La Gioia
Fine e mezzo di una vita bella
«Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia,
la gioia...». La gioia di portare a tutti la consolazione
di Dio. «Non c’è santità nella tristezza!» continua il
Santo Padre, non siate tristi come gli altri che non
hanno speranza, scriveva San Paolo (1Ts 4, 13).
Nel mondo spesso c’è un deficit di gioia. Non siamo
chiamati a compiere gesti epici né a proclamare
parole altisonanti, ma a testimoniare la gioia che
proviene dalla certezza di sentirci amati, dalla fiducia
di essere dei salvati.
«La tristezza e la paura devono fare posto alla gioia:
Rallegratevi... esultate... sfavillate di gioia – dice il
Profeta (66, 10). È un grande invito alla gioia. […]
Ogni cristiano e soprattutto noi, siamo chiamati a
portare questo messaggio di speranza che dona
serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua
tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere
portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di
essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. […]
Non abbiate paura, il Signore è il Signore della
consolazione, il Signore della tenerezza. Il Signore è
padre e Lui dice che farà con noi come una mamma
con il suo bambino, con la sua tenerezza.».
Papa Francesco
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Preghiera O Spirito Santo,
penetra nel
profondo il mio
cuore
e ricolma di gioia le
parti oscure della
mia vita.
Beato chi può
ospitarti,
perché così il
Padre e il Figlio
dimoreranno in
lui.
Rendimi simile a
te, guarda con
benevolenza verso
di me:
perché la mia
piccolezza trovi
grazia di fronte
alla tua grandezza.
Brano Biblico
Beati quelli che sono poveri di fronte a
Dio: Dio dona loro il suo regno.
Beati quelli che sono nella tristezza: Dio
li consolerà.
Beati quelli che non sono violenti: Dio
darà loro la terra promessa.
Beati quelli che desiderano ardentemente
quello che Dio vuole: Dio esaudirà i loro
desideri.
Beati quelli che hanno compassione degli
altri: Dio avrà compassione di loro.
Beati quelli che sono puri di cuore: essi
vedranno Dio.
Beati quelli che diffondono la pace: Dio li
accoglierà come suoi figli.
Beati quelli che sono perseguitati perché
fanno la volontà di Dio: Dio dona loro il
suo regno.
Beati siete voi quando vi insultano e vi
perseguitano, quando dicono falsità e
calunnie contro di voi perché avete
creduto in me.
Siate lieti e contenti, perché Dio vi ha
preparato in cielo una grande
ricompensa: infatti, prima di voi, anche i
profeti furono perseguitati.
(Mt 5, 3-12)
PVA Art. 7. Lo stile di
vita del Salesiano
Cooperatore,
improntato allo
spirito delle
Beatitudini, lo
impegna ad
evangelizzare la
cultura e la vita
sociale.
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Le beatitudini sono la grande e nuova buona notizia
della legge, ma purtroppo, molto spesso, sono state
erroneamente trasformate in imperativi morali. In
alcuni casi il tranello è facile, ad esempio: dovete
essere poveri, dovete essere misericordiosi. In queste
formule l’idea del dovere può anche funzionare,
ma… “dovete essere afflitti” funziona meno; l’essere
afflitti non è un precetto morale, tanto meno l’essere
perseguitati.
Non ha assolutamente senso che Gesù dica: dovete
essere perseguitati, fatevi perseguitare. È assurdo.
Però, dato che tutte le formule sono analoghe, devono
essere considerate tutte nella stessa luce e allora
l’indicazione che segue alla beatitudine non indica il
dovere morale, ma la condizione per accogliere il
messaggio dell’azione di Dio. Ecco allora che,
anziché il verbo “dovere”, conviene utilizzare il verbo
“potere”. Quindi, non “dovete essere poveri”, ma
“potete essere poveri”. Dio è dalla vostra parte, è lui
che comanda, che ha tutto in mano; siete fortunati ad
avere un amico così potente, potete riconoscere di
essere umili, di essere poveri, di valere poco; potete
lasciarvi andare. Non è questione di essere poveri, di
diventare poveri; è l’atteggiamento di chi riconosce la
propria natura, la propria splendida situazione di eredi
del Regno.
Usando un linguaggio moderno potremmo dire:
potete essere poveri, perseguitati e anche piangere,
ma siete comunque in una botte di ferro; tutte le
vostre sofferenze potete sopportarle benissimo perché
sono nulla a confronto della grande fortuna che avete:
un Padre che vi ama, che non smette mai di amarvi e
Commento Biblico
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dal quale avrete tutto, dal cielo alla terra. Una
traduzione arcaica e imprecisa Poveri in spirito:
Matteo, rispetto a Luca, ha aggiunto questa
specificazione, è un complemento di limitazione:
poveri “in spirito”. Nel testo parallelo di Luca
troviamo infatti semplicemente “Beati voi poveri”.
Quando è stata fatta la traduzione in greco, il termine
ebraico, che molto probabilmente era „anawîm, è
stato reso con il greco «ptwcoi,» (ptochòi) un termine
greco di tipo popolare che però non rende bene il
concetto. Questo aggettivo, «ptwco,j» (ptochòs), dà
origine in italiano al termine “pitocco” proprio per
indicare uno povero in modo assoluto, che non ha
niente; è il barbone che dorme sotto il ponte. È una
traduzione delle più arcaiche, delle prime che sono
state fatte e un po’ imprecisa. Luca è più conservatore
di Matteo e quindi rispetta i testi arcaici che ha
ereditato e li conserva tali e quali. L’evangelista
infatti lo dichiara espressamente nel preambolo del
suo evangelo: «…così ho deciso anch’io di fare
ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e
di scriverne per te un resoconto ordinato (Lc 1,3)».
Matteo invece o, meglio, come ben ricordate, la
scuola di Matteo, quell’ambiente di scribi di
Antiochia, ha una capacità di rielaborazione del
materiale e si rende conto che C. Doglio —
Introduzione al Vangelo secondo Matteo la semplice
traduzione «ptwcoi,» (ptochòi) non rende il concetto
ebraico di „anawîm, che certamente indica i poveri,
ma nel senso di umili, di coloro che hanno la
consapevolezza dei propri limiti. Non è una questione
sociale o economica, è l’atteggiamento della persona.
La povertà in spirito, infatti, non significa avere poco
spirito, ma avere lo spirito del povero,
l’atteggiamento del povero, il riconoscimento, la
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coscienza della propria povertà.
Poveri in spirito non sono, secondo il senso di oggi,
gli sciocchi, gli sprovveduti, i sempliciotti, in
contrapposizione ai furbastri ed agli scaltri. L’essere
povero in spirito è il non avere una propria sicurezza,
è una disposizione interiore che impronta il proprio
agire in ogni circostanza alla disponibilità, all’aprirsi,
all’accettare, all’avere fiducia nel Signore. È la
negazione del proprio orgoglio, è l’ammettere di
essere bisognosi, di non essere autosufficienti, di
dipendere da Dio.
Questo atteggiamento di sincera umiltà interiore è
quello che “giustifica” l’uomo. Povero in spirito è chi
è umile e dolce, chi attende la salvezza solo da Dio,
chi ha animo retto e intenzioni pure, chi lavora per la
giustizia e per la pace. È un po’ lo stato d’animo del
pubblicano al tempio al confronto del fariseo.
Riformuliamo tutta la frase: Dio onnipotente è dalla
vostra parte, siete fortunati, potete riconoscere la
vostra povertà come una realtà passeggera, quasi
trascurabile di fronte al fatto che Dio è il vostro
consolatore.
Siete fortunati, potete affrontare la afflizioni; non
dovete, ma potete accogliere anche le situazioni
difficili perché Dio vi consola, non vi lascia soli,
riempie la vostra solitudine e dà forza alla vostra
azione. Dio vi lascia in eredità la terra ed è il padre
che lascia in eredità la terra ai figli; Dio vi tratta
infatti come figli, vi lascia la terra, la terra promessa
per lascito testamentario. Siete fortunati, siete degli
ereditieri, beati voi, potete essere miti, non avete
bisogno di combattere per conquistare la terra, ve la
lascia in eredità, beati voi.
Dio sazia il vostro desiderio, soddisfa la vostra attesa,
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siete fortunati, potete impegnarvi nella ricerca della
giustizia. Avere fame e sete, desiderare con tutte le
forze quello che Dio vuole. Ricordate che a Giovanni
Battista, che non voleva battezzarlo, Gesù dice:
«bisogna compiere ogni giustizia». Qui una
beatitudine importante ci dice che, dal momento che
Dio sazia il nostro desiderio, noi possiamo
impegnarci nella giustizia, nel progetto di Dio, nel
fare la sua volontà. Dio vi tratta con misericordia,
beati voi, potete fare altrettanto, potete essere
misericordiosi perché avete già ottenuto misericordia.
Dio si fa vedere da voi, siete fortunati, potete essere
puri di cuore. Questa è un’altra indicazione che limita
in qualche modo il concetto di purezza. Il cuore
indica l’intelligenza, la volontà e la purezza di cuore è
la schiettezza, la trasparenza, la totale dedizione per
cui non sono mezzo e mezzo, ma sono senza
doppiezza, senza ambiguità. Quando è che l’oro è
puro? Quando è solo oro. Quindi la purezza dell’oro è
essere tutto oro; se contiene delle scorie o del metallo
non nobile, è impuro. Il puro di cuore è colui che
totalmente aderisce al Signore. Potete essere schietti
perché Dio si fa vedere da voi.
Dio vi chiama suoi figli; non è questione solo di
nome, ma di essenza, perché il nome indica l’essere.
Siete fortunati, Dio vi adotta come figli, vi prende
nella sua casa, vi tratta da figli, vi fa diventare
davvero suoi figli, e questa è una grandissima fortuna.
Potete essere figli di tale Padre: “talis pater, talis
filius”. Potete quindi essere operatori di pace, creatori
di collegamento, di amicizia, di unione; potete
generare buone relazioni perché Dio vi fa diventare
suoi figli. Dio è dalla vostra parte, Lui che regge
l’universo; siete fortunati e potete affrontare la
persecuzione per causa della giustizia. Cioè, facendo
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la volontà di Dio è possibile che troviate delle
difficoltà, delle opposizioni; potete affrontare tutto
questo perché Dio è dalla vostra parte.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno
e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi
per causa mia. Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di
voi per causa mia, purché mentano. Pensate un
attimo: se dicono qualche cosa di menzognero contro
di noi ci dà fastidio proprio perché mentono. Se fosse
almeno vero…. E no! Se fosse vero sarebbe peggio
perché se ti dicessero che sei un ladro, e fosse la
verità perché effettivamente sei proprio un ladro, è un
problema serio, sei comunque colpevole. Se dicono
che sei un ladro, ma in realtà sei innocente, il
problema per te stesso e per la tua coscienza è minore
perché sei innocente.
Beati voi quando diranno male di voi, ma mentendo,
perché se dicono male e hanno ragione… addio
beatitudine. Rallegratevi ed esultate, perché grande è
la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno
perseguitato i profeti prima di voi. Avete
probabilmente notato che la prima e l’ultima
motivazione sono formulate al presente, di essi è il
regno dei cieli mentre tutte le altre, sono otto in tutto
(il numero della pienezza celeste), quindi le altre sei,
sono al futuro: saranno consolati; erediteranno la
terra; saranno saziati; troveranno misericordia;
vedranno Dio; saranno chiamati figli di Dio. C’è
quindi una dinamica presente–futuro. Dio adesso è
dalla vostra parte e sta cominciando a fare quello che
compirà nell’eternità. È pertanto già una realtà
presente, in via di compimento futuro, ma la
beatitudine è un fatto presente infatti le beatitudini
sono incorniciate dalla prima e dall’ottava che hanno
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la stessa motivazione: vostro è il regno dei cieli.
