Qpesto quarto rapporto IAAD :S.dlla conc�'Lione giovanile in Italia fa ;segyito ai tte precedenti pubt;,ficati nel 1984, 1988 e 1993. Basato sut.Jn arlipio campione rapprèsentativo di individui tra i 15 e i 29 anni intervistati in tutte le regiòni italiane. il rapporto, oltre ad analizzare aspetti tradizionali come scuola, lavoro, politica e orbntamenti di valore, si muove V'arso sempre nuovi approfondimenti, in linea con l'evoluzione della Gocietà italiana. Iniziativa unica nel panorama della. ricerca sociale in ltalk", il rapporto IARD, vero e proprio osservatorio periodico privilegiato sulle dinamiche della popuiazione giovanile nel nostro Paese, mette a disposizione di tua! coloro che har:nu responsabilità in merito alla formazione dei ;�iovani - genitor; :lpE1ratori e insegnanti in primo luogo- d::tti rac(;OI,ti su un arco di oltre un decennio, offendo una chiave di lettura per interpretare al meglio ,l'evolvere dei comportamenti e degli atteg,giamenti dei giovani nél tempo.
Indice del volume: l. La lunga transizione all'età adulta, di A ..
Cavc>l!i. - Il. . 'esperienz;.':l scolastica: scelte, percorsi, giudizi, di G. Gasperoni. - 111. Il lavqro. Strategie di risposta alla crisi, dì A. Chiesi. - IV. Rischio, reversibilità, sfiduch negli altri, disagio, di C. BuzzL - V. La politica immaginaria, di L. Ricolti. - VI. L'a�<>ociazionismo e la ti .::lucia nelle istituzioni, di R. Albano. - VII. L'Italia: un puzz'e di piccole patrie, di l. Diamanti. - VIli. Percezione dè!le norme LOCiali e trasgressione, di c_ Buzzi. - IX. Ruoli di genere e
vita aff;�ttiva, di F. Sarto;-i. - X. l giovani e la religione, di M. Rostar.. - Xl. 1 giovani e la sch:mza, di M. Bucchi. - Xli. Consumi e stili culturf:•l, di ìlii. Morcellini. - Xlii. ,l consumi e la propensione a! nspar� rr11o, di C. Meraviglia. - XI'V. Lo sport e l'impiego del tempo libero, di M. Bucchi. - XV. l sistemi di valore, di A. de Lillo. � XVI. Conclusioni. di ,C. 13uzzi. - Appendice statistico-metodo1ogica, ci A. Volino. - Riferir";l(mti bibliografici.
Carlo Buzzi insegna Sociologia della famiglia nell'Università di Trento. Ha svolto numflro�e ricerche sulla condizione giovanile con particolare riferimento al disagio adolescenziale e ai valori delia salute e del benessere psico-fisico. Per lo IARD è stato coautore del terzo rapporto giovani e ha pubblicato <<La salute del fu'uro» (H Mulino, 1994).
Ales:;�ndro CaNalli insegna Soci.ologia nell'Università di Pavi:t. Hl svolto ·e .coorç!lnato tutti i precedenti rapporti l'ARO. Sempre per lo I'ARD hacuratrb <<Insegnare oggi>> (Il Mul'ino, 1992).
Antonio de. �ilio. insegna Sociologia nell'Università di Milano. Ha svoito ricerçih.e s.J'!a stratificazione e sulla mobilità sociale. È autore e c;uratQta'dì tutli ;,rapporti IARD sulla condizione gi,_.vanìle.
L 4.2.000 {i.i.)
STUDI E RICERCHE
CCCXCVIII.
Istituto di Ricerca IARD
IARD è un Istituto specializzato attivo dal 1961 nel campo della ricerca sui processi culturali, educativi e formativi con approcci che integrano le prospettive delle diverse scienze sociali.
IARD opera su tutto il territorio nazionale avvalendosi della sua struttura interna e di un nutrito gruppo di collaboratori esterni, scelti fra i più noti esperti dei vari settori disciplinari. Dispone di una propria, qualificata e collaudata rete di intervistatori estesa capillarmente in tutte le province italiane, e di un autonomo centro di calcolo per la trattazione dei dati.
IARD è inoltre inserito in reti e consorzi internazionali in grado di fornire consulenza e supporto tecnico alla realizzazione di ricerche-intervento per conto dell'Unione Europea.
Le attività IARD sono riconducibili a tre filoni principali di studio: la condizione giovanile; le politiche socioculturali; gli interventi didattico-pedagogici.
All'interno di ciascuna tematica, IARD conduce ricerche in ambiti diversificati e attraverso molteplici metodologie: dalle indagini campionarie su popolazioni estese di soggetti, alle indagini qualitative di tipo motivazionale su target specifici, ai case-studies finalizzati all'analisi delle dinamiche organizzative e di mercato, agli studi su dati secondari.
IARD ha inoltre messo a punto una metodologia finalizzata alla verifica dei risultati, in termini di efficienza ed efficacia, di progetti e sperimentazioni su target diversificati.
GIOVANI VERSO IL DUEMILA
Quarto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia
a cura di Carlo Buzzi, Alessandro Cavalli
e Antonio de Lillo
SOCIETÀ EDITRICE IL MULINO
ISBN 88-15-06216-5
Copyright © 1997 by Società editrice il Mulino, Bologna. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
INDICE
Prefazione p. 11
I.
II.
La lunga transizione all'età adulta, di Alessandro Cavalli 15
l. L'età dell'incertezza 15 2. n dilazionamento delle scelte 16 3. Qualche (debole) segnale di un'inversione
di tendenza 19 4. Il presente tra passato e futuro 25
L'esperienza scolastica: scelte, percors1, giudizi, di Giancarlo Gasperoni 31
l. Studio e condizione giovanile 31 2. Percorsi scolastici e vincoli sociali 33 3. Percorsi formativi accidentati 38 4. Insegnamenti e insegnanti: percezioni e va-
lutazioni 41 5. La dimensione partecipativa 47 6. La conoscenza delle lingue straniere 49 7. Scuola e lavoro 50 8. Alcune osservazioni conclusive 52
III. TI lavoro. Strategie di risposta alla crisi, di Antonio Chiesi 55
l. Il deterioramento della situazione sul mer-cato del lavoro 55
2. Giovani e mercato del lavoro 58 3. I comportamenti di offerta e di ricerca sul
mercato 67
5
4. La concezione del lavoro e i livelli di sod-disfazione p. 78
5. Opzioni e preferenze per diverse modalità di lavoro 83
IV. Rischio, reversibilità, sfiducia negli altri,
V.
disagio, di Carlo Buzzi 87
l. Premessa 87 2. n valore del «rischio» 89 3. La reversibilità delle scelte 92 4. La sfiducia verso gli altri 95 5. L'insoddisfazione verso alcuni aspetti della
�� �
La politica immaginaria, di Luca Ricolfi 103
l. Premessa 103 2 n cambiamento 103 3. Radicalismo e primato della comunicazione 112 4. La percezione dei partiti 114 5. Una generazione �rtuale? 118
VI. L'associazionismo e la fiducia nelle istitu-zioni, di Roberto Albano 121
l. La partecipazione dei giovani all' atti�tà as-sociativa 121
2. I volti dell'associazionismo 123 3. Profilo dei giovani che partecipano all'atti-
�tà delle associazioni 126 4. La fiducia nelle istituzioni 132 5. La fiducia nelle istituzioni dello Stato 13 7
6
VII. L'Italia: un puzzle di piccole patrie, di Ilvo Diamanti p. 145
l. n bricolage dell'identità territoriale 145 2. Città, regione, Italia: non alternativa, ma
integrazione 148 3. Italiani e localisti 1 51 4. Cosa significa essere italiani 1 56 5. L'Europa: moneta forte, identità debole 158 6. Cinque tipi di identità territoriale 160 7. Localisti, italiani e cosmopoliti, senza con-
traddizioni 168
VIII. Percezione delle norme sociali e trasgres-sione, di Carlo Buzzi 171
l. Premessa 171 2. La percezione delle norme sociali 173 3. Le norme individuali 175 4. Le tendenze alla trasgressione 178 5. Cultura dell' «addiction» e uso delle dro-
ghe 186 6. Conclusioni 190
IX. Ruoli di genere e vita affettiva, di France-
x.
sca Sartori 191
l. Premessa 2. La percezione dei ruoli di genere 3. I significati del rapporto di coppia
I giovani e la religione, di Michele Rostan
191 193 207
215
l. Premessa 215 2. I giovani italiani e la religione, oggi 215 3. Una tipologia degli atteggiamenti verso la
religione 224 4. Dentro la «zona grigia» 229
7
5. Sette «sigilli» per sette tipi 6. Religiosità ed etica 7. Di fronte allo straniero 8. Il cambiamento negli atteggiamenti verso
la religione: 1983-1996 9. Conclusioni
p. 223 234 237
240 243
XI. I giovani e la scienza, di Massimiano Buc-
XII.
�i 2�
l. Gli orientamenti nei confronti dell'impresa scientifica 247
2. Le priorità della ricerca scientifica 252 3. Alcune considerazioni conclusive 261
Consumi e stili culturali, di Mario Marcel-lini 265
l. Una socializzazione al capolinea? 265 2. Consumatori consumati. I giovani all'edi-
cola dei consumi culturali: un ritratto di sintesi 267
3. Geografia variabile. La mappa dei consumi culturali proiettata su nove Italie 281
4. Tipi strani. Stili di consumo culturale e ri-tratti tipologici dei giovani 286
5. I sassi dal cavalcavia e la televisione: rela-zioni pericolose? 293
XIII. I consumi e la propensione al risparmio, di Cinzia Meraviglia 297
l. Premessa 297 2. Verso l'autonomia: guadagni e decisioni di
spesa 299 3. Contributo al bilancio familiare 307 4. Il risparmio 311 5. I consumi 314
8
XIV. Lo sport e l'impiego del tempo libero, di Massimiano Bucchi p. 323
l. Premessa 323 2. La pratica sportiva 324 3. Lo sport come spettacolo 332 4. Le uscite serali e i viaggi 334 5. Alcune considerazioni conclusive 336
XV. I sistemi di valore, di Antonio de Lilla 341
l. Le cose importanti della vita: la famiglia innanzitutto 341
2. Le dimensioni valoriali tra evasione ed im-pegno 346
XVI. Conclusioni, di Carlo Buzzi 353
l. Premessa 353 2. La scuola 354 3. n lavoro 355 4. L'associazionismo, l'impegno politico e
l'impegno sociale 356 5. I consumi e il tempo libero 357 6. Le tendenze trasgressive 357 7. Ruoli di genere e vita affettiva 358 8. I valori e le tendenze nella cultura giova-
nile 359
Appendice statistico-metodologica, di Antonella ��o 3�
Riferimenti bibliografici 449
9
PREFAZIONE
Quando, era l'inizio degli anni Ottanta, abbiamo incominciato a riflettere sulla possibilità di condurre un'indagine campionaria sulla condizione giovanile in Italia, nutrivamo la speranza che quell'iniziativa non sarebbe rimasta per noi un episodio isolato. Avvertivamo, allora come oggi, il bisogno di conoscere meglio una realtà, quella giovanile, che il succedersi delle generazioni rende intrinsecamente fluida e mutevole in tempi assai ravvicinati.
Con il passare degli anni la speranza si è trasformata in una volontà precisa e in un progetto: dovevamo riuscire a mettere in moto una macchina capace di produrre, a intervalli regolari, un quadro conoscitivo esauriente dei modi di essere giovani e di diventare adulti nel nostro Paese. Un quadro destinato a tutti coloro che operano in modo diretto o indiretto nel mondo dell'educazione, siano essi genitori o insegnanti, responsabili delle politiche pubbliche o di gruppi giovanili.
Con l'uscita della quarta indagine, possiamo dire di aver realizzato gli obiettivi che ci eravamo posti e di aver onorato l'impegno che ci eravamo assunti nei confronti di quel ristretto numero di sostenitori che, con lungimiranza, avevano incoraggiato la nostra iniziativa. Disponiamo ormai di un materiale empirico assai consistente, che copre un arco di circa quindici anni e questo è già di per sé un evento assai raro nel campo della ricerca sociale, soprattutto in Italia. Tale materiale è ovviamente a disposizione (al costo modesto di qualche dischetto di computer) di coloro che vogliono sottoporre i dati ad ulteriori analisi.
Non possiamo non dirci soddisfatti dell'eco che le nostre indagini hanno avuto. Le varie ricerche che in
1 1
questo periodo sono state condotte da altri, sia a livello locale che nazionale, hanno sempre preso i nostri dati e le nostre analisi come punto di riferimento e moltissimi sono i segnali di apprezzamento che abbiamo ricevuto dalle fonti più diverse per il lavoro fatto, per non parlare della vasta risonanza data dagli organi di stampa.
Ma queste sono soddisfazioni modeste di fronte all'amarezza di dover riconoscere che i problemi dei giovani, al di là della retorica dei discorsi e delle dichiarazioni dei personaggi che si sono avvicendati sulla scena pubblica, non sono stati al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni della classe dirigente del Paese. Sulle giovani generazioni pesa l'eredità di un debito pubblico esorbitante, di un sistema pensionistico che le penalizza, di un sistema scolastico refrattario alle innovazioni, di un mercato del lavoro il cui ingresso è ostacolato da rigide barriere. Prigioniera del presente, arroccata nella difesa di vecchi e nuovi privilegi, la classe dirigente pensa assai poco alle generazioni future, diversamente da quanto accade nelle altre democrazie occidentali, dove le politiche scolastiche e giovanili si pongono come prioritarie nei programmi di governo. Il disorientamento e l'assenza di speranza che pervade una parte consistente della popolazione giovanile ne è la logica conseguenza.
Noi abbiamo cercato, per quanto è nelle nostre possibilità, di assumerci il compito e la responsabilità di creare un luogo dal quale osservare, con sistematicità e rigore e senza paraocchi ideologici, quello che si muove nell'universo giovanile. Per poter agire, bisogna prima conoscere e capire. Questo quarto rapporto è il risultato che offriamo a tutti coloro che hanno la possibilità di decidere e di agire. Sia pure spesso in modo indistinto e confuso, i giovani pongono delle domande e nutrono delle attese. Rispondere alle domande e far fronte alle attese è un compito che tutti dobbiamo assumerci.
Anche questa volta dobbiamo innanzitutto ringraziare enti e aziende che ci hanno aiutati nell'immane sforzo che il nostro Istituto ha sostenuto per finanziare l'iniziativa: Associazione Industriale Lombarda, Bracco S.p.A. ,
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Fondazione Cariplo, Heraeus S.p.A. , Pirelli S.p.A., Regione Lombardia - Direzione Generale Cultura, Università Bocconi.
La direzione dell'indagine è stata affidata all'équipe che ha curato anche le precedenti, ma, come si nota dall'indice, la rosa dei collaboratori è stata notevolmente allargata coinvolgendo soprattutto molti giovani ricercatori.
L'appuntamento è ora per la prossima indagine, la quinta, all'inizio del terzo millennio.
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FRANCO BRAMBILLA Presidente IARD
CAPITOLO PRIMO
LA LUNGA TRANSIZIONE ALL'ETÀ ADULTA
l. L'età dell'incertezza
Tutte le indagini condotte negli ultimi decenni in Europa, comprese le nostre precedenti\ hanno messo in luce un fenomeno ormai inequivocabile: tra la fine dell' adolescenza e l'ingresso nella vita adulta si è generalizzata una nuova fase del ciclo di vita, variamente chiamata post-adolescenza o gioventù, che tende ad estendersi come durata e a diffondersi presso quote crescenti di popolazione. I giovani non sono più degli adolescenti, se l'adolescenza finisce con l'acquisizione della piena capacità sessuale di procreare, ma non sono ancora adulti, se la vita adulta significa piena assunzione di responsabilità sociali. I giovani possono allora venire definiti solo in negativo, come «non più» e «non ancora»? Che cosa c'è di nuovo rispetto a coloro che in passato erano considerati giovani?
La cultura adulta, e talvolta anche la «alta cultura», mostra un atteggiamento ambivalente nei confronti dei giovani: da un lato celebra la gioventù come una sorta di età dell'oro, di pienezza di energie e di gioiosa irresponsabilità (cercando spesso di imitarne gli stili di vita) , dall' altro lato però ne lamenta l'indolenza e l'immaturità. Ciò è vero oggi ed era vero anche in passato. Basta leggere i bei volumi della Storia dei giovanP per rendersi conto che molte di quelle che oggi ci sembrano novità risalgono in realtà assai indietro nel tempo. Quello che caratterizza la gioventù moderna rispetto alle società tradizio-
l Cfr. Cavalli et al. [1984]; Cavalli e de Lillo [1988] e Cavalli e de Lillo [1993].
2 Cfr. Levi e Schmitt [ 1994] .
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nali del passato è che oggi essere giovani vuol dire, per i più, vivere in una dimensione di incertezza. Incertezza, prima di tutto, sul proprio futuro; i giovani si trovano, e ne sono ben consapevoli, nel mezzo di un percorso, ma il più delle volte non sanno verso quale meta sono diretti. I destini adulti sono sempre, e i dati della nostra ricerca lo confermano per l'ennesima volta, fortemente condizionati dalle origini sociali, ma certo lo sono molto meno di un tempo. La famiglia in cui a un individuo è capitato di nascere non è più il solo fattore che determina il percorso futuro; ad ogni passo i giovani incontrano bivi, devono compiere delle scelte. Si rendono conto che il loro futuro dipende, almeno in qualche misura, anche da loro, dalle scelte che sono in grado di fare. Ma per compiere delle scelte bisogna sia individuare le alternative e le opportunità che il mondo offre, sia sondare le proprie preferenze. Entrambe le dimensioni, quella esterna delle opportunità e quella interna delle preferenze, non sono mai del tutto trasparenti. Le scelte di vita che il giovane è chiamato a compiere sono tipicamente scelte in condizioni di una doppia incertezza: incertezza sulle proprie propensioni e capacità e incertezza sulle opzioni potenzialmente disponibili. Come nelle precedenti indagini, abbiamo sondato le attese dei giovani intervistati in merito alle scelte che prima o poi dovranno fare per entrare nella vita adulta (finire gli studi, trovare un lavoro stabile, andare a vivere per conto proprio, sposarsi, avere dei figli) , chiedendo loro se hanno già compiuto tali scelte, oppure se prevedono di compierle nell'arco dei cinque anni successivi al momento dell'intervista. Per ognuna di queste scelte (salvo per quella che riguarda la fine degli studi) il grado di incertezza, misurato dal numero di risposte «non so», è aumentato rispetto alle indagini precedenti.
2. Il di/azionamento delle scelte
La popolazione oggetto della nostra indagine copre quindici coorti di età: dai quindicenni che hanno appena
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lasciato i banchi della scuola dell'obbligo ai quasi trentenni per i quali l'ingresso nella vita adulta è già avvenuto o comunque non può più essere troppo a lungo dilazionato. Sono i quindici anni, nella vita di ogni individuo, in cui vengono compiute le scelte cruciali che determineranno i percorsi futuri.
Il primo ambito di scelta è ovviamente quello scolastico/formativo: continuare o meno gli studi, imboccare percorsi brevi oppure lunghi, quale peso attribuire alle attese di collocazione successiva nel mercato del lavoro e quale alle proprie preferenze e alla valutazione delle proprie capacità, quale voce ascoltare tra le poche o tante che si sentono in dovere di distribuire consigli? Sono tutte domande che i giovani, più o meno consapevolmente, si pongono di fronte alle scelte scolastiche. E dopo la scuola, ma spesso anche durante, c'è il lavoro. Per quanto ridotte siano le opportunità in una fase di alta disoccupazione giovanile (distribuita però in modo assai ineguale tra le varie regioni del Paese) , anche questo è un campo di scelta. L'offerta di lavoro è selettiva: quasi mai, salvo situazioni di estremo bisogno, un giovane è disposto ad accettare un lavoro qualsiasi, deve esserci una certa congruenza con le proprie attese e aspirazioni. E se il lavoro desiderato non si trova nella zona in cui si vive, quanto si è disposti a spostarsi dove vi è maggiore probabilità di trovarlo? La selettività dell'offerta è quindi il risultato di un complesso intreccio di scelte individuali.
Vi è poi l'ambito delle scelte relative alla sfera privata. Lasciare il porto sicuro della casa dei genitori e andare a vivere per conto proprio (da soli, con un partner o altri coetanei) , oppure aspettare che si verifichino altre circostanze, ad esempio, il matrimonio? Sposarsi, quando e con chi? E i figli: sì, no, quanti, quando? Essere giovani vuol dire porsi tutte queste domande (e molte altre ancora) , magari per rispondere: non ora, forse, dopo.
Dalle nostre indagini, ma anche da tante altre condotte in altri paesi3 , era parsa evidente la tendenza a dilazio-
3 Cfr. Cavalli e Galland [1996].
1 7
nare tutte queste scelte, a posticipare il passaggio delle soglie che segnano l'ingresso nella vita adulta. Questa tendenza risultava, e risulta tuttora, ancor più accentuata in Italia, e nei paesi dell'Europa mediterranea, per una serie di fattori sia strutturali sia culturali. Tra i primi, il prolungamento abnorme di certi percorsi di studio (ad esempio, il fenomeno degli studenti «fuori corso» nelle università e il conseguimento tardivo del titolo di studio) , il tasso assai elevato di disoccupazione giovanile , la rigidità del mercato degli alloggi con la conseguente difficoltà per giovani e giovani coppie di uscire dalla casa dei genitori e stabilire un ménage indipendente. Tra i secondi, la scarsa accettazione sociale del fenomeno delle convivenze di giovani non sposati e la scarsa propensione ad avere figli fuori dal matrimonio, fenomeni, come è noto, assai più diffusi nei paesi del Nord Europa (Francia compresa) .
In particolare, nella rilevazione del 1992, il fenomeno della «famiglia lunga», il fatto che una metà della popolazione maschile e un terzo di quella femminile all'età di 29 anni vivesse ancora coi genitori, e il fatto che ciò si verificasse anche nelle regioni coi tassi più bassi di disoccupazione giovanile, ci avevano indotto a riflettere sulla specificità della situazione italiana e a sottolineare gli effetti nel lungo periodo non positivi di questa tendenza. La ritardata acquisizione di autonomia e la conseguente tardiva assunzione di responsabilità adulte non ci sembravano allora, e non ci sembrano neppure oggi, adeguate ad una società dinamica che voglia stimolare e valorizzare le risorse di iniziativa e di intraprendenza dei giovani. I giovani che vivono troppo a lungo in una condizione di dipendenza, o di semi-dipendenza, dai genitori, e che nel contempo godono di ampie libertà nello sviluppare modelli di comportamento e stili di vita tipicamente giovanili, finiscono per scavarsi una nicchia dalla quale è poi difficile fare il balzo verso l'età adulta. La gioventù rischia di venir interpretata dai giovani stessi come un «diritto acquisito alla dipendenza» che indebolisce gli stimoli a «crescere» e ad assumersi in proprio responsabilità nei confronti della propria esistenza e di quella delle generazioni future.
1 8
La situazione a quattro anni di distanza non sembra essersi sostanzialmente modificata. I risultati della rilevazione del 1996, tuttavia, mettono in luce alcune «novità» che potrebbero essere interpretate come segnali di un'inversione di tendenza.
3 . Qualche (debole) segnale di un'inversione di tendenza
n primo segnale in controtendenza riguarda la fine degli studi. Come risulta dalla tabella 1 . 1 , nelle tre rilevazioni del 1983 , 1987 e 1992 il numero di coloro che, tra i 15 e i 24 anni, avevano già finito gli studi si era costantemente ridotto. Ciò poteva essere interpretato sia come effetto di un aumento dei tassi di scolarizzazione, sia come effetto di un prolungamento, non necessariamente «fisiologico», dei percorsi di studio. I dati del 1996 riportano la quota al livello del 1983 . Vuol dire questo che i giovani italiani hanno deciso che non vale la pena impegnarsi in lunghi percorsi formativi? Forse c'è anche una componente di disaffezione nei confronti della scuola e dell'università. n calo delle immatricolazioni universitarie lo lascia presumere, in quanto non è solo l'effetto delle tendenze demografiche, ma anche del fatto che l'aumento della propensione a continuare gli studi si è arrestato. La realtà, tuttavia, è più complessa. Se analizziamo i nostri dati per classi di età e genere, ci accorgiamo che in tutte le classi di età la quota di maschi che ha già finito gli studi è superiore alla quota di femmine. Prima dei 20 anni, ad esempio, hanno già finito gli studi il 43 ,6% dei ragazzi, ma solo 34,7% delle ragazze. I giovani maschi escono in proporzione maggiore delle femmine più precocemente dai circuiti formativi e, quando vi restano, vi restano più a lungo. Le giovani femmine, invece, mostrano minori tassi di abbandono, e, inoltre, conseguono i vari titoli di studio in tempi più brevi, poiché i loro percorsi sono più regolari. L'effetto combinato del maggiore tasso di abbandono precoce dei maschi e dei minori ritardi accumulati dalle femmine è che, comunque, siamo entrati in
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TAB. l . l . Previsione di finire gli studi, classi di età 15-24 anni (%)
1983 1987 1992 1996
Hanno già finito 34,0 30,8 25,4 33,8 Sì, certamente 27,0 23,8 34,2 3 1 ,2 Credo di sì 13 ,7 16,1 17,4 20,6 Credo di no 5 ,8 4,9 4,8 5,3 No, è escluso 14,9 17,0 12,9 5 ,1 Non so, non posso prevedere 4,6 7,5 5,3 3 ,9
una fase in cui la durata media degli studi per la popolazione giovanile nel suo complesso tende a ridursi.
Un altro segnale in controtendenzà riguarda la convivenza coi genitori. Se andiamo a contare quanti sono i giovani di 28 e 29 anni che vivono ancora coi genitori, la loro quota sembra ulteriormente aumentata rispetto al 1992 (è infatti del 59% per i maschi e del 44% per le femmine) , ma il quadro cambia per le classi di età più giovani. Qui è diminuita la quota di giovani che escludono la possibilità di andare a vivere per conto proprio. Siamo quindi probabilmente di fronte a un fenomeno generazionale: nella generazione di coloro che hanno 28-29 anni sono ancora frequenti i «ritardatari», ma non sembra che il loro esempio verrà seguito da una quota di coloro che hanno qualche anno di meno. Poiché nel frattempo permane la tendenza a sposarsi tardi (la quota di già sposati nel nostro campione si è ulteriormente ridotta rispetto al 1992, come risulta dai dati della tabella 1 .2) , il fatto che aumenti sia pure di poco la quota di giovani che intendono, o non escludono di, andare a vivere per conto proprio, indica che il matrimonio non è probabilmente più l'unica ragione socialmente accettata che giustifica che un giovane lasci la casa dei genitori.
Un ulteriore piccolo segnale in controtendenza è un leggero aumento, rispetto al 1992, della quota di giovani che sono a loro volta diventati ge:nitori (si passa dall'8, l al 9,4% per l'intero campione e dal 2 ,4 al 3 ,4% per chi ha meno di 24 anni). È ancora poco per dire che siamo di fronte a una svolta nei comportamenti procreativi delle
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TAB. 1 .2 . Previsione di sposarsi, classi di età 15-24 anni (%)
1983 1987 1992 1996
Sono già sposati 8,4 7,3 5,4 3 ,7 Sì, certamente 10,9 9,3 10,1 10,0 Credo di sì 28,7 25,5 23 ,6 23 ,4 Credo di no 20,4 19,3 2 1 ,5 18,2 No, è escluso 15,2 20,4 2 1 ,1 19,0 Non so prevedere 16,5 18,3 18,3 25,8
giovani coppie, tuttavia, è un altro piccolo elemento che si aggiunge ai precedenti e che ci permette di affermare, pur con tutte le cautele del caso, che la tendenza al prolungamento della fase giovanile del corso della vita si è arrestata e che, forse, sta entrando sulla scena una nuova generazione di giovani che, a differenza dei loro «fratelli maggiori», non ha più voglia di spostare indefinitamente l'ingresso nella vita adulta.
Questa interpretazione è rafforzata dalle indicazioni fornite dal calcolo dell'indice di moratoria. Questo indice misura il grado di intensità con cui i giovani intervistati escludono o mostrano incertezza di fronte alla prospettiva di varcare nell'arco dei cinque anni successivi le varie soglie che segnano l'ingresso nella vita adulta. È una misura sintetica, quindi, che ci dice quanto, o quanto poco, i giovani intervistati propendono a diventare adulti. I dati della tabella 1 .3, che ci mostrano l'indice per classi di età e genere nelle due rilevazioni del 1992 e del 1996, si prestano ad una serie di considerazioni. È ovvio che l'indice mostri valori più alti nelle classi di età più giovf!ni e che tali valori decrescano con l'avanzare dell'età. E il confronto intertemporale che ci segnala che in questi anni è cambiato qualcosa: nella coorte dei maschi tra 18 e 20 anni si riduce consistentemente il numero di coloro che mostrano valori alti nell'indice di moratoria, mentre aumenta il numero di coloro che mostrano valori bassi. Nella stessa generazione le differenze maschi-femmine, marcate nel 1992, risultano ora sensibilmente attenuate. Anche nella coorte tra 25 e 29 anni aumenta per i ma-
2 1
T AB. 1 .3 . Indice di moratoria per classi di età e genere (%)
15-17 anni 18-20 anni
Maschi Femmine Maschi Femmine
· 1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996
Nullo 1 1 ,6 1 1 ,5 13 , 1 12,5 16,8 24,2 27,7 26,6 Basso 13 ,2 15 ,8 15 ,7 14,6 12,4 12,8 22,5 15 ,5 Medio 27,7 24,4 25,4 28,1 32,0 32,0 35,6 29,5 Alto 47,5 48,3 45,8 44,8 38,8 30,9 14,2 28,4
2 1-24 anni 25-29 anni Totale 15-29 anni
M F M F M F
1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996
Nullo 3 1 ,4 35,4 43,8 43 ,7 55,8 60,5 48,4 66,6 32,7 36,5 35,9 43,2 Basso 23,8 17,6 27,4 23,1 23 ,7 16,6 29,9 17,9 19,5 15,9 24,9 18,3 Medio 28,5 3 1 ,8 17,7 17,3 12,8 16,9 15,2 1 1 ,5 23 ,9 26,1 22,1 19,6 Alto 16,3 15,3 1 1 , 1 15,9 7,7 6,1 6,5 3 ,9 23 ,8 2 1 ,5 17,1 18,8
schi, ma ancora di più per le femmine, la quota di giovani che presentano un indice di moratoria «nullo». Rimane, è vero, in questa coorte un numero elevato di maschi (il 23 %, quasi uno su quattro) con un indice di moratoria medio-alto e ciò indica come in questa, ma anche in altre, classi di età vi sia una quota di maschi che accelera (gli anticipatori) e una quota che rallenta (i dilazionatori) il percorso verso l'età adulta.
Se analizziamo i dati relativi alle scelte compiute, o alle tappe percorse, verso l'età adulta in riferimento al livello socio-culturale della famiglia (t ab. 1 .4 ) , si conferma quello che già sapevamo dalle precedenti indagini: la «lunga giovinezza» è prerogativa di ragazzi e ragazze dei ceti più elevati; man mano che il livello scende aumenta la quota di coloro che hanno già percorso diverse tappe. Questo risultato, tuttavia, nasconde un fenomeno socialmente rilevante. Quello che noi indichiamo come livello socio-culturale della famiglia non è altro, in realtà, che un indice calcolato sulla base del grado di istruzione del p a-
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TAB. 1 .4. Numero di tappe percorse verso l'età adulta per genere e livello socio-culturale della famiglia (%)
Basso Medio Alto
M F M F M F
Nessuna 25,3 26,8 42,2 45,2 71 ,4 70,5 Una sola 29,3 26,8 26,7 22,1 16,5 12,5 Due 29,3 18,0 22,7 15 ,5 8,2 8,6 Tre 3,8 5,8 2,3 3 ,9 1,8 4,9 Quattro 7,0 18,0 4,2 10,7 1 , 1 2,5 Tutte e cinque 5,4 4,5 1 ,9 2,5 0,9 1 ,0
T AB. 1 .5. Numero di tappe percorse vena l'età adulta per genere e classe sociale (%)
Maschi Femmine
l 2 3 4 2 3 4
Nessuna 60,4 66,8 38,6 37,1 56,3 65,7 45,6 38,9 l tappa 16,1 20,6 23,5 30,8 18,2 14,0 21 ,2 22,2 2 tappe 15,4 7,5 24,6 23,4 1 1 ,3 1 1 , 1 12,8 17,4 3 tappe 3 ,2 1 ,5 3 ,8 1 ,7 4,9 3 ,4 5,6 4,5 4 tappe 3 ,2 2,5 5,7 3 ,7 7,7 4,3 12,4 13 ,5 5 tappe 1 ,8 1 ,0 3,8 3 ,3 1 ,6 1 ,4 2,4 3 ,4
l. Classe superiore 2. Classe media impiegatizia 3. Classe media autonoma 4. Classe operaia
dre e della madre. Se cambiamo indicatore e prendiamo, ad esempio, come criterio di stratificazione sociale la condizione professionale del capo famiglia (quella del padre, ma anche quella della madre nel 10% circa dei casi in cui è lei ad essere capo famiglia) le cose cambiano notevolmente (tab. 1 .5 ) . Le due «classi» che presentano da un lato il più alto tasso di «dilazionatori» e dall'altro il più alto tasso di «anticipatori» sono le due classi medie: quella impiegatizia e quella dei lavoratori autonomi. È nella classe media impiegatizia, in modo ancor più accentuato che non nella classe superiore (imprenditori, diri-
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genti e professionisti) , dove si accumula la quota maggiore di ragazzi e ragazze che vivono una «giovinezza lunga». All'opposto, sono i figli e le figlie dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e assimilati) che, per così dire, «bruciano le tappe», verso la condizione adulta e lo fanno in misura analoga, o addirittura maggiore, dei figli e delle figlie di classe operaia. Sono quindi i giovani del cosiddetto «ceto medio» a presentare i comportamenti più eterogenei: una parte si orienta al modello della «giovinezza lunga» tipico delle classi superiori e una parte al modello della «giovinezza breve», tipico della classe operaia. Agli stessi risultati si perviene calcolando l'indice di moratoria per «classi» sociali.
La composizione del «ceto medio» spiega anche alcune significative differenze che si riscontrano a livello territoriale: dove prevale la componente del lavoro autonomo, come nelle regioni del Nord-Est, abbiamo anche un numero minore di «dilazionatori», dove prevale invece un ceto medio «impiegatizio», come nelle regioni del Sud e delle Isole, la loro quota tende a salire. Non è questo però certo l'unico fattore che influisce sulla differenziazione territoriale della condizione giovanile; molti altri fattori, sia strutturali che culturali, contribuiscono a creare un quadro assai complesso. Le differenze di genere nei percorsi verso l'età adulta, ad esempio, meno marcate nelle regioni del Nord-Ovest, si accentuano passando alle regioni del Nord-Est, del Centro e, soprattutto, del Sud e delle Isole. Nelle regioni meridionali, in particolare, le ragazze hanno ancor meno accesso dei loro coetanei maschi al mondo del lavoro, tendono quindi ad uscire di casa, a sposarsi e ad avere dei figli assai prima delle ragazze delle altre regioni. Si pensi che nelle regioni del Nord-Est il 37% delle ragazze intervistate ha già un lavoro stabile (nelle regioni del Nord-Ovest la percentuale è solo di poco inferiore) , mentre la percentuale scende al 9,7% nel Sud e al 4 , 1% nelle Isole. Per converso, nelle regioni del Nord-Est solo il 6% delle giovani ha già almeno un figlio, contro il 18,9% del Sud e il 24,4% delle Isole. I percorsi scolastici sono in genere più brevi nelle
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regioni del Nord-Est, dove le condizioni ancora sostanzialmente favorevoli del mercato del lavoro non inducono a lunghi «parcheggi» nelle aule scolastiche; nel Mezzogiorno, invece, le uscite precoci per abbandono sono assai più frequenti, ma chi resta tende a stazionare a lungo per rinviare le difficoltà che si incontreranno dopo, una volta usciti, quando si dovrà affrontare la ricerca di un'occupazione. Ancora una volta, non lo si ripeterà mai abbastanza, essere giovani e diventare adulti non è la stessa cosa se è capitato di nascere al di sopra o al di sotto della grande spaccatura che divide il Paese.
4 . Il presente tra passato e futuro
Non si può studiare la condizione giovanile se non si esplora la dimensione soggettiva del tempo. Dilatata o accorciata, la fase giovanile del corso della vita è, come tutte le fasi, necessariamente a termine: prima o poi, deve sfociare in qualcos'altro. Il dato antropologico della condizione giovanile è proprio quello di vivere la propria vita con la sensazione di averne la maggior parte davanti a sé e non, come per le fasi successive, una parte consistente alle proprie spalle. Non per tutti i giovani però ciò è vero allo stesso modo. Gli orizzonti temporali, nella dimensione del futuro come nella dimensione del passato, possono essere più o meno ravvicinati o lontani, più o meno connessi col presente. Il futuro, in particolare, può essere il luogo di realizzazione delle mete che danno senso al presente, oppure, al contrario, un luogo opaco di angosce o di sogni isolato dal presente.
Come vivono i giovani questa tensione ambivalente verso il futuro? Per rispondere a questa domanda, si è accumulata in più di dieci anni una considerevole mole di ricerca4. Come nelle precedenti indagini IARD, anche
4 Cfr. Colucci [1984]; Cavalli [1985] ; Rampazi [1991]; Tabboni [1992] ; Calabrò [ 1996] ; Leccardi [1996] .
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questa volta abbiamo utilizzato un indicatore (l'indice di «autodeterminazione-fatalismo») che ci permette di cogliere in che misura i giovani intervistati vedono il proprio futuro come in balia di forze esterne incontrollabili, oppure, al contrario, come ragionevolmente plasmabile dall'impegno e dalla volontà personali. I «fatalisti» sono coloro per i quali il futuro è pieno di rischi e di incognite e che non fanno progetti e programmi nel timore che il caso o la sfortuna ne possano impedire la realizzazione. Per gli «autodeterminati», invece, il futuro è ricco di opportunità da saper cogliere ponendosi degli obiettivi e impegnandosi per farli diventare realtà.
Già nel 1992 i nostri dati avevano segnalato che tra i giovani italiani la sindrome fatalistica era in declino: i dati attuali confermano questa tendenza. Mentre nel 1 987 i «fatalisti» e «quasi-fatalisti» erano poco meno di un terzo del campione (3 2,4%) , nel 1992 si erano ridotti a poco più di un quarto (26,8 %) , nel 1 996 risultano poco più di un quinto (21 ,4%) . Che un giovane su cinque viva con la sensazione di non poter esercitare controllo sul proprio futuro e che rinunci a fare progetti per non andare incontro al rischio della delusione è di per sé un dato già abbastanza preoccupante; tuttavia il declino nel tempo di questo atteggiamento, che ha radici profonde nella cultura tradizionale del Paese, resta un segnale molto confortante.
Per il resto, il quadro non è sostanzialmente mutato; il fatalismo resta sempre più accentuato nelle regioni del Sud e, soprattutto, delle Isole (con tassi quasi doppi che nelle regioni del Nord), nei ceti culturalmente più bassi, tra i giovani che non studiano e neppure lavorano, che hanno bassi livelli di partecipazione sociale e politica e scarso accesso ai consumi giovanili. L'antidoto più efficace contro il fatalismo resta pur sempre quello di disporre di un capitale culturale, che provenga dalla famiglia o sia stato acquisito attraverso l'istruzione. I giovani meno fatalisti, anche se appartengono a ceti poco privilegiati, sono coloro che combinano studio e lavoro e che quindi hanno un progetto per affrontare attivamente il futuro.
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Nell'indagine del 1996 abbiamo esteso l'analisi, aggiungendo al questionario una serie di items già utilizzati in altre ricerche di analoga impostazione teorica5 • I dati della tabella 1 .6 illustrano le distribuzioni calcolate sull'intero campione e si prestano ad alcune considerazioni:
T AB. 1.6. Orientamenti verso il passato e il futuro (%)
Accordo lndif- Disacferenza cordo
l. n passato è così pieno di ricordi tristi che preferisco non pensarci 17,8 1 1 ,4 70,8
2. Non credo proprio che si possa imparare molto dalle proprie esperienze 10,3 3,3 86,4
3 . Ciò che è accaduto ieri bisognerebbe dimenticarlo il più presto possibile 14,7 8,2 77,1
4. Sul mio futuro ho idee abbastanza chiare 58,3 15,5 26,2 5. Non voglio dipendere da nulla, neppure dalle
decisioni che io stesso ho preso in passato 3 1,8 18,6 49,6 6. Ciò che mi potrà accadere in futuro mi lascia
piuttosto indifferente 16,8 9,0 74,2 7. Ciò che è stato è stato, perché mai dovrei
continuare a pensarci su e preoccuparmene 43,2 13 ,2 43,6 8. Fare delle esperienze interessanti nel presente
è per me più importante che pianificare il futuro 63,7 15,5 20,8
a) la grande maggioranza dei giovani intervistati rifiuta l'idea di stendere sul passato un velo di oblio quando vengono evocati ricordi tristi (item l), o un generico «ieri», ma la quota di coloro che non vogliono «rimuginare» il passato sale (item 7) quando la domanda assume un tono più personale che evoca sentimenti di rimorso o rimpianto. Significativo è anche il fatto che una parte consistente del nostro campione (il 3 1,8%, item 5) rifiuti di sentirsi vincolato dalle decisioni prese in passato: per costoro è importante che le scelte non siano irreversibili. Anche se la minoranza di coloro che vogliono dimenticare il passato è tutt'altro che trascurabile, non si può dire
5 Cfr. Kohr [1992, 145-170] .
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che rispetto al passato prevalga una sindrome di «presentificazione». n passato è quindi rifiutato quando è visto come un «peso» o un «vincolo», è invece accettato e valorizzato quando rappresenta un patrimonio accumulato di esperienze: la grande maggioranza degli intervistati (86,4 %, item 2) rifiuta l'idea che non si possa imparare molto dalle proprie esperienze;
h) la sindrome di «presentificazione» appare con chiarezza quando si tratta di attribuire valore all'esperienza nel presente piuttosto che alla pianificazione del futuro (item 8). Per molti giovani (quasi i due terzi del campione) è molto importante «fare esperienze» prima di impegnarsi in un progetto o fare delle scelte che rischiano di diventare vincolanti e restringere gli orizzonti del loro futuro. Fare esperienza non vuol quindi dire compiere delle scelte irreversibili, ma esplorare opportunità e mantenere il futuro aperto ad una gamma il più possibile ampia di mete e obiettivi;
c) la «presentificazione» non vuol quindi dire rimozione del futuro (solo il 16,8%, una minoranza peraltro affatto trascurabile, mostra indifferenza verso ciò che potrebbe accadere in futuro, item 6), molti dichiarano di avere idee abbastanza chiare sul proprio futuro (il 58,3 % , item 4), ma è alta anche la percentuale di coloro che dichiarano «incertezza».
Applicando ai dati ricavati da questa batteria di domande la tecnica statistica dell'analisi dei fattori, sono stati estratti tre fattori6•
n primo fattore, che potremmo chiamare di «presentificazione passiva», è tutto incentrato sulla rimozione del passato: non solo il passato è pieno di ricordi tristi, ma bisogna dimenticare subito quello che è successo ieri, non farsi condizionare dalle decisioni prese in precedenza, intanto, quello che è stato è stato e non serve rimugi-
6 La variabilità spiegata da questi tre fattori è piuttosto bassa (58,5 %). Eliminando gli items 5 e 7 la variabilità spiegata cresce (68,6%), ma il significato dei fattori non muta sostanzialmente.
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nare rimorsi o rimpianti, del resto, poco si può imparare dalle proprie stesse esperienze e non ha neppure molto senso preoccuparsi troppo del futuro. Non stupisce che questo fattore presenti un legame molto forte con il nostro indice di fatalismo; infatti, anche se costruito sulla base di indicatori (domande) diversi, misura probabilmente la stessa dimensione sottostante. Anche questo fattore, come il fatalismo, è significativamente legato al livello socio-culturale della famiglia (nel senso che è più forte ai livelli più bassi) , all'area di residenza (è più forte nel Mezzogiorno e nelle Isole) , alla condizione attuale del giovane (è più forte per coloro che non studiano e non lavorano e più debole per coloro che fanno entrambe le cose) .
n secondo fattore, che chiamiamo di «presentificazione attiva», presenta due tratti comuni al fattore precedente: anche in questo caso, «ciò che è stato è stato», non bisogna quindi lasciarsi troppo influenzare da azioni o omissioni compiute, e non bisogna neppure preoccuparsi troppo di ciò che potrà accadere in futuro. Tuttavia, rispetto al fattore precedente, vi sono due scostamenti significativi: non è vero che il passato sia pieno di ricordi tristi e che bisogna dimenticarlo il più presto p ossibile; infatti, si può imparare molto dalle proprie esperienze, e, comunque, fare esperienze interessanti nel presente è più importante che pianificare il futuro. L'accento è qui posto sull'esperienza presente, come processo di esplorazione e di crescita. Il futuro è ancora avvolto nelle nebbie, ma questo non è fonte di preoccupazione; questo fattore, infatti, non presenta nessun legame con l'indice di fatalismo. Possiamo dire che si tratta di una versione «ottimistica» della sindrome di presentificazione.
n terzo fattore, che chiameremo di «progettualità», si riferisce a quei giovani che hanno idee abbastanza chiare su quello che sarà il loro futuro e che ritengono importante pianificarne le tappe. Questo fattore presenta una connessione molto forte (ma negativa) con l'indice di fatalismo. I legami con lo status socio-culturale della famiglia e con l'area geografica di residenza di questi due ul-
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timi fattori sono deboli e non statisticamente significativi: ciò vuoi dire che questi fattori sono meno sensibili all'influenza delle culture di classe e delle culture regionali e più legati a tratti della personalità più uniformemente distrib,uiti nella popolazione giovanile.
E importante notare come nessuno dei tre fattori considerati vari significativamente a seconda del genere degli intervistati; ciò non vuoi dire, evidentemente, che gli orientamenti temporali non siano influenzati dalle differenze di genere, ma soltanto che le dimensioni colte dai nostri strumenti di misurazione non sono quelle che mettono in luce tali differenze. Vi è un solo item rispetto al quale la differenza tra maschi e femmine è significativa: le giovani donne sono molto meno disposte dei maschi ad accettare l'affermazione «ciò che mi potrà accadere in futuro mi lascia piuttosto indifferente». Ciò risulta del tutto coerente con i risultati dell'indagine citata di Carmen Leccardi: le giovani donne sono attivamente impegnate nella costruzione del loro futuro, anche se si tratta, come dice il titolo della sua ricerca, di un «futuro breve».
In conclusione, a parte i cospicui residui di una cultura tradizionale del fatalismo, si può dire che i nostri giovani hanno imparato a muoversi in un orizzonte di incertezza, senza tuttavia, nella maggior parte dei ca�i, farsi schiacciare dall'angoscia che potrebbe derivarne. E difficile, in un mondo che muta rapidamente in modi largamente imprevedibili, elaborare progetti di lungo periodo; gli unici progetti che hanno prospettiva di durare sono quelli flessibili che scontano la necessità di doversi adattare alle circostanze mutevoli che di volta in volta si presentano. Quello che agli occhi di molti adulti, cresciuti in orizzonti sociali e culturali più consolidati, può sembrare un atteggiamento ripiegato sul «giorno dopo giorno, poi, si vedrà», palesa invece una capacità di «adattamento non rinunciatario» alle opportunità e ai casi della vita in condizioni di incertezza che molti giovani sembrano aver sviluppato in misura notevole.
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CAPITOLO SECONDO
L'ESPERIENZA SCOLASTICA: SCELTE, PERCORSI, GIUDIZI
l. Studio e condizione giovanile
Si è spesso portati ad identificare la condizione giovanile con quella studentesca, in base alla convinzione che la grande maggioranza dei giovani è impegnata in attività formative di qualche genere. Questa convinzione si fonda, tra l'altro, sulla consapevolezza che il livello di istruzione complessivo del nostro Paese aumenta in continuazione, ma anche sulla diffusione di una percezione errata in merito all'efficacia del sistema scolastico italiano'.
Questa commistione di elementi positivi e negativi emerge anche dai risultati della nostra indagine. Nel 1996, rispetto alla precedente indagine IARD sulla condizione giovanile, si è rilevato un innalzamento del livello di istruzione: pressoché la metà dei giovani intervistati (49,5 %) ha conseguito il diploma di maturità, contro il 42 ,2% nel 1992 . Questo risultato si limita a rispecchiare il fatto, cui si è appena accennato, che in Italia una proporzione sempre più ampia di giovani studia e lo fa più a lungo. Peraltro, il livello di scolarizzazione è una caratteristica instabile del campione ed è, più precisamente, destinato a spostarsi verso l'alto, in quanto il 44,5 % degli intervistati è tuttora impegnato in un ciclo di studi: oltre un giovane su cinque frequenta la scuola secondaria su-
I Nella prima metà degli anni Novanta, soltanto il 60% circa dei giovani italiani riusciva a conseguire il diploma di scuola secondaria superiore, mentre in altri paesi avanzati il corrispondente tasso era notevolmente più elevato [Cfr. OECD 1995]. Nonostante i notevoli progressi compiuti dalla scuola italiana negli ultimi decenni, essa ancora non riesce a trattenere rm'ampia quota di giovani al suo interno (o, detto altrimenti, tende ad espellerne troppi).
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periore (e quindi probabilmente consegmra un diploma nel prossimo futuro) , e un altro giovane su cinque frequenta l'università (e quindi ha qualche probabilità di conseguire un titolo universitario) .
La soddisfazione per questi risultati positivi è controbilanciata da altri di valenza opposta. Ad esempio, il 30% degli ultraventenni non ha mai terminato un ciclo di istruzione secondaria superiore. Un altro punto dolente attiene all'istruzione universitaria. Il 36, 1% dei 25-29enni ha frequentato l'università, ma soltanto una minoranza lo ha fatto con successo: il 14,9% è riuscito a conseguire la laurea, il 7 ,2% ha abbandonato gli studi e il 14,0% frequenta ancora, verosimilmente in veste di fuori corso. Se da una parte, dunque, l'equazione «condizione giovanile = condizione studentesca» non è purtroppo vera per molti giovani, dall'altra essa si manifesta in forme disfunzionali tra gli intervistati che si trovano sulla soglia dei trent'anni.
La condizione rispetto agli studi si differenzia in maniera significativa secondo il genere degli intervistati. Le femmine esprimono un livello di istruzione sensibilmente più elevato dei maschi: il 58,8% delle prime ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, contro il 49,7% dei secondi. In Italia, come in altri paesi sviluppati, maschi e femmine hanno atteggiamenti in parte discordanti nei confronti della scuola e vi raggiungono risultati diversi. Le ragazze hanno motivi più cogenti dei maschi per frequentare e perseverare negli studi superiori e per considerare l'istruzione una risorsa e un investimento. Per le ragazze sono minori i mancati guadagni dovuti al posponimento dell'ingresso nel mercato del lavoro; sovente sono minori i vantaggi che esse, rispetto ai fratelli maschi, si possono attendere dalla propria famiglia; sono relativamente maggiori i benefici aggiuntivi che possono derivare dal possesso di un titolo di studio elevato . Il diverso modo di porsi di fronte all'istruzione da parte di maschi e femmine sarà illustrato ripetutamente nel prosieguo di questo capitolo.
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2. Percorsi scolastici e vincoli sociali
I progressi compiuti dal sistema scolastico italiano sono evidenziati da un confronto della scolarizzazione dei giovani intervistati con quella dei loro genitori. La mobilità intergenerazionale è stata notevole se si prendono in esame i livelli di . istruzione più bassi: oltre un padre su tre e oltre una madre su quattro non sono riusciti a conseguire la licenza media inferiore (o di avviamento) , mentre vi sono riusciti quasi tutti gli intervistati. Inoltre, se si ipotizza che la grande maggioranza dei giovani attualmente impegnati in un ciclo di istruzione secondaria superiore lo porterà a termine con successo, la percentuale di diplomati tra i nostri giovani sarà doppia rispetto a quella dei loro genitori.
All'aumento della scolarità in generale non è corrisposta un' omogeneizzazione dei · livelli di istruzione dei diversi strati della società italiana. In particolare, la scolarizzazione dei giovani continua a dipendere in misura marcata dall'estrazione sociale, così come viene rilevata dal livello di istruzione dei genitori e dal loro status occupazionale2 .
n grado di istruzione dei giovani varia, dunque, anche in funzione del livello culturale dei genitori (tab. 2 . 1 ) . I giovani che provengono da una famiglia con livello culturale elevato (in cui, in altre parole, almeno un genitore ha conseguito il diploma di maturità) manifestano livelli di scolarizzazione nettamente più elevati dei loro coetanei provenienti da famiglie con livello culturale basso (in cui nessun genitore ha conseguito la licenza di avviamento o di scuola media inferiore) . I giovani di famiglia con livello culturale medio occupano, naturalmente, una posizione intermedia. L'incidenza di diplomati è pari al 63 , 1% tra i giovani provenienti da famiglie di livello culturale alto, al 54,9% nelle famiglie di livello culturale medio e al 44,2 % nelle famiglie meno acculturate. Se si
2 Cfr. anche Gasperoni [1996, cap. II] .
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TAB. 2 . 1 . Attuale condizione dei giovani rispetto agli studi per livello culturale della famiglia d'origine e per status occupazionale dei genitori (%)
Livello culturale Status occupazionale della famiglia dei genitori
Tot. Basso Medio El e- Operaio Auto· !m pie- Supe-va t o o affine nomo gatizio riore
Non ha concluso la scuola dell'obbligo 2,2 4,9 1 ,3 0,1 3 ,7 2,5 0,2 0,6
Ha conseguito la licenza media inferiore 22,0 40,7 22,2 4,6 3 0,7 28,4 7,9 10,2
Frequenta la scuola secondaria superiore 21 ,6 10,1 2 1 ,6 32,1 18,7 20,0 29,3 25,2
Ha conseguito il diploma di qualifica/maturità 26,7 30,6 33 ,5 16,1 3 1 ,5 26,5 2 1 ,2 19,5
Frequenta un corso di studi universitari 22,1 10,0 17,8 37,8 13 ,3 17,9 34,7 32,8
Ha conseguito la laurea 5,4 3 ,6 3 ,6 9,2 2,1 4,7 6,7 1 1 ,6
ipotizza che tutti i giovani che attualmente frequentano una scuola secondaria superiore conseguiranno un titolo di studio, si accentuerà ulteriormente il divario appena illustrato: le percentuali saliranno, rispettivamente, al 95,3 , al 76,5 e al 54,4%. In altre parole, tra i giovani provenienti da ambienti familiari culturalmente favorevoli e i giovani con genitori poco istruiti vi sarebbe una differenza di oltre 40 punti percentuali nel tasso potenziale di conseguimento del diploma.
Inoltre, come si è accennato, il grado di istruzione è tanto maggiore quanto più è elevato lo status occupazionale dei genitori. L'esperienza scolastica si ferma alla scuola dell'obbligo per circa il lO% dei figli di genitori con occupazioni «superiori» o impiegatizie, ma per oltre il 30% dei figli della piccola borghesia e di operai (tab. 2 . 1 ) . n diploma di · scuola secondaria superiore è stato conseguito da oltre il 60% dei giovani di estrazione sociale elevata o impiegatizia, ma da meno della metà dei giovani di origini operaie o piccolo-borghesi. Sono ancora più accentuate le differenziazioni inerenti all'istruzione universitaria, la quale accoglie oltre il 40% dei giovani di estrazione medioelevata, ma meno del 20% dei giovani di origini più umili.
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È opportuno sottolineare la particolare caratterizzazione della piccola borghesia, cui appartengono quei giovani i cui genitori svolgono attività lavorative autonome (soprattutto artigiani e commercianti) : questa categoria assomiglia, per quanto riguarda i livelli di scolarizzazione dei giovani e le scelte ivi sottese, molto più alla classe operaia che non al ceto impiegatizio o «superiore» (quest'ultimo accoglie imprenditori, dirigenti, liberi professionisti, proprietari agricoli) . Ciò è dovuto al fatto che l'attività economica della famiglia si basa sul possesso di un patrimonio materiale (un negozio, una bottega, un'officina) e/o di competenze professionali che possono essere trasmessi ai figli a prescindere dal grado di istruzione formale di questi ultimi. L'attrattiva dell'esperienza scolastica ne risulta mitigata agli occhi sia dei genitori - i quali non assegnano lo stesso valore all'istruzione di quanto facciano gli individui con occupazioni «superiori» o impiegatizie, le cui attività lavorative sono legate anche al conseguimento di un determinato titolo di studio - sia dei figli, il cui futuro lavorativo è potenzialmente meno incerto che per altri.
Peraltro, com'era prevedibile, tra il livello culturale delle famiglie d'origine dei giovani e lo status occupazionale dei loro genitori sussiste un legame significativo: i genitori con occupazioni autonome od operaie sono molto meno istruiti degli altri. I genitori con status impiegatizio sono i più istruiti, persino più di coloro con occupazioni «superiori» (fra i quali si trovano, ad esempio, imprenditori con poca istruzione formale) . Sebbene esista una relazione fra status occupazionale e livello culturale dei genitori, ciascuno dei due fattori esercita un'influenza autonoma, anche se in misura differenziata (tab. 2 .2) . A prescindere dallo status occupazionale dei genitori, i giovani tendono a raggiungere livelli di scolarità più elevati all'aumentare del livello culturale della famiglia d'origine. E a prescindere dal livello culturale, la scolarizzazione dei giovani cresce, anche se in maniera irregolare, all'aumentare del prestigio sociale associato alle attività lavorative dei genitori. L'avere genitori appartenenti al ceto impie-
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TAB. 2.2. Incidenza percentuale di diplomati o studenti che frequentano una scuola secondaria superiore per status occupazionale e livello culturale dei genitori
Status occupazionale dei genitori
Livello culturale Operaio Autonomo Impiegatizio Superiore o affine
Basso 53,0 54,1 73 ,3 53 ,7 Medio 74,3 7 1 ,8 88,2 84,6 Elevato 88,9 91 , 1 94,4 98,6
gat1z10 ha un effetto particolarmente benefico sul grado di istruzione, specie se i genitori non detengono un titolo di studio elevato. D'altronde, il possesso di credenziali educative è indispensabile per accedere a molte occupazioni impiegatizie, nonché alle libere professioni; ciò verosimilmente dà luogo a un maggiore apprezzamento dell'istruzione fra coloro che svolgono occupazioni di questo genere. Tuttavia, è il livello culturale della famiglia d'origine ad esercitare l'effetto più pronunciato sui livelli di istruzione dei giovani.
In Italia molti fenomeni sociali si manifestano in modo diverso nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. La scolarizzazione dei giovani non fa eccezione: il contesto socio-economico, nella misura in cui varia da Nord a Sud, costituisce un'importante influenza ambientale sulle scelte scolastiche degli individui. La quota di giovani che non hanno proseguito gli studi oltre all'obbligo scolastico cresce mano a mano che ci si sposta verso il Meridione: Nord-Ovest 18,6%; Nord-Est 2 1 ,3 %; Centro 23 ,2% ; Sud 28,0%; Isole 3 0,5 %.
L'estrazione sociale influisce non solo sul grado di scolarizzazione, ma anche sul tipo di percorso formativo intrapreso dai giovani, come si evince con chiarezza da un esame dei tipi di scuola secondaria superiore da essi frequentati (tab. 2.3 )3. Ad esempio, oltre la metà dei gio-
3 L'analisi è limitata ai soli intervistati che hanno frequentato un ciclo di istruzione secondaria superiore e specificato il tipo di scuola
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TAB. 2.3. Tipo di scuola secondaria superiore frequentata per status occupazionale e livello culturale dei genitori (%)
Livello culturale Status occupazionale della famiglia dei genitori
Tot. Basso Medio El e- Operaio Auto· !m pie· Supe· varo o affine nomo gatizio rio re
Istituto professionale 23,0 36,3 29,5 8,4 36,7 23,8 1 1 ,6 10,8 Istituto tecnico 45,0 5 1 ,5 5 1 ,9 34,7 50,1 48,0 42,9 36,4 Liceo scientifico 18,3 7,8 1 1,6 3 1 ,3 8,8 16,0 28,9 26,8 Liceo classico 10,0 2,6 4,0 20,3 2,7 7,8 13,4 19,9 Altri licei (linguistico
e artistico) 3,7 1,8 3 , 1 5,4 1,7 4,5 3 , 1 6,1
vani provenienti da una famiglia con livello culturale elevato ha frequentato un liceo; mentre la maggioranza dei figli di genitori mediamente o poco istruiti ha optato per l'istruzione tecnica. L'istruzione professionale accoglie soltanto un'esigua minoranza dei figli dei molto istruiti, contro circa un terzo dei giovani provenienti da famiglie di livello culturale medio o basso.
Si rileva un andamento analogo se il tipo di scuola secondaria superiore frequentata viene articolato secondo lo status occupazionale dei genitori (tab. 2.3 ) . L'istruzione .liceale accoglie la maggioranza (52,8%) dei figli di genitori con occupazioni «superiori», una quota cospicua dei figli del ceto impiegatizio ( 45,4 %) e solo una minoranza dei figli con genitori con status autonomo (28,2 %) od operaio ( 13 ,2%) . ll divario è ancora più accentuato se si prende in considerazione la scuola elitaria per eccellenza, ovvero il liceo classico: la probabilità di frequentarlo è sette volte maggiore per un figlio di genitori con status «superiore» rispetto a un giovane di origini operaie. L'istruzione professionale, di converso, presenta un'incidenza relativamente elevata fra i figli di estrazione ope-
frequentato. La voce «istituto tecnico» comprende, oltre agli istituti tecnici propriamente detti, gli istituti magistrali. La voce «istituto professionale» comprende tutti gli istituti professionali, nonché gli istituti artistici e le scuole magistrali.
3 7
raia, che poi scema mano a mano che ci si sposta verso i ceti più privilegiati.
3 . Percorsi formativi accidentati
Uno dei maggiori problemi che affliggono il sistema scolastico italiano è l'elevata incidenza di percorsi formativi accidentati, caratterizzati da qualche forma di insuccesso o difficoltà. La nostra indagine ha permesso di rilevare quattro tipi di manifestazioni del disagio scolastico, attinenti alla regolarità della carriera formativa.
Il più grave è l'abbandono degli studi, cioè l'interruzione definitiva di un ciclo di studi già avviato. Nel complesso, il 15 ,2% degli intervistati ha abbandonato gli studi prima di conseguire il titolo di studio finale: 1' 1 ,8% nel corso degli studi di scuola secondaria inferiore, 1'8,8% nel corso dell'istruzione secondaria superiore e il 4,6% nel corso dell'istruzione universitaria. Peraltro, l'incidenza degli abbandoni è destinata ad aumentare, in quanto almeno alcuni giovani, tra coloro che attualmente frequentano un corso di studi, non riusciranno a portarlo a termine. Se si tiene conto della quantità di giovani che hanno effettivamente iniziato i diversi cicli di istruzione, la maggiore mortalità si riscontra presso l'università (14,2%) ; l'incidenza degli abbandoni alla scuola secondaria superiore sale al 10,4% se si tiene conto soltanto di chi l'ha frequentata.
La perdita di un anno di frequenza scolastica non è necessariamente un sintomo di insuccesso, in quanto può derivare più facilmente, ad esempio, da un periodo prolungato di malattia o dall'esigenza di lavorare piuttosto che da problemi di studio. L'interruzione prolungata degli studi rappresenta comunque una fonte di disagio di non poco conto, in quanto implica una rottura della continuità dell'esperienza scolastica e il «rimanere indietro» rispetto ai coetanei. L'interruzione degli studi ha interessato una porzione non trascurabile del campione (8,8%) ed è durata almeno due anni per oltre il 2% degli intervistati.
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Anche il trasferimento da un tipo di scuola media superiore, di facoltà o di diploma parauniversitario a un altro non va necessariamente interpretato come un fallimento sul piano formativo. Esso può scaturire da un cambiamento della residenza familiare, dall'offerta di nuove opportunità formative o anche da una semplice ticonsiderazione delle proprie aspirazioni. Tuttavia, come per qualsiasi mutamento che si verifica strada facendo, un cambiamento del genere rappresenta una fonte di disagio quanto meno per lo sforzo di riadattamento che esso implica. Ad ogni modo, il trasferimento è spesso originato da difficoltà incontrate negli studi dai quali ci si sta spostando. Quasi il 9% dei giovani che hanno frequentato la scuola secondaria superiore ha cambiato almeno una volta il tipo di scuola frequentata: si tratta di una percentuale piuttosto elevata, specie se si considera che essa non comprende i trasferimenti ad altre scuole dello stesso tipo (ad esempio, da un liceo scientifico a un altro liceo scientifico) . Anche nell'istruzione post-secondaria una quota non trascurabile di giovani (7 ,6%) ha cambiato facoltà o corso di diploma.
La ripetenza è, fra le forme di percorso accidentato prese in esame in questa sede, la più inequivocabilmente interpretabile come un insuccesso scolastico: si ripete un anno perché si è stati bocciati, in seguito cioè a un giudizio complessivo di insufficienza espresso da parte del collegio dei docenti. Una bocciatura può facilmente dare origine ad altre forme di disagio (specie all'abbandono) , ma queste ultime possono scaturire anche da altre cause. La ripetenza è di gran lunga il fenomeno di disagio più diffuso, quasi al punto di poter essere descritta come caratteristica «normale» del sistema scolastico italiano. Quasi un giovane su quattro si è trovato a ripetere un anno di scuola, e il 9% ha ripetuto addirittura due o più anni. Si tratta di un'evidente autocondanna da parte del sistema formativo italiano: è la stessa scuola a dichiarare che non riesce ad insegnare in maniera adeguata a una quota cospicua dei suoi utenti primari.
Se per «percorso formativo accidentato» si intende
39
TAB. 2.4. Incidenza percentuale di giovani che hanno ripetuto almeno un anno di scuola, che hanno abbandonato gli studi e che, nel complesso, hanno conosciuto un percorso formativo accidentato, per status occupazionale e livello culturale dei genitori
Abbandoni Ripetenze Totale percorsi
accidentati
Status occupazionale dei genitori: - Operaio o affine 17,3 36,1 49,2 - Autonomo 20,8 37,9 51 ,9 - Impiegatizio 8,9 26,8 36,9 - Superiore 9,9 26,0 35,7
Livello culturale della famiglia: - Basso 2 1 ,2 37,7 54,1 - Medio 16,2 37,1 48,7 - Elevato 7,9 22,5 3 1 ,9
un qualsiasi iter formativo affetto da almeno una delle quattro forme di disagio descritte in questo paragrafo (abbandono, interruzione, trasferimento, ripetenza), quasi la metà dei giovani (44,9%) ha seguito percorsi accidentati. Questi ultimi sono così diffusi che si stenta a ritenerli irregolari.
Nel paragrafo l si è accennato alla maggiore scolarizzazione delle femmine e al maggiore valore che queste ultime associano all'istruzione. La maggiore difficoltà che i maschi hanno nel rapportarsi con l'esperienza scolastica è testimoniata anche dai nostri risultati sui percorsi formativi accidentati. Per ciascuna forma di disagio scolastico si rileva un divario di genere. Ad esempio, solo il 24,8% delle femmine ha ripetuto un anno di scuola, contro il 40% dei maschi. Nel complesso il 37,7 % delle femmine ha avuto un percorso formativo accidentato, contro il 52, 1 % dei maschi.
Anche la dimensione del disagio è un aspetto dei processi formativi che è influenzato dalle origini sociali dei giovani (tab. 2.4). I figli degli operai e della piccola borghesia oppure con genitori con livelli di istruzione medio-bassa hanno maggiori probabilità di abbandonare gli
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studi e di imbattersi nella ripetenza rispetto ai giovani provenienti da famiglie più awantaggiate. Le risorse e i vincoli familiari si riflettono anche sulla diffusione di percorsi formativi accidentati, nell'accezione descritta in precedenza: i figli di genitori molto istruiti o con occupazioni prestigiose corrono meno rischi di incappare in incidenti di percorso durante le loro carriere scolastiche.
4. Insegnamenti e insegnanti: percezioni e valutazioni
Si è già ricordato che, rispetto al passato, la condizione studentesca interessa una più ampia quota di giovani e per un più lungo periodo. In altre parole, lo studio assume un'importanza sempre maggiore nella vita dei giovani in termini oggettivi. Ma qual è l'importanza dello studio in termini soggettivi, agli occhi degli stessi giovani?
n 3 7 ,4 °/o degli intervistati dichiara che «lo studio e gli interessi culturali» hanno «molta» importanza nella loro vita, e un ulteriore 41 ,7 % li ritiene «abbastanza» importanti. Solo il 4,7% dei giovani nega qualsiasi rilievo allo studio. Tuttavia, rispetto agli altri valori sottoposti a valutazione (tra cui la famiglia, l'amicizia e il lavoro, ma anche lo svago nel tempo libero, la carriera personale e la vita confortevole) , lo studio occupa una posizione marginale e supera, in termini di importanza, soltanto la pratica di attività sportive e l'impegno in campo religioso, politico e sociale.
L'importanza dello studio varia sensibilmente, e in maniera prevedibile, al variare delle altre caratteristiche degli intervistati esaminate nei precedenti paragrafi. I giovani più scolarizzati apprezzano di più l'esperienza scolastica e la cultura (tab. 2 .5 ) : fra gli intervistati che non sono andati oltre la scuola dell'obbligo, solo il 15,2% ritiene «molto» importante lo studio, contro il 27,6% di coloro che si sono fermati al diploma di scuola secondaria superiore e il 59,6% dei laureati. L'importanza è ancora maggiore tra coloro che frequentano tuttora un corso di studi. D'altronde, è ragionevole ipotizzare una so-
4 1
TAB. 2.5. Valore conferito allo studio e agli interessi culturali e soddisfazione per l'istruzione ricevuta nel complesso e per genere, attuale posizione rispetto agli studz; status occupazionale e livello culturale dei genitori (%)
Valore dello studio Soddisfazione per ( % che gli conferisce l'istruzione ( % che si «molta>> importanza) dichiara «molto>> contento)
Nel complesso 37,4 32,0 Sesso: - Maschi 33 ,7 28,2 - Femmine 41 ,2 35,9 Attuale posizione rispetto
agli studi: - Fino alla scuola dell'obbligo 15,2 24,1 - Ha conseguito il diploma e
non studia più 27,6 24,4 - Ha conseguito la laurea 59,6 50,7 - Frequenta scuola secondaria
superiore 44,3 36,9 - Frequenta corso
(para-)universitario 61 ,4 40,4 Status occupazionale dei genitori: - Operaio o affine 29,6 3 1 ,1 - Autonomo 35,0 26,5 - Impiegatizio 44,3 34,0 - Superiore 49,5 38,9 Livello culturale della famiglia: - Basso 26,4 28,4 - Medio 34,5 30,1 - Elevato 50,8 37,2 Tipo di scuola secondaria
superiore frequentata: - Istituto professionale 32,1 30,0 - Istituto tecnico 37,3 3 1 ,7 - Liceo scientifico 54,2 37,0 - Liceo classico 61 ,9 41 ,0 - Altri licei (linguistico e artistico) 54,5 44,2
stanziale identità fra gli individui che assegnano molta importanza allo studio e quelli che decidono di proseguire l'impegno formativo. In conformità al loro maggiore impegno scolastico, le ragazze, rispetto ai loro coetanei maschi, tengono molto di più allo studio.
La trasmissione di capitale culturale dai genitori ai figli si evidenzia nel diverso valore che i giovani di diversa estrazione sociale attribuiscono alla formazione e alla cul-
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tura. Tra i giovani con genitori di livello culturale elevato, coloro che dichiarano che lo studio è «molto» importante sono il doppio rispetto ai giovani con genitori poco istruiti. Si rileva un andamento analogo se si prende in esame lo status occupazionale dei genitori: soltanto il 29,6% dei giovani di origini operaie ritiene lo studio molto importante, contro il 49,5 % dei giovani di estrazione «superiore». Non sorprende constatare, dunque, che i giovani che hanno frequentato un liceo (specie se classico) danno più importanza allo studio di chi ha imboccato la strada dell'istruzione tecnica o professionale.
Se si esaminano le valutazioni rilevate nelle precedenti indagini IARD, si osserva un graduale aumento dell'importanza dello studio nel corso dell'ultimo decennio4• Ciò è forse un riflesso della graduale estensione della scolarizzazione fra i giovani. Ad ogni modo, a questa evoluzione va associata una valenza positiva: si restringe sempre più la fascia dei giovani che non apprezzano l'istruzione (fig. 2 . 1 ) .
n valore conferito all'istruzione attiene alla dimensione prescrittiva dell'esperienza scolastica. Cosa si può dire in merito alla dimensione descrittiva? I giovani sono soddisfatti della loro esperienza scolastica, a prescindere dall'importanza che le assegnano? Nel complesso i giovani sono piuttosto soddisfatti dell'istruzione ricevuta: il 32 ,0% si dichiara «molto» contento, e il 53 , 1 % lo è «abbastanza». La soddisfazione per l'esperienza scolastica è dunque relativamente elevata e addirittura superiore a quella espressa nei confronti di altri aspetti centrali del mondo vitale dei giovani, quali la tranquillità psicologica, il tenore di vita, il modo di passare il tempo libero, il lavoro. n gradimento per l'istruzione ricevuta non è significativamente diverso da quello rilevato nel 1992, ma è comunque maggiore a quello degli anni Ottanta (fig. 2 . 1 ) .
In linea di massima, com'era prevedibile, sussiste un
4 Come per ogni raffronto dei risultati di questa indagine IARD con quelli riferiti agli anni Ottanta, sono stati esclusi dall'analisi i 25-29enni, poiché i giovani di questa fascia di età non erano oggetto delle prime indagini IARD sulla condizione giovanile in Italia.
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100
82,9 82,5
80 • •
60
40 34,1 32,2 • •
20
o 1983 1987
87,2 •
Soddisfazione
36,4 •
Importanza
1992
86,0 •
39,5 ..
1996
FIG. 2 .1 . Soddisfazione per l'esperienza scolastica e importanza nella vita dello studio e degli interessi culturali nelle indagini IARD (soltanto 15-24enni; % relative a «molto importante>>).
legame positivo fra importanza assegnata allo studio e soddisfazione per l'istruzione ricevuta. Peraltro, si osservano le medesime relazioni, anche se sono più deboli, precedentemente evidenziate in relazione all'importanza dello studio (tab. 2 .5) : la soddisfazione per l'istruzione è maggiore tra le femmine, tra gli intervistati più istruiti e che frequentano ancora un corso di studi, tra i giovani di origini familiari privilegiate e tra i liceali.
La valutazione dell'esperienza scolastica non si basa unicamente sull'istruzione ricevuta, bensì si avvale anche di altri elementi. La soddisfazione per l'esperienza scolastica è ancorata innanzitutto ai rapporti con i compagni di studio (per i quali si dichiara soddisfatto 1'85 ,3 % degli intervistati) e alla cultura generale acquisita (75,7 %) . L'insoddisfazione è più accentuata per i rapporti con gli insegnanti (65 , 1% di soddisfatti) e, in particolare, per le specifiche capacità professionali acquisite (56,6%) . Ad ogni modo, la maggioranza dei giovani si dichiara soddisfatta per ciascuno di questi quattro elementi.
Questi aspetti permettono di gettare luce sul diverso modo con cui maschi e femmine affrontano l'esperienza scolastica. Rispetto ai maschi, le femmine esprimono maggiore soddisfazione per la funzione cognitiva svolta dalla scuola, cioè per le capacità professionali e, soprat-
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tutto, per la cultura generale acquisite. Viceversa, rispetto alle femmine, i maschi ne apprezzano di più la funzione di socializzazione, ovvero i rapporti con gli insegnanti e, soprattutto, con i compagni. Si osserva un andamento analogo in relazione al livello culturale delle famiglie d'origine. Mano a mano che cresce il livello di istruzione dei loro genitori, i giovani si dichiarano più contenti degli aspetti cognitivi dell'esperienza scolastica; al diminuire del livello culturale si accresce l'apprezzamento per gli aspetti di socialità.
Il ruolo del docente è centrale nell'esperienza scolastica dei giovani. L'insegnante non solo veicola i contenuti dell'apprendimento, ma interviene anche nella funzione socializzante della scuola, sia mediante la gestione dei rapporti tra i discenti, sia mediante la trasmissione di valori. Inoltre, il docente è l'unico rappresentante del sistema scolastico con cui lo studente normalmente intrattiene rapporti. Spetta agli insegnanti, dunque, rappresentare l'istituzione nei confronti dei suoi utenti primari. Come si è già detto, la maggior parte degli intervistati sembra ritenere adeguato l'operato dei docenti. Un'ulteriore domanda, rivolta ai soli intervistati che frequentano ancora la scuola, permette di articolare questo giudizio: 1' 1 1 ,2 % si dichiara «molto» contento dei rapporti intrattenuti con gli insegnanti, il 46,5 % si dichiara «abbastanza» soddisfatto, il 28,3 % «poco»; solo il 5 ,2% esprime un giudizio totalmente negativo; il rimanente 8,7 % non è in grado di pronunCiarsi.
Riscontri analoghi si hanno in relazione alla fiducia accordata agli insegnanti: oltre il 60% dei giovani dichiara di nutrire «molta» (9,2%) o «abbastanza» (52 ,9%) fiducia nei loro confronti. Gli insegnanti sono pertanto una delle categorie più apprezzate dai giovani (per intenderei, la fiducia riposta nei docenti è maggiore di quella manifestata verso i giornali, il governo, i funzionari statali, i sacerdoti, gli industriali, i magistrati) . Come si è detto, l'insegnante è spesso l'unico e obbligato punto di incontro tra i giovani e l'istituzione-scuola, rappresentante della scuola presso gli alunni, nonché rappresentante delle
45
80 .-----------------------------------�
69,6 70
63,1 61 ,9
60
1983 1987 1992 1996
FIG. 2.2. Fiducia accordata agli insegnanti nelle quattro indagini IARD (età: 15-24 anni; % relative a «molto» «abbastanza impanante>>).
istanze di questi ultimi presso la scuola. L'instabile equilibrio che consegue dalla natura strutturalmente duplice del ruolo dell'insegnante non può che incidere marcatamente sull'immagine che i giovani ne hanno. Per certi versi, il docente gode della fiducia degli studenti perché questi ultimi non hanno scelta, ad eccezione di quella estrema di rinunciare all'identità stessa di studente. Il credito accordato agli insegnanti è dunque sempre precario.
Un confronto con le precedenti indagini IARD mette in evidenza l'erosione, lenta ma costante, del credito accordato dai giovani agli insegnanti (fig. 2 .2) . Quali sono le cause di questo deterioramento? Si possono trarre alcuni indizi dalle caratteristiche negative che i giovani ascrivono agli insegnanti." La maggiore colpa accollata ai docenti, denunciata da un'ampia maggioranza degli intervistati, è la tendenza a non considerare le esigenze e il punto di vista degli studenti (tab. 2 .6) . Le altre critiche rilevanti riguardano la pratica didattica: incompetenza e impreparazione nella propria materia (38,6%) , esercizio di un'influenza politica e ideologica sugli allievi (3 9,4%) . I rapporti personali con i discenti vengono criticati, peraltro per motivi fra loro contrapposti (eccessiva severità ed eccessiva arrendevolezza) , da quote più ridotte del campione.
La propensione ad attribuire difetti negli insegnanti è
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T AB. 2.6. Modi di essere diffusi fra gli insegnanti (%)
Mancata considerazione delle esigenze degli studenti
Influenza politica ed ideologica sugli allievi Incompetenza e impreparazione nella
propria materia Eccessiva severità Eccessiva accondiscendenza ed arrendevolezza
di fronte agli studenti Non indica alcun modo diffuso Non indica alcun modo come il più diffuso
% che indica (più risposte
possibili)
62,1 39,4
38,6 23,8
2 1 ,0 12,6
Modo di essere più diffuso
37,9 13 ,1
20,7 7,6
6,4 12,6
1 ,7
più radicata fra i giovani più scolarizzati. Questi ultimi hanno sviluppato, grazie alla durata della loro esperienza scolastica e impegno di studio, capacità di giudizio e maggiori aspettative. È significativo il fatto che al crescere del livello di istruzione, nonostante aumenti la tendenza generale a rimproverare i docenti, diminuisce la quota di giovani che si lamenta dell'eccessiva severità degli inse- ·
gnanti. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che ai livelli più avanzati di istruzione si trovano insegnanti più flessibili e meno esigenti, oppure, più probabilmente, dal fatto che i giovani più scolarizzati temono meno il rigore imposto dai loro docenti.
Un esame dei precedenti rapporti IARD mette in risalto la stabilità del profilo delle critiche rivolte agli insegnanti; si segnala, tuttavia, un incremento degli atteggiamenti critici: la percentuale di intervistati che non indica alcun motivo di biasimo (12,6%) si è dimezzata rispetto alla precedente rilevazione ( 1 992) .
5 . La dimensione parteàpativa
La scuola offre occasioni di impegno e di interazione che vanno al di là delle sole attività didattiche effettuate
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in aula. In primo luogo, vi sono le organizzazioni studentesche che costituiscono una sede per la discussione di interessi comuni e per lo svolgimento di attività extracurricolari. In secondo luogo, i problemi della scuola e dello studio sono argomenti ai quali vengono dedicate manifestazioni, assemblee, raccolte di firme ed altre iniziative pubbliche alle quali i giovani, come qualsiasi altro cittadino, possono prendere parte.
Nell'arco dei tre mesi precedenti la rilevazione, il 13 ,7 % degli intervistati ha partecipato alle attività di un'organizzazione studentesca. Questa percentuale sottostima la diffusione di questa forma di partecipazione, in quanto i giovani che non sono più studenti difficilmente assistono ad iniziative del genere. Se si affina l'analisi in questo senso, si scopre che le attività delle organizzazioni studentesche hanno coinvolto il 27,5 % dei giovani che erano studenti al momento della rilevazione (3 6,7 % fra gli alunni della scuola secondaria superiore; 19,0% fra gli studenti universitari) , contro il 2 ,7% degli ex-studenti.
Una quota più consistente di intervistati (25,4%) è intervenuta in altre iniziative pubbliche dedicate ai problemi della scuola e dello studio, ma la maggiore partecipazione dipende forse dal maggiore intervallo preso in considerazione (i dodici mesi precedenti alla rilevazione, contro i tre mesi per le attività delle organizzazioni studentesche) . Ad ogni modo, anche in questo caso l'attuale posizione rispetto agli studi è determinante ai fini della partecipazione: fra gli studenti essa raggiunge il 48,0% (68,8% fra gli studenti della scuola secondaria superiore; 28,3 % fra gli universitari) , per scendere al 7 ,3 % fra gli ex-studenti.
Questi risultati hanno una valenza negativa per diversi motivi. In primo luogo, l'interesse dei giovani per i problemi della scuola si contrae notevolmente una volta che si esce dal sistema formativo. Le energie partecipative provenienti dall'interno della scuola sono le più intense, ma sono anche le più evanescenti, in quanto i giovani vi permangono relativamente poco. Inoltre, i livelli di partecipazione sono molto più alti fra gli studenti della
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scuola secondaria superiore che non fra gli universitari, benché questi ultimi conferiscano, come si è visto nel paragrafo 4, molta più importanza allo studio e stiano studiando in una struttura formativa che non è certo priva né di stimoli né di problemi. Sorge il dubbio che una buona parte dell'impegno partecipativo degli studenti più giovani sia dovuta più al loro inserimento in un ambiente fisico e sociale che, rispetto all'università, è più strutturato e vincolante, che non all'espressione di interessi elaborati in maniera autonoma. Infine, persino fra i soli studenti vi sono amplissime quote di giovani che si sottraggono ad ogni forma di partecipazione legata all'esperienza scolastica.
6. La conoscenza delle lingue straniere
I programmi di insegnamento della scuola italiana sono stati per lungo tempo carenti in relazione allo studio delle lingue straniere. La conoscenza di una lingua straniera, oltre ad avere una valenza positiva sul piano culturale, è diventata ancora più importante in funzione dei processi di integrazione europea, di globalizzazione dei mercati e di diffusione dell'in/ormation technology.
Rispetto alla precedente indagine IARD (del 1992) il quadro è migliorato. I giovani che non sono in grado di sostenere una seppur modesta conversazione in una lingua straniera sono diminuiti dal 42,6 al 37,6%. La lingua straniera più diffusa è l'inglese, parlato dal 45 ,7 % dei giovani. Seguono il francese (28,9%) , il tedesco (5 , 1 %) e lo spagnolo (4,7%) . La situazione migliorerà ancora nel prossimo futuro, in quanto sono proprio gli adolescenti a manifestare in misura maggiore la padronanza delle lingue straniere: i monoglottici sono il 44,0% fra i 25-29enni, il 40,1 % fra i 21 -24enni, il 33 ,2% fra i 18-20enni e appena il 27 ,2% tra i 15-17 enni.
Purtroppo, il merito della diffusione delle lingue straniere non è necessariamente della scuola. In primo luogo, l'insegnamento di una lingua straniera nell'ambito della
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scuola dell'obbligo evidentemente non fornisce una base adeguata per sviluppare competenze conversazionali; altrimenti, la conoscenza di una lingua straniera dovrebbe essere ancora più diffusa. Inoltre, i giovani di estrazione sociale elevata conoscono le lingue in misura assai più elevata (75 % circa fra i figli di genitori con status occupazionale superiore o impiegatizio, 80% circa fra i figli con genitori molto istruiti) dei giovani meno privilegiati, i quali hanno meno possibilità di frequentare corsi di lingua extra-scolastici o di effettuare soggiorni di studio all'estero. Oltre 1'80% dei giovani che hanno frequentato il liceo classico - che, come si è visto nel paragrafo 2, ha una forte caratterizzazione in termini di classe sociale -conosce una lingua straniera, benché lo studio delle lingue moderne occupi una posizione marginale nei programmi di insegnamento per questo indirizzo di studio.
Un altro motivo di preoccupazione consiste nella distribuzione geograficamente differenziata delle competenze linguistiche: circa il 70% dei giovani al Centro-Nord è poliglotta, contro il 55 ,3 % al Sud e il 45,5 % nelle Isole.
7. Scuola e lavoro
In questo paragrafo verranno affrontati alcuni argomenti attinenti alla transizione dal mondo della formazione a quello del lavoro. In particolare, saranno illustrati e commentati alcuni risultati inerenti alla compresenza della condizione studentesca e di quella lavorativa, ai corsi di formazione professionale e alla valutazione dell'utilità degli studi compiuti per il lavoro attuale'.
Nel paragrafo l si è visto che quasi la metà dei giovani intervistati (44,5 %) è tuttora impegnata in un corso di studi. Per la grande maggioranza si tratta di un'attività a tempo pieno. Per il 15,5 % degli studenti (owero per il
5 Per un esame del rapporto dei giovani con il lavoro si veda in questo stesso volume il capitolo terzo, curato da Antonio Chiesi.
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6,9% del campione complessivo), tuttavia, l'impegno di studio si accompagna a un'attività lavorativa (per il 9,7 % degli studenti si tratta di lavori occasionali o saltuari; per il rimanente 5 ,8% il lavoro rappresenta l'attività principale e si configura soprattutto come un impiego continuativo) . Sono soprattutto gli studenti universitari che avvertono il desiderio o la necessità di avere un impiego (il 23 , 1% ha un'occupazione) ; lavora soltanto il 5 ,8% degli studenti di scuola secondaria superiore.
I corsi di formazione professionale si propongono di facilitare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro mediante lo sviluppo di competenze tecniche richieste dal mondo produttivo. Questi corsi risultano essere abbastanza popolari: il 17 , l% degli intervistati dichiara di averne frequentato (è probabile che dell'espressione «corso di formazione professionale» sia stata data un'interpretazione ampia) . I corsi di formazione professionale talvolta sono considerati un ricettacolo per i giovani che hanno avuto difficoltà a scuola, e infatti la maggioranza dei frequentanti ha avuto un percorso formativo accidentato.
Ai giovani che lavorano è stato chiesto di indicare quanto la preparazione scolastica ricevuta si sia rivelata utile per l'attività lavorativa. La maggioranza degli intervistati esprime una valutazione negativa: il 19, l % degli intervistati ritiene che la scuola sia stata «poco» utile per svolgere il proprio lavoro, e il 34,0% l'accusa di essere stata addirittura «per niente» utile. Soltanto il 13 ,0% dei giovani lavoratori giudica l'esperienza scolastica «molto» utile. Si tratta di un'accusa più o meno esplicita: la scuola trasmette competenze che sono lontane da quelle richieste dal mercato del lavoro. Peraltro, si era già affermato che le capacità professionali impartite rappresentano l'aspetto più debole dell'esperienza scolastica.
La scuola è giudicata più utile per l'attività lavorativa da parte dei giovani che hanno avuto esperienze formative più durature e/o meno affette da forme di disagio: fra coloro che non hanno avuto percorsi scolastici accidentati i giudizi favorevoli ammontano al 53 ,4%, contro il 3 7 ,2% fra coloro che hanno avuto problemi di qualche
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tipo; fra i laureati le valutazioni positive incidono per oltre il doppio rispetto ai lavoratori che non sono andati oltre alla scuola dell'obbligo. Infatti, l'unica categoria di lavoratori che si pronuncia nettamente a favore dell'utilità dell'istruzione sul mercato del lavoro (in cui, cioè, i giudizi sfavorevoli non superano il 20%) è quella dei laureati. Livelli di istruzione inferiori non permettono di accedere a lavori sufficientemente gratificanti, tali da giustificare l'impegno di studio profuso per raggiungerli6•
L'efficacia dei corsi di formazione professionale è in parte avvalorata dal fatto che i giovani che li hanno frequentati sono più convinti dell'utilità professionale del proprio percorso formativo rispetto agli altri giovani lavoratori.
8. Alcune osservazioni conclusive
I risultati esposti in questo capitolo offrono diversi spunti di riflessione, ma due considerazioni si impongono in modo particolare. La prima attiene alla forte caratterizzazione di classe che continua - alle soglie del Duemila e nonostante i progressi comunque compiuti - a contraddistinguere il sistema scolastico e universitario italiano. I giovani che provengono da famiglie culturalmente e materialmente privilegiate hanno maggiori probabilità di evitare incidenti di percorso come ripetenze, trasferimenti, interruzioni, abbandoni; di frequentare scuole prestigiose come i licei; di conseguire titoli di studio elevati; di trarre maggiori soddisfazioni dalla propria esperienza formativa7•
La scuola non è riuscita a colmare le diseguaglianze
6 L'utilità della scuola sul mercato del lavoro è scarsa anche in un altro senso. Soltanto il 3 ,5% dei giovani che hanno lavorato (a tempo determinato per più di due mesi oppure nell'ambito di un'attività lavorativa vera e propria) dichiara di aver trovato il primo lavoro «tramite l'aiuto della scuola».
7 Per un'articolata disamina dei processi decisionali individuali relativi alla carriera scolastica in funzione delle condizioni materiali e culturali delle famiglie d'origine cfr. Gambetta [ 1987] .
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sociali che scaturiscono dalle risorse messe a disposizione e dai vincoli imposti dagli ambienti familiari. I risultati inducono a dare ragione a chi sostiene che nel corso degli ultimi decenni «in Italia si è avuta una profonda modificazione della distribuzione di titoli di studio ma nessuna sostanziale alterazione dei vantaggi e degli svantaggi goduti e subiti dalle varie classi sociali nella competizione per il raggiungimento delle credenziali educative più ambite e remunerative»8•
La seconda considerazione attiene alla barriera che si frappone fra l'esperienza scolastica e gli altri ambiti del mondo vitale dei giovani. Si è visto che l'interesse e l'impegno partecipativo riferiti ai problemi che affliggono la scuola e lo studio si affievoliscono in maniera molto marcata una volta che si esce dal sistema formativo. Ancora più importante: la maggioranza dei giovani denuncia l'inadeguatezza del sistema scolastico sul piano della preparazione alla vita lavorativa. L'esperienza scolastica, piuttosto che svolgere la sua funzione di socializzazione alla convivenza civile e alla vita produttiva del Paese, rischia di isolare i giovani e inficiare la loro capacità di contribuire al benessere morale e materiale della comunità.
8 Cfr. Cobalti e Schizzerotto [1994, 162].
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CAPITOLO TERZO
IL LAVORO. STRATEGIE DI RISPOSTA ALLA CRISI
l. Il deterioramento della situazione sul mercato del lavoro
Nella precedente edizione dell'indagine IARD ci si è soffermati sulle strategie che i giovani intraprendevano sul mercato del lavoro in condizioni di quasi piena occupazione. I dati relativi al 1992 possono infatti essere emblematicamente riassunti nella bassissima percentuale di giovani in cerca di prima occupazione, che si era ridotta di quasi tre volte rispetto all'indagine del 1987 (3 ,7 % contro 1 1 ,0%) . Da questa condizione strutturale favorevole e dai sintomi di una crescente flessibilità del mercato del lavoro emergeva che i giovani erano mediamente in grado di acquisire vantaggi in termini di opportunità, gradi di autonomia e crescita professionale. Con la metà degli anni Novanta ci troviamo invece di nuovo in una congiuntura sfavorevole, che, a differenza di altri periodi del dopoguerra, presenta caratteri del tutto nuovi. L'aspetto forse più rilevante dell'indagine del 1996 è quindi costituito dalle risposte, in termini di comportamenti e di atteggiamenti, che i giovani danno nel contesto di un evidente deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
Per comprendere correttamente questo cambiamento occorre innanzitutto descrivere complessivamente la dinamica del mercato del lavoro tra le due rilevazioni ISTAT delle forze di lavoro del gennaio 1992 e del gennaio 1996, che rappresentano i due periodi cronologicamente più vicini al momento in cui sono state svolte la terza e la quarta indagine IARD. La tabella 3 . 1 mostra un calo, sia pure esiguo, della popolazione presente, e una diniinuzione macroscopica delle forze di lavoro, dovuta soprattutto all'aumento delle persone anziane in età non lavorativa.
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T AB. 3 . l . La situazione complessiva del mercato del lavoro nel gennaio 1992 e 1996 (%)
Categorie
Occupati: Occupati Non occupati che hanno lavorato Cercano occupazione: Disoccupati e in cerca di l' occupazione:
- disoccupati - in cerca di l' occupazione
Inattivi che cercano Totale forze lavoro Non forze in età lavorativa 14-70
- di cui inattivi disponibili - di cui inattivi che non cercano
Persone in età non lavorativa T o tale non forze di lavoro Totale popolazione presente
Tassi 1992
37,4
7,8 27, 1 72,9
42, 1
Tassi 1996
35,0
9,7 47,8 52,2
39,8
Fonte: Rilevazione trimestrale ISTAT sulle forze di lavoro.
Variazione 92-96
-7,2 -5,8
-63 ,0 1, 6
17,5 107,3 -15,9 -33 ,4
-6,2 1 ,5
433,0 -12,4
5,3 3, 1
-0,8
Conseguentemente il tasso di attività si riduce dal 42, 1 % al 39,8%, invertendo un trend di risalita che era iniziato a metà degli anni Settanta1 • La notevole riduzione degli occupati ( -7 ,2 %) contribuisce solo marginalmente al modesto aumento di coloro che cercano lavoro, poiché il grande cambiamento riguarda invece la composizione interna di chi cerca: diminuiscono fortemente coloro che si dichiarano inattivi (studenti, casalinghe, pensionati) , ma che ad una successiva domanda della stessa intervista affermano di cercare lavoro (-33 ,4%) ; diminuiscono anche
I Soltanto una parte trascurabile di questo calo è frutto dei nuovi metodi di campionamento adottati dall'ISTAT a cominciare da gennaio 1993. In particolare, il passaggio dei quattordicenni dalla categoria delle persone in età lavorativa alla categoria delle persone in età non lavorativa può avere contribuito ad abbassare il tasso di attività di circa 0,1 -0,2 punti percentuali, supponendo che dopo la scuola dell'obbligo almeno il 10% dei quattordicenni si presenti sul mercato del lavoro.
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coloro che cercano un lavoro per la prima volta, cioè essenzialmente i giovani in cerca di primo impiego (-
15,9%) ; raddoppiano invece i disoccupati che hanno perso un precedente posto di lavoro.
