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Collector’s Catalogue
Natale 2014
PRESENTAZIONE
Tra gli obiettivi di Collezione da Tiffany, il primo blog
italiano dedicato al collezionismo d’arte contemporanea, c’è
la promozione degli giovani artisti di talento. In questi due
anni e mezzo di attività, con la rubrica Segnali d’Arte, ve ne
abbiamo presentati circa una ventina. Alcuni sono nomi noti,
che ormai trovate sulle pagine delle riviste specializzate.
Altri, invece, viaggiano ancora ai margini del mercato, ma
non per questo meritano meno attenzione. Un buon
collezionista, d’altronde, deve saper anche scovare qualche
talento nascosto. Certe volte anche prima del gallerista.
Questo non vuol dire che in questo volume trovere tutta la
migliore arte italiana del XXI secolo. Ma una raccolta di
artisti che ci hanno colpito, dal 2012 ad oggi, nel nostro
girovagare tra una mostra e una galleria, passando per fiere
e studi d’artista. E altri ne verranno con gli anni. Intanto,
questo primo Collector’s Catalogue – o forse sarebbe meglio
parlare di un numero zero - è anche il nostro modo per
ringraziarvi e per augurarvi un Buon Natale e un Felice Anno
Nuovo.
Auguri!
Collezione da Tiffany
FRANCESCA AMADEO (n. 1970)
In una società che veicola il messaggio che “ciò che appare,
esiste” e ci fa sentire vivi in realtà virtuali che assecondano il
nostro ordine delle cose, la ricerca di Francesca Amadeo si
concentra sul calco come rivelatore di ciò che non appare,
che non si vede, ma esiste. Dai primi calchi di frutti della
natura, violata dalle regole dell’oggi, al calco del quadro
stesso che, senza più supporto e muovendosi sotto il suo
stesso peso, prende forma da quello che lo circonda
rivelando l’impronta di ciò che esiste, seppur per un attimo,
o di ciò che si formerà in futuro in quello che erroneamente
noi chiamiamo “vuoto”. Il calco rende visibile anche ciò che
non lo è come le idee, l’aria, i pensieri, le emozioni e …
l’Anima. Esso è l’indizio della realtà delle cose, il
depositario della loro memoria. Ruba l’anima alle cose e le
rende immortali.
MARTINA ANTONIONI (n. 1986)
Attraverso la continua ricerca di indizi, Martina Antonioni
registra, archivia e trascrive gli elementi della vita che per lei
sono significativi. Trasforma immagini, ricordi o paesaggi in
frammenti di una costellazione inventata, per raccontare
incontri possibili che fissa in mappe del sentire. Gli elementi
parlano di molteplici possibilità e sono uniti da sottili fili
elettrici. Tra di loro si sviluppano forze di attrazione e
repulsione, in una danza sospesa di un cielo fantastico.
Attraverso la perdita di un centro, gli elementi sono liberi di
sviluppare le loro potenzialità in divenire.Lasciando aperta
questa rete di immagini, Martina suggerisce la lettura di un
racconto sempre nuovo, in cui il lettore possa immaginare
storie sempre diverse.
VERONICA BOTTICELLI (n. 1979)
Nella ricerca di Veronica Botticelli l’effetto di leggerezza
pittorica e di spontaneità visiva nasce, oltre che dalla realtà,
anche da un lavoro sulla memoria e sull’immaginazione.
Come ha affermato la stessa artista “Lo spazio della mia
pittura è uno spazio mentale. È il dialogo che io instauro con
ricordi, tracce, musica, colori e passaggi che mi hanno
interessato nella vita. Il pubblico c’è o se n’è appena andato.
Io sono lì, nello sfondo, sempre. A luci un po’ spente. A dire in
ogni caso e malgrado tutto”. La poesia di Veronica Botticelli
è fatta tutta di colore e pensiero in una figurazione che
diviene astratta nella sua risoluzione apparentemente
concreta e tangibile, laddove fondamentale per l’artista è
l’urgenza di raccontare qualcosa più che riproporre
pedissequamente la realtà.
ALESSANDRO CARDINALE (n. 1977)
La ricerca di Alessandro Cardinale parte dalla scultura per
poi rivolgersi alla perdita dei suoi valori tradizionali come la
monumentalità e la pesantezza, attuando un progressivo
processo di abbandono della materia. Si tratta di un
costante tentativo di invertire la scala dei valori, conferendo
importanza agli aspetti che normalmente ne sono privi e
vengono considerati di secondo piano, spesso
concentrandosi verso l'assenza della materia e cercando di
lavorare attraverso di essa suggerendo idee e forme, oppure
cercando di dare consistenza a concetti che non hanno né
peso né corpo, come la memoria ed il tempo.
Frammenti di Memoria,
Installazione luminosa (scatola di metallo + faretto + ritaglio di giornale + ombra).
