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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA
SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE GIURIDICHE
Curriculum in DIRITTO PRIVATO E STORIA DELLA SCIENZA
GIURIDICA CIVILISTICA
SURROGAZIONE E REGRESSO TRA DIRITTO
GENERALE DELLE OBBLIGAZIONI E
SOLIDARIETA’ FIDEIUSSORIA
Aurora Torelli
Matricola: 716474
XXIII Ciclo – a.a. 2010/2011
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INDICE
CAPITOLO I
LE RADICI STORICHE DEL DIRITTO DI REGRESSO E DELLA
SURROGAZIONE PER PAGAMENTO
PARTE I
LA SURROGAZIONE PER PAGAMENTO NELLA TEORIA GENERALE DELLE
OBBLIGAZIONI
1. Premessa: il fondamento equitativo dell’istituto
2. Il diritto romano: le origini della surrogazione
2.1. L’affermazione del principio della cessione volontaria dei crediti: dal
meccanismo della novazione all’istituto della rappresentanza
processuale
2.2. La trasmissibilità dei crediti attraverso la concessione di un’actio
utilis
3. Il beneficium cedendarum actionum e l’actio utilis concessa al condebitore
4. La successio in locum creditorum
5. Compenetrazione e sviluppo degli elementi romani nel diritto intermedio e
nel diritto comune
6. La dottrina dell’antico diritto francese
6.1. La teoria di Dumoulin
6.2. La teoria di Renusson
6.3. La teoria di Merlin
6.4. La teoria di Pothier
7. La formulazione nel codice francese
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8. La situazione della surroga nel codice civile italiano del 1865. La teoria
della surrogazione per previsione di legge
PARTE II
IL DIRITTO DI REGRESSO NELLA TEORIA GENERALE DELLE OBBLIGAZIONI
1. Premessa
2. Il diritto di regresso nel sistema del diritto romano: l’eccezionalità della
correalità rispetto al principio generale della divisibilità delle obbligazioni
2.1. L’Actio pro socio, l’actio mandati contraria e l’actio negotiorum
gestorum
3. La rinascita del diritto romano ad opera dei glossatori e il diritto comune
4. Il diritto di regresso nelle codificazioni moderne e le reazioni della dottrina
civilistica
CAPITOLO II
IL MODELLO ASTRATTO DELLA SOLIDARIETÀ DEBITORIA E LA
REGOLAMENTAZIONE DEI RAPPORTI INTERNI TRA COOBBLIGATI
SOLIDALI NEL CODICE VIGENTE
1. Necessità di indagini separate per il regresso e la surrogazione del
coobbligato solidale e per gli stessi rimedi spettanti al fideiussore solidale
2. Le obbligazioni soggettivamente complesse. La solidarietà passiva e la
funzione di rafforzamento del credito
3. Profili sistematici dei rapporti interni tra condebitori solidali
4. Nozione e fondamento del diritto di regresso
5. Presupposti dell’azione di regresso
6. Misura ed oggetto del diritto di regresso
7. La disciplina delle eccezioni e della prescrizione
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8. La surroga del condebitore adempiente. Un’ipotesi di surrogazione legale
ex art. 1203, n. 3, c.c.?
9. La natura del pagamento surrogatorio
10. Profili generali della surrogazione legale e tratti tipici dell’ipotesi
normativa contemplata al n. 3, dell’art. 1203 c.c.
11. La disciplina positiva della surrogazione per pagamento: gli effetti e le
eccezioni opponibili
CAPITOLO III
LA SOLIDARIETÀ FIDEIUSSORIA: PROFILI SISTEMATICI DEI RAPPORTI
INTERNI TRA GARANTE E DEBITORE PRINCIPALE
1. Premessa: la solidarietà ad interesse comune e ad interesse unisoggettivo
2. La solidarietà fideiussoria e il principio del favor fideiussoris
3. I Riflessi della natura solidale dell’obbligazione fideiussoria. L’origine del
rapporto
4. Il regresso del fideiussoree contro il debitore garantito: generalità
5. La disciplina positiva del regresso fideiussorio: i presupposti, l’estensione,
gli oneri di avviso e di denuncia
6. La surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore. Inquadramento
sistematico e fondamento giuridico
7. La disciplina positiva dell’istituto
CAPITOLO IV
I RAPPORTI TRA LA SURROGAZIONE ED IL REGRESSO
1. Impostazione del problema. La surrogazione e il regresso tra contrapposti
indirizzi dottrinali
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2. La teoria della duplicità apparente e il principio dell’assorbimento del
regresso nella surrogazione
2.1. Gli sviluppi della ricostruzione teorica nella solidarietà debitoria
2.2. I riflessi della teoria nella solidarietà fideiussoria
2.3. Critiche alla teoria dell duplicità apparente: “un’inutile superfetazione
dogmatica”
3. La complementarietà delle azioni: un’anomalia del sistema?
3.1. Il coordinamento delle discipline tra concorso alternativo e
cumulativo
3.1. La duplicità di azioni nella cornice sistematica della solidarietà
fideiussoria
4. La surrogazione per pagamento come fattispecie estranea all’ambito delle
obbligazioni solidali ad interesse comune
4.1. L’estensione della teoria alle obbligazioni solidali ad interesse
unisoggettivo
4.2. Critica alla teoria che nega la surrogazione in favore del condebitore
solidale
Capitolo V
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
1. Premessa
2. I limiti delle ricostruzioni teoriche minoritarie
3. Adesione all’orientamento maggioritario e suoi limiti
4. Concorso alternativo o cumulativo?
5. Il ruolo delle garanzie personali nei meccanismi di ricorso al credito. Il
favor fideiussoris come principio espressivo della peculiare funzione della
garanzia fideiussoria
BIBLIOGRAFIA
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Capitolo I
LE RADICI STORICHE DEL DIRITTO DI REGRESSO E DELLA
SURROGAZIONE PER PAGAMENTO
PARTE I
LA SURROGAZIONE PER PAGAMENTO NELLA TEORIA GENERALE DELLE
OBBLIGAZIONI SOMMARIO: 1. Premessa: il fondamento equitativo dell’istituto – 2. Il diritto romano:
le origini della surrogazione – 2.1. L’affermazione del principio della libera cessione
volontaria dei crediti: dal meccanismo della novazione all’istituto della rappresentanza
processuale – 2.2. La trasmissibilità dei crediti attraverso la concessione di un’actio utilis – 3.
Il beneficium cedendarum actionum e l’actio utilis concessa al condebitore – 4. La successio
in locum creditorum – 5. Compenetrazione e sviluppo degli elementi romani nel diritto
intermedio e nel diritto comune – 6. La dottrina dell’antico diritto francese – 6.1. La teoria di
Dumoulin – 6.2. La teoria di Renusson – 6.3. La teoria di Merlin – 6.4. La teoria di Pothier – 7. La formulazione nel codice francese – 8. La situazione della surroga nel codice civile
italiano del 1865. La teoria della surrogazione per previsione di legge.
1. Premessa: il fondamento equitativo dell’istituto
L’anomalia del fenomeno che caratterizza il meccanismo della
surrogazione per pagamento, vale a dire il mutamento di funzione del credito
originario soddisfatto in mezzo di garanzia e di realizzazione del diritto di
regresso del solvens, ha indotto gli studiosi del diritto di ogni tempo a
considerare la figura della surroga una delle più singolari e complesse della
teoria del diritto civile: un istituto “ribelle” che sfugge ad ogni definizione1.
1 Cfr. MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 5. La grande difficoltà di trattazione dell’istituto della surrogazione, definita da PERONACI, La surrogazione nel diritto civile italiano, Milano, 1910, 138 “una finzione di diritto, la quale fa
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Già in diritto romano le difficoltà ricostruttive derivavano
dall’impossibilità oggettiva di far rientrare il meccanismo surrogatorio negli
schemi tradizionali ma la situazione rimase invariata anche in epoca
successiva, fino a quando la dottrina non assunse il complesso compito di
elaborare una categoria giuridica propria in cui poter collocare l’istituto della
surrogazione per pagamento, attraverso una revisione della teoria del
pagamento e dell’accessorietà dei diritti di garanzia.
Nonostante le evidenti difficoltà, tuttavia, la funzione di garanzia e di
rafforzamento dell’autonoma azione di regresso, insita nella surrogazione per
pagamento, contriburono a determinarne il favorevole accoglimento ad opera
dei codificatori i quali, ravvisato il fondamento chiaramente equitativo
dell’istituto in esame, si preoccuparono di dettare una disciplina positiva della
surrogazione, finendo per tracciarne la definitiva fisionomia.
2. Il diritto romano: le origini della surrogazione
La ricostruzione delle origini storiche dell’istituto della surrogazione
per pagamento2, così come ricostruito e rielaborato ad opera del diritto
entrare una persona nel luogo di un creditore per esercitare i diritti di lui circa il credito che vanta”, trova conferma nelle espressioni variamente utilizzate dagli autori i quali, a seconda dei casi, già la dichiaravano “spinosa” (Renusson e Merlin) o “difficilis et intricata” (Chassannée in Comm. alle Consuetudini di Borgogna). 2 La parola surrogazione è ignota al diritto romano, dove sono in uso i termini successio, substitutio, in locum priorum creditorum succedere, cessio actionum, beneficium cedendarum actionum e simili, né si trova nel diritto comune, dove si parla di cessio legis, cessio necessaria, come pure nei sistemi germanici. Nel diritto francese antico, mentre i termini di successione e sostituzione si applicavano alle universalità di diritto, in materia di eredità e di fedecommessi, trattandosi di diritti singoli, si usò un termine proprio tecnico: subrogare (Già lo notava GOTOFREDO, alla L. 7 De privil. Fisci, «Galli vocant se faire subrogare»). La parola surrogazione è stata utilizzata nel diritto canonico, in materia beneficiaria, per indicare che una persona è succeduta nei diritti di un’altra subentrando al suo posto. L’utilizzazione di tale termine per indicare la possibilità in sede processuale di un soggetto di essere ammesso a surrogarsi nei diritti di uno dei contendenti defunto, ha fatto sì che si formasse un uso di Cancelleria sia a Roma che in Francia, per il quale coloro che volevano entrare nei diritti di un contendente, o rinunziante o morto, ottenevano delle lettere reali dalla Cancelleria del palazzo dette Lettres de subrogation. Il termine subrogation, così penetrato nel linguaggio giuridico e divenuto d’uso volgare, viene introdotto nel linguaggio legislativo per la prima volta con un’Ordinanza di Enrico IV del maggio del 1609, in cui si dice che coloro che danno in prestito del denaro per estinguere un
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moderno, deve necessariamente prendere le mosse dai complessi meccanismi
del diritto romano analizzando, in particolare, i tre singoli elementi dal cui
connubio e dalla cui trasformazione, per opinione comune, essa è sorta: il
beneficium cedendarum actionum, l’actio utilis e la successio in locum
creditorum.
Occorre sin d’ora precisare che, nonostante non fossero completamente
estanei al diritto romano, fin da tempo antichissimo, casi di trapasso ex lege di
diritti sotto forma di concessione di un’actio utilis3, lo stesso sistema – prima
ancora che la concessione di questo tipo di azioni venisse adoperata come
mezzo per rendere trasmissibili tutti i (singoli) rapporti obbligatori – ignorava
una cessione legale del credito con la funzione e per le ipotesi in cui oggi
ricorre la surrogazione per pagamento, limitandosi il diritto romano a
riconoscere solo delle pretese per costringere alla cessione (beneficium
cedendarum actionum ed exceptio doli)4. Nello stesso sistema, poi, il
debito «seront subrogés aux droit, hypothèques, noms, raison […]». La parola surrogazione diventa un termine tecnico per indicare la sostituzione di una persona ad un’altra, sia in un diritto, che in un procedimento. Dal diritto francese il termine surrogazione è stato accolto anche nei diritti che lo hanno imitato come appunto quello italiano, oltre che dalla dottrina straniera quale quella germanica ove ad esempio Crome ha raggruppato tutte le ipotesi di trasmissione ope legis sotto il titolo Subrogation. 3 Si trattava perlopiù di ipotesi in cui, nella forma di una successione universale tra vivi, tutto un patrimonio veniva attribuito in modo indipendente ad un altro soggetto. Il primo caso che ricorre storicamente si trova nella bonorum emptio, in cui l’aggiudicatario dei beni all’incanto, acquistava tutti i diritti corporali ed in corporali del decotto e poteva farli valere con azioni pretorie (formula Rutiliana e Serviana) (GAIO, IV, §35); più tardi il S.C.Trebelliano concesse al fedecommissario universale delle actiones utiles per far valere i diritti dell’eredità (GAIO, II, §252). Sotto Antonino Pio furono date pure azioni utili all’emptor hereditatis (16, pr. D. 2, 14). In tutti questi casi l’attore acqistava in virtù dell’azione utile un diritto proprio, non già, dunque, come procurator, bensì come titolare irrevocabile dei diritti acquistati. Il concetto che un’universalità di diritti e di obblighi potesse trasferirsi da un persona all’altra, apriva la strada ad ammettere che una stessa successione potesse aversi in singoli diritti, in presenza di una volontà di trasmettere o di restituire, manifestata in un negozio causale. 4 Il meccanismo originario per costringere alla cessione, cui si allude, è quello che nella forma della cessione necessaria fa leva sull’exceptio doli. Si tratta del mezzo giuridico generale attraverso il quale il convenuto poteva costringere l’attore a cedergli l’azione, quando avesse fondato motivo di pretenderla. Il funzionamento della cessio necessaria è abbastanza semplice: muovendo dal presupposto secondo cui il condebitore convenuto per il pagamento dal creditore è giusto (sebbene non fondato nel diritto) che pretenda dagli altri condebitori la restituzione di quanto prestato all’attore, può costringere lo stesso creditore ad operare la cessione delle azioni spettantigli nei confronti degli altri condebitori, facendo leva proprio sulla minaccia di opposizione di una
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meccanismo ipotecario romano ammetteva la possibilità che un creditore
subentrasse nella posizione e nel grado di un creditore precedente (successio in
locum creditorum), ma senza che ciò ne determinasse una successione nel
diritto.
Nel successivo sviluppo dell’elaborazione giuridica in materia si
assistette, invece, ad un mutamento radicale di impostazione in virtù del quale
la pretesa coattiva alla cessione (l’originario beneficium cedendarum
actionum) – si ripete, l’unica forma allora riconosciuta di cessione – si
trasformò in una vera e propria cessio legis e la successione nel grado
ipotecario, fino ad allora priva di efficacia “successoria”, si concepì come una
conseguenza del trapasso del credito divenendo – e perciò la successio in
locum fu riletta in questo senso – una successio in ius creditorum.
Dalla fusione di questi strumenti così diversi tra loro nacque la
moderna surrogazione, la quale, non senza difficoltà, venne ad affermarsi
come istituto che, se per un verso facilita l’estinzione delle obbligazioni e
semplifica le relazioni d’interesse fra le parti, per altro verso serve di presidio
validissimo ai creditori che pagano, per assicurare loro il rimborso delle
somme anticipate.
2.1. La graduale affermazione del principio della libera cessione
volontaria dei crediti: dal meccanismo della novazione all’istituto della
rappresentanza processuale
Nel diritto romano più antico, il sistema delle obbligazioni trovava il
proprio fondamento nel vincolo di soggezione personale nascente tra i due
soggetti parti del rapporto obbligatorio. Tale legame, precludendo al creditore
la possibilità di far sottentrare un terzo soggetto nella propria posizione
(mantenendone inalterato perciò il credito originario) lasciava aperta la sola
exceptio doli. Il creditore, infatti, nell’operare tale cessione non incorre in alcun pericolo di danno per cui non potrebbe rifiutarsi di farlo senza commettere un dolo rilevabile attraverso l’exceptio doli.
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strada dell’estinzione del vincolo con annessa creazione di un nuovo rapporto
mediante novazione5.
Prima che l’obbligazione venisse ad essere considerata uno specifico
dovere di condotta a contenuto patrimoniale, la concezione prevalente nel
sistema del diritto romano, ricostruiva l’obbligazione come una sorta di
condizione di asservimento del debitore al creditore6, la persona del debitore
veniva chiamata a rispondere dell’inadempimento e al creditore era consentito
avvalersi di qualsiasi mezzo per ottenere il soddisfacimento del credito con la
coercizione della volontà del debitore. In tale ottica si giustificava l’estrema
conseguenza data dalla possibilità di condurre il debitore inadempiente
prigioniero per manus iniectio sulla base di un giudicato o di un nexum. Si
comprende agevolmente che, essendo la vita del debitore ed il suo onore
direttamente impegnati nei confronti del creditore, per lo stesso debitore non
era indifferente la persona del creditore. Ciò determinava, ai nostri fini,
l’intrasferibilità del credito e l’estrema difficoltà nel consentire ad un terzo,
diverso dal debitore, di adempiere in luogo dell’obbligato principale.
Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni autori secondo cui
l’originaria intrasmissibilità dei diritti di obbligazione risiedeva nell’assenza di
una forma giuridica adatta al trapasso degli stessi7, l’opinione più accreditata
ravvisava la vera ragione proprio nell’efficacia dell’antica obbligazione sotto
forma di esecuzione personale, la quale, si ripete, determinava un interesse del
5 Sul punto si veda l’esaustiva ricostruzione storica proposta da MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923. Secondo l’autore la ragione dell’originaria intrasmissibilità del credito, lungi dal risiedere nella mancanza di idonee forme di trapasso, risiedeva nel fatto che nel diritto romano l’obbligazione, non sostanziandosi in una prestazione realizzabile solo sul patrimonio del debitore, investiva la persona stessa dell’obbligato, il quale, in caso di insolvenza, poteva, per ciò stesso, essere condotto prigioniero per manus iniectio sulla base di un giudicato o di un nexum. Si comprende bene come in una simile situazione, non fosse per il debitore indifferente la persona del creditore, posto che nell’assumere l’obbligazione il debitore finiva per impegnare direttamente la propria vita ed il proprio onore verso il creditore. 6 PEROZZI, Le obbligazioni romane, Bologna 1903; contra BONFANTE, Istituzioni di diritto romano, 4 ed. pag. 330 in nota 7 Cfr. MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 12, il quale rinvia a KARLOWA, Römische Rechtgeschichte, II, 809 e WINDSCHEID, Die Actio des rom. Civilrechts., 154
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debitore alla permanenza del vincolo, così come originariamente costituito, e
quindi alla insostituibilità della persona del creditore.
Il vincolo giuridico nascente dall’obbligazione poteva estinguersi per
crearsene uno nuovo con altri soggetti mediante l’istituto della novazione, ma
non era concepibile che il creditore facesse subentrare altri al suo posto, pur
restando il credito intatto.
Quando, però, con l’introduzione dell’esecuzione reale attraverso lo
strumento della missio in bona, venne ad indebolirsi l’elemento personale
dell’obligatio, per acquistare sempre più importanza e rilievo il suo contenuto
patrimoniale e l’obbligazione venne a considerarsi come un valore economico,
si avvertì l’esigenza di operarne la trasmissione al pari di ogni altra cosa
corporale. A tal proposito si percepì l’insufficienza e la ridotta praticità
dell’artificioso istituto della novazione, il quale, così come strutturato –
estinzione dell’antico rapporto e creazione di una nuova obbligazione –
imponeva la cooperazione del debitore ed, ancor di più, la perdita delle
garanzie dell’obbligazione novata.
Occorreva, dunque, reperire delle forme di cessione meglio rispondenti
all’esigenza di rendere i diritti di credito oggetto di commercio patrimoniale e
ciò lo si ottenne con l’introduzione del processo formulare, dal quale si mutuò
l’istituto della rappresentanza processuale per realizzare, sia pure in modo
imperfetto, forme di cessione che potessero costituire un compromesso
transitorio tra il vecchio diritto e le esigenze del nuovo.
Il meccanismo della cessione era il seguente: l’avente diritto, attraverso
un mandato scritto da prodursi dinanzi al magistrato, nominava colui al quale
intendeva trasmettere il credito, procuratore in giudizio (mandatum ad
agendum), concedendogli al tempo stesso di diventare dominus litis con la
facoltà di tenere per sé il riscosso come procurator in rem suam. Il terzo,
agendo in giudizio, riceveva la formula data ad ogni rappresentante
processuale – ove nell’intentio figurava il nome del cedente (quindi il
mandante come creditore), e nella condemnatio (che si riferisce al procuratore)
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il nome del cessionario8 – ma, affinché il mandatum ad agendum acquistasse
valore già prima del processo, di modo da consentire al debitore di pagare
direttamente al procurator e non all’originario creditore, si concedeva al
cessionario il diritto alla denutiatio al debitore, realizzata la quale, il debitore
non avrebbe più potuto adempiere in favore del creditore pena la mala fede e
l’impossibilità di liberazione.
Di fronte al convenuto il cessionario agiva dunque nomine alieno,
stante anche la regola di non rendere edotta la controparte della circostanza
della cessione, ma fra cedente e cessionario, la cessione risultava oggetto di
specifica pattuizione e il procurator, già nominato come tale in rem suam,
nell’originario mandatum, a differenza di un qualsiasi rappresentente, poteva
trattenere quanto ottenuto con l’azione senza essere tenuto a farne restituzione
al rappresentato.
Detto meccanismo, per quanto segnasse di fatto un deciso progresso
rispetto al sistema precedente, mantenendo inalterata l’obbligazione originaria
ed escludendo la necessità di cooperazione del debitore per la sua
trasmissione, restava pur sempre un meccanismo precario caratterizzato da una
pura legittimazione processuale. Ed infatti, consentendosi al terzo di agire, sia
pure per suo conto, ma in veste di mandatario, la sua posizione restava pur
sempre vincolata al rapporto di mandato, con l’ovvia conseguenza che non
solo la legitimatio ad processum rimaneva personale e non trasmissibile agli
eredi, ma si correva il rischio che la stessa venisse a cessare per tutte le cause
estintive del mandato quali, tra le altre, la morte del mandante ovvero la
manifestazione di una volontà di revoca da parte di quest’ultimo.
2.2. La trasmissibilità dei crediti attraverso la concessione di
un’actio utilis
8 «Si paret N. Negidium P. Mevio sestertium X mila dare Oportere Judex N. Negidium L. Titio sestertia X mila condemna» GAIO, lib. IV, § 86
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Una nuova fase nello sviluppo dei meccanismi idonei a realizzare la
trasmissibilità dei crediti si aprì con la concessione delle actiones utiles
madiante le quali, mutata la titolarità del diritto in capo al cessionario da mero
procurator a titolare irrevocabile, si pervenne, sia pure gradatamente,
all’affermazione del principio della libera cessione volontaria dei crediti.
Dapprima ammessa per le sole ipotesi di trasmissione di universalità di diritti e
di obblighi9, la volontà di trasmettere o di restituire, manifestata in un negozio
causale, si estese anche alle successioni nei singoli diritti.
Per quanto la sola volontà di trasmettere il credito bastasse a far
attribuire al cessionario un’actio utilis, cioè un diritto proprio, irrevocabile ed
autonomo, non poteva di certo dirsi definitivamete delineato il meccanismo
della cessione dei crediti come oggi inteso, posto che, separandosi il ius
dall’actio, in diritto romano la facoltà riconosciuta al cessionario (mediante la
concessione di un’actio utilis) restava pur sempre circoscritta entro i confini
della possibilità di far valere, suo nomine, un diritto altrui, nonostante la
completa disponibilità nell’esercizio dell’actio gli desse, di fatto, il pieno
godimento del credito, divenuto, così, nella nuova connotazione, un bene
patrimoniale oggetto di scambio.
Fu tuttavia sufficiente, come ha fatto poi il diritto comune, eliminare
l’antitesi tra ius ed actio per guadagnare il principio della successione a titolo
singolare nei crediti10.
