.
Dunque, riassumendo, ecco le riforme che io proporrei ai giu-dkii in appello: 1° Arresto del reo tosto dopo la prima condanna,
nonostante1'appello, senza ammissione a liberta prowisoria, e senza
che,nel caso di rigetto dell'appello, si computi questo tempo di cu-
stodia nella durata della pena. — 2° Niuna limitazione del generee della durata di pena che il giudice di appello creda opportuno
infliggere. — 3° Eagionevole indennita da darsi al condannato as-
soluto in appello con piena dichiarazione d'innocenza, salvo il caso
che questa sia stata il risultato di prove prodotte dal condannato
dopoil primo giudizio.
(1) Gria in 10 Cantoni della Svizzera fu ammesso da parecchi anni il diritto
alla indennita dei detenuti ingiustamente.
— 348 —
ElCOESI.
Quanto al secondo rimedio del ricorso in Cassazione, esso, per
le norme che oggi lo regolano, e .danhoso alla giustizia ancora
piu degli appelli correzionali, poiehe la sentenza pu6 essere an-
nullata per un motivo di pura forma, senza alcun riguardo al con-
tenuto, e la conseguenza dell'annullamento e un nuovo giudizio,
cioe a dire un ritardo indefinito.
Ad un profano, ignaro della logica giuridica, che e spessola
negazione della logica umana, dovranno sembrare inverosimili i
piu frequenti motivi di annullamento. Una condanna fu annullata
perche mancava negli atti una fede di nascita; un'altra, solo perche
nella sentenza di rinvio della Sezione di accusa, mancava la for-
mola sacramentale: « In nome di S. M., ecc. ». Ed un'altra
perche, nella formola del giuramento di un testimone, il cancel-
liere aveva scritto: « Giuro di dire tutta la verita, niente altro
che la » rimanendogli nella penna la parola « verita ».
Era questa una condanna a .15 anni di lavori forzati per assas-
sinio. In seguito deH'annullamento rinviatasi -la causa ad un'altra
Corte, gli accusati furono puniti correzionalmente ed ottennero
la liberta provvisoria! Lo zio delTassassinato, vecchio settantenne,
vedendo inetta la giustizia, la fece da se ed uccise coram populouno degli assassini. Eu condannato a 10 anni di reclusione.
Questo nuovo sangue e questa iniqua condanna non ebbero dunquealtra origine che il deplorabile annullamento!
Per simili omissioni fu per due volte cassata una condanna ai
lavori forzati a vita inflitta ad una donna che aveva fatto assas-
sinare il proprio marito: — la terza volta i giurati, forse inso-
spettitisi contro 1'accusa, pronunziarono 1'assoluzione.
Una sentenza che condannava a 3 anni di reclusione 1'autore
di falsificazione di cartelle del credito fondiario fu annullata perchela Corte aveva creduto inutile la presentazione del decreto di no-
— 349 —
mina dell'accusato a cavaliere della corona d'Italia! Quasi che un
cavaliere di questo ordine noh possa anche essere cavaliere d'in-
dustria!
La Cassazione di Napoli (la quale da lo spettacolo di circa
il 15 0[0 di annullamenti (1) in materia criminale su ricorso
dei condannati, mentre quella di Pirenze da il 9 OpO, quella
di Torino il 7 OjO, quella di Eoma il 6 0[0, quella di Palermo
il 7 1x2 OjO, cass6 un pronunziato di Corte d'Assise con cui i giu-rati erano stati rimandati nella loro camera a rettificare il ver-
detto, avendo essi unanimamente dichiarato, durante la lettura,
che, per errore materiale, trovavasi scritto si invece di no sulla
quistione del vizio di mente! Bene esclama il Majno sembrargli
questa una intollerabile enormita (2).Potrei recare infmiti esempi di tal genere, i quali proverebbero
sempre piu con quanta ragione il nostro Lombroso ha detto ehe
« i ricorsi si fondano su quistioni di forma che ci riconducono
ai tempi bizantini e alle stramberie di alcune razze mongoliche »
— E « per suggellare nelle menti che la giustizia deve propen-dere piii in favore dei rei clie degli onesti, piu in favore dei car-
nefici cJie delle vittime, si aggiunge 1' assurdo paragrafo, per il
quale il nuovo giudizio pu6 ben portare mitigasione ma non au-
mento alla condanna, quasi che il vero non potesse mai risultare
in favore della societa, ma sempre in favore del reo; circostanza
quesf ultima che spiega 1'enorme quantita dei ricorsi omai gene-ralizzati in tutte le condanne, e la proporzionata quantita degli
annullamenti; — il tutto con una perdita non solo di danaro e
sicurezza, ma, che e peggio, di quel tempo che in questi casi e
tanto piu prezioso poiche in esso e quasi tutto il prestigio della
giustizia repressiva » (3).
(1) Stat. pen. pel 1880, tav. xxn, pag, 417, 419.
(2) MAJNO, La revis. de' proc. pen., neiTAreh. di psich., vol. v, fasc. 2°-3°.
(3) LOMBROSO,Incremento del delitto in Italia, pag. 36 e 37.
'— 350 —
Nelle prcvincie meridionali e poi enorme il numero dei ricorsi.
Quasi ogni condannato a pena criminale vuole sperimentare quelmezzo che non prolunga punto la sua prigionia, perche la Cas-
sazione di Napoli, movendo da principii troppo sublimi per es-sere a tjitti accessibili, ha stabilito che debba computarsi nel
tempo della pena quello del carcere decorso fra il giorno del ri-
corso e quello della decisione; cosicche il reo pu6, con la presen-tazione di una domanda di cassazione, abbreviare a sua posta la
durata della sua pena criminale (reclusione, relegazione, lavori for-
zati) commutandosene una parte in carcere correzionale!
Un'altra dannosa anomalia prodotta dalla funesta massima «proreo » e la disparita di condizioni in cui sono posti il Ministero
Pubblico e 1'accusato in quanto all'effetto del ricorso in Cassazione.
L'accusato, dichiarato colpevole dai giurati, se ottiene 1'annulla-
mento, ha diritto ad un nuovo giudizio. Viceversa il Pubblieo Mi-
nistero non pu6 ricorrere contro una sentenza di assoluzione, se
non per uno scopo di pura accademia. Infatti, secondo le paroledella nostra legge: « L'annullazione di una sentenza che non ha
fatto luogo a procedere o che ha pronunziato 1'assolutoria, non potraessere promossa dal P. M. senon neWinteresse della legge, e senza
recare pregiudisio alla parte assolta, a riguardo della quale si e
dichiarato non essere stato luogo a procedimento » (art. 642 Co-
dice di procedura penale).Ben a ragione un magistrato esclamava a questo proposito do-
versi dire inconcepibile, se non conviene meglio chiamarla un as-
surdo, 1'attuale disuguaglianza fra i diritti della societa e quelli
degli imputati (1).
QuelFannullamento « nelFinteresse della legge » e il nonphsultra dell'umorismo, e mostra che questo genere non difetta, come
da molti si crede, nella nostra letteratura!
(1) BOKELLI, Biseorso maugurale alla Gorte di Gatanzaro, pronunziato
nel 1881.
— 351 —
Ma il male e che quesfumorisnio applicato alle leggi non fa
ridere che i malfattori, mentre fa piangere gli onesti!
L'istituto della Oassazione andrebbe riformato radicalmente, peressere compatibile non solo col sistema da noi proposto, ma con
qualsiasi sistema razionale.
In principio, e utile senza dubbio cbe vi sia un'autorita supe-riore a cui si possa ricorrere quando le inferiori abbiano trasgre-dito le forme credute necessarie ad assicurare la giustizia. Ma
1'errore sta nell'essersi diminuita 1'efncacia delle pene per ottenere
la scrupolosa osservansa delle piti minute particolarita; — cosicche
tra due mali, come pur troppo si suol fare nel nostro paese, si e
scelto il maggiore:E pure sarebbe cosa tanto facile il decidere, non in abstracto,
ma in ogni caso speciale, se la formalita omessa o violata dbbia
potuto avere alcuna influema sul giudizio del fatto, ovvero se
questo sia affatto indipendente da quello; ad un dipresso come si
fa in materia di elezioni, quando essendovi schede contestate, non
se ne tien conto se, tolte pur di mezzo quelle scbede, il risultato
finale sarebbe stato sempre il medesimo.
Certo, il magistrato che ha trasgredito la legge dovrebbe essere
sottoposto ad una censura, ma il pronunziato dovrebbe rimanere
fermo quando la trasgressione non ha che una importanza, percosi dire, burocratica. Viceversa, ne' rari casi in cui (con la lo-
gica comune, non con quella giuridica), dalla violazione del rito
si pu6 presumere sia nato qualche motivo di convinzione nelFa-
nimo de' giudici, solo allora sarebbe da annullarsi il giudizio, sia
ehe questo fosse di assoluzione, sia di condanna, ed ordinarne la
ripetizione.Ed eeco come gl'interessi sociali si concilierebbero con quelli
della piu imparziale giustizia.
— 352 —
III. — I GlUDICI.
I giudici penali appartengono in Italia all'ordine dei magistrati,<-ovvero.ad alcune categorie di cittadini fra cui sono scelti a sorte.
I primi attendono alUistruzione dei processi, decretano le*ac-
«cuse, e giudicano sul fatto e sul dritto in materia correzionale e
di polizia, ma solo sul diritto in materia criminale; —. gli altri,In questfultima materia, giudicano sul fatto.
Io credo che ne i magistrati presenti ne i giurati possano ret-
tamente esercitare la funzione repressiva dello Stato.
Questa tesi pu6 parere da principio alquanto strana, poicheildilemma si suole porre sempre cosi: —
magistrati o giurati?Ne veramente sarebbe possibile un diverso dilemma quando per
tmagistrati non s'intendesse cio che oggi s'intende: giuristi i qualiconsacrano allo Stato 1'opera loro.
La base del sapere, il segno della coltura e per loro il diritto
civile: il loro piti bel vanto e il meritare nome di romanisti.
Ma tutta la loro scienza, indispensabile per ben giudicare in
materia civile, e gia oggi, in gran parte, inutile in quel raino
affatto diverso che e la giustizia penale. Ed essa diventera tanto
piu estranea e superflua quando si compira la trasformazione da
noi invocata della scienza penale.II Codice penale deiravvenire richiedera negli uomini chiamati
ad applicarlo un corredo di cognizioni ben diverse dalle pandettee dalle istituzioni di Giustiniano, le quali non serviranno che a
fornire il lusso della erudizione classica.
Ci6 che i giudici dovranno conoscere profondamente saranno i
caratteri psicologici ed antropologici che distinguono 1' una dal-
1'altra classe di delinquenti. Essi dovranno essere versati, inoltre,
helle statistiche criminali e nelle discipline carcerarie.
I dotti civilisti, anche al di d'oggi, in cui le due discipline si
-considerano come strettamente collegate, sono forse, fra'pubblici
— 353 —
funzionarii, i meno atti a fare da giudici penali. Avvezzi, per l'in-
dole dei loro studii, ad astrarre completamente dall'uomo, essi
non guardano che le formole.
II diritto civile e completamente estraneo a tutto cid che con-
cerne il fisico ed il morale degl'individui; esso non si occupa che
dei loro interessi privati. La bonta o malvagita del creditore non
ha alcuna influenza sulla validita del suo credito.
Questo carattere strettamente giuridico, e, come gia tentai di-
mostrare, molto lontano dalle discipline penali, le quali hanno
lo scopo di combattere un'infermita sociale, il delitto. Qui siamo
nel campo di una scienza sociale-naturale che non ha se non pochi
$unti di contatto col diritto civile.
Per una deplorabile confusione, gli stessi magistrati che defi-
niscono una controversia civile, sono poi chiamati a pronunziarele condanne penali. E 1'esperienza tufcti i giorni dimostra che
•essi,generalmente, non vi fanno buona prova. Cio si spiega con
le osservazioni fatte poc'anzi.Per una abitudine inveterata il giudice fa astrazione dalPin-
dividuo vero e vivente, mentre e appimto questo che dovrebbe ri-
-chiamare la sua attenzione quando esso gli viene presentato sotto
l'aspetto di delinquente. Egli non lo guarda in volto, non si cura
del suo passato, non ha un pensiero pel suo avvenire; tutte le
sue cure sono rivolte alla definisione legale del reato, e a fare
.aritmeticamente il computo delle diverse circostanze che debbano
•determinare il grado della pena. La sua operazione e quasi mec-
canica. Egli si preoccupa solo degl'interessi legali e dimentica
•,chegli spetta principalmente di provvedere ad un interesse so-
«iale; che la pena deve avere uno scopo utile e.chequesta utilita
si raggiunge con diversi mezzi a seconda degFindividui— e che
pertanto 1'esame delFindividuo e appunto quello che deve deter-
•ininare la specie e la misura della pena.Di qui, quelle condanne, di cui portai qualche esempio nel ca-
pitolo precedente, che sembrano un'ironia, come quelle di pochianesi di carcere inflitte a ladri cinque o sei volte recidivi, pro-
GAROFALO. — 23.
— 354 —
vati abituali ed incorreggibili; di qui il costume quasi generale
d'infliggere, senza distinzione di casi, il minimum della pena, au-
mentato, in caso di recidiva o di altre aggravanti, sempre nel
minimum; di qui infine una inflessibile severita in casi che me-
riterebbero piena assoluzione.
I giudici togati dimenticano sempre queste auree parole di uno
dei piu grandi pensatori italiani,. il Komagnosi: « Una pena inef-
ficace e una pena ingiusta, crudele, feroce, tirannica, recando un
male privato senza produrre un bene pubblico ». Ed essi applicano
quasi sempre pene inefficaci, perche non si curano di esaminare,
studiare, classificare il delinquente, ed infliggergli la pena in quellamisura che la legge consenta, ma che al tempo medesimo riesca
o possa riuscire ad una qualche utilita sociale.
Con la rinnovazione che la scienza invoca di tutto il sistema
penale sulla base della nuova classificazione subbiettiva, e facile
intendere che la cumulazione degli ufficii di giudice civile e di giu-dice penale sarebbe del tutto assurda.
Grli uomini chiamati a giudicare, coerentemente al moderno in-
dirizzo scientifico, dovrebbero possedere le cognizioni che si rife-
riscono allo studio naturale delFuomo delinquente.' Essi dovreb-
bero formare un ordine di funzionarii affatto distinti da quellvche giudicano le controversie civili.
Tutto e diverso fra il magistrato civile e il penale, quandO'rettamente si consideri la missione di questfultimo: analogia fra
le due funzioni non' pu6 trovarsi che nelle apparenze, in una este-,
riorita da cui non deve indursi il vero carattere deH'ufficio.
II giudizio penale non diventera una cosa praticamente utile e-
rispondente allo scopo che quando esso si muti in un esame psi-' chico del delinquente per indurne, non gia il grado della sua re-
sponsabilita morale, bensi quello della sua temibilita, e quandola legge sappia designare ed i giudici sappiano applicare iprov-vedimenti opportuni alla difesa sociale.
355
GlTJRATI.
Ma per quanto poco atti siano i giuristi a far da giudici pe-
nali, pur sempre essi sono preferibili a giurati scelti dalla cieca
sorte; malaugurato ricorso delle eta barbariche (1) spacciato ai
nostri giorni come una istituzione inseparabile dalla liberta po-litica di un paese. Un simile pregiudizio ha fatto adottare il giurida quasi tutti gli Stati che hanno una libera costituzione. Solo
1'Ungheria l'ha risolutamente respinto (2), mentre la Spagna, dopo
pochi anni di deplorabili esperimenti (3), si e affrettata a smetterlo.
In Inghilterra il giuri, benche sia una istituzione indigena e
consentanea al carattere degli abitanti, da pur luogo a molti la-
menti: nondimeno esso vi e ordinato in modo assai migliore che
da noi, e circondato da°prudenti cautele.
II giuri inglese si distingue dal franco-italiano prmcipaimente
per l'unanimita delle sue deliberazioni, senza la quale esso non
pu6 pronunziarsi, e deve cedere il posto ad un nuovo giuri; perla semplicita della domanda che gli si rivolge: Guilty or not
guilty ? (eolpevole o non colpevole ?) — e per la segregazione
(1) E noto che la istituzione e di origine normanna, e fin dal secolo della
conquista ritrovasi in Inghilterra. In Koma vi era bensi una giuria, ma essa
era una funzione aristocratica, esercitata dalPordine de' senatori fino all'epoca
de' Gracclii, poscia da queEo de' cavalieri. In Atene gli Eliasti, scelti nel po-
polo a sorte, non decidevano che nelle cause politiche e ne' reati di minore im-
portanza. E, proprio all'opposto del sistema modemo, tutta Valta criminalita,
omicidii, awelenamenti, incendii, era sottoposta al giudizio ioiTAreopago od
a quello del tribunale degli Efeti, composto di senatori. Solo adunque gl'i-
gnoranti possono affermare trovarsi nelTantichita, che era assai piu saggia di
noi, il modello del giuri contemporaneo.
(2) La proposta era stata presentata 1'anno 1883, in occasione del progetto
di una nuova legge di procedura penale.
(3) Nel periodo della repubblica che segui al regno di Amedeo di Savoia.
— 356 —
completa dei giurati dal momento in cui la causa comincia fino
al verdetto. E, inoltre, a notarsi che le sole cause portate innanzi
al giuri sono quelle in cui Taccusato, fino dal primo istante, si
protest6 innocente — cosicche non pu6 accadere lo scandalo, fre-
quente in Italia, di assoluzioni di rei confessi, con grande mera-
viglia dello stesso accusato e sbalordimento del pubblico.II giuri inglese e dunque regolato in modo incomparabilmente
superiore al nostro. Coloro che trapiantarono in Italia questa eso-
tica istituzione, non che escogitare i mezzi necessarii a renderla
adatta ai nostri costumi, dimenticarono anche quelle precauzionie limitazioni che la rendono possibile altrove.
Senza perderci in discussioni astratte, noi esamineremo il modo
in cui il giuri funziona in Italia. Diremo soltanto, in generale,sembrarci un ben curioso progresso quello che, nelFepoca in cui
tutte le cognizioni diventano speciali e la divisione del lavoro
s' impone dovunque, riserva il giudizio penale ad uomini scelti
dalla cieca sorte fra tutte le classi di cittadini, senz'alcuna ga-ranzia di coltura generale o di una riflessione esercitata; ondeun
consesso di pizzicagnoli, barbieri e fittaiuoli pu6 esser chiamato
a decidere fra due opposte perizie in cause di venefizio o di falsita!
Si pu6 affermare che in Italia 1'opinione pubblica sia decisa-
mente avversa a tale istituzione e che 1'avversione cresca quanto
piu la macchina si vede funzionare dappresso. Se gli uomini po-litici e molti giornali danno ad intendere di pensarla diversamente,ci6 dipende dal pregiudizio, a cui ho accennato poc'anzi, che con-
fonde tale istituzione con le prerogative di un libero paese.Ma il popolo che non sa nulla di codeste artificiose teorie co-
stituzionali, vede che la giustizia e divenuta una vana parola;e gli stessi avvocati, avvezzi ai facili trionfl delle Assise, conven-
gono nelFasserire che il giudizio e sempre un giuoco d'azzardo,
e bisogna aspettarsene le piii matte sorprese. Niuna, infatti, e
la certezza di veder condannato il delinquente convinto dalle piii
limpide prove; ne d'altra parte, 1'innocente pu6 essere sicuro del-
1'assoluzione.
— 357 —
La parte principale delle ingiustizie commesse dai giurati spettasenza dubbio alla ignoranza. Talvolta e evidente, dalle risposte
contraddittorie, che essi aveano in animo di condannare, mentre
involontariamente assolvevano, non avendo ben compreso una do-
manda.
Se ne potrebbero riferire esempi numerosi. Basta sceglierne
qualcuno fra' tanti che si leggono nelle relazioni dei procuratori
generali e nei giornali giudiziarii.In una causa di fratricidio a Vercelli, il reo era confesso, ma
i giurati dichiararono che il ferimento era involontario perchecredevano significare con ci6 che era stato provocato.
« In un processo fu posta la quistione delTeecesso di difesa ed
i giurati 1'ammisero, perche, come disse il capo, 1'avvocato avea
parlato piu di due ore e quindi aveva ecceduto nella difesa » (1).« Un giurato dichiar6 che non avrebbe condannato un tale
perche, avendo presentato cinque testimoni a difesa, non potevaesser reo » (2).
« Avanti alla Corte di assise di S. Maria di Capua fu giudi-
cata, a carico di tre accusati, una causa di grassazione accompa-
gnata da ierimento. I giurati ammisero per tutti e tre gli accu-
sati la colpabilita loro nella grassazione; esclusero che essi fos-
sero stati autori del ferimento; ma poi, in aperta contraddizione
a questa dichiarazione loro, ammisero che tutti e tre avessero ir-
rogato la ferita immediatamente prima di commettere la depre-dazione ed inoltre che tutti e tre dovean ritenersi complici peravere assistito 1'autore del ferimento, che alTinfuori di essi non
esisteva, ne poteva figurare fra gl' imputati di quel misfatto. I
giurati non seppero distinguere le domande che loro erano state
proposte in via principale ed in via subordinata » (3).
(1) LOMBROSO,Incremento del delitto in Italia, pag. 52.
(2) Idem, ivi.
(3) BORGNINI, Biscorso inaugurale alla Corte di Napoli, 1880.
— 358 —
E recente il caso della Z....... che dai giurati bolognesi fu as-
solta, benche avesse confessato essere stata complice nell'assas-
sinio del vecchio orefice C......
E pochi mesi innanzi, in quella medesima citta, il reo confesso
di quattro o cinquecento falsificazioni di cambiali, era stato as-
solto, contro ogni sua aspettativa, perche i giurati non crede-
vano si potessero chiamare false le firme non bene imitate.
« A Bari un uomo e assassinato in pubblica piazza e di pieno
giorno. Gravi gl'indizii contro il mandante, fiagranti le prove con-
tro il mandatario. Oltre ai fatti concomitanti, tre testimoni di-
chiarano di aver veduto e riconosciuto 1'assassino proprio nelTatto
che esplose 1'arma omicida. E bene, il giuri l'uno e 1'altro mando
assolto (1).Gli esempi si potrebbero moltiplicare senza fine.
Un giorno ch'io stava ad aspettare in una stazione ferrovaria,mi occorse in pochi momenti di avere una sufficiente idea del
modo di ragionare di alcuni giurati che, fatta la loro quindicina,si disponevano a partire, giocondi e sereni come persone che hanno
la coscienza di avere adempiuto al proprio dovere.
Eaccontavano di avere assoluto un tale che aveva bastonato una
donna incinta tanto da farla sconciare (il quale reato sarebbe pu-nibile con la relegazione da 5 a 10 anni), perche, dicevano essi,
quell'uomo, benche conoscesse lo stato della donna, pure non avea
1'intenzione di farla abortire. Essi confondevano cosi il reato di
aborto procurato con quello di percosse ad una donna incinta, e
non rawisando 1'esistenza del primo, mutavano a loro guisa la
legge che punisce anche 1'ultimo.
Parlavano poi di un truce assassinio. Un tale, per vendicarsi
di un'antica offesa, si era posto, armato, ad aspettare il suo ne-
mico in un giorno di festa, innanzi alla chiesa di un villaggio.
(1) PAVIA., Studii sulla criminalita italiana nel 1881, neWArch. di
psicli., ecc, vol. iv, fasc. 1°.
— 359 -
Appena questi ebbe sollevato la portiera per uscir fuori, cadde
fulminato da una scarica a bruciapelo. L'uccisore era accusato
di omicidio con premeditazione ed agguato; ora i giurati avevano
escluso la premeditazione, perche non provata; aveano escluso
1'agguato, perche, essi dicevano, deve intendersi per agguato il
nascondersi di notte dietro ad una siepe, non gia 1'aspettare un
uomo innanzi alFuscio di una chiesa, e di pieno giorno. Di piiiaveano ammesso il vizio parziale di mente per lo stato di ub-
briachezza in cui 1'accusato avea preteso di trovarsi; infine non so
quali altre attenuanti che non aveano permesso alla Corte di ap-
plicare una pena maggiore di pochi anni di carcere.
Ecco poi le impressioni, notate di per di, durante il suo ser-
vizio di giurato, da un valoroso pubblicista napoletano, gia spessocitato in queste pagine (1).
« U primo giorno ci fu fatto giudicare un giovane che aveva
ferito mortalmente il cognato, perche questi aveva battuto il di
innanzi per lieve contesa sua moglie, sorella del feritore. II col-
tello, trapassando il ventre, aveva, dopo due giorni, cagionata la
morte. L'imputato era confesso, e solo si contendea delle scuse e
della possibile provocazione.« Or, sulla verita della ferita, causa della morte, si ebbe gia
che uno dei giurati diede il voto contrario. Sulla prevedibilita-che la ferita avesse dovuto riuscir mortale, una ferita che aveva
traversato il ventre quasi tutto, otto giurati risposero non potersici6 prevedere. Io, che ero disposto a votare per una scusa lieve,
dopo questo voto sulla prevedibilita votai pel no sulla quistionedella provocazione, e previdi di rimanere in minoranza anche in
ci6. Se non che i piii risposero no come me, ed il primo eccesso
di benignita fu compensato, come io aveva tentato che fosse, dal
secondo eccesso di rigore. La compensazione dei due eccessiport6-la pena a dieci anni di reclusione, mediante le circostanze atte-
(1) TTOIELLO, Governo e govemati, cap. 3, pa»\ 334 e seg.
— 360 —
nuanti. M'accorsi tuttavia che il motivo per cui i piu avevano»
negata la provocazione ed insieme la prevedibilita della morte,era il non aver compreso il valore di queste parole nelle quistioniloro proposte. II piu acceso dei giurati contro il feritore avea un
tempo avuta una ferita in capo, non so da chi. Ei non facea che
discorrerne, ed evidentemente lo sdegno per questa influi inge-nuamente sul suo criterio severo.
« Questo verdetto lo dettarono dunque 1'ignoranza e il caso,.sebbene obiettivamente non fosse riuscito ingiusto.
« Come la piu parte de' giurati che han faccende e relazioni
possibili co' magistrati o awocati, mi riusci di essere dispensato-
dal'giudicare per piii giorni, con essere escluso dal sorteggio. Mi
accorsi di poi che si riusciva cosi ad escludere i piu pratici dii
cose legali e i pitx colti. II presidente, nel rivedere chi era stato>
assente senza giustificazione per qualche giorno, gli chiedeva lui
quale scusa si potesse addurre per annullare la multa gia pro-nunciata. Mi parve che il tempo che precede 1'udienza non fosse
usato cosi a conciliare serieta aH'officio a cui si era chiamati.
Qualcuno, in quei momenti, trascorreva, tra' giurati, sino ad af-
fermare a qual prezzo egli avesse provato che volendo, per mezzo
delTusciere, si potesse esser dichiarato irreperibile. Certo erano
escluse, come tali, persone a tutti notissime.
« Un'altra volta si trattava d'un furto qualificato fatto da un<
minorenne. A questo io negai le circostanze attenuanti, perche1
egli era stato precedentemente carcerato per asportazione d'arme.
I piu gliele concessero. Chiesto ad uno de' piii intelligenti percheavesse votato, com'egli spontaneamente m'avea detto, egli risposeche avea concesse le circostanze attenuanti perche il Pubblico Mi-
nistero le avea chieste. Invece quegli avea ricordato ai giuratil'eta delFimputato, per dire che gia la pena sarebbe discesa dfc
un grado per cio, e quindi erano meno opportune altre attenua-
zioni. Allora mi persuasi della difficolta capitale, pe' giurati sfor-
niti di coltura giuridica, d'intender bene anche un discorso chiaro-
d'un giurista, e della difficolta in questo di supporre ignoto ili
— 361 —
senso delle parole e frasi giuridiehe piu elementari. Ma se egli"non usasse queste frasi, come parlerebbe ? Ed in una legislazionecodificata come si possono evitare nel dibattimento defmizioni e
parole astratte e rituali, incomprensibili per6 a' piu de' giurati ?
« Piu d'una volta stetti presente alPudienza, dopo essere stato
escluso dal sorteggio, e discorsi piii volte con altri giurati, coi
giudici, col Pubblico Ministero e con gli avvocati, prima che-quella fosse aperta. Eicordando la solennita delle antiche discus-
sioni delle Gran Corti criminali, confesso che non potea in questi
colloquii raccapezzar facilmente dove fossimo, ed a che fine. Su
queste impressioni mie mi consultai con qualche arte con avvo-
cati, magistrati e colleghi, quivi e fuori, in quei periodi quindi-cinali. E, salvo qualche awocato giovanissimo ed inesperto, trovai
tutti concordi a concludere che il linguaggio giuridico, inevitabile
ne' dibattimenti e ne' quesiti fatti ai giurati, moltissime volte-
non compresi, dava luogo ad un numero sconfinato di verdetti
strani nella sostanza o negli accidenti loro; e che ne awocati,ne giudicij ne giurati si persuadevano a trovare ragionevole questamaniera di giudizi. Nei crocchi delle persone colte e poi difficile
trovare in Napoli, fuorche tra gli studenti di legge, chi approvi
questo instituto. Taluno dice che in teoria essoe bello (non dice-
gia buono), ma in pratica si dovrebbe modificare; e non si sa
mai dire come. I discorsi che se ne fanno somigliano appunto a
quelli che si facevano in Napoli circa la Guardia Hazionale negliultimi anni di sua vita legale. — Dovrebbe essere composta di
minor numero, e solo de' migliori — diceva uno. E 1' altro su-
bito: — E qual colpa han commessa i migliori cittadini perchesoli si sobbarchino a questo peso, che s'accrescerebbe con Fesclu-
sione degli altri? — Cosi e un peso 1'officio del giuri, che ri-
chiede omeri adatti, per non esser abusato di mal garbo al primo-
fastidio, con un verdetto messo fuori a caso. E gli omeri adatti
non si pu6 aggravarli, punendoli col carico che ai disadatti si
toglierebbe. Quando s' ha poi a snaturare dalla sua istituzione,.e qui s'e fatto, questa che si dice la voce diretta della impres-
'—.362-
sione popolare.(da che in Italia il giuri non e composto che di
persone ignare del caso, raccolte uno, due o tre anni dopo il reato)«raanca 1'unica ragione possibile delPistituto. Venutosi a preferirei colti agli incolti, perche non si tornerebbe ai giudici pratici
-della legge, e compensati per questo ? — Tali sono i discorsi so-
liti in Napoli intorno al giuri, il quale vi si puo dire una isti-
tuzione che sostanzialmente ha perso il credito da un pezzo.« Piii gravi sospetti girano nel paese, in occasione delle cause
importanti. Se ordinariamente si crede che una mancia basta a
sfarsi escludere, per le cause piu gravi si sospetta peggio, anche
dopo del sorteggio.« In Napoli e diffusa 1'opinione delPesistenza di ripetuti com-
-pensi pecuniarii agli uscieri, per essere esclusi in perpetuo dal
sorteggio alcuni giurati, o mediante attestati di infermita lasciati
in bianco, e.che esista un registro alfabetico, tenuto da' bassi
impiegati del foro penale, nel quale sono notati, a lato di cia-
scun nome de' giurati, il suo carattere, e le sue relazioni; nel
quale registro poi studiino precipuamente quegli avvocati che di-
fendono, come si narra, la loro causa con i giurati, e fuori
della pubblica discussione. Eicordo che quando si discese, con
sottili distinzioni, dalla sezione d'aceusa di Napoli, a defmire
-come correzionale 1'imputazione fatta al prete De Mattia d'aver
rubato -quasi due milioni allo Stato con piti quaterne vinte al lotto
falsamente, in Napoli s'approvava generalmente che cosi grave•causa fosse come che sia sottratta ai giurati, e commessa ai
giudici permanenti. Invero, fin dal 1862 il Procuratore Generale
Pironti dicea nel suo discorso a Napoli che « il giuri spesso as-
solve i ladri del pubblico danaro per fare una speoie di protestacontro il Governo. Difatti i reati contro la proprieta, nei qualiha il pubblico erario qualche interesse, erano festeggiati da un as-
solutorio verdetto ; e in quelli di ribellione, meno in pochi luoghi,non si giungeva mai ad una: corrispondente condanna ».
« Nelle Assise delle iprovincie i giurati, massime nelle cause
lunghe e celebrate, convenendo i piii da altri paesi, e stando spesso
— 363 -
piii giorni nello stesso albergo, e conversando nello stesso caffe,
finiscono spesso-col piegarsi alle influenze degli interessati. Quando
poi vi giunge un oratore celebre, un deputato awocato di grido,e si fa la calca spessa nelTudienza per la novita del caso, si fi-
nisce, anche da' giurati colti ed onesti, storditi dalTeloquio, per
contagio d'ammirasione alVarte, senza aver molto capito o pen-sato delle ragioni e de' fatti controversi, a sentir come un pudore
od un rispetto per ci6 che sembra ingegno, a scordare la causa
per lo spettacolo, e ad applaudire col verdetto alPoratore, come
si farebbe con gli applausi ad un attore, invece di ponderare e
giudicare il fafcto; il che- quasi parrebbe una scortesia. Insomma,
oper sensibilitd nervosa o per impressionalilitd artistica, 1'Italiano
io non vedo come possa non passionarsi al posto di giudice, quandosia privo di lunga e speciale educazione ».
Bisogna aggiungere che in Italia alcuni awocati penali (tal-volta anche fra' piii eloquenti) non hanno scrupolo di asserire 1'esi-
stenza di fatti immaginarii o del tutto falsi, pur di commuovere
i giurati. Cosi l'uno raccontera i piu minuti particolari di,un suo
colloquio col detenuto, e la eccellente impressione ricevutane; 1'altro
giurera « sulla testa dei suoi figli » che 1'accusato e innocente;
un terzo rappresentera piangendo una madre impazzita o morta
pel dolore, mentr'essa vive in florida salute o non fu mai nota
al reo. I presidenti, per lo piii, non hanno 1'energia di richia-
mare all'ordine codesti istrioni, e sorridono placidamente, ammi-
randone 1'arte sottile.
Ma vi ha di piu; ad un numero immenso di errori dovuti a
mancanza di criterio, di riflessione o d'intelligenza, e ad un altro
numero dovuto al fascino della eloquenza, bisogna aggiungere un
numero piii scarso, ma non indifferente, di casi in cui il giudizioerroneo fu dato in mala fede, per timidezza o per corruzione.
Nelle province napoletane la paura dei camorristi e tale che
per potersi ottenere la loro condanna e necessario far giudicare gliaccusati in un paese lontanissimo da quello in cui awenne il mi-
sfatto. La stessa cosa deve dirsi per la Sicilia, quando in un reato
— 364 —
vi e la mano della mafia. In Eomagna, per la tema che ispirano
gl!intemazionalisti, e moltp difficile far condannare gli autori di
reati di sangue quando ne furono vittime i carabinieri.
Infine la corruzione si manifesta nelle frequenti assoluzioni dei
ricchi, dei frodatori, dei falsarii, le quali assoluzioni, prodotteevidentemente dal potere delPoro, fanno un sinistro effetto sulla
pubblica moralita.
Non sono molto frequenti i casi in cui uomini ricchi siano sco-
perti autori di grandi misfatti, ma, tutte le volte che ci6 accade,
1'opinione pubblica prevede che il reo non sara condannato, e ben
di rado s'inganna.Ne si dica che la corruzione pu6 esercitarsi in eguale misura
sul giudice permanente. Questi ha un nome da salvare, una si-
tuazione sociale da custodire. Egli deve financo evitare il piu lon-
tano sospetto; se pure d'indole poco onesta, egli sara onesto per
necessita, per calcolo, perche la fama della virtu gli giova, il
discredito lo perderebbe. Guardate, invece, il giurato. Egli di-
vide con undici altri cittadini la sua responsabilita che egli sente
cosi essere assai poco apprezzabile. II suo nome e ignoto, pienoil suo arbitrio; — dopo il giudizio egli va a confondersi nella
folla da cui e uscito e dove niuno potra mai seguirlo per addi-
tarlo al popolo chiedendogli conto della sua ingiustizia.Chi pu6 dire di non vedere quanto sia qui piii propizio il ter-
reno alla corruzione?
Del resto, i fatti con la loro triste eloquenza danno pur troppo-la risposta migliore ai piu bei ragionamenti dei fautori del giuri.
Quando furono mai rimproverati a magistrati permanenti giu-dizii dovuti alla corruzione simili a quelli di cui s'incolpa il giuri?'
Ne porterd pochi esempi fra moltissimi che furono raccolti dai
Eegi Procuratori in Italia:
« Nicod , come amministratore di una Societa, sottrae 100
mila lire, confessa il suo debito per 40 mila e lo confessa come
un debito civile; e assolto ».
• — 365 —
« G. E., ricco, viene tratto alle Assise come strangolatore della
propria moglie con due complici poveri; il pezzo di corda che
servi allo strangolamento era identico a quello trovato a casa del-
1'accusato; pure questi e assolto e i due complicipoveri sono con-
dannati a 20 anni ».
« Un tal Pezza venne a Torino riconosciuto reo di truffa e di
falso, ma nello stesso tempo si dichiaro che aveva agito in uno
stato di semi-idiotismo (un falsario!) ».
« Nel processo Candelo, complice gia dichiarato dalla Corte di
assise di Torino, nella truffa con falso di 800 mila lire a danno
della Provincia, le Assise di Vercelli nel 1877 dichiararono as-
solto il Candelo, la merce di 6 schede bianche » (1).« A Lodi si assolse chi, nello spazio di 15 anni, approfittando
della sua qualita di maggiordomo, si era appropriato di ben 336
mila lire nella casa patrizia ov'era stato chiamato da particolarefiducia ».
« A Napoli erano mandati assolti quel notaio che frod6 1'erario
con incessanti falsi, quella numerosa associazione di fabbricatori
di biglietti di Banca, e quegli arditi depredatori di un grandeIstituto di credito di quella citta ».
« A Eeggio si assolse un amministratore governativo di pub-blico Istituto, nelle cui casse era stato commesso un ingente furto;
a Palmi si riconobbe una forza irresistibile nella sottrazione di
14,000 lire, perpetrata a centellrni da un cancelliere di Pre-
tura » (2).E cosa nota che quasi tutti gli espilatori del pubblico danaro
trovano grazia presso il giuri, anche quando sono confessi.
« In uno dei nostri Circoli di Assise — dice un Procuratore
Generale (3) — fu discussa una causa, nella quale 1'accusato di-
(1) LOMBROSO,Incremento del delitto, pag. 53.
(2) PAviA/art. cit., pag. 75.
(3) MIRA&LIA, Discorso inaugurale alla Corte di Trani, 1882.
— 366 —
ceva: « Signori, credete voi che io mi sia impossessato di tutta
la somma messa a mio carico nell' atto di accusa? II P. M. si
inganna; appena 8 mila lire entrarono nelle mie tasche ». L'ac-
cusato fu assolto, il verdetto salutato da applausi... ed il torto
fu, gia s'intende, del P. M., che si era permesso, per cosi poca
cosa, tradurlo al pubblico giudizio ».
La sfiducia nel giudizio dei giurati e giunta a tal segno che
le sezioni d'accusa rimandano ai tribunali correzionali un numero
immenso di crimini abbastanza gravi, pei quali non vi sarebbero
ragioni da attenuarne la pena. E pure le attenuanti si cercano-
dove nessuno potrebbe ragionevolinente pensare di trovarle, allo
scopo lodevole di far si che il delinquente non rimanga del tutto
impunito.Per questa ragione le carceri correzionali sono popolate di vecchi
malfattori, ladri incorreggibili, stupratori, falsificatori, i qualiavrebbero meritato il bagno o la casa di forza.
