“Il gioco è una classe di
comportamenti definiti
attraverso un negativo,
senza identificare, come
si fa di solito, che cosa
quel negativo neghi”.
Bateson
• Quando i cuccioli si
scambiano dei morsi, l’intento
non è quello di azzannare sul
serio, ma qualcosa di diverso:
il gioco rappresenta un’attività
strettamente legata
all’esplorazione e
all’apprendimento di moduli
comportamentali socializzanti.
• Negli animali il gioco è
dipendente sia da
comportamenti innati (che
proprio attraverso il gioco si
strutturano progressivamente
avvicinando al mondo adulto)
sia da induzioni
comportamentali imitative e
acquisite, legate all’ambiente
circostante
IL GIOCO
Questo è
un gioco?
• Nella specie umana il
gioco tende a essere
strutturato in modalità
più complesse, che
dipendono dalla
trasmissione di
elementi culturali.
• Il gioco non è solo
prerogativa degli
individui giovani ma
svolge un ruolo
significativo anche
nella vita quotidiana
degli adulti.
Secondo Huizinga (1939):
“Il gioco oltrepassa i limiti
dell’attività puramente
biologica: è una funzione
che contiene un senso”.
“La civiltà umana sorge e si
sviluppa nel gioco, come
gioco”. Prima di essere sapiens,
l’homo è ludens
Tutte le manifestazioni culturali
sono ricalcate sullo spirito di
ricerca, del rispetto della regola
e del distacco che il gioco
innesca e sviluppa.
Scrive Eco (1973):
“Se la cultura è gioco allora il gioco nella sua accezione stretta,
l’esecuzione dei giochi riconosciuti come tali […], costituisce il
momento metalinguistico in cui la cultura parla le proprie regole”.
HOMO LUDENS
il gioco è un’attività
1. Libera non si può
obbligare nessuno a partecipare
2. Separata circoscritta
entro un preciso contesto
spazio/temporale fissato in
anticipo
3. Incerta svolgimento ed
esito non possono essere
conosciuti a priori
4. Improduttiva non crea
nessun elemento nuovo e può
solo essere limitata allo
spostamento di proprietà tra la
cerchia di giocatori
5. Regolata sottoposta a
convenzioni che sostituiscono
quelle ordinarie
6. Fittizia accompagnata
dalla consapevolezza di far
parte di un universo
immaginario
IL GIOCO
COME
ATTIVITÀ
Come fa notare Caillois Le forme che il gioco assume storicamente sono residui culturali di una determinata epoca: non ha senso separare il gioco dalla cultura, ma esiste un rapporto di interdipendenza.
LE FORME DEL GIOCO
Tenendo conto della distinzione tra “play” e “game”, Caillois individua due modalità generali in cui si esplica l’attività ludica
si va dall’attività non strutturata tipica dei bambini (paidia)
a quella rigidamente organizzata in regole e rituali (ludus).
Lungo quest’asse, Callois individua quattro categorie fondamentali: agon: competizione in cui viene ricreata
artificialmente l’uguaglianza delle probabilità di successo di ogni giocatore;
alea: la vittoria è affidata al caso: vi è una totale abdicazione della volontà;
mimicry: il mimetismo animale - ha a che fare con l’accettazione temporanea di un universo fittizio e illusorio (dai giocattoli come riproduzione degli oggetti della realtà alle rappresentazioni teatrali);
Ilinx: la ricerca volontaria di un turbamento sensoriale capace di generare un panico “voluttuoso”.
• Huizinga, ha cercato di comprendere la struttura del fenomeno studiando il modo in cui le diverse culture lo legano ad altre attività.
• In molte lingue europee si distinguono due diverse aree semantiche, coperte dai termini inglesi “game” e “play” che, a grandi linee, distinguono il gioco organizzato da quello libero.
• Il secondo termine confina anche con discipline come la recitazione e l’esecuzione musicale, che nella dizione italiana troviamo distinte (altre lingue, quali il francese e il tedesco, utilizzano invece un unico termine, rispettivamente “jouer” e “spielen”).