9 «Il primo caso che ricorre storicamente si trova nella bonorum emptio, in cui l’aggiudicatario dei beni all’incanto acquistava tutti i diritti corporali ed incorporali del decotto e poteva farli valere con azioni pretorie (formula Rutiliana e Serviana), GIRARD, Manuel de droit romain, VII, Paris, 1929, 1048 e GAIUS, IV, § 35. Più tardi il S.C. Trebelliano concesse al fedecommissario universale actiones utiles per far valere i diritti dell’eredità (GAIO, II, § 252). Sotto Antonio Pio furono date pure azioni utili all’emptor hereditatis (16, pr. D. 2, 14) e, attraverso una serie di rescritti imperiali, si ammisero, via via, una serie di azioni utili nel caso di vendita di crediti, di costituzione in dote, di pegno, di datio in solutum e di donatio nominis con Giustiniano.». MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 15. 10 Oltre alle azioni utili del cessionario, ovverosia quelle di cui si è fin qui detto, in cui la fonte di passaggio del credito a titolo singolare si rinviene nella volontà del creditore, il diritto romano conosce anche altre azioni utili concesse propter aliquam utilitatem. In esse, indipendentemente da una volontà del titolare rivolta alla trasmissione di un credito, è la legge a far passare immediatamente il credito nel patrimonio di un altro soggetto (trapasso ope
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3. Il beneficium cedendarum actionum e l’actio utilis concessa al
condebitore
Ben può dirsi che il beneficium cedendarum actionum abbia costituito,
più degli altri, l’antenato dell’odierna surroga legale, ricorrendosi ad esso in
tutti quei casi nei quali, oggi, la stessa troverebbe e trova, ancora, concreta
applicazione, ciononostante le due figure presentano delle differenze strutturali
di non poco rilievo tra quali, prima fra tutte, l’ambito di operatività e cioè la
possibilità di far valere l’originario beneficium cedendarum actionum del
diritto romano ope judicis, il moderno istituto della surroga ope legis.
Se si volesse applicare all’odierno istituto della surrogazione per
pagamento, la terminologia romana, si potrebbe ben dire che colui che paga, e
che per effetto di ciò viene “surrogato” nei diritti del creditore soddisfatto, può
“intentare l’azione”11 che il creditore aveva contro il debitore originario.
Accanto ad alcune sparute ipotesi di trasmissibilità immediata di crediti
in forza di legge12, nella generalità dei casi, si riconosceva al soggetto di volta
in volta legittimato, soltanto il diritto di pretenderne la cessione, costringendo,
attraverso un particolare meccanismo, l’originario titolare al trasferimento del
legis), attraverso lo strumento tecnico dell’actio utilis. Tali ipotesi sono state raccolte dai moderni sotto la denominazione di cessio legis e, in particolare dal Muhlenbruch, sono state distinte in due tipologie di cessioni: quelle che si fondano su una coazione alla cessione (ovvero tutte quelle ipotesi in cui un soggetto ha diritto di pretendere da un altro la cessione di un credito e la legge considera la cessione senz’altro avvenuta) e quelle date per diverse ragioni di equità. Sebbene tale raggruppamento sia stato considerato vizioso poiché non tiene conto che della distinzione tra cessio legis e cessione necessaria, è possibile comunque affermare che il diritto romano conosceva casi di passaggio legale del credito in cui, indipendentemente dalla volontà del creditore, la concessione di un’actio utilis si riconnetteva, in sostanza, alla sussistenza di determinati presupposti. Infine il diritto romano conosce casi di attribuzione di crediti per sentenza così come nel giudizio di divisione dell’eredità ovvero nella procedura d’esecuzione. 11 Nel diritto vigente, non potendosi avere trapasso di azioni senza diritti, ciò che viene trasferito al solvens è direttamente il credito. 12 Si tratta di casi in cui la legge, indipendentemente da un volontà del titolare rivolta alla trasmissione di un credito ed al di fuori delle ipotesi di azioni utili spettanti al cessionario, consentiva che il credito passasse immediatamente nel patrimonio di un altro soggetto sotto forma di trapasso ope legis. Lo strumento tecnico adopperato era sempre quello della concessione di un actio ultilis, la quale veniva data per ragioni pratiche di svariata natura solo lontanamente riconducibili sotto l’unico fondamento dell’aequitas.
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credito nelle forme della cessio necessaria. In tali ipotesi, nonostante la
volontà del creditore al trapasso fosse di fatto coercibile, potendo il soggetto
interessato ricorrere a strumenti atti a rendere detto trapasso effettivamente
tale, il trasferimento del credito si realizzava pur sempre, come si vedrà, per un
atto di volontà dell’originario titolare.
Le ipotesi di cessio necessaria riconosciute dal diritto romano e poi
ricostruite sulla base delle fonti tramandate nel tempo, costituiscono, senza
dubbio, un insieme di casi piuttosto variegati e difficilmente riconducibili ad
unità ma, tra le diverse categorie variamente classificate dagli studiosi del
diritto, quella che, ai fini della nostra indagine, necessita di essere presa in
considerazione, rappresentando l’ipotesi tipica di avvio per lo sviluppo della
moderna teoria della surrogazione, è rappresentata dalla circostanza di “chi
dovendo pagare un debito non proprio o solo in parte proprio, poteva” già
allora “pretendere la cessione del credito contro il vero debitore o
condebitore”13.
Nell’ambito di tale catagoria, che oggi agevolmente ricondurremmo
nella portata applicativa dell’art. 1203 n. 3 c.c., il caso più interessante era
sicuramente quello del fideiussore che, escusso solidum debiti dal creditore per
il pagamento, oltre a poter chiedere a quest’ultimo il rimborso attraverso
l’actio mandati o l’actio negotiorum gestorum (la semplice azione di regresso,
su cui, infra, parte II), poteva altresì avvalersi della garanzia più energica 13 Sul punto cfr. MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 20 il quale riporta la classificazione delle ipotesi di cessio necessaria così come ricostruita da MÜHLENBRUCH, Lehre v. der Cession der Forderungsrechte, Greifswald, 1836, § 37, 402 ss., e riassunta in sei categorie: «1) Se un credito è nato per il tramite d’un’altra persona, il dominus negtii ha un diritto alla cessione tanto se il rappresentante ha agito come vero mandatario, quanto come semplice negotiorum gestor. 2) L’erede, per l’addizione della eredità, è obbligato a cedere al legatario i crediti a lui legati. 3) Chi è obbligato alla prestazione di una cosa, deve anche cedere i crediti relativi alla cosa stessa, anche dopo l’avvenuta consegna, se la causa di essi si era verificata in tempo anteriore. Così il venditore deve al compratore non solo l’azione per il ricupero della cosa, ma anche la conditio furtiva, l’azione possessoria, l’azione di danni, di evizione e simili. 4) Chi è obbligato al risarcimento dei danni per perimento o danneggiamento di cose, può esigere che a lui siano cedute le azioni relativamente a questa cose. 5) Chi è obbligato alla cessione d’una cosa principale deve cederne anche gli accessori. 6) Chi secondo il rigore del diritto deve pagare un debito che si può considerare o non affatto suo o solo in parte suo, può pretenedere la cessione del credito contro il vero debitore o condebitore».
16
rappresentata proprio dal beneficium cedendarum actionum14. Detto
meccanismo, consentendo al garante di agire contro il debitore principale non
già in nome proprio bensì con l’azione del creditore soddisfatto, attribuiva al
primo il vantaggio ulteriore di avvalersi, contro il debitore, delle garanzie
accessorie rispetto al credito originario15.
I giuristi di epoca imperiale, argomentando da un’asserita inutilità per
il creditore di continuare a mantenere l’azione originariamente spettante contro
il debitore principale, specie dopo il soddisfacimento dell’interesse creditorio
mediante il pagamento da parte del fideiussore, ritennero oltremodo opportuno
sul piano equitativo che questa azione venisse ceduta, con tutte le garanzie, dal
creditore soddisfatto al solvens, affinchè quest’ultimo ne potesse beneficiare
per esercitare il suo regresso nei confronti del debitore principale.
A rafforzare tale attribuzione, di per sé già “equitativamente
opportuna”, si aggiungeva il rimedio della exceptio doli che, nelle sue varie
applicazioni, operava anche per il caso in cui il creditore, dopo aver convenuto
il garante, si fosse poi rifiutato di realizzare la cessione a vantaggio del
solvens16. Detto rifiuto determinava, infatti, una responsabilità per dolo a
carico del creditore il quale, in forza dell’eccezione sollevata dal convenuto,
poteva veder respinta la propria pretesa e di conseguenza trovarsi costretto alla
cessione per evitare la perdita della lite per assoluzione del debitore.
14 Sebbene il caso del fideiussore sia il più interessante ai fini della nostra indagine, questo stesso beneficio competeva anche al condebitore solidale nella correalità passiva, il quale poteva chiedere la cessione delle azioni in modo da poter far valere il proprio diritto di regresso nei confronti degli altri correi debendi, nonché al terzo possessore di fondo ipotecato al quale, in particolare, spettava l’eccezione di dolo per rifiutare il pagamento, finché il creditore non gli avesse ceduto l’azione necessaria per l’esercizio del regresso. 15 Si vedano sul punto MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 1, il quale sottolinea l’evidente fondamento equitativo del rimedio dell’istituto e MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 21, che ne evidenzia lo sviluppo per via di consuetudine giudiziaria come risulta dal testo di Giuliano (lib. 89 Digesto) 17, D. 46, 1: «Fideiussoribis succurri solet, ut stipulator compellat ei, qui solidum solvere paratus est, vendere ceterorum nomina». 16 Cfr. COSTA, Exceptio doli, Bologna 1897, 156. La exceptio doli si inseriva nella formula, per il caso che l’attore rifiutasse di cedere le azioni e con essa si condizionava la condanna al caso che l’attore (creditore) non fosse in dolo nel chiedere.
17
Per quanto ben costruito il meccanismo della cessione delle azioni da
parte del creditore soddisfatto, non operava ipso iure, per cui nella pratica oltre
a rendersi necessaria un’espressa richiesta in tal senso da parte del fideiussore,
si imponeva la necessità che la cessione vera e propria o anche una mera
pattuizione in tal senso avvenisse già prima del pagamento dell’obbligazione.
Un eventuale pagamento, infatti, nel silenzio delle parti, avrebbe determinato
l’estinzione dell’obbligazione principale con tutte le azioni ad essa connesse e,
di conseguenza, l’impossibilità di una successiva cessione in favore del
solvens.
I giuristi romani, per ricostruire questo passaggio di azioni erano soliti
ricorrere al meccanismo della vendita del credito in virtù della quale intanto il
trapasso poteva trovar luogo in quanto non si fosse ancora realizzata
l’estinzione irremissibile del credito a seguito del pagamento17. Fulcro di tale
17 Nel fr. 76 D. 46, 3, Modestino afferma «Si post solutum, sine ullo pacto omne, quod ex causa tutelae debeatur, actiones post aliquod inttervallum cessae sint, nihil ea cessione actum, con nulla actio superfuerit: quod si ante solutionem hoc factum est vel, cum convenisset, ut mandarentur actiones, tunc solutio facta esset mandatum subsecutum est, salvas esse mandatas actiones, cum, novissimo quoque casu pretium magis mandatarum actionum solutum quam actio quae fuit perempta videatur». Se, senza alcun patto, si sia pagato tutto quanto dovuto in causa della tutela e, dopo un certo intervallo di tempo, si siano cedute le azioni, con una tale cessione non si è fatto nulla, poiché non sopravvive più alcuna azione; ma se la cessione si è fatta prima del pagamento, oppure si è solo convenuto che le azioni sarebbero state cedute, allora le azioni stesse saranno salve, poiché anche nell’ultimo caso, e cioè in quello che solo si fosse convenuto prima del pagamento, ancorché il mandato delle azioni sia poi stato fatto dopo, si ritiene che si sia piuttosto pagato il prezzo delle azioni cedute. Tale frammento, essenziale per comprendere quale fosse l’espediente utilizzato dai giureconsulti romani per giustificare il trapasso delle azioni al nuovo creditore, conferma altresì quanto già affermato da Paolo nel fr. 36 D. 46, 1 ove, benché non esplicitato, si dava per assunto che, affinché potesse avvenire la cessione delle azioni, la somma ricevuta dal creditore dovesse considerarsi, per patto precedente al versamento, non come pagamento ma come prezzo di vendita. In caso contrario, la somma ricevuta senza alcun patto sarebbe stata un pagamento ed avrebbe estinto l’obbligazione con tutte le azioni spettanti al creditore. Testualmente «Cum is qui et reum et fideiussores habens, ab uno ex fideiussoribus accepta pecunia praaestat actiones, poterit quidam dici nullas jam esse, cum suum perceperit et perceptione omnes liberati sunt ; sed non ita est : non enim in solutum accipit, sed quodammodo nomen debitoris vendidit, et ideo habet actiones, quia tenetur ad id ipsum, ut praestet actiones». Se colui che ha un debitore e dei fideiussori, ceda le azioni dopo di aver ricevuto la somma da uno dei fideiussori, si potrebbe dire che ormai le azioni non esistono più, perché avrebbe ricevuto il suo, cioè quanto dovuto, e da tale percezione sia il reo principale che il fideiussore sono liberati (il pagamento avrebbe estinto l’obbligazione con tutte le azioni); ma non è così, poiché il creditore non riceve il pagamento, ma, in un certo modo
18
meccanismo era la “finta” considerazione della percezione della somma
versata non come solutio e quindi pagamento, ma al contrario come prezzo
della vendita del credito al solvens18.
Appare chiaro, dunque, come in diritto romano il beneficium
cedendarum actionum venisse concepito come una difesa da parte del debitore
convenuto e quindi come una vera e propria exceptio non già diretta ad una
attribuire al debitore un mezzo per ottenere positivamente la cessione delle
azioni, ma esclusivamente finalizzata a far respingere la domanda del creditore
con conseguente assoluzione del debitore in caso di illegittimo rifiuto alla
cessione delle azioni.
Con riferimento al meccanismo di realizzazione della cessione si è
concordi nel ritenere che dovesse intervenire un atto del creditore rivolto alla
cessione. Ed infatti, nonostante la coazione a cedere costituisse un motivo
determinante per il trasferimento, la stessa non risultava in grado di per sé di
sostituirsi alla volontà di trasferimento espressa dal creditore: una cosa è avere
una pretesa personale per costringere alla cessione, altro è l’aver realizzato
l’acquisto del credito.
I richiamati limiti della cessione forzata del credito, contribuirono a
favorire, nel periodo successivo, il delinearsi di un nuovo meccanismo diretto
non già a sostituire il tradizionale beneficium cedendarum actionum ma,
lasciando alla parte la facoltà di scegliere l’azione da esperire, ad accrescere le
vendette il titolo del debitore e perciò ha le azioni, perché appunto è tenuto proprio a questo, che ceda le azioni. 18 In molti altri casi il diritto romano riteneva equo concedere il beneficium cedendarum actionum ma non in tutti ricorreva al meccanismo della finzione di vendita. Basti pensare al mandato di credito ove, al creditore non soddisfatto, si riconosceva la possibilità di agire contro il mandante, affinché lo tenesse indenne della somma sborsata in esecuzione del mandato, attraverso l’actio mandati contraria. In questo modo poteva farsi cedere le azioni del creditore verso il debitore ma non vi era bisogno di mantenerle artificiosamente in vita con l’espediente della finzione di vendita, poiché il risarcimento fatto dal garante al creditore, in base all’actio mandati contraria, non estingueva in alcun modo l’azione di quest’ultimo verso il debitore principale, trattandosi di rapporti diversi. Le due obbligazioni, infatti, quella tra debitore principale e creditore e l’altra tra mandante e mandatario, erano entrambe originarie ed indipendenti: il mandante paga quello che deve in conseguenza del mandato e non quanto il terzo ha da pagare ex mutuo.
19
possibilità di recupero di quanto pagato in favore del solvens intensificandone,
così, il grado di tutela19.
Ed invero, se nella generalità dei casi il principale rimedio esperibile
dal soggetto convenuto per il pagamento dell’intero, permaneva quello di farsi
cedere spontaneamente o coattivamente le azioni dal creditore, potendo in
questo modo avvalersi dei diritti di garanzia reali o personali accessori al
credito, mediante il nuovo meccanismo, si venne a riconoscere in favore dello
stesso convenuto, specie per il caso in cui non si fosse avvalso di tale diritto,
un ulteriore strumento per rivalersi contro il debitore principale rappresentato
dalla concessione di un’actio utilis a ciò preposta.
Si tratta, secondo l’opinione più accreditata20, di un’azione concessa
non in sostituzione della non avvenuta cessione – cioè un’azione concessa a
chi paga, affinchè se ne avvalga come si sarebbe avvalso dell’azione ceduta
con annesse garanzie se si fosse giovato del beneficium cedendarum actionum
– ma, più semplicemente, di un allargamento utiliter dell’actio negotiorum
gestorum o, eventualmente, di altre azioni, per fondare in chi paga un diritto di
regresso del quale potersi sempre valere in alternativa al beneficio della
cessione di azioni.
4. La successio in locum creditorum
Un ulteriore istituto parimenti fondamentale nello sviluppo posteriore
della teoria della surrogazione, è rappresentato dalla successio in locum
creditorum propria del sistema ipotecario romano. Quest’ultima, infatti, forse
per un mero fraintendimento dei testi, è stata falsamente interpretata ed il
diritto comune ne ha fatto una specie di cessione ex lege del credito con
l’accessorio dell’ipoteca, tale da penetrare nella moderna legislazione 19 L’esistenza di un’actio utilis accanto alla cessione è provata da una serie di passi nei quali al contutore che paga, spontaneamente o per condanna, una somma di denaro al pupillo, si riconosce, per recuperare quanto pagato in eccesso, la possibilità di agire contro gli altri coobbligati o facendosi cedere le azioni spettanti al pupillo contro i contutori ovvero, per il caso in cui avesse omesso tale cessione, avvalendosi di una specifica actio utilis. 20 Cfr. DE CRESCENZO-FERRINI, voce Obbligazione, in Enciclopedia Giuridica Italiana, XII, Milano, 1900, 518 ss.
20
influenzando la ricostruzione dogmatica dell’istituto della surrogazione per
pagamento.
In particolare per effetto dell’analogia e della comunanza di scopo che
esisteva tra il beneficium cedendarum actionum e l’ius offerendi et succedendi
annesso alla successio in locum creditorum – in quanto nell’uno il creditore
che pagava per altri o con altri aveva diritto di succedere nelle azioni del
creditore soddisfatto, comprese le garanzie ipotecarie, e nell’altro il creditore
posteriore rimetteva il creditore anteriore per prenderne il posto – si verificò
una sorta di attrazione di un istituto verso l’altro, nel senso che anche la
successio in locum creditorum venne considerata come un caso di cessio
necessaria, ed il subentrare nella posizione del creditore ipotecario soddisfatto
come una conseguenza del trasferimento del diritto.
In realtà, si è trattato, come già anticipato, di una interpretazione
distorta dell’istituto, una sorta di deformazione della successio in locum in una
impropria successio in ius creditorum per finta cessione. Il diritto romano,
stando all’opinione più accreditata tra gli studiosi, ammetteva la possibilità che
un creditore ipotecario sottentrasse nel posto di un altro il cui credito fosse
stato soddisfatto ma ciò non determinava in alcun modo una successione nel
diritto, bensì una mera successione nell’ipoteca o nel grado del creditore
dimissus21.
21 In merito alla qualificazione giuridica dell’istituto della successio in locum creditorum particolarmente vivaci furono le dispute tra i romanisti, nel diritto comune. Da un lato si ponevano coloro i quali continuavano ad intendere i casi di successione ipotecaria come una specie di successione nel credito per finta cessione; dall’altro, invece, chi riportava l’istituto della successio in locum creditorum entro i confini suoi propri e cioè quelli del mero subentro nel posto del creditore soddisfatto. Sul punto si veda la ricostruzione delle posizioni offerta da MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 27, il quale, con riguardo alla prima delle teorie riportate, richiama, tra gli altri, MÜHLENBRUCH, Lehre v. der Cession der Forderungsrechte, Greifswald, 1836, 482 e 584; PUCHTA, Pand., § 202, 3; GLÜCK, Pand., XIX, 353; ARNDTS, Pand., §374; a sostegno della seconda ricostruzione dottrinale, richiama, in particolare, le posizione espresse da WINDSCHEID, Pand., I, §233 e da DERNBURG, Pfandrecht, 421 ss. Il primo limitava la successio in locum creditorum ad un trapasso della sola ipoteca, distaccatasi, a tal fine, dal credito originario per annettersi a quello del terzo che pagava; il secondo, invece, la cui opinione, secondo l’A. risulta quella da preferire, riteneva che il succedere in locum creditoris fosse un’espressione figurata, la quale, lungi dall’accennare ad un trapasso, significava semplicemente il sottentrare di un altro nel
21
Tale spostamento di grado, nei diversi casi in cui avveniva – tutti
accomunati dal fatto che il titolare di un diritto reale posteriore, pagando il
creditore anteriore, veniva a sottentrare al suo posto – faceva sì che il
subentrante disponesse di un proprio diritto realmente garantito da far valere,
il quale, prendendo il posto lasciato dal diritto caduto, finiva per consolidarsi e
trovare maggiore tutela proprio nell’occupazione di detta posizione giuridica.
Ciò che risultava catteristico nella successione ipotecaria, e che al tempo
stesso si richiedeva come condizione essenziale perché la stessa potesse
operare, era la costituzione di una nuova ipoteca sulla cosa già gravata.
Appare chiaro, dunque, che se il presupposto era che il terzo
acquistasse per sé un nuovo diritto ipotecario, la successione non avrebbe
potuto avere altro significato che quello del risalire di tale diritto ipotecario al
grado dell’antico: un miglioramento del diritto ipotecario posteriore22.
Evidenti analogie con la successio in locum creditorum si rinvenivano
nell’istituto dell’ius offerendi il quale, operando nei rapporti tra creditori
ipotecari, detrminava anch’esso il subentro del creditore posteriore nel grado
ipotecario del creditore anteriore soddisfatto, con l’unica differenza, però, che
essendo l’offerente già munito di garanzia in quanto già creditore ipotecario,
non vi era bisogno di alcun accordo per costiture una nuova ipoteca. Il
creditore successivo, pagando il creditore anteriore, estingueva il credito di
quest’ultimo ed occupava il posto nell’ordine ipotecario rimasto vuoto.
Anche in questo caso, contrariamente all’opinione più accreditata,
alcuni ritenevano di potervi scorgere una vera e propria cessione del diritto
ipotecario, poiché si credeva erroneamente che il creditore ipotecario
precedente, soddisfatto dal susseguente, fosse obbligato alla cessione con la
conseguenza che in caso di disubbidienza il giudice potesse considerarla come
avvenuta.
posto lasciato vuoto dal predecessore: il risaire di un creditore ipotecario nel locus del creditore precedente soddisfatto. 22 Cfr. MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 28, secondo cui ciò troverebbe riscontro nelle fonti in cui si dice: «ius pignoris firmabitur».
22
Ora, indipendentemente dalla diverse ricostruzioni, il dato certo è che
l’elaborazione del diritto comune facendo della successione ipotecaria una
specie di cessione ex lege del credito con l’accessorio dell’ipoteca, ha
determinato la graduale scomparsa dei limiti e delle distinzioni tra gli istituti
della successio in locum creditorum (con annesso ius offerendi et succedendi)
e del beneficium cedendarum actionum, con l’inevitabile conseguenza
dell’allargamento del campo di applicazione della successione nei diritti del
creditore soddisfatto e soprattutto della contribuzione a delienare sullo sfondo,
con fisionomia e nome proprio, il nuovo istituto della surrogazione per
pagamento.
5. Sviluppo degli elementi romani in epoca successiva
Alla luce di quanto detto, risulta evidente lo sforzo compiuto dai
giuristi romani nell’escogitare artificiosi espedienti allo scopo pratico di
introdurre nella prassi, quello strumento giuiridico già avvertito come
necessario sotto il profilo equitativo.
Uno sforzo di pari intensità fu compiuto, però, anche dai giureconsulti
e dagli studiosi del diritto di epoca successiva i quali, specie a partire dal XVI
secolo in poi, in conseguenza della rinascita degli studi giuridici, escogitarono
espedienti altrettanto artificiosi per giustificare in campo teorico ciò che ormai
poteva considerarsi delineato in campo pratico.
Prima di giungere alla svolta iniziata gradualmente dal diritto comune
e proseguita in modo più evidente nelle codificazioni moderne, tuttavia, si è
assistito ad una fase di vera e propria stasi nello sviluppo del diritto,
coincidente grossomodo con il periodo del Medioevo, in ragione dell’assoluta
mancanza di influenza dei diritti barbarici in questo campo, e della Glossa,
prevalentemente intenta ad esporre il contenuto dei passi senza superarne il
significato letterale.