Un altro aspetto rilevante della attuale crisi occupazionale è costituito dalla crescente segmentazione territoriale del mercato del lavoro, che sembra rispondere a meccanismi diversi a livello regionale. Disaggregando per grandi aree regionali2 emergono con evidenza specificità relative innanzitutto alla dinamica della popolazione presente, ancora moderatamente positiva soltanto nelle regioni del Nord-Est, le quali conservano il più alto tasso di attività rispetto al resto della penisola. Al contrario, nelle regioni meridionali il tasso di attività, che è già più basso, diminuisce ad un ritmo più veloce. Anche i tassi di disoccupazione sono molto diseguali e presentano dinamiche differenti. In particolare le regioni del Nord-Est, che partono da un tasso di disoccupazione più basso (3 ,4 % nel 1992) , vedono un aggravamento di un punto percentuale. Le regioni del Nord-Ovest, che soffrono di un tasso di disoccupazione leggermente superiore (3 ,7% nel 1992) , subiscono una ulteriore crescita di quasi due punti. Le regioni centrali, che all'inizio presentano tassi di disoccupazione quasi doppi rispetto al Nord-Est, subiscono un aggravamento più modesto (soltanto 1 ,6 punti) . Al Sud invece la crescita è di ben 3 ,5 punti percentuali, che si sommano al già alto tasso del 14,2% del 1992. Evidente è anche l'incremento del cosiddetto «effetto di scoraggiamento» indotto dal deterioramento delle condizioni del mercato, come dimostrato dalla forte diminuzione degli inattivi che affermano di cercare lavoro (calo maggiore al Sud che al Nord) e ancor più dal fortissimo aumento degli inattivi che desidererebbero lavorare a
2 La disaggregazione è quella classica delle regioni del NordOvest (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria e Lombardia) , del Nord-Est (Triveneto ed Emilia Romagna), del Centro (Toscana, Marche, Umbria, Lazio), del Sud continentale (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) e delle due maggiori Isole (Sardegna e Sicilia).
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particolari condizioni. Si assiste in sostanza ad una progressiva divaricazione tra le aree e ad un'accentuazione delle diseguaglianze sul mercato del lavoro, che possono essere drammaticamente riassunte nell'andamento del tasso di occupazione, che indica la capacità dell'area di assicurare posti di lavoro alla popolazione presente. Mentre nel Nord-Est il tasso di occupazione perde soltanto 1,3 punti e scende al 41 ,5%, al Sud una perdita di 2,4 punti provoca una discesa fino al 27 %, che significa quasi un solo occupato ogni quattro abitanti.
2 . Giovani e mercato de/ lavoro
Questi cambiamenti complessivi si rispecchiano in modo altrettanto evidente nei risultati della quarta edizione dell'indagine IARD, che pure dispone di un campione molto più ridotto rispetto alle rilevazioni ISTAT3 , ma che ci permette di indagare i comportamenti lavorativi entro un quadro più vasto di atteggiamenti e comportamenti del mondo giovanile. In particolare possiamo individuare le strategie di risposta dei giovani al peggioramento della congiuntura e verificare se la progressiva divergenza territoriale produce anche una corrispondente diversità di comportamenti e atteggiamenti riguardanti il lavoro, tra giovani residenti nelle diverse aree del Paese. La chiave di lettura della presente edizione dell'indagine IARD è quindi rappresentata dalle differenze territoriali. Vediamo innanzitutto la situazione nel primo semestre del 1996, come emerge dalla tabella 3 .2 . I giovani attivi rappresentano poco più della metà dell'intero campione (52,3 % , ma la componente femminile raggiunge appena il 48,2 %), suddiviso tra il 3 8,4 % che dichiara di essere occupato (33 ,7 % per le giovani) e il 14% che cerca lavoro4 •
3 Si tratta di 2.500 casi contro un campione ISTAT, variabile a seconda delle edizioni dell'indagine trimestrale, di circa 150.000 casi.
4 È interessante notare che la componente della disoccupazione
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TAB. 3 .2 . Condizione professionale dei rispondenti per sesso (%)
Condizione T o tale
Dipendenti a tempo pieno indeterminato 20,9 Dipendenti a part-time indeterminato 3 ,2 Dipendenti a tempo determinato 5,8 Indipendenti 8,5 Totale occupati 38,4 Disoccupati 8,6 In cerca di prima occupazione 5,4 T o tale senza lavoro 14, O Totale attivi 52,3 Studenti con impieghi occasionali 6,9 Studenti a tempo pieno 3 7,6 Casalinghe 3 ,2
Maschi
23,7 2 ,1 5,6
1 1 ,5 42,9
9,0 4,5
13,5 56,4
6,6 36,8
0,0
Femmine
18,0 4,2 6,0 5,5
33, 7 8,1 6,4
14,5 48,2
7,2 38,4
6,3
Tra coloro che sono in cerca di lavoro prevalgono di gran lunga coloro che hanno già una qualche esperienza professionale, ma hanno perso un precedente posto di lavoro. La componente non attiva vede ovviamente una prevalenza di studenti (tra cui è maggioritaria la compo-nente femminile). '
Un confronto omogeneo di questi dati con quelli dell'intera serie delle precedenti edizioni permette di individuare alcune importanti dinamiche. I giovani in cerca di prima occupazione sono il 5 ,2% del totale degli intervistati al di sotto dei 25 anni, aumentano quindi rispetto al 3 ,7% del 1992 ma non raggiungono 1 '1 1 ,0% del 1987. 'Coloro che hanno perso un precedente posto di lavoro crescono invece in modo più rilevante e raggiungono con il 7 ,4% il livello più alto di tutte le precedenti edizioni. Una prima conclusione riguarda quindi la nuova qualità della disoccupazione giovanile, che negli anni Novanta assume crescente importanza come espulsione dal mondo del lavoro e riduce invece il peso della componente che viene tradizionalmente definita come «anticamera» del-
femminile si discosta soltanto di un punto percentuale in più rispetto ai maschi.
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l'occupazione (i giovani in cerca di prima occupazione) . Poiché, però, ben il 68,7 % dei non attivi o dei disoccupati dichiara di avere avuto in passato esperienze di lavoro, continuativo o saltuario, si tratta di vedere se l'espulsione dal mondo del lavoro è momentanea, dovuta quindi alla crescente flessibilità del mercato, o se sussistono processi di espulsione cui non segue un più o meno rapido riassorbimento nel mondo del lavoro.
Vediamo innanzi tutto chi si dà attivamente da fare per cercare lavoro. Al primo posto troviamo ovviamente i giovani in cerca di prima occupazione, che dichiarano per il 95 ,6% di svolgere azioni in questo senso; una percentuale leggermente inferiore riguarda chi ha perso il lavoro (86,4 %) ; seguono coloro che lavorano in condizioni non stabili ( 67 ,6% di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato) e i lavoratori part-time (60,8%) . Percentuali molto inferiori riguardano gli studenti lavoratori (3 1 ,4 %) . Bisogna anche sottolineare che una minoranza importante di giovani occupati stabili a tempo pieno e alle dipendenze (29,1 %) o con lavoro autonomo (26,9%) non smette di cercare un lavoro più confacente a quello attuale. Infine tra gli inattivi, il 26,3 % delle ragazze che si dichiarano casalinghe e il 18,7 % degli studenti a tempo pieno hanno intrapreso negli ultimi tempi una qualche azione per cercare lavoro.
La tabella 3 .3 mostra con maggiore dettaglio le differenze territoriali della struttura occupazionale. Emerge innanzitutto che la proporzione degli occupati stabili a tempo pieno nelle regioni del Nord-Est è tripla di quella delle Isole. I giovani dipendenti a tempo determinato sono molto più numerosi al Sud che al Nord. I lavoratori autonomi sono relativamente più presenti nelle aree del Nord-Est, del Centro e del Sud, rispetto al Nord-Ovest e alle Isole. I giovani in cerca di prima occupazione sono oltre cinque volte relativamente più numerosi nelle Isole che nel Nord-Ovest e i disoccupati quasi quattro volte. Complessivamente la percentuale di senza lavoro varia dal 6,6% nel Nord-Ovest al 28,5 % nelle Isole. Rilevante al Sud è anche la percentuale di casalinghe, cioè di giova-
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TAB. 3 .3 . Condizione professionale dei rispondenti per zona geografica (%)
Condizione Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
Dipendenti a tempo pieno indeterminato 27,9 3 1 ,6 2 1 ,7 13 ,8 10,6
Dipendenti a part-time indeterminato 3 ,7 3 ,3 2,4 2,8 3 ,8
Dipendenti a tempo determinato 3 ,7 4,0 6,9 7,5 6,5
Indipendenti 8,6 9,0 9,2 9,4 4,7 T o tale occupati 43,9 47,9 40,2 33,5 25, 6 Disoccupati 4,2 4,5 8,0 1 1 ,4 15,2 In cerca di prima
occupazione 2,4 3 ,0 4,5 6,0 13 ,5 Totale senza lavoro 6, 6 8,5 12,5 1 7,4 28,5 T o tale attivi 50,5 56,4 52, 7 50,9 54, 1 Studenti con impieghi
occasionali 1 1 ,2 7,3 6,6 4,6 4,4 Studenti a tempo pieno 36,7 35,8 38,8 39,4 35,8 Casalinghe 1,5 1 ,5 1 ,9 5,1 5,6
ni donne che rinunciano ad entrare nel mercato del lavoro. Al Sud, ma non nelle Isole, abbiamo anche il più alto tasso di permanenza nel sistema scolastico. In sostanza quindi l'articolazione territoriale del Paese vede una crescente divaricazione del mercato del lavoro nelle Isole maggiori rispetto al resto delle regioni meridionali e al Nord tra regioni occidentali e orientali. Nelle Isole, in particolare, i disoccupati sono più numerosi degli occupati, che rappresentano quindi una minoranza della popolazione attiva.
A loro volta, le differenze territoriali nella condizione professionale dei rispondenti influiscono sulla propensione a cercare lavoro, che è massima nelle Isole, dove più della metà dei giovani ha cercato attivamente lavoro negli ultimi tempi (50,1 %) , e nelle altre regioni del Sud (42,2%) , e diminuisce costantemente passando al Centro (37 ,4%) , nel Nord-Ovest (28,8%) e nel Nord-Est (22,6%) . In quest'ultima area, la proporzione di giovani con un impiego sicuro è quadrupla rispetto a quella dei giovani residenti nelle Isole; anche il divario tra Nord-
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Ovest e Sud continentale, seppur leggermente attenuato, rimane abissale: 34% contro 13,8%. Sulla base di queste differenze si possono meglio valutare le aspettative dei rispondenti di poter trovare lavoro nei prossimi cinque anni. In particolare chi si dichiara sicuro di ottenere un lavoro è rispettivamente il 5 ,6% nelle Isole e il 10,5% nel Sud continentale, contro il 16, 1 % nel Nord-Est e il 14,6% nel Nord-Ovest (le regioni del Centro rispecchiano la media nazionale) . Gli incerti sono rispettivamente il 26, 1% e il 24% al Sud e nelle Isole, contro il 18,2% e il 2 1 % nel Nord-Est e nel Nord-Ovest. Inversamente, tra quanti hanno già un lavoro, considerano la propria occupazione come soltanto provvisoria rispettivamente il 3 9,7 % dei residenti nel Nord-Est, il 42,6% nel NordOvest, il 5 1 ,2 % nel Centro, il 55,8% nel Sud e addirittura il 6 1 ,2 % nelle Isole.
In sintonia con i dati ISTAT, anche i risultati dell'indagine IARD mostrano che nell'ultimo quadriennio sono aumentate le diseguaglianze territoriali riguardanti la condizione professionale dei giovani. In particolare, a fronte di un riequilibrio della percentuale di giovani in cerca di prima occupazione, i giovani che hanno perso un precedente lavoro aumentano più al Sud che al Nord e, sempre al Sud, un maggiore aumento degli studenti è controbilanciato da una più accentuata contrazione degli occupati.
Dal punto di vista delle condizioni contrattuali (tab. 3 .4) , mentre nel Nord-Est soltanto il 3 ,5 % degli occupati dichiara di essere assunto senza un contratto regolare ( 10,7 % nel Nord-Ovest e 12,8% al Centro), la stessa percentuale sale al 26,3 % nelle Isole e raggiunge il 3 1 ,8% nelle altre regioni del Sud. Quindi, per ogni . giovane occupato senza un contratto di lavoro regolare nel Nord-Est, abbiamo oltre nove giovani nel Sud continentale. La tabella 3 .4 mostra anche un diverso grado di disponibilità a dare risposte su questo aspetto.
Le differenze sopra citate possono in parte essere spiegate con le specificità territoriali della struttura occupazionale giovanile, che, per altro verso, evidenziano al
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TAB. 3.4. Condizioni contrattuali dei giovani occupati per area geografica (%)
Nord- Nord- Centro Sud Isole Totale Ovest Est
Non risponde 1 ,4 6,5 1 ,1 6,1 5,3 3 ,9 Contratto regolare 66,1 71 , 1 61 , 1 33 ,3 48,4 56,2 Senza contratto regolare 10,7 3 ,5 12,8 3 1 ,8 26,3 16,5 Occupazione autonoma 21 ,8 18,9 25,0 28,8 20,0 23,4 N= 1 .029
TAB. 3 .5 . Distribuzione percentuale delle occupazioni dei giovani per area geogra-fica (%)
Occupazioni Nord- Nord- Centro Sud Isole Totale Ovest Est
Liberi professionisti e imprenditori 2,1 3 ,0 7,5 1,6 2,2 3 , 1
Lavoratori autonomi 13,8 10,1 9,8 17,6 10,8 13 ,1 Impiegati direttivi,
di concetto e insegnanti 20,8 17,1 1 1 ,0 1 1 ,8 24,7 16,5 Impiegati esecutivi 19,8 20,1 23,7 13 ,3 24,7 19,3 Operai specializzati e
capi operai 14,1 19,6 12,7 6,7 7,5 12,5 Operai comuni 17,7 21 , 1 19,7 24,7 17,2 20,4 Apprendisti 4,9 2,5 6,4 10,2 1 , 1 5,7 Lavoranti a domicilio 0,4 0,5 0,6 3 ,5 4,3 1 ,6 Coadiuvanti 6,4 6,0 8,7 10,6 7,5 7,9 N = 1 .003
Sud anche una situazione di maggiore polarizzazione della struttura delle professioni tra occupazioni manuali, relativamente più dequalificate e precarie, e impiegatizie, relativamente più garantite che al Nord (tab. 3 .5 ) . Anche in questo caso occorre tuttavia sottolineare la presenza di una diversa struttura tra Isole e altre regioni meridionali. Mentre nelle prime abbiamo una preminenza relativa delle occupazioni impiegatizie' , nelle seconde prevale il lavo-
5 Si tratta di regioni a statuto speciale, in cui il peso della pubblica amministrazione locale gioca tradizionalmente un importante ruolo occupazionale.
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ro autonomo (con particolare riferimento alle attività della distribuzione commerciale) . li Meridione in generale si contrappone poi alle altre regioni per la scarsità di posti di lavoro riguardanti le occupazioni manuali specializzate, mentre il peso degli operai comuni non si discosta grandemente da quello delle altre aree. La situazione di maggiore precarietà delle occupazioni poco qualificate è sottolineata dalla maggiore presenza del lavoro a domicilio6, degli apprendisti e dei coadiuvanti. In sostanza nelle regioni meridionali emerge una maggiore contrapposizione tra lavoro manuale e lavoro non manuale, il primo tendenzialmente meno garantito e meno qualificato che al Nord, il secondo più garantito e più qualificato, a causa della maggiore presenza della pubblica amministrazione. Inoltre, per via del maggiore peso della distribuzione rispetto all'industria, il lavoro autonomo è tendenzialmente un lavoro non manuale, a differenza delle regioni del Nord, dove il giovane lavoratore indipendente si identifica più frequentemente con l'artigiano. Industria e artigianato occupano infatti il 46,2% della forza lavoro giovanile nelle regioni del Nord-Est, il 3 8,6% nelle regioni del Nord-Ovest, poco più del 30% sia al Centro che nelle regioni continentali del Meridione, soltanto il 19,3 % nelle Isole. In generale nelle regioni del Sud prevalgono gli impieghi nei servizi, in massima parte pubblici, nel commercio e nella pubblica amministrazione, mentre l'occupazione giovanile agricola supera ancora il 5 % .
Le differenze nel mercato del lavoro e nella struttura occupazionale sono anche alla base delle diseguaglianze di reddito da lavoro e della durata della prestazione lavorativa, come evidenziato nelle tabelle successive. I giovani occupati nelle regioni nord-orientali non solo guadagnano mediamente il 38% in più dei coetanei del Sud, ma godono di una condizione di maggiore eguaglianza, poi-
6 In questo gruppo abbiamo inserito anche un piccolo numero di collaboratrici familiari, concentrate esclusivamente nelle regioni meridionali.
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TAB. 3 .6. Retribuzioni medie nel mese precedente l'intervista (N = 833)
Area N. Indice Media in migliaia Dev. standard
Nord-Ovest 1 1 1 1 .526.470 674.071 Nord-Est 1 14 1 .559.180 610.601 Centro 95 1.308. 130 615.034 Sud 82 1 . 132.550 806.473 Isole 84 1 . 153.330 625.273 Totale nazionale 100 1 .373.270 701.327
ché la dispersione dei valori intorno alla media è inferiore. I giovani del Nord-Ovest percepiscono retribuzioni superiori alla media nazionale, ma inferiori a quelle dei colleghi residenti nelle regioni del Nord-Est (tab. 3 .6).
A sua volta la cresciuta debolezza dei giovani sul mercato del lavoro dei primi anni Novanta si riverbera in modo diverso a seconda dell'area geografica. Mentre i giovani del Nord-Est si giovano di incrementi medi retributivi superiori al 20% nominale tra 1992 e 1 996, nelle regioni del Nord-Ovest la dinamica retributiva è inferiore alla media. Anche nel Sud gli incrementi sono appena sotto la media, ma è nelle regioni del Centro che si assiste ad una stazionarietà dei livelli retributivi nell'arco dell'intero quadriennio. Si accentua quindi nel complesso la divaricazione salariale nelle diverse aree, soprattutto tra quelle del Nord (tab. 3 .7) . Inoltre, più in generale, si accentuano le diseguaglianze retributive per sesso, poiché le femmine, retribuite in misura inferiore rispetto ai maschi, non tengono il passo con l'incremento dei maschi. Le diseguaglianze di reddito per titolo di studio, invece, mostrano una migliore capacità di recupero dei diplomati e una caduta dei redditi reali, non solo dei giovani che non hanno terminato la scuola dell'obbligo, ma anche e soprattutto dei laureati.
Un altro parametro importante della qualità del lavoro è rappresentato dalla sua durata, cioè dall'orario di lavoro effettivamente praticato. Anche per quanto riguarda l'orario di lavoro effettivo, riferito alla settimana precedente l'intervista, emergono differenze significative a li-
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TAB. 3 .7 . Retribuzioni medie (in migliaia di lire) per gruppi rilevanti
1992 1996 Diff. %
Aree territoriali Nord-Ovest 1.378 1.526 10,7 Nord-Est 1.296 1.559 20,3 Centro 1 .300 1.308 0,6 Sud e Isole 1.003 1 . 138 13 ,4 Genere Maschi 1.361 1.55 1 14,0 Femmine 1 .053 1 . 147 8,9 Titolo di studio Elementare 970 996 2 ,3 Media inferiore 1 . 175 1 .347 14,6 Diploma 1 .256 1.472 17,2 Laurea 1.444 1 .451 0,5
Media generale 1.223 1.373 12,3
vello territoriale, in parte indotte dalla composizione settoriale delle attività economiche e in parte dalla relativa debolezza contrattuale in cui si trovano i giovani del Sud. I dati della tabella 3 .8 mostrano infatti: a) un consistente aumento dell'orario ridotto (inferiore a 35 ore) scendendo dal Nord al Sud; b) un maggior peso relativo dell'orario a tempo pieno nella versione corta (tra 35 e 39 ore), rispettivamente nel Nord-Ovest, a causa della crisi economica, e nelle Isole, a causa del peso giocato dal pubblico impiego; c) un maggior peso dell'orario a tempo pieno lungo (tra 40 e 44 ore) al Nord e soprattutto nelle regioni del Nord-Est, dove la produzione industriale tiene maggiormente; d) di nuovo, un aumento del peso degli orari lunghi (oltre le 45 ore) man mano che si va verso Sud (ad eccezione delle Isole), a testimonianza della debolezza contrattuale della forza lavoro giovanile?. È inte-
7 Se confrontiamo lo stesso tipo di informazione fornita dall'indagine trimestrale ISTAT sulle forze di lavoro, osserviamo che le differenze tra i valori medi delle durate di lavoro effettivo settimanale nel gennaio 1995 sono sostanzialmente in linea con quelli raggruppati per classi dell'indagine IARD di un anno dopo. Inoltre le differenze del-
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T AB. 3 .8. Orario di lavoro settimanale dei giovani occupati per area geografica
Ore di lavoro Nord- Nord- Centro Sud Isole Totale Ovest Est
Meno di 10 2,5 3 , 1 6,8 6,4 8,7 4,9 Da 10 a 34 17,1 15,4 18,1 21 ,6 23 ,9 18,7 35-39 17 ,l 1 1 ,3 12,4 9,6 17,4 13 ,3 40-44 38,9 44,6 3 1 ,6 23,6 23,9 33 ,5 45 e oltre 24,3 25,6 3 1 ,0 38,8 26,0 29,6 N = 994
ressante quindi notare come, nonostante la maggiore presenza del settore pubblico, che dovrebbe rappresentare un elemento di standardizzazione delle modalità della prestazione lavorativa al Sud, l'orario di lavoro sia qui soggetto a più forti variazioni intorno alla media.
3 . I comportamenti di offerta e di ricerca sul mercato
Poiché il peggioramento della congiuntura economica provoca, come abbiamo visto, non solo un aumento della disoccupazione, ma in generale anche un indebolimento della componente dell'offerta nel rapporto di lavoro, non deve stupire che, rispetto alla precedente edizione dell'indagine, anche il numero dei giovani occupati in cerca di lavoro sia sensibilmente aumentato. Complessivamente il 36,8% degli intervistati dichiara di cercare un lavoro contro il 28,8% della precedente edizione dell'indagine. Cercano perciò lavoro non solo i disoccupati e coloro che entrano nel mercato per la prima volta, ma anche molti occupati che aspirano in questo modo a migliorare le proprie condizioni. In particolare dichiarano di stare cercando lavoro il 60,8% dei lavoratori part-time, il 67 ,6% degli occupati precari e il 29, 1% degli occupati stabili.
l'orario di lavoro della componente giovanile rispetto al totale degli occupati non riguardano tanto la durata media quanto una maggiore variabilità dell'orario intorno alla media.
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TAB. 3 .9. Distribuzione delle modalità di ricerca di un lavoro (percentuali relative a coloro che stanno cercando un lavoro)
Modalità
Interessato amici e parenti Iscritto all'Ufficio di collocamento Partecipato a concorsi pubblici Fatto domande ad aziende Risposto ad inserzioni Presentato ad aziende, scuole Rivolto a persone influenti Rivolto a centri di orientamento Messo annunci su giornali Rivolto ad agenzie private di collocamento
1992
59,4 57,6 38,6 33,5 30,8 23,8 17,5 8,8 6,0
1996
7 1 ,0 61,2 39,8 38,3 41,6 21 ,5 19,7 10,2 9 ,1 4,5
Che non si tratti di mete dichiarazioni di princ1p10 ma di comportamenti attivi è dimostrato dai dati della tabella 3 .9, che segnalano un'aumentata frequenza di quasi tutte le modalità di ricerca del lavoro rispetto a quattro anni prima. L'unica modalità che vede un calo è rappresentata dalla presentazione diretta dell'interessato presso aziende e scuole. Benché sia ancora proibito dalla legge, una piccola percentuale ( 4 ,5 % ) afferma di essersi rivolto ad agenzie private di collocamento, che appaiono significativamente molto più attive nelle regioni del Nord-Est ( 12 ,2%) piuttosto che al Sud (2,2 %) e presentano valori vicini alla media per quanto riguarda il Nord-Ovest e il Centro8•
In una realtà del mercato del lavoro scarsamente presidiata da istituzioni preposte all'orientamento professionale, alla segnalazione di opportunità di lavoro e all'avvio occupazionale, come è invece tipico degli altri maggiori paesi europei, i dati riconfermano quindi che i giovani italiani continuano ad adottare strategie di ricerca tipicamente individualistiche. Dalla tabella 3 . l O emerge che più della metà degli occupati ottiene il primo lavoro attraverso i canali particolaristici dell'ambito familiare e
8 n confronto con il 1992 non è possibile, perché questa modalità non era presente nel questionario della precedente indagine IARD.
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TAB. 3 . 10. Modalità con cui ha trovato lavoro (%)
Modalità
Iscritto all'ufficio di collocamento Aiuto di genitori e parenti Aiuto di conoscenti e amici Contatti con aziende Partecipando a un concorso Rispondendo ad annunci T rami te l'aiuto della scuola Avviata un'attività in proprio Inserito nell'azienda familiare Accettata un'offerta di lavoro Altra modalità* N =
Prima occupazione
2,9 22,8 36,0 1 1 ,5 3 ,3 1 ,9 3,6 1 ,5 7,9 6,2 2,4
1 .234
Attuale occupazione
3 ,4 16,2 3 1 ,7 16,0 7,0 3 ,2 1 ,2 6,6 5,6 5,4 3 ,6
499
* Comprende: rivolgersi ad una persona influente, ad un'agenzia privata di collocamento, ad un centro di orientamento pubblico, altra modalità.
della cerchia degli amici e conoscenti. In particolare la famiglia rappresenta il canale risolutivo per trovare il primo lavoro nel 30,7% dei casi9, mentre gli amici e i conoscenti sono determinanti per un ulteriore 36,0% . La percentuale di coloro che si danno da fare da soli sul mercato con spirito di iniziativa rappresenta soltanto il 16,7 % per quanto riguarda l'ottenimento del primo lavoro10• La tabella 3 . l O mostra che le altre modalità di ottenimento del lavoro, tra cui quelle istituzionali, come iscriversi all'Ufficio di collocamento o rivolgersi ad un centro di orientamento, hanno una scarsissirna efficacia. Queste basse percentuali sono comunque differenziate per area geografica. Se nelle Isole infatti 1'8 , 1% trova lavoro attra-
9 Questa percentuale è composta a sua volta da un 22,8% di casi in cui il lavoro è procurato attraverso i genitori e i parenti e da un 7,9% di casi in cui il giovane si inserisce direttamente in una preesistente attività gestita in ambito familiare.
IO Questa percentuale è composta per 1' 1 1 ,5 % da coloro che prendono contatti con un'azienda (scrivendo lettere di presentazione, mettendo annunci sui giornali, visitando le aziende), per il 3,3% da coloro che hanno partecipato a un concorso e lo hanno vinto e per 1' 1 ,9% da coloro che rispondono ad annunci sui giornali.
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verso l'iscrizione all'ufficio di collocamento, la percentuale scende al di sotto del 2% nel Centro e nel Meridione continentale. La scuola svolge un ruolo di avviamento al primo lavoro soprattutto al Nord, ma non supera il 7% dei casi. Nel Nord-Est ha maggiore peso la visita diretta delle aziende, a riprova della persistente capacità della piccola impresa di assorbire lavoro giovanile. Infine, soltanto il 6,0% dei rispondenti dichiara di avere ottenuto il primo lavoro aspettando che gli venisse offerto.
Per quanto riguarda l' ottenimento dell'attuale lavoro, che per molti rappresenta una ulteriore esperienza dopo quella della prima occupazione, si osserva una cresciuta capacità di muoversi autonomamente sul merca.to del lavoro, forti di un curriculum e di un'esperienza lavorativa pregressa. Diminuiscono infatti le percentuali relative all'intervento dei parenti o degli amici e conoscenti e all'inserimento nell'azienda familiare, a favore dei contatti diretti con le aziende, della partecipazione a concorsi, della risposta ad annunci e dell'esperienza di mettersi in proprio.
Questa diminuzione non scende comunque al di sotto del 55 % a riprova che anche in Italia, come negli Stati Uniti1 1 e in Gran Bretagna12 , il rapporto di lavoro, implicando relazioni di fiducia e affidabilità reciproche, è fortemente influenzato da fattori particolaristici o addirittura idiosincratici. Se è vero che le reti di parentela e di amicizia in cui i giovani si collocano rimangono quindi fondamentali - e non solo in Italia - è anche vero che gli studi disponibili hanno mostrato notevoli specificità delle reti di job seeking, sia riguardo alla loro forma ed estensione, sia riguardo alle caratteristiche delle persone coinvolte.
Per approfondire questo aspetto abbiamo riaggregato le diverse modalità di ricerca del lavoro in tre categorie omogenee. Seguendo le indicazioni terminologiche di Granovetter, abbiamo chiamato le prime due rispettiva-
I l Cfr. Granovetter [1974]. 12 Cfr. Grieco [1987] .
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T AB. 3 . 1 1 . Modalità con cui il giovane ha trovato lavoro, per area geografica (%)
Modalità Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole Totale
Legami forti 30,1 3 1 ,2 27,4 36,6 23,0 30,7 Legami deboli 35,1 35,0 44,3 40,4 43,0 38,9 Da solo 34,8 33 ,8 28,3 22,9 34,1 30,4 N = 1 .234
mente «legami forti», quando l'intervistato trova lavoro mediante l'intervento di familiari e parenti, e «legami deboli», quando il giovane si rivolge con successo ad amici e conoscenti. Una terza modalità, di carattere residuale, raggruppa le strategie di tipo individuale, sia istituzionali (come presentarsi ad un concorso o iscriversi all'ufficio di collocamento) , sia informali (scrivere lettere di offerta o rispondere ad inserzioni) . A ben vedere anche questa terza modalità, che chiamiamo «individualistica», può giovarsi di reti informative tra parenti e amici, ma il successo nel trovare lavoro dipende essenzialmente dall'iniziativa individuale e anonima del giovane che si muove da solo sul mercato, confidando su criteri e contatti di tipo impersonale. In questo senso la terza modalità è contrapposta alle prime due, che rappresentano varianti di una modalità particolaristica e fiduciaria.
Se guardiamo ai dati, occorre subito sottolineare una differenza strutturale tra Nord e Sud. Al Nord (sia nelle regioni occidentali che in quelle orientali, che da questo punto di vista appaiono molto simili) le tre modalità suddividono il campione in tre parti grosso modo equivalenti, mentre al Centro e al Sud prevalgono relativamente i legami deboli. Più specificamente (tab. 3 . 1 1 ) si osserva che i legami familiari sono importanti nel Sud continentale, ma non nelle Isole, i legami deboli sono in ogni regione i più importanti, ma la percentuale più elevata viene raggiunta nelle regioni centrali, immediatamente seguite dalle Isole. All'inverso, le modalità individualistiche di ricerca del lavoro sono maggiori sia al Nord che nelle Isole, poiché nel primo caso la domanda è più attiva nell'attrarre forza la-
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voro e nel secondo caso il peso del settore pubblico e dei meccanismi istituzionali è maggiore. Occorre infatti sottolineare la diversità istituzionale delle regioni a statuto speciale, rispetto a quelle ordinarie, e le conseguenze derivanti alla struttura occupazionale e alle politiche del lavoro.
I dati mostrano in generale che all'aumento del titolo di studio diminuisce il ruolo dei legami familiari, a favore di strategie individualistiche, mentre il ruolo dei legami deboli rimane costante. Lo stesso effetto si ottiene disaggregando il campione per classi di età: all'aumento di questa diminuisce l'influsso della famiglia e dei parenti (che è ovviamente massimo tra gli intervistati minorenni, i quali ottengono il lavoro per il 60% dei casi attraverso i legami forti) e aumenta la capacità di muoversi autonomamente sul mercato, ma il ruolo giocato dai legami deboli rimane sostanzialmente costante.
Interessante è l'influenza della classe sociale di origine dell'intervistato sulle modalità di ricerca del lavoro. I legami forti sono praticati con maggior frequenza nelle classi in cui la proprietà familiare è più direttamente legata all'esercizio di una professione, cioè tra i figli della piccola borghesia autonoma (commercianti e artigiani) e, in minor misura, all'interno della classe superiore (imprenditori, liberi professionisti, dirigenti) . I legami deboli sono tipici dei colletti bianchi e dei figli di lavoratori manuali. Le strategie individualistiche sono maggiormente praticate tra i figli dei colletti bianchi e della classe superiore.
Infine, abbastanza sorprendentemente, le femmine occupate, rispetto ai maschi, fanno meno ricorso ai legami forti e utilizzano in maggiore proporzione sia i legami deboli che le strategie individualistiche sul mercato del lavoro.
li recente dibattito sugli squilibri occupazionali a livello territoriale ha alimentato la diffusa opinione che la disoccupazione giovanile potrebbe essere efficacemente combattuta se i giovani fossero meglio disposti a dirigersi dalle zone a forte disoccupazione verso quelle dove le imprese fanno fatica a trovare manodopera disposta a lavorare. In questa ottica, in sostanza, si propone la riatti-
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vazione dei flussi migratori, che negli anni Sessanta contribuirono effettivamente ad alleviare la disoccupazione strutturale non solo del Sud, ma anche del Nord-Est. Proposte di questo genere vengono anche utilizzate per illuminare un apparente paradosso: l'aumento della disoccupazione giovanile, a cominciare dagli anni Ottanta, si accompagna con una crescente importazione di manodopera dall'estero. Da questa constatazione viene alimentato il non mai sopito sospetto che i giovani di oggi non vogliano in realtà impegnarsi dawero a lavorare sodo, che disdegnino i lavori pesanti, che i loro padri hanno accettato, contribuendo a sviluppare il benessere di cui essi ora si giovano.
Per spiegare il paradosso occorre analizzare la variazione della composizione interna dei disoccupati. Non tutti infatti sono disoccupati allo stesso modo, perché sono condizionati in modo diverso dalla mancanza di lavoro, e non tutti interpretano la propensione al lavoro come alternativa secca tra lavorare a tempo pieno o non lavorare. In sostanza la disoccupazione presenta livelli di gravità differenti, ma è soltanto la disoccupazione grave che spinge ad affrontare i disagi della mobilità territoriale. Tra i disoccupati è possibile distinguere, in ordine decrescente .di gravità: coloro che cercano perché hanno perso un lavoro precedente, coloro che vogliono entrare nel mercato e cercano un lavoro per la prima volta, coloro che non cercano, ma sarebbero disponibili a lavorare soltanto a certe condizioni. Come abbiamo visto in precedenza, queste tre categorie non esauriscono la tipologia di coloro che cercano lavoro, poiché una quota rilevante è rappresentata da occupati che cercano un lavoro diverso da quello attuale, perché vogliono migliorare la loro condizione.
Negli anni Cinquanta la disoccupazione era in gran parte costituita da maschi adulti che avevano perso il lavoro13, quindi da persone disposte ad accettare qual un-
13 Questa sola componente raggiunge nel 1956 il 48,6% del totale della disoccupazione ufficiale.
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que lavoro desse loro la possibilità di mantenere la famiglia. Questa quota di disoccupazione grave era ulteriormente appesantita da una percentuale che oscillava intorno al 20-30% di sottoccupati, che per lo stesso motivo cercavano un lavoro costante14 . Negli anni Ottanta, al contrario, la disoccupazione è in gran parte costituita da una componente leggera, formata da giovani in cerca di primo impiego, che continuano cioè ad essere sostentati dalla famiglia di origine, e da casalinghe e studenti che non sono disponibili per qualsiasi lavoro e quindi hanno maggiori margini di scelta e possono attendere una occasione soddisfacente, perché il nucleo familiare di convivenza gode in genere di altri redditi da lavoro o da pensione15. Questo spiega perché la quota della disoccupazione grave scende fino al 6,3 % del totale delle persone in cerca di lavoro nel 1981 e rimane su valori inferiori al 10% negli anni successivi (che pure sono caratterizzati da grandi ristrutturazioni che modificano la struttura delle occupazioni industriali) , anche per effetto dell'esclusione dei lavoratori in CIGS, considerati formalmente occupati, anche se di fatto hanno perso il posto di lavoro16.
Una attenta lettura dei dati dell'indagine IARD ci permette di interpretare l'apparente indisponibilità dei giovani a trasferirsi stabilmente per lavoro. La tabella 3 . 12 mostra innanzitutto che la disponibilità media dell'intero campione a trasferirsi stabilmente per lavoro in una altro comune per migliorare la propria situazione riguarda il 57,9% dei casi e aumenta soltanto leggermente rispetto alla precedente edizione dell'indagine (56,9%) , nonostante il forte deterioramento delle condizioni occupazionali. Diminuiscono invece sensibilmente gli indisponibili (che passano dal 29,3 % al 20,0%) a favore di una maggiore quota di indecisi, coloro cioè che si riservano di rispon-
14 Cfr. Braghin [1978] . 15 Cfr. Accornero e Carmignani [1986] . 16 Reyneri [ 1996] calcola che l'area della disoccupazione grave
sarebbe stata superiore anche di due terzi nel 1984, considerando i lavoratori in Crcs come disoccupati.
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TAB. 3 . 12 . Disponibilità a trasferirsi in altro comune per migliorare la propria situazione in caso di offerta di lavoro (%)
Disposto Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole Totale
Sì 5 1,4 51 ,4 56,7 66,9 58,7 57,9 No 19,1 23,6 22,7 18,0 18,5 20,0 Dipende 29,4 25,1 20,6 15,1 22,9 22,1
dere in un senso o nell'altro sulla base di considerazioni comparate riguardanti i costi e i benefici di un eventuale trasferimento. La tabella mostra anche una ovvia maggiore disponibilità al Sud e nelle Isole, mentre i giovani delle regioni nord-orientali e del Centro sono meno disponibili.
In particolare, la disponibilità generica dei giovani del Sud a trasferirsi al Nord è quasi doppia di quella dei giovani del Nord a trasferirsi al Sud (60,9% contro 3 1 ,8%) . Tra i giovani del Nord i meno disponibili sono quelli che vivono nelle regioni orientali rispetto ai coetanei del Nord-Ovest (disponibilità a trasferirsi al Sud 25 ,8% contro 3 1 ,8% e al Centro 4 1 , 1% contro 46,0%) , mentre tra i giovani del Sud coloro che vivono nelle Isole hanno una leggera minore predisposizione alla mobilità di lungo raggio (4 punti percentuali in meno rispetto ai giovani del continente) .
Sarebbe tuttavia errato interpretare queste dichiarazioni come dettate da elementi culturali inscritti nelle regioni di origine, come se esistessero diverse propensioni per giovani residenti a diversi gradi di latitudine. Infatti, controllando la condizione professionale del rispondente, le differenze geografiche si annullano: le risposte di uno studente, di un giovane che ha perso il lavoro o di chi cerca il suo primo impiego non presentano differenze statisticamente significative tra le aree territoriali prese in considerazione. n problema della propensione alla mobilità geografica deve essere quindi affrontato con riferimento ad una più vasta gamma di variabili.
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T AB. 3 . 13 . Propensione alla mobilità misurata su una scala di sette punti, per sottogruppi rilevanti
Popolazione rilevante Punteggio medio Deviazione standard
T o tale campione 3 ,40 2,54
Condizione professionale Occupati a tempo pieno 2,85 3 ,53 Occupati a part-time 2,50 2,55 Occupati a tempo determinato 3 ,28 2,47 Occupati indipendenti 3 ,01 2,72 Disoccupati 3 , 19 2,52 In cerca di prima occupazione 3 ,34 2,32 Casalinghe 1,35 1 ,92 Studenti 3 ,87 2 ,41 Studenti lavoratori 4,24 2,52 Titolo di studio Obbligo 2,58 2,45 Secondaria superiore 3,25 2,50 Università 4,25 2,41 Genere Maschio 3 ,69 2,55 Femmina 3 ,04 2,48 Condizione familiare Vive in famiglia di origine 3 ,60 2,49 Vive con partner 1 ,98 2,27
Ha figli 1 ,91 2,33 Non ha figli 3 ,5 1 2,51
La tabella 3 . 13 misura l'intensità della propensione a trasferirsi, tenendo conto grosso modo anche della distanza dal luogo di residenza. In particolare un punteggio di 7 punti significa che il rispondente è disposto non solo a trasferirsi stabilmente fuori della sua regione di residenza, ma anche in qualsiasi altra regione del Paese e in qualsiasi altra nazione del pianeta. Al contrario un punteggio di O significa che l'intervistato non è disposto a trasferirsi. Le casalinghe, i lavoratori part-time (che sono in gran parte donne) e gli occupati stabili a tempo pieno risultano nell'ordine i meno propensi a spostarsi e quando dichiarano di essere disponibili preferiscono la mobilità a medio raggio. All'opposto gli studenti, soprattutto gli studenti lavoratori, dichiarano di essere molto più dispo-
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nibili anche per spostamenti all'estero. La propensione dei disoccupati, dei giovani in cerca di prima occupazione e degli occupati precari segna punteggi intermedi, comunque lievemente inferiori alla media generale.
Per capire questa minore propensione di chi è in condizioni che indurrebbero in apparenza ad una maggiore disponibilità, occorre aggiungere che la propensione aumenta con l'aumentare del titolo di studio e che la condizione femminile, la situazione di convivenza e il fatto di avere figli comportano un abbassamento significativo della propensione.
Il livello di reddito da lavoro non risulta invece correlato con la propensione alla mobilità. Si può quindi concludere che l'idea di spostare la propria residenza non è legata al bisogno materiale, come era negli anni Sessanta per molti giovani del Sud che emigravano al Nord, ma piuttosto alle aspettative di miglioramento di chi ritiene di avere più opportunità ed è meno condizionato dall' assunzione di vincoli familiari, cioè gli studenti maschi più istruiti che vivono ancora nella famiglia di origine.
Per quanto riguarda specificamente i giovani del Sud, si può affermare in generale che il relativo benessere economico raggiunto dalle famiglie, grazie alla diffusione di meccanismi pubblici di sostegno del reddito, ha affrancato spesso dal bisogno materiale immediato e, permettendo l'accesso all'istruzione, ha aumentato le aspettative riguardanti i requisiti minimi di accettazione di un lavoro. Più specificamente, la persistente elevatissima percentuale di disoccupazione femminile è spiegabile con il fatto che il salario individuale non è più l'unica determinante del benessere economico familiare e, di contro, l'allontanamento dal nucleo di convivenza significherebbe rinunciare, anche per gli altri membri familiari, a quelle economie interne ad esso, che il ruolo femminile continua ad assicurare attraverso il lavoro domestico.
Queste condizioni rappresentano perciò un efficace deterrente alla riattivazione dei flussi migratori, e funzionano anche nei confronti della componente centrale del mercato: i maschi che hanno perso il lavoro. Questi, se
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anche volessero spostarsi al Nord, dove vengono sempre più spesso richieste occupazioni manuali nelle piccole imprese, non potrebbero più giovarsi oggi di quei facili e visibili canali di reclutamento anonimo e di massa che negli anni Sessanta portavano alle grandi imprese17, ma, come abbiamo già illustrato, avrebbero a che fare con reti locali, basate su requisiti di conoscenza e su legami di fiducia personale, quindi difficilmente percorribili senza adeguati ausili istituzionali. Si tratta di quei canali informali su cui invece i giovani del Nord-Est possono fare conto e che li inducono quindi ad una bassa disponibilità a trasferirsi altrove per cercare lavoro. Questo spiega perché l'aumento della disoccupazione grave, che pure emerge anche nel nostro campione di giovani, e non solo nei dati della trimestrale ISTAT a cominciare dai primi anni Novanta, non ha finora ripristinato corrispondenti flussi di mobilità territoriale, benché i livelli assoluti del fenomeno si avvicinino a quelli dei primi anni Sessanta.
4. La concezione del lavoro e i livelli di soddisfazione
Nella passata edizione dell'indagine abbiamo sottolineato il modesto ma costante calo della proporzione di giovani che considera il lavoro «una cosa molto importante della vita»18 e avevamo ipotizzato due interpretazioni alternative. La prima ipotesi coerentemente legata alle interpretazioni post-materialistiche della cultura giovanile dava una spiegazione di lungo periodo della progressiva perdita di importanza relativa del lavoro nella scala dei valori19. La seconda ipotesi, che vedevamo con più favore, era di tipo congiunturale, e suggeriva una dipendenza dell'importanza soggettiva del lavoro dall'andamento ci-
17 Cfr. Accomero e Carmignani [1986] . 18 Per il sottocampione di coloro che hanno fino a 25 anni, com
parabile su tutte le edizioni dell'indagine, la percentuale scende progressivamente dal 67,7% nel 1983 al 60,2% nel 1992.
19 Cfr. Inglehart [ 1983] .
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TAB. 3 . 14. Livello di soddisfazione del lavoro per area geografica di residenza (%)
Livello di soddisfazione Nord- Nord- Centro Sud Isole Totale Ovest Est
Molto soddisfatto 27,7 3 6,8 30,6 27,3 16,8 28,9 Abbastanza soddisfatto 53,3 5 1 ,2 44,4 40,9 45,3 47,4 Poco soddisfatto 12,1 8,0 13,9 18,6 20,0 14,0 Per niente soddisfatto 5,2 3 ,6 8,9 1 1 ,0 10,5 7,5 Non so 1,7 0,5 2 ,2 2,3 7,4 2,2 N = 1 .029
dico delle condizioni occupazionali giovanili. Coerentemente con questa seconda ipotesi, la rilevazione del 1996 vede per la prima volta un modesto aumento della percentuale di giovani che attribuiscono molta importanza al lavoro, che dal valore minimo del 60,2 % di quattro anni prima risale al 62,5 %. Questa ripresa del valore non deve perciò essere interpretata come l'inversione di una tendenza, dovuta alla riscoperta della centralità del lavoro nella scala di valori, ma piuttosto può essere spiegata in modo contingente con il maggior peso relativo esercitato nel campione del 1996 dai disoccupati e dai lavoratori precari, che normalmente dichiarano per il lavoro apprezzamenti superiori alla media complessiva.
Anche i giovani occupati probabilmente percepiscono il mutato clima del mercato del lavoro e, considerandosi in qualche modo privilegiati, esprimono più alti livelli di soddisfazione del lavoro rispetto al campione di quattro anni prima. In particolare i molto soddisfatti salgono dal 24,8% al 28,9% . Anche gli insoddisfatti aumentano di poco, passando dal 7,0% al 7 ,5% , a scapito di coloro che esprimono giudizi più sfumati. In sostanza quindi i giovani del 1996 esprimono giudizi mediamente più radicalizzati. T ali cambiamenti di opinione sono pertanto più verosimilmente collegati con le trasformazioni delle condizioni del mercato e del mondo del lavoro giovanile, piuttosto che con improbabili tendenze culturali emergenti.
79
La diseguale distribuzione territoriale del lavoro disponibile e l'aumento della sua precarietà si riflettono quindi sui livelli di soddisfazione del lavoro (tab. 3 . 14 ) . Conseguentemente, i più soddisfatti sono i giovani del Nord-Est, seguiti da quelli del Centro, i meno soddisfatti sono quelli del Sud e delle Isole. Ancora una volta occorre sottolineare la diversità tra i due Nord (la percentuale di molto soddisfatti del Nord-Ovest non si discosta sostanzialmente da quella del Sud) , e tra i due Sud, che vedono le Isole in situazione assai peggiore rispetto al Meridione continentale20.
Mentre non si registrano differenze nelle valutazioni per sesso e per età, il titolo di studio è significativamente e positivamente correlato con il livello di soddisfazione. In particolare la percentuale di giovani che dichiarano di essere molto soddisfatti del proprio lavoro è esattamente il doppio tra i laureati, rispetto a coloro che non hanno terminato la scuola dell'obbligo. Ovviamente la proporzione di soddisfatti presenta grandi differenze per tipo di occupazione. I più soddisfatti sono i lavoratori autonomi, con una percentuale quasi tripla rispetto ai dipendenti non qualificati (rispettivamente 44,3 % contro 16,6% degli operai comuni). Seguono gli impiegati di concetto (34,5%) . È da notare anche una alta percentuale di soddisfatti tra gli apprendisti (3 1 ,6%) e i coadiuvanti familiari (27,8%) , ma non tra i lavoratori a domicilio ( 18,8%) . Tra coloro che hanno un rapporto di lavoro regolare i molto soddisfatti sono quasi il doppio di quelli che lavorano senza un contratto regolare e chi lavora più a lungo dichiara livelli di soddisfazione più elevati (ma anche i part-timers sono più soddisfatti della media generale) .
Se è vero che i giovani si dichiarano più soddisfatti se svolgono un lavoro autonomo piuttosto che alle dipendenze, intellettuale piuttosto che manuale, qualificato piuttosto che dequalificato, ci si può domandare più in
20 Nelle Isole è più alta anche la percentuale di intervistati che non sa dare un'opinione sul proprio lavoro.
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T AB. 3 . 15 . L'aspetto più importante del lavoro in generale (%)
Lo stipendio, il reddito Le condizioni di lavoro (ambiente di lavoro, tempi di trasporto,
ecc.) Buoni rapporti con i compagni di lavoro Buoni rapporti con i superiori, i capi La possibilità di migliorare (reddito e tipo di lavoro) La possibilità di imparare cose nuove ed esprimere le proprie
capacità L'orario di lavoro La possibilità di viaggiare molto
1992 1996
19,8 32,3
14,0 13 ,8 9,6 9,7 3 ,3 3 ,5
14,8 13 ,4
32,1 23,6 1 ,9 1 ,4 3 , 1 2,3
generale quali sono le dimensioni più apprezzate sia riguardo al contenuto, sia riguardo al rapporto. La tabella 3 . 15 mostra quali aspetti del lavoro in generale vengono considerati più importanti dai giovani intervistati21 • n confronto con gli analoghi dati di quattro anni prima segnala un unico apprezzabile cambiamento: l'aumento consistente di importanza attribuita alla retribuzione, cui corrisponde una perdita di attenzione verso la dimensione formativa e realizzativa del lavoro, cioè specificamente «la possibilità di imparare cose nuove ed esprimere le proprie capacità». Possiamo attribuire anche questo cambiamento alla crisi economica, al mutato clima del mercato del lavoro e alla maggiore difficoltà di trovare un posto, rispetto all'inizio degli anni Novanta22• Analogamente, rispetto al 1992, la proporzione di giovani disposti a scambiare meno retribuzione in cambio di meno ore di
2 1 La domanda è stata rivolta a tutti, compresi gli inattivi, e riguarda quindi l'immagine che il giovane ha del lavoro in generale, non necessariamente della propria occupazione.
22 Purtroppo la batteria di domande riguardante otto diverse dimensioni rilevanti del lavoro non prevede una dimensione che in molte altre ricerche viene citata al primo posto in ordine di importanza: la sicurezza del posto di lavoro [Chiesi 1989; lReR 1993] . Se fosse stata introdotta questa ulteriore dimensione, il ragionamento qui sviluppato risulterebbe ancora più immediatamente evidente.
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lavoro scende dal 24, 1 % al 16,7 %, mentre aumentano di contro i giovani che preferirebbero lavorare più a lungo per poter avere più soldi a disposizione. Owiamente questa propensione a lavorare più ore in cambio di un maggiore reddito è più marcata al Sud e nelle Isole e minore nel Nord-Est, dove rimane comunque maggioritaria.
Benché sia evidente un effetto alone per cui chi è soddisfatto della vita in generale tende ad esprimere alti livelli di soddisfazione anche per il lavoro (se occupato) , è interessante notare che il grado di soddisfazione per la vita è inversamente correlato con il livello di istruzione, all'opposto di quanto awiene per il grado di soddisfazione del lavoro. In sostanza quindi i giovani più scolarizzati tendono ad essere relativamente più soddisfatti del lavoro che della vita in generale e viceversa i meno scolarizzati. Questa constatazione è congruente con il fatto che gli scolarizzati concepiscono il lavoro più frequentemente in termini realizzativi, mentre i meno scolarizzati condividono maggiormente due distinte visioni, una relazionale, attenta alla qualità dei rapporti interpersonali sul luogo di lavoro, l'altra strumentale, attenta all'elemento retributivo. Dall'interpretazione dei dati della tabella 3 . 16 emerge infatti che l'attenzione per la retribuzione e per le condizioni materiali di lavoro (elementi strumentali) diventa progressivamente meno frequente al crescere del livello di scolarizzazione e al contrario raddoppia la proporzione di coloro che mettono al primo posto <da possibilità di imparare cose nuove ed esprimere le proprie capacità». Inoltre, benché le percentuali siano assai più basse, è tra i rispondenti con minor livello di istruzione che troviamo una più alta valutazione delle dimensioni relazionali del lavoro (buoni rapporti con i compagni di lavoro e buoni rapporti con i superiori, i capi) . Infine, al di fuori della tripartizione motivazionale, i più scolarizzati considerano relativamente più importante anche la possibilità di carriera (la possibilità di migliorare reddito e tipo di lavoro) e sono quindi più disposti ad accettare oggi occupazioni di qualità scadente e condizioni reddituali insoddisfacenti, in vista di possibili miglioramenti futuri. Chi ha un ti-
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TAB. 3 . 16. L'aspetto più importante del lavoro per titolo di studio (%)
Obbligo Superiori Università Totale
Lo stipendio, il reddito 40,5 33,0 23 ,7 32,3 Le condizioni di lavoro 1 1 ,0 14,0 16,1 13,8 Buoni rapporti con colleghi 13 ,1 9,7 6,6 9,7 Buoni rapporti con superiori 7,0 3 ,3 1 ,0 3 ,5 Possibilità di migliorare 1 1 ,3 12,7 16,5 13,4 Possibilità di imparare cose nuove 14,3 22,7 33,2 23 ,6 L'orario di lavoro e la possibilità
di viaggiare 2,8 4,6 2,8 3 ,7
tolo di studio elevato, in sostanza, tende ad avere una visione di più lungo periodo delle strategie di offerta sul mercato del lavoro e si rende conto realisticamente che, soprattutto in tempi di crisi, è più facile ottenere un lavoro soddisfacente partendo da una posizione meno pregiata, che però rappresenta una prima occasione per entrare nel mercato. Al contrario i meno scolarizzati temono di rimanere intrappolati fin dall'inizio nel segmento delle occupazioni dequalificate e poco remunerate.
5 . Opzioni e preferenze per diverse modalità di lavoro
Rispetto agli altri maggiori paesi europei, la struttura occupazionale italiana conserva una specificità costante, rappresentata dal maggiore peso percentuale esercitato dal lavoro indipendente sul totale dei posti di lavoro23 • Lo sviluppo economico italiano, guidato dalla piccola impresa familiare, ha rappresentato inoltre un'eccezione rispetto all'andamento tipico dei maggiori paesi industrializzati, che ha regolarmente visto una diminuzione del
23 I dati EUROSTAT [ 1995] riferiti alla Labour Force Survey del 1993 ci informano che la percentuale di lavoratori indipendenti raggiunge in Italia il 24% contro una media dei dodici paesi dell'Unione Europea di 14,9%, con punte più basse della Germania e della Francia rispettivamente dell'8,9% e dell ' 11 ,8%.
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peso del lavoro autonomo al progredire dell'industrializzazione. Nella precedente edizione dell'indagine IARD avevamo sottolineato come questa caratteristica strutturale fosse accompagnata anche da specifiche preferenze dei giovani per il rapporto di lavoro indipendente. Questa aspirazione rimane maggioritaria anche nell'edizione del 1996, ma risulta sensibilmente ridimensionata (passa dal 58,8 al 53 ,3 % ) , soprattutto a causa dell'aumento di coloro che non hanno idee chiare e preferiscono quindi non pronunciarsi. Anche questa variazione è a nostro avviso collegabile alle mutate condizioni del mercato del lavoro. I giovani infatti, pur apprezzando i vantaggi del lavoro autonomo, in termini di libertà di azione, possibilità di realizzazione personale, potenzialità di guadagno, ne percepiscono anche i maggiori rischi in condizioni economiche di crisi. Nel rispondere a questa domanda le femmine, non solo sono più incerte, ma rimangono relativamente più attratte dal lavoro dipendente. Allo stesso modo la propensione in oggetto diminuisce significativamente tra i giovani sposati e soprattutto tra coloro che hanno figli. Inoltre, poiché la propensione scende con l'età e rimane stabile all'aumentare del titolo di studio, nonostante i più scolarizzati si trovino in teoria avvantaggiati nell'intraprendere un lavoro autonomo, è anche evidente che l'acquisizione di un maggiore senso critico e di una maggiore esperienza da parte dell'intervistato provoca atteggiamenti più realistici e ponderati. Se è vero che i rispondenti con basso titolo di studio preferirebbero relativamente un lavoro alle dipendenze, anche se la preferenza per il lavoro autonomo rimane maggioritaria, al crescere del titolo di studio aumenta piuttosto la percentuale di incerti, che non prendono posizione.
Mentre la preferenza per il lavoro autonomo, come diverse altre opinioni sul lavoro, non presenta variazioni significative per area geografica di residenza, rimane invece influenzata dalla condizione professionale del genitore: se il padre ha già esperienza di lavoro autonomo, i giovani sono più propensi a seguire le tradizioni di famiglia. Più in generale, se è vero che la preparazione scolastica
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viene in gran parte considerata poco o per niente utile allo svolgimento dell'attuale attività lavorativa, è anche vero che il titolo di studio condiziona significativamente il livello di aspirazione professionale e di carriera dell'intervistato24 .
Un altro importante aspetto della concezione e delle aspirazioni che i giovani nutrono riguardo al lavoro emerge dalle risposte sulla disponibilità a lavorare uno o due anni con stipendio ridotto per fare esperienza pratica e imparare bene un nuovo lavoro o per migliorare la preparazione o l'esperienza già acquisita. La maggioranza degli intervistati si dichiara disponibile (63 ,7 %), ma la disponibilità cresce ulteriormente con il titolo di studio, si riduce con l'età e con la presenza di impegni familiari, vede una migliore accoglienza tra le femmine che tra i maschi e tra chi si dichiara insoddisfatto dell'attuale lavoro.
Sia per quanto riguarda la propensione a lavorare a stipendio ridotto, sia per quanto riguarda la preferenza per il lavoro autonomo, le differenze di atteggiamento per area geografica non sono statisticamente significative, se si controlla per esempio l'origine sociale o il titolo di studio del rispondente. Viene in sostanza riconfermata l'ipotesi generale emersa nella precedente edizione dell'indagine, che cioè le differenze di atteggiamento a livello territoriale non sono originate da diverse culture del lavoro, ma sono piuttosto dettate dalle differenti condizioni del mercato con cui i giovani intervistati devono misurarsi. In sostanza i giovani guardano al mondo del lavoro con preoccupazione e realismo e adottano strategie di ricerca tutto sommato razionali in un contesto che premia comportamenti particolaristici. Chi ha già un la-
24 n 52,8% dà un giudizio insufficiente sull'utilità della prepara· zione scolastica per il lavoro: il giudizio è condiviso senza grandi differenze a livello territoriale. A dimostrazione del fatto che anche la preparazione professionale dei giovani non influisce grandemente sull' efficienza del mercato del lavoro, si può citare che la più alta frequenza di corsi di formazione professionale è concentrata grosso modo in egual misura sia nelle Isole, sia nelle regioni del Nord-Est.
85
varo non rinuncia spesso ad un atteggiamento di ricerca, nella convinzione che il lavoro sicuro può essere l'eventuale esito successivo di una prima fase della carriera in cui è naturale e accettabile sperimentare rapporti precari, provvisori e a tempo ridotto.
Infine, come già evidenziato nella precedente edizione dell'indagine, i dati confermano anche per gli anni Novanta che gli interessi lavorativi dei giovani non passano più attraverso forme di azione collettiva. n che non significa mancanza di atteggiamenti solidaristici o il perseguimento di strategie meramente individualistiche. Abbiamo già sottolineato il fatto che la ricerca del lavoro avviene principalmente mobilitando solidarietà particolaristiche. I dati del 1996 semmai pongono in luce anche un mutamento della qualità della sia pure marginale azione collettiva. A fronte di una ulteriore caduta della partecipazione sindacale da parte dei giovani lavoratori dipendenti (i partecipanti ad una qualche attività del sindacato nei tre mesi precedenti l'intervista scendono dall'8,2% nel 1992 al 6,9% nel 1996) , aumenta invece la partecipazione dei lavoratori autonomi alle iniziative delle associazioni di categoria (dall' 1 1 ,7 % al 16,5%) .
86
CAPITOLO QUARTO
RISCHIO, REVERSIBILITÀ, SFIDUCIA NEGLI ALTRI, DISAGIO
l. Premessa
Le analisi condotte sull'universo giovanile da tempo hanno individuato il consolidarsi di alcune tendenze che stanno profondamente caratterizzando la cultura delle nuove generazioni. Già l'orientamento a proiettare la propria vita nella dimensione del presente era stato ampiamente documentato e confermato dalle prime due indagini IARD sulla condizione giovanile condotte nel 1983 e nel 1987; in quegli anni incominciava a delinearsi il fenomeno della dilatazione dei processi di transizione all' età adulta con il conseguente prolungamento della fase giovanile1 • Se il presentismo si stava affermando come prospettiva temporale, il pragmatismo ne era la sua diretta conseguenza sul piano delle azioni e dei comportamenti: cosicché i tratti salienti emergenti tra i giovani sembravano essere indirizzati verso un ridimensionamento delle capacità progettuali, la rinuncia a fissare obiettivi a lungo temine e il ripiego su scelte a breve o, al più, medio termine. Era forse possibile già da allora far risalire questi tratti ai processi di modernizzazione e ai rapidi ritmi di trasformazione del Paese che, prospettando un futuro incerto, minavano la tradizionale ricerca di sicurezza propria della cultura italiana; a ben vedere il pragmatismo dei giovani degli anni Ottanta poteva essere letto come la risposta a quell'esigenza di flessibilità e di capacità di
I Si vedano le prime due indagini IARD sulla condizione giovanile [cfr. Cavalli 1984; Cavalli e de Lilla 1988] . Numerosi altri studi e ricerche hanno rilevato, negli anni Ottanta, lo stesso orientamento al presente tra i giovani; cfr. Melucci [1982] ; Garelli [ 1984]; AA.VV. [1986] .
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adattamento alle nuove situazioni che lo sviluppo economico e tecnologico richiedeva al giovane.
Pur con dati non sempre omogenei e con qualche ambiguità interpretativa, la quarta indagine IARD del 1996 mostra nel complesso una espansione quantitativa -aumentano i giovani con un riferimento temporale prevalentemente orientato al presente - e qualitativa - il pragmatismo si estende agli ambiti più diversi del vissuto esistenziale del giovane. È probabile che un terreno fertile per la diffusione di tali orientamenti sia stato determinato dall'obsolescenza - in Europa - dei sistemi di valore totalizzanti (le grandi ideologie politiche e religiose) e dalla crisi - nell'Italia degli anni Novanta - della credibilità istituzionale. L'incrinarsi delle basi tradizionali su cui poggiava la sfera etica socialmente condivisa ha infatti favorito la relativizzazione dei sistemi valoriali; pur essendo il giovane d'oggi in buona sostanza integrato (o perlomeno scarsamente conflittuale) all'interno della famiglia, della scuola, del lavoro (evidentemente è portato ad accettare i loro valori, le loro norme e le loro regole) , nel contempo non è difficile rintracciare in lui atteggiamenti e comportamenti apparentemente incongruenti con questi sistemi valoriali e normativi. Così in altri ambiti esperienziali, ad esempio nei gruppi dei pari, in determinate situazioni o in determinati luoghi (si pensi ai riti del sabato sera) varrebbero valori e norme del tutto diversi che prefigurerebbero la coesistenza nello stesso giovane individuo di plurimi criteri di giudizio e di moralità, differenti tra loro e non raramente addirittura contrapposti. In tal senso pragmatismo, proiezione nel presente, relativismo valoriale e normativa, dilatazione dei processi di transizione ai ruoli adulti potrebbero essere visti come i tanti risvolti di una matrice culturale comune.
Di questi elementi se ne trova traccia, diretta o indiretta, in altri capitoli del rapporto. Nell'ultima indagine IARD sono stati tuttavia analizzati, rispetto alle edizioni precedenti, anche altri temi che solo recentemente si sono delineati all'interno della cultura giovanile e che sembrano il prodotto delle tendenze sopra accennate. Ci
88
si riferisce in particolare a tre specifici fenomeni: la diffusione dell'accettabilità del rischio, della reversibilità delle scelte, della sfiducia verso gli altri. In questo capitolo, oltre a tali questioni, sarà trattato anche il problema dell'insoddisfazione - o del disagio percepito - nelle nuove generazioni.
2 . Il valore del «rischio»
Che i giovani abbiano una maggiore propensione al rischio di chi ha raggiunto la maturità è una ipotesi certamente non nuova. La novità consiste nei significati che il rischio sembra avere assunto nella società italiana in generale e nei giovani in particolare. Se un tempo al concetto di rischio erano collegate valutazioni esclusivamente negative (era un «disvalore») , oggi si sta imponendo un nuovo modello interpretativo - di ispirazione anglosassone - che considera il rischio anche in una accezione positiva; saper rischiare è, ad esempio, una condizione essenziale per il successo in una società sempre più competitiva e sempre meno garantita2: lo sostiene il 5 1 % dei giovani intervistati (cfr. tab. 4 . 1 ) ed è probabilmente sotto questa luce che può essere letto un altro dato offerto dalla ricerca, relativo a quelle quote cospicue di giovani che dichiarano di essersi assunti frequentemente dei rischi nelle decisioni importanti che possono influenzare la loro vita.
La diversa percezione del rischio segnala lo spostamento di prospettiva da un orientamento verso traguardi di sicurezza ad obiettivi nei quali trova spazio il mettersi in gioco e il non accontentarsi; l'etica del successo sembra avere, in altre parole, contagiato larghe masse di giovani che appaiono consapevoli che il saper rischiare faccia parte delle abilità che la società attuale richiede a chi vuole farsi strada nella vita. Fa forse sorridere che questa enfasi
2 Sulle diverse interpretazioni del rischio si veda Douglas [1991] .
89
TAB. 4 . 1 . Valutazione dell'importanza del rischio per il background culturale (%)
Background culturale Nel
complesso Alto Medio Basso
Al giorno d'oggi per riuscire nella vita è necessario saper rischiare 51 , 1 54,6 53 ,6 44,6
Non è mai saggio rischiare, meglio essere prudenti e saper valutare sempre le proprie forze 42,6 37,8 40,8 49,7
Non sanno 6,3 7,6 5,6 5,7
TAB. 4.2. Percezione dell'assunzione di rischi in ambiti importanti della vita (valori percentuali di riga)
Assumono dei rischi
Molto o abbastanza Solo qualche Mai frequentemente volta
Nelle decisioni che riguardano il lavoro o lo studio'' 46,9 34,7 18,4
Nelle decisioni importanti che influenzano la vita futura 41 ,7 39,8 18,5
Nei rapporti affettivi con il/la partner** 37,9 29,7 32,4
Nei rapporti con la famiglia d'origine 3 1 ,0 28,5 40,6
'' Percentuali relative ai soli soggetti che lavorano o studiano. ** Percentuali relative ai soli soggetti che hanno una relazione affettiva.
sull'accettabilità del rischio abbia trovato grande diffusione proprio all'interno di una generazione che fatica a rendersi indipendente dalla famiglia d'origine e ad assumersi le responsabilità dei ruoli adulti; tuttavia molti atteggiamenti e comportamenti giovanili dimostrano come alla tradizionale prudenza che governava le aspirazioni e le scelte si sia sostituita, perlomeno negli intenti, una maggiore spregiudicatezza.
La rivalutazione del rischio come valore coinvolge innanzitutto i giovani provenienti da un background cultu-
90
rale medio-elevato, più pronti a cogliere i processi di cambiamento culturale ma anche più svincolati da bisogni di sicurezza. L'assunzione di rischio è vissuta dai giovani come caratteristica intrinseca di molti ruoli, da quello professionale (o scolastico) a quelli relazionali ed affettivi (cfr. tab. 4.2) .
Recenti indagini hanno messo in luce come tra i giovani questa nuova concezione del rischio finisca col favorire comportamenti pericolosi3 . A tal proposito la quarta indagine IARD sulla condizione giovanile offre spunti per alcune riflessioni: pur se gli indicatori presentati in tabella 4.3 non misurano l'esposizione oggettiva al pericolo ma esprimono la valutazione di rischio percepita dai soggetti, appare preoccupante la ricorrenza di alcuni comportamenti che possono potenzialmente mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei giovani. In particolare può essere notato come la guida s pericolata caratterizzi l' esperienza di più di un terzo dei giovani del campione, che alla guida in stato di ebbrezza non sia del tutto estraneo un giovane ogni sette e che un quinto del campione ammetta esplicitamente di aver corso dei rischi nei rapporti sessuali (le incidenze tra i soli maschi di 18-24 anni sono notevolmente superiori) . In altra parte del testo è evidenziata l'esposizione alle droghe e all'alcol: il trend che emerge appare registrare un forte aumento, negli ultimi quattro anni, della contiguità del mondo giovanile alle sostanze psicotrope. Un'analisi approfondita dei dati mostra come gli indici più elevati di rischio appartengano costantemente ai maschi (doppio, rispetto alle femmine, nella guida imprudente, nella vicinanza alle droghe e nel gioco, triplo nello sport) ma soprattutto sembra convalidare l'ipotesi che vi sia una significativa relazione tra la valutazione positiva della capacità di accettare dei rischi come mezzo di successo con la percezione di affrontare, volontariamente e frequentemente, pericoli o situazioni
3 Si vedano a tal proposito i risultati dell'indagine IARD-GLAXO su giovani e salute; cfr. Buzzi [ 1994a] .
91
TAB. 4.3. Percezione dell'assunzione di rischi nella quotidianità (valori percentuali di riga)
Assumono dei rischi
Molto o abbastanza Solo qualche Mai frequentemente volta
Dal punto di vista della salute 20,3 29,6 50,1 Vivendo a contatto con
situazioni o realtà pericolose 18,4 29,3 52,3 Guidando auto o moto
in modo spericolato 12,4 24,8 62,8 Praticando sport o
attività pericolose 10,7 19,1 70,2 Nei rapporti sessuali 6,5 14,5 78,9 Nel gioco, nelle scommesse 6,3 13 ,9 79,7 Guidando auto o moto
dopo aver bevuto alcol 3 ,4 1 1 ,3 85,3
che possono compromettere la salute o la sicurezza della persona.
3 . La reversibilità delle scelte
L'accettazione consapevole del pericolo può essere sostenuta solo in concomitanza con un secondo assunto esistenziale che appare largamente condiviso dai giovani: ogni comportamento per essere desiderato deve essere revocabile o, 'almeno, deve garantire una buona possibilità di recedere, ovvero di ritornare alle condizioni di partenza. Dunque si possono anche compiere scelte rischiose nella convinzione però che non siano irreversibili. È sotto questa ottica che si spiega il forte aumento dell' esposizione alle droghe e all'alcool e la propensione a compiere azioni dannose per la salute e l'incolumità fisica: agirebbe, infatti, la convinzione che qualsiasi comportamento, se sottoposto al controllo dell'attore, perde, o riduce di molto, il suo potenziale di pericolosità. Ma non è solo questo: la tensione alla reversibilità delle scelte, modello di riferimento dominante di una società incerta e con-
92
TAB. 4.4. Valutazione sulla reversibilità delle scelte per età (%)
Età Nel
complesso 15-17 18-20 21-24 25-29
Anche le scelte più importanti della vita non sono mai <<per sempre>>, possono essere sempre riviste 52,5 40,9 48,0 54,3 59,6
Nella vita viene sempre il momento delle scelte decisive dalle quali non si può più <<tornare indietro» 40,4 51 ,4 43,1 39,2 34,4
Non sanno 7,1 7 ,7 8,9 6,5 6,0
traddittoria, sembra accompagnare il giovane anche nelle decisioni importanti che dovrebbero condizionare il proprio futuro. È probabile che il procrastinamento di alcune scelte cruciali, quali il matrimonio o la procreazione, abbia origine dal fatto che si pongano come eventi irreversibili.
Nel complesso più della metà dei giovani manifesta questo orientamento. Se i minorenni esprimono ancora in gran parte la tensione ideale verso le proprie realizzazioni, con il passare degli anni si fa strada progressivamente un maggiore disincanto, si rafforza il relativismo etico, la preferenza a non compromettersi e a rimandare le scelte impegnative (tab. 4 .4) . Oltre che l'età, anche la provenienza dalle regioni centrosettentrionali e dalle aree metropolitane o la collocazione familiare medio-elevata all'interno della stratificazione sociale e culturale influenzano significativamente l'importanza assegnata alla reversibilità; ciò dimostra che sono soprattutto i caratteri elitari, collegati al maggior sviluppo socioeconomico del territorio, a massimizzare una tale tendenza.
La reversibilità, quando è applicata alle decisioni importanti della vita, pone tuttavia un limite all'accettazione del rischio come strumento di successo: scelte che consentano ampie vie di fuga sembrano piuttosto motivate da una certa prudenza (o da un certo timore) . In effetti la prospettiva della reversibilità e quella del rischio si intersecano in modo complesso dando origine a una tipologia
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di orientamento all'azione che consente interessanti motivi di riflessione.
I tipi risultanti sono cinque: a) il primo è costituito da coloro che appaiono orien
tati ad accettare scelte personali non prive di rischi pur consapevoli che alcune di queste non siano reversibili; sono giovani che si pongono di fronte alle decisioni importanti in modo fermo e risoluto, consapevoli che nessun traguardo può essere conseguito se ci si abbandona a troppi !atticismi; nel complesso sono il 19,5 % del campione;
b) il secondo individua i giovani che si pronunciano per il rischio reversibile e dunque accanto ad una posizione tesa ad accettare le sfide della vita ve ne è una seconda, contrapposta alla prima, che rivendica prudentemente le possibilità di ritornare sui propri passi; è una tendenza che non riesce a celare una certa ambiguità di fondo; sono il gruppo più esteso (28,7 %);
c) il terzo raccoglie coloro che non propendono per l'assunzione di rischi e si dicono convinti che le scelte importanti non possano essere riviste; in loro prevale, con tutta probabilità, una visione prescrittiva dell'esistenza, dove tutto è già previsto e irrevocabile; in questo tipo si riconoscono il 18,4% dei giovani intervistati;
d) il quarto segnala una posizione ultra-prudenziale: nessun rischio e contemporanea garanzia di poter recedere dalle scelte operate; prevale su tutto il desiderio di non compromettersi, di non assumersi alcuna responsabilità di scelta, sentimento condiviso dal 2 1 ,3 % del camp ione;
e) il quinto è un gruppo residuale (12 ,1 %) che identifica orientamenti non del tutto chiari o inconsapevoli.
La tipologia risulta fortemente legata all'età (tab. 4.5 ) . Ad esempio la necessità di saper rischiare per avere successo nella vita senza rinunciare alla possibilità di tornare indietro nelle decisioni è una posizione che aumenta notevolmente con l'età mentre, per converso, diminuisce l'orientamento teso all'accettazione del rischio in campi decisionali irreversibili.
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TAB. 4.5. Tipologia di orientamento all'azione per classi di età (%)
Nel complesso
Accettazione del rischio e irreversibilità di scelta
Accettazione del rischio e reversibilità di scelta
Rifiuto del rischio e irreversibilità di scelta
Rifiuto del rischio e reversibilità di scelta
Orientamenti non consapevoli
4 . La sfiducia verso gli altri
19,5
28,7
18,4
21 ,3 12,1
Età
15-17 18-20 21-24
24,7 22,8 19,2
20,4 25,2 32,6
23,7 17,2 17,5
18,0 20,9 19,4 13 ,2 13 ,9 1 1 ,3
25-29
14,9
3 1 ,6
17,6
24,9 1 1 , 1
Un altro tratto generalizzato che emerge tra i giovani italiani è una sostanziale diffidenza verso il prossimo. Da un primo sguardo della tabella 4.6 ci si accorge facilmente come gli «altri» vengano percepiti più come una potenziale minaccia che come una risorsa: l'orientamento generale degli individui sembra essere dominato dai propri interessi particolari (86%) , pronti ad approfittare della buona fede altrui ( 62 %) tanto da doversi difendere; chiamati ad un giudizio globale sul prossimo solo due intervistati ogni cinque sono propensi a riconoscere che, seppur con le dovute pericolose eccezioni, la gran parte della gente è degna di fiducia; i tre quarti del campione concorda invece con l'affermazione che «non si sia mai sufficientemente prudenti nel trattare con la gente».
Data la sua ampiezza, questo sentimento pessimistico si ritrova diffuso un po' in tutte le categorie socio-anagrafiche considerate; nondimeno sembra essere particolarmente concentrato nei piccoli centri piuttosto che nelle grandi città, nel Meridione piuttosto che al Settentrione, tra i lavoratori piuttosto che tra gli studenti, tra la piccola borghesia autonoma e la classe operaia piuttosto che tra i ceti medi impiegatizi e la borghesia. In altre parole la sfiducia verso gli altri sembra accrescersi nelle si-
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T AB. 4.6. Indicaton· di fiducia verso il prossimo (%)
<<Molto» o «abbastanza» d'accordo con: La gente, in genere, guarda prevalentemente al proprio interesse 86,6 Non si è mai sufficientemente prudenti nel trattare con la gente 75,2 Gli altri, se si presentasse l'occasione, approfitterebbero della mia
buona fede 61,6 Ritengo che gli altri siano, nei miei confronti, sempre corretti 39,9 Gran parte della gente è degna di fiducia 39,8
tuazioni che garantiscono, nell'Italia di oggi, meno stcurezza sociale.
Appare significativo come un tale orientamento si coniughi con altri tratti che denotano rigidità e chiusura sociale (ad esempio l'ostilità verso gli extra-comunitari o l'assenza completa di partecipazione) oppure che segnalano un certo malessere esistenziale (ad esempio l'insoddisfazione personale per la propria vita) . La sfiducia verso il prossimo sembra anche essere collegata alla difficoltà relazionale dimostrata da una quota cospicua di giovani che sul piano affettivo faticano ad intessere rapporti significativi4 .
Prendendo come punto di partenza gli indicatori posti in tabella 4 .6 è stato costruito un indice sincretico di tipo additivo che misura l'intensità con cui i giovani esprimono la loro sfiducia nei confronti degli altri; successivamente il campione è stato ripartito in tre gruppi in rapporto al livello di sfiducia espresso. Nel complesso solo il 23 ,0% degli intervistati sembrerebbe essere esente da particolari diffidenze mentre quasi la metà di essi (46,6%) manifesta un orientamento piuttosto scettico verso il prossimo; il 30,4 % del campione è infin� costituito da giovani che denotano una totale sfiducia. E in quest'ultimo gruppo che i tratti socio-anagrafici prima accennati assumono particolare linearità: vi sono una geografia della sfiducia (aumenta progressivamente passando dalle regioni del Nord-Ovest a quelle del Sud) e una realtà sociale
4 Si veda più avanti il capitolo nono sui ruoli di genere e la vita affettiva, curato da Francesca Sartori.
96
Classe medi impiegatizia Nor
Classe operaia Nord
Classe superiore Nord
Classe superiore Centro
Classe medi impiegatizia Sud
a d
a
Nel complesso Piccola borghesi
autonoma Nor Classe superior
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Sud Classe operaia
Centro Piccola borghes autonoma Centr
Classe operaia
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Classe med impiegatizia Cent
Piccola borghest autonoma Centr
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30,8 l l
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36 l l ' l ' l
36,2 l l
l l ' ' 42
FIG. 4 .1 . L'accentuata sfiducia negli altri per classe sociale di origine e area geografica di residenza (%) .
della sfiducia (massima nelle classi autonome, mmuna in quelle impiegatizie) che intersecandosi producono una mappa piuttosto complessa della diffidenza (fig. 4 . 1 ) .
5 . Vinsoddis/azione verso alcuni aspetti della vita
n grado complessivo di insoddisfazione manifestato dai giovani nei confronti della propria esistenza può essere assunto quale indice di disagio personale; l'indagine IARD mostra una diminuzione dell'insoddisfazione giovanile in questi ultimi anni: nel 1983 il livello di frustrazione coinvolgeva il 25,6% dei 15-24enni, tredici anni dopo esso è sceso al 19,7%. L'insoddisfazione appare più consistente in relazione a condizioni di vita oggettivamente sfavorevoli; ad esempio tra i giovani con un elevato background culturale essa è presente solamente nel 14,0% dei casi, tra i giovani con un modesto background culturale
97
l'incidenza è maggiore (24,2%) ; la stessa classe sociale di origine evidenzia differenze sensibili: l'insoddisfazione tra i giovani di classe superiore o di classe impiegatizia si attesta intorno al 15,4 % ma sale al 23 , l% se l'estrazione sociale è operaia; il divario territoriale propone tre realtà diversificate: le regioni settentrionali con un tasso basso di malumore ( 13 ,0% il Nord-Ovest, 13,5% il Nord-Est) , quelle centrali e meridionali con una insoddisfazione più accentuata (rispettivamente del 19,6% e del 22,7%) , le Isole con un elevatissimo grado di scontentezza (32,8%).
L'insoddisfazione può essere collegata ad una serie diversificata di cause che articolano in vario modo la natura del disagio sottostante; abbiamo così un disagio psicologico, un disagio relazionale, un disagio ambientale, un disagio sociale. La massima insoddisfazione la si riscontra nella valutazione delle condizioni generali di vita in Italia per diminuire drasticamente passando ai rapporti del proprio immediato intorno sociale (la famiglia, le amicizie, gli altri giovani) . Relativamente elevato il disagio di natura psicologica (tra un quinto e un quarto del campione non si sente sufficientemente tranquillo, è scontento della propria capacità di memoria e di concentrazione, si sente inadeguato in quanto a capacità di prendere decisioni) ; le relazioni affettive confermano di essere una sfera di potenziale malessere così come la difficoltà di accettare pienamente il proprio aspetto fisico (nelle ragazze questa forma di insoddisfazione è doppia rispetto ai coetanei di sesso opposto) . Molti studenti denunciano un rapporto deludente con gli insegnanti, altri sono poco contenti di come si passa il tempo libero (fig. 4.2) .
Il genere prospetta un diverso modo di percepire il rapporto tra desideri e realtà; le ragazze appaiono infatti meno soddisfatte di se stesse, vorrebbero essere migliori, più efficienti, più decise; i maschi sono probabilmente meno esigenti o, forse, solo più ottimisti. Così se non vi sono particolari difformità nel valutare gli aspetti della vita che si propongono come esterni all'individuo (i fattori ambientali e sociali), grosse differenze emergono quando sono sottoposte a valutazione le qualità soggettive,
98
60
50
40
30
20
10
o
52,8
33,5 28,6
- - - - - - - - - - - - �4 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -21 ,7
· Come Rapporto Tranquillità Tempo Amore Aspetto si vive con psicologica libero fisico
in Italia oggi insegnanti
Salute Rapporti in
famiglia
FIG. 4.2. Alcuni indicatori di insoddisfazione 05-29 anni) (%) .
quelle che contribuiscono alla formazione della personalità e della identità personale; ad esempio nella ricerca la difficoltà nel prendere le decisioni è segnalata come motiv o di insoddisfazione dal 26,2 % delle donne contro il 17,4% degli uomini, la mancanza di tranquillità psicologica rispettivamente dal 34, 1 % contro il 23 ,2 % , il proprio aspetto fisico non accontenta il 25 ,8% delle ragazze contro il 12,5% dei ragazzi.
Anche nelle diverse realtà del Paese si riscontrano differenti motivi di insoddisfazione: in genere i giovani meridionali lo sono di più di quelli centrosettentrionali; in particolare ciò avviene in rapporto alle diverse condizioni ambientali e sociali che diversificano le opportunità che si offrono ai giovani; se si prende ad esempio il giudizio sulla qualità della vita in tmiia i giovani del Sud manifestano una palese insoddisfazione nel 62,5 % dei casi, quelli del Centro-Nord invece nel 45,3 %, il proprio tenore di vita scontenta il 24,8% dei primi e solo il 14,6% dei secondi, il luogo di residenza rispettivamente il 27,5 % contro il 13 ,5%; anche le possibilità di tempo libero sono valutate in modo molto diverso: in un terzo dei ragazzi delle regioni meridionali (33 ,9%) emerge una maggiore criticità rispetto ai coetanei del resto del Paese
99
TAB. 4.7. Variazione nel tempo degli indicatori di insoddisfazione (età: 15-24 anni) (%)
Insoddisfatti per: 1983 1987 1992 1996
Come si vive oggi in Italia 57,6 45,9 47,7 53 ,5 I rapporti con gli insegnanti'' 27,5 30,1 37,6 34,3 La tranquillità psicologica 28,6 La capacità di memoria e concentrazione 24,7 Il modo di passare il tempo libero 25,9 27,6 2 1 ,9 24,0 L'amore 24,7 23,8 La capacità di prendere decisioni 23,3 Il luogo di residenza 2 1 ,2 2 1 ,3 2 1 ,8 20,3 L'aspetto fisico 18,8 n tenore di vita 17,0 16,9 12,7 17,2 La salute fisica 8,9 7,3 7,8 14,5 Il lavoro'''' 2 1 ,5 21 ,2 15,7 14,2 L'istruzione ricevuta 16,9 16,6 12,6 13 ,4 Le amicizie 9,5 8,5 8,8 10,3 I rapporti in famiglia 7,9 6,7 7,0 9,6 La casa 13,9 1 1 ,8 8,5 8,9 I rapporti con gli altri giovani 1 1 ,3 8,7 7,9 7,5
'' Percentuali relative ai soli studenti. ** Percentuali relative ai soli lavoratori.
per i quali l'insoddisfazione di come si spende il proprio tempo libero li vede coinvolti per meno di un quinto ( 19,9%) del sottocampione.
n grado di insoddisfazione è inoltre significativamente connesso con la sfiducia nei confronti del prossimo. Si ricorderà come l'accentuata diffidenza verso gli altri caratterizzasse il 30,3 % del campione intervistato; ebbene tra i giovani complessivamente insoddisfatti della loro vita la sfiducia cresce fino a raggiungere il 45,9% dei casi, al contrario nei giovani che si dichiarano «molto» o «abbastanza» contenti di se stessi e della propria esistenza la sfiducia verso il mondo esterno cala al 26,4 % dei casi. Tra insoddisfazione e sfiducia non è ovviamente possibile definire quale sia la causa e quale l'effetto, certo è che entrambe fanno parte di un certo vissuto giovanile dove, in una logica cumulativa, le difficoltà personali si sommano con quelle relazionali ed il disagio soggettivo con quello sociale.
1 00
Gli andamenti della insoddisfazione, registrati nelle quattro indagini IARD, sono, nel complesso, poco appariscenti e gli spostamenti di modesta entità5 come è possibile osservare nella tabella 4. 7 (che si riferisce, al fine di permettere il confronto, al campione di 15-24 anni) ; l'unico deciso peggioramento rispetto al passato sembra essere determinato da un più elevato indice di insoddisfazione per la salute fisica. Può inoltre essere notato come la valutazione negativa su come si vive in Italia, dopo un costante ridimensionamento tra il 1983 e il 1992, abbia, sulla spinta delle crisi di questi ultimi anni, invertito la tendenza e si sia di nuovo accresciuta.
5 La relativa scarsa variabilità degli indici di soddisfazione-insoddisfazione era già stata ampiamente commentata nel secondo rapporto IARD; cfr. Cavalli e de Lillo [1988, 74-79] .
1 01
CAPITOLO QUINTO
LA POLITICA IMMAGINARIA
l. Premessa
Per leggere i mutamenti intervenuti rispetto all'ultima indagine IARD (1992) occorre innanzi tutto ricordare quante cose sono cambiate in appena quattro anni nel sistema politico italiano. Al tempo della scorsa indagine la scissione del Per era appena avvenuta, T angentopoli non era ancora venuta alla luce (sarebbe esplosa proprio un mese dopo la fine della campagna di interviste) , Dc e Psr prosperavano, Alleanza Nazionale non esisteva ancora, e i governi tecnici o quasi tecnici - Amato, Ciampi, Dini -erano anch'essi ancora di là da venire.
Allora il rapporto IARD aveva individuato cinque tendenze principali: a) l'aumento dell'associazionismo e dell'impegno pubblico; b) l'intensificazione del rapporto con la politica, nel senso di una polarizzazione degli atteggiamenti, con crescita degli atteggiamenti estremi («impegnati» e «disgustati») ; c) lo spostamento del baricentro del sistema politico verso destra; d) il declino dei partiti ideologici, di matrice marxista, cattolica e fascista; e) l'ascesa dei partiti di ispirazione laica, specie se di recente formazione (Verdi, Rete, Lega) .
Nell'insieme, il rapporto delineava una crescita della partecipazione e dell'impegno pubblico, nel quadro di una ripresa dei processi di laicizzazione della politica.
2 . Il cambiamento
Possiamo farci una prima idea dei principali cambiamenti intervenuti nel mondo giovanile analizzando, successivamente, la partecipazione politico-sociale, il rappor-
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to con la politica e con la religione, l'atteggiamento verso la politica, l'atteggiamento verso la religione, i cosiddetti valori post -materialisti, l' autocollocazione sull'asse sinistra-destra, le preferenze elettorali.
2 . l. Partecipazione politico-sociale
Complessivamente la percentuale di giovani che ha preso parte, negli ultimi 12 mesi, ad attività di «impegno pubblico» (pace, scuola, lavoro) è rimasta stazionaria nella fascia 15-24 anni ed è sensibilmente diminuita nella fascia 25-29 (circa 10 punti in meno). n risultato sul complesso dei giovani ( 15-29 anni) è una lieve diminuzione dell'impegno pubblico (-2,3 % ) (tab. 5 . 1 ) .
Fra i vari temi, cui nel 1 996 si è aggiunto quello dei test nucleari, l'unico che mostra una sensibile diminuzione della partecipazione (dal 18,0% al 6,6%) è quello della pace e del disarmo, mentre l'unico che subisce un significativo aumento (dal 6,4% all'8,2 %) è quello delle campagne elettorali.
Anche sul piano dei comportamenti associativi, la tendenza prevalente sembra al declino: la partecipazione alle attività delle associazioni politiche (almeno l volta negli ultimi 3 mesi) scende dal 6,4% al 5 ,6%, la partecipazione alle attività delle associazioni sindacali scende dal 4,4% al 3 , l% . Solo le associazioni di matrice religiosa e quelle di impegno sociale e assistenziale mostrano una significativa tendenza all'aumento; le prime passano dal 19,8% al 23 ,2 % , le seconde dal 9,9% al 13 ,4%.
T AB. 5.1 . Declino dell'impegno pubblico (%)
15-24 anni 15-29 anni
1992
5 1,7 49, 1
Impegno pubblico
1 04
1996
51 ,5 46,8
Variazione
--0,2 -2,3
2.2. Rapporto con la politica
Fra i quattro atteggiamenti generali previsti nella «storica» domanda SHELL-IARD restano stazionari i due atteggiamenti estremi (impegno e disgusto) , mentre fra i due atteggiamenti intermedi cresce in misura marcatissima quello di «interesse senza partecipazione» e cala corrispondentemente quello di «delega tecnica» (tab. 5 .2) .
Per tutto il decennio 1983 - 1992 i due atteggiamenti intermedi, di interesse e di delega, sono sempre stati in sostanziale equilibrio. Oggi quello di interesse ha un peso doppio rispetto a quello di delega (50,5 % contro 26,3 %) .
Se dovessimo valutare il rapporto fra giovani e politica esclusivamente sulla base di domande come questa, dovremmo concludere che mai come oggi i giovani si sono sentiti «vicini» alla politica: la somma delle prime due risposte (impegno + interesse) ha infatti raggiunto per i 15-24enni nel 1996 il suo massimo storico (53 ,5%) , con un incremento di quasi undici punti rispetto a quattro anni prima (42,7%) . La medesima tendenza ad una crescita di salienza della politica si registra nelle risposte alla domanda sulle cose più importanti nella vita: i giovani che considerano molto importante nella loro vita l'impegno politico erano il 3 ,7 % nel 1992 , salgono al 4 ,7% nel 1996.
In realtà a questi segnali di investimento soggettivo sulla politica non corrispondono segnali altrettanto chiari
TAB. 5.2. Atteggiamento verso la politica (15-24 enni) (%)
1983 1987 1992 1996
Mi considero politicamente impegnato 3 ,2 2,3 3 ,3 3 ,0 Mi tengo al corrente Jella politica ma
senza parteciparvi personalmente 44,2 39,3 39,4 50,5 Penso che si debba lasciare la politica a
persone che hanno più competenza di me 40,0 42,1 36,4 26,3 La politica mi disgusta 12,0 15,8 20,4 19,9 Non indica 0,6 0,6 0,4 0,3
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sul piano dei comportamenti effettivi. Come abbiamo appena visto, sia l'impegno pubblico sia la partecipazione ad associazioni politiche e sindacali appaiono calanti, e solo la partecipazione ad associazioni religiose e di impegno socio-a�sistenziale mostra una marcata tendenza all' aumento. E curioso che, sul piano delle dichiarazioni, questi ultimi due tipi di impegno non mostrino alcun apprezzabile segnale di incremento ( +0,4 % e -1,3 %) , quasi che fra i due piani - quello delle autopercezioni e quello dei comportamenti effettivi - vi fosse una relazione inversa: là dove aumenta l'impegno dichiarato diminuisce quello effettivo, e là dove è quest'ultimo ad aumentare l'impegno dichiarato ristagna o addirittura declina.
2 .3 . Rapporto con la religione
Nel rapporto del 1992 avevamo cercato di condensare gli orientamenti religiosi dei giovani italiani costruendo una tipologia molto semplice, basata su una tripartizione dell'area «grigia» o «incoerente»1 • Una volta individuati i giovani coerentemente religiosi, o «devoti» (credenti, religiosi, praticanti) e i giovani coerentemente «laici» (non credenti, non religiosi, non praticanti) , è possibile suddividere i giovani restanti in tre gruppi fondamentali:
i ritualisti, in cui una pratica assidua si accompagna a un deficit nella dimensione esperienziale (importanza
l L'ampiezza relativa dei tre tipi base - polo religioso (devoti), polo non religioso (laici) e zona grigia - dipende ovviamente dalle soglie adottate per includere i soggetti nei vari tipi. Nella tipologia presentata qui sono stati considerati coerentemente religiosi (devoti) i credenti con una pratica di almeno una funzione religiosa al mese, e con un investimento soggettivo elevato (religione «molto» o «moltissimm> importante) . Ovviamente il polo religioso sarebbe risultato decisamente più ampio se avessimo considerato come religiosi anche coloro che adottano la risposta centrale (la religione è «abbastanza» importante), che è anche la risposta modale, fornita da un intervistato su tre. È questa, in buona sostanza, la definizione adottata da Michele Rostan nel capitolo decimo di questo volume.
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TAB. 5.3. Struttura degli orientamenti religiosi nel 1992 e nel 1996 (%)
1992 1996
Devoti 23,9 25,2 Ritualisti 20,8 20,0 Individualisti 9,4 9,7 Opportunisti 27,7 25,3 Laici 18,2 19,8
attribuita alla religione nella vita) , nella dimensione della fede (credenza in Dio) o in entrambe;
- gli individualisti, in cui l'assenza della pratica si accompagna a una religiosità intensa (un cocktail che talora è stato definito come «religione privata»);
- gli opportunisti, caratterizzati dalla semplice credenza non accompagnata né dalla pratica né dalla religiosità.
Come si vede dalla tabella 5 .3 il peso dei cinque tipi è rimasto sostanzialmente invariato, salvo una certa tendenza alla crescita dei due tipi estremi, o «coerenti» (devoti e laici) , che passano dal 42,2% al 45 ,0% dei giovani. Se si tiene conto del fatto che nei quattro anni che separano le due indagini la religiosità dichiarata (importanza della religione nella vita) e la partecipazione ad associazioni religiose sono entrambe aumentate, sembra difficile sfuggire all'impressione che quel che sta accadendo in campo religioso sia, per certi versi, esattamente il contrario di quel che sta accadendo in campo politico. Nel primo caso assistiamo ad una riduzione dell'area dell' «incoerenza», nel secondo ad un allargamento della forbice fra atteggiamenti e comportamenti.
2.4. Valori postmaterialt'sti
Una conferma indiretta di una evoluzione non proprio canonica della cultura giovanile ci viene anche da un'analisi delle risposte alla classica domanda sulle politiche basate su valori materialisti (benessere e sicurezza) o postmaterialisti (libertà e partecipazione) .