Eimangono per le Assise i soli misfatti di straordinaria gra-
vita, pei quali la lunga e minuta istruzione, 1'esame del Mini-
stero Pubblico, della Camera di consiglio, della sezione di ac-
cusa danno gia una grande presunzione di colpabilita nelFimpu-tato. E molto raro che sia rimandato alle Assise un imputatocontro cui la prova sia scarsa od insufficiente. Questa osserva-
zione da un significato assai grave al numero proporzionale delle
assoluzioni in quei giudizii, ed impedisce qualsiasi confronto con
quelle dei tribunali correzionali, dove l'imputato e quasi sempretratto per citazione diretta, senza che siano gia state vagliate le
sue discolpe.II numero proporzionale delle assoluzioni varia considerevolmente
nelle diverse regioni d'Italia,^le quali economicamente e moral-
mente sono molto diverse l'una dalFaltra.
La media percentuale delle assoluzioni nelle Corti d'assise e
del 25 nelle provincie meridionali, del 30 nel resto d'Italia ed
in una parte della Sicilia, e del 55 nella Sardegna.
L'eloquenza di queste cifre mi pare gia grandissima. Ma vi ha
— 367 - '
di piu: il numero delle condanne e illusorio, poiche moltissime-
fra queste non sono che assoluzioni larvate; infatti, per effetta-
delle attenuanti e scusanti, la Corte e costretta sovente a pro-nunziare una semplice pena correzionale. Cosi non si applicano
quasi mai le pene corrispondenti ai reati, ed il codice rimane-
lettera morta.
Ad esempio, nel distretto di Catania nel 1880, fra 394 giudicatvdalle Assise 126 furono assoluti, ma, ci6 che e ancora piii grave,de' 266 condannati, soli 30 riportarono i lavori forzati a vita, e-
60 .a tempo, mentre 48 fra essi erano accusati di omicidio qiia-
lificato, 82 di omicidio semplice, 3 di grassazione con omicidio,
80 di altre grassazioni, i quali reati sarebbero stati tutti punibilicon quelle pene. Dunque fra 213 condannati, solo 90 ebbero le-
condanne corrispondenti ai loro misfatti! Similmente nel distretto
di Venezia, fra 16 dichiarati rei di assassinio solo 1 riport6 con*
danna capitale ed 8 furono condannati a perpetuita; dunque, circa
la meta degli assassini ottennero pene temporanee! Nel distretto '
di Torino, si ebbero dalle Assise 279 condanne criminali, I0O
correzionali e 95 assolutorie. E mentre vi erano stati 21 assas-
sinii e 9 venefizii, le condanne a morte non furono clie 7. Nel
distretto delle Puglie si riconobbe la piena reita secondo la defi-
nizione del reato, solo izel 9 0\0 degli accusati di omicidio quali-ficato. Per gli altri la pena di morte che avrebbe dovuto essere-
inflitta fu mutata: nei lavori forzati a perpetuita in proporzione del
38 0^0, nei lavori forzati a tempo in proporzione del 45 OpO,in penacorrezionale pel resto. Nel distretto di Messina fra 222 accusati
in Corte di assise, 67andarono assoluti, e fra 138 condannati,
59 non riportarono che pene correzionali. Nella Eomagna le Cortii
di assise condannarono un poco piii della meta degli accusati,
cioe 147 fra 279, ma fra quei 147 ve ne furono 59 che ripor-'tarono solo pene correzionali o di polizia, vere assoluzioni ma-
scherate, da aggiungersi alle 132 assoluzioni complete. Nel di-
stretto di Parma le attenuanti furono concesse in ragione del
69 OjO. In quello di Brescia fra 13.0 condannati, 107 ottennero
* - 368 —
le attenuanti e 47 riportarono pene correzionali. Ed e anche no-
tevole che fra -7 accusati di omicidio premeditato, uno solo ri-
port6 condanna capitale! Ed e ancora piu grave che nel Geno-
vesato, fra 34 accusati di omicidio qualificato, si ebbero solo 3
•condanne corrispondenti, cioe 1 a morte e 2 a perpetuita, e che,fra 188 accusati, 100 ottennero le attenuanti!
Infine, in tutto il Eegno, nel 1880, fra 640'accusati di omi-
cidii qualificati per cui vi fu giudizio in Assise, 307 furono pro-
sciolti, e degli altri, soli 67 furono condannati a morte, mentre
'237 ottennero le attenuanti per cui la pena fu commutata in
perpetua, 302 furono condannati a pena criminale temporanea, e
34 a pena correzionale!
E degli accusati di GRASSAZIONECONOMICIDIC-(in totale 146),
•-oltre 53 prosciolti, a 42 fu inflitta una pena TEMPORANEAe a 2
una pena CORREZIONALE!
Dunque la societa non e piu ne pure difesa dai LADRIOMICIDI,
riconosciuti, dichiarati tali in giudisio; ogni anno le nostre pri-
gioni si aproho, e per la compiuta espiazione della pena, ne ri-
mandano un buon numero liberi nella societd!
Senza dubbio si hanno anche verdetti buoni, giusti, morali,
rna cio, che dovrebb'essere la regola, e divenuta 1'eccezione; co-
•sicche, anche ne' casi di maggior evidenza, vi e a tremare per
1'impunita di uno scellerato. L'ansieta con cui da tutti, magi--strato e pubblico, si aspetta il verdetto, non e minore in questi
•casi; e cio prova che niuna fiducia si ha nei giudizii popolari:sfiducia rivelatrice d'incertezza di pena, dunque, di speranza pei
malvagi. E tanto cresce questa speranza quanto e migliore la con-
dizione pecuniaria e sociale delUaccusato, ovvero maggiore la sua
coltura ed astuzia. Certo vi hanno persone immorali nelleclassi
superiori che si astengono dal delitto solo per la vergogna della.
imputazione e la jrubblicita del giudizio. Ma si domandi poi a
costoro se essi se ne astengono perche temono realmente di essere
condannati dal giuri! Essi risponderanno con un sorriso di cui
ciascuno intendera il significato, poiche ciascuno ha coscienza della
_ 369 —
facilitadi sedurre un giuri che in parte si elegge dallo stesso accusato
eche con la meta dei voti o delle astensioni ha il diritto di affermare
1'innocenza di un reo confesso, di un reo sorpreso in flagranza! (1)
In alcune parti dltalia 1'ufficio di giurato si considera come
un ufficio lucroso; nelle provincie meridionali e uno spettacolo
frequente quello di accusati di omicidio apparfcenenti alle classi
possidenti, ed in Sardegna essi sono talvolta financo grassatori.
Nulla di strano dunque che un giurato siciliano siasi DOLUTOcoh
un deputato perche un certo processo, A DIFPERENZADI ALTRI, NON
AVEVAPRUTTATONULLA AI MEMBRI DEL GIURI! (Belasione della
Giunta parlamentareper Vinchiesta sulle condizioni della Sipilia).Da una parte dunque la disonesta, dalTaltra 1'ignoranza! Spesso
non resta al Pubblico Ministero che lo scegliere questa per non
incontrarsi in quella !
In ogni caso, le sorti dei giudizii sono imprevedibili. Ecco quello
che ne pensano due nostri eminenti magistrati:« Sarebbe inutile non ammettere che per tutti coloro, i quali
hanno continuamente mano in questi dibattimenti giudiziari e li
vedono svolgersi avanti agli occhi sotto le loro fasi diverse, non
debba essere eausa di sopra-pensiero lo awertire, che dai risul-
tati accidentali dell' urna, dalla cura piii o meno solleeita, con
la quale siano stati distribuiti gli avvisi ai giurati, dalla mag-
giore o minore possibilita materiale, e diciamo anche dalla di-
sposizione/personale a comparire, e infine dalla definitiva com-
posizione del seggio, subordinata a tante eventualita, e non pre-
vedibili, ie molte volte prevedute e pensate, dipenda essenzialmente
1'esito dei giornalieri dibattimenti» (2).
(1) « A Potenza il 16 dicembre 1879 fu preparato da un oste una gran ta-
volata pei giurati, gli amici e gi'imputati, di cui si attendea 1'assoluzione,sebbenesi trattasse di una adultera e di un drudo confessi delFomicidio del
marito di quella. Ed infatti, giurati, imputati assolti e pubblico gia plaudente
nell'udienza, furon visti a banchettare insieme' dopo 1'assoluzione ». TURIELLO,
op. oit., pag. 338. ,
(2) BORGNINI,Discorso inaugurale alla Corte di Napoli, 1880. ~
GAROPAI.0. — 24.
— 370 —
« La giuria e una di quelle istituzioni, che.per poter funzio-
nare bene, han bisogno di molte condizioni, le quali debbono essere-
'prese in serio esame. E un meccanismo, che si muove a disagio,quandonon si guardi, quasi direi, alla manutenzione de' varii con-
gegni; e una pianta che non attecchisce e non prospera quandonon respiri in un ambiente omogeneo alla sua vita; e insomma
come ogni ente organieo che vive una vita malata, quando non:
siano sani gli organi vitali. Vero e che 1'organismo di codesto
ente e un po' troppo complicato, forse sta in ci6 precisamente il
suo difetto; che un istituto il quale abbia bisogno di non pochecondizioni essenziali, la cui esattezza dipenda tutta dal modo come
vengono attuate, rischia, appunto per ci6, di funzionare poco-bene » (1).
Certo, le cose andrebbero meglio, se, oltre ad una maggior di-
ligenza e attivita nella composizione delle liste de' giurati, sj, ado-
perasse una sorveglianza continua su di essi, dopo il sorteggiOje s'impedisse loro rigorosamente di parlare con chicchessia fin
dopo il termine della causa, come si fa in Inghilterra. Inoltre,
1'attitudine e la pazienza"del presidente nel dar loro le istruzioni,
la chiarezza dei termini con cui egli faccia il riassunto e formuli
le quistioni, sono spesso una condizione del retto giudizio.Ma allora 6 giusto esclamare con un nostro pubblicista: « Qual
natura di giudici 6 questa, che si 6 costretti sempre con tanto
meccanismo di forma, con tanta perdita di tempo a vigilare, cu-
stodire, istruire, ammonire, affiche non divergano a destra e a
sinistra, non si lascino corrompere, non irridere? » (2).La forza dei pregiudizii, specie de' pregiudizii politici, spiega il
atto che, malgrado 1'infelice esperimento fattone dal]1860 fim
oggi, 1'Italia non abbia ancora abolito il giuri. S' intende che a
molti quest'abolizione possa parere poco opportuna. Alcuni dotti,
(1) G. MIRAGLIA, Discorso inaugurale alla Corte di Trani, 1881.
(2) PAVIA, Studi sulla criminalita italiana nel 1881 — Arch. di psicli.,scieme pen., ecc, vol. iv, fasc. 1°.
— 371 —
parecehi pubblicisti, numerosi awocati e forse anco qualche ma-
gistrato, sono ancora oggi convinti della sua importanza in un
paese libero.
Ma una cosa veramente inconcepibile e il non essersi finora
udita ne pure una voce in Parlamento per chiedere almeno qualcheriforma a cosi fatta istituzione.
Ho gia fatto un accenno alle cautele che si usano in Inghil-
terra e che sarebbero tanto piti necessarie in Italia dove e mag-
giore lo spirito d'intrigo, minore 1'antipatia pei delinquenti.
La segregazione assoluta dal momento del sorteggio a quello
del giudizio sarebbe di gran giovamento. Se essa fosse stabilita,
apena di nullitd, si vedrebbero ridotti ad uha sola seduta, pro-
tratta pure fino a tarda sera, molti di quei processi che nelle
nostre aule teatrali sogliono durare per due o tre settimane, e
di cui ogni seduta e occupata da una sola arringa di due o tre
ore, dopo la quale 1'udienza e sciolta e la continuazione rimandata
al di seguente, per comodo dei signori awocati e per rispettare
l'ora comune del pranzo. Solo in caso d'incidenti inaspettati o di
un numero eccessivo di documenti o di testimoni, dovrebbe essere
permesso 1'interrompere il dibattimento, per poche ore stretta-
mente necessarie al riposo. •
La cosa e incomoda senza dubbio e, per non aver noie, more
solito, in Italia si preferisce lasciare il giurato per dieci o quin-
dici giorni in balia di ogni seduzione. Ma altro e il dire che la
cosa sia incomoda, altro e il dirla impossibile. Che sia possibile,
se ne ha la prova dall'Inghilterra la quale non indietreggia in-
nanzi alla terribile difficolta di segregare i giurati e fornirli di
candele!
Ed ora indichiamo alcune altre proposte di meno difficih ese-
cuzione, perche non richiedono assidue cure, ma soltanto qualche
articolo di legge.
Quasi- tutti quelli che hanno trattato 1'argomento del giuri con-
vengono nel credere molto utili le seguenti riforme:
1° La esclusione, secondo il sistema inglese, dei delinquenti
— 372 —
confessi dal giudizio dei giurati, perche cessino almeno le piiiscandalose assoluzioni; 2° La restrizione del diritto di ricusa dicui si awalgono i difensori per escludere dal giuri gli elementi
migliori; 3° La estensione delpotere del Presidente di annullare o
sospendere le deliberazioni evidentemente erronee dei giurati; 4° Lanullitd delle schede bianclie le quali non dimostrano altro che la
pusillanimita o 1'ignoranza del giurato e che, non si sa per quale
motivo, si computano sempre a favore delFaccusato, contro la vo-
lontd del giurato, il quale, con la scheda bianca, intende mani-
festamente astenersi dal votare; 5° La facolta data ai giurati di
dichiarare non provata la reitd, nel qual caso potrebbesi, in seguitodi nuova istruzione, ripetere il giudisio (1).
(1) « Poiche la formpla del non liquet condusse i nostri maggiori alTerrore
di applicare una condanna che non fosse dovuta, noi 1'abbiamo senz'altro ban-
dita dai nostri giudizii; ed abbiamo equiparato aU'innocente chi nonepiena-mente dimostrato colpevole, stabilendo che contro costui non vi puo esserernai
altro procedimento, quando anche sopravvenissero prove di reita evidenti ed'
indiscutibili.
« Mario Pagano, mentre pur segnalava gli errori delTantico diritto penale,accennava al bisogno di garentire meglio la societa dalle assoluzioni per in-
sufficienza di prove; mentre pure si animava di nobile sdegno contro le pene
straordinarie, e contro 1'illogica transazione che le faceva applicare quando non
si aveva la piena prova, scriveva non di meno le seguenti parole:« Ma per.che piu sicura potesse la societa riposare, il reo indiziato e non
convinto si potrebbe esiliare per sempre dal regno, lasciandogli aperto il campodi potere ad evidenza la sua innocenza provare, e di riprendere i dolci diritti
del cittadino ».
« Certamente non v'e alcuno oggi che oserebbe chiedere altrettanto; ma se
il buon senso dice che chi e nel dubbio non delibera ne pro ne contra, perchenei tribunali deve. prevalere il principio , che il dubbio sulla reita importi pro-nunzia di assoluzione? Quando si dubita non si pud ne si deve condannare,
ma non si pu6 ne si deve affermare l'innocenza. Chi dubita pu6 dire solo non
liguet; e farebbe cosa illogica rispondendo condemno; come fa cosa illogica di-
cendo dbsolvo;
.« E tanto- piu e censurabile il principio « in dubio absolvendumn inquanto
— 373 —
Tutti gli uomini serii farebbero plauso a tali riforme, le quali
per6 sarebbero da considerarsi solo come Hprimopasso verso l'a-
bolizione completa del giuri pei reati comuni. In quanto ai prin-
cipii liberali, essi rimarrebbero intatti, come non hanno sofferto
nulla daLVabolizione della Guardia Nazionale, che pure considera-
vasi come il palladio della liberta. Questa e per6 scomparsa senza
altra. conseguenza che la cessazione di un obbligo noioso ed inutile
pei cittadini. I cittadini che pagano per la sicurezza e la giustizia
soeiale, non possono essere costretti a fare da soldati in tempodi pace, in presenza di un regolare esercito nazionale, ed a fare
da giudici in presenza di funzionarii espressamente a ci6 educati.
La Guardia Nazionale fu gia abolita come un non senso, ma
essa almeno era innocua; — il giuri e anche un non senso, ma
estremamente dannoso.
Quanto al giurl tecnico, esso potrebbe rendere utili servigi nelle
cause in cui si disputi intorno al]a esistenza di un veleno, alle.
che non 1'abbiamo seguito costantemente, ma soltanto nei pobblici giudizii,cioe appunto la d'onde avremmo dovuto escluderlo.
« Nella sede istruttoria abbiamo conservata la formola della insufficienza d'in-
clizi, ed essa produce due conseguenze, la prima che soprawenendo nuove provesi pu6 riaprire il procedimento, la seconda che al nome delTimputato 6 segnatonel casellario 1'addebito pel quale venne indiziato.
« Fra i molti inconvenienti, che nascono da questo sistema, se ne suole spesso
notare uno gravissimo.« Due individui vengono imputati di uno stesso reato. Per uno che 6 meno
indiziato si dichiarano nel periodo istruttorio insufficienti le prove, e per 1'altro
piu indiziato si ordina il rinvio a giudizio. Innanzi al giudice di merito le
prove del processo scritto rimangono quali erano, cioe ne indebolite ne awa-
lorate, e poich6 gli elementi che furono bastevoli a rinviare l'imputato al giu-dizio non sono bastevoli a farlo condannare, la sentenza e di assoluzione. Contro
1'assoluto non e piu possibile di riaprire procedimento, n6 6 lecito prenderenota de.1nome di costui nel easellario; epper6 il meno indiziato dei correi resta
sotto la minaccia di altro processo e con un addebito nel casellario, il piuindiziato resta immune dalTuna cosa e dall'altra ». COSENZA,Diseorso inau-
gurale in S. Maria C. V., 1884.
— 374' —
conseguenze di una ferita, alla inanifestazione della pazzia. Un
giuri di chimici, di chirurgi, di alienisti darebbe in questi casi
maggiori garanzie di qualsiasi tribunale. Esso dovrebbe essere
convocato dallo stesso magistrato, sia d'ufficio, sia sulla domanda
della difesa, purche quegli ne riconosca 1'utilita; ma il suo c6m-
pito dovrebbe essere limitato alla definizione del punto contro-
verso, intomo a cui la sua decisione sarebbe inoppugnabile. II
magistrato non piu giurista, ma statista, sociologo, psicologo ed
antropologo farebbe il resto. Infine, il giuri comune potrebbe con-
servarsi per tutti quei reati politici che sono fuori la cerchia
propria della criminalita, ed in esso il cittadino troverebbe la
vera garanzia contro possibili arbitrii politici.
Io non discuto ne pure 1'idea puerile che il giuri pei reati co-
muni sia una garanzia del cittadino contro il Governo. E neces-
sario un grande sforzo dlmmaginazione per figurarsi un ministro
di grazia e giustizia il quale si prefigga lo scopo di far condan-
nare per furto, per falsita, per omicidio coloro che non hanno
commesso codesti reati, invece dei Veri colpevoli da lui celati e
protetti! Ne meno ai tempi della piu dura tirannia i Governi si
valsero di armi siffatte per discreditare e perseguitare i loro ne-
mici politicL Una polizia troppo zelante pote inventare cospira-
zioni inesistenti, ma il calunniare onesti cittadini con false accuse
di reati infamanti, ci6 non si e veduto giammai. Nessuno Stato
si abbassa ad arti cosi vergognose. Ma, data pure al tempo nostro
la possibilita di un Govemo di tal fatta, credesi forse che i dodici
oscuri cittadini del giuri non potrebbero essere sedotti dalle blan-
dizie governative al pari dei magistrati permanenti ?
Informi la storia della giustizia inglese nei processi politici ai
secoli XVI e XVII ed in particolare alTepoca di Carlo II e Gia-
como II.
CAPITOLOIII.
L'INEFFICACIA DEL PEESENTE SISTEMA EEPEESSIVO.
« Unzweifelhaft hat unser bisherigesStrafsystem Bankerott gemacht ».
P. v. H. (in una lettera privata).
Aumento della criminalita in Prancia, Belgio, Italia, Prussia, Austria e Spagna— Aumento assoluto dei delitti — Aumento della piu grave criminalita —
— Aumento delle recidive — II mestiere del delinquente valutato economi-
camente — Probabilita d'impunita — Modi di evitare la pena o di renderla
illusoria — Pena ricercata — Teoria della proporzione fra 1'attivita illecita
e 1'attivita onesta — Patti che la smentiscono — La crkninalita dei secoli
passati— La selezione ha puriflcato la razza.
La critica fatta fin qui ai principii teorici che informano la le-
gislazione, la giurisprudenza e la procedura penale* non 6 mossa
da un solo desiderio di dare una base piu salda alla scienza dei
-delitti e delle pene, sottraendola a ci6 che potremmo chiamare
metafisica giuridica, ponendola in armonia colle scienze naturali,
•collocandola infine al vero suo posto, che e quello di un ramo
della sociologia. Queste esigenze teoriche non sono altrimenti la
sola cosa da cui fu resa cosi belligera la scuola criminale posi-tiva. Da un'altra parte ci e venuta la spinta piii energica che ci
infervora alla pugna: uno spettacolo assai doloroso, una vergogna-del tempo nostro, 1'aumento costante, avvertito da circa un terzo
di secolo in quasi tutta Europa, ed i.n Italia in particolare, di
quella' specie di reati che rappresentano per noi la criminalita na-
turale.
La coincidenza fra la data da cui comincia a divenire sensi-
-bile quesfaumento ed il trionfo teorico e pratico delle dottrine
— 376 —
plu perfezionate del diritto penale per opera di quella scuola che
abbiamo chiamata classica, fa* sorgere spontanea una domanda r
Queste dottrine sono esse del tutto estranee al triste fenomeno ?
Se lo scopo ultimo del diritto penale e la prevenzione dei de-
litti, e se, contemporaneamente alFapplicazione de' suoi principii,la marea criminosa ha cominciato a salire, seguendo, con un mo-
vimento progressivo, quello della scienza giuridico-penale, non e
forse lecito conchiudere che la diga da questa opposta e debole
e quindi inutile? E questfeffetto negativo non si risolve forse in
una vera azione positiva, poiche il seme criminoso si propaga e
diffonde in ragione inversa dell'energia degli ostacoli che incontra?
Ne si dica che nuove cause siano sopravvenute, poiche ci6 non
potrebbemaiscusarela scienza se,in presenza delle causenuove, essa
non ha saputo modificarsi. «II nostro presente sistema penale ha
fatto(bancarotta », tali sono le parole che un illustre giurista te-
desco mi scriveva a proposito del volume da me pubblicato nel
1880. E tal'e la confessione che 1'evidenza dei fatti strappa ai pe-nalisti piu coscienziosi.
Fatti accorti del valore dell'argomento, i nostri avversari co-
minciano oggi a negare la costanza dell'aumento; essi provansiad attenuare il significato delle cifre, e con distinzioni sottili rie-
scono a presentare ai loro lettori un quadro, se non roseo, almeno
non rattristato da tinte troppo fosche, da linee troppo lugubri-Alcuni di essi, pur confessando Faumento, sostengono che esso
non debba preoccupare la societa, poiche vedono nella cresciuta
attivita criminosa la necessaria correlazione alla cresciuta attivita
onesta.
Prima di esaminare simili argomenti, e mestieri dimostrare al
lettore le ragioni del nostro allarme.
— 377 —
AUMENTO DEI DELITTI E DELLE RECIDIVE.
La statistica penale francese di circa mezzo secolo (1826-1878)^ci porge i seguenti dati:
Gli stupri e gli attentati al pudore sono cresciuti da 136 ad
809; gli assassinii, da 197 a 239; gYincendii, da 71 a 150;
gYinfanticidii, da 102 a 219. I crimini contro la proprieta sono»
diminuiti solo apparentemente, perche si e di molto esteso il si-
stema della corresionaligsasione. Fra' delitti, le percosse e feriiesonosi raddoppiate; i furti sempliciiel pari; triplicate le truffe;
sestuplicati gli abusi di fiducia; infine, cresciuti da 302 a 2572*:
gli oltraggi al pudore in pubblico. Non aggiunger& le cifre che
riguardano le ribellioni e gli oltraggi a funzionarii, enormemente-
cresciuti, perche questa specie di reati possono in parte avere ca-
rattere politico; ne quelle che riguardano 1'aumento straordinario-
degli adulterii, perche questi sono fuori il campo del delitto na-
turale da me definito.
La somma complessiva dei delitti comuni e triplicata, mentre
la popolazione non e aumentata che di circa due decimi, poicheVera di 31 milioni nel 1826 e di 37 milioni nel 1880. La crimi-
nalita e dunque cresciuta in rapporto enormemente maggiore della
popolazione (1).II punto di partenza per la statistica delle recidive e il 1851;
(1) Pare che la progressione ascendente non tenda ad arrestarsi. Nel 1881
vi fu un lieve ribasso nella piu alta criminalita, tosto compensato da un au-
mento abbastanza sensibile (286 crimini su 3,358) nel seguente anno 1882.
In questo si trovano raddoppiati i parricidii e i veneflzii, quasi raddoppiatii
gravi ferimenti ed abbastanza cresciuta la cifra degli stupri, delle falsita, dei'
furti qualiflcati, degli abusi di fiducia. Pra' reati correzionali segnano nel 18821
un aumento notevole i furti, le ferite, gli attentati al buon costume, le frodi.
agli albergatori (Journal offkiel, 13 mars 1884).
— 378 '—
anno in cui furono stabiliti i casellarii giudiziali. Ora, dal 1851
al 1880, il Ministero della Giustizia presenta un quadro da cui
apparisce il regolare aumento annuo che porta la cifra della re-
cidiva correzionale dal 21 al 41 per 100, e quella della recidiva
criminale dal 33 al 50 per 100 (1). E si noti che nel frattempo
(30 maggio 1854), una legge stabiliva la pena accessoria della
perpetua rekgazione pei condannati a piii di otto anni di lavori
forzati, ci6 che escludendo le possibilita di recidiva di questi con*
dannati, rende maggiore 1& proporzione reale deU'aumento delle
recidive nei condannati ad altre pene criminali (2).Anche nel Belgio 1'incremento della criminalita si scorge ab-
bastanza spiccato dal 1850 al 1875; da una media di 20428 con-
-dannati nel primo periodo, si passa nell'ultimo a quella di 25072.
Dal 1832 al 1839 furono 557 in mediaannua gli accusati di cri-
mini; 1218 dal 1840 al 18*9; 2576 dal 1850 al 1855; 2771 dal
(1), L'aumento e continuato negli anni successivi. Infatti, nella relazione ci-
tata poc'anzi del Journal officiel trovo che nel 1882 la recidiva correzionale
e giunta al 44 0[0 e la criminale al 52 OjO. « La recidive, dice il ministro,
eontinue sa marehe envahissante... L'accroissement du nonibre des malfai-
ieurs en etat de recidive legale est, en dix annees, de 39 0\0, pres des delix
cinquiemes ».
(2) REINACH, Les recidivistes, pag. 57 et 58. Paris, 1882.
La progcessione della recidiva correzionale e rappresentata negli ultimi anni
dalle seguenti cifre:
Nel 1872 . 57,118» 1873 ....... 61,428» 1875 67,991» 1878 69,956» 1879 70,555
Circa un terzo (*) de' recidivi del 1879 aveano subito condanne per truffe,
furti, ferimenti, percosse; ed un quinto per vagabondaggio, oltraggio al pudoree mendicita (pag. 106). %
(*) L'A. scrive « un quarto », ma la proporzione esatta e indicata dalle sue
. stesse cifre.
— 379 —
1856 al 1860; 2813 dal 1861 al 1867; — la media dei giu-dicati per delitti e ascesa, da 23564 nel primo periodo, a 37462
nell'ultimo. La progressione e continuata negli anni 1868-75, in
cui e stato anche piii sensibile 1'aumento dell'alta criminalita, ec-
cedente di molto quello della popolazione (1).Ed e notevole in particolare 1'aumento degli omicidii che dal
1841 al 1868 hanno oscillato fra 40 e 70 alTanno; mentre dal
1868 al 1875 si sono mantenuti sempre al disopra delFultima cifra
accostandosi a quella di 100 ed anche superandola.La proporzione dei recidivi ha raggiunto innanzi alle Corti d'as-
sise il 56 per 100 nel 1870, ed il 52 per 100 nel 1873. La
media calcolata su tredici anni (dal 1868 al 1880), e del 42 per100. Negli anni 1874-75-76 vi fu notevole diminuzione, ma nel
1879 si ritorn6 alla proporzione del 49 per 100 (2).La Prancia, il Belgio e 1'Italia hanno legislazioni penali, se
non identiche, certo non molto dissimili. Ho avuto opportunita di
notare precedentemente come, nonostante alcune divergenze di prin-
cipii, le dottrine penali che vi s'insegnano riescano a conchiusioni
uniformi, salvo in qualche materia, ad esempio quella del tentativo.
Anche la procedura e quasi identica in codesti tre paesi: co-
sicche potremmo limitarci ad esaminare in essi gli effetti del si-
stema repressivo dominante in Europa; ma non sara inutile il sa-
pere che la criminalita e in aumento anche in Prussia, in Austria
e Spagna. Nel primo di questi Stati, il numero dei detenuti nel-
1'anno 1878-79, confrontato con quello medio degli otto anni ul-
timi (1871-1878-79), e cresciuto in ragione del 13.3 per 100.
Dal 1854 al 1878 vi e stato aumento molto sensibile negli omicidii,
infanticidii, ferimenti (3); nel complesso, i reati contro la vita,
(1) Rapporti sulla statistica penale belga citati da BELTKANI-SCALIA, La rif.
penit. — V. anche A. AGTOLIA, LHmpotemadellarepressionepenale, 1884.
(2) JTotizie ricavate dalla relazione delTon. DE EENZIS sul bilancio delTin-
terno, 1884.
(3) Per darne una idea, gli omicidii, che nel 1854 erano 242, giungevano,•con aumento progressivo, a 518 nel 1880.
— 380 — :•.•'
per cui nel 1854 vi era una istruzione su 34.508 abitanti, da-
vano nel 1878 una istruzione su 26.756 abitanti (W. STARKE,Verbrechen und Verbrecher in Preussen).
In Austria e in continuo aumento la recidiva (dal 42 per 100 nel
1871 al 45 nel 1880); ed in particolare quella dei giovani al di-
sotto dei venfanni.
Nella Carinzia, dal 1859 al 1881, vi e stata progressione co-
stante che ha portato i crimini e delitti da 1.186 a 2.326 (V. Bi-
vista pen. Vol. xvi, fasc. 3° e 4°).Nella Spagna la recidiva dei maschi, che nel periodo 1859-
1862 era del 10 per 100, 6 ascesa, nel periodo 1879-81, al 24
per 100. Dal 1875 al 1880 vi e cresciuto, inoltre, di piu del
terzo, la somma totale degli affari criminali; da 94.574 nel primo
periodo, a 146.277 nel secondo. Dal 1868 al 1874 le condanne
a inorte furono 159, le esecuzioni 50; dal 1875 al 1881 le primefurono 213, le esecuzioni 125. Cio prova 1'aumento dei piii atroci
misfatti.
Passiamo ora alFItalia. Dal libro di Beltrani-Scalia tolgo il se-
guente quadro comparativo fra gli anni 1863 e ,1869:
GKASSAZIONI
CORTE DI ASSISEJ^_ ^a^
(Giudizii in contradditorio)1863 1869 1863 1869
Reati giudicati . 1753 2440 2388 3290
Individui giudicati 2424 3216 4149 5097
Liberati . 638 726 983 1176
„3 (a morte 54 83 17 28
J jai lavori forzati a vita 158 236 95 109
•-| j
a pene criminali temporanee . . . 1092 1556 2270 2663
6 ( ad altre pene 482 616 784 1121
- 381
Specie piu gravi.
1863 1869 1870
Parricidii 12 22 34
Coniugicidii. — 15 38
Infanticidii 44 52 51
Fratricidii . •. — 18 30
Altri omicidii qualificati 285 419 450
Alla eloquenza di queste cifre e inutile aggiungere altro. Esse
dimostrano che nello spazio di sette anni la piu alta criminalita
e cresciiita in modo spaventevole. Non possiamo confrontare tutte
queste cifre con quelle degli anni successivi. Ci limiteremo a darne
qualcuna del 1880: — gli omicidii giudicati furono 2882 (com-
presi pochissimi in contumacia); — gl'individtii accusati di questi
omicidii, 3721. Puronvi 104 condannati a morte, 428 a perpe-
tuita; le specie piii gravi furono 39 parricidii, 92 coniugicidii,82 infanticidii, 705 assassinii (compresi i tentati e mancati). L'au-
mento, come si vede, non si e punto arrestato nel decennio 1870-
1880.
Che' se ora vogliamo rivolgere lo sguardo alquanto piu indietro,
per acquistare la persuasione della esistenza di una o piu cause,non eccezionali ma costanti dell'incremento, troveremo: che dal
1850 al 1860 la cifra annua dei reati punibili con pena capitale«ra in media di 640, e quella dei reati punibili coi lavori for-
zati a vita, di 976. — Nel decennio successivo 1860-70, la primacifra trovasi cresciuta a 784, la seconda a 1601. Vi e stato dunqueaumento del 22 per 100 pei reati capitali, e del 64 per 100 per
gli altri (1), e si noti che nel frattempo la penalita era stata
(1) BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 96.
— -382 —
considerevolmente mitigata dalle leggi del 1859 e del 1861, co-
sicehe molti reati punibili con la morte o con pena perpetua erano
scomparsi dal novero. L'aumento reale fu dunque maggiore di quello
gia gravissimo che risulta da tali cifre.
Esaminiamo infine il movimento della nostra '<criminalita negliultimi anni.
. Le Sezioni di accusa erano investite:
nel 1874 di 17.718 procedimenti criminali (1).1875 » 18.618 »
1876 » 18.043 »
1877 » 18.637 »
1878 » 19.951 »
In quesfultimo anno i crimini superarono dunque di 2.233
quelli del 1874 e si pervenne a questo punto con due sbalzi no-
tevoli, l'uno di 900 nel 1875, 1'altro di 1.314 nel 1878. •
II sistema delle nostre statistiche muta dal 1879 (2) e diventa
impossibile il fare confronti esatti fra quei cinque anni e gli nl-
timi tre dei quali si hanno notizie. Nondimeno si pu6 affermare
che nel 1879 e nel 1880 vi fu una straordinaria eccedenza, dopo<la quale per un anno vi fu diminuzione.
I reati definiti dalle Sezioni di accusa furono infatti:
27.800 nel 1879
28.733 » 1880
24.966 » 1881 <3).
Questa diminuzione osservata nel 1881, e dalle notizie che si
(1) Annmrio statistieo italiano, anno 1883 — GiustMa civile epencde,
paxte II, tav. v.
(2) Op. e loc. cit., Avvertema alla parte 2a e nota 1* alla tav. x. —V. anche
Stat. pen. del 1880, introduz., pag. LXXXVI.
(3) Ann. stat. cit., tav. x.
— 383 —
poterono fin qui racoogliere, continuata nel 1882, pu6 aversi in
-conto di un presagio favorevole? Non pare, quando si consideri
che alcune fra le specie piu orribili di misfatti hanno continuato
la loro triste progressione. Cosi le grassazioni con omicidio (non
comprese quelle della Toscana) da 88 nel 1879, ascesero nel 1881
a 115. Quanto agli omicidii qualificati, la diminuzione e troppolieve per avere alcun significato, poiche da 761 nel 1879 non si
e discesi che a 721 nel 1881. Ed e anche, in proporzione, poeO'sensibile la decrescenza degli omicidii semplici: da 2373 nel 1879
a 2040 nel 1881 (1). Maggior divario si ha nelle specie minori,
ed e soltanto con ci6 che i nostri avversarii possono giustificarele loro esclamazioni di gioia! Poca cosa in verita, quando si con-
sideri che il lento abbassarsi del livello per quesfanno 1881 non
e che il compenso dello straordinario rigonfiamento dei due o tre
anni precedenti (2), e che, tolti questi di mezzo, la progressionecrescente segue il normale suo corso cominciato da piti di 20 anni!
Ed eccone la prova, fornitaci dalle statistiche carcerarie, nelle
quali vi e maggiore uniformita. (Annuario stat. ital., anno 1883,
Garceri, tav. 1»).
(1) Queste cifre sono quelle delle sentenze delle Sezioni d'accusa pronmiziate
nell'anno* (Ann. stat. cit., pag. 32, tav. x).
(2) Dal 1878 al 1880 i condannati dalle Corti di assise crescono da 6394
a 7805; i condannati a pene criminali, da 4816 a 5832; per reati contro le
persone, da 2484 a 3189; per reati contro la proprieta, da 3110 a 3655
(Stat. pen. cit., pag. xcvi-c).
'— 384 —
CONDANNATI
ANNI alcarcere alle casedi pena ^. custodiaai bagni : -
maschi femmine maschi femmine masclii femmine
1862 9300 5393 344 352 38
1863 10424 778 9300 7116 443 359 30
1864 10738 604 9823 7110 545 436 44
1865* 12456 660 9823 7168 554 449 50
1866 14821 806 11694 7040 583 477 54
1867 14217 840 11835 7246 491 632 64
1868 12830 841 12874 9007 563 660 59
1869 13909 917 13401 9168 589 640 65
1870 13688 827 13910 9263 590 640 62
1871 15794: 966 15309 10146 664 715 75 ,
1872 14680 1075 15813 11067 767 821 75
1873 15002 1085 15859 11190' 833 801 75
1874 15890 1326 16124 11974 812 906 50
1875 17176 1205 16698 12135 1019 751 116
1876 13307(« 937 4) 17197 12416 1059 723 109
1877 16217 1151 17320 12749 1021 946 120
1878 12808(2 1010«) 17260 (?) 11805(2) 993(2) 940 107
1879 15574 . 1219 17576 12334 1087 947 . 73
1880 18928(3)1435(3) 17716 12550 1179 852 58
1881«) 17729 13109 1183 902 58
1882 W -..- 17715 13524 1299 937 53
(1) Diminuzione da attribuirsi all'amnistia del 2 ottobre.
(2) Diminuzione da attribuirsi all'amnistia del 17 gennaki.
(3) Questfaumento dipende in parte dalla maggior estensione della cita-
zione diretta e direttissima.
(4) Le cifre relative agli anni 1881 e 1882 sono state tolte dalla Sta-
tistica delle carceri pubblicata nel 1884.
— 385 —
. Questo quadro ci mostra il costante aumento del numero dei
condannati a tutte le diverse pene carcerarie per una serie di 20
anni, salvo le femmine condannate alle case di custodia. Noh vi
ha notevole interruzione nel movimento ascendente, salvo neglianni 1876 e 78, per effetto naturale di amnistie che condonarono
le brevi pene e ridussero le lunghe.La cifra totale dei condannati ai lavori forzati e alle altre
pme criminali era dunque di 15037 nel 1862; essa si e piu che
raddoppiata in 20 anni, poiche e giunta a 32538 nel 1882.
I condannati a vita offrono il seguente aumento (1):
Anni Bagni Case di pena
maschi femmine
1870 2810 86 49
1871 3062 63 61
1872 3142 68 74
1873 3213 75 82
1874 3356 75 86
1875 3752 88 96
1876 3884 85 109
1877 4170 94 117
1878 4437 100 114
1879 4437 112 152
1880 4569 118 175 .
1881 4803 191
1882 5003 195
1883 5159 204
La somma totale nel 1870 era dunque di 2945 condannati a
vita; nel 1883 essa ascende a 5363: dunque in 13 anni si e
quasi raddoppiataJ
(1) Ann. cit., tav. xn.
GAUOFALO. •— 25.