L’istituto della surrogazione per pagamento non trovava, infatti, una
disciplina specifica nelle leggi barbariche le quali, sebbene in alcuni casi
23
alludessero alla possibilità per il fideiussore di diventare creditore del
debitore23, come ad esempio nel caso in cui il debitore resosi colpevole per
aver sottratto i pegni al fideiussore, fosse tenuto a dovergli corrispondere il
doppio o il triplo, in realtà non facevano altro che sancire una sorta di diritto di
regresso in suo favore, senza che ciò determinasse il passaggio del credito dal
precedente titolare al solvens24.
Ed invero, il credito sorto in favore del fideiussore, lungi dal
rappresentare il diritto del creditore passato al garante per surrogazione,
costituiva un credito nuovo sorto dal fatto illecito del debitore (obbligazione ex
delicto) a vantaggio del quale non operavano in alcun modo le garanzie
accessorie al credito originario.
Non ci si deve affatto meravigliare che, nelle leggi barbariche,
mancassero allusioni all’istituto del trapasso delle azioni dal creditore
soddisfatto al solvens: un istituto giuridico adatto ad esprimere tale effetto,
esigeva una fase di sviluppo già avanzata del diritto e nello stesso diritto
romano, infatti, lo abbiamo visto sorgere in un’epoca relativamente tarda,
proprio in ragione del sottile artificio giuridico richiesto per poterlo escogitare
ed ammettere. Ora, tutto ciò non poteva certo accadere nella legislazione
barbarica, la quale, anche a prescindere da questo, si occupava quasi
esclusivamente di diritto penale, lasciando da parte il diritto privato, che
richiede costruzioni concettuali di fatto più sofisticate.
L’incapacità del diritto barbarico di disciplinare l’istituto del
beneficium cedendarum actionum, consentì al diritto romano, per i cinque
secoli che vanno dalla compilazione giustinianea alla rinascita del diritto
romano ad opera delle scuole, fino alla Glossa, di continuare a regolare
l’istituto, là dove rimasto in vigore, intendendolo come un trapasso di diritti 23 Sul punto si veda MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 22. 24 Cfr. SCHUPFER, Il diritto privato dei popoli germanici, con speciale riguardo all’Italia, Città di Castello, 1913, III, 270. In realtà, come da più parti evidenziato, si ritiene che in questo caso, così come in altri simili, non si tratti neppure di un vero e proprio diritto di regresso posto che, trattandosi di leggi penali dirette a colpire un atto illecito commesso dal debitore, le stesse non possano trovare applicazione nella più generale ipotesi in cui il debitore si sia reso semplicemente insolvente a danno del fideiussore.
24
ope judicis ovvero come una sorta di surrogazione giudiziale nella forma della
cessio necessaria.
Analogamente alla ricostruzione dell’istituto fornita dai giureconsulti
romani, anche nella Glossa, dunque, si continuò ad intendere l’istituto del
trapasso di azioni come una finzione di vendita, mentre per quanto concerne
l’actio utilis, che rappresenta il punto più importante per lo studio della
trasformazione della surrogazione da giudiziale in legale, pare che i Glossatori
non si siano posti il problema continuando a considerare l’azione utile come
un’estensione utiliter dell’actio negotiorum gestio.
È solo nel diritto comune che la ricostruzione fino ad allora dominante,
e cioè quella della sola surrogazione “giudiziale” (ope judicis), subisce una
graduale evoluzione fino a sfociare nel successivo riconoscimento della
surrogazione legale ad opera della dottrina francese. A partire da questo
momento, infatti, l’actio utilis non è più una semplice estensione dell’actio
negotiorum gestorum ma è un’azione concessa al solvens come se la cessione,
anche se non fatta espressamente, fosse avvenuta: in sostanza un’actio utilis
sine cessione25.
Ed invero, in conseguenza della rinascita degli studi giuridici si
cominciò ad avvertire l’inutilità di ricorrere al giudice per ottenere una
meccanica pronuncia di trapasso in presenza di determinati presupposti.
Questa azione infatti non richiedeva necessariamente la partecipazione del
giudice, poichè poteva essere egregiamente sostituita da una disposizione
legislativa, con il grande vantaggio della maggiore speditezza e della maggiore
sicurezza dei rapporti.
Come sempre si cercò nel diritto romano la norma che regolasse la
nuova esigenza e la si ritrovò nell’actio utilis. Sebbene il significato di questa 25 Si veda CUJACIO, Opera, Prati, 1837, IV, 603 e 1041, il quale, richiama spessissimo l’actio utilis facendone menzione anche commentando quei passi che non ne fanno espresso accenno. Gli scrittori di diritto comune non si discostarono da questa interpretazione. Secondo l’EINECCIO (1681-1741), Recitazioni di diritto civile, secondo l’ordine delle istituzioni di Giustiniano, Napoli, 1851, II, 163, l’obbligazione si estingue sempre per opera del pagamento, salvo che non sia intervenuta la cesisone, nel qual caso il terzo agisce quale procurator in rem suam.
25
actio fosse diverso, i giuristi lo adattarono ad esprimere quanto i nuovi tempi
esigevano, e così, ogniqualvolta ad un soggetto spettasse una pretesa coattiva
alla cessione da far valere in giudizio, si attribuiva allo stesso l’actio utilis del
creditore, come se la cessione si fosse realizzata26.
La trasformazione iniziata dai giuristi del diritto comune fu forse,
almeno in parte, inconsapevole. È probabile, infatti, che questi ultimi fossero
convinti che l’actio utilis avesse, anche in diritto romano classico e
giustinianeo, quel significato che essi le attribuivano. Ma, in realtà, si trattava
di una teoria completamente estranea alle fonti che rappresentava, con pochi
dubbi, l’eco di una trasformazione giuridica realizzatasi proprio nel periodo
del diritto intermedio. L’attribuzione della paternità della trasformazione ai
giuristi dell’epoca, tuttavia, non sempre valse a determinare la riuscita dei
numerosi tentativi di escogitare espedienti che potessero giustificare in campo
teorico quanto già affermatosi in campo pratico, complici antichi pregiudizi e
dogmi giuridici inviolabili.
6. La dottrina dell’antico diritto francese
Un impulso decisivo nella costruzione giuridica dell’istituto venne
dalla Francia ove l’antica giurisprudenza, accolti gli elementi romani della
successione dei crediti ed introdotti i dovuti temperamenti al rigore del diritto,
per ragioni di equità, contribuì a dare il nome proprio di subrogation
all’istituto, attingendolo dal diritto canonico.
Allo stesso modo la legislazione francese ribadì e disciplinò alcune
forme di subingresso attraverso l’Editto di Enrico IV avente ad oggetto la
surroga di chi fornisce denaro a mutuo per riscattare debiti di rendita e
l’Ordinanza del 1673 sul pagamento delle cambiali27.
26 È da ricordare come questa ricostruzione teorica che in sostanza non fa altro che parificare la volontà di cedere all’obbligazione a cedere, abbia dominato, quale eco della trasformazione giuridica realizzatasi proprio nel diritto intermedio, anche nei vecchi scrittori dell’epoca moderna. 27 L’editto di Enrico IV del 1609 esplicitamente autorizzava il debitore a concedere la surrogazione stabilendo che «quelli che somministrano i loro denari ai debitori di rendite
26
A completare l’opera contribuì, infine, la dottrina la quale, dal canto
suo, sottopose questo materiale ad un’attenta elaborazione teorica diretta a
plasmare la sostanza della nuova figura giuridica. Alcuni autori continuarono a
ricostruire la surroga ricorrendo all’espediente della finta cessione, altri,
invece, svincolandosi sia pure parzialmente dagli schemi precostituiti, si
orientarono gradualmente verso costruzioni giuridiche meglio aderenti al dato
normativo28. Per ognuno di essi, analogamente a quanto accaduto tra i
giureconsulti romani, il principale ostacolo da superare, restava, però, quello
della inconciliabilità tra il trapasso delle azioni e l’efficacia estintiva del
pagamento.
Principali fautori della dottrina della surrogazione furono Dumoulin,
Renusson, Merlin e Pothier. Al primo va riconosciuto il merito di aver fissato,
nella scienza giuridica, il principio della surrogazione legale come trapasso
ope legis dei diritti da un soggetto ad un altro; il secondo è colui il quale
consacra un’ampia monografia a questo istituto, scrivendo un Trattato sulla
surrogazione29; negli ultimi due, invece, la teoria della surrogazione riceve il
suo massimo sviluppo.
6.1. La teoria di Dumoulin
In una delle sue celebri lezioni Dolane, il Dumoulin, si distacca
dall’opinione comune dei suoi tempi e fa oggetto di acuta interpretazione
un’antica legge ove già si leggeva: «se, senza alcun patto, si sia pagato tutto
quanto dovuto in causa della tutela e, dopo un certo intervallo di tempo, si costituite alla ragione dell’otto ed un terzo, con patto espresso di dover succedere alle ipoteche dei creditori da pagarsi coi loro denari, siano e rimangano surrogati ipso iure nei diritti, nelle ipoteche, nei nomi, nelle ragioni ed azioni di detti antichi creditori, senza cessione e trasmissione da parte di costoro, purché i denari somministrati si trovino impiegati in soddisfazione di tali rendite e di altre somme, con dichiarazione fatta dai debitori all’epoca della soddisfazione e della ricompra». 28 Ci si riferisce in particolare, tra gli autori stranieri, a MOURLON, Repétitions écrite sur le Code Civil, Paris, 1884-85, II, 735; GAUTHIER, Subrogation de personnes, Paris, 1853, 5; DURANTON, Cours de droit francais suivant le Code Civil, Bruxelles, 1834-36, VII, 108 ss. e AUBRY e RAU, Cours de droit Civil, Paris, 1902, IV, 277; tra gli autori italiani, invece, si veda per tutti, RICCI, Corso teorico pratico di diritto civile, Torino, 1907, VI, 334 29 RENUSSON, Traitè de la subrogation, Oeuvres, Paris, 1760.
27
siano cedute le azioni, con una tale cessione non si è fatto nulla, poiché non
sopravvive più alcuna azione; ma se la cessione si è fatta prima del
pagamento, oppure si è solo convenuto che le azioni sarebbero state cedute,
allora le azioni stesse saranno salve, poiché anche nell’ultimo caso, e cioè in
quello che solo si fosse convenuto prima del pagamento, ancorché il mandato
delle azioni sia poi stato fatto dopo, si ritiene che si sia piuttosto pagato il
prezzo delle azioni cedute»30.
Alla parafrasi del testo, propria della dottrina più tradizionale –
secondo cui la cessione è valida solo se fatta prima del pagamento quando
nulla si è ancora estinto31 – il Dumoulin, rispose con un’interpretazione
assolutamente originale la quale, tacciando di iniquità la comune ricostruzione,
fissò nella scienza giuridica il “moderno” principio secondo cui chi è obbligato
con altri o per altri è, per patto tacito, surrogato ope legis nei diritti del
creditore, indipendentemente da un’espressa richiesta in suo favore delle
azioni.
30 Nel fr. 76 D. 46, 3, Modestino afferma «Si post solutum, sine ullo pacto omne, quod ex causa tutelae debeatur, actiones post aliquod inttervallum cessae sint, nihil ea cessione actum, con nulla actio superfuerit: quod si ante solutionem hoc factum est vel, cum convenisset, ut mandarentur actiones, tunc solutio facta esset mandatum subsecutum est, salvas esse mandatas actiones, cum, novissimo quoque casu pretium magis mandatarum actionum solutum quam actio quae fuit perempta videatur». Tale frammento, essenziale per comprendere quale fosse l’espediente utilizzato dai giureconsulti romani per giustificare il trapasso delle azioni al nuovo creditore, conferma altresì quanto già affermato da Paolo nel fr. 36 D. 46, 1 ove, benché non esplicitato, si dava per assunto che, affinché potesse avvenire la cessione delle azioni, la somma ricevuta dal creditore dovesse considerarsi, per patto precedente al versamento, non come pagamento ma come prezzo di vendita. In caso contrario, la somma ricevuta senza alcun patto sarebbe stata un pagamento ed avrebbe estinto l’obbligazione con tutte le azioni spettanti al creditore. Testualmente «Cum is qui et reum et fideiussores habens, ab uno ex fideiussoribus accepta pecunia praaestat actiones, poterit quidam dici nullas jam esse, cum suum perceperit et perceptione omnes liberati sunt ; sed non ita est : non enim in solutum accipit, sed quodammodo nomen debitoris vendidit, et ideo habet actiones, quia tenetur ad id ipsum, ut praestet actiones». Se colui che ha un debitore e dei fideiussori, ceda le azioni dopo di aver ricevuto la somma da uno dei fideiussori, si potrebbe dire che ormai le azioni non esistono più, perché avrebbe ricevuto il suo, cioè quanto dovuto, e da tale percezione sia il reo principale che il fideiussore sono liberati (il pagamento avrebbe estinto l’obbligazione con tutte le azioni); ma non è così, poiché il creditore non riceve il pagamento, ma, in un certo modo vendette il titolo del debitore e perciò ha le azioni, perché appunto è tenuto proprio a questo, che ceda le azioni. 31 Cfr., tra gli altri, Bartolo e Cuiacio.
28
L’iniquità dell’opinione più diffusa, secondo l’autore, dipendeva dalla
mancata distinzione tra le due diverse ipotesi dell’estraneo che paga
spontaneamente e di colui che vi è tenuto in via principale o accessoria
(personaliter sive realiter obligatus).
Ed invero, mentre nel primo caso la spontaneità del pagamento fa sì
che il solvens possa restar privo di tutela laddove non si sia procurato il
consenso anticipato alla cessione, attraverso un espresso patto in tal senso,
ovvero non vi abbia proceduto prima del pagamento (sibi imputet), nel
secondo caso, invece, sia che si tratti di condebitore solidale (tenuto in via
principale) sia che si tratti della diversa ipotesi di condebitore in garanzia
(tenutovi in via accessoria), il pagamento importerebbe sempre subingresso
nei diritti del creditore soddisfatto per patto tacito o, tuttalpiù, per il tramite di
una pronuncia del giudice pur sempre equiparata al fatto della parte.
Sotto il profilo degli effetti, poi, il debitore che paga succede nello
stesso diritto o, perlomeno, in un diritto simile e della stessa efficacia rispetto a
quello del creditore soddisfatto (ius simile et aeque potens)32, con preferenza
rispetto ai creditori posteriori ai quali, tuttavia, non si reca alcun pregiudizio
giuridico poiché la posizione originaria resta immutata e solo in luogo del
creditore dimesso sottentra il pagante.
6.2. La teoria di Renusson
Come anticipato, il Renusson fu il primo autore a dedicare un’ampia
monografia all’istituto della surroga elaborando un vero e proprio trattato sulla
surrogazione. In esso il trapasso dei diritti creditori da un soggetto all’altro,
inteso come surroga di pieno diritto, assumeva, sul piano funzionale, la portata
di una finzione ammessa dalla legge, per fornire una più energica forma di
garanzia al condebitore convenuto per il pagamento. Ciò indipendentemente
da una qualsiasi manifestazione di volontà del creditore, a tanto tenuto per
32 Si veda sul punto la ricostruzione compiuta da MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 27 ss.
29
effetto stesso dell’adempimento dell’obbligazione e del soddisfacimento delle
proprie ragioni. Uno strumento, dunque, quello della surroga,
indiscutibilmente diretto a facilitare il commercio, ma che, per le sue stesse
peculiarità, necessitava, secondo l’autore, di essere previsto dalla legge o,
tuttalpiù, pattuito in un’espressa convenzione tra le parti. Non provenendo,
poi, dal creditore, potendosene, come detto, realizzare gli effetti
indipendentemente o anche contro la sua volontà, la surroga andava
necessariamente tenuta distinta dalla pura cessione volontaria del credito, la
sola, ammissibile, in tutti i casi di adempimento spontaneo da parte di un terzo
estraneo al rapporto.
Muovendo dal presupposto dell’efficacia non necessariamente estintiva
del pagamento e soprattutto, a differenza del suo predecessore, dal
presupposto di una possibilità di subentro per surrogazione circoscritta ai soli
diritti del creditore verso il debitore senza estensione ai garanti, il Renusson
distinse due casi di surrogazione: quella prevista solo per legge, senza
necessità di pattuizioni tra le parti, e quella per legge e stipulazione in cui alla
voluntas legis – attuabile anche mediante ordine dell’autorità giudiziaria – si
aggiungeva la necessità, all’atto del pagamento, di una espressa stipulazione in
tal senso tra le parti. La prima operava in tutti i casi di ius offerendi, in favore
del creditore di grado posteriore; la seconda, invece, in tutte le ipotesi di
pagamento eseguito da un condebitore, sia esso fideiussore tenuto in via
accessoria o condebitore solidale, munito di ragioni di regresso contro il
debitore principale.
6.3. La teoria di Merlin
Anche il Merlin33, al pari del Renusson, contribuì ad accrescere il
panorama delle ricostruzioni teoriche in materia di surrogazione elaborando
una teoria della surroga che, per quanto articolata, puntò a ridimensionare gli
33 MERLIN, voce Subrogation de personnes, in Répertoire universel et raisonné de jurisprudence, Parigi, 1807-1809, XII, § 1 e sez. II, § 1
30
effetti del meccanismo di subentro nei diritti del creditore soddisfatto, così
come inizialmente ricostruiti da Doumoulin, circoscrivendoli alle sole garanzie
accessorie al credito34. Non, dunque, un meccanismo atto a trasferire al
solvens lo stesso diritto del creditore originario per effetto del pagamento ma
uno strumento limitato ad assicurare il subingresso del solvens in un diritto
simile a quello originario sotto il profilo dei soli accessori.
La surrogazione può avvenire, secondo l’autore, in due modi diversi: in
forza di legge, come surroga di pieno diritto, quando un creditore munito di
garanzia (ipotecaria) paga un creditore di grado anteriore; in forza di una
stipulazione espressa, come surroga convenzionale, quando il soggetto
convenuto per il pagamento si avvale della facoltà, allo stesso attribuita dalla
legge, di esigere il subentro nelle garanzie. Parimenti si ha surroga
convenzionale, sulla base di un’espressa pattuizione, nel caso di un estraneo
intervenuto spontaneamente a soddisfare l’interesse del creditore.
6.4. La teoria di Pothier
La formulazione più completa della teoria della surrogazione si ebbe in
Pothier35 secondo cui la surroga resta una finzione di diritto in virtù della quale
34 Questa teoria è stata aspramente combattuta da una serie di autori e successivamente definitivamente abbandonata. Già MORICAULT, Discorsi, n. 37 in Locré, Esp. Dei motivi, ecc., t. VI, famoso oratore del tribunato, aveva esplicitamente dichiarato che l’unico pagamento che estingue il debito è quello puro e semplice, al contrario, il pagamento con surrogazione, lo lascia sussistere. Ma anche IAUBERT, relatore del tribunato, affermava che «se il creditore riceve da un terzo il suo pagamento, può trasferire tutti i suoi diritti a questo terzo con tutti i privilegi inerenti a questi diritti medesimi…»; ed infine BIGOT-PRÉAMENEU che, nell’Esposizione dei motivi, scrive «se colui che paga si fa surrogare non vi è più pagamento, ma trasferimento del credito». Tra i più forti oppositori vi furono MOURLON e LAURENT i quali vittoriosamente opposero a tale sistema la tradizione storica nonché la lettera e lo spirito della legge. Sotto il profilo testuale richiamarono l’Ordinanza del 1609 la quale, dichiarando espressamente che «il surrogato acquista i diritti, le azioni, i privilegi e le ipoteche dell’antico creditore», intende dire che la surrogazione trasferisce nel surrogato il credito (diritti e azioni) con i suoi accessori (ipoteche e privilegi). Per quanto concerne invece lo spirito della legge, gli oppositori della teoria del Merlin affermano che se l’intento è quello di favorire la liberazione del debitore e di allargare il credito privato, la legge stessa sarebbe fallita nel suo scopo se la surrogazione fosse stata incompleta perché circoscritta alle sole garanzie accessorie al credito. 35 POTHIER, Del contratto di pegno, sez. V, Della surrogazione, n. 66 ove testualmente si afferma «la surrogazione è una finzione di diritto con cui si reputa che il creditore ceda i suoi
31
il creditore cede i suoi diritti, le azioni, le ipoteche e i privilegi a colui che
soddisfa le ragioni del suo credito. Il pagamento nonostante sia fatto con
surrogazione è da intendersi come un vero pagamento e soltanto per una
finzione colui che subentra nella posizione del creditore ha piuttosto comprato
il suo credito anziché averlo estinto. Non dovendo la surrogazione realizzarsi a
danno del creditore, poi, si esclude che quest’ultimo sia tenuto a prestare
idonea garanzia.
Secondo Pothier la surrogazione si effettua in quattro modi:
1. Per legge nei casi tassativamente previsti. Ad esempio nel caso del
creditore ipotecario posteriore (non già di quello chirografario) che, per
assicurare la sua ipoteca, paga il creditore anteriore.
2. Sulla base di una richiesta al momento del pagamento. È il caso del
coobbligato, del mallevadore, e del terzo detentore dei beni ipotecati i quali
hanno diritto, quando pagano, di esigere che il creditore li surroghi in tutti i
suoi diritti, azioni, privilegi ed ipoteche. Mentre in precedenza, però, tale
richiesta di surroga, in caso di rifiuto, bisognava farla valere in giudizio di
modo che il giudice potesse decretarla sostituendosi al creditore soddisfatto,
ora, invece, secondo l’autore, è sufficiente che la surroga venga richiesta
all’atto della quietanza perché la legge supplisca di pieno diritto a un eventuale
rifiuto ingiustificato del creditore. Occorre tuttavia che la surroga sia
domandata o concessa all’atto del pagamento, mentre non può essere
accordata ex intervallo, perché il pagamento puro e semplice estingue
definitivamente l’obbligazione. Tale regola valevole per tutti gli obbligati per
altri o con altri soffre un’eccezione per il caso delle cambiali in cui il
pagamento per intervento del terzo fa acquistare il credito di pieno diritto, in
forza dell’ordinanza del 1613.
diritti, azioni, ipoteche e privilegi a colui dal quale riceve ciò che gli è dovuto». L’A. prosegue, inoltre, affermando che «il pagamento, quantunque fatto con surrogazione, è un vero pagamento, e per finzione soltanto si reputa che colui, il quale è surrogato al creditore, abbia piuttosto comperato da lui il suo credito che l’abbia pagato, magis emisse nomen quam solvesse intelligitur»
32
3. Per convenzione con il creditore. Quando un estraneo paga un debito
altrui, cui non è tenuto né personalmente né con i suoi beni, il creditore, se
crede, può surrogarlo ma non può esservi costretto secondo la regola: nemo
rem suam vendere cogitur. Nella stessa posizione si trova l’erede che paga i
debiti ereditari oltre la sua parte. Quest’ultimo, infatti, non può obbligare il
creditore a ricevere la porzione dovuta dagli altri coeredi ma, ove la riceva, il
creditore può surrogarlo nei suoi diritti. Diversamente avviene quando il
coerede paga il debito ipotecario che grava sulla sua porzione assegnatagli in
sede di divisione, per evitarne l’evizione.
4. Per convenzione con il debitore. In base all’editto di Enrico IV
quando un nuovo creditore fornisce il denaro necessario al debitore per
soddisfare il creditore precedente con l’obbligo che egli sia surrogato, la
surroga avviene in tutti i diritti del creditore soddisfatto, non solo nella prima
ipoteca.
Sulla base di questa dettagliata classificazione il Pothier sintetizza in
tre principi gli effetti della surrogazione.
1) La surrogazione nei diritti del creditore soddisfatto compete al
debitore che paga ciò che deve solo quando lo stesso possa vantare un diritto
di regresso per ciò che abbia pagato contro altri. Ciò significa che, a differenza
del condebitore, il quale si avvale della surroga per le porzioni per cui ha
regresso nei confronti degli altri condebitori, il debitore principale che paga
ciò che deve non può surrogarsi perché non ha regresso contro altri.
2) La surroga si distingue negli effetti a seconda se si tratti di surroga
pattuita con il debitore ovvero negli altri casi. Mentre nella prima ipotesi i
diritti del creditore passano modificati e convertiti nella natura del credito che
risulta dalla convenzione intervenuta tra debitore e nuovo creditore, in modo
che il nuovo creditore non potrà mai vantare diritti maggiori di quelli che
spettavano all’originario creditore nei confronti del debitore, in tutti gli altri
casi – vale a dire in quella per legge, per richiesta all’atto del pagamento o per
33
convenzione con il creditore – i diritti del creditore passano al surrogato simili
e della stessa natura così come li avrebbe esercitati il creditore originario.