AGON Competizione
ALEA Fortuna
MIMICRY Simulacro
ILINX Vertigine
PAIDIA
Chiasso
Agitazione
Fou-rire
Aquilone
Solitari
Cruciverba
LUDUS
Corsa Lotta Gare (senza regole) Boxe Biliardo Scherma Dama Calcio Scacchi Sport (in generale)
Filastrocche per fare la conta Testa o Croce Scommesse Roulette Lotterie
Imitazioni infantili Giochi illusionistici Bambole Costumi, maschere, travestimenti Teatro Arti dello spettacolo
Roteare infantile Giostra Altalena Valzer Luna park Sci Alpinismo
LE CATEGORIE DI
CAILLOIS
IL GIOCO
NEL VIDEOGIOCO
Il videogioco non è una particolare forma di gioco quanto, piuttosto, un nuovo modo di giocare, una modalità offerta dalla possibilità di manipolare bit di informazione.
L’agon è prerogativa di qualsiasi videogioco e non esiste miglior arbitro del
computer per garantire a tutti i partecipanti identiche probabilità di successo.
Pur non esistendo in nessun videogioco una pura espressione dell’alea, un elemento casuale è sempre presente ad ogni nuova partita - ed è ciò che spinge l’individuo a rigiocare anche dopo aver portato a termine con successo il gioco una prima volta.
Il mimetismo è una componente fondamentale, in quanto l’utente è presente nell’universo di gioco sempre sotto forma di simulacro (sia esso personaggio poligonale, un cursore o un agente invisibile come in Tetris).
La vertigine non è da ricercare solo nello stordimento visivo/acustico, ma anche nell’effetto di straniamento, paradossalmente più evidente quanto più ci si avvicina a ricostruzioni fedeli della realtà.
Se è vero che il videogioco si presenta generalmente come ludus, esistono modalità di gioco, come quelle di pratica o allenamento (nelle quali viene perso di vista lo scopo del gioco in sé e con esso barre d’energia e punteggio), che possono essere tranquillamente considerate manifestazioni di paidia.
IL COMPUTER
COME ARBITRO
Grazie alla matrice tecnologica, il computer si rivela un arbitro
imparziale e impeccabile nell’applicazione delle regole.
Tuttavia, data la natura digitale della materia manipolata, ogni parametro di
gioco può essere modificato anche durante la performance (aiuti alla guida nelle
simulazioni, cambio di inquadratura, di velocità o del livello di difficoltà),
mostrando flessibilità nell’adattare il livello di sfida alle abilità del giocatore.
Una seconda caratteristica riguarda la gestione delle responsabilità
amministrative del gioco, che libera il giocatore da un compito così gravoso.
Diventando arbitro delle risorse, il computer permette inoltre l’azione in tempo
reale, eliminando la necessità di rispettare i turni, come nei giochi da tavolo.
Sempre in questo ruolo di demiurgo, il computer può limitare l’accesso alle
informazioni, così da stimolare l’immaginazione nella risoluzione degli enigmi
posti dal gioco.
Il quinto punto di forza ha a che fare con la possibilità di creare e gestire
sfidanti artificiali, mentre molte altre forme ludiche necessitano di un
avversario umano per poter essere fruite.
The Art Of
Computer Game Design
Quattro pilastri su cui poggia il game design:
Rappresentazione
Interazione
Conflitto
Sicurezza
Chris Crawford - 1982
RAPPRESENTAZIONE
Un gioco è un sistema formale chiuso che soggettivamente rappresenta un sottoinsieme della realtà
“Sistema”: insieme di parti che interagiscono tra di loro.
“Formale”: perché governato da regole esplicite.
“Chiuso”: in quanto completo e autosufficiente come struttura.
“Rappresentazione soggettiva”: il gioco non è oggettivamente reale - non ricrea a livello fisico la situazione che tenta di rappresentare - tuttavia questa situazione diventa soggettivamente reale per il giocatore, che attua il passaggio ricorrendo alla propria fantasia.
definizione
INTERAZIONE
La forma più completa ed evoluta di
rappresentazione è quella interattiva,
che consente ai propri fruitori di
esplorare liberamente i rapporti di
causa/effetto, offrendo ogni volta
nuove informazioni.
CONFLITTO
Nasce spontaneamente dall’interazione:
il giocatore cerca di raggiungere uno o
più scopi e, in questo, viene ostacolato
continuamente da elementi statici e
dinamici, che richiedono la presenza di
un agente intelligente.