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T AB. 5 .4. Importanza relativa di alcune misure politico-sociali (primo posto) (%)
Mantenere l'ordine nella nazione Dare alla gente maggiore potere nelle decisioni politiche Combattere l'aumento dei prezzi Proteggere la libertà di parola
1992
35,6 32,2
8,8 23,4
1996
26,2 27,0 16,5 30,4
Qui i cambiamenti rispetto al 1992 sono di ampiezza notevole ma di segno contraddittorio, almeno visti nel quadro della teoria di lnglehart2•
Le due risposte «materialiste» (mantenere l'ordine nella nazione e combattere l'aumento dei prezzi) sono l'una calante e l'altra crescente, e lo stesso discorso vale per le due risposte «post-materialiste» (dare alla gente maggiore potere nelle decisioni politiche e proteggere la libertà di parola) (tab. 5 .4 ) . L'elevata importanza attribuita alla libertà di espressione appare indirettamente anche nelle risposte ad un'altra domanda, quella sulle gerarchie di valore. Qui il valore «libertà e democrazia» viene considerato molto importante nella vita dal 69,5 % dei giovani (4° posto su 16) , mentre uno dei suoi presupposti fondamentali, l'attività politica, viene relegato all'ultimo (16°) posto, con appena il 4,6% dei consensi.
2.5. Autocollocazione sull'asse sinistra-destra
Anche l'autocollocazione sul continuum sinistra-destra ha subito una notevole modificazione negli ultimi quattro anni. Innanzitutto è molto aumentato il numero di coloro che risponde alla domanda. Nel 1992 solo il 59,5 % forniva la propria collocazione, oggi tale percentuale è salita al 70,0%. E possibile che questo effetto sia dovuto al processo di rilegittimazione della politica in generale e delle
2 Cfr. lnglehart [1977 e 1990] .
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TAB. 5.5. Posizioni sull'asse sinistra-destra (%)
Sinistra (pos. 1-4) Centro (pos. 5-6) Destra (pos. 7-10)
1992
40,0 41 ,2 18,8
1996
3 8,6 29,3 32,1
forze politiche di destra in particolare, messo in moto da Tangentopoli e dalla forte onda «nuovista» e pro «seconda Repubblica» sviluppatasi fra il 1992 e il 1995.
Per quanto riguarda l'insieme dei rispondenti, il confronto fra le due distribuzioni rivela due fenomeni principali. n primo consiste in un (ulteriore) spostamento del baricentro del mondo giovanile verso destra, spostamento la cui entità è valutabile in circa mezzo gradino - da 4,86 a 5 ,30 - sulla nostra scala da l (sinistra) a 10 (destra) .
L'altro fenomeno è quello di un progressivo prosciugamento dell'area di centro, e di una conseguente tendenziale polarizzazione dell'elettorato giovanile fra un polo di sinistra e uno di destra. Fra il 1992 e il 1996 il centro scende dal 41 ,2% al 2 9,3 %, la destra sale dal 18,8% al 32, 1% (tab. 5 .5) .
Va osservato, comunque, che le autocollocazioni non forniscono un quadro esatto dei rapporti di forza fra gli schieramenti reali del mondo giovanile. Come vedremo fra poco, nel mondo giovanile la destra, intesa come so mma dei consensi ai partiti del Polo (Alleanza N azionale, Forza Italia, CCD-CDU) è assai più forte di come appare dalle semplici autocollocazioni.
2.6. Preferenze elettorali
Qualsiasi confronto è reso problematico dal fatto che il sistema politico è radicalmente cambiato. Le tabelle 5 .6 e 5 .7 vanno quindi lette con particolare cautela, anche tenendo conto del fatto che, essendo passati quattro anni fra un'indagine e l'altra, il «contenuto demografico» del-
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TAB. 5.6. Preferenze elettorali dei giovani (1992) (%)
Pentapartito Dc 26,8 Ps1 8,1 PRI 4,5 Psm 0,8 PLI 2,8
Opposizione di destra M si 4,7
Opposizione di sinistra Re 4,0 Pos 14,4 Verdi 1 1 ,4 Rete 4,5
Opposizione di centro Leghe 13,8
Pannella Pannella 2,8
Altri Altri 1,4
Totale 100,0 Preferenze espresse 49,3
TAB. 5.7. Preferenze elettorali dei giovani (1996) (%)
Cattolici PPI 3 ,2 Cc o 2,5 Cou 0,7
Destra FI 15,8 AN 25,2 Ms1 1,2
Sinistra Re 12,1 Pos 20,5 Verdi 5,5 Rete 0,3
Leghe 5,5
Pannella 2,8
Altri 4,7
Totale 100,0 Preferenze espresse 57,0
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l'elettorato giovanile è drasticamente mutato (su 15 coorti, dai 15-enni ai 29-enni, solo 7 sono «rimaste» nell'insieme dei giovani) .
Le due tabelle consentono di effettuare vari ordini di considerazioni.
Innanzitutto è piuttosto evidente, anche scontando la tendenza dei sondaggi a sovrastimare AN e Verdi, come il mondo giovanile si caratterizzi rispetto al mondo adulto sia per un maggiore radicalismo sia, meno marcatamente, per un orientamento complessivamente più favorevole alla destra (soprattutto a scapito del centro ma anche, in parte, a scapito della sinistra) . Si noti che fra i giovani Alleanza Nazionale è il primo partito, con il 25,2% dei consensi, contro il 18% circa di consensi che - in base ai sondaggi del medesimo periodo (inizio 1996) - il partito di Fini raccoglieva nel mondo adulto.
Rispetto al 1992 sono quattro i movimenti più significativi:
a) la dissoluzione del voto cattolico (dal 26,8% al 6,4%) ;
b) il rafforzamento delle ali estreme, ossia AN e Msr (dal 4,7% al 26,4 %) e Re (dal 4,0% al 12,1 %) ;
c) il crollo del leghismo (dal 13 ,8% al 5 ,5%) ; d) il crollo di Verdi e Rete (dal 15,9% al 5 ,8%) . Se vogliamo condensare in una formula il nesso fra gli
orientamenti elettorali dei giovani nella prima e nella seconda metà degli anni Novanta possiamo dire che è soprattutto la qualità del radicalismo giovanile ad essere cambiata. Al radicalismo laico della prima metà degli anni Novanta si sta sostituendo una forma di radicalismo di tipo nuovo, che snobba i partiti nati negli anni Settanta e Ottanta - i radicali, i Verdi, la Rete, la Lega - per rivolgersi ai partiti radicali con precise ascendenze ideologiche, di destra (AN, Msr) e di sinistra (Re). li radicalismo sembra aver ceduto il passo all'estremismo, o forse, più semplicemente, la domanda di cambiamento sembra aver ceduto il passo soprattutto a bisogni di identità e di orientamento, finendo così - inaspettatamente - per rilanciare i partiti più caratterizzati sotto il profilo ideologico.
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3 . Radicalismo e primato della comunicazione
Quel che colpisce nei processi politici messi in luce dalla quarta indagine IARD non è né lo spostamento verso destra (perlopiù ignorato dai mass media ma ben noto agli studiosi da molto tempo), né il processo di radicalizzazione in sé. Quel che solleva i maggiori interrogativi è il segno complessivo di questi cambiamenti. Se proviamo a leggere i nuovi dati con lo schema prospettato nella scorsa indagine, che metteva in evidenza il declino dei partiti di matrice ideologica e l'ascesa dei partiti laici, radicali o «nuovi», dobbiamo concludere che quel processo si è sostanzialmente capovolto.
Oggi l'insieme dei partiti di matrice ideologica (Msi + AN + PDs + Re + PPI + CeD + CDu) è in forte ascesa nonostante il crollo della Dc: i partiti «ideologici» raccoglievano il 49,9% dei consensi nel 1992, raccolgono il 65,4% dei consensi nel 1996.
Contemporaneamente l'ascesa dei partiti nuovi (intendendo per «nuovi» i partiti nati dopo il 1970 e non da un partito storico) sembra essersi arrestata (29,9 nel 1996, contro il 32,5 % nel 1992) .
Sembra dunque che al posto dei processi di laicizzazione e rinnovamento messi in evidenza dalla indagine del 1992 siano subentrati processi di radicalizzazione che finiscono per premiare soprattutto le ali estreme dello schieramento politico, ancora fortemente connotate sul piano ideologico. T ali processi non favoriscono solo la destra estrema (AN + Msi) , ma anche la sinistra estrema (Re) , mentre le formazioni radicali o ex-radicali di centro (Lega, Verdi, Rete, Pannella) paiono aver perso gran parte del loro appeal.
Ma sullo sfondo di questi processi è difficile non scorgere il crollo del partito cattolico, il declino dell'impegno pubblico, e la riscoperta della politica come tema di interesse e di discorso assai più che come terreno di azione e di esperienza. Merita riflessione, in particolare, il contrasto fra quel che sembra accadere nel mondo cattolico e quel che sembra accadere nel mondo laico. La fine
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della Dc, più che a una dissoluzione del mondo cattolico, sembra avere dato luogo a un consolidamento di quel che resta di esso, consolidamento le cui tracce principali sono l'aumento della religiosità e dell'associazionismo cattolico, la crescita dell'impegno in campo sociale e assistenziale, e infine l'aumento dei «devoti» e degli «individualisti» a scapito dei «ritualisti» e degli «opportunisti». Sul versante laico, viceversa, la crescita dell'interesse per la dimensione politica sembra essersi accompagnata a un processo di «ritiro» dei giovani dall'attività politica e dall'impegno pubblico.
Non si può escludere che riscoperta dell'ideologia e affievolimento delle dimensioni più pragmatiche e concrete dell'impegno pubblico siano due facce della stessa medaglia. Forse i giovani stanno semplicemente perdendo il gusto del /are politica, a favore di modalità comunicative ed espressive assai più legate al dire, quel processo di spettacolarizzazione della politica che è uno dei portati di questi anni. E infatti è proprio il primato della parola e della comunicazione il leit motiv che ricorre più insistentemente nelle risposte dei giovani. Libertà e democrazia sono, sorprendentemente, al quarto posto fra le cose «importanti» della vita. Proteggere la libertà di parola è addirittura al primo posto nella graduatoria degli obiettivi politici. La televisione (pubblica o privataP è al quinto posto nella graduatoria della fiducia, preceduta solo da scienziati, carabinieri, polizia e insegnanti. La capacità di comunicazione è uno dei cardini del rapporto di coppia. La politica, infine, è essenzialmente informazione (tenersi al corrente) senza partecipazione.
3 Per valutare il grado di fiducia della televisione in quanto tale abbiamo ricalcolato la graduatoria fra i vari gruppi e istituzioni mettendo in «Or» gli items «La televisione pubblica» e «La televisione privata» («molta» o «abbastanza» fiducia alla televisione pubblica o privata).
1 13
4. La percezione dei partiti
Fra le congetture che emergevano dall'indagine del 1992 vi era anche quella del formarsi di (almeno) un secondo asse della politica italiana, accanto all'asse sinistradestra. Da allora quella congettura ha ottenuto un considerevole supporto empirico per quanto riguarda il mondo adulto4 : effettivamente accanto all'asse sinistra-destra è presente, perlomeno a partire dagli anni Novanta, un secondo asse che a seconda dei periodi storici è stato «etichettato» come governo-opposizione, vecchio-nuovo, moderatismo-radicalismo5• All'inizio del 1992 nel mondo adulto le due dimensioni fondamentali che governano le scelte elettorali sembrano essere l'asse sinistra-destra e l'asse moderatismo-radicalismo6•
Con i dati dell'indagine IARD non siamo in grado di controllare direttamente quali sono le dimensioni dello spazio percettivo dei giovani, perché manca una batteria di domande che indaghi esplicitamente le prossimità percepite fra i partiti o le prossimità fra elettori e partitF . C'è un modo, tuttavia, con cui possiamo ugualmente tentare di farci un'idea di quali sono i criteri con cui i giovani scelgono un determinato partito o anche nessun partito. Esso consiste nel ricostruire i criteri implicitamente adottati dai giovani nella scelta del proprio partito sottoponendo le scelte elettorali (compresa la scelta di non votare)8 a un'analisi discriminante, utilizzando come variabili predittrici l'insieme più ampio e più ricco possibile di indicatori
4 Qui e nel seguito quando parliamo di adulti ci riferiamo, in realtà, al corpo elettorale nel suo insieme, e non agli adulti in senso stretto.
5 Per un quadro sintetico di tali ricerche cfr. Ricolfi [1996a] . 6 Cfr. in particolare i risultati della rilevazione del 1993 ISPO in
Ricolfi [ 1996a] . 7 Per domande «dirette» sulle prossimità percepite ci riferiamo a
due formati di domanda: confronti a coppie (grado di somiglianza fra due partiti) e scale di preferenza (distanze elettore-partito).
B Abbiamo aggregato in un unico gruppo, denominato «non voto>>, le due risposte «scheda bianca o nulla» e «non andrei a votare».
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di atteggiamento e di comportamento. È quanto abbiamo fatto a partire dalle seguenti domande o batterie9:
- Batteria sulla fiducia in istituzioni e gruppi (d. 47) - Batteria sui rapporti fra i sessi (d. 54) - Domanda sull'importanza della religione nella vita
(d. 55) - Batteria sull'impegno pubblico (d. 64) - Domanda sulle priorità fra politiche (d. 65) - Batteria sui meccanismi della diseguaglianza (d. 69) - Batteria sull'immigrazione straniera in Italia (d. 70) - Batteria sul rapporto fra cittadini e politica (d. 7 1) - Batteria sulla fiducia negli altri (d. 73) - Batteria su fatalismo e scelte della vita (d. 74) - Batteria sull'ammissibilità di vari comportamenti
(d. 96). Se concentriamo l'analisi sulle prime due funzioni di
scriminanti, possiamo cercare di interpretarne il significato sia analizzando quali variabili sono risultate più correlate con ciascuna di esse (un po' come avviene con un'analisi delle componenti principali) , sia provando a rappresentare in un grafico bidimensionale i punteggi medi degli elettori di ciascun partito su ciascuna delle due funzioni discriminanti.
La struttura delle prime due funzioni discriminanti è visibile nella tabella 5 .8.
È il caso di notare, innanzitutto, che su 12 items selezionati dalla procedura di analisi discriminante ben la metà provengono dalla medesima batteria (la domanda 47 , sulla fiducia in istituzioni e gruppi) , e due provengono dalla batteria sul rapporto fra cittadini e politica (d. 71 ) . Le altre domande riguardano la religiosità (d. 55) , l'ammissibilità della convivenza al di fuori del matrimo-
9 L'analisi discriminante è stata condotta in modo stepwise (metodo di Wilks), su una lista di 90 variabili di atteggiamento e compor· tamento. La varianza spiegata dalle prime due funzioni discriminanti è pari al 73 ,45%. La percentuale di casi classificati correttamente (probabilità a priori in base alle numerosità dei gruppi) è del 35,3 %, contro un valore atteso in caso di assegnazioni random pari al 14,5%.
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TAB. 5.8. Risultati dell'analisi discriminante (coefficienti standardizzati)
Do m ltem F1 F2 Significato
47 s 44,4 (-20,8) Sfiducia nella Tv privata 47 o 37,8 Sfiducia negli industriali 7 1 I 33,2 (-23,0) Contrario alla pena di morte 70 A 3 1 ,0 Favorevole agli immigrati 65 A 19,7 Bassa priorità ordine pubblico 47 E -37,9 Sfiducia nei sindacalisti 47 R -40,5 ( 16,8) Sfiducia nella Tv pubblica 55 (15,8) 38,4 La religione è poco importante 47 F (23 ,1) 34,5 Sfiducia nei sacerdoti 47 p 10,1 Sfiducia nei partiti 7 1 B -21 ,3 I politici non pensano solo ai
voti 96 o -41 , 1 Inammissibilità della convivenza
nio (d. 96) , l'atteggiamento nei confronti degli immigrati (d. 70) , l'importanza attribuita all'obiettivo di «mantenere l'ordine nella nazione» (d. 65) .
La prima dimensione sembra piuttosto vicina alla classica contrapposizione fra conservatori e progressisti, o fra destra e sinistra, con l'importante qualificazione - tuttavia - che i due items più discriminanti non sono direttamente politici ma sono «televisivi»: i giovani italiani (e presumibilmente anche i loro genitori) si dividono fra conservatori e progressisti innanzitutto in base alla emittente televisiva cui accordano la loro fiducia o la loro sfiducia.
La seconda dimensione è assai più difficile da interpretare, anche se in qualche modo sembra avere a che fare con l'atteggiamento verso la Chiesa e la religione. Dato lo scarso numero di items (cinque) che risultano caratterizzanti, conviene decisamente passare all'ispezione diretta della dislocazione degli elettorati nello spazio elettorale individuato dalle prime due funzioni discriminanti (fig. 5 . 1 ) .
La mappa dei partiti fornisce indicazioni relativamente chiare. Essa conferma l'interpretazione del primo asse (asse delle ascisse) come asse sinistra-destra, ma soprattutto permette di decodificare il significato del secondo asse. Se raggruppiamo i partiti in base al punteggio sul solo secondo asse otteniamo questi tre gruppi:
1 1 6
0,6
0,4 1 re
lega •
e pann
0,2
o e verdi
n v • an
•
m si
-0,2 -
-0,4
-0,6 • laici
-0,8
e PPi ccd -1 +---.--.--.---.--.---.--.--.�·�--,--,,--,�
1 ,4 1,2 1 ,0 0,8 0,6 0,4 0,2 o -0,2 -0,4 -0,6 -0,8 -1,0 -1,2
FIG. 5 .1 . Spazio elettorale dei giovani (risultati dell'analisi discriminante).
Gruppo A (punteggi bassi) : PPI, CcD, Laici (Dini, AD, Patto, Pru)
Gruppo B (punteggi medi) : PDS, Forza Italia, Verdi, Msr, altri
Gruppo C (punteggi alti) : Non voto, AN, Pannella, Re, Lega.
Alla luce di questa !ripartizione dei partiti, la lettura più naturale della seconda dimensione sembra in termini di radicalismo-moderatismo o, più precisamente, nei termini di una scala che ordina i partiti in funzione del loro rapporto con il «sistema». A un polo il moderatismo cattolico (PPI e CcD) , erede della Dc, e il moderatismo laico (Dini, AD, Patto) , erede dei partiti laici minori; all'altro polo i partiti anti-sistema o percepiti come tali (Lega, Re, AN, Pannella e Non voto); in mezzo i due partiti di governo per eccellenza (PDS e Forza Italia) , nonché i partiti percepiti come marginali nel gioco del sistema politico (Verdi, Msr, altri) .
1 17
Vale la pena sottolineare che questa disposizione dei partiti ha molti punti di contatto con quella che è più volte emersa nelle indagini sugli adulti, ma al tempo stesso presenta non poche specificità. Forse la più interessante sta nel fatto di separare nettamente le «ali» (Re e AN) e le «mezze ali» (PDS e Fr) dei due schieramenti. Mentre agli occhi degli adulti sia la coppia di punti che rappresenta i due partiti ex comunisti (PDS + Re) sia la coppia di punti che rappresenta i due cardini del polo (Fr + AN) sono estremamente compatte (punti vicinissimi, quasi indistinguibili) , agli occhi dei giovani i quattro punti formano un quadrilatero irregolare, con i vertici ben distanziati tra loro. Sembra, in altre parole, che dopo la distinzione fra destra e sinistra la dicotomia fondamentale -per i giovani - sia quella fra partiti pro-sistema e partiti anti-sistema, un po' come era per gli adulti all'inizio degli anni Novanta. Allora l'analisi dello spazio elettorale, accanto al tradizionale asse sinistra-destra, cominciava a rivelare la presenza di un secondo asse, che avvicinava tra di loro le opposizioni di destra e di sinistra e le contrapponeva ai partiti «di regime»10•
5. Una generazione vzrtuale?
Complessivamente, l'impressione che si ricava da un'analisi delle risposte dei giovani alle domande sulla partecipazione politica e sociale è alquanto sconcertante. L'atteggiamento verso la politica sembra evolvere in direzione di un progressivo restringimento dell'area del disinteresse e della delega, ma a questa evoluzione non corrisponde un trend analogo sul piano dei comportamenti. Sia l'attività politica e sindacale, sia l'impegno pubblico declinano rispetto all'indagine precedente, e solo sul terreno dell'impegno sociale e religioso si assiste
IO Sull'emergere della dicotomia governo-opposizione, o regime anti-regime, cfr. in particolare Ricolfi [1994] .
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a un movimento di segno opposto, che tuttavia non sembra coinvolgere i giovani nel loro insieme ma prevalentemente le ragazze. Valori come la libertà di espressione e di comunicazione sembrano molto apprezzati, ma nulla sembra indicare che i giovani siano disposti a pagare il prezzo che la difesa di tali principi comporta sul piano dell'azione e dell'impegno. L'immagine degli altri e la fiducia nel prossimo sono improntate a un marcato pessimismo, mentre sul piano della progettazione della propria vita futura sembra consolidarsi ulteriormente il «paradigma della reversibilità», ossia quell'atteggiamento che tende a prolungare indefinitamente il momento delle scelte1 1 •
Visto in questo quadro anche l'apparente ritorno delle ideologie si presenta in una luce non proprio rassicurante. Più che una riscoperta della politica, o della dimensione collettiva dell'agire sociale, la «passione» poli tica di questi anni sembra segnalare una sorta di resa di fronte alla complessità del mondo, una rinuncia a usare la ragione per penetrare la complessità delle cose, e l'azione per provare a cambiarle. L'ideologia, come ci ricorda Boudon12, è un potente meccanismo di semplificazione della realtà, di riduzione della complessità del mondo. Più che ideologizzati nel senso in cui lo erano venti o trenta anni fa, i giovani appaiono oggi soprattutto disorientati, e probabilmente per questo sembrano particolarmente sensibili al fascino delle idee estreme. Vivendo in un mondo che ad essi appare sempre più incerto, pericoloso e indecifrabile, i giovani hanno maturato un atteggiamento di perenne sospensione, che tende a prolungare indefinitamente la giovinezza e, con la giovinezza, il momento delle scelte. Le realtà virtuali cui da qualche tempo i mezzi di comunicazione di massa stanno abituando il grande pubblico paiono aver trovato, con i giovani, un terreno di sperimentazione privilegiato. L'idea che il
1 1 Sul paradigma della reversibilità cfr. Sciolla e Ricolfi [1981] . 12 Cfr. Boudon [1986].
1 19
mondo sia un fascio di possibilità, di realtà multiple che possono sovrapporsi, coesistere e passare continuamente le une nelle altre, sembra diventata una delle marche distintive della generazione che si affaccia al terzo millenmo.
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CAPITOLO SESTO
L'ASSOCIAZIONISMO E LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
l. La partecipazione dei giovani all'attività associativa
I risultati delle ricerche sulla vita associativa mostrano ormai da alcuni anni che essa ha raggiunto livelli apprezzabilmente elevati in Italia, molto simili a quelli di altri paesi europei dove l'associazionismo ha più lunghe tradizlom.
I dati dell'ultima rilevazione IARD mettono in evidenza che la partecipazione complessiva dei giovani alla vita associativa è cresciuta rispetto al 1992, confermando, per quanto riguarda il medio e lungo periodo, una tendenza già osservata negli anni passati.
La quota attuale dei giovani che hanno dichiarato di aver frequentato almeno una associazione nei tre mesi precedenti l'intervista è del 62,9%, una percentuale pressoché identica a quella di quattro anni fa (62,2%) .
Se resta sostanzialmente costante, e elevato, il numero di soggetti coinvolti, cresce invece in misura sensibile il numero di associazioni frequentate mediamente da ogni soggetto; come si può vedere nella tabella 6 . 1 , in cui i giovani sono stati raggruppati in tre categorie, a seconda del numero di associazioni volontarie frequentate da ciascuno, la percentuale di coloro che frequentano più di una associazione è cresciuta in questi ultimi quattro anni.
Questo dato si può interpretare, coerentemente con i risultati di altre indagini, come una diffusione tra i giovani di un orientamento «esplorativo»: le motivazioni che portano ad associarsi sono sempre meno espressione di grandi scelte ideali, esclusive e di lungo termine; piuttosto esse rivelano, in misura sempre maggiore, una ricerca a tutto campo di opportunità, di risorse e di esperienze.
Nel contempo va anche sottolineata la crescita dell'as-
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TAB. 6.1. Livelli di associazionismo dei giovani (%)
Non associati Monoassociati Multiassociati
Almeno l volta negli ultimi 3 mesi
1992
37,8 26,1 36,1
1996
37,1 2 1 ,6 41 ,3
Almeno 2 volte negli ultimi 3 mesi
1992
48,8 28,7 22,5
1996
48,2 25,7 26,1
siduità con cui i giovani mediamente partecipano all'attività delle associazioni frequentate, riscontrabile nel fatto che la percentuale di chi negli ultimi tre mesi ha frequentato almeno due volte una associazione è cresciuta rispetto al 1992.
Nel complesso, questi indicatori possono essere visti come un segnale di una consolidata attività associativa dei giovani nel nostro Paese: essa risulta sempre più diffusa, diversificata e intensa.
Gli stessi dati non sono invece sufficienti per descrivere il diverso grado di coinvolgimento personale e le modalità organizzative che la partecipazione associativa può assumere. Nella lettura dei risultati sopra riportati, occorre dunque sempre tenere presente che la membership può variare non solo in termini di tempo speso, ma anche da un punto di vista qualitativo.
I dati qui presentati convogliano sotto il concetto generale di <<Vita associativa» varie forme di partecipazione, a partire dall'orientamento di fruizione di beni individuali in modo associato (sempre più diffuso, soprattutto nelle associazioni per il tempo libero), sino all'impegno attivo con assunzione di responsabilità per conto dell'associazione. Esperti di politiche e di associazionismo giovanili stimano la percentuale di giovani impegnati in associazioni volontarie tradizionali intorno al 20% circa, mentre il 40-50% parteciperebbe a gruppi informali o a nuove forme di movimenti e organizzazioni giovanili1 .
I Cfr. Vanandruel et al. [1995].
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La differenza tra quella stima e i dati del presente rapporto è imputabile, oltre che al diverso strumento di indagine impiegato, proprio al modo diverso di definire il concetto di membership associativa; una analisi in profondità delle forme partecipative, peraltro sempre più articolate e mutevoli, non può che essere fatta con metodi qualitativi, mentre è opportuno che il dato quantitativo indichi complessivamente la tendenza associativa (comprese le forme pre- e para-associative) al di là delle sue modalità di manifestazione.
2 . I volti dell'associazionismo
Se la maggior parte delle associazioni considerate nel questionario vede crescere la partecipazione dei giovani (soprattutto quelle sportive, religiose, culturali e ricreative, ma anche quelle studentesche, di impegno sociale e i collettivi) , stabili risultano invece quelle ecologiste, della gioventù (per esempio gli scout), professionali e di categoria, di problemi delle donne; ancora in calo, nonostante i già bassi livelli, è invece l'adesione a quelle politiche, sindacali e di impegno per la difesa dei diritti umani (tab. 6.2) .
Poiché il numero di associazioni indicate nel questionario è piuttosto elevato, conviene ai fini espositivi ricondurre l'elenco a un numero di classi più ristretto, anche se questa operazione risulta necessariamente arbitraria (buona parte delle associazioni, infatti, data la loro multifinalità, non si lasciano facilmente classificare in modo univoco).
Seguendo una prassi diffusa si può distinguere tra: - associazioni le cui attività sono prevalentemente ri
volte in modo diretto agli affiliati e alle loro necessità di autorealizzazione e di socializzazione, mediante la fornitura di servizi, l'organizzazione di attività ricreative e culturali (sinteticamente possiamo definirle come associazioni prevalentemente auto-orientate) ;
- associazioni che sono prioritariamente rivolte alla
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TAB. 6.2. Partecipazione alle attività di associazioni o gruppi: confronto 1992-1996 (%)
Sportiva (praticanti) Religiosa Culturale Sportiva (di tifosi) Studentesche Ricreative/turistiche Impegno sociale e assistenz. Collettivo Ecologista Politica Della gioventù Di categoria professionale Per i problemi della donna* Altre Sindacale Di difesa dei diritti umani
1992
Almeno l Almeno 2 volta volte
30,7 25,5 19,8 14,2 17,4 10,0 12,4 8,1 10,5 5,4 12,5 5,9 9,9 5,5 4,9 2,7 6,5 2,1 6,4 3 ,4 5,0 3 ,6 3,9 1 ,4 3,5 1 ,1 0,4 0,3 4,4 1,8 3 ,4 1,3
* % calcolata sul totale femmine.
1996
Almeno l Almeno 2 volta volte
32,0 26,2 23,2 15,5 2 1 ,7 12,6 15,1 9,6 13,7 6,6 13,5 6,0 13,4 7,4 7,6 4,0 6,8 2,3 5,6 3,0 5,5 3 ,4 4,6 2,1 3,3 1 ,6 0,8 0,6 3,1 1 , 1 2,8 1 ,0
promozione dell'impegno e della partecipazione degli affiliati alla vita sociale più ampia, mediante azioni di carattere politico e sindacale, manifestazioni pubbliche del pensiero, attività rivolte a soggetti svantaggiati e in difficoltà (associazioni prevalentemente etero-orientate) ;
- come categoria a parte conviene poi considerare le associazioni religiose, sia per il rilievo che esse hanno in Italia, sia perché la collocazione univoca in una delle due categorie prima individuate risulta particolarmente difficile2 .
2 Come associazioni prevalentemente auto-orientate sono state considerate: le associazioni sportive (di praticanti e di tifosi), culturali, ricreative, turistiche, scoutistiche, i collettivi, i gruppi di base e i centri sociali; come associazioni prevalentemente etero-orientate quelle politiche, sindacali e di categoria, ecologiste, di impegno sociale, studentesche, per la difesa dei diritti umani e per i problemi della donna.
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Come ci si poteva attendere, le attività associazionistiche che ristÙtano più diffuse tra i giovani italiani, al pari dei loro coetanei degli altri paesi europei, sono quelle prevalentemente auto-orientate (il 5 1 ,2% dei giovani ne frequenta almeno una) ; a livelli più bassi di adesione, ma pur sempre consistenti, vengono le associazioni di partecipazione e impegno collettivo (32,2%) e quelle religiose (23 ,2 %) .
Poiché molti soggetti intervistati frequentano più di una associazione, è stato chiesto a chi si associa di indicare l'organizzazione più importante (per chi ne frequenta una sola questa è stata codificata automaticamente come quella più importante) .
Anche questo indicatore mostra che le associazioni culturali e ricreative vengono per prime come ordine di importanza (60,3 %) , seguite a notevole distanza da quelle religiose ( 17 ,7%) e da quelle di impegno sociale (14,1 %) .
Un commento merita il fatto che le associazioni sindacali, di categoria e studentesche sono prioritarie solo per 1'8% dei giovani che svolgono un'attività associativa: in una società in cui i cleavages che separano i gruppi di interesse sono sempre più numerosi (dove anche gli automobilisti hanno una loro lobby), le giovani generazioni sembrano poco attente a difendere i propri interessi materiali3 .
Le associazioni che richiedono agli affiliati un impegno per la produzione e la tutela di beni pubblici trovano difficoltà a ottenere la partecipazione attiva dei giovani; fanno eccezione quelle che operano nel campo dell'impegno sociale e religioso, in cui è compreso quel fenomeno assai vitale nel nostro Paese che va sotto il nome di volontariato: si tratta di un impegno in gran parte di matrice cattolica, principalmente caratterizzato dalla pro-
3 Eppure gli alti tassi di disoccupazione giovanile o la recente riforma pensionistica, per non fare che due esempi, consiglierebbero una maggiore cura dei propri interessi.
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duzione di beni e servizi per le persone che sono in stato di disagio o a rischio di emarginazione4•
Sembra dunque che non sia l'impegno in quanto tale a trovare scarso successo tra i giovani, ma quello universalistico e di matrice laica, orientato ai diritti umani, politici e civili.
Forse anche in questi campi si potrà assistere nei prossimi anni a una inversione di tendenza; l'importanza dell'impegno politico e di quello sociale sembra in lieve ripresa nel giudizio dei giovani in quest'ultima inchiesta, dopo la «freddezza» mostrata nello scorso decennio. In parte ciò dipenderà dalla capacità delle organizzazioni che operano in questa area della vita associativa di svecchiare i loro apparati e modelli organizzativi e di aprirsi alle aspettative delle nuove generazioni.
Le associazioni che si occupano dell'impiego del tempo libero e della fruizione di servizi · individuali mostrano una maggiore capacità di attrazione di nuovi affiliati. Va tuttavia segnalato il . rischio che la sfida rappresentata dal leisure market le induca ad assumere in misura crescente il carattere di organizzazioni orientate alla clientela: il bisogno di rinnovare le forme partecipative, all'interno di un sistema di valori sempre più centrato sull'autorealizzazione dell'individuo, se portato agli estremi, mette a rischio la stessa specificità della vita associativa che è quella di stimolare la partecipazione e la socializzazione degli individui.
3 . Pro/ilo dei giovani che partecipano all'attività delle associazioni
Le due variabili demografiche tradizionalmente considerate, il genere e l'età, non rivelano particolari sorprese rispetto alle ricerche precedenti. Se si considera il territo-
4 Si veda la «fotografia» dell'associazionismo in Italia curata da Bagnasco [1994] .
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T AB. 6.3. Livelli di associazionismo per genere e età (almeno una volta negli ultimi tre mesi - %)
N o n associa ti Monoassociati Multiassociati
M
33,4 22,9 43,6
F
40,8 20,2 39,1
15-17 18-20 2 1 -24 25-29
23,9 17,7 58,4
35,1 20,7 44,2
37,7 23 ,1 39,3
44,3 22,7 32,9
rio nazionale nel suo complesso, si può osservare che maschi e femmine mostrano propensioni alla vita associativa molto simili; una minore apertura alla vita associativa delle ragazze rispetto ai maschi si può ancora osservare nell' area del Sud e delle Isole: qui la percentuale di non associate è del 48,5 % contro il 3 7,4% mostrato dai maschi.
Disaggregando i dati per fasce di età si può vedere che sono i giovanissimi a mostrare i maggiori livelli di frequentazione delle associazioni e che questi declinano gradualmente con l'aumentare dell'età.
Ciò può essere spiegato principalmente come effetto di ciclo vitale, considerando che la condizione di giovane nelle società contemporanee è un processo di esplorazione per la formazione dei propri legami di appartenenza sociale, dei propri interessi e delle proprie aspirazioni ideali. Con il graduale ingresso nella vita adulta, molti soggetti abbandonano questo atteggiamento esplorativo, dedicandosi a una sola attività associativa o abbandonando del tutto tale forma di partecipazione alla vita sociale, soprattutto una volta che si sono consolidati i legami affettivi di coppia e quelli attinenti alla sfera lavorativa (tab. 6.3 ) .
La disaggregazione dei dati secondo l'ampiezza del comune di abitazione non mette in luce particolari differenze tra centri piccoli, medi e grandi; più interessante è invece la disaggregazione per aree geografiche.
Da essa emerge che l'area del Nord-Ovest è oggi caratterizzata da un livello di associazionismo giovanile molto più alto di quello riscontrato nel resto del Paese.
Questa spiccata differenziazione non era invece pre-
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TAB. 6.4. Livelli di associazionismo a confronto per area geografica (almeno una volta negli ultimi tre mesi - %)
1992 1996
N-0 N-E Centro Sud N-0 N-E Centro Sud
Non associati 35,8 33,5 43,2 38,3 23,9 37,1 40,4 43,0 Monoassociati 26,9 24,2 28,4 25,3 2 1 ,2 20,3 25,3 20,8 Multiassociati 37,3 42,3 28,4 36,3 55,0 42,6 34,3 36,2
sente nel 1992; peraltro, allora erano i giovani del NordEst a mostrare una maggiore propensione all'associazionismo. I dati IARD mostrano inequivocabilmente che in questi ultimi quattro anni si è verificato un vero e proprio boom associativo nel Nord-Ovest, soprattutto nei Comuni medio-grandi, che andrà sicuramente studiato in profondità5•
Rispetto al 1992 l'associazionismo risulta in aumento al Centro, in lieve calo nel Nord-Est, dove però resta molto elevato nei comuni grandi, e in più marcata diminuzione nel Mezzogiorno; quest'ultima continua a essere l'area di minore diffusione dell'associazionismo, sebbene i livelli di partecipazione non siano molto distanti da quelli del Centro e del Nord-Est.
Il processo di diffusione di una rete associativa nel Sud e nelle Isole, avvenuto secondo dinamiche analoghe a quelle rilevabili in altre regioni6, non è privo di tensioni e temporanee battute di arresto; l'aumento e la diversificazione dell'offerta associativa non sembrano essere di per sé condizione sufficiente per ottenere un ampliamento della base associativa giovanile. Una particolare difficoltà di sviluppo delle reti associative si può individuare
5 Negli anni Ottanta gli studi sull'associazionismo si sono invece concentrati sul ruolo di questo nello sviluppo socio-economico della «terza Italia» e sull'associazionismo come fattore di progresso socioculturale e di emancipazione della società civile nel Mezzogiorno.
6 Cfr. Segatti [ 1990] e Trigilia [1995].
128
T AB. 6.5. Tipologia associativa per genere, età e area geografica (%)
Associazioni M F 15-17 18-20 21-24 25-29 N-0 N-E Centro Sud
Fruizione 57,5 44,8 63,1 53,4 5 1 ,0 43,9 67,0 52,9 45,9 44,0 Impegno 3 1 ,8 32,5 47,6 33,5 29,2 26,3 40,3 28,6 3 1 ,2 29,4 Religiose 19,7 26,8 38,4 25,9 18,8 17,8 27,2 20,8 18,2 23 ,8
soprattutto nei grandi centri del Mezzogiorno (ma anche in quelli del Centro), come si evince dalla tabella 6.4.
Se si considerano i diversi tipi di associazioni, va riconsiderato il giudizio circa l'omogeneità di Nord-Est, Centro e Sud.
Queste aree sono molto omogenee sul piano dell' associazionismo di impegno, i cui livelli sono decisamente inferiori a quello rilevato nel Nord-Ovest; il Nord-Est si pone invece a metà strada tra il Nord-Ovest e il CentroSud per quanto riguarda le associazioni prevalentemente auto-orientate.
li Centro infine spicca per il suo tradizionale minore livello di associazionismo religioso, che ha invece la sua maggiore diffusione al Nord-Ovest e al Sud (tab. 6.5 ) .
Altre differenze territoriali interessanti si possono trovare se si considerano le associazioni in modo più disaggregato.
Scegliendo come livelli standard convenzionali quelli partecipativi del Nord-Ovest, i più elevati, si può mettere in evidenza che l'associazionismo sportivo-praticante e quello culturale-ricreativo sono particolarmente poco sviluppati nel Centro e nel Sud, mentre nel Nord-Est è particolarmente deficitario l 'impegno in campo ambientalista (peraltro decisamente basso anche nelle altre aree) .
Anche la variabile «genere» acquista una certa capacità discriminante se si distinguono le associazioni in base alle loro finalità; i maschi partecipano di più delle femmine sul piano culturale, ricreativo e sportivo, mentre le seconde si attivano in misura maggiore dei maschi sul piano dell'associazionismo religioso; i due gruppi danno invece un eguale contributo partecipativo nel campo del� l'impegno sociale.
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Se la partecipazione diminuisce con l'aumentare dell' età in tutta la sfera associativa, ciò awiene in modo drastico nell'associazionismo di impegno sociale e ancora più in quello religioso; a rinunciarvi sono soprattutto coloro che hanno un impegno lavorativo, sia esso autonomo o dipendente, inteso come attività principale (esclusi dunque gli studenti che lavorano).
Occorre però sottolineare che il grado e il tipo di partecipazione associativa non si lasciano spiegare esclusivamente in funzione del maggiore o minore tempo a disposizione di ciascun soggetto, o del grado di assunzione di compiti e stili di vita tipici della condizione di adulto.
La percentuale di non associati è infatti massima tra soggetti che dichiarano di non studiare né lavorare (52,9%) : di ben 10 punti più elevata rispetto a coloro che hanno un lavoro di tipo dipendente (44,5 %) o autonomo (40,6%) .
«lo sto bene l io sto male l io non so dove stare l io sto bene l io sto male l io non so cosa fare l non studio non lavoro non guardo la Tv l non vado al cinema non faccio sport . . . » canta un celebre gruppo della scena musicale alternativa italiana degli anni Ottanta e Novanta; fatta eccezione per ciò che riguarda i consumi televisivi (che dai nostri dati risultano inversamente associati al grado di partecipazione sociale) , il testo sintetizza bene i segni di un malessere presente nelle nuove generazioni, vissuto magari contraddittoriamente: esso è identificabile con la difficoltà di trovare una collocazione in una qualche forma istituzionalizzata di riproduzione della sfera sociale, economica e culturale.
Paradossalmente, proprio chi ha già importanti impegni sociali extrafamiliari, come la scuola, il lavoro o entrambi, è più attratto dalla vita associativa: gli studenti lavoratori sono quelli che mostrano il livello più elevato di associazionismo (56,4 % di multiassociati) .
La scuola si conferma ancora una volta un forte veicolo per la partecipazione associativa: non solo perché l'associazionismo è correlato direttamente con il titolo di studio, ma anche perché il numero più elevato di associa-
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T AB. 6.6. Background culturale della famiglia di origine e livello associativo dei giovani (%)
Livello culturale della famiglia di origine
Alto Medio Basso
Non associati 28,0 34,8 49,0 Monoassociati 20,1 23,4 21 ,4 Multiassociati 5 1,9 41 ,9 29,6
T AB. 6. 7. Classe sociale della famiglia di origine e livello associativo dei giovani (%)
Non associati Monoassociati Multiassociati
Classe sociale della famiglia di origine
Superiore Impiegatizia Autonoma Operaia e assimilata
29,8 20,9 49,3
3 1 ,5 20,7 47,8
38,5 21 ,6 39,9
41 ,7 22,4 35,9
ti è riscontrabile tra coloro che stanno frequentando un corso di studi, sia esso di scuola superiore o universitario.
Si possono individuare anche aspetti per così dire strutturali, di carattere socio-economico e culturale, come condizioni che stanno a monte del maggiore o minore grado di partecipazione; ciò vale in special modo per il background culturale della famiglia di origine degli intervistati e, in misura minore, per la classe sociale di provenienza (tabb. 6.6 e 6.7)7.
7 In entrambi i casi il grado di associazione tra le variabili non è elevato ma è significativo (gli indici di correlazione, misurata con l' rs di spearman, sono rispettivamente .20 e . 12). Dunque, la classe sociale e ancor di più il background culturale sono direttamente associati con il livello partecipativo.
131
4. La fiducia nelle istituzioni
La dichiarazione del grado di fiducia riposta nelle principali istituzioni sociali è un indicatore del sostegno che i cittadini danno al sistema politico, economico e soéiale in cui vivono.
Seguendo le indicazioni di autorevoli studi sociologici e politologici8, si può affermare che questo sostegno viene dato, o negato, dai cittadini principalmente sulla base . di almeno due ordini di considerazioni: a) in base alle prestazioni che le istituzioni considerate sono effettivamente in grado di fornire in un certo momento o in altri termini un sostegno strumentale dato in base a considerazioni di efficienza, efficacia, equità e in generale di buon funzionamento delle stesse; b) in base a un legame di carattere affettivo e cognitivo, formato nel corso della socializzazione dell'individuo, con la comunità culturale, civile e politica di appartenenza, ma le cui radici vanno individuate nel corso di processi storici di medio e lungo periodo sovraindividuali.
Un sistema di istituzioni civili e democratiche, radicato e stabile, richiede che sia sviluppato soprattutto il secondo tipo di legame: esso infatti può garantire lealtà anche nei periodi di crisi di prestazione delle istituzioni, perché resta la fiducia nel futuro, cioè nei meccanismi correttivi e sanzionatori del sistema.
La distinzione vale ovviamente da un punto di vista analitico, perché difficilmente nell'esperienza quotidiana di ognuno si possono tenere distinti i due fondamenti della fiducia istituzionale. Un sostegno di fondo può abbassare le pretese circa le prestazioni, mentre dal canto suo una delusione prolungata sul piano strumentale può incrinare la fiducia nelle capacità di recupero del sistema.
I dati relativi alla fiducia dichiarata dai giovani permettono però di fare alcune considerazioni su lealtà di
B Per citare solo alcuni tra i più importanti e celebri: Alrnond e Verba [1963] ; Easton [ 1965 e 1975] ; per quanto riguarda l'Italia, tra i più recenti, Putnam [ 1993] .
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fondo e soddisfazione per le prestazioni istituzionali, se considerate in serie storica e disaggregate per sottogruppi di popolazione.
In primo luogo è opportuno dividere le istituzioni e i gruppi sociali in base a tre livelli di fiducia incondizionata, compresa dunque la soddisfazione per le loro prestazioni:
- quelli che godono di fiducia diffusa nella grande maggioranza dei giovani, che nell'attuale situazione italiana sono nell'ordine gli scienziati, la polizia, i carabinieri e gli insegnanti;
- quelli che godono di una fiducia contestata, che hanno cioè una buona reputazione solo per la metà del campione, e che sono la maggior parte delle istituzioni indagate: i magistrati, gli industriali, la Tv pubblica, i sacerdoti, i giornali, le banche, le Tv private e i militari di carnera;
- infine quelli verso cui c'è sfiducia di/fusa, cioè i sindacalisti, i funzionari statali, il governo, i partiti e i politici, in breve i principali rappresentanti del sistema politico-amministrativo.
In secondo luogo si può considerare il massimo grado di sfiducia9 come indicatore di una tendenza all'erosione della stessa credenza nella legittimità dell'istituzione o del gruppo presi in considerazione.
In base a questa seconda classificazione si può evidenziare che solo i politici sono oggi in Italia un gruppo sociale che è veramente a rischio di delegittimazione: il 46% dei giovani dichiara infatti di non avere nessuna fiducia in questo gruppo (nella precedente indagine il 40,9%) ; per tutte le altre istituzioni, almeno due giovani su tre hanno una qualche forma di fiducia (da poca a molta) .
Se la fiducia istituzionale è una componente essenziale del senso civico mostrato dai cittadini di uno Stato e
9 La scala di misurazione della fiducia accordata alle istituzioni è composta da quattro livelli ordinati: «molta», «abbastanza», «poca» e «per niente»; quest'ultimo è il livello qui considerato.
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T AB. 6.8. Fiducia nelle istituzioni per livello e tipo di associazionismo («molta» e <<abbastanza» fiducia - %)
Totale Non Mono Multi Solo Solo Solo asso- asso- asso- assoc. di asso c. assoc. di eia ti eia ti eia ti fruizione religiose impegno
Scienziati 86,2 82,7 87,0 88,9 89,9 78,4 88,4 Polizia 67,9 66,8 67,3 69,1 65,7 74,1 67,4 Carabinieri 62,8 63,0 63,1 62,6 60,2 64,7 63,6 Insegnanti 62,1 57,7 64,6 64,8 59,0 7 1 ,6 63,6 Magistrati 55,1 50,2 56,6 58,8 55,0 61,2 56,6 Tv pubblica 51 ,4 5 1 ,7 49,9 51 ,9 46,9 61 ,2 48, 1 Industriali 49,1 46,9 49,7 50,8 54,2 50,0 39,5 Sacerdoti 48,8 44,0 50,6 52,2 40,8 78,4 40,3 Giornali 48,1 46,2 46,0 50,9 46,9 50,9 41 , 1 Banche 45,8 46,7 44,7 45,6 43,0 44,8 46,5 Tv privata 45,3 47,8 47,1 42,2 47,4 60,0 41 ,8 Militari carr. 39,0 38,7 38,0 39,7 35,5 41 ,4 43,4 Sindacalisti 23,7 23,6 22,8 24,3 23,9 19,8 27,1 Funzionari 19,2 18,7 19,9 19,2 16,6 14,7 26,4 Governo 16,3 15,1 16,5 17,3 13,0 17,2 20,9 Partiti 13,3 9,9 1 1 ,7 17,2 12,6 7,8 16,3 Uomini politici 9,0 7,2 8,3 1 1 ,0 6,7 7,8 14,0
di una società civile, occorre anche dire che essa è una costruzione molto delicata, frutto di numerosi processi di integrazione sistemica e sociale.
Non è ovviamente qui possibile indagare tali processi, tuttavia può essere opportuno individuare un punto di unione tra il discorso fatto precedentemente sull'associazionismo e quello sulla fiducia istituzionale, vista la loro contiguità sul piano della partecipazione sociale e politica.
Nelle relazioni di comunità, la fiducia è una risorsa che caratterizza le relazioni simmetriche e vis à vis; una società complessa ha però bisogno di un tipo di fiducia più estesa, generalizzata ai rapporti asimmetrici e spersonalizzati.
È plausibile ipotizzare che l'apertura alla vita associativa, svincolando gli individui dalle strette maglie delle relazioni sociali primarie, abbia un effetto positivo sulla fiducia istituzionale.
I dati sembrano avvalorare, seppur debolmente, tale ipotesi. I gruppi dei partecipanti alla vita associativa (mo-
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noassociati e multiassociati) mostrano un livello complessivo leggermente superiore di fiducia per la maggior parte delle istituzioni; in particolare ne guadagnano insegnanti, magistrati, sacerdoti, giornali, governo, partiti e uomini politici; ne perde invece la Tv privata (tab. 6.8).
n legame tra associazionismo e fiducia nelle principali istituzioni del sistema sociale si apprezza meglio considerando separatamente i tre tipi fondamentali di associazione precedentemente individuati.
Prendendo come soggetti di confronto i giovani non associati si possono fare le seguenti osservazioni:
- i giovani che frequentano solo associazioni di svago mostrano una fiducia sensibilmente superiore negli industriali e nei partiti, mentre per le restanti istituzioni mostrano livelli di fiducia simili o addirittura inferiori, come nel caso dei funzionari statali e del governo;
- i giovani che frequentano solo associazioni religiose mostrano una fiducia sensibilmente superiore nei sacerdoti, nella polizia, negli insegnanti, nei magistrati, nella Tv pubblica e privata, e sensibilmente inferiore nei sindacalisti, nei funzionari dello Stato e nei partiti;
- i giovani che frequentano solo associazioni di impegno sociale mostrano una fiducia sensibilmente superiore dei non associati negli insegnanti, nei magistrati, nei militari di carriera, nei sindacalisti, nei funzionari dello Stato e nelle istituzioni della politica, e una maggiore sfiducia nei mass media, negli industriali e nei sacerdoti.
Tutto ciò conferma la caratteristica dell'associazionismo come processo connettivo, collocabile a un livello intermedio tra l'individuo e le sue reti di relazione primaria (gruppi familiari e amicali in primo luogo) , da un lato, e i diversi livelli societari e comunitari più complessi, quali sono lo Stato e le diverse manifestazioni della società civile, dall' altro10•
IO L'associazionismo non è invece associato al livello di fiducia interpersonale: ciò è congruente con l'immagine dell'associazionismo come «cerniera» tra l'individuo e la sfera pubblica nelle sue manifestazioni più astratte, al di là delle esperienze quotidiane concrete.
135
Nel complesso i livelli di fiducia dichiarati nelle diverse istituzioni sono distribuiti in modo abbastanza omogeneo sul territorio nazionale; in particolare non sembra più valida l'immagine di un Sud generalmente sfiduciato rispetto al Centro-Nord.
Rimandando al paragrafo successivo il discorso sugli apparati e le istituzioni statali, per i restanti si possono qui rilevare alcune differenze, a dire il vero molto sfumate, di carattere territoriale:
- per quanto concerne la fiducia nei mass-media, si può evidenziare che nel Nord-Ovest sono i giornali ad avere, seppur di poco, la precedenza su Tv pubblica e Tv privata (rispettivamente 49,7% , 48,2 % e 44,0% di «molta» e «abbastanza» fiducia) , mentre nelle altre aree, in special modo al Sud e nelle Isole, il primato va alla Tv pubblica (54,7%) ;
- eccettuata l'indiscussa fiducia raccolta dagli scienziati in tutto il Paese (dall'83 , 1% del Mezzogiorno al 90% del Nord-Est), vanno evidenziate significative differenze per le altre due fondamentali agenzie di trasmissione della cultura, gli insegnanti e i sacerdoti; per quanto riguarda i primi si può notare una demarcazione tra Centro (59,8%) e Sud (57,6%) da un lato e Nord-Ovest (65,5 % ) e Nord-Est (7 1 ,9%) dall'altro; la maggior fiducia nei sacerdoti accomuna invece il Mezzogiorno (5 1 ,8%) e il Nord-Est (49,9%) rispetto al Centro (43 ,3 %) e al NordOvest (46,7 %) ;
- nel campo economico, oltre a segnalare una fiducia estremamente bassa nei sindacati in tutte le aree del Paese (con il punto minimo al Sud, pari al 22,3 %) , è da rilevare una consistente minore fiducia che i giovani del Sud, e ancor più quelli del Centro, accordano a banche e industriali rispetto ai coetanei del Nord (circa 10- 15 punti percentuali di distacco) .
Sintetizzando si può dire che il livello della fiducia nelle istituzioni della società civile è abbastanza omogeneo; fanno eccezione le tre istituzioni più legate al mondo del lavoro (scuola, banche e industrie) , le quali non fanno altro che riflettere la cesura socio-economica che
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separa il Nord economicamente più progredito dal Centro-Sud.
5 . La fiducia nelle istituzioni dello Stato
Particolare attenzione nell'attuale contesto italiano merita l'atteggiamento dei giovani verso le istituzioni dello Stato.
Abbiamo condotto una analisi fattoriale sugli items della fiducia nelle seguenti istituzioni e gruppi: funzionari dello Stato, Governo, uomini politici, partiti, magistrati, polizia, militari di carriera, carabinieri. Come si può vedere si tratta di organizzazioni o soggetti più direttamente coinvolti nei tre poteri fondamentali delle democrazie liberali (legislativo, esecutivo e giudiziario) , da un lato, e di organizzazioni e soggetti preposti all'applicazione della forza legittima e della tutela dell'ordine, cioè poteri che le entità statuali moderne rivendicano come proprie legittime prerogative.
L'analisi fattoriale ha confermato1 1 l'esistenza dei due fattori attesi, il primo rappresentante le istituzioni liberaidemocratiche (che assegna la fiducia ai politici, ai partiti, al governo, ai funzionari dello Stato) , il secondo orientativo al sistema e agli apparati di controllo (che ripone la propria fiducia nei carabinieri, nella polizia, nei militari) .
Come è riscontrabile anche nelle indagini precedenti, la magistratura compare in entrambi i fattori, coerentemente con il suo ruolo di cerniera tra il sistema di garanzie democratiche e gli apparati di uso della forza legittima.
Sebbene i due fattori risultino sensibilmente correlati, non sempre alla fiducia nelle istituzioni democratiche
1 1 L'analisi fattoriale è stata utilizzata in modo confermativo: si sono cioè scelti gli indicatori ritenuti più adeguati a far emergere proprio quei due fattori. Tecnicamente l'analisi è stata condotta imponendo l'estrazione di due fattori, applicando il metodo ULS (che ottimizza la riproduzione della matrice di correlazione originaria) e la rotazione 0BLIMIN.
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corrisponde una fiducia negli apparati di applicazione della forza, e viceversa.
T orna dunque utile costruire una tipologia dei p ossibili atteggiamenti.
Distinguendo l'atteggiamento di prevalente fiducia da quello di prevalente sfiducia su entrambe le dimensioni, e procedendo a un incrocio, possiamo ottenere la seguente tipologia di soggetti12 :
- individui con prevalente fiducia nello Stato (36,4%) ;
- individui con prevalente sfiducia nello Stato (27 ,5%) ;
- individui con prevalente fiducia nel sistema democratico e sfiducia negli apparati di uso della forza ( 13 ,3 % ) ;
- individui con prevalente sfiducia nel sistema democratico e fiducia negli apparati di uso della forza (22,8%) .
Se nel complesso si ha più fiducia nello Stato inteso come apparato di applicazione della violenza legittima, piuttosto che come sistema garante dell'applicazione dei poteri democratici, solo per un terzo del campione le due cose non sono separate.
L'applicazione di questa tipologia nelle diverse aree geografiche non presenta sostanziali diversità; a parte il segnalare che i giovani del Nord-Ovest e del Centro Italia mostrano una sfiducia generalizzata lievemente superiore rispetto a quelli delle altre regioni, non ci sono commenti rilevanti da fare data l'omogeneità presentata in questo caso dalle varie aree territoriali.
Si tratta di un dato che può far riflettere sul mutamento in Italia della cultura civica: di quest'ultima infatti la fiducia è sicuramente una componente fondamentale, anche se non esclusiva.
12 Dai punteggi fattoriali di entrambe le dimensioni sono state ricavate delle variabili dummy, che sono poi state utilizzate per assegnare i soggetti alla tipologia.
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Per quanto concerne le nuove generazioni e limitatamente al versante della fiducia, non emerge da questi dati l'immagine, molto diffusa nella letteratura sociologica e nella pubblicistica, di un'Italia divisa tra un Sud familista e un, Nord più modernizzato e lealista verso lo Stato.
E plausibile ipotizzare che la fiducia nello Stato sia almeno in parte favorita da quel processo di diffusione della vita associativa messo in risalto nei paragrafi precedenti.
Se distinguiamo ancora una volta tra non associati, monoassociati e multiassociati possiamo osservare un'influenza, seppur debole, di tale processo su una delle due dimensioni della fiducia nello Stato, quella relativa al sistema democratico (rispettivamente, per i tre gruppi: 35,7%, 40,0%, 44,4% di soggetti che mostrano prevalente fiducia) .
Si è già detto nel paragrafo precedente che i politici sono il gruppo che raccoglie minore fiducia. Uno sguardo più dettagliato è necessario per capire se si tratti di una sfiducia negli attori concreti o nelle istituzioni politiche in quanto tali.
Se si guarda alla sfiducia totale dichiarata verso il governo e i partiti, dunque verso tipiche istituzioni del sistema politico, le percentuali sono rispettivamente il 33 ,6% e il 34,8% (nel 1992 il 33 ,3 % per il governo, mentre non era stato rilevato per i partiti) .
Coloro che si dichiarano sfiduciati completamente nei politici, nei partiti e nel governo sono un numero minoritario, per quanto consistente ( 19,4%) .
Questi indicatori sono, nel loro complesso, un segnale di una erosione della fiducia nel sistema politico, che probabilmente riguarda per ora in linea di massima le capacità degli attori nella gestione degli affari pubblici, più che i princìpi e le istituzioni di tale sistema. A supporto di tale interpretazione, si può osservare che, al di là delle dichiarazioni, tre giovani su quattro (al pari degli adulti) hanno partecipato al voto nelle ultime elezioni politiche nazionali (aprile 1996) .
Tuttavia nel lungo termine occorre considerare che
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Sacerdoti
Sindacati
Banche
Insegnanti
Militari
Carabinieri
Polizia
Magistrati
Politici
Governo
Funzionari
!"""""""
5 15 25 35 45
D 1983 • 1987 D 1992 llììil 1993
55 65
FIG. 6 .1 . Fiducia accordata alle istituzioni. Serie storica 1983-1996 (15-24enni) (%) .
una forte insoddisfazione per le prestazioni può erodere la lealtà verso le istituzioni democratiche in quanto tali.
Combinando la fiducia in questi gruppi e organizzazioni, possiamo individuare tre tipi fondamentali di atteggiamento verso le cinque fondamentali istituzioni del sistema democratico:
- fiducia generalizzata, cioè molta o abbastanza fiducia in almeno quattro gruppi su cinque, che riguarda una esigua minoranza (5 ,8%) ;
- fiducia selettiva, cioè fiducia in almeno un gruppo su cinque (61 ,5%) ;
- sfiducia verso il sistema democratico (cioè poca o nessuna fiducia su tutti e cinque) (32,7%) ; da questi ultimi si possono poi enucleare coloro, un'esigua minoranza, che mostrano una sfiducia totale (4 ,4%) .
140
A partire dalla prima indagine IARD ( 1983 ), si assiste a un calo della fiducia dei giovani per lo Stato nel suo insieme, in particolare per le istituzioni della politica e quelle amministrative, con l'unica eccezione rappresentata d�a seconda metà degli anni Ottanta (fig. 6 . 1 ) .
E difficile stabilire in che misura questo declino sia spiegabile come fenomeno idiosincratico delle nuove generazioni di italiani e quanto invece sia da attribuire a un generale allontanamento dalle forme tradizionali della politica, osservabile nelle democrazie occidentali a partire perlomeno dalla metà degli anni Settanta.
Questa difficoltà interpretativa dipende anche in parte dalla carenza di dati che sarebbero necessari per la costruzione di serie storiche, soprattutto per quanto riguarda la fiducia istituzionale mostrata dalla popolazione adulta13•
Colpisce il fatto che la fiducia nell'amministrazione continui a essere strettamente legata alle vicende della politica, nonostante la notevole innovazione legislativa, tesa soprattutto a rendere autonomi rispetto al potere politico e più trasparenti gli apparati e le procedure delle amministrazioni centrali e di quelle periferiche14•
Una crisi di efficienza sistemica dello Stato è segnalata anche dall'abbassamento di fiducia nel sistema educativo ( -7 ,7% rispetto al 1983 ) e in quella parte di sistema economico che è più strettamente connesso allo Stato, le banche (-12,8%) .
Va comunque sottolineato che resta stabile, e a livelli elevati, la fiducia negli apparati di controllo e sicurezza. È interessante poi notare una certa oscillazione nella fiducia per la magistratura nel corso degli anni Ottanta e
13 Non mancano, a dire il vero, rilevazioni sulla fiducia istituzionale mostrata dalla popolazione italiana negli ultimi decenni; tuttavia le differenti modalità di rilevazione creano notevoli problemi di confrontabilità e conseguentemente di costruzione di serie storiche.
14 Si pensi ad esempio alle importanti leggi di riforma della P.A. (1. 142/90 sulle autonomie locali e l. 241/90 sul procedimento amministrativo), alla riforma del Servizio Sanitario Nazionale (d.l. 502/92) e alle recenti normative di riassetto della disciplina del pubblico impiego.
141
Novanta, cosa che del resto è registrabile anche nella popolazione adulta; in questo andamento alterno si riflette probabilmente il protagonismo che questa istituzione ha avuto, nel bene e nel male, nella recente storia italiana (già da prima della vicenda «mani pulite») .
Non abbiamo invece dati sufficienti per stabilire se industriali e mezzi di comunicazione abbiano visto un aumento di fiducia da parte dei giovani: così sembra emergere dall'unico confronto disponibile, cioè con il 1992, soprattutto per quanto riguarda i media 15•
In definitiva l'unico gruppo sociale, tra quelli compresi nel questionario, nei confronti del quale è aumentato sensibilmente il grado di fiducia attribuito dai giovani, è quello dei sacerdoti (anche se va detto che questi ricevono fiducia solo da metà del campione, e questo in un Paese ufficialmente a stragrande maggioranza cattolica) .
Rispetto alle iniziali osservazioni circa l'importanza della fiducia istituzionale per un sistema democratico vitale, ci si può chiedere se in Italia tale fiducia sia a un livello adeguato tra i giovani. Sappiamo che effetti di ciclo vitale fanno sì che con l'entrata nella fase adulta tali livelli tendano a crescere leggermente, se non intervengono particolari esperienze generazionali.
Può essere interessante un raffronto con un altro Paese europeo, la Germania; il confronto si presta particolarmente interessante, non solo perché la Germania è spesso presa nel nostro Paese come modello di riferimento, ma anche perché negli ultimi anni si è assistito anche in quel Paese a un declino di fiducia nelle istituzioni dello Stato.
Considerando la stessa fascia di popolazione giovanile, dati disponibili riferiti al 199216 mostrano che nella parte occidentale della Germania (cioè la Repubblica Federale Tedesca prima della riunificazione) la fiducia di-
15 li confronto per i media è reso ancora più incerto, oltre che dalla limitatezza della serie storica, dal fatto che nel 1992 si era chiesto il grado di fiducia accordato ai giornalisti, mentre ora la domanda distingue tra giornali, Tv pubbliche e Tv private.
16 Cfr. Hoffmann-Lange [1995] .
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chiarata nelle principali istituzioni del sistema politico, sebbene in calo rispetto ai primi anni Ottanta, era di gran lunga superiore rispetto a quella dichiarata dai giovani italiani.
Anche nei Uinder orientali (ex Repubblica Democratica Tedesca) , pur con tutti i problemi sollevati dal crollo del vecchio regime e dalla difficile transizione a un nuovo sistema politico economico (crisi del mercato del lavoro, della situazione abitativa, riduzione del wel/are, tensioni nelle identità sociali, per citarne solo alcuni) , i tassi di fiducia dei giovani nel sistema politico sono decisamente più alti di quelli dei giovani italiani.
Il confronto, sulla base di questi soli dati, non può ovviamente che avere carattere impressionistico: tuttavia è legittimo pensare che in Italia la fiducia delle nuove generazioni si stia avviando al di sotto dei limiti che caratterizzano il disincanto per la politica nelle sue forme tradizionali o la delusione per le prestazioni sistemiche e che sia un segnale di un malessere più profondo.
Bassi livelli di fiducia istituzionale (almeno nelle dichiarazioni) non sono certo una novità nel nostro Paese; tuttavia occorre ricordare il crollo verticale di fiducia alla fine degli anni Ottanta nel sistema politico, a cui non corrisponde sei anni dopo alcun segnale di inversione, nonostante le importanti operazioni di ingegneria istituzionale, l'innegabile impegno per il risanamento delle finanze pubbliche, il ricambio della classe politica.
Con una battuta, si potrebbe dire che le giovani generazioni non hanno per ora azzerato i conti con la cosiddetta «prima repubblica».
Questi aspetti negativi vanno comunque letti accanto a segnali positivi: tali sono ad esempio l'accresciuto grado di fiducia in aree geografiche che erano tradizionalmente scettiche nei confronti dello Stato e la crescente diffusione dell'associazionismo tra i giovani, che nel lungo periodo è componente essenziale di quel processo virtuoso che vede la fiducia e la critica costruttiva in relazione reciproca con il buon funzionamento delle istituzioni.
1 43
CAPITOLO SETTIMO
L'ITALIA: UN PUZZLE DI PICCOLE PATRIE
l. Il bricolage dell'identità territoriale
È da qualche anno che il territorio è divenuto oggetto di attenzione e di dibattito, non solo fra gli studiosi, ma prima ancora fra gli attori politici. Si è assistito, a questo proposito, a un rovesciamento di prospettiva. Le differenze e le articolazioni che caratterizzano, storicamente, il Paese, concepite prima come segni di specificità oppure come problemi da risolvere, si sono trasformate in altrettanti motivi di contrasto, in altrettante fratture1• Si è cominciato, così, a guardare ai rapporti fra centro e periferia, fra Nord e Sud, fra contesti locali e Stato nazionale come linee di divisione. Indici di un Paese disunito, attraversato da spinte centrifughe. La distinzione fra le rappresentazioni espresse in ambito scientifico e politico non è, a questo proposito, così facile. È vero, infatti, che questa tendenza ha avuto origine negli anni Ottanta, in seguito all'azione della Lega, la quale ha fatto del contrasto territori�e la principale fonte di identità e di rivendicazione2. E, tuttavia, altrettanto vero che dall'ambito sociopolitico questa tematica si è trasferita, rapidamente, nel campo della ricerca e della riflessione scientifica e culturale. Segno di questa tendenza è la ripresa - in ambito
l Per una discussione sul cambiamento in tempi recenti del rap· porto tra territorio e politica in Italia nell'ultima fase si vedano Putnam [1993] ; Cartocci [1994] ; Trigilia [1994]; Bagnasco [ 1996]; Ricolfi [1996b]; Cartocci [ 1996] ; Carnevali [1996] e, infine, Diamanti, Dieckhoff, Lazar e Musiedlak [1994] .
2 Per una ricostruzione della vicenda leghista e del suo rapporto con il problema territoriale, rinviamo a Diamanti [1995] e alla bibliografia ivi presentata. Cfr. inoltre Diamanti [1996] .
145
politico e culturale - del dibattito sull'identità nazionale. Rimossa per quasi tutto il dopoguerra, la questione è tornata attuale negli · ultimi anni. Causa, ma anche merito della Lega, come ha sottolineato Gian Enrico RusconP. È, infatti, l'aperta ed esplicita minaccia leghista ad aver sollevato un tema che pareva avere perso rilevanza nella coscienza degli italiani, costringendo attori politici, intellettuali e cittadini a interrogarsi sull'ipotesi - non più implausibile - di cosa potrebbe succedere «se cessiamo di essere una nazione». A una fase di lungo silenzio, si è contrapposto così un periodo di intenso confronto, segnato da toni spesso polemici, all 'interno del quale l'identità nazionale più che porsi come «questione», è stata essa stessa «rimessa in questione». Si è trasformata in oggetto di definizione e di contrapposizione politica. Si pensi a come alcune tra le formazioni politiche maggiori abbiano ricondotto al fondamento territoriale la loro immagine, la loro etichetta: oltre alla Lega Nord, Alleanza Nazionale e Forza Italia. L'affermarsi in sede internazionale della stessa idea di Europa ha contribuito ad alimentare il clima di turbolenza geopolitica che caratterizza gli orientamenti in tema di nazione e di territorio. Da un lato perché la crescente importanza riconosciuta alla cornice europea ha legittimato la discussione e le critiche sulle attuali forme di organizzazione dello Stato, attribuendo ulteriore significato non solo alle entità sovranazionali, ma anche a quelle regionali e transfrontaliere (le Euroregioni) . Dall'altro perché l'Europa, sulla spinta degli accordi sull'integrazione monetaria siglati dall'Unione Europea, ha assunto l'immagine di un sistema di vincoli, con un impatto molto pesante sulle politiche di bilancio dei diversi paesi e sulla condizione sociale delle persone. Così, se da un lato l'Europa si propone come una «nuova patria», non solo complementare, ma anche
3 L'appunto è tratto da Rusconi [1993] . Si veda anche Rusconi [1997] . Altri recenti contributi sull'argomento, che per taluni versi si distinguono oppure divergono dall'impostazione proposta da Rusconi, sono Lanaro [1996], Viroli [1995] e Galli della Loggia [1996].
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alternativa rispetto a quelle cui fanno riferimento oggi i soggetti, d'altro canto si presenta come un ambito ostile che appare come fonte di problemi più che di soluzioni. Ne esce un quadro effervescente e frammentato che fa del territorio un centro di conflitti e di divisioni, piuttosto che di aggregazione. Un quadro, peraltro, confuso, in quanto verte su riferimenti imposti dalle emergenze e dalle provocazioni suscitate dal dibattito politico, più che da un confronto coerente e continuo. Ne scaturiscono, come si è detto, immagini inquietanti: la debolezza e il declino dell'identità nazionale, la contrapposizione fra Nord e Sud ma anche fra il Nord e lo Stato, compensate appena dall'attaccamento all'idea dell'Europa. Queste immagini solo in parte hanno trovato riscontro nelle analisi e negli studi più approfonditi, i quali hanno, altresì, tratteggiato un profilo nel quale i diversi lineamenti e i diversi piani dell'identità territoriale, invece di contrastare, coesistono. Un profilo che combina l'identità locale con quella nazionale, ma anche con quella «cosmopolita», senza conflitti irreparabili. Le ricerche condotte in Italia hanno, cioè, fatto emergere l'immagine di una realtà nella quale gli individui realizzano il loro rapporto con il territorio in modo flessibile e articolato, componendo, organizzando, riaggiustando le principali definizioni dell'ambito territoriale a misura delle loro esigenze cognitive e pratiche. Una sorta di «logica del bricolage», che permette, fra l'altro, la coabitazione di identità e di sistemi locali, peraltro tanto specifici e differenziati come quelli proposti dalla realtà e dalla storia italiana4• La ricerca dello IARD conferma questa rappresentazione e la precisa ulteriormente, chiarendo alcune fra le più significative ragioni sulle quali essa si fonda. Fa emergere, altresì, alcune tendenze assai meno scontate, anche se da qualche tempo molti indizi le facevano intuire. Ci riferiamo, in particolare, all'orientamento europeista, che esce dalla ricerca ridi-
4 Abbiamo già proposto e argomentato questa idea in Diamanti e Segatti [1994].
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mensionato: un sentimento tiepido, nel quale prevale la componente utilitarista. Nei paragrafi che seguono affronteremo questi aspetti della questione, preoccupandoci però, anzitutto, di ricostruire i principali tratti del profilo multiplo dell'identità territoriale dei giovani, in base ai fuochi che lo caratterizzano: l'ambito locale, nazionale ed internazionale.
2. Città, regione, Italia: non alternativa, ma integrazione
n questionario chiedeva ai giovani di indicare, in ordine di importanza, le due unità geografiche in grado di suscitare in loro maggior senso di appartenenza. Un modo di fare emergere la gerarchia degli ambiti territoriali, ma anche le loro eventuali combinazioni. Se ne ricava un quadro caratterizzato, secondo le previsioni, da due punti di riferimento privilegiati: il contesto locale e quello nazionale ( tab. 7 . l) .
Se ci concentriamo sull'unità geografica indicata per prima e quindi ritenuta più importante vediamo che i giovani scelgono, anzitutto, la città in cui vivono, quindi l'Italia. Le altre unità territoriali suscitano un senso di appartenenza molto inferiore. Scelgono come centro di riferimento prioritario la «regione» oppure il «mondo inte-
TAB. 7 .1 . I riferimenti dell'appartenenza territoriale: prima e seconda unità geografica in ordine di importanza e indicazioni complessive (% sul totale degli intervistati)
Città Regione Italia Europa Mondo in generale
Appartenenza territoriale
Più importante
40,8 10,7 32,6
3 , 1 12,8
148
Seconda per importanza
19,6 23,7 32,5 13,4 10,9
Totale
60,4 34,4 65,1 16,5 23,7
ro» poco più del lO% dei giovani, mentre l'Europa genera attrazione presso una quota di giovani sostanzialmente marginale. Ciò può apparire sorprendente, giacché negli ultimi anni c'è stata grande enfasi sull'Europa come riferimento identitaria e politico. Tuttavia, come si vedrà meglio più avanti, l'Europa non viene percepita dai giovani come una «patria». Semmai come un riferimento importante anzitutto a fini «strumentali»: economici, di rappresentanza esterna, di regolazione dei mercati. Più che l'Europa sembra avere importanza l'Euro. E ciò non può non avere conseguenze sul piano del consenso e dell' attrazione sociale. La ricerca, quindi, rivela una polarità molto chiara fra città e nazione, o meglio, l'Italia (giacché, come si vedrà più avanti, non è che i tratti specifici dell'identità nazionale appaiano forti e condivisi) , dove ad essere caricato maggiormente è l'ambito locale, più vicino alla vita quotidiana delle persone. Si tratta di indicazioni che, come si è già detto, confermano nella sostanza quanto emerge da altre ricerche svolte sull'argomento. I risultati di questa inchiesta riproducono, fra l'altro, la struttura degli orientamenti emersi nella precedente indagine IARD, svolta nel 1992. Rispetto ad allora la principale differenza è riassumibile nella sensibile crescita del sentimento municipalista (+5 %), che compensa un limitato declino della preferenza per la regione (-2%) e per l'Italia (-3 %) . Sbaglierebbe, però, chi intendesse la polarità città-Italia come antagonismo e la graduatoria dei riferimenti geografici come specchio di una gerarchia rigida fra gli ambiti del territorio. Lo si comprende bene prendendo in esame la «seconda scelta» espressa dai giovani. In questo caso, infatti, le preferenze dei giovani si orientano più decisamente a favore dell'Italia, indicata come riferimento territoriale «secondario» da un ulteriore 32% di intervistati, mentre la capacità del Comune di captare ulteriore senso di appartenenza si riduce di molto, scendendo al 19%; una quota inferiore a quella registrata dall'ambito regionale. L'Italia e la Regione sono anche gli unici contesti che, in quanto riferimenti secondari, vedono crescere il loro riconoscimento rispetto alla pre-
149
cedente indagine. In questo modo la struttura delle preferenze si accosta ulteriormente a quella del 1992. Fra gli ambiti internazionali, infine, l'Europa (13 % ) recupera, in parte, spazio rispetto al contesto mondiale ( 1 1 %) . Ma non di molto.
In definitiva, calcolando assieme le due scelte espresse dagli intervistati, si può vedere come il sentimento di appartenenza territoriale dei giovani privilegi l'ambito nazionale e quello cittadino, mentre appare, comunque, significativa l'importanza attribuita al contesto regionale. Risulta, invece, più limitato il grado di riconoscimento che suscitano le cornici internazionali, fra le quali è proprio l'Europa a generare minor passione. Forse perché, a differenza del «mondo», scenario carico di significati simbolici e ideologici (si pensi alla coppia concettuale localismo-cosmopolitismo, simmetrica a quella particolarismouniversalismo)5, l'Europa costituisce, comunque, un quadro istituzionale definito, di cui negli ultimi anni è stato esaltato il valore monetario invece di quello identitaria. E che, anche sotto questo profilo, sta producendo più di una ragione di inquietudine e di malessere. Non è un caso che, oltre ad essere l'ambito geografico che suscita minor senso di appartenenza, l'Europa risulti anche quello che, rispetto al 1992 , subisce il maggiore declino, la maggior perdita di riconoscimento: 5% in meno, pari a un quarto della base del consenso che, in precedenza, nusc1va a generare.
L'Italia, nonostante ne venga messa in discussione la legittimità e la stessa unità, nonostante venga considerata come una fonte di riconoscimento in crisi, si conferma al contrario un riferimento dell'appartenenza territoriale importante per circa i due terzi dei giovani e il più importante per un terzo di essi. Il suo rilievo appare ancor più significativo se valutato in rapporto agli altri riferimenti territoriali (tab. 7 .2) , rispetto ai quali appare fattore complementare e integrativo. L'Italia, infatti, costituisce unità
5 Si veda, per esempio, Merton [1959] .
150
TAB. 7 .2. Incrocio fra le due unità geografiche verso cui i giovani esprimono maggior senso di appartenenza (%)
Più importante
Città Regione Italia Europa Mondo
Seconda per importanza
Città 24,4 38,7 15,6 30,8 Regione 34,6 25,1 19,5 5,8 Italia 51 ,7 56,1 41 ,5 3 1 ,5 Europa 5,2 8,8 19,3 3 1,9 Mondo in generale 8,5 10,7 16,9 23,4
di appartenenza «secondaria» per oltre la metà di coloro che si riconoscono anzitutto nella città o nella regione di residenza, per il 42% di coloro che si definiscono europeisti e, infine, per il 32% dei cosmopoliti.
3 . Italiani e localisti
Soprattutto per coloro che specificano la loro identità territoriale in base al contesto locale, l'ambito nazionale agisce da contenitore e da collante. Due terzi di coloro che vedono nella loro città o nella loro regione una «patria» importante, lungi dal considerare questa appartenenza in contrasto con quella nazionale, colgono l'Italia come riferimento complementare e integrativo. Una sorta di cornice, che permette a un Paese di localismi e di localisti come l'Italia di stare assieme, pur tra conflitti e particolarismi6• Un'identità nazionale troppo forte, probabilmente, sarebbe incompatibile con l'elevato radicamento locale dei cittadini, con la pluralità di identità urbane forti, che questa indagine sulle giovani generazioni dimostra. Tuttavia, anche i tentativi di condurre la tensione fra
6 Sulla questione si vedano, tra l'altro, Diamanti [1994], Segatti [1996], Caciagli [1993] , Romanelli [1991].
151
T AB. 7.3 . Senso di appartenenza territoriale prioritaria per zona geografica di re-sidenza e ceto sociale (%)
Comune Regione Italia Europa Mondo
Zona di residenza* Nord-Ovest 37,3 1 1 ,6 35,0 3,6 12,5 Nord-Est 41 ,5 14, 1 28,9 4,9 10,6 Centro 40,1 8,9 33,8 2,7 14,5 Sud 42,9 10,2 3 1 ,7 2,6 12,6
Ceto sociale Superiore 37,4 10,7 34,9 4,1 12,9 Medio Impiegatizio 38,6 10,5 32,7 3 ,2 15,0 Medio Autonomo 4 1 ,7 10,0 32,2 3,3 12,8 Operaio 44, 1 10,8 30,9 2,5 1 1 ,7
* Per ragioni di omogeneità politica, il Nord-Est comprende il Triveneto, mentre l'Emilia Romagna è inserita nella zona di Centro.
ambito locale e nazionale fino all'estremo limite incontrano in questa situazione una soglia difficile da valicare. Trasformare il binomio città-regione/nazione, che questa ricerca conferma caratterizzato da un elevato livello di complementarità, in «dualismo oppositivo», contrasta decisamente con le logiche che ispirano i giovani (e, come suggeriscono altre ricerche, la società nel suo assieme) . n che spiega, in parte, lo scarso successo registrato dalle iniziative e dal messaggio della Lega quando dalla rivendicazione federalista e dal contrasto con lo Stato centrale e il sistema partitico tradizionale ha riconvertito la sua strategia in senso secessionista.
Va aggiunto, per ulteriore chiarezza, che questi orientamenti risentono solo parzialmente della distribuzione territoriale (tab. 7 .3 ) : l'identità nazionale, infatti, nel passaggio da un'area del Paese all'altra non registra mutamenti di rilevanza troppo forte. Nel «mitico» Nord-Est (che qui, per ragioni di omogeneità politico-culturale abbiamo ricondotto al Triveneto, inserendo l'Emilia Romagna nel Centro) , ritenuto sorgente di tutte le maggiori tensioni contro lo Stato nazionale, l'Italia registra, in effetti, consensi inferiori alla media, in quanto primo riferi-
1 52
Poco Per niente 8,9 2,6
FIG. 7 . 1 . Si definiscono «orgogliosi di essere italiani» (%) .
TAB. 7 .4 . Orgoglio di essere italiano secondo l'appartenenza territoriale prioritaria (%)
Molto Abbastanza Poco Per niente
Città 43,5 46,4 8,5 1 ,6 Regione 33,5 55,1 7,6 3 ,8 Italia 49,7 44,3 5,5 0,5 Europa 29,9 48,0 20,8 1 ,3 Mondo in generale 30,8 41,9 16,5 10,8
mento dell'appartenenza. Ma attrae una quota molto superiore alla media in quanto riferimento «secondario». Si presenta, comunque, come la zona maggiormente pervasa dal sentimento <Jocalista», coerentemente con quel che segnalano altre inchieste svolte negli anni precedenti7• n peso di coloro che indicano nella città o nella regione di residenza l'unità di riferimento privilegiata, infatti, raggiunge nel Nord-Est quasi il 56%: il 5 % in più rispetto alla media nazionale. n dato più elevato di ogni altra area
7 Cfr. Diamanti e Segatti [1994] e Segatti [1996] . In entrambe le indagini, però, si rileva come il <<localismo» risulti diffuso trasversalmente in tutto il Paese. Segatti inoltre precisa come semmai il problema sia nella pluralità di versioni del fenomeno localista, che assume orientamenti diversi nelle diverse aree. Un aspetto che, tra i giovani, risulta meno evidente.
153
del Paese. n localismo, tuttavia, non costituisce una prerogativa specifica ed esclusiva del Nord-Est, ma si presenta diffuso anche in altre aree, in particolar modo nelle regioni del Centro e soprattutto del Sud. Sono invece la classe sociale e soprattutto il livello di istruzione che segnano le fratture più evidenti, in quanto, secondo le previsioni, via via che divengono più elevati alimentano con forza il sentimento europeista e cosmopolita.
Ulteriori conferme al quadro sin qui tratteggiato giungono dalla grande diffusione, fra i giovani, dell'orgoglio nazionale (fig. 7 . l ) . Si dicono «molto orgogliosi di essere italiani» il 42 % dei giovani, mentre il 46% lo sono «abbastanza». n che significa che quasi 9 giovani su 10 si dichiarano orgogliosi della loro appartenenza nazionale. Si tratta di un dato persino superiore (anche se di poco: +2% ) rispetto al 1992. L'orgoglio nazionale, tra l'altro, raggiunge l'indice più elevato, oltre che, ovviamente, fra coloro che scelgono esplicitamente «l'Italia» come unità geografica di riferimento, fra i «municipalisti», il 44 % dei quali si dicono «molto orgogliosi di essere italiani» (tab. 7.4) .
Tuttavia, questo sentimento, coerentemente con quel che si è già rilevato a proposito del senso di appartenenza territoriale, risente soprattutto del grado di istruzione. Si dicono, infatti, molto orgogliosi di essere italiani circa il 50% dei giovani che non vanno oltre l'obbligo scolastico, ma il 42% dei diplomati e il 3 3 % dei laureati (tab. 7 .5 ) . L'esperienza scolastica (anche se, ovviamente, non è solo la scuola a influenzare questo atteggiamento) non concorre, quindi, a rafforzare l'identità nazionale. Sembra, al contrario, contribuire a ridimensionarla. n che ripropone i dubbi sul ruolo delle istituzioni educative nella formazione dell'identità civica dei cittadini8• Un altro aspetto che interagisce in modo evidente con l'orgoglio nazionale è, secondo le attese, l'identità politica. Questo atteggiamento, infatti, cresce progressivamente di intensità, salendo dal 29 al 55 % via via che si passa da
B Vi fanno esplicito richiamo Rusconi [1993] e Segatti [1996] .
1 54
T ab. 7.5. Orgoglio di essere italiano secondo il livello di istruzione e gli orienta-menti politici degli intervistati (%)
Molto Abbastanza Poco Per niente
Titolo di studio Nessun titolo 50,9 45,5 0,0 3,6 Obbligo 48,6 39,2 9,5 2,7 Studente superiori 40,1 50,0 8,0 1 ,9 Diploma 42,0 47,6 7,8 2,6 Studente università 39,9 47,0 10,0 3 ,1 Laurea 33 ,3 49,6 14,1 3 ,0
Posizione politica �inistra 28,8 45,2 20,7 5,3 Centro-sinistra 36,7 50,3 8,9 4,1 Centro 44,8 47,7 5 ,7 1,8 Centro-destra 51 ,3 41 ,9 5,2 1,6 Destra 54,6 36,2 6,9 2,3
Orientamento di voto Re + Pns 32,7 50,3 12,4 4,6 Centro-sinistra 43,0 46,1 8,5 2,4 Centro-destra 50,6 40,1 7,1 2,2 Destra 50,8 43 , 1 4,5 1,6 Leghe 37,2 47,4 10,3 5 ,1
srmstra a destra. Se ragioniamo in base all'orientamento di partito, la frattura appare più netta, in quanto oppone più chiaramente l'entusiasmo nazionale dei giovani simpatizzanti dei partiti di destra e di centro-destra (oltre il 50% dei quali si dicono «molto» orgogliosi di essere italiani) all'adesione, visibilmente più ridotta, dei giovani che fanno riferimento alle forze politiche di centro-sinistra e soprattutto di sinistra. Anche i giovani elettori della Lega dimostrano, secondo le attese, un più limitato livello di orgoglio nazionale. Tuttavia, essi sono ben l ungi dall'esprimere «distacco» e «antagonismo». Al contrario, il loro «orgoglio nazionale» appare superiore a quello dei giovani elettori dei partiti tradizionali della sinistra. D'altra parte, che l'identità politica di sinistra in Italia favorisca il sentimento cosmopolita piuttosto che il sostegno all'idea di nazione non costituisce certo nna novità, ma un aspetto confermato anche da alcune ricer-
155
che recenti9• Se si valuta questo orientamento in modo più estensivo, considerando coloro che si dicono «abbastanza» orgogliosi di essere italiani, anche tra i giovani leghisti si arriva all'85 %. Ciò significa che la preferenza politica per la Lega non prefigura un contrasto diretto con l'identità nazionale. E che, comunque, trae le sue ragioni e il suo fondamento altrove, da temi e problemi di segno diverso.
4 . Cosa significa essere italiani
n riferimento all'Italia, quindi, non sembra essere messo in discussione dai giovani. n problema, semmai, sorge quando se ne ricercano le premesse. Si scopre, allora, che esso regge su temi e ragioni che attengono alla tradizione sociale e culturale, mentre incontra difficoltà a radicarsi nei valori civici e nelle istituzioni espressi dall'esperienza storica più recente. Lo si coglie con chiarezza dalla graduatoria dei motivi d'orgoglio costruita in base alle risposte dei giovani (fig. 7 .2) . Come si può, infatti, osservare, l'orgoglio nazionale viene, anzitutto, collegato agli aspetti che richiamano il patrimonio naturale, artistico e linguistico-culturale. Quindi, su di un piano un po' meno elevato, i giovani pongono i successi della ricerca scientifica, i risultati ottenuti nello sport e la storia nazionale. Infine, buoni ultimi, vengono indicati il benessere economico (un po' a sorpresa) , la Costituzione e l'accoglienza nei confronti degli immigrati extracomunitari. Si manifesta, cioè, una frattura evidente che oppone gli aspetti ascrittivi, ereditati dal contesto storico-culturale oppure impliciti in quello fisico-naturale del Paese, a quelli che fanno riferimento allo spirito civico e all'organizzazione socioecono-
9 Si fa esplicito riferimento ad una ricerca svolta a Torino presso un significativo campione del ceto colto urbano. I principali risultati sono stati pubblicati in Rusconi [ 1996] , con saggi dello stesso Rusconi, Diamanti e Nevola, dai quali emerge chiaramente il disaccordo tra identità politica di sinistra e senso di appartenenza nazionale.
156
Immigrati
Economia
Costituzione
Carattere
Sport
Scienza
Storia
Cultura
Arte
Natura
23,1
1 43,7
l 61 ,7
63,5
72,1
' 75
84,9
� ,,,,,, 94, 3
l '" 95 ,9
9 7,9
o 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
FIG. 72, Motivi per cui ci si sente orgogliosi di essere italiani («molto» e «abbastanza») (%) .
mica. L'orgoglio nazionale dei giovani attinge assai p m dal primo ambito. Ci si riconosce come «bel Paese», popolato di artisti, mentre per quel che riguarda i valori, l'accoglienza, la qualità dei servizi, la razionalità e l' effici enza del sistema (così probabilmente si spiega lo scarso orgoglio per il benessere economico) emerge un diffuso scetticismo. Come altre ricerche, svolte sull'intera popolazione, hanno suggerito anche i giovani tendono a percepire «lo spirito nazionale» come un «Sentire comune» dettato da abilità creative e adattive, piuttosto che come cittadinanza democratica, fondata su riferimenti istituzionali riconosciuti e su valori condivisi10•
lO Cfr. Diamanti e Segatti [1994] . Per una definizione dell'Italia in chiave di «costume» e di «senso comune» (diversa, quindi, e più opaca di quella presentata in questa sede), si veda Romano [1993] .
157
5 . L'Europa: moneta /orte, identità debole
Anche il rapporto dei giovani con l'Europa appare ambivalente, caratterizzato da sentimenti e valutazioni di segno diverso. Nella gerarchia dei riferimenti territoriali, infatti, essa occupa, come abbiamo visto, un posto marginale. E indicata per ultima e solo il 3 , l % dei giovani la eleggono a unità territoriale privilegiata. Fra le diverse patrie possibili, dunque, l'Europa appare quella meno capace di generare attrazione e appartenenza. Tuttavia, in quanto prospettiva politica e cornice istituzionale per il Paese, essa non viene assolutamente messa in discussione, ma riceve, al contrario, un'adesione molto ampia, che copre pressoché l'intero universo giovanile. n 56% dei giovani, infatti, ritiene che sia molto importante per l'Italia partecipare a un'Europa unita, mentre un ulteriore 32% di essi ritiene questo obiettivo «abbastanza» importante.
Nel complesso, 9 giovani su 10 - la quasi totalità -condividono la costruzione dell'unità, e quindi dell 'Unio
ne Europea. Si tratta, praticamente, delle stesse percentuali registrate quattro anni addietro. n che significa che, valutata in termini di utilità, la prospettiva europea negli anni Novanta continua a godere di un consenso molto esteso. Una diffusione tanto ampia rispecchia una distribuzione equilibrata, che non rivela grandi differenze sociali e territoriali. Si osserva solo una maggiore adesione alla prospettiva europeista tra i giovani con un maggior grado di istruzione, appartenenti a famiglie di classe sociale più elevata. Una maggiore importanza, semmai, sembra rivestirla l'orientamento partitico. I più convinti dell'esigenza di realizzare l'unità europea si trovano, infatti, fra i sostenitori dei partiti di sinistra e di centro-sinistra (95%) , mentre la minore adesione caratterizza i giovani elettori della Lega (88%) . Si tratta, comunque, di scostamenti dalla media molto limitati, che non ridimensionano l'immagine di una gioventù che vede nell'unificazione europea un'opportunità importante, da perseguire senza esitazioni. Tuttavia, giacché il sentimento di appartenenza territoriale dei giovani si orienta, come abbiamo
158
T ab. 7.6. Grado di accordo su alcuni aspetti dell'unificazione europea (%)
Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Moneta unica 36,8 4 1 ,0 1 1 ,4 3 ,6 7,2 Più poteri al parlamento
europeo 28,7 40,4 12,8 4,5 1 3 ,5 Politica estera comune 29,3 4 1 ,9 12,4 5 ,8 10,6 Esercito comune 17 ,1 33 ,4 27,0 1 1 ,9 10,6
visto, prevalentemente altrove - verso l'Italia, il Comune e la Regione, anzitutto - mentre lascia ai margini l'ambito europeo, è lecito supporre che questo giudizio venga espresso in base ad altri motivi, ad altre considerazioni. Una conferma arriva dai giudizi espressi in merito ad alcune proposte, relative ai diversi, possibili campi di intervento dell'Europa unita (tab. 7 .6) . «Caposaldo» dell'unificazione europea, infatti, è ritenuta principalmente la «moneta unica», che incontra il consenso del 78% dei giovani; ampio accordo ricevono, inoltre, l'esigenza di esprimere una «politica estera comune» e l'obiettivo di attribuire al parlamento maggiori poteri (circa il 70% in entrambi i casi: quasi il 10% in meno rispetto alla moneta) , mentre assai minore risulta l'interesse per la costruzione di un «esercito comune», sostenuto da una quota appena superiore alla metà degli intervistati. Si tratta di altrettanti segni di una concezione che privilegia gli aspetti, per così dire, di utilità: l'economia, la tutela esterna, la regolazione. Più che all'Unione Europea sembra importante ai giovani aderire all'Unione monetaria. L'Euro e l'Europa, cioè, appaiono loro difficilmente scindibili. In altri termini: l'Europa non è ancora (ammesso che lo possa mai divenire in futuro) per i gioyani una «patria», un contesto di riferimento identitaria. E, invece, considerata una «casa comune» per gli stati e le «patrie» - nazionali e locali - che ne fanno parte. Così gli italiani, anche quando valutano importante l'ingresso in Europa, continuano a vederla come un riferimento identitaria minore. L'ultima delle patrie possibili. Preferiscono, semmai, integrare la loro identità nazionale con quella locale,
159
delineando l'Italia come un puzzle che raccoglie e compone una pluralità di piccole patrie. Si pensano «italiani in Europa», piuttosto che «europei».
D'altra parte, Ralf Dahrendorf, in un saggio recente, ha dato legittimità a questo atteggiamento di «europeismo realista», ricordando che l'adesione all'Europa ?eve partire dalla «ragione» più che dal «sentimento». E, tuttavia, difficile non osservare come le difficili vicende che hanno accompagnato la costruzione dell'unità europea nell'ultimo periodo abbiano indotto alla prudenza e al disincanto sia la ragione che il sentimento dei giovani in Italia, il Paese dove, da sempre, la spinta europeista è più diffusa. Rispetto al 1992, infatti, le «ragioni» dell'unificazione europea tra i giovani perdono sensibilmente la loro base di consensi. Tutte. Dalla costruzione di una moneta unica, alla realizzazione di una politica estera e a un esercito comune, al consolidamento degli organismi parlamentari' ' · Anche perché, non solo per quel che riguarda le questioni economiche e monetarie, ma neppure sotto il profilo della politica estera, in questi ultimi anni l'Europa ha offerto grande prova di sé, seppure posta di fronte ad eventi critici particolarmente «vicini» sul piano geopolitico (si pensi al caso del conflitto nell'ex Iugoslavia) .
