La valutazione degli investimenti
nei processi decisionali delle aziende pubbliche
Investment Evaluation Decision-making Processes
in Public Organizations
di
Armando Buccellato*
Alessandro Spano*
Alberto Asquer*
*Università degli Studi di Cagliari
Facoltà di Economia
Viale S. Ignazio 84
09126 Cagliari
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La valutazione degli investimenti
nei processi decisionali delle aziende pubbliche
Abstract
Il presente articolo si propone di indagare il ruolo della valutazione degli investimenti nei processi decisionali delle aziende pubbliche. Nell’analisi si sostiene che la valutazione degli investimenti pubblici può svolgere un ruolo di grande importanza sia a sostegno del controllo strategico sia in sede di controllo di gestione. Si pensi, ad esempio, alle valutazioni ex-ante, oltre a quelle in itinere ed ex-post. Per ottenere questo risultato occorre che la valutazione degli investimenti pubblici non sia confinata ad una dimensione puramente tecnica (in particolare, per quanto concerne le metodologie di valutazione) ma diventi parte di un più ampio sistema di controllo manageriale e sia collegata ed interagisca con la fase della fissazione degli obiettivi e con la verifica dei risultati raggiunti.
Parole chiave: valutazione degli investimenti, pianificazione, sistemi di controllo
This article aims to investigate the role played by investment evaluation in decision-making processes in public sector organizations. This article argues that investment evaluation can play an important role in both strategic and management control. For instance, evaluation can play a role both before and after the investment decision is made, as well as in monitoring investment implementation. In order to achieve this effect, investment evaluation needs not be confined as a mere technical task (in particular, as a matter of applying correct evaluation methods), but it ought to be a component part of the broader managerial control system, and it should be linked to objectives-setting and assessment of results achieved.
Key words: investment evaluation, planning, control systems
Cet article a pour but d'étudier le rôle de l'évaluation des investissements dans les processus décisionnels des entreprises publiques. Cet article soutient l'idée que l'évaluation des investissements publics peut jouer un rôle de grande importance en appui du contrôle stratégique et du contrôle de gestion. C'est le cas, par exemple, pour les évaluations ex-ante, au delà de celles réalisées au cours des opérations , et ex-post. Pour ce faire, il est nécessaire que l'évaluation des investissements publics ne se limite pas à une dimension purement technique (en particulier, en ce qui concerne les méthodes d'évaluation), mais qu'elle fasse partie d'un vaste système de contrôle de gestion et est qu'elle soit reliée , et interagisse avec la phase de fixation d'objectifs et de vérification des résultats obtenus.
Mots-clés: évaluation des investissements, planification, systèmes de contrôle
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Sommario1. Introduzione2. Revisione della letteratura3. Valutazione degli investimenti pubblici nei sistemi di controllo
manageriale4. Il caso del Museo Betile5. Conclusioni
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La valutazione degli investimenti
nei processi decisionali delle aziende pubbliche
1. Introduzione
La valutazione degli investimenti pubblici svolge una funzione,
essenzialmente, informativa: produce informazioni per una pluralità di soggetti.
Innanzitutto, la valutazione fornisce una base informativa al decisore politico,
sia nella fase di valutazione ex-ante, sia in quelle in itinere ed ex-post. Fornisce
anche informazioni ai soggetti chiamati a dare attuazione alle scelte politiche, in
primis i dirigenti che nella valutazione trovano informazioni utili per verificare la
loro capacità di perseguire gli obiettivi loro assegnati dai politici. Infine, anche i
vari portatori di interessi (in primo luogo i cittadini) possono trovare nella
valutazione degli investimenti un’importante fonte di informazioni per verificare:
la coerenza tra il contenuto dei programmi elettorali e di governo e
le scelte effettuate;
l’ammontare delle risorse pubbliche impiegate per quelle
specifiche finalità;
la capacità dei progettati investimenti di soddisfare prefissati
bisogni.
In Italia la “cultura della valutazione a supporto delle decisioni pubbliche”
ancora fatica ad affermarsi (Formez, 2004, p.13) ed è stata caratterizzata da
altalenanti periodi di interesse ed abbandono di questo tema. Un nuovo impulso
all’utilizzo della valutazione nei processi decisionali proviene dall’Unione
Europea che, per l’utilizzo dei fondi comunitari, richiede lo svolgimento di varie
attività valutative volte a migliorare l’efficienza e l’efficacia degli interventi
pubblici.
In diverse discipline, come ad esempio l’economia politica, la statistica, e
l’ingegneria, la tematica della valutazione degli investimenti pubblici ha assunto
un ruolo rilevante. Tali studi si sono concentrati, prevalentemente, sulle
metodologie di valutazione (Pennisi e Scandizzo, 1991) più che sul ruolo e sulle
funzioni che la valutazione degli investimenti pubblici svolge e può svolgere
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all’interno di un sistema di controllo manageriale. Le tecniche utilizzate per la
valutazione si basano sia su approcci quantitativi (analisi costi e benefici,
matrice input output e modelli econometrici) che qualitativi (multicriterio, casi di
studio, bench-marking, ecc.). Mediante il loro utilizzo è possibile decidere, tra
varie alternative, quali investimenti finanziare, ad esempio concentrandosi su
quelli che presentano una redditività positiva (Armstrong-Taylor, 1987;
Bamberger-Hewitt, 1984). Secondo l'approccio economico generale, in
particolare, sono diffuse le analisi costi-benefici connessi agli investimenti
(Conti, 1968; Florio, 2001; Florio, 2002).