— 386 —
E vero che i nuovi entrati negli anni 1882-83 furono in nu-
mero alquanto minore dei precedenti sei anni, ma questa lieve di-
iminuzionenon ha impedito 1'aumento progressivo della popolazionecondannata a perpetuita, poiche, mentre la;media degli entrati
edi 540, la media dei morti non e che di 160 alFanno (1).Gli abolizionisti della pena capitale e i teneri mitigatori di
:tutte le pene hanno ripreso coraggio in questi ultimi tempi pelidecremento osservatosi nelle cifre della piu alta criminalita dal
1881 al 1883. Ter quanto riguarda il 1882 notavasi una dimi-
nuzione di 100 omicidii, di 4092 ferimenti, di 256 grassazioni e
di 64 rapine; « nel totale — diceva l'on. relatore — i danni
recati ai cittadini coi reati contro la proprieta ebbero una signi-ficante diminuzione poiche scemarono della somma diL. 1,380,211».
Ma il prof. Ferri in un articolo pubblicato nella Bassegna del
24 aprile 1883, prendendo occasione da tale relazione, metteva
in guardia 1'opinione pubblica contro la possibilita di un soverchio-
ottimismo e di una soverchia mitezza penale e riduceva 1'irapor-tanza dei ribassi della criminalita negli ultimi due anni, facendo
notare « I. Che insieme a quei ribassi nella piti grave criminalita
si era pure verificato nel 1882 un aumento di 33 estorsioni e cli
362 furti qualificati, aumento la cui importanza cresce quandosi osservi che se si opponesse alla sola diminuzione degli omicidii^
e ferimenti, sarebbe in relazione colla nota legge statistica di
compensazione , per la quale, di regola, quando diminuiscono i
reati contro le persone aumentano quelli contro le proprieta e vi-
ceversa; mentre invece il rialzo di estorsioni e furti qualificatisi oppone e fa grave contrasto anche al ribasso di reati analoghi,cioe grassazioni e rapine; II. Che i ribassi nei piii gravi reati
contro lepersone scemano d'entita se si confrontano col totale
degli stessi reati in cui essi sono avvenuti, giacche la diminu-
(1) V. relaz. dell'on. DE RENZIS sullo Stato di previsione della spesa clel
Min. deWint. pel 1884-85, pag. 5.
— 387 —
\ione di 100 si e verificata in una somma di 2180 omicidii sco-
perti e quella di 4092 ferimenti in un totale di 30,578; e che
il ribasso fo.rte delle grassazioni (di 256 sopra 761) e eliminato
dall'aumento nell'enorme cifra dei furti qualificati (362 su 14,434);III. Che anche queste cifre consolanti hanno un terribile riscontro
in quelle dell'aumento cosi grande nei condannati a vita; IV.
Infine, che questi ribassi hanno troppa probabilita di essere quellesolite annuali oscillasioni, che, nella mancanza di una serie di
statistiche italiane, non indicano per se sole un costante miglio-ramento o peggioramento nella vita criminale del paese ».
11 giorno seguente, nella Camera dei Deputati, a chi richia-
mava 1'attenzione del Parlamento sulle tristi condizioni della nostra
criminalita, gli on. Pierantoni, Curcio e il Ministro dell'Interno ri-
spondevanoche questi lamenti erano infondati e che le condizioni del-
1'Italia erano, anzi, di molto migliorate in quanto alla delinquenza.II Curcio credeva che il numero dei condannati a vita fosse
aumentato: 1° per il contingente dei condannati a morte ai qualisi commuta la pena; 2° per l'aggravamento di un grado portatodalla recidiva, il cui numero e legalmente cresciuto per la mag-
giore regolarita con cui si tiene il casellario giudiziale; 3° perla maggiore sollecitudine delle Corti di Cassazione nel deliberare
sui ricorsi dei condannati, ci6 che si traduce in un contingente
maggiore inviato annualmente ai bagni.II Ferri con un importante articolo pubblicato poco stante (1)
mostrava che la terza ragione messa in campo dall'on. Curcio non
poteva che spiegare in parte il fatto delFenorme e progressivo
aumento dei condannati a vita. Infatti, egli non trovava nella
statistica decennale delle carceri una diminuzione costante nel nu-
mero dei condannati in attesa di colhcamento tale da far riscontro
al costante aumento dei condannati a vita.
(1) La criminalita in Italia « la relazione JDeBenzis, nell'Areh. di psieh.,
antrop. crim. e scienze penali, vol. iv, fasc. 2".
— 388 -
Quanto alle altre ragioni, esse non possono avere influenza con-
siderevole: l9 perche il numero dei graziati e stato sempre gran-dissimo in Italia e corrispondente in media ai 9T10 dei condan-
nati a morte; 2° perche nulla ci dice che in questi ultimi annila recidiva legale sia cresciuta per la maggiore regolarita dei re-
gistri. L'aumento della recidiva, anziche a tale ragione, pu6 es-
sere dovuto ad « un vero aggravamento e quasi concentramento
di criminalita ».
Del resto il Ferri dava una risposta categorica a chi sosteneva
essere un segno significante di miglioramento la diminuzione os-
servata negli anni 1881 e 82 in confronto del 1880. Egli mo-
strava che un analogo decremento era gia avvenuto negli anni
1875 e 76 di fronte al 1874; che ponendo da parte gli anni di
straordinaria recrudescenza, il livello della criminalita continua
a salire, perche il numero dei condannati nel 1882 (salvo una
leggiera eccezione per le Assise, dipendente forse dal rinvio piii
frequente degli accusati ai Tribunali Correzionali) (1), e ancora
piii alto di quello che non fosse nel 1876; — e che infine, la
delinquenza totale del triennio 1880-82 e notevolmente superiorea quella del triennio 1874-76 tanto pei Tribunali Correzionali che
per le Corti di Assise. Le quali asserzioni sono fondate sulle se-
guenti cifre:
(1) Ho gia fatto notare nel capitolo che tratta della procedura la ragioneche consiglia le Sezioni di accusa a fare largo uso della facolta di correzio-
nalizzazione.
389
INDIVIDTJI CONDANNATI
IT A LIA dai dalle
Tribunali Correzionali Corfci d'Assise
(1* istanza) (contradd0 e contuma)
1874 63932 7497
1875 61196 7238
1876 55933 6682
1880 92869 9048
1881 77345 8017
1882 64781 6144
m , , , ( 1° triennio . . . 181061 21417Totale del
2° triennio . . . 234995 23209
E conchiudeva:
« I. Che, dunque, se negli ultimi due anni abbiamo avuta una
diminuzione, pur notevole, di criminalita, tuttavia essa non si pu6considerare che come una delle solite oscillazioni annuali, qualisono evidenti, per esempio, nella statistica francese in un periododi 53 anni, ove pure le annuali e saltuarie diminuzioni non hanno
impedito 1'enorme aumento di criminalita, quasi triplicata in quel
paesedal 1826 al 1880, e che noi vivamente auguriamo di vedere
risparmiato alla patria nostra (1).II. Che, come soggiacevano a pericolose illusioni i singoli Mi-
nistri di Francia, che salutavano ognuna di quelle diminuzioni
annuali, come il principio di un'epoca di rigenerazione criminale
(1) Anche 1' on. DE EENZIS nella sua relazione del 1884 dice (pag. 16) :
« TJn miglioramento si scorge ne' delitti, ma il cammino discendente e TROPPO
IRKVE perche possa contentarci interamente o darci arra sicura per 1'awenire ».
- 390 —
del loro paese, mentre pochi anni dopo i fatti venivano'a smen-
tire quelle rosee previsioni; cosi per noi, non solo sarebbe peri-coloso 1'abbandonarsi ad un facile ottimismo per qualche beneficio
isolato e saltuario, ma e anche difficile il non vedere che gliultimi ribassi della criminalita hanno questo di poco consolante,che essi, per esempio, non ci hanno ridato nel triennio 1880-82
(e si noti che il fatto sta anche solo per il biennio 1881-82 ed
anzi per ogni singolo anno) non ci hanno ridato quella condizione
meno grave di criminalita che pure avevamo avuta per un'altra
delle soiite oscillazioni, nel triennio 1874-76 od anche in ognianno di quel triennio ».
Ed anche io, studiando su' discorsi inaugurali del P. M. rela-
-fcivi agli anni 1878-79-80 aveva fatto osservazioni analoghe, de-
sumendo dai miei dati che il decremento in alcune specie di
misfatti osservato nel 1880 non aveva punto compensato 1'aumento
dei due anni precedenti, non avendo ricondotto la criminalita alla
misura che avea preceduto quello sbalzo sproporzionato ed ecce-
zionale (1).Credo poter conchiudere da tutto cio che mal si appongano co-
•loro che da un'accidentale oscillazione vogliono trarre argomentodi decantare le migliorate condizioni d' Italia in fatto di crimi-
nalita, dimenticando una progressione di 20 anni, e, ci6 che e
piii grave, dimenticando. che questa oscillazione non ha neppure
per un solo anno ricondotto la criminalita al livello ov'essa era
non piti che dieci anni fa.
Noi dunque, fino a tanto che cio non accada, continueremo a
^sostenere che la criminalita in Italia e in aumento progressivo,e che, in confronto dei periodi osservati, le brevi interruzioni della
progressione non hanno alcun valore.
Ci mancano i mezzi di fare confronti con lunghi periodi prece-
(1) GAROFALO, La criminalita in Italia negli anni 1878, 79 e 80, nel-
VArch. di psich., ecc, vol. 2", pag. 371.
— 391; —
denti, cio che in Francia e possibile. Come si e veduto, e diffi-
^jile risalire in Italia pituinnanzi del 1863. Nondimeno, da qualche
sparsa notizia si puo arguire che prima< di, quell'epoca la crimi-
nalita fossemolto minore, specialmente nei reati contro le per-sone. Abbiamo gia mostrato come gli assassinii siano cresciuti
nel ventennio 1850-70. Nelle provincie napoletane 1'aumento dei
reati di sangue fu rapido dopo il 1861, ma pure le cifre altis-
sime continuarono sempre a progredire lentamente. L'Italia me-
ridionale non offri dunque negli anni 1877-78-79 lo spettacolo di
repentino aumento dato dalla parte settentrionale e centrale; e non
1'offri perche non poteva, essendo gia in azione tutte le sue forze
^d attitudini criminose.
Un esempio del modo come i reati di sangue crebbero nella
citta di Napoli, e dato da una notizia statistica dell'ospedale (1)ove per solito si conducono i feriti e contusi. I primi per lo piusono vittime di delitti, i secondi di disgrazie. Or bene, il numero
di questi ultimi non ha variato sensibilmente nell'epoca precedentee in quella seguente il 1860. Viceversa, prima di quesf anno non vi
era che una media di 50 feriti; oggi la media e di 80, e si noti che
la popolazione della citta non ha avuto che un lievissimo incremento.
I confronti fra le nostre statistiche e quelle pubblicate dai ca-
4uti Governi d'Italia prima della costituzione del nuovo regno,riuscirebbero assai dolorosi. « Essi proverebbero che in certe. pro-
vincie la grave delinquenza, la delinquenza che mostra rilassa-
mento ne' sacri vincoli di famiglia, brutale malvagita, sfogo di
basse passioni, era in proporzioni piii piccole; ma proverebberoaltresi che si era molto piti severi nel colpire i rei e meno inchine-
voli ad una indulgenza morbosa » (2).Ne dar6 un saggio relativo alle province napoletaiie, nelle quali
fu sempre gravissima la crimihalita.
(1) E una istituzione dell'Arciconfraternita dei Pellegrini.
(2) BELTRANISCALIA, op. cit., pag. 97.
— 392 —
Prentlo a caso la statistica penale del regno di Napoli pubbli-cata nel 1835 e riguardante 1'anno 1833 comparato al 1832. Bi-
sogna limitare il confronto ai maggiori reati giudicati allora dalle
Grandi Corti Griminali, oggi dalle Corti d'Assise dei distretti
di Catanzaro, Napoli, Trani ed Aquila, il cui territorio corri-
sponde a quello delUantico regno. II termine di confronto ci sara
dato dalla statistica del 1880.
REATI GIUDICATI ANNO 1832 ANNO 1833 ANNO 1880
Omicidii con premeditazione
ed altre qualifiche ... 169 205 378
(fra cui (fra cui5 parricidii) 18 parricidii)
Furti o grassazioni con omi-
cidio » 40 44
Omicidii semplici .... 669 696 1061
(compresigVinvolontarii)
Queste cifre sono abbastanza eloquenti ed esse confermano la
prima asserzione di Beltrani-Scalia. La seconda, relativa alla mag-
giore severita della repressione, e avvalorata dal sapersi che i
condannati a morte nel 1833 furono 95, mentre nel 1880, con
un numero quasi doppio di omicidii qualificati, non ve ne furono
che 49.
Ci basti questo rapido sguardo dato ad un'epoca alquanto re-
mota, per mostrare che in quel tempo, con minore civilta, con
maggiore rozzezza ed ignoranza di plebi, la razza dei delinquentiera meno numerosa o meno audace.
- 393 —
CRIMINALITACOMPARATADELLTTALIA E DEGLIALTRI STATI D'EUROPA.
Potrebbe ora accadere che la sosta osservata per gli ultimi anni
nel climax della grave criminalita perduri alquanto e che le
cifre complessive di un decennio non superino quelle del prece-dente. E ,questa una ipotesi che, per le osservazioni fatte poc'anzi,non sembra punto probabile. Ma se pure essa si realizzi, la sosta,od anche una lieve diminuzione, non varrebbe a temperare la triste
impressione che produce lo spettacolo della criminalita italiana
in confronto di quella degli altri paesi d'Europa. L'anormalita
delle nostre cifre e tale che e impos3ibile sperare di vederle di-
scendere ad un livello quasi eguale a quello delle altre nazioni
civili, fino a tanto che non si muti affatto la qualita delle armi
imbelli con cui oggi si combatte il delitto.
Queste cifre maravigliano pel lorovalore assoluto, primache s'isti-
tuisca qualsiasi confronto. Non si pu6 non provare una sensazione
dolorosa nelPapprendere dalla statistica del 1880 che, in un solo
afano,si giudicarono in Italia 1939 omicidii improvvisi, 705 assas-
sinii, 39 parricidii, 82 infanticidii, 25 venefizi, 92 coniugicidii,530 ferimenti gravissimi (1), e 93 grassazioni con omicidio.
E si noti che queste cifre riguardano quei soli reati dei qualisi ordin6 il giudizio in Corte di Assise. Ad esse bisogna aggiun-
gere altri 150 omicidii consumati, 51 tentati, 4 parricidii, 5 in-
fanticidii, 7 venefizi, 1 assassinio, 34 tentati e 14375 ferimentit,
giudicati correzionalmente (Stat. penale del 1880, Tav. VIII).Ne tali cifre danno un'idea di tutti i delitti scoperti, ma sol-
(1) Appartengono alla categoria di quelli che producono malatlie insana-
bili, perdita o debilitamento di organi, deturpamento permanente. Ed ancora
di questi una parte proporzionalmente piccola e rappresentata da quei 530 fe-
rimenti giudicati dalle Assise. Gli altri, in gran numero, si rimandano ai Tri-
bunali correzionali, e diventa impossibile distinguere i gravi dai lievi.
— 394 —
tanto di quelli de' quali fu possibile scoprire e perseguitare gliautori.
II quadro che piii si accosta alla realta delle cose e quello che
presenta la statistica deH'Ufficio d'istruzione pei procedimenti esau-
riti nel corso dell'anno medesimo (esclusa la Toscaua): omicidii
volontarii semplici e ferimenti seguiti da morte, 2085; — omi-
cidii tentati o mancati, 1205; —parricidii, 58; — parricidii ten-
tati. o mancati, 34;; — infanticidii, 248; — infanticidii tentati
o mancati, 36; — venefizii, 75; — venefizi tentati o mancati,
101; -^ assassinii, 609; — assassinii tentati o mancati, 794; —
ferite e percosse volontarie, 35280; — grassazioni, ricatti, estor-
sioni, rapine con omicidio, 415; — grassazioni, ricatti, ecc, senza
omicidio, 2917; — furti qualificati, 50545; — furti qualificati
tentati, 4437 (Tav. V, pag. 81).Se qui le tinte sono soverchiamente fosche' perche molte de-
nunzie di tentativi di omicidio, grassazioni e f urti qualificati as-
sumono aH'esito della istruzione carattere meno grave, le tinte
delle statistiche dei giudizii sono soverchiamente pallide percheescludono i reati di cui gli autori rimasero ignoti, ovvero non fu-
rono raggiunti da indizii sufficienti per potersi proseguire il pro-cedimento. Le dichiarazioni di non luogo per simili motivi rap-
presentano, nell'intera somma de'procedimenti passati per l'Uf-
ficio d'istruzione, una media del 30 o 31 per 100.
Ma sugli omicidii consumati non pu6 cader dubbio, ed essi (esclusi
gli involontarii) ascesero a 3490* a cui bisogna aggiungerne 136
per la Toscana, cosicche la cifra totale degli. uomini che caddero
trucidati fu di 3626, ed anche maggiore, se si considera chemolti
reati, i quali col titolo di omicidio od assassinio sono oggetto di
un processo unico, poterono produrre piu di una morte.
Fa fremere in particolare la notizia che, in un sol anno, fra
le! 36#6: vitfcime di omicidio doloso, circa, 700 siano state' assas-
sinate CONPREMEDITAZIONE,e 415 da GRASSATORI!E fa rabbrivi-
dira il pensiero che circa 60 persone all'anno perdono la vita PER
MANO DE' PROPRII PIGLI !
— 395 -
Questa larga fiumana di sangue innocente che scorre perennesulle nostre zolle dovrebbe rappresentare per noi una vergognaben maggiore di una perduta battaglia, come, con uno splendidoslancio oratorio, diceva in Parlamento un egregio deputato sici-
liano (1). E, potrebbe aggiungersi, un disastro piu terribile di
una inondazione del Po, o di un tremuoto dlschia. Le lacrime
delle migliaia di vedove e di orfani che il pugnale dell'assassino
fece diventar tali, sono sparse per tutta Italia, e non si ode il
coro dei lamenti come sulle ruine di Casamicciola. Ma la stati-
stica concentra quella somma di dolore che la geografia disperde.Accanto a quattromila uomini trucidati in un solo anno e ad
un numero molto maggiore di uomini che soffrono per gravi
ferite, la statistica ci fa vedere 14 milioni di lire, perduti per
grassazioni, estorsioni, rapine , furti, truffe, incendi. E d' altra
parte essa ci mostra 63 milioni (2) annualmente tolti dal Go-
verno ai cittadini per essere impiegati in questa lotta contro il
delitto, lotta che da cosi splendidi risultati! (3).La nostra umiliazione non potra che crescere quando, lasciate
•da parte le cifre assolute, avremo fatto il confronto con le altre
nazioni civili.
Impareremo allora che gli omicidii costituenti crimine sono in
Italia cinque volte piii numerosi che in Francia (4) e nove volte
piii che nel Belgio.E « questa proporzione acquista una sempre piu grande impor-
tanza quando si tiene presente che il numero dei reati sfuggiti
(1) L'on. Di EUDIW, il di 11 febbraio 1879.
(2) BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 345.
(3) BELTRANfcScALiA, op. cit., pag. 344.
(4) Nel 1882 gli omicidii volontarii giudicati dalle Corti francesi furono 601;
iii Italia 2882, cifra in cui sono inclusi anche i ferimenti seguiti da morte ed
omicidii preterintenzionali, che in Prancia furono 105. Tenuto conto della ri-
spettiva popolazione dei dae paesi, vedesi che in Prancia per ogni milione cli
abitanti si giudicano in un anno 18 lj2 di tali misfatti, in Italia, 102.
. _ 396 —
all'azione della giustizia e molto piu alto in Italia che. nei due
paesi ora indicati» (1). Infatti, fra 10 mila denunzie e querele
prodotte nelTanno 1875, non ne furono portate in giudizio, per-che jgnoti gli autori od insufficienti gFindizii, che 3733 in Italia,3199 in Francia, 2106 nel Belgio (2).
Ne si creda, come si fa da molti, ehe 1'enorme eccedenza sia tutta
ne'reati d'impeto, poiehe negli omicidii qualificati o premeditatinoi superiamo ancora da 3 a 4 volte quelle due nazioni (3).
Ancora men lieto 6 il confronto con le altre: noi abbiamo 1
condannato per omicidio su 8,135 abitanti, mentre 1'Austria ne
hauno per 24,980, la Prussia per 42,966, 1'Inghilterra per 132,791,1'Irlanda per 84,419, la Svezia per 22,487, la Danimarca per
111,474 (4).L'eccesso deintalia suiringhilterra. e straordinario: e del 16
ad 1. E sembrera ancora maggiore, quando si aggiunga -il mag-,
gior numero dei rei sfuggiti alla giustisia che furono, nel medesimo
anno, su 10 mila, in Italia 4952, in Inghilterra 3247 (5).
Ne, infine, riesce assai piu favorevole per noi il confronto delle
cifre di tutta quanta 1'alta criminalita, quella che e oggetto di giu-dizii in Corte di assise.
Su 100 m. abitanti 1'Italia ne ebbe 37.18 accusati dxcrimini;la Francia, 11.81; 1'Austria, 17.10; laBaviera, 17.69 (6). II con-
fronto con 1'Inghilterra non e qui possibile per la diversita del si-
stema giudiziario, non esistendo ivi i Tribunali correzionali a cui
si rimanda un gran numero di crimini con attenuanti.
(1) BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 86.
(2) Idem, pag. 66.
(3) Idem, pag. 85. Per quanto riguarda la Prancia, sappiamo che nel 1880
vi furono giudicati 194 assassinii, mentre in Italia nello stesso anno furono 705.
La popolazione della Prancia e di 38 milioni; di 28 quella deEltalia.'(4) Idein, pag. 92. Questo confronto e fatto coi dati .del 1875.
(5) Idem, pag. 70. .
(6) Stat. pen. pel 1880, pag. XLVL
— 397 - .
Questi cenni sono sufficienti per dare un'idea delle condizioni
anormali della nostra criminalita.
Daro ora una nuova pruova della inefficacia del nostro sistema
repressivo.La criminalita italiana presenta grandi divarii a seconda delle
regioni; sia per causa di clima che per eausa di razza: cio e a tutti
noto, e non e mia intenzione il cominciare qui uno studio compa-rativo delle diverse parti d'Italia in rapporto alla delinquenza, poi-che ci6 mi condurrebbe troppo lontano.
Bastera il dire, con le parole di un egregio cultore di sociologia,che « se si divida 1'Italia in tre zone, nella settentrionale, nella
centrale e nella meridionale, si osservera che la media dei piii
gravi reati di sangue, degli omicidii, nella prima zona per 100 m.
abitanti era, nel 1864, di 3.20, oscillando da un minimum di 2.12
nel Veneto ad un maximum di 3.91 nel Piemonte. Questa media
sale nella seconda zona a 9.87, oscillando tra 14.03 nelTUmbria e
5.49 nella Toscana. Dolorosamente la media di questo nefando reato
ascende nell'ultima zona a 16.42, oscillando tra 8.82 nelle Puglie
e 44.42 nella Basilicata » (1).Le statistiche penali hanno sempre confermato il primato che
neJ reati di sangue spetta al mezzogiorno dltalia. Per darne un
esempio, 1'ultima, quella del 1880, ci apprende che, mentre nel
distretto della Corte di Appello di Venezia, che ha 2,642,807
abitanti, furono giudicati dalle Assise 12 omicidii qualificati e
26 semplici, nel distretto di Catanzaro, la cui popolazione 6 mi-
nore della meta (1;206,302), gli omicidii qualificati giudicati fu-
rono 74, i semplici 238 (2).
Ora, e strano il contrasto che presentano le cifre delle assolu-
zioni. Mentre le Assise di Venezia assolverono il 26,31 per 100
accusati del primo reato, e il 40 per 100 accusati del secondo,
(1) TAMMEO, I delitti, pag. 43. Napoli, 1882.
(2) Stat. pen. del 1880, pag. 462-465.
— 398 —
le assoluzioni furono in Catanzaro, rispettivamente, il 24,79 e il
17,17 per 100 (1). Analoghi confronti potrebbero farsi fra altri di-
stretti con analoghi risultati.
Ci6 mostra che lo scoprimento piu facile degli autori, ovvero la
maggiore severita della repressione, non giova punto a far decrescere
quei misfatti nelle Calabrie, mentre nel Veneto essi sono incom-
parabilmente minori, nonostante 1'impunita di un numero, pro-
porzionalmente, assai maggiore di rei. Imperciocche le cifre che ho
citato, relative al 1880, non sono gia la rappresentazione di un
fatto accidentale, ma trovano il loro esatto riscontro in quelle
degli anni precedenti.
Dunque le pene minacciate non agiscono alPeffetto della pre-
venzione, od agiscono in troppo scarsa misura. Dunque 1'andamento
della criminalita e quasi indipendente dalla maggiore o minore
certezza della pena. Dunque i criterii di questa sono falsi e bi-
sogna sostituirgliene altri.
La pena temporanea e.il marcio del sistema. Non mi si osservi
che i crimini di cui ho parlato teste sono punibili con la morte
o coi lavori forzati a perpetuita. Ci6 e scritto nella legge, ma
non accade nel fatto. Le attenuanti, che si accordano dai giuratiin proporzione di circa 1'80 per 100, fanno punire con pene tem-
poranee e talvolta correzionali, omicidii ed anche assassinii. Ne
ho recato qualche esempio nel, capitolo precedente. Basti il ri-
cordare che nel 1876 furono puniti corresionalmente dalle Assise
51 OMICIDII QUALIPICATIed 8 GRASSAZIONICON OMICIDIO, e nel
1880, rispettivamente, 34 e 2. Che, fra 621 nel 1875 e 640 nel
1880 riconosciuti rei di OMICIDIOQUALIFICATO,soli 63 furono con-
dannati a morte e 239 a perpetuita. Che di 158 e 146 GRASSA-
TORIOMICIDI,70 e 42 non subirono che pene temporanee! (2).La pena in Italia non e dunque neppure un mezzo eliminativo
(1) Stat. cit., pag. LX e LXI.
(2) Ann. stat, Giust. pen., tav. xn.
— 399 -
riservato almeno ai piu terribili fra' delinqueriti. Essa non rap-
presenta che un castigo, proporzionato, secondo le idee della scuola
classica, al male che si e fatto ed al grado della responsabilitamorale. Ma, dato alla pena questa pura e semplice natura di ca-
stigo, come si pu6 preteridere che essadistolga dal delitto, quandoil castigo si sfida, sia perche esso non prevale sulla passione, sia
perche apparisce un troppo ridicolo spauracchio ?
EECIDIVE.
Queste considerazioni si possono applicare a tutta quanta ia
criminalita. Abbiamo veduto, dall'alto in basso, il suo spaventosoincremento. Ma il fenomeno che in esso e piu significante e il
crescere della recidiva.
Ho gia fatto cenno deiTaumento che essa ha avuto in Francia.
Da noi esso non e, come ivi, gigantesco; nondimeno 6 tale da
preoccupare seriamente.
Dall875 all878 i recidivi condannati dai Tribunali correzio-
nali sono aumentati del 17,3 per 100 al 23,0.
Quelli condannati dalle Assise, che nel 1876 erano il 10 1]2
p. 100, nel 1878 salivano al 13, e nel 1880 al 21 1T2 p. 100 (1);
dunque, in soli quattro anni, aumento di piu del doppio.Su' condannati a' bagni fu notato in un eguale periodo, dal 1872
al 1875, un aumento di recidivi del 17 al 21 per.100 (2).
Infine, dalTanno 1870 al 1879, mentre i condannati per una
sola volta crescevano nella proporzione di 100 a 121, i recidivi
entrati nei bagni e nelle case di pena si aumentavano nella pro-
porzione di 100 a 176 (3).
(1) Stat. pen. 1880, pag. 514, 515 e 516.
(2) BELTRANI-SCALU, op. cit., pag. 215.
(3) Ne'bagni e nelle case di pena 1'aumento complessivo dei recidivi, fra il
1870 e"il"I880, e stato dal 15)71 al22,76 per 100. Relaz. delVon. DETRENZIS,
pag. 29, 1884.
— 400 —
In alcuni luogni e straordinario il concentrarsi sempre mag-
giore della criminalita nei medesimi individui. Ebbi cosi a no-
tare che nella provincia di, Bologna, in soli quattro anni, i reci-
divi, i quali precedentemente superavano di poco il terso degli
imputati giudicati dal Tribunale correzionale, crebbero cosi da
superarne considerevolmente la meta. Eccone la progressione:
Anni hnpnlati Becidiri
1879 975 374
1880 1144 494
1881 1076 456
1882•
980 548 (1)
Quesfesempio di rapido concentramento non ha forse riscontro
in Italia, ove il fenomeno della recidiva presenta da regione a
regione enormi divarii. Perche se ne abbia un'idea, sappiasi che
le Corti di assise de'distretti di Napoli e Cagliari ebbero rispet-
tivamente sul numero de' condannati 1'11 e il 12 p. 0{0 di re-
cidivi, nello stesso anno in cui quelle di Brescia e di Casale ne
avevano il 40 ed il 44 OTO(2).Ci6 puo spiegarsi con la qualita dei delitti che predominano
nelle diverse-regioni, essendo in alcune specie molto piil facile e
comune che nelle altre la recidiva. Ed anche, con la regolaritadei registri e la diligenza degPimpiegati nel fare le ricerche (3):
'infine, con la facilita di mutare nome od assumere quello di per-sona onesta. A quesfultimo proposito uno scrittore francese nota
che la recidiva apparente e molto inferiore alla reale. Gran nu-
mero di condannati mutano paese e nome, e, muniti dell'atto di
(1) V. la mia Melazione statistica per la circoscrizione di Bologna, 1883.
(2) Stat. cit., tav. XVIII. '
(3). Piu volte nelTesercizio delle mie funzioni mi e accaduto di sospettareche un imputato fosse recidivo non ostante il certificato negativo, e, fatto fare
nuove ricerche, la recidiva e saltata fuori.
— 401 —.
nascita di una. persona onqrevole, sono sicuri di non essere piuriconosciuti. L'atto di nascita stabilisce legalmente 1'identita, beh-
che chiunque abbia il diritto di farne estrarre uno qualsiasi dai re-
gistri dello stato civile.
« Mourez dans votre lit — prosegue quello scrittore — et quevotre deces soit dument enregistre a la mairie de votre domicile,un faussaire n'en pourra pas moins s'emparer de votre nom et le
deshonorer apres votre mort.
« Bienheureux s'il ne le fait pas de votre vivant! Cest ainsi
que dernierement un malfaiteur deja marie, apres s'etre fait de-
livrer, moyennant 2 fr. 50 de timbre, 1'acte de naissance du comte
de V., reussit a epouser devant M.r le maire, sous son nouveau
nom et avec tous ses titres nobiliaires, une riche heritiere de
province. II fallut, pour que 1'imposture fut decouverte, que la
premiere femme vint reclamer ses droits.
« Mais combien n'ont ni femmes, ni parents pour devoiler leurs
supercheries!... Trente fois par jour la police et, apres elle, la
justice, acceptent, faute de mieux, des etats civils douteux.
«...Des personnes competentes estiment qu'il y a peut etre a Paris
lOm.etrangers expulses de Prance a differentes epoques et qui y sont
revenus sous des noms d'emprunt Dans les prisons de Paris on
reconnait par jour jusque a six, a huit, « chevaux de retour »
comme ayant donne un faux nom et, de 1'avis des personne compe-
tentes, plus des 3^4 reussissent a tromper l'habilete des agents » (1).Se ci6 avviene a Parigi dove la polizia e bene organizzata ed ha
fiuto ed attivita non comune, s'immagini che cosa debba avve-
nire nei nostri grandi centri, come Napoli, Milano, Eoma (2),
(1) A. BEBTILLOH, Question des recidivistes; Bevue politique et litteraire.
Paris, 28 avril 1883.
(2) Si pu6 anche farsene unMdea da cio che accade nelle provincie ove la
difficolta di celarsi in tal modo e certo mille volte maggiore. Posso assicurare
•che nel circondario di Santa Maria Capua* Vetere e accaduto piu di una volta
di trovare macchiata da qualche strana condanna il certificato di persona' ono-
revole, il cui nome era stato asaunto da un malfattore, certamente recidivo.
GAROFALO. — 26.
- 402. —
con la nostra polizia, sfornita dimezzi.pecuniarii e composta di a-
genti giovani, punto esercitati e continuamente traslocati da un capoalFaltro dltalia ! Si pu6 supporre ragionevolmente che un numeromolto maggiore di antichi delinquenti figurino quali delinquenti no-vizii e che pertanto la recidiva reale superi di molto quella legale.
IL MESTIEREDEL DELINQUENTEVALUTATOECONOMICAMENTE.
Un altro scrittore francese concludeva il suo quadro della crinii-
nalita con queste parole « di colore oseuro » :
. « La criminalite se localise en devenaht une carriere Le
malheur est que le metier de malfaiteur soit devenu bon, qu' il
prospere, comme le prouve 1'accroissement numerique des delits
et des prevenus, mgme abstraction faite des recidivistes et des
recidives... A. quoi cela tient-il en general qu'un metier quelcon-
que soit en voie de prosperite ? D'abord, a ce qu'il rapporte da-
vantage ; puis, a ce qu'il coute moins ; enfin, et surtout, a ce que
1'aptitude a 1'exercer et la necessite de 1'exercer sont devenus
moins rares et 'plus frequentes. Or, toutes ces circonstances se
sont reunies pour favoriser Vindustrie perticuliere qui consiste a
spolier tous les autres... Les profits se sont accrus et les risquesont diminues, au point que dans nos pays civils la profession de
voleur a la tire, de vagabond, de faussaire, de oanqueroutier frau-
duleux, ete., sinon d'assassin, est une des moins dangereuses et
des plus fructueuses qu'un paresseux puisse adopter » (1).La cosa non va diversamente in Italia.
I lucri sono vistosi. Si e gia detto che, in un anno, la somma
de' danni pecuniarii e ascesa a 14 milioni di lire (2). — Questa
(1) G. TARDE,La statistique crim. dudemier demi-siecle; Revne philosoph.,
janvier 1883.
(2) Sono esclusi dal computo i danni delle hancherotte. Questi 14 milioni
non riguardano che furti, truife, grassazioni, ecc.
— 403 —
somma e dunque passata nelle mani de' ladri, frodatori, grassa-
tori, e solo in piccola parte restituita.
, Nei giudizii di Corti d'assise riguardanti reati contro la pro-
prieta, i giurati ammisero 1'esistenza di 6 milioni e 124 mila lire
di danni, mentre ne dichiaravano colpevoli 4290 accusati, cio clie
importerebbe una media di circa 1400 lire sottratte da ciascun
ladro (1). Se si calcola che circa il 60 0[0 degli autori di furti
rimangono ignoti o vengono assoluti per difetto di prova, si vedra
che il mestiere e- realmente superiore a quasi tutti gli altri,
specie se'si tien conto dell'impossibilita per un operaio onesto
di ottenere in una volta una somma che superi il salario d'una
settimana.
Le probabilita d'impunita sono tante che chi non abbia altro
niotivo per astenersi dal delitto veramente non pu6 lasciarsi disto-
gliere dal pensiero della pena.II numero dei rei che sfuggono alla giustizia, sommati insieme
quelli fin da principio ignoti, quelli per cui gl'indizii non furono
creduti sufficienti e quelli infine che furono assoluti in giudizio,
pu6 valutarsi in Italia intorno al 55 per 100 (2).
Dunque il delinquente, specie se ladro, grassatore, frodatore,
falsificatore, poiche questi reati danno maggior contingente di au-
tori ignoti, ha piu di 5 probabilita contro 10 di non essere pu-
nito, quand'anche il reato sia stato scoperto e se ne sia fatto de-
(1) Statist. pen. 1880.
(2) Ed invero, i giudici istruttori rendono ordinanza di non luogo per in-
sufficienza d'indizii pel 30,91 OjO degl'imputati. Ora, per quanto riguarda i
crimini, si aggiunga a questa cifra percentuale il 7,37 delle Sezioni di accusa,
e il 24,43 0^0 delle accuse respinte da' giurati. Si calcoli, inoltre, sul 10 per 100
diannullamenti in cassazione, di nuovo il 24 OrO di assoluzioni nel giudiziodi rinvio. Per quanto riguarda i giudicahili da' trihunali, hisogna aggiungereal 30,91 0x0 il 14,19 di assoluti in prima istanza, ed il 18,05 in appeEo; in-
fine, sulla somma delle procedure annullate in cassazione, si calcoli la identica
cifra percentuale di assoluzioni nel nuovo giudizio.
— 404 —
nunzia, cio che nei furti, truffe, appropriazioni indebite, ecc, non
accade neppure la decima parte delle volte (1).II rischio dello scoprimento e remoto, quello della condanna poco
meno.
Dopo il primo giudizio, pei condannati daile Assise, ci e la
speranza delFannullamento e, quindi, della assoluzione in un nuovo
giudizio; infine, la speranza della grazia (ed ho mostrato quale-abuso se ne faccia in Italia) che riduca o temperi la pena; e, peicondannati dai Tribunali correzionali, ci e 1'appello che, come si
e veduto, sospende 1'esecuzione della sentenza e lascia in liberta
provvisoria chi vi si trova. E, dopo la conferma in appello, il
qondannato pu6 ricorrere in Cassazione e rimanere cosi libero peruno o due anni dopo il primo giudizio.
Quando, alla fine, le cose gli vanno a male, egli, se dimora in
una grande citta, poco o punto noto, e non tenuto d'occhio dalla
polizia, potra ricorrere al mezzo di cui si e parlato teste e vivere
sicuro all'egida di un nome intemerato.
Bisogna dunque dire che non si entra in carcere senza molta buona
volonta! (2).Ma la buona volonta non manca in parecchi, e d'altra parte i
recidivi in alcuni reati e gli ammoniti non sono ammessi a liberta
provvisoria. Cosi si spiega che le carceri correzionali siano popolate.
Ma, per questa gente, recidivi, ammoniti, che cosa vogliono dire
tre o sei mesi di carcere ?
(1) MINZLOFF (Oaratteri della classe delinquente, nel Messag. giur. di Mosca,
fasc. 10, 1881) calcola all'82 per 100 il numero totale dei delinquenti che
rimangono impuniti.
(2) II TIJRIELLO, citando il caso del prete De Mattia che gode della liberta
provvisoria fin che la causa fu considerata correzionale e fuggi poi, appena di-
ventb criminale, dice: « Cosi si provo che non ci e modo, con la trama delle
leggi che ahbiamo, di pigliare i ricchi ed i potenti malfattori, salvo fbrse
qualche caso di fiagranza di un misfatto evidentissimo ». — Governo e gover-
nctti, cap. 3°, pag. 338, in nota.
— 405 -
E nota la canzone siciliana:
Cu' dici mali di la Vicaria
(prigioni di Palermo)Cci farrissi la facci feddi-feddi.
(a fette).Cu' dici ca la carcere castia,
Comu vi 'ingannati, puvireddi!
(poveretti).
E quesfaltra:
Qua sol trovi i fratelli e qua gli amici
Danari, hen mangiare e allegra pacePuori sei sempre in mezzo ai tuoi nemici;
Se non puoi lavorar muori di fame! (1).
Suppongasi che ad un uomo delle classi superiori si infliggacome pena il non potere uscire per qualche settimana dal club
ove passano le loro giornate e serate quasi tutti i suoi migliori
amici, insieme ai quali egli possa fare, il suo pranzo, giuocarealle carte o a bigliardo e passare il tempo nel modo meno noioso.
Chi nqn ridera se, per un simile castigo, si pretenda che quel
signore non ricominci la sua vita usata e non ritorni a far quellecose appunto per le quali fu punito?