Quando Gesù annuncia la presenza del regno di Dio
intende proprio questo, intende affermare che nella
sua persona è presente Dio. Il regno di Dio è qui
perché ci sono io; la persona di Gesù è il regnare di
Dio e Dio è dalla vostra parte. Il Dio–con–noi
annuncia il Dio che è per noi e con questo i discepoli
possono affrontare tutte le difficoltà. Questo è il
grande quadro introduttivo, meraviglioso portale di
ingresso del discorso della montagna, l’annuncio
della felicità possibile.
(Don Claudio Doglio)
Attilio Giordani
Da ragazzo scopre Don Bosco
Attilio Giordani nacque a Milano il 3 febbraio 1913.
Il padre Arturo lavora in ferrovia e la madre Amalia è
costretta a letto in seguito alla nascita di uno dei figli.
Attilio è un ragazzo solare e dinamico. Dopo la
scuola elementare frequenta i tre anni della scuola
tecnica. Da ragazzino scopre don Bosco e l’oratorio
salesiano di Milano, di cui sarà sempre un grande
appassionato.
L'amore di Dio e del prossimo Riceve lì la sua prima formazione e, giovane per i
giovani, si impegna con costanza nell’animazione
gioiosa dei gruppi: per decenni è un solerte catechista
e un animatore salesiano geniale, semplice e sereno.
Da buon salesiano cooperatore conosce e usa tutti gli
strumenti educativi del Sistema Preventivo per
animare i suoi ragazzi: cura della liturgia, formazione,
Santità Salesiana
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presenza e gioco in cortile, valorizzazione del tempo
libero, teatro. Attilio organizza passeggiate con i
giovani dell’oratorio, compone canti, scenette, si
inventa lotterie di beneficenza, cacce al tesoro
parrocchiali e olimpiadi per ragazzi, senza mai
dimenticare il centro della gioia cristiana: l’amore di
Dio e del prossimo.
Crociata della Bontà
Ama il Signore con tutto il cuore e trova nella vita
sacramentale, nella preghiera e nella direzione
spirituale la risorsa per la vita di grazia. Inizia il
servizio militare nel 1934 terminandolo, con fasi
alterne, nel 1945. Dimostra senso apostolico tra i suoi
compagni d'arma. Trova impiego nell'industria della
Pirelli a Milano, dove pure diffonde allegria e buon
umore, con grande senso del dovere. Nel dopoguerra
sposa Noemi Davanzo, che lo accompagnerà e
sosterrà per tutta la vita.
Per ridare speranza ai ragazzi sconvolti dalla guerra
dà vita alla “Crociata della Bontà”, che si diffonderà
in tutta Italia. Nella propria famiglia è un marito
presente, ricco di grande fede e serenità, in una voluta
austerità e povertà evangelica a vantaggio dei più
bisognosi.
Meditazione, Eucaristia, Rosario
Ogni giorno è fedele alla meditazione, all'Eucaristia,
al Rosario. I suoi tre figli partirono per il Brasile per
un periodo di volontariato missionario. Decise egli
stesso - d'accordo con la sua Noemi - di partire
insieme, marito e moglie, per condividere totalmente
la sua paternità e la vocazione dei figli al
volontariato. Anche in Brasile continua ad essere
catechista e animatore. Il 18 dicembre 1972, a Campo
Grande, nel corso di una riunione sta parlando con
entusiasmo e con ardore del dovere di dare la vita per
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gli altri, quando improvvisamente si sente venir
meno.
"Ora, continua tu!"
Fa appena in tempo a dire al figlio: "Pier Giorgio, ora
continua tu...", e muore stroncato da un infarto. La
sua salma, trasportata in Italia, riposa ora nella
basilica di sant’Agostino a Milano. Nell’omelia il
parroco disse: “A ciascuno di noi Attilio ripete la
frase che, morendo, ha detto a suo figlio: «Continua
tu!»”.
Volevo dirvi una parola e la parola è gioia. Sempre
dove sono i consacrati, i seminaristi, le religiose e i
religiosi, i giovani, c’è gioia, sempre c’è gioia! È la
gioia della freschezza, è la gioia del seguire Gesù; la
gioia che ci dà lo Spirito Santo, non la gioia del
mondo. C’è gioia! Ma dove nasce la gioia?
(Papa Francesco)
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Avere confidenza con Dio La lectio divina
Un accumulo di termini intensi: rallegratevi, esultate,
sfavillate, ma anche consolazioni, delizia, abbondanza,
prosperità, carezze, ecc. Era venuto meno il rapporto di
fedeltà e di amore, ed erano finiti nella tristezza e nella
sterilità; ora la potenza e la santità di Dio ridà senso e
pienezza di vita e di felicità, esprimendole con termini
che appartengono alle radici affettive di ogni essere
umano, e risvegliano sensazioni uniche di tenerezza e
sicurezza.
Lieve ma vero profilo di un Dio che riluce di
vibrazioni materne e di emozioni intense che
contagiano. Una gioia del cuore (cf. Is 66, 14) che
passa da Dio – volto materno e braccio che solleva – e
si diffonde in mezzo ad un popolo storpiato da mille
umiliazioni, e per questo dalle ossa fragili.
Papa Francesco
12
Brano Biblico
Rallegratevi con Gerusalemme, esultate
per essa quanti la amate. Sfavillate di
gioia con essa voi tutti che avete
partecipato al suo lutto.
Poiché così dice il Signore: «Ecco io
farò scorrere verso di essa, come un
fiume, la prosperità; come un torrente in
piena la ricchezza dei popoli; i suoi
bimbi saranno portati in braccio, sulle
ginocchia saranno accarezzati.
Come una madre consola un figlio, così
io vi consolerò; in Gerusalemme sarete
consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le
vostre ossa saranno rigogliose come
erba fresca. La mano del Signore si farà
manifesta ai suoi servi».
Isaia 66, 10-14
Preghiera Vieni o Spirito Santo, vieni nel
mio cuore e nella mia mente.
Accordami la Tua intelligenza,
perché io possa conoscere il
Padre
nel meditare la parola del
Vangelo.
Accordami il Tuo amore,
perché anche quest’oggi,
esortato dalla Tua parola,
Ti cerchi nei fatti e nelle
persone che ho incontrato.
Accordami la Tua sapienza,
perché io sappia rivivere e
giudicare,
alla luce della tua parola,
quello che oggi ho vissuto.
Accordami la perseveranza,
perché io con pazienza
penetri il messaggio di Dio nel
Vangelo.
San Tommaso d’Aquino
PVA
Art. 19 I Salesiani Cooperatori sono convinti che, senza l’unione con Gesù
Cristo, non possono nulla. Invocano lo Spirito che li illumina e dà forza giorno
per giorno. La loro preghiera, radicata nella Parola di Dio, è semplice e fiduciosa,
gioiosa e creativa, impregnata di ardore apostolico aderente alla vita, e si prolunga
in essa.
Per alimentare la vita di preghiera i Salesiani Cooperatori ricorrono alle fonti
spirituali offerte dalla Chiesa, dall’Associazione e dalla Famiglia Salesiana.
Partecipano attivamente alla liturgia, valorizzano le forme di pietà popolare che
arricchiscono la loro vita spirituale.
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Poiché Dio vuole, nel suo amore, parlare agli uomini
e solo la sua Parola è capace di far ardere il cuore
umano illuminandolo sulla via del bene, la Chiesa ha
sempre desiderato che tutti possano accostarsi a
questa Parola per esserne nutriti.
Da questa esigenza è nata, nella tradizione cristiana,
la meditazione della Parola di Dio con la pratica della
lectio divina.
Che cos’è la lectio divina? È ascoltare Dio che ci
parla attraverso la sua Parola. È dedicare un po’ di
tempo alla lettura e mediante la lettura alla preghiera
con la Parola di Dio.
L’ascolto silenzioso e umile del Signore è il centro e
lo scopo della lectio divina. Dio che ci parla nelle
Sante Scritture è al primo posto. La lectio divina ci
aiuta così a comprendere a poco a poco che non
bastiamo a noi stessi: abbiamo bisogno di aprirci a
Colui la cui «parola è lampada ai nostri passi e luce
sul nostro cammino» (cfr. Sal 118,105). La lectio
divina può essere proposta a tutti, perché la Parola di
Dio non è «troppo alta per noi, né troppo lontana da
noi» (cfr. Dt 30,11-14).
Come si fa la lectio divina?
Ordinariamente la lectio divina si sviluppa attraverso
quattro momenti che non sono rigidi, sono successivi
e possono intersecarsi l’uno con l’altro, sviluppando
un dinamismo interiore che anima la lectio,
dall’ascolto alla vita. Qualche parola per illustrare i
quattro momenti.
1/ La lettura del testo (lectio) Dopo qualche momento di silenzio e di raccoglimento
per creare un clima favorevole alla preghiera, è bene
invocare lo Spirito Santo con una preghiera o con un
La lectio divina
14
canto, perché sia Lui a parlare. Gli autori medioevali
hanno chiamato questo primo momento lectio. Si
comincia a leggere il testo scelto in modo pacato e
tranquillo, ponendosi alla fine una domanda di
conoscenza del suo contenuto reale: che cosa dice il
testo biblico in sé? È l’atteggiamento dell’ascolto,
proprio come avviene dinanzi ad una persona che
parla: la si ascolta con attenzione, cercando di capire
quello che vuole dirci. A questo fine, può aiutare il
rimando ad altri brani biblici, secondo i riferimenti
che troviamo sulla nostra Bibbia. La lectio divina
utilizza qui un’antichissima regola
dell’interpretazione biblica che afferma: la Bibbia si
comprende con la Bibbia stessa, poiché ogni brano è
illuminato dagli altri testi della Sacra Scrittura.
2/ Meditazione del testo (meditatio) Questo secondo momento ha lo scopo di avvicinare la
Parola di Dio alla nostra vita. Così la domanda che
dobbiamo porci è questa: che cosa dice il testo biblico
a noi, a me? Non si legge il testo semplicemente per
conoscerlo, ma perché esso sia luce per la nostra vita.
Sostare dinanzi alla Parola di Dio, apre la mente a
tanti pensieri. Non sarà difficile capire che la Parola
ascoltata è rivolta a me, ha qualcosa da dire alla mia
vita, almeno in qualche sua parte. La voce di Dio è
inconfondibile. Chiama alla conversione, vuole
condurci ad una maggiore conformità con Cristo. È
molto opportuno assecondare questo filo di pensieri,
sostando in essi e meditandoli. Gli autori medioevali
hanno chiamato questo secondo momento della lectio
divina con il nome di meditatio.
3/ Il tempo della preghiera (oratio) Si giunge così alla preghiera (oratio) che suppone
quest’altra domanda: che cosa diciamo noi al Signore
in risposta alla sua parola? La lettura della Parola di
Dio farà nascere la necessità di parlare a Lui. È
questo il momento nel quale, dopo aver ascoltato,
15
l’uomo risponde a Dio e gli parla. Gli dice il proprio
assenso e insieme chiede l’aiuto della grazia per
realizzare la Sua volontà. Nella parola rivolta a Dio è
compresa anche l’intercessione per altri, perché Dio li
illumini nel cammino. È opportuno dedicare a questo
momento un congruo tempo. A partire dal Medioevo
questo terza tappa della lectio divina è stata chiamata
oratio.