LINDA CARRARA (n. 1984)
Per Linda Carrara osservare e vivere sono punti di partenza
assoluti. Il suo lavoro si basa essenzialmente su ciò che vive,
sulle immagini che vede, sulle sensazioni, sulle relazioni e i
collegamenti che si instaurano nel mondo che la circonda.
Qualsiasi immagine e qualsiasi oggetto potrebbero avere la
dignità per esser dipinti e la dignità per rappresentare il
mondo in cui vive. Recupera immagini, scatta foto,
ammucchia oggetti di varia natura che, col tempo, trovano
la loro collocazione in un senso più ampio. «Osservo la vita
come attraverso un microscopio, focalizzando particolari che
in se potrebbero racchiudere il senso del reale - dice Carrara
parlando del suo lavoro -. Nessun progetto predefinito,
nessuna idea fondante, nessuna preclusione. È così che mi
pongo nella vita e nell'arte. Impreparata ad accogliere ciò
che mi viene addosso ma pronta a farlo mio e renderlo parte
integrante della mia vita e del mio lavoro. Vivo a postumi,
dipingo a postumi, amo a postumi e solo nel momento
dell'analisi di ciò che è stato riesco a leggere e capir
l'importanza di ciò che è avvenuto. Poi c'è la pittura».
FEDERICA COGO (n. 1985)
Federica Cogo indaga l’uomo e la sua natura. Attraverso diversi linguaggi e ricerche, lo analizza e lo interroga, costantemente. Il suo rapporto con l’indagine è distaccato, oggettivo; possiamo dire scientifico, ma veicolato da una scelta ironica del comunicare. L’artista cerca una verità, e quando la trova la veste di colori pastello, o la mette dentro giocattoli in plastica, la trasforma in animazioni. Lei inganna, nasconde e rivela, patina rivelazioni scomode per entrare; nell’occhio di chi guarda, nella mente di chi osserva. Lei è convinta che questo sia lo scopo dell’arte.
TIZIANO DORIA (n. 1979)
Al suo debutto, nel 2008, ha presentato al pubblico binario/bitonale, un lavoro in cui riduceva “Veduta dalla Finestra di Gras”, la prima fotografia della storia realizzata da Niepce, in codice binario per poi “suonare” la sequenza di zero e uno con la tastiera del cellulare. Un lavoro radicale che aveva al centro il ruolo del computer visto come “omogeneizzatore”: una scatola universale dove tutto acquisisce una stessa natura, portando ogni media al grado zero. Dal 2008 ad oggi l’interesse per gli aspetti tecnici della fotografia è rimasto centrale nella ricerca artistica di Tiziano Doria e quel primo lavoro assume, così, una natura programmatica in cui è possibile intravedere, in nuce, tutti gli elementi sviluppati negli anni e che lo stesso Doria sintetizza così: «Lavoro spesso con immagini che non ho prodotto io. Rifotografo immagini già esistenti. Spesso i miei lavori sono un'azione, quasi il documento di quell'azione. L'azione è minima, mai eclatante. Quasi sempre le mie fotografie parlano di fotografia. Quasi sempre le mie immagini non parlano di fotografia».
CHRISTIAN FOGAROLLI (n. 1983)
Il percorso di Christian Fogarolli si caratterizza da un
marcato interesse verso la natura dell’identità, analizzata da
diverse prospettive tra cui la ricerca d’archivio. I lavori si
situano in un contesto di analisi relativa alle dinamiche della
percezione dell’immagine in rapporto alla soggettività,
sondano i legami con l’anormalità e la devianza, ponendo
interrogativi sul patrimonio di immagini di cui disponiamo e
sull’uso a cui lo destiniamo.
PIETRO MANZO (n. 1981)
L'opera di Pietro Manzo si concentra sul rapporto tra un
luogo e l'occasione dell'artista di rimodellare un percorso
attraverso le tracce di eventi passati, lo sviluppo di un
equilibrio tra percezione oggettiva e le idee che possiamo
dedurre da un dato spazio. Il suo processo creativo si
sviluppa, in primo luogo, attraverso l'accumulo di
informazioni raccolte durante dei sopralluoghi, dopo che le
memorie residue di un luogo diventano il materiale in cui si
può intervenire. Generando una ripetizione mentale degli
eventi, Manzo stabilisce un movimento psichico tra dentro e
fuori, dove la pittura e il disegno sono usati come una forma
di scrittura, per ricordare e rimodellare un'esperienza. Il
risultato è una sorta di archivio continuo, una somma di
suggerimenti, che sono echi di un'esperienza personale.