Ora, il caso 6 precisamente identico per gli ospiti abituali delle
carceri. Essi sono la coi loro amici, coi loro compagni; hanno al-
loggio e vitto gratuito; contraggono nuove relazioni che loro po-tranno essere utili per 1'avvenire. Miglior albergo non desiderano:
essi non mangiano ne dormono meglio nelle loro case.
Ne la cosa e diversa nei bagni. I vecchi malfattori, dopo una
vita agitata e faticosa, non celano punto la loro soddisfazione pel
gradjto ostello da essi alla fine meritato.
E: quanto a quelle spaventose fatiche de' galeotti, oggetto tal-
(1) LOMBROSO,Uomo delinq., pag. 218. Torino, 1878.
— 406 —
volta della commiserazione de' romanzieri sentiinentali che non
hanno mai visitato un bagno, sappiasi che i piu sono occupati alle
maglie! Si confronti la durezza di questo lavoro con quella degli
operai negli opifizii o dei contadini sotto la sferza del sole, e poisi dica se la parola «lavori forzati » non sia un'amara ironia! (1).
Ma supponiamo pure che i delinquenti soffrano per la priva-zione della liberta, ovvero per 1'isolamento della cella (2); sup-
poniamo pure che questa pena rappresenti per loro un vero male.
Essi lo subiranno rassegnati, con tranquillita filosofica, col rin-
crescimento di essersi lasciati cogliere ed il progetto di evitare
in una seconda operagione gli errori della prima.Ma chi potra pensare sul serio a trasformarsi percio in one-
sfuomo ? Chi e mai che abbandona il proprio mestiere a causa
dei suoi inconvenienti gia conosciuti ? Non vi sono forse mestieri
onesti, ed anche ricercati, che quasi certamente sciupano per semprela salute? — noh ve ne sono altri continuamente esposti a ca-
tastrofi? E mentre in molti uffizii pubblici si sfida spessola morte,
pu6 pretendersi che i malfattori rinunzino ai loro lucri pel terrore
di una breve prigiohia?Da una parte dunque il rischio troppo remoto, darl'altra il
male poco sensibile, quindi poco temuto: — si giudichi se la
minaccia della carcere possa essere un freno per chi non ne ha
alcun altro, per chi ha gia perduto la fama d'onesta, necessaria
in qualsiasi classe, alla vita sociale, per chi fu gia dichiarato
pubblicamente colpevole di un vergognoso delitto!
(1) « Senza duhhio la vita delle case di pena, come vita materiale,' e supe-
riore a quella che la maggior parte dei condannatih ahituata a fare in-li-
herta t>. — BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 294.
(2) Finora in Italia le sole citta di Milano, Torino, Cagliari e Perugia hanno
carceri cellulari. Tutte le altre sono costruite con 1'antico sistema de' cameroni
comuni ed in molti non vi ha alcuna separazione fra giudicabili e condannati.
Di questi ultimi un gran numero aspettano per parecchi anni la loro assegna-
zione nelle case penali e non di rado giunge il termine della pena priroa che
essi rabhiano subita.>.
— 407 —
E il terrore della parola « ladro » quello che pu6 contenere le
improbe tendenze. Ma quando questa parola e stata gittata in
viso ad un uomo, con 1'accompagnamento di un castigo, tutto,il piu delle volte, e finito. La prigione non crea forse la reci-
diva, come altri ha creduto, ma, senza dubbio, non pu6 farle
ostacolo.
Da cio segue che la mitigasione delle pene nella durata c un
errore, perche la segregazione piu breve dei delinquenti abituali
si risolve in un maggior numero di delitti. Se ne fece 1'esperienzain Italia dopo 1'amnistia del 1878 che diminuiva di sei mesi
tutte le pene e condonava quelle di durata inferiore. La reeru-
descenza della criminalita fu sensibilissima in tutta Italia, come
apparisce dalla statistica delTanno successivo.
Ed e manifesto che 1' incremento universale della recidiva e
dovuto alla corrente piu mite che domina oggi dappertutto. La
criminalita, essendo concentrata in gran parte in una solaclasse
di persone, il suo aumento o la sua diminuzione dipendera peruna parte proporzionale dalla possibilita od impossibilita che quelleavranno di delinquere.
Ne la minaccia di gravissime pene trattiene punto i rei abi-
tuali. Nella Svezia, ad esempio, il Ke suole far grazia ai condan-
nati a perpetuita che per dieci anni abbiano serbato buona con-
dotta nella casa di forza, e a cui sia stato offerto lavoro da persona
degna di fiducia. Un condannato a vita di ottima condotta e che
trova un onesto protettore ! Chi, a prima giunta, dubiterebbe del-
1'emenda ? Inoltre, alla grazia e sempre congiunta la condizione
che, se il liberato commette un nuovo delitto, egli ritorni ai la-
vori forzati a vita.
Dunque alla presunzione di emenda si aggiunge la minaccia
di una pena gravissima. E pure, nonostante « questa spada di
Damocle sempre sospesa sulle loro teste, le recidive in questaclasse sono nunierosissime e nel 1868 raggiunsero 1'enorme pror
porzione del 75 p. OjO, cioe a dire che, fra 4 condannati a vita
liberati per grazia speeiale, 3 hanno dovuto, a causa di nuovi
— 408 —
reati,. far ritorno alla casa di forza per continuarvi la loro
pena » (1).
Questo esempio mi suggerisce un'altra osservazione. Dalle sta-
. tistiche carcerarie dltalia rilevo che, nel 1880, fra'liberati dalle
case di pena per compiuta espiazione o per grazia, 2,181 aveano
buona condotta, 583 mediocre e 172 cattiva (2).Non sappiamo per quanti anni sia stata sperimentata la buona
condotta, ne da noi, come in Isvezia, il liberato ha un protettore.D'altra parte la buona condotta della vita carceraria consiste sol-
tanto nelYobbedienm e nella tranquillita, ed anche queste qualitasono per lo piu simulate ad effetto di ottenere una riduzione di
pena.Ma se pure, con verginale ingenuita, si voglia supporre il rav-
vedimento di quei 2,181 (de' quali i 3j4 sarebbero recidivi in
Isvezia)— che cosa si potra sperare dagli altri 583 di mediocre
e dagli ultimi 172 di cattiva condotta? E necessario essere pro-feti per predire che essi saranno quasi tutti recidivi? E dobbiamo
meravigliarci se in Inghilterra, nel 1871, fra 57,884 imputatirecidivi (il 38 OTOdel totale) ve n'era un buon numero che con-
tavano piu di 5 recidive, ed un numero discreto che avevano ol-
trepassato la decima? I primi erano infatti 10,266 e gli altri
3,678 (3).La Erancia rasenta la medesima condizione di cose.
-« I 7j.l0 degl'individui- in istato di recidiva legale non essendo
stati condannati nel 1879 che a pene minori di un anno di pri-
gionia, il numero degl'imputati reeidivi in un anno per la se-
conda volta e asceso da 6,851 (nel 1878) a 7,556 (nel 1879)-,
quello degl'imputati condannati precedentemente tre e piu volte,
(1) D'OLIVECRONA, Des causes de la recidive et des moyens d'en restreindre
les effets, pag. 46 e 47. Stockholm, 1873.
(2) Ann. stat. it. 1880; Garceri, tav. nr, F.
(3) LOMBROSO,Vomo delinq., pag. 143, 2* ediz., Torino.
- 409 —
da 2045 a 2237. II delitto, eccitato, si accresce. Ora, la prigionia,
specie quella di breve durata, e un eccitamento al delitto » (1).Bssa rappresenta per molti un riposo desiderato nella loro vita
di awenture. I vagabondi si lasciano arrestare, Finverno al sud,lastate al nord, come quei signori che passano 1'agosto a Trou-
viile ed il dicembre a Nizza. A Parigi si fanno arrestare il mer-
eoledi ed il sabato perche ne' giorni successivi (giovedi e dome-
nica) si da un piatto di carne ai detenuti. « Et alors, montrant
du doigt une maison centrale, un ouvrier prononce cette parole
grave: II y a la des malfaiteurs qui ne manquent de rien.
Moi ei ma famille nous sommes honnttes et nous avons peine a
vivre » (2).
Ducpetiaux notava che la recidiva data dalle case penali del
Belgio (1851-1860) ascendeva al 70 0[0, soggiungendo: « Cette
proportion peut au premier abord paraitre excessive. Selon nous
elle prouve surtout que ce sont les memes individus qui se li-
vrent invariablement aux mgmes offenses, et que la criminalite
tend de plus en plus a se renfermer et a se concentrer dans un
cercle d&fini» (3).Ed invero, il crescere delle recidive in proporzione maggiore
di quello dell' intera criminalita, prova che la classe de' delin-
quenti abituali si moltiplica e fiorisce, mentre il delitto si va
lentamente ritirando da tutto il resto della popolazione a seconda
de' progressi della civilta. Questa ipotesi e avvalorata dalla con-
siderazione che i paesi piu civili sono quelli in cui la reeidiva
e maggiore, appunto perch6 la criminalita vi e meno diffusa, piuconcentrata in una classe di persone. La Svezia, 1'Inghilterra, il
Belgio e la Prancia hanno recidiva maggiore delFAustria e del-
(1) « La moitie' des lib6res commet de nouveaux crimes ou delits presque
au sortir de la prison ». Bapport du garde des seeaux — Journal officiel,
13 mars 1883.
(2) EEINACH, Les recidivistes, page 126.
(3) BBLTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 194.
; — 410 -
1'Italia; 1'Italia settentrionale l'ha molto superiore alla meridio-
nale. La classe dei delinquenti, per effetto del progresso civile,si disegna sempre piii spiccata, sempre piu dissimile dalla popo-lazione fra cui essa vive ed a cui essa fa guerra, una guerranella quale, vincitrice o vinta, essa e pur sempre la spogliatrice,
poiche, libera, vive eol suo bottino; prigioniera, vive da parassita.Ma questo delinearsi sempre piii distinto di un esercito di co-
muni nemici doyrebbe rendere piu facile la lotta contro il delitto.
L'organismo non e affetto da un male diffuso in tutte le sue parti;
gli umori guasti del corpo non si riversano nel •sangue, ma si
depositano in un tumore superficiale. 11 medico dovrebbe esserne
lieto.
. La Francia ha veduto il rimedio e lo ha risolutamente adope-rato con la sua recente legge sulla relegazione perpetua dei reci-
divi. Grli altri paesi continuano a sperimentare i loro sistemi car-
cerarii perfezionati, ripetendo prove gia fatte, e sempre.con egualeinsuccesso. •
La materia ,e inesauribile e pu6 suggerire infinite osservazioni.
Ma credo avere dimostrato a sumcienza che gli errori, gia addi-
tati, della teoria penale e della procedura hanno il loro riflesso
nel movimento ascendente della criminalita del nostro e di altri
paesi. E che, se da una parte ragioni scientifiche consigliano di
mutare le basi della penalita, dall'altra la gravita delmale che
bisogna combattere richiede mezzi diversi da quelli adoperati finora,
poiche questi sono dall'esperienza dimostrati inefficaci.
ATTIVITA CRIMINOSACOMPARATAALL'ATTIVITA ONESTA.
Ma prima di passare oltre, conviene esaminare una teoria che
vorrebbe temperare di molto le fosche tinte del quadro, e che,
se corrispondesse alla realta delle cose, renderebbe infondato il
nostro allarme. ,E questa la teoria della proporsione fra -Vattivita illecita (de-
. - 411 —
litto) e lattivitd onesta (commercio, industria, affari di ogni ge-
nere), fondata sul principio che, quando quesfultima cresce, debba
crescere, per la natura delle cose, anche la prima; dL guisa che,1'aumento della criminalita, se e proporzionale a quello dell'at-
tivita onesta, non e reale ma solo apparente; — se, invece, e
proporzionalmente minore, si converte in una diminusione reale.
Queste idee furono esposte dal prof. Poletti in un suo importantelavoro (1) e meritano essere esaminate con diligenza. Noto per6di passaggio che esse non sono del tutto originali. Con una forma
alquanto diversa furono sostenute e combattute gia da parecchianni.
« L'incivilimento — scriveva Lucas nel 1828 — non essendo
che il progresso della liberta, estende di questa 1'abuso, precisa-mente perche ne estende l'uso... Invece di contrapporre, bisogna
dunque porre nella bilancia, a fianco dell'abuso, anche il buon
uso della liberta per ottenere un'idea esatta della sua moralita...
Poniamo come regola, per apprezzare la moralita dell'incivilimento,doversi giudicare Vestensione deWdbuso comparativamente alVesten-
sione delVuso ». E, posto questo principio, egli non si mostrava do-
lente pel maggior numero di alcune specie didelitti che la Francia
offrivain confronto della Spagna « perche— diceva—bisogna forse
onorare i popoli ignoranti e miseri per il piccolo numero di fatti
hocivi che dipende, presso di loro, dalla mancanza di occasioni di
nuocere, e che non e dunque altro se non una innocenza simile
a quella delle bestie; mentre il numero maggiore di tali azioni
presso i popoli piu civili non e che la conseguenza di un piii
ampio sviluppo dell'umana liberta? »
Romagnosi rispondeva negando energicamente che fosse vero in-
civilimento quello che poteva produrre un aumento di delitti. II
suo concetto della civilta era troppo alto, troppo comprensivo per
poter ammettere una simile idea. Per lui, civilta significava mo-
(1) II sentimento nella scienza del diritto penale. Udine, 1882.
- 412 —
rale, educazione, rispetto, operosita; esso non consisteva altri-
menti nell' « avere in un paese camere piu comode, abiti piu
sfarzosi, taverne piu moltiplieate, manifatture piu variate, e cosi
discorrendo... II perfezionamento morale, economico e politico co-
stituisce propriamente 1'incivilimento... Ora, venendo alle cagionidei delitti, a che riducesi la proposizione che col progredire del-
1'incivilimento si moltiplicano i delitti? A chi intende la forza
dei vocaboli, la proposizione si riduce a dire che col progredirein santita si moltiplicano i peccati, che con lo sviluppamento sano
d'un corpo si moltiplicano i malori, che col rendere gli liomini
operosi, rispettosi e cordiali si moltiplicano gFinfingardi, gli at-
tentatori ed i maleficii» (1).
Oggi questa risposta non sarebbe sufficiente, perche non si di-
scute piii con termini generali, non si afferma che la civilta faccia
crescere o decrescere i delitti, ma si parla solo di progresso eco-
nomico, e si pongono innanzi cifre statistiche da cui apparisce la
corrispondenza fra l'aumento della criminalita e 1'espansione del
commercio, la moltiplicazione delle industrie, 1'incremento della
pubblica ricchezza. E si tenta scoprire un rapporto di dipendenzadella prima dalla seconda progressione.
Ecco gli argomenti del Poletti:
Le statistiche francesi dimostrano che dal 1826 al 1878 vi e
stato aumento di delitti nella proporzione di 100 a 254. Ci6 si-
gnifica un aumento numerico, nonun aumento proporsionale della
criminalita. Per determinare questo e mestieri riferire questasomma cresciuta di energie criminose alle altre energie che, sotto
lo stimoh degli stessi fattori, concorsero invece a guarentire piiiefficacemente la conservazione sociale e ad accrescerne prodigio-samente la potenza operativa. L'attivita criminosa non e che il
residuo ctelle azioni sociali, ottenuto con un processo di elimina-
(1) EOMASNOSI,Ossermzioni statistiehe sul conto generale dell'amministra-zione dellix giustma eriminale in Franeia durante Vanno 1827.
-413-
zione di tutte le azioni giuste, ossia &e\Yoipexosita,produttiva, con-
servatrice, morale e giuridica. E impossibile determinare anche
approssimativamente la somma infinita di queste ultime; nondi^
meno se ne possono determinare gli effetti piu certi ed importahti.Or dunque 1'autore confronta la cresciuta attivita criminosa in
Francia nel periodo 1826-1878 alla creseiuta attivita produttivae conservatrice. Egli trova: 1° che, nel medesimo periodo, le im-
portasioni della Francia aumentarono in ragione di 100 a 700,e quasi in egual misura le esportazioni; — 2° che, sempre nello
stesso periodo, il bilancio dello Stato, che indica la sua potenza
iinanziaria, crebbe nel rapporto di 109 a 300; — 3° che le tra-
smissioni ereditarie di mobili ed immobili rappresentate nel 1826
da 1346 milioni erano gia fin dalPanno 1869 salite a 3646 mi-
lioni; — 4° che il valore delle trasmissioni immobiliari fra vivi
e duplicato; — 5° che gl'istituti di beneficenza dal 1833 al 1876
poterono largheggiare di soccorsi in una misura quattro volte mag-
giore, mentre i capitali della societa di mutuo soccorso eransi
quintuplicati;— che la media della produzione annua del fru-
mento, da 60 milioni di ettolitri nel 1825-29, ascendevanel 1874-78
a 104 milioni; — 7° che i salarii crescevano quasi della meta.
(il 45 per 100) fra il 1853 ed il 1871; — 8° che il consumo
del frumento, computato di ettolitri 1,53 per ogni abitante nel
1821, saliva ad ettolitri 2,11 nel 1872, ed il consumo delle be-
vande alcooliche quasi duplicavasi dal 1831 al 1876; — 9° che
mentre dal 1841 al 1878 la delinquenza quantitativa cresceva nel
rapporto di 100 a 200, la sicurezza sociale rimaneva quasi la me-
desima, a giudicarne dalla forza pubblica che stimavasi necessaria
alla tutela comune, non essendovi qui stato che un aumento nel
rapporto di 100 a 135.
Questi dati, conchiude 1'Autore, ci forniscono una prova non
dubbia che nel periodo 1826-78 vi fu nell'attivita sociale della
Francia un prodigioso sviluppo, il quale si pu6 considerare tri-
plicato. Infatti, 1'aumento dei pubblici tributi (da 100 a 300) ne
e la espressione sintetica piii sicura. Quanto alla somma delle
— 414 —
energie distruttrici o crimino.se, il loro aumento non ebbe luogonella proporzione medesima, bensi in una proporzione alquantominore (da 100 a 254). Cosicche nella criminalita francese non
vifu aumento, ma positiva diminusione.
Per quanto riguarda l'Italia, la proporzione dei condannati perdelitti dal 1863 al 1879 sarebbe cresciuta del 70 per 100. Vi-
ceversa, il movimento commerciale italiano dal 1862 al 1879
crebbe nella proporzione di 100 a 149 per 1'importazione e di
100 a 183 per 1'esportazione; — la potenza contributiva della
nazione, da 617 milioni nel 1866, raggiungeva nel'18791a somma
di 1,228 milioni, mentre i bilanci comunali si raddoppiavano, e
si quadruplicavano i provinciali; — le opere pie accrescevano di
38 milioni il loro patrimonio nel periodo 1863-75: il capitaledelle casse di risparmio saliva da 188 milioni nell'anno 1863 ad
uh miliardo incirca nel 1881, e gia fin dal 1879 si era quadru-
plicato.
Cosicche, non ostante la laboriosa trasformazione del paese av-
venuta nell'ultimo yentennio, in cui molte circostanze eccezionali
furono favorevoli allo sviluppo della delinquenza, pure si potrebbedire che in questa 1'aumento non fu proporzionale.
Da questi esempii il Poletti Crede confermata la sua legge di
svolgimento delPattivita criminosa in rapportb alFattivita onesta,la quale proporsionc e stabile per tutto quel tempo in cui perman-
-
gono costanti le cause delVuna e delValtra, tempo che forma ci6
che 1'Autore chiama «periodo criminoso » e durante il quale —
egli dice — le variazioni della criminalita sono poco. sensibili e
non superano ljlO in piii od in meno sulla media dei reati com-
messi nel periodo stesso, mentre da periodo a periodo, per effetto
della cresciuta attivita onesta, la criminalita proporzionale tende
ad una lenta diminmione progressiva (1).Ci6 deve necessariamente accadere perche lo sviluppo delle fa-
POLETTI, op. cit., cap. vrn.
— 415 —
colta intellettuali e delTattivita economica ed il perfezionamentosociale accrescono le attitudini di resistenza al delitto. Ci6 e poidimostrato dal numero sempre crescente di pellagrosi, di emi-
granti e di suicidi, i quali preferiscono la loro infermita, 1'esilio
o la morte al tentativo di migliorare criminosamente le tristi con-
dizioni della loro vita.
Questa teoria e molto ingegnosa ed ha un'apparenza di verita
seducente per coloro che sono felici di trovare argomenti atti a
giustificare l'ottimismo, che e proprio della loro indole.
Se non che, guardando bene al fondo delle cose, si ossenrera
che tutto il ragionamento del Poletti riposa su di un' idea molto
arbitraria: che, cioe, ad ogni determinato numero di azioni oneste
debba corrispondere un numero proporzionale di delitti, e che tale
proporzione sia costante, salvo nei momenti di trasformazioni e
crisi sociali. Egli medesimo ha enunciato questa legge dicendo:
« Mantenendosi una societa in condizioni eguali ed inalterate, si
manterra~ inalterato il rapporto delle azioni criminose.... II rap-
porto della criminalita si jw^omonera in ogui caso alla somma
delle attivita sociali ».
Ma qual' e questa proporsione ? E essa quella delllnghilterrache ha tanto maggior movimento economico dellltalia ed una cri-
minalita tanto inferiore? — quella della Prancia, di cui, in lin grado
minore, si puo dire la medesima cosa? — ovvero quella di qualealtro paese d'Europa? ,
Forse che questo rapporto proporzionale e diverso secondo ogninazione per le diverse condizioni sociali proprie di ciascuna? Ed
allora sara impossibile istituire qualsiasi paragone fra nazione e
nazione, e non vi sara piu alcun modo di provare la verita e la
costanza della legge scoperta dal Poletti.
D'altra parte, e impossibile comparare il valore sociale di un
delitto con quello di un fatto economico morale.
« E abbastanza inesatto — osserva il Ferri — il ridurre e il
confrontare gli aumenti di attivita cosi disparata, con le sole cifre
schematiche e pei-centuali; — e chi vi dice che il sestuplicarsi
- 416 -
del commercio sia veramente tre volte piii che il raddoppiarsi del
delitto? Io faccio le mie riserve e credo" che valga piu, social-
mente, 1'aumento del 10 OpO nei delitti, che non 1'aumento del
30 OjO nella esportazione del cotone o degli animali » (1).
Ma vi e ancora un'altra considerazione.
Se si potesse dimostrare che da un dato commercio traesse ori-
gine frequente uno speciale delitto, sarebbe possibile applicare in
tal caso la legge del Poletti. Quel dato commercio sarebbe una
causa occasionale di criminalita; dunque, aumentate le cause,conviene che aumentino gli effetti; se, ci6 nonostante, quelle deter-
minate azioni criminose crescono piu lentamente del fatto eco-
nomico da cui hanno origine, in modo che la loro cifra propor-zionale diventi minore, si potra dire che essesono proporzionalmentediminuite.
Questo caso pu6 avvenire per alcuni reati d'indole affatto com-
merciale, ad es. le bancherotte. Ma quale pu6 mai essere il rap-
porto fra il crescere delle operazioni cambiarie e 1' aumento dei
furti. campestri e domestici, delle rapine, delle estorsioni, delle
grassazioni? Quale, fra il maggior capitale delle cassedi risparmio,di mutuo soccorso, di prestito agricolo o delle opere pie, ed il
maggior numero di stupri, di ferimenti, di omicidii? Quale, fra
1'aumento dei salarii e 1'aumento delle falsificazioni e delle truffe?
Si, senza dubbio, anche il delitto e uh'attivita, anch'esso rap-
presenta una somma di energie che si jnanifestano accanto alle
altre. Fra' commercianti onesti vivono il truffatore ed il falsario,ma perche dovrebbero questi ultimi moltiplicarsi se i primi ar-
ricchiscono piii facilmente? Non dovrebbe, invece, accadere pre-cisamente 1'opposto?
II piii vasto campo aperto alFattivita onesta e il successo di
questa, non sono forse argpmenti per spingere ad entrarvi un
(1) PERRI, Socialismo, psicologia e statistica nel diritto criminale, nel-VArch. di psich., scienze penali, ecc, vol. iv, fasc. 2°.
— 417 —
tnaggior numero di persone, alcune delle quali, altrimenti, rion-
.avrebbero forse saputo trovar modo di campar la vita se non permezzo d'illeciti espedienti ?- E quando si osserva il crescere della criminalita, non ostante
il progresso economico di un paese, ma con passi piii tardi e-rari
di questo, non si pu6 forse conchiudere che 1'aumento de' delitti
sarebbe ancora maggiore senza Faumento della onesta operosita?Ma allora la conchiusione sarebbe diametralmente opposta a quelladel Poletti.
La maggiore civilta, lungi dal potersi ad essa attribuire l'in-
cremento della criminalita, Umiterebbe questo incremento in modo
da renderlo minore del proprio. La corrente onesta, divenuta piu
rapida e larga, accoglierebbe in se molte acque che altrimenti si
sarebbero riversate nella torbida fiumana.
Ad ogni modo, ci6 che e indubitato e che i delitti sono cre-
sciuti non solo assolutamente, ma anche in proporzione maggioredella popolazione. Da 152 imputati di reati correzionali per 100
mila abitanti, si e andati a 474. Ecco la sola proporzione che
importi, quella de' delitti al numero degli abitanti. Che poi la popo.rlazione sia piu o meno operosa e ricca, ci6 non pu6 servire a de-
terminare 1'aumento o la diminuzione della criminalita. Si dira
che questa. cresce assolutamente quando, in cambio di 10 reati,se ne abbiano 50. E si dira che cresce anche proporzionalmente
quando il suo aumento sia maggiore di quello della popolazione.II rapporto delle oscillazioni o della corrente d'aumento e di de-
crescenza con le diverse attivita sociali, pu6 solo dimostrare la
influenza che l'una o 1'altra di queste attivita esercita sul delitto,ma non fara mai che questo si dica scemato mentre e, in realta,
cresciuto. II fatto indiscutibile e, come osserva in proposito ar-
gutamente uno scrittore francese, che si corre maggior rischio di
essere derubati od uccisi oggi che messsosecolo fa!Ed e falso, in generale, il principio che, quando cresce qual-
siasi maniera di attivita, ne cresca 1'abuso. Se ci6 fosse, per una
ragione analoga, dovrebbero anche crescere gli errori che in quel
GiBOFALO. — 27.
— 418 —
dato esereizio, posgoao aver luogo. Ma. vi s»o fatti ehe pravaaet»il contrario. Ad esempio,, il numero delle lettere raecomanftafe,dal 1860 al 1867, e aumentato in Franeia, di piu det doppia,mentre. il numero; delle dispersioni di simili lettere e seejnato di
tre quarti.Piu importante e il fattft che i proeessi civili non sono punto cre-
sciutiinFraneia, ed i commerciali sono diminuiti, propri©. come
in Italia, riooiostante la maggiore eomplicazione d'interessi, la mol-
tiplicazione dei contratti, la divisione della proprieta, che avrebbero
dovuto. offrire eause piii numerose ai litigi (1).
Si disilludano dunqute, i nostri ottimisti; la eriminalitit eresee
in larga misura ed in properzione assai maggiojre dell' aumento-
della popolazione, e nonostante la waggiore onest* Qperosjt^ di
questa.E per chi voglia. trovare ne' secoli passati una ragione di con-
forto, notando, per esM che, al xvn, nel territorio. della Bepub-blica veneziana, si erano eommessi in un anno 700 omicidii, mentre
al di d'oggi, nel territorio corrispondente, la eifra sarebbe; molto
minore (2), osserver6 soltanto che il miglioramento avvenuto negli
(1) G. TARDE, La statistique crim.du dernier demi-sihcle. — Bevue philos.,
janvier 1883.
(2) II POLETTI (Teoria della tuteln penale, Torino, 187:8);. n.el fare queeto
confronto, parla di soli 3.0 omicidii commessi nel Veneto nei prirni nove mesi
del 1877. Credo che abbia, confuso la cifra de' reati con qu«lla degl'imputati
pe' quali vi fu giudizio in Corte d'assise. Ad ogni modo la cifra sarebbe enor.-
memente cresciuta dopo tre anni, poiche nella statistica del 1880 trovo nella
tavola v, riguardante i titoli de' reati secondo le ordinanze delV Ufficio M
istruzione o della Oamera diconsiglio (pag. 76), che nel distretto.di Venezia
fu proyveduto in quell'anno per 97 omicidii semplici, 29 tentati, 3. parricidiiconsumati e 2 mancati, 14 infanticidii con 3 tentati, 5 venefizii con. 10 tentati,
10' assassinii con 17 tentati, 32 grassazioni con omicidio: totale 222. Siamo
dunque hen lungi dalla cifra del Poletti ed ancora piu ce ne allontaneremmo se
vi aggiungessimo quelle di parte della Lombardia e di altre provincie d'Italia
ch« nel secolo xvii appartenevano a Venezia.
— 419 —
ultimi due secoli e probabilmente dipeso in parte dalla vigorosa
estirpazione del mal seme, operata appunto da quei supplizi, la
cui ferocia era al certo biasimevole, ma il cui risultato e stato
quello di rendere impossibile la prolificazione dei delinquenti, e
di tramandarcene quindi un<numero mihore. Quando si pensa che
l'alta criminalita era stata ridotta; in brevissimi confini nella primameta di questo secolo, e che nella seconda essa ha fatto passi da
gigamte, non b possibil-e astenersi dal pensare che la prima di
queste, due epoche era stata preceduta da secoli in cui la pena
capitale,., come suol dirsi, prodigavasi a larga mano; e che ap-
puEto quei &Q anni, i- quali precedono il nostro tempo, hanno as-
sistito alla trasformazione del sistema penale ed a quella progres-siva mitigazione delle pene, che oggi ancora si continua insi-
stentemente-, e che e stata acclamata dai giuristi come un grande
progresso civile! (1).
(.1.)Non sara- inopportuno. il notare che 1'Inghilterra, in cui la pena di morte
si .esegue anche oggi in larga misura, e il solo paese di Europa in cui l'omi-
cidio decresca sensibilmente da una lunga serie di anni; la Prancia, in cui essa
siesegue con minore frequenza, ha una diminuzione piu lenta;,il Belgio, la
BrnBsia<e 1'Italia, in cui sono rare le esecuzioni, hanno continuo aumento.
CAPiroiiO IV.
APPLICAZIONE DELLE NOEME EAZIONALI
DI EEPEESSIONE.
« II n'y a pas que des devoirs de douceur
dans la vie sociale, et, meme au sein
de i'humanit§, la suppression violente
d'un groupe d'individus peut devenir
un acte vertueux dans des circonstances
donnees ».
(ESPINAS, Les societes animales).
In qual modo il criterio deH'adattamento sia applicabile alla legislazione.I. OFFESEAL SENTIMENTODI PIETA. Delinquenti istintivi colpevoli d'assas-
sinio. Necessita della pena di morte — Criterii sostituiti a quello della pre-meditazione. — Bei presunti istintivi. Servigi utili che 1'antropologia pu5
rendere per far prevedere il sanguinario o stupratore istintivo — Mezzo
repressivo adatto ai rei presunti istintivi. — Bei fortuiti. La provocazione— Sentimento di onore famigliare' — Amor patrio — Pregiudizi di luogo
o di classe — Porme adatte di eliminazione — Eeati a cui e applicabile la
riparazione coattiva, come succedaneo della pena.
Mpil go. Pormole concrete.
II. OFFESE AL SENTIMENTODI GIUSTIZIA — Eei istintivi e fortuiti — Varieta
delle cause e ricerca dei mezzi repressivi convenienti a ciascuna — Modo di
determinare 1'ambiente opportuno — Adattamento degli oziosi e dei fanciulli— Eeati in cui la repressione puo limitarsi alla riparazione coattiva — Eei
_ abituali — Eelegazione— Obbiezioni a questo sistema e confutazione delle
medesime.
JEpilogo. Pormole concrete.
III. EEATI INVOLONTARII— Eepressione ordinaria di questi reati — Casi in
cui i mezzi eliminativi sono necessarii.
IV. AZIONI DA REPRIMERSICONPENEANALOGHEALLE PRESENTI.
APPENDICE— Quadro che riassume il nuovo sistema penale.
Mi resta ora il mostrare in. qual modo il criterio della ido-
neita sostituito a quello della proporsione penale sia applicabilealla legislazione.
— 421 —
I termini di confronto ricavati dalla esposizione fatta nei primi
capitoli sono i seguenti:1° Due categorie di delitti distinte dalla prevalenza della of-
fesa al sentimento di pieta od al sentimento di giustizia (Parte la).2° Due categorie di delinquenti distinte dalla prevalenza del
motivo interno (istintivi) o del motivo esterno (fortuiti) (Parte 2a).3° Due categorie di pene: Eliminazione assoluta ed elimina-
zione parziale o condizionata (Parte la e 2a),
, I lettori conoscono il significato in cui tutte queste parole sono
state da me adoperate, e le sottospecie delle sei categorie. Sanno
anche quale sia il trattamento adatto ai rei nati od istintivi (eli-minazione assoluta) e quello appropriato ai rei fortuiti (elimina-zione parziale o condizionata).
Ci6 che ancora manca 6 la determinazione di norme pratiche
per distinguere i rei istintivi e fortuiti in ciascuna categoria di
delitti, e la indicazione del modo di appropriare le diverse formedelle due maniere di eliminazione alle combinazioni delle due speciedi delinquenti con le due specie di delitti.
La soluzione di questi problemi e il tema del presente capi-
tolo, e dara lo schema del sistema penale informato al criterio
positivo. Eiservo al prossimo capitolo proposte subordinate di mo-
dificazioni che, senza mutare radicalmente il sistema legislativoesistente nella nostra societa, sarebbero suscettibili di attuazione
immediata.
I.. — OFFESEAL,SENTIMENTODI PIETA.
DELINQUENTIISTINTIVI.— Sembra da principio che tutte le of-
fese al sentimento di pieta debbano attribuirsi ad una crudeM
innata; e pure molti delitti di quesfordine possono essere com-
messi da delinquenti fortuiti. Si e gia detto (Parte 2a, Cap. le)
che cio ha luogo quando 1'influenza di speciali circostanze o di
uno speciale ambiente 6 tale da spiegare il delitto senza che si
—m —
^bfoia «ee»riag»&tfte suppwr-e la e&rBpleWe perpetua maBcanza
d'istinto pietoso, per guisa che il. delitto sia «lovuto prmcvpal-mente sallo >strato superfieaa'!© M caraittere, di fkrataziene recente
e m& dndeilebffle. I motivi esterfri ¥oraiti<da p-regiwfeii locali, re-
ligiosi, politiei, sfaffligliari, eomgHMjM talvolta ad «ocitazione pro-dotta <dal elima, da bevamde alcwliche, ecc, agisoono allora in
fflodo teiperi&so ml caraifctere e produeono la determinazione cri-
minosa. Si possono avere cosi -omieidii, lesioni <edalfcre maniere
<Li aziowi crudeli, se»za che se ne possa argomentare nel loro au-
toue una disposizione volitiva permaaente a ^delitti di tal genere.
Ma, per <cowtro, vi hanno delitti cho per lu loro insita naiwra
rivelano nel reo la crudelta innata od istintiva, perch6, m qml-siasi classe ed in qualsiasi ambiente, non sono eoncepibili sewza
uaa profondm an&mmlia psichka, alk quale molio frequentemente
corrispjwdono 1« mote antropohgiche d«scritte precedehfcemente. In
questi casi la sola indicazione del movente del delitfco o del modo
in cui esso fu eseguito feasta ad indiearci il tipo del delinquente
istintivo, senza che sia neppur necessario ricereare i fatti della vita
pflecedente €el reo (1). II reo puo anche essere somaticamente co-
stituito fc modo affatto mrmale, almeno aU'esterno; 1'eredita mor-
bosa pu<6; appareatemente, mancare del tutto; ci6 non importa,
poiche l'anoimaiia psichim e fcale da«aon potersi dubitare ehe si
tratfci d'un deliwquente nato.
Cosl, per quanto riguarda il movente, Yomicidio commesso perodio indeterminatocontro gli uomini, non pu6 attribuirsi che ad
un delinquente di tale specie, ovvero ad uno affetto da imbecil-
lita o pazzia. Non pu6 esservi dubbio in tale caso che intorno alla
esistenza della infermita. Se pure non pu6 provarsi una forma real-
(1) « Sous 1'influenee d'une insensihilite morale profonde et d'une perversitc
peu active, qui ne se montre que sous 1'influence d'une cause excitante acci-
dentelle, 1'homme peut dSbuter d'embWe dans la carriere du crime par 1'acte
la pks moastrueux ». — DESPINE, De la folie, etc, pag. 603, edia. cit.
- 423 —
aflfcnte aosologioa, il reo dev'essere cohsiderato come org&riicamefite•
costituifco eon un'lfiomalia psichica permanefite.L'omicidio commesso allo scopo di furto, owero di ottenef e un
vantaggib, come una eredita, o la liberasiidne da un debito, od
una condizione desiderata, ed a cui 1'esistehza della vittima fa-
ceva ostacolo, eome Yuxoricidio per essere libero di sposare altra
donna, Vuccisibne di chi oecupa un pbsto ambltd per potergli
suecedere, quella commessa per nascondere qualche fatto illecitb,Vassassinio per mereede, ovvero per ottenere il favore e la pro-tesione del mandante, sohO misfatti che iri qualsiasi societa de-
pravata rivelano una depravazione eccesionale, un'assenza completadi pieta, quiMi un'anomalia psichica permanente.
In tutti questi casi il mbvente del reato 6 dunque ci6 che he
indiea la categoria del delinquente. La stessa cosapu6 dirsi sempfeche manchi del tutto una causa nofmalmente atta a muovere l'ira
cofitro la vittima,
L'otnicidio ehe aecbmpagna lo stupro, quello di dbnne o ham-
biniper godere lu vista del sangue o delle carni palpitanti e si*
mili mostruosita, sono fatti che bastano a rivelare una nevrosi
criminosa. II reo deve per ci6 solo considerarsi come istintivo,afieorche rion sia possibile scoprire i caratteri di uria speciale fofma
nosologiea.Volnicidio per odio ingiustb, Cioe non meritato dalVucciso, ri-
vela pafimeriti sia il delinquente pazzo, sia il delinquente nato.
E a eolloearsi ifl questa categoria il parricidio, salvo che il fatto
sia una imprdvvisa reazione GOritroun'ingiuria di eccezionale atro-
cite, pefch6 in ogni altro caso il torfco del genitore non fa na-
seere il desiderio di vefsarne il sangue in chi rion sia psiohicamentean&rmale in modo permanente. La medesima cosa e a dirsi del-
1'omicidio di un benefattore o di un superiore gerarchico.Se ora noi raccogliamo insieme tutte codeste specie, vi trove-
remo un carattere comune e prevalente: la mancanza di un'azione
deU'ucoiso sumeiente a destare nella grande maggiorari&t degliuomini una reazione violenta.
— 424 —
,. Una prima categoria di omicidi istintivi e dunque scevefata
dalla mancanza di PKOVOCAZIONE,intesa nel senso piu lato, cioe-
nel senso di una ingiuria immeritata o di una ingiustizia fatta
alPuccisore, tale che nelVuomo normale si consideri corne dolo-
rosa, e spinga ad una violenza.
Quando vi sia totale assenza di tale elemento, il reo e anormale
nel grado estremo, e deve credersi all'esistenza di un istinto cri-
minoso irreducibile, ovvero alla completa deficienza del >sensodi
altruismo, nella sua parte piii istintiva, la pieta.
. Ma a questa categoria bisogna aggiungerne un'altra.