3) Nel caso in cui un creditore abbia ricevuto pagamenti parziali da
diverse persone ma sia ancora creditore di un residuo, egli sarà preferito a tutti
perché la surrogazione, per il principio nemo contra se subrogare censetur,
non può operare in pregiudizio del surrogante (creditore originario).
7. La formulazione nel codice francese
La situazione che si prospettò ai redattori del codice civile francese fu,
dunque, quella di una teoria della surrogazione dettagliatamente definita,
rispetto alla quale non restava altro da fare che tradurre in norma i risultati
raggiunti a livello dottrinale.
Ed infatti, al di là di qualche modifica – la più significative furono
senz’altro l’eliminazione della (superflua) formalità di domandare la
surrogazione da parte del solvens e il mutamento della qualificazione giuridica
del meccanismo surrogatorio, da forma di cessione necessaria o legale, in
modalità, o sottospecie, di pagamento – il codice riprodusse fedelmente il
quadro dottrinale già delineato.
All’eliminazione dell’espressa richiesta di surroga da parte del
soggetto legittimato – evidentemente ispirata alla teoria della surroga di pieno
diritto in principio elaborata da Dumoulin36 – si aggiunse l’estensione
dell’antico ius offerendi, originariamente spettante al solo creditore ipotecario,
a tutti i creditori siano essi muniti di prelazione ovvero solamente chirografari.
Detta modifica contribuì al definitivo superamento dell’originaria successione
ipotecaria la quale, da mera successione nel grado e nella posizione del
creditore anteriore si tramutò in una vera e propria successione nel credito.
Gli adattamenti apportati dal legislatore, favorendo l’originalità
dell’istituto rispetto agli schemi del passato, contribuirono a delineare la
surrogazione come modalità del tutto peculiare di trasferimento dei crediti ex
36 Supra § 6.1.
34
lege sia sul piano formale che su quello sostanziale. Nel primo senso, il codice
distinse la surrogazione in legale e convenzionale, distinguendo altresì la
surroga ex parte creditoris da quella ex parte debitoris; sul piano soostanziale,
invece, si fissarono due fondamentali principi: il primo secondo cui gli effetti
della surroga si estendono anche ai terzi potendo, il nuovo creditore, far valere
il diritto del creditore originario anche contro i fideiussori, i coobbligati e i
terzi possessori; il secondo, che la surroga non può nuocere al creditore che
l’ha concessa, ove sia stato pagato solo in parte, perché è comunque preferito
per il residuo a colui che gli ha fatto il pagamento parziale.
Le norme del codice francese (artt. 1249 e 1252), così come
sintetizzate, furono trapiantate nei vari codici delle province d’Italia, che su di
esso si plasmarono: nel Codice Albertino (artt. 1339 e 1342); nel Toscano (art.
341); nel Modenese (artt. 1304 e 1307); nel Parmense (artt. 1226 e 1229); nel
Napoletano (artt. 1202 e 1205) ed infine in quello italiano del 1865 il quale ne
riprodusse quasi letteralmente il testo (artt. 1251 e 1254) con le uniche
modifiche rappresentate dai requisiti della surroga per mutuo e dall’abolizione
del diritto di preferenza del creditore surrogante in caso di pagamento parziale.
8. La situazione della surroga nel codice civile italiano del 1865. La
teoria della surrogazione per previsione di legge.
Nonostante la traduzione in norma dell’istituto, l’assenza di una
definizione precisa di surrogazione nel codice del 1865 contribuì ad alimentare
le più varie ricostruzioni teoriche da parte della dottrina dell’epoca37. Se per un
verso, infatti, le ragioni di natura sostanziale poste a fondamento dell’istituto,
rimasero più o meno quelle proprie del diritto romano, al tempo stesso,
permaneva ancora irrisolta la principale difficoltà connessa alla surrogazione e
37 Nel codice del 1865 la surrogazione era disciplinata dagli artt. da 1251 a 1254 collocati nel Capo IV «Dei modi con cui si estinguono le obbligazioni» ed in particolare nella sezione I «Del pagamento». Tale collocazione sebbene inducesse erroneamente alcuni a considerarla un modo di estinzione delle obbligazioni, contribuì a delinearne i caratteri fondamentali proprio perché la pose, per quello che in realtà rappresentava, ossia un caso in cui il pagamento non estingue l’obbligazione.
35
cioè quella, dettata dall’efficacia estintiva del pagamento, di ammettere il
trapasso in capo al solvens di diritti ormai estinti perché riconducibili al
creditore soddisfatto.
I tentativi di ricostruzione della natura giuridica dell’istituto della
surrogazione per pagamento ad opera della dottrina formatasi sul nuovo testo
del codice civile, furono molteplici ma tutti parimenti influenzati dall’erroneo
convincimento di voler intendere sempre ed irrimediabilmente il pagamento,
da chiunque eseguito, come estintivo dell’obbligazione e di tutti i diritti ad
essa connessi38.
Tra le diverse ricostruzioni teoriche la più aderente alle logiche sottese
ai meccanismi del pagamento con surrogazione ed al tempo stesso più vicina
alle soluzioni accolte dalla dottrina più recente, fu quella elaborata dal Merlo il
quale, ripudiando il ricorso ad ogni forma di finzione e ponendo in risalto
l’eccezionalità della surroga, le attribuì la qualifica di istituto sui generis
cercando così di giustificare, aggirandole, tutte le difficoltà ricostruttive insite
negli orientamenti precedenti.
Egli definisce il pagamento con surrogazione, analogamente a quanto
oggi comunemente inteso, «una particolare forma di pagamento» da cui
deriva, in forza di legge, «una successione a titolo particolare» del solvens nei
diritti del creditore soddisfatto39.
Si tratta secondo l’autore di una nuova e peculiare figura giuridica il
cui fondamento non va ricercato nella logica del diritto, ma, al contrario, nella
sola disposizione di legge, espressione della volontà del legislatore. A
quest’ultimo, infatti, è riconosciuto il potere di creazione del diritto attraverso
l’elaborazione di tutte le figure giuridiche ritenute più opportune, le quali, per
38 Tra le diverse teorie, si segnalano in ragione della loro rilevanza: la teoria della finzione di diritto nelle due forme della finzione di vendita e della finta cessione; la teoria dell’operazione “à double face”; la teoria dell’estinzione relativa; la teoria del passaggio delle sole garanzie; la teoria del regresso legale e la teoria dell’espropriazione del credito. 39 MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 66
36
quanto possano risultare illogiche perché contrarie a principi ormai acquisiti, si
impongono all’interprete con tutti i loro effetti40.
PARTE II
IL DIRITTO DI REGRESSO SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il diritto di regresso nel sistema del diritto romano:
l’eccezionalità della correalità rispetto al principio generale della divisibilità delle obbligazioni
– 2.1. L’Actio pro socio, l’actio mandati contraria e l’actio negotiorum gestorum – 3. La
rinascita del diritto romano ad opera dei glossatori e il diritto comune – 4. Il diritto di regresso
nelle codificazioni moderne e le reazioni della dottrina civilistica
1. Premessa
L’aspetto che più di altri vale, da sempre, a caratterizzare il peculiare
meccanismo delle obbligazioni solidali è rappresentato dalla regolamentazione
dei rapporti interni tra condebitori solidali attraverso il ricorso allo strumento
del diritto di regresso fra le parti di un’obbligazione contratta in solidum.
Si tratta di una questione che investe tanto il fenomeno della solidarietà
attiva quanto, soprattutto, quello della solidarietà passiva all’interno della
quale si colloca, poi, la particolare figura della fideiussione con il diritto di
regresso spettante al garante nel caso in cui abbia soddisfatto il creditore
sostituendosi al debitore principale.
Già in diritto romano la teoria del regresso nelle obbligazioni correali
fu un argomento di vive controversie e sottili distinzioni41, ma la situazione
40 MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 58 ss. 41 Sulla storia del diritto di regresso si veda LANDUCCI, Il regresso nelle obbligazioni correali, in Studi dell’università di Padova, Padova, 1888, III, mem. 7, 13 ss.e ID., Le obbligazioni in solido, Padova, 1880, 201 ss. Si veda, altresì, ABELLO, Il regresso nella solidarietà passiva, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, Torino, 1902, 165 ss.
37
non cambiò in modo sostanziale nel periodo del diritto comune e della
rinnovata scuola successiva quando, prima che il senso di equità insito nel
diritto di regresso nei rapporti tra correi si facesse strada tra gli studiosi del
diritto, con l’affermarsi del regresso quale principio fondamentale nei rapporti
tra correi, la maggior parte dei teorici e dei pratici, ne negavano l’esistenza
argomentando ora dalla mancanza delle fonti e del nessun accenno in esse di
un’azione atta a farlo valere ora, invece, dalla natura giuridica della correalità,
in virtù della quale, con l’eseguirsi della prestazione dedotta nell’obbligazione,
si sarebbe senz’altro risolto ogni vincolo tra i correi42.
2. Il diritto di regresso nel sistema del diritto romano:
l’eccezionalità della correalità rispetto al principio generale della
divisibilità delle obbligazioni.
Per poter comprendere l’origine dell’istituto del regresso nel sistema
del diritto romano occorre muovere da un presupposto essenziale, valevole
come principio generale, e cioè quello in virtù del quale la correalità non dava
di per sé alcun diritto al debitore, adempiente per l’intero, di pretendere un
rimborso qualsiasi dagli altri correi.
Nonostante detto principio venisse modificato, nella pratica, dalle
relazioni contrattuali o quasi contrattuali dei correi tra loro – attraverso le
quali, o con l’azione di società, o con l’azione communi dividundo, o con
l’azione familiae erciscundae, si poteva ottenere quel ricorso invano
domandato alla correalità – restava fermo il principio fondamentale di lasciare
il correo adempiente privo di qualsiasi strumento che gli consentisse di potersi
rivolgere contro gli altri coobbligati in caso di adempimento per l’intero43.
42 Fra gli avversari del diritto di regresso si vedano, per tutti, CUIACIO, Opera, ed. Prati, 1837. 43 Cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, Firenze, 1903, 217, il quale, tra le ipotesi di attenuazione del principio generale, richiama un’antichissima legge Apuleia, istitutiva a tal fine di una finta società tra più sponsores o fidepromissores, nonché l’istituto del beneficium cedendarum actionum, finalizzato, secondo l’A. a consentire al correo adempiente di rivolgersi agli altri coobbligati senza bisogno di altri fondamenti giuridici.
38
L’indiscutibilità di questo assunto di base, motivato dai più in ragione
dell’avversione sistematica da parte del diritto romano nei confronti della
formulazione di massime generiche, si scontra, tuttavia, con la previsione di
una serie di norme che testimoniano come il problema relativo al lato interno
della correalità costituisse tutt’altro che un argomento estraneo all’interesse
dei giureconsulti romani44. Questi ultimi, infatti, lungi dal disinteressarsi
dell’aspetto fondamentale delle obbligazioni con pluralità di soggetti,
riconobbero la varietà e la molteplicità delle relazioni giuridiche esistenti tra i
condebitori correali – difficilmente riconducibili ad unità – e si orientarono nel
senso di dare all’istituto del regresso un’entità diversa, commisurata, volta per
volta, all’indole del rapporto cui accede.
Non si aveva quindi un puro diritto astratto privo della dovuta tutela da
parte della legge e degli strumenti necessari per farlo valere ma, al contrario,
un preciso diritto da far valere attraverso le azioni nascenti dagli speciali
rapporti tra correi e, in assenza di specifiche azioni, mediante il ricorso alle
azioni nascenti dagli istituti fondamentali dell’indebito arricchimento, della
società e della gestione di affari altrui45.
44 In questo senso si esprimevano Martino, Irnerio, Azone, Baldo, Bartolo e Molineo. 45 La situazione presentava gli stessi caratteri anche in materia di fideiussione. Per tutto il corso della storia del diritto romano, infatti, l’unica azione di regresso fondata esclusivamente sull’assunzione della garanzia e sul pagamento effettuato dal garante, rimase l’actio depensi, la quale, però, introdotta, secondo l’opinione prevalente, dalla lex Publilia, si applicava alla sola forma di garanzia rappresentata dalla sponsio del diritto classico. Il riconoscimento del diritto di regresso nell’ambito della fidepromissio e, successivamente, della fideiussio, in assenza di un’azione specifica da far valere, restava, invece, affidata agli interpreti e ai pratici del diritto. La soluzione adottata dalla giurisprudenza romana per queste due forme di garanzia, ma estesa anche alla sponsio, dove, come detto, il garante poteva usufruire anche dell’actio depensi, fu quella di non riconoscere un regresso legale al garante che avesse adempiuto al posto del debitore principale, ma al contrario, di ricondurre la disciplina di questa fattispecie ai principi che regolavano la gestione dei negozi. In particolare si riteneva che se la garanzia fosse stata assunta su incarico del debitore principale, il garante avrebbe potuto esperire, come azione di regresso, l’actio mandati contraria; in caso di assenza di incarico e semprechè non sussistessero fatti che potessero escludere del tutto la possibilità di regresso, invece, al garante era riconosciuta la facoltà di agire allo stesso fine esperendo l’actio negotiorum gestorum contraria. La situazione permase grossomodo invariata nel periodo postclassico e nella compilazione giustinianea quando, eccezion fatta per la novità rappresentata dall’estensione anche al fideiussore del beneficium cedendarum actionum, il diritto del garante al rimborso di quanto
39
D’altro canto, ove solo si ponga mente alla stretta logica giuridica ed
allo spirito equitativo dei giureconsulti romani non si comprende come mai
questo istituto abbia costituito oggetto di tante perplessità. Ed infatti,
muovendo dal presupposto dell’eccezionalità della correlità rispetto al
principio generale della divisibilità delle obbligazioni nel sistema romano, ci si
chiede come possano i pratici del diritto aver dubitato della fondatezza di tale
strumento che, in sostanza, soddisfatte la ragioni del creditore, non farebbe
altro che evitare illeciti arricchimenti, ripristinando l’ordine secondo le regole
generali46.
Non si deve pertanto credere che sia merito esclusivo del diritto
moderno l’aver studiato la natura e gli effetti della coreralità passiva, poiché il
principio della divisione del debito nei rapporti vicendevoli tra i correi, anche
se non formulato, fu già intuito ed applicato dalla giurisprudena romana come
norma tacitamente riconosciuta dalla coscienza giuridica comune. Il diritto
moderno non fece altro che sancire espressamente il principio, eliminando,
con le sue formule positive, ogni dubbio sull’esistenza del regresso.
2.1. L’actio pro socio, l’actio mandati contraria e l’actio negotiorum
gestorum.
pagato continuò ad essere regolato dai principi che reggono la gestione di affari altrui, con o senza incarico: il fondamento del diritto di regresso nella fideiussione permase, dunque, l’actio mandati quando la fideiussione veniva prestata con il consenso espresso o tacito del debitore: sempre qui non prohibet pro se intervenire, mandare creditur; e l’actio negotiorum gestorum quando la fideiussione avesse luogo all’insaputa del debitore principale. 46 Si veda sul punto la posizione espressa da SAVIGNY, Le obbligazioni, Trad. di Pacchioni, I, Torino, 1912, il quale afferma «La regola naturale, si dice, è la divisione dell’obbligazione; la solidarietà costituisce la eccezione. Ora, sebbene la solidarietà non possa essere considerata come ingiusta, dal momento che ha il suo fondamento nel consenso delle parti, essa ha pur tuttavia carattere di poca naturalezza, onde sembra desiderabile ristabilire, negli effetti, per quanto ciò possa avvenire senza violare l’essenza della solidarietà, la regola naturale della divisione dell’obbligazione. Ora a ciò appunto conduce l’ammissione del regresso, o della posteriore compensazione. Poiché mediante questi espedienti si ottengono, in definitiva, gli stessi che si verificano nelle obbligazioni divise, in un momento in cui l’obbligazione correale, come tale, ha già prodotto tutti gli effetti suoi proprii. Mediante il regresso si evita dunque che l’obbligazione correale operi, negli effetti suoi ultimi, come un giuoco d’azzardo, il che, del resto, sarebbe contrario alla sua vera essenza».
40
Per quanto concerne i singoli strumenti che, a seconda delle relazioni
tra le parti, potevano consentire al condebitore di agire per il rimborso di
quanto pagato, l’attenzione si concentra essenzialmente sulle diverse azioni
che per lungo tempo hanno costituito il fondamento principale nella
ricostruzione giuridica della teoria del regresso, vale a dire, l’actio pro socio,
sul presupposto di un contratto di società tra le parti, l’actio mandati contraria
in caso di pagamento su incarico, ordine o preghiera del debitore e l’actio
negotiorum gestorum nell’ipotesi di gestione di un affare altrui.
Lo strumento più diffuso era sicuramente l’actio pro socio è cioè
l’azione che rinveniva il proprio fondamento nell’esistenza di un vincolo
solidale tra le parti, in ragione di un contratto di società stipulato tra le stesse47.
Quando più persone, infatti, legate da un rapporto di società, si
vedevano indotte a contrarre un debito in solidum, ed una di esse pagava poi il
debito nella sua totalità, poteva pretendere, ricorrendo all’actio pro socio, che
le altre la rilevassero in proporzione delle loro quote. Lo stesso avveniva
quando le stesse costituivano, in relazione al vincolo di società,
un’obbligazione correale attiva, ed una di esse riscuoteva l’intero credito,
giacché era tenuta a versare il credito esatto nella cassa sociale, oppure a
dividerlo con gli altri.
Tale ipotesi di rimborso non ha mai costituito oggetto di discussioni,
neppure tra i più acerrimi avversari del diritto di regresso, i quali,
riconducendone il fondamento nei principi più generali in materia di società
(non già nelle regole della correalità), l’hanno sempre considerata l’unica
ipotesi ammissibile di rivalsa tra correi.
Ogniqualvolta non fosse possibile ricorrere all’actio pro socio, in
assenza di un preciso rapporto di società tra i condebitori, per i giuristi romani
il rimedio alternativo era rappresentato dall’actio mandati contraria, sul
presupposto che tra le parti fosse intercorso un mandato reciproco per la
47 Il regresso mediante actio pro socio ha trovato applicazione indiretta, ma indubbia, nella L. 62 pr. ad L. Falc. (35, 2).
41
conclusione del contratto comune. In particolare, l’actio mandati
presupponeva la concessione di una sorta di fideiussione reciproca tra i
condebitori correali in base alla quale il soggetto convenuto per il pagamento
dell’intero poteva esperire tale azione al fine di recuperare quanto prestato.
A tal fine il rapporto di base poteva assumere due diverse
connotazioni. Quella della correalità con espressa e formale prestazione di
garanzia tra condebitori, da cui discendeva l’esistenza di due distinti contratti
con il creditore aventi rispettivamente ad oggetto il vincolo correale e la
specifica garanzia48; quella della correalità con implicita garanzia reciproca su
cui fondare l’azione di regresso attraverso l’actio mandati. Sia in un caso che
nell’altro al creditore spettava la facoltà di agire nei confronti di uno dei
condebitori per l’intero, sulla base della correalità e al condebitore convenuto
la possibilità, a sua volta, di agire in regresso facendo valere la garanzia
implicita o espressa a seconda dei casi.
Un’ulteriore azione era rappresentata dall’actio negotiorum gestorum
la quale rinveniva il proprio fondamento nelle logiche sottese alla gestione di
un affare altrui rapportata all’alienità della parte di debito soddisfatta dal
condebitore solidale in eccedenza rispetto alla propria. Ed invero, se uno dei
condebitori correali pagava l’intero debito, tale pagamento liberava anche
l’altro condebitore nei limiti della propria parte di debito e ciò determinava da
48 Questa ipotesi si trova sancita nelle fonti da Papiniano nella L. 11 pr. de duob. reis. (45, 2), lib. IX respons.: «Reos promittendi vice mutua fideiussores non inutiliter acciai convenit. Reus itaque stipulandi actionem suam dividere si velit (neque enim dividere cogendus est), poterit eundem ut principalem reum, item qui fideiussor pro altero extitit, in partes convenire; non secus, ac si duos promittendi reos divisis actionibus conveniret». In questo passo Papiniano afferma che se due condebitori si prestano reciprocamente garanzia non compiono certo un atto inutile. Essi compiono un atto per il quale il creditore potrà, ove gli convenga, convenire uno dei condebitori per metà come debitore principale e per l’altra metà come fideiussore del debitore principale; allo stesso modo per cui egli può anche dividere, di suo arbitrio, l’azione sorgente dal debito principale fra più condebitori. È da rilevare, tuttavia, che il primo procedimento dipende esclusivamente dall’arbitrio del creditore il quale non può, in alcun modo, essere obbligato a fare quella divisione delle azioni.
42
parte del solvens l’aver gestito utilmente un affare altrui per il quale si rendeva
necessario il recupero di un indennizzo commisurato alla somma sborsata49.
3. La rinascita del diritto romano ad opera dei glossatori e il diritto
comune
Benché la scienza giuridica romana avesse dato prova, come visto, di
aver intuito l’essenzialità dei meccanismi del diritto di regresso – pur
perseguendone il suo fine ultimo senza fissarne un tipo giuridico unico – il
problema della regolamentazione dei rapporti interni tra condebitori solidali
continuò ad assillare i più attenti commentatori i quali, avvertiti i limiti del
sistema precedente – dettati dall’erronea considerazione del regresso quale
fattispecie estranea alle regole della correalità50 – si arrovellarono nel tentativo
di porvi rimedio cotruendo un meccanismo in cui il diritto di regresso, come
autonomo strumento giuridico, potesse rinvenire il proprio fondamento nelle
logiche della solidarietà senza dover necessariamente ricorrerre ad azioni
esterne ad essa.
Quando il diritto romano riprese vigore dopo gli studi dei glossatori51,
il senso di equità si fece strada tra gli studiosi del diritto ed impedì che i
principi dominanti tra i giureconsulti romani tornassero in vita, per cui, sia
49 Fatta eccezione per l’ipotesi del tutore che, pagando un intero debito, abbia liberato anche il suo contutore e sia ricorso all’actio negotiorum gestorum per il recupero di quanto sborsato (L. 30 de neg. gestis), nelle fonti romane non si rinvengono casi simili. 50 I meccanismi del regresso, così come congegnati nel sistema del diritto romano, esponevano il condebitore solidale convenuto per il pagamento dell’intero, in assenza di particolari relazioni tra le parti, al rischio di non potersi avvalere di alcuno strumento di tutela, lasciando così alla “sorte” la scelta del soggetto gravato dal peso di tutta l’obbligazione. In tal senso GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, Firenze, 1903, I, 218 51 Fatta eccezione per la posizione espressa da MARTINO, Glossa ad l. 11 pr. D. de duob. Reis (XLV, 2) secondo cui il regresso sarebbe stato possibile in ogni caso «etiam in non sociis et si hoc non est actum», l’orientamento prevalente tra i glossatori, in merito alla posizione reciproca dei condebitori in solido, fu quello di non ritenerli reciprocamente fideiussori se non quando ciò risultasse da un rapporto di società o, comunque, da un’opportuna dichiarazione. ACCURSIO, tra i glossatori, insegnava che se il debitore solidale ha pagato l’intero e non si è fatto cedere l’azione dal creditore soddisfatto, nel momento stesso del pagamento, bisogna cercare di rendergli possibile il regresso con qualche altra azione utilmente adoperata, malgrado alcuni vi siano contrari perché decisi a lasciar il debitore pagante il solidum senza alcun mezzo giuridico di rivalsa Ad. l. 2. C. de duob. reis (VIII, 40).
43
pure gradualmente, si cominciò ad insegnare che il regresso fra correi dovesse,
o per una ragione o per l’altra, aver luogo sempre e che le quote di debito,
salvo prova contraria, dovessero ritenersi uguali tra loro52.
Tale principio, poi consacrato, come è noto, nelle codificazioni
moderne, generò nella dottrina giuridica dell’epoca, le più disparate reazioni.
Da una parte si ponevano coloro che negavano categoricamente ogni
azione di regresso argomentando ora dalla mancanza delle fonti e del nessun
accenno in esse ad un’azione atta a farlo valere, ora dalla natura giuridica
stessa della correalità, per cui con l’esecuzione della prestazione dedotta
nell’obbligazione, si risolverebbe senz’altro ogni vincolo tra i correi (supra, §
1), dall’altra, invece, quanti ritenevano, in un’ottica diametralmente opposta,
che il diritto di regresso, in ragione della sua funzione equitativa di ripristino
della naturale regola della divisibilità delle obbligazioni, fosse insito nella
natura stessa delle obbligazioni contratte in solidum53.