4/ La gioia della contemplazione (contemplatio) In questo ultimo momento della lectio divina
assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo
nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale
conversione della mente, del cuore e della vita chiede
a noi il Signore? Man mano che maturerà l’esperienza
della preghiera ci si accorgerà che diventa meno
importante comprendere ogni volta qualcosa di
nuovo. Crescerà invece il desiderio di contemplare
l’opera già compiuta da Dio. Sarà come quando due
innamorati non si preoccupano più di dirsi cose
nuove, ma stanno in silenzio sapendo di amarsi
profondamente. Questa semplificazione della
preghiera è un dono del Signore, secondo i tempi che
non possono essere stabiliti in anticipo. Gli antichi
autori chiamavano questo momento contemplatio.
Proprio perché la Parola del Signore ha posto radici
nel nostro cuore, produrrà frutto nella vita quotidiana.
Scopo della lectio, infatti, è la trasformazione
dell’essere e dell’agire, resi nuovi dallo Spirito Santo.
Beata Eusebia Palomino
Nella famiglia di Eusebia si lavora, si prega e ci si
vuole bene
Eusebia Palomino Yenes nasce a Cantalpino in
Santità Salesiana
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provincia di Salamanca, nell’ovest della Spagna, il 15
dicembre 1899. La famiglia di Agostino Palomino,
autentico uomo di fede, è molto povera. In alcuni
periodi dell’anno Eusebia e il padre sono costretti a
chiedere
l’elemosina nei paesi vicini, ma lo fanno con una
gioia e una fede davvero singolari. In quei lunghi
viaggi Agostino racconta il catechismo alla figlia,
avida di imparare i misteri del Signore. Nella famiglia
di Eusebia si lavora, si prega e ci si vuole bene.
Condotta misteriosamente all'oratorio delle suore
Il giorno della prima comunione fu vissuto da
Eusebia con grande intensità. Subito dopo si recò a
servizio presso una famiglia benestante. Non cedette
alle tentazioni dell’adolescenza, mettendo sempre al
primo posto il suo amico Gesù. Fu mandata a
Salamanca, prima come bambinaia, poi come
assistente in un ospizio. Desiderava tanto diventare
religiosa. Un giorno, zappando, trovò una medaglia di
Maria Ausiliatrice. Poco dopo un’amica misteriosa la
condusse all’oratorio delle suore.
Queste la invitarono a rimanere con loro come
collaboratrice. Stranamente la cucina diventava meta
delle educande, che andavano a trovare quella cuoca
ignorante che aveva sempre una buona parola per
loro.
Diventa Figlia di Maria Ausiliatrice
Giunge a Salamanca la Madre Vicaria, che la accetta
tra le postulanti. Eusebia fece il noviziato a
Barcellona, edificando le compagne con la sua umiltà
e con il suo sorriso. Divenuta Figlia di Maria
Ausiliatrice nel 1924, fu inviata a Valverde del
Camino con l’incarico di cuoca e aiutante domestica.
Iniziò a vivere il suo servizio ordinario
straordinariamente bene, come voleva don Bosco,
tanto che il Signore volle ricolmarla di doni.
17
Predisse la guerra civile Anche qui le ragazze cominciarono ad avvicinarla,
attratte dal suo fascino spirituale. Iniziò a lavorare
nell’oratorio. Seminaristi, adulti e sacerdoti le
chiedono consiglio, stimolati dal suo spirito di
preghiera e di fede convinta e convincente. Propagò
la devozione alle Sante Piaghe del Signore e la
cosiddetta “schiavitù mariana” di san Luigi M.
Grignion de Montfort. Si raccontano molti fatti
speciali che avvennero nella sua vita. Come don
Bosco, ricevette dal Signore il dono della profezia.
Predisse la guerra civile spagnola e si offrì come
vittima per la Spagna. Cominciò a star male. La sua
direttrice, suor Carmen Moreno, poi martire e beata,
la accudiva, mentre raccoglieva i suoi pensieri. Suor
Eusebia le profetizzò il martirio.
Prima di morire ebbe momenti di estasi e visioni.
Raggiunse il Signore il 10 febbraio 1935. La sua
salma riposa a Valverde del Camino.
Guarda nel profondo del tuo cuore, guarda
nell’intimo di te stesso, e domandati: hai un cuore che
desidera qualcosa di grande o un cuore addormentato
dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine
della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che
finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che
cosa rispondi? Ti sei accorto di questa situazione
della tua anima? Oppure dormi? Credi che Dio ti
attende o per te questa verità sono soltanto “parole”?
(Papa Francesco)
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Discernere Come si sceglie secondo Dio
«Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me,
ti voglio bene, conto su di te”. Gesù, a ciascuno di noi,
dice questo! Di là nasce la gioia! La gioia del momento
in cui Gesù mi ha guardato. Capire e sentire questo è il
segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire
che per Lui noi siamo non numeri, ma persone; e
sentire che è Lui che ci chiama».
Si tratta di rinascere per vocazione. « Invito ogni
cristiano […] a rinnovare oggi stesso il suo incontro
personale con Gesù Cristo, almeno, a prendere la
decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni
giorno senza sosta ».
Paolo ci riporta a questa fondamentale visione: nessuno
può porre un fondamento diverso da quello che già si
trova (1Cor 3, 11). Il termine vocazione indica questo
dato gratuito, come un serbatoio di vita che non cessa
di rinnovare l’umanità e la Chiesa nel più profondo del
loro essere.
Papa Francesco
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Preghiera
O Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio,
ispirami sempre ciò che devo pensare, ciò che devo
dire e come devo dirlo; ciò che devo tacere, ciò che
devo scrivere, come devo agire e ciò che devo fare.
Per cercare la Tua gloria, il bene delle anime e la
mia santificazione. O Gesù, è in Te tutta la mia
fiducia.
Card. Merciè
Brano Biblico
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio
in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una
vergine, promessa sposa di un uomo della casa di
Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava
Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di
grazia, il Signore è con te». A queste parole ella
rimase turbata e si domandava che senso avesse un
tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria,
perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco
concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai
Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo;
il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padree
regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo
regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo:
«Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose
l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te
stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo.
Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato
Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente,
nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è
il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è
impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi,
sono la serva del Signore, avvenga di me quello che
hai detto». E l'angelo partì da lei. (Lc 1, 26,38)
20
PVA Art. 2
Impegnarsi come
Salesiani Cooperatori è
rispondere alla vocazione
apostolica salesiana, dono
dello Spirito, assumendo
un modo specifico di
vivere il Vangelo e di
partecipare alla missione
della Chiesa.È una libera
scelta, che qualifica
l’esistenza.
Art. 16
I Salesiani Cooperatori
promuovono le novità
con senso critico
cristiano. Integrano nella
loro vita “tutto ciò che è
buono”, mettendosi in
ascolto soprattutto dei
giovani nel discernimento
dei segni dei tempi. Di
fronte alle sfide e
difficoltà socioculturali
assumono un
atteggiamento critico e
costruttivo.
Alberto Marvelli
Braccio destro dei salesiani all'oratorio
Alberto Marvelli nasce il 21 marzo 1918 a Ferrara,
secondogenito di sette fratelli. Quando con la
famiglia si trasferisce a Rimini inizia a frequentare
l’Oratorio salesiano.
Sempre disponibile, diventa catechista e animatore: il
braccio destro dei salesiani. Ama e pratica ogni
genere di sport. Prende come modelli Domenico
Savio e Pier Giorgio Frassati.
Santità Salesiana
21
Azione Cattolica, studente d'ingegneria
A 17 anni scrive nel suo diario un progetto di vita che
rinnoverà strada facendo. Entra nel gruppo oratoriano
dell’Azione Cattolica diventandone in breve tempo il
presidente parrocchiale. Presta il suo servizio nella
Chiesa di Rimini come vice presidente diocesano di
AC. Studente d’ingegneria a Bologna, partecipa
attivamente alla FUCI, rimanendo fedele con
sacrificio all’eucaristia quotidiana. Nel giugno del
1942 si laurea e inizia a lavorare alla Fiat di Torino.
Svolge il servizio militare a Trieste, e riesce a
trascinare all’Eucaristia molti suoi compagni. Durante
la seconda guerra mondiale diventa apostolo tra gli
sfollati e una vera provvidenza per i poveri.
Assessore comunale a Rimini
Dopo l’entrata degli alleati a Rimini viene nominato
Assessore comunale all’Ufficio alloggi e
ricostruzione, e ingegnere responsabile del Genio
Civile: “I poveri passino subito - diceva -; gli altri
possono aspettare”. Accetta di partecipare alle
elezioni nelle liste della Democrazia Cristiana. Da
tutti è riconosciuto cristiano impegnato, ma non
fazioso, tanto che un avversario comunista dirà: “Può
anche perdere il mio partito. Basta che diventi
sindaco l’ingegner Marvelli”. Il vescovo lo nominò
presidente dei laureati cattolici.
“Che mondo nuovo mi si è aperto contemplando
Gesù sacramentato"
La devozione mariana e l’Eucaristia furono
veramente le colonne della sua vita: “Che mondo
nuovo mi si è aperto contemplando Gesù
sacramentato - scrive nel suo diario -. Ogni qualvolta
mi accosto alla santa Comunione, ogni qualvolta
Gesù nella sua divinità e umanità entra in me, a
contatto con la mia anima, è un accendersi di santi
22
propositi, una fiamma che brucia e che consuma, ma
che mi rende così felice!”. Morì investito da un
camion militare il 5 ottobre del 1946. Fu, come
voleva don Bosco, un buon cristiano e un onesto
cittadino, impegnato nella Chiesa e nella società con
un cuore salesiano. In giovinezza fece suo il motto: O
vivere salendo o morire.
Vorrei dire a chi si sente indifferente verso Dio, verso
la fede, a chi è lontano da Dio o l’ha abbandonato,
anche a noi, con le nostre “lontananze” e i nostri
“abbandoni” verso Dio, piccoli, forse, ma ce ne sono
tanti nella vita quotidiana: guarda nel profondo del
tuo cuore, guarda nell’intimo di te stesso, e
domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di
grande o un cuore addormentato dalle cose? Il tuo
cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o
l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per
atrofizzarlo?
Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio.
Io vorrei che voi pensaste a questo: come posso
essere libero, come posso essere libera da questa
cultura del provvisorio? (Papa Francesco)
23
Preghiera davanti al Presepe
Il pellegrinaggio interiore inizia nella preghiera:
«La prima cosa, per un discepolo, è stare con il
Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale
sempre, è un cammino che dura tutta la vita. […] Se
nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo
amore, della sua tenerezza, come possiamo noi,
poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? ».
Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel
vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la
missione vi chiama ad andare verso le periferie
esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di
Cristo, pieno di misericordia e di amore ».
Lo stare con Gesù forma ad uno sguardo
contemplativo della storia, che sa vedere e ascoltare
ovunque la presenza dello Spirito e, in modo
privilegiato, discernere la sua presenza per vivere il
tempo come tempo di Dio.
La contemplazione apre all’attitudine profetica. Il
profeta è un uomo « che ha gli occhi penetranti e
che ascolta e dice le parole di Dio; […] un uomo di
tre tempi: promessa del passato, contemplazione del
presente, coraggio per indicare il cammino verso il
futuro ».
Papa Francesco
24
Preghiera Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore puro,
pronto ad amare Cristo Signore
con la pienezza, la profondità e la gioia
che tu solo sai infondere.
Donami un cuore puro,
come quello di un fanciullo
che non conosce il male
se non per combatterla e fuggirlo.
Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore grande,
aperto alla tua parola ispiratrice
e chiuso ad ogni meschina ambizione.
Donami un cuore grande e forte
capace di amare tutti,
deciso a sostenere per loro
ogni prova, noia e stanchezza,
ogni delusione e offesa.
Donami un cuore grande,
forte e costante fino al sacrificio,
felice solo di palpitare con il cuore di Cristo
e di compiere umilmente, fedelmente
e coraggiosamente la volontà di Dio.
Amen. (Paolo VI)
Brano biblico
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò
che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo
primo censimento fu fatto quando era governatore
della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare,
ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era
della casa e della famiglia di Davide, dalla città di
Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di
25
Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare
insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora,
mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per
lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia, perché non c'era posto per loro
nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che
vegliavano di notte facendo la guardia al loro
gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a
loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi
furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse
loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande
gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella
città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto
in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito
apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito
celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al
cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a
Betlemme, vediamo questo avvenimento che il
Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque
senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il
bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo
averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato
detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle
cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua,
serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando
Dio per tutto quello che avevano udito e visto,
com'era stato detto loro. (Lc 2, 1-20)
26
PVA
Art. 19 Rinvigoriscono la loro fede nell’esperienza
sacramentale. Trovano nell’Eucarestia l’alimento
della loro carità apostolica. Nella Riconciliazione
incontrano la misericordia del Padre, che imprime
nella loro vita una dinamica e continua conversione e
li fa crescere nella capacità di perdonare.
Rafforzano la loro vita interiore e apostolica con
momenti di spiritualità, programmati anche
dall’Associazione.
La compagnia dell’Immacolata Concezione. Tutta la vita di Domenico si può dire essere un
esercizio di divozione verso Maria Santissima. Né
lasciavasi sfuggire occasione alcuna a fine di
tributarle qualche omaggio. L’anno 1854 il supremo
Gerarca della Chiesa definiva dogma di fede
l’immacolato concepimento di Maria. Il Savio
desiderava ardentemente di rendere tra di noi vivo e
durevole il pensiero di questo augusto titolo dalla
Chiesa dato alla Regina del cielo. Io desidererei,
soleva dire, di fare qualche cosa in onore di Maria,
ma di farlo presto, perché terno che mi manchi il
tempo.
Guidato egli adunque, dalla solita industriosa sua
carità, scelse alcuni de’ suoi fidi compagni e li invitò
ad unirsi insieme con lui per formare una compagnia
Don Bosco, Vita del giovanetto
Savio Domenico
27
detta dell’Immacolata Concezione.
Lo scopo era di assicurarsi la protezione della gran
Madre di Dio in vita e specialmente in punto di
morte. Due mezzi proponeva il Savio a questo fine:
esercitare e promuovere pratiche di pietà in onore di
Maria Immacolata, e la frequente comunione.
D’accordo co’ suoi amici compilò un regolamento e
dopo molte sollecitudini nel giorno 8 di giugno 1856,
nove mesi prima di sua morte, leggevalo con loro
dinanzi all'altare di Maria SS. Io lo trascrivo di buon
grado, nel pensiero che possa servire ad altri di norma
a fare altrettanto. Eccone adunque il tenore.
«Noi Savio Domenico, ecc. (segue il nome di altri
compagni) per assicurarci in vita ed in morte il
patrocinio della Beatissima Vergine Immacolata e per
dedicarci intieramente al suo santo servizio, nel
giorno 8 del mese di giugno, muniti tutti dei SS.
Sacramenti della confessione e comunione, e risoluti
di professar verso la Madre nostra una filiale e
costante divozione, protestiamo davanti all'altare di
Lei e col consenso del nostro spiritual Direttore, di
voler imitare per quanto lo permetteranno le nostre
forze, LUIGI COMOLLO. Onde ci obblighiamo:
1° Di osservare rigorosamente le regole della casa.
2° Di edificare i compagni ammonendoli
caritatevolmente ed eccitandoli al bene colle parole,
ma molto più col buon esempio.
3° Di occupare esattamente il tempo. A fine poi dì
assicurarci della perseveranza nel tenor di vita, cui
intendiamo di obbligarci, sottomettiamo il seguente
regolamento al nostro Direttore.
N. 1. A regola primaria adotteremo una, rigorosa
obbedienza ai nostri superiori, cui ci sottomettiamo
con una illimitata confidenza.
N. 2. L’adempimento dei proprii doveri sarà nostra
prima, e speciale occupazione.
N. 3. Carità reciproca unirà i nostri animi, ci farà
28
amare indistintamente i nostri fratelli, i quali con
dolcezza ammoniremo, quando apparisce utile una
correzione.
N. 4. Si sceglierà una mezz’ora nella settimana per
convocarci, e dopo l’invocazione del S. Spirito, fatta
breve lettura spirituale, si tratteranno i progressi della
Compagnia nella divozione e nella virtù.
N. 5. Separatamente per altro ci ammoniremo di quei
difetti, di cui dobbiamo emendarci.
N. 6. Procureremo di evitare fra noi qualunque
minimo dispiacere, sopportando con pazienza i
compagni e le altre persone moleste.
N. 7. Non è fissata alcuna preghiera giacché il tempo,
che rimane dopo compiuto il dover nostro, sarà
consacrato a quello scopo che parrà, più utile all'
anima nostra.
N. 8. Ammettiamo tuttavia queste poche pratiche:
§ 1° La frequenza ai SS. Sacramenti, quanto più
sovente ci verrà permesso.
§ 2° Ci accosteremo alla mensa Eucaristica tutte le
domeniche, le feste di precetto, tutte le novene e
solennità di Maria SS. e dei Ss. Protettori
dell’Oratorio.
§ 3° Nella settimana procureremo di accostarvici al
giovedì, eccetto che ne siamo distolti da qualche
grave occupazione.
N. 9. Ogni giorno, specialmente nella recita del
Rosario, raccomanderemo a Maria la nostra società,
pregandola di ottenerci la grazia della perseveranza.
N. 10. Procureremo di consacrare ogni sabato in onor
di Maria qualche pratica speciale od atto di cristiana
pietà in onor dell’immacolato suo concepimento.
N. 11. Useremo quindi un contegno viemaggiormente
edificante nella preghiera, nelle divote letture, durante
i divini uffizi, nello studio e nella scuola.
N. 12. Custodiremo colla massima gelosia la santa
parola di Dio e ne rianderemo le verità ascoltate.
29
N. 13. Eviteremo qualunque perdita di tempo per
assicurare l'animo nostro dalle tentazioni che sogliono
fortemente assalirci nell’ozio; perciò:
N. 14. Dopo aver soddisfatto agli obblighi che
appartengono a ciascun di noi, consacreremo le ore
rimaste libere in utili occupazioni, come in divote ed
istruttive letture o nella preghiera.
N. 15. La ricreazione è voluta o almeno permessa
dopo il cibo, dopo la scuola e dopo lo studio.
N. 16. Procureremo di manifestare ai nostri superiori
qualunque cosa possa giovare alla nostra morale
condotta.
N. 17. Procureremo eziandio di fare gran risparmio di
quei permessi, che ci vengono largiti dalla bontà dei
nostri superiori, imperciocché una delle nostre mire
speciali è certamente un’esatta osservanza delle re-
gole della casa, troppo spesso offese dall’abuso di
codesti permessi.
N. 18. Accetteremo dai nostri superiori quello che
verrà destinato a nostro alimento senza mai movere
lamento intorno agli apprestamenti di tavola e
distoglieremo anche gli altri dal farlo.
N. 19. Chi bramerà far parte di questa società, dovrà
anzi tutto purgarsi la coscienza col Sacramento della
Confessione e cibarsi alla mensa Eucaristica, dar
quindi saggio di sua condotta con una settimana di
prova, leggere attentamente queste regole e
prometterne esatta osservanza a Dio ed a Maria SS.
Immacolata.
N. 20. Nel giorno di sua ammessione i fratelli si
accosteranno alla santa Comunione pregando Sua
Divina Maestà di accordare al compagno le virtù
della perseveranza, dell’ubbidienza, il vero amor di
Dio.
N. 21. La società è posta sotto gli auspizi
dell’Immacolata Concezione, di cui avremo il titolo e
porteremo una divota medaglia. Una sincera, figliale,
30
illimitata fiducia in Maria, una tenerezza singolare
verso di Lei, una divozione costante ci renderanno
superiori ad ogni ostacolo, tenaci nelle risoluzioni,
rigidi verso di noi, amorevoli col nostro prossimo, ed
esatti in tutto.
Consigliamo inoltre i fratelli a scrivere i SS. nomi di
Gesù e di Maria prima nel cuore e nella mente, poi
sui libri e sopra gli oggetti che ci possono cadere
sott’occhio.
Il nostro Direttore è pregato di esaminare queste
regole e di manifestarci intorno ad esse il suo
giudizio, assicurandolo che noi tutti intieramente
dipendiamo dalla sua volontà. Egli potrà far subire a
questo regolamento quelle modificazioni, che gli par-
ranno convenienti.
E Maria? Benedica essa i nostri sforzi, giacché 1'
ispirazione di dar vita a questa pia società fu tutta sua.
Ella arrida alle nostre speranze, esaudisca i nostri
voti, e noi coperti dal suo manto, forti del suo pa-
trocinio, sfideremo le procelle di questo mare infido,
supereremo gli assalti del nemico infernale. In simil
guisa da lei confortati speriamo di essere
l'edificazione dei compagni, la consolazione dei
superiori, diletti figliuoli di Lei. E se Dio ci concederà
grazia e vita di poterlo servire nel sacerdotal
Ministero, noi ci adopreremo con tutte le nostre forze,
per farlo col massimo zelo, e diffidando delle nostre
forze, illimitatamente fidando del divino soccorso,
potremo sperare che dopo questa valle di pianto,
consolati dalla presenza di Maria, raggiungeremo
sicuri in quell’ultima ora quel guiderdone eterno, che
Iddio tien serbato a chi lo serve in ispirito e verità.
Il Direttore dell’Oratorio lesse di fatto il sopra
esposto regolamento di vita, e dopo di averlo
attentamente esaminato, lo approvò colle seguenti
condizioni
1. Le mentovate promesse non hanno forza di voto.
31
2. Nemmeno obbligano sotto pena di colpa alcuna.
3. Nelle conferenze si stabilisca, qualche opera di
carità esterna, come la nettezza della Chiesa,
l'assistenza od il catechismo di qualche fanciullo più
ignorante.
4. Si dividano i giorni della settimana in modo che in
ciascun giorno vi siano alcune comunioni.
5. Non si aggiunga alcuna pratica religiosa senza
speciale permesso dei superiori.
6. Si proponga per iscopo fondamentale di
promuovere la divozione verso Maria SS.
Immacolata, e verso il SS. Sacramento.
7. Prima di accettare qualcheduno, gli si faccia
leggere la vita di Luigi Comollo.
San Domenico Savio
La morte ma non peccati
Domenico nacque il 2 Aprile 1842 a S.Giovanni di
Riva, presso Chieri, in provincia di Torino.
Cresciuto in una famiglia ricca di valori, fin da
piccolo impressionò moltissimo per la sua maturità
umana e cristiana. Attendeva il sacerdote fuori dalla
Chiesa, anche sotto la neve, per servire alla santa
Messa. Era sempre allegro. Aveva preso con serietà la
vita, tanto che - ammesso a soli sette anni alla Prima
Comunione - tracciò in un quadernetto il suo progetto
di vita: "Mi confesserò molto sovente e farò la
comunione tutte le volte che il confessore me lo
permetterà. Voglio santificare i giorni festivi. I miei
amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non
peccati".