6. Cinque tipi di identità territoriale
L'identità territoriale dei giovani appare, dunque, ispirata a una logica compositiva, in quanto associa, senza troppi problemi, diversi ambiti e diversi contesti. Dopo aver osservato gli orientamenti sociali nei confronti degli specifici riferimenti territoriali, conviene allora valutare in che modo questi si combinino nelle rappresentazioni sog-
I l Sulle tensioni che caratterizzano le vicende dell'Unione Europea in questi anni si vedano Korinman [1993] e Rampini [1995] . Una serie di contributi recenti sull'argomento sono presentati nel numero monografico di Limes [1996, 3 ] , dedicato a L'Italia tra Europa e Padania.
1 60
40
Europeisti Cosmopoliti
27,6
Localisti integrati
(Regionalisti)
Localisti
FIG. 7.3. Tipologia dell'appartenenza territoriale (%).
Italiani
gettive, quali tipi di «mappa» contribuiscano a delineare. A questo fine, utilizzando come variabili attive i due ambiti geografici verso i quali i giovani hanno espresso adesione e appartenenza, abbiamo realizzato una cluster analysis, ottenendo l'aggregazione di unità del campione in gruppi omogenei al loro interno e, per contro, ben distinti fra loro12• n procedimento ha fatto emergere cinque classi di giovani, caratterizzati da altrettanti tipi di gerar-
12 La tipologia è stata ottenuta attraverso un procedimento di cluster analysis, realizzata mediante un'aggregazione non gerarchica secondo il metodo delle nubi dinamiche di Diday {package ADDATI). Come variabili attive (quelle su cui viene impostata l'aggregazione in classi omogenee) sono state utilizzate le due unità geografiche verso le quali si orienta il senso di appartenenza territoriale dei giovani intervistati {D66). L'analisi è stata condotta grazie alla collaborazione di Luigi Ceccarini del Laboratorio di Studi Politici dell'Università di Urbino. La quota di inerzia spiegata dalla tipologia emersa dal procedimento è molto elevata, pari al 74,2 % (inerzia esterna/inerzia totale), il che sottolinea come le classi definiscano «clusters naturali» gruppi di individui che si distinguono piuttosto nettamente sulla base delle variabili attive.
1 61
TAB. 7.7. Caratteri anagrafici e sociali per la tipologia di appartenenza territorio-le (%)
Euro- Cosmo- Localisti Loca- Italiani Totale peisti poli ti integrati listi
(Regionalisti)
Genere Maschi 49,0 54,2 46,8 52,3 52,7 50,8 Femmine 5 1,0 45,8 53,2 47,7 47,3 49,2
Età 15-17 anni 17,5 15,9 17,9 17,1 15,2 16,4 18-20 anni 20,2 24,0 21 ,3 24,5 22,8 22,7 21 -24 anni 28,5 26,2 30,5 27,2 32,1 29,5 25-29 anni 33,8 3 3 ,9 30,3 3 1 ,2 29,9 3 1 ,5
Condizione attuale N o n lavora né studia 18,2 14,9 17,1 22,9 20,3 18,5 Studia 41,7 42,7 37,9 34,0 36,6 3 8,4 Studia e lavora 8,3 9,3 6,6 4,6 7,0 7,1 Lavora alle dipendenze 22,8 25,8 30,3 29,4 26,8 27,6 Lavora come autonomo 8,9 7,3 8,1 9,1 9,3 8,4
Area geografica di residenza
Nord-Ovest 29,5 25,0 23,7 20,3 23,9 24,0 Nord-Est 1 1 ,6 12,5 1 1 ,8 9,5 8,2 10,9 Centro 23,2 24,2 22,7 20,1 24,8 22,9 Sud 35,8 38,3 41 ,7 50,1 43 , 1 42,2
Livello di istruzione della famiglia
Alto 44,4 42,9 3 1 ,3 29,0 33,8 35,4 Medio 33,1 34,1 3 8,1 33 ,0 37,2 35,3 Basso 22,5 23,0 30,6 38,0 29,0 29,3
Ceto sociale della famiglia Superiore 23,2 25,6 22,3 18,7 23 , 1 22,5 Medio impiegatizio 20,5 19,0 15,5 16,3 16,6 17,3 Medio autonomo 23,5 2 1 ,6 23,2 19,3 21 , 1 2 1 ,7 Operaio 32,8 33 ,7 39,0 45,7 39,2 38,5
chia e di combinazione fra contesti. Si tratta di gruppi che, rispetto all'identità territoriale, esprimono un note-vole grado di omogeneità interna e, al tempo stesso, ri-sultano ben distinti fra loro. Li presentiamo di seguito, proponendone, oltre agli specifici orientamenti in merito
1 62
Tab. 7.8. Orientamenti di valore e politici per la tipologia di appartenenza ferri-toriale (%)
Euro- Cosmo- Localisti Loca- Italiani Totale peisti poli ti integrati listi
(Regionalisti)
Orientamenti di valore Orgoglio di essere
italiano'' 84,4 80,8 93,2 88,9 93,0 88,3 Importanza di fare parte
dell'Europa unita* 92, 1 89,3 87,0 88,1 91 ,0 89,0 Gli immigrati sono
un arricchimento culturale* 42,4 49,8 3 1 ,4 28,8 28,2 35,8
Orientamenti politici Sinistra 1 1 ,6 13,7 5,5 5,6 7,0 8,4 Centro-sinistra 22,2 22,2 16,9 16,1 18,6 18,9 Centro 23,2 16,5 2 1 ,0 23 , 1 20,0 20,6 Centro-destra 18,2 12,1 19 ,4 12,9 16,9 15,8 Destra 3 ,0 6,9 6,5 8,3 8,7 6,9 Non risposta/
non si colloca 2 1 ,9 28,6 30,6 34,0 28,7 29,5
Intenzione di voto Partiti di Sinistra 25,2 2 1 ,2 16,3 15,7 2 1 , 1 19,2 Partiti di Centro-sinistra 9,3 7,3 5,7 5,8 7,6 6,8 Partiti di Centro-destra 13,9 10,1 15,3 12,5 13,5 13 ,1 Partiti di Destra 13 ,2 14,9 15,8 14,5 17,5 15,2 Leghe 2,0 3 ,4 3,2 3,6 3 ,9 3 ,3 Non risposta 36,4 43, 1 43,8 47,9 36,3 42,4
'' <<molto>> e «abbastanza>> d'accordo.
al territorio (fig. 7.3 ) , anche alcuni tratti anagrafici, sociali e di atteggiamento (tabb. 7 .7 e 7 .8) . In questo modo è possibile definire una tipologia dell'identità territoriale dei giovani, delineando, al tempo stesso, il profilo sociale che li contrassegna.
I primi due tipi si caratterizzano in quanto aggregano i giovani il cui senso di appartenenza territoriale si indirizza esplicitamente ai contesti internazionali: l'Europa e il mondo in generale. Gli ultimi due, per contro, comprendono i giovani maggiormente orientati su riferimenti geografici sub-nazionali. L'Italia, pur partecipando a defi-
1 63
nire l'identità territoriale di tre dei precedenti tipi, costituisce l'ambito di riferimento prioritario per un solo gruppo di giovani. Una conferma ulteriore della sua trasversalità, in quanto elemento integrativo e complementare per tutte le appartenenze territoriali.
6 . 1 . Gli «europeisti»
I giovani che fanno parte di questo gruppo si distinguono per l'elevato grado di identificazione nell'Europa che esprimono. Al loro interno è, infatti, presente l'intera componente di coloro che indicano nell'Europa il riferimento geografico prioritario. Ad essi si affianca un settore significativo di soggetti che scelgono, invece, l'Italia come ambito privilegiato. Entrambi, però, proiettano questa identità territoriale primaria sullo sfondo internazionale più esteso: il mondo intero. Si tratta, cioè, di giovani lontani dallo spirito localista, i quali impostano la loro identità territoriale sul legame fra nazione e Europanazione e mondo. È il gruppo più ridotto, in quanto comprende il 13 % del campione. Ciò non può generare eccessiva sorpresa, dato il disincantato atteggiamento con cui, come si è visto, i giovani guardano all'Europa.
Gli europeisti mostrano un profilo sociale e culturale molto netto. Sono principalmente studenti, appartengono a famiglie della borghesia o del ceto medio pubblico, con livello di istruzione elevato. Manifestano una presenza più consistente nel Nord e soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest. Esprimono, com'è ovvio, un convinto orgoglio europeista, ancor più che nazionale. L'apertura del loro orizzonte territoriale si traduce in atteggiamenti di maggiore tolleranza verso l'immigrazione extracomunitaria. Politicamente, infine, si definiscono di sinistra o di centro-sinistra, non solo in quanto a posizione, ma anche a preferenza partiti ca (il 25 % di essi si dicono elettori del PDS o di Re). I giovani «europeisti» interpretano, quindi, bene il profilo sociale e lo spirito civico ispirato dall' affermarsi di valori di tipo «post-materialista», coerenti con
1 64
il modello delineato e «sperimentato» dalle note ricerche di Inglehartu.
6.2. I «cosmopoliti»
Comprende l'intera componente dei giovani che riconoscono nel contesto mondiale il loro ambito di riferimento privilegiato. Ha un'estensione maggiore rispetto a quella delineata dagli «europeisti»: 20%. D'altronde, lo si è già visto, lo spirito «cosmopolita» rivela una maggiore capacità d'attrazione tra i giovani. Come nel caso precedente, incontriamo un consistente settore di giovani che si riconoscono nella realtà nazionale. L'ambito di riferimento «secondario» anche in questo caso è proiettato su scala internazionale: l'Europa. Si tratta, in altri termini, di un tipo di identità complementare a quello appena descritto. In entrambi i casi, infatti, i soggetti si muovono in uno sfondo ampio, in proiezione internazionale. La differenza sta nel riferimento principale, che in questo caso è il mondo intero. Una definizione che, rispetto a quella europeista, ha forse minori implicazioni «istituzionali» (l'Europa rinvia a un sistema di norme e di organismi ben preciso, il mondo no) , ma evoca un quadro di valori sicuramente rilevante e significativo, caratterizzato dal tradizionale distacco dal localismo, in nome del richiamo all'universalismo. In questo modo si spiega il peso, più limitato che fra gli europeisti e quindi praticamente nullo, registrato dalla città e dalla regione come riferimenti primari oppure secondari dell'identità. Nello stesso senso va, inoltre, il maggior grado di <<Valorizzazione» espresso nei confronti dell'immigrazione extracomunitaria. Sotto il profilo sociale, i «cosmopoliti» risultano molto simili agli «europeisti». Se ne distinguono per la maggiore presenza di uomini e, quanto alla provenienza sociale, per un' appartenenza alla borghesia ancora più accentuata. Sul pia-
13 Cfr. Inglehart [1983 e 1993] .
1 65
no degli orientamenti politici, i cosmopoliti confermano la preferenza a sinistra registrata fra gli «europeisti», tuttavia, rispetto ad essi, dimostrano un maggiore distacco dai partiti, in particolare da quelli di sinistra. Anche in ciò si coglie il segno di un atteggiamento meno «istituzionalizzato» rispetto a quello di coloro si riconoscono nell'Europa.
6.3 . I «Iaea listi>>
Sul versante opposto rispetto a coloro che collocano la loro identità territoriale in un quadro internazionale -europeo o cosmopolita - si pongono i «localisti», una classe piuttosto estesa di giovani (oltre il 20% del totale) , i quali situano i riferimenti territoriali nei contesti più vicini a loro: la città in cui vivono, in prima istanza, e, in posizione complementare, la regione. Il loro rapporto con il territorio si sviluppa, quindi, per cerchi concentrici, a partire dal loro specifico mondo di vita: dalla comunità locale alla regione, arrivando, al più, sino al contesto italiano. n resto pare non contare. Hanno un profilo sociale molto preciso. Pesano maggiormente, al loro interno, i giovani esterni al mercato del lavoro, di provenienza sociale prevalentemente operaia, con un retroterra familiare caratterizzato da un livello di istruzione medio-basso. Il loro localismo, peraltro, non implica distacco dall'identità nazionale. Al loro interno la componente di coloro che si dicono «orgogliosi di essere italiani» coincide con la media generale. I «localisti», piuttosto, sono fra coloro che guardano con maggiore inquietudine al fenomeno dell'immigrazione. Politicamente, essi si distinguono per una maggiore propensione di destra (che fa il paio con una adesione limitatissima alle posizioni di sinistra) e per una preferenza per la Lega più marcata. n che risulta coerente con le attese , mentre lo è assai meno la distribuzione territoriale. L'unica area nella quale questo tipo di orientamento appare sovrarappresentato è infatti il Mezzogiorno. Ma ciò non fa che confermare come il
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localismo sia un fenomeno diffuso in tutto il Paese, anche se si traduce in modo assai diverso, sul piano del rapporto con lo Stato e con la politica14 •
6.4. I «localisti integrati» (regionalistz)
n loro ambito di riferimento primario si divide fra città e regione. L'appartenenza urbana, anzi, al loro interno supera quella regionale. Tuttavia, in nessun altra classe il peso della regione, come primo riferimento geografico, è altrettanto considerevole. In entrambi i casi, tuttavia, la patria locale si inscrive in quella nazionale. Localisti «e» italiani, dunque. E questo tratto li distingue in modo netto dai giovani descritti in precedenza. Per questo li abbiamo definiti «integrati», oltre che <docalisti». Si tratta, peraltro, della situazione più diffusa. Vi rientrano circa il 28% dei giovani. Non sorprende, allora, che essi riproducano, in generale, i lineamenti sociali e gli atteggiamenti «medi» del campione. Fra i pochi tratti che caratterizzano il profilo di questo gruppo vi sono la presenza di donne e la provenienza dal ceto medio autonomo, superiori alla media e, inoltre, l'orientamento politico moderato, spostato verso centro-destra.
6.5 . Gli «italiani>>
L'identità nazionale, come si è visto, riveste una significativa importanza per tutti i tipi di giovani presentati in precedenza, con la sola eccezione dei «localisti». Tuttavia, per questo gruppo essa assume un peso dominante. I due terzi dei giovani che vi rientrano, infatti, dicono di riconoscersi anzitutto nell'Italia. Anche in questo caso, però, non si tratta di un interesse esclusivo e tanto marcato da farne motivo di contrapposizione. Tutti questi
14 Come ha precisato efficacemente Segatti [1996, 129- 136].
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giovani, infatti, hanno nel contesto locale e urbano il riferimento secondario e complementare. Si tratta, dunque, di un tipo di identità territoriale speculare rispetto a quella appena descritta. Se quella comprende i giovani che al tempo stesso si dicono localisti «e» italiani, qui, al contrario, troviamo soggetti che si definiscono italiani «e» localisti. Per questo, preferiamo definirli «italiani», piuttosto che «nazionalisti». Perché la loro adesione a questo riferimento territoriale non pare essere ispirata dal riconoscimento di un'identità nazionale forte e caratterizzata ideologicamente (basta osservare l'incidenza, al loro interno, della preferenza politica per la Lega), ma piuttosto da un'appartenenza più generale e meno impegnativa. Tale da permettere, come si è detto, l'integrazione con le «patrie» locali.
Gli «italiani» rappresentano circa il 16% del campione. Non presentano tratti sociali e di atteggiamento particolari. Si modellano sulla «media sociale» e sono, d unque, trasversali rispetto a tutte le principali distinzioni. Ciò vale anche per la preferenza politica e per la distribuzione territoriale, a conferma di come questi tipi di orientamento non abbiano una geografia troppo caratterizzata. Diverso, probabilmente, sarebbe stato l'esito se, invece di rilevare l'identità territoriale in «positivo», la si fosse considerata in funzione «oppositiva», registrando le fratture e i contrasti fra periferia e centro e fra le diverse appartenenze locali. E spostando il confronto dal riferimento territoriale in quanto tale alla sua traduzione istituzionale e politica.
7 . Localistz: italiani e cosmopolitz: senza contraddizioni
L'identità territoriale dei giovani si traduce, dunque, in una pluralità di combinazioni fra contesti e ambiti di riferimento. A fare da sfondo e da elemento coesivo è soprattutto l'Italia, la quale si presenta così come una cornice in grado di riassumere e di aggregare le altre principali fonti di appartenenza territoriale: quelle <<locali», in
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primo luogo, le quali prevalgono decisamente su quelle internazionali. Le appartenenze locali, peraltro, in quanto riferimenti «primari» dell'identità territoriale, appaiono prioritarie anche rispetto a quella nazionale. I giovani tendono, cioè, a definirsi prima in base alla loro appartenenza locale e urbana e successivamente in quanto italiani. L'ipotesi sulla debolezza dell'idea di nazione in Italia fra i giovani ne esce sostanzialmente confermata. Solo per una componente ridotta l'Italia appare un contesto identitaria gerarchicamente sovraordinato agli altri, capace di includerli e di organizzarli. Nella maggioranza dei casi essa appare invece come un elemento complementare, integrante e integrativo. Questo, tuttavia, non va considerato necessariamente un fattore negativo. Può, al contrario, essere valutato come una risorsa, oltre che una necessità. Il localismo, che la ricerca conferma essere un orientamento diffuso un po' in tutte le zone, riflette infatti un tratto radicato nel Paese: la pluralità di tradizioni storiche a livello urbano e regionale, la profonda differenziazione socioeconomica non solo fra Nord e Sud, ma anche interna a queste aree. Difficile per un'identità nazionale troppo forte coesistere con le diverse identità locali; e ancor di più competere, oppure imporsi e sovrapporsi alle altre. Così, la «debolezza» dell'identità nazionale può essere considerata quasi una «connotazione necessaria», perché in grado di tenere assieme le diverse, marcate, identità locali e di adattarsi a quelle «sovranazionali», non meno esplicite e caratterizzate. I giovani ieri come oggi continuano a definirsi vicentini (o napoletani oppure fiorentini) , vene ti (o siciliani o emiliani) , italiani ed europei (o cittadini del mondo) senza troppi problemi e senza vincoli di fedeltà troppo rigidi15 • n problema, semmai, è
15 Ciò riflette le considerazioni di Alessandro Cavalli riportate da Rusconi [ 1997, 45] , quando sostiene che «dovremo imparare a distribuire i nostri sentimenti di appartenenza in modo che nessuna unità possa pretendere la nostra fedeltà assoluta (. . . ) . ll nostro dovrà essere un patriottismo distribuito e, se mi si passa l'espressione, un patriottismo debole». Il fatto è che, almeno tra i giovani, queste considerazioni, piuttosto che un orizzonte di valore, disegnano un dato di realtà.
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che in questo modo i conflitti e le tensioni nei confronti del centro e fra gli stessi riferimenti dell'identità territoriale (fra i «localismi») tendono a proporsi e a riemergere, in modo ricorrente, assumendo intensità critica. Tuttavia, è difficile, per la stessa ragione, che ciò possa produrre fratture e contrapposizioni insanabili. Perché l'identità locale, che si conferma tanto importante per la società italiana, non è in alternativa a quella nazionale. Appare, invece, in rapporto di reciprocità. Così, almeno per i giovani, l'Italia continua a proporsi, come ha suggerito con molta efficacia Paolo Segatti, una «nazione di compaesani».
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CAPITOLO OTTAVO
PERCEZIONE DELLE NORME SOCIALI E TRASGRESSIONE
l . Premessa
Commentando i risultati della terza indagine IARD era stato messo in luce come i dati sulla devianza differissero da quelli delle due edizioni precedenti per il fatto che gli indici della propensione trasgressiva dei giovani, stabili per tutti gli anni Ottanta, avevano cominciato ad incrementarsi in modo piuttosto sensibile. n fenomeno era stato spiegato con il progressivo allentamento del senso di legittimità nel contesto culturale e civile del nostro Paese, travagliato da endemiche tendenze di crisi1 • Tra il 1992 e il 1996, con le note vicissitudini nazionali che hanno messo a dura prova la credibilità istituzionale, si è ridotto ulteriormente lo spazio della legittimità e si è indebolita, nel contempo, la cogenza del rispetto delle regole sociali e della legalità. Non sorprende pertanto come nell'ultima indagine IARD sulla condizione giovanile si registri un ulteriore avanzamento non solo delle tendenze a trasgredire ad alcune regole culturali e di costume ma anche della disponibilità a violare norme codificate dalle leggi. L'incertezza e l'insicurezza che sembrano segnare questi tempi si riflettono con tutta evidenza sulla dimensione etica delle nuove generazioni.
Come nelle altre tre edizioni, anche nell'indagine del 1996 è stata proposta agli intervistati una lista di comportamenti che, a vario titolo, possono essere considerati implicitamente od esplicitamente trasgressivi; alcuni di essi costituiscono vere e proprie azioni illegali perseguite penalmente, altri invece si riferiscono a scelte esistenziali
l Si veda Buzzi [1993 , 179-193 ] .
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del tutto legittime ma eterodosse rispetto alla morale comune, o perlomeno a quella dei settori più tradizionali della società, e pertanto appaiono potenzialmente a rischio di sanzione sociale in quanto non conformi ai modelli e alle aspettative istituzionalizzate2 • Per ciascuno dei comportamenti si è chiesto: a) se l'intervistato lo ritenesse o meno socialmente criticato; b) se, nella sua valutazione personale, lo considerasse o meno ammissibile; c) se fosse potuto capitare di compierlo oppure se escludesse questa eventualità. Come già nelle precedenti indagini le risposte a questi tre tipi di domande esprimono, nell'ordine, la percezione che i giovani hanno delle norme sociali, il grado di rigorosità oppure di permissività delle regole di condotta personali, la propensione a trasgredire.
I comportamenti proposti al giudizio degli intervistati identificano:
- l'area dei rapporti economici, che prevede infrazioni relative ai doveri del buon cittadino (evadere le tasse, non pagare il biglietto dell'autobus, assentarsi dal lavoro senza essere realmente ammalati) o piccoli reati contro la proprietà (sottrarre qualcosa in un negozio senza pagare) ;
- l'area dei rapporti familiari e sessuali, che inerisce a condotte che pur interpretando l'evoluzione dei costumi nella nostra società si pongono in modo dirompente contro la morale tradizionale (rapporti prematrimoniali, convivenza al di fuori del matrimonio, divorzio, relazioni extra matrimoniali, omosessualità, aborto) ;
- l'area dell'addiction, che riguarda il consumo di sostanze a valenza psicotropa siano esse illegali (droghe) o meno (fumo, abuso di alcol) ;
- l'area della violenza e del vandalismo, che comprende azioni individuali aggressive nei confronti di persone
2 Dei diciassette comportamenti utilizzati, quattordici costituiscono il nucleo originario della lista e sono pertanto confrontabili con tutte le tre edizioni precedenti della ricerca; per due comportamenti il confronto è possibile solo per alcune edizioni; un comportamento, fumare tabacco, che solo recentemente sembra essere oggetto di una progressiva stigmatizzazione sociale, è stato inserito per la prima volta.
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(fare a botte per far valere le proprie ragioni) , violenze collettive (scontri tra tifosi di squadre avversarie) , danneggiamenti a cose (teppismo contro beni pubblici) .
2 . La percezione delle norme sociali
Un rapido sguardo sulla percezione delle norme sociali non mostra particolari novità rispetto al passato: nel complesso tutti i comportamenti proposti appaiono ai giovani come largamente criticati dalla società. L'azione maggiormente deviante è ritenuta, come negli anni precedenti, l'assunzione di droghe pesanti seguita dal furto, dall'omosessualità, dal teppismo sportivo, dal vandalismo, dall'assunzione di droghe leggere, dall'infedeltà coniugale (tab. 8 . 1 ) .
Analizzando tuttavia la variazione nel tempo di quanti considerano non accettati dalla morale sociale i vari comportamenti, è possibile individuare tre fenomeni sottostanti. n primo identifica un ampio raggruppamento di azioni che sembra non mostrare cambiamenti significativi a conferma che in un contesto sociale, pur sottoposto a profonde trasformazioni, valori e norme non possono mutare repentinamente nell'arco di pochi anni (spiccano per stabilità tutti i comportamenti considerati maggiormente devianti ma anche altri quali l'abuso di alcol, l'evasione fiscale o il divorzio) . Un secondo fenomeno riguarda un'unica azione - l'aborto - che con il tempo viene vista sempre di più criticata dalla società. L'ultimo fenomeno segnala invece la tendenza a giudicare alcuni comportamenti meno gravemente che in passato: è il caso di due azioni relative all'area dei rapporti economici (è considerato un po' meno sanzionato dall'etica comune il viaggiare senza biglietto su un mezzo pubblico o l' assentarsi dal lavoro senza essere realmente ammalati) e di due scelte relative all'area dei rapporti familiari e sessuali (per i rapporti prematrimoniali ci sono oramai più giovani che pensano siano tollerati dalla società di quanti siano convinti del contrario, la convivenza al di fuori del matrimo-
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T AB. 8. 1 . Variazione nel tempo della percezione delle ·norme sociali. Percentuale di coloro che considerano criticati dalla società i diversi comportamenti per anno di rilevazione (età: 15-24 anni)
1983 1987 1992 1996
Area dei rapporti economici - Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare 79,5 74,6 64,6 62,7 - Assentarsi dal lavoro quando
non si è realmente malati 77,6 72,8 67,1 68,7 - Prendere qualcosa in un negozio senza pagare 91 ,8 91,9 90,2 89,9 - Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna 74,3 72,3 70,8 71 ,7
Area dei rapporti familiari e sessuali - Divorziare 65,0 66,0 62,1 66,3 - Avere rapporti sessuali senza essere sposati 52,4 50,0 40,9 41 ,9 - Avere esperienze omosessuali 88,2 91 ,6 91 ,5 89,9 - Convivere senza essere sposati 63,8 61,7 57,2 52,7 - Avere una relazione con una persona sposata 82,4 82,1 81,8 83,4 - Abortire 72,1 75,4 78,8 80,8
Area dell' «addiction» - Fumare tabacco 3 1 , 1 - Ubriacarsi 78,6 78,5 77,5 78,5 - Fumare occasionalmente marijuana 90,1 91 ,1 88,7 85,7 - Prendere droghe pesanti (eroina) 95,2 96,1 97,5 96,1
Area della violenza e del vandalismo - Fare a botte per far valere le proprie ragioni 66,6 70,4 67,2 69,0 - Fare a botte con i tifosi di una squadra
avversaria 90,7 88,7 - Produrre danni a beni pubblici 90,1 88,8 87,1
nio è ritenuta socialmente accettata da quasi la metà degli intervistati quando nel 1983 ne erano convinti poco più di un terzo) .
All'interno di una stabilità generale della percezione dell'etica sociale, va pertanto sottolineato come i giovani sembrerebbero propensi a considerare la società meno rigida sia nei confronti delle azioni che ineriscono alle scelte di rapporto tra individui consenzienti sia nei confronti di quelle che infrangono le regole della doverosità civile.
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3 . Le norme individuali
Vi è un dato costante che accomuna tutte e quattro le indagini lARD e riguarda la tendenza dei giovani a giudicare se stessi più permissivi e tolleranti di quanto venga percepita la società nella quale essi vivono. La comparazione nel tempo di ciò che può essere considerato personalmente ammissibile vede ulteriormente incrementarsi la flessibilità con cui i giovani valutano le regole di condotta individuale della sfera affettiva e sessuale: i rapporti sessuali prima del matrimonio e la convivenza hanno perso totalmente agli occhi della stragrande maggioranza dei giovani qualsiasi valenza trasgressiva e la stessa omosessualità, che negli anni Ottanta rimaneva un tabù sociale per i due terzi dei campioni intervistati, viene ora reputata una scelta ammissibile da quasi la metà dei giovani. L'elemento che sottostà a questi trends evolutivi sembra essere determinato dall'accrescersi della tolleranza verso tutto ciò che riguarda il libero arbitrio di una persona. È in questo senso che può essere spiegato - ma qui probabilmente agisce anche il fallimento delle numerose campagne di prevenzione - l'aumento sorprendente della tolleranza verso l'abuso di alcol e, soprattutto, verso il consumo di droghe leggere. Questi ultimi due fenomeni registrano un incremento rispettivamente di 7 e di 1 1 punti percentuali nel giro di soli quattro anni.
Non tutti i comportamenti sottoposti alla valutazione godono di maggiore tolleranza rispetto al passato; in almeno due casi l'opinione giovanile sembra mostrare un tendenziale irrigidimento. Questi riguardano i comportamenti violenti come mezzo per imporre le proprie ragioni e le relazioni extraconiugali come rottura di un patto di fedeltà, comportamenti la cui ammissibilità è in costante ridimensionamento dal 1983 (tab. 8.2) .
Mettendo a confronto la percezione delle norme sociali con le regole di condotta individuale si conferma quel quadro prima accennato della maggiore permissività giovanile. n discorso però è più complesso di quanto sembrerebbe a prima vista dal momento che molti com-
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TAB. 8.2. Variazione nel tempo delle regole di condotta individuale. Percentuale di coloro che considerano personalmente ammissibili i diversi compor-tamenti per anno di rilevazione (età: 15-24 anni)
1983 1987 1992 1996
Area dei rapporti economici - Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare 26,3 25,5 35,1 36,8 - Assentarsi dal lavoro quando non si è
realmente malati 28,6 32,2 38,3 3 1 , 1 - Prendere qualcosa in un negozio senza pagare 10,9 9,3 9,3 6,5 - Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna 24,9 28,7 28,3 25,3
Area dei rapporti familiari e sessuali - Divorziare 73,8 74,1 78,6 77,0 - Avere rapporti sessuali senza essere sposati 79,9 79,8 84,9 87,8 - Avere esperienze omosessuali 36,7 30,9 40,8 49,5 - Convivere senza essere sposati 76,2 79,0 77,9 84,1 - Avere una relazione con una persona sposata 53,0 49,3 48,0 45,8 - Abortire 57,6 51 ,8 47,5 5 1 ,0
Area dell' «addiction>> - Fumare tabacco 85,7 - Ubriacarsi 49,8 49,6 49,2 56,0 - Fumare occasionalmente marijuana 26,9 20,8 27,6 38,6 - Prendere droghe pesanti (eroina) 8,8 6,7 7,7 8,2
Area della violenza e del vandalismo - Fare a botte per far valere le proprie ragioni 35,7 33 ,7 3 1 ,6 26,3 - Fare a botte con i tifosi di una squadra awersaria - 7,0 7,6 - Produrre danni a beni pubblici 6,2 3,6 4,9
portamenti, sottoposti al duplice giudizio etico sociale ed individuale, vengono valutati in modo diverso prefigurando coincidenze o difformità tra i due piani in oggetto. Ci aiuta a tal proposito la tabella 8.3 che ricostruisce il rapporto tra percezione delle norme sociali e criteri di ammissibilità personale. Nella prima colonna della tabella vengono riportate le percentuali relative alla perfetta coincidenza, in senso restrittivo, tra etica sociale ed etica individuale nel giudicare i singoli comportamenti; il che vuol dire che su entrambi i piani le azioni sottese vengono ritenute inammissibili. Nella seconda colonna la coincidenza assume una valenza permissiva: è infatti riportata la percentuale degli intervistati che concordano con quel-
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TAB. 8.3. Coincidenze e discrepanze tra norme sociali e regole di condotta indivi-duale. Percentuale di coloro che considerano personalmente ammissibi-li o non ammissibili i diversi comportamenti in rapporto alla loro per-cezione dell'etica sociale (età: 15-29 annz)
Coincidenza Coincidenza Discrepanza Discrepanza tra etica sociale tra etica sociale tra etica sociale tra etica sociale
e etica individuale e erica individuale (restrittiva) e (permissiva) e (entrambe (entrambe etica individuale etica individuale restriuive) permissive) (permissiva) (restritdva)
Prendere droghe pesanti 89,4 0,6 7,6 2,4 Rubare in un negozio 84,9 1 , 1 6,1 7,9 Produrre danni a beni pubblici 84,7 0,6 3 ,7 1 1 ,0 Fare a botte tra tifosi 84,2 1 ,4 5,7 8,7 Fare a botte per le proprie ragioni 56,6 10,6 14,1 18,6 Evadere le tasse 54,7 1 1 ,5 15,5 18,2 Assentarsi dal lavoro 53,9 13,0 16,1 17,0 Non pagare il biglietto 44,6 14,8 19,6 20,9 Fumare marijuana 53,5 6,1 32,9 7,5 Relazioni extramatrimoniali 46,5 9,4 38,0 6,2 Esperienze omosessuali 44,6 6,1 45,9 3 ,4 Abortire 41 ,9 12,6 39,4 6,1 Ubriacarsi 37,7 13 ,5 42,3 6,4 Divorziare 15,9 28,6 50,2 5,2 Convivenza 10,7 41 ,9 42,2 5,2 Rapporti prematrimoniali 7,6 55,8 32,8 3 ,7 Fumare tabacco 6,7 61,0 25,1 7,3
le che ritengono siano le regole sociali, considerando non criticabili i comportamenti connessi. Le ultime due colonne completano il quadro prospettando i due casi di difformità nei quali ad un'etica individuale tollerante contrasta un'etica sociale percepita come più restrittiva (terza colonna) e, al contrario, a regole di condotta individuale rigide si associa una visione di società eccessivamente permissiva (quarta colonna) .
I nostri indicatori di convergenza/ divergenza etica si dividono grossomodo in quattro gruppi.
Nel primo prevale indiscutibilmente l'uniformità di giudizio tra sfera sociale e sfera personale nel valutare negativamente comportamenti che assumono pertanto significati di devianza esplicita; tra essi troviamo l'assunzione
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di eroina, il furto in negozi, l'azione vandalica e il teppismo sportivo.
Più complesso il secondo gruppo di comportamenti costituito da infrazioni di carattere economico (evadere le tasse, assenteismo, non pagare il biglietto) a cui si aggiunge la violenza come mezzo per imporre le proprie ragioni. In questi casi l'accordo tra privato e sociale nel giudicare trasgressive queste azioni concerne solo poco più della metà del campione intervistato mentre tra minoranze consistenti emerge sia la maggiore tolleranza giovanile verso questa tipologia di condotte, sia la maggiore rigorosità personale che porta alcuni giovani a differenziarsi da un'etica sociale ritenuta debole e poco responsabile: due posizioni contrastanti che costituiscono un buon esempio di come i giovani possano essere disomogenei al loro interno.
Il terzo gruppo di comportamenti vede il campione dividersi a metà tra coloro che si percepiscono allineati con i valori comuni nello stigmatizzare l'uso delle droghe leggere o dell'alcol, le relazioni extramatrimoniali, le esperienze omosessuali, le pratiche abortive, e tra coloro che su questi ambiti si considerano più tolleranti del mondo adulto.
Il quarto gruppo è definito da comportamenti che vengono accomunati da una tolleranza diffusa non solo tra i giovani ma anche nel contesto sociale più vasto; questi ultimi comportamenti che hanno perso o stanno perdendo qualsiasi significato trasgressivo sono i rapporti sessuali prematrimoniali, la convivenza, il divorzio, a cui si aggiunge il fumo di sigaretta, circondato da una insospettabile tolleranza che ridimensiona in modo consistente la presupposta progressiva emarginazione sociale dei tabagisti.
4 . Le tendenze alla trasgressione
È tuttavia nelle azioni concrete che si misura la reale propensione trasgressiva degli individui. Le indagini IARD
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TAB. 8.4. Variazione nel tempo degli atteggiamenti di «non esclusione» della possibilità di trasgredire alle norme sociali. Percentuali di coloro che ri-tengono possibili i diversi comportamenti, o che comunque non esclu-dono la possibilità di compierli, per anno di rilevazione (età: 15-24 anni)
1983 1987 1992 1996
Area dei rapporti economici - Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare 53,9 54,6 62,1 65,7 - Assentarsi dal lavoro quando non si è
realmente malati 49,1 50,5 55,9 54,0 - Prendere qualcosa in un negozio senza pagare 14,9 12,8 12,7 14,1 - Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna 42,5 40,4 37,8 40,3
Area dei rapporti familiari e sessuali - Divorziare 72,3 70,1 72,8 75,3 - Avere rapporti sessuali senza essere sposati 79,6 79,6 84,3 88,1 - Avere esperienze omosessuali 10,8 5,2 4,4 7,4 - Convivere senza essere sposati 64,6 64,9 65,8 73,3 - Avere una relazione con una persona sposata 56,1 49,6 49,8 48,6 - Abortire 42,9 42,0 40,4 45,7
Area dell' «addiction» - Fumare tabacco 60,9 - Ubriacarsi 5 1 ,0 49,3 48,7 60,1 - Fumare occasionalmente marijuana 18,4 14,6 19,1 3 1 ,0 - Prendere droghe pesanti (eroina) 5 ,7 3 ,8 3 ,3 6,6
Area della violenza e del vandalismo - Fare a botte per far valere le proprie ragioni 44,6 43,7 40,1 38,0 - Fare a botte con i tifosi di una squadra awersaria 1 1 ,6 13,7 - Produrre danni a beni pubblici 10,1 7,7 9,2
si sono da sempre affidate alla domanda relativa alla possibilità di compiere i comportamenti proposti («Le potrebbe capitare dL») dal momento che in molti casi non è certamente opportuno, nel contesto di una ricerca estensiva su questionario, chiedere esplicitamente agli intervistati se erano già incorsi in tali comportamenti. La tabella 8.4 illustra quindi non già l'incidenza delle condotte trasgressive ma la probabilità con cui i giovani ritengono possibile praticarle. È altresì ovvio che nella tabella compaiono azioni che abbiamo visto avere perso qualsiasi valenza deviante ed è pertanto necessario, per
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TAB. 8.5. Coincidenze e discrepanze tra comportamenti e regole di condotta individuale. Percentuale di coloro che considerano personalmente ammissibili o non ammissibili i diversi comportamenti in rapporto alla possibilità di poter/i compiere (età: 15-29 anni)
Coincidenza Coincidenza Discrepanza Discrepanza tra etica personale tra etica personale tra etica personale tra etica personale e predisposizione e predisposizione (resrriuiva) e (permissiva) e
all'azione all'azione predisposizione predisposizione (entrambe {entrambe all'azione all'azione restriuive) permissive) (pennissiva) (restrittiva)
Produrre danni a beni pubblici 90,3 1,4 5,4 3 ,0 Prendere droghe pesanti 88,6 1,7 3 ,2 6,6 Fare a botte tra tifosi 85,3 3 ,8 7,7 3 ,3 Rubare in un negozio 83,4 3 ,2 9,4 4,0 Fare a botte per le proprie ragioni 58,3 18,1 16,7 6,7 Evadere le tasse 54,7 21 ,0 18,3 6,0 Fumare marijuana 54,2 23,5 6,8 15,5 Assentarsi dal lavoro 47,1 24,4 23,8 4,7 Non pagare il biglietto 33,1 29,3 32,4 5,2 Esperienze omosessuali 46,9 6 ,1 1 ,2 45,8 Relazioni extramatrimoniali 39,9 36,0 12,8 1 1 ,3 Abortire 39,6 36,3 8,4 15,6 Ubriacarsi 30,1 43,7 14,0 12,2 Divorziare 12,6 66,2 8,5 12,7 Convivenza 13,1 67,0 2,8 17,1 Rapporti prematrimoniali 7,4 83,3 3 ,9 5,4 Fumare tabacco 1 1 ,4 56,5 2,6 29,5
dare maggior significato all'analisi, comparare costantemente i criteri di ammissibilità di norme e regole con la propensione a trasgredirle3 (si veda la tab. 8.5 ) .
Prendendo contemporaneamente in considerazione, per brevità espositiva, sia l'evoluzione del fenomeno nelle quattro rilevazioni IARD, sia il confronto tra morale indivi duale e percezione delle proprie possibilità d'azione, si delineano queste tendenze:
3 Poiché le modalità di risposta previste erano «SÌ», «no», «non so» in rapporto alla possibilità di compiere ciascun comportamento proposto è possibile interpretare le affermazioni positive come tendenza alla violazione normativa, quelle negative come accettazione della norma e il «non so» come instabilità del codice morale. Per questa ragione si sono accomunati i «SÌ» con i «non so» considerandoli come espressione di una potenziale propensione trasgressiva.
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a) Nell'area dei rapporti familiari e sessuali si consolida l'orientamento, già evidente nell'indagine del 1992, a considerare i rapporti sessuali prematrimoniali, la convivenza non vincolata dal matrimonio, il divorzio, come pratiche entrate a pieno diritto nella morale comune: vengono infatti largamente accettate sul piano dell'ammissibilità sociale e personale né si esclude che all'intervistato possa capitare di adottarle. L'infedeltà nel matrimonio e l'aborto appaiono invece prospettive assai contrastate: sanzionate da una metà del campione, tollerate dall' altra metà. È da sottolineare che ciascuno dei comportamenti citati presenta una percentuale di ammissibilità personale quasi simile alla percentuale relativa alla possibilità (anche teorica) di compierlo; ciò segnala in questi ambiti una buona coerenza tra sfera morale e condotte individuali. I rapporti omosessuali mostrano invece un grosso divario tra riconoscimento di ammissibilità e possibilità di avere tali esperienze. Prendendo come parametro emblematico di trasgressività nell'area dei rapporti affettivi e sessuali le relazioni extramatrimoniali, viene a confermarsi lo stereotipo culturale che vuole il maschio (60,3 %) molto più predisposto all'infedeltà della femmina (37 ,9%); meno decisa è invece la distanza che separa le regioni centrosettentrionali (52 %) da quelle meridionali (45 ,4%) .
b) Nell'area dei rapporti economici la situazione appare stazionaria: non si notano rispetto alle passate edizioni dell'indagine significativi scostamenti. Un certo allentamento della doverosità civile è ribadito dall'alta propensione a trasgredire alle regole in alcuni campi specifici (ad esempio il non pagare il biglietto sui trasporti pubblici, o l'assentarsi in modo non giustificato dal lavoro, o evadere le tasse). In tutti questi casi il livello riconosciuto di ammissibilità del comportamento è notevolmente inferiore alla possibilità di adottarlo; vi è dunque consapevolezza di una discrasia tra condotte auspicate e condotte agite. Un tale atteggiamento appare ampiamente diffuso in tutti i gruppi elementari considerati senza che si pongano differenze significative per sesso, classe sociale, area
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geografica; solo con l'aumentare dell'età è possibile notare l'attenuarsi del fenomeno e un certo recupero della responsabilità sociale del giovane. n rubare qualche oggetto in un negozio si conferma un comportamento considerato grave ed evitato dalla maggioranza, ma non da un giovane ogni sette.
c) Nell'area della violenza e del vandalismo si registra dal 1983 al 1996 una lenta ma progressiva contrazione della propensione ad utilizzare la violenza come mezzo per far valere le proprie ragioni ed ancor meno un tale comportamento è ritenuto ammissibile. Nondimeno si deve segnalare come il teppismo sportivo e gli atti di vandalismo, nel complesso piuttosto contenuti nel campione generale, assumono rilevanza tutt'altro che trascurabile nel gruppo dei minorenni di sesso maschile: in questo caso la possibilità di incorrere in scontri violenti con tifosi di una squadra avversaria non è esclusa dal 26,8% dei giovani, mentre la possibilità di danneggiare beni pubblici riguarda il 20,6%. La devianza violenta è dunque un fenomeno essenzialmente legato al sesso e all'età e già tra i 18 e i 20 anni si riduce sensibilmente; poco influente, a differenza di quanto si sarebbe potuto pensare, è invece il ruolo esercitato da condizioni di maggiore o minore privilegio: l'istruzione dei genitori, così come la classe sociale di appartenenza, non hanno alcun rapporto con questa propensione trasgressiva.
d) L'area dell' addiction ovvero quella del consumo delle sostanze psicotrope presenta le maggiori novità. Tra il 1992 e il 1996 si è innestata una forte tendenza all'aumento dell'esposizione all'alcol e alle droghe. L'eventualità di ubriacarsi è ritenuta possibile dal 60% del campione (circa due maschi ogni tre e una femmina ogni due), quella di fumare droghe leggere dal 3 1 % del campione (anche in questo caso più maschi delle femmine) . Entrambi gli indicatori trovano la loro massima incidenza tra i giovani 18-20enni e registrano un sorprendente incremento rispetto al 1992. Anche il rischio eroina, che nella edizione precedente dell'indagine coinvolgeva il 3 ,3 % dei giovani, oggi è raddoppiato. Come si è visto, l'abuso di alcol e il
182
consumo di droghe leggere è peraltro considerato eticamente ammissibile da larghe fasce giovanili (rispettivamente dal 56% e dal 39%) . Nel complesso la cultura dell' addiction appare risentire fortemente dell'influenza delle caratteristiche ambientali di residenza e di quelle socioculturali d'origine ma la regola generale è riconducibile ad un unico principio: l'esposizione alle sostanze si incrementa progressivamente aumentando le condizioni di benessere; così si innalzano gli indici di propensione all'uso di droghe leggere o all'abuso di alcol passando dalle regioni meridionali a quelle centro-settentrionali, dai piccoli centri alle grandi metropoli, dalle famiglie con livelli culturali modesti a quelle con un grado di istruzione elevato, dalle classi operaie a quelle borghesi.
Un'analisi più particolareggiata dei risultati sopra descritti rileva che le suddivisioni per area di comportamento presentano forti omogeneità interne: chi ad esempio esprime una forte propensione alla violenza ha nel contempo un'alta contiguità a possibili comportamenti teppistici, chi invece appare molto libera! nella sfera sessuale tende ad esserlo per tutti i comportamenti prospettati (a parte le esperienze omosessuali) , e così via. Alcune eccezioni e alcune correlazioni significative tra comportamenti inclusi in aree trasgressive differenti suggeriscono tuttavia un supplemento di analisi. Per meglio chiarire questi aspetti si è fatto ricorso ad una analisi fattoriale che ha permesso l'individuazione di quattro modelli trasgressivi. Nel processo di ottimizzazione di questa procedura statistica sono stati eliminati tre items relativi alla devianza di tipo economico (evasione fiscale, assenteismo, non pagare il biglietto) , poco significativi ai fini proposti dal momento che apparivano talmente trasversali da non contribuire alla caratterizzazione di nessun fattore4•
4 Oltre ai tre comportamenti attinenti la sfera economica sr e espnnto anche quello relativo all'omosessualità. I risultati dell'analisi fattoriale, eseguita con il metodo di rotazione varimax sui tredici items residui, sono sufficientemente soddisfacenti (la varianza spiegata è del
183
n primo fattore risulta collegato esclusivamente all' area dei rapporti familiari e sessuali, vale a dire a quei comportamenti (convivenza, divorzio, rapporti prematrimoniali, aborto, relazioni extraconiugali) che abbiamo visto essere largamente diffusi tra i giovani, in particolare tra i maschi, tra figli di famiglie di elevata estrazione sociale e di buon background culturale, nelle regioni settentrionali, nelle aree metropolitane.
n secondo fattore identifica tre comportamenti di natura diversa ma con forti connessioni tra loro: il consumo di eroina, il rubare qualcosa da un negozio, il danneggiare beni pubblici; non è un caso che proprio queste tre azioni - tra quelle più stigmatizzate dalla grande maggioranza dei giovani - si trovino accomunate in un unico modello deviante che appare riferito soprattutto a adolescenti di entrambi i sessi; la presenza dell'elemento femminile in questa dimensione della devianza è in effetti piuttosto sorprendente.
Il terzo fattore rileva la classica cultura dell' addiction con fumo, alcol e droghe leggere. È da notare come l'eroina si associ al secondo fattore e non a questo, il quale, più che esprimere un orientamento deviante vero e proprio, manifesta piuttosto alcuni tratti della cultura giovanile condivisi soprattutto da una agguerrita minoranza di 18-20enni più frequentemente di sesso maschile e di buona condizione socio-culturale.
Il quarto e ultimo fattore è definito dai due comportamenti violenti presenti in lista: violenza come mezzo per far valere le proprie ragioni e violenza come scontro sportivo. Pur con valenze diverse l'aggressività nei confronti dell'altro sembra avere un'origine comune nei tratti della personalità di alcuni maschi minorenni. La diffusio-
53 %) . I punteggi fattoriali di ciascuno dei quattro fattori sono stati trasformati, attraverso il metodo della regressione, in altrettante variabili metriche che illustrano la posizione di ciascun soggetto, o la posizione media di ciascun gruppo elementare, rispetto alle dimensioni considerate.
184
2
• m 25-29 - • m 21-24
• m 18-20 •
M 15-17 (l)
«l "'
• F 15-17 "' "' (l)
o "' • f 2 1 -24
"'' t (l)
,.fi .....:1
-1 -
f 18-20 • f 25-29 •
-2 l l l l -3 -2 -1 o 2 3
Cultura dell'addiction
FIG. 8.1 . Orientamento alla libertà sessuale e cultura dell'addiction per sesso ed età.
ne si concentra soprattutto tra i giovani residenti in regioni meridionali.
Nel panorama complessivo delle propensioni trasgressive emerge una certa segmentazione all'interno dell'universo giovanile. Nel caso della devianza esplicita, rappresentata soprattutto dal secondo (eroina, furto, vandalismo) ma anche dal quarto fattore (violenza) , vi è un evidente sovradimensionamento della classe di età adolescenziale; nel caso invece degli aspetti diventati peculiari nella cultura giovanile, come quelli che emergono dal primo e dal terzo fattore, sembra essere il genere a incidere maggiormente. Utilizzando i punteggi fattoriali forniamo una rappresentazione grafica relativa allo spazio individuato dal fattore orientamento alla libertà sessuale e dal fattore cultura dell'addiction posti su piano cartesiano nel quale sono stati proiettati i gruppi definiti da sesso ed età. L'osservazione del quadrante in alto a destra mostra
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come il maggior coinvolgimento nelle aree del sesso e delle sostanze psicotrope riguardi sostanzialmente i maschi con oltre 18 anni ma, e questa è certamente una novità, vi trovi anche uno spazio il gruppo delle ragazze minorenni (15-17enni) (fig. 8. 1 ) .
5 . Cultura dell' «addiction» e uso delle droghe
La maggiore propensione all'abuso di alcol e al consumo di stupefacenti rivelatasi tra i giovani appare strettamente legata all'incremento di contatti con il mondo della droga. Osservando gli indicatori di contiguità presenti nelle inchieste IARD si può notare come l'aumento negli anni sia costante: oggi i due terzi dei giovani conoscono persone che fanno uso di droghe; rispetto a dieci anni prima l'incidenza del fenomeno è praticamente raddoppiata. Più della metà ha visto personalmente qualcuno che stava assumendo droga, esperienza che riguardava solo i due quinti dei giovani intervistati nel 1987 . La ricerca segnala un 14% di intervistati che ammette esplicitamente di sentire desiderio di provare una droga. Pur dovendosi ipotizzare un certo sottodimensionamento quantitativo delle risposte a causa di probabili reticenze a confessare un simile interesse, dal punto di vista qualitativo l'espandersi del fenomeno è dimostrato dal confronto temporale che vede negli ultimi dieci anni triplicare la sua consistenza (tab. 8.6).
L'essere stato oggetto di offerta esplicita di un qualche tipo di droga è dichiarato da più di un terzo degli intervistati quando nel 1983 erano poco più di un quinto e nel 1992 un quarto. Un aumento che è anche un sintomo inequivocabile di un ampliamento del mercato. Mettendo in relazione l'offerta di droga con le abitudini dei giovani possono essere quantificati fenomeni in parte scontati ma di cui si hanno informazioni poco precise come, ad esempio, la diffusione della droga nelle discoteche. L'indagine rileva come l'abitudine alla frequentazione delle discoteche e la sua intensità riferita ai tre mesi precedenti l'intervista siano fortemente correlate al contatto diretto col
186
T AB. 8.6. Variazione nel tempo degli indicatori di contatto con il mondo della droga (età: 15·24 anni·%)
1983 1987 1992 1996
È capitato di: - Parlare con qualche persona che ha fatto uso
di droga 54,8 46,8 56,6 64,7 - Conoscere persone che fanno uso di droghe 39,3 32,8 54,9 64,0 - Vedere qualcuno che stava usando droga 44,7 39,1 43,7 52,6 - Sentirsi offrire qualche tipo di droga 2 1 ,1 24,9 36,7 - Vedere o toccare qualche tipo di droga 20,4 10,8 22,6 - Toccare qualche tipo di droga 2 1 ,5 - Sentire il desiderio di provare una droga 7,8 4,5 10,7 14,0
mercato: se al 56,5 % dei frequentatori assidui (almeno una volta alla settimana) è stata offerta qualche sostanza stupefacente, la probabilità di verificarsi di un simile evento tende a ridursi diminuendo le occasioni di frequenza; infatti chi ci va almeno una volta al mese (ma non tutte le settimane) risulta esposto al mercato nel 46, 1 % dei casi, chi ci è andato una o due volte negli ultimi tre mesi nel 34,6% dei casi e chi non ci è andato affatto vede ridursi la probabilità dell'evento al 26,3 % .
L'indicatore più diretto riguarda l'aver toccato con mano qualche tipo di droga, comportamento che nel complesso coinvolge un giovane ogni cinque. Come è evidente dalla figura 8.2, il contatto fisico con la sostanza ci propone un quadro diversificato. La maggiore incidenza si concentra tra i maschi delle grandi aree metropolitane del Centro-Nord. Nel complesso i maschi sono molto più esposti delle femmine, i residenti nelle grandi città di quelli che abitano nelle medie o nelle piccole, i residenti nelle regioni del Nord e del Centro di quelli che abitano nel Sud. Le meno coinvolte sono pertanto le femmine dei piccoli-medi centri del Sud (solo 1'8,4% di esse) .
La costruzione di un indice complessivo di esposizione alla droga5 riassume, in un'ottica sintetica, il coinvolgi-
5 L'indice complessivo di esposizione è stato costruito secondo una logica additiva che somma occasioni e intensità di contatto.
187
M - metropoli Centro-Nord M - metropoli Sud
M - altre città Centro-Nord F - metropoli Centro-Nord
M · altre città Sud F · metropoli Sud
F - altre ciuà Centro-Nord F - altre città Sud
o
19,2 17,9
16,9 8,4
10 20
50,3
33,3 3 1 ,9
30
30 40 50 60
FIG. 8.2. Incidenza del contatto fisico con la droga per sesso, ampiezza comune e area geografica (%) .
78 82 85 89 92
Femmine Sud Basso Cenni bad:grmmJ 1 medio-piccoli
cuhural�,. o�;� ... ' ' .. o�!���
100
M celia campione
1 14 1 16 119 122
Cemro·Nord •Borghesi� _ ... ! - .. M;�schi
,. ... El(."v:Jto ... ' ( backgmufld � ' ... ��t�r�ls , ..
141
Metropoli
FIG. 8.3. Indice complessivo di esposizione al mondo della droga (media campione = 100).
mento nella cultura dell'addù:tion. Posto uguale a 100 il valore medio di prossimità con il mondo della droga espresso dal campione è possibile individuare le caratteristiche socio-anagrafiche, culturali e territoriali che incrementano o, al contrario, fanno diminuire, le probabilità di contatto. Il risultato complessivo conferma gli elementi più volte accennati e ne specifica altri (cfr. fig. 8.3 ) . Oltre a sesso e residenza, anche il background culturale e la classe sociale della famiglia d'origine influenzano il ferromenò massimizzandolo in coincidenza con le condizioni più favorevoli; con ciò si ribadisce una tendenza già rilevata nella terza indagine IARD6 che associa il consumo di hashish e marijuana e l'abuso di alcol non a condizioni di
6 Buzzi [1983 , 198-204] .
1 88
90
80
70
60
50
40
30
20
lO
o 1"------""'-=L-----' Esposizione eroina
cocaina Esposizione acidi
ecstasy
11.!1 Bassa D Media • Alta
Esposizione hashishmarijuana
FIG. 8.4. Indici di esposizione ai tre tipi di droga (%) .
disagio socio-economico o a deprivazione culturale ma a tratti generalizzati che connotano la cultura giovanile delle aree e dei settori più avanzati del Paese.
Nella lettura dei dati fin qui esposti è opportuno distinguere tra tipi di sostanza poiché i fenomeni in oggetto si articolano diversamente. Ad esempio parlare con qualcuno che ha fatto uso di droghe leggere, quali hashish o marijuana, appartiene all'esperienza del 46,8% del campione, così come il 36,0% ha visto consumarle e il 20,8% ha toccato sostanze di questo tipo. L'esperienza di contatto con il mondo dell'eroina o della cocaina è meno frequente ma in termini relativi assai rilevante: il 25,6% ha parlato con consumatori, il 19 ,9% ha visto qualcuno usare queste droghe e il 2,3 % le ha toccate7. Le sostanze
7 Facendo un confronto con l'indagine del 1992 risultano in aumento gli eventi di contatto con l'hashish e la marijuana ma non quelli con eroina e cocaina che appaiono stabili. Da ciò può essere dedotto che il grande incremento degli indici di esposizione alla droga sia supportato quasi esclusivamente dal maggior interesse dei giovani per le droghe leggere. Tale risultato appare confermato dal fatto che, sul frame del dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere, si registra
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psicotrope sintetiche (acidi, ecstasy, ecc.) sembrano essere assimilabili, come occasioni di contatto, più alle droghe pesanti che a quelle leggere. Gli indici complessivi di esposizione quantificano il rischio addiction per ciascun tipo di droga (cfr. fig. 8.4) .
6. Conclusioni
Riprendendo idealmente, a quattro anni di distanza, le conclusioni al capitolo settimo del terzo rapporto IARD si potrebbero ribadire una per una tutte le considerazioni là avanzate: i fenomeni osservati sono gli stessi e le tendenze riscontrate hanno continuato ad incrementarsi mostrando spesso una notevole impennata dal punto di vista della loro incidenza sulla popolazione giovanile. Le regole di condotta individuale, owero la dimensione etica personale, si distanziano vieppiù dall'etica sociale, così come è percepita dai giovani; ciò provoca una evidente maggiore propensione trasgressiva che si rivela in alcuni ambiti particolari, come quello dell' addiction, all'interno del quale si sono registrati forti incrementi sia nei confronti dell'alcol che delle droghe leggere. Il fenomeno della trasversalità della propensione trasgressiva è parimenti confermato: oggi sempre di meno gli atteggiamenti e i comportamenti non completamente allineati con la morale comune possono essere ricondotti a tratti socioanagrafici precisi; anzi, se qualche distinzione è d'obbligo, questa riguarda la maggiore esposizione al rischio droga di quei giovani che appartengono a gruppi elitari, owero a strati sociali elevati, di buona estrazione culturale, residenti nelle aree metropolitane delle regioni centrali e settentrionali del Paese. Un elemento di novità rispetto al passato è l'incremento delle propensioni trasgressive presso i minorenni, fenomeno che riguarda, in qualche caso, anche le ragazze.
un aumento dell'orientamento favorevole che passa dal 3 1 % del 1992 al 35% del 1996.
1 90
CAPITOLO NONO
RUOLI DI GENERE E VITA AFFETTIVA
l. Premessa
Ragazze e ragazzi tendono oggi ad essere sempre più simili per quanto riguarda i valori condivisi, gli interessi ma anche gli atteggiamenti e i comportamenti. Non si possono tuttavia non rilevare le significative differenze tra i due sessi che permangono nell'ambito socializzativo. Differenze culturali che si ripercuotono inevitabilmente a livello di aspettative e di progettualità e quindi di scelte, scolastiche e lavorative, che influiscono nel complesso sulla definizione e l'interpretazione dei ruoli adulti da parte dei maschi e delle femmine.
Ci riferiamo alla costruzione sociale dell'appartenenza di sesso ovvero all'insieme dei processi attraverso i quali la società attribuisce in modo differenziato i compiti agli uomini e alle donne, ne stabilisce le modalità di comportamento e di rapporto trasformando così le differenze biologiche in un elaborato culturale che ne delimita i destini all'interno di traiettorie previste.
Soprattutto nel momento in cui si analizzano i ruoli sessuali o si parla di coppia, e quindi del mondo di relazioni e interazioni all'interno del quale uomini e donne si incontrano, comunicano, si confrontano tra conflitti e complicità, non è possibile analizzare separatamente la condizione femminile da quella maschile. È inevitabile pertanto muoversi in un'ottica di genere considerando le differenze e le disuguaglianze, ma anche i punti d'incontro e d'integrazione, tra le due componenti del nucleo primario, base dell'affettività ed elemento fondante della famiglia. Un primo livello d'analisi può essere quello di osservare, secondo una visione integrata dei due sessi, le immagini che hanno l'uno dell'altro e le aspettative reci-
191
proche per rilevare quanto esse divergano o si avvicinino alla necessaria prospettiva di collaborazione tra uomini e donne nel processo dialettico di definizione e ridefinizione continua dei loro ruoli.
n concetto di genere implica il riferimento ad una realtà in costante mutamento: i due attori collettivi non accettano passivamente il destino che a loro è riservato ma mettono in discussione, e soprattutto la donna lo ha fatto, la propria condizione, i modelli di comportamento previsti; ricercano nuovi spazi, nuove dimensioni in cui identificarsi, scopi e strumenti diversi di realizzazione che inevitabilmente producono, in un processo continuo di trasformazione, soggetti mutati che intessono rapporti rinnovati.
Tali cambiamenti appaiono particolarmente significativi tra i giovani in quanto soggetti non ancora costretti entro rigidi schemi culturali più propriamente legati ai ruoli adulti, e quindi più in grado di sperimentare modelli nuovi di comportamento al di fuori delle responsabilità e dei vincoli derivati dai compiti familiari e sociali.
Ciò risulta valido soprattutto oggi per il protrarsi della fase giovanile che accomuna a lungo una grande parte di soggetti in uno «stato di moratoria», di «non scelta» nei confronti del proprio futuro ma anche perché l'interpretazione dei ruoli di genere appare sempre meno rigida e definita. Tale condizione si verifica quanto meno in linea teorica perché nella pratica dei fatti, per i vincoli derivati soprattutto dal ruolo paterno e materno, i giovani all'ingresso nella vita adulta tendono a rientrare nei percorsi tradizionali che consentono comunque, a differenza di un tempo, una maggior libertà di azione e di scelte.
Le precedenti indagini lARD sulla condizione giovanile non ci offrono informazioni specifiche rispetto a tale ambito. È certo tuttavia che oggi i giovani rappresentano in modo diverso il loro essere maschi o femmine rispetto alla generazione precedente, anche se non c'è linearità nel cambiamento, costellato com'è di contrasti e contraddizioni. I rapporti intercorrenti tra i due sessi, sicuramente meno stereotipizzati, si caratterizzano nei termini di
1 92
maggior egualitarismo pur nascondendo, come vedremo, alcuni tratti tradizionali principalmente in relazione all'interpretazione del ruolo materno. Le relazioni tra ragazzi e ragazze sono più paritarie, normalmente basate sul confronto e non sulla sopraffazione o imposizione degli uni sulle altre, sulla possibilità di comunicare sentimenti, stati d'animo e di confronto tra i diversi punti di vista.
T ali trasformazioni culturali influenzano inevitabilmente l'affettività e i legami interpersonali esistenti all'interno della coppia che si modifica mantenendo la sua prioritaria posizione nella vita relazionale non solo giovanile; anzi essa sembra acquisire rilevanza sempre maggiore come punto di riferimento psicologico e affettivo, come base per la personale sicurezza in una società centrata sul privato, che esalta la dimensione intimista dimostrando per converso sfiducia nel collettivo e nel sociale.
Ed è proprio mettendo al centro dell'interesse giovanile la coppia e la relazione tra i due generi che si esaltano le contraddizioni e si evidenziano le aspettative reciproche divergenti.
2 . La percezione dei ruoli di genere
Per ot.tenere informazioni su come i giovani interpretano i ruoli di genere all'interno della famiglia e nella società, ovvero per conoscere le aspettative che essi hanno nei confronti dell'attuale o futuro partner e le funzioni che attribuiscono a uomini e donne nella vita sociale, abbiamo proposto loro nove affermazioni, riferite ad alcuni stereotipi maschili o femminili, rispetto alle quali è stato chiesto di esprimere il grado di accordo su una scala a quattro livelli (da «molto» a «per niente» d'accordo).
Le frasi utilizzate (tab. 9.1) colgono varie dimensioni quali il potere decisionale e quello economico all'interno della famiglia, la valenza autorealizzativa del lavoro, l'importanza della bellezza, la predisposizione al sacrificio e alla cura dei bambini piccoli. Si è cercato di rilevare inoltre quanto sia condivisa l'idea di parità in relazione ad
193
TAB. 9 .1 . Grado di accordo su alcune affermazioni relative ai ruoli di genere in rapporto al sesso (%)
Totale Maschi Femmine
È soprattutto l'uomo che deve mantenere la famiglia Sono d'accordo 32,2 40,4 23,8 di cui: - Molto d'accordo 9,4 1 1 ,5 7,2 - Abbastanza d'accordo 22,8 28,9 16,6
Per una donna è molto importante ersere attraente Sono d'accordo 63 ,1 69,1 57,1 di cui: - Molto d'accordo 17,1 21 , 1 13 ,0 - Abbastanza d'accordo 46,0 47,9 44,1
Una donna sa /are le sterse cose che sa fare un uomo Sono d'accordo 69,7 65,4 74,1 di cui: - Molto d'accordo 27,7 22,2 33,2 - Abbastanza d'accordo 42,0 43,2 40,9
È giusto che in casa sia l'uomo a comandare Sono d'accordo 13,4 20,7 6,1 di cui: - Molto d'accordo 4,2 6,4 2,0 - Abbastanza d'accordo 9,2 14,3 4,1
Sarebbe giusto che anche gli uomini aiutassero a /are le /accende domestiche
Sono d'accordo 86,9 81,3 92,7 di cui: - Molto d'accordo 47,0 34,4 59,8 - Abbastanza d'accordo 39,9 46,9 32,9
Per l'uomo più che per le donne è molto importante avere successo ne/ lavoro
Sono d'accordo 47,4 5 1 ,5 43,3 di cui: - Molto d'accordo 20,4 2 1 ,6 19,1 - Abbastanza d'accordo 27,0 29,9 24,2
In politica la presenza delle donne in posizioni importanti è ancora insufficiente
Sono d'accordo 74,6 68,2 81,2 di cui: - Molto d'accordo 36,2 26,6 46,0 - Abbastanza d'accordo 38,4 41 ,6 35,2
1 94
T AB. 9 . l. (segue)
Totale Maschi Femmine
Una donna è capace di sacrificarsi per la famiglia molto più di un uomo
Sono d'accordo 74,7 71 , 1 78,2 di cui: - Molto d'accordo 44,9 38,7 51 , 1 - Abbastanza d'accordo 29,8 32,4 27, 1
In presenza di figli piccoli, è sempre meglio che il marito lavori e la moglie resti a casa a curare i figli
Sono d'accordo 69,6 66,6 63,4 di cui: - Molto d'accordo 33 ,3 38,1 28,5 - Abbastanza d'accordo 36,3 28,5 34,9
abilità e competenze della donna rispetto all'uomo o di doverosità della partecipazione maschile alle faccende domestiche. Infine è stata chiesta una valutazione sulla presenza femminile in politica.
L'orientamento maggiormente presente tra i giovani evidenzia una visione interpretativa dei ruoli di genere di tipo paritario; essa prevede la interscambiabilità dei compiti domestici, la compartecipazione dei partners nel mantenere la famiglia oltre che nel prendere le decisioni, riconosce simili capacità di tipo manuale e intellettuale a maschi e femmine, lamenta una sotto-rappresentazione di queste ultime nella vita politica del Paese.
Emerge tuttavia in misura consistente l'immagine di una specificità della donna strettamente ancorata alla cura e all'educazione dei figli, di una donna sempre pronta a sacrificarsi per la famiglia in misura superiore all'uomo.
Pur all'interno di una prospettiva formalmente paritaria, l'identità femminile sembra quindi ancora giocarsi nell'ambito familiare mentre quella maschile risulta permanere legata al ruolo professionale; il successo nel lavoro è del resto considerato da molti giovani più importante ai fini della realizzazione dell'uomo rispetto a quanto lo sia per la sua compagna.
195
Troviamo inoltre una ridotta seppur significativa rappresentanza di «irriducibili», per i quali è l'uomo che deve comandare ed essere l'unico percettore di reddito mentre è solo la donna ad essere la responsabile e ad assumersi l'onere delle faccende domestiche.
Si riafferma, infine, lo stereotipo della bellezza come attributo importante della donna; i due terzi del campione ne evidenziano la rilevanza.
In questo quadro generale i maschi tendono maggiormente a difendere i propri privilegi che tradizionalmente li esentano dai compiti domestici (1'81 ,3 % contro il 92,7 % delle femmine ritiene che gli uomini dovrebbero aiutare per le faccende domestiche) e attribuiscono loro il potere decisionale (il 20,7 % dei ragazzi pensa che in casa sia giusto che l'uomo comandi rispetto al 6, 1 % delle ragazze) ; sono essi, inoltre, a fornire in misura superiore un modello tradizionale della donna-madre e ad attribuirsi un ruolo predominante nel mantenimento della famiglia (il 40,4% dei maschi contro il 23 ,8% delle femmine) . Sono sempre i maschi infine a rilevare in misura inferiore la condizione di disuguaglianza della donna in politica (68,2 % dei ragazzi a confronto dell'8 1 ,2% delle ragazze).
Non emergono invece differenze eclatanti tra i vari gruppi d'età nella percezione dei ruoli di genere anche se i più giovani ( 15 -17 anni) - che evidentemente, sia maschi che femmine, sono alle prese con il tentativo di definire la propria identità di genere - risultano più tradizionalisti riconoscendosi maggiormente nell'immagine differenziata delle funzioni dei due sessi; ciò in particolare avviene rispetto alla possibilità di comandare in famiglia e a sottovalutare la scarsa presenza delle donne in posizioni di potere nella politica.
Allo stesso modo sono i giovani appartenenti alle famiglie meno istruite a rimanere ancorati ad una visione conservatrice delle funzioni dei coniugi all'interno della famiglia: in misura più che doppia rispetto ai figli di laureati e diplomati sostengono che la donna debba essere la responsabile della cura dei bambini anche a scapito del proprio impegno extra-domestico (2 1 ,8% contro 45,3 %)
196
e ad essa del resto riconoscono maggiormente la capacità di sacrificarsi per la famiglia (32,2% contro 52,2%) . Comandare e mantenere la famiglia sono compiti riconosciuti come maggiormente adatti all'uomo.
Tale immagine tradizionale della divisione dei compiti tra i sessi sembra appartenere del resto, anche se in modo meno netto e costante, alla classe operaia e ai figli di lavoratori autonomi; in particolare sono le dimensioni economica e lavorativa ad apparire più connotate al maschile per questi giovani.
Le stesse dimensioni sono attribuite al maschio in misura superiore anche dai figli delle casalinghe: un'immagine che riflette il modello di divisione dei compiti all'interno della loro famiglia dove la madre non percepisce un reddito e da questo discende probabilmente una posizione di minor potere decisionale; il fatto che i giovani con madre casalinga attribuiscano essenzialmente alla donna la cura dei bambini non è altro che la riproposizione del ruolo materno.
L'appartenenza territoriale sembra modificare l'immagine del ruolo di genere: chi vive al Sud enfatizza in particolare le funzioni di comando come tipiche maschili, in misura quasi tre volte superiore a chi risiede al Nord, ed in percentuale ancora superiore attribuisce all'uomo la responsabilità di guadagnare per mantenere la famiglia.
Il dichiararsi credente e l'attribuire molta importanza alla religione nella propria vita non sembra influire significativamente sul modo di rappresentare l'immagine dei due sessi da parte dei giovani; si evidenzia tuttavia una più spiccata attribuzione del ruolo materno alla donna e di quello lavorativo all'uomo.
L'essere sposato o aver avuto esperienza di convivenza porta a vedere, più alle donne che agli uomini, un maggior spirito di sacrificio al femminile e a cogliere in modo particolare l'importanza della presenza materna nella cura dei figli. L'aver sperimentato concretamente i problemi legati alla divisione dei compiti all'interno della coppia o in famiglia, e ancor di più l'aver avuto un figlio, evidenzia gli ostacoli che rendono poco agevole la costruzione
197
TAB. 9.2. Tipologia relativa ai ruoli di genere per le variabili che l'hanno deter-minata (%)
Parità Uguaglianza Tradizione Supremazia assoluta nella differenza e modernità maschile
È soprattutto l'uomo che deve mantenere la famiglia 7,7 49,7 12,8 88,0
Per una donna è molto importante essere attraente 45,7 28,6 84,4 76,5
È giusto che in casa sia l'uomo a comandare 78,6 72,9 81 ,6 30,9
Una donna sa fare le stesse cose che sa fare un uomo 1 , 1 7,3 2,7 58,0
Sarebbe giusto che anche gli uomini aiutassero a fare le faccende domestiche 96,6 92,5 92,8 57,0
Per l'uomo più che per le donne è molto importante avere successo nel lavoro 17,6 7,5 63,8 93,5
In presenza di figli piccoli, è sempre meglio che il marito lavori e la moglie resti a casa a curare i figli 0,0 100,0 89,0 93,7
di un rapporto paritario in relazione al lavoro domestico e di cura; ciò a causa delle difficoltà, non solo maschili, di contrapporsi ai modelli culturali ancora più diffusi che portano inevitabilmente la donna ad assumersi maggior carico familiare e quindi a rendersi conto, o ad essere riconosciuta dal compagno, di sacrificarsi maggiormente per la famiglia.
La presenza di varie sfaccettature nella rappresentazione dei ruoli di genere da parte dei giovani ci ha portat o, nell'ottica di approfondire e specificare il quadro di riferimento, ad individuare una tipologia che raggruppasse gli intervistati intorno a quattro modalità omogenee di orientamento1 (tab. 9.2 e fig. 9 . 1 ) .
l Tramite una cluster analysis, condotta su sette dei nove items proposti, abbiamo identificato quattro diversi gruppi. Per tale analisi non abbiamo considerato le affermazioni relative alla posizione della
198
Tradizione e modernità
38,5
Uguaglianza nella differenza
18,1
Parità assoluta 24,9
FIG. 9. 1 . Tipologia relativa ai ruoli di genere (%).
Supremazia maschile
1 8,5
Al primo gruppo, che intende i rapporti tra maschi e femmine secondo un'ottica di parità assoluta, appartiene circa un quarto del campione. Questi giovani ritengono nella quasi totalità che l'uomo debba aiutare la donna nelle faccende di casa; in questo caso la formulazione più adeguata della proposizione sarebbe stata: «Uomini e donne devono concorrere allo stesso modo alle funzioni domestiche». Prevedibilmente alla donna sono riconosciute le stesse capacità di un uomo al quale viene negata ogni supremazia in termini decisionali come d'altronde non viene attribuita la funzione principale di mantenimento della famiglia. Caratterizza tale gruppo il fatto di non attribuire necessariamente alla madre, a differenza del resto degli intervistati, il compito di restare a casa per accudire i figli piccoli mentre il marito va a lavorare; il lavoro è ritenuto un ambito importante per entrambi.
donna nella politica e alla sua capacità di sacrificarsi per la famiglia in quanto non tratteggiano in modo definito e in senso unidirezionale l'immagine del ruolo femminile ed hanno presentato, probabilmente proprio per questa caratteristica, una certa ambiguità di andamento tra i vari sottogruppi.
199
Possiamo definire questo tipo come «puro» in quanto i soggetti che vi appartengono esprimono delle opinioni nettamente omogenee al loro interno e difformi rispetto agli altri raggruppamenti; soltanto riguardo alla rilevanza della bellezza femminile il sottogruppo si divide a metà tra favorevoli e contrari.
Il secondo raggruppamento, identificabile in una condizione di uguaglianza nella differenza, comprende circa un giovane ogni sei. L'orientamento che lo caratterizza è l'accettazione sostanziale del ruolo materno e domestico della donna ma solo quando la presenza di bambini piccoli lo richiede, altrimenti la parità tra i generi è garantita. La moglie, quindi, è meglio che stia a casa se ci sono figli in età prescolare da accudire e al contempo il marito deve pensare al mantenimento della famiglia. L'impegno e il successo nel lavoro non devono tuttavia interessare necessariamente solo l'uomo, il quale, peraltro, non ha alcun diritto di comandare ma deve anzi aiutare la moglie nelle faccende di casa. Sempre nell'ottica della parità tra i generi, una percentuale del tutto minoritaria di giovani appartenenti a questo tipo ritengono importante per la donna essere attraente.
Il terzo gruppo, il più numeroso, corrispondente a quasi i due quinti del campione, sottolinea il doppio ruolo della donna in un'ottica pertanto di tradizione e modernità. Una donna dunque che ha l'indipendenza economica e concorre con il marito al mantenimento della famiglia; soltanto ad essa spetta tuttavia il compito di curare i figli piccoli mettendo in secondo piano la propria a ttività extra-domestica. Data la prevalenza del ruolo materno su quello lavorativo essa riconosce in buona misura al maschio, o quanto meno questo se l'attribuisce, la rilevanza del successo nel lavoro ma non la possibilità di comandare in casa dove è giusto che aiuti la moglie nelle faccende domestiche. La realizzazione della donna appare dunque essere legata all'ambito familiare anche se possiamo ipotizzare un'interpretazione modernista della tradizione rilevando la presenza di una forte componente consumistica che porta, ad esempio, ad apprezzare partico-
200
larmente, in misura decisamente superiore rispetto agli altri sottogruppi, la bellezza per la donna. Essa intende adeguarsi o confrontarsi - e se vista dal punto di vista maschile è apprezzabile che lo faccia - con l'immagine femminile glamour proposta dalla pubblicità e dalla moda.
Dal quarto gruppo, di orientamento decisamente tradizionale, emerge chiara la supremazia maschile all'interno della famiglia; esso comprende poco più di un sesto del campione. Per i giovani che vi fanno riferimento la divisione dei ruoli è molto precisa: la moglie deve stare a casa ad accudire i bambini mentre il marito, unico percettore di reddito, ricerca il successo nel lavoro. Solo una minoranza riconosce inoltre alla donna capacità simili all'uomo; questo è il dato più significativo caratterizzante questo tipo assieme al fatto che più della metà concorda nell'attribuire la funzione di comando all'uomo e non ritiene necessario che quest'ultimo aiuti la moglie nelle faccende di casa. Alla donna quindi la responsabilità totale dei compiti domestici e materni sotto l'ala protettiva dell'uomo; l'impegno e la realizzazione maschile riguardano invece l'ambito professionale e in famiglia, pur collaborando poco, si assume il diritto di decidere per tutti. Analizzato dal punto di vista femminile, tale modello di ruoli sessuali equivale all'accettazione dell'immagine più tradizionale della donna che non ne prevede l'autonomia ma ne esalta la funzione materna che le dà la sicurezza e il prestigio, non togliendole tuttavia l'onere della bellezza, qualità che la rende particolarmente apprezzata.
I tipi emersi si distribuiscono in m9do differenziato in base alle variabili socio-economiche. E interessante annotare innanzitutto che sono i due gruppi minoritari in termini percentuali e con caratteristiche precise e contrapposte ad essere significativamente influenzati dal genere: la rivendicazione della parità assoluta nella coppia avviene maggiormente da parte delle ragazze che in misura inferiore si identificano in un'immagine tradizionale di divisione differenziata e diseguale dei compiti familiari e sociali (tab. 9.3 ) .
201
TAB. 9.3 . Tipologia relativa ai ruoli di genere per sesso, livello culturale familiare, classe sociale di appartenenza, area geografica (%)
Tipologia
Parità assoluta Uguaglianza nella differenza Tradizione e modernità Supremazia maschile
Tipologia
Parità assoluta Uguaglianza nella differenza Tradizione e modernità Supremazia maschile
Tipologia
Parità assoluta Uguaglianza nella differenza Tradizione e modernità Supremazia maschile
Sesso Livello culturale familiare
Totale Maschi Femmine Alto Medio Basso
24,9 18,7 3 1 ,2 33 2 23,9 17,8 18,1 18,3 17,9 17,7 19,5 17,7 38,5 36,9 40,1 37,4 37,7 39,6 18,5 26,1 10,7 1 1 ,7 18,9 24,9
Classe sociale familiare
Superiore Impiegatizia Autonoma Operaia
32,2 19,4 22,0 20,9 15,4 30,8 19,1 18,6 36,4 39,3 37,2 39,6 16,0 10,4 21 ,6 21 ,0
Area geografica
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
29,2 28,2 27,3 19,8 22,1 19,7 20,4 18,5 16,6 15,6 40,0 40,1 37,4 35,8 41 ,0 1 1 ,2 1 1 ,3 16,8 27,8 2 1 ,2
Non emergono sostanziali differenze in termini di background culturale familiare nell'interpretazione dei ruoli di genere per quei giovani che ricercano una condizione di uguaglianza nella differenza e per quelli che pensano alla donna in un'ottica di tradizione e modernità, mentre è chiaro che un grado elevato d'istruzione della famiglia d'origine tende a privilegiare il valore della parità e della collaborazione tra i sessi e a negare la segregazione della donna nel ruolo materno. Interpretazione quest'ultima maggiormente condivisa man mano che si abbassa il livello culturale: risulta più che doppia la percentuale di giovani del tipo supremazia maschile tra quelli che appartengono ad una famiglia d'istruzione bassa rispetto a
202
Femmina residente al Nord di livello culturale medio
Femmina resid�nte al Sud di livello culturale alto
Femmina residente al Nord di livello culturale alto
Femmina residente al Nord di livello culturale basso
Maschio residente al Nord di livello culturale alto
Femmina residente al Sud di livello culturale medio
Maschio residente al Nord di livdlo cultumle medio
Femmina residente al Sud di livello culturale basso
Maschio residente al Sud di livello culturale alto
Maschio residente al Nord di livello culturale basso
Maschio residente al Sud di livello culturale medio
Maschio residente al Sud di livello culturale basso
� 5,1
rJI 5,8
1 6,4
'l!lf'\11 6,7 �', .B 10,3
12,6
'ff<l:wiltll 16
.f1
o 5 IO 15
'Il 22,2
.• 24,9
26
39,8
l 41 , 9
20 25 30 35 40 45
FIG. 9.2. Incidenza del tipo «supremazia maschile» per sesso, area geografica e livello culturale familiare (%).
quelli d'istruzione alta. n contrario accade per gli intervistati che s'identificano nella parità assoluta (tab. 9.3 ) .
Le differenze in termini di classe sociale d ' appartenenza si riproducono in modo simile a quelle relative al background culturale; da annotare solamente che il tipo tradizionale ha la più scarsa rappresentanza tra i giovani di classe impiegatizia. I tradizionalisti raggiungono una consistenza minima anche tra coloro che vivono al Nord e massima tra chi vive al Sud.
Nel complesso possiamo dire che il secondo e il terzo gruppo sono trasversali rispetto alle variabili socio-demografiche e territoriali mentre il primo e il quarto sono connotati chiaramente in modo contrapposto in base a sesso, classe sociale, cultura familiare e circoscrizione geografica. L'immagine egualitaria è maggiormente presente tra le femmine del N or d di famiglia borghese con elevato background culturale mentre quella tradizionale è più comune tra i maschi di classe inferiore, provenienti da famiglie di cultura bassa residenti al Sud. Quest'ultima affermazione viene confermata dalla figura 9.2 nella
203
TAB. 9.4. Tipologia relativa ai ruoli di genere per l'occupazione materna (%)
Tipologia
Parità assoluta Uguaglianza nella differenza Tradizione e modernità Supremazia maschile
Totale
24,9 18,1 38,5 18,5
Occupazione materna
Casalinga
19,8 18,6 39,8 2 1 ,8
Lavoratrice
30,6 17,9 36,3 15,2
quale risalta indiscutibile il carattere maschile e popolare dell'interpretazione tradizionale dei ruoli di genere. La gerarchia basata su di essa riproduce una scala che stratifica i giovani su un continuum entro il quale l' appartenenza ambientale e di genere giocano un ruolo decisivo.
Si può notare che i gruppi più omogenei sono le femmine del Nord e i maschi del Sud rispetto ai quali il livello culturale familiare ha poco peso sull'interpretazione dei ruoli di genere a differenza delle femmine del Sud, per le quali avere genitori di istruzione medio-bassa comporta l'avvicinamento al modello tradizionale maschile, e dei maschi del Nord che appaiono indotti dal livello medio-alto della cultura d'origine a non condividere tale orientamento.
Avere la madre casalinga piuttosto che lavoratrice incide sull'appartenenza ai vari tipi individuati (tab. 9.4). Evidentemente essere cresciute con un esempio materno di doppia presenza, domestica ed extra-domestica, facilita l'identificazione in un modello di coppia egualitario, capendo quanto sia importante per la donna avere un aiuto e un appoggio nello svolgimento delle proprie attività da parte del partner o semplicemente considerando la collaborazione e l'interscambio dei ruoli come una condizione ovvia e scontata.
L'essere studente o lavoratore, nonché le condizioni in cui si svolge l'attività lavorativa, influiscono sulle opinioni del giovane rispetto alla divisione dei ruoli nella famiglia (tab. 9.5 ) ; in particolare emerge che la condizione di studente porta ad intendere maggiormente in termini
204
T AB. 9.5. Tipologia relativa ai ruoli di genere per la condizione rispetto al lavoro (%)
Condizione rispetto al lavoro
Tipologia Totale Non studia Studia e Studia Lavoro Lavoro né lavora non lavora e lavora dipendente autonomo
Parità assoluta 24,9 18,9 3 1 ,7 34,9 19,4 19,0 Uguaglianza nella differenza 18,1 17,8 20,0 15,7 17 , l 15,6 Tradizione e modernità 38,5 39,4 36,2 35,5 42,2 36,5 Supremazia maschile 18,5 23 ,9 12,0 14,0 2 1 ,4 28,9
paritari i ruoli di genere rispetto a chi è occupato o disoccupato o a chi è in attesa di lavoro. Aver assunto un ruolo economico adulto, soprattutto se in posizione autonoma, sembra dunque favorire un'interpretazione tradizionale dei ruoli di genere o quanto meno significa avere un'immagine più realistica e vicina alla più comune condizione della donna che si trova a svolgere un'attività extra-domestica ma anche ad adempiere a tutti gli impegni familiari e domestici.
Abbiamo identificato i quattro tipi di giovani rispetto al loro essere più o meno vicini ad un'immagine stereotipata dei ruoli di genere; osserviamo ora che esiste una coerenza tra le opinioni, in senso conservatore o innovativo, espresse a tal proposito e le opinioni che riguardano comportamenti più o meno di rottura rispetto alla morale corrente e alla concezione tradizionalista della famiglia, quali avere rapporti sessuali prima del matrimonio, convivere in mancanza di un vincolo matrimoniale, divorziare o abortire.
Analizzando le risposte degli intervistati in relazione all'ammissibilità dei comportamenti sopra indicati si evidenzia come l'appartenere al tipo parità assoluta comporti una maggior disponibilità a riconoscersi in scelte non legate alla tradizione che intende il matrimonio come un'unione per la vita, un'istituzione solo all'interno della quale è consentito avere rapporti sessuali e convivere (tab. 9.6).
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T AB. 9 .6. Ammissibilità di alcuni comportamenti per la tipologia relativa ai ruoli di genere (%)
Tipologia
Comportamenti Parità Uguaglianza Tradizione Supremazia assoluta nella differenza e modernità maschile
Divorziare 85,2 74,5 81,1 65,4 Avere rapporti sessuali
al di fuori del matrimonio 91 ,5 84,9 90,9 81 ,1 Convivere senza matrimonio 90,2 81 ,6 86,6 70,2 Abortire 61,0 46,3 50,9 43,3
TAB. 9.7. Eventualità che alcuni comportamenti possano capitare per la tipologia relativa ai ruoli di genere (%)
Tipologia
Comportamenti Parità Uguaglianza Tradizione Supremazia assoluta nella differenza e modernità maschile
Divorziare 32,4 21 ,7 24,0 20,9 Avere rapporti sessuali
al di fuori del matrimonio 76,8 69,2 74,7 69,6 Convivere senza matrimonio 59,7 42,6 48,1 38,5 Abortire 20,3 13 , 1 14,0 12,0
Non solo i giovani che si riconoscono in un modello paritario di coppia ritengono ammissibile divorziare, abortire, convivere e avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio ma pensano, seppur in misura decisamente più contenuta, che potrebbero trovarsi a fare tali scelte, ritenendole dunque accettabili e concretamente praticabili da loro stessi nel futuro (tab. 9.7 ) . n comportamento che meno discrimina i soggetti appartenenti ai quattro tipi e nello stesso tempo che più avvicina opinioni e comportamenti è l'avere rapporti al di fuori del matrimonio; tale risultato può essere considerato una conferma del fatto che i giovani sempre più reputano come normale tale scelta indipendentemente dagli orientamenti ideali a cui fanno riferimento. Non si può certamente af-
206
fermare ciò per la convivenza al di fuori del matrimonio, rispetto alla quale gli intervistati si pongono in modo sostantivamente diverso sia per la sua ammissibilità che per la eventualità che possa loro capitare.
Si può quindi concludere che un'immagine innovativa dei rapporti tra i sessi porta con sé un atteggiamento più anticonvenzionale che non limita l'esperienza della con vivenza e i rapporti sessuali all'interno del matrimonio ma che induce anche a considerare le relazioni non necessariamente definitive: si può rimettere in discussione un matrimonio o decidere di non far nascere un figlio che è stato concepito. Riferimenti più tradizionali conducono a non rischiare e a non contravvenire alle regole.
3 . I significati del rapporto di coppia
Innanzitutto rileviamo che solo poco più della metà (58%) degli intervistati afferma di avere un rapporto di coppia stabile e tra questi in misura superiore sono femmine (66% contro il 50% dei maschi) . C'è da tenere inoltre in considerazione, nel giustificare tale disparità, il fatto che ancora oggi, sia pure in modo più contenuto che nel passato, le donne tendono ad avere relazioni con uomini di età maggiore che, nel caso delle più adulte, riguardano soggetti non compresi nel campione. Vi sono però probabilmente anche ragioni culturali data la posizione centrale che esse attribuiscono all'amore e il maggior investimento in esso: le ragazze tendono a considerare con più serietà e in termini privilegiati il rapporto amoroso a differenza del giovane maschio che lo vive maggiormente in un'ottica di sperimentazione.
Al crescere dell'età aumentano i giovani con esperienza di coppia stabile: si passa da circa un terzo dei più giovani, a circa la metà dei 18-20enni, ai circa due terzi dei ragazzi di 21 -24 anni, per raggiungere quasi tre quarti dei 25-29enni. È da notare tuttavia che un giovane su quattro alla soglia dei trent'anni non vive ancora un rapporto di coppia stabile (fig. 9.3 ) .
207
72 25-29 anni
21 -24 anni
18-20 anni
15-17 anni
o 20 40 60 80
FIG. 9.3 . Presenza di un rapporto stabile per età (%) .
Per quanto riguarda i fattori considerati prioritari, fondamentali per il buon accordo di coppia, sono, quasi per tutti, il rispetto e la comprensz"one, seguiti dalla fedeltà e da una buona comunicazione (tab. 9.8) . I giovani pensano dunque che per costruire una coppia solida siano necessarie innanzitutto la stima e la considerazione dell'altro ma anche la tolleranza e la capacità relazionale. Risultano importanti la correttezza e la chiarezza nonché lo scambio e l'intimità reciproci. Sorprende come la metà dei giovani non ritenga fondamentale una buona intesa sessuale e la condivisione di valori ed aspirazioni tra partners. L'indipendenza economica, così come il possedere un livello simile d'istruzione, appaiono in secondo piano.
Nel complesso troviamo identità di vedute, sensibilità ed esigenze simili in maschi e femmine: entrambi evidenziano quindi un modello di coppia di tipo intimista, basato sulla fusione e lo scambio affettivo ed emotivo in cui ci sia anche fedeltà reciproca. Le ragazze appaiono tuttavia più esigenti dei coetanei, chiedono in generale di più ed attribuiscono in particolare maggior rilevanza, ai fini del buon funzionamento della coppia, alla comprensione reciproca e alla capacità di comunicare.
L'età, e la maggior esperienza, portano a pretendere
208
TAB. 9.8. Fattori che contribuiscono maggiormente alla buona riuscita di un rapporto di coppia in relazione al sesso (% relative alla risposta <<molto importante»)
Fattori
Rispetto dell'altro Comprensione reciproca Fedeltà reciproca Capacità di comunicare Intesa sessuale V al ori ideali e aspirazioni comuni Indipendenza economica di ognuno dei due Stesso livello di istruzione e cultura
Sesso
Totale Maschi Femmine
92,7 90,2 95,3 83,4 78,3 88,5 79,9 76,5 83,4 78,3 72,5 84,1 50,1 54,2 46,0 47,3 43,3 5 1 ,3 21 ,6 16,2 27,2 1 1 ,6 9,7 13,5
di più dal proprio partner: tutti i fattori considerati sono segnalati in misura superiore col trascorrere degli anni. In particolare i ragazzi più grandi sembrano apprezzare la possibilità di condividere gli stessi valori e gli stessi interessi culturali con il/la partner; anche una buona intesa sessuale assume gradualmente più importanza con l'età. La comprensione, il rispetto, la comunicazione e la fedeltà permangono invece inalterati nel tempo come una base fondante del rapporto di coppia.
n background culturale non appare particolarmente incisivo sulla definizione dei fattori rilevanti in un rapporto di coppia se non per quanto riguarda i giovani di bassa estrazione che esprimono una maggiore esigenza di intesa sessuale e di fedeltà reciproca, elementi caratterizzanti anche i giovani del Sud.
Essere credenti o riconoscersi fortemente nei valori religiosi influenza l'immagine del rapporto di coppia: diventano in tal caso prioritari la condivisione dei valori e la fedeltà reciproca mentre assume minor rilevanza l'intesa sessuale. Quest'ultimo fattore viene evidenziato tra coloro che hanno sperimentato matrimonio o convivenza; esso diventa evidentemente un collante importante per l'accordo.
Chiedere all'altro/ a innanzi tutto rispetto, comprensio-
209
ne, compartecipazione e fedeltà significa voler creare un rapporto molto intenso, stretto e intimo all'interno della coppia; vuol dire cercare di soddisfare quei bisogni comunicativi che evidentemente non sono appagati all'esterno dove i legami sociali sembrano incontrare diffuse difficoltà comunicative: come vedremo, la sostanziale sfiducia che i giovani manifestano nei confronti degli altri non aiuta certo a rendere facili e positivi i rapporti nella comunità.
Ciò produce, come dicevamo, la ricerca di fusione emozionale, di complicità, di condivisione assoluta di problemi e stati d'animo all'interno della coppia, che tuttavia è caratterizzata da una dimensione di astrazione, viene idealizzata assumendo caratteristiche adolescenziali anche per giovani che si affacciano o sono entrati ormai nella vita adulta.
Le aspettative espresse nei confronti della coppia di rispondere alle esigenze comunicative non hanno in realtà basi concrete su cui appoggiarsi: non si dà infatti particolare rilevanza al fatto di condividere valori comuni e quindi mete ideali verso cui tendere e neppure all'avere un livello culturale simile per poter spartire interessi e gusti. Anche l'intesa sessuale è tutto sommato non tenuta in particolare considerazione come elemento consolidante il rapporto, come fattore di arricchimento e scambio reciproco. Tale dato può portare a considerare che l'infedeltà, particolarmente avversata dai giovani, sia non solo vista nella sua accezione tradizionale, ovvero connessa alla dimensione fisica, ma anche intesa come rottura del patto comunicativo privilegiato su cui sembra fondarsi e svilupparsi il rapporto.
Questa mancanza di concretezza e realismo, la prevalenza dell'idea che basti l'amore, assieme alla sensibilità e all'attenzione verso l'altro, per vivere in due, rischia una rapida disillusione e il naufragare del rapporto alle prime difficoltà, nello scontro con i problemi quotidiani. La comunicazione, per divenire un valido mezzo per costruire una vita in comune, deve svilupparsi su un substrato di conoscenza, accettazione dell'altro ma anche sulla condi-
2 1 0
TAB. 9.9. Fattori che contribuiscono alla buona riuscita di un rapporto secondo la tipologia relativa ai ruoli di genere (% di coloro che hanno risposto «molto importante»)
Tipologia
Fattori Totale Paritari Uguaglianza Tradizione Supremazia nella differenza e modernità maschile
Rispetto dell'altro 92,7 96,9 94,9 93 , 1 84,1 Comprensione reciproca 83,4 86,8 84,0 83,4 75,2 Fedeltà reciproca 80,0 7 1 ,9 83,4 81 ,1 84,4 Capacità di comunicare 78,3 83 ,1 80,7 78,3 69,3 Intesa sessuale 50,1 43,5 45,9 53,0 55,1 Valori, ideali e aspirazioni
comuni 47,3 43,3 47,4 47,8 49,6 Indipendenza economica
di ognuno dei due 21 ,6 26,9 22,7 19,1 14,6 Stesso livello d'istruzione
e cultura 1 1 ,6 1 1 ,1 8,2 12,6 13,7
vlSlone di mete e di interessi, sulla presenza di un linguaggio comune che consenta una reale comprensione dell'altro.