Tra coloro che l’ammisero, in un primo momento, vi fu chi ritenne di
dover ancorare saldamente il fondamento del diritto di regresso al singolo
rapporto giuridico e alle azioni ad esso connesse, tra le quali spiccavano quelle
ereditate dal diritto romano54 – in particolare l’actio negotiorum gestorum,
l’actio de in rem verso, o, ancora, l’actio pro socio – successivamente, specie
52 Si veda LANDUCCI, Il regresso nelle obbligazioni correali, in Studi dell’università di Padova, Padova, 1888, III, mem. 7, 14 ove, in nota, sono citati tra i principali fautori del regresso nel diritto romano: Martino, Irnerio, Azone, Baldo, Bartolo e Molineo. 53 Per una ricostruzione delle diverse posizioni cfr. ABELLO, Il regresso nella solidarietà passiva, in Rivista italiana per le sciennze giuridiche, Torino, 165 ss. 54 Si tratta di una continua analisi del rapporto giuridico che intercorre tra i coobbligati in solido la quale, tuttavia, non consente, come già accaduto tra i giureconsulti romani, di fissare un tipo unico di regresso, data la molteplicità di figure giuridiche che vi si ritrovano incluse. Questa teoria italiana legata all’esame del rapporto giuridico intercedente tra i correi per decidere della divisibilità del debito e del conseguente regresso, divenne una communis opinio seguita da altri giuristi quali Ronchegallio che scrisse un apposito trattato sulla materia, Olea, Brunnemann ed altri ancora. Così, tra gli altri, Azone il quale riconosce il regresso in quelle situazioni nelle quali i correi vengono considerati vicendevoli fideiussori; Odofredo, che accorda l’esercizio del diritto di regresso, semprechè non vi sia stata cessione di azione, attraverso l’actio mandati, pro socio, communi dividundo e negotiorum gestorum; allo stesso modo Bartolo il quale però distingue il caso in cui i duo rei si obblighino ex mera liberalitate da quello in cui ciò non avvenga; infine Baldo secondo cui il regresso poteva operare solo ove si trattasse di più coobbligati in solido “ex eadem causa et pro comuni utilitate”.
44
in seguito al sopravvento preso nella dottrina dalla teorica del Keller e del
Ribbentrop sull’unicità dell’obbligazione solidale, in virtù della quale il
debitore che paga soddisfa un’obbligazione sua propria, anche le azioni cui si
è accennato vennero rifiutate sostenendosi, in particolare, che non si potesse
più trattare di un’actio negotiorum gestorum, la quale richiede, appunto, che si
sia gestito un affare altrui, non più di un’actio de in rem verso, la quale
presuppone un arricchimento del convenuto, né, infine, di un’actio pro socio,
perché questa, indipendentemente dalla solidarietà, esisterà o meno a seconda
che tra i condebitori sia intervenuto o no un contratto di società55.
La situazione in Francia vedeva, da un lato, la scuola dei romanisti
ancorati alla tradizione e avulsi dal contesto pratico e, dall’altro, un nucleo di
giuristi intenti a studiare nella pratica il diritto consuetudinario e diretti,
perlopiù, a combattere i principi del Corpus juris o per lo meno quelli che
come tali venivano insegnati.
Tra questi giuristi il primato fu, per lungo tempo, detenuto da
Dumoulin il quale anche riguardo alla divisione del debito tra i correi
mostrava l’indipendenza del proprio pensiero, affermando che un debitore in
solido è surrogato di pieno diritto al creditore soddisfatto per l’intero, pur
senza espressa cessione delle azioni56. Ed infatti, nella prima delle sue lezioni
55 Per una critica delle diverse teorie si veda la posizione espressa da SAVIGNY, Le obbligazioni, Trad. di Pacchioni, I, Torino, 1912, 216 ss. Riguardo all’actio pro socio si afferma che «Questo indubitabile fondamento del regresso è però, ad un tempo, insufficiente, poiché dipende dalla esistenza, del tutto casuale, di una società, la connessione della quale col rapporto di solidarietà non può venire ammessa in linea di principio, e neppure può, nel senso giuridico della parola, venire presunta»; con riferimento all’actio mandati «l’actio mandati, per quanto possa venire teoricamente giustificata, presenta in pratica un grave inconveniente, in quanto costringe l’attore ad indagare i rapporti individuali e l’intenzione delle parti, onde, in caso di controversia, l’esito dell’azione è reso difficile ed incerto. A questa si aggiunge un’altra e più importante ragione per non riproporre il fondamento del regresso nell’actio mandati, giacchè questo fondamento per quanto sia, in sé, giusto, vale solo per i casi di solidarietà sorta per contratto e non anche per i casi di solidarietà costituita da un testatore, mediante legato, fra più suoi coeredi. Esso sarebbe dunque applicabile al maggior numero di casi, ma non a tutti in generale»; infine, relativamente all’actio negotiorum gestorum, afferma, in estrema sintesi, che «il requisito fondamentale della negotiorum gestio, si dice, è riposto nell’alienità dei negozi gestiti; ora il condebitore correale che paga l’intero debito, paga un debito che è suo per il tutto; egli non gestisce quindi un affare altrui, ma un affare proprio». 56 Per una ricostruzione più dettagliata delle diverse ricostruzioni in materia di surroga si veda supra Parte I.
45
dolane, egli si schiera contro Bartolo e i giuristi dell’epoca – che imponevano
la cessione contestuale al pagamento – ed introduce la distinzione tra due tipi
di cessione: quella all’estraneo, necessariamente da realizzarsi ante pagamento
e quella in favore della persona obbligata in solido, del tutto svincolata dal
limite temporale del pagamento. La dottrina del Dumoulin venne considerata
particolarmente ardita e fu combattuta nei suoi principi soprattutto da Olea il
quale, nonostante l’avversione, già ammetteva alcune eccezioni al rigoroso
requisito della cessione nell’atto stesso del pagamento57.
Nel complesso panorama delle ricostruzioni teoriche alaborate intorno
al fondamento giuridico del diritto di regresso, una posizione singolare venne
assunta da Savigny, il quale, negando che l’azione di regresso potesse nascere
di per sé dal rapporto di un debitore con l’altro, la ricondusse al diritto
spettante al debitore di poter costringere il creditore a cedergli le proprie
azioni contro il condebitore attraverso l’exceptio doli58. In particolare Savigny,
nel tentativo di ricercare un’azione di regresso adeguata a tutti i rapporti
potenzialemente connessi ai meccanismi della correalità, optò per l’azione del
creditore pretesa attraverso il meccanismo dell’exceptio doli ovvero ottenuta
dal creditore attraverso una ficta cessio59.
57 Nel moderno risveglio degli studi giuridici, alla corrente scientifica rappresentata da Dumoulin in Francia, si contrapponeva quella dei nostri pratici e degli antichi tribunali i quali, affermavano che al debitore solidale pagante l’intero spettava la rivalsa contro gli altri coobbligati sine cessione. In ciò, tuttavia, l’idea di fondo non era quella di attribuire al debitore l’azione del creditore soddisfatto, quanto piuttosto quei mezzi che scaturiscono dalle sue relazioni giuridiche con i condebitori solidali. Cfr. la ricostruzione fornita da BRUGI, L’art. 168 del nuovo codice svizzero, in Arch. giur., XXX, 419. 58 Secondo SAVIGNY, Le obbligazioni, Trad. di Pacchioni, I, Torino, 1912 «la concessione del regresso porta […] al raggiungimento finale di quello che è il rapporto naturale far più condebitori, cioè la loro responsabilità divisa. Ora gli è nostro compito trovare un mezzo adatto al raggiungimento di questo fine, per il quale, da una parte resti del tutto illeso il diritto del creditore fondato sulla correalità, e, dall’altra, si eviti quell’arricchimento di uno dei condebitori a spese dell’altro che sarebbe in pieno contrasto colla naturalis aequitas. Questo compito noi lo adempiamo in modo soddisfacente concedendo al debitore convenuto una exceptio doli colla quale egli può costringere il creditore alla cessione, poiché, operando questa cessione, il creditore nulla perde del suo diritto, in quanto ottiene l’intero pagamento dal convenuto, e solo si presta a far sì che questi venga indennizzato dai suoi condebitori». 59 Si ritiene che Savigny abbia ripreso e ringiovanito l’opinione di Dumoulin. Infatti, la ficta cessio di Savigny coincideva, in sostanza, con l’idea che il Dumoulin si era fatto della surroga
46
4. Il diritto di regresso nelle codificazioni moderne e le reazioni
della dottrina civilistica
Dopo il graduale abbandono del sistema tramandato dal diritto romano,
gli studiosi del diritto cominciarono, quindi, ad insegnare, in materia di
solidarietà, il principio della ripartizione interna dell’obbligazione per quote –
uguali, salvo prova contraria – cui ricondurre la facoltà concessa al debitore
solidale convenuto per il pagamento dell’intero di poter agire in regresso
contro gli altri condebitori per il recupero di quanto pagato in eccedenza
rispetto alla propria quota di debito.
La nuova regola, ormai assunta in dottrina, venne successivamente
accettata dalla giurisprudenza – che, nelle sue decisioni, non si rifiutò quasi
mai di applicarla – ma soprattutto dai compilatori del codice ai quali spettò il
compito di consacrare in legge il diritto di regresso dettandone una
regolamentazione espressa attraverso delle precise formule positive.
Ciò venne realizzato dapprima dal codice Napoleone (art. 1213) e
successivamente dal codice civile italiano (art. 1198) ove, facendosi propri i
risultati raggiunti sul piano pratico, si statuì la regola secondo cui
l’obbligazione contratta in solido verso il creditore si divide di diritto fra i
debitori, ciascuno dei quali resta obbligato nei confronti degli altri per la
propria parte di debito60. Si introdusse, così, il principio in virtù del quale
l’obbligazione è solidale nei rapporti tra creditore e debitori ed è pro rata nelle
relazioni interne61.
di pieno diritto insegnando che si finge avverata la cessione poiché non si può presumere che il debitore, pagando l’intero, non abbia avuto l’idea della rivalsa (Lectio Dol. § 40). 60 Testualmente l’art. 1198 c.c. 1865 recita: «L’obbligazione contratta in solido verso il creditore si divide di diritto fra i debitori: questi non sono fra loro obbligati, se non ciascuno per la sua parte». 61 Anche in materia di fideiussione la distinzione tra le due azioni esperibili dal fideiussore per il rimborso di quanto pagato, e cioè l’actio mandati contraria e l’actio negotiorum gestorum contraria a seconda dei casi, non passò nelle moderne codificazioni ove l’azione di regresso venne introdotta, per quel che riguarda il fideiussore, come azione generale per cui, tanto il previgente codice francese (art. 2028) quanto quello italiano del 1865 (art. 1915), si limitarono
47
Nonostante i dati legislativi di riferimento, la complessità del
meccanismo insito nel diritto di regresso contribuì ad alimetare, al pari di
quanto già accaduto in passato, le più varie ricostruzioni teoriche nel tentativo
di chiarirne l’esatta natura giuridica.
Ed invero, mentre da una parte si ponevano i sostenitori della teoria
dell’estraneità del regresso rispetto alla solidarietà, in quanto mera
conseguenza di questa e non causa della natura giuridica del vincolo solidale62,
dall’altra parte, invece, chi muoveva proprio dal diritto di regresso per
spiegare la struttura stessa della solidarietà, come se fosse la stessa
presunzione legale relativa alla divisione della prestazione tra i condebitori a
determinare il rapporto di società tra i vari soggetti ovvero la rappresentanza
vicendevole fondata sul tacito ed implicito mandato ad esigere (nel caso della
solidarietà attiva) o a pagare (nella diversa ipotesi della solidarietà passiva).
a statuire che «il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, ancorché non consapevole della prestata sicurtà». 62 Si veda in particolare la posizione espressa da ABELLO, Il regresso nella solidarietà passiva, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, Torino, 1902, 176 ss.
48
Capitolo II
IL MODELLO ASTRATTO DELLA SOLIDARIETÀ DEBITORIA E LA
REGOLAMENTAZIONE DEI RAPPORTI INTERNI TRA CONDEBITORI
SOLIDALI NEL SISTEMA DEL CODICE VIGENTE
SOMMARIO: 1. Necessità di indagini separate per il regresso e la surrogazione del
coobbligato solidale e per gli stessi rimedi spettanti al fideiussore solidale – 2. Le obbligazioni
soggettivamente complesse. La solidarietà e la funzione di rafforzamento del credito – 3. I
rapporti interni tra condebitori solidali e il loro fondamento – 4. Nozione e fondamento del
diritto di regresso – 5. Presupposti dell’azione di regresso – 6. “Misura” ed oggetto del diritto
di regresso – 7. La disciplina delle eccezioni e della prescrizione – 8. La surroga del
condebitore adempiente come ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 n. 3 c.c. – 9. La
natura del pagamento surrogatorio – 10. Aspetti generali della surrogazione legale e tratti
tipici dell’ipotesi normativa prevista al n. 3 dell’art. 1203 c.c. – 11. La disciplina della
surrogazione: gli effetti e le eccezioni opponibili.
1. Necessità di indagini separate per il regresso e la surrogazione
del coobbligato solidale e per gli stessi rimedi spettanti fideiussore
solidale.
Per una necessità di metodo, si è finora proceduto ad una ricognizione
storica degli istituti muovendo dagli elementi tramandati dal diritto romano e
dal loro successivo sviluppo in diritto comune, per giungere alla traduzione di
quei principi equitativi, prevalentemente elaborati in sede dottrinale, in
disposizioni legislative ad opera delle legislazioni moderne e dei codici
dell’età liberale. Ne è emersa, in modo abbastanza evidente, l’origine
autonoma della surrogazione e del regresso cui, nel successivo sviluppo, si è
sostituito un progressivo avvicinamento dei due istituti in ragione del graduale
venir meno dell’autonomo fondamento giuridico delle rispettive azioni.
49
Ora, se si vuole uscire dall’impasse e fondare le linee ricostruttive
dommaticamente convincenti per la soluzione dello spinoso problema oggetto
di questo lavoro, è necessario compiere un passo in avanti e sottoporre ad
un’attenta riflessone la configurazione teorica e la disciplina positiva delle
azioni di regresso e in surrogazione così come attribuite dall’ordinamento
vigente al coobbligato solidale63.
Tale indagine deve necessariamente, e sin dall’inizio, svilupparsi
secondo due distinte e particolari linee direttrici: da un lato l’azione di
regresso di cui all’art. 1299 c.c. e quella di surrogazione di cui all’art. 1203 n.
3 c.c., concesse in via generale al coobbligato solidale, dall’altro le
corrispondenti azioni di cui agli artt. 1949 e 1950 c.c., attribuite dalla legge ad
un particolare coobbligato solidale: il fideiussore tenuto in solido con il
debitore principale all’adempimento del debito.
Si tratta di un’impostazione che oltre a trovar conforto, sul piano
normativo, nella presenza di autonome e distinte disposizioni legislative, che
già di per sé, forse, ne imporrebbero una trattazione parallela, trova conforto,
altresì, sul piano sistematico, in ciò che la dottrina moderna è ormai quasi
unanimemente concorde nell’affermare e cioè la presenza nel nostro
ordinamento di due distinti tipi di solidarietà passiva non assoggettabili a
disciplina unitaria64: una solidarietà ad interesse comune ed una solidarietà
63 PISANI MASSAMORMILE, Il “regresso” del fideiussore nel fallimento del debitore pricnipale, in Dir. e giur., XL, 1984, 377 64 A questa soluzione si giunge per diverse strade teoricamente percorribili e con varie sfumature normalmente connesse, le une e le altre, al diverso fondamento attribuito alla solidarietà ed alla posizione teorica assunta cirac l’eadem causa obligandi. Da un lato, infatti, vi è la teoria che fonda l’accennata distinzione tra la solidarietà ad interesse comune e la c.d. solidarietà disuguale sulla percezione e valutazione del differente assetto che gli interessi dei coobbligati assumono, rispettivamente nelle due suddette ipotesi: cfr. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974, 243 e poi 245 ss. Dall’altro lato, vi è invece la teoria che ricollega la distinzione in esame alla diversità della struttura dell’obbligazione solidale nei due casi: cfr. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 36 ss., specie 60 ss.; ID., voce Obbligazioni soggettivamente complesse, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 329 ss., ove repliche al pensiero di Campobasso innanzi ricordato. Sul punto cfr. anche BRANCA, Obbligazioni solidali, correali, collettive, in Riv. dir. civ., 1971, I, 151.
50
nell’interesse esclusivo di uno dei coobbligati, da molti definita in termini di
“solidarietà disuguale”65.
Tale scenario, per il quale la dottrina propone, non arbitrariamente, una
«bipartizione normativa» fondata essenzialmente sulla diversa configurazione
degli interessi in gioco e, di riflesso, sulla diversa funzione perseguita dal
legislatore (o dall’autonomia negoziale) nel disporre il carattere solidale
dell’obbligazione con pluralità di debitori, trova conferma soprattutto nella
solidarietà fideiussoria la quale, come solidarietà del tutto impropria –
rispondente sì allo schema astratto della solidarietà ma riproducente di quella
vera e propria solo il dato più immediato e cioè quello esterno – si caratterizza
altresì per la presenza dominante e particolarmente incisiva di un favor
fideiussoris ispiratore della complessiva disciplina, ma più che mai evidente
nelle specifiche previsioni normative relative alla disciplina dei rapporti interni
tra fideiussore e debitore principale, ove si evidenzia chiaramente l’intento del
legislatore di salvaguardare in ogni modo l’interesse del fideiussore di ripetere
dal debitore principale quanto pagato, nell’interesse dello stesso debitore, al
creditore.
Tale favor, positivamente argomentabile, contribuisce a legittimare
l’ipotesi di lavoro che le azioni di regresso e in surrogazione spettanti al
coobbligato solidale privo di interesse proprio siano sostanzialmente «altre»,
per caratteri e per finalità, rispetto a quelle spettanti al coobbligato solidale
titolare di un interesse proprio.
2. Le obbligazioni soggettivamente complesse. La solidarietà e la
funzione di rafforzamento del credito.
Benché, nella generalità dei casi, si sia soliti considerare i soggetti del
rapporto obbligatorio nel modo più semplice, vale a dire riferendosi all’unico
creditore cui si contrappone l’unico debitore, non si esclude che la varietà
65 Si veda per tutti CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974.
51
delle relazioni che possono instaurarsi tra le parti di un rapporto di
obbligazione, possa rendere questo rapporto maggiormente complesso sotto il
profilo soggettivo, dando vita ad obbligazioni con pluralità di debitori e/o di
creditori66.
Si tratta, secondo l’unanime dottrina, del fenomeno unitario delle
obbligazioni soggettivamente complesse67, le quali, pur non espressamente
individuate dal legislatore, si ritiene si caratterizzino essenzialmente per la
presenza di tre requisiti. Anzitutto in esse interviene, come accennato, la
pluralità di soggetti dalla medesima parte del rapporto; in secondo luogo la
prestazione si pone come intrinsecamente ed originariamente unica, identica
(non semplicemente uguale) per tutti i più debitori o creditori, salvo le
modifiche che su di essa possono derivare dal fatto che vi intervengono più
soggetti dalla medesima parte (eadem res debita)68; infine sussiste l’eadem
66 Si vedano, per tutti, RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292, Bologna-Roma, 1968, 130 e BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 181 ss. il quale, simmetricamente, fa corrispondere allo schema dell’obbligazione soggettivamente complessa quello dell’obbligazione oggettivamente complessa. 67 Per una riflessione complessiva sulla figura dell’obbligazione soggettivamente complessa cfr. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 2 ss., secondo cui si tratterebbe di una categoria giuridica creata in via di sintesi, dalla dottrina, alla quale sarebbe attribuita anche la paternità della identificazione dei suoi elementi costitutivi. Il codice civile vigente (come, del resto, quello del 1865) non fa espressa menzione della categoria delle obbligazioni soggettivamente complesse, né, tantomeno ad essa dedica una speciale regolamentazione, a riscontro di qualla riservata alla obbligazione (soggettivamente) semplice. Diversa è la situazione per il diritto tedesco ove il BGB dedica un’apposita sezione alla disciplina del fenomeno della «Mehrheit von Shuldnern und Glaübigern» (§§ 420-432). Allo stesso fenomeno, unitariamnete considerato, è dedicata, inoltre, un’autonoma trattazione in tutte le opere di carattere generale in tema di obbligazioni. Cfr., tra le altre, HECK, Grundriss des Schuldrechts, Tübingen, 1929 (Nachdruch 1958), 230 ss.; ENNECCERUS-LEHMANN, Recht der Schuldverhältnisse15, in Lehrb. d. Burg. Rechts, II, Tübingen, 1958, 352 ss.; LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts10, I, München und Berlin, 1970, 425 ss.; ESSER, Schuldrecht2 (Allgemeiner und besonderer Teil), Karlsruhe, 1960, 436 ss.; FIKENTSCHER, Das Schuldrecht3, Berlin, 1971, 332 ss.; BLOMEYER, Allgemeines Schuldrecht4, Berlin und Frankfurt a.M., 1969, 292 ss.; BROX, Allegemeines Schuldrecht 2, München, 1971, 230 ss.; H.P. WESTERMANN, Mehrheit von Schuldnern und Glaubigern, in ERMAN-WESTERMANN, Handkommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch5, I, Munster, 1972, 888 ss.; Reim. SCHMIDT, Mehrheit von Schuldnern und Glaubigern, in SOERGEL-SIEBERT, Bürgerliches Gesetzbuch (mit Einfuhrungsgesetz und Nebengesetzen), II, Schuldrecht I, Stuttgart, 1967, 538 ss. 68 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292, Bologna-Roma, 1968, 137,
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causa obligandi e cioè l’unità del fatto generatore dell’obbligazione di modo
che l’identica prestazione, pur gravando contemporaneamente su più soggetti,
sia consapevolmente rivolta ad appagare l’identico interesse69.
Il legislatore, utilizzando i risultati di una lunga elaborazione dottrinale
che affonda le sue origini nel sistema del diritto romano, enuclea, accanto alla
disciplina generale del rapporto obbligatorio, alcuni tipi fondamentali di
obbligazioni caratterizzate dalla presenza di più creditori o più debitori, e ne
inserisce la disciplina in un capo del titolo I del libro delle obbligazioni,
dedicato genericamente «ad alcune specie di obbligazioni», tra le quali, in
modo particolare, spiccano le obbligazioni in solido di cui agli artt. 1292-1301
c.c.70.
secondo cui la necessità di un’identica prestazione è una delle ragioni che potrebbero far ritenere che la fideiussione, anche quando sia senza beneficio di escussionee e senza beneficio di divisione, come appunto è normalmente per il nostro diritto positivo, non costituisca un caso di vera solidarietà con l’obbligazione principale, posto che, in linea generale le due prestazioni possono anche non essere identiche, ed anzi neppure uguali, in quanto l’obbligazione fideiussoria è sempre pecuniaria, mentre invece quella principale, nel momento in cui sorge, può avere un diverso oggetto. Sulla diversità delle prestazioni nella fideiussione si veda anche, MATTEUCCI, Solidarietà del fideiussore e suo debito non pecuniario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1959, 1298 ss. 69 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292, Bologna-Roma, 1968, 141, secondo cui anche il requisito della eadem causa obligandi contribuisce ad allontanare la fideiussione dalla vera e propria solidarietà passiva posto che «l’obbligazione principale e quella fideiussoria sono due obbligazioni distinte […]la solidarietà si riduce […] alla normale mancanza del beneficio di escussione […] per il resto la fideiussione ha una propria disciplina che in molti punti si discosta da quella della solidarietà […] piena solidarietà sussiste invece fra le obbligazioni dei confideiussori, almeno se assunte con un unico atto, o anche con negozi separati ma in modo che da almeno uno dei due sia desumibile la volontà di del relativo assuntore di collegare la propria fideiussione all’altra»; si veda altresì BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1963, 181. La fenomenologia delle obbligazioni che vengono definite soggettivamente complesse, anche per effetto del carattere prettamente dottrinale della catagoria, è piuttosto fluida. Ciò determina l’accostamento di categorie dalla configurazione incerta (obbligazioni correali, connesse e facenti capo a collettività organizzate), a categorie di sicura configurazione normativa (obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie). Si veda per tutti, BRANCA, Obbligazioni solidali, correali, collettive, in Riv. dir. civ., 1957, I, 150 ss. 70 Si veda in argomento la trattazione dettagliata di AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, il quale, nella Prefazione al proprio lavoro, sottolinea la «miseriosità» dell’istituto della solidarietà ed afferma come «[sia]difficile immaginare un istituto più misterioso per la contemporanea essenziale presenza di di una pluralità di vincoli che ora convergono ad unità ed ora mantengono la loro autoonomia, per l’alternarsi di una disciplina che ora estende, ed ora no, gli efeftti ad altri soggetti, per la duplicità di rapporti, esterni ed interni: sembra quasi di trovarsi di fronte ad un personaggio bifronte dalla natura amletica».