Incontra Don Bosco - va all'Oratorio
A 12 anni incontra don Bosco e gli chiede di essere
Santità Salesiana
32
ammesso nell'Oratorio di Torino, perché desiderava
ardentemente studiare per diventare sacerdote. Don
Bosco, stupito, gli disse: “Mi sembra che ci sia buona
stoffa”. “Io sarò la stoffa: lei sia il sarto, allora”,
aveva risposto Domenico.
Accolto all’Oratorio gli chiese di aiutarlo a "farsi
santo". Mite, sempre sereno e lieto, metteva grande
impegno nei doveri di studente e nel servire in ogni
modo i compagni, insegnando loro il Catechismo,
assistendo i malati, pacificando i litigi...
Ai compagni, appena arrivato all'Oratorio, diceva:
"Sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri". Procuriamo "soltanto di evitare il
peccato, come un grande nemico che ci ruba la grazia
di Dio e la pace del cuore, di adiempere esattamente i
nostri doveri".
La Compagnia dell'Immacolata
Fedelissimo al suo programma, sostenuto da
un'intensa partecipazione ai sacramenti e da una
filiale devozione a Maria, gioioso nel sacrificio, fu da
Dio colmato di doni e carismi.
L'8 Dicembre 1854, proclamato il dogma
dell'Immacolata da Pio IX, Domenico si consacrò a
Maria e cominciò ad avanzare rapidamente nella
santità. Nel 1856 fondò con alcuni amici
dell’Oratorio la "Compagnia dell'Immacolata" per
un'azione apostolica di gruppo.
"...nessuno supera il bel cuore e la bell'anima di
Savio Domenico"
Mamma Margherita disse a don Bosco: "Tu hai molti
giovani buoni, ma nessuno supera il bel cuore e la
bell'anima di Savio Domenico". E spiegò: "Lo vedo
sempre pregare, restando in chiesa anche dopo gli
altri; ogni giorno si toglie dalla ricreazione per far
visita al SS.mo Sacramento... Sta in chiesa come un
angelo che dimori in Paradiso".
Morì a Mondonio il 9 Marzo 1857. Don Bosco ne
33
scrisse la biografia, e piangeva ogni volta che la
rileggeva. I suoi resti mortali si venerano nella
Basilica di Maria Ausiliatrice.
La sua festa si celebra il 6 Maggio. Pio XI lo definì
un “piccolo, anzi grande gigante dello spirito”. È
patrono delle mamme in attesa, e per sua
intercessione si registrano ogni anno un numero
sorprendente di grazie.Fu beatificato a Roma il 5
marzo 1950 da Pio XII e canonizzato il 12 giugno
1954 da Pio XII
34
Lo stile relazionale Il sistema preventivo
«La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma
soprattutto ha bisogno che noi testimoniamo la
misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il
cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il
bene. La gioia di portare la consolazione di Dio! ».
Nella visione di Gesù la consolazione è dono dello
Spirito, il Paraclito, il Consolatore che ci consola nelle
prove e accende una speranza che non delude. Così la
consolazione cristiana diventa conforto,
incoraggiamento, speranza: è presenza operante dello
Spirito (cf. Gv 14, 16-17), frutto dello Spirito e il
frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza,
benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé
(Gal 5, 22).
In un mondo che vive la sfiducia, lo scoraggiamento,
la depressione, in una cultura in cui uomini e donne si
lasciano avvolgere dalla fragilità e dalla debolezza, da
individualismi e interessi personali, ci è chiesto
d’introdurre la fiducia nella possibilità di una felicità
vera, di una speranza possibile, che non poggi
unicamente sui talenti, sulle qualità, sul sapere, ma su
Dio. A tutti è data la possibilità di incontrarlo, basta
cercarlo con cuore sincero.
Papa Francesco
35
Brano Biblico
Consolate, consolate
il mio popolo,
dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di
Gerusalemme.
Isaia 40, 1-2
Preghiera
Vieni, Spirito Santo, vieni, Spirito della vita e
della gioia, vieni e dona ad ogni uomo la piena
comunione con te,
con il Padre e con il Figlio,
nella vita e nella gioia eterna,
per cui è stato creato e a cui è destinato.
Amen. (San Giovanni Paolo II)
PVA
Art. 10
I Salesiani Cooperatori nel loro impegno educativo:
§1. attuano il “Sistema Preventivo” di Don Bosco, esperienza spirituale ed
educativa che si fonda su ragione, religione e amorevolezza;
§2. favoriscono un ambiente familiare in cui il dialogo costante, la
presenza animatrice, l’accompagnamento personale e l’esperienza di
gruppo aiutano a percepire la presenza di Dio;
§3. promuovono il bene ed educano all’amore per la vita, alla
responsabilità, alla solidarietà, alla condivisione, alla sinergiaed alla
comunione;
§4. fanno appello alle risorse interiori della persona e credono nell’azione
invisibile della grazia. Guardano ogni giovane con ottimismo realista,
convinti del valore educativo dell’esperienza di fede. La loro relazione
con i giovani è ispirata da un amore maturo e accogliente.
36
Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per
iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema
preventivo, che si suole usare nelle nostre case. Per
mancanza di tempo non ho potuto finora appagare
questo desiderio, e presentemente volendo stampar il
regolamento che finora si è quasi sempre usato
tradizionalmente, credo opportuno darne qui un cenno
che però sarà come l'indice di un'operetta che vo
preparando se Dio mi darà tanto di vita da poterlo
terminare, e ciò unicamente per giovare alla difficile
arte della giovanile educazione. Dirò adunque: In che
cosa consiste il Sistema Preventivo, e perché debbasi
preferire: Sua pratica applicazione, e suoi vantaggi. 1.
In che cosa consista il Sistema Preventivo e perché
debbasi preferire Due sono i sistemi in ogni tempo
usati nella educazione della gioventù: Preventivo e
Repressivo. II sistema Repressivo consiste nel far
conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per
conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia
d'uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le
parole e l'aspetto dei Superiore debbono sempre
essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso
deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti. II
Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà
trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo
quando si tratta di punire o di minacciare. Questo
sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente
nella milizia e in generale tra le persone adulte ed
assennate, che devono da se stesse essere in grado di
sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle
IL SISTEMA PREVENTIVO NELLA
EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ’
Giovanni Bosco
37
altre prescrizioni. Diverso, udirei, opposto è il sistema
Preventivo. Esso consiste nel far conoscere 1e
prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi
sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre
sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli
assistenti, che come padri amorosi parlino, servano
di- guida ad ogni evento, diano consigli ed
amorevolmente correggano, che è quanto dire:
mettere gli allievi nella impossibilità di commettere
mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la
ragione,"1a religione, e sopra l'amorevolezza; perciò
esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano
gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia
preferibile per le seguenti ragioni: I. L'allievo
preventivamente avvisato non resta avvilito per le
mancanze commesse, come avviene quando esse
vengono deferite al Superiore. Né mai si adira. per la
correzione fatta o pel castigo minacciato oppure
inflitto, perché in esso vi è sempre un avviso
amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più
riesce a guadagnare il cuore, cosicché l'allievo
conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera. II.
La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che
in un momento dimentica le regole disciplinari, i
castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un
fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena,
cui egli non ha mai badato, die niente affatto
ricordava nell'atto del fallo commesso e -che avrebbe
per certo evitato se una voce amica l'avesse
ammonito. III. Il sistema Repressivo può impedire un
disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti;
e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i
castighi subiti, e per lo più conservano amarezza con
desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne
vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi
tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono
terribili le reminiscenze della gioventù; e che
38
dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma
assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono
fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono
bruttamente certi castighi toccati giustamente in
tempo di loro educazione. Al contrario il sistema
Preventivo rende amico l'allievo, che nell'assistente
ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol farlo
buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal
disonore. IV II sistema Preventivo rende avvisato
l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare
col linguaggio del cuore sia in tempo della
educazione, sia dopo di essa. l'educatore, guadagnato
il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui
un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche
correggerlo, allora eziandio che si troverà negli
impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per
queste e molte altre ragioni pare che il: sistema
preventivo debba prevalere al repressivo. 2.
Applicazione del Sistema Preventivo La pratica di
questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S.
Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est;
omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet. La carità
è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e
sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il
cristiano può con successo applicare il sistema
Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti,
di cui deve costantemente far uso l'educatore,
insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere
ubbidito ed ottenere il suo fine. I. II Direttore pertanto
deve essere tutto consacrato a' suoi educandi, né
assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio,
anzi trovarsi sempre co' suoi allievi tutte le volte che
non sono obbligatamente legati da qualche
occupazione, eccetto che siano da altri debitamente
assistiti. II. I maestri, i capi d'arte, gli assistenti
devono essere di moralità conosciuta. Studino di
evitare come la peste ogni sorta di affezione od
39
amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che il
traviamento di un solo può compromettere un Istituto
educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano
mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li
precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si
trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti;
non li lascino mai disoccupati. III. Si dia ampia
libertà di saltare, correre; schiamazzare a piacimento.
La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino,
le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la
disciplina, giovarne alla moralità ed alla sanità. Si
badi soltanto che la materia dei trattenimento, le
persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo
non siano biasimevoli. Fate tutto quello che volete,
diceva il grande amico della gioventù S. Filippo Neri,
a me basta che non facciate peccati. IV. La frequente
confessione, la frequente comunione, la messa
quotidiana sono le colonne che devono reggere un
edifizio educativo, da cui si vuole tener lontano
la ,minaccia e. la sferza: Non mai obbligare i
giovanetti alla frequenza de' santi Sacramenti, ma
soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di
approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, tridui,
novene, predicazioni, catechismi si faccia rilevare la
bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione
che propone dei mezzi così facili, cosi utili alla civile
società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza
dell'anima, come appunto sono i santi Sacramenti. In
questa guisa i fanciulli restano spontaneamente
invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno
volentieri con piacere e con frutto. V. Si usi la
massima sorveglianza per impedire che nell'Istituto
siano introdotti compagni, libri o persone che
facciano cattivi discorsi. La scelta d'un buon portinaio
è un tesoro per una casa di educazione. VI. Ogni sera,
dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi
vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi
40
alcune affettuose parole in pubblico dando qualche
avviso, o consiglio intorno a cose da farsi o da
evitarsi; e studi di ricavare le massime da fatti
avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori; ma il suo
sermone non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa
è la chiave della moralità, del buon andamento e del
buon successo della educazione. VII. Si tenga lontano
come la peste l'opinione di taluno che vorrebbe
differire la prima comunione ad un'età troppo
inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso
possesso del cuore di un giovanetto a danno
incalcolabile della sua innocenza. Secondo la
disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai
bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella
comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere
quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi
per tempo alla santa Comunione. Quando un
giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa
sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il
Sovrano Celeste e regnare in quell'anima benedetta.
VIII. I catechismi raccomandano la frequente
comunione, s. Filippo Neri la consigliava ogni otto
giorni ed anche più spesso. li Concilio Tridentino dice
chiaro che desidera sommamente che ogni fedele
cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia
eziandio la comunione. Ma questa comunione non sia
solo spirituale; ma bensì sacramentale, affinché si
ricavi maggior frutto da questo augusto e divino
sacrificio (Concilio Trid., sess. XXII, capitolo VI). 3.