Cercheremo ora di approfondire le problematiche relative alla coppia mettendo a confronto le rappresentazioni dei ruoli di genere con le immagini del rapporto di coppia, convinti della relazione esistente tra le due dimensioni ed in particolare dell'influenza dei primi sulle seconde.
Emergono differenze nella identificazione degli elementi valutati come più importanti per un buon funzionamento della coppia tra i raggruppamenti tipologici evidenziati (tab. 9.9) . Innanzitutto possiamo osservare che coloro che credono in un rapporto paritario all'interno della coppia sottolineano la rilevanza del rispetto, della comprensione, della capacità di comunicare ma anche dell'indipendenza economica dei due partners. Fattore quest'ultimo molto meno considerato dai tradizionalisti che invece rimarcano il peso della fedeltà e di una buona intesa sessuale.
Appaiono sostanzialmente due concezioni diverse di
2 1 1
coppia che si enucleano in modo più chiaro e differenziato nelle opinioni dei due tipi maggiormente contrapposti nell'interpretazione dei ruoli di genere, ovvero quelli che abbiamo definito parità assoluta e supremazia maschile.
Possiamo dire che la coppia più innovativa si basa su due soggetti che si sperimentano e tendono a realizzarsi nel lavoro, dal quale traggono di che mantenersi: ciò dà loro, oltre all'indipendenza economica, una posizione di parità nella suddivisione dei compiti domestici. Si può dunque pensare ad un rapporto basato sulla chiarezza, sul rispetto dell'altro e sull'attenzione a non prevaricare, che tuttavia richiede, per mantenere unità e stabilità, capacità comunicativa, confidenza reciproca, sensibilità nel comprendere i problemi del compagno o della compagna. Insomma affiatamento e complicità che compensino l'impegno complesso e faticoso derivato dal mettere in discussione i modelli culturali a cui probabilmente sono stati socializzati entrambi.
Stessi valori ed interessi e vincolo di fedeltà, fattori che danno fiducia, sicurezza e senso di continuità e non necessitano di continue sperimentazioni, di nuovi modi di stare insieme che creano ansia e insicurezza, sembrano invece maggiormente valorizzati da coloro che pensano o vorrebbero mantenersi nel tracciato tradizionale dei ruoli sessuali: la divisione del lavoro all'interno della famiglia è chiara, ognuno risponde alle aspettative legate ai ruoli maschile e femminile, paterno e materno ed inoltre ci si aspetta che una buona intesa sessuale renda più forte l'unione.
Al di là delle differenze, è interessante notare come questo quadro generale che rivendica nella coppia il primato della «capacità relazionale» su ogni altro elemento si sviluppi all'interno di un trend che vede i giovani da una parte, sul piano ideale, meno condizionati dai vincoli formali del matrimonio e dall'altra, sul piano sostanziale, meno in grado di instaurare rapporti di coppia e di vivere in modo autonomo e indipendente dalla famiglia d'origine. Se infatti i giovani favorevoli o non contrari alla convivenza sono la grande maggioranza, in realtà nel
212
campione intervistato le convivenze di fatto presentano incidenze del tutto trascurabili (al di sotto dell' l %) . Gli stessi matrimoni sono in contrazione: i coniugati passano dal 15, l % del 1992 al l' 1 1 ,8% del 1996 e la stessa esperienza di un rapporto stabile con un/una partner, con o senza convivenza, appare escludere, come abbiamo visto, larghe fasce di giovani.
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CAPITOLO DECIMO
I GIOVANI E LA RELIGIONE
l . Premessa
Per sondare gli atteggiamenti dei giovani italiani nei confronti della religione, la quarta indagine IARD utilizza sette indicatori: l'affermazione della credenza o meno in Dio; l'importanza attribuita alla religione e all'impegno religioso nella propria vita; la frequenza alla messa o a funzioni religiose di altri culti; la partecipazione alle attività di organizzazioni religiose o parrocchiali e l'importanza loro attribuita e, infine, il grado di fiducia nei sacerdoti. Questi indicatori si riferiscono alle molteplici dimensioni del fenomeno religioso: la credenza, ovvero la dimensione cognitiva della religiosità; l'esperienza religiosa, ovvero la dimensione più soggettiva della religiosità; la pratica, ovvero la dimensione comportamentale legata alla partecipazione ai riti religiosi o alla vita di associazioni religiose. Grazie alla grande disponibilità di dati sugli atteggiamenti dei giovani in vari campi è possibile, inoltre, indagare un'altra dimensione della religione, quella consequenziale, che riguarda il rapporto tra atteggiamento religioso e orientamento etico. Risulta, invece, solo parzialmente possibile sapere qualcosa su un'ultima dimensione, quella dell 'appartenenza, che si riferisce all'affiliazione personale a un gruppo o movimento religioso o a una chiesa.
2 . I giovani italiani e la religione, oggi
Come nella precedente, anche nella quarta indagine IARD è presente una domanda sulla credenza in Dio. Dall'indagine risulta che una larga maggioranza di giovani
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TAB. 10. 1 . L'atteggiamento nei confronti della credenza in Dio (confronto tra i dati Eurisko-lSSP 1991 e i dati lARD 1992 e 1996) (%)
Credenti Credenti «dubbiosi>> Credenti «interrnittenti>> Credenti in un Essere superiore Agnostici Indifferenti Atei Altro
Eurisko IARD lARD 1991 1992 1996
( 18-74 anni) (15-29 anni) (15-29 anni)
5 1 ,8 20,5 10,0
8,7 6,4
2 ,5
1 .000
79,4
7,8 3 ,9 2,9 6,0
2.500
77,8 5,6
7,0 4,2 3 ,0 2 ,4
2.500
italiani - più di due terzi degli intervistati - dichiara di credere in Dio. La quota aumenta leggermente se si prendono in considerazione anche coloro che, pur dicendosi credenti, esprimono qualche riserva sulla loro fede. Una minoranza di giovani, infine, afferma di non credere.
L'atteggiamento dei giovani italiani nei confronti della credenza nel Dio personale della tradizione giudaico-cristiana è simile a quello della popolazione italiana nel suo complesso. A questa conclusione si può giungere confrontando le dichiarazioni dei giovani intervistati con quelle di un campione rappresentativo dell'intera popolazione italiana tra i 18 e i 74 anni intervistato in un'indagine sulla religiosità condotta dall'Eurisko nell'ambito dell'International Social Survey Programme1 (tab. 10. 1 ) .
l Si fa riferimento all'indagine Eurisko-ISSP del 1991 [Garelli e Offi 1996] . L'assenza, nel questionario IARD, di una modalità di risposta che facesse riferimento alla credenza in un Essere superiore diverso dal Dio personale e la presenza, invece, di un'opzione di «indifferenza» alla fede, rendono non perfettamente comparabili le risposte dei due campioni. Inoltre, l'indagine sul campione rappresentativo dell'intera popolazione italiana è stata condotta all'inizio degli anni Novanta. Tenendo conto di questi problemi e dei dati della terza indagine lARD, è, tuttavia, possibile tentare un confronto e fare alcune considerazioni.
2 1 6
Dal confronto risulta che: a) le percentuali di credenti - fede «forte» e fede «debole» - tra i giovani italiani e nella popolazione italiana nel suo complesso sono molto simili2; b) tra i giovani vi sono più non credenti (il 14,2 % contro 1'8,9%)3; c) in entrambi i campioni, però, gli atei propriamente detti sono pochi (il 3 % e il 2 ,5 %) .
L'indagine IARD non consente di approfondire il tema della natura delle credenze dei soggetti intervistati, tuttavia permette di aggiungere qualcosa a proposito della loro struttura. È stato recentemente proposto, infatti, di mettere in relazione la fiducia nei confronti dell'autorità ecclesiastica e la coerenza e l'univocità delle credenze di cui i soggetti sono portatori. «Si può ipotizzare - è stato scritto - che le credenze siano tanto più coerenti tra loro e tanto più univoche, quanto maggiore è la fiducia nella legittimità della fonte di autorità da cui provengono»4• Se questa ipotesi è valida e se la fiducia dei giovani nei sacerdoti non è soltanto fiducia nelle loro persone ma anche nell'autorità di cui sono investiti, è possibile concludere che i giovani portatori di un insieme coerente e univoco di credenze riguardanti Dio costituiscono un gruppo abbastanza piccolo5 mentre gli altri giovani sarebbero portatori di credenze via via meno coerenti e univoche. Tra i giovani che si dichiarano credenti senza riserve, in-
2 Nel 1996, i giovani credenti sono 1'83 ,4%; nel 1992, erano una percentuale simile; nel 1991, i credenti nella popolazione italiana erano 1'82,5%. Solo la presenza, nel campione Eurisko-ISSP, di un gruppo di intervistati che non credono in un Dio personale ma in un potere superiore di qualche natura, portava la percentuale di italiani credenti a livelli superiori. È da notare che nel terzo rapporto IARD, a proposito delle «altre risposte» alla domanda sulla fede, si legge: «il restante 5,8% argomenta in vario modo il proprio non essere credente o non risponde» [de Lillo, 1993 , 84] . Sembrerebbe, quindi, che a differenza delle risposte fornite nel 1996, quelle date nel 1992 non contenessero le dichiarazioni di giovani credenti «dubbiosi».
3 Anche nella ricerca Eurisko-Issr risulta che «le posizioni ateoagnostiche prevalgono soprattutto (. . . ) tra i soggetti la cui età è compresa tra i 25-34 anni (9,3 %)» [Garelli e Offi 1996, 104] .
4 Cfr. Sciolla [ 1995, 505] . 5 Si tratta di 245 giovani, pari al 9,8% dell'intero campione IARD.
2 1 7
fatti, solo una piccola parte (il 12,6%) ha molta fiducia nei sacerdoti. Quasi la metà dei giovani credenti (il 45,7 %) ha abbastanza fiducia nei sacerdoti e il rimanente 40% circa ha poca fiducia nei sacerdoti o non ne ha o non sa cosa rispondere.
Come già detto, il questionario IARD non contiene domande sull'appartenenza religiosa dei giovani italiani, nel presupposto che essi siano quasi tutti cattolici. Tale presupposto trova conferma nell'indagine Eurisko-ISSP già citata, secondo la quale il 94,3 % dei giovani tra i 18 e i 25 anni si dichiara cattolico6• I risultati dell'indagine IARD permettono, tuttavia, di qualificare meglio il carattere dell'appartenenza giovanile alla confessione dominante nel nostro Paese grazie, anche in questo caso, �ila presenza della domanda sulla fiducia nei sacerdoti. E stato, infatti, proposto di considerare il grado di fiducia nei confronti delle chiese come una misura dell'intensità del senso di appartenenza a una confessione religiosa7 • Se, come sembra ragionevole, si considera la fiducia nei sacerdoti come un'espressione della fiducia nella chiesa di cui essi sono i rappresentanti, si può affermare che i giovani italiani che nutrono un forte senso di appartenenza nei confronti della confessione religiosa maggioritaria in Italia sono pochi mentre sono di più coloro che nutrono un senso di appartenenza più debole. I giovani che hanno molta fiducia nei sacerdoti, infatti, sono solo il 10% e quelli che hanno abbastanza fiducia nel clero sono il 38,8%. In conclusione, mentre oltre il 90% dei giovani italiani si dice cattolico, quelli che nutrono un senso di appartenenza, più o meno forte, a tale confessione sarebbero circa la metà.
L'indicatore tradizionalmente utilizzato per indagare sulla pratica religiosa è quello che riguarda la frequenza alla messa o alle funzioni di altri culti. Dal confronto tra i dati relativi alla pratica religiosa dei giovani italiani e
6 Cfr. Garelli e Offi [1996, 104] . 7 Cfr. Garelli e Offi [1996, 12].
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TAB. 10.2. Frequenza alla messa o a funzioni di altri culti (confronto tra i dati Eurisko-ISSP 1991 e i dati fARD 1992 e 1996) (%)
Eurisko IARD lARD 1991 1992 1996
( 18-74 anni) ( 15-29 anni) (15-29 anni)
Mai 1 1 ,9 28,2 26,4 Circa l volta l'anno 2 1,0 1-2 volte in 6 mesi 26,2 27,7 Più volte l'anno 17,6 Circa l volta al mese 12,4 12,8 2-3 volte al mese 17,0 10,3 10,5 Tutte le settimane 32,2 22,0 2 1 ,8 Altro 0,2 0,9 0,8
N = 1 .000 2.500 2 .500
quelli relativi alla pratica religiosa della popolazione italiana nel suo complesso (tab. 10.2) risulta che i giovani vanno a messa meno degli adulti: la percentuale di giovani che frequentano regolarmente la messa (almeno due o tre volte al mese) è inferiore a quella registrata nel campione dell'intera popolazione (il 32% circa contro il 49% circa) e quella dei giovani che non vanno mai a messa è nettamente superiore a quella registrata nell'insieme della popolazione8•
Considerando la frequenza alle funzioni religiose come un indicatore del grado di integrazione dei soggetti in un'istituzione ecclesiastica, si può affermare che circa un terzo dei giovani italiani è pienamente integrato nella Chiesa Cattolica Romana.
La pratica religiosa, però, non si limita alla frequenza ai riti ma comprende anche la partecipazione alla vita delle parrocchie o di altre organizzazioni religiose. I giovani coinvolti con una certa regolarità nelle attività organizzate dalle parrocchie o da altre associazioni religiose
8 Nell'indagine Eurisko-ISSP, la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che frequentano regolarmente la messa è del 38%, leggermente superiore a quella registrata per i giovani tra i 15 e i 29 anni dall' indagine IARD, ma inferiore a quella della popolazione nel suo complesso.
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non sono molti. Solo il 15,5 % degli intervistati, infatti, dichiara di aver partecipato due o più volte alle attività di un'organizzazione religiosa o parrocchiale nei tre mesi precedenti l'intervista. Si tratta di circa la metà di quelli che vanno a messa regolarmente e di circa un quinto di quelli che si dicono credenti.
È interessante notare che poco meno della metà dei giovani che ritengono molto importante l'impegno religioso non partecipa mai alle attività organizzate dalle parrocchie o dalle associazioni cattoliche. C'è, quindi, un'area di giovani disponibili all'impegno di tipo religioso che non lo esprime nei luoghi tradizionalmente a esso deputati. Non sembra, però, che le parrocchie e le associazioni cattoliche debbano temere la concorrenza di organizzazioni che potrebbero attrarre i giovani più motivati all'impegno religioso. Infatti, quasi 1'80% dei giovani che ritengono l'impegno religioso molto importante nella loro vita non partecipa mai alle attività di organizzazioni di impegno sociale e assistenziale e il 90% non partecipa mai alle attività di organizzazioni giovanili come gli scout9• Le parrocchie e le altre organizzazioni religiose sembrano, dunque, esercitare una ridotta capacità di attrazione nei confronti dei giovani religiosamente sensibili o motivati, superiore, tuttavia, a quella esercitata da organizzazioni potenzialmente concorrenti.
Parrocchie e associazioni cattoliche, anche se non sembrano in grado di coinvolgere tutti i giovani religiosi, rimangono uno dei principali centri di aggregazione giovanile nel nostro Paese. Infatti, dai dati sulla partecipazione dei giovani italiani a tutte le organizzazioni prese
9 Viene da chiedersi che cosa intendano per impegno religioso i giovani che lo ritengono un aspetto molto importante della loro vita. La risposta sembra essere la seguente. ll 60% dei giovani che ritengono molto importante l'impegno religioso va a messa tutte le settimane e la percentuale sale a quasi il 75% se consideriamo anche coloro che ci vanno due o tre volte al mese. È, quindi, ragionevole pensare che per moltissimi giovani l'impegno religioso coincida praticamente con l'andare a messa.
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TAB. 10.3 . Atteggiamenti nei confronti della religione dei giovani più religiosi tra i 15 e i 29 anni nel l996 (%)
Giovani che dichiarano di credere in Dio 77,8 Giovani per i quali la religione è molto o moltissimo importante
nella loro vita 35,2 Giovani che vanno a messa tutte le settimane o 2-3 volte al mese 32,3 Giovani che ritengono l'impegno religioso molto importante
nella loro vita 13 ,6 Giovani che negli ultimi tre mesi hanno partecipato due volte o più
alle attività di una organizzazione religiosa o parrocchiale 15,5 Giovani che ritengono l'organizzazione religiosa o parrocchiale
la più importante tra quelle a cui partecipano 17,6 Giovani che hanno molta fiducia nei sacerdoti 10,0
tradizionalmente in esame nelle indagini IARD, risulta che le organizzazioni religiose o parrocchiali sono seconde solo a quelle sportive di praticanti nella capacità di coinvolgere regolarmente i giovani. Le attività delle numerose associazioni cattoliche e delle 26.000 parrocchie presenti sul territorio nazionale10, pur non riuscendo a coinvolgere tutti i giovani che si dicono credenti e nemmeno tutti quelli che vanno a messa regolarmente, vedono pur sempre la partecipazione abbastanza regolare di circa due milioni di giovani11 •
In sintesi, se si concentra l'attenzione sui giovani italiani più religiosi, coloro, cioè, che esprimono l'atteggiamento maggiormente positivo nei confronti della religione (t ab. l O .3 ) , il quadro della religiosità giovanile a metà degli anni Novanta risulta il seguente: in un Paese dove oltre il 90% dei giovani sono cattolici, i due terzi si dichiarano credenti, un terzo ritiene molto importante la religione nella propria vita e un terzo va regolarmente a messa. I giovani che sono religiosamente impegnati, sia che dichiarino di esserlo in via generale sia che dichiarino di partecipare ad attività organizzate da associazioni reli-
lO Cfr. Garelli [1991, 14 1] . 1 1 La stima s i basa sui dati del Censimento 1991 . È necessario
osservare che negli anni successivi il numero dei giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni è diminuito a causa del calo demografico.
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T AB. 10.4. Atteggiamenti nei confronti della religione dei giovani più religiosi e dei giovani abbastanza religiosi tra i 15 e i 29 anni nel 1996 (%)
Giovani che dichiarano di credere in Dio (anche con qualche riserva) 83,4 Giovani per i quali la religione è importante nella loro vita
(abbastanza, molto, moltissimo) 68,4 Giovani che frequentano le funzioni religiose almeno una volta al mese 45, 1 Giovani che ritengono l'impegno religioso importante nella loro vita
(molto o abbastanza) 50,0 Giovani che negli ultimi tre mesi hanno partecipato almeno una volta
alle attività di un'organizzazione religiosa o parrocchiale 23,2 Giovani che hanno fiducia nei sacerdoti (molta o abbastanza) 48,8
giose e da parrocchie, costituiscono, invece, una minoranza abbastanza piccola come pure quelli che nutrono molta fiducia nei sacerdoti.
Se si attenuano i criteri di selezione dei giovani religiosi includendo anche coloro che esprimono un atteggiamento più tiepido nei confronti della religione (tab. 10.4), alcuni elementi del quadro cambiano notevolmente. Mentre la percentuale di chi crede e quella di chi partecipa alle attività della parrocchia o di un'altra organizzazione religiosa aumentano di poco, la quota di giovani per i quali la religione e l'impegno religioso sono importanti e quella di coloro che hanno fiducia nei sacerdoti aumentano notevolmente. Si rileva così l'esistenza di una consistente area di giovani che esprimono una disponibilità a un impegno religioso «a bassa intensità», una fiducia «condizionata» verso il clero e la chiesa, un interesse «parziale» per l'esperienza religiosa.
Prendendo in considerazione i principali indicatori di credenza, di interesse soggettivo per l'esperienza religiosa e di pratica, sia che si selezionino i giovani che hanno un atteggiamento maggiormente positivo nei confronti della religione sia che si includano anche quelli più tiepidi, la configurazione della religiosità dei giovani italiani non cambia. Essa assume la forma «a scalare» che è ritenuta un tratto comune della religiosità di molti paesi occidentali, Italia compresa. In questi paesi, la quasi totalità della popolazione crede in Dio o in un Essere superiore imper-
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sonale e, in molti casi, si identifica in una particolare confessione religiosa. La fede in Dio, però, interessa una quota di popolazione più ampia di quella che si ritiene religiosa. Ancor meno persone, infine, risultano impegnarsi in pratiche religiose individuali e, soprattutto, in riti collettivi. Di qui l'idea che la religio�ità in questo fine secolo assuma una forma «a scalare»12• E interessante notare una particolarità della religiosità giovanile italiana. Se la stima sull'appartenenza confessionale dei giovani italiani che si è citata è corretta, risulterebbe che nel nostro Paese ci sono più giovani che si dicono cattolici di quelli che si dicono credenti. Ciò vale prendendo in considerazione sia i giovani che si dichiarano credenti senza riserve sia quelli che esprimono qualche riserva sulla loro fede. Mentre i giovani che si dichiarano cattolici sono più del 90% dei giovani italiani, quelli che dichiarano di credere in Dio sono circa 1'80%. La situazione religiosa del nostro Paese, per quanto riguarda i giovani, sarebbe, quindi, caratterizzata non solo da una configurazione «a scalare» ma anche dalla presenza di una quota di soggetti che appartengono a una confessione religiosa senza credere13 .
12 Cfr. Garelli e Offi [1996, III-IV] . 13 A ben vedere, l'appartenenza senza fede che sembrerebbe dare
una forma particolare alla configurazione della religiosità dei giovani italiani parrebbe una caratteristica condivisa da tutti gli italiani. Come già detto, infatti, soltanto i1 5 1,8% degli italiani tra i 18 e i 74 anni afferma con sicurezza di credere in Dio. Anche aggiungendo le quote di coloro che esprimono una fede «dubbiosa» o «intermittente», si arriverebbe all'82,5% contro il 93 , 1 % che si dichiara cattolico. Solo la presenza di un gruppo di intervistati (pari all'8,7%) che non credono in un Dio personale ma in un potere superiore di qualche natura, porta la percentuale di italiani credenti ai livelli di quella degli italiani che si dichiarano cattolici. Dal punto di vista della tradizione religiosa prevalente nel nostro Paese, però, ciò che conta è la credenza nel Dio personale di cui si parla nella Bibbia. Su questa base, quindi, l'appartenenza senza fede sembrerebbe un tratto caratterizzante la religiosità dei giovani italiani come di tutta la popolazione.
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3 . Una tipologia degli atteggiamenti verso la religione
Per approfondire alcuni temi sollevati nel paragrafo precedente, è possibile, come si è già fatto in passato14, costruire una tipologia degli atteggiamenti dei giovani nei confronti della religione. Mfiancando la dimensione cognitiva della religione (la credenza in Dio), quella comportamentale (la frequenza alle funzioni religiose) e quella esperienziale (l'importanza della religione nella vita) , si costruisce una tipologia che individua tre gruppi di giovani (fig. 10. 1 ) .
n primo gruppo, che raccoglie i l 43 ,8% dei giovani che hanno risposto alle tre domande in questione, è composto da coloro che, contemporaneamente, dichiarano di credere in Dio, ritengono importante (moltissimo, molto o abbastanza) la religione nella loro vita e frequentano regolarmente (almeno una volta al mese) la messa. Si tratta del polo più coerentemente «religioso» della popolazione giovanile italiana. Per questo tipo di giovani, che sono al tempo stesso credenti, praticanti e religiosi, si può parlare di un orientamento alla «religione di chiesa».
n secondo gruppo, che raccoglie il 13 ,5% degli intervistati, è formato da coloro che dichiarano di non credere in Dio, ritengono la religione poco o per nulla importante nella loro vita e non vanno mai a messa o ci vanno una o due volte in sei mesi. Si tratta, quindi, del polo più coerentemente «non religioso» della popolazione giovanile italiana. Probabilmente, è per questo tipo di giovani che si può parlare di piena secolarizzazione.
In mezzo a questi due poli, si trova un terzo gruppo di giovani che esprimono atteggiamenti religiosi incoerenti. Sono loro a formare la «zona grigia» del campo religioso. Alla «zona grigia», alla quale appartiene il 42,7 % dei giovani, afferiscono, per esempio, giovani portatori di
14 Per quanto riguarda le indagini IARD si vedano Ricolfi [1984b, 98- 104]; Cavalli e de Lillo [1988, 84-88] ; de Lillo [1993 , 83-92]; Ricolfi [1993 , 1 10-1 13] e Rostan [ 1993] . È necessario osservare che il modo di costruire la tipologia non è sempre lo stesso.
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<<Zona grigia>> 42,7
Polo <<non religioso>> 13 ,5
Polo <<religioso>> 43 ,8
FIG. 10.1 . Tipologia degli atteggiamenti nei confronti della religione dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni nel 1996 (%) .
una religiosità individualistica che credono, non vanno in chiesa ma dichiarano che la religione è qualcosa di importante nella loro vita; oppure, giovani che non credono, non sono religiosi ma vanno lo stesso a messa, assomigliando, così, al tipo dei «cattolici festivi».
Incrociando la tipologia degli atteggiamenti nei confronti della religione con alcune variabili di base, è possibile tracciare il profilo religioso di alcuni gruppi sociali (tab. 10.5 ) .
A uno sguardo di insieme risulta che il polo religioso prevale tra le ragazze, i più giovani, coloro che abitano nei centri più piccoli, i giovani meridionali, gli studenti e i giovani che provengono da famiglie con un alto livello culturale. La zona grigia prevale tra i ragazzi, i meno giovani, coloro che abitano in grandi città, i giovani del Centro Italia, coloro che svolgono un lavoro autonomo, i giovani che hanno solo la licenza media e non hanno continuato gli studi e i giovani provenienti da famiglie con un basso livello culturale. Il polo non religioso, infine, prevale tra i ragazzi, i giovani che hanno 18-20 anni, coloro che risiedono nell'Italia nord-occidentale, chi studia e lavora, gli studenti universitari e i giovani provenienti da famiglie con alto livello culturale. La classe sociale della famiglia di provenienza non sembra, invece, avere influenza sull'atteggiamento dei giovani nei confronti della religione.
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TAB. 10.5 . Profilo religioso di alcuni gruppi sociali nel 1996 (% per riga)
Polo Zona Polo non religioso grigia religioso
Genere Maschi 35,9 47,4 16,8 Femmine 5 1 ,8 38,0 10,1 Età 15-17 anni 54,5 33,5 12,0 18-20 anni 45 ,1 40,5 14,5 21-24 anni 41 ,3 45,0 13 ,8 25-29 anni 39,9 46,8 13 ,3 Ampie:a.a comune < 50.000 abit. 46,8 41 ,2 1 1 ,9 50-250.000 abit. 42,1 41 ,4 16,5 > 250.000 abit. 33 ,7 50,1 16,2 Area geografica Nord-Ovest 40,9 40,4 18,7 Nord-Est 4 1 ,3 4 1 ,8 16,9 Centro 37 , 1 48,0 14,9 Sud e Isole 48,8 42,3 8,9 Condizione sociale Non studia e non lavora 43,9 44,3 1 1 ,7 Studia e non lavora 5 1 ,9 32,9 15,2 Studia e lavora 39,0 41 ,5 19,5 Lavora come dipendente 37,7 50,5 1 1 ,8 Lavora come autonomo 3 1 ,3 58,2 10,4 Titolo di studio Senza licenza 34,0 52,8 13 ,2 Licenza media 34,2 54,1 1 1 ,7 Studenti medie superiori 53 ,7 33,9 12,4 Diploma 4 1 ,4 47,4 1 1 ,2 Studenti universitari 48,2 33,3 18,5 Laureati 4 1,9 41,9 16,3 Livello culturale familiare Alto 46,0 37,4 16,7 Medio 42,9 43,4 13 ,7 Basso 42,8 47,2 9,9
li profilo religioso del Nord-Ovest e quello del NordEst appaiono molto simili anche se il polo non religioso è leggermente più consistente nel Nord-Ovest. Centro da una parte e Sud con le Isole dall'altra esibiscono profili differenti: nel Centro prevale la zona grigia, nel Sud il polo religioso.
Concentrando l'attenzione, per il momento, sui due
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poli estremi, è possibile fare qualche considerazione. I dati disponibili confermano che le giovani, come le altre donne, aderiscono in misura maggiore alla religione di chiesa che gli uomini, giovani o no15; indicano che vivere in comunità relativamente piccole rafforza l'adesione alla religione di chiesa e mostrano, infine, come tale adesione sia maggiore nel Mezzogiorno che in altre aree del Paese. I dati, però, consentono anche di azzardare qualche interpretazione. La religione di chiesa sembra essere il modo di espressione religiosa maggiormente adottato dai più giovani e da chi studia, sia nelle scuole medie superiori sia all'università. Sembrerebbe quindi che siano i giovani più distanti dalle responsabilità della vita adulta, per età anagrafica ma soprattutto per estraneità al mondo del lavoro, quelli che maggiormente si riconoscono nel tipo più tradizionale di religiosità. Inoltre, la costante diminuzione della percentuale di giovani che aderiscono a questo modello di religiosità man mano che si passa dal gruppo di età più giovane a quello di età meno giovane suggerisce l'esistenza di un legame tra l'adesione a questo modello e la fase del processo di socializzazione più vicina all'adolescenza16•
I dati disponibili confermano inoltre che un atteggiamento di maggiore distacco dalla religione è una caratteristica più maschile che femminile. I dati sui giovani più secolarizzati suggeriscono tuttavia che un atteggiamento
15 Cfr. Garelli e Offi [1996, 122]. !6 Osservano Garelli e Offi a proposito di una dimensione essen
ziale della religione di chiesa: «per quanto riguarda la pratica religiosa emerge l'importanza della socializzazione al cattolicesimo ( . . . ). In età adolescenziale la pratica regolare o quasi regolare interessava circa il 90% degli intervistati nel 1991. In età adulta poco meno della metà di questi individui ha abbandonato il livello di frequenza ai riti religiosi un tempo abituale» [Garelli e Offi 1996, 107] . Oggi, la percentuale dei giovani del campione IARD più vicini all'adolescenza che frequentano regolarmente la messa (almeno due o tre volte al mese) è del 47,1 %, molto inferiore a quella degli adolescenti di generazioni precedenti ma pur sempre superiore a quelle degli altri gruppi di età: 18-20 anni (33 ,2%); 21 -24 anni (29,3 %) e 25-29 anni (27 ,3 %).
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coerentemente non religioso dipende da fattori diversi da quelli che influenzano l'adesione alla religione di chiesa. Sembrerebbe che i due tipi di atteggiamento non poss3:_no essere semplicemente considerati come opposti. E vero: è più facile che un giovane assuma un atteggiamento non religioso nelle medie e grandi città che nei piccoli centri e più nel Nord-Ovest che nel Sud e nelle Isole. Ci sono, però, due elementi che sembrano caratterizzare questo tipo di giovane. Da un lato, la percentuale di giovani coerentemente non religiosi sostanzialmente non varia nel passare dal gruppo di età più giovane ai gruppi di età successivi. Sembra, dunque, che una posizione coerentemente non religiosa maturi prima dei 15 anni senza, probabilmente, mutare di molto in seguito. Dall'altro, è plausibile ritenere che in un paese non solo tradizionalmente cristiano ma anche pervaso dalla capillare presenza di una sola confessione, sostenere una posizione coerentemente non religiosa richieda maggiori risorse personali che non adattarsi all'atteggiamento prevalente. In effetti, il polo non religioso è maggiormente presente tra chi studia e lavora, cioè tra giovani solitamente ritenuti in possesso di forti motivazioni personali e di una personalità ben strutturata; tra gli studenti universitari e tra i laureati, cioè tra i giovani che dovrebbero disporre di risorse culturali maggiori degli altri; tra i giovani che provengono da famiglie con un alto livello culturale, quelle, cioè, dotate di maggiore capitale culturale.
Per completare l'analisi, è utile notare che vi è un indicatore, presente per la prima volta nel questionario IARD, utilizzato in passato per differenziare le persone religiose da quelle secolarizzate, di fronte al quale, invece, i giovani dei due tipi opposti mostrano un atteggiamento pressoché identico. Si tratta della fiducia negli scienziati e, per estensione, nella scienza. Non solo 1'89,3 % dei giovani secolarizzati dichiara di avere fiducia nella scienza ma anche 1'85 ,4 % dei giovani appartenenti al polo religioso dichiara lo stesso. L'atteggiamento verso la scienza si differenzia di poco anche prendendo in considerazione un altro indicatar�: se il 48% dei giovani secolarizzati dichiara di leggere
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molto spesso o abbastanza spesso articoli di argomento scientifico su quotidiani o periodici, lo stesso dichiara anche il 40% dei giovani appartenenti al polo religioso.
4 . Dentro la «zona grigia»
I giovani che ricadono nella zona grigia del campo degli atteggiamenti verso la religione meritano un'attenzione particolare. Questa zona, infatti, appare importante per diversi motivi. In primo luogo per la sua consistenza: poco meno della metà dei giovani italiani esprime atteggiamenti incoerenti nei confronti della religione. In secondo luogo, è soprattutto in questa zona intermedia che si può ipotizzare sia più intenso il processo di secolarizzazione dei soggetti. L'esistenza di questa zona indica la presenza di atteggiamenti di presa di distanza dalla religione e/ o dal modello tradizionale della religione di chiesa. I giovani appartenenti alla zona grigia sono molto probabilmente suddivisibili in due gruppi: giovani provenienti dalla religione di chiesa «in transito» verso collocazioni religiose ancora indefinite e giovani che nascono e crescono in un ambiente già caratterizzato da atteggiamenti religiosamente incoerenti. La zona grigia è tuttavia importante anche per un altro motivo: essa, infatti, è ritenuta il terreno su cui può maturare l'innovazione religiosa. Nuove forme di religiosità sorgerebbero proprio in questa zona, distante tanto dalla religione di chiesa quanto da posizioni coerentemente non religiose. In particolare, è dove si esprimono atteggiamenti religiosamente incoerenti che si ritiene possano sorgere nuove credenze religiose alternative a quelle proprie della cultura religiosa tradizionale o che si affiancano a quelle presenti in essa producendo un sincretismo religioso che secondo alcuni caratterizzerebbe l'attuale fase della modernità. Sarebbero i giovani, istruiti e inseriti nel mondo del lavoro e nella scuola, a essere maggiormente attratti dalle credenze eterodosse17 .
17 Cfr. Sciolla [1995, 484 e 508] .
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L'indagine lARD non è lo strumento più adatto per analizzare i cambiamenti delle credenze religiose a livello giovanile. Essa, però, può contribuire a gettare un po' di luce sulla zona grigia dove si ipotizza sia più probabile il sorgere di nuove credenze o il combinarsi di vecchie e di nuove credenze. Per far questo è necessario «entrare dentro la zona grigia», da un lato specificando in quali gruppi sociali sono prevalenti gli atteggiamenti religiosamente incoerenti, anche per formulare alcune ipotesi di spiegazione dell'incoerenza religiosa, dall'altro, provando a scomporre la zona grigia in diversi sottotipi.
Come si è già visto nella tabella 10.5 , la zona grigia prevale tra i giovani che hanno più di vent'anni e coloro che lavorano, soprattutto tra i giovani lavoratori autonomi. Sembra, dunque, che all'aumentare della distanza dall'adolescenza e con l'assunzione di nuove responsabilità di lavoro, soprattutto di lavoro autonomo, aumenti pure l'incoerenza degli atteggiamenti verso la religione. Nel passare da un gruppo di età all'altro non è né la percentuale di giovani credenti né quella di giovani che ritengono importante la religione nella loro vita a diminuire, ma quella della frequenza regolare alla messa18• Lo stesso può dirsi prendendo in considerazione la posizione sociale attuale dei giovani. Anche in questo caso, le differenze significative riguardano la frequenza alla messa. I giovani lavoratori (studenti, dipendenti o autonomi) vanno a messa meno di chi studia soltanto o di chi non studia né lavora19. La maggiore incoerenza degli atteggia-
18 Tra i 15-17enni, i credenti sono il 79,3 %, tra i 25-29enni, il 78,4%. I giovani che ritengono importante la religione sono il 70,3 % tra i 15-17enni e il 69,6% tra i 25-29enni. I giovani che non vanno mai o quasi mai a messa, invece, sono il 40,7 % tra i 15- 17enni e il 58,4% tra i 25-29enni.
19 Con l'eccezione dei lavoratori studenti, le percentuali di chi si dichiara credente variano tra il 75,7% e 1'82,3 %. Quelle dei giovani che ritengono importante la religione, tra il 67 % e il 71 ,9%. Le percentuali di chi non va mai o quasi mai a messa sono, invece, le seguenti: studenti, 45,5%; né studenti né lavoratori, 52,3 %; lavoratori, tra il 60,9% e il 65 ,5%.
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menti nei confronti della religione in questi grupp1 e, quindi, dovuta a un calo della pratica religiosa. Si può ipotizzare che tanto meno un giovane è, per età, soggetto al controllo della famiglia, del parroco e, forse, anche del gruppo dei pari, tanto più tende ad abbandonare la frequenza regolare alle funzioni religiose. Inoltre, si può pensare che tanto più un giovane è inserito nel mondo del lavoro tanto più tende a non andare in chiesa. Si può azzardare che i motivi di questa tendenza possono andare dal semplice desiderio di riposarsi o di divertirsi durante il fine settimana, al maturare di un senso di estraneità verso la messa e i suoi significati di fronte alle preoccupazioni o ai problemi posti dal lavoro.
I dati disponibili suggeriscono anche altre spiegazioni dell'incoerenza religiosa. La zona grigia, infatti, prevale tra i giovani che vivono nelle grandi città. Se consideriamo la grande città come un luogo caratterizzato da maggiore pluralismo dove i giovani sono esposti più che altrove a stimoli diversi e anche contrastanti, si può ritenere che abitare nelle grandi città favorisca la formazione di atteggiamenti incoerenti in materia religiosa. A differenza di quanto detto a proposito dell'età e della posizione sociale dei giovani intervistati, abitare in città sembra avere un effetto sia nel campo della credenza sia in quello della pratica: la percentuale di giovani cittadini credenti è di dieci punti inferiore a quella dei giovani credenti che vivono in piccoli centri e quella di coloro che non vanno mai o quasi mai a messa tra i giovani cittadini è di dieci punti superiore a quella registrata tra i giovani che abitano in piccoli centri.
Infine, la zona grigia prevale tra i giovani che vengono da famiglie con un basso livello culturale. Si può, quindi, ritenere che una dotazione scarsa di capitale culturale incida negativamente sulla capacità di formarsi una posizione religiosa coerente.
La zona grigia può essere suddivisa in tre sottotipi20•
20 In realtà, i sottotipi compresi nella «zona grigia» sono sei ma i tre sottotipi dei non credenti incoerenti raccolgono circa l'l% dei gio-
23 1
Un primo gruppo comprende coloro che credono in Dio, ritengono importante la religione nella loro vita ma non vanno mai o quasi mai a messa. Si tratta di giovani che vivono la loro religiosità in forma privata o comunque senza partecipare a un momento centrale della fede cattolica, cioè la messa. Questo tipo di «religione privata» è tutt'altro che inconsistente perché raccoglie un quarto -il 26,4 % - dell'intero campione di giovani intervistati. Un secondo gruppo è composto da coloro che credono ma non ritengono importante la religione nella loro vita e non frequentano la messa. Etichettare questo gruppo, che comprende circa il 12,9% dei giovani, non è facile. Si tratta di giovani molto probabilmente avviati sul sentiero della piena secolarizzazione. Potrebbe, però, trattarsi anche di giovani credenti non solo post-cattolici ma anche post-cristiani. Forse, infatti, è tra questi giovani che si trovano coloro che non credono nel Dio personale della tradizione cristiana ma in qualche Essere superiore impersonale. Il terzo gruppo, molto meno consistente degli altri (2,3 %) , è formato dai giovani che credono, non sono religiosi ma vanno a messa regolarmente. Si tratta di giovani che potremmo definire ritualisti nel senso che pur non ritenendo importante la religione nella loro vita partecipano al rito della messa.
Infine, è interessante notare che i giovani appartenenti alla zona grigia non si discostano molto dai giovani degli altri due tipi nell'atteggiamento verso la scienza: 1'86,2 %, infatti, ha fiducia negli scienziati. Un po' meno, invece, sono coloro che leggono articoli di argomento scientifico: il 36,2 % .
vani di tutto il campione e non sono stati, perciò, presi in considerazione nell'analisi. Le percentuali relative ai sottotipi presi in considerazione sono calcolate sulla base di 2.368 risposte, lo stesso numero di risposte su cui è costruita la prima tipologia.
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5 . Sette «sigilli» per sette tipi
In base a quanto detto fin qui è possibile proporre, partendo dalla tipologia a tre tipi e privilegiando il riferimento alla dimensione comportamentale della religiosità giovanile, una tipologia degli orientamenti religiosi dei giovani italiani formata da sette tipi, nel tentativo di fornire un quadro sintetico della religiosità giovanile nel nostro Paese21 • Sei dei sette tipi si riferiscono a diverse modalità di essere credenti mentre il settimo tipo si riferisce ai giovani non credenti. I sette tipi, individuati da sette etichette più o meno utilizzate in passato, sono elencati in ordine decrescente di consistenza numerica.
Gli «osservanti» costituiscono il tipo più numeroso (25 ,2 % degli intervistati) : sono giovani credenti che si ritengono religiosi e che frequentano regolarmente la messa senza, però, partecipare alle attività delle parrocchie o di altre organizzazioni religiose.
Gli «individualisti» sono il secondo tipo più numeroso (23 ,4%) : si tratta di giovani credenti che si ritengono religiosi ma che non vanno mai o quasi mai a messa e non partecipano alle attività parrocchiali o dell'associazionismo religioso. Molto probabilmente sono giovani già avviati sul sentiero della secolarizzazione. Questo tipo di giovane pone alla Chiesa Cattolica, ma, forse, anche ad altre chiese cristiane e ai movimenti religiosi cristiani in genere, uno specifico problema perché mostra di non essere interessato ai tre principali strumenti di dialogo - si potrebbe dire di testimonianza - che le chiese e i movimenti cristiani hanno da proporgli: messa o altri culti, attività parrocchiali e associazionismo.
I «militanti» costituiscono il 18,6% degli intervistati: sono questi i giovani più impegnati religiosamente. Essi non solo sono credenti e religiosi ma frequentano regolarmente la messa e partecipano alle attività parrocchiali e associative.
2 1 I sette tipi comprendono il 98, 1% dei 2.368 giovani che hanno risposto alle tre domande su cui è fondata la tipologia.
233
I «secolarizzati» costituiscono il quarto tipo più numeroso ( 13 ,5%) : sono i giovani appartenenti al polo non religioso.
I «post-cristiani» sono il 12, 1 % degli intervistati. Si è riservata questa etichetta a coloro che, pur dichiarandosi credenti, non solo non si ritengono religiosi ma non vanno a messa e non partecipano alle attività parrocchiali e associative. Molto probabilmente è questo il tipo di giovane credente che si è maggiormente addentrato sul sentiero della secolarizzazione o su quello di un definitivo distacco dal cristianesimo verso altri tipi di credenze.
I «pragmatici», pur essendo molto pochi (il 3 % degli intervistati) , costituiscono un tipo interessante. Essi sono giovani, credenti e religiosi, che pur non frequentando la messa partecipano alle attività parrocchiali o associative. Si tratta, probabilmente, di giovani che vivono la loro fede più nella dimensione dell'impegno personale o dell' associazionismo che non in quella sacramentale.
I «ritualisti», infine, come già detto, costituiscono un tipo molto poco numeroso (pari al 2,3 % degli intervistati) di giovani credenti che, pur non ritenendosi religiosi, vanno regolarmente a messa.
6. Religiosità ed etica
La tipologia degli atteggiamenti nei confronti della religione risulta utile anche per affrontare il tema del rapporto tra credenza religiosa ed etica e quello dell'etica che non ha basi religiose. Utilizzando la versione più semplice della tipologia, è possibile indagare il giudizio di ammissibilità di una serie di comportamenti da parte di giovani che hanno atteggiamenti diversi di fronte alla fede e alla religione. In particolare, è possibile farsi un'idea dell'influenza che la dottrina della Chiesa Cattolica Romana ha sui giovani italiani, specialmente su quelli che hanno un atteggiamento più vicino al modello della religione di chiesa.
L'indagine IARD consente di analizzare tre ambiti etici
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TAB. 10.6. Ammissibilità di alcuni comportamenti secondo il tipo di atteggiamento verso la religione (percentuali di giovani che ritengono ammissibili i comportamenti elencati)
Polo Zona Polo non religioso grigia religioso
Etica Jessuale Avere rapporti sessuali senza essere sposati 82,2 92,3 97,2 Avere esperienze omosessuali 44,8 52,7 67,2 Etica familiare Vivere insieme senza essere sposati 76,8 87,3 95,6 Avere una relazione con una persona sposata 35,5 52,4 67,0 Divorziare 67,5 85,3 92,1 Etica pubblica Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare 29,2 36,7 45,3 Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna 22,3 30,4 30,3 Produrre danni a beni pubblici 3 , 1 4,8 5,3
Abortire (proprio o per la partner) 35,2 58,8 77,6
Introduzione della pena di morte nel caso di delitti di particolare gravità (accordo) 29,9 42,2 32,3
- l'etica sessuale, l'etica familiare, l'etica pubblica - e due questioni specifiche: l'aborto e la pena di morte (tab. 10.6).
Sia nel campo dell'etica sessuale sia in quello dell'etica familiare, le posizioni dei giovani più vicini al modello della religione di chiesa e di quelli secolarizzati appaiono polarizzate con i giovani appartenenti alla zona grigia in posizione intermedia. La distanza tra i due poli è massima nel giudizio sull'ammissibilità di una relazione con una persona sposata. La distanza si riduce via via passando a considerare l'ammissibilità del divorzio, delle esperienze omosessuali, della convivenza e dei rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Risulta, quindi, che gli insegnamenti etici della Chiesa in campo sessuale e familiare hanno ancora un'influenza sui giovani che le sono più vicini. È, tuttavia, necessario osservare che solo in due casi la maggioranza dei giovani appartenenti al polo religioso giudica inammissibile un certo comportamento. In casi importanti come il divorzio e i rapporti sessuali fuori del matrimo-
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nio, la grande maggioranza dei giovani più coerentemente religiosi esprime una forte autonomia dagli insegnamenti della Chiesa. Inoltre, è interessante osservare che i giovani appartenenti alla zona grigia esprimono un parere più simile a quello espresso dai giovani secolarizzati di fronte a tutte le questioni loro sottoposte a eccezione dell' ammissibilità dei rapporti omosessuali. Questi giovani, dunque, almeno nei campi etici considerati fin qui, si collocano in una posizione più vicina al polo della secolarizzazione che a quello della religione di chiesa.
La questione dell'aborto è trattata a parte perché essa coinvolge non solo la sfera della sessualità e dell'etica familiare ma anche i delicati problemi riguardanti i diritti della donna, dell'embrione e l'atteggiamento nei confronti della vita e della morte. Senza entrare nel merito di questi problemi, è possibile osservare che su questa questione la polarizzazione tra giovani religiosi e giovani secolarizzati è fortissima, la più forte tra quelle registrate sui temi trattati fin qui. La Chiesa e il Papa si sono pronunciati più volte in modo fermissimo contro l'aborto e periodicamente l'opinione pubblica è sottoposta a campagne che condannano moralmente l'interruzione volontaria della gravidanza o chiedono la modifica in senso restrittivo della legislazione vigente in materia. Ciononostante, il 35% circa dei giovani appartenenti al polo religioso ritiene ammissibile l'aborto. E difficile dire se tale percentuale debba o meno essere considerata eccessivamente alta. È solo possibile osservare che la percentuale di giovani secolarizzati che ritengono ammissibile l'aborto è pari a più del doppio di quella dei giovani religiosi che esprimono la stessa posizione e che i giovani appartenenti alla zona grigia sono più vicini ai giovani secolarizzati.
Nel campo dell'etica pubblica, tutti i tipi di giovani ritengono, in larga maggioranza, inammissibili i comportamenti che procurano un danno alla cosa pubblica. Tuttavia, si possono osservare delle differenze sia nel giudizio di ammissibilità dei tre comportamenti sottoposti alla loro attenzione sia nel giudizio formulato dai giovani appartenenti ai tre diversi gruppi in esame. I giovani più re-
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ligiosi sono più rispettosi della cosa pubblica che i loro coetanei degli altri due tipi. Desta una certa sorpresa, infine, osservare che, mentre produrre danni a beni pubblici come cabine telefoniche, panchine ed altro è un comportamento giudicato inammissibile da quasi tutti, quasi un terzo dei giovani appartenenti alla zona grigia o al polo non religioso e circa un quinto dei giovani appartenenti al polo religioso ritiene ammissibile dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna. Evidentemente, la propensione all'evasione fiscale, così diffusa nel nostro Paese, ha solide radici anche nell'atteggiamento degli italiani più giovani. Su questo terreno, i giovani religiosi mantengono la loro distinzione mentre la differenza tra giovani della zona grigia e giovani secolarizzati risulta annullata.
Un ultimo problema etico sottoposto all'attenzione dei giovani intervistati è quello dell'introduzione della pena di morte per punire delitti di particolare gravità. Solo una minoranza di giovani, anche se abbastanza consistente, è d'accordo con questa proposta. È da sottolineare, in questo caso, la vicinanza della posizione espressa dai giovani appartenenti ai due poli estremi e il fatto che i giovani appartenenti alla zona grigia non mostrano un atteggiamento intermedio come negli altri casi: sono loro i più favorevoli alla pena di morte.
7 . Di fronte allo straniero
La condizione di scarso pluralismo religioso che caratterizza il nostro Paese sta subendo un lento ma probabilmente irreversibile mutamento soprattutto a causa dell'afflusso di immigrati stranieri. Nel 1995 , gli immigrati provvisti di regolare permesso di soggiorno, secondo i dati ufficiali del Ministero dell'Interno22, sono circa un milione, pari all' 1 ,7% della popolazione residente nello stesso anno. A titolo di esempio, si può osservare che cir-
22 Cfr. ISMU [1997, 20] .
23 7
ca il 15% di questi immigrati proviene da paesi di prevalente tradizione mussulmana, il 14% circa da paesi di prevalente tradizione cattolica e il 10% circa da paesi di prevalente tradizione ortodossa. n restante 60% circa proviene da paesi di tutti i continenti che, nella maggior parte dei casi, hanno una tradizione religiosa più pluralistica di quella italiana oppure diversa da quella cristiana cattolica. Agli immigrati stranieri regolari andrebbero poi aggiunti gli immigrati divenuti cittadini italiani e gli immigrati clandestini, anch'essi provenienti da paesi di varia tradizione religiosa. Gli immigrati sono, dunque, in molti casi portatori di credenze religiose diverse da quella cattolica. Essi, aggiungendosi ai membri delle minoranze religiose storicamente presenti nel nostro Paese, ebrei ed evangelici soprattutto, contribuiscono a rendere l'Italia un paese un po' più pluralistico sotto il profilo religioso.
Qual è l'atteggiamento dei giovani italiani di fronte a questa fonte di probabile cambiamento culturale? Sulla possibilità che gli stranieri immigrati contribuiscano all' arricchimento culturale del nostro Paese, i giovani si mostrano molto prudenti: circa i due terzi dei giovani religiosi e dei giovani appartenenti alla zona grigia non ritengono che gli immigrati contribuiscano all'arricchimento culturale dell'Italia. Tra i giovani secolarizzati, invece, poco meno della metà ritiene che ciò avvenga. I più prudenti sono, quindi, i giovani religiosamente incoerenti, quelli, cioè, che spesso vengono da famiglie con un basso livello culturale, e i giovani che più si riconoscono nella tradizione religiosa dominante in questo Paese. Sembra, dunque, che i giovani più vicini al modello della religione di chiesa temano più dei giovani secolarizzati il confronto con gli stranieri che sono, tra l'altro, portatori di tradizioni religiose e di fedi diverse da quella cattolica.
Se prendiamo in considerazione le altre opinioni espresse dai giovani intervistati riguardo l'immigrazione straniera in Italia (tab. 10.7) , possiamo osservare che nel caso degli atteggiamenti più apertamente intolleranti e illiberali nei confronti degli stranieri - «gli immigrati disturbano» ed «è meglio che se ne tornino a casa loro» -
238
T AB. 10.7. Atteggiamenti verso l'immigrazione straniera in Italia secondo il tipo di atteggiamento nei confronti della religione (percentuali di giovani che si dicono d'accordo con le affermazioni riportate)
Polo Zona Polo non religioso grigia religioso
Gli immigrati che vivono in Italia contribuiscono a un arricchimento culturale del nostro Paese 36,5 30,8 48,3
Disturba il fatto che nel nostro Paese ci siano così tanti immigrati 4 1 ,6 50,2 39,5
Sarebbe meglio che gli immigrati tornassero a casa loro 25,0 33,2 26,3
Non è giusto che gli immigrati portino via posti di lavoro ai disoccupati del nostro Paese 43 ,1 47,8 30,1
Gli immigrati vivono in condizioni difficili ed è compito nostro aiutarli come possiamo 78,7 65,0 72,7
Il problema degli immigrati richiede un intervento politico che aiuti a risolvere i problemi economici dei paesi di provenienza 79,2 71 ,4 75,5
le posizioni dei giovani religiosi e di quelli secolarizzati sono molto vicine mentre quelle dei giovani appartenenti alla zona grigia si distinguono per una maggior grado di intolleranza. Di fronte a una domanda che mette in campo una questione di eguaglianza tra lavoratori stranieri e lavoratori italiani, sono i giovani secolarizzati a distinguersi per una posizione più egualitaria. Di fronte al compito di aiutare gli immigrati, i giovani religiosi e quelli secolarizzati si dicono disponibili più degli altri, con una leggera prevalenza di quelli religiosi che dimostrano, così, di essere particolarmente sensibili al valore della solidarietà. Un intervento politico che aiuti a risolvere i problemi economici dei Paesi da cui provengono gli immigrati, infine, è auspicato da tutti i giovani quasi in egual misura. Interpretare questo dato non è facile. Si può trattare del desiderio di veder diminuire la presenza degli stranieri grazie a un intervento gestito da altri - i politici - altrove - nei paesi di provenienza - come può trattarsi di un segno della consapevolezza che la presenza di stranieri immigrati nel nostro Paese dipende dalla povertà di molti paesi nel mondo o dell'espressione di
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un'opinione largamente favorevole agli aiuti internazionali e alla cooperazione per lo sviluppo.
8. Il cambiamento negli atteggiamenti verso la religione: 1983-1996
L'Osservatorio IARD sulla condizione giovanile in Italia, attivo dal 1983 , permette di analizzare anche il cambiamento degli atteggiamenti dei giovani italiani nei confronti della religione negli ultimi quindici anni. È, infatti, possibile confrontare i valori di sei dei sette indicatori citati all'inizio nel periodo che va dal 1983 al 1996, tenendo conto che il confronto avviene solo per i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Il quadro che risulta dalla comparazione relativa ai giovani religiosamente più sensibili e impegnati (tab. 10.8) è di grande stabilità. I cambiamenti degli atteggiamenti dei giovani italiani nel giro di quindici anni sono molto contenuti. Quelli più rilevanti riguardano un lieve ma costante incremento dei giovani che attribuiscono una grande importanza all' esperienza religiosa nella loro vita; una flessione più consistente di coloro che partecipano più attivamente alla vita
T AB. 10.8. Il cambiamento degli atteggiamenti verso la religione nei giovani italiani più religiosi tra i 15 e i 24 anni: 1983-1996 (%)
1983 1987 1992 1996
La religione è importante nella mia vita (molto, moltissimo) 26,9 30,8 32,9 34,5
Frequento le funzioni religiose tutte le settimane o 2-3 volte al mese 36,4 36,7 34,9 34,8
L'impegno religioso è molto importante nella mia vita 12,2 12,4 13 ,2 13 ,6
Ho partecipato più di 2 volte negli ultimi tre mesi alle attività di un'organizzazione religiosa o parrocchiale 26,0 27,3 15,8 17,3
Ritengo l'organizzazione religiosa o parrocchiale la più importante tra quelle a cui partecipo 18,4 18,7 17,2 17,8
Ho molta fiducia nei sacerdoti 8,5 1 1 ,1 12,7 1 1 ,3
240
delle organizzazioni religiose e delle parrocchie avvenuta tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta; una lievissima tendenza all'aumento dei giovani che nutrono molta fiducia nei sacerdoti. All'incremento di coloro che danno molta importanza alla religione nella propria vita corrisponde, nei quindici anni in esame, una sostanziale tenuta della percentuale di giovani che vanno a messa regolarmente.
L'assenza della domanda concernente la credenza in Dio nelle indagini del 1983 e del 1987 non consente di riferire la tipologia degli atteggiamenti verso la religione anche agli anni Ottanta. È, tuttavia, possibile procedere a un confronto parziale - sempre riferito ai giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni - tenendo conto del fatto che nella tipologia sopra esposta il numero dei giovani non credenti che sono però religiosi e praticanti è trascurabile. In pratica, è possibile assimilare il polo religioso al tipo del giovane religioso e praticante proposto nelle indagini IARD degli anni Ottanta23 . Risulta, così, che nel 1983 il polo religioso raccoglieva il 4 1 ,4% dei giovani (N = 4.000) ; nel 1987, il 43 ,2% (N = 2.000); nel 1992 , il 44,6% (N = 1 .684) e nel 1996, il 45, 1% (N = 1.63 1) .
Resta, invece, possibile confrontare la tipologia comprendente i due poli e la zona grigia, prendendo in considerazione i giovani dai 15 ai 29 anni, relativamente al 1992 e al 1996 (fig. 10.2 ) .
Dal confronto risulta, anche in questo caso, un quadro di sostanziale stabilità. I giovani che più si riconoscono nel modello della religione di chiesa non diminuiscono e anche l'area della secolarizzazione e quella dell'incoerenza negli atteggiamenti verso la religione non subiscono cambiamenti rilevanti24• Le caratteristiche della
23 Cfr. Ricolfi [1984b, 99] e Cavalli e de Lillo [1988, 86] . 24 È bene ricordare che, mentre nel 1992 i giovani che hanno
dato altre risposte alla domanda sulla fede sono stati ritenuti non credenti, nel 1996 le altre risposte sono state classificate in due gruppi: i credenti con riserva o «dubbiosi» e le altre risposte in senso stretto
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45
40
35
30
25
20
15
10
5
o
43,8
1992 1996
• Polo «religioso>> D «Zona grigia» D Polo «non religioso»
FIG. 10.2. n cambiamento nella tipologia degli atteggiamenti nei confronti della religione: 1992-1996 (%) .
tipologia riferita al 1996 sono molto simili a quelle di quattro anni prima: il polo religioso prevale tra le ragazze sia nel 1 996 sia nel 1992 e l'inverso vale in entrambi gli anni per la zona grigia e il polo non religioso; in ambedue le rilevazioni, infine, il polo religioso prevale tra i più giovani mentre la zona grigia prevale tra i meno giovani e l'appartenenza al polo non religioso non varia al passare da una classe di età all'altra.
(cfr. nota 2). Ciò potrebbe spiegare perché il polo religioso è leggermente più consistente nel 1996 che nel 1992 e quello non religioso viceversa.
242
9. Conclusioni
A una prima lettura, i risultati della quarta indagine IARD indicano che, al pari di quanto si ritiene awenga in generale nelle società occidentali contemporanee, la situazione religiosa dei giovani italiani è caratterizzata da spinte contraddittorie.
L'influenza sociale della Chiesa sulla vita dei giovani appare abbastanza limitata. I giovani religiosamente più coerenti mostrano di avere un'etica sessuale, un'etica familiare e un'etica pubblica più severe dei loro coetanei maggiormente secolarizzati. L'istituzione ecclesiastica ha, quindi, ancora un certo peso nel determinare gli orientamenti etici dei giovani che le sono più vicini. Tuttavia, su molti temi importanti, non solo i giovani religiosamente incoerenti e quelli secolarizzati ma anche quelli più vicini al modello della religione di chiesa esprimono una forte autonomia nei confronti degli insegnamenti della Chiesa.
Molti indicatori mostrano come il legame tra la Chiesa e i giovani italiani, che si dicono pur sempre quasi tutti cattolici, non sia molto forte. Solo la metà dei giovani italiani nutre un senso di appartenenza, più o meno forte, alla confessione religiosa cattolica. Circa un terzo si può ritenere pienamente integrato nell'istituzione ecclesiastica ma solo un sesto partecipa regolarmente alle attività organizzate dalle parrocchie o da altre associazioni religiose. Guardando al futuro, inoltre, è necessario osservare che i giovani vanno meno a messa degli adulti e che i giovani tra i 25 e i 29 anni ci vanno meno dei loro fratelli e sorelle minori.
Ci sono, però, anche altri dati di cui tener conto. Una larga maggioranza di giovani crede in Dio e una consistente minoranza, che è cresciuta lentamente negli ultimi quindici anni, ritiene molto importante la religione nella sua vita. I giovani che si riconoscono di più nel modello della religione di chiesa, anche se con una significativa differenza tra i giovani «militanti» e i giovani «osservanti», sono una minoranza ma una minoranza consistente. Inoltre, questo tipo di orientamento religioso mostra una
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notevole persistenza nel tempo. Un notevole grado di persistenza lo dimostra anche il generico senso di appartenenza al cattolicesimo se, come sembra, ci sono più giovani che si dicono cattolici di quelli che si dicono credenti. Per alcuni giovani, quindi, il senso di appartenenza, anche solo culturale o familiare, al cattolicesimo, permarrebbe anche senza fede.
Accanto alla permanenza di un orientamento alla religione di chiesa si registra un andamento analogo dell' orientamento opposto. Anche la consistenza del polo più secolarizzato dei giovani italiani, sebbene molto inferiore, appare stabile nel tempo.
I giovani religiosi e i giovani secolarizzati sono stati considerati come appartenenti a due poli opposti. Tuttavia, ci sono alcuni dati che mettono in questione questa opposizione. I due tipi di giovani, infatti, hanno entrambi un atteggiamento molto positivo nei confronti della scienza. Aderire al modello della religione di chiesa, dunque, non implica assumere un atteggiamento negativo verso di essa. Giovani religiosi e giovani secolarizzati mostrano di condividere valori importanti come quelli di solidarietà e di uguaglianza; assumono spesso atteggiamenti simili di fronte ai problemi posti dall'immigrazione straniera in Italia; respingono quasi in egual misura la proposta di introdurre nel nostro Paese la pena di morte. Accade, quindi, che giovani che hanno atteggiamenti opposti nei confronti della religione assumano posizioni simili in campi nei quali si suppone che tali atteggiamenti contino.
In mezzo ai due poli, si trovano i giovani della zona grigia. Alcune caratteristiche generali di questi giovani fanno dubitare del fatto che proprio tra loro possa emergere l'innovazione religiosa. La zona grigia prevale tra i giovani con un basso livello culturale familiare e tra i giovani con un basso titolo di studio mentre ci si aspetta che le credenze eterodosse attraggano giovani istruiti e inseriti nella scuola. I giovani appartenenti alla zona grigia sono i più favorevoli alla pena di morte, i più intolleranti verso gli immigrati e i meno solidali con loro. Mentre su molti aspetti dell'etica sessuale e familiare esprimo-
244
no posizioni permissive, più vicine a quelle dei loro coetanei secolarizzati, sono meno inclini a considerare ammissibili le esperienze omosessuali. Non sembra, quindi, che essi siano particolarmente disponibili verso il nuovo e il diverso. La scomposizione della zona grigia, tuttavia, mostra come tra i giovani appartenenti a questa area intermedia possano trovarsi giovani interessati a una posizione religiosamente significativa ma diversa da quella della religione di chiesa e suggerisce l'opportunità di realizzare indagini più specifiche sulla religiosità giovanile che possano affrontare i problemi che un'indagine generale sulla condizione giovanile in Italia non può affrontare. Tre potrebbero essere i sottotipi da prendere in consiçlerazione: gli individualisti, i post-cristiani e i pragmatici. E molto probabile che tra i primi si trovino in maggioranza giovani che stanno assumendo una posizione di indifferenza nei confronti della religione e della fede. Tuttavia, alcuni di questi giovani che, pur non andando a messa, si dicono credenti e religiosi, potrebbero essere alla ricerca di una religiosità diversa da quella offerta dalla Chiesa Cattolica. Rispetto ai giovani post-cristiani vale, a maggior ragione, la prima osservazione fatta per i giovani individualisti: si può trattare di giovani ormai quasi completamente secolarizzati. Tuttavia, può darsi che tra questi giovani ve ne siano alcuni che non credono più nel Dio personale del cristianesimo ma in qualcos'altro. Infine, i giovani pragmatici mostrano che, anche se molto poco frequente, una posizione religiosamente significativa ma diversa dal modello tradizionale della religione di chiesa può maturare all'interno o ai margini dell'istituzione ecclesiastica.
245
CAPITOLO UNDICESIMO
I GIOVANI E LA SCIENZA
l. Gli orientamenti nei confronti dell'impresa scientifica
L'approccio sociologico allo studio della scienza è stato tradizionalmente centrato sulle comunità di specialisti, sulle regole che le governano e sui condizionamenti «sociali» più o meno evidenti che agiscono sullo sviluppo di conoscenza da parte di queste comunità. Solo negli ultimi anni, sulla spinta di lavori provenienti da altri settori disciplinari quali la psicologia sociale e la cosiddetta risk analysis, si è cominciato a prestare interesse ai contesti più ampi e alla partecipazione di categorie di attori non esperti al processo di elaborazione e negoziazione sociale della conoscenza scientifica' . In questo senso hanno acquisito crescente visibilità gli studi dedicati a comprendere i processi di comunicazione e comprensione pubblica della scienza (Public Communication o/ Science e Public
- Understanding of Science) , vale a dire come teorie e risul-tati scientifici vengano rielaborati, manipolati e inseriti nel tessuto della vita quotidiana da parte di differenti categorie di attori sociali. Soprattutto nei paesi di lingua inglese sono stati condotti numerosi studi sia sulla concezione che pubblici non specializzati hanno di particolari temi scientifici, sia su una serie di indicatori relativi agli atteggiamenti più generali che questi soggetti esprimono nei confronti dell'impresa scientifica.
Questo filone di studi, per vari motivi, non ha ricevuto sin ora un'attenzione significativa da parte degli studiosi italiani. La stessa ricerca IARD del 1996, peraltro, non si riprometteva inizialmente di tematizzare esplicitamente
l Si veda, ad esempio, Wynne [1992 e 1995] .
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questo argomento in relazione alla condizione giovanile. E tuttavia un'indicazione piuttosto forte ad averci indotto a dedicare alcune pagine al rapporto che i giovani hanno con la scienza: gli scienziati occupano nettamente il primo posto tra le varie istituzioni e gruppi in cui i giovani dichiarano di avere fiducia. Essi godono infatti di «molta>> o «abbastanza» fiducia presso 1'86,2 % degli intervistati, laddove l'istituzione che immediatamente segue nella graduatoria (i poliziotti) raggiunge solo il 67 ,9%. Si rendeva quindi importante verificare la portata di questo dato e le motivazioni che vi soggiacciono.
L'elevata fiducia nella ricerca scientifica e nei soggetti che vi operano non è una novità per le rilevazioni sulla popolazione giovanile italiana . Già in una precedente indagine centrata più specificamente sul rapporto tra i giovani e la salute, ad esempio, si era riscontrata una forte fiducia nei confronti della ricerca in campo medico-scientifico_ abbinata tuttavia ad una certa sfiducia nei confronti dell'efficienza delle strutture sanitarie (e in special modo di quelle pubbliche)2•
Maschi e femmine sembrano differire in modo trascurabile nei giudizi sull'affidabilità degli scienziati, mentre un certo incremento nel grado di fiducia sembra verificarsi passando dalle fasce di età più basse a quelle più elevate. Le riflessioni più immediate che si possono formulare riguardano quindi in primo luogo la capacità che questo dato ha di discriminare tra soggetti con caratteristiche socio-culturali diverse. Ad esempio, più elevato è il livello culturale della famiglia d'origine, maggiore è la fiducia che i giovani esprimono negli scienziati; al contrario, i giudizi meno positivi - sempre in termini di fiducia - provengono dai giovani della classe operaia e da quelli della piccola borghesia autonoma.
Ancor più rilevante sembra il rapporto tra fiducia nella scienza e livello di scolarità degli intervistati: se infatti tra gli studenti universitari il giudizio di «molta fidu-
2 Cfr. Buzzi [1994a] .
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eia» negli scienziati raggiunge il 46% , tra coloro che hanno solo il titolo dell'obbligo lo stesso giudizio coinvolge il 34,4%. Analogamente, quanti dichiarano di avere «poca» o «nessuna» fiducia negli scienziati, pur essendo una minoranza, sono in proporzione più che doppia tra quanti hanno il titolo di scuola media inferiore rispetto agli studenti universitari.
I giovani che hanno più fiducia nella scienza sono in genere gli stessi che attribuiscono un'elevata importanza allo studio e alla cultura: tra quanti ritengono molto importanti questi valori la percentuale di coloro che si dichiarano fiduciosi nella scienza raggiunge il 90,3 %, mentre scende al 67,8% se si considerano coloro che non danno alcuna importanza a studio e cultura.
Scarse, invece, le differenze tra gli studenti di indirizzi scolastici e universitari diversi: tanto i giovani dediti agli studi umanistici quanto quelli dediti agli studi scientifico-tecnici esprimono livelli di fiducia piuttosto simili nei confronti dell'impresa scientifica.
Alcune considerazioni possono essere qui sviluppate in relazione alla frequenza con cui gli intervistati dichiarano di interessarsi all'informazione su temi scientifici presente nella stampa quotidiana e alle trasmissioni televisive di argomento culturale e scientifico. Nel primo caso circa quattro intervistati su dieci leggono molto o abbastanza spesso gli articoli scientifici inseriti nei quotidiani. Ancora maggiore (quasi sei intervistati su dieci) è la quota di coloro che affermano di assistere con una certa frequenza alla tipologia di programmi televisivi che comprende anche i servizi di informazione scientifica (documentari, servizi culturali) (fig. 1 1 . 1 ) .
Molto stretta è la relazione dell'interesse per l'informazione scientifica con il livello di scolarità e in particolare con il tipo di studi: ad esempio, tra gli studenti universitari sono quelli iscritti a facoltà dell'area tecnicoscientifica (scienze, medicina, ingegneria) a fruire maggiormente di tali opportunità informative.
L'interesse per l'informazione scientifica si concentra anche tra i soggetti appartenenti ai ceti sociali più elevati
249
(a)
50 45 40 35 30 25 20 I5 IO 5
37,9
27,3 22,7
o ���������� Molto Abba- Di rado Mai spesso stanza
spesso
(b)
50 45 40 35 30 25 20 I5 IO 5
16,0
43,4
30,7
o���������� Molto Abba- Di rado Mai spesso stanza
spesso
FIG. 1 1 . 1 . Frequenza con cui gli intervistati leggono articoli scientifici sulla stampa quotidiana (a) e assistono a programmi televisivi di tipo culturale, documentari e servizi di informazione scientifica (b) (%) .
e contraddistinti da un maggiore capitale culturale familiare.
Ancora una volta, quindi, occorre ricordare che quando si parla di «divulgazione» e diffusione della conoscenza scientifica attraverso i mezzi di comunicazione di massa non si può sopravvalutare la capacità della comunicazione mediale di compensare la disuguaglianza informativa preesistente e particolarmente forte nel caso dei temi scientifici. In questo senso molti studiosi hanno ritenuto di vedere nel settore dell'informazione scientifica un tipico campo di applicazione della teoria del knowledge gap, secondo la quale soggetti di elevato livello di istruzione tendono ad avere una maggiore disponibilità di conoscenza e una maggiore capacità di aggiungere nuova informazione a questa conoscenza3 •
Sembra quindi possibile adattare in buona misura alla popolazione giovanile italiana un dato su cui converge la maggioranza delle ricerche sul tema: il pubblico dell'in-
3 Cfr. Tichenor et al. [1970]. Un'applicazione si trova in Yows et al. [1991] .
250
formazione e della divulgazione scientifica è un pubblico fortemente selezionato, già orientato e interessato alle tematiche scientifiche4•
Negli ultimi anni, numerosi interventi informativi su temi quali l'alcol, l'Aids o la sicurezza stradale sono stati rivolti in modo specifico ai giovani, ipotizzando che una migliore informazione su questi temi possa limitare le probabilità di coinvolgimento dei soggetti. Viene quindi spontaneo chiedersi se gradi più elevati di attenzione all'informazione scientifica riducano significativamente i livelli di esposizione al rischio in ambiti quali la salute o i rapporti sessuali. La risposta appare tutt'altro che scontata. Se infatti la probabilità di incorrere in situazioni rischiose nella propria vita sessuale sembra in una qualche misura diminuire tra i giovani che si tengono più al corrente sui temi scientifici attraverso i media, per quanto attiene ai rischi più generali per la propria salute non sembra riscontrabile un significativo ruolo preventivo della disponibilità informativa: addirittura in alcuni casi sono proprio i soggetti più informati ad ammettere di praticare più frequentemente condotte «a rischio»5•
Se molto elevata è la fiducia di cui godono gli scienziati presso i giovani italiani, non sottovalutabile è anche l'orgoglio sollecitato dai risultati della ricerca scientifica del nostro Paese.
Tra gli aspetti per i quali gli intervistati ritengono si possa essere più orgogliosi di essere italiani, infatti, i successi della ricerca scientifica contemporanea vengono indicati dal 74,6%. A differenza del precedente, questo giudizio tuttavia non si lega in modo significativo ad alcuna delle variabili relative allo status socio-culturale, né al livello di scolarità o all'interesse per lo studio e la cultura.
4 Cfr. ad esempio Jacobi e Schiele [1988] . Gli stessi ricercatori scientifici sono presenti in larga misura nelle audiences della divulgazione scientifica, che utilizzano anche come rapida panoramica su quello che accade in settori di ricerca contigui al loro.
5 Un dato questo che è presente e commentato anche in Buzzi [ 1994a]. Cfr. anche Bucchi [1997a] .
251
2. Le priorità della ricerca scientz/ica
L'altro indicatore di cui disponiamo per valutare l' atteggiamento dei giovani nei confronti della ricerca scientifica è quello relativo ai settori di ricerca da promuovere e a quelli invece da limitare. Nella domanda in questione si chiedeva infatti agli intervistati di immaginare di avere il pieno controllo sui fondi dello stato italiano per la ricerca scientifica e di scegliere quindi due o tre settori in cui incrementare gli stanziamenti e due o tre settori in cui ridurli.
Tra i settori da incentivare prevale nettamente quello della ricerca in campo medico e farmaceutico, seguito da quello relativo alla riduzione dell'inquinamento e da quello agricolo. Numerose citazioni anche per la ricerca nel settore della prevenzione e trattamento delle tossicodipendenze. Tutti settori, come si vede, che hanno stretto rapporto con il benessere fisico degli individui inteso sia nel senso più tradizionale (riduzione dell'incidenza delle malattie attraverso lo sviluppo della ricerca medica e farmacologica) sia nel senso più ampio che collega il benessere dell'uomo a quello dell'ecosistema in cui vive.
Scendendo man mano nella graduatoria delle priorità individuate dai giovani nell'ambito della ricerca scientifica troviamo poi la ricerca in campo pedagogico (nuovi metodi di insegnamento e di educazione), quella mirata a sviluppare nuove fonti energetiche e, un gradino più in basso, quelle relative alla sicurezza degli impianti nucleari e della circolazione stradale. Relegate agli ultimi posti invece l'esplorazione dello spazio, lo sviluppo di trasporti pubblici più rapidi e soprattutto la ricerca in campo militare e meteorologico (tab. 1 1 . 1 ) .
Sono proprio questi settori i primi nella graduatoria di segno opposto, ottenuta sulla base della domanda relativa ai settori in cui ridurre le spese. Secondo gli intervistati, i settori in cui limitare l'erogazione di fondi di ricerca sono innanzitutto quello militare (armamento e difesa nazionale) , quello relativo all'esplorazione dello spazio e quello meteorologico.
252
TAB. 1 1 . 1 . Settori di ricerca scientifica a cui gli intervistati darebbero la precedenza (a) o che invece limiterebbero (b) (%)
Ricerche mediche e farmaceutiche Riduzione e controllo degli inquinamenti Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo
da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità Prevenzione e trattamento delle intossicazioni da droga Metodi d'insegnamento e di educazione Nuove fonti d'energia (solare, marina) Sicurezza delle installazioni nucleari Sicurezza della circolazione stradale !�splorazione dello spazio Maggiore rapidità dei trasporti pubblici Armamento e dif�sa nazionale Meteorologia e controllo del clima Non so
(a) (b)
66,9 47,4
34,5 3 1 ,2 22,8 21 ,8 15,3 12,0 5 ,1 4,2 2,1 1 ,5 2,1
0,1 1 ,9
5,3 4,2 6,0 6,0
10,8 9,0
44,8 22,8 58,2 36,2 12,1
È interessante osservare come questi tre setton s1ano effettivamente legati l'un l'altro anche da un punto di vista pratico: da un lato esplorazione dello spazio e studio della meteorologia sono chiaramente connessi, dall'altro entrambi sono stati sviluppati negli ultimi decenni in stretto collegamento con le necessità della difesa. Si pensi alle «guerre stellari» temute sino alla fine degli anni Ottanta o al ruolo che le missioni nello spazio hanno avuto in termini di «dimostrazione di forza» tra le superpotenze o, ancora, alla caratterizzazione militare che lo studio del tempo atmosferico assume anche ai livelli più elementari della comunicazione pubblica (ad esempio, le previsioni del tempo alla televisione)6•
Si tratta evidentemente per i giovani di un blocco di attività scientifiche ormai poco rilevanti, retaggio di una concezione «militarizzata» della scienza che ha indubbiamente contraddistinto l'impresa scientifica per buona parte del secolo ma che ha nondimeno perso ai loro occhi gran parte del suo significato. Del resto, negli ultimi
6 Si veda Riso [1996] .
253
TAB. 1 1 .2. Le priorità della ricerca scientz/ica secondo i giovani italiani
Area della promozione
Area intermedia
Area della disincentivazione
Medico-farmaceutica Riduzione inquinamenti Agricoltura Prevenzione e terapia droga Educazione Nuove energie Sicurezza nucleare Sicurezza traffico Trasporti pubblici Esplorazione spazio Meteorologia Armamento
decenni la popolazione giovanile ha espresso più volte il proprio sostegno ai movimenti di pace e la propria ostilità alla risoluzione militare dei conflitti internazionali.
Un aspetto interessante, da questo punto di vista, è il sostanziale appiattimento dello studio delle condizioni atmosferiche su questo blocco tradizionale, trascurando completamente il ruolo fondamentale che la ricerca climatica svolge nel campo della tutela dell'ambiente e che quindi dovrebbe essere ben presente a chi - come i giovani intervistati - riconosce tra le priorità della ricerca quelle in campo ecologico: la formulazione dell'item comprendeva infatti «meteorologia» e «controllo del clima».
Si possono quindi individuare nel complesso tre aree in rapporto ai giudizi espressi dai giovani: un'area della promozione (in cui si collocano quei settori per i quali la propensione a incentivare i fondi è molto più alta che non la propensione a limi tarli) , un'area intermedia (cui appartengono i settori per i quali i giudizi positivi e negativi in sostanza si equivalgono) e un'area della disincentivazione (settori per i quali i giovani si esprimono decisamente nel senso di una riduzione dei fondi di ricerca) (tab. 1 1 .2 ) .
S i noti ancora una volta come il tema della sicurezza e della riduzione del rischio - incluso un tipo di rischio, quello legato al traffico e alla circolazione stradale, sicuramente esperito quotidianamente da buona parte degli
254
intervistati - abbia una priorità relativamente bassa nell' opinione giovanile.
Le scelte di priorità in campo scientifico sembrano essere distribuite in modo sostanzialmente omogeneo attraverso le categorie diverse di giovani italiani.
Mettendo questi dati in relazione con il livello di fiducia negli scienziati, tuttavia, quello che si nota è una maggiore propensione dei «meno fiduciosi» a finanziare settori di ricerca esterni al campo delle scienze naturali quali ad esempio il settore educativo. Coloro che hanno più fiducia nella scienza, invece, tendono maggiormente a privilegiare il settore di ricerca relativo alla riduzione e al controllo degli inquinamenti. Questo rapporto tra fiducia negli scienziati e sensibilità verso il problema ecologico ci richiama a un tipo di orientamento che sembra caratterizzare in modo significativo i giovani degli anni Novanta. Sino a buona parte del decennio precedente, infatti, prevalevano tra i giovani le posizioni più estreme dell' ecologismo radicale e dell'adesione incondizionata alle necessità del progresso tecnologico e produttivo. La posizione cosiddetta «dello sviluppo sostenibile» è andata tuttavia man mano crescendo, trovando largo spazio tra i giovani d'oggi. Per molti di loro, attualmente, la difesa dell' ambiente non si scontra con le dinamiche dell'innovazione scientifico-tecnologica ma può addirittura essere perseguita attraverso un'opportuna incentivazione di specifici settori di ricerca7•
Un fattore importante nella scelta dei settori da privilegiare e da limitare è anche il livello di interesse per l'informazione scientifica. Coloro che seguono in modo significativo i temi scientifici sulla stampa, ad esempio, tendono più degli altri giovani a privilegiare il settore della riduzione degli inquinamenti o settori in generale non molto citati quali quello energetico, quello educativo e soprattutto l'esplorazione dello spazio. I «meno informa-
7 Sul rapporto tra i giovani e l'ecologia cfr. Buzzi [1994b] e Buechi [ 1997b].
255
ti», invece, menzionano con più frequenza tra i settori da incentivare quello medico-farmacologico, la prevenzione e cura delle intossicazioni da droga e le attività relative alla sicurezza del traffico.
Passando ai settori da limitare, i fruitori di informazione scientifica mostrano una maggiore propensione a limitare la ricerca in campo militare e quella tesa a migliorare la sicurezza stradale. I non fruitori di informazione scientifica, invece, tendono a segnalare tra i settori in cui ridurre le spese soprattutto l'esplorazione dello spazio e al ricerca in campo pedagogico. Si tratta in maggioranza di scostamenti facilmente spiegabili: l'esplorazione dello spazio è un tipico ambito di ricerca dalle scarse ricadute pratiche ma di grande visibilità nei media8• Coloro che seguono con più attenzione le rubriche di scienza dei quotidiani sono inevitabilmente più attenti e sensibili al fascino di questo tipo di attività scientifica9•
Per quanto riguarda il settore farmacologico - più popolare tra i meno interessati all'informazione scientifica che non tra i lettori assidui - si può invece ipotizzare che a un maggiore livello di informazione corrisponda anche una maggiore consapevolezza dei rischi della sperimentazione in questo ambito o comunque una percezione del settore come terreno di controversie e non stereotipata fonte di benessere. Basti pensare alle numerose discussio-
8 Recentemente la partenza di una missione spaziale è stata trasmessa in diretta in prima serata dalla televisione nazionale.
9 A conclusioni simili è pervenuta anche una recente ricerca condotta sulla popolazione inglese: a livelli di conoscenza più elevati corrisponde una maggiore disponibilità a sostenere settori dall'impatto non immediatamente pratico. Cfr. Evans e Durant [ 1995] . Si noti peraltro come gli scienziati che operano in settori come l'astrofisica o la cosmologia siano negli ultimi anni divenuti consapevoli della crescente difficoltà per la loro disciplina - una volta finita l'era della guerra fredda - di legittimarsi dal punto di vista politico-militare e siano quindi passati a impiegare sempre più frequentemente argomentazioni di tipo «culturale» (ad es. religiose o estetiche) nelle loro comunicazioni al pubblico. Si veda a questo proposito Bucchi [ 1996, 375-394 e 1997b] e Miller [1994] .
256
T AB. 1 1 .3 . Orientamento dei giovani verso i settori della ricerca scientifica - settori da privilegiare - confronto 1983-1987-1996 (età: 15-24 annz) (%)
1983 1987 1996
Ricerche mediche e farmaceutiche 59,0 56,5 65,8 Riduzione e controllo degli inquinamenti 45,4 56,8 46,1 Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo
da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità 56,2 43,8 34,5 Prevenzione e trattamento delle intossicazioni da droga 46,3 36,6 34,3 Metodi d'insegnamento e di educazione 1 1 ,6 13,6 23,2 Nuove fonti d'energia (solare, marina) 29,4 22,2 2 1 ,8 Sicurezza delle installazioni nucleari 18,8 26,6 15,7 Sicurezza della circolazione stradale 10,0 8,6 12,6 Esplorazione dello spazio 9,4 3 ,9 6,4 Maggiore rapidità dei trasporti pubblici 4,7 2,8 4,1 Armamento e difesa nazionale 4,7 1 ,9 2,5 Meteorologia e controllo del clima 3,6 2,2 1 ,0
Risposte multiple
ni che hanno riempito i media in questi ultimi anni su temi quali la procreazione assistita, la lotta all'Aids o le diete dimagranti.
Infine, coloro che hanno partecipato, nei dodici mesi precedenti all'intervista, a manifestazioni o attività riguardanti la tutela dell'ambiente sono ancora più orientati del resto del campione a promuovere ricerche che consentano di ridurre l'inquinamento e di sviluppare le risorse agricolo-alimentari.
La domanda relativa ai settori da incentivare o limitare dal punto di vista finanziario consente un interessante confronto con precedenti rilevazioni condotte dallo IARD. Un'identica domanda era stata infatti posta agli intervistati tanto nel corso della prima indagine nazionale sulla condizione giovanile ( 1983 ) quanto nel corso della seconda indagine ( 1987) .
Che cosa è cambiato, dunque, nell'arco di tredici anni, nelle priorità dei giovani in campo scientifico, e cosa è rimasto invece più o meno invariato?
Come si evince dalla tabella 1 1 .3 , la ricerca medicofarmaceutica vede confermato e, anzi, decisamente raffor-
257
zato il proprio primato, emerso anche in entrambe le precedenti rilevazioni, passando dal 59% e 56,5% , registrati rispettivamente nel 1983 e 1987 , al 65,8% del 1996. Si riducono sensibilmente nel tempo, invece, le citazioni riservate alla ricerca in campo agricolo (dal 56,2 % del 1983 al 43 ,8% e ora al 34 ,5%) . La ricerca sulla sicurezza delle installazioni nucleari torna a livelli addirittura inferiori al 1983 dopo l'impennata registrata nel 1987 , all'indomani dell'incidente di Chernobyl. Dopo le grandi discussioni di quel periodo e il referendum che nel nostro Paese ha sancito la chiusura delle centrali, il problema del nucleare sembra essere uscito dall'agenda dell'opinione pubblica giovanile10• Una simile dinamica, a cui probabilmente non sono estranee identiche considerazioni, viene registrata dal settore relativo alla riduzione e controllo degli inquinamenti (dal 45,4% del 1983 al 56,8% della successiva rilevazione al 46, 1% attuale) . Restano tutto sommato costanti, almeno rispetto al 1987 , le quotazioni della ricerca nel campo delle tossicodipendenze e delle nuove energie (per entrambe tuttavia si era osservata una certa riduzione tra il 1983 e il 1987) . Un tema emergente, pur se ancora sottovalutato dai giovani italiani, è quello della sicurezza della circolazione stradale (dall'8,6% del 1987 al 12,6% attuale) mentre la meteorologia si è ulteriormente indebolita nel tempo. In termini proporzionali, l'incremento più significativo riguarda il settore dell'educazione, che tra il 1983 e il 1996 raddoppia la sua quota passando dall' 1 1 ,6% al 23 ,2 %, un incremento quasi interamente dovuto al periodo 1987- 1996 (dal 13 ,6% al 23 ,2%) . L'ipotesi che si può introdurre per commentare un simile dato è legata all'affermazione definitiva del computer in vari settori dell'attività giovani-
10 Una ricerca svolta dallo IARD sugli orientamenti dei giovani lombardi ha mostrato risultati decisamente simili: chiedendo agli intervistati di valutare la portata positiva o negativa di una serie di scoperte e innovazioni tecnico-scientifiche, si sono ottenute valutazioni di gran lunga più negative per i fertilizzanti chimici che non per l'energia nucleare. Cfr. Bucchi [1997b] .
258
T AB. 1 1 .4. Orientamento dei giovani verso i settori della ricerca scientz/ica - settori da limitare - confronto 1983-1987-1996 (età: 15-24 anni) (%)
1983 1987 1996
Armamento e difesa nazionale 54,8 61 ,5 54,5 Esplorazione dello spazio 35,5 44,9 42,0 Meteorologia e controllo del clima 26,9 28,8 39,4 Maggiore rapidità dei trasporti pubblici 22,7 15,5 24,8 Sicurezza delle installazioni nucleari 16,9 12,5 10,2 Sicurezza della circolazione stradale 13,6 8,3 9,4 Metodi d'insegnamento e di educazione 6,9 6,4 6,2 Nuove fonti d'energia (solare, marina) 6,4 7,2 7,0 Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo
da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità 2,8 3,6 6,2 Prevenzione e trattamento delle intossicazioni da droga 6,1 5,3 3 ,8 Riduzione e controllo degli inquinamenti 0,8 2,8 2,3 Ricerche mediche e farmaceutiche 0,8 1,4 1 ,0
Risposte multiple
le (dallo studio, al lavoro, al tempo libero) e alla conseguente domanda di nuove competenze e di un adattamento delle tecniche di insegnamento a questi nuovi strumenti (tab. 1 1 .4) .
Dal punto di vista della propensione a limitare i fondi, quello dei trasporti pubblici veloci è uno dei settori che più pagano il passaggio dagli anni Ottanta agli anni Novanta: nel 1987 solo il 15,5% riteneva che questo fosse uno dei settori in cui ridurre le spese, adesso su questa posizione è il 24,8%. Anche la meteorologia vede aumentare la sua impopolarità, passando dal 28,8% del 1987 al 39,4 % attuale.
Possiamo avere un quadro complessivo dell'andamento delle preferenze dei giovani confrontando le graduatorie di preferenza e di limitazione per i tre anni in questione (tab. 1 1 .5 ) .
n dato che salta immediatamente agli occhi è la straordinaria costanza nelle scelte dei giovani pur in presenza di una considerevole distanza temporale nelle rilevazioni. Se si mettono infatti a confronto le preferenze «in posi tivo», si osserva che i primi quattro posti sono stabilmente
259
TAB. 1 1 .5. Settori in cui incrementare i fondi - Confronto tra le graduatorie 1983-1987-1996 (%)
Ranghi occupati
1983 1987 1996
Ricerche mediche e farmaceutiche l 2 Ricerche per sfruttare le risorse agricole
in modo da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità 2 3 4
Prevenzione e trattamento delle intossicazioni da droga 3 4 3
Riduzione e controllo degli inquinamenti 4 l 2 Nuove fonti d'energia (solare, marina) 5 6 6 Sicurezza delle installazioni nucleari 6 5 7 Metodi d'insegnamento e di educazione 7 7 5 Sicurezza della circolazione stradale 8 8 8 Esplorazione dello spazio 9 9 9 Maggiore rapidità dei trasporti pubblici 10 10 lO Meteorologia e controllo del clima 1 1 12 12 Armamento e difesa nazionale 12 1 1 1 1
occupatl m tutte e tre le indagini dagli stessi settori: ricerca medica, riduzione degli inquinamenti, ricerca agricolo-alimentare e ricerca sulle tossicodipendenze. In questo primo blocco vi sono stati solo alcuni spostamenti «interni». La tendenza più lineare appare riguardare la ricerca mirata a sviluppare le risorse alimentari del pianeta, che è scivolata dal secondo al terzo posto tra il 1983 e il 1987 e infine al quarto posto nel 1996.
La formulazione dell'item (che metteva questo tipo di ricerca in relazione con la possibilità di soddisfare i bisogni alimentari della popolazione mondiale) può autorizzare il sospetto che il problema della fame nel mondo sia stato almeno in parte oscurato da problemi più «vicini» quali l'inquinamento e la tossicodipendenza.
Altre variazioni hanno coinvolto proprio il settore delle tossicodipendenze, che nel 1996 è tornato al terzo posto come nel 1983 . La ricerca sull'inquinamento, originariamente in coda al blocco, appare ormai una priorità consolidata e si limita a scambiarsi la prima posizione con la ricerca medica nel passaggio dal 1987 al 1996.
2 60
Un altro blocco di preferenze sostanzialmente stabile nel tempo riguarda i settori dell'energia, della sicurezza nucleare e dell'educazione. Anche qui vi sono state oscillazioni interne: in particolare il balzo del settore pedagogico dall'ultima posizione del blocco (dove si trovava sia nel 1983 che nel 1987) alla prima e, all'opposto, nello scivolamento della sicurezza nucleare dal primo all'ultimo posto tra il 1 987 e il 1996.
L'ultimo blocco, con i cinque settori che hanno avuto meno preferenze in termini di incentivazione economica da parte degli intervistati, è assolutamente costante nelle tre rilevazioni, fatta eccezione per uno scambio delle ultime due posizioni tra ricerca meteorologica e militare nel periodo 1987-1996.
3. Alcune considerazioni conclusive
Il numero esiguo di informazioni raccolte sul rapporto tra i giovani e la scienza non , consente di pervenire a conclusioni di portata generale. E tuttavia possibile inserire quanto sin qui esposto nel contesto più ampio degli studi sulla «percezione pubblica della scienza» in modo da metterne in ulteriore evidenza alcuni aspetti.
Sotto un certo punto di vista, infatti, l'indagine IARD sembra confermare i risultati del filone più «ottimistico» di questi studi. Si tratta di un filone di impostazione sostanzialmente positivistica e molto più affine alle preoccupazioni degli scienziati stessi che all'analisi sociologica dell'impresa scientifica. La conclusione fondamentale che emerge da tali studi è che esiste un'influenza di segno positivo del grado di istruzione e in particolare del livello di conoscenza scientifica dei soggetti sul loro grado di fiducia nella scienza e quindi sulla disponibilità a sostenere lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologicau. Sulla base di questi risultati si sono sviluppati in vari paesi
1 1 Cfr. ad esempio Einsediel [ 1994] .
261
programmi di incentivazione dell'interesse del pubblico per la scienza attraverso mostre, programmi televisivi e centri di cultura scientifica.
La nostra indagine non consente di verificare appieno questa ipotesi tra i giovani italiani, se non altro perché non disponiamo di indicatori - se non di tipo indiretto, quali la scolarità o il corso di studi attualmente seguito -sul livello di competenza e di informazione in ambito scientifico posseduto dai nostri intervistatil2•
In linea di principio, si può forse affermare che anche tra i giovani italiani a un livello di cultura - e in particolare di cultura scientifica - più elevato corrisponde una maggiore attribuzione di fiducia agli scienziati. Tuttavia occorre tener conto del fatto che i livelli medi di fiducia espressi sono così elevati da attenuare la portata di un simile dato. Questa considerazione, soprattutto se combinata con altre indicazioni tra cui spicca il forte orgoglio che i giovani provano (in modo peraltro assolutamente trasversale ai ceti e ai livelli di istruzione) per la ricerca scientifica italiana, potrebbe aprire percorsi di interpretazione complementari.
n sospetto legittimo è infatti che il sostegno pressoché incondizionato che i giovani esprimono agli scienziati rappresenti in una certa misura un atteggiamento di tipo aprioristico e fideistico, fondato su una visione della scienza largamente idealizzata. Si è quindi orgogliosi dei successi scientifici italiani come lo si è di quelli dei nostri calciatori o dei nostri artisti, senza che per questo sia necessario conoscerne i contributi o interessarsi al dibattito scientifico contemporaneo. La stessa selezione dei settori può collocarsi in questa linea: la scienza - e in particolare la scienza di impatto più marcatamente pratico - può risolvere senza ostacoli tutti i problemi dell'uomo ed eliminare le stesse conseguenze negative del suo sviluppo qua-
12 Gli studi in parola ricorrono a questo proposito a batterie di items volte a sondare direttamente la competenza degli intervistati in campo scientifico.
2 62
li ad esempio l'inquinamento. La «rilevanza sociale» dei temi (dall'ambiente, alla salute, alla droga) , al di là di ogni considerazione di tipo culturale/ conoscitivo o inerente allo stato attuale dell'impresa scientifica (in termini di coerenza interna e equilibrio tra le sue varie branche) sembra essere il criterio largamente dominante nelle priorità dei giovani in campo scientifico. Ne è una conferma, del resto, la sostanziale omogeneità «orizzontale» (tra giovani con caratteristiche diverse) e <<Verticale» (tra rilevazioni effettuate in tempi diversi) delle indicazioni giovanili. Le variazioni minime che caratterizzano nel tempo la graduatoria di queste priorità appaiono prevalentemente dettate da eventi o temi di particolare visibilità pubblica ( Chernobyl a metà anni Ottanta; l'Aids e gli altri virus mortali successivamente; da ultimo la multimedialità) .