GIANNI MORETTI (n. 1978)
La ricerca artistica di Gianni Moretti indaga organismi al limite del collasso, opera sull’ipotesi del fallimento inteso come un insieme di prove e condizioni propositive, sulla reiterazione che implora un’uguaglianza che è solo simile, ma mai identica, sullo spazio d’esistenza che evidenzia continuamente un’imperfezione narratrice di verità o di verosimile. La sua forma artistica contiene la specificità di perseguire lo srotolarsi dell’errore e l’inconscia volontà di lavorare sul falso identico ovvero sulla sedimentazione delle forme. Un falso identico che contempla lavori differenti, anche se solo linguisticamente, un’ipotesi di arte relazionale che si moltiplica tra analisi più intimiste o maggiormente rivolte al sociale. Una ricerca pronta a denunciare, ma in stato di apparente silenzio, che si svela attraverso la lateralità di frammento, carta, indugio, ossessione, mutazione.
VITTORIO MORTAROTTI (n. 1982)
Autore di una fotografia a tratti essenziale, i progetti di Vittorio Mortarotti nascono sempre da situazioni reali, vissute cioè con consapevole presenza. Il suo, infatti, non è un approccio da fotoreporter, obiettivo e distante, ma quello di un artista che con il mezzo fotografico documenta e al tempo stesso narra quella partecipazione tipica “dell’esserci stato”. Le serie di immagini nascono dunque da numerosi viaggi in differenti paesi, attraversamenti che, nel tempo, vedono la somma di frequenti andate e ritorni. Un continuo avanti e indietro(…)Nei ritratti, negli ambienti ma anche nelle “nature morte”, vale a dire negli scatti di vasi di fiori, specchi o letti vuoti, l’attenzione dello spettatore non cade sulla ricerca formale dell’artista, ma è attirata dai sottili lampi di colore. Si tratta di piccoli fasci che, immersi nella rarefazione dello sfondo, attraggono l’attenzione e innestano una sorta di meraviglia sui fenomeni invisibili della quotidianità.
SERGIO PADOVANI (n. 1972)
Sergio Padovani,vive e lavora a Modena. Musicista fino al 2006, poi il suono si trasforma in immagine. La ricerca pone i suoi fondamenti sulla narrazione dell’inesplicabile, sulla corporeità, delle sue miserie e della sua bellezza, sempre e comunque. La rivendicazione dell’imperfezione e della sua autocompiaciuta purezza, l’inizio di una strana, inadeguata, innaturale eterna felicità.
MARCO PEZZOTTA (n. 1985)
La ricerca di Marco Pezzotta esamina sistemi e gruppi, e l'identità di unità relative ai loro sistemi di appartenenza che contribuiscono a plasmare. Considendo il tutto come più grande della somma delle sue parti è un punto di partenza, Pezzotta mette in atto una strategia produttiva che è quella di forzare insieme le cose e di guardarle riorganizzarsi nel loro nuovo contesto. Usa di oggetti come strumenti di un processo narrativo e come leganti per la creazione di un nuovo ambiente. «Io sicuramente cerco di impostare le condizioni, piuttosto che portare qualcuno a un'esperienza. Mi interessa l'unione di un soggetto con le circostanze che ho preparato: in questo modo la maggior influenza sul sistema e ne otterrà sempre una propria versione. Introduco alcuni elementi, abbastanza per ottenere una struttura leggera, ma, naturalemente, le cose sono sempre carenti di alcuni dettagli e hanno bisogno di essere riempite di senso. Questo è quello che cerco di ottenere: qualcosa dal nulla».
LUIGI PRESICCE (n. 1976)
Con una intenzione quasi liturgica, Luigi Presicce basa il suo lacoro sulla realizzazione di performance che uniscono teatralità e ritualità in un costante riferimento alla cultura e all'iconografia popolare. La sua pratica artistica ricerca una dimensione metafisica e irreale con performance dotate di una forte valenza visiva che mirano ad andare oltre a una dimensione teatrale. I suoi tableau vivant, fatti di pitture o sculture letteralmente "viventi", vivono di immaginari resi manifesti in dialogo e connessione con simbologie più oscure e legate all'esoterismo e alla massoneria.
Allegoria astratta dell’atelier del pittore all’inferno tra le punte gemelle, 2014.
Performance per un solo spettatore alla volta accompagnato. Stampa fotografica su di-bond cm 150×200.
L’invenzione del Busto, 2013
Performance per un solo spettatore alla volta, accompagnato, Galleria Bianconi, Milano.
Le tre cupole e la torre delle lingue, 2013
Performance per un solo spettatore alla volta, accompagnato, Palazzo Daniele, Gagliano del Capo (LE).