Utilità dei Sistema Preventivo Taluno dirà che questo
sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte
degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente,
più vantaggioso. Da parte poi degli educatori
racchiude alcune difficoltà, che però restano
diminuite, se l'educatore si mette con zelo all'opera
sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene de'
suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare
41
ogni. disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine,
che è la civile, morale, scientifica educazione de' suoi
allievi. Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge
ancora qui che: I. L'allievo sarà sempre pieno di
rispetto verso l'educatore e ricorderà ognor con
piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali
padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove
vanno questi allievi per lo più sono la consolazione
della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani. II
Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di
un allievo all'epoca della sua accettazione, i parenti
possono vivere sicuri, che il loro figlio :non potrà
peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà
sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli
che per molto tempo furono il flagello de' parenti e
perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati
secondo questi principi, cangiarono indole; carattere,
si diedero ad una vita costumata, e presentemente
occupano onorati' uffici nella società; divenuti così il
sostegno della famiglia, decoro dei paese in cui
dimorano. III. Gli allievi che per avventura entrassero
in un Istituto con tristi abitudini non possono
danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti buoni
potranno ricevere nocumento da costoro, perché non
avvii né tempo, né luogo, né opportunità, perciocché
l'assistente, che supponiamo presente, ci porrebbe
tosto rimedio. Una parola sui castighi Che regola
tenere nell'infliggere castighi? Dove è possibile, non
si faccia mai uso dei castighi; dove poi la necessità
chiede repressione, si ritenga quanto segue: I.
L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se
vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione di
benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita
l'emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai. II.
Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire
per castigo. Si è osservato che uno sguardo non
amorevole sopra taluni produce maggior effetto che
42
non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa 'è
ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già
un premio od un castigo. III. Eccettuati rarissimi
casi;. le correzioni, castighi non si diano mai in
pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si
usi massima prudenza e pazienza per fare che l'allievo
comprenda il suo torto colla ragione e colla religione.
IV II percuotere in qualunque modo, il mettere in
ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie
ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare,
perché sono proibiti dalle leggi civili, irritano
grandemente i giovani ed avviliscono l'educatore. V
II Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed
i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina, Affinché
l'allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva
che ciò fosse comandato o proibito. Se nelle nostre
case si metterà in pratica questo sistema, io credo che
potremo ottenere grandi vantaggi senza venire né alla
sferza, né ad altri violenti castighi. Da circa
quarant'anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo
d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiuto di Dio ho
sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma
eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò
da quegli stessi fanciulli, cui sembrava perduta la
speranza di buona riuscita. (Torino 1877)
San Giovanni Bosco
Il segreto che tutti sapevano
Il segreto di “tanto spirito d’iniziativa è frutto di una
profonda interiorità. La sua statura di santo lo colloca,
con originalità, tra i grandi fondatori di Istituti
religiosi nella Chiesa. Egli eccelle per molti aspetti: è
l’iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente
spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale
Santità Salesiana
43
devozione a Maria, Ausiliatrice dei cristiani e Madre
della Chiesa; è il testimone di un leale e coraggioso
senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni
delicate nelle allora difficili relazioni tra la Chiesa e
lo Stato; è l’apostolo realistico e pratico, aperto agli
apporti delle nuove scoperte; è l’organizzatore zelante
delle missioni con sensibilità veramente cattolica; è,
in modo eccelso, l’esemplare di un amore
preferenziale per i giovani, specialmente per i più
bisognosi, a bene della Chiesa e della società; è il
maestro di un’efficace e geniale prassi pedagogica,
lasciata come dono prezioso da custodire e
sviluppare... Egli realizza la sua personale santità
mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e
cuore apostolico, e che sa proporre, al tempo stesso,
la santità quale meta concreta della sua pedagogia.
Proprio un tale interscambio tra ‘educazione’ e
‘santità’ è l’aspetto caratteristico della sua figura: egli
è un ‘educatore santo’, si ispira a un ‘modello santo’
– Francesco di Sales –, è un discepolo di un ‘maestro
spirituale santo’ – Giuseppe Cafasso –, e sa formare
tra i suoi giovani un ‘educando santo’: Domenico
Savio” (Giovanni Paolo II, Iuvenum Patris, n. 5).
In don Bosco tutto questo fu ulteriormente
caratterizzato da una donazione senza riserve al suo
ministero sacerdotale, dall’attenzione preferenziale
per i giovani e per il popolo, da una dolcezza di tratto
amabile e accattivante, da fantasia e intraprendenza
pastorale, dalla capacità di discernere i segni dei
tempi e di intuire i bisogni del momento e i futuri
sviluppi. Egli ebbe una profonda vita interiore e
insieme fu coraggioso, ottimista, capace di contagiare
e di coinvolgere tanti nella sua opera educativa e
pastorale. Questo prete, San Giovanni Bosco, è
rimasto orfano di padre da bambino. Il Signore gli ha
lasciato vicino per tanto tempo un’ammirabile
mamma – mamma Margherita, oggi venerabile – e gli
44
ha concesso anche un’intuizione inesauribile di grazia
sulla presenza di Maria nella vita della Chiesa. La
basilica che il santo ha voluto dedicata all’Ausiliatrice
non sta soltanto a testimoniare una devozione fatta
grande come il suo cuore trasfigurato dalla carità, ma
anche a ricordarci che ogni itinerario cristiano è
aiutato da questa Madre, è sollecitato da questa
presenza ed è trasfigurato da questa soavissima
maternità.
L’inquietudine dell’amore spinge sempre ad andare
incontro all’altro, senza aspettare che sia l’altro a
manifestare il suo bisogno. L’inquietudine dell’amore
ci regala il dono della fecondità pastorale, e noi
dobbiamo domandarci, ognuno di noi: come va la mia
fecondità spirituale, la mia fecondità pastorale? (Papa
Francesco)
45
La missione personale
Il servizio e la propria identità
«La gioia nasce dalla gratuità di un incontro! […] E la
gioia dell’incontro con Lui e della sua chiamata porta a
non chiudersi, ma ad aprirsi; porta al servizio nella
Chiesa. San Tommaso diceva “bonum est diffusivum
sui”. Il bene si diffonde. E anche la gioia si diffonde.
Non abbiate paura di mostrare la gioia di aver risposto
alla chiamata del Signore, alla sua scelta di amore e di
testimoniare il suo Vangelo nel servizio alla Chiesa. E
la gioia, quella vera, è contagiosa; contagia... fa andare
avanti ».
Dinanzi alla testimonianza contagiosa di gioia, serenità,
fecondità, alla testimonianza della tenerezza e
dell’amore, della carità umile, senza prepotenza, molti
sentono il bisogno di venire a vedere.
Più volte Papa Francesco ha additato la via
dell’attrazione, del contagio, quale via per far crescere
la Chiesa, via della nuova evangelizzazione. «La Chiesa
deve essere attrattiva. Svegliate il mondo! Siate
testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere!
È possibile vivere diversamente in questo mondo. […]
Io mi attendo da voi questa testimonianza ».
Il Papa ci invita a non privatizzare l’amore, ma con
l’inquietudine di chi cerca: « Cercare sempre, senza
sosta, il bene dell’altro, della persona amata ».
Papa Francesco
46
Preghiera
Spirito di sapienza: donami lo sguardo e l ’udito
interiore, perché non mi attacchi alle cose materiali
ma ricerchi sempre le realtà spirituali.
Vieni in me, Spirito Santo, Spirito dell’amore: riversa
sempre più la carità nel mio cuore.
Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di verità:
concedimi di pervenire alla conoscenza della verità
in tutta la sua pienezza.
Vieni in me, Spirito Santo, acqua viva che zampilla
per la vita eterna: fammi la grazia di giungere a
contemplare il volto del Padre nella vita e nella gioia
senza fine. Amen (Sant’Agostino)
Brano Biblico
Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il
sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A
null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato
dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta
una città collocata sopra un monte.
Mt 5, 13-14
PVA
Art. 11 Attività tipiche
I Salesiani Cooperatori sono aperti a varie forme di
apostolato. Tra queste privilegiano la vita familiare,
oltre al proprio lavoro e alla vita associativa:
- la catechesi e la formazione cristiana;
- l’animazione di gruppi e movimenti giovanili e
familiari;
47
- la collaborazione in Centri educativi e scolastici;
- il servizio sociale tra i poveri;
- l’impegno nella comunicazione sociale;
- la cooperazione nella pastorale vocazionale;
- il lavoro missionario;
- la collaborazione al dialogo ecumenico e
interreligioso;
- la testimonianza della propria fede nel servizio
socio-politico;
- lo sviluppo dell’Associazione.
Art. 12 Modalità e strutture in cui operare
§1. I Salesiani Cooperatori partecipano alla missione
dell’Associazione nella Chiesa e la rinforzano con il
loro impegno e il coinvolgimento di altre persone.
§2. Normalmente le attività dei Salesiani Cooperatori
si svolgono, in spirito di collaborazione e
cooperazione, nelle strutture in cui la condizione
secolare offre loro maggiori possibilità di inserimento
significativo: civili, culturali, socio-economiche,
politiche, ecclesiali e salesiane.
§3.I Salesiani Cooperatori possono realizzare il loro
impegno apostolico in opere autonomamente gestite
dall’Associazione e mediante iniziative rispondenti ai
bisogni più urgenti del territorio.
Santità Salesiana
Venerabile Vincenzo Cimatti
"Vincenzino, guarda, guarda don Bosco!" Vincenzo Cimatti nacque a Faenza il 15 luglio 1879
da Giacomo e Rosa Pasi, ultimo di sei figli. Dei tre
fratelli superstiti, la sorella, suor M. Raffaella della
48
Congregazione delle Suore Ospedaliere della
Misericordia, è beata; Luigi, salesiano coadiutore e
missionario in America Latina, è morto in concetto di
santità, e lui, Vincenzo, è venerabile.
A 3 anni è già orfano di padre. È portato dalla
mamma nella chiesa dei Serviti dove predica don
Bosco: "Vincenzino, guarda, guarda don Bosco!". Per
tutta la vita ricordò il volto buono del vecchio prete.
A 17 anni diventa salesiano con professione perpetua
e viene mandato a Torino-Valsalice, dove insegna e
accumula titoli di studio: diploma di composizione
presso il Conservatorio di Parma, laurea in agraria, in
filosofia e pedagogia alla Regia Università di Torino.
Giovane prete a Valsalice
A 24 anni viene ordinato sacerdote. Per 20 anni è
insegnante e compositore brillantissimo nel collegio
di Valsalice dove fu anche Preside della scuola
Magistrale. Le sue operette venivano eseguite
ampiamente nelle scuole e oratori salesiani. Viene
chiamato Maestro da generazioni di chierici. Intanto
chiedeva al Rettor Maggiore con tanta insistenza: "Mi
trovi un posto nella missione più povera, più faticosa,
più abbandonata. Nelle comodità io non mi ci trovo".
A 46 anni inviato a Giappone a fondare l'opera
salesiana
A 46 anni fu accontentato! Don Rinaldi lo mandò
come capogruppo a fondare l'opera salesiana in
Giappone. Vi lavorerà 40 anni. Conquistò il cuore dei
giapponesi con la sua bontà impegnandosi come don
Bosco nell’apostolato della stampa e della musica.
Sono circa 2000 i concerti da lui tenuti in Giappone,
nella Manciuria, Corea del Nord e del Sud. Fondò
l'Editrice Don Bosco che produsse le traduzioni di
molte opere tra cui la vita di Domenico Savio. In
occasione del 2600° Anniversario della Fondazione
49
dell'Impero Giapponese, fu invitato a comporre una
suonata da trasmettere per radio. Il giornale più
autorevole del Giappone, la giudicò "più giapponese
di quelle giapponesi".