SICUREZZA
Dove c’è conflitto c’è pericolo, il
pericolo implica il rischio di subire un
danno e il danno non è mai desiderabile.
Il gioco è dunque un artificio che offre
l’esperienza psicologica del conflitto e
del danno escludendo la loro
realizzazione fisica.
FRUSTRAZIONE
La consapevolezza dell’artificiosità del
conflitto non solo permette di osare di
più ma, sapendo che le conseguenze
non saranno drammaticamente
irreversibili per la propria salute
psicofisica, si è anche disposti ad
accettare un livello di difficoltà più
elevato rispetto alle abilità acquisite.
LE REGOLE DEL GIOCO
Cosa permette di distinguere la pratica
videoludica da altre forme di intrattenimento?
Secondo Jesper Juul, le regole.
Giocare con un videogioco significa innanzitutto
interagire con regole reali mentre ci si trova
immersi in un universo immaginario e un
videogioco è tanto un insieme di regole quanto un
mondo fittizio (che le stesse regole permettono di
generare).
Secondo Isaac Barry, le regole
forniscono la descrizione formale della
struttura del gioco all’interno del
proprio contesto.
Tale contesto è definito “frame”: un
tempo e uno spazio che distinguono il
gioco come attività da tutto ciò che
non lo è.
Lo scopo delle regole è quello di
contribuire a organizzare e
contestualizzare il gioco stesso.
FRAME DI GIOCO
PROCEDURE E
DELIMITAZIONI
Riusciamo a distinguer due categorie di regole:
Le procedure descrivono i processi e le tecniche che il giocatore
usa per raggiungere l’obiettivo: in quanto insieme di istruzioni,
indicano i metodi con cui i giocatori possono compiere
determinate azioni.
Le delimitazioni stabiliscono delle restrizioni al numero di azioni
possibili, per prevenire il fatto che il giocatore sovverta (più o
meno inavvertitamente) le sfide proposte dal gioco.
Tramite procedure e delimitazioni (l’impalcatura di regole formali) il
gioco manifesta le proprie modalità di interazione corrette,
consentendo al giocatore di concentrarsi sull’esplorazione delle
strategie per superare le sfide proposte da un determinato impianto
ludico piuttosto che sforzarsi a comprendere e interpretare l’impianto
stesso.
CONDIZIONAMENTO
OPERANTE
Quando parliamo di regole, tendiamo a non associarle al
divertimento quanto al divieto. Il successo di tale impianto risiede
in quella tecnica conosciuta come condizionamento operante (o
strumentale)
Il condizionamento operante viene impiegato per modificare il
comportamento rinforzando le azioni desiderate e ignorando o
punendo quelle indesiderate.
Un rinforzo positivo, associato a una reazione che genera valore per
l'utente, consente di aumentare la probabilità che un dato
comportamento si verifichi (come accade, per esempio, con l'aumento
di punteggio, la comparsa di bonus o messaggi di incitamento);
il rinforzo negativo, invece, aumenta la probabilità dell'azione
desiderata rimuovendo uno stato negativo (per esempio disattivando
un insistente allarme che continua a richiamare nemici sullo schermo);
la punizione riduce la probabilità che si verifichi un dato
comportamento, associandolo ad un effetto negativo (come la perdita
di energia cadendo da piattaforme troppo elevate).
SANZIONI E
INTRATTENIMENTO
Per far accettare le regole è determinante prevedere un sistema
sanzionatorio di rinforzo che premi o punisca il giocatore a
seconda di come applica le regole, incentivando non solo
all'apprendimento ma anche alla continua reiterazione del
comportamento desiderato.
Il giocatore deve essere invogliato a proseguire lungo un percorso di
difficoltà crescente, stimolato da un coerente sistema di sanzioni.
La consapevolezza di poter assurgere ad un sistema di ricompense
superiore è la molla che consente al fruitore di perseverare nella
ripetizione della performance fino a quando non avrà acquisito l’abilità
necessaria per affrontare con successo la curva di difficoltà.
Quando tutto ciò si verifica ecco che il rapimento
dell’immaginazione diviene totalizzante e il videogioco assolve il suo
compito di intrattenimento.