Qual che si sia il movente, Yomicidio con brutali sevisie, e
quello commesso con un lungo supplizio rivelano sempre il san-
guinario istintivo. Ma qui non 6 necessario che si abbia 1'inten-
zione di uecidere. 11 fatto degli strazii prolungati. ed atroci .e
sufficiente per rivelare la crudelta innata. Bene a ragione dunquealcuni codici, di quelli scomunicati dalla presente dottrina giu-
ridica, classificavano tra gli assassinii il ricatto, il sequestro di
persona, 1'estorsione, lo stupro e simili reati commessi con se-
vizie (1).In tutti questi casi sono indifferenti il sesso ed il grado d'in-
telligenza, purche il reo abbia coscienza di ci6 ch'egli fa, e sia
giunto ad una eta in cui non sia piu da sperarsi una trasforma-
zione degFistinti. Questa eta, pei bisogni della pratica, pu6 de-
terminarsi incirca ai.15 o 16 anni. E indifferente la specialitadel temperamento, la violenza deH'impulso, il tempo della rifles-
sione; quali che si siano le circostanze, 1'intenzione di commet-
tere simili azioni e sufficiente a rivelare la totale mancanza del-
1'istinto di pieta, ovvero la crudelta innata, anomala, relativamente
alle razze umane superiori, in qualsiasi stadio del loro sviluppo
progressivo.
(1) Art. 530 del God. pen. sardo: « Sono pure reputati colpevoli di assas-
sinio i malfattori che, per 1'esecuzione di un crimine, fanno uso di tormentt^
o commettono altri atti di gravi sevizie ».
— 425 —
A. simili delinquenti incapaei di ogni adattamento per la loro-
irisuscettibilita di simpatia, dovrebbesi dunque appropriare la forma
piu assoluta di eliminazione. La enormita del male che essi sono
atti a produrre non pu6 permettere al potere tutelare della societk
il lasciare che persista anche una difficile probabilita di recidiva-
La morte e dunque il solo mezzo realmente idoneo.
A chi dica che la sicurezza delle carceri e la limitazione del
diritto di grazia siano sufficienti a prevenire nuovi delitti, a ren-
dere impossibile il ritorno di tali delinqnenti nella societa e ad
impedirne la prolificazione, si pu6 rispondere con la cifra annua
delle evasioni (1), coi nuovi assassinii commessi nelle carceri e
con gli scandali di alcune grazie, fatti che provano, almeho per
quanto riguarda 1'italia. come sia mal fondata tale opinione.Ma se pure simili pericoli non vi fossero del tutto, la conchiu-
sione sarebbe soltanto questa: che esistono due mezzi di elimina-
zione assoluta : la morte e 1'isolamento perpetuo. Ed allora il cri-
terio per dare la preferenza all'uno sulFaltro mezzo non potrebbe-
piu tfarsi dai nostri principii, ai quali 1'uno o 1'altro di questidue modi sarebbe consentaneo del pari.
Ma e questa una ragione perche la societa si debba contentare
indifferentemente dell'uno come dell'altro ? Non vi sono forse nella
pena altre considerazioni di utilita, le quali, se cedono il postoallo scopo principale della elimiuazione, ricompariscono tosto che
questo sia raggiunto ? II criterio della intimidazione e di tal
natura, ed esso, nel dare la preferenza alla pena capitale, non
trova qui alcun ostacolo, perche il togliere la vita ad alcuni
delinquenti (i sanguinarii istintivi) non viola il sentimento uni-
versale di pieta (V. Cap. 2°, Parte la).
(1) Dalla statistica delle carceri pubblicata nel 1883 rilevo che vi e per
10 anni (dal 1870 al 1880 escluso) una media di 15 evasioni alTanno dai
bagni. Dalle carceri giudiziarie le evasioni furono 122 nel 1878, 81 nel 1879r
174 nel 1880.
— 426 -
Fra due mezzi egualmente buoni allo scopo diretto, e savio con-
siglio lo scegliere quello che, inoltre,. produce qualche altro utile
effetto, specie quando 1'altro mezzo, invece di tale utilita, e fonte
di svantaggi.
Ora, mentre la pena di morte produce un irrecusabile effetto
di terrore su molti delinquenti, la reclusione perpetua, dato pureohe sia parimente perfetta come mezzo eliminativo, manca quasidel tutto di tale efficacia nella classe dei delinquenti nati.
Inoltre, il semplice fatto della esistenza della pena capitale,dimostrato al popolo di tempo in tempo da qualche esecuzione,ha una influenza notevole (come altri ha gia osservato) anche
sui delitti minori, per ci6 solo che e noto esservi « un potere da
cui pud venir tratto a morte effettiva qualcuno dei rei che esso
incoglie » (1),Nel 1884, in Italia, un Ministero composto di abolisionisti ha
dovuto riconoscere la necessita della pena di morte per 1'esercito,faeendo fucilare tre soldati assassini. Ma per quale ragione quelterrore della morte che si crede possa influire sulla condotta degliuomini i quali meno dovrebbero risentirlo, si credera poi inefficace
negli uomini non destinati alle armi?
La reclusione perpetua, che vanamente vorrebbesi rendere ter-
ribile con la segregazione in cella, dimenticandosi che la dispe-razione del prigioniero non ha eco fuori le mura del carcere, pro-duce alla societa il danno materiale del provvedere ai bisogni di
(1) TDEIELLO, Governo e governati, cap. 3°. Aggitingo alle sue osservazioni
questo fatto che mi consta: Nel 1884 in S. Maria di Captta le Assise emisero
tre condanne a morte, con 1'intervallo di pochi di; qualche giorno dopo, un
tale, veduto passare un suo nemico, mosso ad' ira subitanea, prese il fucile,ed era sul punto di farlo scattare, ma invece fuggi via gridando: « Eingraziala Corte di S. Maria che ha ristabilito la pena di morte! ». Una vita fu dunquesalva dalla impressione della condanna, benche, si noti, quel tale, se avease
tirato, non sarebbe stato punito ohe oon pena temporanea, perche il fatto era im-
prwviso. Certo il suo timore della legge sarebbe stato inflnitamente miuore se egliavesse saputo non esservi mai possibilita di una pena maggiore della pjigionia.
— 427 —
un uomo per tutta la sua vita. Cosicche, in corrispettivo della
mancanza di utilita, non vi 6 che un nuovo svantaggio soppor-tato dalla societa sotto forma di spese pel mantenimento del con-
dannato (1).Da una parte, dunque, lucro cessante, dall'altra danno emer-
gente; ecco la reclusione perpetua sostituita alla morte.
Ad ogni modo, se la opinione degli abolizionisti continuera a
prevalere, bisognera pur sempre fare una eccezione per quei con-
dannati che non si possono custodire senza il continuo pericolodei loro compagni di ergastolo o dei loro sorveglianti.
Un nostro egregio scrittore, citando a questo proposito il caso
di uno che, due volte condannato a morte per assassinio e due
volte graziato, commise un terzo assassinio; di un altro che, con-
dannato a morte e graziato, uccise nella stazione di Alessandria
un carabiniere; di un terzo che, condannato a vita, uccisenel bagnodi Favignana il suo direttore, — conchiude: « Codeste belve non pu6la societa conservare hel suo seno, a pericolo continuo di chi e
destinato a custodirli, a perenne minaccia del consorzio. civile, ad
esempio d'incoraggiamento pei meno malvagi » (2).
(1) Poiche vi sono 5363 condannati a vita in Italia, e poiche la spesa media
per ciascuno e di 80 centesimi al giorno, bisogna conchiudere che per man-
tehere in vita questa legione di assassini 1'Italia spende piu di un milione
« mezzo all'anno!
(2) BELTRAKI-SCALIA, La rif. penitenz, in Itdlia, pag. 250. Eoma, 1879.
Mille altri casi si potrebbero citare. Se ne trovano spesso nel discorsi inaugu-
raM del P. M. Ad esempio, nella relazione del 1880 del Proc. gen. di Parma:
« Terminerd questa rassegna dei giudizi criminali ricordando l'incidente col
quale si chiuse la causa contro Girolamo Pugliese, giovine d'indole ferocissima,
dioMarato colpevole di mancato assassinio sulla persona di un guardiano di
questa Casa di forza, nella quale stava espiando una precedente condanna.
Costui, udita lettura della sentenza ohe gli infliggeva la pena perpetua, sca-
gliava contro 31 presidente il berretto con atto di minaccia e di spregio; e
— 428 —
II CRITERIODELLA PREMEDITAZIONE.
Come si 6 veduto, io non ho fondato sul criterio della preme-ditazione la distinzione degli omicidi istintivi dai fortuiti. Benche-
i. misfatti di cui ho parlato fin qua siano piu frequentemente pre-
meditati, pure essi possono anche essere effetto di uno scoppio im-
provviso di passione senza che venga meno nel reo -il carattere del-
1'omicida nato (1). La rapidita delFazione non ha alcuna relazione
con la natura emendabile dell'agente; essa pu6 coesistere conla
piu completa mancanza d' istinti pietosi. Viceversa, un omicidio
premeditato pu6 essere commesso "da un delinquente fortuito. Pu
gia dimostrato da giuristi-psicologi che la premeditazione non e
punto un contrapposto alla passione la quale, a seconda dei tempe-ramenti individuali, si manifesta con azione improvvisa o tarda (2).Senza dubbio, ne' casi piu frequenti, chi commette un omicidio
con riflessione mostrasi piu malvagio di chi lo commette per un
moto subitaneo dell'animo. Ma, in altri casi, 1'omicidio senza ri-
flessione indica una crudelta istintiva (3), come quando esso non
mentre i soldati lo trascinavano fuori di questa aula, in faccia alla Corte che
lo aveva in quel medesimo istante colpito con tutto il rigore della legge, af-
fermava la sua persistente risoluzione di tornare a commettere il misfatto uc-
cidendo un guardiano, sia in questa, sia in qualunque altra casa di pena che
gli venisse assegnata ».
(1) Se n'e avuto un recente esempio nel soldato Misdea, che uccise in una
caserma otto suoi compagni, freddamente, tirando colpi di fucile per circa
mezz'ora, senza perd avere premeditato la strage. I professori Lombroso, Venturi
e Bianchi riconobbero in lui il tipo del delinquente-nato od imbecille morale.
Secondo il Codice comune la pena del Misdea non sarebbe stata la morte!
(2) V. VON HOLTZBHDORFF,Psychologie des Mordes, Berlin, 1875, e Bas
Verbrechen des Mordes und die Todesstrafe.
(3) « Les grands criminels violents sont autant denues de sentiments moraui
«[ue les criminels de sang-froid ». — DESPOT, De la folie, etc., pag. 39.
- 429 —
•e provoeato da una grave ingiuria per parte della vittima. E pu6ticcader.e che 1'omicidio premeditato sia stato provocato da una
ingiuria atroce, indelebile, che ha awelenato 1'intera vita di un
uomo, e rende scusabile il delitto. In tali casi il reo suol essere
assoluto per la cosl detta forza irresistibile, ne simili assoluzioni
sono sempre ingiuste, benche il modo con cui nella pratica s'in-
tende questa formola non sia quello che era nella mente del le-
gislatore (1). Ma i giuvati 1'applicano, in mancanza di altro, quandoessi credono che la passione sia meno anti-sociale perche fu ec:
citata da un atto ingiusto od oltraggioso della stessa vittima; la
quale circostanza ravvicina il modo di sentire del reo a quellocomune degli uomini, e toglie all' azione il carattere anormale.
La .circostanza della premeditazione non pu6 valere come un ele-
mento di prova della crudelta istintiva se non in rapporto al mo-
vente ed ai modi di esecuzione. Essa 6 insita in molti delitti di
sangue- proprii di delinquenti-nati, ma e affatto estranea ad altri,che hanno parimente tale carattere. Un uomo gia noto pel suo
carattere violento ed aggressivo, che, in un momento di malumore,
attacca una briga col primo che gli capiti, fors'anco con un suo
compagno od un suo amico, lo ingiuria, lo percuote e, solo percheil misero reagisce o si difende, gl'immerge nel ventre un coltello,
pu6.essere definito un omicida istiutivo, specie se concorrano in
lui alcune delle note caratteristiche di tali delinquenti. E pure, con
le nostre leggi, un simile omicidio, solo perche commesso nel calore
di una rissa, non potrebbe essere punito che con un castigo tempo-
raneo, mentre la pena capitale o perpetua non potrebbe legahnenteessere sfuggita da chi abbia ucciso a sangue freddo il seduttore
della propria donna, 1' oltraggiatore della propria famiglia (2).
(1) V. A. SETTI,La forza irresistibile. Torino, Fratelli Bocca, 1884. —V. anche
iina mia lettera inserita nella Bassegna settimanale del gennaio 1882.
(2) A Bologna in un processo di uxoricidio i giurati fecero condannare ai
lavori forzati a vita un uomo che aveva ucciso la propria moglie, la quale
poche ore prima aveva accolto nel letto nnziale 1'amante.
— 430.—.
Zton mi dilungQ nel mostxare con altri esempii Tinanita del Gii-
terio della premeditazione,, per discernere gli omicidii piii gravidai meno. gravi, La sua incoerenza. col sistema da me, esposto»sembrami abbastanza chiara per dispensarmi da una piu ampia di-
scussione. Ma cio, che non e possibile passare in silenzio e la strana •
teoria a cui esso mena nel caso che si trovino- nel medesimo
individuo visio parziale di mente e premeditaMone. Poiche questa.
importa un' aggravante e quello la diminuzione della, responsa-
bilita, la giurisprudenza, pur negando/ 1'evidenza dei fatti, di-
chiara le due cose incompatibili l E; cio. mentre la psichiatria in-
segna che la premeditaziome non esclude la, imbecillitiJ, ne 1'alie-
nazione mentale propriamente detta,, e trovasi, anzi,, frequente-mente nella monomania, perche. « e appunto nella natura diquesta,
d'imp,ossessarsi con la piu grande persistenza di ogni attivita mea-
tale per indirizzarla unicamente al raggiungimento dello scopocui teade, 1'idea stessa. » (1). Intanto la grurisprudenza,, per cai-
v,arsi da impaccio, pronunzia che un delinquente dichiarato semi-
responsabile non abbia potuto premeditare il suo misfatto, bencM*
sia pienamente, provato ch'egli ne, avesse formato, il minuto e pre-ciso disegno!
Nel cassare. una sentenza dei giuraii ehe avaa dichiarato un
omicida semi-responsabile per vizio parziale di mente,, ma con pre-
meditazione; una Corte sentenziava: « Riconosciuto il vizior di
mente,, si pu6 ammefctere la parvenza, ma non il realismo> (sic),della premeditazione, o, viceversa;. ma non 6 possibile nhpsieolo,-
gicamente (!), ne giuridicamente, affermare che un fatto. sia ad un
tempo premeditato e commesso nello stato di vizio- dimente.
Laonde; 6 manifesto (!) che, essendo nella dichiarazione dei giuratiaffermate due proposizioni incompatibili, essa non contenga un giu-dizio di fatto sul quale possa correttamente applicarsi la sentenza
iinpugnata ».
(1) TAMBURIHI e SEPPILLI, Studio di psicopatologia criminale. Eeggio
Emilia, 1883.
— 431 —
La verita 6 che, come 1'atto eriminoso, cosl la preparazione di
esso pu6 essere effetto di pazzia. Ma ci6 non importa che si neghila realta delle cose dieendosi che la dove ebbe luogo la riflessione,non vi fu che un atto improvviso. Per fare cio e necessaria una
logica peculiare che non tutfi giurati posseggono. Prattanto la
eonseguenza delle sottigliezze giuridiche male innestate con la
psicologia, 6 il punire con pocM anni di custodia un semi-pazzoche uccide eon riflessione e che pu6 essere mille volte piii peri-coloso dell'autore di un omicidio premeditato per moventi non
vituperevoli, il quale, a rigor di legge, dovrebbe subire pena ca-
pitale e perpetua!
APPLICAZIONIDELL'ANTROPOLOGIA.
Nelle forme criminose accennate fin qua 1'antropologia non ha
che una parte secondaria per la determinazione del tipo o della
classe a cui appartiene il delinquente. E il delitto stesso che parlae rivela sufficientemente 1'anomalia psichica congenita, incurabile,del suo autore.
Ma la cosa 6 diversa nelle forme minori, quelle che per solito
sono da attribuirsi a delinquenti fortuiti. E qui che pu6 meglio
apprezzarsi il valore dei criterii diagnostici forniti dall'antropo-
logia e psicologia criminale per riconoscere il delinquente nato.
La tendenza istintiva ed irrefrenabile al sangue si rivela talvolta
fin dalla prima gioventu con una serie di violenze, di percosse, di
ferimenti, lievi in se stessi, ma non giustificati da provocazione.Sono per lo piu quei fatti che le nostre leggi puniscono con
poehi giorni o pochi mesi di prigionia, e che talvolta si ripetono
con una frequenza che sembra inverosimile a chi non ha avuto
occasione di leggere i loro certificati penali. E si noti che questi
riferiscono soltanto unaparte di tali fatti, quelli pei quali vi fu
regolare procedimento.Si tratta spesso di un sanguinario nato, che alla fine si rivela
— 432 —
.a tutti con un omicidio brutale, ma che gia da lungo tempo avrebbe
potuto essere,ravvisato dairantropologo.Se non che, nella indicazione dei caratteri che possono fornire
criterii sicuri 6 mestieri procedere con grandi cautele. .
Per quanto riguarda le deformita craniche, il solo fatto della
maggior frequenza con cui esse ritrovansi ne' delinquenti non pu6autorizzare per certo a dare nome di reo istintivo ne pure al-
1'autore convinto di un delitto, ancorche presenti parecchie di tali
anomalie, Ma essecominciano ad acquistare una certa importanza,cosi da fornire un primo indizio, quando completano la fisonomia
tipica dell'omicida o del ladro nato (V. Cap. I, Parte II) nell'uomo
il cui delitto non pu6 spiegarsi psicologicamente, non ostante la sm
poca gravita obiettiva, senon come 1'effetto di una strana perversita.Ma ci6 non basta. E necessario che alla fisonomia fisica si ag-
giunga quella morale, cosicche concorrano i piu spiccati e comuni
«aratteri psicohgici del tipo « delinquente istintivo » (V. loc. cit.).La perversita congenita e completamente dimostrata se agli
.altri fatti osservati si pu6 aggiungere quella che, con parola im-
prontata ai giuristi, chiameremo qui la « regina delle prove »:
Yeredita del vizio, della malattia o del delitto.
. Con questi quattro elementi, natura del delitto e psicologia-del reo da una parte, antropologia ed ereditd dall'altra parte, sarrebbe possibile: scoprire spesso 1'omicida istintivo anche nell'au-
tore di piccoli reati,
Ne porter6 due esempii da me personalmente osservati.
NER...., diciottenne, fu condannato a 15 lire di ammenda p.er•danno volontario (reato contro la proprieta) commesso sema in-
tendone di lucro ma solo con quella di-far male). L'anno seguentefu condannato a tre anni di carcere per ferimento con coltello che
^produsse deturpamento del votto, e per minacce. Messo in liberta
^provvisoria, fu dichiarato abile al servizio militare, che avrebbe
dovuto cominciare dopo 1'espiazione della pena.
Supponiamo che a questo punto 1'antropologo fosse intervenuto.
Ecco che cosa egli avrebbe osservato: Ereditd da padre beone e
— 433 —
semi-pazzo, tanto che si fecero parecchi tentativi per farlo rin-
cMudere in un manicomio; — costituzione gracile e tracce di
quella scrofola che e uno dei piu comuni retaggi delle famiglie
degenerate;— orecchie ad ansa — fronte bassa e sfuggente; —
prognatismo della mascella strperiore, con denti lunghi, acuminati,ed orribilmente disordinati; — barba rara e sfolta; — sguardo in-
differente ed apatico; — nessun segno di rimorso.
Lo scienziato, confrontando le note antropologiche e psicMchedel NER.... col genere dei suoi delitti, avrebbe forse veduto in lui
' il sanguinario istintivo prima ancora che esso si fosse rivelato a
chiunque col seguente assassinio:
Nel discendere le scale del Consiglio di leva che lo aveva am-
messo, egli diceva ad un suo amico: « Debbo fare 3 anni di car-
cere; altri 3 il soldato; voglio piuttosto andarmene in galera;
perci6, questa sera, uccidero quahuno ».
Ed ecco ch'ei si pone su di un calesse, e, conducendolo a corsa
sfrenata,investe un carretto e ne e rovesciato. Sul carretto era seduto,al posto di dietro, un povero vecchio contadino, il quale non aveva
ne pure la colpa di tenere le redini. II NER...., rialzatosi da terra,
gli tira contro, a bruciapelo, la sua pistola e lo uccide, tenta uc-
cidere il conduttore del carro, e si allontana.
Non si avevano notizie dell'assassino, ma i Carabinieri tosto
sospettarono del NER...., conoscendo la sua indole sanguinaria.
Arrestato, egli confess6, senza mostrare dolore per aver tolto la
vita ad un uomo che non avevagli fatto alcun male.
H NEE.,.. fu rinviato alle Assise sotto la imputazione di omi-
cidio semplice (!), nonostante gli sforzi fatti dal Pubblico Mini-
stero per sostenere innanzi alla Sezione di accusa 1'aggravante della
brutale malvagita.I giurati lo condannarono senza attenuanti, ma poich6 egli era
minore degli anni 21, e non era recidivo da una condanna cri-
minale, le nostre sagge e previdenti leggi non hanno pefmesso di
colpirlo che con 15 anni di lavori forzati!
Egli uscira dal bagno all'eta dl 35 anni, cioe nel massimo
GAROFAIO. — 28.
— 434 —
vigore dell'uomo, e sipu6 scommettere mille contro uno che com-mettera nuovi assassinii.
L'altro caso merita particolare considerazione, perche 1'istinto
sanguinario vi e eongiunto a quello del furto e alla piu sozza li-
bidine.
SED..., nato nel febbraio 1863 da genitori ignoti (al momento
in cuiTosservai aveva 20 anni, ma gia da tre era in carcere),nell'ottobre 1879 fu imputato di sciente compera di oggetti fur-
tivi e di furto semplice: condannato a 20 giorni di carcere e 50
lire dimulta.
Nel novembre successivo rubava unpaio di stivaletti. Era con-
dannato a 15 giorni di carcere.
Poco stante era condannato, per appropriazione indebita e sciente
compera di oggetti furtivi a tre mesi di carcere. Infine, semprenell'anno medesimo commetteva,. a quanto egli dice, un grave fe-
rimento, per cui non vi fu processo.L'anno seguente, nel febbraio, gitt6 nel pozzo di una locanda
un fanciullo forestiero mendicante, dopo averne abusato carnal-
mente, e ve lo lasci6 morire.
Al magistrato che lo interrogava dichiar6 essere stato provo-cato dal ragazzo perche, avendogli imposto di smettere dallo im-
portunare la gente mendicando, quegli aveagli tirato una sassata.
«Intanto — sono sue parole precise — rimasi col proposito di
ucciderlo e, se lo avessi raggiunto, 1'avrei finito a colpi di mazza.
Seppi per6 che egli dormiva nella locanda di A.... e ieri mattina,
. sempre col proposito di ucciderlo, andai a ricercarlo cola, versole
cinque. Di fatto lo trovai dormendo nella greppia, ed afferratolo
nelle braccia gli dissi che, per vendetta della sassata lanciatami,
dovea gittarlo nel pozzo, e, nonostante ch'egli piangesse, ve lo
precipitai col capo in giu ».
Sul corpo del fanciullo furono trovate tracce recenti di violenza
carnale. Ma il reo negava recisamente. lo stupro.II SED.... presentava prognatismo esagerato, fronte sfuggente,
— 435 —
orecchie ad ansa, plagiocefalia e volto asimmetrico — anomalie che,
sebbene, come si e veduto altrove, siano le piu spiccate e comuni
dei delinquenti nati, pure non ci autorizzerebbero ad alcuna con-
clusione, se nel nostro soggetto non fossero state congiunte ad una
profonda immobilitd di pupille, a quello sguardo freddo, vitreo,caratfceristico degli omicidi, e se psicologicamente il reo non
avesse offerto altri indizii della sua morale insensibilita. II suo
contegno era indifferente mentre io gli domandava dei suoi de-
litti; nessuno sforzo per scusarsi, come di cosa della quale non
valesse la pena; egoismo profondo, rivelato dalla sola preoccupa-zione della sua salute e del termine della sua reclusione, mentre
io gli rappresentava 1'orrore del suo misfatto.
A tutto ci6 bisogna aggiungere molto probabilmente 1'eredita,
poiche la parentela ignota, in 9 casi su 10, vuol dire parentelaimmorale. Nella carcere egli era dedito alla pederastia passiva.
Gia si conoscono le condanne precedenti inflitte al SED.... pei
suoi piccoli reati. Ora un antropologo avrebbe fin da principio ri-
volto la sua attenzione alla circostanza dei genitori ignoti ed ai
segnl evidenti di un istinto crimirioso.
Ma la rivelazione diveniva completa con lo stupro seguito dal-
1'assassinio. La Sezione di accusa preferi seguire la versione del
reo, escludendone la premeditanione « perche alquanto dubbia ».
Certo essa dovea parere dubbia a chi avesse trovato inverosimile
tutto il racconto, perche evidentemente trattavasi di un omicidio
commesso dopo essersi sfogata la libidihe. Ma, ritenuta invece, come
avea fatto la Sezione di accusa, la versione del reo, con la sassata
del giorno precedente ed il fatto che per vendicarsi di questa il SED...
era andato a cercare il piccolo mendicante riella greppia ove questi
dormiya, con quale logica poteva dubitarsi della premeditazione ?
II SED.... fu dunque accusato di omicidio improvviso, e, per Ia
scusante dell'eta.e le attenuanti generiche, concessedai giurati (!),
fu condannato a soli 5 anni di reclusione.
Egli ne uscira all'eta di 22 anni! Chi sa quali e quante sa-
ranno le vittime di un mostro siffatto!
— 436 —
Questo. caso ddmostra com!e vana la scusante legale dell!et4in
alcune specie di delitti. Esso dimostra inoltre di quale soccOrso
potrebbe essereTantropologia ad- una scienza;penale tendente alla
difesa della societa, perche un giudice antropologo ricomoscendo il
reft' istintivo fin dal secondo o terzo delitto, avrehbe adoperato un
mezzo repressivo tale da prevenire 1'assassinio del piccolo men-
dica e gli altri che senza. dubbio seguiranno.
Ed ecco altri Gasi, riferiti il primo da Verga e gli altri da Lom-
broso*
Un fanciullo di oltre 11 anni, colle tempia sporgenti, intelligenteed istruito per contadino che era, aveva prima ferito e minacciato
della vita un compagno, eiper ultimo uccisolo per questione di pocaerba;
Aveva,j eome^ confess6 poi, abbsancato il suo compagno pel collo
e.gli aveva tirato col falcetto tanti colpi alla testafinche lo vide
cader a terra; il sangue spicciava da piu ferifce,.ed egli confcinuava
a menare il falcettOj non arrestandosi che, per la diffieolt4 che in-
contrava ad estrarre dal cranio' la punta ricurva del suo strumento;
lo gitt6 quindi in un fosso dove si lav6 poij e invent6 che ambedue
erano stati .assaliti da un eapraio, e per fuggire avevan dovuto git-tarsi neH'acqua: confess6 solo quando seppe che, grazie all'eta, non
sarebbe stato molto punito.Un ragazzo, L, P., che & 19 anni si mostro truffatore abilis-'
simo, ladro, con tentativo di omicidio, perfetta apatia morale, sfca-
tura,alta, testa piccola allungata, senzabarba, naso sproporzionato
ericurvo; figlio di aleoolista e mad/re lasciva, con nonno matemo
suieida; in etd di 3 anniy andando coi servi al mereato, cominci6
a rubare dalle ceste denari, pesci, frutti; seguit6 a rubare in casa,
poi nella scuola.
A13. anni,j uri B, A., brachicefalo ed oxicefalo, con occhi obliqui,
zigomi sporgenti, mandibole votuminosissime, orecchi ad ansa,. goz-
zuto, feri a morte con un coltello nel cuore un compagno che gli
negava i denari vinti al giuoco. A 12 anni fu gia nei postriboli.
— 437 —
Sei volte fu caadannato per furto, Ebbe un fratelh ladro, una so-
rellameretrice, e la madre criminale. Era religioso, frequentavaalmeno le cMese: per6 nulla disse al confessore del delitto com-
messo (1).II Misdea, diseendente da una famiglia degenerata, di cui pa-
recohi membri erano stati pazzi, epilettici, beoni e briganti, nella
sua prima gioventu fu parecchie votte imputato e condannato per
ferimenti e minaccie a mano armata; fu anche ammonito per so-
spetti di altri delitti (e realmente confess6 poscia aver tentato tre
assassinii). Egli aveva tutfi caratteri psichici del reo-nato; fisi-
camente la plagiocefalia, V asimmetria cranio-facciate, la gros-sessa e distansa degli zigomi, e parecchie altre note dell'uomo
inferiore.
Quali norme legislative sarebbero dunque da proporsi a riguardodi simili delinquenti il cui istinto criminoso, non ostante l'eta gio-
vanile, pu6 ben presumersi irreducibile ? In qual modo puo salvarsi
la societa da un atroce misfatto che fatalmente sopraggiungera ?
Supponiamo che il giudice abbia dinanzi 1'autore di parecchireati non scusabili per provocazione o spinte di ambiente, e mossi
da impulsl degradanti, benche obbiettivamente lievi.
II giudice dovrebbe rivolgere, anzi tutto, la sua attenzione alla
biografia del reo. Egli vi troverebbe, molto probabilmente, la provadella degenerazione ereditaria in una discendenza da aleoolisti, mal-
fattori, prostitute, e, piu spesso, da genitori ignoti.
|]gli dovrebbe aggiungervi 1'esame psicologico e somatico, e ri-
scontrerebbe frequentemente le note caratteristiche del delinquente,
e forse quelle peculiari dell'omiGida nato.• In tal caso la probabilita di un prossimo assassinio e tale da giu-
stificare una misura preventiva che risparmi una o piu vittime ed
inoltre impedisca la prolificazione del reo. Questa misura non po-
(1) Uomo delinq., pag. 126, 127, 3a edizione.
— 438 —
trebbe essere che la segregdsione itlimitata, della quale un
primo periodo sarebbe di osservazione, in un manicomio crimi-
nale, per potersi scoprire 1'esistenza probabile di qualche forma
psicopatica.Nel caso che ci6 non avvenga, e che, nelle trasformazioni delle
diverse eta, sorgano segni di mutato carattere, dopo maturo esame
da parte di psichiatri, sarebbe da farsi luogo ad una serie di espe-
rienze in colonie. penali o in luoghi di relegazione, fino a cbesi
possa dichiarare cessato ogni pericolo, e quindi riammettere il reo
alla vita sociale.
. La segregasione illimitata e dunque il mezzo eliminativo ap-
propriato agli autori di parecehi delitti contro le persone, siano
gravi o lievi obbiettivamente, purche i moventi dei medesimi, o
il loro modo di esecusione e Vesame antropologico del reo facciano
presumere la tendenza sanguinaria istintiva ed irrefrenabile.
In vero le teudenze sanguinarie istintive sono presunte, ma il
fatto manca che ne fornisca la prova completa; il mezzo preven-
tivo adoperato a tempo impedira lo scoppio della perversita con
un assassinio consumato o tentato.
Al medesimo trattamento sarebbero da sottoporsi gVimpulsivi
per alcoolismo cronico (i quali, col regime del manicomio crimi-
nale, potrebbero guarire) e i giovanetti inferiori ai 15 o 16 anni,
i quali siano autori di uno di quei delitti, che sarebbero una rive-
lazione sufficiente della massima anomalia psichica e.dovrebbero,
normalmente, punirsi con la morte. Per solito in questi fanciulli
, assassini manifestasi una vera forma psicopatica nel periodo della
puberta. Cosi il quindicenne parricida e fratricida SBRO,che fu di-
chiarato irresponsabile per imbecillita con idee fisse impulsive (1).Infine il manicomio criminale e naturalmente indicato per gli-
autori di omicidio, lesioni, incendii, affetti da delirio, atlucina-
(1) TAMBTOINI e SEPPILLI, Studio di psieopatologia eriminale, pag. 73,
Reggio-Emilia, 1883.
— 439 —
gioni od accessi maniaci; e per quegli epilettici e quelle istericheche sono dalla loro infermita spinti al furto, alle aggressioni vio-
lente, allo stupro e alla calunnia.
EEI PORTUITI.
Che cosa io intenda con questa parola, dev'essere noto a chi
ha letto la prima parte di questo libro ed in particolare il Ca-
pitolo 1° della Parte 2\
Non e dunque mestieri avvertire che tale espressione non im-
plica altro se non la prevalensa nella determinazione del reato di
circostanze esterne alPindividualita dell'agente.Ma la prevalenza non significa altrimenti che il fattore indivi-
duale sia nullo. Ci6 e stato gia dimostrato. Soltanto, molti altri
uomini che hanno una misura egualmente scarsa di senso morale
non commettono simili delitti perche non si trovano in casi ana-
loghi. Se si pu6 dunque sottrarre il reo alla influenza delle spe-ciali circostanze che lo determinarono e potrebbero nuovamente
influire su di lui, egli pu6 divenire idoneo alla societa.
Vediamo in quali casi ci6 pu6 aver luogo per gli omicidi. Par-
leremo poscia degli autori di altri reati che offendono anche i sen-
timenti pietosi.L'anomalia del reo tanto diminuisce e tanto piu il suo modo
di sentire si accosta alUuniversale quanto piii grave fu la provo-casione. II delitto assume allora 1'aspetto di una reazione, e se
questa non fu troppo sproporzionata, in rapporto al modo di sen-
tire del mondo circostante, il reo non se ne distingue straordi-
nariamente. I suoi sentimenti non sono certo all'unisono di quellidella popolazione onesta, ma pure non sembrano eccessivamente
anorinali. La violenza della reazione e censurabile, ma non im-
perdonabile, e il fatto che questa reazione sia stata spinta fino
all'omicidio si considera come una differensa di grado.
— 440^-
Ma percbe il senso morale comune possa dirsi meno gravemente
offeso, Msogna che la provocazione sia appressalik e consista
ancor essa in una simile offesa al sentimento universale. Tutto
ci6 che e relativo esclusivamente atla individualitd del reo non
pu6 prendersi in conto; se un fatto costituisce per tui solo una
provocazione, ci6 vuol dire ch'egli e un individuo anormale il
quale risente in modo eccessivo le impressioni esterne, ma eglinon e pertanto meno pericoloso alla societa.
Dato dunque che 1'omicida non abbia troppo gravemente offeso
il comune senso morale perche spinto al delitto da un atto in-
giusto, it cui effetto sarebbe generalmente risewtito, qual e il mezzo
repressivo piu conveniente ed utile?
Non si pu6 rispondere a ci6 se non con 1'analisi delle diverse
specie di fatti che costituiscono provocazione, poiche la gravita di
questa e in ragione inversa della immoralita del reo e quindi della
sua inettitudine alla vita sociale. Infatti, quanto piu il delitto ha
il carattere di reazione, tanto minore e 1'anomalia del delinquente,tanto piu egli si ravvicina agli altri uomini.
Ora, per potersi apprezzare la forza della provocazione e neces-
sario, in alcuni casi, considerare la classe sociale a cui appartieneil provocato, con le sue idee e le sue tradizioni; in altri casi,il paese, coi suoi pregiudizii; in tutti i casi, 1'atmosfera morale
che circonda'!! reo.
La universale vivacita del sentimento di onore familiare fasi
che sia scusato dovunque 1'omicidio commesso dal marito o dal
padre sulla donna trovata nelle braccia deU'amante e sull'adul-
tero o il seduttore.
Similmente, la forza del sentimento di amor proprio fa scu-
sare in ogni luogo l'omicidio improvviso che ha 1'aspetto di im-
mediata reazione contro una ingiusta ed intollerabile offesa all'o-
nore individuale.
Nella pratica codesti reati sogliono essere puniti eon pochi mesi
di careere. Ma un simile castigo non pu6 rappresentare il mezzo
repressivo dell' omicidio, ne, dal punto di vista della intimida-,
— 441 —
zipne, si pu6 credere che una controspinta cosi poeo validappssa
opporsi alla spinta dei piu vivi e comuni impulsi.Nel nosfcrosistema Vomicidio improvvisamente provocato da una
afroce ingiuria figura quasi al limite dei delitti naturali. Manca
quasi del tutto 1'offesa al senso morale, perche quasi del tutto
manca l'anomalia nell'agente.
Pertanto, in: questo caso ed in altri dei quali pu6 dirsi la me-
desima cosa, come la uccisione per eceesso netla difesa, la par-
tecipasione al suicidio, allo scopo di salvare 1'onore del suicida o di
porre termine ad una sua malattia dolorosa ed incurabile (1) —
il mezzo eliminativo dovrebbe consistere solo nello allontanamento
dal luogo ove vive la famiglia dell'ucciso, salvo il suo consenso,
Escludo il duello, in cui non esiste delitto naturale, quandoanche i pattine fossero tali da rendere necessaria una morte. Piut-
tosto, in questo caso, potrebbesi dare una certa responsabilita ai
padrini. Ma il duello scomparisce quando si provi che esso fu
insidiosamente provocato per mascherare ivn assassinio (2).
Piu difficile sembra la risoluzione del caso in cui 1' omicidio,
provocato da una grave ed antica ingiuria, fu commesso con ri-
flessione o premeditazione.Ho detto che la premeditazione o riflessione non pu6 fornire
un criterio sicuro per distinguere 1'omicida nato dal fortuito e
che inolti omicidi per impulso improvviso possono essere classi-
ficatl fra i sanguinarii istintivi. Viceversa puo esservi riflessione
nell'omicidio commesso da un reo fortuito. Anche 1'omicidio pre-meditato pu6 avere aspetto di reazione contro una ingiuria sti-
(1) EERRI in questi casi vorrebbe assoluta impunita, perla naturadelmo-
vente; ma questo non pu6 annullare, secondo me, la natura dei sentimenti ohe
contrastano ai comuni, i quali impongono il prolungare con tutfi mezzi,
anche per un solo giorno, la vita di un uomo, sia pure dannato inesorabil-
mente a morire. — L'omicidio-suicidio. Torino, 1884.
(2)i BKRBHINI,Laresponsabilitagiuridica neiduellanti,Arch. dipsich., ecc,
vol. v, fasc. 2 e 3.
— 442 —
mata grave universalmente 6 stimata tale per pregiudizio di luogoo di razza.
In questo caso abbiamo il reato endemico, il quale non diffe-
risce in fondo dal delitto provocato se non nella minore ampiezzadella zona in cui ci6 che fece 1'ucciso contro 1'uccisore e conside-
rato come una grave ingiuria. Certo dalle vendette sarde, roma-
gnole, siciliane e calabresi non pu6 essere escluso tale carattere,e Fautore non pu6 esserneconsiderato come un delinquente d'istinto.
Quale sara dunque il trattamento delUomicida provocato quando
egli agi con riflessione?
Evidentemente, egli non pu6 essere trattato come chi reagi im-
mediatamente contro 1'offensore, perche vi ha nella sua azione una
piu grave lesione del sentimento di pieta. Una maggior dose di cru-
delta e insita nel fatlo di una premeditazione omicida, ma l'in-
fluenza della ingiuria assolutamente grave o sentita come tale da
lui per le idee dominanti nelUambiente, limita di molto la parteda attribuirsi al carattere. La forza del motivo esterno ha prepon-derato nella determinazione e non se ne pu6 arguire un istinto
criminoso permanente nel carattere del reo.