Nonostante la rilevanza, gli investimenti pubblici hanno rappresentato un
tema relativamente poco trattato dagli economisti aziendali che si sono
concentrati sulla necessità di migliorare i livelli di efficienza, efficacia ed
economicità nella gestione delle aziende pubbliche. L’attenzione è stata rivolta,
in genere, agli aspetti gestionali, approfondendo le funzioni della pianificazione,
dell’organizzazione, della gestione, della misurazione (e dei sistemi contabili in
particolare), del controllo e della valutazione dei risultati. Una delle linee di
ricerca in questione si è dedicata, in particolare, all’introduzione di sistemi di
controllo manageriale nelle aziende pubbliche ed ha evidenziato la necessità di
un collegamento sistemico tra i processi di pianificazione, di esecuzione, di
controllo e di valutazione dei risultati (Buccellato et al., 2004). Il modello di
controllo manageriale è stato approfondito e discusso in relazione alla gestione
delle strategie e delle politiche aziendali, ma minore attenzione è stata prestata,
finora, alle implicazioni sul modello della valutazione degli investimenti effettuati
dalle aziende pubbliche. In modo particolare, non pare sia stata approfondita la
relazione tra gli investimenti pubblici ed i livelli di efficienza e di efficacia delle
aziende pubbliche.
L’articolo si propone di approfondire il ruolo della valutazione degli
investimenti nei processi decisionali delle aziende pubbliche e si compone di tre
paragrafi oltre all’introduzione. Nel secondo paragrafo viene presentata una
revisione della letteratura relativa ai sistemi di controllo manageriale ed alla
valutazione delle politiche e degli investimenti pubblici. Nel terzo paragrafo si
propone un modello di controllo manageriale in cui la valutazione degli
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investimenti pubblici è connessa alla pianificazione (valutazione ex-ante), allo
svolgimento dei processi produttivi, alla misurazione (valutazione in itinere) ed
alla valutazione dei risultati (valutazione ex-post). Nell’ultimo paragrafo si illustra
l'applicazione del modello proposto attraverso un caso di studio. Il caso
selezionato riguarda la valutazione dell'investimento nel museo mediterraneo
dell'arte nuragica e dell'arte contemporanea denominato Betile la cui
realizzazione fu ipotizzata a Cagliari negli anni 2007-2008.
La domanda di ricerca alla base dell’articolo è verificare se ed in che
modo il proposto modello di controllo manageriale abbia trovato applicazione
nel caso analizzato.
2. Revisione della letteratura
La letteratura scientifica ha rivolto una forte attenzione ai temi centrali di
questo lavoro, ossia il controllo manageriale, l'attuazione delle politiche
pubbliche e la valutazione degli investimenti pubblici. Questa sezione illustra
una revisione sintetica della letteratura più rilevante su questi temi,
evidenziando, in particolare, alcuni problemi relativi ai fini della questione
affrontata in questo lavoro.
La letteratura sul controllo manageriale interessa, in termini generali, la
progettazione e la gestione dei sistemi di condizionamento del comportamento
degli individui al fine di orientarli verso il conseguimento degli obiettivi stabiliti.
Nel campo delle aziende pubbliche, i temi del controllo manageriale sono stati
sviluppati con particolare attenzione alle relazioni tra la pianificazione
istituzionale, la pianificazione politica, e la pianificazione strategica delle
aziende ed all'orientamento dell'attività verso i risultati (Borgonovi, 2004;
Buccellato et al., 2004; Mele e Storlazzi, 2006).
La letteratura sull'attuazione delle politiche pubbliche si rivolge alla
gestione dei processi tramite i quali le decisioni di governo sono poste in essere
e producono effetti coerenti o meno con gli obiettivi stabiliti. A partire dal lavoro
di Pressman e Wildavsky (1973), il tema dell'attuazione (o implementazione)
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delle politiche pubbliche si è sviluppato attraverso approcci diversi, sia
nell'oggetto specifico di ricerca sia nella metodologia (Buccellato et al., 2004).
Nel passato, un filone di studi top-down evidenziava un approccio pianificato e
razionale all'attuazione delle politiche pubbliche (van Meter e van Horn, 1975;
1976; Mazmanian e Sabatier, 1981; 1983; 1989), ed un approccio bottom-up
sosteneva l'adattamento e la flessibilità delle soluzioni attuative realizzate in
itinere (Berman, 1978; Lipsky, 1978, Hjern e Porter, 1980; Hjern, 1982; Hjern e
Hull, 1982; Hull e Hjern, 1987). La ricerca contemporanea adotta una
prospettiva di sintesi e riconosce che l'implementazione delle politiche
pubbliche può svilupparsi secondo dinamiche di entrambi i tipi (Goggin et al.,
1990; Hupe, 1990; Matland, 1995; O'Toole, 2000; Hill e Hupe, 2002; Barrett,
2004; Saetren, 2005).
La letteratura sulla valutazione degli investimenti pubblici (Florio, 1990;
2001; 2002; Pennisi e Scandizzo, 1991; Mulazzani, 2004; Camagni e Gorla,
2006) si è sviluppata affrontando diversi temi, tra i quali almeno due appaiono
particolarmente rilevanti. Il primo tema riguarda quali siano i criteri applicati nel
processo decisionale rivolto a scegliere quali investimenti intraprendere nella
gestione delle aziende pubbliche. Questo tema affronta, in particolare,
l'identificazione dei metodi e l'elaborazione di tecniche di scelta economico-
razionale degli investimenti. Il secondo tema riguarda, invece, quale sia
l'influenza della struttura organizzativa nell'ambito della quale le decisioni di
investimento nelle aziende pubbliche sono prese. Questo tema approfondisce,
in particolare, la progettazione di incentivi in grado di condizionare gli individui
affinché essi prendano decisioni di investimento coerenti con gli obiettivi
stabiliti.
Su questo secondo tema, almeno due approcci appaiono particolarmente
significativi. Secondo un approccio organizzativo comportamentale, le decisioni
di investimento risentono – come ogni altra decisione presa in un contesto
organizzativo – delle caratteristiche personali, strutturali e ambientali del
processo decisionale (Simon, 1997; Morris, 1971). Tale filone di studi evidenzia
che nelle organizzazioni le decisioni sono prese sulla base di interazioni sociali
e politiche, condizionate da fattori quali la razionalità limitata (Simon, 1991;
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1987), la logica incrementale (Wanat, 1974; Berry, 1990), le prassi del processo
budgetario (Green e Thomposon, 2001), i pregiudizi e gli errori di giudizio
(Kahneman et al., 1982). In sintesi, in tale filone di studi la valutazione degli
investimenti pubblici è solo parzialmente determinata dall'applicazione di metodi
e tecniche di supporto economico razionale alle decisioni, quanto piuttosto
influenzata da fattori storici e contingenti.