STRUTTURE PER
L’APPRENDIMENTO
Mentre le regole devono essere universalmente definite, mai ambigue e facili
da applicare, il piacere del gioco dipende da come queste si combinano per
creare sfide di una certa complessità, che richiedono un continuo incremento
dell'abilità da parte del giocatore. In quest’ottica, giocare è,
fondamentalmente, una forma di apprendimento. Il piacere di questa
esperienza può essere dunque racchiuso nell’imparare nuove regole e nel
diventare sempre più abili ad applicarle.
Ciò avviene tramite due modalità:
strutture emergenti: un numero di semplici regole si combina per formare
interessanti variazioni (giochi da tavolo e sport in generale, ma anche Pong
e Tetris);
strutture progressive: sfide separate di difficoltà crescente vengono
presentate con una certa periodicità; il giocatore deve compiere un set
determinato di azioni prima di poter procedere oltre e arrivare alla fine del
gioco.
SOLO UN INSIEME
DI REGOLE?
Mentre nel caso delle strutture emergenti
l’interazione con le regole comporta una serie
infinita di possibilità, quando si arriva alla fine di
un gioco a struttura progressiva si sono esaurite
tutte le possibilità. Questo tipo di struttura ludica è
relativamente recente ed è proprio in questi casi
che molto spesso finiscono per naufragare le
ambizioni narrative del videogioco.
Su questo ultimo punto in particolare, la corrente
ludologica, è chiara - l’elemento narrativo è
assolutamente accidentale: la sagoma di un
determinato pezzo degli scacchi non è una
prerogativa importante per il divertimento in
relazione alle regole di gioco.
L’INFORMAZIONE
CHE NON SERVE
I giocatori più esperti spostano la loro
attenzione dal mondo rappresentato
all’universo di gioco come insieme di regole,
questo perché, come dimostrato dalla teoria
della riduzione dell’informazione (Haider e
Frensch, 1996), una prestazione migliore
implica la capacità di ignorare le informazioni
non rilevanti per il raggiungimento
dell’obiettivo (pensiamo a chi, durante i LAN
party, disabilita le texture dai modelli poligonali per
non avere interferenze).
Mentre un gioco può essere divertente
anche senza avere un contesto narrativo di
riferimento, non basta una bella storia per
salvare un gioco terribilmente noioso.
IL GIOCO COME
SISTEMA DI REGOLE
Un gioco è un sistema basato su regole dai risultati variabili
e quantificabili.
A risultati differenti sono associati valori differenti (positivi o
negativi).
Il giocatore usa quindi le sue forze per influenzare tale
risultato, proprio perché emotivamente legato ad esso.
Le conseguenze di tale attività sono negoziabili, nel senso
che lo stesso gioco (lo stesso insieme di regole) può essere
giocato con o senza conseguenze per la vita reale.
Jesper Juul - 2006
HALF-REAL
La finzione narrativa permette al giocatore di comprendere meglio
le regole: il design dei livelli di un gioco, infatti, oltre a presentare un
mondo immaginario, determina allo stesso tempo ciò che un
giocatore può o non può fare.
Sia le regole sia la fiction (da intendere come versione estesa della
narrazione), permettono di rendere il gioco un’attività separata dalla
vita quotidiana:
le regole, definendo uno spazio unico in cui hanno validità esclusiva,
la fiction proiettando il giocatore in un mondo distinto da quello reale.
Se consideriamo il fatto che le azioni del giocatore nel mondo reale
hanno una relazione (per quanto metaforica) con quelle compiute
nel mondo virtuale (premendo un pulsante sul controller si compie
un salto mortale sullo schermo) possiamo definire i videogiochi
come “half-real”, nel senso che i mondi digitali con cui interagiamo
sono fittizi, ma le regole che applichiamo per interagire sono
assolutamente reali.
APPRENDERE
A GIOCARE
Per consentire il giocatore di partecipare correttamente alla costruzione dell’evento videoludico, tramite la corretta applicazione delle regole, un buon videogioco deve presentare un valido sistema di apprendimento.