La eliminazione dev'essere dunque parsiale. II reo dev'essere
escluso da quell'ambiente determinato che ha fatto di lui un omi-
cida, perche egli non ha in se una sufficiente forza di resistenza
contro. le spinte al delitto che quell'ambiente medesimo fa sorgere.~L'esiIio dalla regione o dalla intera nasione sarebbe dunque il
mezzo piu adatto, se non fosse troppo facile eludere una condanna
di esilio, rendendosi vana cosi la repressione. Non resta dunqueche la relegasione, in un'iso!a, in una colonia, od anche in un
vitlaggio remoto, ove il reo sia libero ma sorvegliato.U problema che tosto dopo si presenta e quello della durata.
In generale si pu6 stabilire che non vi sia alcuna necessita di
una perpetua relegazione.Se il delinquente e giovane, gli stimoli risentiti da lui con
•esagerazione in tale eta potranno trovarlo meno sensibile nelFeta
matura. E questo il caso che si risolve piu facilmente. Al ter-
— 443 —
mine della gioventu, come epocadi trasformazione, pu6 equipa-rarsi 1'entrata nella vita coniugale, il crescere della prole (specie
per le donne), ed il sopraggiungere della senilita. Sono questialtrettanti periodi di vita necessariamente nuova, nei quali le pas-sioni gia dominanti sogliono estinguersi od affievolirsi per far
posto a nuovi affetti.
La eliminazione in queste forme e con questi temperamenti sa-
rebbe anche da applicarsi nei casi in cui 1'omicidio non fu che una
reazione. improvvisa ma eccessiva dovuta al temperamento collerico
o ad una partieolare sensibilita per 1'offesa ricevuta. In questi casi
si capisce ancora piu facilmente che 1'eta matura e le altre cir-
costanze accenuate disopra possano annullare del tutto la capacitadel delitto.
Due condizioni sono da aggiungersi in tutti i casi: 1° che la
relegazione non abbia fine se 1'uccisore non abbia dato una ripa-razione alla famiglia della vittima; — 2° che egli non possa sta-
bilire la sua dimora, al termine della pena, nel paese ove vivono
i parenti dell'ucciso ne in quello ove accadde il delitto. Sono
queste le misure che attutiscono i rancori, prevengono le vendette
di sangue, e producono cosi una diminuzione di quella parte della
criminalita che deriva da siffatte cause.
Ma la sola coercisione atla riparasione pecuniaria potrebbe so-
stituire qualsiasi altro mezzo repressivo nei reati men gravi di
tale specie, quelli che sono al limite della criminalita vera, for-
mando quasi una sona intermedia fra il delitto naturale e la tra-
sgressione a norme di condotta meno assolute ed universali, perche,
piuttosto che a difetto d'istinto pietoso, sono da attribuirsi a di-
fetto di educazione, a ruvidezza piuttosto che a crudelta.
Tali sono i ferimenti in rissa, quando la rissa si consideri come
una lotta vohntaria fra due parti, senza grande sproporzione di
forze, e duri soltanto fino a che gli avversari stiano 1'uno a fronte
delFaltro, e se l'uno fugge non sia inseguito, se cade non sia per-
cosso; — e non si parli di ferimento in rissa, come pur tropposi fa quotidianamente nei giudizii, tutte le volte che alcuno volle
_ 444 —
oppprsi ad un'arrogante richiesta, ad im'azione cui si aveva ildi*
ritto di non tollerare, — e tutte le volte che 1'aggressione ebbe
lnogo al seguito di uno scambio di parole insolenti o della in-
noeua provocazione di una donna, di un bambino, di un uomoinerme (1).
Ed al modo istesso andrebbero trattati gli altri reati simili,in cui e minima ranomalia delPagente, e quindi non vi ha ne-
cessita di un mezzo eliminativo: mattrattamenti non gravi, ne con-
tinuati, percosse, minacee, diffamasioni, ingiurie verbali. Nulla
di piu vano della condanna a pochi giorni di careere e ai danni
e interessi da liquidarsi e farsi valere coi mezzi della proceduracivile.
Quei pochi giorni di carcere, che come pena sono insufficienti
e privi di ogni utile effetto, potrebbero abolirsi senza inconw-
niente. Viceversa, come di gia si 6 detto nei eapitoli precedenti,la careere dovrebbe adoperarsi come mezzo eoattivo per far divenire
serio Fobbligo della riparazione, quando fosse stabitito che essa
duri fino a che quetlo non sia stato soddisfatto, salvo nei casi di
insolvibilita, nei quali il reo sarebbe costretto a pagare il suo
debito dal frutto quotidiano del suo lavoro. E se egli non vogliao non possa lavorare, lo Stato dovra dargliene il mezzo, ma al
tempo medesimo gli fara eseguire quel lavoro che ad esso piit
convenga. Non si ritorna cosi a proporre che lo Stato si faccia in-
dustriale, ma semplicemente che adoperi codesti minori delinquentinelle opere di fortificazione, bonificazione, ecc, a cui anche oggiesso adopera i condannati al bagno, certo con difficolta e pericoliassai maggiori, e con la sola differenza che i primi sarebbero co-
stretti al lavoro aolo fino a tanto che giungano a mettere da parte
(1) I giudici del mezzodi sogliono palliare quasi ogni mancato omicidio con
arma da fuoco, con la deflnizione dello scatto &arma da fuoco in rissa. Mi
e accaduto di vedere il medesimo individuo imputato per due volte di questoreato contro un «uo parente, di cui egli evidentemente volea disfarsi.
- 445 -
sutlorosalario la somma dovuta all'offesof trovando cosi, nel peu-siero che dalla loro assiduita e buona volonta dipenda la prapria
liberazione, una sipiuta che gli altri certamente non hanno (I),La carcere potrebbe figurare ancora come castigo della trasgres-
sione all'esilio o alTobbligo di dimora in un dato luogo. B questoil caso in cui la minaccia di una pena carceraria pu6 validamente
opporsi, poiche nelle trasgressioni ad obblighi o a divieti che non
sono delitti naturali,, essa pu6 avere quella efficacia preventiva, che
indarno se ne spera quando la si rivolge direttamente contro quelle
proforide immoralita che sono i veri delitti.
Una categoria distinta di azioni che gravemente offendono i
sentimenti pietosi, alcune delle quali le leggi presenti trattano
con una imperdonabile benignita, sonole lesioni predeterminate di
una parte del corpo, sfregi det volto e mutilasioni, le malattie pro-dotfce con sostanse nocive, il sequestro della persona a scopo di
Kbidine o di guadagno, la catunnia, la falsa iestimoniansa, per
cui fu inflitta una condanna penale; infine lo stupro violento;
fatti che talvolta producono la perenne infelicita di una persona.o di una famiglia.
Tutti questi delitti possono in alcuni casi far presumere, come
ho detto di sopra, il delinquente istintivo. L' esame delle circo-
stanze in cui furono commessi, e, piu, quello della vita del reo,
della sua discendenza, delle sue abitudini, del suo carattere, in-
fine delle sue anomalie fisiche e morali, possono indurre tale per-
suasione. Uno stupratore, recidivo da altri stupri,. da altri atti
di libidine o da oltraggi al pudore, il quale discenda da pazzi
(1) Vedi nella relazione dell' on. DE EENZIS sul bilancio dell' interno 1884,
le opere diverso a cui sono adibiti in Italia i condannati", pag. 33, 34, 35.
Anche in molti altri Stati d'Europa, America e Australia si fanno loro ese-
guire opere pubbliche, con economia calcolata in Inghilterra al 50 per 100.— V. BELTRANI-SOALIA, La rif. penit. in Italia, pag. 315, 316. Eoma, 1879.
'—446 —
od alcoolisti, e presenti note fisiche degenerative, 6 verosimilmente
un reo istintivo. Egli dev'essere dunque recluso a tempo indeter-
minato, prima che lo stupro si combini con 1'omicidio.
Ma quando un reato di tal genere si presenti solo, come operadi un delinquente fortuito, il mezzo repressivo deve consistere
in una retegasione che duri fino a tanto che possa supporsi at-
tutita la passione criminosa, ed, in ogni caso, fino a tanto che
1'offeso non abbia ottenuto una riparasione.Come si 6 detto a proposito delFomicidio, la prima condizione
dipende da diverse circostanze, fra cui nello stupro e negli altri
reati commessi per motivi erotici, 6 principalissima Vetd. U reo
nella foga dei suoi ardori giovanili, sara corretto dall' eta ma-
tura; il reo nella forza della sua virilita, sara ben mutato al ces-
sare di questa.Tutti codesti reati, ove non facciano presumere nel loro autore il
delinquente nato, potrebbero dunque essere puniti come gli omicidii
meno gravi: retegasione che duri a un dipresso quanto una delle
etd della vita umana, salvo qualehe radicale trasformazione, come
il matrimonio e it crescere della prole.
Nella pratica, per dare norme precise, un certo empirismo sarebbe
inevitabile, poiche sarebbe necessario stabilire un periodo di
osservazione determinato, generalmente, per un certo numero di
anni.
Ad ogni modo ilprineipioche la pena non debba cessare se non con
una riparazione alToffeso ed alla sua famiglia, darebbe a quella uno
scopo di vera utilita e realizzerebbe quella giustizia che oggi indarno
si spera dalla obbligazione civile di risarcimento dei danni, dichiara-
zione di diritto che il magistrato per lo piu vanamente pronunzia;— mentre la pena di pochi mesi o di pochi anni di carcere lascia il
reo nelPambiente a cui egli non 6 idoneo, e, dopo il termine della
espiazione, iri presenza dell'offeso e della sua famiglia, senza alcun
effetto intimidativo od eliminativo.
447
EPILOGO.
Biassumo le norme repressive indicate finora. Ricordo al let-
tore che, secondo la mia teoria, il reato mancato e punito semprecome il consumato. Pel semplice tentativo, v. pag. 273-278.
1° Sara ordinata la morte dei seguenti rei:
a) L'autore di qualsiasi omicidio volontario, il cui movente
non sia stato il vendicare una ingiuria immeritata od una ingiu-stizia fattagti subire in qualsiasi tempo dall'offeso, ovvero fatta a
qualsiasipersona nelVistante cheprecede it delitto.
Sara reputata ingiuria personale quella fatta da chiunque all'in-
dirizzo della famiglia, della religione o del sodalizio a cui appar-tiene 1'uccisore; e quella rivolta da uno straniero alla patria o
al Re dell'ucciso.
Nel caso che 1'ucciso sia un superiore gerarchico, un benefat-
tore, ovvero uno dei genitori o degli avi dell' uccisore, la scusa
dell'ingiuria od ingiustizia sara ammessa soltanto se l'una o 1'altra
fu di eccesionate gravitd e precede immediatamente la reazione
omicida;
b) L'autore di qualsiasi omicidio commesso a piu ripresee con intervalli piu o meno lunghi;
c) L'autore della strage di piu persone, eseguita con atti
distinti e successivi, salvo i casi di rissa e difesa; e 1'autore d'in-
cendio, inondazione, esplosione od altri mezzi di distruzione, ten-
denti allo scopo di uccidere altre persone oltre il provocatore del-
1'agente;
d) L' autore di strazii prolungati ed atroci, che abbiano
privato un uomo di un organo, di un senso, di un arto, o lo ab-
biano fatto lentamente perire, o gli abbiano prodofcto pazzia, ebe-
tismo o grave ed insanabile infermita, allo scopo di estorsione,
ovvero di brutale diletto, o libidine;
— 448 —
In tuttfi casi di questo articolo, quando il reo non abbia po-tuto giungere all' ultimo atto di esecuzione per una circostanza
soprawenuta e fortuita, egli sara sottoposto al trattamento indi-
cato nelFarfc. 4°.
2° II mezzo con cui sara data la morte ai condannati deve
essere di effetto istantaneo (1) e 1'esecuzione avra luogo nell'in-
terno della prigione. A richiesta del condannato, gli potra essere
data facolta di scegliere il genere di morte e adoperarne da se l'i-
strumento. Cosi la condanna come 1'esecuzione sara solennemente
annunziata al pubblico.3° Nessuna eccezione sara fatta per gli autori dei delitti iri-
dicati preeedentemente, se pure il loro pervertimento (congenito0 sopravvenuto) sia da defmirsi imbecillitd morale, passia mo-
rate od arresto di sviluppo psichico. Ma se il reo e privo della
intelligenza umana comune (idiosia, cretinismo), o se la sua
(1) Mr. Charton presento al Senato francese, il 25 luglio 1884, nn progettodi legge per fare abolire la ghigliottina e sostituirvi un agente fisico o chimico
abbastanza potente per annientare la vita istantaneamehte. Ecco una parte delle
sue considerazioni:
« L'istrumento di supplizio che in Prancia serve ad eseguire le sentenze di
morte non e una invenzione moderna. Esso fu gia in uso nei paesi del Nord,
nella Germania per esempio, come lo attestano stampe e pitture anticbe. Se
il dottor Guillotin lo ha raccomandato nel 1792, e noto che egli fu mosso a
ci6 dal desiderio di risparmiare ai condannati la lentezza e gli errori di un
braccio armato di una spada o di una scure.
« Per molto tempo si e creduto che lo spettacolo sanguinoso di una esecu-
zione potesse avere una influenza moralizzatrice.
« L'esperienza ha dimostrato che questo ripugnante spettacolo produce un
effetto del tutto opposto; esso inferocisce piu che non atterrisca, ed assistendo .
ad una si orribile scena lo spettatore non ha altro scopo oltre quello di sod-
disfare a una feroce curiosita e di inebbriarsi alla vista della strage.« E questo lo scopo a cui si vuole riuscire?
« La giustizia, convinta sempre piu dei danni morali prodotti dallo spet-
tacolo della ghigliottina, ne ha mano mano ristretta la pubblicita. Oggi si
propone di toglierla affatto facendo eseguire la sentenza capitale neU'interio
— 449 —
facoltd d'ideasione e morbosamente perturbata od anche se il de-
litto ebbe luogo in un accesso epilettico od isterico o per effetto di
alcootismo o di mania impulsiva, egli sara rinchiuso in un mani-
comio criminale a tempo indeterminato.
Nel caso di guarigione accertata, ovvero nel caso che la ma-
lattia si trasformi in una demensa innocua od in altra infermita
che renda sommamente improbabile la ripetizione del delitto, sara
ordinata dal giudice la liberazione del reo o la sua traduzione
in un manicomio comune.
Potra ordinarsi un simile trattamento quando il reo agi nello
stato di atlucinasione o sonnambulismo.
4° Saranno custoditi in un manicomio criminale a tempo
indeterminato gli autori di percosse, sevizie, ferimenti od altri
atti nocivi alla salute che non siano stati provoeati da una ingiuria
od ingiustizia deLToffeso, di stupro violento su bambini o persone
inferme e i recidivi per la seconda volta in attentati al pudore,
quando, per la precedenza di altri reati, per degenerazione eredi-
taria e per un insieme di caratteri psichici ed antropologici spic-
cati, si possa presumere che il reo sia un imbecitle morale o detin-
delle prigioni, come si usa gia nel maggior numero degli Stati europei ed ame-
ricani.
« Ma se e proprio necessario che i condannati muoiano, e altrettanto in-
dispensabile che si tagli loro la testa ? Non e possibile dar loro la morte con
un mezzo meno barbaro?
« Era cento anni, leggendo che ai nostri giorni si tagliava la testa in nome
della legge, lo stupore dei nostri nipoti sara tanto grande quanto e quello che
proviamo noi pensando che cento anni or sono si esitava ad abolire la tortura.
Ogni progresso esige uno sforzo. Alla vigilia di una riforma essa pare impos-
sibile; alTindomani non si capisce come siasi tanto tardato ad attuarla.'
« Quanto a cio che puo essere sostituito ai mezzi attuali di supplizio, bisogna
interrogare la scienza; essa e pronta a indicarci un modo di distruggere la vita
tanto sicuro quanto e la ghigliottina, e insieme piu pronto e meno crudele.
« Infatti, 1'eminente chimico Berthelot, che e pure senatore, afferma essere
possibile fulminare un condannato senza che egli abbia neppure una contrazione
nervosa ».
GiKOFAlO. — 29
— 450 —
quente istinUvo. Lo stesso trattamento avra luogO $ev Vimpulsivo>rdcoqlista.
Quando, durante il periodo di osservazione nel imanicomio cri^
minale, da determinarsi secondo i casi, il reo non abbia dato
segni di pazzia intellettuale, epilessia, isterismo od altra freriosi
o nevrosi, egli potra essere condotto in un luogo di relegazibrienel quale sara continuamente sorvegliato. Se per un tempo abba-
stanza lungo, non abbia mostrato alcuna tendenza alle aggressionio ad altri delitti, potra essere liberato definitivamente, a giudiziodel magistrato che pronunzi6 la prima condanna.
Se, viceversa, le tendenze criminose si rinnovino nel luogo di
relegazione, il reo sara ricondotto nel manicomio criminale.
Pel tentativo di qualsiasi reato, di cui si e parlato finora, avra
luogo il trattamento indicato nel presente articolo.
5° I fanciulli che ebbero coscienza dei loro atti e i giovi-netti fino all'eta di 16 anni saranno sottoposti al trattamento
indicato nell'articolo precedente pei delitti consumati o tentati enu-
merati in tutti i primi quattro articoli.
I bambini che non ebbero coscienza dei loro atti non sararino
sottoposti ad alcun mezzo repressivo.6° Saranno allontanati dal luogo in cui dimora la famiglia
della vittima gli Uccisori che furono pfovocati da una ingiuriaatroce ed intotlerabite, contro la quale reagirono immediatamente
ed istantaneamente, ovvero gli autori di omicidio commesso pereccesso nella tegittima difesa.
Questi rei saranno tenuti irioltre ad una riparasione alla fa-
miglia deirucciso, e subiranno a tale effetto la coazione che sara.
iridicata piil innanzi.
Identico sara il trattamento di coloro che abbiano partecipatoad un suicidio al solo scopo di far cessare le sofferenze del-
rucciso ovvero di salvare il suo onore.
•I seduttori e rapitori di faneiulle oneste, coa fpromesSanon adem-
pilita di'matrirrionio, safanno sottoptfsti adnnsimile BKSZZOrepf essivo.
'N'e'i casi di qu^sto articolo riori si punisce il "teritativo.
— 451 —
7° Se rqmicidio e stato una reaizione non immediata ne istan-
tanea contro ringiusto offensore, il reo sara relegato in vm'isoJa
o eplpnia od, m mancanza, confinato in un villaggio, sotto sor-
vejjlianza, e vi rimarra per un tempo da determinarsi, secondo
la -esperienza che si fara del carattere del reo e dalla probabilitache egli commetta nuovi delitti, a giudizio, dopo i primi 10 anni,
del magistrato che pronunzi6 la sentenza. 11 tentativo sara punito.8° La stessa pena sara innitta: 1° quando 1'omicidio fu una
reazione immediata ed istantanea contro un'offesa ingiusta ma di
minove gravita — tentativo escluso; 2° quando esso fu mosso da
pregiudisii locali, da fanatismo politieo o religioso o da sentimento
di onore familiare (come V infanticidio per salvare 1'onore della
madre (1)), salvo i casi in cui il fanatismo sia una vera aliena-
zione o clie il modo di esecuzione indichi il sanguinario istintivo,
e salvo i casi di necessita politiche le quali richiedano pene piil
gravi. II tentativo sara punito, salvo nell'infanticidio.
9° Subiranno un trattamento simile gli autori de' seguenti
reati: La lesione di una parte del corpo CONANIMOdi deformare
il volto, di far perdere un senso od un organo, di produrre una
gvave malattia, la somministrasione di sostanze nocive allo stesso
effetto (salvo i casi delFart. 1°, d, e dell'art. 4°), lo stupro vio-
lento, la calunnia non ritrattata e la falsa testimoniama per cui
altri fu condannato ad una grave pena, il sequestro della per-
sona durato per lungo tempo. II giudizio sulla continuazione o
sul termine della relegazione potra avere luogo dopo i primi 5
anni. II tentativo sara punito.10° Nei casi dei tre articoli preeedenti, la relegazione con-
tinuera, dopo il termine stalilito, fino a che il condannato non abbia
dato una riparazione all'offeso o alla sua famiglia nei modi esposti
piii innanzi.
,(1) :Snll'infenticidio V. la memoria di P. PUSLIA, inserita neWArchivio di
HQtsieteqtria, eoc, •vol. JI, fasc. 3°.
— 452 —
11° II reo, dopo il termine della relegazione e dopo avere
adempiuto alVobbligo della riparasione, non potra stabilire la sua
dimora nella provincia in cui commise ilreato, ne in quella ove
vivono i genitori, i figli, i fratelli o il coniuge dell'offeso, salvo
il consenso dei medesimi. La trasgressione a tale divieto sara
punita con la reclusione per sei mesi, ed, in caso di recidiva, per
due anni.
12° Grli autori di ferimenti in rissa, maltrattamenti, lesioni
e violense nei casi non preveduti qui di sopra, diffamazioni ed
ingiurie verbali, saranno sottoposti ai mezzi coattivi di cur piu
innanzi per la riparazione all'offeso, salvo la remissione di questo
ultimo.
13° In ogni caso la riparazione all'offeso od alla sua fami-
glia consistera in una somma di danaro stabilita dal giudice col
duplice cviterio della gravita del danno cosi materiale che mo-
rale recato dal delitto e- con quello della ricchezza del reo o della
sua possibilita di guadagno.14° II reo, nel caso di completa insolvibilitd, sara costretto
a lavorare a benefisio dell'offeso o della sua famiglia, ma tale
coercizione non potra estendersi oltre dieci anni quando egli debba
una somma di una certa importanza (ad es. mille lire), ne oltre
einque quando la somma dovuta sia minore.
Per ottenersi il pagamento coi lucri del lavoro si potrebbero
sperimentare i seguenti mezzi:
1° G-li operai che lavorano nelle proprie case od officine, e
tutti coloro che esercitano arti belle o professioni libere saranno
ammessi da principio a lavorare liberamente, con 1'obbligo di de-
positare in una pubblica cassa una somma determinata e settima-
nale. Se non curano 1'adempimento saranno tradotti in uno sta-
bilimento ove potranno trasportare gPistrumenti del proprio la-
voro; a quelli che ne siano privi o che non possano trasportarlisaranno i medesimi forniti dall'amministrazione dello stabilimento.
I prodotti saranno venduti agli avventori della casa, ma potrannoanche essere messi in vendita nelle antiche fabbriche, officine o
— 453 —
botteghe, a cura di persona di fiducia che s'impegni di portare
quotidianamente o settimanalmente all' amministrazione il gua-
dagno ritratto dalla vendita. Di tale somma saranno fatte due parti:l'una che sara ritenuta dall'amministrazione pel vitto strettamente
necessario al condannato, 1'altra che sara messa in serbo e conse-
gnata ad ogni mese o semestre al danueggiato in conto della somma
assegnatagli nella sentenza. Coloro che dalla reclusione abbiano un
ostacolo insuperabile alFesercizio della loro professione, come me-
dici, avvocati, notari, impiegati governativi o di banche, ecc, do-
vranno scegliere un mestiere a cui siano atti, come il copiare carte,il disegnare, il tradurre libri, lo scrivere articoli per giornali, ecc.
2° Qli operai di opifisii continueranno a lavorare liberi nei
medesimi, ma la Direzione dello stabilimento dovra assumere l'im-
pegno di ritenere dal salario delUoperaio una quota calcolata nella
meta o nel terzo, a seconda della possibilita, e metterla in serbo
pel danneggiato, per tutta la durata della coercizione. L'operaioche si assenti per piii di un giorno, salvo i casi di forza mag-
giore, sara arrestato e spedito alle compagnie di lavoro.
3° Le compagnie di lavoro saranno formate di squadre da
10, 20 o 50 condannati. Esse accoglieranno non solo i renitenti
e trasgressori agli obblighi di cui nei due primi articoli, ma
anche gli operai muratori, agricoltori ed in generale, quelli che
lavorano all'aperto, gli operai girovaghi od avventizii e quelli che
non hanno uno stabile mestiere e le persone che non hanno al-
cuna occupazione lucrosa, ne volonta o capacita d'imprenderne
alcuna.
II Governo adibira codeste compagnie a lavori nell'interesse dello
Stato, preferibilmente quelli di fortificazioni, costruzione di pub-
blici stabilimenti, di vie rotabili e strade ferrate, escavazione di
porti e bonificazione di terreni paludosi. Ad ogni condannato che
lavori sara dato il vitto necessario e sara messo in serbo il re-
siduo del salario, calcolato in misura alquanto minore del comune.
Ove lo Stato non abbia lavori da far eseguire, od il numero
de' condannati sia superfluo, potra cedere le squadre ad imprese
— 454 —
private di costruzioni/dissodamienti^miniere, lavori agricol, eoc.,
alle stesse condizioii, -ed in luoghi ofe difetti la mano d!ope*a.
I trasgfessbfi o renitenti al lavbrb saranno puriiti cbri reelu-
sioae m cella.
Nessuno avra dirittoal cibo che non avra guadagnato cblffopfio
lavoro, quarido ne abbia avuto la possibilita.La parte di guadagno eccedente'i bisogrii stfettamerite rieeessarii
delFoperaio, sara calcolata e messa da pafte a favore del dan-
neggiato.Pei trasgressori e sfaccendati abituali la coercMone potra esSere
mutata m perpetua felegazione eome pef gli Ozfosi riel c'aso!di feati
contfo la proprieta (V. § II).
II.
OFFESA AL SENTIMENTO DI GITJSTIZIA.
BEI ISTINTIVI.— Si e vednto che, accarito alla forma mofbosa
detta eleptomania pu6 esservi 1'istinto del furto in uorriirii sarii,
per eredita od atavismo, e che la fisorioriiia del ladfo nato ha segni
spiccati i quali la distirigubrio dagi altfi deli&quefrti.
Quando questi caratteri si ossefvano in xm ifidividuo di cui fhb
provarsi la discendema da oziosi Od alcoolisti o malfattofi, quaridb
quesfindividuo e recidivo per piu d'una volta da altri delitti fia-
turali e quarido egli riori agisce sotto rimpulso del bisogftb, ne
trbvasi uella miseria e nelFabbandono, si pu6 eori sicurezza affer-
mare ch'egli e un ladro' nato ed inemenddbiJe. La medesima bosa
pu6 dirsi dei truffatori m cui, cofne si e veduto, si bsservanb
anche assai spesso note afitropologiche.Ho esposto altrove (Parte la) la f agiorie per cui la pena cSpi-
tale deVessere limitata agli omicidi, ragione che pri-6 cosl rias-
sumersi: Quando U sentiWiletitodi pietd nm fu, nel modopiu grave
- 455 —
«# irreparabiJe, vioJato dal deJitta, il sentimenta medesinw si op~
joone aJJamorte deJ reo.
I rei istintivi contro la proprieta dovranno essere esaminati
dall'alienista. Spesso accadra che durante la reclusione nel ma-
nicomio criminale si riveli una forma di pazzia, di epilessia o
Ai altra frenosi che andra forse a finire nella demenza, salvo rari
casi di guarigione (1). Ma quando non si possa accertare alcuna
forma di pazzia, il reo potra essere relegato a perpetuita e sotto-
posto al lavoro come gli altri ladri abituali di cui dir6 piu innanzi.
EEI FOKTUITI.— E questa la elasse piu comune nei delitti con
em si lede il sentimento di giustizia relativo alla proprieta.L'individuo diviene reo, perche la vita ch'egli mena, gli esempi
delle persone che formano il suo ambiente, la facilita di appagaresenza lavoro i suoi desideri fanno scemare ed oscurano gradata-mente in lui quella parte del senso morale che costituisce la pro-bita e che, come si e mostrato (Oap. 1°, Parte la), 6 meno profondaed istintiva del sentimento di pieta.
Quindi, grandissima 1'influenza della educazione, dell'ambiente
immediato, e specialmente della eondizione sociale in cui trovasi
1'individuo ed in cui piu necessaria e la fama di onesta. Perduta
una volta questa fama, il reo e tratto per lo piu dalla necessita
delle cose a mutare in peggio la sua vita precedente. S'egli e un
•operaio, trovera difficilmente chi gli dia lavoro. Se non vive di
opere manuali, sara sfuggito dalla parte onesta del suo ambiente.
Una vita nuova comincia quasi sempre per lui, ed e per sojito
quejla del delitto, poiche alle spinte precedenti che persistono, e
oramai sopravvenuta la mancanza del piti forte dei freni, la tema
che sia palesata la sua disonesta. Lo Stato deve obbligarlo alr
(1) TJn esempio se ne ha nel easo deseritto dal prof. TAMBURINI nella sua
perizia: Sullo stato di mente di A. 0., imputato di furto con destrezssa e
ribellione alla pubblica forasa, recidivo 20 volte nel delitto, reeluso 8 volte
nel manicomio. Keggio Emilia, 1881.
— 456 —
lora ad una mutazione di luogo e di abitudini da cui sia deviata
la corrente che fatalmente lo trascinerebbe.
Ma, per determinare il modo di eliminazione e necessario inda-
gare quale sia stata la genesi del delitto.
Se la spinta principale pu6 attribuirsi alYozio, il reo dev'es-
sere posto in unambiente ove la necessita della propria conser-
vazione lo costringa al lavoro. Cio potrebbe farsi ascrivendo i rei
a compagnie di Javoro, in luoghi isolati oVe siano stabilimenti
industriali od opere da farsi a vantaggio del pubblico, conunsalarib
alquanto minore degli operai liberi. II condannato a cui lo Stato
offra cosi il lavoro, non avrebbe diritto al sostentamento gratuito,
che e oggi un suo diritto, un suo vero privilegio. L'ozioso non
avrebbe che 1'alternativa di lavorare 0 morire di fame. Inoltre,
nessuna predeterminazione della durata, la quale sarebbe stabilita
dal fatto che 1'ozioso abbia realmente acquisito 1'attitudine e 1'abito
al lavoro (1).Ma 1'ozio non e sempre la causa del furto. Spesso 1'uomo e
tratto cosl ad esso, come alla truffa ed al faJso, da una neces-
(1) DESPINE e stato forse il prirno a proporre la pena indeterminata: « Dans
le traitement qui vise avanfc tout a attenuer Fanomalie morale, cause du crime, .
et, pr&erver la societS de ce fl^au, le dfrfcenu ne sera relache d^finitivement.
qu'apres avoir donne des preuves de son amelioration morale, qu'apres avoir,
demontre qu'il peut se comporter sagement dans le monde ». Op. cit., pag. 675.
Porse per la prima volta in Italia, io proposi nel mio Grit. pos. dellape-
nalita, codesta eresia giuridica della pena indetermmata, pei recidivi, inge-
nerale; ma oggi vedo che essa potrehbe applicarsi anche ai non recidivi m
dlcune categorie di reati contro la proprieta e la fede pubblica, e particolar-
mente a quelli di cui la causa fu Voeio, ovvero Vambiente depravato.
TJn esperimento di pena indeterminata e stato gia fatto in America. TJna
legge del 1878 dello Stato di New-Tork dispone che i giovani delinquenti col-
pevoli di un primo reato siano reclusi in un riformatorio, senza prestabilire la
durata della detenzione. I direttori possono ritenerli per un tempo eguale al
piu lungo della pena temporanea, od anche liberarli immediatamente senza
alcuna condizione.
— 457 —
sita momentanea di danaro, o da una inesplicabile aberrasione.
Qui non si pu6 con certezza affermare che esista una causa per-manente. Bisogna fare che la cupidigia rimanga delusa, che il reo
non possa sperare alcun frutto dal delitto quando esso venga sco-
perto. La coercizione alla completa restitusione o riparazione del
danno e ad una multa a favore dello Stato per le spese fatte per
scoprire il reo e trarlo in giudizio, e il mezzo piu efficace, col
quale, al tempo medesimo,si rende veramente giustizia alla partelesa.
Ottenutosi questo adempimento per mezzo di provvedimenti ana-
. loghi a quelli indicati pei delitti contro le persone, si potrebbe,
per una prima volta, limitare i mezzi eliminativi alla esclusione
dai diritti politici, dagli uffizi pubblici e dalle professioni liberali.
Vediamo i pratici effetti di tale sistema: Un avvocato com-
mette una truffa od una falsita. La condanna tragga di pieno di-
ritto 1'interdizione perpetua dallo esercizio della sua professione.Inoltre sia egli obbligato al pagamento della intera somma fro-
data, degfinteressi e di una multa allo Stato, e fino a che ci6
non sia fatto, sia privato della liberta, perche la parte lesa e lo
Stato non siano costretti a litigi civili, oggi quasi sempre infrut-
tuosi, per far valere il loro diritto.
Non si crede piii seria questa legge di quella che condanna il
reo a sei mesi o ad un anno di carcere, per lo piu non espiati,e lo lascia libero di ricominciare a raggirare la gente che, igno-rando la sua colpa, serba in lui fiducia ?
Se la somma frodata o sottratta e stata realmente dissipata,ed il reo non ha alcun modo di restituirla, egli sara costretto al
lavoro ne' modi indicati precedentemente; dai suoi lucri o dal suo
salario saranno pagate le spese pel suo mantenimento, e i residui,
messi insieme, saranno in somme mensili od annuali pagati al dan-
neggiato. La durata della coercizione anche qui, come nelle offese
alla persona, sara limitata ad un certo numero di anni, in pro-
porzione della somma sottratta e della eta del reo.
Passiamo alla categoria dei giovanetti traviati e spinti al furto
— 458 —
o a simili delitti da' catUvi esempi deJJa Joro famigJia o dei loro
compagni. La necessita di sottrarre il reo alFambiente immediato,ch'e per lui deleterio, e qui evidente, perche solo cosi potra spe-rarsi ch'egli non accresca il numero dei rei abituali. Questa ne-
cessita e stata gia da lungo tempo sostenuta da quasi tutti gliscrittori e il provvedimento piu adatto e stato da molti indicato
nella colonia agricola. « Per emendare i fanciulli depravati non
vi ha mezzo migliore del lavoro con una severa diseiplina; ma,nella scelta delle occupazioni, non ve n'ha alcuna migliore del
lavoro agricolo. L'aria libera li rinvigorisce, 1'ordine stretto e re-
golato delle faccende li accostuma a poco a poco aU'adempimentoesatto dei loro doveri, loro apprende alla fine ad amare iJ Javoro
e ad appreszare le abitudini di una vita regolare. Un'anima sana
in un corpo sano e robusto, tale e il risultato che bisogna sfor-
zarsi di ottenere. Le occupazioni industriali nei laboratorii svi-
luppano le forze fisiche infinitamente meno dei lavori svariati
della vita campestre. Esse non possono provocare al grado istesso
la rifiessione e l'atteuzione al dovere. I lavori campestri, il cui
successo dipende spesso da un gran numero di circostanze esterne,
esigono un occhio continuamente aperto su queste circostanze, e
la contemplazione delle forze della natura e dei loro effetti in-
nalza il pensiero verso 1'autore e il sovrano dispensatore di tutte le
cose » (1).La Prancia ha fin dal 1850 colonie agdcole penitenziarie pei
giovanetti delinquenti assolti per mancanza di discernimento, e
pei minori condannati a piu di sei mesi e meno di due annidi
carcere. Alcune di queste colonie sono state fondate dal Gtoverno,
altre da privati, e queste ultime, che hanno oggi perduto la loro
autonomia, avrebbero dato una cifra minore di recidivi (il 6,42 OyO,mentre le governative davano 1'11,29 0[0). La durata della coerci-
zione va dai 3 ai 6 anni.
(1) D'OMVECRONA,Bes causes de la recidive, ecc, pag. 171. Stockholm,1873.
- 459 —
II lavoro agricolo domina,' ma vi sono anche altre industrie,come quelle del fabbro e del falegname. La spesa delle sovven-
zioni quotidiane che da il Governo e di 66 a 70 centesimi a testa.
« Giammai si e piu utilmente speso il pubblico danaro, poichelo Stato fa ridiventare idonei alla societa 93 individui su 100,la maggior parte dei quali, non corretti, verrebbero a popolare i
bagni pel resto della loro vita, a spese della nazione » (1).
Quando giunge il termirie della coercizione, il direttore della co-
lonia colloca i giovanetti presso qualche agricoltore, ovvero li fa
eritfare nell'esercito o nella marina. La sottrazione alFantico am-
biente deleterio e cosi quasi sempre perpetua.Oltre la Fraricia, hanno simili colonie il Belgio, 1'Olanda, l'In-
ghilterfa, la Grermania, la Svizzera, gli Stati Uniti d'America.
In Italia esse potrebbero impiantarsi con grande vantaggio del-
1'agricoltura nelle grandi estensioni non ancora coltivate della Sar-
degna, della Calabria, deH'Agro romano (2).E inutile il far nOtare che, trattandosi di giovinetti, la disci-
pliria sarebbe presto stabilita e la sorveglianza sarebbe facile, e
quand'anche accadesse qualche evasione, non ne verrebbe alcun
grave pericolo agli abitanti. Non sincontrerebbe qui dunque al-
cuno di quegli ostacoli che rendono malagevole lo stabilire in
terra europea colonie di adulti, specie, come si e tentato fare in
Italia, di condannati agli ergastoli. La durata della coercizione
non dovrebbe mai esserepredeterminata, ma essa cesserebbe, nei
casi ordinari, alYetd maggiore del reo, quando egli abbia dato
prova di buona volofita e di assiduita al lavoro.
(1) Idem, op. cit., pag. 163.
(2) V. BELTRANI-SCALIA, op. cit., pag. 317, 318.
460
EELEGAZIONEPERPETUA.
L'ultima classe di cui mi resta ora a parlare" e quella della im-
probita fortuita divenuta abituaJe.
Nel presente sistema penale e penitenziario la recidiva pu6 at-
tribuirsi in gran parte alla maggiore depravazione prodotta dalla
stessa carcere ed alle pene predeterminate che al loro termine
rilasciano in liberta il malfattore, nonostante la piena convinzione
ch'egli ritornera nella carriera del delitto. E dunque lecito du-
bitare se, con mezzi diversi, non sarebbe stato possibile emendare il
reo e renderlo idoneo alla societa.
Ma nel sistema razionale che qui si propone, e che consiste
nel combattere le cause occasionali del delitto col mezzo miglioreche a ciascuna pu6 opporsi, il reo piu volte recidivo pu6 con si-
curezza dirsi inidoneo all'ambiente del proprio paese; ed in vero,
si e gia fatta una serie dlnfruttuose esperienze e si e gia tra-
sportato il reo, dopo i primi delitti, fuori della sua antica so-
cieta, da cui si poteva supporre avesse origine il suo pervertimento.
Bisogna dunque dire che II suo adattamento 6 solo possibile in
condizioni affatto nuove di vita, senza alcuna speranza di ritorno
all'antico, perche questa speranza basterebbe a fargli infingere ipo-critamente le qualita richieste per la cessazione della pena.
II ladro, truffatore, falsario, recidivo per un certo numero di
volte (da determinarsi a seconda dell'energia con cui si e prece-dentemente reagito ed a seconda del pericolo sociale che nasce
dal genere della criminalita, dall'abilita e dall'audacia del delin-
quente) deve essere trasportato in una terra lontana dalla madre-
patria, in una colonia isolata, ove 1'attivita illecita gli sia inutile
e solo possa giovargli 1'onesto lavoro. La convinzione eh'egli debba
rimanervi per sempre lo spingera probabilmente a tentare il modo
di una esistenza meno disagiata, ma s' egli persevera nel vizio
— 461 —
o nella inerzia cosi da non poter essere idoneo ne pure in quelnuovo mondo che lo accoglie, tanto peggio per lui.
Eeietto dalla colonia, la sua esistenza sara quella del selvaggio,ed anche peggiore, poich6 non avra famiglia, n6 compagni. Morra
di fame e di freddo, se non sara ucciso dalle lance degli indigeni.A quesfalternativa: lavoro onesto o morte inevitabile, — si
debbono i mirabili frutti delle colonie europee in Australia e
in altre parti delFOceania; risultati dei quali gia feci altrove un
cenno.