Nel secondo approccio le decisioni di investimento risentono della
struttura di incentivi tramite i quali, in un’organizzazione, si cercano soluzioni al
problema dell'agenzia. Il problema dell'agenzia (Alchian e Demsetz, 1972;
Ross, 1973) si pone in quanto il soggetto che prende la decisione
dell'investimento (l’agente) può perseguire interessi propri che divergono da
quelli dei soggetti (il principale) i cui interessi l'organizzazione dovrebbe
perseguire. La soluzione al problema dell'agenzia è tipicamente individuata
nella struttura degli incentivi collegati alla misurazione delle performance che
dipendono dalle decisioni e dalla condotta dell'agente. Nel caso delle decisioni
di investimento, la soluzione al problema dell'agenzia è resa più complessa dal
differimento nel tempo degli effetti dell'investimento, per cui la misurazione delle
performance non può incidere in modo tempestivo (o comunque
sufficientemente ravvicinato nel tempo di modo da essere percepito rilevante)
sulle decisioni e sulla condotta dell'agente.
Nel caso specifico della valutazione degli investimenti nelle aziende
pubbliche, la soluzione al problema dell’agenzia è resa ancora più complessa
per effetto di particolari condizioni. Gli obiettivi pubblici da perseguire, in primo
luogo, devono essere chiaramente esplicitati nel programma di governo, posto
che altrimenti essi non possono essere univocamente individuati nelle
preferenze degli elettori (tipicamente variegate ed eventualmente non
aggregabili) e che essi non dovrebbero essere fissati tacitamente dai politici
eletti al governo (rendendo così possibile il perseguimento di obiettivi personali
piuttosto che il fine comune). I valutatori, inoltre, dovrebbero disporre di una
struttura di incentivi tale da indurli a prendere decisioni (la valutazione degli
investimenti) coerenti con gli obiettivi pubblici da perseguire (piuttosto che
interessi personali oppure gli obiettivi taciti dei politici eletti al governo). Senza
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incentivi appropriati, infatti, la valutazione degli investimenti potrebbe
comportare un’allocazione inefficiente delle risorse, come ad esempio nel caso
in cui i valutatori colludessero con i politici eletti nel selezionare progetti non
funzionali al benessere degli elettori.
In sintesi, la letteratura scientifica sulla valutazione degli investimenti
pubblici ha affrontato diversi temi, sia sull'individuazione dei criteri applicati nel
processo decisionale rivolto a scegliere quali investimenti intraprendere, sia
sulla struttura organizzativa nell'ambito della quale le decisioni di investimento
sono prese. Questo campo di ricerca appare però suscettibile di ulteriori
sviluppi verso gli elementi di rilevanza strategica nelle scelte di investimento
che sono stati oggetto di studio nella valutazione degli start-up d'impresa
(Kanniainen e Keuschnigg, 2004, 2003; Keuschnigg e Nielsen, 2004; Del
Pozzo, 1996). Ad esempio, nella valutazione degli investimenti un ruolo
importante potrebbe essere riconosciuto alle qualità manageriali del proponente
e dei soggetti attuatori nel saper far uso efficiente ed efficace della capacità
produttiva da installare. Nella valutazione degli investimenti, inoltre, anche un
ruolo importante potrebbe essere attribuito alle possibili strategie di uscita (exit
strategy) dall'investimento. L'integrazione delle conoscenze attuali sulla
valutazione degli investimenti pubblici con quelle sviluppate in altre aree affini,
pertanto, potrebbe comportare ulteriori sviluppi nella ricerca sull'argomento.
3. Valutazione degli investimenti pubblici nei sistemi di controllo
manageriale
I tradizionali sistemi di controllo manageriale sono caratterizzati dalla
presenza di alcuni sottosistemi, quali la pianificazione, i processi produttivi, la
misurazione, la valutazione ed il sottosistema delle ricompense. Nel modello di
Flamholtz (1996) ad esempio, i vari sottosistemi sono connessi gli uni con gli
altri per formare un sistema centrale di controllo e sono inseriti in un più ampio
sistema di pianificazione e controllo che comprende anche la cultura e la
struttura organizzative.
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La struttura del sistema centrale di controllo è generalizzabile a tutte le
tipologie di azienda ed è estendibile anche alle aziende pubbliche, prendendo in
considerazione le dimensioni istituzionale e politica (Buccellato et al. 2003).
All’interno della dimensione politica, in particolare, partendo dalla visione
propria di una determinata coalizione e sulla base dei dati che emergono da
un’analisi del contesto, si giunge a definire, in modo più o meno esplicito, una
missione. Coerentemente con tale missione, dovrebbero essere definite le
priorità politiche da perseguire in base alle quali viene predisposto il programma
elettorale. La definizione del programma di governo rappresenta lo snodo tra la
dimensione politica della pianificazione e la dimensione economica.
Inserire la figura 1
I sistemi di controllo manageriale presentano il tema della valutazione,
prevalentemente, in riferimento alle prestazioni degli individui che operano
all’interno dell’organizzazione. Appare non approfondito il collegamento tra la
valutazione degli investimenti effettuati dalle aziende pubbliche ed i sistemi di
controllo manageriale. La capacità delle aziende pubbliche di soddisfare un
determinato insieme di bisogni, ad un determinato livello di intensità è
influenzato dagli investimenti effettuati. Ad esempio, la capacità di un comune di
soddisfare il bisogno espresso dalle famiglie relativamente ai servizi di
assistenza all’infanzia, è influenzata, tra l’altro, dalla realizzazione di nuovi asili
nido, in grado di accogliere un numero maggiore di bambini e capaci di erogare
servizi di elevata qualità. Appare evidente, dunque, l’importanza del ruolo che le
decisioni di investimento hanno all’interno di un sistema di pianificazione e
controllo in un’azienda pubblica. Infatti, tali decisioni, da un lato modificano la
capacità produttiva di una determinata azienda (incrementando la capacità di
soddisfare una particolare tipologia di bisogni), dall’altro lato sottraggono risorse
ad altre possibili forme di soddisfazione di bisogni (poiché altri possibili
investimenti non vengono realizzati). Le scelte d’investimento, inoltre,
influenzano il livello futuro di costi e di ricavi che si manifesteranno nello
svolgimento dei processi produttivi, influenza che si verificherà per un periodo
non breve di tempo.