Molto spesso i VG presentano livelli specifici per apprendere i comandi del gioco. In ogni caso, anche quando il gioco vero e proprio comincia, presenta un livello di sfida assolutamente alla portata del giocatore. In pratica, l’apprendimento dei controlli e dell’interfaccia non avviene in un contesto estraneo al gioco e allo stesso tempo, il giocatore non viene abbandonato a se stesso, improvvisamente calato in mezzo agli ostacoli del gioco reale.
In questa fase vengono solitamente proposti in maniera condensata tutti gli elementi basilari che costituiscono la dinamica del gioco stesso attraverso i livelli.
QUESTIONE DI
ALLENAMENTO
Durante l’allenamento, i giocatori scoprono le abilità fondamentali richieste con un approccio “dal basso verso l’alto”, ovvero giocando.
È altrettanto vero che queste fasi di pratica e apprendimento non si concludono all’interno di specifici livelli, ma continuano durante il gioco vero e proprio, grazie all’inserimento di informazioni di vario genere, che permettono al giocatore di ottenere sempre nuove competenze.
Al giocatore non viene mai richiesto di apprendere mnemonicamente tutte le informazioni di cui ha bisogno per procedere nel gioco, ma in qualsiasi momento ha la possibilità di accedere a questo insieme di informazioni, inserite nel contesto di gioco come memorandum, appunti abbandonati, avvisi sonori e visivi e così via…
Devono verificarsi due istanze: un buon design del videogioco, che sappia incoraggiare
l’apprendimento e premiare gli sforzi,
la presenza di una comunità (di giocatori e non giocatori) che favorisca la discussione sul gioco, i videogiochi in generale e altri sistemi semiotici affini.
LA PRATICA
RENDE PERFETTI
Il giocatore è fissato sul raggiungimento di diversi scopi e a realizzare le proprie aspirazioni all’interno del mondo virtuale, e non sulla necessità di fare esercizio al di fuori del contesto di gioco. Ciò gli permette di fare pratica con abilità differenti, rilevanti per il successo nel gioco, facendogli dimenticare allo stesso tempo di questo costante allenamento.
Nel momento in cui una determinata azione diventa automatica per il giocatore (frutto di una pratica estesa), una situazione inedita dovrà spingere il giocatore ad adattarsi alla novità, apprendere nuove modalità d’azione e renderle automatiche e così via, operando sempre sul margine esterno delle sue risorse, facendo in modo che ogni nuova situazione sia impegnativa ma non insormontabile.
In questo modo si stimola la ricerca e una competenza automatizzata deve essere smontata e riconsiderata per adattarsi alla nuova sfida e portare a raggiungere un nuovo livello di competenze.
AU
TO
MA
TIS
MI
PROCESSI DI
APPRENDIMENTO Possiamo così ricostruire il processo che
contraddistingue la pratica videoludica in quattro fasi: 1. Il giocatore deve sondare il mondo virtuale.
2. Riflettendo sui dati che ottiene durante l’operazione di sondaggio, il giocatore forma un’ipotesi relativa a un aspetto del mondo virtuale.
3. Seguendo questa ipotesi, il mondo virtuale viene nuovamente sondato, osservando anche gli effetti che questo comporta.
4. A seconda degli effetti ottenuti, l’ipotesi sarà accettata per valida oppure verrà modificata e riconfigurata.
Questo processo è centrale nel modo in cui gli esseri umani, come creature biologiche, apprendono nel momento in cui apprendere è fondamentale per la sopravvivenza.
GIOCARE PER
APPRENDERE
I videogiochi si dimostrano estremamente fertili per l’apprendimento in quanto: sono in grado di spingere il giocatore a provare anche se questo
ha buoni motivi per ritenere di non riuscire a farcela.
Sono in grado di spingere il giocatore a dare il massimo, sforzandosi parecchio, anche se le motivazioni iniziali sono scarse.
Consentono al giocatore di raggiungere un successo significativo nel momento in cui il suo sforzo viene riconosciuto e premiato.
Tutto questo accade perché il videogioco (permettendo di ricominciare la partita dal punto di salvataggio o di scegliere in qualsiasi momento il livello di difficoltà) permette di confrontarsi con un universo in cui le conseguenze reali sono al minimo: il fallimento non viene punito in maniera severa mentre il successo è sempre accompagnato da una gratificazione.