Con alcune eccezioni, concentrate soprattutto nei settori più informati e colti della popolazione giovanile, la scienza è in sostanza per i giovani italiani una macchina capace di risposte ai problemi che di volta in volta si presentano all'uomo, una «scatola nera»13 in cui entrano nchieste ed escono soluzioni efficaci e incontrovertibili.
13 Una concezione della scienza come «scatola nera» in cui solo gli inputs (es. risorse economiche) e gli outputs (es. tecnologia) sono considerati suscettibili di negoziazione sociale, mentre il funzionamento «interno» rimane dotato di una logica autonoma e quindi fuori dalla portata dell'indagine sociologica, ha dominato anche la letteratura in questo campo sino ai primi anni Settanta. Cfr., ad esempio, Woolgar [1988] .
263
CAPITOLO DODICESIMO
CONSUMI E STILI CULTURALI
l . Una socializzazione al capolinea?
Attraverso la lente del rapporto tra processi di formazione sociale e consumo culturale, la condizione giovanile rende visibile una situazione paradossale. n percorso che delinea la socializzazione quale «pratica intenzionale e consapevole di civilizzazione di ingresso» - e quindi di assunzione critica ma guidata dei compiti di cittadinanza da parte dei giovani - è sempre più avvolto in una nebbia che ne sfuma i contorni e rende relativamente inconoscibili le varie pratiche esperienziali� .
Lo status «artificiale» di consumatore si acquisisce infatti dalla nascita, in maniera così «naturale» e non problematica da essere spesso confuso con un diritto inalienabile all'accesso ad un numero praticamente illimitato di beni di consumo. Si delinea dunque una prima distorsione nella socializzazione moderna, in forza di cui gran parte dei bisogni giovanili di relazione sembra soddisfatta dal consumo.
Come spesso accade, però, l'identificazione del paradosso costringe ad un riorientamento dei quadri cognitivi ed interpretativi. Nel caso in questione si tratta, da un lato, di mettere definitivamente in discussione i paradigmi classici delle teorie - che si fondano sull'idea di un «centro» della società capace di attivare una catena di trasmissione istituzionalizzata di valori, norme e mete da raggiungere - per assumere uno stile di riflessione più sensibile alla prospettiva degli stessi attori sociali, prendendo atto del senso di spiazzamento e disagio che ri-
l Cfr. Morcellini [1996] .
265
guarda indifferentemente soggetti e istituzioni, utenti ed agenzie di socializzazione. Ma si tratta, dall'altro, anche di superare le visioni apocalittiche sulla condizione del giovane consumatore in una società di massa, che ipotizzano - con speculare conformità - un processo verticale e asimmetrico, in cui il singolo individuo svolge la funzione di vittima sacrificale, inconsapevole ed impotente di fronte allo strapotere dei media.
Per dipanare i nodi di una società complessa e disarticolata, che indulge ad una descrizione di se stessa come travolta da uno stato di perenne crisi, è più appropriato ipotizzare che i beni di consumo funzionino anche come «sistema di informazione»: «dimentichiamo la loro utilità - scrivono Douglas e Isherwood - e sperimentiamo invece l'idea che le merci servono per pensare, trattandole come se fossero un mezzo di comunicazione non verbale per la facoltà creativa dell'uomo»2• Simmetricamente, sembra preferibile descrivere il processo di socializzazione come un percorso non lineare e non scontato di difficile «navigazione a vista», in cui il giovane sperimenta quote inedite di libertà - ma anche di solitudine - rispetto alle generazioni precedenti e utilizza il proprio potere di auto-socializzazione in una rete multidimensionale di scambi comunicativP.
Alla luce di questa prospettiva teorica, l'esplorazione e la ricostruzione analitica delle strategie di consumo culturale è particolarmente rilevante perché si colloca in una fase di tendenziale declino delle funzioni tradizionali delle agenzie e di crescente investimento dei giovani nei confronti dei media, riconosciuti quali interlocutori paritetici e privilegiati. Accanto ai tradizionali canali formativi mediati dalla famiglia e dalle istituzioni sociali si afferma infatti uno stile di socializzazione immediata che risponde in maniera più efficace ad aspettative e bisogni
2 Cfr. Douglas e Ishetwood [1984, 69] . 3 Per un'analisi più approfondita cfr. Morcellini [1992] e Martelli
[1996], che avanza l'ipotesi di una «socializzazione leggera».
266
giovanili ovviamente inediti rispetto al passato. In questo contesto, il ruolo della comunicazione multimediale quale interlocutore privilegiato dipende tanto dal deficit di vocalità delle agenzie tradizionali quanto dalla sintonia di codici e linguaggi che si sviluppa tra contenuti non intenzionalmente formativi proposti dai media e aspettative dei singoli soggetti.
La socializzazione si trasforma sempre più in una navigazione a vista, ma questo processo è esposto a molteplici rischi e soprattutto non garantisce che si producano necessariamente quegli scatti di autonoma espressione della soggettività che lasciano trasparire un percorso di compiuta realizzazione individuale. n fatto che i giovani si posizionino nella cabina di regia, alla consolle dei media - in condizioni, come vedremo in seguito, di diseguaglianze strutturali ed economiche ancora rilevanti - non assicura automaticamente risultati di autonomia e di autenticità, accuratezza delle scelte o coerenza nella selezione dei flussi comunicativi rispetto ad un progetto formativo intelligibile e soggettivo.
Osservando questa navigazione dalla prospettiva dei consumi culturali si ha piuttosto l'impressione di trovarsi di fronte ad un labirinto inestricabile ed inconoscibile; a comportamenti orientati dal solo scopo di sottrarsi comunque alla «guida» ed alle «buone intenzioni» degli adulti. Questa però è una delle poche possibilità che sono offerte alla ricerca per penetrare in un «mondo a parte», un po' colonizzato dai linguaggi effimeri delle mode e del mercato pubblicitario, ma al tempo stesso in cerca dei propri codici da rilanciare sul mondo degli adulti per distinguersi e confrontarsi con esso.
2 . Consumatori consumati. I giovani all'edicola dei consumi culturali: un ritratto di sintesi
La lettura dei dati sui consumi culturali dei giovani alla metà degli anni Novanta è sorretta da alcune eviden-
267
TAB. 12.1 . La mappa dei consumi culturali giovanili (%)
Età
Forme di consumo culturale 15-17 18-20 21 -24 25-29 Totale
Esposizione quotidiana alla Tv" 97,3 98,0 97,5 96,2 97,2 Ascolto dischi rock'' 85,3 86,2 86,6 86,9 86,4 Ascolto quotidiano della radio" 87,3 89,7 86,1 81 ,9 85,7 Lettura quotidiani§ 68,8 75,9 82,4 80,1 78,0 Cinema'' 7 1 ,8 7 1 ,2 76,0 67,7 7 1 ,6 Lettura libri0 78,8 70,5 70,8 67, 1 70,8 Libreria* 46,6 45,8 45,4 50,1 47,2 Manifestazione sportiva,., 56,1 46,7 40,9 3 1 , 1 41 ,4 Biblioteca'' 45 , 1 46,7 39,4 27,6 38,1 Ascolto dischi classica'' 28,7 28,1 32,2 37,2 32,4 Museo/rriostra'' 34,7 30,4 26,6 28,1 29,2 Teatro'' 26,2 2 1 ,0 19,9 20,5 2 1 ,4 Concerto rock '' 15,7 14,7 17,5 16,3 16,2 Concerto classica,., 3 ,7 4,0 4,1 7,1 5,0
Nota: * almeno una volta negli ultimi tre mesi o almeno uno negli ultimi sei mesi § almeno una volta a settimana " almeno un'ora al giorno.
ze che fanno ormai parte del patrimonio condiviso dalle ricerche sociologiche e statistiche4:
a) l'impressionante incidenza dei consumi culturali -e in particolare del consumo di televisione nel pubblico dei minori - sul budget-time quotidiano dei giovani;
b) la connotazione dell'universo giovanile come il più attento e disponibile interlocutore sociale dei messaggi di massa, non solo mediati dallo schermo ma anche «dal vivo», come i concerti e le manifestazioni sportive5;
4 Oltre al già citato Morcellini [1996] , cfr. i due rapporti lARD, Cavalli e de Lillo [1988 e 1993]; Rai-Servizio Opinioni [1989, 1990 e 1992] ; ISTAT [ 1986 e 1994] ; lSPO [1995]; EURISPES [1996] ; CENSIS -Grinzaneletture [1996]; ed inoltre i due volumi di Statera [1989 e 1991] e Statera, Bentivegna e Morcellini [1990] .
5 Per la definizione di spettacolo dal vivo, come per altre qui adottate, cfr. Morcellini [1988] .
268
c) il posizionamento del pubblico giovanile come segmento decisivo per la sopravvivenza dei grandi media che si sono sviluppati nel corso del Novecento, come la radio e il cinema;
d) il consistente interesse manifestato dai giovani per formule culturali anche elitarie come il teatro, la musica classica, i musei.
Ci troviamo dunque di fronte ad un universo tutt'altro che schiacciato sul consumo audiovisivo ed incapace di differenziare le proprie pratiche culturali, come spesso frettolosamente si tende ad affermare. Questa propensione positiva ad esplorare le frontiere del consumo culturale è ancora più rilevante se si considera che stiamo osservando e ricostruendo il comportamento di generazioni non allevate dalla «televisione pedagogica», tipica del servizio pubblico anni Sessanta, ma esposte nel corso degli anni Ottanta alla fase di massiccio ed incontrollato sviluppo della televisione commerciale in Italia.
La nostra ricostruzione inizia dal ritratto di sintesi dei giovani di fronte al mercato dei consumi culturali6• N ella tabella 12 . l sono stati raccolti i dati relativi a tutte le dimensioni di consumo considerate nel questionario. In questa tabella, come nelle successive, il confronto è proposto nella articolazione per fasce di età, in considerazione dell'elevato arco temporale preso in esame (dai 15 ai 29 anni) .
li dato più vistoso riguarda - come era del resto prevedibile - il consumo televisivo e conferma la sostanziale sovrapposizione tra universo giovanile e platea dei giovani quotidianamente esposti alla televisione (97,2 %) . Anche per la radio le percentuali di penetrazione sono particolarmente elevate e raggiungono in media 1'85,7 %. L'ascolto per entrambi i media tocca il picco nella fascia 18-20 anni per poi declinare: quasi impercettibilmente per la televisione e in maniera più decisa per la radio. I dati distri-
6 Alla documentazione empirica ed all'impostazione dell'interpretazione dei dati ha collaborato Alberto Marinelli.
269
TAB. 12.2. La dieta quotidiana di radio e Tv (%)
Ore di 15-17 18-20 21-24 25-29 Totale ascolto
Tv Radio Tv Radio Tv Radio Tv Radio Tv Radio
< l ora 5,2 20,0 10,7 20,8 7 ,8 22,0 9,8 24,3 8,7 22,2 1-2 ore 28,9 20,7 27,7 24,3 3 0,4 22,5 28,1 19,8 28,8 21 ,7 2-3 ore 34,9 14,2 3 1 ,9 12,9 34,9 12,4 35,4 12,8 34,4 12,9 3-4 ore 19,5 16,0 18,3 8,3 14,6 6,4 13 ,5 6,3 15,8 8,3 4-5 ore 6,2 6,2 5,6 8,7 5 ,7 5,3 6,0 5,0 5,9 6,1 > 5 ore 2,5 10,2 3 ,8 14,7 4,1 17,5 3 ,3 13 ,8 3 ,5 14,5 Mai 2,7 12,7 2,0 10,3 2,5 13,9 3 ,8 18,1 2,8 14,3
buiti per ore quotidiane di ascolto consentono di posizionare i due principali consumi mediali nel budget-time giovanile (tab. 12.2) . La maggioranza relativa dei giovani (poco più di un terzo) vede la televisione 2 o 3 ore al giorno e questa abitudine rimane sostanzialmente stabile al variare dell'età; poco più di un quarto dei giovani può essere compreso invece tra i grandi «divoratori» di televisione (3 -4 ore e oltre), e si muove nell'ambito di una dimensione quantitativa che comprime senz' altro qualsiasi altra forma di intrattenimento culturale o di loisir.
Nel caso della radio, al contrario, la disponibilità al consumo non è tendenzialmente universalistica ma si differenzia e si polarizza rispetto agli estremi della scala (tab. 12.2 ) : accanto ad una forte componente di ascoltatori discontinui (oltre il 40%) si manifesta, con una tendenza in crescita fino ai 24 anni, una fruizione del mezzo particolarmente intensa (l'ascolto oltre le 5 ore riguarda il 17,5 % dei giovani compresi tra i 2 1 e i 24 anni) . Quest'ultimo dato, in particolare, segnala la tenuta del mezzo radiofonico, per una quota considerevole dell'universo giovanile, ben al di là dell'età adolescenziale e dell' appartenenza al mondo scolastico (e quindi oltre i confini che di solito gli vengono attribuiti) .
Nel complesso, il medium televisivo mantiene straordinariamente intatto il suo appeal per tutto l'arco di età considerato, configurando un rapporto di stretta e quotidiana interdipendenza con il pubblico giovanile. La tele-
2 70
TAB. 12.3. L'attenzione selettiva per i generi televisivi (%)
Età
Programmi Tv 15-17 1 8-20 21 -24 25-29 Totale
Film e telefilm 93,6 89,4 88,5 86,0 88,7 Culturali 52,4 57,8 59,0 64,3 59,4 Musica moderna 73 ,6 58,2 46,1 35,1 49,6 Talk shows 34,9 50,9 54,9 49,8 49,1 Giovanili 68,6 54,0 44,3 35,5 47,7 Sportivi 54,1 46,2 46,0 42,9 46,3 Cartoni animati 48,4 38,1 35,9 35,1 38,1 Vita vissuta 41 ,2 34,2 28,5 27,1 3 1 ,4 Giochi e quiz 32,2 29,8 24,3 22,6 26,3 Contenitore 34,2 29,3 2 1 ,7 22,3 25,6 T elenovelas 25,2 19,4 19,5 13,7 18,5 Musica classica 7,5 7,4 7,9 8,1 7,8
Nota: sono state sommate le risposte «molto» e <<abbastanza».
visione rappresenta l'interfaccia per immagini sempre disponibile per osservare e conoscere il mondo esterno; il minimo comun denominatore del tempo trascorso in casa, sia in funzione di sottofondo ad altre attività domestiche (lo studio, la lettura, i pasti) sia in funzione di ideale compagna di divertimento ed informazione; il punto di riferimento dei flussi comunicativi scambiati con gli adulti o il gruppo dei pari che riguardano le storie, i personaggi, i comportamenti proposti, le news che si rincorrono nei notiziari di tutte le reti.
n rapporto intenso e coinvolgente dei giovani con la televisione non è indifferenziato, ma orientato da precise aspettative che evolvono con il crescere dell'età (tab. 12.3 ) . Per gli adolescenti ( 15 - 17 anni) la televisione è soprattutto un grande contenitore che media l'apertura di orizzonte a tutte le forme dello spettacolo e dell'intrattenimento: ad eccezione dei programmi culturali, di musica classica e di talk show, l'interesse dichiarato per tutti i generi televisivi è massimo in questa fascia d'età. Raggiunge livelli particolarmente elevati la fruizione di film e telefilm e di quei prodotti specificamente progettati per targets giovanili, come i programmi pomeridiani e pre-se-
271
90
80
70
60
50
40
30
20
10
o 15-17 18-20 21 -24 25-29
-+-- Ascolto TG nazionali* - Ascolto TG regionali*
---À-- Politica interna sui --- Politica locale sui quotidiani'' quotidiani*
-x- Dibattiti politici in TV''
FIG. 12.1 . Interesse per l'informazione per classi d i età (%).
Nota: '' somma delle risposte: «molto>> e «abbastanza>>.
rali loro dedicati ed i programmi musicali. Gli adolescenti, però, contribuiscono ad ampliare la platea televisiva di tutti gli altri generi compresi nei palinsesti delle televisioni pubbliche e private: sport e cartoni animati, quiz e telenovelas, contenitori e programmi che raccontano storie di «vita vissuta».
Superata la soglia della maggior età la dieta quotidiana di consumo televisivo subisce una progressiva mutazione: inizia un processo di disaffezione di massa dalla maggior parte dei programmi di successo della televisione generalista - ad eccezione del consumo di fiction e sport che si mantiene su livelli paragonabili a quelli adolescenziali - e si delineano nuove strategie di investimento. n
2 72
dato più rilevante, in questo ambito, è la crescita di interesse per l'attualità e l'informazione: non solo programmi culturali e talk show ma soprattutto news (nazionali e regionali) e, in misura decisamente inferiore, telepolitica (fig. 12 . 1 ) . L'ascolto dei telegiornali nazionali sale dal 77,5 % della fascia d'età 15- 17 anni all'89% della fascia 25-29 anni; relativamente minore la crescita d'interesse per l'informazione regionale (dal 55,9 al 61 ,8%) , mentre l'attenzione per i dibattiti politici televisivi indica uno scarto positivo di dieci punti percentuali con il passaggio alla maggiore età e al diritto di voto, ma poi si consolida su livelli che coinvolgono complessivamente circa un terzo dell'universo giovanile.
La digressione analitica sugli stili di consumo televisivo ha la funzione di tematizzare la centralità della televisione nel ritratto di generazione che stiamo componendo. Ma tale centralità non comprende solo la dimensione quantitativa dell'impegno di tempo nell'arco della giornata; anche dal punto di vista qualitativo, l'investimento nel consumo televisivo lascia emergere fenomeni altrettanto importanti e innovativi. In primo luogo segnala il definitivo superamento, da parte delle ultime generazioni, di quel sentimento di «disagio» - quasi di colpevolezza nei confronti della televisione - che ha animato l'atteggiamento dei loro padri, appartenenti ad una generazione ancora pre-televisiva. In secondo luogo delinea la funzione della televisione come grande catalizzatore culturale, capace di produrre codici e linguaggi specifici e dotato allo stesso tempo di forte pervasività rispetto ad altre forme comunicative.
La mediazione televisiva, seppur immensamente potente rispetto a quanto sperimentato in passato nella costruzione dell'universo dei significati condivisi, non ha indotto una riduzione unidimensionale della sfera dei consumi culturali. N eli' espressione «consumatori consumati», che dà il titolo a questo paragrafo, è ben sintetizzata l'impressione di una accorta quanto imprevedibile capacità di dosare diversi elementi e di «mixare» in modo inestricabile frammenti provenienti da contesti comunicativi diffe-
273
renziati. La capacità di attrazione dei mezzi a forte caratterizzazione tecnologica sull'universo giovanile non comporta dunque, necessariamente, un affievolimento delle modalità tradizionali di consumo culturale.
n quadro riassuntivo che abbiamo elaborato (cfr. ancora tab. 12 . 1 e fig. 12.2) mostra una configurazione sufficientemente ricca e differenziata dei consumi culturali giovanili. Per quanto riguarda la lettura, le abitudini di consumo confermano le tendenze evolutive che si erano già manifestate nella precedente indagine IARD: sono 7 su 10 i giovani che dichiarano di aver letto almeno un libro negli ultimi sei mesi e conquistano percentuali di un certo rilievo modalità di accesso al patrimonio librario non così consuete e uniformemente diffuse nel panorama italiano, come la frequentazione di biblioteche (38%) e librerie (47%) .
Sul piano diacronico i tre indicatori mostrano una lenta ma costante tendenza positiva: i non lettori si riducono a meno del 30% (rispetto al 36% del '92 e al 44% del 1987) ; resta praticamente immutato il numero di coloro che non frequentano biblioteche (6 su 10); aumentano invece le presenze in libreria (53 % di non acquirenti rispetto al 60% del '92 e al 7 1 % del 1987) . Inoltre, alcuni degli indicatori (lettura di libri, frequenza di biblioteche) sono positivamente correlati con l'appartenenza alle classi di età più giovani: in particolare, rappresentano quasi la metà del campione i minori di 18 anni che sono stati in biblioteca almeno una volta negli ultimi tre mesi (con una lieve prevalenza femminile) . Sembra opportuno richiamare, a questo proposito, la funzione di stimolo sicuramente esercitata dall'ambiente scolastico e da alcune istituzioni locali nel promuovere l'abitudine alla lettura. A questo rinnovato interesse per la diffusione della lettura ha corrisposto negli ultimi anni una notevole vivacità del mercato editoriale, che ha saputo accompagnare i giovani lettori aiutandoli a selezionare gusti e passioni individuali con un'offerta ampia e stimolante.
La tendenza al lieve declino nella lettura di libri all' avanzare dell'età è compensata solo in parte da un'a c-
274
Concerto classica* � Concerto rock''
Teatro*
Museo/mostra*
Ascolto dischi classica*
Biblioteca*
Manifestazione sportiva*
Libreria*
Lettura libri 0
Cinema*
Lettura quotidiani§
Ascolto quotidiano della Radio"
Ascolto dischi rock*
Esposizione quotidiana alla TV"
o 10 20 30 40 50 60
D 25-29 lill 2 1 -24 D 18-20
FIG. 12.2. Quadro di sintesi dei consumi culturali (%) .
70 80 90
• 15-17
Nota: la figura offre un'articolazione grafica dei dati in tabella 12. 1 . '' almeno una volta negli ultimi tre mesi o almeno uno negli ultimi sei mesi § almeno una volta a settimana " almeno un'ora al giorno.
100
cresciuta attenzione nei confronti della stampa quotidiana. Con il passaggio alla maggiore età si verifica un rapido incremento percentuale di coloro che leggono il giornale almeno una volta a settimana - fino a toccare la punta dell'82,4 % nella classe d'età 2 1 -24 anni - ma si trasformano soprattutto le modalità di approccio al quo-
2 75
TAB. 12.4. La mappa dei generi. Frequenza di lettura per classi di età per i di-versi segmenti informativi dei quotidiani e dei periodici (%)
Età
15-17 18-20 21 -24 25-29 Totale
Cronaca nazionale 67,1 73 ,2 75,6 75,0 73,6 Cronaca locale 66,3 69,6 75,3 72,7 71 ,8 Spettacolo 68,8 69,4 67,7 65,1 67,4 Notizie sociali 55,9 63,9 61 ,4 63,6 61 ,8 Cronaca nera 57,4 59,8 62,3 61,4 60,7 Cultura 46,1 56,1 54,9 57,9 54,7 Servizi vari 48,1 58,0 55,5 54,0 54,4 Sport 54,9 46,4 46,7 41,1 46,1 Politica interna 3 1 ,6 44,4 46,7 48,3 44,2 Cronaca mondana 41 ,9 43,8 44,2 36,3 41 ,2 Notizie scientifiche 38,4 37,0 40,1 40,9 39,4 Politica locale 19,2 3 1,7 40,4 40,8 35,2 Politica estera 20,4 32 ,6 33,0 36,4 32,0 Economiche 14,4 24,5 27,5 3 1 ,6 26,1
Nota: sono state sommate le risposte: «molto» e <<abbastanza» spesso.
tidiano e le richieste d'informazione che vengono avanzate. La dimensione trainante è senz' altro il nuovo, crescente interesse per l'informazione politica sia nazionale che locale (tab. 12.4): nel primo caso la soglia di attenzione passa dal 3 1 ,6% degli adolescenti al 48,3 % dei giovani compresi nella classe d'età 25-29 anni; nel secondo caso si passa, rispettivamente, dal 19,2% al 40,8%. La stampa quotidiana si configura così come canale autonomo e complementare di informazione accanto alla televisione, pur collocandosi a livelli di penetrazione assolutamente non comparabili con il mezzo televisivo. Mentre la visiorte del telegiornale si consolida come una normale pratica quotidiana che coinvolge la grande maggioranza dei giovani, la lettura abituale del giornale riguarda complessivamente meno di un terzo del campione, con una certa prevalenza dei ragazzi sulle ragazze (3 0,4% contro 25 ,4%) .
Al crescere dell'età si trasforma però l'approccio complessivo alla lettura del quotidiano (tab. 12.4). Cresce l'in-
276
TAB. 12.5 . La mappa dei generi. Le preferenze di lettura per classi di età rispetto a settimanali e periodici (%)
Età
15-17 18-20 21 -24 25-29 Totale
Settimanali radio Tv 45,4 43,7 37,4 32,6 3 8,5 Settimanali femminili 2 1 ,4 24,9 27,2 22,1 24,1 Settimanali familiari 22,2 22,3 22,5 18,3 21 , 1 Settimanali d i opinione 19,2 2 1 ,0 22,3 20,8 2 1 ,0 Fumetti* 21 ,9 14,9 13 ,9 10,0 14,1 Altri settimanali 9,9 7,6 8,5 10,2 9,1 Settimanali scandalistici 8,0 7,3 6,4 6,2 6,8
'' spesso.
Nota: sono state sommate le risposte: «tutte le settimane o quasi>> e <<2-3 volte al mese>>.
teresse per quasi tutte le pagine del giornale ad eccezione dello sport, che svolge una funzione di socializzazione precoce e quasi esclusiva per il pubblico maschile (sono circa il 68% i ragazzi interessati alle notizie sportive contro il 23 % delle ragazze) . Si rafforza ulteriormente la dichiarata grande passione dei giovani lettori per i fatti di cronaca (nazionale, locale, nera) che, insieme alle notizie dal mondo dello spettacolo, tracciano l'asse principale del percorso fra le notizie presenti sulla carta stampata. Nell'ambito della crescita diffusa di attenzione acquistano cittadinanza anche luoghi del giornale del tutto marginali negli anni dell'adolescenza, come la politica estera e le notizie economiche (in quest'ultimo caso lo scarto tra maschi e femmine è di oltre l O punti a favore dei ragazzi) .
Nel caso di settimanali e periodici non si verifica un parallelo incremento di interesse né sembrano modificarsi sostanzialmente gli stili di consumo elaborati nel corso dell'adolescenza (tab. 12.5) . Sul piano complessivo, i lettori abituali rappresentano meno di un terzo del campione (come per i quotidiani) con una stabile prevalenza femminile ad eccezione di fumetti e mensili; nei settimanali d'opinione si registra invece una quasi perfetta sud-
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divisione tra i due pubblici. Tra le abitudini di consumo si segnala il progressivo cedimento dei settimanali radiotelevisivi e dei fumetti, tipici generi di socializzazione d'ingresso alla lettura in quanto strettamente connessi con i consumi audiovisivi e musicali. Non decollano i settimanali d'informazione sia nella versione so/t formato famiglia sia nella versione prevalentemente orientata all'informazione e al commento dell'attualità politica e sociale. Un livello significativo di diffusione è raggiunto solo dai settimanali femminili, letti abitualmente da circa il 42 % delle ragazze.
Tra le altre forme di consumo mediale il cinema continua a conquistare platee ragguardevoli e non appare «cannibalizzato» dal successo sempre crescente dell'home video7, soprattutto tra le giovani generazioni. La linea di resistenza sembra per il momento impermeabile ad attacchi che vengono da tutti i fronti: diffusione e abbassamento dei costi di noleggio ed acquisto delle videocassette; sovrabbondanza nell'offerta di fiction televisiva; sviluppo della pay tv. In una situazione di mercato caratterizzato negli ultimi anni da una considerevole erosione del pubblico delle sale, il cinema conserva una forte capacità di richiamo sulle platee giovanili. Rispetto ai dati del 1992 si mantiene immutata la quota degli spettatori fedeli: quel 40% (a lievissima prevalenza femminile) che va al cinema una o più volte al mese, mentre i fedelissimi (una o più volte a settimana) toccano comunque 1'8,4 % del campione. A livello complessivo sono 7 su 10 i giovani che hanno varcato la soglia di una sala cinematografica almeno una volta nell'ultimo trimestre (cfr. ancora la tabella 12. 1 ) , con una tendenza in lieve crescita fino alla fascia d'età 2 1 -24 anni. Pur perdurando forti differenze nelle possibilità di accesso, legate - come vedremo in seguito - a componenti strutturali o geografiche, il cinema continua a rimanere un'esperienza di massa per il pubbli-
7 n sorpasso in termini di fatturato e di spettatori si è registrato nel 1990.
2 78
co giovanile. E non è casuale che il settore cinematografico tenda negli ultimi anni a stabilire una sorta di patto generazionale con questo segmento di pubblico - determinante per poter garantire, almeno nell'immediato, la propria sopravvivenza - ponendo attenzione al confezionamento dei prodotti ed all'esplorazione di gusti e tendenze innovative.
Le pratiche culturali non mediali, con la parziale eccezione delle manifestazioni sportive, toccano una quota molto limitata dell'universo giovanile e non entrano necessariamente a far parte del bagaglio di esperienze e suggestioni condiviso da un'intera generazione. Similmente agli indicatori riguardanti la lettura, sembra manifestarsi una positiva influenza dell'ambiente scolastico rispetto alla chance di occasioni culturali «impegnative», come la visita a musei e mostre o la partecipazione a spettacoli teatrali. In entrambi i casi, infatti, tende significativamente a decrescere dopo i diciotto anni la percentuale di coloro che dichiarano di aver partecipato ad un'iniziativa negli ultimi tre mesi, anche se le possibilità di accesso riguardano comunque una quota abbastanza limitata di giovani (rispettivamente il 29,2% e il 21 ,4%, con una lieve prevalenza femminile ed una sostanziale staticità rispetto alla precedente rilevazione IARD del 1992) .
Le manifestazioni sportive trovano un pubblico più vasto anche in relazione alla stabilizzazione di una diffusa pratica individuale di sport, che coinvolge abitualmente circa un terzo del campione (oltre il 40% dei maschi e il 28% delle femmine). La frequenza alle manifestazioni riguarda la maggioranza dei giovani (56%, anche in questo caso con un forte squilibrio a favore dei ragazzi) solo fino alla maggiore età; poi declina rapidamente per collocarsi nella classe d'età più matura, ben 25 punti percentuali al di sotto. La tendenza rilevata è perfettamente coerente con quanto emerso dalla precedente ricerca del 1992 : si conferma il dato che vede la frequenza alle manifestazioni esposta ad un declino molto più rapido rispetto alla pratica sportiva e rimane immutata anche la soglia di coinvolgimento del pubblico femminile che si arresta poco sotto il 30%.
279
Per quanto riguarda la musica, infine, è necessario distinguere nettamente tra ascolto di musica riprodotta, in particolare rock8, e partecipazione a spettacoli «dal vivo». Nel primo caso si tratta di un'esperienza condivisa praticamente da tutti (sono solo il 13 % coloro che si dichiatano estranei) , mediata dalla impressionante diffusione e dalla relativa esiguità dei costi di acquisto delle apparecchiature tecnologiche necessarie. Non si deve tralasciare, inoltre, il contributo in termini quantitativi della radio alla costruzione di questa piattaforma musicale quasi ininterrotta che accompagna buona parte del tempo libero.
È indubbio che il livello di coinvolgimento segnali una rispondenza a bisogni che in termini di espressività e di mediazione simbolica caratterizzano il mondo dei giovani e lo differenziano da quello degli adulti. La musica è un forte elemento di identificazione di gruppo che trova la sua massima espressione negli appuntamenti di spettacolo dal vivo che rendono tutto il pubblico protagonista. Sicuramente molti dei 16 giovani su 100 che hanno partecipato ad un concerto rock negli ultimi tre mesi hanno vissuto la sensazione di essere al centro di un evento speciale ed estremamente coinvolgente per la loro esistenza quotidiana. Ed inoltre, il potere di agenda di cui questi eventi usufruiscono nell'immaginario collettivo, sospinto e rilanciato dal tam tam dei media audiovisivi e a stampa, è comunque molto più ampio e raggiunge un numero di soggetti enormemente superiore rispetto agli effettivi partecipanti.
Anche andare in discoteca è sicuramente un fenomeno di massa, ma in questo caso la mediazione specifica della musica rispetto alla costruzione dell'evento di gruppo è più sfumata. La bolla sonora in cui tutti sono immersi, · nella maggior parte dei casi, ha la semplice funzione di costruire un contesto favorevole per stare insieme, ballare e conoscere nuove persone. Sono i due terzi i giovani che negli ultimi tre mesi hanno varcato almeno una
8 Indicando con questo termine, come nelle altre rilevazioni IARD, tutta la produzione non classica in sintonia con i gusti del pubblico giovanile.
280
volta la soglia di una discoteca; il 16% dei ragazzi e l 'l l % delle ragazze va a ballare una o più volte a settimana. Rispetto al 1 992 la tendenza è in lievissimo aumento e le ragazze recuperano qualcosa rispetto ai loro coetanei in termini di assiduità.
Per il consumo di musica classica non si può invece parlare di esperienza di massa, sia nella forma dell'ascolto domestico che in quella dello spettacolo dal vivo: solo l giovane su 3 ha ascoltato dischi di musica classica negli ultimi tre mesi; solo l su 20 ha assistito ad un concerto. In controtendenza rispetto ad altri generi «colti», come il teatro e le mostre, il consumo di musica classica sembra attrarre consensi al crescere dell'età, anche se il numero dei giovani partecipanti non supera - almeno per i concerti -la dimensione di una ristretta élite. Su livelli estremamente ridotti si colloca anche la pratica musicale. I dati confermano che 4 giovani su 5 non hanno mai suonato mentre fanno regolarmente pratica di un strumento solo il 16% dei ragazzi e 1'8% delle ragazze, con una preoccupante stasi rispetto a quanto registrato nella ricerca di 4 anni fa.
3 . Geografia variabile. La mappa dei consumz culturali proiettata su nove Italie
n quadro sintetico dei consumi culturali che abbiamo rapidamente esplorato mostra un'immagine dei giovani sufficientemente aperta e vivace, tutt'altro che ossessivamente concentrata sui media audiovisivi. Proviamo ora a scomporre ulteriormente sul piano analitico quel quadro, proiettando la mappa dei consumi culturali su nove differenti ltalie, con l'intento di lasciar affiorare le differenze geografiche e strutturali (tab. 12.6) . Assumendo criteri di equilibrata coerenza rispetto alla composizione finale del campione utilizzato per la ricerca, città e comuni d'Italia sono stati raggruppati in quattro distinte tipologie di piccoli centri (fino a 100.000 abitanti) ; due tipologie di città medie (100.000/500.000 abitanti) e infine tre di grandi città (oltre 500.000 abitanti) .
281
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Insieme ai tratti unificanti emergono immediatamente, dal confronto sinottico, forti elementi di differenza in termini di stili di consumo e di concrete possibilità di accesso. Sono ancora i grandi mezzi audiovisivi, la televisione e la radio, ad avere una funzione unificante. Nel panorama, che mostra valori pressoché omologati per tutta l'Italia, si segnalano le grandi città del Nord per un lievissimo cenno di disaffezione al mezzo televisivo ed i comuni più piccoli del Nord-Est, del Centro e del Sud per gli ascolti particolarmente elevati della radio. Accanto a radio e televisione, solo l'ascolto di musica rock raggiunge livelli elevati di uniforme distribuzione, anche se in questo caso il differenziale tra valori minimi (piccoli centri di Sud e Isole) e massimi (grandi città del Nord) sfiora i dieci punti percentuali.
Nella mappa dei consumi seguono immediatamente la lettura e il cinema, che coinvolgono in media 7 giovani su 10. La proiezione di queste dimensioni di consumo sulle nove Italie propone un quadro ricco di sfaccettature e di qualche sorpresa. Sul piano generale le due forme di lettura - libri e quotidiani - sembrano almeno parzialmente alternative: non esiste un'area geografica in cui i livelli siano uniformi e standardizzati, ma si registra sempre uno scarto, a favore dell'una o dell'altra tipologia, che varia tra un minimo di circa 6 punti (nei piccoli comuni del Centro a favore dei libri e nelle grandi città meridionali a favore dei quotidiani) ad un massimo di oltre 30 punti percentuali (l'impressionante divario registrato nelle metropoli del Nord tra lettori di libri - 85 ,5 % - e lettori di quotidiani - 53 ,3 % ) . Sul piano complessivo emergono alcune tendenze di fondo:
a) in tutto il Meridione i giovani preferiscono la lettura dei quotidiani a quella dei libri; il massimo divario si raggiunge nei piccoli centri dove lo scarto supera i 20 punti percentuali;
b) in tutto il Centro-Nord, ad eccezione dei piccoli comuni del Nord-Est, la situazione si rovescia e il vantaggio a favore dei lettori di libri è molto netto al Nord, meno evidente al Centro;
283
c) in particolare, grandi e medie città del Nord sono abbondantemente sotto la media nazionale nella lettura dei quotidiani: un dato che configura un'evidente perdita di appeal della carta stampata nel segmento di pubblico più interessante e innovativo dal punto di vista dei consumi; tutti gli altri indicatori sono infatti al di sopra delle corrispondenti medie nazionali.
I dati relativi agli altri due indicatori sulla lettura dei libri confermano e consolidano le tendenze descritte: sia per l'acquisto (libreria) che per la consultazione (biblioteca) i comuni grandi e piccoli del Sud sono molto al di sotto della media nazionale; i piccoli centri del Nord-Est recuperano invece il divario e si pongono in linea rispetto ai valori del Centro-Nord. Anche in questo caso la forbice tra i valori minimi e massimi è accentuata: nei piccoli comuni del Sud solo il 36% dei giovani è entrato in una libreria negli ultimi tre mesi; nelle metropoli del Nord questa percentuale è quasi raddoppiata (61 %) . Per le biblioteche la situazione è simile: solo un giovane su quattro nelle grandi città del Sud ha accesso a questo servizio, ma qualche difficoltà mostrano anche grandi e piccoli comuni dell'Italia centrale, che «tengono» a stento rispetto ad una media nazionale non certo brillante (3 8%) .
Quanto al cinema, le grandi città del Nord e del Centro si segnalano per una particolare vivacità di consumo (con percentuali superiori all'85 %) e pongono in maniera stringente il problema della trasformazione delle modalità d'offerta e dei costi troppo elevati. n medium audiovisivo più datato regge bene la concorrenza della televisione, infatti, solo nelle aree più ricche del Paese (alle grandi città si aggiungono, su livelli di poco inferiori, i piccoli centri del Nord e le medie città del Centro-Nord), dove le disponibilità economiche senz' altro superiori dei giovani consumatori si sono incrociate con una distribuzione cinematografica attenta al mutamento dei gusti, che ha programmato investimenti nel rinnovo e nella differenziazione delle sale.
La frequenza alle manifestazioni sportive delinea un panorama completamente differente in cui il massimo
284
della forbice tra diversi stili di consumo si registra tra le grandi città del Nord e quelle del Centro (46% contro 32%) . I giovani che abitano nei piccoli comuni non sembrano affatto svantaggiati anche se, probabilmente, si riflettono in questo dato altri parametri di riferimento: nel piccolo centro non si tratta del grande spettacolo dei campionati nazionali di calcio o di basket ma di una miriade di iniziative a carattere locale, seppur altrettanto coinvolgenti dal punto di vista del tifo. Non si deve tralasciare inoltre il fatto che negli sport considerati minori (baseball, ping-pong, pallamano, ecc.) spesso riescono ad emergere anche società che hanno sede nei piccoli centri e godono di un supporto molto attivo e coinvolgente da parte della propria tifoseria.
Le altre forme di consumo culturale hanno tutte una caratterizzazione fortemente minoritaria ad eccezione delle grandi città del Nord e, in misura minore, delle medie e grandi città del Centro. Questi aspetti del consumo hanno però una importanza fondamentale perché sul loro bilanciamento si gioca concretamente la possibilità di comporre un media-mix aperto e differenziato, che non subisca il rischio di essere riassorbito nella preponderante sfera d'influenza dei media audiovisivi. Non è dunque casuale che su questo versante si rilevino le differenze di opportunità più macroscopiche.
Questa è la composizione dei consumi d'élite in una grande città del Nord: almeno un giovane su due ascolta musica classica e ha visitato un museo o una mostra; uno su tre è stato a teatro e ha partecipato ad un concerto rock; uno su sei ha assistito ad un concerto di musica classica. E tutto questo va ad integrarsi con valori abbondantemente superiori alla media rispetto a tutte le altre forme di consumo eccetto la lettura dei quotidiani. A Roma i giovani manifestano una tendenza simile rispetto ai consumi d'élite ma già si registra una forte diminuzione percentuale di coloro che sono stati ad una mostra e ad un concerto di musica rock o classica.
In questo contesto, le città medie e piccole del Centro-Nord - con la parziale eccezione del Nord-Est che è
285
relativamente svantaggiato rispetto alla maggior parte degli indicatori - mostrano stili di consumo improntati ad una certa vivacità e non sembrano tagliate fuori rispetto alle chances delle grandi città. Sorprende semmai che le città medie del Centro-Nord, frequentemente indicate come esemplari rispetto alla qualità della vita, non manifestino forme di sviluppo più decise in questa direzione. Scendendo verso Sud e Isole, invece, il numero di coloro che hanno l'occasione di inserire consumi «alti» nella loro dieta si riduce drasticamente fino a toccare livelli che difficilmente riescono ad incidere nella sfera degli atteggiamenti condivisi e non danno luogo a flussi comunicativi di un certo rilievo.
4 . Tipi strani. Stili di consumo culturale e ritratti tipologici dei giovani
Per completare il ritratto di generazione rispetto agli stili di consumo culturale sono state elaborate due distinte tipologie. La prima riprende i due indici sintetici già utilizzati nelle precedenti ricerche IARD, relativi alla «cultura giovanile» e alla «cultura colta», per valutarne l'evoluzione sul piano diacronico. La seconda - impostata ex nova - è stata ottenuta mediante la tecnica della cluster analysis9 applicata a 36 variabili relative ai consumi culturali e alle condizioni strutturali dei giovani intervistati.
La prima tipologia deriva dall'incrocio di due indici. Come nelle precedenti ricerche IARD, nei consumi «giovanili» sono compresi i seguenti indicatori: pratica attiva di uno strumento musicale, frequentazione di discoteche e di concerti rock, ascolto di musica rock, partecipazione a manifestazioni sportive. Nei consumi «colti» sono stati invece considerati: concerti di musica classica, teatro, musei e mostre, convegni e conferenze, ascolto di musica classi-
9 L'analisi è stata condotta in collaborazione con Isabella Mingo, Responsabile del CEDDIS del Dipartimento di Sociologia - Università di Roma «La Sapienza>).
286
TAB. 12.7. Tipologia di giovani consumatori per genere dell'intervistato. Con-franto 1992-1996 (%)
Maschi Femmine Totale
1992 1996 1 992 1996 1992 1996
Colti e ludici 32,8 24,7 32,4 27,3 32,6 26,0 Ludici 28,9 44,8 16,2 21 ,6 22,7 33,3 Colti 12,8 4,7 20,6 10,0 16,6 7,4 Esclusi 25,5 25,8 30,9 41 ,1 28,1 33,4
TAB. 12.8. Tipologia di giovani consumatori per area geografica (%)
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996 1992 1996
Colti e ludici 37,8 36,7 37,5 29,8 37,0 27,0 24,6 17,7 26,1 19,6 Ludici 23,7 37,2 22,9 34,8 23,3 32,9 19,3 30,3 25,9 31 ,7 Colti 15,6 6,4 19,9 7,0 16,5 8,3 18,1 8,3 12,2 6,2 Esclusi 23,0 19,6 19,6 28,3 23,1 3 1 ,9 38,0 43,7 35,8 42,5
ca, lettura di libri, frequentazione di biblioteche e librerie. n punteggio ottenuto è stato ricodificato per entrambi gli indici su quattro livelli: alto, medio, basso, molto basso. Nella tipologia risultante dall'incrocio sono stati definiti «colti e ludici» coloro che presentano punteggi elevati per entrambi gli indici; <dudici» coloro che hanno punteggi elevati nel solo indice dei consumi giovanili; «colti» coloro che presentano valori elevati nel solo indice dei consumi colti; «esclusi» i soggetti in posizione debole rispetto a entrambi i modelli di consumo10 (tab. 12.7) .
Utilizzando questa chiave di lettura dei fenomeni evolutivi, emergono differenze sostanziali rispetto a quattro anni fa nella composizione dell'universo giovanile. Si dimezza il numero dei «colti», ridotti di quasi due terzi tra i
IO Per maggiori dettagli sulle modalità di costruzione degli indici cfr. Cavalli e de Lillo [1993, 164] .
287
maschi e della metà tra le femmine; sale di oltre l O punti la componente «Iudica», con un aumento imputabile prevalentemente ai ragazzi. Cresce anche il numero degli «esclusi» - ora uno su tre - con un incremento da imputare esclusivamente alla componente femminile che ora supera il 40%; si ridimensionano anche i consumatori più vivaci, i «colti e ludici», che ora sono appena uno su quattro. Nel complesso le differenze di genere risultano amplificate rispetto alla precedente rilevazione, con i ragazzi sempre più orientati alla dimensione Iudica e le ragazze divise quasi equamente tra una componente tagliata fuori ed un'altra che cerca faticosamente di emergere, disegnando un profilo di elevata qualità.
La proiezione della tipologia sulle aree del Paese mostra un quadro in considerevole evoluzione, anche se si mantengono sostanzialmente intatte le tendenze di fondo registrate nella precedente indagine IARD (tab. 12.8) . Il profilo emergente, quello dei «ludici», conquista proseliti soprattutto al Nord ma è diffuso uniformemente sopra la soglia del 30% in tutta l'Italia. Altrettanto uniforme il processo che ha praticamente dimezzato il numero dei giovani «colti» e ha livellato in basso le lievi differenze preesistenti tra Nord e Sud. Si conferma così il legame debole di queste due tipologie rispetto all'area geografica di residenza mentre negli altri due casi si può parlare di legame forte. La distribuzione delle tipologie «colti e ludici» ed «esclusi», infatti, mostra un andamento polarizzato in maniera inversa: nel primo caso, in direzione del Nord e del Centro; nel secondo, inequivocabilmente verso Sud e Isole. Le zone del Paese che presentano maggiori modificazioni sono il Nord-Est e il Centro, che perdono molte posizioni rispetto allo stile di consumo più vivace e accrescono parallelamente il numero degli esclusi. In piena controtendenza, invece, il Nord-Ovest che si segnala per una sostanziale tenuta del modello «colto-ludico» e per il lieve decremento, rispetto al 1 992, della quota degli esclusi da tutte le forme di consumo.
Sulla base dell'impianto teorico che sorregge la ricostruzione analitica dei dati da noi proposta non riteniamo
288
Eruditi (10,3)
Eclettici (26,7)
Culturisti (20,7)
FIG. 12.3. Ritratti tipologici dei giovani (%).
Emarginati (22,4)
Telesognatrici (19,9)
opportuno seguire un modello interpretativo che espunga programmaticamente i consumi cosiddetti di massa (non solo televisione e radio ma anche cinema, quotidiani e settimanali) dall'elaborazione delle tipologie giovanili. Per questo motivo la seconda procedura d'indagine è stata tarata in modo da ricomprendere l'intero panorama dei consumi, evitando tassonomiche attribuzioni a priori di una presunta valenza «culturale» per singole scelte. Questa strategia interpretativa risulta più sintonizzata con gli orientamenti concreti dei giovani, che si muovono in perfetta indifferenza rispetto alla valorizzazione di segmenti «alti» o <<bassi» delle loro strategie di consumo e spesso adorano accostamenti azzardati tra «trash» e cultura elevata.
Nella costruzione della tipologia sono considerate come variabili «attive» tutti gli indicatori relativi ai consumi culturali, mediali e non, ad eccezione di quelli relativi all'attenzione dedicata ai vari programmi televisivi ed alle notizie della stampa quotidiana; come variabili «intervenienti» una serie di indicatori ed indici strutturali (sesso, età, ordine di . nascita, condizione professionale, scolarità, estrazione familiare, estrazione culturale e professionale dei genitori, nove ltalie) . La valutazione incrociata dei parametri porta alla decisione di considerare come più opportuna la suddivisione in cinque gruppi che sono stati etichettati come «emarginati», «tele-sognatrici», «culturisti», «eclettici», «eruditi» (fig. 12.3 ) .
289
I cinque gruppi presentano le seguenti caratteristiche. a) Emarginati (22,4 %) Nel 53 ,8% dei casi sono maschi ed hanno una età su
periore a 2 1 anni (68,6%) . Sono i giovani che si tengono completamente ai margini del circuito dei consumi culturali di ogni genere, con l'unica eccezione della televisione a cui dedicano una qualche attenzione (ogni giorno nel 62,6% dei casi guardano la televisione da una a tre ore) e dell'ascolto di musica rock (44% sente dischi una o più volte a settimana) . Sovrarappresentata in questo gruppo è la percentuale di coloro che non lavorano e non studiano o che non hanno conseguito alcun titolo di studio. Nella quasi totalità (77 ,5 %) i genitori sono di estrazione socioculturale bassa. Vivono prevalentemente nei piccoli centri del Sud e nelle Isole.
b) Tele-sognatrici ( 19,9%) Si tratta quasi sempre di ragazze (86,1 %) . Anche loro
hanno un'età tendenzialmente elevata. Il loro stile è assimilabile al cocooning statunitense, caratterizzato da un consumo chiuso dentro le mura domestiche: overdose di televisione (58% da 2 a 4 ore; 18% oltre le 4 ore) , di radio (37 % oltre le 4 ore quotidiane) , di riviste e periodici femminili (84%) e di settimanali radio-televisivi (67%) . Il paniere dei consumi culturali è invece del tutto privo di esperienze comunicative che implichino un qualche spessore culturale o che comunque richiedano una relazionalità minima con il mondo esterno, con la parziale eccezione dell'andare a ballare. Abitano in prevalenza al/Sud, nei piccoli e medi centri.
c) Culturisti (20,7 %) Nella quasi totalità sono di sesso maschile (90, 15 %) .
Hanno prevalentemente un'età inferiore a 21 anni. Il loro stile di consumo è concentrato quasi esclusivamente sulla dimensione sportiva: praticano attivamente uno sport una o più volte a settimana; e assistono assiduamente a manifestazioni sportive. Leggono regolarmente un quotidiano sportivo ma lo accompagnano spesso con un quotidiano d'informazione. Nelle altre forme di relazione con l'esterno non disdegnano consumi giovanili di tipo prettamente
290
ludico: locali da ballo una o più volte a settimana, lettura di fumetti, settimanali scandalistici e radiotelevisivi. L'esposizione giornaliera alla televisione è piuttosto sostenuta mentre l'ascolto della radio si posiziona su livelli medi. Sono decisamente sovrarappresentati nelle città di medie dimensioni del Centro-Nord.
d) Eclettici (26,7 %) Sono il gruppo di maggioranza relativa, a lieve preva
lenza femminile (56,2 %) e con una marcata presenza di giovanissimi (15-17 anni) , anche se nella maggioranza dei casi hanno comunque più di 21 anni. Gli eclettici sono i giovani che evidenziano il paniere di consumi maggiormente differenziato. Ad una spiccata preferenza verso i generi elitari (musica classica, musei, convegni, teatri, ecc.) , affiancano interessi ad ampio spettro verso tutti gli altri generi di consumo di massa (cinema, manifestazioni sportive, discoteca, televisione e radio) . Abitano a Nord, prevalentemente nei piccoli centri e in misura minore nelle città grandi e medie.
e) Eruditi (10,3 %) Sono equidistribuiti tra maschi e femmine ed hanno
un'età piuttosto elevata (sovrarappresentata la fascia superiore ai 25 anni). Gli eruditi evidenziano un livello di fruizione elevato ed uno stile di consumo altamente selettivo verso tutti quei beni caratterizzati da inequivocabile spessore culturale. Tendenzialmente leggono molto (più di 12 libri l'anno) , non guardano quasi mai la televisione (meno di un'ora al giorno) , non ascoltano la radio, non si interessano di sport ma seguono con attenzione gli avvenimenti politici. Vivono in prevalenza nelle città grandi e medie del Nord e del Centro.
La proiezione della tipologia sulle nove Italie mostra un quadro fortemente differenziato tra le varie aree del Paese (fig. 12.4) . Gli «eclettici» - e cioè il gruppo più vivace e poliedrico rispetto agli stili di consumo - sono diffusamente presenti soprattutto nelle regioni del CentroNord. Sorprendente, in questa vasta zona d'Italia, la «tenuta» dei piccoli comuni rispetto alle aree metropolitane: un giovane del Nord o del Centro, interessato a tutti i
291
Grande Sud/Isole ====�i\Dmii::=:=::;=:=J ' '
Grande Centro
Grande Nord
Medio Sud/Isole 5;���������;=' Medio Centro/Nord 5������;;;;;a;:;;.;;;;==::J
--Piccolo Sud/Isole �=:�::::::�;zz::;zz::;zz::�
Piccolo Centro
Piccolo Nord-Est ==:����:��==== Piccolo Nord-Ovesti��������==::::::_
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• Eruditi D Eclettici • Culturisti
15 20 25
D Telesognatrici
30 35 40
Il Emarginati
FIG. 12.4. Ritratti tipologici dei giovani proiettati sulle nove ltalie (%) . /
generi di consumo culturale, può risiedere tranquillamente in provincia e mantenere allo stesso tempo una collocazione non marginale rispetto ai principali flussi comunicativi.
I due gruppi speculari maschili e femminili - rispettivamente «culturisti» e «telesognatrici» - presentano invece una distribuzione più equilibrata in tutte le aree del Paese (oscillano tra il 15 e il 25 %) . I «culturisti», caratterizzati da uno stile di consumo esterno all'ambito dome-
292
stico e tendenzialmente più dispendioso, sono diffusi in maniera abbastanza uniforme e toccano il loro picco nelle ricche città medie del Centro-Nord. Le «telesognatrici», connotate al contrario da un orientamento a consumi prevalentemente domestici e «poveri», prevalgono nelle aree meridionali, sia nei grandi che nei piccoli centri.
Gli altri due gruppi sono invece fortemente polarizzati rispetto alla distribuzione geografica. Lo stile degli «eruditi» ha una forte caratterizzazione metropolitana e raggiunge dimensioni considerevoli soprattutto nel Nord d'Italia e, in misura minore, nelle grandi e medie città del Centro. li gruppo degli «emarginati», al contrario, prevale in tutte le realtà del Meridione, sia di piccole che di medie e grandi dimensioni; nel resto d'Italia, il numero dei giovani più marginali rispetto alle dinamiche di consumo è di circa uno su cinque.
5 . I sassi dal cavalcavia e la televisione: relazioni pericolose?
La sinteticità dell'esposizione ed una certa enfasi sulle straordinarie chances comunicative dei media potrebbe indurre a conclusioni affrettate ed impaurite, soprattutto in riferimento ai soggetti più giovani, che vivono una fase di transizione altamente ricettiva ed ipersensibile. Questa sorta di crescente «allarme sociale» rispetto agli effetti potenzialmente dannosi dei media viene inoltre alimentata da alcune correnti di riflessione teorica che indicano la televisione e i new media come uno dei principali fattori di rischio nella socializzazione dei giovani.
A questo proposito è esemplare la schematicità del modello di imputazione televisione/violenza proposta in un volumetto - Cattiva maestra televisione - che sulla scorta della fama e dell'indiscusso prestigio scientifico di uno dei due autori - Karl Popper - ha avuto vasta eco nel dibattito pubblico. La citazione è d'obbligo: «Come riferisce un rapporto dell'American Psychological Association "l'aggregato delle ricerche dimostra chiaramente che
293
esiste una correlazione tra la visione di scene violente e il comportamento aggressivo, vale a dire che coloro che guardano molta televisione sono più aggressivi di chi ne guarda poca" . Questa sintesi è stata ripresa da un nuovo studio sulla violenza effettuato dal National Research Council, dove si afferma che gli autori di reati di violenza sono caratterizzati da un basso quoziente di intelligenza, prepotenza, iperattività, carenze affettive e «seguono con eccessiva frequenza spettacoli violenti in televisione»1 1 •
Se non siamo tutti vittime di un forte pregiudizio antitelevisivo dobbiamo ammettere che questo modo di porre il problema è assolutamente improduttivo e prigioniero di uno schematismo unilineare di causa-effetto, sicuramente poco utile per scomporre analiticamente relazioni complesse. Il disaccordo scientifico si trasforma in forte perplessità quando vengono invocati a supporto delle argomentazioni dati statistici sulla violenza in televisione da cui si apprende che il programma di prima serata nella stagione televisiva statunitense 1992 con la maggiore presenza di scene violente è la serie di telefilm Il giovane Indiana Jones con «sessanta atti violenti per ora di trasmissione», mentre tra i cartoni animati considerati «molto violenti» compare al terzo posto nella lista di proscrizione T o m & J erry con ottantotto atti violenti per ora.
Teniamo da parte facili ironie sulla totale incomprensione del carattere simbolico - quasi metafisicizzato - che riveste la violenza nei cartoni animati tipo Tom & Jerry o sulla ipotetica estensione della censura per gli stessi evidenti motivi - troppa violenza - alla riflessione cinematografica condotta da Spielberg sull'olocausto, per concentrare invece l'attenzione sul problema teorico. Quando qualche giovane irresponsabile butta sassi da un cavalcavia o una giovane coppia lascia morire un bambino appena nato sotto l'albero del proprio giardino c'è sempre qualche altro «irresponsabile» - giornalista, magistrato o «esperto» di turno - pronto a dare la colpa ai media allu-
1 1 Cfr. Clark [1994, 56-57] .
294
cinogeni (soprattutto televisione e videogiochi) che avrebbero plagiato le giovani anime, deboli e fortemente influenzabili.
È venuto il momento di marcare le distanze da ogni forma di teoria del modellamento, che adotti, rispetto agli effetti dei media nei processi di socializzazione, la seguente forma di imputazione causale lineare:
esposizione � identificazione � riproduzione � gratificazione
È ben più produttivo lavorare alla costruzione di una teoria delle aspettative sociali, entro cui i media sono un fattore importante - probabilmente decisivo ma non unico ed universale - nella selezione dei modelli di comportamento, che i singoli soggetti possono decodificare, ricomporre selettivamente ed utilizzare nell'interazione sociale. n potenziale di costruzione della realtà sociale di cui dispongono i media è senz'altro incomparabile rispetto ad altre agenzie di socializzazione, ma la ricerca dimostra che lo scatenamento di effetti di pura e semplice imitazione/identificazione rispetto al modello proposto dallo schermo va sempre correlato ad altre specifiche variabili.
Di fronte ad atti di violenza irresponsabile, che assumono le sembianze di un gioco dagli effetti tragici, privo di qualsiasi connessione con la realtà, non serve invocare semplicemente la censura sui contenuti dei media che ipoteticamente possono scatenare processi mimetici, dall'ultimo film di Villaggio con la scena delle pietre buttate dal cavalcavia al più feroce videogioco «sparatutto». Occorre piuttosto riflettere, senza alcun allarmismo e soprattutto senza alcuna illusoria semplificazione, sulla funzione di supplenza che i media svolgono nei processi di socializzazione e sullo svuotamento comunicativo cui sono sottoposte le vecchie agenzie. In poche parole, meno slogan, più impegno da parte delle istituzioni, e più ricerca da parte degli studiosi.
295
CAPITOLO TREDICESIMO
I CONSUMI E LA PROPENSIONE AL RISPARMI O
l . Premessa
n denaro ha un'importanza quasi ovvia per le società industriali e post-industriali: il suo ruolo è dato per scontato, e non riguarda solo gli aspetti economici dell'organizzazione sociale. Ricchezza, guadagno, risparmio e consumo rappresentano linee di discrimine lungo le quali si situano o si sovrappongono altre linee di demarcazione, relative allo status, all'identità di un individuo o di un gruppo, e che sovente interagiscono con la disponibilità di altre risorse - potere, opportunità, libertà di azione e di determinazione - nel definire le traiettorie di vita dei singoli e l'evolversi delle società stesse.
Le prime riflessioni organiche attorno al denaro risalgono a Georg Simmel, che ha dedicato a questo argomento un'attenzione mai più eguagliata nel corso dell'indagine sociologica. Simmel considera il denaro nel quadro della relazione tra i fini che un individuo si propone e i mezzi utilizzati per conseguirli. n denaro è il mezzo per eccellenza, poiché esso può servire a più scopi contemporaneamente; ad esso viene attribuita un'essenza metafisica, grazie al fatto di «superare ogni singola utilizzazione di se stesso e di rendere valida la possibilità di tutti i valori come il valore di tutte le possibilità, perché è il mezzo assoluto»1 • In quest'ottica, il consumo rappresenta la negazione del dinamismo del denaro: acquistare un bene significa da un lato il raggiungimento di un fine (che sia il fine ultimo o un fine intermedio) , e allo stesso tempo equivale ad incorporare la «forma denaro» nel
l Cfr. Simmel [ 1984, 323] .
297
bene stesso. All'opposto, risparmiare significa privilegiare proprio il carattere di mezzo che apre e mantiene aperte molteplici (e future) possibilità di utilizzo; il risparmio, ovvero il non-utilizzo del mezzo-denaro, rimanda inoltre direttamente al denaro come potere, che svaluta ciò che con esso si può acquistare proprio perché concretizzare il denaro in ciò che viene acquistato significa ridurre ad una le infinite possibilità di utilizzo, ponendo fine alla capacità del denaro stesso di trasformarsF.
Il rapporto di una persona con il denaro è rivelatore di aspetti non secondari della sua personalità e si collega alla sua capacità progettuale ed alle sue preferenze. Nell' esplorazione . della condizione giovanile assume rilievo chiederci come i giovani si pongono nei confronti del denaro. Lo status dei giovani è infatti quello di membri che stanno completando la propria socializzazione ai valori e al modo di vita che la società propone. Da un lato, tale socializzazione si suppone già avvenuta per alcuni aspetti fondamentali della vita sociale; dall'altro - e questo rappresenta una delle tante ambiguità dell'essere giovani -essa deve ancora essere completata. In effetti, essere giovani vuoi dire trovarsi in una condizione di sospensione e di attesa, di non definitività delle scelte, di opzioni aperte, mentre d'altro canto diventare adulti è il processo attraverso il quale si compiono scelte che influiranno sul resto della propria vita, si chiudono opportunità, si incanala la propria esistenza e si orienta il proprio futuro. È in qualche modo suggestivo il parallelo tra condizione giovanile e denaro: in entrambi i casi parliamo di pienezza delle possibilità, di chances aperte verso il futuro, che aspettano di concretizzarsi perdendo il loro carattere di apertura ma acquistando nel contempo la stabilità di una forma più o meno definitiva. Parlare di giovani e denaro equivale quindi a domandarsi in quale modo i giovani usano, insieme ad altri mezzi, il mezzo per definizione che serve a raggiungere il fine di abbandonare la situazione di sospensione per incamminarsi verso la condizione di adulto.
2 Cfr. Simmel [1984, 3 17] .
298
2. Verso l'autonomia: guadagni e decisioni di spesa
L'ingresso nel mercato del lavoro rappresenta una delle tappe che segnano il cammino verso la vita adulta, che consente al giovane di assumere e riconoscersi in uno dei ruoli che la società gli propone. Oltre al significato simbolico, il lavoro mantiene il significato concreto di mezzo per procurarsi il denaro necessario a soddisfare le necessità della vita; avere denaro significa anche avere i mezzi materiali per progettare e costruire la propria vita futura, poter agire con una certa autonomia nei confronti della fanl.iglia e, se necessario, anche contro il parere dei familiari. Non è un caso, infatti, che i ragazzi che dichiarano di avere un buon guadagno3 (a partire da l milione e 600 mila mensili) si mostrino più inclini degli altri a pensare che il proprio futuro possa essere influenzato, se non plasmato, dalle proprie azioni; in altre parole, un maggior guadagno è associato ad un minor fatalismo e ad una maggior fiducia nelle proprie capacità (tab. 13 . 1 ) .
Lo stesso avviene se, invece del guadagno mensile, consideriamo la somma che i ragazzi hanno a disposizione per sé e che può essere spesa senza il controllo - o con un controllo minimo - da parte della famiglia (tab. 13 .2) , e che in media è pari a 560 mila lire; in sintesi, più un ragazzo non solo guadagna, ma dispone effettivamente di denaro fuori dal controllo dei genitori, più vive il proprio futuro - e con tutta probabilità anche il suo presente - come un luogo positivo4• Soprattutto va notato che questo effetto non è dovuto al fatto di avere o non avere un lavoro, che già di per sé costituisce una delle
3 I giovani che lavorano sono circa il 43 % del campione. 4 È nota la relazione tra classi superiori e autodeterminazione, re
lazione che potrebbe «inquinare» il legame tra denaro e autodeterminazione, poiché le classi superiori sono quelle in cui vi è maggior disponibilità di denaro. Tuttavia, l'influenza della disponibilità di denaro è tale che, a parità di somme elevate, i giovani di classe operaia raggiungono i medesimi livelli di autodeterminazione dei giovani di classe superiore.
299
T AB. 13 .l. Autodeterminazione e guadagni mensili (valori percentualz)
Il futuro è pieno di possibilità e sorprese
Nella vita è importante avere obiettivi
Il successo dipende dal lavoro sodo, non dalla fortuna
Anche le scelte più importanti possono essere riviste
Meno di 1.2 milioni
50,6
67,9
53,8
50,6
1.2 -1 .6 milioni
59,5
78,6
55,3
55,6
1 .6 milioni e oltre
67,5
87,4
61 ,2
62,2
TAB. 13 .2. Autodeterminazione e somma disponibile (solo lavoratorz;- valori percentuali)
Meno di 500 500-900 l milione mila mila e più
Il futuro è pieno di possibilità e sorprese 54,5 62,7 63,3
Nella vita è importante avere obiettivi 74,9 79,6 84,2
N ella vita è meglio tenersi aperte molte strade 70,4 74,8 78,3
Il successo dipende dal lavoro sodo, non dalla fortuna 56,9 54,1 64,2
Al giorno d'oggi per riuscire nella vita è necessario saper rischiare 50,5 50,6 56,1
Anche le scelte più importanti possono essere riviste 51 ,3 57,6 63,3
fonti di identità adulta: il responsabile dell'iniezione di fiducia è proprio il denaro e la possibilità di usarlo come meglio si crede. Questa conclusione viene rafforzata da un altro risultato: tra i giovani che lavorano (anche in modo saltuario) e vivono ancora con i genitori (pari al 34% del campione), coloro che danno alla famiglia parte del proprio guadagno come contributo alle spese si mostrano più fatalisti di quanti non danno nulla o porzioni poco rilevanti del loro guadagno5 ( tab. 13 J). Questo ri-
5 Dato che l'età è un fattore che sicuramente incide sia sulla som-
300
T AB 13.3. Autodeterminazione e quota del guadagno data alla famiglia (valori percentualz)
Niente Meno del 39% 40-100%
Il futuro è pieno di possibilità e sorprese 60,4 60,1 48,5
Nella vita è importante avere obiettivi 79,5 78,8 68,2
Il successo dipende dal lavoro sodo, non dalla fortuna 59,5 55,1 50,8
Anche le scelte più importanti possono essere riviste 55,1 60,4 47,0
sultato può essere effetto di una doppia causa, o meglio, dei due volti di una stessa causa: da un lato, una limitata quantità di denaro significa una limitata «somma di possibilità», come affermerebbe Simmel, e dunque la consapevolezza di un margine di manovra ristretto.
D'altro canto, se la limitazione nel denaro spendibile deriva dalle richieste o dalle necessità della famiglia, il divario tra aspirazioni ed effettive possibilità diventa anche più ampio, poiché la propria azione non riesce ad essere incanalata verso desideri e progetti di vita, e il controllo della famiglia viene vissuto come un mancato riconoscimento della propria autonomia e capacità di progettualità.
Il denaro, dunque, consente sia una maggior autonomia, concreta e psicologica, sia un atteggiamento più positivo verso il proprio futuro. A parte qualche eccezione, chi dispone liberamente di denaro si dichiara più vicino a compiere una o più delle tappe che conducono alla vita adulta, cioè ad assumersi crescenti responsabilità nei confronti di se stessi e del proprio futuro (tab. 13 .4) .
La disponibilità di denaro gioca un ruolo importante
ma di denaro guadagnata o spendibile, e quindi sulla somma data alla famiglia, sia sulla capacità progettuale dei ragazzi, le conclusioni fin qui avanzate sono state controllate eliminando dall'analisi le due coorti più giovani (15-17enni e 18-20enni). La relazione tra denaro e atteggiamento verso il futuro non è però cambiata.
301
TAB. 13.4. Somma disponibile (solo lavoratorz) e progetti per i prossimi cinque anni (valori percentuali riferiti a «sz: sono sicuro» e «credo di si>>)
Vado a vivere per conto mio Mi sposo/convivo Avrò dei figli
Meno di 500 mila 500-900 mila l milione e più
36,4 42,9 37,0
38,5 42,4 35,7
49,8 55,7 39,4
TAB. 13.5. Condizione occupazionale e somma disponibile (valori medz)
Non studia né lavora Studia Lavora
Somma (migliaia di lire)
247 169 559
anche per coloro che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro (in massima parte studenti, pari al 38% del campione) , oppure ne sono ai margini (disoccupati, in cerca di prima occupazione, in tutto il 19%) e che quindi non hanno guadagni - o hanno guadagni assai esigui -e per i quali le uniche entrate sono spesso rappresentate dai soldi che la famiglia dà loro. Questi ragazzi hanno un'età media di 2 1 anni e mezzo, contro i 25 anni dei ragazzi che già lavorano; anche per loro vale quanto visto in precedenza, ovvero crescente propensione all' autodeterminazione man mano che la somma a loro disposizione aumenta. V a detto che in questo caso le cifre sono decisamente più contenute di quelle a disposizione dei ragazzi che lavorano (in media, 170 mila lire mensili contro le 560 mila dei ragazzi lavoratori, tabella 13 .5) ; tuttavia, l'aspetto rilevante è qui che anche i giovanissimi ricevono dalla famiglia qualche somma, pur piccola, per le spese personali, e che tale somma cresce al crescere dell'età: la famiglia, cioè, riconosce anche a chi studia ancora o ha difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro il diritto ad avere del denaro di cui decidere l'utilizzo e una progressiva autonomia di spesa (tab. 13 .5 ) .
302
TAB. 13.6. Condizione occupazionale (%) e somma media disponibile
Lavoratori che dispongono di denaro Non lavoratori che dispongono di denaro Lavoratori che non dispongono di denaro Non lavoratori che non dispongono di denaro
% Somma disponibile
41,0 52,4
2,1 4,4
588 000 213 000
Va infine notato, a proposito di questo segmento di intervistati, il dato relativo alla classe sociale di provenienza: si tratta soprattutto di giovani appartenenti alla classe media impiegatizia, che è anche la classe che investe di più nell'educazione dei figli e che è dunque disposta a sostenere i costi di un'istruzione superiore anche fornendo ai figli il denaro che questi non sono in condizione di procurarsi tramite il lavoro.
A fronte della stragrande maggioranza del campione che può disporre di una somma mensile, esiste una piccola frazione che, sia che lavori sia che non lavori, non ha autonomia di spesa (tab. 13.6) . Questa situazione è tipica soprattutto delle ragazze, dei residenti al Sud o nelle Isole, con un titolo di studio pari alla media inferiore o superiore, in prevalenza studenti ma anche casalinghe o disoccupati, appartenenti alla fascia di età più elevata (dai 25 ai 29 anni) e in maggioranza provenienti dalla classe operaia o, in misura assai minore, dalla piccola borghesia autonoma.
L'ultimo dato da considerare per completare il quadro della disponibilità di denaro tra i giovani nel nostro campione riguarda l'età in cui si comincia a godere di una certa autonomia di spesa. La maggioranza (53 %) dichiara di aver iniziato a guadagnare e spendere liberamente non prima dei 15 anni e comunque entro i 20. Esiste tuttavia una fascia di giovani che non hanno mai guadagnato denaro con il proprio lavoro, situazione che interessa il 24% del campione. Come è facile supporre, la maggioranza di questi ragazzi è ancora studente e appartiene infatti alla fascia d'età più giovane ( 15-17 anni) .
303
Anche il fatto che si tratti soprattutto di ragazze, e che l'origine sociale più rappresentata sia la classe media impiegatizia non stupisce: come abbiamo visto in precedenza, questa classe investe molto in istruzione, poiché utilizza le credenziali educative come mezzo per portare a termine l'ascesa sociale delle nuove generazioni6• Del resto, è anche noto che le femmine hanno tassi di permanenza nel sistema educativo più elevati dei maschi, e che la composizione per genere della popolazione studentesca è a vantaggio, appunto, delle femmine.
Tuttavia le ragazze non sono certo privilegiate: a fronte di una più lunga permanenza nel sistema formativo, esse possono contare su cifre mediamente inferiori a quelle dei coetanei maschi ( 181 mila lire mensili contro 213 mila) , quindi su una minore autonomia di spesa, raggiunta oltretutto più in là negli anni, come mostra la figura 13 .l: nel caso dei maschi, il 13 % dispone di denaro per le proprie spese a partire dai 12-14 anni, mentre le femmine che raggiungono qualche autonomia nella stessa fascia di età sono poco più del 4 % . In sintesi, essere femmina aumenta del doppio l'eventualità di non guadagnare nulla, mentre triplica l'eventualità che, pur avendo guadagnato, non si spenda nulla per se. Del resto, le ra-
6 Cfr. Cobalti e Schizzerotto [1994]. 7 Le precedenti affermazioni sono basate sull'analisi dei parame
tri tau del modello log-lineare saturo che comprende genere ed età del primo guadagno-prima spesa. In estrema sintesi, i parametri tau sono interpretabili come chance differenziali che una certa categoria di intervistati (ad esempio, le ragazze) ha di trovarsi in una data situazione (poniamo, avere un lavoro) invece che in altre (non avere lavoro, essere studente) confrontate con le chance di altre categorie (in questo esempio, i maschi) di trovarsi in situazione analoga. I parametri tau inferiori all'unità indicano una chance negativa; se uguali all'unità, indicano che la categoria in esame ha eguali chance di trovarsi in quella come in altre situazioni; se, infine, superiori all'unità, tali parametri indicano una chance in positivo. I parametri tau possono essere paragonati e trasformati in odds ratios generalizzati [Bishop, Fienberg e Holland 1976; Knoke e Burke 1980].
304
15 - 17"-===================:::!J ,- 3 1 , 1 12-14 ••• ..14É.·6--__..,..,.....
I========:Y 12,7 <12 anni 2,1
3,8
o 5 lO 15 20 25
llil Femmine D Maschi
FIG. 13 .1 . Età del primo guadagno secondo i l genere (%).
30 35
gazze restano più spesso e più a lungo dei ragazzi ai margini del mercato del lavoro8•
Le disparità tra maschi e femmine persistono anche quando le si consideri insieme alle differenze geografiche, definendo una situazione di perdurante e accresciuta differenza, se non di discriminazione. Infatti, le ragazze che non hanno mai guadagnato si trovano in maggioranza al Sud (38%) e ancor più nelle Isole (43 %) ; d'altro canto, per i ragazzi risiedere al Sud o nelle Isole comporta alcuni vantaggi rispetto alle coetanee, dato che circa il 14% di loro ha potuto spendere denaro per sé a partire già dai 12-14 anni, e che la quota di quanti non hanno mai guadagnato è in linea con quella delle altre zone geografiche. In questo quadro fa eccezione il NordOvest, dove solo il 15 % di ragazzi non ha mai guada-
8 n 23 % delle femmine non studia né lavora, contro il 15% dei maschi; di questo 23 %, circa un terzo è disoccupato, il28% è alla ricerca della prima occupazione, e una quota analoga si colloca tra le casalinghe; l'età media di questi sottogruppi è di circa 25 anni, mentre l'età media dd campione è di 23 anni.
305
TAB. 13.7. Somma disponibile: confronto 1992-1996 (percentuali calcolate sui giovani che hanno esperienza di un lavoro vero e proprio)
1992 1996
Nessuna 6,8 5,0 Fino a 50mila 6,0 5,4 51-lOOmila 1 1 ,3 12,8 101- 150mila 5,1 5,6 151 -200mila 14,4 12,3 201-3 OOmila 15,1 15,1 301 -400mila 7,7 8,3 401-500mila 1 1 ,1 12,0 501-750mila 8,0 7,1 75 1mila-1 milione 8,5 9,6 oltre l milione 6,1 6,8
TAB. 13.8. Somma disponibile secondo genere, età e area geografica, 1992-1996 (valori medi in migliaia di lire)
1992 1996
Genere Maschi 332 489 Femmine 226 361
Età 15-16 anni 42 160 18-20 anni 132 316 21-24 anni 333 454 25-30 anni 392 527
Area Nord-Ovest 372 490 Nord-Est 340 525 Centro 277 466 Sud 196 342 Isole 207 303
gnato, e dove anche le ragazze beneficiano di un' autonomia di spesa più precoce.
n confronto con i dati rilevati nel 1992 permette di cogliere un generale, per quanto lento, mutamento in direzione di una più precoce autonomia di spesa e, parallelamente, di una riduzione dei giovani che non hanno mai avuto esperienze di lavoro vero e proprio (tab. 13 .7) .
306
Inoltre, i dati riassunti in tab. 13 .8 mettono in luce alcune significative differenze tra la situazione rilevata nel 1992 e quella del 1996, differenze che non sono completamente attribuibili agli effetti dell'inflazione, che aumenta la cifra nominale disponibile.
3 . Contributo al bilancio familiare
La grande maggioranza degli intervistati (85 % ) vive con i genitori; più di un terzo di questi lavora, sia in posizione dipendente (63 %) , sia autonoma ( 18%) , né mancano quanti studiano e lavorano allo stesso tempo (19%) . A questi ragazzi abbiamo chiesto quanta parte del loro guadagno - che, ricordiamo, è pari in media a l milione e 400 mila lire - essi danno in famiglia, come contributo alle spese. Quasi la metà (per l'esattezza il 45 %) non dà alcun contributo alla famiglia, mentre circa un terzo degli intervistati dà fino al 39% del proprio guadagno; il restante 17% consegna ai genitori una parte consistente (dal 40 al 100%) del denaro guadagnato. È owio che il guadagno ha un'incidenza determinante sulla quota di denaro che i giovani possono consegnare alla famiglia; ma questa non è certo l'unica variabile rilevante. In particolare, altri due elementi concorrono a determinare il comportamento dei giovani in questo rispetto, vale a dire la composizione e numerosità del nucleo familiare, e la classe sociale di origine9•
9 I giovani intervistati che vivono con i genitori e che lavorano si trovano, riguardo all'attribuzione della classe sociale, in una posizione ambigua: di fatto, poiché la principale dimensione utilizzata per assegnare un intervistato ad una classe è l'occupazione svolta, a questi giovani può essere attribuita una posizione individuale di classe; poiché però continuano a far parte del nucleo familiare dei genitori, la loro classe familiare è ancora quella dei genitori. Nel seguito del commento ai dati terremo conto della classe familiare degli intervistati, e non della loro posizione individuale, come del resto suggerisce la letteratura del campo.
307
T AB. 13.9. Contributo al bilancio familiare dei lavoratori dipendenti e autonomi (valori percentuali)
Dipendenti Autonomi
Classe operaia
Piccola borghesia autonoma
Classe media
Nuova borghesia
Niente < 20% 20-39% 40-99% 100%
39,9 54,2
51
59
55
19,5 12,4
22,1 15,0
31,8
12,7 7,2
36
17,3
5,9 1 1 ,1
5,3
O IO 20 30 40 50 60 70 80 90 100
D niente • fino al39% D 40-100%
FIG. 13 .2. Denaro dato in casa secondo la classe sociale familiare (%).
Sono i giovani di classe media a contribuire di meno al bilancio familiare (fig. 13 .2) , mentre i giovani di classe operaia sono quelli che hanno il comportamento più atipico rispetto agli altri. D'altro canto, i giovani di classe superiore e quelli appartenenti alla piccola borghesia autonoma mostrano un profilo assai simile, pur con una leggera propensione dei giovani di quest'ultima classe a consegnare il 40% e oltre del proprio guadagno. Va detto che la differenza tra i guadagni rispetto alle diverse classi è al massimo pari, in media, a 100 mila lire, e quindi non giustifica da sola la diversità di comportamento.
Un elemento utile all'interpretazione dei risultati appena discussi viene dall'analisi delle differenze nel contri-
308
buto al bilancio familiare da parte dei lavoratori dipendenti e autonomi, riassunto in tabella 13 .9; già la semplice lettura dei valori percentuali mette in luce un comportamento diverso per le due categorie, confermato anche da analisi più approfondite10•
Sintetizzando, possiamo dire che i giovani con un lavoro in posizione dipendente preferiscono dare alla famiglia almeno una parte, per quanto esigua, dei propri guadagni, evitando nel contempo sia di non consegnare nulla sia di dare tutto il denaro guadagnato; al contrario, i lavoratori indipendenti tendono a dare o tutto o niente. Questa sorta di comportamento a forbice è soprattutto tipico dei giovani lavoratori autonomi di classe superiore, mentre gli intervistati appartenenti alla piccola borghesia autonoma tendono a consegnare parti rilevanti del proprio guadagno alla famiglia 11• Possiamo forse rintracciare, a proposito di quest'ultimo dato, uno dei tratti caratteristici di questa classe sociale, che mostra di avere una spiccata tendenza a far ereditare ai figli le posizioni sociali acquisite dalla famiglia12; dal canto loro, i figli devono appunto «investire» nella famiglia stessa - o meglio nell'impresa familiare - i propri guadagni.
La seconda dimensione che influisce sulla quantità di denaro dato alla famiglia è la composizione del nucleo familiare in cui l'intervistato vive. La figura 13 .3 mostra chiaramente la natura della relazione tra le due variabili; un elemento, tuttavia, richiede qualche attenzione. Il riferimento è a quanti non danno nulla del proprio guadagno alla famiglia, e in particolare ai ragazzi che vivono con entrambi i genitori e sono figli unici. In poco più della metà
lO n riferimento è ancora una volta all'analisi ]og-]ineare, e più precisamente all'analisi dei parametri tau del modello saturo.
11 n valore del tau per la combinazione classe autonoma- 100% del guadagno alla famiglia - è pari a 1.92, ovvero una chance quasi doppia rispetto a tutti gli altri di consegnare tutto il denaro alla famiglia; nel caso della classe superiore, è sempre sopra all'unità (1.67), ma comunque inferiore al caso precedente.
12 Cfr., tra gli altri, Cobalti e Schizzerotto [1994].
309
40
30
20
lO
o
D niente D fino al39% • 40-100%
FIG. 13.3 . Denato dato in casa secondo la composizione del nucleo familiare (%).
di queste famiglie è solo il padre a lavorare, mentre la madre è casalinga; il tenore di vita, tuttavia, non è tale da giustificare l'assenza di contributo del figlio, trattandosi soprattutto di famiglie di classe operaia, residenti nel NordOvest, e quindi con un reddito presumibilmente non elevato. Entra però qui in gioco un altro fattore, che possiamo chiamare investimento affettivo: la famiglia, cioè, riesce a sopravvivere anche con un solo reddito, e preferisce che al figlio sia data la possibilità di tentare l'ascesa sociale, simbolizzata, almeno all'inizio della carriera lavorativa, dalla maggior disponibilità di denaro che consente una socializzazione anticipata allo stile di vita e ai modelli culturali propri delle classi medie, se non superiori13•
13 I giovani che si trovano nella situazione descritta sono solo il 12% dei lavoratori che hanno risposto alla domanda sul denaro dato alla famiglia. L'esiguità numerica non consente analisi molto approfondite; tuttavia, se consideriamo la classe sociale cui questi ragazzi apparterrebbero se non vivessero ancora con i genitori, rileviamo un effettivo passaggio dalla classe operaia a quella autonoma e alla classe media impiegatizia.
310
n confronto con i dati raccolti nel 1992 mette in luce alcune differenze, sintetizzabili in un aumento della quota di giovani che danno alla famiglia dal 20 al 40% del proprio guadagno; parallelamente, diminuisce in modo non trascurabile la frazione di intervistati che non danno alcun contributo al bilancio familiare, mentre la quota di giovani che danno alla famiglia la totalità del proprio guadagno diminuisce anch'essa ma in misura non significativa14.
4. Il risparmio
L'ultima serie di domande relative al rapporto tra giovani e denaro riguarda la sfera del possibile: si è cioè chiesto agli intervistati come avrebbero utilizzato tre diverse somme (500 mila lire, 5 milioni e 50 milioni) se ne avessero avuto la disponibilità per effetto di una vincita, di un regalo straordinario o di un'eredità. La formulazione della domanda è esplicitamente intesa a chiarire non solo l'eventualità, ma anche che la somma disponibile non rientra nella routine: si tratta di un evento una tantum, non facilmente ripetibile e in qualche modo estremo. Sono state proposte, come alternative di utilizzo possibile, voci di spesa in parte uguali e in parte diverse per le tre somme ipotizzate, in relazione all'ammontare della somma stessa; tra queste voci viene compreso anche il risparmw.
n primo e più evidente dato riguarda proprio il risparmio: in corrispondenza di ciascuna delle tre quantità di denaro ipotizzate, è questa la voce più frequentemente scelta dagli intervistati. Non solo: come la figura 13 .4
14 Assumendo che la distribuzione relativa al 1996 rappresenti le frequenze osservate, mentre quella relativa al 1992 rappresenti le frequenze teoriche, è possibile calcolare il chi quadrato della distribuzione, al fine di verificare se le due distribuzioni differiscono in maniera statisticamente significativa. n valore del chi quadrato così ottenuto è pari a 44.85 (g.l. = 6, p< 0.01).
311
<· , .. . ·H·· ( "'
(jffi ·'· , . , •1• 0'4· e., �' . 'B.: l 50 milioni
45,8
5 milioni
36,6
500 mila ,; ·1
28,9
o 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
FIG. 13.4. Quota dedicata al risparmio secondo la cifra disponibile (%).
mette in luce, al crescere della cifra eventualmente disponibile cresce anche la quota relativa di denaro dedicata al risparmio. Le determinanti di questo comportamento sono solo parzialmente riconducibili all'ovvia considerazione secondo cui i ragazzi che hanno guadagni più bassi (o addirittura nessun guadagno) e minor disponibilità di denaro sarebbero più inclini a risparmiare la somma che entrerebbe eventualmente in loro possesso. Cerchiamo dunque di tracciare un profilo dei ragazzi che hanno dichiarato la loro preferenza per il risparmio.
Le ragazze si mostrano meno inclini a risparmiare, soprattutto in corrispondenza di somme elevate; quanto alla zona geografica di residenza, il Nord-Est è l'area ove è più alta e stabile la tendenza a risparmiare, mentre i ragazzi residenti al Sud mostrano un comportamento meno lineare: a livelli medio-bassi, il Sud è la zona dove si tende a spendere di più, mentre se la cifra è consistente au-
312
menta notevolmente la quota dedicata al risparmio, un comportamento del tutto simile a quello dei ragazzi residenti a Nord-Ovest.
I lavoratori dipendenti mostrano una costante tendenza a risparmiare; tuttavia, se la cifra in questione è significativa (5 e 50 milioni) , sono i lavoratori autonomi ad allocare la maggior quota di risorse a questa destinazione. Questo dato è in linea con quanto emerge analizzando la quota risparmiata ai tre livelli secondo la classe sociale familiare degli intervistati; anzi, il quadro in qualche modo si precisa: se la somma eventualmente disponibile è pari a 5 milioni, è la piccola borghesia autonoma a destinare al risparmio la quota più elevata (38%) , mentre la classe superiore scende a un terzo della somma proposta.
Infine, se consideriamo il risparmio in corrispondenza delle 500 mila lire, vediamo che sono i ragazzi che danno in famiglia quote consistenti del proprio guadagno a risparmiare un po' più degli altri; la situazione si capovolge in corrispondenza dei 5 milioni (coloro che non danno nulla alla famiglia risparmierebbero di più), mentre sono i ragazzi che danno fino al 40% del proprio guadagno a destinare al risparmio quasi la metà dei 50 milioni.
Esiste una quota di intervistati che risparmierebbe tutto su tutti e tre i livelli. Si tratta di una frazione molto esigua, pari a circa il 2% del campione, che tuttavia, proprio a causa della difformità di comportamento rispetto al totale degli intervistati, è interessante analizzare. I «risparmiatori ad ogni costo» sono in maggioranza maschi, residenti nell'Italia nord-orientale e meridionale, con un diploma di scuola media superiore o inferiore, in posizione di lavoro dipendente oppure senza occupazione ma non studenti, appartenenti alla classe operaia o autonoma.
Fa da contraltare a questa minoranza quasi la metà degli intervistati, che ha scelto di risparmiare meno di un terzo di ciascuna delle tre cifre proposte. Si tratta in maggioranza di femmine, di residenti al Sud, non particolarmente caratterizzati per età, con una leggera preponderanza degli studenti medi superiori a tempo pieno e dei
313
TAB. 13.10. Ripartizione delle 500.000 lire (valori medi percentuali)
Risparmio Faccio un week end Compro un capo d'abbigliamento Faccio un regalo Pago un corso
29,0 23,9 15,8 6,8 5,8
TAB. 13 . 1 1 . Ripartizione dei 5 milioni (valori medi percentua/z)
Risparmio 36,6 Fa cci o una vacanza 21,8 Compro un'auto o moto usata 13,7 Vado a studiare qualche mese all'estero 7,5 Compro un computer 7,4
TAB. 13.12. Ripartizione dei 50 milioni (valori medi percentualz)
Risparmio Compro un monolocale Compro un'auto o moto nuova Compro una casa di vacanza Vado a studiare due anni all'estero
45,8 19,5 15,2 7 ,1 5,4
lavoratori dipendenti, in prevalenza appartenenti alla classe operaia ma in qualche modo trasversali anche rispetto a questa dimensione.
5 . I consumi
A parte il risparmio, due voci esauriscono per tutte e tre le somme proposte buona parte delle preferenze degli intervistati (tabb. 13 . 10, 13 . 1 1 , 13 . 12) : abbigliamento, vacanze, acquisto di automobili o moto e, infine, della casa sono le destinazioni di spesa che hanno ricevuto le quote maggiori delle somme proposte.
Abbiamo provato a tracciare dei «profili tipici» per ciascuna di queste voci, nel tentativo di isolare sia alcune costanti tra le caratteristiche socio-demografiche degli in-
314
tervistati, sia l'eventuale presenza (o assenza) di modelli culturali cui i giovani si riferiscono nello scegliere come spendere le somme proposte.
5 . 1 . I consumi su 500 mila lire
La vacanza breve e l'acquisto di un capo di abbigliamento sono le due alternative più frequentemente scelte, con alcune differenze nella tipologia del consumatore nell'uno e nell'altro caso. Le ragazze, anche quando scelgono il week-end, riservano circa il 18% della somma alla spesa per abbigliamento, contro il 13 % dei ragazzi. In effetti, il profilo-tipo dell'intervistato che dichiara di riservare alla spesa per abbigliamento una quota superiore alla media del campione è un'adolescente femmina, residente nel Sud o nelle Isole, studente a tempo pieno e senza alcuna occupazione (non mancano le ragazze che non hanno ancora conseguito l'obbligo scolastico) , di estrazione sociale medio-bassa e che vive con la famiglia di origine.
Le figure 13 .5 e 13 .6 introducono un'ulteriore variabile capace di chiarire l'identikit dei consumatori potenziali di vacanze e abbigliamento, vale a dire l'età. Emerge chiaramente che la spesa per abbigliamento è appannaggio delle ragazze, e soprattutto delle giovanissime, per le quali il modo di vestire rappresenta un segno di riconoscimento e di appartenenza, insomma, come una fonte o un rinforzo d'identità. Man mano che l'età cresce, l'abbigliamento sembra perdere questa funzione, e tuttavia per le ragazze resta sempre più importante che per i ragazzi. Il solo caso in cui la spesa per abbigliamento delle ragazze si riduce drasticamente è quello in cui la quota di denaro dato alla famiglia supera il 40%; qui, evidentemente, l'acquisto di abbigliamento passa in secondo piano in qualità di spesa accessoria, mentre il risparmio «vola» al 40%.
È in qualche modo diverso rispetto al genere degli intervistati anche il profilo di quanti hanno scelto di utilizzare la somma proposta per una breve vacanza, sebbene
315
o 5 lO
llll femmine D maschi
15
23,8 24,3
25 30
FIG. 13.5. Percentuale delle 500mila lire destinate al week-end secondo genere ed età.
25-29 13 ,9
21-24 ········
18-20 ·········
15-17 ········· o 5
11!1 femmine
lO
D maschi
15
19,6
18,5
26,5
30
FIG. 13.6. Percentuale delle 500mila lire destinate all'abbigliamento secondo genere ed età.
316
25-29 [; w ';;; • \
21 -24 i'i..:':f!?'J;i'!,;
18-20
15-17 ,.,
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19,1
ll 22,7
14,4 24,1
l) 15 20 25 30
FIG. 13 .7. Percentuale dei 50 milioni destinati ad auto/moto nuova secondo genere ed età.
in questo caso l'influenza dell'età sia più lineare; possiamo dire che per le femmine il desiderio di staccarsi, almeno per qualche giorno, dalla quotidianità è mediamente più intenso che per i maschi, i quali si orientano con maggior decisione verso questa spesa man mano che avanzano d'età.
A completamento del profilo del «vacanziere-tipo» diciamo che la vacanza durante il fine settimana ha ricevuto quote superiori alla media dai ragazzi residenti nell'Italia centrale, di età compresa tra i 25 e i 29 anni, che hanno già conseguito un titolo di studio medio-alto (diploma e, soprattutto, laurea) , che lavorano o sono lavoratori-studenti, di estrazione tendenzialmente non operaia e che vivono ancora con la famiglia di origine.
5.2 . I consumi su 5 milioni
Le due voci cui gli intervistati hanno destinato in media le quote più elevate sono la vacanza e l'acquisto di
317
un'autO O motO USata. n «Vacanziere-tipo» è residente nell'Italia nord-occidentale o centrale, ha un'età superiore ai 20 anni, ha tendenzialmente un'istruzione elevata (laurea) , pur non escludendo i gradi di istruzione inferiore (la condizione è, sostanzialmente, che non sia studente, e che quindi abbia conseguito un titolo di studio qualsiasi) , lavora in posizione dipendente e proviene dalle classi medio-alte (superiore e impiegatizia) , infine non vive più con la famiglia di origine, ma solo o col partner.
Maschi e femmine si differenziano debolmente nella quota assegnata alla vacanza (in media, il 2 1 -22 %) . Come già visto in precedenza, le differenze si chiariscono introducendo l'età, che mette in luce un andamento opposto nei due casi: i ragazzi assegnano alla vacanza somme crescenti al crescere dell'età, mentre tra le ragazze sono ancora una volta le giovanissime a desiderare maggiormente la rottura della routine. Se consideriamo invece la quota di guadagno dato alla famiglia come un'approssimazione del grado di autonomia, vediamo che sono i ragazzi che danno alla famiglia oltre il 40 % del guadagno a destinare alla vacanza una somma maggiore; al contrario, questa dimensione non influisce sulle scelte delle ragazze. Il quadro complessivo sembra dunque essere il seguente: la vacanza viene interpretata come evasione dalla routine, come <<luogo dei desideri» per eccellenza; tuttavia, diversi sono i meccanismi che sottostanno a questo desiderio: per le ragazze, il fattore scatenante sembra essere la giovane età, per i ragazzi potrebbe essere la percezione del grado di autonomia dalla famiglia.
n profilo-tipo dell'intervistato che ha scelto di acquistare un'auto o moto usata è, a parte il genere, identico a quello delle ragazze che, disponendo di mezzo milione, acquistano un capo d'abbigliamento: si tratta infatti di maschi, residenti al Sud o nelle Isole, di età relativamente giovane (comunque sotto i 20 anni) , con scarsa istruzione o ancora studenti superiori, che non svolgono alcuna attività di studio o lavoro, con un'estrazione sociale di classe operaia e che vivono con la famiglia di origine. Siamo di fronte ad un'altra delle caratterizzazioni di genere: se le
318
ragazze scelgono l'abbigliamento quale simbolo di identità e riconoscimento, i ragazzi si orientano su uno dei classici simboli di status, appunto l'auto o la moto, per quanto usata, che diventa per loro un'altra delle facce del desiderio di autonomia e differenziazione - dagli adulti, dai coetanei, dagli amici. La distanza che separa, nella scelta dell'auto o moto usata, i ragazzi dalle ragazze diviene ancora più eclatante se considerata rispetto all'età: per quanto desiderata fortemente dai giovanissimi, l'auto o la moto sembra stemperare il suo significato al crescere dell' età; la maggior indifferenza delle ragazze verso questa spesa è ben evidente, con l'unica eccezione relativa delle ragazze tra i 18 e i 20 anni, per le quali forse essa assume qualcuno dei significati che le attribuiscono i ragazzi, o viene più probabilmente interpretata come mezzo strumentale all'acquisizione della libertà di movimento.