ALESSANDRO PROCACCIOLI (n. 1978)
Il lavoro di Alessandro Procaccioli si sviluppa intorno al
concetto del gioco, offrendone angolazioni e punti di vista
diversi, abbracciando i concetti di brio e noia che spesso si
legano ad esso, le varie angolazioni di osservazione proposte
allo spettatore richiamano gli aspetti sociologici, psicologici
e filosofici del gioco stesso. Per Huizinga e per la psicanalisi il
gioco è il fondamento di ogni cultura, di tutte le forme di
organizzazione sociale e della personalità dell’individuo. Non
esiste homo sapiens senza homo ludens, come non esiste
l’adulto senza il bambino che lo precede, e che per questo
Ferenczi definiva «il padre dell’adulto»”. Nell'arte di
Alessandro Procaccioli il gioco ha anche una funzione
liberatoria. I lavori di Procaccioli sono realizzati con i media
più vari, vanno dall'installazione alla tempera su intonaco,
dalle carte ai timbri murali.
Eravamo ricordo e nessuno sapeva, 2010
Patina, bitume, ruggine e polimero su carta, cm 155 x 115 - Stampa a getto di inchiostro e timbro su carta, cm 44,5 x 36
FABIO ROTA (n. 1976)
Inizia dalla pittura per poi approdare alla pittura "contaminata" dalla fotografia. La ricerca artistica di Fabio Rota è incentrata sul cercare di far coesistere due linguaggi differenti sullo stesso piano. Di enfatizzare l'aspetto oggettivo (fotografia) allo stesso modo di quello soggettivo (pittura). I primi soggetti di questa ricerca sono quelli di paesaggio. Sopratutto luoghi e momenti in cui la presenza umana è nulla, ma è testimoniata dalle caratteristiche dei luoghi, dalla presenza di elementi che ricordano una presenza umana passata. Affiora la memoria della presenza dell'uomo, che ha modificato o alterato il paesaggio rendendolo custode di elementi o presenze che raccontano e testimoniano storie e situazioni vissute. Nel suo lavoro utilizza materiali che appartengono al territorio (tele di lino usate nei caseifici, ad esempio) e materiali di scarto legati al tema dell'ecologia e della salvaguardia dell'ambiente (carta riciclata e stracci e stoffe di scarto). Tutto ciò per caratterizzare ancora di più l'appartenenza alla terra e a Madre Natura. Unica direzione, questa, dove crede che l'umanità possa andare in futuro per raggiungere una salvezza.
CRISTIANO TASSINARI (n. 1980)
Cristiano Tassinari tesse un rapporto organico tra la sua visione politica , le esperienze di vita e il concetto di teoria artistica. Muovendosi attraverso la scultura , la video arte e l'installazione , Tassinari si unisce alla pittura "tradizionale" con una produzione dal segno anonimo e generico: conduce un processo di decostruzione e di riduzione della creazione artistica , giocando con le convenzioni e gli errori . "Fin dall'inizio del mio lavoro , sono passato attraverso tali sistemi, spinto dall'obiettivo di negoziare le relazioni reciproche. Passando da foto- dipinti ad alcuni pezzi più concettuali , scritti semplici o ready-made monocromatici , provo a chiamare in causa la prassi della creazione artistica." Il suo lavoro rivela le relazioni ambigue e le risposte, mostra la documentazione della sua auto-generazione, porta all'attenzione semplici merci quotidiane, come una superficie riflettente , una luce al neon o delle sculture . (Apparentemente) percorsi diversi portano allo stesso fine: l'intenzione di trasferire emozioni private in un'area pubblica , di diffondere la consapevolezza del valore universale di alcuni argomenti, come la morte o la fragilità umana.
ENRICO VERSARI (n. 1975)
L'avanguardia di Enrico Versari è il ritorno al disegno, dopotutto - come dice lui stesso - «il segno è alla base della percezione ed è un ottimo strumento di indagine filosofica su ciò che appare. Eliminando il “velo di Maya” che ottenebra la vista il disegno potrebbe svelare la cosa in sé e per sé!» I suoi lavori si contrappongono al frastuono virtuale e veloce della contemporaneità; attraverso loro torna ad un fare pratico, empirico, espresso attraverso un mezzo semplice; sottovoce. Rappresenta al tempo delle clessidre, parla dell’atteggiamento contemplativo, quieto e assorto, che scorre nella meditazione. Versari racconta il tempo attraverso il segno che, come un filo, nel suo dipanarsi si accumula, che scompare lasciando una traccia. Quello che rimane è il segno dell’azione, residuo finale visibile e atto ultimo del processo creativo che, lasciandosi guardare in un istante, racconta la sua storia nell’immediatezza del presente. Gli oggetti rappresentati «sono semplici pretesti per rappresentare, stanno a “cavallo” tra oriente e occidente, assorti e silenziosi stabiliscono una relazione col soggetto: “ … gli occhi si aprirono: dagli occhi sorse uno sguardo; da quello sguardo nacque il sole”».
Collezione da Tiffany - Collector’s Catalogue 2014
Finito di impaginare: dicembre 2014
© 2014 Collezione da Tiffany Via Atto Vannucci, 14
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