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La valutazione degli investimenti si articola in tre livelli:
Valutazione ex-ante;
Valutazione in itinere;
Valutazione ex-post.
Nell’ambito dei sistemi di pianificazione e controllo delle aziende
pubbliche la valutazione ex-ante consente di verificare, prima che l’investimento
sia realizzato, la sua capacità di:
concorrere a realizzare gli obiettivi previsti (fini e scopi) per il
perseguimento delle priorità individuate (livello di coerenza e
capacità di soddisfare determinati bisogni);
verificare la sostenibilità futura di tale investimento (e quindi la sua
capacità di continuare a soddisfare i bisogni nel tempo);
garantire adeguati livelli di efficienza.
“Lo scopo della valutazione ex-ante è ottimizzare l’allocazione delle
risorse e migliorare la qualità della programmazione. La valutazione ex-ante
dovrebbe essere un processo iterativo nel quale il giudizio e le raccomandazioni
sono fornite da soggetti esperti sul contenuto dei programmi predisposti dai
soggetti responsabili della loro redazione” (Commissione Europea, 2006, p.1).
La valutazione in itinere consente di verificare se le attività previste si
stiano svolgendo secondo quanto programmato; è quella che viene definita
“progress review” e consente l’operare dei meccanismi di feed-back correttivo.
Infine, la valutazione ex-post permette la verifica del raggiungimento dei
risultati al termine del processo di investimento e l’eventuale assegnazione di
ricompense.
Nel disegno normativo e nella prassi attuativa nel panorama italiano la
funzione di valutazione degli investimenti pubblici è di tipo, essenzialmente,
tecnico. Essa, nelle sue varie articolazioni (ex-ante, in itinere ed ex-post) e con
le varie metodologie utilizzabili dovrebbe svolgere compiti di produzione di dati
e di informazioni che alimentano il processo decisionale. La valutazione degli
investimenti dovrebbe consentire di allocare meglio le risorse tra le varie
alternative disponibili per il soddisfacimento dei bisogni individuati. Affinché ciò
avvenga è necessario che la valutazione mantenga la sua dimensione tecnica e
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che i valutatori siano indipendenti. In caso contrario, la valutazione non
svolgerebbe la funzione alla quale è deputata.
Affrontato in questi termini, il tema della valutazione conduce a ritenere
che la valutazione si collochi quasi in una posizione di “terzietà” rispetto ai
processi decisionali ed ai processi produttivi che si svolgono all’interno di
un’organizzazione. La valutazione, in altri termini, si concentra,
prevalentemente, sulla sua dimensione tecnico-metodologica e si allontana
dalle altre dinamiche che si svolgono all’interno delle aziende pubbliche. A
supporto di tale impostazione, si sostiene che i soggetti incaricati della
valutazione debbano essere indipendenti e non subire influenze da parte dei
politici, i quali potrebbero desiderare che i risultati della valutazione siano
sempre e comunque coerenti con le decisioni da loro assunte. Ovviamente,
anche nell’ambito di un’impostazione di questo tipo il valutatore dovrebbe
svolgere la sua funzione tenendo in considerazione gli obiettivi che il decisore
politico ha fissato, in quanto la valutazione non può essere a se stante, ma è
inscindibilmente legata agli obiettivi e non avrebbe significato senza di essi.
Tutto ciò è determinato dal fatto che l’effettuazione delle scelte politiche
precede ed è separata rispetto alla valutazione ex-ante: prima si fa la scelta, poi
si chiede una valutazione ex-ante della scelta operata.
Un’impostazione di questo tipo mostra evidenti debolezze, sia per quanto
concerne l’effettivo apporto della valutazione al processo decisionale, sia per
quanto concerne il suo inserimento in un più ampio sistema di pianificazione e
controllo. Sotto il primo aspetto, infatti, il valutatore può essere inquadrato
all’interno di un rapporto di agenzia, in cui egli è l’agente ed il decisore politico è
il principale. Il politico-principale delega al valutatore-agente la funzione di
valutazione ed il valutatore opera all’interno dei meccanismi tipici di un rapporto
di agenzia. A questo punto, è necessario delineare il sistema di incentivi che
dovrebbero spingere il valutatore ad assumere decisioni (la valutazione
dell’investimento) coerenti con gli obiettivi politici. Infatti, come già evidenziato
in precedenza, l’assenza di un sistema di incentivi può determinare minori livelli
di efficienza nell’allocazione delle risorse. Analizziamo la posizione del
valutatore rispetto al sistema di incentivi nel caso in cui la valutazione sia
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separata rispetto alla pianificazione (nel senso chiarito precedentemente) e nel
caso in cui sia, invece, parte integrante dei processi decisionali.
Nel primo caso (valutazione separata rispetto alla pianificazione) il
valutatore è incentivato a produrre valutazioni in linea con le scelte politiche che
sono già state effettuate. Infatti, se la valutazione evidenziasse elementi di
criticità nelle scelte politiche (ad esempio, rilevasse che una determinata scelta
non sia coerente con le priorità politiche presenti nei documenti programmatori)
il valutatore da un lato non avrebbe alcun beneficio diretto (data la sua
posizione di terzietà rispetto al processo di pianificazione, egli non può
condividere eventuali benefici che potrebbero derivare dalle scelte prese);
dall’altro lato potrebbe essere sottoposto a pressioni politiche affinché la
valutazione sia modificata. Infatti, se è vero che il valutatore è un professionista
che applica determinate metodologie valutative le quali dovrebbero condurre a
risultati il più possibile oggettivi, è tuttavia plausibile che, nell’ambito della
discrezionalità inevitabilmente presente nelle attività di valutazione, vi sia un
certo grado di libertà nell’orientare la valutazione.