5 .3 . I consumi su 50 milioni
L'acquisto della casa, per quanto piccola (il questionario proponeva di utilizzare la somma come contributo per l'acquisto di un monolocale) , esercita il suo fascino soprattutto sulle ragazze, che assegnano a questa voce di spesa il 22 % della quota disponibile, contro il 17% dei ragazzi. Queste ragazze hanno più di 25 anni, non sono più studenti (e quindi hanno conseguito un titolo di studio) ma in misura maggiore non hanno conseguito l' obbligo scolastico, hanno un lavoro in posizione dipendente e un'estrazione sociale medio-bassa; infine, non vivono più con la famiglia di origine, avendo iniziato una convivenza o essendo sposate.
La progressione del desiderio della casa rispetto all' età degli intervistati è, per maschi e femmine, lineare e tutto sommato assai simile; è invece interessante mettere in relazione la quota spesa per l'acquisto della casa e la progettualità sul futuro. Quanti hanno un lavoro stabile investono nella casa una quota maggiore (26% contro la media del 20%) mentre, simmetricamente, coloro che si
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T AB. 13 .13 . Progettualità e spesa per l'acquisto di un monolocale secondo il gene· re (valori medi percentualz)
Già successo Sono sicuro succederà
M F M F
Vivere per conto proprio 25 23 30 24 Sposarsi 25 21 29 26 Avere figli 27 24 26 22
dichiarano incerti circa la possibilità di avere un lavoro stabile nei prossimi 5 anni e quanti sono tendenzialmente pessimisti decidono di investire quote minori (circa il 16%). La certezza di uscire di casa, di iniziare una convivenza o di sposarsi, di avere dei figli rappresenta, prevedibilmente, un incentivo ad investire sulla casa, incentivo che agisce anche per coloro che già costituiscono un nucleo familiare autonomo da quello di origine e per quanti hanno figli.
Se consideriamo ad un tempo il genere degli intervistati e le loro dichiarazioni sui progetti da qui a cinque anni, vediamo un limitato ma significativo ribaltamento della situazione tra maschi e femmine: tra quanti dichiarano di aver già compiuto almeno una delle tappe di passaggio alla vita adulta (vivere per conto proprio, sposarsi, avere figli) o sono sicuri che uno di questi eventi accadrà, sono i ragazzi a investire di più sulla casa (tab. 13 . 13) . n risultato è facilmente interpretabile tenendo conto di alcuni elementi, che si intrecciano a disegnare e completare il quadro fin qui tracciato. Da un lato, le ragazze che hanno un lavoro stabile continuano a investire sulla casa di più che i ragazzi in analoga situazione; è pur vero, però, che le ragazze in questa situazione sono meno numerose dei ragazzi. Infine, è vero che negli ultimi decenni l'uomo non è più l'esclusivo wage earner della famiglia, data la grande partecipazione delle donne al mercato del lavoro; tuttavia, presso settori ancora consistenti della popolazione, è tuttora viva la convinzione che la responsabilità del mantenimento concreto della famiglia dipen-
320
da dall'uomo, e che il contributo economico della donna al menage familiare sia accessorio e subordinato alla cura dei figli.
L'acquisto di un'auto o moto nuova ripropone in parte il profilo visto in precedenza e relativo all'acquisto del medesimo bene usato: si tratta di maschi, per lo più adolescenti, studenti delle medie superiori, che vivono con la famiglia di origine e hanno un'estrazione sociale elevata oppure operaia; la provenienza geografica di questo consumatore-tipo non è definita, nel senso che potrebbe essere tipico, appunto, di qualsiasi zona geografica. Anche l'analisi per coorte d'età non rivela significative differenze rispetto a quanto visto per l'acquisto di un'auto o moto usata, confortandoci nel mantenere anche per questo caso l'interpretazione che era stata data in precedenza.
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CAPITOLO QUATTORDICESIMO
LO SPORT E L'IMPIEGO DEL TEMPO LIBERO
l . Premessa
Nel suo saggio Where the action is, Goffman osserva che nonostante le attività del tempo libero siano in linea di principio organizzate in modo da non avere conseguenze sul resto delle attività di un individuo, esse finiscano non di rado per legarvisi in modo significativo1 . Numerosi altri contributi e ricerche empiriche hanno in seguito rafforzato questo punto di vista dimostrando come le attività del tempo libero e quelle sportive in particolare siano in misura sempre maggiore non più semplici modi di «passare il tempo» ma attività attraverso le quali si costruisce in modo significativo l'identità del soggetto e si gestisce la sua socialità2• Questo è ancor più vero nel caso dei giovani, per i quali l'attività sportiva figura spesso subito dopo la scuola o il lavoro nella scaletta degli impegni giornalieri.
Lo svago in generale è riconosciuto dai giovani intervistati come una delle cose fondamentali nella loro vita. Il 92,9% lo considera come un elemento molto o abbastanza importante e la gerarchia dei valori lo vede addirittura superare altri aspetti quali il successo personale, lo studio e gli interessi culturali. Naturalmente «svago» e «tempo libero» sono espressioni che abbracciano una quantità assai vasta di pratiche, spesso molto diverse tra loro per motivazioni e caratteristiche. Per esigenze di semplicità e brevità espositiva, suddivideremo qui le attività del tem-
l Cfr. Goffman [1967] . 2 Cfr. Featherstone [ 1987]. Si vedano su questo tema anche Col
lins [1979] e Cavalli [1985].
323
po libero, così come indagate dal questionario, in due aree fondamentali:
a) l'area del tempo libero più «strutturato», vale a dire quella caratterizzata da cadenze settimanali o quotidiane relativamente fisse che trova principale espressione nella pratica sportiva;
b) l'area del tempo «effettivamente» libero che nel breve periodo (su base quotidiana o quantomeno settimanale) assume prevalentemente il carattere dell' «andar fuori», cioè del ritrovo con gli amici e nel lungo periodo si concretizza soprattutto nel periodo delle vacanze con la possibilità di viaggiare e quindi fare nuove esperienze e am1c1z1e.
2 . La pratica sportiva
Per quanto riguarda la prima area, si può partire dalla constatazione che circa una metà del campione (il 49,4 %) ha praticato con una certa continuità un'attività di tipo sportivo negli ultimi dodici mesi. Entrando nello specifico delle cadenze con cui viene praticata l'attività sportiva, si osserva che circa un terzo degli intervistati (34,4%) pratica il proprio sport con cadenza almeno settimanale (fig. 14 . 1 ) .
Come già evidenziato dalle precedenti indagini IARD,
la pratica sportiva tende a declinare con l'età: nella fascia compresa tra i 15 e i 17 anni è addirittura il 62, l % ad aver praticato con continuità uno sport nell'ultimo anno. Tale quota si riduce sensibilmente già nella fascia di età successiva, quella che comprende i giovani intervistati tra i 18 e i 20 anni, passando a coinvolgerne meno della metà (49,3 %). Tra i 2 1 e i 24 anni e nell'ultimo raggruppamento, quello che raccoglie i giovani di età compresa tra i 25 e i 29 anni, la quota di praticanti regolari diminuisce ulteriormente anche se in modo meno netto, scendendo rispettivamente al 48,4 % e al 45 , 1 % (tab. 14. 1 ) .
La pratica sportiva - ed anche questa è una sostanziale conferma rispetto alle precedenti rilevazioni - risulta
324
Meno di
Una o più volte alla settimana
34,4
una volta all�t settimana 15
FIG. 14.1. Frequenza con cui i giovani hanno praticato un'attività sportiva nei tre mesi precedenti l'intervista (%).
TAB. 14 . 1 . Percentuale dei giovani che praticano sport con continuità per classi di età e genere
Tot. M F
15-17 anni 62,1 69,4 54,2 18-20 anni 49,3 57,7 40,6 21-24 anni 48,4 57,6 38,2 25-29 anni 45,1 5 1 ,5 39,5 Totale 49,4 57,7 41 ,6
fortemente caratterizzata in termini di appartenenza di genere: se tra le ragazze è solo il 41 ,6% a dichiarare di praticare uno sport con una certa continuità, la corrispondente quota maschile è del 57,7 % .
Sono i giovani del Nord a fare sport con maggior frequenza e regolarità rispetto a coloro che vivono al Centro e soprattutto al Sud: se in alcune regioni settentrionali la percentuale di praticanti regolari supera il 60% , al Centro è già inferiore alla metà dei giovani intervistati e nelle Isole scivola addirittura al 37 ,8% (fig. 14.2).
Di minor rilievo è la relazione tra pratica sportiva e ampiezza del comune di residenza, mentre più significativa è quella tra il livello sociale e culturale della famiglia e la pratica regolare di uno sport.
In particolare, la quota dei praticanti passa dal 61 ,3 %
325
70 63,1
60
50
40
30
20
10
0 ���-r��L_+-��-+��L-+-��� Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
FIG. 14.2. Percentuale dei giovani che praticano sport con continuità per area di residenza.
rilevato tra gli appartenenti alla classe superiore, al 52,7% riscontrato tra coloro che provengono dalla classe media impiegatizia, fino al 49% dei giovani provenienti dalla piccola borghesia autonoma e al 43 , 1 % di coloro che provengono dalla classe operaia3 •
E particolarmente interessante notare come queste variabili interagiscano congiuntamente: ad esempio, l'influenza della provenienza sociale e del livello culturale della famiglia d'origine diviene più sensibile m an mano che si sale nelle fasce di età. In altre parole, tanto maggiore è l'età dei soggetti, tanto più i divari tra soggetti con diseguali opportunità sociali e culturali ne condizionano la partecipazione alle attività sportive.
Si tratta di un risultato perfettamente in linea con quelli di altre ricerche sullo stesso tema4• Lo si è generai-
3 Sul rapporto tra status sociale e attività sportiva cfr. anche Sisjord [1994].
4 Cfr. Anders [1982] .
326
TAB. 14.2. Percentuale dei giovani che praticano uno sport con continuità per classe sociale familiare e classi di età (incidenza)
Tot. 15-17 18-20 21-24 25-29 anni anni an m anni
Classe sociale familiare Superiore 61,3 72,0 64,2 59,1 55,0 Impiegatizia 52,7 60,2 47,4 54,0 50,4 Autonoma 49,0 61,2 50,0 47,0 44,2 Operaia 43,1 57,3 42,2 41 ,8 39,0
mente interpretato come un passaggio dalla fase adolescenziale, in cui lo sport coinvolge in modo indifferenziato diverse categorie di soggetti - magari perché a introdurre alla pratica sportiva sono agenzie ad ampio spettro quali la scuola - a una fase successiva in cui le risorse materiali e informative di cui il soggetto e la sua famiglia dispongono divengono fattori di differenziazione. Nel quadro di una generale tendenza, nella transizione verso età più «adulte», a relegare in secondo piano le attività sportive, sono quindi i soggetti più «deboli» ad abbandonarle con più facilità (tab. 14.2) .
Va sottolineato da questo punto di vista come le variabili socio-culturali interagiscano anche con l' appartenenza di genere. Da un lato si possono infatti osservare maggiori differenze tra maschi e femmine all'interno delle classi medie impiegatizie e di quella operaia e, invece, differenze meno marcate tanto entro la piccola borghesia autonoma che entro la classe superiore. Specularmente, l'appartenenza sociale è un predittore migliore della pratica sportiva tra le femmine piuttosto che tra i maschi5•
La pratica sportiva sembra essere legata positivamente anche al grado di soddisfazione che i giovani esprimono per una serie di aspetti della loro vita. In particolare, i giovani che praticano sport si dicono più soddisfatti dei loro coetanei sedentari del proprio modo di passare il tempo libero e dei propri rapporti con gli altri giovani.
5 Cfr. Hasbrook [1986].
327
Meno stretta, ma comunque da segnalare, la relazione tra pratica sportiva e soddisfazione per la propria salute fisica e per il proprio aspetto fisico6•
Tra gli sport più popolari spicca naturalmente il calcio, seguito da sport individuali come il tennis e il nuoto e da sport di squadra come la pallavolo e da altre pratiche sportive a carattere stagionale, ma non per questo meno diffuse, come lo sci. Piuttosto diffusa, anche se non strettamente legata a una specifica attività sportiva, la frequentazione delle palestre e la pratica connessa del body building.
I sociologi dello sport hanno introdotto a questo proposito una classificazione delle attività sportive più sofisticata rispetto alla tradizionale distinzione tra sport individuali e di squadra, distinguendo tra attività sportive «psicomotorie» (attività che non prevedono interazione tra i partecipanti, ad esempio l'atletica o lo sci) e «sociomotorie» (attività che prevedono interazione tra i partecipanti, ad esempio il calcio o il tennis)7. All'interno delle attività «psicomotorie» si possono ulteriormente distinguere gli sport istituzionali da quelli che vengono definiti «quasi-giochi sportivi» come il footing o il body-building. Nel nostro caso, è interessante notare un orientamento prevalente dei giovani italiani alle attività psicomotorie e in particolare alle attività «quasi-sportive». Queste attività, peraltro, sono in genere le uniche che incrementano la propria quota di partecipanti passando dalle fasce di età più basse a quelle più elevate. Con l'età diminuisce quindi la pratica sportiva in senso stretto e si intensificano attività para-sportive centrate sulla cura del fisico più che sull'elemento ludico e su quello competitivo.
In termini di appartenenza di genere, calcio, tennis, basket sono le attività più marcatamente «maschili». Nuoto, danza, equitazione e la frequentazione di palestre registrano invece una prevalenza femminile.
I maschi prevalgono anche tra le attività più «ardite» ed esposte al rischio di incidenti quali motocross, immer-
6 Su questo tema cfr. anche De Rycke [1995]. 7 Cfr. Parlebas [1986].
328
TAB. 14.3 . Attività sportive praticate con continuità negli ultimi 12 mesi per agonismo o divertimento (%)
Calcio Palestra Nuoto Sci Tennis Palla volo Body building Footing Danza Ciclismo Ping pong Pallacanestro Atletica Pattinaggio Alpinismo Altri sport individuali Arti marziali Equitazione Sub Altri sport squadra Pallanuoto Motocross Canoa Boxe Parapendio Scherma
Tot.
37,4 27,6 21 ,7 19,7 17,7 17,3 14,6 12,7 12,3 10,7 10,5 8,9 6,6 5,4 5 ,1 5,0 4,5 4,5 4,1 3 ,2 2 ,1 2,0 1,7 1 ,2 0,6 0,4
M
60,8 17,8 18,1 21 ,6 22,5 16,2 15,9 14,1
1 ,4 13,0 14,6 12,5 6,8 4,3 6,2 6,3 5,8 3 ,4 6,1 4,4 2,3 2,9 1,9 2,0 1,0 0,2
F
4,7 4 1 ,4 26,8 17,2 11 ,0 18,8 12,9 1 1 ,0 27,6
7,5 4,8 3 ,8 6,4 6,9 3,7 3,1 2,7 6,0 1 ,9 1 ,6 1 ,9 0,6 1 ,4 0,4 0,2 0,6
sione subacquea, alpinismo8• Viene quindi confermata, anche da questo punto di vista, quella maggiore propensione dei maschi ad incorrere in situazioni di rischio che emerge da altre sezioni di questa indagine e da recenti studi sulla popolazione giovanile9 (tab. 14.3 ) .
8 Cfr. Goffman [1967]. Goffman attribuisce considerevole importanza a questi sport come esempi di situazioni di <<fatidicità», cioè di occasioni nelle quali determinati soggetti sono disposti a rinunciare alla sicurezza della routine quotidiana in cambio dell'opportunità di esprimere alcuni aspetti del proprio carattere. Questo tipo di comportamento (<d'azione di tipo serio», per dirla con Goffman), «è uno strumento per ottenere alcuni dei benefici morali della condotta eroica senza che si debbano affrontare quelle probabilità di seri danni che l 'eroismo normalmente comporta» [Goffman 1988, 299].
9 Cfr. Buzzi [1994a].
329
Quali sono le principali motivazioni che guidano i giovani italiani alla decisione di praticare uno sport con una certa continuità? Ai primi posti vi sono ragioni di carattere fisico ed estetico: il 93 ,5 % indica come motivazione significativa la volontà di mantenersi in buona forma e il 75,0% quella di mantenere un buon aspetto fisico. Lo sport sembra essere utilizzato in misura rilevante dai soggetti intervistati come valvola di sfogo per le tensioni accumulate nel resto delle attività: due praticanti su tre ritengono importante fare sport per sopportare meglio lo stress della vita quotidiana.
Una certa importanza viene assegnata anche alle opportunità che la pratica sportiva offre in termini di socialità: il 66,0% lo considera un'occasione di incontro con un gruppo di amici. n 54,7 % è stato attratto anche dalla possibilità di vivere esperienze di «gioco di squadra».
Un'analisi fattoriale ha consentito di individuare tre grandi gruppi di motivazioni che conducono i giovani alla pratica sportiva. n primo gruppo è quello che raccoglie le motivazioni di carattere più marcatamente fisico: ragioni terapeutiche, mantenimento di una buona forma e di un buon aspetto fisico. Il secondo gruppo raccoglie quelle motivazioni che attengono allo sviluppo e all' affermazione della propria individualità e all'utilizzo della pratica sportiva come mezzo per confrontarsi e competere con gli altri («mi piace primeggiare», «lo faccio per esprimere le mie capacità»). Nell'ultima area motivazionale si collocano le motivazioni legate alla sfera della socialità: ci si rivolge allo sport come mezzo per conoscere altri ragazzi, per incontrare i propri amici, per avere delle esperienze di gioco di squadra.
Si possono quindi collocare i soggetti sulla base della loro maggiore o minore adesione a ciascun gruppo di motivazioni e di conseguenza valutare come il peso dei tre fattori sia distribuito in relazione a caratteristiche quali il sesso, l'età o l'appartenenza sociale. n rapporto tra motivazioni e appartenenza di genere appare subito come piuttosto forte. Sono infatti i ragazzi ad essere più motivati delle ragazze dal desiderio di stabilire e coltivare rap-
330
TAB. 14.4. Presenza significativa di tipi diversi di motivazioni alla pratica sportiva per genere e classi di età (%)
Motivazioni M F 15-17 18-20 21 -24 25-29 anm anni anni anni
Di socialità 66,6 45, 1 68,3 65,3 51 ,6 50,4 Individualistico-
competitive 3 7,9 18,3 38,6 35,8 25,8 22,7 Fisico-estetiche 74,9 52,4 50,8 59,7 65,6 67,3
porti sociali attraverso la frequenza di uno sport: il 66,6% dei maschi che fanno sport esprime una significativa motivazione di tipo «sociale» contro il 45 , 1 % delle ragazze.
Ancora più evidente è il divario tra soggetti di sesso diverso nell' adesi_one a motivazioni di tipo individualistico-competitivo. E infatti più che doppia la percentuale dei praticanti maschi che le esprimono in modo significativo (37,9% contro solo il 18,3 % delle femmine) _ La situazione si ribalta passando ad esaminare le motivazioni di carattere fisico-estetico, decisamente più diffuse tra le ragazze che tra i ragazzi del campione: il 74,9% delle ragazze vi attribuisce un'elevata importanza contro il 52,4% dei ragazzi (tab. 14.4 ) .
Anche in relazione alle diverse fasce di età dei soggetti si possono evidenziare differenze significative. Se infatti le motivazioni di carattere sociale e quelle legate all'espressione della propria individualità tendono entrambe a declinare con l'età, le motivazioni che legano la pratica sportiva alla cura del proprio corpo e della propria salute tendono invece ad aumentare con una certa regolarità m an mano che l'età dei soggetti cresce. Ad esempio, la quota di soggetti in cui si osserva la presenza di una forte motivazione allo sport come espressione di competitività passa dal 38,6% dei soggetti più giovani ( 15-18 anni) al 35,8% dei soggetti in età compresa tra i 18 e i 20 anni. Tra i 2 1 e i 24 anni e tra i 25 e 29 anni, rispettivamente poco più di un praticante sportivo su quattro e poco più di un praticante su cinque indica di essere spio-
33 1
to in modo significativo alla pratica sportiva da questo tipo di motivazioni.
Allo stesso modo si affievoliscono le motivazioni di carattere sociale: tra i soggetti più giovani queste coinvolgono il 68,3 % degli intervistati, tra quelli più adulti solo un soggetto su due vi attribuisce una certa importanza.
Le motivazioni di carattere «fisico», come accennato, sono invece le uniche ad aumentare sensibilmente con l'età. Tra i 15-17 enni tali motivazioni coinvolgono in misura rilevante poco più della metà dei praticanti, ma già nella fascia di età successiva ( 18-20 anni) si passa al 59,7 % e poi rispettivamente al 65,6% e al 67,3 % nella fascia di età più elevata (25-29 anni).
Differenze trascurabili si riscontrano invece nella presenza dei tre tipi di motivazioni tra soggetti di diversa provenienza sociale e culturale.
3 . Lo sport come spettacolo
n questionario somministrato permette di ricavare importanti informazioni anche sul rapporto che i giovani hanno con lo sport in quanto spettatori e consumatori di eventi sportivi. Il 4 1 ,4% degli intervistati, ad esempio, ha assistito negli ultimi tre mesi ad almeno una manifestazione sportiva e quasi un terzo dichiara di leggere o sfogliare con cadenza perlomeno settimanale un quotidiano sportivo.
La frequenza agli spettacoli sportivi è molto maggiore tra i soggetti di sesso maschile: tra loro il 55,9% ha assistito ad almeno una manifestazione sportiva nei tre mesi precedenti all'intervista a fronte di un 26,8% tra le ragazze. La quota di quanti hanno seguito spettacoli di carattere sportivo diminuisce sensibilmente anche al crescere dell'età degli intervistati. Se infatti tra i più giovani ( 15-17 anni) oltre un intervistato su due ha assistito a una o più manifestazioni sportive negli ultimi tre mesi, nella fascia di età più elevata (25-29 anni) la quota scende al 3 1 ,1 % .
332
Molto importante appare anche la relazione, sovente sottovalutata, tra pratica attiva di uno sport e frequenza a manifestazioni sportive10. I giovani che praticano regolarmente un'attività sportiva assistono anche più spesso a spettacoli sportivi. Per fare qualche esempio, la quota di quanti hanno assistito con cadenza almeno settimanale a una manifestazione sportiva è pressoché tripla tra i praticanti (12,6%) rispetto ai non praticanti (4,9%) . Analoghe differenze sono osservabili tra i due raggruppamenti allorché si passa a considerare la percentuale di quanti hanno assistito con frequenza almeno mensile a una manifestazione sportiva: a un 8, 1 % tra i non praticanti fa riscontro un 20,6% tra i praticanti. Le differenze divengono meno marcate allorché si passano a considerare modalità meno intense di partecipazione agli eventi sportivi (una o due volte ogni tre mesi). In generale, meno della metà (45,9%) degli sportivi praticanti non ha assistito negli ultimi tre mesi a neppure uno spettacolo sportivo mentre la corrispondente quota tra i non praticanti sfiora i tre quarti (7 1 , 1 %) .
Altri indicatori di cui disponiamo per valutare il grado di coinvolgimento «passivo» nelle manifestazioni sportive sono quelli relativi alla lettura dei quotidiani sportivi e alla visione di programmi sportivi in televisione. Questa seconda modalità di consumo dello sport appare molto più diffusa tra i giovani italiani rispetto alla lettura dei quotidiani sportivi. Infatti, coloro i quali affermano di seguire più o meno regolarmente l'informazione e gli eventi sportivi in televisione raggiungono il 72,9% del campione, mentre, anche considerando i lettori sporadici della stampa sportiva quotidiana, si arriva solo al 30,9%.
Il fatto che la lettura di quotidiani sportivi sia limitata a gruppi specifici (gli appassionati-tifosi) è confermato dalla maggiore capacità che questa abitudine possiede di discriminare tra categorie diverse di soggetti. n 53 % delle ragazze, ad esempio, segue almeno occasionalmente lo
lO Si veda ad esempio Stensaasen [1980].
333
sport in televisione, ma meno del 10% del campione femminile legge di tanto in tanto oppure abitualmente la stampa sportiva. La frequenza di entrambi i comportamenti - ma soprattutto la lettura di quotidiani - diminuisce al crescere dell'età dei soggetti: tanto la quota di coloro che leggono ogni giorno un quotidiano sportivo quanto la quota di coloro che lo leggono almeno due volte alla settimana si dimezza, passando dalla fascia di età più giovane ( 15 -17 anni) a quella più elevata (25 -29 anni) .
In relazione al consumo televisivo si nota che questa diminuzione riguarda soprattutto la quota di forti consumatori di sport in televisione (dal 29,4 % della fascia 15-17 anni al 19,3 % della fascia 25-29 anni): per le forme di consumo intermedio (coloro che seguono abbastanza spesso o solo occasionalmente lo sport in televisione) la quota di giovani interessati resta sostanzialmente costante al crescere dell'età.
Anche il consumo di informazione sportiva si lega positivamente alla pratica attiva di uno sport. I giovani che praticano regolarmente un'attività sportiva seguono anche più frequentemente gli eventi sportivi sia sui quotidiani che in televisione. La differenza più marcata tra praticanti e non praticanti si osserva in relazione alla lettura di quotidiani sportivi: i lettori di stampa sportiva sono presenti in misura quasi doppia tra gli sportivi (40,6% contro il 2 1 ,2 % dei non-sportivi). Un divario paragonabile a questo nell'ambito del consumo di sport televisivo si riscontra solo nella fascia di consumo più elevata, laddove la quota dei telespettatori assidui è anche in questo caso più che doppia tra i praticanti rispetto ai non praticanti (29,6% contro 14,6%) .
4. Le uscite serali e i viaggi
Oltre alla pratica sportiva, il tempo libero dei giovani italiani si distribuisce in una serie di attività. Una parte consistente di queste attività, specialmente per quanto at-
334
tiene alla sfera del vero e proprio «svago», è spesso concentrata al termine della giornata, dopo il pasto serale, e in modo particolare nelle sere del fine settimana. Solo il 15,6% del campione dichiara di non uscire mai dopo cena. Fatta salva un'esigua quota che esce di rado alla sera (meno di una volta alla settimana) , il resto degli intervistati esce per conto proprio (cioè con i coetanei o con altri amici, ma senza i genitori) almeno una sera alla settimana e non di rado con frequenza superiore. In particolare, circa i due terzi del campione (65 ,4%) esce più di una sera alla settimana e quasi un quinto (19%) esce addirittura tutte le sere.
Esistono anche a questo proposito significative differenze tra gli intervistati. Sono infatti i giovani maschi a uscire alla sera molto più spesso delle femmine. Oltre un quinto delle ragazze (21 ,6%) non esce mai, e poco più di una su dieci esce tutte le sere. L'assenza di uscite serali coinvolge invece meno di un maschio su dieci (9,6%) : oltre un quarto dei ragazzi (26,7 %) esce tutte le sere.
Sulla frequenza delle uscite serali incide naturalmente anche l'età dei soggetti. L'effetto, tuttavia, non è interpretabile in senso pienamente lineare. Se sino ad una certa fascia di età (2 1 -24 anni) infatti la frequenza delle uscite dopo cena aumenta regolarmente al crescere dell' età degli intervistati, nella fascia successiva si assiste ad un'inversione di tendenza per cui i giovani posizionati nella fascia di età più elevata del campione (25-29 anni) tornano ad uscire con cadenze non dissimili da quelle dei ragazzi più giovani ( 15 - 17 anni) , se non addirittura inferiori.
Si tratta di un andamento che è facilmente interpretabile sulla base delle diverse caratteristiche che l'utilizzo del tempo libero assume lungo il percorso biografico dei giovani: se fino ad una certa età l'uscire dopo cena si caratterizza come segno di autonomia e di parziale affrancamento dal controllo del nucleo familiare, avvicinandosi all'età adulta subentrano nuove modalità relazionali (tipicamente, uno stabile rapporto di coppia) e vincoli temporali per cui la fruizione del tempo libero ritorna in larga
335
parte dentro le mura domestiche. T orneremo su questo punto nella parte finale del capitolo.
L'ampiezza del comune di residenza sembra avere un ruolo abbastanza importante da questo punto di vista. Ad esempio, la quota di coloro che non escono neppure una volta alla settimana, che è del 17,9% tra i residenti nei centri più piccoli, viene in pratica a dimezzarsi se si passano a considerare i giovani che risiedono nelle città medio-grandi (7,9%) .
Venendo al turismo e ai viaggi come significativa opportunità di gestione del proprio tempo libero e in particolare dei periodi più lunghi liberi da impegni scolastici e lavorativi, si osserva come i giovani italiani non siano ancora particolarmente interessati e/o nella condizione di fruire di queste opportunità. Oltre un quarto degli intervistati non si è allontanato dalla regione di residenza. Un altro 42,8% è andato in vacanza in una località italiana al di fuori della regione in cui vive. Il 14,9% ha visitato un altro Paese europeo e il 6% un Paese extraeuropeo. L'8,3 % del campione non ha fatto vacanze.
Tuttavia, vacanze e viaggi sembrano occupare un posto piuttosto importante nella scala dei desideri giovanili: se disponesse di 500.000 lire da spendere liberamente, il 39,5 % destinerebbe almeno una parte della somma per trascorrere un bel fine settimana e il 12,5 % riserverebbe allo stesso uso l'intera somma. Nel caso che la cifra disponibile fosse di 5 milioni, il 44,3 % ne utilizzerebbe almeno una parte per fare una bella vacanza e il 7,8% la impiegherebbe interamente a questo scopo.
5. Alcune considerazioni conclusive
Utilizzeremo questa parte del capitolo per tracciare un breve quadro riassuntivo dei risultati dei principali elementi di continuità e discontinuità rispetto alle precedenti indagini IARD e per trarre alcune considerazioni d'insieme.
336
- n tempo libero vede confermato e per certi versi esteso il proprio ruolo nell'ambito del vissuto giovanile: non più solo tempo residuale rispetto al tempo scolastico e lavorativo, quindi, ma ambito di esperienza, socialità ed espressione della personalità in senso ampio.
- È un ambito in relazione al quale i soggetti esprimono una certa soddisfazione (il 73 ,4% si dichiara molto o abbastanza contento del proprio modo di trascorrere il tempo libero) 1 1 ma che si presenta in forme estremamente diversificate sulla base delle diverse caratteristiche anagrafiche e socio-culturali dei soggetti.
- Degli altri indicatori di cui disponiamo in relazione all'organizzazione del tempo libero da parte di giovani italiani, oltre a quelli relativi allo sport, solo uno consente un confronto attendibile con le precedenti rilevazioni. Si tratta della frequenza di uscite serali per conto proprio. Anche in questo caso le differenze sono minime e consentono solo di individuare una contenuta riduzione del numero di intervistati che affermano di non uscire mai per conto proprio: nel 1992 erano 20,6%, adesso sono il 15,6%.
- Nell'ambito del tempo libero, lo sport si conferma come una delle attività privilegiate, anche se da questo punto di vista sembra essersi attenuata la continua crescita dell'attività sportiva tra i giovani italiani messa in luce dalle precedenti indagini IARD a partire dai primi anni Ottanta. Se infatti nel 1983 i giovani praticanti regolari erano meno di uno su quattro (23 %) , nella rilevazione del 1987 erano saliti al 27,3 % e nel 1992 erano diventati più di uno su tre (36%) . Adesso la quota è piuttosto simile a quella dell'ultima rilevazione: il 36,9% degli intervistati fa sport almeno una volta alla settimana. Diminuisce in misura moderata anche la consistenza del gruppo che di-
I l Dal 1983 a oggi, questo dato è rimasto sostanzialmente costante, salvo un leggero aumento in corrispondenza della rilevazione del 1992, quando a dirsi «molto» o «abbastanza» soddisfatti sono stati il 78,1% degli intervistati.
337
TAB. 14.5. Pratica di un'attività sportiva nei tre mesi precedenti all'intervista nelle quattro indagini [ARD (età 15-24 an m) (%)
1983 1987 1992 1996
Una o più volte la settimana 23,0 27,3 36,0 36,9 Una o più volte al mese 8,1 7,8 8,6 7,9 Una-due volte in 3 mesi 5,6 5,6 5,3 7,5 Mai in 3 mesi 63,4 59,0 50,1 47,7
chiara di non aver svolto alcuna attività sportiva negli ultimi tre mesi (47,7 %; nel 1992 era il 50,1 %) (tab. 14.5) .
- È invece lievemente aumentata, rispetto all'ultima rilevazione, la partecipazione dei giovani ad eventi sportivi in quanto spettatori.
Per commentare questi dati si può forse menzionare un'interpretazione di Dunning, secondo cui lo sport si presenta oggi sempre più come attività sistematica e organizzata, non di rado come una sorta di impegno professionale, e sempre più come «display» che come «play».
In altre parole, lo sport è inteso come esibizione di capacità e di prestanza fisica più che come «gioco» e, in parallelo, come passiva contemplazione di spettacoli sportivi più che come attività in prima persona12•
Si tratta di una sintesi estremamente efficace nel catturare alcune tendenze del mondo giovanile: dalla presenza marcata di attività solo latamente sportive come il footing, il body-building o la palestra (tipicamente legate alla cura del corpo soprattutto da un punto di vista estetico), all'inclinazione a privilegiare pratiche sportive individuali rispetto ai giochi di squadra e in genere alle attività che comportano interazione con altri praticanti13 •
Nell'adattare questa sintesi al quadro qui tracciato, occorre tuttavia tenere ben presenti le molte differenze e specificità con cui vi si collocano categorie diverse di giovani.
12 Cfr. Dnnning [1986]. Anche Goffman [1967] si diffonde sul consumo passivo di situazioni di fatidicità come metodo di eccitazione «indiretta» e senza costi per lo spettatore in termini di incolumità.
13 Cfr. Parlebas [1986].
338
Vale la pena a questo proposito di sottolineare soprattutto alcuni elementi.
Innanzitutto la persistente caratterizzazione dell'attività sportiva tra i giovani italiani come attività prevalentemente maschile. Si tratta di un dato comune a numerose rilevazioni effettuate anche in altri contesti nazionali, per cui alcuni studiosi hanno dato spiegazioni ben più sofisticate di quelle consuete, basate sulla minore disponibilità di opportunità per le ragazze. In uno studio specificamente dedicato alle differenze tra maschi e femmine nella pratica sportiva, Scraton ha ad esempio sottolineato le serie difficoltà che molte ragazze incontrano nell'inserire l'attività sportiva entro quello che tuttora è il modello dominante di femminilità14•
Unita ad altri dati, questa indicazione contribuisce a segnalarci un profilo del giovane sportivo piuttosto definito: maschio, più vicino all'adolescenza che alla fase adulta, residente al Nord, proveniente dai ceti più elevati, buo1_1 consumatore di spettacoli e informazione sportiva.
E difficile tuttavia inquadrare la gestione del tempo libero e il coinvolgimento nella pratica sportiva di categorie diverse di giovani senza tener conto delle configurazioni che questa gestione e questo coinvolgimento assumono lungo l'evoluzione del percorso biografico di ciascuno. Alcuni in questo caso hanno parlato di «shifting focuses of youth leisure», cioè di spostamento dei centri focali del tempo libero nel passaggio tra le varie fasi della giovinezza15• Abbiamo visto ad esempio come da una fase in cui il tempo libero è fortemente strutturato e dominato da attività tra cui spiccano gli sport «tradizionali», vis-
14 «Lo sport non riesce a fornire esperienze significative a molte giovani adolescenti perché appare in contrasto con la cultura della femminilità» [Scraton 1987]. Cfr. anche Coakley e White [1992] .
15 Cfr. Hendry et al. [1993]. il modello, noto come «teoria focale» del tempo libero giovanile, mette in evidenza come i fattori sociali e culturali che influenzano le scelte nell'ambito del tempo libero si combinino in maniera diversa man mano che cambiano i centri focali delle relazioni e delle attività giovanili.
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suti come occasione di socialità e al tempo stesso di socializzazione (poiché si tratta presumibilmente di attività predisposte dagli adulti e condotte in larga parte sotto la loro supervisione) i soggetti si spostino, crescendo, verso attività meno strutturate, incrementando ad esempio le uscite serali a discapito della pratica sportiva. Entro la stessa pratica sportiva si vengono gradualmente a privilegiare attività particolari che è possibile praticare con maggiore autonomia e flessibilità (palestra, footing e body-building). Si evidenziano inevitabilmente, in questa transizione, le differenze tra i soggetti in termini di risorse economiche e culturali.
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CAPITOLO QUINDICESIMO
I SISTEMI DI VALORE
l . Le cose importanti della vita: la famiglia innanzitutto
I giovani della fine degli anni Novanta continuano a vedere nella famiglia una componente essenziale della loro vita e ad assegnarle un posto di rilievo nella gerarchia dei valori. L'87 % dei nostri intervistati la giudica «molto importante», mentre il 12 % ritiene che essa sia comunque «abbastanza» rilevante nel proprio orizzonte valoriale. Si può quindi affermare con sicurezza che, per la quasi totalità dei giovani, la famiglia è elemento imprescindibile nella costruzione della propria identità.
n primato della famiglia nel nostro Paese non è, del resto, una caratteristica solo della parte più giovane della popolazione. Tutte le indagini sui sistemi di valore degli italiani mostrano che, a qualsiasi età, la famiglia occupa sempre il primo posto nell'ordinamento dei valori. Le interpretazioni date a questi risultati sono state assai varie e, per quanto riguarda in particolare le nuove generazioni, si è spesso parlato di «mammismo» degli italiani o di «sindrome di Peter Pan». Interpretazioni suffragate anche dalla lunga permanenza dei giovani nella casa dei genitori, che viene sovente letta come rifiuto di staccarsi dalle comodità e dai vantaggi dell'essere «figli» e come fuga dalle responsabilità del diventare adulti. n fenomeno della famiglia lunga 1, nella realtà, è assai più complesso perché si ricollega alle difficoltà nella ricerca del lavoro, ai problemi abitativi delle giovani coppie, alle incertezze
l Anche nel campione del 1996 la quota di giovani che vivono ancora in famiglia è assai elevata. In particolare, nel sottogruppo dei 24-29enni, la quota di coloro che vivono ancora con i genitori è del 72,3 % tra i maschi e del 53,3 % tra le ragazze.
341
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85
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90
80
75
70
15-17 18-20 21-24 25-29 età
--D- Maschi ---+--- Femmine
FIG. 15.1 . Importanza della famiglia per età e genere (%).
del futuro che rendono ardua la costruzione del progetto di vita.
Collegare l'elevata importanza che gli intervistati assegnano alla famiglia con la permanenza nella casa dei genitori significa istituire una connessione almeno in parte spuria. Nell'ipotizzare tale legame si presuppone, infatti, che gli intervistati, rispondendo alla domanda «Quanto ritiene importante la famiglia per la sua vita?» pensino alla loro famiglia di origine e non a quella che prevedono di crearsi per proprio conto, né tanto meno al valore della famiglia in sé. I dati che emergono dal nostro campione portano a smentire questo presupposto, sia perché la quota di coloro che giudicano molto importante la famiglia cresce costantemente al crescere dell'età, sia perché sono le ragazze ad assegnare maggior peso a questo item rispetto ai loro coetanei maschi (fig. 15 . l ) .
342
TAB. 15 . 1 . Importanza della famiglia secondo il tipo di convivenza ed il genere (% di coloro che hanno risposto «molto importante»)
Tipo di convivenza Totale Maschi Femmine
Con entrambi i genitori senza fratelli o sorelle 84,9 78,8 92,2 Con entrambi i genitori e i fratelli o le sorelle 86,7 85,9 87,7 In famiglia genitoriale allargata ad altri parenti 89,4 86,8 92,0 In famiglia monoparentale 80,4 76,5 85,7 Con il coniuge o il partner 92,2 88,8 93,7 Altre forme di convivenza 82,2 75,6 87,8
Le differenze nell'importanza assegnata alla famiglia sono statisticamente significative, tanto rispetto all'età quanto rispetto al genere. Le variabili età e genere, inoltre, bastano da sole a spiegare la variabilità di tali differenze, nel senso che esse esercitano una diretta influenza sul valore che gli intervistati danno alla famiglia2•
Va, inoltre, osservato, che esiste un legame, anch'esso statisticamente significativo, tra tipo di convivenza, genere e importanza assegnata alla famiglia nella propria vita. La tabella 15 . l mostra come siano coloro che non vivono più con i genitori, siano essi maschi o femmine, che apprezzano in misura maggiore degli altri l' item in questione.
La convivenza con i genitori permette anche di spiegare la flessione nell'importanza della famiglia che si osserva tra le ragazze nel passaggio dai 2 1 -24 anni ai 25-29 (v. fig. 15 . 1 ) . Nel sottogruppo di giovani donne che non vivono più con i genitori, l'importanza della famiglia rimane pressoché costante per i due gruppi di età. Sono le ragazze che vivono ancora in casa con il padre e la madre a determinare il calo nel grado di importanza assegnato all' item3 •
2 L'affermazione fatta nel testo è stata verificata facendo ricorso ai modelli log-lineari, costruiti introducendo di volta in volta, oltre all' età ed al genere, il capitale culturale familiare e la zona geografica. In entrambi i casi il modello più parsimonioso in grado di prevedere i dati senza differenze significative tispetto a quelli osservati è risultato quello con le interazioni di primo ordine con età e genere.
3 La diminuzione di cui si parla nel testo è di quasi cinque punti percentuali.
343
È dunque vero che la famiglia rappresenta un ambito di vita molto apprezzato dalla grande maggioranza degli intervistati, ma ciò vale più per le ragazze che per i ragazzi. I più giovani manifestano in misura minore degli altri tale apprezzamento, che peraltro è più elevato tra coloro che hanno già avuto modo di costruirsi un proprio nucleo familiare. Luogo degli affetti e delle relazioni primarie, rifugio e fonte di sicurezza, la famiglia rappresenta per i giovani il privato per antonomasia. Può anche essere usata strumentalmente per i vantaggi e le comodità che riesce a garantire, ma resta in ogni caso un'area nella quale proiettare la propria progettualità ed investire per il futuro.
Se la famiglia mantiene, negli anni, costantemente il primo posto tra le cose importanti della vita, il quadro complessivo dei sistemi di preferenza delle giovani generazioni appare alquanto mutato dal 1983 ad oggi. Un confronto diretto tra le quattro indagini IARD è possibile farlo solo per la fascia di età compresa tra i 15 ed i 24 anni4• La comparazione fornisce comunque alcune indicazioni meritevoli di interesse, sia pure limitatamente ai nove ambiti valoriali che sono stati esplorati in tutte e quattro le indagini.
I dati della tabella 15 .2 mostrano le linee di tendenza nella trasformazione dei principì che guidano i giovani. Si tratta di trasformazioni lente, proprio perché i sistemi di valore rappresentano strutture di fondo, non soggette ad oscillazioni forti; ma esse sono un indizio abbastanza chiaro di come si stia trasformando la nostra società. Già nelle precedenti indagini avevamo osservato la tendenza nei giovani a dare importanza e peso crescenti alla vita di relazione. La rilevazione del 1996 sembra confermare ed accentuare questa linea di cambiamento, soprattutto se si considera, accanto al progressivo aumento del rilievo dato all'amicizia, il calo dell'importanza attribuita al lavoro, che dal 1983 al 1996 perde quasi otto punti percen-
4 È solo a partire dalla ricerca del 1992, infatti, che il campione è stato esteso fino ai 29 anni.
344
T AB. 15.2. L'andamento dei valori nelle quattro indagini lARD sulla condizione giovanile in Italia (età 15-24 anni)-% di coloro che hanno indicato come <<molto importante» ciascun valore
1983 1987 1992 1996
La famiglia 81,9 82,9 85,6 85,5 L'amicizia 58,4 60,9 70,6 73, 1 n lavoro 67,7 66,6 60,2 62,5 Lo svago nel tempo libero 43,6 44,2 54,4 53,6 Lo studio e gli interessi culturali 34,1 32,2 36,4 39,5 Le attività sponive 32,1 3 1 ,9 36,1 34,3 L'impegno sociale 21 ,9 17,9 23,5 22,2 L'impegno religioso 12,2 12,4 13,2 13,6 L'impegno politico 4,0 2,8 3 ,7 4,7
tuali. Anche l'impegno religioso appare in lento ma costante progresso, così come l'impegno politico, dopo il disinteresse della metà degli anni Ottanta, sembra in lenta ripresa, anche se su livelli sempre molto bassi. Più oscillante l'impegno sociale che tuttavia sembra aver recuperato quella fuga dalle responsabilità pubbliche che ha caratterizzato la seconda metà del decennio scorso5.
Le giovani generazioni della seconda metà degli anni Novanta mostrano segni di mutamento, rispetto al passato, in due direzioni principali, in parte contraddittorie tra loro. Da un lato vi è, infatti, una maggior attenzione verso gli aspetti ludici della vita (svago nel tempo libero), accompagnata da una visione più strumentale del lavoro. Dall'altro non vanno trascurati gli ancor deboli segnali di crescita dell'impegno, sia esso sociale, religioso o politico, ed un aumento degli interessi culturali. Alla base dei sistemi di valore va comunque sottolineato il sempre maggior rilievo dato alle reti di relazione ed ai network fondati sull'affettività.
5 n confronto per il sottogruppo di intervistati tra i 25 ed i 29 anni è possibile solo con l'indagine IARD del 1992. Tale confronto conferma le tendenze generali dell'intero campione. Particolarmente accentuato è l'incremento dell'importanza dell'amicizia, che nel 1992 raccoglieva il 61,5% dei consensi e nel 1996 è passata al 71,2% , con un aumento di quasi dieci punti.
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2. Le dimensioni valoriali tra evasione ed impegno
La tendenza verso una maggior attenzione alla vita di relazione aveva già cominciato a manifestarsi agli inizi degli anni Novanta ed è andata rafforzandosi in quest'ultimo periodo. I grandi rivolgimenti avvenuti nella società italiana per effetto delle inchieste sulla corruzione pubblica e la conseguente delegittimazione del vecchio ceto politico hanno poi portato i giovani (ma non solo loro) ad un diverso rapporto con le istituzioni e con la società più in generale. Entrambi questi fenomeni ci hanno indotto ad esplorare più a fondo sia r area dei rapporti interpersonali, sia quella delle virtù civiche e dell'interesse verso la collettività. Per tali motivi, in quest'ultima rilevazione, nella domanda relativa alle cose importanti della vita, gli elementi sottoposti alla valutazione degli intervistati sono quasi raddoppiati rispetto alle indagini precedenti. La tabella 15.3 riporta la gerarchia delle cose importanti della vita, così come emerge dalle risposte dei nostri intervistati, sia per l'intero campione sia per i quattro gruppi di età.
I primi tre posti della graduatoria sono occupati da quegli aspetti della vita che appaiono più direttamente legati alla sfera privata ed intima della persona. Famiglia, amore ed amicizia sono, complessivamente, i temi dominanti nella strutturazione del sistema di valori delle nuove generazioni: solo al quarto posto troviamo «la libertà e la democrazia», cioè un valore che riguarda la vita collettiva ma che appare, in questo contesto, più una richiesta di garanzie personali che un principio per il quale impegnarsi. Tanto che, come abbiamo già visto, l'impegno politico, che dei principì democratici dovrebbe essere lo strumento di tutela, compare solo all'ultimo posto con percentuali di adesione assolutamente esigue.
n lavoro, nonostante le ampie e diffuse difficoltà occupazionali che caratterizzano questi anni (o forse proprio a causa di tali difficoltà), compare solo al quinto posto. Al riguardo va però notata una decisa frattura tra i più giovani e gli ultra diciottenni. Solo per la metà dei
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TAB. 15.3 . La gerarchia dei valori secondo i gruppi di età (% di coloro che han-no indicato come «molto importante» ciascun valore)
Totale 15-17 18-20 21 -24 25-29
La famiglia 86,7 80,8 85,1 88,3 89,2 L'amore 79,5 76,6 79,2 79,0 81,6 L'amicizia 72,4 76,1 73,4 71 ,4 71 ,0 La libertà e la democrazia 69,5 63,8 68,8 69,3 73,0 Il lavoro 63,8 50,1 66, 1 66,6 66,6 L' autorealizzazione 62,9 55,4 64,5 64,8 63,9 La solidarietà 59,8 55,6 60,7 58,4 62,5 L'eguaglianza sociale 56,0 54,4 54,7 57,8 56,0 Lo svago nel tempo libero 50,6 61 ,3 54,0 49,0 44,5 Il successo e la carriera personale 42 ,2 46,1 50,5 42,0 34,9 La vita confortevole e agiata 38,5 38,2 38,9 38,3 38,5 Lo studio e gli interessi culturali 37,4 42,4 39,7 37,8 33,0 Le attività sportive 32,7 37,7 32,8 33 ,7 29,4 L'impegno sociale 22,3 21 ,4 23,2 22,0 22,4 L'impegno religioso 13 ,6 13,2 14,1 13 ,5 13,4 L'impegno politico 4,6 3 ,7 6,0 4,4 4,4 Basi 2.500 401 552 733 814
15-17 enni il lavoro è considerato molto importante, sicché nella gerarchia interna a questo gruppo esso occupa la nona posizione. Maggiormente interessate a questo aspetto della vita appaiono le altre coorti di età, certamente per una maggiore prossimità ai problemi occupazionali. Né vi sono differenze di rilievo tra ragazzi e ragazze nel grado di importanza dato al lavoro.
Le categorie dell'impegno, sia esso sociale, religioso o politico, occupano gli ultimi posti della graduatoria, indipendentemente dall'età e dal genere. Va osservata tuttavia una differenza tra i tre tipi di impegno. Mentre quello di tipo religioso è indipendente dal capitale culturale della famiglia di origine, lo stesso non accade per le altre due forme di impegno. Sono, infatti, i figli di genitori con livello culturale alto a manifestare, indipendentemente dall' età, i più elevati tassi di interesse per le attività di ordine sociale e politico. In assenza di una formazione del cittadino da parte della scuola, la crescita della coscienza ci vica è lasciata all'influenza dei genitori ed alle tradizioni che
347
la famiglia è in grado di trasmetteré; in tal modo si finiscono col riprodurre le disuguaglianze anche nei livelli di partecipazione dei singoli alla vita pubblica. Anche una meta apparentemente legata più a doti di carattere che a condizionamenti sociali, come l' autorealizzazione, è fortemente correlata al titolo di studio dei genitori e la sua importanza cresce al crescere di quest'ultimo.
L'analisi della tabella 15.3 fa emergere un quadro complessivo dei modi con i quali le giovani generazioni paiono costruire la propria vita decisamente orientato verso il sé ed il privato. Si cerca anzitutto la soddisfazione sul piano delle relazioni, siano esse parentali, amicali o d'amore e si chiede la tutela dei propri diritti di cittadino e di lavoratore. Solo dopo sembra si possa cominciare a dedicarsi alla dimensione collettiva (solidarietà ed eguaglianza) ed infine al soddisfacimento dei vari interessi relativi al tempo libero ed alla cultura.
Per accertare l'esistenza di eventuali dimensioni sottostanti all'insieme di risposte date dal nostro campione, abbiamo condotto un'analisi dei fattori. Con questa tecnica è possibile, qualora l'insieme delle variabili osservate lo consenta, identificare un numero ridotto di variabili latenti, capaci di esprimere in forma sintetica le dimensioni valoriali che hanno guidato gli intervistati nel dare le loro valutazioni circa il grado di importanza dei diversi aspetti della vita proposti7• Non tutti gli items sono stati utilizzati per ottenere il risultato finale, perché solo nove hanno mostrato di possedere i requisiti necessari per consentire l'identificazione di fattori dotati di significato sostantivo8.
6 A conferma di quanto detto nel testo sta anche il fatto che i figli di classe operaia dichiarano il loro interesse per l'impegno sociale e per quello politico in misura maggiore dei figli di lavoratori in proprio. Anche in questo caso giocano, molto probabilmente, le tradizioni familiari.
7 La tecnica fattoriale qui adottata è quella basata sul metodo delle componenti principali; per rendere maggiormente intelligibili i fattori estratti è stata applicata la rotazione varimax.
8 In pratica sono stati esclusi quegli items che avevano cornunalità basse o coefficienti di saturazione dei fattori tali da rendere indecifrabile l'appartenenza all'una o all'altra dimensione.
348
Al termine delle analisi statistiche è stato possibile individuare quattro fattori, espressivi di altrettante dimensioni9:
l . Valori della vita collettiva, associati all'importanza della solidarietà, dell'eguaglianza sociale, della libertà e democrazia.
2 . Valori legati all'impegno personale, correlati con lo studio e gli interessi culturali da un lato e con l'impegno sociale dall'altro.
3 . Valori legati alla vita individuale, dimensione saturata dagli items relativi all'importanza del successo, della carriera personale e dell'auto realizzazione.
4. Valori di tipo evasivo, collegati alle attività sportive ed allo svago nel tempo libero.
I quattro fattori possono così essere utilizzati come nuove variabili, che costituiscono uno spazio a quattro dimensioni entro il quale si collocano tanto i singoli quanto i gruppi. Valori positivi stanno ad indicare alta importanza data dagli intervistati a quella dimensione e, per contro, valori negativi esprimono lo scarso peso che la dimensione stessa ha nel sistema di valori dell'individuo o del gruppo.
Nella tabella 15 .4 sono riportati i valori medi10 dei sottogruppi di intervistati per genere ed età relativamente agli orientamenti verso la vita collettiva e la vita individuale. Per quanto riguarda i valori della vita associata, gli andamenti di ragazze e ragazzi, al crescere dell'età, sono paralleli ma si muovono le une nell'area dei punteggi positivi e gli altri in quella dei punteggi negativi. La rappresentazione grafica data nella figura 15.2 esprime in modo efficace tali andamenti. Le coorti più anziane sono maggiormente interessate a valori quali l'eguaglianza, la solidarietà ed il rispetto delle libertà democratiche; tale interesse, tuttavia, è costantemente maggiore per le ragazze rispetto ai maschi, così come si manifesta in misura più
9 I quattro fattori descritti spiegano il 67,6% della variabilità complessiva.
·
IO Per comodità espositiva tutti i punteggi fattoriali sono stati moltiplicati per 100.
349
TAB. 15.4. Orientamento verso i valori collettivi e individuali secondo l'età e il genere
15-17 anni 18-20 anni 21-24 anni 25-29 anni
30
20
10
o
-10
-20
-30
-40
Orientamento verso la vita collettiva
F M
7,7 -35,2 16,5 -23,4 17,2 -18,8 22,8 -1,6
.....
/ � ......---
Orientamento verso la vita individuale
F M
-6,0 -6,2 10,6 13,8 -3,2 7,5
-16,8 3 ,1
____. �
T
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/ 15-17 18-20 2 1-24 25-29
età -Q- Maschi --+- Femmine
FIG. 15.2. Orientamento verso i valori della vita collettiva per genere ed età (%).
elevata per coloro che provengono da famiglie con alta istruzione e condizioni sociali favorevoli.
L'età compresa fra i 18 ed i 20 anni appare, invece, essere, tanto per i maschi quanto per le loro coetanee, il periodo della vita nel quale più elevato è l'interesse per i
350
25
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-15
-20
15-17 18-20 21-24 25-29 età
-D- Maschi ----+--- Femmine
FIG. 15.3. Orientamento verso l'impegno personale per genere ed età (%) .
valori di tipo individualistico (successo, carriera, autorealizzazione) , interesse che tende a diminuire in modo assai netto per le ragazze ed in misura meno accentuata per i maschi (tab. 15.4).
La figura 15.3 rappresenta la collocazione di maschi e femmine, suddivisi per gruppi di età, lungo la dimensione dell'impegno personale. Anche rispetto a questa dimensione si osserva l'influenza di entrambe le variabili nel determinare l'importanza dello studio, della cultura e dell'impegno sociale. Le età più precoci appaiono certamente migliori, da questo punto di vista, rispetto ai giovani adulti, così come le ragazze hanno punteggi sempre più elevati rispetto ai maschi. n rapporto fra i due generi si inverte, invece, sul fattore che esprime la dimensione evasiva (fig. 15.4) che vede le ragazze più grandi scendere ben al di sotto della media del campione per quanto ri-
351
40
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15-17 18-20 21-24 25-29 età
---o-- Maschi ---+--- Femmine
FIG. 15.4. Orientamento verso l'evasione per età e genere (%).
guarda l'apprezzamento dello svago, del tempo libero e dello sport.
Le nuove generazioni mostrano così un quadro contraddittorio. Interessate prevalentemente alla famiglia, alle relazioni amicali ed ai rapporti d'amore, finiscono col dare di sé l'immagine di una generazione di egoisti, che guarda solo a se ,stessa ed ai vantaggi personali che può trarre dalla vita.• E certamente vero che gli anni che stiamo vivendo sono caratterizzati dal rifugio nel privato, dalla ricerca di sicurezze nel mondo degli affetti e delle strette relazioni con l'intorno sociale più immediato. Ma non si possono trascurare i segnali di una voglia di impegno verso la collettività e verso sistemi di valore più orientati agli altri ed alla crescita culturale e sociale. Segnali che avrebbero forse bisogno di essere più incoraggiati e stimolati di quanto oggi non avvenga nel nostro Paese.
352
CAPITOLO SEDICESIMO
CONCLUSIONI
l . Premessa
li fedele lettore dei quadriennali rapporti IARD sulla condizione giovanile si sarà accorto come questa quarta edizione abbia presentato una grossa novità rispetto alle precedenti. Dal punto di vista dei contenuti, infatti, l'analisi degli atteggiamenti e dei comportamenti giovanili si è visibilmente ampliata. La ragione di questa estensione è dovuta al fatto che, accanto a quelle aree che costituiscono la base tradizionale della ricerca (scuola, lavoro, politica, associazionismo, transizione verso i ruoli adulti, valori, trasgressione), si è ritenuto utile insistere su aspetti che nelle tre prime indagini erano stati trattati in modo meno approfondito (identità territoriale, religione, scienza, consumi culturali, propensione al risparmio e alla spesa, vita affettiva) . Ciò ha comportato un allargamento dell'équipe a tredici esperti che hanno analizzato - e qui esposto - i risultati dell'indagine. Come in tutti i lavori collettanei, e nonostante lo sforzo profuso nelle operazioni di coordinamento, è possibile rintracciare alcune differenti prospettive interpretative che potrebbero indurre il lettore a rilevare, confrontando i vari capitoli tra loro, una certa disomogeneità d'approccio; riteniamo tuttavia che il pericolo di qualche sfasatura, di qualche ripetizione e, finanche, di qualche contraddizione, sia abbondantemente controbilanciato dalla ricchezza di argomentazione offerta da ogni tematica trattata.
Per questi motivi si rende ancora più necessaria rispetto al passato una breve conclusione che cerchi di tirare le fila delle analisi fin qui prodotte e che, in un'ottica riassuntiva ma senza pretendere esaustività, segnali le più rilevanti tendenze al cambiamento all'interno delle nuove generaz10m.
353
2. La scuola
Pur se le disuguaglianze sociali continuano a manifestare i loro effetti sui destini scolastici (proseguimento, percorsi formativi, esiti) , una quota progressivamente maggiore di giovani raggiunge un livello di scolarizzazione superiore. Sembrerebbe che, alla soglia dell'innalzamento dell'obbligo scolastico, la domanda d'istruzione in Italia abbia di fatto preceduto il legislatore; in realtà la situazione appare ancora ben distante dagli standard dei paesi più avanzati e una cospicua minoranza della popolazione giovanile non tenta neppure di proseguire gli studi o non riesce, comunque, a conseguire un diploma. Differenze rimarchevoli si pongono tra i generi: si consolida cioè quel trend che aveva visto la componente femminile dapprima raggiungere e poi sopravanzare quella maschile in quanto a tassi di proseguimento e di frequenza post-obbligo. L'aumento della permanenza dei giovani nel circuito scolastico comporta due diversi fenomeni: da una parte si incrementano i percorsi formativi accidentati, dall'altra l'esperienza scolastica, oltre a non essere considerata un valore prioritario, concentra su di sé una serie di valutazioni negative. Per quanto riguarda il primo problema, l'incidenza degli abbandoni e delle ripetenze raggiunge livelli assai elevati soprattutto tra i maschi, specialmente se provenienti da famiglie con basso background culturale. L'importanza dello studio viene inoltre messa in dubbio da una non irrilevante minoranza di giovani, i quali tendono a svalorizzare l'utilità della preparazione scolastica ai fini lavorativi, ad anteporre ad essa altri traguardi, a manifestare una certa minor fiducia, rispetto a qualche anno· fa, verso gli insegnanti. Anche in questi casi le femmine si differenziano dai loro coetanei maschi: non solo le ragazze mostrano esiti scolastici notevolmente migliori, ma esprimono una maggiore fiducia nei confronti della scuola come veicolo di promozione sociale e di mobilità.
354
3 . Il lavoro
Dal punto di vista delle dinamiche strutturali i fenomeni rilevati confermano il deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro segnalando il progressivo aumento sia dei giovani in cerca di prima occupazione, sia di quelli che hanno perduto un precedente posto di lavoro, il tutto all'interno di una crescente divaricazione a livello territoriale che acuisce il disagio delle aree meridionali. n dualismo economico che contraddistingue il Paese produce i suoi effetti anche sulla qualità del lavoro e sulle modalità del suo svolgimento: così le differenze nel mercato e nella struttura occupazionale sono anche alla base delle diseguaglianze di reddito da lavoro (i giovani meridionali che hanno avuto la fortuna di trovare un lavoro guadagnano mediamente molto meno dei loro coetanei settentrionali) e di una diversa capacità contrattuale della forza lavoro giovanile (ad esempio nel Sud si concentrano i giovani che lavorano o con orario ridotto o, al contrario, con orari pesantissimi) . n deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro influenza in modo evidente gli atteggiamenti e i comportamenti giovanili, i quali a loro volta si articolano in modo spesso differente a seconda dell'area di residenza e della classe sociale di appartenenza: in situazioni di maggiore benessere (e in particolare nel Nord-Est o tra i giovani di classe sociale medio-elevata) cresce la soddisfazione per il lavoro, rimane inalterata una certa selettività nei processi di scelta e diminuiscono nel contempo le motivazioni strumentali; condizioni di precarietà inducono invece ad un livello di insoddisfazione più accentuato e nel contempo si riflettono su una più ampia disponibilità ad accettare strumentalmente lavori poco ambiti (o a trasferirsi per trovare una buona occupazione) . Vi è però un aspetto che sembra accomunare i giovani italiani, al di là delle segmentazioni sociali o territoriali: ovunque le strategie di risposta alla crisi e di ricerca di un lavoro sono accentrate su processi tipicamente in dividualistici. n primo lavoro viene così reperito in larga mi-
355
sura attraverso l'azione della famiglia o della rete amicale-parentale.
4. L'associazionismo, l'impegno politico e l'impegno sociale
La partecipazione complessiva dei giovani nelle associazioni appare leggermente aumentata; è però opportuno osservare che da questa tendenza è esclusa la partecipazione a organizzazioni politiche, sindacali e di impegno civile. Quest'ultimo riscontro può essere collegato al declino della fiducia verso la gran parte delle principali istituzioni pubbliche e al generale allontanamento dalle forme tradizionali di consenso delle nuove generazioni sull'onda delle ricorrenti crisi del sistema politico-amministrativo. La scarsa disponibilità giovanile ad impegnarsi personalmente in attività politiche non implica tuttavia la rinuncia a tenersi inform;1ti sugli andamenti politici del Paese: cresce infatti l'atteggiamento di interesse, pur senza partecipazione, e cala corrispondentemente quello di delega tecnica ai personaggi politici. Da un punto di vista più prettamente politico, si assiste ad un processo di radicalizzazione, non esente da nuove forme ideologiche che favoriscono le formazioni di estrema destra e di estrema sinistra. Se i partiti cattolici registrano una forte flessione, aumenta in compenso la partecipazione ad associazioni di ispirazione religiosa. Ci troviamo quindi di fronte ad un fenomeno divergente che vede da una parte ridursi lo spazio politico dell'area cattolica e dall'altra un lieve ma costante incremento dei giovani che attribuiscono importanza alla religione e alla partecipazione religiosa. Dal punto di vista, invece, dell'identità territoriale si sostanziano posizioni assai complesse che combinano l'identità locale con quella nazionale e con quella europea in una sorta di puzzle al quale i giovani si riferiscono di volta in volta a seconda delle situazioni. Così si può essere municipalisti o regionalisti in quanto a senso di appartenenza e, nel contempo, essere orgogliosi di essere italia-
356
ni ed auspicare, per motivi soprattutto di utilità, l'ingresso in Europa.
5. I consumi e il tempo libero
Contrapponendo il consumo colto a quello ludico e confrontando i dati delle ultime indagini emergono tendenze evolutive assai marcate: si riducono drasticamente i giovani che si riferiscono prevalentemente ad un modello di consumo colto oppure ad un modello misto colto-ludico; aumenta, per contro, la componente quasi esclusivamente Iudica e i giovani con un basso livello di consumo culturale. A parziale limitazione di questa prospettiva orientata al disimpegno si riscontra, all'aumentare dell'età dei giovani, una crescita d'interesse per l'attualità, l'informazione, il dibattito politico nazionale e locale, veicolati sia dalla televisione sia dalla stampa. È comunque da rilè� vare che gli stili di consumo culturali giovanili sono ancora del tutto disomogenei al loro interno, risentendo fortemente dell'origine sociale, del grado d'istruzione, della differenza di genere, del tipo di offerta culturale presente nelle diverse aree regionali e nei comuni a seconda della loro ampiezza. L'orientamento al divertimento riscontrato nella fruizione dei media trova una conferma nel posizionamento di assoluta preminenza che lo svago e il tempo libero hanno negli interessi e nelle attività praticate dai giovani; in particolare l'attività sportiva, pur declinando con l'età e rimanendo caratterizzata in termini di appartenenza di genere, si impone all'attenzione per la sua alta incidenza di praticanti.
6. Le tendenze trasgressive
Dall'area della trasgressione devono oramai essere espunti alcuni comportamenti attinenti alla sfera dei rapporti familiari e sessuali che sono entrati nella morale comune dei giovani: i rapporti sessuali prematrimoniali, la
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convivenza non vincolata dal matrimonio e il divorzio sono pratiche del tutto accettate dalla grande maggioranza delle nuove generazioni. L'infedeltà nel matrimonio e l'aborto sono invece prospettive assai contrastate e vedono i giovani divisi tra tolleranza ed intolleranza, così come l'omosessualità che mostra tuttavia un notevole aumento in quanto a riconoscimento di ammissibilità. Rispetto alle indagini passate, accanto ad un certo allentamento della doverosità civile e una progressiva contrazione della propensione ad usare comportamenti violenti, risalta la forte tendenza ad una maggiore esposizione all'alcol e alla droga. L'analisi conferma linee interpretative già rilevate in precedenza che associano il consumo di hashish e marijuana e l'abuso di alcolici non a condizioni di disagio socio-economico e a deprivazione culturale ma a tratti generalizzati che connotano la cultura giovanile.
7 . Ruoli di genere e vita affettiva
Un segnale di grande innovazione che differenzia le nuove generazioni da quelle precedenti è costituito da una visione dei ruoli di genere di tipo paritario. Pur se l'immagine della donna sconta ancora la sua specificità di madre, ancorata alla cura e all'educazione dei figli, alcuni pilastri su cui poggiava l'asimmetria del rapporto uomodonna sembrano oramai crollati: i giovani, ad esempio, riconoscono l'intercambiabilità dei compiti domestici, la compartecipazione dei partner nei processi decisionali e uguali capacità professionali di uomini e donne. Il riavvicinamento tra i generi è del resto confermato da identità di vedute ed esigenze simili nel momento in cui ragazzi e ragazze individuano le caratteristiche ottimali in un rapporto di coppia: entrambi evidenziano un modello di coppia di tipo intimista, basato sulla fusione e lo scambio affettivo, dove elementi più concreti, come ad esempio un buona intesa sessuale o la condivisione di valori ed aspirazioni, sembrano essere subordinati alla comprensione, alla fedeltà e alla buona comunicazione. Sottostante a
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questi fenomeni traspare una certa difficoltà relazionale tra i giovani che con maggiore difficoltà riescono a sta bilire rapporti significativi: senza parlare del tasso di nuzialità - in ulteriore contrazione - o dell'abnorme permanenza nella famiglia di origine, la stessa esperienza di un rapporto stabile con un/una partner, con o senza convivenza, appare escludere larghe fasce di giovani.
8. I valori e le tendenze nella cultura giovanile
La gerarchia delle cose importanti della vita vede ancora primeggiare aspetti legati alla sfera più privata ed intima della persona: famiglia, amore, amicizia. Rispetto alle indagini passate non si riscontrano grossi cambiamenti, com'è tipico dei sistemi valoriali; va però notato come tutti i valori di carattere collettivo o solidaristico siano costantemente subordinati a quelli a carattere individualistico e che i valori dell'impegno - sia esso sociale, religioso o politico - si pongano in coda nella classifica degli ideali che più contano. La scarsa tensione verso istanze sociali sembra essere alla base di una sostanziale diffidenza verso il prossimo: gli altri vengono percepiti più come una potenziale minaccia che come una risorsa. Un tale orientamento, assai diffuso, trova il suo corrispettivo in alcuni tratti, apparentemente in espansione, che denotano rigidità e chiusura sociale oppure che segnalano un certo malessere esistenziale (ad esempio l'insoddisfazione personale per alcuni aspetti della propria vita) . Dal punto di vista più generale la ricerca ha comunque messo in luce l' emergere di nuove sensibilità che hanno mutato i quadri generali di riferimento, le forme di percezione del vivere sociale, i modi di rapportarsi agli altri, gli schemi comportamentali che informano le pratiche del quotidiano. Accanto ad una certa proiezione nel presente, da alcuni anni connaturata con l'esperienza giovanile, la tendenza più nuova sembra essere orientata ad una particolare diffusione dell'accettabilità del rischio: la tradizionale valenza negativa nella cultura italiana del concetto di «rischio» si è
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recentemente trasformata; il rischio ha assunto anche una connotazione positiva quando diventa una necessaria componente del successo personale. Questa sorta di rivalutazione del rischio ha però portato molti giovani a non operare una netta distinzione tra valenze positive e valenze negative del concetto; si assiste così ad una estensione di comportamenti rischiosi e pericolosi. L'accettazione consapevole del rischio si accompagna alla tendenza a considerare ogni comportamento e ogni scelta revocabile: presenti/t'cazione e reversibilità delle scelte inducono il giovane individuo ad evitare di assumersi responsabilità importanti. Sotto questa luce possono essere interpretati il dilazionamento delle scelte e la crescente difficoltà dei giovani nei processi di transizione ai ruoli adulti.
360
APPENDICE STATISTICO-METODOLOGICA
APPENDICE STATISTICO-METODOLOGICA
l . Il metodo di campionamento
Nel corso della prima fase del campionamento s1 e proceduto alla stratificazione della popolazione tra i 15 e i 29 anni secondo il sesso, la regione e la classe di ampiezza del comune di residenza.
I dati di partenza sono stati quelli raccolti dall'1ST AT nel censimento del 1991 . Suddividendo i dati a disposizione per regione, sesso e classe di età, si è proceduto al calcolo del numero di maschi e femmine che al 1995 avessero l'età compresa tra i 15 e i 29 anni.
Le medesime proporzioni sono state riportate al totale del campione (2.500 soggetti) e si è così calcolata la quantità di giovani da intervistare suddivisi per sesso, regione e classe di ampiezza.
Sul campione di 2.500 giovani, 1 .256 sono maschi (50,2%) mentre le femmine sono 1 .244 (49,8%) . I giovani minorenni tra i 15 e i 17 anni sono 401 , corrispondenti al 16% del campione, i giovani tra i 18 e i 29 anni sono 2 .099, pari all'84%.
Nella seconda fase si è proceduto al campionamento dei comuni dai quali estrarre i nominativi dei giovani da intervistare.
I criteri per la scelta dei comuni sono stati la classe di ampiezza, la dislocazione geografica (provincia) e il numero delle interviste da effettuare nel singolo comune (non più di otto/ dieci interviste in comuni con meno di 10.000 abitanti e non più di quindici in comuni fino a 250.000 abitanti) . Sono stati così selezionati 218 comuni situati in 92 diverse provincie di tutte le regioni d'Italia.
Nel corso della terza fase sono stati estratti in modo casuale dalle liste elettorali dei comuni i nominativi dei giovani maggiorenni da intervistare.
363
Per ogni singolo comune è stato estratto in modo casuale un numero di sezioni elettorali proporzionale al numero dei nominativi da intervistare.
Da ogni sezione elettorale sono stati estratti casualmente non più di 6 nominativi maschili e 6 nominativi femminili. Con procedimento analogo è stata effettuata l'estrazione dei nominativi di riserva.
Si è così pervenuti al completamento dell'elenco dei giovani tra i 18 e i 29 anni e di quello dei loro eventuali sostituti, suddivisi per sesso e comune di residenza.
Per quanto riguarda i minorenni, ovviamente non presenti negli elenchi delle sezioni elettorali, è stata adottata una procedura indiretta: tra i nominativi forniti dagli intervistati maggiorenni, sono stati selezionati quelli aventi i requisiti corrispondenti a quelli prefissati dal campione (età, sesso, regione e comune di residenza) .
Le tabelle l e 2 indicano la distribuzione dei giovani intervistati rispettivamente secondo il sesso e la regione e secondo l'età e l'ampiezza del comune di residenza.
2 . La somministrazione del questionario
Le interviste sono state svolte nella primavera del 1996 da intervistatori qualificati e appositamente addestrati. Tutti i questionari sono stati somministrati di persona ad ogni singolo intervistato.
364
TAB. l . Distribuzione delle interviste per sesso e regione di residenza
Maschi Femmine Totale
Piemonte/V alle d'Aosta 87 84 171 Liguria 29 29 58 Lombardia 181 181 362 Veneto 92 91 183 Trentino Alto Adige 18 21 39 Friuli Venezia Giulia 22 21 43 Emilia Romagna 68 66 134 Toscana 63 61 124 Umbria 15 14 29 Marche 27 26 53 Lazio 109 108 217 Abruzzo 26 25 51 Molise 7 7 14 Campania 159 158 3 17 Puglia 1 10 108 218 Basilicata 17 16 33 Calabria 57 56 1 13 Sicilia 127 130 257 Sardegna 42 42 84
Totale 1 .256 1 .244 2.500
TAB. 2. Distribuzione delle interviste per ampiezza del comune di residenza e classi di età
15-17 18-20 21-24 25-29 anni anni anni anni
Oltre 250 mila abitanti 67 64 121 164 Da l 00 a 250 mila abitanti 29 52 60 59 Da 50 a 100 mila abitanti 43 57 87 84 Da 10 a 50 mila abitanti 137 193 224 256 Meno di 10 mila abitanti 125 186 241 25 1 Totale 401 552 733 814
3 . Le distribuzioni di frequenza dell'indagine 1996
Totale
416 200 271 810 803
2.500
L'indagine IARD sulla condizione giovanile si è svolta utilizzando, come nel 1983 , 1987 e 1992, lo strumento tecnico del questionario strutturato composto da circa 100 domande, in parte uguali a quelle contenute nelle tre edizioni precedenti, in parte originali.
365
Presentiamo qui di seguito la serie pressoché completa delle tabelle che riportano in percentuale la frequenza delle risposte, allo scopo di offrire al lettore uno strumento valido per il confronto con altre indagini o per la verifica diretta dei risultati principali.
Le distribuzioni di frequenza seguono la scansione del questionario; la numerazione delle tabelle, non sempre continua, corrisponde alla numerazione delle domande contenute nel questionario.
n dato «base» indica il numero assoluto delle risposte valide di ciascuna domanda.
Nelle percentuali di risposta il complemento a 100 è costituito dalle «non risposte».
È possibile rilevare qualche differenza tra le percentuali riportate qui in appendice - dove sono incluse le non risposte - e quelle presentate nel testo dove alcuni autori hanno preferito escludere le non risposte.
l . Sesso
Maschio Femmina
Base
2 . . Età
15-17 anni 18-20 anni 21-24 anni 25-29 anni
Base
4. Numero di fratelli e/o sorelle viventi
l fratello/sorella 2 fratelli/sorelle 3 fratelli/sorelle Oltre 4 fratelli/sorelle Né fratelli né sorelle (figlio unico) Non indica
Base
366
50,2 49,8
2.500
16,0 22,1 29,3 32,6
2.500
43,9 26,2
9,9 8,1
1 1 ,8 0,1
2.500
6. Titolo di studio
Nessuna scuola Scuola elementare Scuola media inferiore Scuola media superiore (fino a 3 anni) Scuola media superiore (fino a 5 anni) Post-diploma o diploma para-universitario Laurea breve Università
Base
7a. Ripetenza di uno o più anni di studio
l volta 2 volte 3 o più volte Mai Non indica
Base
7b. Interruzione della frequenza scolastica
Interrotta per l anno Interrotta per 2 o più anni Mai interrotta Non indica
Base
8. Posizione attuale in relazione agli studi
Nessun titolo di studio o licenza elementare Sto frequentando la scuola media inferiore Ho abbandonato durante la scuola media inferiore Ho concluso la scuola media inferiore e non mi sono iscritto
alla secondaria superiore Sto frequentando la scuola media superiore Ho abbandonato durante la scuola secondaria superiore Ho concluso la scuola secondaria superiore e non mi sono iscritto
all'università o a un corso para-universitario Sto frequentando l'università o corso para-universitario Ho abbandonato durante l'università o un corso para-universitario Ho concluso l'università o un corso para-universitario
Base
367
0,1 2,1
42,6 5,7
43,6 1,4 0,3 4,2
2.500
23,4 7,5 1,5
67,5 0,1
2.500
6,7 2,1
91 ,0 0,2
2.500
0,2 0,2 1 ,8
13,2 21 ,6
8,8
22,1 22,1 4,6 5,4
2.500
9. Tipo di scuola media superiore a cui si è iscritto subito dopo la scuola media inferiore
Istituto Professionale Industriale/Meccanico Istituto artistico Istituto Professionale Commerciale Istituto Professionale Alberghiero Istituto Professionale Agrario Scuola Magistrale Altro Istituto Professionale Istituto Tecnico per Geometri Istituto Tecnico Industriale Istituto Tecnico Commerciale Istituto Magistrale Altro Istituto Tecnico Liceo scientifico Liceo classico Altri licei Non indica
Base
10. Nel corso della scuola media superiore ha cambiato tipo di scuola?
No Sì
Base
l Oa. Tipo di scuola media superiore a cui si è riscritto
Istituto Professionale Industriale/Meccanico Istituto artistico Istituto Professionale Commerciale Istituto Professionale Alberghiero Istituto Professionale Agrario Scuola Magistrale Altro Istituto Professionale Istituto Tecnico per Geometri Istituto Tecnico Industriale Istituto Tecnico Commerciale Istituto Magistrale Altro Istituto Tecnico Liceo scientifico Liceo classico Altri licei Non indica
Base
368
4,4 2,2 5,2 2,1 0,9 2,5 5,6 6,1
10,4 18,8 5,3 3 ,9
18,2 9,9 3 ,6 0,8
2 . 114
91,3 8,7
2 . 1 14
6,5 4,9 6,5 2,7 2,7 2,7 9,4 7 ,6 6,5
14,7 7,6 9,2 6,0 1 ,6 7,0 4,3
2 . 1 14
11 . Iscrizione dopo la scuola media superiore (per chi ha continuato gli studi)
Diploma para-W1iversitario Laurea breve Facoltà universitaria Non indica
Base
6,9 2,9
88,3 2,0
802
l la. Tipo di facoltà o diploma para-universitario a cui si è iscritto subito dopo la scuola media superiore
Gruppo scientifico Gruppo medico Ingegneria Architettura Gruppo economico-sociale Giurisprudenza Gruppo letterario Agraria Gruppo artistico lsef Non indica
Base
1 1 ,2 9,0 9,9 4,7
23 ,1 16,1 18,6 2,0 1 ,6 1,7 2,1
802
12. Nel corso degli studi universitari o para-universitari ha cambiato tipo di facoltà o diploma?
No Sì, diploma para-universitario Sì, laurea breve Sì, facoltà universitaria
Base
92,4 1 ,3 0,2 6,1
802
13. Ha frequentato, o frequenta, un Corso di Formazione Professionale di qualsiasi tipo?
Sì, lo sto attualmente frequentando Sì, l'ho frequentato in passato No, mai
Base
369
3,0 14,0 82,9
2.500
14. Tipo di Corso di Formazione Professionale che ha frequentato o frequenta
Corso di Formazione Professionale dopo la scuola media inferiore presso un CPP
Corso di Formazione Professionale dopo la scuola media superiore presso un CFP
Corso di Formazione Professionale breve organizzato da enti pubblici e privati
Corso di Formazione Professionale organizzato da aziende
Base Risposte multiple
15. Ha mai svolto un'attività lavorativa vera e propria?
No Sì, ho svolto lavori saltuari o occasionali per meno di 2 mesi Sì, ho svolto lavori a tempo determinato continuativaménte per
più di 2 mesi Sì, ho svolto un'attività lavorativa vera e propria
Base
16. Età media di inizio della prima attività lavorativa vera e propria
18 anni
Base
17b. Settore della prima attività lavorativa vera e propria
Agricoltura Industria Pubblica Amministrazione Commercio Servizi Finanziario/Bancario Artigianato Non indica
Base
370
21 ,3
23,0
53,2 9,4
427
30,4 18,9
16,0 34,6
2.500
1 .267
2,4 15,9 5,2
22, 1 29,7
1 ,4 20,3
2,9
1 .267
17 c. Posizione contrattuale della prima attività lavorativa vera e propria
Dipendente con un contratto regolare Dipendente senza un contratto Lavoratore autonomo Coadiuvante familiare Non indica
Base
18. Posizione attuale degli intervistati
Lavoro dipendente Impiego continuativo a tempo pieno indeterminato Impiego continuativo a tempo parziale indeterminato Lavoro a tempo determinato Lavoro occasionale o saltuario In cassa integrazione o in mobilità
Lavoro autonomo Imprenditore/proprietario Libero professionista (iscritto ad un albo professionale) Lavoratore autonomo Coadiuvante nell'azienda familiare
Non lavora Disoccupato In cerca di prima occupazione Invalido Casalinga
Studente Studente Studente-lavoratore (lavori occasionali o saltuari) Lavoratore-studente
Base
18a. Posizione attuale degli intervistati (riaggregata)
Inoccupato (non studia e non lavora) Studente Studente-lavoratore Lavoratore dipendente Lavoratore autonomo
Base
371
49,8 27,9 7,2 8,8 6,4
1 .267
20,9 3 ,2 3 ,8 2,0 0,3
1 ,0 1 ,0 3 ,8 2,7
8,3 5,4 0,1 3,1
37,6 4,3 2,6
2.500
19,2 37,6
6,9 27,8
8,5
2.500
19b. Settore di attività dell'attuale lavoro
Agricoltura Industria Pubblica Amministrazione Commercio Servizi Finanziario/Bancario Artigianato Non indica
Base
19c. Età media di inizio dell'attuale attività lavorativa
20,8 anni
Base
2,6 19,4 7,6
22,2 28,2
1,8 15,2 3 ,0
1 .029
1.029
19d. Modalità intraprese per la ricerca della prima e dell'attuale attività lavorativa
Attraverso un annuncio che ho messo su un giornale Attraverso l'Ufficio di collocamento Attraverso l'aiuto di genitori o parenti Attraverso l'aiuto di amici o conoscenti Attraverso l'aiuto di una persona influente Scrivendo all'azienda Facendo visita all'azienda Partecipando ad un concorso Rispondendo ad un annuncio su un giornale Rivolgendomi ad un Centro di informazione e orientamento
(pubblico) Rivolgendomi ad un'agenzia privata di collocamento T rami te l'aiuto della scuola Ho avviato un'attività in proprio Mi sono inserito nell'azienda familiare n lavoro mi è stato offerto Altro Non indica
Base
3 72
Primo Attuale lavoro lavoro
1,3 1 ,2 2,8 2,5
22,2 16,7 35,0 28,1 0,8 1 ,2 2,1 5 ,1 7,9 7,1 3 ,2 6,1 1 ,9 2,5
0,4 0,2 0,1 0,1 3 ,5 2,0 1,4 4,7 7,7 8,1 6,0 5,1 1 ,1 2,5 2,6 6,9
1 .029
20a. Posizione contrattuale dell'attuale attività lavorativa
Dipendente con un contratto regolare Dipendente senza un contratto regolare Lavoratore autonomo Non indica
Base
20b. Posizione lavorativa attuale degli intervistati
Lavoratore dipendente Dirigente Appartenente alla carriera direttiva Insegnante Impiegato di concetto Impiegato esecutivo Capo operaio Operaio specializzato o qualificato Operaio comune Apprendista Lavoratore a domicilio (si intende chi lavora a casa propria) Collaboratore/ collaboratrice domestica
Lavoratore autonomo Imprenditore (15 o più dipendenti) Libero professionista Artigiano Commerciante Proprietario agricolo Mezzadro Coadiuvante familiare Socio di cooperativa Non indica
Base
21 . Ore lavorative nell'ultima settimana completa di lavoro
Nessuna Da meno di l O ore a 19 ore la settimana 20-34 ore 35-39 ore 40-44 ore 45-49 ore 50-59 ore 60 ore o più Non so, non indica
Base
373
56,2 16,5 23,4 3 ,9
1 .029
0,3 1 ,4 3 ,0
1 1 ,4 18,9 0,6
1 1 ,6 19,9 5 ,5 0,4 1 ,2
0,4 2,4 3 ,6 4,3 0,2 7,0 0,7 4,9 2,4
1 .029
2,1 7,6
13 ,2 12,8 32,4 1 1 ,2 9,1 8,3 3 ,4
1 .029
22. Guadagno medio mensile
Meno di 1.000.000 l . 000-1.5 00.000 lire 1.500-2.000.000 lire Più di 2.000.000 lire Non so Non indica
Base Media = 1 .373.270 lire
23 . Livello di soddisfazione nei confronti dell'attuale attività lavorativa
Molto soddisfatto Abbastanza soddisfatto Poco soddisfatto Per niente soddisfatto Non so
Base
25,7 27,1 22,0
6,2 16,1 2,9
1 .029
28,9 47,4 14,0 7,5 2,2
1 .029
24. Utilità della preparazione scolastica ricevuta per svolgere l'attuale attività lavorativa
Molto 13,0 Abbastanza 3 1,3 Poco 19,1 Per niente 34,0 Non so 2,5
Base 1.029
25. Valutazione di preferenza rispetto al rapporto orario di lavoro e guadagno
Orario di lavoro più corto, guadagnando di meno Orario di lavoro più lungo, guadagnando di più Non so
Base
374
16,7 59,1 24,2
1 .029
26. Il lavoro che sta attualmente svolgendo lo considera definitivo o provvisorio?
È sicuramente definitivo Penso sia definitivo Non so Penso sia provvisorio È sicuramente provvisorio
Base
27. Ricerca di un'attività lavorativa
18,7 27,6 10,0 27,7 16,0
1.029
Sì 36,8 No � �
Base 2.500
28. Modalità intraprese per la ricerca di un lavoro
Ho messo annunci sui giornali Mi sono iscritto all'Ufficio di collocamento Ho interessato amici, parenti Mi sono rivolto a persone influenti Ho fatto domande ad aziende Mi sono presentato ad aziende, scuole Ho partecipato (o sto partecipando) a concorsi Ho letto e/ o risposto ad annunci sui giornali Mi sono rivolto ad un Centro di informazione e orientamento (pubblico) Mi sono rivolto ad agenzie private di collocamento Altro
Base Risposte multiple
375
9,1 61,2 71 ,0 19,7 38,3 21 ,5 39,8 41 ,6 10,2 4,5 4,3
92 1
30. Gli aspetti più importanti o meno importanti in un lavoro
lo 20 Pemùtimo Ultimo posto posto posto posto
Lo stipendio, il reddito 32,0 19,6 6,8 4,1 Le condizioni di lavoro (ambiente di lavoro,
tempi di trasporto, ecc.) 13,7 15,4 9,9 7,2 Buoni rapporti con i compagni di lavoro 9,6 15,6 7,4 4,4 Buoni rapponi con i superiori, i capi 3 ,5 7,4 10,6 9,2 La possibilità di migliorare (reddito
e tipo di lavoro) 13 ,3 15,3 4,3 2,5 La possibilità di imparare cose nuove ed esprimere le proprie capacità 23,4 15,3 4,3 2,3 L'orario di lavoro 1 ,4 3 ,9 32,9 27,9 La possibilità di viaggiare molto 2,3 6,0 20,5 39,9 Non indica 0,8 1 ,5 3 ,4 2,6
Base 2.500
3 1 . Preferenza per fare un'attività lavorativa dipendente oppure autonoma
Dipendente In proprio (autonoma) Non so
Base
28,7 53,3 18,0
2.500
32. Disponibilità a lavorare per 1-2 anni con uno stipendio ridotto (ad esempio di un 30% in meno rispetto ai normali contratti di lavoro) per fare esperienza pratica e imparare bene un nuovo lavoro o per migliorare la preparazione o l'esperienza
Sì No Non so, dipende
Base
63,7 16,5 19,8
2.500
33. Disponibilità a trasferirsi per migliorare la propria situazione di lavoro
Sì No Non so, dipende
Base
376
57,9 20,0 22,1
2.500
34. Luogo in cui è disponibile a trasferirsi per migliorare la propria situazione di lavoro
In questa regione In una regione del Nord Italia In una regione del Centro Italia In una regione del Sud Italia In un Paese europeo appartenente all'Unione Europea In un Paese europeo non appartenente all'Unione Europea In un Paese extra-europeo
Base Risposte multiple
69,1 58,0 55,3 40,6 46,3 3 1 ,8 34,3
2.500
35. Posizione nei confronti del servizio di leva (solo per gli intervistati maschi)
Ho svolto o sto svolgendo il servizio militare Ho svolto o sto svolgendo il servizio civile Devo ancora assolvere al servizio di leva Sono militesente Non indica
Base
36. Grado di accordo sui seguenti giudizi sul servizio militare di leva
3 1 ,1 4,8
41 ,1 22,1
0,9
1 .256
D'accordo Non d'accordo Non so
Il servizio militare è un dovere al quale nessun cittadino sano dovrebbe sottrarsi 39,9 52,6 7,5
Il servizio militare, com'è oggi in Italia, è soltanto una perdita di tempo 56,8 3 1 ,0 12,1
La difesa dell'Italia sarebbe assicurata meglio da un esercito di professionisti 69,7 15,0 15,4
A tutti i giovani che non si sentono di fare il servizio militare dovrebbe essere garantita la possibilità di fare il servizio civile 83,4 9,4 7,2
Sarebbe giusto che anche per le donne fosse obbligatorio il servizio di leva (militare o civile) 22,4 62,7 14,9
Base 2.500 Risposte multiple
377
3 7. Stato civile
Celibe/nubile Coniugato/a Altra condizione Non indica
Base
38. Stato di convivenza degli intervistati
Studenti che vivono con i genitori Giovani già usciti dalla scuola che non lavorano stabilmente
e che vivono con i genitori Giovani lavoratori che vivono con i genitori Giovani sposati o con figli che vivono con i genitori Giovani singles (lavoratori che hanno creato una nuova famiglia) Giovani che non lavorano e che hanno creato una
nuova famiglia (con o senza figli) Giovani lavoratori che hanno creato una nuova famiglia
Base
87,2 1 1 ,8 0,4 0,6
2.500
48,0
19,9 16,9 1,3 1 ,2
6,8 5,8
2.500
39. Percentuale del guadagno che l'intervistato dà in famiglia (agli intervistati che lavorano e vivono in famiglia)
Nulla Meno del 20% 20-39% 40-59% 60-79% 80-99% Tutto (100%) Non indica
Base
378
33,9 13,5 14,5 5,7 1,7 1,2 4,7
24,9
1.029
40. Età, occasione di guadagno e possibilità di spendere liberamente i soldi guadagnati
N o, non mi è mai capitato di guadagnare dei soldi No, mi è capitato di guadagnare dei soldi, ma non ho mai
potuto spendere liberamente per me
La prima volta che ho guadagnato ed ho potuto spendere liberamente dei soldi, avevo: Meno di 12 anni 12-14 anni 15-17 anni 18-20 anni 21 anni o più Altro Non indica
Base
23 ,6
2,8
1 , 1 8,5
25,8 26,1 10,5 0,1 1 ,4
2.500
41 . Somma disponibile, in media, al mese da spendere liberamente per sé (tenendo conto del guadagno personale e dei soldi erogati dai familiari)
Nessuna Meno di 100.000 lire 100-250.000 lire 25 0-5 00.000 lire 500-1 .000.000 lire 1 .000- 1 .500.000 lire Più di 1 .500.000 lire Non indica
Base Media = 353 .050 lire
379
6,5 26,1 22,6 26,6 12,4 3 ,0 2,0 0,8
2.500
42. Ipotesi di eventuale cambiamento nei prossimi cinque anni in alcuni aspetti della vita
È già successo Sì, sono sicuro che succederà Credo che succederà Credo che non succederà No, è escluso che succeda Non so, non posso prevedere Non indica
È già successo Sì, sono sicuro che succederà Credo che succederà Credo che non succederà No, è escluso che succeda Non so, non posso prevedere Non indica
È già successo Sì, sono sicuro che succederà Credo che succederà Credo che non succederà N o, è escluso che succeda Non so, non posso prevedere Non indica
Base
Finire gli studi Trovare un lavoro stabile
47,4 24,9 15,5 4,4 4,8 3,0
24,7 8,6
33,1 1 1 ,2 5 ,0
17,2 0,3
Andare a vivere per Sposarsi/ convivere conto proprio
14,8 13,6 22,6 18,6 13,2 17 ,1 0 ,1
Avere dei figli
9,4 8,4
19,4 15,6 20,8 26,3 0,2
12,9 1 1 ,8 23,7 14,2 14,2 23,3
2.500
43. Frequenza delle uscite alla sera per conto proprio
No, mai o quasi mai Meno di una volta la settimana Circa una volta la settimana 2-3 volte la settimana 4· 5 volte la settimana Tutte le sere o quasi
Base
380
15,6 4,6
13,3 36,2 1 1 ,3 19,0
2.500
44/45. Partecipazione alle attività di associazioni o gruppi negli ultimi tre mesi e attività considerata più importante
Mai Almeno l 2 volte Più volta o più importante
Organizzazione politica 94,4 2,6 3,0 3 ,5 Organizzazione sindacale 96,9 2,0 1 , 1 1,0 Organizzazione religiosa (o parrocchiale) 76,8 7,7 15,5 17,6 Organizzazione di categoria (artigiani, ecc.) 95,4 2,5 2 ,1 1 ,9 Organizzazione sportiva (di praticanti) 68,0 5,8 26,2 30,7 Organizzazione sportiva (di tifosi) 85,0 5,5 9,6 6,6 Organizzazione culturale (teatrale, ecc.) 78,2 9,1 12,6 1 1 ,2 Organizzazione ricreativa, turisticc· 86,4 7,5 6,0 4,5 Organizzazione per la difesa della natura 93,2 4,5 2,3 1 ,9 Organizzazione di impegno sociale e
assistenziale 86,5 6,0 7,4 9,5 Collettivo, gruppo di base, centro sociale 92,4 3,6 4,0 2,5 Organizzazioni studentesche 86,2 7,1 6,6 4,3 Organizzazioni della gioventù (scout...) 94,5 2 ,1 3 ,4 2,6 Organizzazione di difesa dei diritti dell'uomo 97,2 1 ,8 1,0 0,9 Altre 99,2 0,2 0,6 0,7 (solo per le donne) Organizzazioni che si occupano soprattutto
dei problemi della donna 96,7 1 ,7 1,6 0,7
Base 2.500 Risposte multiple
46. I valori importanti della vita
Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Famiglia 86,7 12,0 1 ,0 0,3 Lavoro 63,8 33,6 1 ,9 0,3 0,4 Amicizia 72,4 24,1 2,9 0,3 0,3 Attività politica 4,6 20,2 44,0 28,5 2,6 Impegno religioso 13,6 36,4 3 1 ,1 16,3 2,6 Impegno sociale 22,3 53,1 18,7 4,2 1 ,6 Studio e interessi culturali 37,4 41 ,7 14,8 4,7 1 ,4 Svago nel tempo libero 50,6 42,3 6,1 0,6 0,4 Attività sportive 32,7 39,8 19,3 7,4 0,8 Successo e carriera personale 42,2 40,9 12,2 3,6 1,0 Eguaglianza sociale 56,0 32,8 7,5 2,0 1 ,7 Solidarietà 59,8 3 1 ,9 5,5 1,7 1,2 Amore 79,5 18,4 1 ,2 0,4 0,5 Autorealizzazione 62,9 3 1 ,2 4,4 0,4 1 , 1 Libertà e democrazia 69,5 23,7 4,4 1,2 1,2 Vita confortevole e agiata 38,5 49,2 10,0 1,3 1 ,0
Base 2.500 Risposte multiple
381
47. Grado di fiducia per alcune istituzioni o gruppi
Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
I funzionari dello Stato 1,5 17,6 51 ,7 26,4 2,8 Gli insegnanti 9,2 52,9 29,3 6,8 1,7 Le banche 6,1 39,8 35,8 12,2 6,2 La polizia 16,5 5 1 ,4 22,5 7,4 2,2 I sindacalisti 2,3 21 ,4 43,1 25,4 7,8 I sacerdoti 10,0 38,8 29,3 18,2 3,7 Il governo 1 ,7 14,6 46,3 33,6 3,8 I militari di carriera 6,6 32,3 32,5 19,2 9,4 Gli uomini politici 0,8 8,3 41 ,9 46,0 3,1 I magistrati 10,9 44,2 29,0 1 1 ,3 4,6 Gli scienziati 39,8 46,4 8,0 2,4 3,4 I carabinieri 15,6 47,3 22,8 1 1 ,6 2,8 Gli industriali 9,0 40,1 33,3 10,0 7,6 I partiti 1 ,3 12,0 47,6 34,8 4,3 I giornali 9,6 38,5 37,7 1 1 ,4 2,8 La televisione pubblica 9,3 42,1 35,6 10,2 2,8 La televisione privata 7,3 38,0 39,0 12,7 3 ,0
Base 2.500 Risposte multiple
48. Modi di comportamento diffusi tra gli insegnanti secondo l'esperienza degli intervistati
L'incompetenza e l'impreparazione nella propria materia L'influenza politica ed ideologica sugli allievi L'eccessiva severità La tendenza a non considerare le esigenze ed il punto di vista
degli studenti L'eccessiva accondiscendenza ed arrendevolezza di fronte
alle richieste degli studenti
Base Risposte multiple
38,6 39,4 23,8
62,1
21 ,0
2.500
4 9. Il più dzf/uso comportamento tra gli insegnanti secondo l'esperienza degli intervistati
L'incompetenza e l'impreparazione nella propria materia L'influenza politica ed ideologica sugli allievi L'eccessiva severità La tendenza a non considerare le esigenze ed il punto di vista
degli studenti L'eccessiva accondiscendenza ed arrendevolezza di fronte
alle richieste degli studenti
Base
382
24,1 15,3 8,9
44,2
7,5
2.500
50. Soddisfazione negli studi compiuti per ciò che riguarda i seguenti aspetti
Capacità professionali acquisite Cultura generale acquisita Rapporti con i compagni Rapporti con gli insegnanti Altra risposta
Base Risposte multiple
51 . Posizione di fronte alla convivenza
Già convivo Sono favorevole ad un periodo di convivenza prima del matrimonio Sono favorevole comunque alla convivenza, anche senza matrimonio Non sono favorevole alla convivenza Non so