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La nozione di solidarietà che, secondo alcuni71, costituisce l’aspetto più
importante e al tempo stesso più problematico della pluralità dei soggetti
dell’obbligazione, è fornita, in modo sufficientemente chiaro, dall’art. 1292
c.c. Da tale nozione risulta che la solidarietà dà luogo ad un particolare
atteggiamento dell’obbligazione, quando la prestazione cui ciascuno dei (più)
debitori è tenuto, non solo è identica, ma costituisce altresì la comune
prestazione, con la conseguenza che l’adempimento di uno solo estingue il
vincolo rispetto a tutti (obbligazione solidale passiva)72; o quando ciascuno dei
(più) creditori ha diritto verso l’unico debitore ad un’identica e comune
prestazione, di guisa che il debitore è liberato quando ha adempiuto nei
confronti di uno qualunque dei creditori (obbligazione solidale attiva)73.
Anche nel codice precedente, sotto il capo regolante le diverse specie di obbligazioni, vi era una sezione dedicata alle obbligazioni solidali, la quale risultava divisa in due paragrafi corrispondenti alle obbligazioni solidali attive(artt. 1184-1185) e a quelle passive (artt. 1186-2101). Tale distinzione è stata soppressa e, come espresso nella Relazione del ministro Guardasigilli al codice civile, n. 597, «alla frammentaria trattazione che delle obbligazioni solidali faceva il codice del 1865, quello nuovo sostituisce una formulazione di principi più organica e più completa». 71 Cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, I, Firenze, 1903, 107, il quale, già sotto la vigenza del codice del 1865, definiva il concetto di solidarietà: «la parola solidità, o come altri dice solidarietà, non è parola di legge, ma creazione di scienza per designare quel modo di essere delle obbligazioni, che le rende obbligazioni in solido, secondo il Codice italiano, obligations solidaires, secondo il Codice francese. Quel modo di essere, per cui i giureconsulti romani dicevano di più creditori essere correi credendi o stipulandi, e più debitori correi debendi o promittendi. Anche la parola correalità è venuta da qualche tempo a far parte del linguaggio scientifico moderno; ma essa veramente per la maggior parte degli scrittori è il ssegno di una distinzione che si è voluta introdurre nella solidalità. Sta a desiganre una specie di solidalità perfetta, che alcune recenti scuole pretendono contrapporre ad un’altra specie di solidalità meno piena e perfetta da essi chiamata, o semplicemente solidalità, o solidalità imperfetta». 72 Già sotto la vigenza del codice del 1865 la solidarietà passiva veniva definita come «un vincolo tra più debitori, in forza del quale essi si rappresentano reciprocamente nell’obbligo di pagare: allo scopo di rendere più sicuro il credito, e di agevolarne al creditore la riscossione. Per ciò ogni debitore si considera come debitore dell’intero in faccia al creditore per lo scopo anzidetto; mentre si considera come debitore della sua parte sola in tutti gli altri rapporti, e segnatamente in faccia ai condebitori». Cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, I, Firenze, 1903, 140. 73 In merito alle classificazioni interne al concetto di obbligazione con pluralità di soggetti si veda il contributo di BRANCA, Obbligazioni solidali, correali, collettive, in Riv. dir. civ., 1957, 150 ss., ove le obbligazioni con pluralità di soggetti e unicità di oggetto, vengono distinte in solidali, correali e collettive in senso stretto. All’interno della categoria della solidarietà in senso lato, poi, si distinguono tre figure: solidarietà in senso stretto, contratta nell’interesse di tutti, a ciascuno dei quali fa capo un proprio rapporto obbligatorio e perciò i rapporti interni reagiscono sull’obbligazione; solidarietà diseguale, contratta nell’interesse di uno, e perciò il
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Siffatta nozione postula la delimitazione della figura dell’obbligazione
solidale sia rispetto a quella dell’obbligazione parziaria, ove ciascuno dei
debitori è tenuto nei confronti del creditore limitatamente ad una parte della
prestazione (la solidarietà può costituire una modalità di attuazione)74, sia
rispetto a quella dell’obbligazione indivisibile, ove, invece, il fatto che la
prestazione non possa essere prestata pro parte dal singolo debitore, lungi dal
significare che essa sia caratterizzata dalla solidarietà, discende dalla
particolare natura ovvero dal modo in cui l’oggetto della prestazione sia stato
considerato dalle parti contraenti75.
Nell’ambito della solidarietà complessivamente intesa una posizione
privilegiata è assunta dalla solidarietà passiva76 la quale, in ossequio alla sua
precipua funzione di rafforzamento della tutela del creditore, è stata disposta
dalla legge quale regola generale in tutti i casi in cui un’obbligazione presenti i
requisiti della pluralità di soggetti, dell’unità di prestazione e dell’unità di
causa (art. 1294 c.c.) 77.
vincolo solidale di quest’ultimo può determinare la sorte dell’obbligazione dell’altro, ma non viceversa; (solidarietà) correalità, contratta nell’interesse di tutti ma con instaurazione di un vincolo unico a più soggetti, perciò il contegno di ciascuno influisce sulla posizione debitoria (o creditoria) degli altri. 74 Come sottolineato da DI MAJO, voce Obbligazioni solidali, in Enc. dir., XXIX, 1979, 301, benché anche l’obbligazione parziaria rappresenti al pari delle obbligazioni solidali e di quelle indivisibili, una delle risposte date, dal punto di vista giuridico, alla problematica sollevata dall’esistenza di una pluralità di soggetti, in realtà per essa si tratta di uno pseudo-problema essendo risolto a monte dal legislatore con il disporre che, laddove esista pluralità di soggetti con riguardo a prestazione divisibile (e non si applichi la solidarietà), si avranno tante obbligazioni quanti sono i soggetti in essa coinvolti. 75 Cfr. GIORGIANNI, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Noviss. dig. it., XI, 1965, 675. 76 Cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, I, Firenze, 1903, 140 secondo cui «se noi dovessimo giudicare della importanza della solidità, considerandola dal solo lato dei creditori, la diremmo istituzione quasi affatto priva di utilità pratica […] se non che la partecipazione della solidità ai negozi della vita civile apparisce subito manifesta e importante quando si viene a considerarla dal lato dei debitori; nel quale aspetto le applicazioni frequenti delle regole sue, i fatti svariati e numerosi che senza queste regole diverrebbero altrettante ingiustizie, ci palesano con evidente chiarezza la necessità e l’importanza della istituzione, e ci invitano a studiarla con maggiore larghezza e profondità, che dal lato dei creditori». 77 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1294, Bologna-Roma, 1968, 184, il quale nell’affermare l’automaticità della solidarietà passiva, sottolinea come ciò costituisca «un capovolgimento rispetto alla tradizione romana e all’art. 1188 cod. civ. del 1865, per il quale neanche la solidarietà passiva era elevata a regola, ma, come per quella attiva, occorreva
55
Ed invero, oltre a realizzare il rafforzamento del credito mediante la
semplificazione delle operazioni materiali di riscossione – consentendo,
infatti, al creditore di esigere l’intero da un solo debitore – il meccanismo della
solidarietà passiva fa sì che si aggiunga alla quota del debitore, o meglio a
quella che sarebbe stata la quota del debitore senza solidarietà, la garanzia
costituita dai patrimoni di tutti gli altri condebitori. Detta funzione si rileva
soprattutto nelle obbligazioni solidali che rispondono all’interesse esclusivo di
un solo debitore, ove, in misura ancora più evidente, si aggiunge la
responsabilità patrimoniale di un secondo obbligato che, in caso contrario,
sarebbe stato del tutto estraneo al rapporto, non essendo tenuto neanche per
una quota.
3. I rapporti interni tra condebitori solidali e il loro fondamento
Una riflessione completa ed esaustiva sulla disciplina della solidarietà e
sulle questioni teoriche ad essa connesse, condurrebbe, data l’ampiezza della
materia, ad un risultato che andrebbe ben oltre le finalità di questa indagine, la
quale, intende esaminare, della solidarietà, soltanto la disciplina dei rapporti
interni tra condebitori solidali. Senza alcuna pretesa di voler esaurire, in questa
sede, l’illustrazione della disciplina della solidarità, dunque, l’attenzione si
soffermerà su uno degli aspetti più discussi e complessi in materia di
obbligazioni solidali, all’interno del quale si colloca la problematica del diritto
che fosse pattuita appositamente dalle parti o disposta specificamente dalla legge. L’innovazione, però, è conforme a quanto era già ricevuto nel cod. comm. del 1882, art. 40 1° comma, ed in altre legislazioni: unificata la disciplina delle obbligazioni civili e di quelle commerciali, si è data la preferenza, in questo punto, alla regola che vigeva per le obbligazioni commerciali». Proprio la disciplina comemerciale ha da sempre rappresentato un’eccezione importantissima alla regola della esclusione della presunzione di solidarietà tra debitori. Ed invero il richiamato art. 40 cod. comm., ripetendo quanto già previsto nell’art. 90 del Codice di commercio del 1865, stabiliva che nelle obbligazioni commerciali i condebitori si presumono tenuti in solido, se non vi è convenzione contraria, e la stessa presunzione aveva luogo anche per il fideiussore di simili obbligazioni, anche quando non fosse commerciante. Un sistema contrario alla presunta solidarietà commerciale, come chiarito nella Relazione Mancini sul progetto del codice di commercio, avrebbe creato nelle relazioni mercantili «una diffidenza esiziale al commercio ed al suo incremento».
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di regresso e, sia pure non espressamente, quella del subingresso del
condebitore solvente nelle ragioni e nei diritti spettanti al creditore soddisfatto.
Si è soliti affermare che l’obbligazione solidale sia un tipo di
obbligazione “bifronte”, e cioè un obbligazione che, nel suo espetto
funzionale, passa attraverso due fasi successive: una fase esterna relativa ai
rapporti tra soggetti attivi e passivi, in cui ad essere tutelato è l’interesse
comune, e un’ulteriore fase interna, nel seno del gruppo, all’interno della quale
ciò che rileva è, invece, l’interesse individuale dei singoli partecipanti al
gruppo78.
Come è noto, infatti, definita la fase relativa ai rapporti esterni,
attraverso il pagamento dell’intera prestazione e la liberazione dei debitori nei
confronti del creditore (o del debitore nei confronti dei creditori), non sempre
si verifica, nei rapporti interni, l’estinzione dell’obbligazione, nel senso che
pur venendo meno l’obbligazione attiva o passiva del gruppo solidale verso un
soggetto contrapposto, nella maggior parte dei casi, si apre una successiva fase
– alla quale sono dedicati gli artt. 1298 e 1299 c.c. – in cui ciò che rileva è la
regolamentazione dei rapporti tra i soggetti del gruppo solidale, di modo che
ciascuno sopporti quella parte di prestazione che gli sarebbe spettata in
mancanza della solidarietà.
Eccezion fatta per il caso in cui l’obbligazione solidale sia stata
contratta nell’interesse esclusivo di alcuno dei condebitori, il legislatore ha
previsto espressamente che nei rapporti interni l’obbligazione si divida,
presuntivamente in parti uguali, tra i vari consorti, sicché, mentre verso il
creditore ogni debitore è tenuto per l’intero – secondo le regole proprie della
solidarietà –, nei rapporti interni a ciascuno compete una parte soltanto della
prestazione oggetto dell’obbligazione solidale79.
Sul modo di concepire il rapporto tra «lato interno» e «lato esterno»
della solidarietà non hanno mancato di farsi sentire le diverse opinioni degli
78 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 218. 79 Cfr. COLAGROSSO, Teoria generale delle obbligazioni e dei contratti, Roma, 1948, 147.
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interpreti che, nel tentativo di esprimere il senso comune che è a fondamento
dei principi affidati agli artt. 1298 e 1299 c.c., rimandano, il più delle volte alla
raffigurazione più ampia del fenomeno della solidarietà. Nonostante nella
maggior parte dei casi si sia tentato di ravvisare la ratio dell’istituto del
regresso e, ancor prima, della più generale logica sottesa alle regole relative ai
rapporti interni tra coobbligati, in una reazione ad un arricchimento
ingiustificato80 – nella solidarietà passiva tale arricchimento consisterebbe
nella liberazione dei consorti del solvens dall’obbligazione – nondimeno ci si è
resi conto della insufficienza di tale principio a poter illuminare
adeguatamente il fondamento funzionale dei meccanismi in esame, per cui si è
cercata una spiegazione che sposti l’attenzione dal principio economico
dell’arricchimento ad un’analisi proprio dei rapporti tra «lato interno» e «lato
esterno» della solidarietà.
La solidarietà è una sovrastruttura creata nell’interesse del creditore
per cui, secondo alcuni, va da sé che quando tale interesse non sia più in gioco,
e cioè nei rapporti interni tra condebitori o concreditori, si ritorni a quello che
sarebbe stato l’assetto naturale rappresentato dal trattamento parziario per i
singoli consorti81. La legge stessa, infatti, nel sancire la regola della divisione
realizzata attraverso lo strumento del regresso, si ritiene tenga bene a mente
che se non fosse stato per l’esigenza di una più energica tutela del creditore,
che ha portato a configurare il rapporto in termini di solidarietà, si sarebbero
avute non solo tante singole obbligazioni quanti sono i singoli consorti, ma
ognuna con un oggetto limitato ad una parte di quello che è l’oggetto unico
dell’obbligazione solidale; e pertanto, allorché quell’esigenza di tutela del
creditore non entra più in gioco, cioè nei rapporti interni, e talvolta anche nei
rapporti esterni, quando porterebbe a risultati eccessivi ed ingiustificati, la
stessa legge fa sì che le conseguenze dei vari fatti incidenti sull’obbligazione, 80 Cfr., per tutti, RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 232. 81 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1298, Bologna-Roma, 1968, 219 s.
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si verifichino per ciascun consorte in misura pari a quello che sarebbe stato
l’oggetto dell’obbligazione di ciascuno se l’obbligazione stessa fosse stata
parziaria.
Nello stesso senso si esprime un’altra parte della dottrina la quale,
sempre per spiegare il fondamento dei principi affidati agli artt. 1298 e 1299
c.c., ricorre ad un espressione figurativa attraverso la quale sottolinea come
per un principio «di perfetta corrispondenza funzionale» si esige «che un
istituto, raggiunto lo scopo per cui è stato creato, non conservi una pericolosa
ultraefficacia»82. Al riguardo si precisa, infatti, che per quanto possa essere
giusto che sul creditore non si faccia gravare la difficoltà di dover chiedere a
ciascuno dei debitori la propria parte, effettuando così tante richieste quanti
sono i debitori, è altrettanto vero che tale tutela non possa andare oltre le
finalità proprie della solidarietà, venendo spinta fino al punto di arrecare un
pregiudizio o un ingiusto vantaggio al condebitore liberato per effetto del
pagamento dell’altro83.
Così ricostruita la ragione posta a fondamento dei principi affidati agli
artt. 1298 e 1299 c.c., si assume, conseguentemente, che la formula legislativa
«l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o creditori» (art. 1298
c.c.) sia dotata di valore meramente decrittivo, limitandosi ad indicare il
criterio quantitativo delle conseguenze dei vari atti o fatti nella sfera giuridica
di ogni consorte. Al contempo si assume anche che l’azione di regresso non
abbia riferimento diretto all’obbligazione solidale estintasi per effetto del
pagamento, ma piuttosto, rappresenti un nuovo diritto di credito che, sui
principi dell’arricchimento in senso lato, sorge pro quota in favore di un
condebitore contro gli altri84.
82 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 221. 83 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 223, secondo cui la funzione del regresso sarebbe quella di «eliminare, nei rapporti interni, gli sconvolgimenti apportati dalla solidarietà, così da ricondurre l’obbligazione su di un piano genuino, come se la solidalrietà non vi fosse stata, […]purificando dagli effetti della specie solidale quella obbligazione che, in quanto divisa, ha perso l’attributo della specie stessa». 84 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1298, Bologna-Roma, 1968, 221.
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Non si tratta, tuttavia, di opinioni generalemente condivise, giacchè
altra parte della dottrina, in una prospettiva unitaria e complessiva
dell’obbligazione solidale, contesta la suesposta ricostruzione, ritenendo che,
nei suoi aspetti di struttura e di disciplina, l’obbligazione solidale non si fermi
sulla soglia dei rapporti esterni tra debitori e creditore ma si estenda in modo
assolutamente naturale anche ai rapporti interni85. In considerazione di ciò, si
ritiene, infatti, che l’obbligazione solidale non debba essere intesa come
sovrastruttura di obbligazioni parziarie, ma, più semplicemente come modo di
essere e forma complessiva di rapporti obbligatori con pluralità di soggetti
considerati tanto nel loro aspetto esterno quanto in quello interno.
Da tale angolo visuale discende come corollario che il problemna dei
rapporti interni tra i debitori e i creditori non è altro dalla solidarietà ma
riguarda l’aspetto interno di essa e cioè la rifrazione dell’idem debitum nei
rapporti interni tra consorti.
Il regresso, il cui fondamento – stando a questa ricostruzione –
verrebbe inutilmente ricercato al di fuori della solidarietà (nei principi
dell’arricchimento in senso ampio, appunto), non andrà inteso come nuovo
diritto di credito nascente, pro quota, in favore di un condebitore verso gli altri
ma piuttosto come «effetto o aspetto dell’obbligazione solidale nel suo lato
interno». Dal canto suo, poi, il riferimento alla divisione dell’obbligazione
solidale, recuperato un valore diverso da quello meramente descrittivo, dovrà
essere letto come necessaria rifrazione dell’obbligazione nei rapporti tra i
diversi debitori e creditori non già, però, in senso naturalistico, ma, al
contrario, quale particolare atteggiamento dell’obbligazione solidale “post
factum”, e cioè dopo il pagamento86.
85 Cfr. MAZZONI, Le obbligazioni solidali e indivisibili, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, IX, Torino, 1984, 617. 86 Sul punto DI MAJO, voce Obbligazioni solidali, in Enc. dir., XXIX, 1979, 318 s., il quale precisa «obbligazione solidale, dunque, non quale sovrastruttura di obbligazioni parziarie, ma modo di essere e forma complessiva di rapporti obbligatori con pluralità di soggetti e considerati nel loro aspetto esterno ed interno» ed aggiunge che «da tale angolo visuale discende come corollario che il problema dei rapporti interni tra i debitori e i creditori non è altro dalla solidarietà ma riguarda l’aspetto interno di essa e cioè la rifrazione dell’idem
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4. Nozione e fondamento del diritto di regresso
Lo strumento tecnico attraverso il quale viene garantita la divisione
interna dell’obbligazione solidale è rappresentato dall’azione di regresso come
testualmente definita e disciplinata all’art. 1299 c.c.
Nel codice civile il termine regresso è utilizzato in modo polivalente,
con riferimento a situazioni eterogenee neppure accostabili in linea di
massima, il che rende complessa la ricostruzione di una nozione unitaria
dell’istituto87. Senza dubbio, però, la più diffusa accezione del termine
regresso indica il diritto e la conseguente azione riconosciuti a colui che abbia
adempiuto un’obbligazione, all’adempimento della quale era tenuto con
vincolo solidale assieme agli altri, di ottenere in tutto o in parte, il rimborso
nei confronti di colui sul quale, nei rapporti interni, gravi il debito88.
debitum nei rapporti interni tra consorti. […]Se si assume questo diverso angolo visuale, potrà recuperare il suo valore anche il riferimento alla divisione dell’obbligazione in solido, ove appunto quell’espressione dovrà essere intesa quale necessaria “rifrazione” dell’obbligazione nei rapporti tra i diversi debitori e creditori e ciò non nel significato di un suo dividersi in senso naturalistico ma nel significato di un particolare atteggiarsi dell’obbligazione solidale post factum (e cioè dopo il pagamento) nei rapporti interni tra i debitori (o i creditori). E dovendosi dunque qualificare il regresso ex art. 1299 c.c. non quale credito ex novo e sia pure pro quota ma quale effetto od aspetto dell’obbligazione solidale nel suo lato “interno”, se così può dire, divenendo, dunque, in tal caso superflua l’esigenza di porsi il problema di un “autonomo” fondamento o causa del regresso che sia altro dal fondamento della stessa obbligazione solidale riguardata post factum. Potrebbe in tal modo ritenersi anche superata l’annosa querelle tra un regresso quale diritto che è sorto ex novo per effetto del pagamento ed un regresso quale risultato di un fenomeno successione-surrogazione nel diritto del creditore soddisfatto». 87 Per l’etimologia della parola si veda CORTELAZZO-ZOLLI, voce Regredire, in Dizionario etimologico della lingua italiana, II ed., Bologna 1999, ove il termine regresso è ricondotto all’epressione latina regréssus, come atto o effetto del regredire e cioè del tornare indietro anche in senso figurato. Lo stesso termine, tuttavia, è impiegato anche nell’accezione di «diritto di ripetere da altri nei casi previsti dlla legge ciò che si è pagato ad un creditore» (sec. XIV, Tavola Amalfitana). 88 ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 704; secondo CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, 1991, 1, invece, il termine regresso indica, in modo più generico, «il diritto e la conseguente azione riconosciuti a colui che abbia adempiuto un’obbligazione di riversare in tutto o in parte su altri le conseguenze dell’adempimento». Nello stesso senso RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 353; BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958, 26 ss; e, pur con qualche riserva, SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 118. Attribuiscono alla nozione di regresso un valore meramente descrittivo, MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, III, ed. 9, Milano, 1959, 480 e RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in
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Benché tale accezione rilevi essenzialmente con riferimento al settore
delle obbligazioni solidali in senso stretto89, vale a dire nella figura tipica
contemplata dal legislatore agli artt. 1292-1310 c.c. – nella quale il regresso si
presenta come rimedio istituzionale anche se non esclusivo, fondato su
presupposti e con disciplina idonei a distinguerlo da ogni altra azione
funzionalmente affine – va precisato che l’azione di regresso sorge anche in
tutte quelle figure di coobbligazione radicate sullo schema dell’obbligazione
solidale tipica, dalla quale derivano, almeno per quanto riguarda gli aspetti
fondamentali, la disciplina nei rapporti esterni, mentre la disciplina dei
rapporti interni fra coobbligati può differire anche in maniera piuttosto
sensibile. Ci si riferisce, in particolar modo, alle ipotesi connesse alla
solidarietà fideiussoria (su cui vedi infra cap. III)90.
Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 228 secondo il quale quello del regresso è un concetto generico all’interno del quale una nozione generale di regresso può essere prospettata unitariamente solo in via descrittiva poiché proprio giuridicamente non si può dire che costituisca una categoria unitaria, dai confini delimitati in modo preciso e con una disciplina fondamentalmente unica. Essa comprende, infatti, varie ipotesi specifiche rispetto alle quali va tenuta distinta l’applicazione del regresso alle obbligazioni solidali ove, con alcune differenze, sia pure secondarie, tra solidarietà attiva e passiva, esso si giustifica in relazione alla loro particolare natura giuridica. 89 Con particolare riferimento alle obbligazioni solidali, il regresso è stato definito da RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 228 s., come quell’istituto che «comprende tutti i casi in cui un soggetto, per il fatto di aver compoiuto (o ricevuto) un pagamento che, almeno obiettivamente, si risolvve in tutto o in parte nell’interesse di un terzo, acquista il diritto di aver rimborsata (o rispettivamente soggiace all’obbloigo di rimborsare) in tutto o in parte dal terzo la somma pagata o comunque il valore della prestazione eseguita». 90 Sul punto si veda RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 356, secondo il quale il regresso, come fattispecie unitaria all’interno della quale ricondurre le altre ipotesi particolari, costituirebbe uno schema tipico, con caratteristiche peculiari, cui il legislatore farebbe ricorso «in tutte le ipotesi di sussistenza di un vincolo di coobbligazione solidale, almeno nel suo aspetto esterno e d’adempimento da parte di uno dei coobbligati, anche per quota a lui non spettante nei rapporti interni». Senza pretesa di completezza, si segnalano, oltre al regresso tra condebitori in solido e a quello del fideiussore contro il debitore principale, i casi di regresso del coobbligato per gli alimenti (art. 443 c.c.); dell’appaltatore verso i subappaltatori (art. 1670 c.c.); del vettore solvente verso i covettori nel trasporto cumulativo (art. 1700 c.c.), di uno dei più assicuratori che abbia risarcito il danno all’assicurato (1910 c.cc.); del cofideiussore verso gli altri fideiussori (art. 1954 c.c.); del corresponsaile nel fatto illecito (art. 2055 c.c.); del terzo datore di ipoteca verso gli latri terzi datori di ipoteca (art. 2871 c.c.); il regresso nei confronti dei coobbligati falliti di cui all’art. 61 e ss. della legge fallimentare; infine nell’ambito della disciplina dettata dal Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e dal Testo Unico Bancario (D. Lgs. 24 febbraio
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Indipendentemente dalla sua esatta nozione, in linea generale si è soliti
intendere l’azione di regresso come un istituto mediante il quale il legislatore
persegue l’obiettivo di ridistribuire un sacrificio patrimoniale – conseguente
all’estinzione di un rapporto obbligatorio – fra una pluralità di soggetti a vario
titolo cointeressati, in modo che ognuno di essi lo sopporti (o, viceversa, ne
tragga profitto) nella misura corrispondente all’interesse a lui imputabile nella
vicenda (ovvero in parti uguali, allorché non risulti altrimenti determinabile
l’interesse specificamente riferibile a ciascuno di essi)91.
Ne emerge un regresso che, al precipuo fine di ristabilire un equilibrio
temporaneamente infranto, conferisce al soggetto di volta in volta individuato
dal legislatore, un vero e proprio diritto di credito finalizzato a far sì che le
conseguenze derivanti dall’atto estintivo non restino esclusivamente nella
sfera giuridica del solvens (o dell’accipiens), ma siano equamente ripartite fra
tutti coloro che sono tenuti a subirle pro parte92. Un diritto, dunque, che trae
origine direttamente dal carattere solidale dell’obbligazione e non già da una
preesistente relazione giuridica fra i coobbligati, che può anche mancare e che
comunque, spiega effetto solo al fine di neutralizzare il riconoscimento
legislativo del regresso o di vincere la presunzione di divisione in parti
uguali93.
L’azione di regresso va dunque intesa come un istituto di carattere
generale in quanto effetto ex lege o aspetto dello stesso vincolo solidale nel 1993, n. 385) sono previste specifiche ipotesi in cui il regreesso, anziché come diritto del condebitore adempiente, si configura come vero e proprio obbligo. Per un’attenta disamina delle singole ipotesi di regresso si veda, SICCHIERO, voce Regresso, in Digesto IV, Disc. Priv., Sez. civ., XXVI, Torino, 1997, 553 ss. 91 Cfr. ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 704, il quale nega che la funzione del regresso sia quella di evitare un ingiusto depauperamento del patrimonio del solvens. Contra, SCUTO, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1950, 318 e AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 299. 92 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1298, Bologna-Roma, 1968, 220, secondo cui la pretesa divisione nei rapporti interni avrebbe un valore meramente descrittivo della funzione dell’obbligazione solidale, ma, per quanto riguarda il mezzo tecnico con cui tale funzione verrebbe attuata nei rapporti interni, starebbe semplicemente ad indicare il criterio quantitativo con cui le conseguenze dei vari atti o fatti che incidono sull’obbligazione si ripercuoterebbero nel patrimonio di ogni singolo consorte. 93 Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 2
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suo lato interno. Un effetto costante e tipico che trova fondamento assorbente
nell’utilità che gli altri obbligati oggettivamente ritraggono dall’effetto
liberatorio per tutti che consegue al pagamento nei rapporti esterni94.
Tali caratteri portano concordemente ad escludere che il regresso
dell’obbligato solidale costituisca applicazione dell’azione generale di
arricchimento ex art. 2041 c.c., ovvero che possa identificarsi con l’azione
derivante dall’utile gestione di affari, posto che di fronte al creditore sussiste
l’interesse proprio del solvens all’adempimento95. Resta altresì preclusa la
qualifica del regresso come actio mandati, già imperante nell’ordinamento
previgente, e riposante sull’idea che gli effetti della solidarietà, siano essi
esterni o interni, trovino giustificazione in un reciproco mandato fra
coobbligati96; prospettiva, questa, forse coerente in un ordinamento in cui la
solidarietà passiva aveva fondamento volontaristico (art. 1188 codice civile
del 1865), ma superata e forse anche superflua in quello attuale in cui essa si
pone come principio dispositivo.
5. Presupposti dell’azione
Una ricostruzione delle caratteristiche strutturali dell’azione di regresso
esige il rinvio a due disposizioni normative le quali, pur disciplinando
situazioni profondamente diverse tra loro, risultano centrali per il corretto
inquadramento sistematico dell’istituto in esame: l’art. 1299 c.c., in materia di
obbligazioni in solido e il corrispondente art. 1950 c.c., previsto, invece, in
materia di fideiussione (su cui infra, cap. III).
La prima osservazione che scaturisce dalla lettura dell’art. 1299 c.c.,
concerne lo stretto collegamento che tale norma instaura tra l’azione di
regresso e l’esistenza di un condebito. Essa, infatti, proprio nell’ambito della
94 cfr. DI MAJO, voce Obbligazioni solidali, in Enc. dir., XXIX, 1979, 319. 95 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 231, e RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 358 96 Per tutti, MELUCCI, La teoria delle obbligazioni solidali nel diritto civile italiano, Torino, 1884, 10 ss. e 215.
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disciplina delle obbligazioni solidali, rappresenta una sorta di svolgimento
consequenziale delle disposizioni di cui agli artt. 1294 e 1298 c.c.
Di queste ultime, la prima, come noto, stabilisce una presunzione iuris
tantum in forza della quale il meccanismo solidale – in difetto di una difforme
previsione della legge o del titolo – funge da tipica modalità d’attuazione di
quelle obbligazioni assunte da una pluralità di debitori per il soddisfacimento
di un interesse comune a tutti i componenti del gruppo97.
La seconda, invece, pone il principio per cui nei rapporti interni il
vincolo solidale cessa di produrre effetto, mentre diviene preminente
l’esigenza di assicurare la parità di trattamento tra i consorti, ripartendo fra gli
stessi il peso economico del debito in proporzione tendenzialmente egualitaria.
Al soddisfacimento di tale esigenza è preordinata l’azione di regresso
attribuita al debitore solidale a norma del successivo art. 1299 c.c., la quale
opererà sulla base di due presupposti essenziali: a) la partecipazione ad un
«condebito», che presuppone più soggetti tenuti, in forza di una eadem causa
obligandi alla medesima prestazione, e b) l’adempimento dell’obbligazione
comune da parte di uno dei condebitori.
Il primo di tali presupposti è implicito nella funzione stessa assolta dal
diritto di regresso, il quale, presupponendo un assetto dei rapporti interni tra
coobbligati imperniato sulla riferibilità a ciascuno di essi di una quota del
debito comune, non potrebbe trovare applicazione laddove non dovesse aver
luogo il fenomeno descritto dall’art. 1298 c.c..
Il diritto di regresso, secondo lo schema dell’art. 1299 c.c., si atteggia
infatti come un diritto nuovo98, nascente dopo che l’adempimento da parte di
97 Cfr. ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 705, secondo cui il fatto che l’enunciazione della fattispecie si esaurisca nel riferimento ai condebitori, impone che questo stesso termine venga interpretato in modo rigorosamente tecnico e cioè nel senso di contitolarità tra più soggetti tenuti ad una medesima prestazione in forza di una eadem causa obligandi. 98 Con riferimento al “nuovo diritto” che nascerebbe dopo l’adempimento dell’obbligazione da parte di uno dei coobbligati si veda la posizione espressa da RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1298, Bologna-Roma, 1968, 219 secondo il quale «la formula legislativa, per cui nei rapporti interni l’obbligazione “si divide” fra i vari consorti, non
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uno dei condebitori abbia estinto il debito comune e commisurato nella sua
entità non già a quest’ultimo, bensì alla quota interna di spettanza di ciascun
consorte99.
Quanto al secondo presupposto, occorre precisare che malgrado
testualmente l’art. 1299 c.c. si riferisca al «pagamento» dell’intero debito, ad
esso dovranno essere equiparati anche gli altri modi di estinzione diversi
dall’adempimento, con l’ovvia precisazione, però, che l’attribuzione di un
diritto di regresso non potrà discendere indiscriminatamente da ogni fattispecie
estintiva dell’intero debito cui abbia partecipato solo uno dei coobbligati. Se
fondamento imprescindibile del diritto di regresso è, infatti, la ripartizione fra
consorti dell’onere economico dell’obbligazione comune, in proporzione delle
va’intesa alla lettera dal lato formale e strutturale: l’obbligazione, invero, è un vincolo concepibile ed esistente solo nei rapporti debitore-creditore, cioè solo nei cosiddetti rapporti esterni, e tanto basta ad escludere che sia raffigurabile anche nei rapporti interni, e, a fortiori, che in questi rapporti possa dividersi. Possono bene aversi obbligazioni fra i condebitori o fra i con creditori, ma non si tratta dell’originaria obbligazione che si frazioni, bensì di nuove obbligazioni, che sorgono tra i consorti, sulla base della loro preesistente comunione di interessi, allorché in seguito si verifichi un’ulteriore fatto che su quella comunione venga ad incidere. Difatti, la cosiddetta divisione dell’obbligazione nei rapporti interni, per quanto riguarda il regresso, si verifica anche nel caso di prestazione indivisibile, il che sarebbe una contraddizione insuperabile se si avesse una vera e propria divisione, e invece conferma che non di ciò si tratta, bensì semplicemente di un regresso pro quota. È vero, poi, che, quando l’originaria prestazione è divisibile, una divisione avviene anche nell’altro rimedio spettante al solvens, cioè nella surrogazione, sebbene con quest’ultima rimanga in vita proprio il credito originario; ma appunto perciò la divisione avviene anche ora non in un rapporto tra coobbligati, bensì in un rapporto debitori-creditore, con l’unica particolarità che il nuovo creditore è ora una persona che prima della surrogazione militava fra i debitori. […]l’obbligazione non può più dividersi per il semplice motivo che si è estinta; è invece un nuovo diritto di credito che sorge , pro quota, in favore di un condebitore contro gli altri». Contra GIORGIANNI, Obbligazioni parziarie, solidali, divisibili e indivisibili, in Annali Università di Catania, VI-VII, 1951-53, 123 ss. 99 Cfr. ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., 1988, XXXIX, 706: ove tuttavia si precisa che nettamente diversa appare la vicenda allorché la solidarietà funga da meccanismo di attuazione di due distinti rapporti obbligatori, connessi per la funzione di garanzia cui risponde uno di essi. In tal caso, infatti, l’adempimento da parte del coobbligato a titolo di garanzia, non realizzerebbe il binomio liberazione del debitore principale – nascita di un diritto di regresso in capo al solvens poiché la causa di garanzia che caratterizza l’obbligazione del condebitore sfornito di un interesse proprio, e per ciò stesso tenuto «per altri» al pagamento del debito, renderebbe immediatamente applicabile l’art. 1203 c.c. L’atto solutorio da lui effettuato produrrebbe l’effetto di estinguere il diritto del creditore in via satisfattiva senza tuttavia incidere sull’obbligo riferibile al debitore principale, il quale resterebbe inalterato grazie alla vicenda surrogatoria che, come noto, consentendo il subentro di un altro nel posto del creditore originario, impedisce l’estinzione dell’obbligo che dovrebbe naturalmente accompagnare l’estinzione del diritto del creditore.
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rispettive quote, è evidente che si sarà fuori dal raggio di applicazione
dell’istituto là dove, per esempio, la liberazione dei condebitori nei confronti
del creditore comune consegua ad un atto di liberalità di quest’ultimo (es.
remissione). Ed invero, benché il creditore potrebbe rimettere il debito ad uno
solo e contestualmente trasferirgli il suo diritto verso gli altri, è pur vero che il
diritto del remissario nei confronti degli altri non sarebbe un diritto di regresso
vero e proprio, ma lo stesso diritto del creditore da questo ceduto e dedotta la
quota interna del remissario stesso100.
6. “Misura” ed oggetto del diritto di regresso
Venendo ad esaminare in modo più dettagliato, benchè non esaustivo,
la disciplina del diritto di regresso, occorre analizzare partitamente l’oggetto
dell’azione, cioè ciò che è dato al solvens di recuperare ed in quale maniera, ed
il quantum del diritto di regresso in relazione al diverso pagamento, o meglio
alla diversa “misura” del pagamento a sua volta eseguito dal solvens101.
100 Cfr. ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 706, secondo cui a diversa conclusione dovrebbe giungersi laddove l’estinzione dell’obbligazione comune sia l’effetto di un atto che comporti il sacrificio patrimoniale per uno dei condebitori, in tal caso, infatti, l’equiparazione della fattispecie a quella dell’adempimento deriverebbe dal principio generale della parità di trattamento tra i comunisti, in virtù del quale è necessario che vi sia una equilibrata ripartizione di quel sacrificio tra i consorti. Si pensi al caso del condebitore che abbia stipulato una novazione non limitata alla propria quota, ovvero a quello del condebitore che abbia estinto l’obbligazione comune mediante una datio in solutum , o ancora a quello del condebitore che abbia opposto in compensazione un proprio credito. 101 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 243 ss., secondo cui, in ordine alla misura del regresso occorre effettuare alcune precisazioni. Ed infatti, se un condebitore paga solo in misura pari o addirittura inferiore alla sua quota interna e il creditore rinunzia in suo favore alla solidarietà, l’adempiente resta liberato per il residuo, che continuerà a gravare sugli altri coobbligati – avendo rinunciato il creditore alla solidarietà nei suoi confronti – ma, ovviamente, non avrà regresso per la parte pagata, in quanto non solo non ha dato nulla di più di quella che nei rapporti interni era la sua quota ma, al tempo stesso è ormai sicuro di non dover pagare altro, sicché, se avesse il regresso, finirebbe con il conseguire un ingiustificato arricchimento; se, invece, paga solo una parte del debito senza rinuncia da parte del creditore alla solidarietà, nei rapporti esterni resta ancora obbligato per il pagamento – potendo benissimo il creditore richiedere il residuo – per quanto concerne i rapporti interni, invece, occorre ulteriormente distinguere tra l’ipotesi in cui il pagamento sia stato effettuato in misura pari o inferiore alla propria quota e la diversa ipotesi in cui, al contrario, si sia pagato più della propria quota. Nel primo caso, il condebitore non avrà diritto al regresso, mancando il vantaggio per gli altri condebitori nei rapporti interni, nel secondo
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Quanto a quest’ultimo aspetto va anzitutto precisato che l’azione di
regresso, essendo esperibile solo per la parte destinata a gravare su ciascun
coobbligato nei rapporti interni (art. 129 c.c.) e nei limiti di quanto
effettivamente pagato102, non ha carattere solidale e ciò trova giustificazione
nell’opportunità di evitare un inutile circuito di azioni103. Tale ratio segna,
peraltro, il limite di operatività del principio, dovendosi riconoscere il
persistere del vincolo solidale nei rapporti interni a favore dell’adempiente
quando questi abbia regresso per l’intero nei confronti di più coobbligati (basti
pensare all’art. 1951 c.c., su cui infra cap. III)104.
Nei limiti della propria quota, al solvens spetta, il diritto al recupero del
capitale ma anche degli interessi e, proporzionalmente, delle spese effettuate
nei rapporti con il creditore. Per quanto concerne gli interessi, l’adempiente ne
avrà diritto sulle somme pagate, dal giorno del pagamento, nella misura legale
o in quella superiore convenuta per il credito originario, analogamente a
quanto previsto in materia di fideiussione105. Sotto il profilo delle spese,
invece, non si tratta di una disciplina richiamata per analogia dalla fideiussione caso, invece, sempre verso ciascun consorte in proporzione della rispettiva quota di costui, avrà regresso solo per la parte pagata in eccedenza rispetto alla propria quota di debito. 102 In giurisprudenza, si veda per tutte, Cass. 30 ottobre 2007, n. 22860, Mass. Giur. it., 2007; nella giurisprudenza di merito, Trib. Benevento, 4 settembre 2008, Contratti, 2008, 12, 1148. Con specifico riferimento all’ipotesi di intervenuta transazione, si veda, invece, Trib. Reggio Emilia, 4 marzo 1966, in Foro it., 1966, I, 1604, con nota adesiva di AMORTH. 103 Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4 104 Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4, secondo cui sarebbe la stessa ratio del principio a segnare il limite di operatività della regola. 105 Si veda CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4, secondo cui la possibilità di estendere al coobbligato solidale la disposizione in tema di interessi prevista in materia di fideiussione, deriva dal fatto che si tratta di una norma che non riposa su specifiche peculiarità dell’obbligazione fideiussoria. In senso conforme, RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 359 e SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 130. Di segno contrario, invece, le posizione espressa da RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 238, secondo cui l’adempiente ha diritto agli interessi sulla somma capitale che può pretendere dagli altri condebitori, con decorrenza dal giorno del pagamento; ma, senza bisogno di dover ricorrere ad un’estensione analogica dell’art. 1950 c.c., l’adempiente, in base all’azione personale di regresso, ha diritto agli interessi anche se il credito originario, per apposita clausola contrattuale, non produceva interessi e ciò perché si tratta di un credito nuovo (questi stessi interessi non si potranno, infatti, pretendere in base alla surrogazione). Tuttavia, sempre in base all’azione personale di regresso, avrà diritto agli interessi solo nel saggio legale, mentre, quelli convenzionali superiori ai legali, potrà pretenderli solo avvalendosi della surrogazione.
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– l’art. 1950 c.c., infatti, riconosce espressamente al fideiussore il diritto al
rimborso (rectius regresso), delle spese sostenute – ma di una regola conforme
sia all’art. 1196 c.c., secondo cui le spese del pagamento sono a carico del
debitore – ed ora è lo stesso solvens ad aver assunto al posizione di creditore –
sia, più in generale, ai principi e alla funzione propria del diritto di regresso
nelle obbligazioni solidali106.
Con particolare riguardo all’oggetto del diritto di regresso occorre
precisare che esso si differenzia in relazione alla prestazione eseguita dal
solvens. Ed infatti, escluse le obbligazioni negative nelle quali il regresso non
trova applicazione, nel caso in cui si sia eseguita una prestazione di fare o di
consegnare una cosa infungibile, il regresso non potrà avere ad oggetto altro
che il valore della prestazione o della cosa pro quota tra i vari consorti;
laddove, invece, la prestazione abbia avuto ad oggetto una cosa fungibile
diversa dal denaro, si potrà optare tanto per il regresso in natura, quanto per il
regresso per equivalente, sicuramente più comodo perché diretto a recuperare
il valore della prestazione in denaro107.
Un’ultima regola di portata generale riguarda, infine, l’ipotesi di
insolvenza di uno dei coobbligati solidali. In tale circostanza è previsto, infatti,
che tutti i coobbligati, compreso il solvens, sopportino, in proporzione delle
rispettive quote, l’insolvenza di uno di essi o l’insolvenza del coobbligato con
interesse esclusivo. Detta perdita, tuttavia, ricadrà solo sul solvens
106 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 244, il quale rinviene, altresì, nel rimborso delle spese l’unica ipotesi in cui sarebbe possibile cumulare i vantaggi della surrogazione con quelli derivanti dall’esercizio del regresso. Ed infatti, «se […]il solvens si avvale della surrogazione, anche questa comprende quelle spese del pagamento che in un primo tempo siano state compiute dal creditore e poi rimborsate a questi dal solvens. Per contro, a stretto rigore, la surrogazione non dovrebbe estendersi a quelle spese del pagamento che in origine sono state compiute dal solvens direttamente, perché queste spese non sono mai diventate un credito del creditore originario; ma a me sembra che, solo in questo caso e a questo effetto, il solvens possa cumulare la surrogazione ed il regresso, cioè avvalersi della surrogazione per il credito principale e del regresso per le spese anzidette». 107 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 246.
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ogniqualvolta si rilevi un nesso di causalità fra ritardo nell’esercizio del
regresso e sopravvenuta insolvenza del coobbligato108.
Perché si abbia «insolvenza» di un condebitore è necessaria l’inutile
escussione di costui, e cioè che il consorte, il quale ha pagato e agisce in
regresso, non riesca a soddisfarsi neanche con l’esecuzione forzata. Sicchè non
basta che il secondo debitore non abbia pagato, sebbene richiesto del regresso,
ma occorre anche che contro di lui sia stata inutilmente attuata la procedura
esecutiva109.
7. La disciplina delle eccezioni e della prescrizione
Anche in ordine alla disciplina relativa all’opponibilità delle eccezioni
occorre procedere alla dovute distinzioni.
Il condebitore convenuto in regresso può sicuramente opporre al
condebitore agente le eccezioni fondate sui loro rapporti reciproci, cui si
aggiunge la possibilità di opporgli le eccezioni che spettavano all’attore contro
l’originario creditore, sempre che non rivestano carattere strettamente
personale. Potrà, dunque, nei limiti anzidetti, trarre eccezioni da fatti relativi al
rapporto creditore-solvens, che incidono sulla fattispecie costitutiva del diritto
di regresso ed in particolare potrà opporre quelle eccezioni che l’attore
avrebbe potuto opporre al creditore per sottrarsi al pagamento110.
108 Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4 109 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 253. Nello stesso senso Cass. 17 gennaio 1933, in Foro it., Rep. 1933, voce Obbligazioni e contratti, n. 213; contra, in dottrina, RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 360, secondo cui «non occorre un’azione giudiziale di infruttuosa escussione del condebitore […] bastando che se ne possa dimostrare l’insolvenza in sede civile»; in giurisprudenza, App. Milano, 27 novembre 1931, in Mon. Trib., 1932, 213. Sul punto anche App. Bologna, 26 novembre 1936, in Temi em., 1937, 53. 110 cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 249, CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4. Per un’analoga ricostruzione in tema di fideiussione, si veda, FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 403. In giurisprudenza Cass. 28 marzo 2001, n. 4507, Mass. Giur. it., 2001, ove, in massima, si legge: «Nell'azione di regresso fra condebitori, prevista dall’art. 1299 c.c., il debitore che ha adempiuto il debito comune fa valere il suo diritto alla
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Meno pacifica risulta, invece, la questione relativa alla posizione del
solvens con riferimento alle eccezioni che il convenuto in regresso avrebbe
potuto opporre al creditore. Invero, al riguardo, si contrappongono due diversi
orientamenti. Mentre alcuni ritengono che, come principio generale, si debba
consentire di opporre tutte le eccezioni anche se strettamente personali al
convenuto111, da altra parte si tende, invece, a circoscrivere tale opponibilità
alle sole eccezioni strettamente personali al convenuto112. In una posizione
intermedia si colloca, infine, quella dottrina che, muovendo dall’art. 1952 c.c.
in tema di fideiussione, trae argomenti utili a revocare in dubbio entrambe le
richiamate opinioni113.