Per il valutatore, analizzando i benefici ed costi che derivano dalla sua
condotta, potrebbe essere preferibile una situazione in cui la sua valutazione
sia in linea con la volontà politica. In questo caso egli non avrebbe
conseguenze negative che potrebbero sorgere nel caso contrario. Viceversa, se
la valutazione è positiva, egli continua a non avere alcun beneficio diretto, ma
non avrà gli eventuali costi rappresentati dalla pressione politica affinché la
valutazione cambi.
Nel secondo caso (la valutazione è parte integrante dei processi
decisionali) il valutatore è incentivato a produrre valutazioni che, effettivamente,
siano utili al decisore per assumere delle scelte. Anche in questo caso
l’incentivo è rappresentato dalla ricerca della massimizzazione del rapporto tra
benefici e costi derivanti dal suo operato, ma la profonda differenza rispetto alla
posizione precedente è che ora è lo stesso decisore a sollecitare le valutazioni
prima che la scelta sia effettivamente fatta. In questo caso, l’assecondare una
scelta politica nonostante una valutazione ex-ante negativa può rappresentare
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un problema per il valutatore, poiché il decisore non potrà contare su un
supporto che gli consenta di migliorare la sua capacità decisionale.
Da quanto detto deriva che, affinché la valutazione possa fornire un
positivo apporto al processo decisionale e non rimanga nell’ambito dei meri
adempimenti burocratici (si fa una valutazione perché esiste una legge che lo
richiede), è necessario che sorga da parte del decisore politico un’effettiva
domanda di valutazione.
Se, allora, la valutazione può svolgere la sua funzione unicamente in
stretta connessione ed in condivisione dei processi decisionali posti in essere
dal decisore politico, cade la necessità di prevedere in modo esplicito, facendo
anche ricorso a strumenti normativi, che la valutazione sia indipendente ed
operi in una dimensione meramente tecnica. Al contrario, la direzione verso la
quale sarebbe auspicabile orientarsi è quella in cui il decisore, pur non essendo
obbligato a richiedere un parere valutativo, lo reputi necessario per rafforzare la
sua capacità di assumere decisioni. Nell’ambito dei sistemi democratici, dato
anche il principio della separazione delle funzioni tra politici e dirigenti, ai primi
spetta il compito, di definire le priorità politiche e di fissare le finalità di fondo,
mentre ai dirigenti è assegnato il compito di tradurre in pratica tali priorità e
finalità. Il politico prende delle decisioni e si assume la responsabilità delle
scelte. Il valutatore ha il compito di fornire un supporto informativo, ma senza
assumere una responsabilità diretta rispetto alle scelte prese. In base a tale
impostazione, la valutazione degli investimenti pubblici, soprattutto quella ex-
ante, diventa parte integrante del processo di pianificazione e rappresenta
un’indispensabile fonte di informazioni per il processo decisionale. “Se la
valutazione deve essere utile ed utilizzabile, occorre che sia vista come parte
integrante del processo decisionale e di gestione e dell’intero processo di
accountability democratica” (Commissione Europea, 2007, Guida Evalsed).
La figura seguente illustra il ruolo della valutazione degli investimenti
all’interno di un modello di pianificazione e controllo.
Inserire la figura 2
14
Secondo tale modello, la pianificazione politica, partendo da una visione
e grazie all’analisi del contesto di riferimento, definisce la missione che un
partito o una determinata coalizione politica si prefigge di raggiungere. Sulla
base di tale missione vengono individuate le priorità politiche. Le priorità
politiche sono il punto di partenza per la pianificazione economica nelle singole
aziende pubbliche. La pianificazione economica, nella quale si fissano gli
obiettivi generali da perseguire, si avvale della valutazione ex-ante, che
consente di verificare anticipatamente la fattibilità di una determinata scelta e di
quantificare gli effetti attesi. Con la programmazione e con il budgeting gli
obiettivi generali sono declinati in obiettivi di maggior dettaglio (specifici ed
operativi). Successivamente, si ha lo svolgimento di processi produttivi per
l’implementazione delle scelte in coerenza con le strategie definite. In questa
fase saranno realizzati gli investimenti previsti dal piano, dai programmi e dagli
specifici progetti. La successiva fase della misurazione fornisce i dati sia per la
valutazione in itinere sia per la valutazione ex post, la quale, a sua volta, è in
grado di alimentare il sottosistema delle ricompense.
In questo modo la valutazione degli investimenti pubblici assume un
ruolo centrale nei modelli di controllo manageriale operando quale supporto
informativo in grado da un lato di rafforzare le capacità decisionali del politico,
dall’altro aumentandone il livello di accountability.
4. Il caso del museo Betile
Premessa metodologica.
L’indagine sul caso Museo Betile si propone di accertare se il
processo di valutazione, basato sui principi del sistema di controllo
manageriale, consenta di valutare, ex ante, la capacità dell’investimento di
generare risultati coerenti con gli obiettivi fissati nella pianificazione
istituzionale e politica; e di valutare, in fieri ed ex post, le condizioni
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funzionali al controllo dell’implementazione dell’iniziativa e dei risultati
conseguiti.
Con l’espressione processo di valutazione del progetto di
investimento del Museo Betile intendiamo “un processo decisionale ed uno
strumento di controllo che si concentra prevalentemente sui progetti o
programmi i cui effetti si estendono per una molteplicità di esercizi”
(Horngren et al, 1998). L’investimento, di elevata e durevole importanza,
viene studiato come mezzo per la creazione di valore netto (profitto sociale)
a favore di una specificata collettività di riferimento. La nozione di valore
netto tiene conto dei benefici attesi e dei sacrifici stimati che la collettività
indicata dovrà sopportare, intesi sia negli aspetti economici di valori
misurabili in termini finanziari sia di valori sociali misurabili in termini non
finanziari.