Base
52. Ha un rapporto fisso con un/a compagno/a-partner?
Sì No N o n risposta
Base
56,6 75,7 85,2 65,0
1 ,8
2.500
1 ,0 24,8 39,7 27,8
6,8
2.500
57,9 42,0
0,1
2.500
53. Fattori che contribuiscono maggiormente alla buona riuscita di un rapporto di coppia
Molto Abbastanza Poco Per niente importante importante importante importante
V al ori, ideali e aspirazioni comuni 47,3 43,3 8,4 0,8 Comprensione reciproca 83,4 15,9 0,5 0,1 Rispetto dell'altro 92,7 6,9 0,2 Intesa sessuale 50,1 44,8 4,6 0,3 Indipendenza economica di
ognuno dei due 2 1,6 39,6 32,6 6,0 Stesso livello di istruzione e cultura 1 1 ,6 32,4 42,7 13,1 Capacità di comunicare 78,3 20,3 1,2 0,1 Fedeltà reciproca 79,9 17,2 2,2 0,5
Base 2.500 Risposte multiple
383
54. Grado di accordo sulle seguenti affermazioni sulla parità uomo-donna
Molto Abbastanza Poco Per niente d'accordo d'accordo d'accordo d'accordo
È soprattutto l'uomo che deve mantenere la famiglia 9,4 22,8 37,7 30,1
Per una donna è molto importante essere attraente 17 ,1 46,0 27,9 8,9
Una donna sa fare le stesse cose che sa fare un uomo 27,7 42,0 24,7 5,4
È giusto che in casa sia l'uomo a comandare 4,2 9,2 25,4 61 ,1
Sarebbe giusto che anche gli uomini aiutassero a fare le faccende domestiche 47,0 39,9 9,4 3 ,6
Per l'uomo, più che per le donne, è molto importante avere successo nel lavoro 20,4 27,0 3 1 ,0 21 ,4
In politica la presenza delle donne in posizioni importanti è ancora insufficiente 36,2 38,4 20,4 4,5
Una donna è capace di sacrificarsi per la famiglia molto più di un uomo 44,9 29,8 17,1 8,1
In presenza di figli piccoli, è sempre meglio che il marito lavori e la moglie resti a casa a curare i figli 33,3 36,3 2 1 ,0 9,2
Base 2.500 Risposte multiple
55. Quanto è importante la religione nelle vita dei giovani
Moltissimo Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Base
384
12,6 22,6 33,2 20,2
8,9 2,5
2.500
56. L'atteggiamento nei confronti della fede religiosa
Sono credente Non sono credente perché ritengo che sull'esistenza di Dio
non ci si possa pronunciare Non sono credente perché i problemi di fede mi sono indifferenti Non sono credente perché sono convinto che Dio non esista Credente con riserve Altro Non indica
Base
57. Frequenza alle funzioni religiose negli ultimi sei mesi
Mai in 6 mesi 1-2 volte in 6 mesi Circa l volta al mese 2-3 volte al mese Tutte le settimane o quasi Altro
Base
77,8
7,0 4,2 3,0 5,6 2,3 0,1
2.500
26,4 27,7 12,8 10,5 2 1 ,8
0,8
2.500
58a. I contatti con il mondo della droga (frequenza con cui sono capitate le seguenti esperienze)
Parlare con qualche persona che ha fatto uso di droga
Conoscere persone che fanno uso di droghe Vedere qualcuno che stava usando droga Sentirsi offrire qualche tipo di droga Prendere in mano qualche tipo di droga Sentire il desiderio di provare una droga
Base Risposte multiple
385
Di cui:
T o tale sì Molte Qualche l o 2
64,5 63,3 5 1 ,3 37,6 22,2 14,0
volte volta volte
23, 1 20,5 14,4 8,4 3 ,9 2,2
3 1 ,9 33,2 25,7 19,4 1 1 ,8 8,1
9,5 9,6
1 1 ,2 9,8 6,5 3 ,7
2.500
58b. I contatti con il mondo della droga per tipi di sostanze (incidenza)
Eroina/ Acidi/ Hashish/ Cocaina Ecstasy Marijuana
Parlare con qualche persona che ha fatto uso di droga
Conoscere persone che fanno uso di droghe Vedere qualcuno che stava usando droga Sentirsi offrire qualche tipo di droga Prendere in mano qualche tipo di droga Sentire il desiderio di provare una droga
Base Risposte multiple
39,7 33,2 38,8 14,8 10,2 13,4
27,9 26,2 16,1 22,0 12,5 14,8
59. L'atteggiamento nei confronti della legalizzazione della droga
Decisamente favorevole Abbastanza favorevole Abbastanza contrario Decisamente contrario Non so, non ho un'opinione in proposito
Base
60. Iniziativa più efficace per limitare gli episodi di vandalismo
Aumentare la vigilanza delle forze dell'ordine Inasprire le pene per chi commette atti vandalici Svolgere un'opera di educazione fin dalla prima infanzia Sensibilizzare l'opinione pubblica affinché ciascuno vigili con attenzione contro possibili infrazioni Non indica
Base
61. Importanza per l'Italia di far parte di un'Europa unita
Molto importante Abbastanza importante Poco impanante Per nulla imponante Non so
Base
386
72,6 73,3 70,1 87,4 93,2 87,8
2.500
13,0 22,0 16,0 40,0
9,0
2.500
18,8 24,7 41 ,1
15,1 0,2
2.500
56,5 32,4 4,2 1 ,6 5,3
2.500
62. Grado di accordo sulle proposte relative a quali debbano essere i capisaldi della unificazione europea
Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Una moneta unica 36,8 41 ,0 1 1 ,4 3,6 7,2 Un esercito comune 17,1 33,4 27,0 1 1 ,9 10,6 Una politica estera comune 29,3 41,9 12,4 5,8 10,6 Più poteri al Parlamento europeo 28,7 40,4 12,8 4,5 13,5
Base 2.500 Risposte multiple
63. Lingue straniere conosciute abbastanza bene per poter sostenere una conversazzone
Francese Inglese Spagnolo Tedesco Altre lingue
Base Risposte multiple
28,9 45,6 4,7 5,0 1 ,2
2.500
64. Partecipazione negli ultimi 12 mesi ad attività riguardanti i seguenti temi
Pace e disarmo Problemi della scuola e studio Problemi dei lavoratori Difesa dell'ambiente Problemi inerenti ai test nucleari Problemi delle donne Problemi del quartiere Campagne elettorali Proposte di referendum Altro
Base Risposte multiple
Di cui:
Ha partecipato 1-2 volte Più di 2 volte
6,6 25,5 10,9 13,2 10,4 4,8 6,0 8,2 7,0 2,5
387
5,4 15,7 8,7
10,4 8,6 3,8 4,4 6,1 6,0 1,7
1,2 9,8 2,2 2,8 1 ,8 1 ,0 1 ,6 2,1 1 ,0 0,8
2.500
65. Indicazione dell'importanza relativa ad alcune misure politico-sociali
I posto II posto III posto IV posto
Mantenere l'ordine nella nazione Dare alla gente maggiore potere nelle decisioni politiche Combattere l'aumento dei prezzi Proteggere la libertà di parola
Base Risposte multiple
26,2
26,9 16,4 30,4
25,1
23,4 23,0 28,4
66. Senso di appartenenza ad un'unità geografica
La località o la città in cui vivo La regione o provincia in cui vivo L'Italia L'Europa Il mondo in generale Non indica
Base
I posto
40,2 10,5 32,2 3 , 1
12,6 1,4
24,7 24,0
26,0 23,6 27,2 33,2 22,0 19,1
2.500
II posto
19,2 23,2 3 1 ,8 13,1 10,6 2,2
2.500
67. Quanto gli intervistati si sentono orgogliosi di essere italiani
Molto 42,2 Abbastanza 46,2 Poco 8,8 Per niente 2,6 Non indica 0,2
Base 2.500
388
68. Grado di orgoglio per i seguenti aspetti relativi all'Italia
Molto Abbastanza Poco Per niente orgoglioso orgoglioso orgoglioso orgoglioso
La nostra storia 36,8 48,0 13,0 2,1 La lingua e la cultura italiana 57,6 36,5 5,2 0,5 Le bellezze naturali del nostro territorio 80,2 17,6 1 ,7 0,4 Il nostro patrimonio artistico 75,9 19,9 3,9 0,2 La nostra Costituzione 1 1 ,2 50,2 32,4 5,8 Il benessere economico 5,7 37,9 46,4 9,8 I successi dei nostri campioni sportivi 3 1 ,2 40,8 18,4 9,4 I successi della ricerca scientifica
contemporanea 24,2 50,4 22,0 2,8 Il modo di trattare gli immigrati 3,3 19,8 54,3 22,4 n carattere degli italiani 17,0 46,3 28,8 7,7
Base 2.500 Risposte multiple
69. Ideali di giustizia sociale: grado di accordo con le seguenti affermazioni
È giusto che le persone più competenti ottengano riconoscimenti economici superiori a quelli delle persone meno competenti
In una società giusta è necessario che ci siano per tutti uguali opportunità di partenza
Al giorno d'oggi in Italia la maggior parte delle persone povere lo sono per colpa loro
Base Risposte multiple
Molto Abbastanza Poco Per niente Non d'accordo d'accordo d'accordo d'accordo so
37,7 40,5 12,8 7,1 2,0
79,0 18,0 1 ,8 0,4 0,7
5,6 14,8 42,5 33,4 3 ,8
2.500
389
70. Grado di accordo con alcune affermazioni relative all'immigrazione straniera in Italia
Molto Abbastanza Poco Per niente Non d'accordo d'accordo d'accordo d'accordo so
Disturba il fatto che nel nostro Paese ci siano così tanti immigrati 14,7 30,2 32,6 20,6 2,0
Non è giusto che gli immigrati portino via posti di lavoro ai disoccupati del nostro Paese 17,9 25,2 30,2 25,0 1,7
Sarebbe meglio che gli immigrati tornassero a casa loro 9,9 18,6 34,8 3 1 ,6 5,1
Gli immigrati vivono in condizioni difficili ed è compito nostro aiutarli come possiamo 20,2 5 1 ,5 19,8 5 ,8 2,7
Il problema degli immigrati richiede un intervento politico che aiuti a risolvere i problemi economici dei paesi di provenienza 40,4 34,4 14,5 6,8 3 ,9
Gli immigrati che vivono in Italia contribuiscono ad un arricchimento culturale del nostro Paese 8,6 27,0 35,4 22,8 6,2
Base 2.500 Risposte multiple
390
71 . Grado di accordo sulle seguenti affermazioni sul rapporto tra cittadini e politica
Penso che ai politici non importi nulla delle opinioni di persone come me
I politici sono interessati a ottenere voti, ma poi non si interessano più della volontà degli elettori
La politica è troppo complicata perché uno come me possa capirci qualcosa
In democrazia quello che conta è che ci sia una maggioranza che governi e una minoranza che la controlli dall'opposizione
Per garantire l'ordine e la legge, la polizia deve poter intervenire con mano pesante
Ognuno deve avere il diritto di far valere le proprie opinioni, anche se la maggioranza dei cittadini è di opinione contraria/ diversa
Per difendere le proprie convinzioni, ogni cittadino ha il diritto in caso di necessità di scendere in piazza
Quando gli interessi di gruppi diversi sono in conflitto, bisognerebbe sempre cercare di arrivare a un compromesso
N el caso di delitti di particolare gravità bisognerebbe introdurre la pena di morte
Base Risposte multiple
72. L'atteggiamento nei confronti della politica
Mi considero politicamente impegnato
Molto Abbastanza Poco Per niente d'accordo d'accordo d'accordo d'accordo
45,1 34,0 17,8 3,0
52,1 37,7 8,9 1 ,2
18,9 27,0 35,1 18,8
26,0 46,6 21 ,7 4,9
17,3 26,2 36,2 20,0
59,4 3 1 ,6 7,2 1 ,4
46,1 37,1 15,2 1 ,4
41 ,8 47,3 9,1 1 ,5
20,4 14,8 19,5 45,0
2.500
Mi tengo al corrente della politica, ma senza parteciparci personalmente Penso che bisogna lasciare la politica a persone che hanno
3 , 1 52,2
più competenza di me La politica mi disgusta Non risposta
Base
391
24,3 20,2
0,2
2.500
7 3 . Fiducia negli altri: grado di accordo con le seguenti affermazioni
Molto Abbast. Né d'ace. Poco Per niente d'accordo d'accordo né in disac. d'accordo d'accordo
Gran parte della gente è degna di fiducia 8,8 3 1 ,0 21 ,7 3 1 ,5
Non si è mai sufficientemente prudenti nel trattare con la gente 26,7 48,5 12,0 1 1 ,2
La gente, in genere, guarda prevalentemente al proprio interesse 46,3 40,3 7,7 5 ,0
Gli altri, se gli si presentasse l'occasione, approfitterebbero della mia buona fede 27,6 34,0 19,0 15,8
Ritengo che gli altri siano, nei miei confronti, sempre corretti 6,4
Base Risposte multiple
74. Opinioni alternative nei confronti del futuro
33,5 23,9 29,2
Quando penso al mio futuro lo vedo pieno di possibilità e di sorprese Quando penso al mio futuro lo vedo pieno di rischi e di incognite Non so
Nella vita è importante avere degli obiettivi e delle mete È inutile fare tanti progetti perché succede sempre qualcosa
che ci impedisce di realizzarli Non so
Se non si fanno presto delle scelte ben precise è difficile riuscire nella vita Nella vita è meglio tenersi sempre aperte molte possibilità e molte strade Non so
Il successo dipende dal lavoro sodo e la fortuna conta poco Non è saggio fare tanti programmi per il futuro perché molto
dipende dalla fortuna Non so
Al giorno d'oggi per riuscire nella vita è necessario saper rischiare Non è mai saggio rischiare, meglio esser prudenti e saper valutare
sempre le proprie forze Non so
Anche le scelte più importanti della vita non sono mai <<per sempre», possono essere sempre riviste
Nella vita viene sempre il momento delle scelte decisive dalle quali non si può più <<tornare indietro>>
Non so
Base
392
6,9
1,5
0,5
3 ,6
6,9
2.500
56,8 32,8 10,5
77,4
19,8 2,9
21 ,1 73,5 5,4
57,7
26,9 15,4
51 , 1
42,6 6,3
52,5
40,4 7,1
2.500
75 . Grado di accordo sui seguenti differenti orientamenti verso il passato e ver-so il futuro
Molto Abbas t. Né d'ace. Poco Per niente d'accordo d'accordo né in disac. d'accordo d'accordo
Il passato è così pieno di ricordi tristi che preferisco non pensarci 7 , 1 10,6 1 1 ,4 34,5 36,3
Non credo proprio che si possa imparare molto dalle proprie esperienze 3,8 6,4 3,3 30,6 55,8
Ciò che è accaduto ieri bisognerebbe dimenticarlo il più presto possibile 5,7 9,0 8,0 32,4 44,7
Slli mio futuro ho le idee abbastanza chiare 15,9 42,4 15,5 19,6 6,5
Non voglio dipendere da nulla, neppure dalle decisioni che io stesso ho preso in passato 10,6 21 ,2 18,6 32,5 16,9
Ciò che mi potrà accadere in futuro mi lascia piuttosto indifferente 4,4 12,4 9,0 35,1 38,9
Ciò che è stato è stato, perché mai dovrei continuare a pensarci su e preoccuparmene 14,0 29,2 13,2 27,7 15,8
Fare delle esperienze interessanti nel presente è per me più importante che pianificare il futuro 26,6 37,1 15,5 16,2 4,5
Base 2.500 Risposte multiple
76a. Frequenza con cui i giovani si assumono dei rischi nelle cose importanti della vita
Molto Abbast. Qualche No, Non frequent. frequent. volta mai pertinente
Nelle decisioni importanti che influenzano la mia vita futura 12,1 29,6 39,8 18,5
Nelle decisioni che riguardano la mia attività lavorativa o i miei studi 14,3 30,1 32,8 17,4 5,0
Nei rapporti affettivi con il mio/la mia partner 1 1 ,4 19,2 23,9 26,2 18,5
Nei rapporti con la mia famiglia d'origine 1 1 ,1 19,6 28,2 40,2
Base 2.500 Risposte multiple
393
76b. Frequenza con cui i giovani si assumono dei rischi nella quotidianità della vita
Molto Abbastanza Qualche frequentem. frequentem. volta
Vivendo a contatto con situazioni o realtà pericolose 6,0 12,4 29,3
Dal punto di vista della mia salute 5,9 14,4 29,6 Nel gioco, nelle scommesse 1 ,8 4,5 13,9 Guidando auto o moto in modo spericolato
(o salendo su un'auto o moto guidata spericolatamente) 3 ,9 8,5 24,7
Guidando auto o moto dopo aver bevuto alcool (o salendo su un'auto o moto guidata da chi ha bevuto alcool) 1 ,2 2,2 1 1 ,2
Nei rapporti sessuali 2,3 4,2 14,5 Praticando sport o attività pericolose 4,0 6,8 19,0
Base Risposte multiple
77. Soddisfazione per la vita che gli intervù·tati conducono attualmente
Molto soddisfatto Abbastanza soddisfatto Non molto soddisfatto Per niente soddisfatto Non so
Base
No, mai
52,2 50,0 79,6
62,7
85,2 78,6 70,0
2.500
18,3 60,8 16,5 3 ,3 1 ,1
2.500
78. Autocollocazione politica sulla scala formata da 10 caselle che rappresentano altrettante posizioni dall'estrema sinistra (casella l) all'estrema destra (casella 10)
Non voglio rispondere Non so/non voglio collocarmi
Base
394
6,8 23,4
2.500
80. Professione dei genitori (attuale o passata se in pensione)
Lavoratore dipendente: Dirigente Appartenente alla carriera direttiva Insegnante Impiegato di concetto Impiegato esecutivo Capo operaio Operaio specializzato o qualificato Operaio comune Apprendista Lavoratore a domicilio (si intende chi lavora a casa propria) Collaboratore/ collaboratrice domestica
Lavoratore autonomo: Imprenditore (15 o più dipendenti) Libero professionista Artigiano Commerciante Proprietario agricolo Mezzadro Coadiuvante familiare Socio di cooperativa
lnoccupati: Casalinga Invalido Disoccupato
Non indica
Base
81 . Titolo di studio dei genitori
N es su n titolo Licenza elementare Licenza media o avviamento professionale Licenza di scuola media superiore o professionale (2 anni) Licenza di scuola media superiore ( 4 o 5 anni) Diploma para-universitario o corso professionale
post-secondaria (2-3 anni) Laurea Non so Non risposta
Base
395
Padre Madre
5,4 0,2 3 ,9 1,0 3 ,3 8,1
1 1 ,8 6,6 9,7 6,1 2,6 0,3
15,9 1 ,9 13,8 7,3
0,1 0,3 0,9 0,1 3,0
2,3 0,2 7,1 1 ,0 9,4 2,4 8,4 5,4 3 , 1 1 , 1 1 ,0 0,6
1,5 0,2 O ,l
50,7 0,3 0,8 0,8 0,4
0,6 0,2
2.309 2.456
Padre Madre
4,2 5,2 29,8 34,9 29,4 27,6
4,9 5 ,9 19,3 17,4
1 ,0 1 ,5 9,7 5,8 1 ,3 1 ,4 0,4 0,2
2.309 2.456
82. Livello di soddisfazione nei confronti di alcuni aspetti o situazioni della vita
Molto Abba- Poco Per Non stanza niente so
La Sua salute fisica in questo momento 37,6 47,2 12,0 2,7 0,5
Il Suo aspetto fisico 14,4 64,7 15,9 3 ,2 1 ,7 La Sua capacità di memoria e
concentrazione 20,7 53,5 21 ,5 3 ,5 0,8 La Sua capacità di prendere decisioni 23,6 53,6 19,6 2,2 1 ,0 La Sua tranquillità psicologica 23,9 46,3 22,3 6,3 1 ,2 Il Suo tenore di vita 20,6 59,4 16,3 2,8 0,9 n luogo in cui vive 32,3 47,2 15,0 4,6 0,9 La casa 44,7 44,9 8,2 1 ,6 0,5 Le amicizie 44,9 44,1 9,3 1 ,2 0,5 L'amore 44,9 3 1 ,0 15,5 6,2 2,4 n modo di passare il tempo libero 22,2 5 1 ,2 21 ,6 3,8 1 ,1 L'istruzione che ha ricevuto (o riceve) 32,0 53,1 12,4 1,9 0,6 I rapporti con gli altri giovani 32,2 58,5 7,6 0,8 1 ,0 I rapporti nella famiglia 44,2 46,0 7,6 1 ,4 0,8 I rapporti con gli insegnanti
(per chi va a scuola) 1 1 ,2 46,5 28,3 5,2 8,7 n lavoro che fa (per chi lavora) 18,6 38,1 10,2 2,6 30,5 Come si vive in Italia oggi 2,8 42,0 40,8 12,0 2,4
Base 2.500 Risposte multiple
83 a. I settori della ricerca scientifica prioritari a cui destinare i finanziamenti (massimo tre settori indicati)
Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità
Sicurezza della circolazione stradale Meteorologia e controllo del clima Riduzione e controllo degli inquinamenti Esplorazione dello spazio Sicurezza delle installazioni nucleari Ricerche mediche e farmaceutiche Metodi d'insegnamento e di educazione Nuove fonti d'energia (solare, marina . . . ) Armamento e difesa nazionale Maggiore rapidità dei trasporti pubblici Prevenzione e trattamento delle
intossicazioni da droga Non so Non indica
Base Risposte multiple
396
34,5 12,0 1,5
47,4 5 ,1
15,3 66,9 22,8 21,8 2,1 4,2
3 1 ,2 2,1 0,8
2.500
83b. I settori della ricerca scientifica a cui ridurre i finanziamenti (massimo tre settori indicati)
Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità
Sicurezza della circolazione stradale Meteorologia e controllo del clima Riduzione e controllo degli inquinamenti Esplorazione dello spazio Sicurezza delle installazioni nucleari Ricerche mediche e farmaceutiche Metodi d'insegnamento e di educazione Nuove fonti d'energia (solare, marina ... ) Armamento e difesa nazionale Maggiore rapidità dei trasporti pubblici Prevenzione e trattamento delle
intossicazioni da droga . Non so Non indica
Base Risposte multiple
5,3 9,0
36,2 1 ,9
44,8 10,8 0,1 6,0 6,0
58,2 22,8
4,2 12,1
1 ,4
2.500
84. Pratica di uno sport in modo continuativo o «abbastanza» continuativo negli ultimi 12 mesi
No 50,3 � �J
Base 2.500
397
85. Sport praticato negli ultimi 12 mesi
Di cui:
Pratica totale Per divertimento Per agonismo
Calcio 37,4 25,8 1 1 ,6 Podismo, footing, jogging 12,7 12,1 0,6 Atletica leggera 6,6 4,7 1 ,9 Body building 14,6 13,8 0,8 Attività di palestra, ginnastica 27,6 26,2 1 ,4 Danza, aerobica 12,3 1 1 ,2 1 ,1 Palla canestro 8,9 7,2 1 ,7 Palla volo 17,3 12,2 5 ,1 Nuoto 21 ,7 20,2 1 ,5 Pallanuoto 2 ,1 1 ,7 0,4 Tennis 17 ,7 16,3 1 ,4 Ciclismo 10,7 9,7 1 ,0 Arti marziali 4,5 2,7 1 ,8 Boxe 1 ,2 1 ,0 0,2 Alpinismo, trekking 5 ,1 5 ,1 Sci (alpino, di fondo) 19 ,7 19,1 0,6 Equitazione 4,5 3 ,9 0,6 Parapendio, deltaplano 0,6 0,6 Moto-cross 2,0 1 ,9 0,1 Pattinaggio 5,4 5,4 Scherma 0,4 0,3 0,1 Canoa e canottaggio 1 ,7 1 ,6 0,1 Ping-pong 10,5 10,3 0,2 Su h 4,1 3 ,8 0,3 Altri sport di squadra 3 ,2 1 ,6 1,6 Altri sport individuali 5,0 4,2 0,8
Base 1 .243 Risposte multiple
398
86. Importanza dei motivi per la pratica dello sport scelto
Importante Non importante
Per conoscere ragazzi/e dell'altro sesso Per le occasioni di incontro con un gruppo di amici Per vivere delle esperienze di gioco di squadra Per combattere la solitudine Per rendermi più autonomo dalla mia famiglia Per avere occasioni di viaggiare Per controbilanciare le mie difficoltà di inserimento
scolastico o di lavoro Per sopportare meglio lo stress della vita quotidiana Per mantenere un buon aspetto fisico (estetico) Per mantenermi in forma Devo farlo per ragioni terapeutiche Per esprimere le mie capacità e misurarle nei
confronti con gli altri Mi piace primeggiare nelle competizioni Perché sono attratto dai campioni sportivi L'attività sportiva mi permette di guadagnare qualcosa Altri motivi
Base Risposte multiple
20,8 66,0 54,7 28,5 1 1 ,3 19,3
6,4 72,8 75,0 93,5
9,2
3 1 ,6 25,5 18,3 5 ,0 4,5
87. Frequenza con cui sfoglia o legge i seguenti quotidiani/ giornali
Mai o quasi mai
Quotidiano d'informazione 22,0 Quotidiano sportivo 69,1
Mai o quasi mai
Settimanali d'opinione 57,3 Settimanali familiari 63,0 Settimanali radiotelevisivi 50,0 Settimanali femminili 61,0 Settimanali scandalistici 83,7 Altri settimanali 84,6
Periodici mensili Fumetti e rotocalchi giovanili
Base Risposte multiple
399
l volta la settimana
23,2 15,6
l volta al mese
21 ,7 16,0 1 1 ,6 14,9 9,5 6,3
Mai o quasi mai
48,3 60,9
2-5 volte la settimana
27,0 9,4
2-3 volte al mese
12,4 1 1 , 1 12,1 13 ,7 4,2 3 ,8
Qualche volta
30,4 25,0
77,7 32,4 43,8 70,0 87,1 79,2
92,0 25,7 23,5 5 ,0
89,3
66,9 73,0 80,2 93,5 94,0
1.243
Tutti i gg. o quasi
27,9 5,9
Tutte le sett. o quasi
8,6 10,0 26,4 10,4 2,6 5,3
Spesso
21 ,3 14,0
2.500
88. Frequenza di lettura dei generi di notizie che si trovano sui quotidiani e pe-rio dici
Molto Abbastanza Di rado Mai spesso spesso
Politica locale 8,9 26,3 38,7 26, 1 Politica interna 12,8 3 1 ,4 3 1 ,4 24,4 Politica estera 7,6 24,4 39,2 28,8 Cronaca nera e giudiziaria 18,2 42,5 25,6 13,7 Fatti di cronaca nazionale 21 ,0 52,6 17,5 9,0 Fatti di cronaca locale 28,4 43 ,4 18,8 9,5 Cronaca mondana 9,0 32,2 37,2 21 ,6 Notizie sportive 24,5 21 ,6 26,5 27,4 Pagine culturali 14,3 40,4 3 1 ,5 13,8 Informazioni su spettacolo, Tv, cinema .. . 21 ,7 45,7 23,0 9,6 Notizie economiche e finanziarie 6,3 19,8 40,3 33,6 Articoli su problemi sociali 15,4 46,4 25,8 12,4 Articoli scientifici 12,1 27,3 37,9 22,7 Rubriche e servizi vari 16,4 38,0 28,1 17,5
Base 2.500 Risposte multiple
89. Frequenza con cui i giovani guardano i seguenti generi di programmi te/evi-Stvt
Molto Abbastanza Di rado Mai spesso spesso
Telegiornali nazionali 50,9 35,0 1 1 ,0 3 , 1 Telegiornali regionali e locali 22,6 37,5 31 ,4 8,4 Trasmissioni e dibattiti politici 7,1 21 ,6 40,3 3 1 ,0 Trasmissioni sportive 22,1 24,2 26,6 27, 1 Trasmissioni culturali, documentari
e servizi di informazione scientifica 16,0 43,4 30,7 9,9 Film e telefilm 47,4 41 ,3 9,4 1 ,9 Seria! e telenovele 7,5 1 1 ,0 22,3 59,2 Trasmissioni <<contenitore>> 7,6 18,0 34,6 39,8 Trasmissioni di musica moderna 16,5 33 ,1 3 1 ,4 19,0 Trasmissioni di musica classica o opere 1,8 6,0 28,6 63,6 Talk-show 16,4 32,7 30,6 20,2 Giochi e quiz 6,5 19,8 33,3 40,4 Cartoni animati 10,3 27,8 35,4 26,5 Trasmissioni di vita vissuta 10,2 21 ,2 30,6 38,1 Trasmissioni per giovani 17,6 29,9 27,5 25,0
Base 2.500 Risposte multiple
400
90. Ore dedicate al giorno alla visione della Tv e all'ascolto della radio
Televisione Radio
Mai o quasi mai 2,8 14,3 Meno di l ora 8,7 22,2 Da l a 2 ore 28,8 21 ,7 Da 2 a 3 ore 34,4 12,9 Da 3 a 4 ore 15,8 8,3 Da 4 a 5 ore 5,9 6,1 Più di 5 ore 3 ,5 14,5
Base 2.500
91 . Numero medio di libri letti durante gli ultimi 6 mesi
3 ,2 libri
Base 2.500
Percentuale di giovani che non hanno letto alcun libro durante gli ultimi 6 m est
29,2% di non lettori
Base 2.500
92. Luogo di vacanza in cui l'intervistato ha trascorso il più lungo periodo di vacanza negli ultimi 12 mesi
Stessa regione di residenza Altra regione del Nord Italia Altra regione del Centro Italia Altra regione del Sud Italia Paese europeo Paese extra-europeo Nessuna vacanza negli ultimi 12 mesi
Base
401
27,9 14,9 13,6 14,3 14,9 6,0 8,3
2.500
93 . Frequenza di una serie di attività che si svolgono nel tempo libero (stima ri-guardante i tre mesi precedenti l'intervista)
l o più volte l o più volte 1-2 volte Mai in la settimana al mese inJ mesi J mesi
Ho suonato uno strumento musicale 12,3 3 ,2 6,0 78,4 Ho ballato in un locale pubblico
(discoteca ... ) 13,2 24,0 28,6 34,2 Sono andato al cinema 8,4 33 ,6 29,6 28,4 Sono andato ad un concerto
di musica leggera 0,5 4,4 1 1 ,4 83,8 Sono andato ad un concerto
di musica classica 0,4 1,0 3 ,6 95,0 Sono andato a teatro 0,6 5,8 14,9 78,6 Sono andato a vedere
una manifestazione sportiva (calcio, basket, ecc) 8,7 14,3 18,4 58,6
Ho visitato un museo o una mostra d'arte 0,7 7,0 21 ,6 70,8
Ho partecipato ad un convegno o a un dibattito culturale 1 ,2 5,3 15,0 78,5
Sono entrato in una biblioteca pubblica 8,8 14,2 15,2 61 ,9
Ho praticato attivamente uno sport 34,4 8,3 6,6 50,6 Ho ascoltato dischi o cassette di
musica leggera 66,4 13,1 6,8 13,6 Ho ascoltato dischi o cassette di
musica classica 10,8 10,3 1 1 ,2 67,6 Sono entrato in libreria per comprare
libri (non di studio) 5,7 18,9 22,6 52,8
Base 2.500 Risposte multiple
94a. Ripartizione media di somme ipoteticamente possedute: 500.000 lire (somma da dedicare ad un uso oppure da ripartire tra più usi)
Per risparmio Per fare un bel week-end Per comprare un oggetto per la casa Per fare un regalo Per comperare un attrezzo sportivo Per comperare libri Per comperare dischi Per pagarmi un corso Per comperare un bel capo di abbigliamento Altro
Base
402
144.700 119.300 20.600 33.600 16.000 18.200 19.800 29.300 79.400 19. 100
2.500
94b. Ripartizione media di somme ipoteticamente possedute: 5.000.000 lire (somma da dedicare ad un uso oppure da ripartire tra più usi)
Per risparmio/investimento Per comperare un computer Per una bella vacanza Per comperare un'auto o una moto usata Per comperare un hi-fi/tv/videoregistratore Per comperare dei mobili nuovi per la casa Per dare un contributo ad un'associazione benefica Per andare a studiare qualche mese all'estero Altro
Base
1 .829.500 368.900
1 .089.100 684.900 164.700 223.700 122.700 378.500 138.000
2.500
94c. Ripartizione media di somme ipoteticamente possedute: 50.000.000 lire (somma da dedicare ad un uso oppure da ripartire tra più usi)
Per risparmio/investimento Per contribuire a comperare un monolocale Per comperare un'auto o una moto nuova Per contribuire a comperare una casa di vacanza Per dare un contributo ad un'associazione benefica Per andare a studiare due anni all'estero Altro
Base
403
22.920.400 9.729.800 7.578.300 3 .540.200 1.401 .400 2.672.300 2 .157.600
2.500
95. Opinioni su azioni che possono essere ritenute devianti nella soàetà
Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare Fumare occasionalmente marijuana Divorziare Ubriacarsi Assentarsi dal lavoro quando non si è realmente ammalati Prendere qualcosa in un negozio senza pagare Avere rapporti sessuali senza essere sposati Fare a botte per far valere le proprie ragioni Fare a botte con i tifosi di una squadra avversaria Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna Fumare tabacco Avere esperienze omosessuali Vivere insieme (convivere) senza essere sposati Prendere droghe pesanti (eroina, ecc.) Abortire (proprio o per la partner) Avere una relazione con una persona sposata Produrre danni a beni pubblici
(cabine telefoniche, panchine . . . )
Base Risposte multiple
404
Questa cosa è più spesso
Criticata Non criticata
63,8 85,9 65,6 79,1 69,6 90,3 40,2 70,1 88,9 69,6 3 1 ,4 89,6 52,5 96,1 80,3 83 ,8
87,8
35,4 13,5 33,6 19,8 29,8
9,0 59,2 29,0 10,1 29,6 67,3 9,4
46,8 3,1
18,4 15,5
1 1 ,6
2.500
96. Opinioni su azioni che sono ritenute personalmente ammissibili
Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare Fumare occasionalmente marijuana Divorziare Ubriacarsi Assentarsi dal lavoro quando non si è realmente ammalati Prendere qualcosa in un negozio senza pagare Avere rapporti sessuali senza essere sposati Fare a botte per far valere le proprie ragioni Fare a botte con i tifosi di una squadra avversaria Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna Fumare tabacco Avere esperienze omosessuali Vivere insieme (convivere) senza essere sposati Prendere droghe pesanti (eroina, ecc.) Abortire (proprio o per la partner) Avere una relazione con una persona sposata Produrre danni a beni pubblici
(cabine telefoniche, panchine ... )
Base Risposte multiple
405
Questa cosa è secondo Lei
Ammissibile Non ammissibile
34,3 38,8 78,0 55,3 28,9
7,1 88,1 24,6 7,0
26,8 84,7 51 ,4 83,5 8,1
51 , 1 47,0
4,3
65,0 60,6 20,9 46,3 70,3 92,1 1 1 ,2 74,6 91,9 72,4 13,8 47,5 15,8 91,0 47,2 52,3
95 ,0
2.500
97. Opinioni su azioni che potrebbe capitare di compiere
Viaggiare sui trasporti pubblici senza pagare Fumare occasionalmente marijuana Divorziare Ubriacarsi Assentarsi dal lavoro quando non si è realmente
ammalati Prendere qualcosa in un negozio senza pagare Avere rapporti sessuali senza essere sposati Fare a botte per far valere le proprie ragioni Fare a botte con i tifosi di una squadra avversaria Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna Fumare tabacco Avere esperienze omosessuali Vivere insieme (convivere) senza essere sposati Prendere droghe pesanti (eroina, ecc.) Abortire (proprio o per la partner) Avere una relazione con una persona sposata Produrre danni a beni pubblici
(cabine telefoniche, panchine . . . )
Base Risposte multiple
406
Sì
45,4 19,0 25,1 38,2
24,2 6,1
73,3 17,5 5 ,2
15,3 49,3 2,4
48,3 1 ,7
15,0 19,7
3 ,0
A Lei questa cosa potrebbe capitare
No Non so
38,0 15,9 69,3 1 1 , 1 25,2 48,6 4 1 ,8 18,8
51 ,4 23,6 86,7 6,4 12,7 13,4 64,7 17,0 87,7 6,1 60,2 23,8 40,3 9,0 91,8 4,8 30,0 21 ,0 94,2 3 , 1 54,5 29,0 50,9 28,8
92,7 3 ,7
2.500
4. Confronto tra le distribuzioni di frequenza delle indagini 1 983/1987/199211996
n confronto dei dati delle frequenze relative alle indagini lARD 1983 , 1987, 1992, 1996 si riferisce alla classe di età comune alle tre rilevazioni ( 15-24 anni pari a 1 .686 casi nella rilevazione 1996) .
n confronto dei dati è stato effettuato solo per le domande effettivamente comparabili (in alcuni casi i confronti sono stati possibili per tutte e quattro le rilevazioni, in altri le comparazioni si riferiscono solo ad alcune indagini) .
La numerazione delle tabelle è unicamente in ordine progressivo e non si riferisce alle domande del questionario.
407
l . Genere dell'intervistato
1983 1987 1992 1996
Maschi 5 1 ,0 50,3 50,1 52,0 Femmine 49,0 49,7 49,9 48,0
Base 4.000 2.000 1 .718 1.686
2. Età
1983 1987 1992 1996
15 anni 10,9 8,7 9,5 10,1 16 anni 1 1 , 1 10,0 10,5 8,2 17 anni 10,5 10,3 7,8 5,5 18 anni 10,1 7,6 8,3 9,1 19 anni 10,1 10,6 9,5 12,0 20 anni 10,4 1 1 ,8 1 1 ,4 1 1 ,6 21 anni 9,5 10,4 1 1 ,8 12,6 22 anni 9,3 " 10,6 9,3 9,5 23 anni 9,2 10,7 1 1 ,1 10,9 24 anni 9,2 9,4 10,7 10,6
Base 4.000 2.000 1 .718 1.686
3 . Età dei genitori
Padre:
1987 1992 1996
Fino a 34 anni 0,1 0,1 35-44 anni 12,2 12,2 1 1 ,4 45-54 anni 52,9 49,7 51 ,7 55-59 anni 18,9 16,3 17,6 60-64 anni 10,0 10,8 9,7 Oltre 64 anni 4,4 4,6 3 ,8 Non indica/deceduto 1 ,4 6,3 5,8
Base 1 .843 1.718 1 .686
408
Madre:
1987 1992 1996
Fino a 34 anni 0,9 0,8 0,5 35-44 anni 29,7 27,4 28,1 45-54 anni 50,7 53,0 53 ,9 55-59 anni 12,3 1 1 ,6 1 1 ,0 60-64 anni 4,1 3 ,7 4,6 O !tre 64 anni 0,8 1 ,2 0,9 Non indica/deceduta 1 ,4 2,2 0,9
Base 1 .970 1 .718 1.686
4. Numero fratelli e sorelle viventi
1987 1992 1996
l fratello/sorella 40,7 43,0 46,2 2 fratelli/sorelle 25,8 26,9 25,1 3 fratelli!sorelle 10,2 10,0 9,2 4 fratelli/sorelle 5,3 4,7 3 , 1 Oltre 4 fratelli/sorelle 4,0 4,5 3 ,2 Né fratelli, né sorelle 1 1 ,3 10,9 13 ,2
Base 2.000 1.718 1 .686
5 . Titolo di studio
1983 1987 1992 1996
Nessuna scuola 0,5 0,3 0,5 Scuola elementare 8,2 6,3 3 , 1 1 ,6 Scuola media inferiore 57,2 54,2 49,2 49,5 Scuola media superiore (fino a 3 anni)
33,6 9,8 10,2 5,2
Scuola media superiore (4 o 5 anni) 28,5 35,3 42,3 Diploma para-universitario o post diploma 0,2 0,4 0,9 0,9 Università 0,4 0,6 0,7 0,3 Laurea breve ND ND ND 0,2
Base 4.000 2.000 1 .718 1.686
409
6. Interruzione della frequenza ad una scuola (o corso di laurea)
1983 1987 1992 1996
Non ho interrotto la frequenza 81,3 76,9 82,0 92,1 Ho interrotto la frequenza 18,7 23 ,1 18,0 7,9
Base 4.000 2.000 1.718 1 .686
7. Numero delle ripetenze
1983 1992 1996
Nessuna 65,4 66,2 68,4
Base 4.000 1 .718 1.686
Ho ripetuto 1983 1992 1996
Un anno 73,7 75,7 71 ,3 Due anni 22,5 21 ,2 24,0 Tre o più anni 3 ,8 3 , 1 4,7
Base 1 .383 581 533
8. Ha mai svolto un'attività lavorativa vera e propria
1983 1987 1992 1996
Sì 41 ,8 43,0 37,9 38,2 No 58,2 57,0 62,1 61 ,8
Base 1 .447 2.000 1 .718 1.686
410
9. Posizione lavorativa
1987 1992 1996
Lavoro dipendente Dirigente 0,3 Appanenente alla carriera direttiva 0,4 0,6 1,0 Insegnante 3 ,7 2,1 2,4 Impiegato di concetto 7,0 15,8 6,1 Impiegato esecutivo 13 ,5 1 1 ,7 19,0 Operaio, capo operaio, operaio specializzato 39,5 36,5 39,8 Apprendista 1 1 ,9 9,0 7,7 Lavoratore a domicilio 1 ,3 0,5 0,6
Lavoratore autonomo Imprenditore 0,3 Libero professionista 2,0 3 ,5 0,6 Anigiano 6,9 3 ,5 3,6 Commerciante 5,7 3 ,8 4,0 Proprietario agricolo 0,7 0,9 0,4 Mezzadro 0,1 0,2 Coadiuvante familiare 6,5 6,2 8,7 Socio cooperativa 0,7 0,8 0,2 Altro/Non indica 0,1 4,7 5,8
Base 697 703 495
10. Media guadagno mensile
1983 1987 1992 1996
987.900* 1 . 122.900* 1.225.000* 1 . 198.000
* in lire 1996.
4 1 1
1 1 . Livello di soddisfazione nei confronti dell'attuale lavoro
1983 1987 1992 1996
Molto soddisfatto 28,7 24,5 25,3 3 1 ,3 Abbastanza soddisfatto 44,9 50,6 53,5 43 ,8 Poco soddisfatto 17,4 16,9 13 ,1 15,2 Per nulla soddisfatto 8,2 7,5 6,9 7,9 Non sa, non indica 1,0 0,7 1 ,2 1 ,8
Base 1 .447 697 703 495
12. Utilità della preparazione scolastica ricevuta per svolgere l'attuale lavoro
1983 1987 1992 1996
Molto utile 16,7 1 1 ,6 10,4 10,1 Abbastanza utile 22,0 27,1 32,2 28,5 Poco utile 23,8 22,8 22,9 20,2 Per nulla utile 37,2 37,6 33,6 38,4 Non indica 0,2 0,9 0,9 2,8
Base 1 .447 697 703 495
13. Valutazione di preferenza rispetto al rapporto orario di lavoro e guadagno
Orario di lavoro più corto, guadagnando di meno Orario di lavoro più lungo, guadagnando di più Non so
Base
14. Ricerca di lavoro
1983
Sì, sto cercando lavoro 3 1 ,2 No, non sto cercando lavoro 68,8 Non indica
1992 1996
20,9 13,7 62,7 62,0 16,4 24,2
1 .718 495
1987 1992
3 1 , 1 26,0 68,9 71 ,7
2,4
1996
33,3 66,7
Base 2.552 2.000 1.718 1 .686
412
15. La cosa più importante nel lavoro
I posto II posto
1992 1996 1992 1996
Lo stipendio, il reddito 18,6 32,8 21 ,0 20,9 Le condizioni di lavoro (ambiente di lavoro,
tempi di trasporto . . . ) 13,6 14,9 14,3 15,5 Buoni rapporti con i compagni di lavoro 9,8 9,4 15,4 16,4 Buoni rapporti con i superiori, i capi 3,5 3 ,5 5 ,8 6,5 La possibilità di migliorare (reddito
e tipo di lavoro) 15,4 12,5 13,7 14,2 La possibilità di imparare cose nuove ed
esprimere le proprie capacità L'orario di lavoro La possibilità di viaggiare molto Non indica
Base
16. Preferenza per /are un lavoro
Lavoro indipendente Lavoro dipendente Non so, dipende
Base
3 1 ,1 22,8 14,3 14,3 1,5 1 , 1 3 ,5 3 ,9 3 ,1 2,3 8,3 6,9 3 ,4 0,7 3 ,7 1 ,5
1 .718 1 .686 1.718 1 .686
1983 1987 1992 1996
59,1 56,9 61,8 56,0 32,4 38� 27,5 25,4
8,5 4,4 10,7 18,6
2.000 2.000 1 .718 1 .686
17. Lavoro con stipendio ridotto per 1-2 anni per fare esperienza pratica, imparare un nuovo lavoro, migliorare l'attuale preparazione
1987 1996
Sì 81 ,3 65,2 No 14,0 14,9 Non so, dipende 4,7 19,9
Base 2.000 1.686
413
18. Disponibilità a trasferirsi stabilmente in un altro comune, per migliorare la propria situazione di lavoro
1987 1992
Sì, sono disponibile 68,2 59,1 No, non sono disponibile 23,8 26,1 Non so, dipende 8,1 14,8
Base 2.000 1 .718
19. Giudizi sulle seguenti affermazioni sul servizio militare
1996
59,8 17,6 22,7
1.686
1983 D'accordo Non d'accordo Non so
Il servizio militare è un dovere al quale nessun cittadino sano dovrebbe sottrarsi 57,3
n servizio militare, com, è oggi in Italia,
è soltanto una perdita di tempo 58,2 La difesa dell'Italia sarebbe assicurata
meglio da un esercito di professionisti 63 ,O A tutti i giovani che non si sentono
di fare il servizio militare dovrebbe essere garantita la possibilità di fare il servizio civile 84,0
Sarebbe giusto che anche per le donne fosse obbligatorio il servizio di leva (militare o civile) 43,7
Base Risposte multiple
414
39,2
35,4
27,6
1 1 ,8
48,3
3 ,5
6,4
9,4
4,2
8,0
2.000
1987 D'accordo Non d'accordo Non so
Il servizio militare è un dovere al quale nessun cittadino sano dovrebbe sottrarsi 54,9 42,9 2,2
Il servizio militare, com'è oggi in Italia, è soltanto una perdita di tempo 59,5 36,1 4,4
La difesa dell'Italia sarebbe assicurata meglio da un esercito di professionisti 60,5 3 1 ,3 8,2
A tutti i giovani che non si sentono di fare il servizio militare dovrebbe essere garantita la possibilità di fare il servizio civile 81,5 15,0 3 ,5
Sarebbe giusto che anche per le donne fosse obbligatorio il servizio di leva (militare o civile) 44,5 49,4 6,1
Base 2.000 Risposte multiple
1996 D'accordo Non d'accordo Non so
Il servizio militare è un dovere al quale nessun cittadino sano dovrebbe sottrarsi 41 ,3 50,8 7,9
Il servizio militare, com'è oggi in Italia, è soltanto una perdita di tempo 53,7 33,3 12,9
La difesa dell'Italia sarebbe assicurata meglio da un esercito di professionisti 69,0 14,9 16,1
A tutti i giovani che non si sentono di fare il servizio militare dovrebbe essere garantita la possibilità di fare il servizio civile 81 ,7 10,3 7,9
Sarebbe giusto che anche per le donne fosse obbligatorio il servizio di leva (militare o civile) 22,3 61,6 16,1
Base 1 .686 Risposte multiple
415
20. Stato civile
1983 1987 1992 1996
Celibe/nubile 91 ,1 92,2 93,5 96,0 Coniugato/a 8,8 7,8 5,6 3,3 Separato/a 0,1 Divorziato/ a 0,1 0,1 Vedovo/a Non indica 0,8 0,7
Basi 4.000 2.000 1 .718 1 .686
21 . Età, occasione di guadagno e possibilità di spendere liberamente i soldi guadagnati
1983 1987 1992 1996
Non mi è mai capitato di guadagnare dei soldi 36,9 39,7 30,7 30,4
Mi è capitato di guadagnare soldi ma non ho potuto spenderli liberamente per me 6,7 3 ,4 2,7 2,3
La prima volta che ho guadagnato soldi ed ho potuto spenderli per me avevo: meno di 12 anni 1,2 1,2 1,2 12·14 anni 8,0 6,7 7,6 9,3 15-17 anni 26,9 23,6 25,3 27,4 18·20 anni 16,8 18,1 24,6 22,1 21 anni o più 3 ,3 5,2 5,4 5,6 Non indica 0,3 2,7 2,6 1 ,8
Base 4.000 2.000 1.7 18 1 .686
22. Somma disponibile in media al mese da spendere liberamente per sé (tenendo conto del guadagno personale e dei soldi erogati dai /amiliarz)
1987 1992 1996
301.170* 412.500* 366.000
* in lire 1996.
416
23. Ipotesi di eventuali cambiamenti nei prossimi cinque anni
Finire gli studi 1983 1987 1992 1966
È già successo 34,0 30,8 25,4 33,8 Sì, sono sicuro 27,0 23,8 34,2 3 1 ,2 Credo di sì 13,7 16,1 17,4 20,6 Credo di no 5,8 4,9 4,8 5,3 No, è escluso 14,9 17,0 12,9 5,1 Non so, non posso prevedere 4,6 7,5 5,3 3 ,9
Trovare un lavoro stabile 1983 1987 1992 1996
È già successo 18,0 19,5 20,7 15,4 Sì, sono sicuro 10,1 8,9 9,0 8,5 Credo di sì 44,1 36,8 36,3 36,1 Credo di no 13,5 13,3 1 1 ,1 13,4 No, è escluso 7,3 7,0 7,6 6,2 Non so, non posso prevedere 7,1 14,6 15,3 20,3
Andare a vivere per conto proprio 1983 1987 1992 1996
È già successo 5,6 6,0 5,2 4,4 Sì, sono sicuro 9,5 8,1 1 1 ,3 12,5 Credo di sì 24,5 21 , 1 23,2 24,1 Credo di no 24,5 25,4 24,6 23,3 No, è escluso 22,8 24,8 21 ,9 16,5 Non so, non posso prevedere 13,1 14,8 13,8 19,2
Sposarsi 1983 1987 1992 1996
È già successo 8,4 7,3 5,4 3 ,7 Sì, sono sicuro 10,9 9,3 10,1 10,0 Credo di sì 28,7 25,5 23,6 23,4 Credo di no 20,4 19,3 21 ,5 18,2 No, è escluso 15,2 20,4 21 ,1 19,0 Non so, non posso prevedere 16,5 18,3 18,3 25,8
A vere dei figli 1983 1987 1992 1996
È già successo 5,1 5,0 2,4 3 ,4 Sì, sono sicuro 8,2 6,7 5,8 6,8 Credo di sì 25,2 20,1 20,7 16,8 Credo di no 22,2 20,7 23,9 19,2 No, è escluso 19,6 26,0 25,8 28,0 Non so, non posso prevedere 19,7 21 ,7 21 ,3 25,8
Base 4.000 2.000 1 .718 1 .686
417
24. Frequenza delle uscite alla sera per conto proprio
1983 1987 1992 1996
Tutte le sere o quasi 29,8 21 ,4 20,5 21 ,5 4-5 volte la settimana 9,6 8,1 10,8 1 1 ,4 2-3 volte la settimana 26,1 27,8 33,2 37,9 Circa l volta la settimana 10,6 13,0 15,2 13,0 Meno di l volta la settimana 7,0 7,3 3 ,8 3 ,8 Mai 16,9 22,5 16,5 12,3 Non indica 0,2
Base 3 .592 2.000 1 .718 1.686
25. Partecipazione alle attività di associazioni o gruppi negli ultimi tre mesi e attività considerata più importante
Almeno l volta
Organizzazione 1987 1992 1996
Politica 3 ,1 3 ,0 3 ,0 Sindacale 1 ,5 1,7 1 ,7 Religiosa 16,9 6,1 8,.5 Di categoria 1 ,8 2,2 1 ,7 Sportiva di praticanti 27,3 5,2 6,4 Sportiva di tifosi 1 1 ,9 4,5 6,0 Culturale 8,8 7,6 9,3 Ricreativa/turistica 5,3 7,3 8,7 Difesa della natura 3 ,5 4,1 5,1 Impegno sociale e assistenziale 4,.5 4,1 6,3 Collettivo o gruppo di base 2,6 2,2 4,0 Degli studenti 10,5 6,4 9,5 Della gioventù ND 1,5 2,5 Di difesa dei diritti dell'uomo ND 1,9 2 ,1 Delle donne 0,8 1,2 2,0 Altre organizzazioni ND 0,1 0,2
Base 2.000 1 .718 1 .686 Risposte multiple
418
Più di 2 volte
Organizzazione 1987 1992 1996
Politica 4,1 2,7 2,7 Sindacale 2,1 1,1 0,7 Religiosa 27,3 15,8 17,3 Di categoria 2,1 1 ,2 1,7 Sportiva di praticanti 45,6 28,3 28,2 Sportiva di tifosi 18,8 9,6 11 ,2 Culturale 1 1 ,1 10,1 13,2 Ricreativa/turistica 5,9 6,2 6,4 Difesa della natura 3,1 2,2 2,0 Impegno sociale e assistenziale 6,3 5,7 7,4 Collettivo o gruppo di base 3,6 3 ,7 4,4 Degli studenti 14,3 7,0 9,4 Della gioventù ND 4,6 4,5 Di difesa dei diritti dell'uomo ND 1 ,2 0,9 Delle donne 0,5 0,6 1,6 Altre organizzazioni ND 0,2 0,7
Base 1.037 1 .718 1 .686 Risposte multiple
La più importante
Organizzazione 1983 1987 1992 1996
Politica 3 ,2 2,5 3 ,6 3 ,3 Sindacale 1 ,3 1,3 0,8 0,7 Religiosa 18,4 18,7 17,2 17,8 Di categoria 0,7 1,0 1,0 0,7 Sportiva di praticanti 42,6 38,2 34,0 30,6 Sportiva di tifosi 9,1 8,3 6,0 7,1 Culturale 10,2 6,6 9,0 10,8 Ricreativa/turistica 3 ,7 2,8 3,6 4,7 Difesa della natura 3,2 3 ,0 3 ,4 1 ,3 Impegno sociale e assistenziale 4,9 4,1 9,6 9,0 Collettivo o gruppo di base 1 ,0 1 ,2 2,6 2,9 Degli studenti ND 7,3 3 , 1 5,8 Della gioventù ND ND 4,4 3,2 Di difesa dei diritti dell'uomo ND ND 1,6 0,9 Delle donne 1 ,0 0,) 0,5 Altre organizzazioni ND ND 0,8
Basi 1 .528 1.037 612 911 Risposte multiple
419
26. Le cose più importanti nella vita
1983 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Famiglia 81,9 16,8 0,9 0,2 0,1 Lavoro 67,7 28,2 2,7 0,8 0,6 Ragazzo/ a amici/ che 58,4 35,1 5,6 0,7 0,3 Svago nel tempo libero 43,6 46,8 8,7 0,7 0,3 Studio e interessi culturali 34,1 45,7 14,2 5,6 0,5 Attività sportive 32,1 41,8 19,2 6,6 0,3 Impegno sociale 21 ,9 50,4 19,8 6,7 1 ,2 Impegno religioso 12,2 36,1 32,7 18,4 0,6 Attività politica 4,0 23,7 45,2 26,3 0,9
Basi 4.000 Risposte multiple
1987 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Famiglia 82,9 16,2 0,6 0,2 0,1 Lavoro 66,6 29,8 2,7 0,4 0,6 Ragazzo/ a amici/ che 60,9 33,9 4,2 0,7 0,3 Attività politica 2,8 22,0 45,6 28,7 1 , 1 Impegno religioso 12,4 38,5 33,1 15,7 0,4 Impegno sociale 17,9 5 1 ,3 22,9 7,2 0,8 Studio e interessi culturali 32,2 43,6 17,1 6,9 0,4 Svago nel tempo libero 44,2 47,3 6,9 1 ,5 0,3 Attività sportive 3 1 ,9 40,6 18,6 8,8 0,3
Base 2.000 Risposte multiple
1992 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Famiglia 85,6 13,2 0,8 0,2 0,3 Lavoro 60,2 35,4 2,7 0,8 1,0 Ragazzo/a amici/che 70,6 26,4 2,2 0,5 0,3 Attività politica 3 ,7 17,2 44,1 32,9 2,2 Impegno religioso 13,2 36,8 29,5 18,6 2,0 Impegno sociale 23,5 48,5 18,7 7,6 1,7 Studio e interessi culturali 36,4 41 ,3 14,0 7,2 1,0 Svago nel tempo libero 54,4 39,8 4,7 1 ,0 0,1 Attività sportive 36,1 38,8 16,4 8,3 0,4
Base 1.718 Risposte multiple
420
1996 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Famiglia 85,5 13,2 1,0 0,1 0,3 Lavoro 62,5 34,3 2,2 0,4 0,5 Ragazzo/a amici/che 73,1 23,7 2,5 0,3 0,4 Attività politica 4,7 21 ,6 44,8 26,1 2,8 Impegno religioso 13,6 36,4 30,9 16,4 2,7 Impegno sociale 22,2 53,0 18,5 4,5 1 ,8 Studio e interessi culturali 39,5 40,6 13,9 4,5 1 ,5 Svago nel tempo libero 53,6 40,5 5 ,1 0,3 0,5 Attività sportive 34,3 39,9 18,7 6,3 0,7 Successo e carriera personale 45,8 39,4 10,4 3 ,3 1 ,1 Eguaglianza sociale 56,0 32,9 7,2 2,2 1,7 Solidarietà 58,5 32,5 6,1 1 ,7 1 ,2 Amore 78,5 19,1 1 ,4 0,4 0,7 Autorealizzazione 62,5 3 1 ,0 4,9 0,4 1 ,2 Libertà e democrazia 67,9 24,4 5,1 1,2 1 ,4 Vita confortevole e agiata 38,5 49,2 10,2 0,9 1 ,2
Base 1 .686 Risposte multiple
27. Grado di fiducia per alcune istituzioni o gruppi
1983 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
I funzionari dello Stato 2,7 23,6 48,5 21 ,9 3 ,3 Gli insegnanti 10,0 59,6 25, 1 4,1 1 ,2 Le banche 10,3 53,3 25,0 6,7 4,7 La polizia 18,4 5 1 , 1 21 ,6 6,9 2,0 I sindacalisti 3 ,7 27,0 42,7 21 ,6 5,0 I sacerdoti 8,5 35,0 34,7 19,6 2,2 n governo 3,2 22,6 47,2 24,3 2,7 I militari di carriera 6,9 34,0 33,3 19,0 6,8 Gli uomini politici 1 ,6 15,8 49,3 30,5 2,8 I magistrati 9,2 43,5 30,9 12,3 4,1 I carabinieri 14,2 49,5 23,6 10,9 2,0
Base 4.000 Risposte multiple
421
1987 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
I funzionari dello Stato 2,2 25,6 51 , 1 18,1 3 ,2 Gli insegnanti 9,6 57,1 26,7 6,0 0,7 Le banche 9,1 53,7 27,5 5,8 4,0 La polizia 18,4 53,0 21 ,4 6,2 1 , 1 I sindacalisti 2,3 21 ,9 49,7 20,6 5,6 I sacerdoti 1 1 , 1 39,0 31 , l 17,4 1,6 n governo 4,8 33,6 43,6 15,8 2,3 I militari di carriera 6,5 32,7 33,8 21 ,9 5,3 Gli uomini politici 1 ,6 19,1 5 1 ,3 25,6 2,5 I magistrati 8,2 43, 1 33,8 1 1 ,2 3 ,9 I carabinieri 13,4 50,9 25,3 8,8 1,7
Base 2.000 Risposte multiple
1992 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
I funzionari dello Stato 1 ,6 18,0 48,5 28,1 3 ,8 Gli insegnanti 8,5 54,7 28,7 7,0 1 ,2 Le banche 9,1 50,9 26,4 6,5 7,2 La polizia 18,2 50,5 22,5 6,0 2,8 I sindacalisti 3 ,4 20,6 44,0 22,4 9,6 I sacerdoti 12,7 38,7 28,6 17,0 3,0 Il governo 2,4 17,8 45,5 3 1 , 1 3 ,3 I militari di carriera 7,2 29,3 30,2 22,0 1 1 ,2 Gli uomini politici 1,3 1 1 , 1 44,2 39,7 3 ,6 I magistrati 7,4 38,0 33,0 15,8 5 ,8 I carabinieri 16,3 47,6 23,2 10,7 2,2 Gli industriali 7,6 38,9 34,2 10,9 8,3 I giornalisti 7,3 35,7 38,3 14,6 4,1
Base 1 .718 Risposte multiple
422
1996 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
I funzionari dello Stato 1,5 18,3 5 1,2 25,7 3 ,3 Gli insegnanti 9,1 52,7 29,0 7,5 1 ,6 Le banche 7,2 43,6 32,9 9,0 7,3 La polizia 16,5 51 ,2 22,4 7,4 2,4 I sindacalisti 2,5 21 ,8 43,8 22,5 9,5 I sacerdoti 1 1 ,3 38,3 27,8 18,7 3 ,9 Il governo 1 ,9 15,1 47,2 3 1 ,6 4,3 I militari di carriera 7,4 33,6 3 1,7 17,0 10,3 Gli uomini politici 0,8 9,0 42,8 44,5 3 ,0 I magistrati 1 1 ,4 42,7 29,5 1 1 ,7 4,7 Gli scienziati 40,2 45,0 8,5 2,7 3 ,7 l carabinieri 14,8 46,7 23,7 12,2 2,6 Gli industriali 8,0 42,4 32,7 9,0 7,9 Partiti 1 ,7 13,7 48,8 3 1 ,2 4,6 Giornali 1 1 ,2 39,6 36,7 9,9 2,7 Tv pubblica 10,7 42,6 34,2 9,7 2,8 Tv privata 8,0 39,2 39,0 1 1 ,0 2,7
Base 1 .686 Risposte multiple
28. Modi di comportamento di/fusi tra gli insegnanti secondo l'esperienza degli intervistati
1983 1987 1992 1996
Incompetenza ed impreparazione nella propria materia 36,9 39,2 39,0 39,4
Influenza politica ed ideologica sugli allievi 29,8 36,7 38,3 40,5 Eccessiva severità 25,0 24,3 25,0 25,2 Tendenza a non considerare le esigenze
e il punto di vista degli studenti 53,9 58,7 63,3 62,5 Eccessiva accondiscenza e arrendevolezza
di fronte alle richieste degli studenti 17,9 22,8 20,8 22,2
Base 2.000 2.000 1 .718 1.686 Risposte multiple
423
29. Soddisfazione negli studi compiuti per ciò che riguarda:
1983 1987 1992 1996
Capacità professionali acquisite 54,3 58,9 59,2 59,3 Cultura generale acquisita 70,0 76,0 79,0 76,9 Rapporti con i compagni 86,3 91 ,2 85,2 85,1 Rapporti con gli insegnanti 67,1 74,1 67,0 64,9 Altro ND ND ND 1 ,8
Base 2.000 2.000 1 .718 1 .686 Risposte multiple
30. Posizione rispetto alla convivenza
1992 1996
Già convivo 0,3 0,4 Sono favorevole ad un periodo di convivenza
prima del matrimonio 22,9 26,0 Sono favorevole comunque alla convivenza,
anche senza matrimonio 36,4 39,9 Non sono favorevole alla convivenza 33,5 26,0 Non so 6,9 7,8
Base 1 .718 1 .686
3 1 . Quanto è importante la religione nella vita dei giovani
1983 1987 1992 1996
Moltissimo 7,3 8,4 10,4 1 1 ,5 Molto 19,6 22,4 22,5 23,0 Abbastanza 37,1 38,1 36,6 33,2 Poco 24,0 22,7 19,5 21 ,5 Per niente 1 1 ,5 8,1 10,1 8,2 Non so 0,5 0,4 1 ,0 2,7
Base 4.000 2.000 1 .718 1 .686
424
32. L'atteggiamento nei confronti della fede religiosa
1992 1996
Sono credente 79,8 77,5 Non sono credente perché ritengo che sull'esistenza
di Dio non ci si possa pronunciare 7,7 7,4 Non sono credente perché i problemi di fede mi
sono indifferenti 3 ,7 4,5 Non sono credente perché sono convinto che Dio non esista 3 , 1 2,8 Altra risposta 5,7 7,8
Base 1 .718 1 .686
33. Frequenza alle funzioni religiose negli ultimi 6 mesi
1992 1996
Mai in 6 mesi 26,9 26,1 1-2 volte in 6 mesi 24,8 25,9 Circa l volta al mese 12,5 12,6 2-3 volte al mese 10,7 1 1 , 1 Tutte le settimane o quasi 24,3 23,7 Altro 0,9 0,6
Base 1.718 1.686
34. I contatti con il mondo della droga (totale sz)
Ho avuto contatti del tipo: 1983 1987 1992 1996
Parlare con qualche persona che ha fatto uso di droga almeno una volta 54,8 46,8 56,6 64,9
Conoscere persone che fanno uso di droga abitualmente 39,3 32,8 54,9 64,2
Vedere qualcuno che aveva da poco usato droga 44,7 39,1 43,7 52,6
Vedere o prendere in mano la droga 20,4 10,8 22,6 Toccare qualche tipo di droga 21 ,6 Sentirsi proporre di provare
(o comprare) la droga 21 , 1 ND 24,9 36,8 Sentire il desiderio o la curiosità di
provare una droga 7,8 4,5 10,7 14,0
Base 2.000 2.000 1 .718 1.686
425
35. L'atteggiamento nei confronti della legali:a.azione della droga
Decisamente favorevole Abbastanza favorevole Abbastanza contrario Decisamente contrario Non so, non ho un'opinione in proposito
Base
1992 1996
9,3 1 1 ,7 2 1 ,9 22,6 16,9 17,3 41 ,7 40,5 10,2 8,0
1 .718 1.686
36. Opinioni sulle iniziative da adottare per limitare gli episodi di vandalismo
1987 1992 1996
Aumentare la vigilanza delle forze dell'ordine 22,5 20,3 20,7 Inasprire le pene per chi commette atti vandalici 21 ,6 29,1 25,1 Svolgere un'opera di educazione fin dalla prima infanzia 39,5 36,0 37,7 Sensibilizzare l'opinione pubblica affinché ciascuno
vigili con attenzione contro possibili infrazioni 15,8 14,5 16,2 Non indica 0,7 0,1 0,2
Base 2.000 1 .718 1 .686
3 7. Importanza per l'Italia di far parte di un'Europa unita
1987 1992 1996
Molto importante 5 1 ,3 56,3 56,8 Abbastanza importante 39,6 32,3 32,6 Poco importante 3,4 4,6 4,0 Per nulla importante 1 ,4 2,1 1 ,2 Non so 4,4 4,7 5,4
Base 2.000 1 .718 1 .686
426
38. Grado di accordo sulle proposte relative a quali debbano essere i capisaldi dell'unificazione europea
1992 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Una moneta unica 3,2 7,4 2,6 41 ,8 45,0 Un esercito comune 12,0 19,5 5,7 36,0 26,8 Una politica estera comune 5 ,4 12,3 5,5 41 ,3 35,5 Più poteri al Parlamento europeo 4,7 12,4 6,6 41 ,7 34,6
Base 1.718 Risposte multiple
1996 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Una moneta unica 36,7 39,4 12,6 4,0 7,4 Un esercito comune 17,7 32,9 27,8 1 1 ,2 10,4 Una politica estera comune 28,4 41 ,0 13 ,9 5,8 1 1 ,0 Più poteri al Parlamento europeo 26,5 40,2 14,6 4,4 14,4
Base 1 .686 Risposte multiple
39. Lingue straniere conosciute abbastanza bene per poter sostenere una conver-sazione
1992 1996
Francese 26,0 30,2 Inglese 43,5 48,2 Spagnolo ND 4,0 Tedesco 4,7 5 ,8 Altre lingue ND 1 , 1
Base 1 .718 1 .686 Risposte multiple
427
40. Partecipazione negli ultimi 12 mesi ad attività riguardanti i seguenti temi (totale sì)
1983 1987 1992 1996
Pace e disarmo 13,5 19,8 2 1 ,3 7,3 Problemi della scuola e degli studenti 22,0 30,4 32,9 33,1 Problemi dei lavoratori 8,0 8,5 9,6 9,5 Difesa dell'ambiente e del territorio 4,9 10,0 15,3 13,6 Problemi inerenti ai test nucleari ND ND ND 12,4 Problemi delle donne 4,0 3,2 4,7 4,9 Problemi del quartiere 3 ,2 2,8 5,2 6,9 Campagne elettorali 3 ,5 2,9 5,8 8,2 Proposte di referendum ND ND 8,2 6,4 Altre iniziative ND ND 1 ,5 2,5
Base 4.000 2.000 1 .7 18 1 .686 Risposte multiple
Ha partecipato 1 -2 volte 1983 1987 1992 1996
Pace e disarmo 8,9 14,7 15,9 6,0 Problemi della scuola e degli studenti 9,6 15,7 19,4 20,1 Problemi dei lavoratori 3 ,7 5,8 7,4 8,0 Difesa dell'ambiente e del territorio 3,2 7,5 1 1 ,9 10,6 Problemi inerenti ai test nucleari ND ND ND 10,4 Problemi delle donne 2,3 2,8 4 ,1 4,0 Problemi del quartiere 1 ,9 2,3 4,3 5,0 Campagne elettorali 2,2 2 , 1 4,4 6,2 Proposte di referendum ND ND 6,9 5,5 Altre iniziative ND ND 1 , 1 1 ,8
Base 4.000 2.000 1 .718 1 .686 Risposte multiple
Ha partecipato più di 2 volte 1983 1987 1992 1996
Pace e disarmo 4,5 5,2 5 ,4 1 ,3 Problemi della scuola e degli studenti 12,4 14,7 13 ,5 13,0 Problemi dei lavoratori 4,2 2,8 2,2 1,5 Difesa dell'ambiente e del territorio 1,7 2,5 3 ,4 3,0 Problemi inerenti ai test nucleari ND ND ND 2,0 Problemi delle donne 1 ,5 0,5 0,6 0,9 Problemi del quartiere 1,3 0,6 0,9 1,9 Campagne elettorali 1 ,3 0,8 1 ,4 2,0 Proposte di referendum ND ND 1,3 0,9 Altre iniziative ND ND 0,4 0,7
Base 4.000 2.000 1 .718 1.686 Risposte multiple
41. Indicazione dell'importanza relativa ad alcune misure politico-sociali
I posto 1992 I posto 1996
Mantenere l'ordine nella nazione Dare alla gente maggiore potere nelle
decisioni politiche Combattere l'aumento dei prezzi Proteggere la libertà di parola
Base
42. Senso di appartenenza ad una unità geografica
I posto 1987
La località o la città in cui vivo 50,8 La regione o provincia in cui vivo 9,7 L'Italia 26,0 L'Europa 2,8 Il mondo in generale 10,6 Non indica 0,2
Base 2.000
II posto 1987
La località o la città in cui vivo 17,9 La regione o provincia in cui vivo 22,8 L'Italia 36,2 L'Europa 8,7 Il mondo in generale 13,5 Non indica 1,0
Base 2.000
43. Lei si sente orgoglioso di essere italiano?
1992
Molto 45,1 Abbastanza 42,4 Poco 9,4 Per niente 3,2 Non indica
Base 1 .718
429
35,8
3 1 ,6 8,2
24,5
1992
34,5 12,3 36,1
3 ,8 1 1 ,8 1 ,5
1 .718
1992
18,9 20,8 30,0 16,3 1 1 ,2 2,7
1 .718
26,5
27,0 14,8 3 1 ,7
1 .718
1996
41 ,9 9,7
3 1 ,9 2,9
12,0 1 ,6
1.686
1996
19,2 23,2 32,4 12,4 10,6 2,1
1 .686
1996
42,6 46,5
8,1 2,6 0,2
1 .686
44. Grado di accordo con alcune affermazioni relative all'immigrazione straniera in Italia
1992 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Disturba il fatto che nel nostro Paese ci siano così tanti immigrati 3 1 ,8 32,4 0,9 22,0 12,8
Non è giusto che gli immigrati portino via posti di lavoro ai disoccupati del nostro Paese 30,7 23,7 1 ,6 23,6 20,4
Sarebbe meglio che gli immigrati tornassero a casa loro 37,9 28,8 3 ,8 17,3 12,1
Gli immigrati vivono in condizioni difficili ed è compito nostro aiutarli come possiamo 6,2 16,8 1 ,9 47,6 27,5
Il problema degli immigrati richiede un intervento politico che aiuti a risolvere i problemi economici dei paesi di provenienza 5,9 9,7 2,7 34,1 47,6
Gli immigrati che vivono in Italia contribuiscono ad un arricchimento culturale del nostro Paese 28,2 35,6 4,4 23,6 8,3
Base 1 .718 Risposte multiple
1996 Molto Abbastanza Poco Per niente Non so
Disturba il fatto che nel nostro Paese ci siano così tanti immigrati 14,6 30,8 32,6 20,0 2,0
Non è giusto che gli immigrati portino via posti di lavoro ai disoccupati del nostro Paese 18,0 26,6 3 1 ,0 23,0 1 ,4
Sarebbe meglio che gli immigrati tornassero a casa loro 9,7 18,7 36,1 30,5 5,0
Gli immigrati vivono in condizioni difficili ed è compito nostro aiutarli come possiamo 21 ,2 50,9 19,5 5,5 2,8
Il problema degli immigrati richiede un intervento politico che aiuti a risolvere i problemi economici dei paesi di provenienza 37,9 36,7 14,9 6,6 3 ,9
Gli immigrati che vivono in Italia contribuiscono ad un arricchimento culturale del nostro Paese 7,6 26,2 36,4 23,4 6,5
Base 1.686 Risposte multiple
430
45. Atteggiamento nei confronti della politica
1983 1987 1992 1996
Mi considero politicamente impegnato 3,2 2,3 3 ,3 3,0 Mi tengo al corrente della politica ma
senza parteciparvi personalmente 44,2 39,3 39,4 50,5 Penso che si debba lasciare la politica
a persone che hanno più competenza di me 40,0 42,1 36,4 26,3 La politica mi disgusta 12,0 15,8 20,4 19,9 Non indica 0,6 0,6 0,4 0,3
Base 4 .000 2.000 1 .718 1 .686
46. Orientamenti alternativi nei confronti del futuro
1987 1992 1996
Quando penso al mio futuro lo vedo pieno di possibilità e di sorprese 48,4 5 1 ,8 56,4
Quando penso al mio futuro lo vedo pieno di rischi e di incognite 48,0 41,4 33,9
Non so 3 ,7 6,8 9,7
Nella vita è importante avere degli obiettivi e delle mete È inutile fare tanti progetti perché succede sempre
70,5 79,1 77,6
qualcosa che ci impedisce di realizzadi 26,9 18,4 19,8 Non so 2,7 2,5 2,6
Se non si fanno presto delle scelte ben precise è difficile riuscire nella vita 3 1 ,0 23,8 20,8
Nella vita è meglio tenersi sempre aperte molte possibilità e molte strade 65,0 70,5 73,8
Non so 4,0 5,7 5,5
Il successo dipende dal lavorare sodo, la fortuna conta poco 60,5 60,1 58,2
Non è saggio fare tanti programmi per il futuro perché molto dipende dalla fortuna 34,4 33,4 27,8
Non so 5,2 6,5 14,1
Base 2.000 1 .718 1 .686
431
47. Soddisfazione per la vita che l'intervistato conduce attualmente
1983 1987 1996
Molto soddisfatto 15,6 17,7 18,7 Abbastanza soddisfatto 57,8 61 ,1 60,6 Non molto soddisfatto 20,1 17,5 16,7 Per niente soddisfatto 5,5 3 ,4 3 ,0 Non so 1,0 0,4 1,0
Base 4.000 2.000 1 .686
48. Autocollocazione politica sulla scala formata da l O caselle che rappresentano altrettante posizioni dall'estrema sinistra (casella l) all'estrema destra (casella 10)
1992
Sinistra Lb.iJ L.MJ LZ2J LM.J l 18,9 1 t_iJj � lliJ L!AJL...!iU 0 0 0 0 0 0 0 0 ® @ Destra
Non voglio rispondere Non so collocarmi
Base
1996
Sinistra
7,4 33,8
1.718
LQJ L1LJ L.2.JJ L.2.J..J l...!1.2l l.MJ L.hl.J L12J LMJLUJ 0 0 0 0 0 0 0 0 ® @ Destra
Non voglio rispondere Non so collocarmi
Base
4 9. Comportamento elettorale
Voterei Voterei scheda bianca o nulla Non andrei a votare Non so, non voglio rispondere
Base
432
1983
58,8 6,7 5 ,1
29,4
4.000
1987 1992
51 ,5 49,7 9,3 4,8 2,3 3 ,1
36,3 42,4
2.000 1.718
6,6 23,2
1 .686
1996
57,7 5,4 3,0
34,0
1 .686
50. Titolo di studio del padre
1983 1987 1992 1996
N essWl titolo 14,3 9,2 5,0 3 ,3 Licenza elementare 46,1 47,3 3 1 ,4 26,1 Licenza media o avviamento professionale 20,5 23,4 28,8 3 1 , 1 Diploma 1 1 ,4 12,8 23 ,1 26,8 Laurea 5 ,5 5 ,2 10,5 1 1 ,0 Non so 2,2 2,3 1 ,3 1 ,3 Non indica 0,4
Base 4 .000 2.000 1 .718 1 .594
51 . Titolo di studio della madre
1983 1987 1992 1996
Nessun titolo 19,3 13,6 6,5 3 ,9 Licenza elementare 5 1 ,8 5 1 ,8 38,8 30,8 Licenza media o avviamento professionale 15,8 19,3 27,6 29,4 Diploma 9,1 1 1 ,6 19,4 26,3 Laurea 2,3 1 ,8 6,6 8,1 Non so 1 ,7 2,0 1 ,0 1 ,2 Non indica 0,3
Base 4.000 2.000 1 .718 1.672
433
52. Livello di soddisfazione nei confronti di alcuni aspetti o situazioni della vita
Molto/ Abbastanza 1983 1987 1992 1996
La salute in questo momento 90,9 92,5 92,2 85,0
L'aspetto fisico ND ND ND 79,6 La capacità di memoria
e di concentrazione ND ND ND 74,4 La capacità di prendere
decisioni ND ND ND 75,8 La tranquillità psicologica ND ND ND 70,4 Il suo tenore di vita 82,4 82,7 87,3 82,1 Il luogo in cui vive 78,7 78,4 78,2 79,0 La casa che ha 85,8 88,0 91 ,5 90,6 Le amicizie che ha 89,8 91 ,0 91 ,2 89,1 L'amore 75,3 73,5 Come si vive in Italia
oggi 40,9 47,4 52,3 44,0 Il modo di passare il
tempo libero 73,6 72,0 78,1 74,8 L'istruzione che ha
ricevuto o riceve 82,9 82,5 87,4 86,0 I rapporti con gli
altri giovani 88,2 90,8 92,1 91 ,7 I rapporti nella
famiglia 91 ,3 93,1 93,0 89,7 I rapporti con gli
insegnanti 69,5 68,7 62,4 58,7 Il lavoro che ha 85,8 73,9 84,3 51 ,7
Base 4.000 2.000 1 .718 1 .686 Risposte multiple
434
53. l settori della ricerca scientifica prioritari a cui destinare i finanziamenti ed i settori che, invece, potrebbero avere stanziamenti ridotti
Darei la precedenza 1983 1987 1996
Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità 56,2 43,8 34,5
Sicurezza della circolazione stradale 10,0 8,6 12,6 Meteorologia e controllo del clima 3,6 2,2 1 ,0 Riduzione e controllo degli inquinamenti 45,4 56,8 46,1 Esplorazione dello spazio 9,4 3 ,9 6,4 Sicurezza delle installazioni nucleari 18,8 26,6 15,7 Ricerche mediche e farmaceutiche 59,0 56,5 65,8 Metodi d'insegnamento e di educazione 1 1 ,6 13 ,6 23,2 Nuove fonti di energia (solare, marina ... ) 29,4 22,2 21 ,8 Armamento e difesa nazionale 4,7 1 ,9 2,5 Maggiore rapidità dei trasporti pubblici 4,7 2,8 4,1 Prevenzione e trattamento delle
intossicazioni da droga 46,3 36,6 34,3
Base 4.000 2.000 1.686 Risposte multiple
Limiterei o ridurrei 1983 1987 1996
Ricerche per sfruttare le risorse agricole in modo da soddisfare i bisogni alimentari dell'umanità 2,8 3 ,6 6,2
Sicurezza della circolazione stradale 13 ,6 8,3 9,4 Meteorologia e controllo del clima 26,9 28,8 39,4 Riduzione e controllo degli inquinamenti 0,8 2,8 2,3 Esplorazione dello spazio 35,5 44,9 42,0 Sicurezza delle installazioni nucleari 16,9 12,5 10,2 Ricerche mediche e farmaceutiche 0,8 1 ,4 1,0 Metodi d'insegnamento e di educazione 6,9 6,4 6,2 Nuove fonti di energia (solare, marina . . . ) 6,4 7,2 7,0 Armamento e difesa nazionale 54,8 61 ,5 54,5 Maggiore rapidità dei trasporti pubblici 22,7 15,5 24,8 Prevenzione e trattamento delle intossicazioni da droga 6,1 5,3 3 ,8
Base 4.000 2.000 1.686 Risposte multiple
435
54. Pratica di uno sport in modo continuativo o abbastanza continuativo negli ultimi 12 mesi
No Sì
Base
1992
23,8 76,2
1 .718
1996
48,0 52,0
1 .686
55. Frequenza nella lettura della stampa
1987
Tutti i giorni o quasi 4-5 volte la settimana 1-3 volte la settimana Meno di l volta la settimana Mai o quasi mai
Base
1992
Tutti i giorni o quasi 4-5 volte la settimana 1-3 volte la settimana Meno di l volta la settimana Mai o quasi mai
Base Risposte multiple
Quotidiani Altri Settimanali Altri sportivi quotidiani informazione periodici
9,1 25,4 4,6 2,9 5,5 1 1 ,3 5,8 4,3
2 1 ,3 26,7 3 1 ,5 2 1 ,3 13,6 16,0 24,3 29,9 49,4 20,2 33,2 40,8
2.000
Quotidiani Altri Settimanali Altri Tele-sportivi quotidiani informazione periodici giornali
7,0 26,2 3,1 3,5 73,2 3 ,2 8,1 4,5 5,2 8,7
16,2 28,6 3 1 ,3 23,6 1 1 ,4 1 1 ,2 16,1 25,4 24,2 2,8 62,4 2 1 ,0 35,7 43,4 3,8
1 .7 1 8
436
1996 Mai o l volta la quasi mai settimana
Quotidiano d'informazione 23,0 24,7 Quotidiano sportivo 66,6 16,5
Mai o l volta al quasi mai mese
Settimanali d'opinione 58,5 20,4 Settimanali familiari 61 ,9 15,7 Settimanali radiotelevisivi 45,0 13,7 Settimanali femminili 61 ,3 13,7 Settimanali scandalistici 82,9 10,0 Altri settimanali 84,8 6,6
Mai o Qualche quasi mai volta
Periodici mensili 50,5 29,5 Fumetti e rotocalchi giovanili 57,7 26,2
Base Risposte multiple
56. Ore dedicate al giorno alla visione della televisione
1987 1992
Mai o quasi mai ND 3,4 Meno di l ora 9,3 10,1 Da l a 2 ore 3 1 , 1 32,7 Da 2 a 3 ore 29,8 35,7 Da 3 a 4 ore 15,2 1 1 ,7 Da 4 a 5 ore 7,9 3,4 Più di 5 ore 6,6 2,9 Non indica 0,2
Base 2.000 1 .718
437
2-5 volte Tutti i gg. la settimana o quasi
27,6 10,5
2-3 volte al mese
12,2 1 1 ,2 12,8 14,1 4,4 3,8
Spesso
19,9 16,0
1 .686
24,7 6,4
Tutte le sett. o quasi
9,0 1 1 ,2 28,5 10,9 2,7 4,8
1996
2,4 8,1
29,2 33,9 17,0 5,8 3 ,6
1 .686
57. Ore dedicate al giorno all'ascolto della radio
1987 1992 1996
Mai o quasi mai ND 22,1 12,5 Meno di l ora 37,3 22,5 21 ,1 Da l a 2 ore 22,4 19,5 22,7 Da 2 a 3 ore 12,2 12,0 13 ,0 Da 3 a 4 ore 8,2 7,7 9,3 Da 4 a 5 ore 6,3 4,8 6,6 Più di 5 ore 12,6 1 1 ,4 14,8 Non indica 1 , 1
Base 2.000 1 .718 1 .686
58. La frequenza di una serie di attività che si svolgono nel tempo libero (stima riguardante i tre mesi precedenti l'intervista)
1983 l o più l o più 1 ·2 volte Mai in volte la volte in 3 3 mesi
settimana al mese mesi
Ho fatto piccole riparazioni in casa 10,0 17,9 23,4 48,7 Ho lavorato nell'orto o nel giardino 8,4 9,3 7,3 75,0 Ho suonato uno strumento musicale 10,2 4,2 4,0 81,7 Ho ballato in casa nostra o in casa di amici 8,1 19,4 19,2 53,4 Ho ballato in un locale pubblico (discoteca) 14,0 22,5 16,3 47,2 Sono andato al cinema 12,6 32,2 20,4 34,9 Sono andato ad un concerto di musica leggera 1 ,1 6,4 15,3 77,2 Sono andato a teatro 0,8 2,6 6,4 90,4 Sono andato a vedere una manifestazione
sportiva 1 1 ,7 20,0 17,7 50,7 Sono entrato in un bar, caffè 68,3 17,9 7,6 6,3 Ho mangiato fuori casa in un ristorante, ecc. 19,5 33,8 21 ,3 25,5 Ho guidato un'automobile 42,1 5 ,9 3 ,9 48,3 Ho usato il treno anche fuori dal mio comune 10,0 13,7 18,8 57,5 Ho comperato dischi o cassette di musica
leggera 6,0 21 ,2 19,8 53,1 Ho comperato dischi o cassette di musica
classica 1,2 3,6 4,2 91,0 Ho usato un registratore o un giradischi 58,5 16,6 6,2 18,8 Sono andato in viaggio dormendo almeno
una volta fuori dal comune di residenza 6,9 17,8 33,9 41 ,3 Ho visitato mostre o manifestazioni culturali 2,0 1 1 ,9 20,9 65,3 Sono entrato in una biblioteca pubblica 3 ,7 9,0 1 1 ,0 76,4 Ho praticato attivamento uno sport 23,0 8,1 5,6 63,4 Ho ascoltato dischi o cassette di musica 68,2 15,1 5,3 1 1 ,6 Sono entrato in una libreria per comperare
libri (non di studio) 4,9 15,4 13,3 66,5
Base 2.000 Risposte multiple
438
1987 l o più l o più 1-2 volte Mai io volte la volte in 3 3 mesi
settimana al mese mesi
Ho suonato uno strumento musicale 9,1 3 ,5 4,4 82,8 Ho ballato in un locale pubblico (discoteca) 15,3 20,0 22,2 42,5 Sono andato al cinema 10,6 3 1,5 26,9 30,8 Sono andato ad un concerto di musica leggera 0,4 3 ,6 1 1 ,4 84,5 Sono andato ad un concerto di musica classica 0,3 1 , 1 2,8 95,5 Sono andato a teatro 0,3 3 ,4 9,2 86,7 Sono andato a vedere una manifestazione
sportiva 8,8 15,7 17,5 57,7 Ho comperato dischi o cassette di musica
leggera 4,0 18,3 24,9 52,6 Ho comperato dischi o cassette di musica
classica 0,4 2,3 3 ,7 93,3 Sono andato in viaggio dormendo almeno
una volta fuori dal comune di residenza 2,5 8,4 24,9 64,0 Ho visitato un museo o una mostra d'arte 0,5 4,3 16,9 77,9 Ho partecipato ad un convegno o ad un
dibattito culturale 0,5 3 ,3 9,5 86,5 Sono entrato in una biblioteca pubblica 4,0 8,0 14,3 73,2 Ho praticato attivamente uno sport 27,3 7,8 5,6 59,0 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
leggera 60,6 14,0 6,5 18,9 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
classica 6,5 5,8 5,7 81,7 Sono entrato in libreria per comperare libri
non di studio 2,1 9,9 16,6 71 , 1 Ho letto libri non di studio 1 1 ,5 19,6 24,4 44,0
Base 2.000 Risposte multiple
439
1992 l o più l o più 1-2 volte Mai in volte la volte in 3 3 mesi
settimana al mese mesi
Ho suonato uno strumento musicale 13,7 3,8 4,4 78,1 Ho ballato in un locale pubblico (discoteca) 15,5 23,3 26,3 34,9 Sono andato al cinema 10,0 33,7 27,4 28,9 Sono andato ad un concerto di musica leggera 0,7 3 ,7 10,5 85,0 Sono andato ad un concerto eli musica classica 0,4 2,0 3 ,7 93,9 Sono andato a teatro 0,9 6,6 18,3 74,2 Sono andato a vedere una manifestazione
sportiva 8,1 17,1 20,4 54,4 Sono andato in viaggio dormendo almeno
una volta fuori dal comune di residenza 3 ,1 1 1 ,5 29,1 56,2 Ho visitato un museo o una mostra d'arte 1 ,0 6,1 21 ,2 71 ,7 Ho partecipato ad un convegno o ad un
dibattito culturale 1,4 5,6 14,6 78,3 Sono entrato in una biblioteca pubblica 8,7 12,8 16,5 62,0 Ho praticato attivamento uno sport 36,0 8,6 5,3 50,1 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
leggera 75, 1 9,4 3,9 1 1 ,6 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
classica 13,6 9,5 9,0 67,9 Sono entrato in libreria per comperare libri
(non di studio) 3 ,9 15,3 21 ,2 59,7 Ho letto libri (non di studio) 12,2 23,9 27,7 36,1
Base 1.718 Risposte multiple
440
1996 l o più l o più 1 -2 volte Mai in volte la volte in 3 3 mesi
settimana al mese mesi
Ho suonato uno strumento musicale 14,7 3 , 1 6,5 75,7 Ho ballato in un locale pubblico (discoteca) 15,7 26,3 29,2 28,8 Sono andato al cinema 7,7 33,6 32,1 26,6 Sono andato ad un concerto di musica leggera 0,6 4,4 1 1 ,1 83,9 Sono andato ad un concerto di musica classica 0,3 0,7 3 ,0 96,0 Sono andato a teatro 0,7 6,0 15,1 78,2 Sono andato a vedere una manifestazione
sportiva 9,7 16,5 20,2 53,6 Ho visitato un museo o una mostra d'arte 0,5 7 ,4 2 1 ,9 70,2 Ho partecipato ad un convegno o ad un
dibattito culturale 1 , 1 5 ,2 15,2 78,6 Sono entrato in una biblioteca pubblica 10,1 16,3 16,8 56,8 Ho praticato attivamento uno sport 36,9 7,9 7,5 47,7 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
leggera 67,5 12,1 6,6 13,8 Ho ascoltato dischi o cassette di musica
classica 8,7 10,1 1 1 ,3 70,0 Sono entrato in libreria per comperare libri
(non di studio) 5,8 17,4 22,7 54,2
Base 1 .686 Risposte multiple
441
59.
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1983 1987 1992 1996
Piemonte e Val d'Aosta 7 ,0 7,3 7,4 6,2 Liguria 2,3 2,7 2,5 2,1 Lombardia 16,0 15,2 15,0 13,9 Trentina-Alto Adige 1 ,5 1 ,8 1 ,7 1,3 Veneto 8,0 8,0 7,7 8,4 Friuli-Venezia Giulia 2,3 1,9 1 ,9 2,1 Emilia-Romagna 6,5 6,2 6,0 5,0 Toscana 5 ,9 5,5 5,5 4,4 Marche 2,2 2,2 1 ,9 2,4 Umbria 1 ,7 1,4 1 ,1 1 ,1 Lazio 7 ,8 9,1 9,3 9,1 Abruzzo e Molise 2 ,6 2,7 1 ,9 2,8 Campania 10,8 1 1 , 1 12,5 13,0 Puglia 8,7 7,6 8,4 8,7 Basilicata 3 ,2 1 ,2 1 ,2 1 ,3 Calabria 2,8 4,2 3,9 4,5 Sicilia 7 ,6 9,2 9,3 10,4 Sardegna 3,0 3 ,2 3,0 3 ,4
Base 4.000 2.000 1.718 1 .686
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Finito di stampare nel mese di settembre 1997 dalla Litosei, via Bellini 22/4, Rastignano, Bologna
Fotocomposizione: Centro Immagine - Capannori (Lu)
STUDI E RICERCHE
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