ANNO XXIII - N. 24
economia.corriere.it
17.06.2019
del
LUNEDÌRisparmio,Mercato, Imprese
Il Paese non pensagiovane e gioca una
partita di pseudo riformeche pesano sul deficitLe imprese invece...
di Ferruccio de Bortoli, Dario Di Vico, FabioPammolli, Nicola Rossi e Ernesto Maria Ruffini
2-10
FAMIGLIE E IMPRESEL’IMPERO VERONESI
SUPERA I 2,3 MILIARDIE A DIVERSIFICARE
ORA CI PENSA IL FIGLIOdi Luciano Ferraro 29
SPREAD&RISPARMIOBTP, BUND O BONOS?LA SICUREZZA COSTAMA IL RISCHIO RENDE
di Angelo Drusiani 42
Federico Veronesi
Il figlio di Sandro guida
la diversificazione nel vino
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BIG IN ITALIAVARNEY, IL REDEI PARCHI A TEMA:SU GARDALANDRADDOPPIAMOdi Isidoro Trovato 33
IL PERSONAGGIOUNA GARANZIAPER I BENETTONCHI È GIANNI MION,IL TRAGHETTATOREdi Polizzi e Sacchi 12-13
ABBADESSA(HINES)«IL MATTONEDI MILANO?FA CONCORRENZAA BERLINO E LONDRA»di Alessandra Puato 11
Sandro Veronesi
Fondatore di Calzedonia, il
gruppo dei marchi dell’intimo
CAMBIA
RE CASA
di Gino Pagliu
ca
40QUANTO
COSTA
L’ITALIANONATTRAEPIÙ TALENTI
(E I CONTIIN DISORDINELI PAGHIAMO
NOI)
4CORRIERE DELLA SERALUNEDÌ 17.06.2019
posizionato proprio all’intersezione tra passato, pre-sente e futuro.InunPaese chehaduepensionati ogni treoccupati, lenuove generazioni che si affacciano sulmercato del la-voro sono schiacciate dal peso del finanziamento a ri-partizione al primo pilastro pensionistico e al welfareanziano. Questo peso è destinato a crescere, meccani-camente e inesorabilmente, per la demografia, e si ag-graverà se persisterà la stagnazione della produttivitàdel lavoro e dei salari reali.
Zavorre in busta paga
Giàoggidemografia, tassidioccupazioneebassapro-duttività concorrono a far sì che in Italia ciascun occu-pato contribuisca al finanziamento per il welfare an-ziano di pensioni, sanità e assistenza di lungo periodoconunammontareequivalente a circa il 64%delPil procapite. Il valore corrispondente per un occupato tede-
scoèpiùbassodiquasi 25punti percentuali. Il fardellocontributivo rappresenta oltre il 70% del cuneo fiscaleedilata ladifferenza tra il costodel lavoroper l’impresae la retribuzionenetta per il lavoratore. Il peso dei con-tributi pensionistici al pilastro pubblico a ripartizionegenera un circolo vizioso, in cui il ricorso esclusivo alfinanziamento a ripartizione grava sulle imprese e sullavoro, deprimendo l’occupazione e la produzione.Questa spirale vadisinnescata, perché essa cozza con-tro qualunque dichiarazione d’intenti circa la volontàdi attrarre nuovi posti di lavoro nei settori a più altovalore aggiunto e a più forte vocazione internazionale.Attualmente, l’aliquota contributiva è al 33%, con 9punti a carico del lavoratore e 24 a carico dell’impresa.Per essere efficace, la riduzionedel cuneocontributivonon dovrebbe essere inferiore ai 10 punti percentuali,ripartiti in parti uguali tra lavoratore edatore di lavoro.L’allineamento verso il bassodelle aliquote contributi-ve dovrebbe riguardare tutte le forme contrattuali, concondizioni di deducibilità per l’accesso ai fondi pen-sione complementari. La strada delle riduzioni tem-poranee per il lavoro dipendente non poteva rappre-sentare una soluzione per i problemi che abbiamo de-scritto. Certo, oggi, lo spazio fiscale è ancorpiù esiguo.Serve concentrare lo sforzo, e la soluzionenonpuòcheessere una discriminazione positiva in favore dei gio-vani: una soglia anagrafica per l’accesso al nuovo siste-ma sufficientemente bassa (30 anni) da non determi-nare effetti repentini sulle finanze pubbliche (6-8 mi-liardi) ma, allo stesso tempo, capace di lanciare un se-gnale forte sulla volontà del Paese di riappropriarsi diun’agenda per i giovani e per la crescita.