L’indagine sul processo di valutazione dell’investimento del Museo
Betile verrà svolta secondo l’approccio empirico - induttivo basato sull’analisi
del processo decisionale adottato dalle parti coinvolte nella progettazione e
nella valutazione dell’investimento. Si avvale, per altro, del processo logico
deduttivo, declinato dal sistema di controllo organizzativo, con specifico
riferimento alle decisioni e alle azioni indirizzate al miglioramento della
qualità della vita dei destinatari dell’intervento.
L’indagine fa riferimento alla certificazione dello Studio di Fattibilità
dell’investimento elaborata dal Nucleo di Valutazione e Verifica degli
Investimenti Pubblici della Regione Sardegna, allo Studio di Fattibilità
redatto dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari, alle
disposizioni della Guida per la Certificazione degli investimenti pubblici
adottata in Sardegna e ad altre fonti e contributi interdisciplinari.
Individuazione dell’oggetto della valutazione.
L’oggetto della valutazione è il museo dell’arte nuragica e dell’arte
contemporanea mediterranea denominato Betile, la cui realizzazione fu
ipotizzata a Cagliari negli anni 2007-2008.
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La decisione di realizzare nella Città di Cagliari il Museo dell’arte
nuragica e dell’arte contemporanea del Mediterraneo trova il suo contesto di
riferimento istituzionale nei poteri assegnati alla Regione Sardegna dal suo
Statuto Speciale che attribuisce alla Regione “potestà legislativa nelle
materie relative alle biblioteche e musei”.
Si riportano i dati di sintesi che caratterizzano il progetto di
investimento desumibili dallo studio di fattibilità.
Denominazione: Museo Regionale dell’Arte Nuragica e dell’Arte
Contemporanea del Mediterraneo (Betile).”
Sede: Città di Cagliari, area portuale o sul mare in zona limitrofa a
quella portuale (quartiere S.Elia);
Progetto vincitore: architetto Zaha Hadid;
Dimensioni: 12.000 mq;
Costo complessivo di realizzazione: 83,5 milioni di euro;
Risorse: a) € 38.099.200 Cipe; b) € 25.400.800 interventi del
sistema museale; c) € 20.000.000 Fondi dell’Unità d’Italia.
Costi di gestione: 1,5-1,7 milioni € l’anno.
Economicità dell’investimento.
Come si può misurare il valore ottenibile dal progetto di investimento
nel museo dell’arte nuragica e dell’arte contemporanea mediterranea?
Possiamo valutare la capacità di produzione di valore del Museo Betile
considerando le esigenze (i bisogni) che la realizzazione del museo potrà
soddisfare (benefici ritraibili). Possiamo anche mettere a confronto i benefici
ritraibili dal nuovo investimento con le esigenze (i bisogni) che potrebbero
essere soddisfatti con un uso differente delle risorse ad esso destinate
(bisogni concorrenti). Quindi, possiamo mettere a confronto i benefici
ritraibili con l’investimento e i sacrifici da sopportare per la sua realizzazione.
L’approccio economico-aziendale ci porterebbe a confrontare i benefici,
nella loro dimensione finanziaria (ricavi) con i sacrifici da sopportare (costi).
Considerando questi diversi approcci pare opportuno segnalare che
la realizzazione di un nuovo museo da parte di una amministrazione
17
pubblica comporta una attività umana destinata principalmente a soddisfare
bisogni collettivi senza subordinarne la fruizione alla capacità dell’utente di
pagare un prezzo remunerativo (basato sul costo pieno). Ma d’altro canto, la
realizzazione e la gestione del nuovo museo genera costi monetari (e non
monetari) che dovranno essere sostenuti da qualcuno. Anche se
l’investimento nella costruzione del Betile è socialmente utile e soddisfa
particolari esigenze culturali, per altro, senza adeguate risorse finanziarie
non può essere realizzato e reso fruibile nel tempo. “L’attività umana non è
costituita da atti economici e atti non economici ma ha vari aspetti, tra cui
quello economico, che può essere oggetto di autonoma analisi (Robbins,
1947)”.
Ma chi determina i fini da conseguire? E come si possono valutare le
scelte e le decisioni adottati per conseguirli? Le finalità istituzionali della
Regione e i fini politici dei suoi organi di governo trovano espressione nei
processi di pianificazione istituzionale e politica mentre gli strumenti di
programmazione, la cui adozione è prevista dalle norme vigenti, accrescono
le probabilità che i processi della gestione (le operazioni) conducano al
conseguimento di risultati efficaci in condizioni di efficienza. Di
conseguenza, la valutazione degli effetti di un investimento pubblico (nel
nostro caso il Museo Betile) può riguardare la capacità dello stesso di
soddisfare le finalità istituzionali e i fini politici con il sostenimento di sacrifici
collettivi inferiori ai benefici ritraibili. L’analisi deve comprendere nei benefici
e nei sacrifici anche i proventi e gli oneri che esprimono con misure
monetarie il valore delle produzioni di beni e servizi e il valore dei consumi
dei fattori produttivi impiegati nella loro produzione. Nel processo di
valutazione dell’investimento si manifestano due distinte fasi di giudizio. Una
prima fase è caratterizzata da finalità istituzionali e da fini politici i cui risultati
sono più correttamente individuabili in termini qualitativi. La seconda fase,
invece, si caratterizza per il costo delle risorse necessarie per l’investimento
ed il suo mantenimento nel tempo, al netto dei recuperi da altre economie
(utenti/ altri).
18
Risulta, pertanto, evidente che gli obiettivi sociali (a maggior
contenuto qualitativo o con indicatori non finanziari) costituiscono il
benchmark al quale riferire la coerenza delle operazioni di investimento e di
esercizio dell’infrastruttura. Gli aspetti economici (a maggior contenuto
quantitativo ed, in particolare, finanziario) costituiscono la base per la
valutazione del sacrificio finanziario (oneri misurati in valori monetari) da
correlare ai benefici (sociali) attesi.