Le censure mosse dai criminalisti al sistema della perpetua rele-
gazione dei rei abituali sono destituite di ogni serieta.
Si dice che la deportazione sia una pena disuguale; come se
tutti non sentano la dolorosa impressione del distacco dalla patriasenza speranza di rivederla giammai, e come se le presenti penecarcerarie non siano anche disuguali a seconda della sensibilita
delle persone e del valore che esse danno alla liberta. Si dice
che in Inghilterra vi furono esempi di delitti commessi espres-samente per ottenere il trasporto gratuito alle colonie. Ma si di-
mentica che ci6 e accaduto con una certa frequenza soltanto in con-
dizioni eccezionali, quando la scoperta di miniere aurifere in
Australia fecea sperare grossi guadagni ai cercatori e agli operai,e si dimentica pure non esservi pena che non sia stata da qual-cuno desiderata, non esclusi il rogo e la forca; ed essere la car-
cere quotidianamente ricercata da un gran numero di malviventi,
1'ergastolo invocato da vecchi malfattori i quali, stanchi ed abbru-
titi, non sanno piu cosa farsi della loro liberta.
Inoltre, e questo e forse Fargomento di maggior valore, si e
osservato che la deportazione non pu6 avere oggi ehe un carat-
tere provvisorio, perche la colonizzazione delFOceania fa rapidi
progressi, e tutto il resto del mondo e invaso dalla civilta, co-
sicche fra non molto non vi saranno piii terre vergini ne isole
deserte.
Ma, mentre si asserivano qneste cose, gli Stati Uniti d'Ame-
rica acquistavano dal Peru le spopolate isole Gallapagos, e la
— 462 —
Prancia con -recente legge decretava la ideportazione -alla NuovaCaledonia pei recidivi in delitti comuni, nonostante I'opposizionedelle autorita australiane, mossa in fondo dall'interesse del mo-
nopolio inglese nel Pacifico, assai piu cbe dal puerile timore che
i relegati alla Nuova Caledonia potessero infestare 1'Australia.
Ne la Bussia ha smesso la relegaziohe dei condannati nella im-
mensa Siberia. U Governo delle Indie la continua ad usare nelle
isole Andamans. Nel Congresso penitenziario tenuto nel 1877 a
Calcutta, si fecero voti, non per 1'abolizione della deportazione,ma solo per limitarla, appunto come da noi si propone, alla classe
dei rei abituaJi.
Senza dubbio, lo spazio potra mancare un giorno; anche le
miniere di carbon fossile potranno esaurirsi; ma questo tempo e
ancora molto lontano. Che importa a noi della vaga probabilitache fra cinque secoli non esista piu una sola terra incolta, ne
una sola isola priva di fiorenti citta ? Perche si dovrebbe frat-
tanto ricusare di trarre vantaggio dal mondo qual esso e ai giorninostri ?
D'altra parte, col nostro sistema, non si tratta altrimenti di
deportare tutfi condannati, ma solo il numero, relativamente
piccoJo, dei ladri e frodatori abituaJi. Unlsola di medioere gran-
dezza, una sola de' numerosi arcipelaghi oceanici od africani sa-
rebbe per noi sufficiente. E non e impossibile trovarla. (V. Ap-
pendice al Cap. 5°).L!ultima quistione e quella della spesaper trasportare, custodire,
difendere e dare i mezzi di sussistenza ad una numerosa popo-lazione vivente agli antipodi. Ma qui bisogna distinguere le spesenecessarie per impiantare la colonia da quelle necessarie a man-
tenerla. La prima senza dubbio e grave: dieesi, ad esempio, che
la Prancia abbia speso 100 milioni alla Nuova Caledonia. Ma
questa somma, in fondo, si pu6 considerare come una semplice
anticipazione, quando si pensi alFimmenso risparmio che si potri.fare sul bilancio delle carceri, sottraendo ad esse quasi tutta la
delinquenza abituale, valutata circa il 40 per 100 della jntera
— 463 -
somma de'delitti, gravi e lievi (1); e quando si pensi che il re-
legato dovra provvedere alla propria sussistenza col lavoro agri-colo che non gli pu6 niancare, mentre nelle carceri e ben diffi-
cile tro.vare il modo di far lavorare utilmente i reclusi, cosa
di cui il nostro paese ci da 1'esempio, poiche rimangono oziosi
necessariamente piu dei tre settimi dei condannati al bagno (2).
Le cose dette finora sono da riferirsi ai reati di furto, estor-
sione, truffa, frode e faJso, ed in generale a tutti quelli detti
nei Codici: « contro la proprieta, owero contro la fede pub-blica ».
Eesta ora il far cenno di alcune altre categorie di delitti nei
quali, come ne'precedenti, prevale 1'improbita o il difetto del
sentimento di giustizia relativo alla proprieta.1° Le sottrazioni ed estorsioni commesse da' pubblici uffi-
ziali, dette peculato e concussione, non sono che forme peculiaridi quei medesimi delitti. E trova anche posto accanto ad essi la
vendita di favori fatta da pubblici funzionari, ovvero Yingiustisia
fatta o promessa per una retribuzione.
La repressione migliore di simili reati consiste nella perditadella carica di cui si e abusato, nella interdizione perpetua da
qualsiasi altro pubblico uffizio, in una multa a favore dello Stato
e nella coercizione alla riparazione del danno per mezzo della de-
tenzione indeterminata quando si tratti di persona solvibile, ov-
vero del lavoro coatto, quando il reo abbia dissipato il danaro
male acquistato, per un tempo da determinarsi nel limite mas-
simo a seconda della somma che converrebbe restituire o dare in
riparazione, delFeta del reo, delle sue forze fisiche e intellet-
tuali, ecc, secondo le norme esposte di sopra.
(!) PERRI,L^antropologiacriminale eildir.pen., aelVArch. di psiGh.^c,TOL1°.
(2) BELTRANI-SOALIA,La rif. penit. in Italia, pag. 307.
— 464 —
E inutile occuparsi qui della recidiva, perche i reati di tal na-
tura non possono divenire abituali quando si puniscano con l'in-
terdizione dalla carica esercitata precedentemente e da qualsiasialtro pubblico uffizio.
2° Vincendio, il devastamento, il danneggiamento di ognisorta recato alla proprieta senza volonta di attentare alle personeo di trarre dal fatto alcun vantaggio, ma al soJo intento di sfo-
gare una passione, quale la vendetta, ovvero di procurarsi una van-
daJica voJuttd, — si reprimerebbero anche, meglio che in qualsiasi
altro modo, con la coercizione alla riparazione, temperata come
si e detto di sopra, nel caso dinsolvibilita, e salvo che la ripeti-zione e la gravita di simili fatti rivelino una pericolosa persi-stenza dello spirito distruttore, un istinto brutale che pu6 anche
essere patologico, come una piromania; — casi nei quali sono
da adoperarsi i mezzi repressivi indicati pei delinquenti istintivi
od alienati: la reclusione a tempo indeterminato nel manicomio
criminale.
3° La bancarotta, la insoJvenza coJpevoJesarebbero parimenti
represse con la coercizione alla riparazione, ed, applicandosi il
criterio eliminativo nel modo che si 6 gia visto, con 1'esclusione
del reo dalla classe delle persone autorizzate al commercio, alle
operazioni di cambio, alle forniture amministrative, alle funzioni
di tutore, amministratore di opere pie, ecc.
4° Maggiore difficolta sembrano presentare alcune altre speciedi reati: la fabbricazione e lo spaccio di false monete o false carte
di credito pubblico. Le difficolta nascono da due diverse coriside-
razioni: In primo luogo, non e sempre possibile in quei casi de-
terminare ne pure approssimativamente la somma dei danni re-
cati. — In secondo luogo, la coercizione alla riparazione non 6
un mezzo repressivo sufficiente, poiche i delinquenti di quella
specie sono per lo piu associati e dispongono di capitali coi quali1'indennita sarebbe tosto pagata e la industria criminosa si rico-
mincerebbe. Qui per garantire la societa e necessario il porre un
ostacolo fisico ai movimenti del reo per un tempo abbastanza
— 465 — .
lungp da potersi presumere che ne vengano troncate le suerela-
ziorii coi suoi compagni d'industria e distrutto pienamente l'or-
-gariismo dell'associazione.
Questa 6 dunque la prima specie di delitti da noi finora incon-
trati in cui il solo mezzo repressivo adatto e la pena temporaria
prestabilita, consistente in un certo numero di anni di reclusione, a
cui e da aggiungersi una multa proporzionata al danno prodotto allo
Stato nei casi in cui sia possibile determinarlo per approssimazione.Ma vi ha qualche altra specie per cui il sistema dei castighi
e indispensabile, sia in forma di carcere, sia in forma di multa.
Le falsitd commesse da notari od altri uffisiali pubblici nelFeser-
cizio delle loro funzioni, quand'anche non sia certo che un danno
ne sia venuto allo Stato od a un cittadino, le faJse dichiarazioni
fatte^da medici od aJtri periti in giudizio, vogliono essere preve-nute con la minaccia di un castigo, indipendentemente dalllndole
del reo e dalla utilita di un mezzo eJiminativo, che del resto sara
sempre applicato con la esclusione del reo daJVuffizio ch'egli eser-
citava. In quei casi la minaccia della pena si rivolge a personeche liberamente si espongono alla sua realizzazione, accettando
1'uffizio o il mandato appunto da quello Stato che vi stabilisce
le condizioni e sanzioni credute opportune.E a far cenno inoltre di alcune specie di falsitd che non sempre
tendono direttamente allo scopo di frodare una somma ai privatiod allo Stato, bensi a quello di esercitare indebitamente una
facolta, ovvero di far credere esistenti alcune condizioni che la leggerichiede per certi atti determinati, odinfine di giovare a se medesimo
o ad altrui, senza danno di terzi, rimovendo un male, un castigo
o facendo ottenere ci6 a cui non si avrebbe diritto.
Esempii di tal genere sono la supposisione di persone il cui
consenso e necessario per rendere valido un atto di matrimonio,
Vusurpasione di titoli, di funsioni, di ufficii, per messo di do-
cumenti foggiati, la falsa testimoniansa in giudisio penale a fa-
vore deWimputato, la faJsa attestasione di attitudini od infermitd,
e d in generale la falsitd in certificati, ecc.
GAKOFALO. — 30. .
— 466 -
Qui dunque e in altri casi simili, quando non vi e un danno da
riparare pecuniariamente, quando lo scopo delFazione criminosa
non e la sottrazione delTaltrui, ma il reo fu mosso da ben altro
intento, la repressione del falso non pu6 ottenersi che da castighisimili a quelli dei nostri presenti sistemi penali, fra' quali forse,ne'casi accennati disopra, 6 preferibile la multa, sostituita per
gFinsolvibili dalla coercizione al lavoro con un termine di massima
durata.
Simili reati sono al limitare del campo proprio della crimi-
nalita naturale; essi vi appartengono per la esistenza di un e-
lemento dimprobita che consiste nella probabilita di un danno
alla societa od a privati, tale da non potersi esattamente misurare ;
non gia pel solo fatto della pubblica menzogna, perche questo
elemento dimmoralita non e un elemento di delitto naturale, bensi
costituisce un fatto da punirsi in alcuni casi per ragione politica,come se si trattasse di una disobbedienza all'autorita o della
violazione di una legge fatta dagli uomini.
Ora, se questo elemento e preponderante, e logico che la repres-
sione, anziche come una reazione contro 1' immoralita criminosa
regolata dal criterio dell'adattamento, si manifesti come un male
inflitto al solo scopo di conservare forza al divieto.
Adunque le pene delle nostre leggi presenti, ed in particolarela multa, ricompariscono, ma solo eceezionalmente, nel nostro si-
stema ed in quelle speciali categorie di reati che ad un elemento
intrinsecamente criminoso ne congiungono un altro dlmmoralita
politica, disobbedienza all'autorita.'
Ne ci6 contraddice ai principii del nostro sistema che stabili-
scono 1'eliminazione come forma universale di repressione; poiche
questo mezzo e sufficiente pel delitto naturale puro e semplice.Ma nelle specie miste di cui ora parliamo, Ia prevalenza dellim-
moralita politica alla naturale fara dunque prevalere la repres-sione nella forma di castigo a quella nella forma di eliminazione,
senza che questa scomparisca del tutto, poiche sara sempre neces-
sario escludere il reo dagli ufficii pubblici, dai diritti politici, ecc.
— 467-
Eesta il dire qualche parola di alcune altre maniere di faJsitd,in cui al danno recato altrui negli averi si aggiunge un' offesa
personale, pel turbamento di rapporfci di famiglia, ovvero per la
perdita del nome e della situazione sociale a cui si aveva diritto.
Sono di tale specie la bigamia, la sostituzione e la soppressionedlfifante. I moventi di questi delitti, cosi come le conseguenzedei medesimi, possono variare di moltb; specie nei due ultimi ladiffefenza da un caso all'altro pu6 essere enorme. Una esistenzache naturalmente era destinata allo splendore delle alte slere
sociali, pu6 essere messa a marcire negli infimi strati; un bam-
bino che avrebbe goduto il sorriso di un'angelica madre pu6 essere
dato ad una megera ed allevato ne' postriboli... I contrasti sono
talvOlta spaventosi, ed in tutti i secoli hanno fornito situazioni
varie e drammatiche a poeti e romanzieri.
Qui dunque il reo non lede soli interessi materiali; egli offende,coi sentimenti di giustizia, anche quelli di pieta; egli pu6 essere
causa di ogni specie di dolori, cosi fisici che morali.
La coazione alla riparazlone pecuniaria non basta, se pure trat-
tasi di un reo fortuito; bisogna che egli non viva sulla stessa
terra abitata dalle sue vittime; bisogna che lo Stato possa mefc-
terlo da parte e sorvegliarlo per un certo tempo come gli autori
di attentati alla vita delle persone. II trattamento sia dunquesimile a quello di chi ha prodotto mali, spessoirreparabili, al corpo,come le gravi ferite, o danni di altro genere ed anche irreparabili,come il lungo sequestro di yersona.:.Ja relegasione a tempo inde-
terminato in isola o cotonia. E poiche cosi la qualita dei moventi
come la gravita del male possono essere immensamente varii, non
sia stabilito alcun limite minimo alla durata.
468 —
EPILOGO.
Ed ora non mi resta che stringere .in poche formole le cose
dette in quesfultimo paragrafo:1° I ladri, truffatori ed incendiarii, riconosciuti quali ISTIN-
TIVI, saranno. tenuti in osservazione per qualche tempo in un mani-
comio criminale.
Quando si manifesti una forma di pazzia vi rimarranno fino a
guarigione provata, ovvero fino a che non spprawenga la demenza,
Nel caso che non si riveli la pazzia, il reo, dopo il. periodo. di
osservazione, potra essere tratto in un luogo di relegazione. come
i recidivi di cui al n. 3°.
2° Euori di questo caso, \>&i furti, per le frodi e per le
truffe, con o sensa faJso, sindagheranno nelFautore le condizioni
della sua esistenza a cui, coriae a causa occasionale, pu6 attribuirsi
il delitto.
a) Se la causa fu Yosio o la compagnia abituale di mal-
viventi, o se il reo e gia noto per una condotta cattiva, egli sara
ascritto ad una compagnia di lavoro coaifo a vantaggio dello
Stato, del genere di quelle proposte nella prima parte di questo
capitolo.. Egli dovra rimanervi fino a.che non abbia acquisito at-
titudine ed abito al lavoro e fino a che non abbia, almeno in parte,secondo la sua possibilita, riparato il danno. Il.tentativo 6 da re-
primersi come il reato consumato. Di piu, il semplice fatto del-
1'ozio sara sottoposto al medesimo trattamento, quando vi perseverachi fu gia ladro.
b) Se la causa fu una singolare opportunitd, una viva
tentasione improvvisa, od in generale qualsiasi causa che non si
possa attribuire alPozio, alFambiente depravato, alle abitudini
contratte, il reo sara solamente detenuto fino a che non abbia re-
stituito gli oggetti sottratti, od, in mancanza, non abbia dato
— 469 —
unasominaequivalente, tenuto contb del prezzo di affezione. Se
il reato fu solamente tentato, dovra dare un' indennita per i'al-
larme fatto nascere, il disturbo recato,, ecc.
In caso dlnsolvibilita saranno osservate per la coercizione al
lavoro le norme gia indicate nell'epilogo della prima parte dr
questo capitolo.La coercizione al lavoro non potra superare cinque anni per«le
sottrazioni: inferiori a L. 1000; ne potra superare dieci anni per
qualsiasi specie di sottrazione.
Ma questi termini saranno tolti e la coercizione sara illimitata
se il reo con la sua pigrizia renda minore il frutto che in un
tempo determinato potrebbe dare il suo lavoro.
In ogni caso gli autori di quei reati saranno esclusida ogni
uffizio pubblico, e saranno privati di tutti i diritti politicij
c) Se Tautore di uno di quei reati 6 un giovinetto tra-
viato da cattivi esempii della propria famigJia o dei compagni,
egli sara posto in una coJonia agricola di minorenni da stabilirsi
in luoghi incolti, per opera privata o governativa. U tentativo e
dareprimersi come il reato consumato.
La durata della coercizione cessera alla etd maggiore del reo,
purch6 egli abbia passato almeno due anni nella colonia, ed abbia.
dato prova di buona volonta edassiduita al lavoro. In quesful-
timo caso la coercizione potra cessare anche prima dell'eta mag-
giore, quando la Direzione della colonia abbia potuto collocare il
giovinetto nell'esercito o nella marina governativa, ovvero in una
fattoria od in im opifizio presso persone che si impegnino a cu-
stodirlo.
3° II recidivo per tre votte, in caso di truffe o di furti lievr
e semplici— per due volte, in caso di falso o di furti violenti,
ed ancheper una sola volta nei casi gravissimi, e quando e provato
che il reo sia un malfattore abituale, sara relegato aperpetuitd in
unlsola lontana dalla madre-patria.
La stessa pena sara inflitta all'autore d'un furto violento con
crudeli maltrattamenti, ed al ladro o frodatore che abbia prece-
— 470 —
dentemente subito piu di tre condanne a qualsiasi pena per qual-siasi delitto.
Pel tentativo avra luogo il medesimo trattamento.
4° I pubblici .uffiziali rei di pecutato, concussione, o corru-
sione, oltre alla perdita della propria carica, saranno interdetti
a perpetuita da qualsiasi pubblico uffizio e costretti alla restijbu-
zione o riparazione nei modi indicati di sopra (n. 2') e ad una
multa a favore dello Stato. Nel caso di tentativo avra luogo la in-
terdizione con la multa.
5° Gli autori di devastamento, incendio od altro danno vo-
Jontario,' senza attentato alla incolumita delle perspne, saranno
astretti alla riparazione nei modi medesimi, e nel calcplarsi il
valore delFoggetto distrutto si terra conto del prezzo di affezipfie.II tentativo e punibile come al n. 1°, b.
6° La bancarotta o Yinsolvensa colpevole trarrannp seco, oltre
la coercizione alla restituzione o riparazione come si e detto al
n. 2, la interdizione a perpetuita dall'esercizio del commercio e
dagli uffizii pubblici.7° La fabbricazione e lo spaccio doloso di faJse monete e faJse
carte di credito pubblico saranno-puniti con reclusione temporanea
prestabilita nella durata e con una multa proporziouata al danno
presumibilmente recato. II tentativo 6 punito cpn la sola reclusione.
8* Le falsitd in atto pubbJico che non tendono direttamente
allo scopo di frodare una somma ai privati od allo Stato, saranno
punite con multa.
La stessa pena sara inflitta per qualsiasi altra falsitd in atto
pubblico quando non sipossa valutare il danno che potea derivarne,
ovvero quando il danno possibile non avvenne.
II reo sara interdetto a perpetuita da qualsiasi pubblico uffizio.
La medesima pena sara inflitta per la falsa testimoniansa in
giudizio penale a favbre deJ reo e per le fatse attestasioni in
certificati.9° Le falsitd commesse da uffisiati pubblici nell' esercizio
delle loro funzioni saranno punite con prigionia a tempo deter-
— 471 —
minatp. La stessa pena sara inflitta per la faJsa perisia giudi-ziale.
10° Nella bigamia e nelle falsitd personati contro i diritti
di famiglia (supposizione, sostitusione e soppressione d'infante),oltre alle pene proprie del falso ed alla riparazione coatta, il reo
sara relegato a tempo indeterminato in unisola o colonia.
11° La trasgressione all'obbligo di allontanamento da un dato
luogo od a!l'obbligo di dimora nel luogo di relegazione 6 punita
per la prima volta con un anno di reclusione ed isolamento in
cella, e con tre anni in caso di recidiva.
12° Le multe saranno esatte con mezzi coercitivi analoghi a
quelli per la riparazione, e con gli stessi temperamenti.
La nostra riforma, come si vede, nori e meno radicale per questireati di quello che essa e per gli altri.
Come nei delitti che ledono il sentimento di pieta, cosi anche in
quelli che offendono il sentimento di giustizia, scomparisce quasitotalmente quella reclusione tempOranea prestabilita che la scuola
classica spaccia in tale materia per la forma tipica della repressione.La carcere nel sistema positivo e il castigo di trasgressioni agli
obblighi imposti dai nuovi mezzi repressivi, e questo e il solo campoin cui la minaccia di qualche anno di reclusione pu6 riuscire effi-
cace. Per eccezione essa e poi conservata in quei casi in cui essa
e il soh messo di ovviare alla ripetizione del delitto con 1'osta-
colo fisico che altrimenti non potrebbe aversi, e inoltre, in quelle
specie di reati nei quali alla immoralita propria del delitto na-
turale h congiunto un elemento dlmmoralita politica.
Adunque la reclusione, che in una od altra forma, sia perpetua,sia temporanea e prestabilita nella durata, e oggi considerata come
la pena ordinaria dei delitti, trovasi quasi del tutto bandita
dal nostro sistema. La morte, la relegazione, la riparazione coatta
del danno merce la coercizione al lavoro sono per noi le pene nor-
mali; la carcere e la multa sono riservate a pochi casi speciali.Noi diamo alle pene quello scopo di utilita sociale che oggi loro
. — 472 —
manca del tutto, e faceiamo cio, seguendo, nel modo piu logico, il
principio della reazione razionale contro il delitto, l'eliminazione-
EEATI INVOLONTAKII.
Prima di porre termine a questo abbozzo di applicazioni del mio
sistema, e mestieri ch'io dica qualche parola di quei fatti involori-
tarii e colposi, i quali sono punibili secondo la moderna legislazione.
Essi.si possono ridurre alYomicidio, ai ferimenti, danni alla satuter
incendio, inondazioni e bancarotte.
E ovvio che, in generale, non si pu6 vedere pericolo permanente
in fatti accidentali, benche derivati da imprudenza o negligenza.Infatti e molto difficile il riprodursi di quelFinsieme di circostanze
che resero possibile 1'avvenimento, quando vi manca il concorso-
della volonta.
Dunque l'uso di mezzi eliminativi sarebbe affatto inutile. Non
gia che non esista pure una certa anomalia morale negii autori
di codesti fatti. .
In rapporto alla universalita degli uomini, essi sono pure in
difetto di una certa do3e di previdenza e di attenzione; e codesto'
difetto in molti casi deriva da una certa scarsezza di altruismo,
in quanto, per pigrizia o per soddisfare un capriccio, essi pongonO'a repentaglio la vifca o la salute degli uomini.
La nostra teoria non tende dunque ad allargare ancora piu lo
spazio che separa i fatti- dolosi dai colposi; spazio che, secondo i
principii della scienza ortodossa, dovrebbe essere un incommensura-
bile abisso, colmato, non si sa con quali arti, quando si tratta di
giustificare la punibilita di fatti involontarii.
Per noi la esistenza d'un elemento psicologico comune agli atti
dolosi e ai colposi, 1'egoismo, fa si che essi non si possano dire
assolutamente eterogenei.Molto finamente fu osservato che la poca stima della vita u-
. _ 473 -
maria si vede, in gradi molto diversi, cosi nel caeciatore che uccide un
uoirio per imprudenza, come nel cacciatore che tira deliberatamente
su d'un ignoto passeggiero al solo scopo di provare la sua arriaa;
cosi nel giovinetto che ferisce col suo pugnale il compagno fin-
gendo, per far un cattivo scherzo, di aggredirlo, come in colui che
immerge volontariamente lo stesso pugnale nel seno di un avver-
sarlOi
Noi nori vogliamo dunque che i reati colposi vadano immuni da
pena^ ma, poiche 1'anomalia mOrale non e tale da rendere il reo ini-
doneo alla vita sociale, metteremo codesta categoria di azioni al
limite della crirriinalita, in quella zona che non richiede, genefal-
mente, l'uso di mezzi eliminativi.
Come i ferimenti preterintenzionali, le ingiurie, i maltrattamenti
e simili, cosi i reati involontarii sarebbero dunque da reprimersisoltanto con la riparasione coatta ne' modi gia indicati.
Ma per noi, piu che per altri, non esiste davvero una regola senza
eccezioni.
E la eccezione dipende sempre dagli stessi principu che giustifi-
cano la regola.Un mezzo eliminativo pu5 divenire necessario quando il delitto
colposo deriva da imperizia od imprudenza nell'esercizio di uno
speciale mestiere od uffizio in cui le precauzioni violate tendono
appunto a garantire la vita delle persone. Tal'e di quelle che re-
golafio le miniere, i depositi di polvere o di dinamite, gli argini
dei fiumi, le strade ferrate.
Qui il pericolo 'sovrasta ad ogni minuto, e le fegole tendono di-
rettamente a prevenire disastri.
Tal'e ancora deil'arte del farmacista, del medico o del chirurgo,
in cui 1'errore pu6 facilmente essere mortale.
La negligenza nei primi casi, 1'imperizia negli altri non sono
dunque scevre da un pericolo permanente. L'essersi riconosciuta
la colpa importa la mancariza d' idoneita per un determinato uf-
fizio. L'esclusione perpetua ed irrevocabile dev'esserne la conse-
guenza.
— 474 —
Ed il medesimo ragionamento deve estendersi ai danni mate-
riali prodotti dalla irhperizia od imprudenza di coloro che offri-
vano pubblicamente un vantaggioso impiego di capitali, dando ad
intendere di possedere le qualita, necessarie per gli affari com-
merciali.
I fallimenti colposi andrebbero dunque puniti con la perpetuae severa interdizione da ogni pubblico esercizio di commercio.
Anche qui, del resto, l;a coercizione alla riparazione sostitui-
rebbe in modo assai piu efficace e yantaggioso i pochi mesi dipri-
gionia che si sogliono infliggere dai tribunali, con una certa ri-
luttanza, in quei rari casi in cui essi sono costretti dalla evidenza
de' fatti a dichiarare la responsabilita penale del fallito.
AZIONI DA KEPKIMERSI
ESTRANEE AL DELITTO NATURALE.
Dalla nostra definizione del delitto naturale (V. Parte la, Cap. 1°)rimaneva escluso un gran numero di atti nocivi, la cui. specialeinimofalifca non investe tutto 1'essere dell'agente e non e incompa-tibile con quei sentimenti altruistici elementari che sono la base
della moralita dei tempi nostri.
Ma codeste azioni, che abbiamo lasciato fuori del quadro, le-
dono anche taluni sentimenti comuni, e non si"possono reprimereche per mezzo di castighi da infliggersi ai lofo autori. Qui la
nostra teoria si tace. II castigo e necessario come sanzione del
divieto, e poich6 non si tratta di veri delinquenti, le nostre idee
sulle pene carcerarie temporanee o perpetue non avrebbero alcuna
ragione di essere.
II presente sistema di pene afflittive o pecuniarie e dunque a
conservarsi per le seguenti categorie di azioni:
1° QuetJe che Jedono il sentimento patriottico, quali: Intel-
ligenze con Governi esteri a danno del proprio paese, fatti rivolti
— 475 —
a promuovere ostilita contro di esso, comunicazioni di segreti di
Stato, arruolamenti militari, istigazione all'odio fra le classi so-
ciali, alla guerra civile, alla rivoluzione, al saccheggio, false no-
tizie sparse da giornali a danno dello Stato, ecc.
2° Quelle che offendono ilpotere sociate, quali: Atti tendenti
ad impedire alle autorita 1'esercizio delle lorO funzioni, usurpa-zioni di comandi, attribuzioni, titoli, dignita, cariche, uffizii, sot-
trazione di documenti dai pubblici archivii e violazione del se-
greto dei medesimi, disobbedienze o resistenze agli ageriti del po-
tere, oltraggi e minaccie ad uffiziali pubblici, rifiuto di ufficio
legalmente dovuto, ecc.
3° QuelJe che violano iJ diritto del cittadino alla tranquil-Htd pubbtica, aWesercizio pacifico detle funzioni politiche, at ri-
spetto deJ culto e deJ pubblico pudore, come : Yiolazioni di domi-
cilio per parte di pubblici uffiziali, disordini di piazza e tumulti,risse e duelli in pubblico, simulazioni di reati e false denuncie,evasione di arrestati, istigazione a delinquere per mezzo della
stampa, apologia di delitti e fatti vituperosi, falso nome dato alle
autorita, violazione di sepoltura, violenze e frodi elettorali, offese
al culto, abusi dei ministri del culto, arresti arbitrarii, atti osceni
in pubblico, lenocinio, favoreggiamento della prostituzione, trasgres-sione alla legge che regola il porto d'armi, trasgressione all'ob-
bligo di dimora nel luogo di relegazione o di esilio, ecc.' 4° Le violazioni atla particolare JegisJazione di un paese,
<comele trasgressioni alle leggi che regolano le ferrovie, i tele-
grafi, le poste, 1'igiene pubblica, lo stato civile, le dogane, le
caccie, le foreste, i corsi d'acqua, ecc.
5° Infine le trasgressioni a statutt e regolamenti municipaJi di
. ordine pubblico.
APPENDICE AL CAP. IV.
Riassunto del nuovo sistema repressivo
[Delitii naturali)
I. — ELIMINAZIONE.
1° — Dalla societa.
Gompleta, irrevocabile. (Morte).Autori di
a) Omicidio non provocato da una ingiuria.immeritata o dauna ingiustizia dell'ucciso, salvo i casi del N. 4° a e b;
b) Omicidio commesso con. tormenti, od a piu riprese;c) Strage di piil persone, quand'anche una di esse fosse stata
ingiiista verso 1'uceisore;d) Omicidio del proprio genitore, avo, benefattore o supe-
riore gerarchico, salvo il caso d'ingiuria gravissima;e) Strazi atroci o mutilazioni a scopo di estorsione o per
brutale diletto o libidine, tali da lasciare un uomo deforme, am»malato o privo di un organo, di un senso, di un arto.
(Tentativo escluso,. salvo, COMESEMPRE,il reato mancato).
2° — Dalla societa.
Incompleta, revocabile. (Eeclusione in manicomio criminale a
tempoj indeterminato).
a) Autori- di tentativo di uno dei precedenti reati;b) Autori di uno dei preeedenti reati, affetti da assenm o mor-
bosa perturbazione della facolta &'ideasione, o spinti al delittoda un accesso di epilessia, ftisterismo, di mania impulsiva, o pereffetto di alcotfismo;
c) Autori di stupro od atti violenti di libidine su bambini odinfermi, danni alla salute, ferimenti non provocati, furti, incendii,inondazioni, calunnie, con la circostanza di caratteri psichici, pato-logici ed antropologici che facciano presumere il reo nato ed istin-
tivo, od una forma qualsiasi di pazzia morale od intellettuale;
- 477 —
d) Fanciulli che hanno coscienza dei loro atti e giovinettifino all'eta di 16 anni, autori di qualsiasi delitto accennato finora.
(Tentativo represso in tuWi casi.neWidentico modo).
3° — Da ogni naziOne incivilita.
Irrevocabile. (Eelegazione perpetua in regioni deserte).
a) Autori di furto, estorsione, ricatto, rapina, truffa o falso(notoriamente abituali, ovvero recidivi per la la, 2a o 3a volta, aseconda della gravita dei primi reati, esclusi i fanciulli e gio-vinetti);
b) Autori dei medesimi reati che abbiano subito preceden-temente piu di 3 condanne per delitti naturali di altra specie;
c) Autori di estorsione o furto violento con . crudeli mal-trattamenti.
(Tentativo compreso in tutti i casi).
4° — Dalla regione.
Bevocabile. (Eelegazione a tempo indeterminato in isola o colonia dd,in mancanza, luogo di facile sorveglianza. — Tempo minimo della
relegazione dieci anni nei casia, b, c; cinque anni negli altri casi).
Autori di
a) Omicidio per vendetta, pregiudizio religioso, politico, di fa-
miglia, di classe, di casta od associazione, salvo i casi del N. 1° b;(Tentativo compreso).
b) Infanticidio per salvare 1'onore della madre, commesso dacostei o da un suo .stretto parente;
(Tentativo escluso).c) Omicidio per impulso di collera, provocata istantanea-
mente da una ingiuria immeritata;(Tentativo escluso).
d) Stupro od atti violenti di libidine;(Tentativo compreso).
e) Danhi al corpo e lesioni allo scopo di deformare il volto,procurare 1'aborto senza complicita della donna, rendere amma-
lato, far perdere un senso od un organo, salvo i casi del N. 1° e;(Tentativo compreso).
/*) Lungo sequestro della persona;g) Falsa testimonianza o calunnia per cui un innocente fu
condannato a grave pena;h) Bigamia, supposizione, sostituzione e soppressione d'infante;
(Tentahvo escluso).
— 478 —
5° — Dalla societa che formava 1'amfoiente immediato del reo.
Bevocabile.
(1° Stabilimenti agricoli, fino alla eta maggiore del reo nelcaso di emenda. Tempo minimo, 2 anni.
2° Compagnie di operai adoperate pei lavori dello Stato. Tempoindeterminato).
a) Fanciulli e giovinetti, recidivi o non recidivi, autori difurto, truffa, frode, con o senza falso, appartenenti a famigliedepravate, ovvero traviati e spinti al delitto da cattivi compagnio dalle persone che aveano cura di loro;
(Tentativo compreso).b) Autori dei medesimi reati spinti al male da ozio, pigrizia
o compagnia di malfattori; fino alla 3a recidiva nei casi meno
gravi;(Tentativo compreso).
c) Eecidivi autori di minaceie a scopo di estorsione;d) Oziosi e vagabondi gia condannati piu di una volta per
fnrto o simili reati.
6° — Dal lnogo ove vive la fainiglia della vittima.
Bevocabile. (Esilio dal luogo a tempo indeterminato).
a) Omicidio provocato istantaneamente da una ingiuria im-meritata, atroce ed intollerabile, ovvero per eccessonella difesa,ed omicidio preterintenzionale e provocato ingiustamente;
b) Partecipazione al suicidio per salvare 1'onore „od abbre-viare lo strazio di una malattia incurabile del suicida;
c) Eatto senzaviolenza di una fanciulla sottoposta alla potestapatria o tutoria;
d) Seduzione di una fanciulla onesta con promessa di matri-monio non adempiuta;
(Tentativo escluso).
7° '— Dalla particolare situazione sociale del reo.
Irrevoeabile. (Interdizione perpetua dall'uffizio, professione od in-
dustria).
a) Omicidio o grave danno alla salute per imperizia dell'arte
- 479' — • . ,
propria, o per contravvenzione ai regolamenti nel caso di personeincarieate di un pubblico servizio;
b) Fallimento colposo;c) Prevaricazioni e corruzioni di avvocati, pubblici uffiziali,
periti, amministratori di pubblico danaro, opere pie ed altri pub-blici istituti.
8° — Dalla societa politica.
Bevocabile. (Perdita dei diritti politici a tempo indeterminato edinterdizione dagli uffizii pubblici).
Autori. di ogni specie di delitto naturale, sia da reprimersi conaltri mezzi eliminativi, sia con la semplice riparazione coatta.
II. —DELITTI DAREPEIMEESICONPENEANALOSHEALLEPRESENTI(salvosempre i mezzi di eliminazione e riparazione quando ne sia il caso):
1° Pabbricazione di false monete o carte di credito pubblico e
spaccio delle medesime (prigionia);2° Palsita in atto pubblico che non tende direttamente allo
scopo di frodare una somma ai privati o allo Stato (multa);3° Palsita in atto pubblico di cui non si pu6 valutare il danno,
ovvero non produttiva di alcun danno (multa);4° Peculato, concussione, corruzione di pubblici uffiziali e pub-
blici amministratori (multa);5° Falsita commesse da pubblici uffiziali nell'esercizio delle
loro funzioni (prigionia);6° Palsa perizia giudiziale (prigionia).
III. — COERCIZIONEALLA RIPARAZIONE(da aggiungersi al tratta-
mento di ogni reo sottoposto a mezzi eliminativi revocabili e da
stabilirsi inoltre comepena propria ed unica ne'casi seguenti):
1° Purto. frode, truffa, ferimento e danno alla salute, ne' casi
in cui non e prescritto un mezzo eliininativo;2° Omicidio, lesioni, danni alla salute involontarii, salvo i casi
esposti precedenteraente;3° Ingiurie, diffamazioni, rivelazioni di segreti;4° Violazione di domicilio o proprieta non a scopo di lucro;56 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni;6° Maltrattamenti e minaccie ne' casi non preveduti innanzi;
— 480 —
7° Eccesso di lavoro imposto da padroni od intraprenditori afanciulli, donne o vecchi, tale da danneggiare la loro salute;
8° Danni volontarii alle cose altrui;9° Fallimento ed insolvenza colpevole,
Solvibili. — Prigionia con durata illimitata fino alla effettivasoddisfazione della somma dovuta pei danni morali e materiali,spese di mantenimento del reo nella carcere e spese di giustizia.
Insohibili. — Coercizione al lavoro perche il reo possa col ri-
sparmio sul salario guadagnare la somma dovuta. La coercizione
comincia^contemporaneamente alla relegazione o alFesilio. Duratamassima del lavoro coatto: 10 anni quando la somma dovuta su-
peri 1000 lire; 5 anni negli altri casi.
CAPITOLOV.
CONCLUSIONI EELATIVE ALLE CONDIZIONI
DELLA SOCLETA MODEENA
E DELL'ITALIA IN PAETICOLAEE.
Impossibilita di applicare ad un tratto la teoria positiva — Necessita di ri-
forme graduali — Cid che si puo tentare presentemente — Proposte con-
crete di riforme nella procedura, nelle leggi di pubblica sicurezza, nel si-
stema penitenziario — Lo statu quo nella legislazione penale e preferibileai progetti ispirati dal dottrinarismo- giuridico — Modiflcazioni parziali che
potrebbero farsi al Godice penale.
Appendice (A)— Possibilita d'una colonia penitenziaria italiana.
La impossibilita di applicare la teoria positiva senza la esi-
stenza di colonie, 1'istituzione di compagnie di lavoro, la riforma
del presente sistema penitenziario, e tutte le altre condizioni che
mancano all'una o alFaltra nazione contemporanea, non debbono
far rigettare senz'altro le nostre proposte. Anche nello stato pre-sente delle cose si pu6 trarre qualche vantaggio dalla dottrinia
qui esposta ed iniziare una riforma graduale delle nostre istitu-
zioni tendente a realizzare un ideale che, sebbene lontano, non
bisogna disperare di raggiungere.. D'altra parte, la gradualita delle rifonne dovrebbe essere il
metodo da seguire, se pure il nostro paese avesse quelle istitu-
zioni, quegli stabilimenti e quelle colonie di cui difetta. Le idee
del!a,Lnuova scuola, che ancora sono lo scandalo di molti, non po-
trebbero essere universalmente accettate che in seguito di parziali
e ripetuti esperimenti favorevoli. La realizzazione immediata, com>-
p|eta, di tutte le nostre proposte non sarebbe attuata ne pure da
noi ancorche ne avessimo il potere. Possiamo ripetere a proposito
del nostro sistema ci6 che Spencer diceva del suo: « La moltitu-
GiBOrALO. — 31.