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F ervono le discussioni sulla trattativa con la Com-missione europea e sui punti decimali che, sispera,potranno fare ladifferenza. Intanto, il Pae-
se fatica a ringiovanire e a rinnovare il proprio capitaleumano e il proprio tessuto imprenditoriale. Le con-nessioni chiave le ha fissate Ferruccio de Bortoli com-mentando la relazione del governatore della Bancad’Italia («I giovani, migranti invisibili e cittadini di se-conda classe», sul «Corriere»del primogiugno). L’Ita-lia è vecchia ed èprigioniera di una trappola demogra-fica. Entro 25 anni, un terzo della popolazione avrà piùdi 65 anni, mentre ci saranno sei milioni di attivi inmeno. Sul bilancio demografico pesano la diminuzio-ne dei tassi di fertilità e l’aumento dell’aspettativa divita, non compensati dai flussi migratori in entrata.Di per sé, questa riduzione degli attivi sul totale dellapopolazione frena la crescita. I dati, però, ci diconoqualcosa di più e, se possibile, di peggio. Il Paese nonsolo è vecchio,ma scaccia anche i propri giovani e non
si attrezza per attrarne di bravi dall’estero. Nella fasciadi età tra i 25e i 34anni, il tassodidisoccupazioneèdel16%, contro il 4% tedesco e il 10% francese. Il tasso dioccupazione è al 62%, venti punti percentuali sotto laGermania. Nel frattempo, nell’ultimo anno, 120 milagiovani se ne sono andati, mentre siamo in fondo allaclassifica Ocse che misura l’attrattività dei Paesi per ilavoratori qualificati e per gli imprenditori esteri.La classifica dell’Ocse offre spunti di rilievo, perchéconsidera una molteplicità di fattori che influenzanola mobilità di studenti, lavoratori qualificati, tecnici,imprenditori, professionisti nei settori creativi. Pesa-no la dimensione e la specializzazione settoriale delleimprese, l’aperturadel sistemauniversitario, la qualitàdella vita, le infrastrutture di trasporto e urbane, lapresenza di scuole internazionali e di condizioni favo-revoli per l’inserimento dei nuclei familiari, oltre aquelle di contesto sociale e di apertura, a partire dalleprocedure per i permessi di soggiorno. Accanto a que-sti fattori, a incidere sono le percezioni sul futuro, leaspettative sul potenziale di crescita e sulla stabilitàistituzionale, il funzionamentodelmercato del lavoro,i redditi attesi, il peso della tassazione.
L’agenda è vuota
Di fronte a questa lista, non si può non osservare chequegli stessi elementi che rendono l’Italia poco attrat-tiva per i giovani stranieri sono anche quelli che piùincidono sulla decisione, di troppi, di andarsene.Nel quadro demografico e di specializzazione setto-riale attuali, intervenire su questi fattori rappresental’unica scelta credibile, se si vuol dare al Paeseunapro-spettiva di crescita dell’occupazione, della produttivi-tà, dei salari reali. Anziché progettare improbabili ri-cette autarchiche, è prioritario tradurre gli indicatoridell’Ocse in un insieme coerente di obiettivi concreti,programmando le azioni necessarie per raggiungerli emisurandone l’attuazione.Disegnare l’agenda politica dando priorità alle condi-zioni di attrattività per i giovani qualificati e per le im-prese che possono assumerli rappresenterebbe unavera e propria rivoluzione copernicana in un Paesetroppo rivolto al proprio interno, assuefattosi a unoStato che si erge a paladino contro la povertà e le disu-guaglianze ma è capace solo di trasferimenti e inter-venti redistributivi di corto respiro.Tra gli altri, un nodo da sciogliere prioritariamente è
Economia & PoliticaLA TRAPPOLA DEMOGRAFICA
L’ITALIA PIACE POCONONPENSAGIOVANE
La capacità di attrarre talenti o di trattenere quelli che ci sono è in caduta libera, spiega l’OcseIl Paese è sempre più vecchio e la politica non riesce a scegliere un’agenda dedicata alle nuove generazioni
È tempo di reagire, partendo da un taglio selettivo e permanente del cuneo contributivo
di Fabio Pammolli
In un Paese che ha duepensionati ogni treoccupati, i ragazzi sonoschiacciati dal pesodella spesaprevidenziale
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Senza appeal Indice Ocse di attrattività: lavoratori con master o dottorato
Fonte: Tabella 5.2 in Tuccio M., 2019, Measuring and assessing talent attractiveness in OECD Countries. OECD Social,Employment and Migration Working Papers, n. 229 S.
A.