L’approccio flow-of-funds.
Secondo il Board of Governors of the Federal Reserve System
(BGFRS, 1993) la contabilità flow-of-funds misura l’acquisizione di beni
tangibili e finanziari nell’economia di una entità governativa e le fonti che
hanno finanziato quelle attività tangibili e finanziarie. In questo modo la
contabilità registra il volume netto delle transazioni in strumenti finanziari;
fornisce un mezzo per analizzare lo sviluppo degli strumenti e il
comportamento dei vari settori nel tempo; e registra il ruolo degli
intermediari, come le banche e i fondi pensionistici nel trasferire fondi da
settori che generano un risparmio positivo a settori che prendono fondi in
prestito. Nel mostrare il legame fra le varie attività finanziarie e il rapporto
con le attività non finanziarie che generano reddito e produzione, la
contabilità flow-of-funds fornisce un’ampia misura delle attività di
investimento.
L’approccio flow-of-funds implicitamente presuppone il riferimento ad
uno Stock (Fund) le cui variazioni in un intervallo di tempo vengono
rappresentate in un correlato Flow ( flow-of-funds ). Così, per l’analisi degli
effetti dell’investimento museale si può far riferimento allo Stock di attività e
passività detenuto al tempo zero (prima dell’investimento), rispettivamente,
(1) dalle famiglie e dalle aziende profit e non profit che risiedono nel
quartiere di S.Elia (sede del museo); 2) nella città di Cagliari; 3) nel territorio
della Regione Sardegna. Con la tecnica del flow-of-funds si dovrebbe poi,
con riferimento alla data di ultimazione dell’investimento, rappresentare, in
una matrice a doppia entrata, le cause e i valori dei flussi finanziari (source)
19
con i correlati utilizzi (use). Per una completa analisi degli effetti economici
prodotti dall’intervento, si possono rilevare anche le variazioni di valore,
nelle attività e passività, dovute a rivalutazioni e svalutazioni economiche.
Per altro, la tecnica flow-of-funds si appalesa specificamente utile per
la misurazione degli effetti sulla ricchezza delle popolazioni degli ambiti di
riferimento (funds). Resterebbero, per altro, in ombra i benefici qualitativi
che possono costituire un sistema di indicatori del loro livello di qualità della
vita. Questi benefici dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi che la
pianificazione istituzionale – politica ha indicato come risultato da ottenere.
Anche in questo caso, la stessa tecnica del flow-of-funds può ritenersi
applicabile, almeno sotto il profilo concettuale. Si tratterebbe di evidenziare
la qualità della vita delle popolazioni osservate prima dell’investimento
museale ed analizzare le variazioni (flows) attese a seguito
dell’investimento. La espressiva rappresentazione delle cause delle
variazioni stimate potrebbe fornire una chiara base di conoscenze per le
decisioni del soggetto responsabile del risultato e la loro condivisione con le
parti interessate.
L’analisi economico aziendale dell’entità “Azienda Museo Betile”, al
contrario, potrà avvalersi degli strumenti di pianificazione e controllo propri
delle organizzazioni che debbono rispettare la condizione di economicità
aziendale a valere nel tempo e del principio del minimo mezzo con l’uso
efficiente delle risorse scarse.
Lo studio di fattibilità (SdF) del museo Betile.
Lo SdF del progetto di investimento del museo dell’arte nuragica e
dell’arte contemporanea del Mediterraneo (Museo Betile) è stato redatto
secondo i criteri e le prescrizioni previste dalla “Guida per la Certificazione
da parte dei Nuclei Regionali di Valutazione e Verifica degli Investimenti
Pubblici”. La sua elaborazione, per altro, viene valutata all’interno dei
principi di governo di una struttura complessa così come definiti dal sistema
di controllo manageriale, nelle sue specificità riferite alle amministrazioni
governative . Questi principi possono così sintetizzarsi:
20
1. il soggetto responsabile dei risultati attesi dall’investimento viene
individuato nell’organo di Governo della Regione Sardegna al quale
competono, in ultima istanza, le decisioni e le scelte del processo di
pianificazione e controllo dell’entità legale Museo Betile;
2. i fini e gli scopi assegnati all’iniziativa museale, Museo Betile,
costituiscono il punto di riferimento per la verifica di coerenza delle decisioni
e delle scelte di progetto (giudizio sul processo di produzione del risultato e
giudizio sull’utilità della fruizione del risultato);
3. le attività umane volte a produrre i risultati attesi e gli effetti della
loro fruizione vengono esaminate sia secondo gli aspetti economici che
quelli sociali per cui la “misurazione” dei risultati comporta la necessità di
utilizzare indicatori quantitativi ( questi ultimi espressi in unità monetarie e
non monetarie) e, specie per i valori culturali, qualitativi;
4. gli effetti economici e sociali dell’iniziativa museale vengono
considerati relativamente a specifiche “collettività di riferimento” (CdR)
costituite, rispettivamente; da: a) popolazione della Sardegna; b)
popolazione dell’area metropolitana della Città di Cagliari; c) popolazione del
Quartiere di S.Elia. Le utilità percepite dalle persone che provengono da altri
contesti vengono tenute in considerazione soprattutto per gli effetti
economici che sono in grado di generare a favore delle CdR.;
5. il Business Plan del “Museo Betile è stato elaborato secondo
l’approccio economico aziendale tenendo conto che i costi delle utilità e dei
servizi allestiti sono posti a carico dei fruitori diretti tramite i prezzi dei beni e
servizi acquistati (ad esempio per il servizio di caffetteria), mentre le utilità e
i servizi indiretti (ad esempio la fruizione visiva dell’opera di architettura del
Betile), possono essere posti a carico di terze entità (ad esempio per
sovvenzioni dei soci della entità legale);
6. si tiene conto che secondo il comitato scientifico di supporto
all’investimento, gli obiettivi da perseguire con la realizzazione del Museo si
possono così riassumere: a) un effetto moltiplicatore per altre iniziative
museali; b) un laboratorio di confronto e sperimentazione; c) un percorso
espositivo multiplo nel quale la percezione estetica interagisce con la
21
storicizzazione e contestualizzazione delle opere; d) un luogo di produzione,
ricerca e sperimentazione; e) un motore di rigenerazione urbana per la città
di Cagliari.