Superiore della Visatatoria, Prefetto Apostolico
Direttore della prima Casa salesiana a Miyazaki,
diventerà, tre anni più tardi, il Superiore della
nascente Visitatoria. Viaggiò molto per incoraggiare
continuamente i primi salesiani in Giappone, aprendo
opere soprattutto per i ragazzi orfani ed emarginati.
Nel 1935 fu nominato Prefetto Apostolico fino al
1940. Dopo i difficili anni della guerra, pieni di
innumerevoli sacrifici, fondò a Tokyo la “Città dei
Ragazzi”, che con scuole elementari, medie e
professionali ospitò in breve 260 orfani.
La sua salma a Chofu
Nel 1949 finì come Ispettore, a 70 anni, e nel 1952
continuò il suo lavoro come Direttore dello
Studentato filosofico e teologico di Chofu per altri
dieci anni. Qui morì, come un patriarca, il 6 ottobre
1965. Ricevette diversi riconoscimenti dalle autorità
italiane e giapponesi. La sua salma - riesumata nel
1977 e trovata perfettamente intatta - ora riposa nella
cripta di Chofu.
Una fede autentica implica sempre un profondo
desiderio di cambiare il mondo. Ecco la domanda che
dobbiamo porci: abbiamo anche noi grandi visioni e
slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno
vola alto? Lo zelo ci divora (cf. Sal 69, 10)? Oppure
siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre
programmazioni apostoliche di laboratorio? (Papa
Francesco)
50
Confessione ed Eucarestia
Mantenere oliato il motore
Chi ha incontrato il Signore e lo segue con fedeltà è
un messaggero della gioia dello Spirito. «Solo grazie
a quest’incontro o re-incontro con l’amore di Dio, che
si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla
nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità». La
persona chiamata è convocata a se stessa, cioè al suo
poter essere. Forse non è gratuito dire che la crisi
della vita consacrata passa anche dall’incapacità di
riconoscere tale profonda chiamata, anche in coloro
che già vivono tale vocazione. Viviamo una crisi di
fedeltà, intesa come consapevole adesione a una
chiamata che è un percorso, un cammino dal suo
misterioso inizio alla sua misteriosa fine. Forse siamo
anche in una crisi di umanizzazione. Stiamo vivendo
la limitatezza di una coerenza a tutto tondo, feriti
dall’incapacità di condurre nel tempo la nostra vita
come vocazione unitaria e cammino fedele. Un
cammino quotidiano, personale e fraterno, segnato
dallo scontento, dall’amarezza che ci serra nel
rammarico, quasi in una permanente nostalgia per
strade inesplorate e per sogni incompiuti, diventa un
cammino solitario. La nostra vita chiamata alla
relazione nel compimento dell’amore può
trasformarsi in landa disabitata. Siamo invitati ad
ogni età a rivisitare il centro profondo della vita
personale, laddove trovano significato e verità le
motivazioni del nostro vivere con il Maestro,
discepoli e discepole del Maestro. Papa Francesco
51
Preghiera
Vieni Santo Spirito,
accendi in me il fuoco del tuo amore.
Vieni Santo Spirito,
vieni per Maria
Brano Biblico
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un
viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi
beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un
altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a
impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche
quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri
due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento,
andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro
del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei
servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si
presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne
portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai
consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati
altri cinque". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il
suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere
su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Si
presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e
disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco,
ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e
fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel
poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia
del tuo padrone". Si presentò infine anche colui che
aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, so
che sei un uomo duro, che mieti dove non hai
seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto
paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto
52
terra: ecco ciò che è tuo". Il padrone gli rispose:
"Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove
non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;
avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e
così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.
Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci
talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà
nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche
quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle
tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
Mt 25,14-30
PVA
Art. 9 Compito di educazione cristiana
§1. I Salesiani Cooperatori, come Don Bosco, portano
ovunque l’impegno di educare ed evangelizzare, per
formare “onesti cittadini, buoni cristiani, un giorno
fortunati abitatori del cielo”, coscienti di essere
sempre in cammino verso una maggiore maturità
umana e cristiana.
§2. Condividono con i giovani il gusto di vivere con
autenticità i valori della verità, libertà, giustizia, senso
del bene comune e servizio.
§3. Educano i giovani ad incontrare - nella fede e nei
Sacramenti - il Cristo risorto, perché trovino in Lui il
senso della vita per crescere come uomini e donne
nuovi.
§4. S’impegnano ad aiutare i giovani a maturare una
progettualità di vita per testimoniare la loro presenza
cristiana e salesiana nella Chiesa e nella società.
53
Don Bosco: la Confessione e l’Eucarestia (dalle Memorie
Bibliografiche)
D. Bosco predicava per poter poi confessare: pregava
e faceva pregare per i poveri peccatori, ordinando che
tutti i suoi giovani recitassero ogni giorno una Salve
Regina per la loro, conversione. Ed il tribunale di
penitenza fu per lui luogo di riposo e di delizia, e non
di fatica. Infatti non intermise mai questo sacro
ministero cui destinava d'ordinario due o tre ore al
giorno, e talvolta in occasioni speciali gli accadeva di
impiegarvi giorni interi e talvolta eziandio le intere
notti. Neppur durante le sue infermità cessava dal
confessare. Varie chiese in Torino furono il campo,
nel quale esercitò l'inesauribile suo zelo. Nelle tante
sue predicazioni nei vari paesi e città del Piemonte,
colla sua scienza e dolcezza, colla sua prudente
perspicacia, coi doni soprannaturali dei quali la gente
dicevalo fornito, attraeva a sè le moltitudini. Anche
dalle prime ore del giorno e poi fino a notte avanzata
stava in que' giorni ad ascoltare una folla di penitenti
senza fine; e ciò per anni ed anni dal 1844 fino al
1865. Il suo nome suonava presso tutti quelli che lo
conobbero come sinonimo di confessione. Quindi era
continuo l'accorrere a lui di persone che volevano
riconciliarsi con Dio, in qualunque luogo ei si
recasse...
Il Signore ci ha donato Don Bosco come padre e
maestro.
Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno
splendido accordo di natura e grazia. Profondamente
uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto
alle realtà terrestri; profondamente uomo di Dio,
ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva “come se
54
vedesse l’invisibile”. Questi due aspetti si sono fusi in
un progetto di vita fortemente unitario: il servizio ai
giovani. Lo realizzò con fermezza e costanza, fra
ostacoli e fatiche, con la sensibilità di un cuore
generoso. “Non diede passo, non pronunciò parola,
non mise mano ad impresa che non avesse di mira la
salvezza della gioventù… Realmente non ebbe a
cuore altro che le anime!” (Don Rua, suo secondo
successore).
Don Bosco fu l’apostolo della comunione
frequente e della visita quotidiana al SS.
Sacramento.
Non lasciava alcuna occasione per
raccomandarci di non omettere mai la visita
quotidiana aD un Sacramento fosse anche
brevissima, purché costante.
Non vi è cosa che il demonio tema di più che
queste due pratiche: la comunione ben fatta; le
visite frequenti al SS. Sacramento.
Il Sacro Tabernacolo, cioè Gesù Sacramentato
che si conserva nelle vostre chiese, é fonte di
ogni benedizione e di ogni grazia. Egli sta nelle
nostre chiese, egli sta apposta in mezzo a noi
per confortarci nei nostri bisogni. Credetelo
pure, miei cari figlioli, colui che é devoto del
SS. Sacramento, costui ha un pegno sicuro della
sua eterna salvezza.
La venerazione al SS. Sacramento e la
devozione alla Beata Vergine sono due ancore
di salute per la misera umanità.
Io voglio che scuotiate due ali spirituali. La
prima ala é la devozione alla Madonna
Santissima, l’altra é la devozione a Gesù
Sacramentato.
Raccomandate caldamente la devozione a Maria
Ausiliatrice e a Gesù Sacramentato.
(ai missionari) In qualunque grave bisogno vi
55
troviate, ricorrete a Gesù Sacramentato ed a
Maria Ausiliatrice, e state certi che le vostre
speranze non saranno mai deluse.
Quando un giovinetto sa distinguere tra pane e
pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi
più all’età e venga il Sovrano celeste a regnare
in quell’anima benedetta.
Propagate la devozione al sacro Cuore di Gesù.
Abbiate sempre dinanzi alla vostra mente il
pensiero dell’amore di Dio nella santa
Eucarestia.
Il sacro cuore di Gesù é la sorgente di tutte le
benedizioni, di tutte le grazie.
Abbiate fede ed amore in Gesù e sarete forti nel
combattere contro il demonio. In occasione di
tentazione gettatevi ai piedi di Gesù e sarete
subito liberati.
Volete che il Signore vi faccia molte grazie?
visitatelo sovente. Volete ve ne faccia poche?
Visitatelo di rado. Volete che il demonio vi
assalti? Visitate di rado Gesù in Sacramento.
Volete che fugga da voi? Visitate sovente Gesù.
Volete vincere il demonio? Rifugiatevi sovente
ai piedi di Gesù? Volete essere vinti? Lasciate
di visitare Gesù. Miei cari! La visita al
Sacramento é un mezzo troppo necessario per
vincere il demonio. Andate adunque sovente a
visitare Gesù e il demonio non la vincerà contro
di voi.
Si vada ai piedi del Tabernacolo soltanto a dire
un “Pater” Ave e Gloria, quando non si potesse
di più. Basta questo per renderci forti contro le
tentazioni, Uno che abbia fede, che faccia visite
a Gesù Sacramentato, che faccia la sua
meditazione tutti i giorni, purché non abbia
qualche fine mondano, ah! io dico, è
impossibile che pecchi.
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Credetelo pure, miei cari figlioli, colui che é
divoto del SS. Sacramento cioè va con
frequenza a fare buone comunioni, e colui che
va a far visita a Gesù Cristo nel Tabernacolo,
costui ha un pegno sicuro della sua eterna
salvezza.
Procurerò di recitare devotamente il breviario e
recitarlo preferibilmente in Chiesa, affinché
serva come visita al SS.mo Sacramento.
La frequente comunione e la messa quotidiana
sono le colonne che devono reggere un edificio
educativo.
Quale è il migliore, il più semplice, il più facile
modo di assistere alla Santa Messa? É il modo
proposto dal beato Leonardo, di dividere cioè la
Santa Messa in tre parti, ossia in tre “P”. Il
primo rosso il secondo nero, il terzo bianco.
Cioè, il “P” rosso che è la passione di Gesù
Cristo, e meditarla fino all’elevazione. Il nero
cioè i peccati; fare memoria e dolerci dei nostri
peccati passati, che furon la causa della passione
del nostro divin Salvatore e questo fino alla
Comunione. Il “P” bianco che sarebbe il
proponimento, cioè di fare proposte di non
peccare mai più in avvenire; e ciò andrà fino
alla fine della messa.
La Santa Messa è il grande mezzo per placare
l’ira di Dio e tener da noi lontani i castighi.
Ogni volta che assistiamo alla Santa Messa
procuriamo di tenerci in tale stato da poter fare
la nostra santa comunione.
L’ascoltar la Santa Messa dissipa tutto il
guadagno del demonio.
Bisogna che i fanciulli si comunichino con
frequenza. Dio vuole che ci nutriamo della
Santa Eucarestia.