— 482 —
dine dei colpevoli, la debolezza della istruzione e della moralit&
media, il cattivo modo di funzionare della maechina amministra-
tiva e, piu che altro, la difficolta di procurarsi funzionarii con.
sufficiente intelligenza, cuore e carattere, sono ostacoli che lun-
gamente impediranno lo stabilire il sistema complicato che la-
morale reclama ».
Ci6 non impedisce che ogni novita legislativa possa essere un
passo per diminuire la distanza che ci separa dalla meta, e che-
fin da ora si possa indirizzare la legislazione per la via del vero'
progresso.
Ora, se alcuno mi domandasse: Che cosa sarebbe da farsi, oggi,.netle nostre condisioni di cose e coi meszi limitati di cui disponeVltalia? —io risponderei: Eiformare, anzi tutto, alcune parti delle
leggi. penali, di procedura e di pubblica sicurezza incompatibilicon la necessita della difesa sociale contro i delinquenti. In se-
condo luogo, dare opera alla riforma, lungamente invocata, del
sistema penitenziario, affrettando la costruzione o riduzione delle
carceri per rendere possibile 1'isolamento de' detenuti e la separa-zione de'giovani dagli adulti, studiando al tempo medesimo il pro-blema delle compagnie di lavoro nei luoghi incolti d'Italia e procu-rando alla nostra nazione qualche isola nell'Oceano Indiano o Pacifico-
per potervi deportare i recidivi. — V. Appendice (A).Per quanto riguarda le riforme parziali alle leggi esistentjr
esse potrebbero ridursi ai seguenti punti:
PROCEDURA.
1° Modificare Vart. 206 del Codice di procedura nel senso-
che. la liberta provvisoria non possa accordarsi ai recidivi impu-tati di crimini o delitti.
2° Modificare Vart. 440 della procedura nel senso che la
Sezione di accusa, ordinando il rinvio per attenuanti al Tribunale
— 483 —
correzionale, non debba necessariamente ordinare 1'escarcerazione
delFimputato.3° Modificare negli stessi sensi Vart. 253 riguardante il
rinvio dell'imputato al Tribunale per ordinanza della Camera di
Consiglio.4° Stabilire che 1'imputato detenuto e condannato dal pretore
o dal tribunale non possa mai esser messo in liberta provvisorianella pendenza deWappello, e similmente non possa essere escar-cerato provvisoriamente il condannato che abbia fatto ricorsopercassasione. Ammettere il diritto ad una indennita dell'imputatodetenuto ed assolto con dichiarazione A'inesistensa di reato o di
provata innocenza, quando le prove siano state date fin dal primo
giudisio.5° Stabilire che quando un reo, in qualunque stadio della
procedura abbia confessato il suo reato, owero sia stato colto in
flagrama, non debbasi fare ai giurati alcuna domanda sulla esi-
stenza del fatto materiale, distinguendo da questo le domande re-
lative allo stato di visio di mente quando ne sia il caso.
6° Aggiungere alTart. 495 la disposizione che il Presidente
non sia obbligato a fare ai giurati quelle domande che non trovino
appoggio in qualche fatto della causa.
7° Modificare 1'art. 504 con la disposizione che le schede
bianche dei giurati siano da annullarsi.
8° Estendere al verdetto di assdlmionc la disposisione del-
Vart. 509 (per cui pu6 annullarsi un verdetto erroneo di colpa-
bilita pronunziato con un solo voto di maggioranza).9° Modificare l'art. 503 (sul modo di rispondere dei giurati)
dando ad essi la scelta fra le tre formole: reitd provata, reita
nonprovata ed innocenza provata, analoghe alle formole condemno,
non liquet ed absolvo della proeedura romana. Nel caso di una di-
chiarazione di non provata reitd, il Presidente rimandi gli atti al
Pubblico Ministero per nuova istruzione, e decida al tempo me-
desimo se Vaccusato debba essere rimesso in libertd provvisoria o
rimanere sotto custodia. Se in un secondo giudmo, i giurati di-
•'— .484 — .
chiareranno nuovamente non provata la reita, 1'accusato sia defi-ntfovomewfe proscmto. • .*<•<>•--
10° Stabilire che il ricorsoin Cassasione non importi la so-
spensione della bsecuzione detld sehtehsdf^ex iecbndanhe ajoeraecorrezionali.'
'' :; :: "! ;
11° Abolire la disposizione, •contenuta nelVart. 419, che se
1'appello dalle sentenze correzionali siastato ihterposto dal. solo
imputato, la peha nbn possa essere aumehtata; ed 'dbolire pari-mente quella delVart. 67$, che 1'aceusato il quale abbia domaa-
dato la cassazionedi unasentenza dicondanha non possa essere
eondannato ad una pena nella durata o nel genere superiore a
quella inflittagli nel primo giudizio.121»Modificare il sistema delle hullitd riservando alla Corte di
cassazione il giudicare nei singoli casi se la violazione di legge o
1'omissiohe di una formalita abbia potuto avere influensa diretta od
indiretta sul verdetto dei giurati, e: dandole SOLO:IN QUESTOCASO
la facoltd di annullareil giudisio ed drdinarne ilrinnovamenio.
13° Modificare V art. 642 con la disposizione che, quahdosia annullata uha sentenza pronunziante Yassolusione per verdetto
dei giurati, la Cassazione debba ordinare un nuovo giudisio pre-cisamente come quando essa annulla una sentenza di condanhal
14° Modificare Vart. 571 nel senso di rendere necessaria in
ogni condanna per offese alla persona, aU'onore, alpudore, o perdauni alla proprieta 1'assegnazione prowisoria di una somma alla
parte lesa, se pure manchi la parte civile per farne la domanda.
ESECUZIONE DELLE PENE.
15° Limitare l'uso delle amnistie ai soli reati politici ed alle
trasgressioni a leggi finansiarie ed amministrative.
16° Limitare Tuso del diritto di grazia ai casi veramente
eccesionali e lasciare eseguire le condanne a morte, quando hon
esistano attenuanti non valutate dai giurati. Farle eseguire im-
mancabilmente quando il condannato sia recidivo.
— 485 —
LEGHHDI PUBBLICASICUREZZA.
.,„; }J° S*ab'ilire^ per. ogni Comune un numero massimo di bet-
tole.e ,botteghe da liquori, sottoponendo 1'esercente ad una tassa*:*f(^ ''-;. ''f i
'.' '•'"; .,' .'. ;'''i''' '-'.;'.' )-: .,..-... «• <
spec^ale, con disposizioni transitorie riguardanti gli eserc.izii esi-steriti.
18° Vietare 'ai giovanetti 1'accesso a tali botteghe., 19" Colpire con pene gli ubbriachi benche innocui e gli ec-
citatori airubbriachezza (art. 217 e 218 del progetto Depretis25 novembre 1882), aggiungendo una pena maggiore nel caso che
si tratti di giovani.20° Vietare ai giovani 1'accessoalle aule delle Corti di giu-
stizia.
. 21* Vietare rigorosamente sui teatri le rappresentazioni di
delitti e la pubblicazione di giornali che esclusivamente o*prin-
cipalmente se ne propongano la descrizione.
.22° Approvare il progetto sui manicomii pubblici, priyati e.
criminali presentato il 15 marzo 1881 dal Ministro Depretis.edin cui si dispone, fra altri ottimi prowedimenti, che gl'imputatidi gravi reati assoluti dai Tribunali o dalle Assise per follia o
forsa irresistibile possano per ordine del magistrato essere rin-
chiusi in un manicomio criminale quando siano pericolosi per la
sicurezza sociale; ne possano essere dimessi senza un ordine simile
quahdo sia rieonosciuto che ogni pericolo sia cessato (art. 30).
SISTEMAPENITENZIARIO.
..,, 23° Accelerare 1'esecuzione della legge del gennaio 1864 che
stabiliva dovere essere cellutari tutte, le carceri destinate alla de-
tenzione preventiva. Far costruire col medesimo sistema tutte le
nuove carceri destinate alla espiasione delle pene corresionali.
y:^;..'-'';''.".. ::;' /•; —-486'— •' '
24» Far cominciare 1'esperimento di compagnie di lavoro nei
luoghi incolti dltalia e delle isole, a cui siano destinati gli am-
mohiti contravventori, e di altre compagnie affatto distinte dalle
prime, pei giovani detinquenti.25° Autorizzare il Governo ad inviare in un luogo di rele-
gazione, distinto da quelli destinati agli ammoniti, quei condan-
nati liberati dai bagni e dalle case di pena, i quali, per la loro
incorreggibilita e per la mancanza di segni di rawedimento, siano
un evidente pericolo per la societa; ed abolire, almeno in questo
caso, ogni timitasione di tempo, lasciando alle autorita giudiziariee carcerarie il giudicare quando si possa presumere che ogni peri-colo sia cessato.
CODICE PENALE.
In juesta materia il nostro sistema e fondato su di alcune idee
che rovescierebbero i cardini di quello dominante. Noi non possiamo
dunque pretendere che, nel presente periodo di discussione, si ri-
formino cosl radicalmente i codici come la nostra dottrina esige-rebbe. D'altra parte, il sistema penitenziario esistente e la man-
canza di colonie opporrebbero un invincibile ostacolo alla realiz-
zazione rapida e completa delle nostre idee. A noi basta aver
provato che, seientificamente, i due principii a cui deve informarsi
la scienza sono quello della eliminasione e quello della riparasione.
Ora, fino a tanto che questa dottrina non sia accettata e non si
comprenda da tutti la vanita del concetto esclusivo del castigoin quei mezzi con cui si combatte il delitto, sarebbe inutile spe-rare una riforma del Codice penale nel senso della scuola positiva.
Questa dunque, nel campo pratico, deve per ora limitarsi ad
un'opera negativa: Opporsi con tutte le sue forze ad una piu
solenne ed universale affermazione dei principii della scuola clas-
sica, quale sarebbe 1'approvazione del progetto del nuovo Codice
penale presentato dagli on. Zanardelli e Savelli.
.— 487 —
Si ^ gia mostrato come questo progetto farebbe quasi del-tuttq:
scqmparire gli ultimi vestigii del principio di eliminazione, dando
;un'assolufca preponderanza al sistema delle pene restrittive delta
liberta,, temporanee e predeterminate.Ma vi ha di piu: questi castighi piu o meno gravi, propor-
zionati con una norma affatto arbitraria alle entita dei reati e
prestabiliti dalla legge nella loro misura, sarebbero universalmente
mitigati dal progetto, per fare che la nostra legislazione non sia
3>iu severa di quella della Oermania, dell'01anda e di altri paesi (1).Ora, e facile vedere che, se pure si voglia concedere alla mi-
naccia di un castigo alcuna efficacia preventiva di delitti, ci6 non-e possibile se non quando il castigo sia proporzionato, non ad una
regola astratta, bensi alla sensibilita del soggetto su cui si opera."E che pertanto e affatto inutile portare in campo 1'esempio del-
TOlanda e della Germania, ma bisognerebbe invece esaminare il- :nostro popolo italiano nella sua capacita d'intimidazione o di con-
trospinta ai delitti.
Ma si e veduto quale sia stata 1'efficacia della pih mite legi-•slazione del 1859 per 1'Italia superiore e centrale e del 1861 perTltalia meridionale. II crescendo di tutta la criminalita e comin-
ciato da quella epoca, e quello dei reati di sangue ha raggiunto-cifre cosl enormi da doverci fare arrossire al cospetto dell'Europa.
Dunque, e finche la pena si consideri soltanto come un castigo,• «e la minaecia di questo castigo non e sufficiente, sara forse con-
siglio prudente lo scemarne vie piu la forza, togliendo gravita al
anale che si minaccia?
Ecco in poche parole, la considerazione che dovrebbe indurre i
governanti a sospendere ogni riforma che importi una mitigazione•della penalita, specie in quanto ai reati di sangue che sono gia
(1) V. il mio opuscolo:-dJewwe osservasioni sul~progetto del Codicepenale,
Torino, 1884, e l'importante lavoro dell'Avv. VITO POBTO:La scuola criminale
joosztiva e il progetto di nuovo Codice, Padova, 1884.
;VV "-;''-' .'V—488-^- .. ".'
£a.writa da ogni'hianiera di attenuanti e scusanti.- Cosicche le pene
<sbs, a .cH legge ilCodice, possbno senibrare trbppo severe iefa-
tivaaiaente alle singole specie di misfattij sono' poi raddolcife hella
pratica fino ad un punto che gli stessi fauto-ri della mitigazibhe
legislativa non oserebbero proporre.Mon dimenticbino i nostri legislatori le parole del piit giande
sofiiologo del tempo nostro, le quali potrebberO' ripetersi a pfo-
posito della procedura e del sistema penitenziario:« Quando un uomo non calcola che le cose presehti, precise,
concrete, quando egli non si rappresenta chiaramente cib che pu6
reeare 1'awenire, egli deve naturalmente stimare assai poco i di-
ritti dei cittadini; perche, a che servono essi, se non per garen-
tirsi contro mali indeterminati, puramente possibili, che minac-
ciaho oscuramente il suo lontano awenire? ». — Ecco pur troppo
il: carattere del nostro popolo, opposto a quello previdente dell'inL
glese che al suo awenire sa fare il sacrifizio del presente. « Ora
— prosegue 1'autore — chi non vede che a questi due caratteri
cbsi oppbsti cbnvengonopei loro misfatti, due specie molto distihte
di eastighi? Per contenere il primo occorrono pene severe; prohte,
prbcise, tati da colpire fortemente Vimmaginasione; 1'altro sara
distolto da pene meno definite, meno intense, meno immediate.
AlFuomo civile, il: timore di una disciplina lunga, monotoha ri-
servata ai delinquenti: cib basta; ai meno civili, castigM corpo-
rali e mqrte, non si otterrd nulla altrimenti. Dunque..... con un
simile stato sociale i rigori del codice sono necessari. E potrebbe
citarsi piu di un fatto in appoggio: fra altri quello Stato dltalia
in cui, per la preghiera di una duchessa morente, fu abolita la
pena capitale ed in cui il numero degli assassinii crebbe tanto da
,doverla ristabilire » (1).
Quale consiglio darebbe ora Herbert Spencer a chi gli doman-
dasse il suo parere sulla convenienza di sopprimere la pena capi-
(1) SPENOER,Saggio di politica — Morale delle prigioni.
•;'.. ".^.' " '
-^m-
tMi di ridurre 1 i hasi di pha $erpeli& <&uf mitrgWe tul&Ie^
al#e In uh paese: ih cui vi ha sedici vbrfe" plu' di as^Ssihi cn'e\
ih -KgMl-iierraj e che bffre ogfli ^ahnb lo spettaeblb dl: uha gigah-~tesxlaecatbmbedi qhattrbmilavittimb umahe?
lehche il 1suo ideale sia cbsi lbhtario dal presehtb sistbma di
peialita, n6ri pu6: dubitarsi che egli, hoh potehdo vedere la f ba-
lizzazione di quello, prefefirebbe la cbnservaziohe di qiiesto ad
infiovaziohi cosl pocb opportuhe.tFna' dblle ragiohi che spingoho i nostri legislatori ad ihsisterb
sulli urgehza di uh nuovo codice 6 la coesisteniza di tre diverse
legislazioni pehali ih Italia, Tuha in Eoma e nell'Italia setteh-
trionale, la seconda ih Toscaha; 1'ultima hella regione napbletahaed ih Sicilia* Questa condizione di cose si considera quasi uh
disbhbfe per 1'Italia; perche sl sostiene ehe essa 6 fonte di continue
ingiustizie pel diverso trattamento a cui sbno sottopbsti i rei di
unar stessa haziohe.
Per verita' nbi, ahziche deplof af e questo stato della legislazione
peflale; avrerhmo da rallegf areene, se ciascuho di quei tre codici
foSg&consentaneballa diversa indole degli abitanti, e' se Ia ehergiadella repfessione fosse in ciascuna parte misurata alla stregua delle
necessitalocali. Si sarebbe cosi invblontariamente bttehuto uh gfah
prbgregsb sii molte altfe hazibni; si avfebbe ragibne di mehafe
vaflto; delle tre nbstre legislazioni. Ma, sen'za'esamihare qui se
codesta sia una illusione o la realta, bsserviamo d'altra parte che
nohivi e flulla di stfano nel fatto stesso della esisteflza contem-
potfanea di diverse leggi ih iin solopopolo. Dahnolo stessb esempib
la- Svizzera e 1'America del Nbrd, e, certo, fra' cantoni di Lucerha
e Zufigb, ofra il Massaehussets e la Pensilvania vi ha'nhoaffinit!a
molto maggiori di razza e di costumi che non fra la Sicllia ed' il
Vefleto, frai la BaMlicata eTaToscana.
Si afferma ehe pe'hostri tempi il codice sardo sia troppo se-
"vero, e troppo miteilcodice toseaho. Ma si dimentica che accanto
alle'pene piu gravi del primo vi ha la faeolta di attenuarle con-
sidefevolmente,e!che di tale facolta si usa non solo, ma si abusa;
;V:VV\-:::-'\-;/'---: 'V'-— 49o;\-\ -;
mentre le attenuanti ammesse dallalegge del 30 novembre:1865
per la Toscana non producoho altro effetto che il divieto.di appli-
cazione del maximum che nel resto dltalia in tutfi casi.timane,
lettera morta. Si dimentica che molte scusanti e minoranti del
codice toscano non fanno scemare che di poeola pena, mentre
quelle della legge sarda la fanno diventare illusoria;. che il limite.
della piena imputabilita, da questa ritardato finq alla eta mag-
giore, in Toscana trovasi stabilito ai-18 anni; che infine, per
molte altre ragioni, non esistono in realta ne'giudicati quei grandi
divarii nella misura penale che da molti si temono come contrarii
alla giustizia. La diversita dei codici non importa dunque una
disuguaglianza cosi grave di trattamento da rendere necessaria ed
urgente la unificazione legislativa, mentre questa urgenza vi e,
da tutti sentita, nella riforma delle leggi che regolano il modo di
applicare ed eseguire le pene.
Quale sia poi la prudenza di risolvere con una affrettata discus-
sione parlamentare il problema penale, chiunque ha scorso questo
libro, potra dire. Ma noi non vogliamo illuderci. E possibile che
questo problema, considerato da noi e da tanti altri cosi diversa-
mente dai nostri giuristi della scuola classica, sia risoluto. ap-
punto nel senso che vogliono questi ultimi, e che la Camera sia
chiamata fra non molto ad approvare il progetto Zanardelli-Sa-
velli, pih o meno modificato nella forma da qualche loro succes-.
sofe, lieto di apporvi il proprio nome.
In questo caso noi non potremmo fare altro che suggerire pochi
emendamenti, i quali, senza alterare- grandemente il sistema del
progetto, siano atti a temperare alcuni effetti nocivi alla preven-
zione dei reati, che, secondo le nostre previsioni, le nuove leggi
produrrebbero. '..'.
Codeste proposte non farebbero che scemare alquanto la distanza
e rendere possibile, in un tempo di lada venire, un avvicinamento
ulteriore della legislazione alla nostra teoria.
Anzitutto vorremmo vedere tolta 1'ipotesi, dubbia scientifica-
mente e nella pratica pericolosa, della semi-responsabilita in al-
— 491 —
cune forme di pazzia. Pel trattamento del reo dichiarato pazzo od
affetto da forza irresistibile, prowederebbe il progetto su'mani-
comii criminali, a cui dovrebbero coordinarsi gli1articoli del co-
dice penale relativi alla responsabilita.Per la misura della pena entro la latitudine del grado, vor-
remmo si desse al giudice la seguente norma, troppo spessotrascu-
rata, nonostante gl'insegnamenti teorici:
« Quando il casonon offra circostanze speciali che rendano mag-
giore od attenuino insolitamente la criminosita del fatto, il giu-dice dovra infliggere la pena in misura equidistante dai due estremi
delgrado».Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la soverchia lar-
•ghezza del progetto potrebbe temperarsi con una disposizione come
questa:« Quando vi siano circostanze attenuanti, la pena sara inflitta
nel minimum del grado; e se le circostanze siano di una eccesio-
uale gravita, la pena sara diminuita di uno o due gradi ».
Per la difesa sociale contro i delinquenti abituali, e necessario
ridare serieta alla recidiva.
Anche a volersi conservare il sistema del progetto, la recidiva
specifica non dovrebbe assolutamente importare il solo divieto di
applicazione del minimum, che renderebbe 1'aggravamento affatto
illusorio. Sarebbe da proporsi almeno 1'applicazione obbligatoriadel maximum delgrado, secondo il sistema delle antiche leggi
napoletane, conservato in parte dal Mancini nel suo progetto.Ma se il recidivo ha gia subito tre condanne per un reato della
medesima specie, 6 indispensabile un prowedimento energico, ana-
logo a quello di cui la Francia ha di fresco dato 1'esempio. Per
1'Italia, fino a tanto che essa sara priva di colonie, non potrebbetentarsi che la reclusione a tempo indeterminato, con ammissione
alla tiberasione condisionale, sorvsgliata e revocabile, a giudizio•diun Consiglio composto di magistrati e funzionarii amministrativi.
A riguardo della eta, il limite della piena imputabilita dovrebbe
«ssere stabilito ai 18 anni, come nella maggior parte degli altri
,.>•--, '^.4921 — '"
MsM: II Jrpge^o riSli si;e crifatb rie pure di esbludere dalla irii-
nfflnte alcurii atrocl mis'fatti, quali Ia grassaswhe e Yincmdio
cSh wkicidio, il pdrricMiq, il vehefisio, Yomicidio proaiiorio (1).I nostri teoristi non hanno mai 'desistito dal cehsurare duesta ec-
cezipne ene trovasi nel codice.sardo, coriie quella che offendb i
l'brb; bcchi awezzi alla siminetfia. Matale eccezione e giustifieata
psicologicamente e dovrebbesi cbnservare, dato che il liiriite della
pieria imputabilita ne' casi ordinari si conservi agll anhi 21, con
quella che il Niccolihi chiamava risibile uguaglianza fra lacapa-c$M eivile e la respohsabilita morale pei delitti.
Infine, per quanto riguarda i giovani di eta inferiore ai 18 anni,
si faccia lo esperinaehto in Italia di quelle colonie agricole che
d^nrib in altri paesi mirabili frutti, e si.abolisca quel computo
grossolano della pena in ragione di un quarto, di meta, di due o
tre gradi di meno della normale, a seconda dell'eta del reo; ma
sia la durata, almeno iri questi casi, deterhiiflata dal progfesso mo-
rale del Cohdannato.
Nulla aggiungo in questo luogo alle cose giS esposte nel corso
deLVopera intorno al genere, alla intensita, alla durata delle pene.S'b detto che credo un grave pericolo per la nostra societa 1' aboli-
ziBne deila pena capitale ed ancora piula riduzione a pochi casi
delia, peha perpetua. In quanto a quesfultima novita del pro-
gefto, non vl e possibilita di accordb fra la teofia positiva e queila-'dei nostri giuristi eclettici.
Sarebbe ora ben ingiusto con noi chi, dopo aver letto questa
pairte del libfo, esclami: Parturient montes, con qriel che segue.Le riforme e le novita proposte in questo capitolo possono ai
'(I) Col presente Codice, 1'autore ventenne di una grassazione con omi-
cidio, aviendo ottenuto le attenuanti, e condannato ai lavori forzaci a vita. Se-
condo il progetto, egli otterreble, per 1'eta, la minorazione di un grado e di
nno p due altri per le attenuanti, cosicehe non potreblbe essere condannato che
a 20 anni di prigionia ed ancbe potrebbe vedere la sua pena ridotta a soli
11 anhi. Un grassatore assassino ritornerebbe a 30 anni libero nella societa!
— 493 —'
'"','. "."'
profani sembrare troppo poca cosa, ma, all'occhio degli ubihirii
pratici esse avrebbero una grande importanza e potrebbero, nelle
deplorabili condizioni del nostro paese, recare non lieve benefizio.
. Certo esse non sono le conchiusioni scientifiche del nostro si-
stema, le quali leggonsi chiaramente ne'capitoli che precedono;esse rappresentano soltanto quel minore mdle che in tutfce le cqse
umane bisogna preferire. Quando alla realizzazione del nostro
sistema si oppone la mancanza delle colonie e la gravita della
spesa necessaria alle istituzioni da noi propos.te; — quando d'altra
parte si minacciano nuovi codici che infallibilmente farebbero cre-
scere I'a criminalita, noi diciamo: Sospendete questi progettj e
fate frattantq alcune modificazioni alle leggi esistenti che, senza
aggravare il bilancio dello Stato, potrebbero produrre qualche van-
taggio, riducendo il numero delle piu comuni cause provocatricidi dblitti, scemando nei giudizii le alee favorevoli ai delinquenti,
sperimentando su piccola scala qualche proposta della scuola po-
sitiva. Ma se siete proprio decisi a darci una nuova legislazione,
sopprimetene almeno quelle parti che indubitabilmente rendereb-
berb peggiore lo stato delle cose, e sperimentate almeno qualcunafra le piii plausibili nostre proposte.
Mentre nel campo scientifico il nostro sistema non importa giauna riforma, bensi una mutazione ab imis fundamentis, viceversa,nel campo pratico, noi limitiamo per ora le nostre domande a
qualche esperimento. Proposte cosi moderate ed oneste non pos-soho essefe combattute che da pregiudizii aprioristici.
Pprtunatamente pu6 dirsi oramai che il loro dominio non du-
rera a lungo, poich6 ogni progresso della moderna sociologia segna
, per essi un nuovo passo che li accosta alla fine. E non pu6 du-
bitarsi che ci6 sia per la societa un gran bene, poiche solo cosi
potra istituirsi quel magistero preventivo che attenui il dannq e
la vergogna del delitto.
— 494 —
APPENDICE (A).
La nostra baia d'Assab 6 del tutto. disadatta ad una colonia
penitenziaria.Tal'e 1'opinione di quasi tutti coloro che 1' hanno studiata da
questo punto di vista (1). La temperatura v'impedisce agli Eu-
ropei qualsiasi lavoro agricolo: solo gl'indigeni (Dankali) possonosopportare la sferza di quel sole. D'altra parte il suolo vi 6 quasidovunque insuscettibile di coltura. Ora, il lavoro agricolo e la con-dizione sine qua non di una colonia penitenziaria o di un luogodi relegazione, quando non si yoglia che i deportati vivano nel-1'ozio ed a spese dello Stato. E dunque inutile farsi alcuna illu-sione a riguardo delFutilita di Assab, e bisogna cercare altrove.
L' ostacolo dell' Inghilterra e del Governo australiano e senzadubbio gravissimo, ma spetta ad un'abile diplomazia il saperlovincere. Bisogna fare le piu ampie assicurazioni che noi non de-sideriamo un possedimento nell'Oceania o sulle coste d'Africa senon allo scopo di rovesciarvi la nostra impurita criminosa.
E, senza timidezza, bisogna occupare la terra che ci convengae risolutamente sostenervi il nostro diritto.
Un acquisto e ancora possibile nella Polinesia mediante il da-
naro, sia dagl'indigeni, (come di recente ha fatto la Prancia conle isole Tahiti), sia da qualche potenza delFAmerica del Sud, comenon ha guari hanno fatto gli Stati Uniti comperando le isole Gal-
lapagos dalla Eepubblica dell'Equatore.Presso alle coste dell'Africa orientale vi e un arcipelago, gia
popolato e prospero, oggi quasi deserto, quello delle isole Comore (2).Una di. quelle isole, Johanna, misura quasi 400 miglia quadrate;ha clima salubre, temperatura da 20° a 30°, secondo le stagioni,trovandosi nella zona regolare del monsone. Le sue campagne pro-
(1) II DE AMEZAGAproponeva soltanto di spedire ad Assab due o trecentocondannati per aflrettare il compimento dei lavori preparatorii per lo scalo conla minore spesa possibile. Da ci6 ad una colonia penitenziaria non e chi non
veda la differenza. — V. DE AMEZAGA,Assab, nel Bollettino della Societa
Geografiea, 1880, pag. 668. — Anche il SAPETO(Assab e i suoi critiei, 1879),come prima di lui il generale De Vecchi, rigetta la proposta della colonia
penale.(2) La popolazione complessiva delTarcipelago non e che di 12 mila abitanti.
, "—495—; .MV;\V-VV:';-'V
ducono la canna da zucchero, la vainiglia, il caffe, il coeco, l'a-rachide. I suoi monti contengono miniere aurifere e sono ricchidi legname prezioso, ebano, sandalo, canfora, mogano. Essa e lon-tana da Zanzibar 120 miglia, dal Mozambico 200, dal Madaga-scar 120 (16 ore di navigazione). Vi e un re assoluto, Abdallah,che di6 al nostro commerciante Succi la concessione di una co-lonia (1).
Quesfisola, od un'altra delle Comore, sarebbe pienamente adattaa ricevere una colonia di condannati.
(1) G. SXTCCI,J7 Madagascar, Visola di Johanna e Varcipelago delle Co-tnore. Milano, 1881.
FINE.
PARTE I. L'AZIONE CRIMINOSA E LA REAZIONE.CAP. 1. IL DELITTO NATURALE.
La parola delitto non appartiene ai giuristi - Significato di questa parola nel linguaggio comune - Ricerca delle norme di condotta, la cui violazione puo dirsi criminosa -Analisi dei sentimenti od istinti che costituiscono il senso morale - Limiti in cui il senso morale posseduto dalle razze superiori è identico - L'istinto di pietà - Il sentimento digiustizia relativo alla proprietà - Come tutti i delitti naturali si riconducano alla violazione di questi due sentimenti - Razze che difettano degl'istinti altruistici elementari -Evoluzione del senso morale - Se possa sorgere il concetto di nuovi delitti. Pag.
CAP. 2. LA LEGGE DELL'ADATTAMENTO.I. Reazione razionale della società contro il delitto - La eliminazione come forma costante - Forma assoluta di eliminazione: pena di morte - La delicatezza dell'istintopietoso rende minore la pietà per alcuni delinquenti - Eliminazione parziale, cioè da un determinato ambiente - Modalità. II. Impulso individuale di reazione: La vendetta -L'espiazione morale - Il patimento dei rei - La reazione sociale spontanea tende indirettamente allo stesso scopo della razionale - Giustificazione del principio "punitur quiapeccatum" e suo accordo col principio "punitur ne peccetur". III. Se la eliminazione produca gli effetti preventivi dei castighi: Motivo morale - Motivo del timore. IV. Laeliminazione dei rei come mezzo di selezione - Teoria dell'eredità psicologica.
PARTE II. LE CAUSE DEL DELITTO.CAP. 1. L'ANOMALIA DEI DELINQUENTI.
I. Se il pervertimento morale, che è la condizione del delitto, abbia sempre natura patologica - Distinzione fra malattia ed anomalia - La pazzia morale e la delinquenzaistintiva. II. Caratteri antropologici più frequenti nei rei d'istinto - Tipo dell'omicida e del ladro - Caratteri psicologici comuni - Inefficacia dei castighi - Inemendabilità. III.Delinquenti fortuiti - Senso in cui deve intendersi questa parola - La differenza fra l'anomalia psichica dei delinquenti istintivi e dei fortuiti non è che una differenza di grado -Omicidio per impulso collerico - Omicidio per impulso di ambiente - Reati endemici ed imitativi - Clima e bevande alcooliche, temperatura - Cause occasionali del furto.Appendice (A) Caratteri antropologici dei selvaggi e degli uomini primitivi. (B) Ricerche sul cervello nei delinquenti. (C) Sulla classificazione dei delinquenti. Pag.
CAP. 2. INFLUENZE MODIFICATRICI DEGL'ISTINTI.Postulato non dimostrato della scuola correzionalista e sue contraddizioni - La cura morale dei delinquenti secondo Despine - Efficacia dell'educazione sulla formazionedegl'istinti morali - Diverse opinioni - Limiti probabili di ogni effetto educativo - Conchiusioni - Cio che rimane in piedi della teoria correzionalista e suo accordo con la teoriadell'adattamento - Assurdità dell'eclettismo dei nuovi penalisti italiani. Pag.
CAP. 3. INFLUENZE SOCIALI.I. La ineguaglianza economica - Il delitto come reazione contro la iniquità sociale - Se la miseria sia una causa specifica di criminalità - Relazione fra le condizionieconomiche ed i crimini mossi da cupidigia - Il proletariato non dà ad essi un contingente maggiore delle classi agiate - Se la miseria abbia almeno un'influenza indirettasulla criminalità - Nessun effetto benefico dell'agiatezza e della istruzione letteraria. II. Le istituzioni sociali in rapporto alla criminalità - Teoria preventiva indiretta diRomagnosi - Idee di Quetelet - Proposte concrete di leggi tendenti a rimuovere le cause più comuni di delitti - Limitazione dell'attività legislativa - Quali siano i mezzipreventivi indiretti che lo Stato possa adoperare contro il delitto - I "sostitutivi penali" del Ferri. Pag.
PARTE III. LA REPRESSIONE.CAP. 1. CRITERII DI PUNIBILITA.
I. IL CONCETTO GIURIDICO DEL DELITTO. Scuola francese e scuola italiana - Il delinquente quale uomo normale - La pena come castigo - Teorie assolute: - nonpossono risolvere il problema penale - Teoria classica italiana: - tutela giuridica - Il limite della giustizia. II. LA RESPONSABILITA MORALE. Il libero arbitrio nel delinquente- Responsabilità relativa - Impossibile applicazione di questo principio - La forza irresistibile interna - Contraddizioni della teoria, della legislazione e della pratica - Il vizio dimente - Punibilità dei delinquenti pazzi - Perchè non debbano essere puniti di morte - L'ubbriachezza e l'età quali cause di diminuita responsabilità - Assurdo teorico epratica impotenza. III. LA PROPORZIONE PENALE. Criterii quantitativi del delitto: loro complicazione - Impossibilità di determinare un criterio esclusivo della gravitàrelativa dei delitti - Proporzione della pena al male od al danno del delitto - Proporzione della pena alla spinta criminosa - Critica di questo sistema - Criterio positivo -Obbiezioni e risposte - Il merito e demerito negli atti determinati - Proteste in nome della giustizia. IV. IL TENTATIVO CRIMINOSO. Diversi punti di partenza - Caratteri deltentativo - Atti preparatorii - Quando possano essere considerati come veri tentativi criminosi - Idoneità di mezzi - Teorie germaniche - Soluzione della quistione. V. DIALCUNE ALTRE TEORIE GIURIDICHE. Complicità - Incomunicabilità delle qualità personali - Mandato - Cumulo di reati - Recidiva propria ed impropria - La recidivaimpropria è di maggior pericolo sociale - Limitazione della recidiva secondo il progetto del nuovo Codice italiano - Come si colpisca in Italia la recidiva - Esempio oppostodato dalla Francia - La prescrizione - Ragioni che giustificano la prescrizione dell'azione penale - Se possa ammettersi anche la prescrizione della pena ed in quali limiti -Assurdità delle amnistie pei delitti comuni, e del principio ch'esse aboliscano l'azione penale e la recidiva - La grazia sovrana - Suoi pericoli. VI. RISPOSTA AD ALCUNEOBBIEZIONI. VII. L'APPLICAZIONE DELLE PENE. Differenza fra le pene scritte nei codici e quelle che si applicano - Assurdi derivanti dalla massima pro reo - Come sianopuniti i rei abituali. VIII. LA RIPARAZIONE DEL DANNO. Poca serietà dell' obbligo imposto ai rei di riparare il danno - Teoria di Spencer - Lato della quistione nonconsiderato da questo scrittore - Ostacoli pratici alla realizzazione del suo sistema - Limiti in cui è ammessibile - La coercizione alla riparazione come succedaneo dellapena in alcune categorie di reati.
CAP. 2. LA PERSECUZIONE DEI MALFATTORI.Influenza del sistema di procedura sulla criminalità - Requisiti d'una buona procedura. I. L'ISTRUZIONE. Azione pubblica e privata - Il giudizio di accusa - Il segretoistruttorio - Il carcere preventivo - La libertà provvisoria. II. IL GIUDIZIO. Assurdi del sistema accusatorio - Forme razionali del giudizio - L'appello - Il ricorso in Cassazione -Proposte di riforme. III. I GIUDICI. Nè giuristi nè giurati - Qualità necessarie nei magistrati - Incompatibilità del giuri con la civiltà moderna - Deplorabile esperienza fattadall'Italia - Proposte di restrizione del potere dei giurati. Pag.
CAP. 3. L'INEFFICACIA DEL PRESENTE SISTEMA REPRESSIVO.Aumento della criminalità in Francia, Belgio, Prussia, Austria, Spagna ed Italia - Aumento assoluto dei delitti - Aumento della più grave criminalità - Aumento delle recidive -Statistiche italiane - Se sia vero che il movimento ascendente siasi arrestato ed accenni alla discesa - Confronto dell'ultimo periodo coi precedenti - Primato italiano nei reatidi sangue - Il mestiere del delinquente valutato economicamente - Probabilità d'impunità - Modi di eludere la pena - Recidiva dei liberati da gravi pene - La teoria dellaproporzione fra l'attività illecita e l'attività onesta - Non è nuova - Ragioni che la confutano - La criminalità dei secoli passati - Effetto sensibile dei mezzi eliminativi. Pag.
CAP. 4. APPLICAZIONE DELLE NORME RAZIONALI DI REPRESSIONE.In qual modo il criterio dell'adattamento sia applicabile alla legislazione.I. OFFESE AL SENTIMENTO DI PIETA.
DELINQUENTI ISTINTIVI. Necessità della pena di morte - Criterii sostituiti a quello della premeditazione. REI PRESUNTI ISTINTIVI. Servigi utili che l'antropologia puorendere per far prevedere il sanguinario o stupratore istintivo - Mezzo repressivo adatto ai rei presunti istintivi. REI FORTUITI. La provocazione - Sentimento di onorefamigliare - Amor patrio - Pregiudizi di luogo o di classe - Forme adatte di eliminazione - Reati a cui è applicabile la riparazione coattiva, come succedaneo della pena.Epilogo. Formole concrete.
II. OFFESE AL SENTIMENTO DI GIUSTIZIA.Rei istintivi e fortuiti - Varietà delle cause e ricerca dei mezzi repressivi, adatti a ciascuna - Modo di determinare l'ambiente opportuno - Colonie agricole per gli oziosi epei fanciulli - Reati in cui la repressione puo limitarsi alla riparazione coattiva - Rei abituali - Relegazione - Obbiezione a questo sistema e confutazione delle medesime.Epilogo. Formole concrete.
III. REATI INVOLONTARII.Repressione normale di questi reati - Casi in cui i mezzi eliminativi sono necessarii.
IV. AZIONI DA REPRIMERSI CON PENE ANALOGHE ALLE PRESENTI.Appendice. Quadro che riassume il nuovo sistema penale. Pag.
CAP. 5. CONCLUSIONI RELATIVE ALLE CONDIZIONI DELLA SOCIETA CONTEMPORANEA E DELL'ITALIA IN PARTICOLARE.Impossibilità di applicare ad un tratto la teoria positiva - Necessità di riforme graduali - Cio che si puo tentare presentemente - Proposte di riforme nella procedura, nelleleggi di pubblica sicurezza, nel sistema penitenziario - Lo statu quo nella legislazione penale è preferibile ai progetti ispirati dal dottrinarismo giuridico - Modificazioni parzialiche potrebbero farsi al Codice penale. Appendice (A). Possibilità d'una colonia penitenziaria italiana. Pag