Per altro la legge Regionale n. 14/2006 detta le linee guida di
progettazione e gestione museale con le seguenti prescrizioni:
affidare la direzione a un curatore di arte contemporanea di
provata esperienza;
l’edificio del museo dovrà essere di forte impatto visivo;
il progetto dovrà essere affidato ad un architetto di reputazione
internazionale;
il progetto culturale steso dal direttore deve precedere la
costruzione del museo;
il direttore deve essere scelto contestualmente al progettista. Il
concorso per la scelta del direttore deve tenersi pertanto
contemporaneamente a quello per la scelta dell’architetto.
E’ importante osservare che le funzioni attribuite al direttore non sono
state esplicate in quanto non nominato. Di conseguenza, lo SdF propone
una serie di ipotesi di gestione non supportate da scelte assunte dai soggetti
decisori e la cui copertura finanziaria costituisce una mera ipotesi di
copertura attribuita ai soggetti pubblici che, nell’ipotesi del piano di fattibilità,
dovrebbero essere i soci fondatori del soggetto giuridico titolare della
gestione (Fondazione Museo Betile).
Considerazioni sul caso Betile.
La sequenza temporale degli atti di disposizione relativi
all’investimento Museo Betile pone in chiara evidenza che il sistema di
pianificazione adottato dai vari soggetti coinvolti non ha osservato i criteri
previsti dall’approccio del sistema di controllo manageriale soprattutto per la
mancata simulazione del funzionamento del modello ai fini della messa a
punto della sua attitudine a perseguire i prefissati fini con adeguatezza ed
appropriatezza di risorse e di condizioni di realizzabilità. E ciò prima
dell’attuazione di parti del progetto, come la decisione di abbinare l’arte
22
nuragica all’arte moderna e la scelta del progetto costruttivo dell’architetto
Zaha Hadid, senza aver prima definito i contenuti, le compatibilità territoriali
e culturali e, in misura rilevante, il fabbisogno di risorse per l’investimento e
per la sua gestione nel tempo.
Essendo già stato deciso il tipo di investimento da realizzare (cioè il
mezzo Museo Betile), senza un processo di verifica di coerenza con i
prefissati fini (le cinque finalità previste), il processo di valutazione può
indagare la coerenza del processo di realizzazione dell’investimento e della
sua gestione con l’adeguatezza delle risorse finanziarie e non finanziarie
necessarie. Nel caso Museo Betile le analisi effettuate dal gruppo di lavoro
negli aspetti tecnico-urbanistici hanno evidenziato una specifica attenzione
alle finalità generali assegnate al progetto. E’ particolarmente rilevante la
coerenza della soluzione architettonica con il fine di un elevato effetto
artistico dell’opera, della riqualificazione dell’immagine del sito urbano, di un
forte incentivo al turismo culturale e di un’ampia attrattività espositiva. La
funzione del Betile come rimando resta, per altro, indefinita così come la
coerenza della struttura del fabbricato con le esigenze di spazi per attività
artistiche in loco. Le conseguenti analisi gestionali, condotte secondo
l’approccio economico aziendale, hanno messo in evidenza maggiori costi di
realizzazione rispetto ai fondi preventivati ed un realistico fabbisogno di
sostenimento valutato in €1,5/1,7 milioni all’anno. Si è anche evidenziato
che le misure di VAN e TIR, non remunerative in logica strettamente
aziendale, divengono invece positive con l’inclusione dei “profitti” generati
dall’investimento a favore della popolazione del quartiere dove insiste
l’investimento.
La copertura dei costi di esercizio, non conseguibile attraverso i ricavi
gestionali, viene prevista con contributi in conto esercizio a carico dei soci
della Fondazione Museo Betile. Ciò che comporterebbe una precisa e
pluriennale assunzione di impegno da parte dei soci prima della decisione di
implementazione dell’investimento.
23
4. Conclusioni
L’adozione del modello di pianificazione e valutazione del sistema di
controllo manageriale ha indubbiamente il pregio di definire le condizioni che
possono concorrere ad accrescere la probabilità di conseguire gli obiettivi
strategici. Ma è altresì importante tenere conto del fatto che “il processo di
pianificazione genera la missione, le aree chiave di risultato, i fini e gli scopi
che l’organizzazione cerca di perseguire. Tutto ciò deve essere il contenuto
del processo di valutazione della performance” (Flamholtz, 1996).
La valutazione degli investimenti pubblici, soprattutto nella sua
dimensione ex-ante, svolge un ruolo particolarmente rilevante nei processi
di pianificazione delle aziende pubbliche in quanto opera da supporto
informativo al processo decisionale. In altre parole, la valutazione degli
investimenti pubblici può avere un ruolo non solamente nel determinare gli
effetti connessi ad una scelta comunque effettuata dal decisore politico, ma
dovrebbe essere considerata parte integrante del processo decisionale nella
stessa fase di assunzione della decisione.
Alcuni aspetti non affrontati nel presente lavoro rappresentano utili
spunti per ulteriori ricerche come, ad esempio, l’assetto manageriale per la
gestione dell’opera. Tale aspetto incide su vari fattori, quali la capacità di
ritorno dell'investimento, il quale, a sua volta, dipende anche dalle qualità
del management (ad esempio, in un ambito differente, questo è un fattore
importante nelle valutazioni di investimento dei venture capitalist e dei
business angel). Infatti, se è vero che negli studi di fattibilità il modello di
gestione è uno degli elementi di valutazione, tuttavia la “qualità” del
management necessita di ulteriori approfondimenti.
24
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