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Santità salesiana
Beata Alexandrina Da Costa
Vivace, scherzosa e affettuosa e molto ricercata
dalle compagneAlessandrina Maria da Costa nasce il
30 Marzo 1904 a Balasar in Portogallo. Venne
educata cristianamente dalla mamma, insieme alla
sorella Deolinda. Alessandrina rimase in famiglia fino
a sette anni, poi fu inviata a Póvoa do Varzim in
pensione presso la famiglia di un falegname, per poter
frequentare la scuola elementare che a Balasar
mancava. Tornata a Balasar lavora come contadina. E'
vivace, scherzosa e affettuosa e molto ricercata dalle
compagne.
per salvare la purezza... paralisi totale
A 14 anni salta dalla finestra nel giardino di casa sua,
per salvare la purezza insidiata dalla passione di
alcune persone male intenzionate. Cinque anni dopo,
la lesione contratta nella caduta si trasforma in
paralisi totale, che la costringe a letto per oltre 30
anni.
Il carisma salesiano vittimaleViene curata dalla
sorella maggiore. Chiede la grazia della guarigione,
ma la Madonna le concede l’accettazione delle
sofferenze e il desiderio di soffrire per la salvezza
delle anime. Il carisma salesiano vittimale, che si
sviluppa con don Beltrami, don Czartoryski, don
Variara e suor Eusebia, ispira anche Alessandrina. Si
offre come vittima a Cristo per la conversione dei
peccatori e per la pace nel mondo: "Non ho altro fine
che dare gloria a Dio e salvargli anime".
Per quattro anni (1938-1942), superando l’abituale
paralisi, scende dal letto, e per 182 volte rivive la
passione di Cristo tutti i venerdì, lungo tre
dolorosissime ore. Chiede e ottiene da Pio XII la
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consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di
Maria (31 ottobre 1942).
13 anni con nessun alimento all'infuori della
comunione quotidianaDal 27 marzo 1942 alla
morte, 13 anni e 7 mesi, non ingerisce più alcuna
bevanda né alimento di sorta, all'infuori della
comunione quotidiana. Questo fatto inspiegabile fu
verificato scientificamente da diversi medici, a volte
anche in maniera umiliante per Alessadrina. Fu una
grandissima mistica. In unione continua con Gesù nei
Tabernacoli di tutto il mondo, ricevette estasi e
rivelazioni.
Diventa Cooperatrice Il Signore volle che il suo secondo direttore spirituale
fosse un salesiano, don Umberto Pasquale, che
raccolse il suo prezioso diario. Accettò allora di
diventare Cooperatrice. Diceva: "Sento un'unione
grande con i Salesiani e con i Cooperatori di tutto il
mondo. Quante volte fisso il mio attestato di
appartenenza e offro le mie sofferenze, unita a tutti
loro, per la salvezza della gioventù!
Amo la Congregazione. L'amo tanto e mai la
dimenticherò né in terra né in cielo". Migliaia di
persone giungevano al suo letto per ricevere conforto
dalle sue parole. Il 13 ottobre 1955 morì a Balasar,
dove ora è sepolta, rivolta verso il tabernacolo. Folle
di pellegrini si recano a visitarla. Giovanni Paolo II la
beatificò il 25 aprile 2004.
Questa è una responsabilità prima di tutto degli adulti,
dei formatori: dare un esempio di coerenza ai più
giovani. Vogliamo giovani coerenti? Siamo noi
coerenti! Al contrario, il Signore ci dirà quello che
diceva dei farisei al popolo di Dio: “Fate quello che
dicono, ma non quello che fanno!”. Coerenza e
autenticità! (Papa Francesco)
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Maria
“Senza di lei non avrei fatto nulla”
« Gioiosa di compiere il suo desiderio, delicata nel
suo dovere, premurosa nella sua gioia, si affrettò
verso la montagna. Dove, se non verso le cime,
doveva tendere premurosamente Colei che già era
piena di Dio? ».
In Maria è la Chiesa tutta che cammina insieme: nella
carità di chi si muove verso chi è più fragile; nella
speranza di chi sa che sarà accompagnato in questo
suo andare e nella fede di chi ha un dono speciale da
condividere. In Maria ognuno di noi, sospinto dal
vento dello Spirito vive la propria vocazione ad
andare!
Papa Francesco
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Preghiera
Vieni Santo Spirito,
illuminami,
apri il mio cuore,
fa che mi sottometta alla Tua Santa Volontà.
Vieni Santo Spirito,
vieni per Maria
Brano Biblico
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la
regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata
nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena
Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino
sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di
Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu
fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A
che cosa devo che la madre del mio Signore venga da
me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei
orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio
grembo. E beata colei che ha creduto
nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno
beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
61
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa
sua.
Lc 1,39-56
PVA
Art. 14
§3. Il Salesiano Cooperatore si affida alla Vergine
Immacolata e Ausiliatrice quale guida della sua
vocazione apostolica: essere vero “cooperatore di
Dio” nella realizzazione del Suo disegno di salvezza.
Chiede a Maria, Ausiliatrice e Madre del Buon
Pastore, l’aiuto e la forza necessaria per la salvezza
propria e dei giovani. Il quotidiano affidamento a
Maria caratterizza la spiritualità salesiana.
Art. 20
§1. I Salesiani Cooperatori, come Don Bosco,
nutrono un amore filiale per Maria Ausiliatrice,
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Madre della Chiesa e dell’umanità. Ella ha cooperato
alla missione salvifica del Salvatore e continua a farlo
anche oggi come Madre e Ausiliatrice del Popolo di
Dio. È guida speciale della Famiglia Salesiana. Don
Bosco ha affidato a Lei i Salesiani Cooperatori,
perché ne ricevano protezione e ispirazione nella
missione.
Il Rosario
Da secoli il Rosario, la “corona di rose”, è preghiera
«amata da numerosi Santi e incoraggiata dal
Magistero» (RVM, 1); «ha la semplicità di una
preghiera popolare, ma anche la profondità teologica
di una preghiera adatta a chi avverte l’esigenza di una
contemplazione più matura». Il Rosario “salesiano”
vuole aiutarci ad amare sempre di più, sull’esempio di
Don Bosco, questa bella e tradizionale preghiera
mariana.
Don Bosco e il Rosario
Il marchese D’Azeglio, dopo aver visitato l’oratorio a
Valdocco suggerì all’amico Don Bosco di «tralasciare
di far recitare quell’anticaglia di 50 Ave Maria
infilzate una dopo l’altra»: gli pareva una perdita di
tempo. Ecco la risposta del Santo: «Io ci tengo molto
a tale pratica; e su questa potrei dire che è fondata la
mia istituzione. Sarei disposto a lasciare tante altre
cose, ma non questa. Signor marchese, se fosse
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necessario, sarei disposto a rinunziare anche alla sua
preziosa amicizia, ma mai alla recita del Santo
Rosario» (MB III, 294).
La preghiera del Santo Rosario
«Alla preghiera del Rosario la Chiesa ha riconosciuto
sempre una particolare efficacia, affidando ad essa,
alla sua recita corale, alla sua pratica costante, le
cause più difficili» (Rosarium Virginis Mariae, 39).
«Recitare il Rosario è contemplare con Maria il volto
di Cristo» (RVM, 3).
Da secoli il Rosario, la “corona di rose”, è preghiera
«amata da numerosi Santi e incoraggiata dal
Magistero» (RVM, 1); «ha la semplicità di una
preghiera popolare, ma anche la profondità teologica
di una preghiera adatta a chi avverte l’esigenza di una
contemplazione più matura» (RVM,39).
«La famiglia che prega unita, resta unita. Bisogna
tornare a pregare in famiglia e a pregare per le
famiglie, utilizzando ancora questa forma di
preghiera» (RVM, 41).
Santità Salesiana
Beata Maria Romero FMA
A dodici anni entra nel collegio delle Figlie di
Maria Ausiliatrice
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Maria Romero Meneses nasce a Granada di
Nicaragua il 13 Gennaio del 1902 in una famiglia
molto agiata. Il padre, ministro nel governo
repubblicano, era molto generoso con i diseredati.
Maria imparò fin da piccola cosa significa fare la
carità concreta anche nelle difficoltà. Per lei la
famiglia sognava grandi cose: studiò musica,
pianoforte e violino.
A dodici anni entra nel collegio delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, dove si dimostra disponibile e gioiosa.
Le sembrava che il carisma di don Bosco fosse stato
creato proprio per lei. In Noviziato insegna musica e
lavora all’oratorio festivo, dove tocca con mano per la
prima volta la povertà delle ragazze. Pronunciati i
voti perpetui, fu inviata a San José di Costa Rica, che
divenne sua seconda patria.
Cercava soprattutto "fanciulli poveri e
abbandonati"
Fu destinata ad insegnare nel collegio delle giovanette
abbienti. Ma lei cercava soprattutto "fanciulli poveri e
abbandonati", come don Bosco. Formò, scegliendole
tra le sue migliori allieve, le discepole per l'Opera
degli Oratori. Le chiamava "las misioneritas".
Andavano nelle capanne dei poveri, aiutavano a
pulire, portavano viveri e vestiti radunati da suor
Maria e facevano catechesi. Inizia poi a fondare gli
oratori festivi per i ragazzi più poveri: ne avvia
trentasei!
Maria Ausiliatrice, che lei chiamava la sua Regina, le
fa arrivare tante offerte, che sostengono le sue opere.
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Grazie all'opera volontaria di medici specialisti riesce
a dare vita ad un poliambulatorio con varie specialità,
per assicurare assistenza medico-farmaceutica;
durante l'anticamera sono a disposizione sale per la
catechesi e l'alfabetizzazione, e una cappella per
pregare.
Le ciudadelas de María Auxiliadora, un chiesa...
Per le famiglie senza tetto fa costruire casette «vere»,
le ciudadelas de María Auxiliadora: un'opera che
continua tuttora per l'interessamento dei suoi
collaboratori attraverso l'Associazione laica di
Asayne (Asociación Ayuda a los Necesitados).
Per propagare la devozione salesiana a Maria
Ausiliatrice fece costruire una chiesa nel centro di
San José. In realtà operò grandi cose con la sua fede e
con la collaborazione di persone benestanti
conquistate alla causa, dopo aver sperimentato gli
effetti della devozione mariana. Come don Bosco e
Madre Mazzarello fu contemplativa nell’azione. La
sua unione con Dio la rendeva una ricercata
consigliera spirituale. Dei suoi "Escritos Espirituales"
sono stampati già vari volumi.
Morì d'infarto il 7 Luglio 1977. Il Governo di Costa
Rica la dichiarò cittadina onoraria della nazione. La
sua salma è a San José de Costa Rica, presso la
grande opera da lei fondata come "Casa de la Virgen"
e "Obra social".
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Ai piedi della croce, Maria è donna del dolore e al
contempo della vigilante attesa di un mistero, più
grande del dolore, che sta per compiersi. Tutto
sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi
spenta. Anche lei, in quel momento, ricordando le
promesse dell’annunciazione avrebbe potuto dire: non
si sono avverate, sono stata ingannata. Ma non lo ha
detto. Eppure lei, beata perché ha creduto, da questa
sua fede vede sbocciare il futuro nuovo e attende con
speranza il domani di Dio. A volte penso: noi
sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo
l’oggi? Il domani di Dio per lei è l’alba del mattino di
Pasqua, di quel giorno primo della settimana. Ci farà
bene pensare, nella contemplazione, all’abbraccio del
figlio con la madre. L’unica lampada accesa al
sepolcro di Gesù è la speranza della madre, che in
quel momento è la speranza di tutta l’umanità.
Domando a me e a voi: nei Monasteri è ancora accesa
questa lampada? Nei monasteri si aspetta il domani di
Dio? (Papa Francesco)