Relativamente al regime della prescrizione, si ritiene che il diritto di
regresso, inserendosi nell’ambito dell’originario rapporto e costituendo di esso
solo un ulteriore sviluppo, in assenza di diversa specifica disciplina, sia
assoggettato ad un termine di prescrizione identico a quello del credito
originario (chiaramente se il termine di prescrizione del debito originario non è
quello normale ma si tratta di termine breve, anche l’azione di regresso avrà lo
stesso tipo di prescrizione)114. Tanto sia nel caso in cui si affermi la natura
surrogazione legale a norma dell’art. 1203 n. 3 c.c., con la conseguenza che diventano a lui opponibili non solo le eccezioni relative al rapporto interno di solidarietà, ma anche quelle opponibili al creditore in solido, relative a limitazioni, decadenze e prescrizioni inerenti al diritto che ha formato oggetto di surrogazione». 111 In tal senso si pone la dottrina maggioritaria. Si veda, RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 359; RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 248; AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 266. In giurisprudenza, cfr., Cass. 21 giugno, 1971, n. 1952, in Foro it., Mass.,1071, 572. 112 Per tutti, si veda la posizione espressa da BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 425 e, ancor prima da GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, I, Firenze, 1903, 228. 113 Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4, secondo cui il convenuto in regresso dovrebbe poter utilizzare «solo le eccezioni non aventi carattere personale, dato che, ex art. 1297 c.c., solo queste il solvens era legittimato ad opporre in sede di pagamento. 114 Cfr. RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 360, secondo cui, inoltre, non si esclude che se il debito originario comporti la prescrizione ordinaria e, viceversa, il rapporto interno fra coobbligati sia regolato da una prescrizione breve, questa si applichi anche all’azione di regresso. In senso conforme, RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 239. Ritiene, invece, che il termine di prescrizione del diritto
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surrogatoria del regresso, quanto nella diversa ipotesi in cui si tengano distinte
le due azioni (su cui , infra, cap. IV)115.
Concepito il diritto di regresso come diritto che sorge per effetto del
pagamento è pacifico che la relativa prescrizione decorrerà dal giorno del
pagamento116.
8. La surroga del condebitore adempiente come ipotesi di
surrogazione legale ex art. 1203 n. 3 c.c.
Benchè nella sezione III del capo VII del codice civile, dedicata alla
disciplina delle obbligazioni in solido, non vi sia un espresso richiamo alla
norma in materia di surrogazione117, si ritiene, comunemente, che al
condebitore solidale che abbia eseguito per intero la prestazione, a fronte della
di regresso sia sempre quello decennale, ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 711. 115 Di segno contrario la posizione espressa da DI MAJO, voce Obbligazioni solidali, in Enc. dir., XXIX, 1979, 319, secondo il quale, non si vede come l prescrizione breve, che è un’eccezione inerente al rapporto originario, possa operare anche per il credito di regresso, posto che il pagamento da parte di un coobbligato in solido, estinguendo il rapporto originario, rende normalmente inopponibili le eccezioni in esso radicate. 116 Cfr. RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 360. In giurisprudenza, Cass. 28 marzo 2001, n. 4507, cit., secondo cui «[nell’azione di regresso]il termine di inizio della prescrizione coincide con quello in cui il debitore in solido abbia adempiuto l’intera obbligazione»; Cass. 27 giugno 1975, n. 2540, in Dir. prat. Assic., 1977, 101. 117 La disciplina della surrogazione per pagamento trova la sua collocazione sistematica in un’apposita sezione nella materia dell’adempimento delle obbligazioni (artt. da 1201 a 1205 c.c.). Sia pure con qualche parziale modifica si tratta di una disciplina sostanzialmente conforme a quella dettata nel codice previgente, ove gli artt. dal 1251 al 1254, la collocavano similmente nell’ambito del pagamento. Diversa ne è tuttavia l’articolazione. È stata abbandonata la distinzone della surrogazione in «convenzionale» e «legale» ed è stata quindi soppressa la relatuva formula definitoria dell’art. 1251, dalla quale si poteva essere indotti a ritenere che, nei casi in cui fosse convenzionale, la surrogazione si sarebbe effettuata per «convenzione», ossia per contratto, non è stata però riprodotta la norma contenuta nell’art. 1238 comma 2 del vecchio codice, dalla quale era possibile desumere con sicurezza che l’adempimento del terzo, avente in genere effetto estintivo, in caso di suurrogazione non avrebbe invece comportato l’estinzione dell’obbligazione. Per una ricotsruzione delle differenze tra i due codici si veda MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1519 s.; si veda inoltre CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 1, ove, con riguardo alla collocazione della surrogazione nell’ambito dell’adempimento dell’obbligazione, si precisa che la sistemazione dell’istituto non deve trarre in inganno nel senso di ritenere che anche al pagamento con surrogazione debba attribuirsi efficacia estintiva del rapporto obbligatorio, o addirittura una struttura identica a quella dell’adempimento in senso stretto.
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richiesta da parte del creditore, spetti la possibilità di surrogarsi nei diritti di
quest’ultimo al fine di recuperare quanto effettivamente pagato in ragione del
vincolo di solidarietà intercorrente tra le parti118 (un meccanismo teso
rafforzare il diritto di regresso già spettante al condebitore solvente in virtù
della disciplina generale delle obbligazioni in solido, attraverso la possibilità
di giovarsi delle garanzie annesse la credito soddisfatto). Si realizza, infatti,
secondo l’opinione largamente accolta, un’ipotesi di surrogazione legale e
precisamente quella contemplata nell’art. 1203 n. 3 c.c. ove è espressamente
previsto che «la surrogazione ha luogo di diritto a vantaggio di colui che
essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di
soddisfarlo»119.
Nonostante in generale si sia soliti non esitare sul fatto che la
surrogazione del condebitore solidale realizzi, come detto, un’ipotesi di
118 Cfr. GIORGIANNI, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Noviss. dig. it., XI, 1965, 684 secondo cui «non è oggetto di dubbio che al condebitore che ha pagato competa, accanto all’azione di regresso, la surrogazione nei diritti che il creditore aveva nei confronti dell’obbligato, liberato a seguito del pagamento», ed aggiunge «l’ipotesi rientra, invero, puntualmente in quella prevista dall’art. 1203, n. 3, c.c.»; CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 80 ss., ove si precisa che il condebitore adempiente è surrogato nei diritti del creditore soddisfatto, ma con la peculiarità che l’obbligazione da solidale diventa parziaria; infine AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 237, il quale non dubita della possibilità che al condebitore solidale spetti al surrogazione legale poiché nell’obbligazione solidale si realizza l’ipotesi di chi è tenuto «con altri» secondo il disposto dell’art. 1203, n. 3 c.c. Di segno contrario, invece, la posizione espressa da un’altra parte della dottrina secondo cui l’obbligazione solidale non rientrerebbe nelle ipotesi contemplate dall’art. 1203, n. 3 del codice civile, infra nota 144. 119 Venendo ad esaminare più dettagliatamente la disciplina dell’istituto in esame, occorre precisare anzitutto che per quanto concerne la surrogazione legale e dunque quella surrogazione che, prescindendo dalla volontà del creditore o del debitore, opera «di diritto» il subingresso del solvens nelle ragioni del creditore soddisfatto, tuttora discusso è il problema dell’operatività dell’effetto surrogatorio, e cioè in che senso debba intendersi la formula legislativa secondo la quale, appunto, «la surrogazione ha luogo di diritto». Mentre taluni, infatti, plausibilmente, ritengono che la surrogazione operi in modo assolutamente automatico, non essendovi necessità che il solvens dichiari di volerne beneficiare, altri, invece, ritengono che l’effetto surrogatorio e quindi il subingresso nei diritti del creditore, lungi dall’essere automatico, operi mediante un atto di volontà del solvens. Un atto che, secondo questa ricostruzione, costituirebbe esercizio di un diritto potestativo di subingresso o di surrogazione, con il quale il solvens manifesterebbe l’intenzione di surrogarsi. Per un’analisi più dettagliata delle diverse ricostruzioni teoriche si veda infra § 10 e nota 162.
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surrogazione legale ex art. 1203 n. 3120, con l’unica particolarità che
l’obbligazione da solidale diventerebbe parziaria121, da parte di alcuni,
tuttavia, si è dubitato della correttezza di tale opinione argomentando ora dalla
mancata previsione esplicita da parte del legislatore, ora, invece, dalla
necessità di dover distinguere tra obbligazioni solidali ad interesse comune ed
obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo122. Mentre in queste ultime,
infatti, la pluralità dei rapporti consentirebbe alla surrogazione di poter operare
senza alcun ostacolo, nelle obbligazioni solidali ad interesse comune, invece,
l’unicità del vincolo escluderebbe la possibilità del meccanismo surrogatorio
in quanto il condebitore adempirebbe esclusivamente al debito proprio
determinando sia l’attuazione del credito che l’estinzione dell’obbligo123.
Tale tesi è stata respinta dalla dottrina maggioritaria, la quale ha
affermato che la struttura pluralistica dell’obbligazione solidale, anche di
120 Cfr. CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 80 ss., secondo cui sarebbe la stessa dizione legislativa ad attagliarsi perfettamente alla struttura dell’obbligazione in solido. 121 Questa considerazione ha indotto alcuni a ritenere che si tratti di una forma di surrogazione sui generis. Ed infatti, mentre il surrogante, in generale, acquista il credito nello stato in cui si trova al momento in cui avviene la surroga, in particolare con la stessa quantità di prestazione e con le stesse qualità e prerogative spettanti in quel momento al creditore, quando a surrogarsi è il condebitore solidale, il credito perde le caratteristiche di quantità e di qualità, sia perché va detratta la parte che doveva gravare, nei rapporti interni, a carico del solvens, sia perché il condebitore surrogante non può avvalersi di quella solidarietà che spettava al creditore surrogato (trattasi quanto a quest’ultimo punto, di un’opinione pacifica diretta ad evitare un circuito di azioni risalente a Pothier). Si veda la posizione espressa da AMORTH, Considerazione sui rapporti tra surrogazione e regresso nella obbligazione solidale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1958, 135 e DE CRESCENZO-FERRINI, voce Obbligazione, in Enc. giur. it., XII, Milano, 1900, 480, secondo cui sarebbe pericoloso parlare semplicemente di surrogazione nella solidarietà. 122 Si veda, sul punto, la posizione espressa da BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 231 il quale, argomentando dall’esplicita previsione della surrogazione in favore del fideiussore che ha pagato, interpreta in senso negativo il corrispondente silenzio in materia di obbligazioni solidali. Si confronti, inoltre, la ricostruzione fornita da BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 425 ss., secondo cui l’unicità del vincolo nelle obbligazioni solidali ad interesse comune escluderebbe la possibilità del meccanismo surrogatorio, in quanto il condebitore adempirebbe esclusivamente al debito proprio determinando sia l’attuazione del credito che l’estinzione dell’obbligo. Nello stesso senso, in giurisprudenza, Trib. Torino, 10 dicembre 1951, in Giur. it., 1953, I, 2, 768, con nota contraria di FERRI. 123 Per una ricostruzione dettagliata della teoria che esclude a monte la surrogazione per il condebitore solidale solvente vedi infra Cap. IV
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quella ad interesse comune, desumibile dalla stessa disciplina legislativa, fa sì
che il condebitore nell’adempiere al proprio obbligo, adempia
contemporaneamente all’obbligo altrui determinando ad un tempo l’estinzione
del credito per la parte da lui adempiuta e subentrando nel credito di cui ha
procurato il soddisfacimento, per la parte alla quale era tenuto con altri124.
Nello stesso senso si ritiene non possa essere accolta neppure la diversa
argomentazione secondo cui l’esclusione della surrogazione sarebbe
giustificata (rectius confermata) dal silenzio del legislatore in tema di
obbligazioni solidali contrariamente all’esplicita previsione in materia di
fideiussione. Si afferma, infatti che tale silenzio troverebbe giustificazione
nella sola volontà di evitare inutili ripetizioni da parte del legislatore il quale
avrebbe già evidentemente esaurito la trattazione della surroga nella sede più
appropriata ossia nella sezione ad essa dedicata. Il fatto, poi, che sia richiamata
espressamente in materia di fideiussione costituirebbe nient’altro che
un’eccezione, ovvero un’ulteriore precisazione, forse giustificata dall’esigenza
di fornire un quadro completo in ordine ai rapporti interni tra fideiussore e
debitore principale, data la maggiore complessità della trattazione125.
8. La complessa costruzione giuridica della surrogazione per
pagamento. Nozione e fondamento della surrogazione nelle obbligazioni
solidali
Volendo fornire una definizione, sia pure generica, di surrogazione si
può affermare che la surrogazione è quell’istituto caratterizzato dalla
sostituzione del creditore originario con un altro soggetto che ha provveduto al
«pagamento» o ha fornito al debitore i mezzi per eseguirlo126.
124 Sul punto si veda la ricostruzione espressa da CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 81 125 Contrasta in questi termini l’assenza di disciplina espressa in materia di solidarietà, AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 239 126 Cfr. CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 2 e MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1520, il quale ritiene
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Accogliendo questa nozione, risulta agevole ritenere che la funzione
della surrogazione, specie nell’ipotesi specifica richiamata, e cioè nella
surrogazione legale di cui al n. 3 dell’art. 1203 c.c., sia proprio quella di
assicurare il recupero della prestazione erogata, al soggetto che aveva un
interesse, normativamente tipizzato, a soddisfare il precedente creditore. Tale
funzione risiede su una precisa considerazione di fondo e cioè quella secondo
cui nonostante nell’ipotesi dell’obbligazione solidale passiva il condebitore, in
ragione del vincolo di solidarietà, sia sicuramente tenuto ad eseguire l’intera
prestazione, è altrettanto vero che sia la peculiare struttura di tale rapporto a
legittimare il condebitore stesso a recuperare, in un secondo momento, il
surplus della prestazione eseguita che, in definitiva, non era da lui dovuta per
l’intero.
Contrariamente al diritto di regresso, l’inquadramento sistematico della
surrogazione, come peraltro già emerso nelle pagine dedicate alla
ricostruzione delle sue origini, ha sollevato non poche difficoltà in dottrina la
qualle ha dovuto fare i conti con la singolarità di un istituto, che malgrado
presenti una disciplina abbastanza limpida, viceversa è risultato, da sempre,
estremamente complesso sotto il profilo della sua spiegazione dogmatica.
Coerentemente con la funzione “recuperatoria” dell’istituto, la più
accreditata dottrina, oggi senza dubbio prevalente, ravvisa nel meccanismo
della surrogazione una vicenda di tipo successorio e precisamente una
successione nel lato attivo del rapporto obbligatorio, nella forma di una
successione a titolo particolare nel credito127, in virtù della quale,
del tutto appropriata la denominazione codicistica dell’istituto in termini di «pagamento con surrogazione» poiché mette significativamente in luce l’elemento sempre essenziale della fattispecie surrogatoria e cioè il pagamento con il suo particolare effetto: la surrogazione. Tale denominazione non accentua dunque il momento solutorio della fattispecie ma sottolinea la mancanza dell’effetto estintivo nel pagamento surrogatorio: al pagamento consegue, appunto, la surrogazione e non l’estinzione. Diversamente, la dottrina preferisce ricorrere all’espressione «surrogazione per pagamento» ove ciò che è messo in primo piano è l’effetto (la surrogazione) collegato alla sua causa (il pagamento). 127 Nel senso della successione a titolo particolare nel credito cfr. CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 18 e segg.; MAGAZZÙ, voce
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mantenendosi inalterato il rapporto giuridico originario, si determina in favore
del solvens il duplice effetto del subingresso nei diritti e nelle ragioni già
spettanti al creditore, e, contestualmente, la sopravvivenza in favore del
surrogato delle garanzie che assistevano il credito originario128.
Verosimilmente, dunque, la ragion d’essere dell’istituto risiede proprio
nell’esigenza di assicurare al terzo, che non abbia adempiuto con animus
donandi, tutte quelle garanzie che competevano all’originario creditore contro
il debitore, in difesa e contestuale rafforzamento dei diritti per lui nascenti dal
pagamento: primo fra tutti il diritto di regresso129.
Nonostante la suddetta ricostruzione risulti, ormai, la più accreditata,
non sono mancate, sul punto, prospettazioni dottrinali di segno contrario Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1519. In giurisprudenza, nello stesso senso, v. Cass. 4 febbraio 1988, n. 1137, in Foro it., Rep. 1988, voce «Competenza civile», n. 56, in cui si afferma che la vicenda surrogatoria configura una successione del lato attivo nel medesimo rapporto obbligatorio, subentrando il solvens in conseguenza del pagamento nell’identica posizione del creditore soddisfatto; Cass. 20 settembre 1984, n. 4808, in Foro it., Rep. 1984, voce «Obbligazioni in genere», n. 24, secondo cui la surrogazione non comporta l’estinzione del debito originario, ma la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, con la sostituzione di un terzo all’originario creditore e senza l’incidenza sull’oggetto del rapporto. Per la tesi contraria, che fa leva sulla nascita di una nuova obbligazione identica alla precedente vedi infra nota 152. 128 Sulla opportunità di ravvisare la ratio dell’istituto nella precipua esigenza di assicurare al solvens la reintegrazione del proprio patrimonio attraverso l’attribuzione in suo favore delle garanzie spettanti all’originario creditore, v. GIORGIANNI, voce Surrogazione (Pagamento con), in Nuovo Dig. It., XII, 1, 1940, 1231, secondo cui «[l’istituto della surrogazione]trova la sua ragion d’essere nell’esigenza pratica di assicurare al terzo, purchè egli non paghi con l’animo di donare, tutte quelle garanzie in difesa dei diritti per lui nascenti dal pagamento, che competevano all’originario creditore contro il debitore»; PROSPERETTI, Il pagamento con surrogazione, in Tratt. Dir. Priv., diretto da Rescigno, IX, 1, Torino, 1999, 161. In giurisprudenza sul fondamento della surrogazione per pagamento in generale v., tra le altre, App. Perugia, 13 giugno 1966, in Rass. Giur. Umbra (solo massima), 1968, 57, ove si legge «[l]a surrogazione legale disciplinata dall’art. 1203, n. 3, c.c., presuppone il pagamento di un debito altrui e non di un debito proprio ed è ammessa a favore di coloro che sono obbligati personalmente con latri e per altri al pagamento. Poiché il fondamento dell’istituto consiste nell’opportunità di agevolare il pagamento e di incoraggiare il terzo ad effettuarlo, esso ricorre e spiega i suoi effetti nei confronti di qualsiasi terzo intervenuto in un preesistente rapporto obbligatorio e non soltanto nel caso in cui il solvens sia stato un soggetto del rapporto obbligatorio originario». 129 Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1525 ove affermandosi che attraverso la surrogazione, può dirsi protetto «un interesse al regresso», si precisa che «nella vicenda surrogatoria l’interesse del solvens assume una fisionomia particolare: è lo specifico interesse al ricupero del bene fatto conseguire al creditore, e la tutela di questo interesse è perfettamente raggiungibile attraverso lo stesso rapporto in cui il terzo interviene, col subingresso “nei diritti” del creditore soddisfatto verso il debitore dal qual il solvens può direttamente ricuperare il bene fatto conseguire al creditore».
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favorevoli a tener fermo il carattere estintivo del pagamento con la
conseguente negazione dell’effetto successorio della surrogazione.
Prescindendo dalle più antiche ricostruzioni già esaminate e cioè quelle
che per spiegare la peculiare fisionomia del fenomeno surrogatorio ricorrevano
all’espediente della finzione – in particolare considerando la surrogazione una
sorta di cessio ficta o di finta cessio legis (su cui, supra, cap. I) 130 –, si è
sostenuto, da più parti, che la surrogazione per pagamento si avvicini, sotto
profili diversi, tanto allo schema della successione quanto a quello della
novazione, ma che al contempo non possa farsi rientrare in alcuno di essi.
Si tratta di una configurazione ibrida del fenomeno surrogatorio
secondo la quale, muovendosi dalla premessa dell’efficacia estintiva del
pagamento, il solvens acquisterebbe un diritto di credito nuovo, di contenuto
identico a quello spettante al creditore, non per effetto di un trasferimento di
esso operato dal precedente titolare ma per effetto di una delazione del credito
collegata al subentro nel solo «posto» del creditore (non nel suo credito
estintosi per effetto del pagamento)131. A restare in vita in seguito al
pagamento, sarebbe, dunque, soltanto l’altra faccia dell’obbligo, e cioè il
130 A queste ricostruzioni si sono aggiunte quelle che ravvisano nella surrogazione un’operazione à double face, un’estinzione parziale, una mancata estinzione operata dalla legge, o ancora un’espropriazione del credito 131 Cfr. BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958, passim, ma in particolare 37 e 81, la cui opera costituisce il primo studio monografico della surrogazione condotto sul nuovo codice; NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 99 e segg., secondo cui «nella surrogazione si ha estinzione del diritto di credito originario ma permanenza dell’obbligo, il che conferma la non necessità di una rigorosa interdipendenza fra i due termini del rapporto obbligatorio; per effetto di tale permanenza dell’obbligo la legge crea in modo originario il diritto a favore di un’altra persona, […] che fra il diritto del creditore originario e quello del surrogato vi sia perfetta equivalenza dal punto di vista economico è verissimo; ma ciò si spiega non in base ad un legame di successione (in senso tecnico) fra l’uno e l’altro, ma piuttosto in base al rilievo che, permanendo immutata la posizione del debitore, è a questa che si deve adeguare la posizione attiva riconosciuta al nuovo titolare, dato che la posizione di questo non può essere che un correlato della posizione di quello»; SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 125, il quale ritiene “opportuno configurare autonomamente, un modo di acquisto a titolo surrogativo, distinto sia da quello originario sia da quello derivativo”.
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«posto» di creditore nel quale subentrerebbe il terzo acquistando un diritto
nuovo ma di contenuto identico al precedente132.
Una simile ricostruzione, per quanto acuta, è apparsa ai più come una
palese forzatura all’interno del sistema normativo, su cui ha pesato non
soltanto il radicato preconcetto dell’efficacia necessariamente estintiva del
pagamento, ma sopprattutto l’erroneo convincimento che si possa distinguere
tra il rapporto obbligatorio in sé, con il suo «posto» di creditore, e le situazioni
giuridiche che lo compongono (in particolar modo il diritto spettante a chi
occupa questa posizione)133. A tal proposito si è evidenziato come il «posto di
creditore» non rappresenti un’entità concettualmente autonoma, distinguibile e
dissociabile dal diritto di credito, ma al contrario una semplice espressione di
comodo per indicare un mutamento di titolarità nella situazione giuridica
dell’originario creditore.
Quanto, poi, al preconcetto dell’efficacia estintiva del pagamento, si è
ritenuto che, nel nostro sistema normativo, l’effetto surrogatorio, con il quale
si sfrutta il potenziale del rapporto rimasto inattuato, debba porsi in ordine di
priorità rispetto alla residuale estinzione derivante dal pagamento, con la
conseguenza che la regola che sembrava di portata generale e cioè quella
secondo la quale con l’adempimento del terzo si esingue necessariamente il
rapporto, rimane destinata ad operare nell’estrema ipotesi in cui non si
verifichi la surrogazione.
9. La natura del pagamento surrogatorio
Per meglio spiegare il particolare atteggiarsi della vicenda surrogatoria,
nella sua essenza successoria, occorre vagliare, tuttavia, la peculiare natura del
pagamento surrogatorio senza mai perdere di vista gli interessi che rilevano
nel complesso meccanismo in esame: l’interesse del creditore soddisfatto per 132 NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligi altrui, Milano, 1936, 99 ss.; BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, 62 e 65; compiuto svolgimento di questa corrente in BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958, passim 133 Si veda, per tutti, la critica mossa da MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1523
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effetto del pagamento e quello del solvens al recupero della prestazione
eseguita sine causa134.
Come è noto il pagamento (o adempimento) in senso tecnico, inteso
come esatta esecuzione della prestazione del debitore nei confronti del
creditore, si caratterizza per la contestuale presenza di due tipici elementi: uno
oggettivo consistente nell’attuazione del contenuto dell’obbligo e uno
soggettivo connesso alla provenienza e alla direzione dell’atto solutorio.
Ora, mentre la preesistenza dell’obbligo in capo al soggetto adempiente
(appunto debitore), determina senza dubbio l’idoneità dell’atto a porsi come
fatto estintivo del rapporto obbligatorio, integrando i due richiesti elementi,
l’eventuale intervento da parte di un terzo, vale a dire un soggetto estraneo
rispetto al rapporto oobbligatorio, non potrà essere configurato come
adempimento in senso tecnico giacchè il terzo, per definizione, adempie un
obbligo altrui, tenendo un comportamento perfettamente libero sia sotto
l’aspetto psicologico che sotto l’aspetto giuridico.
Ciononostante tale attività, sotto il profilo dell’efficacia strumentale,
viene considerata funzionalmente equivalente a quella del debitore135, non
tanto perché idonea di per sè a soddisfare materialmente l’interesse del
creditore, quanto piuttosto perché caratterizzata da un particolare animus di
realizzazione del credito da parte del terzo, pur nella consapevolezza della sua
estraneità rispetto al rapporto obbligatorio136.
134 Nella vicenda surrogatoria l’interesse del solvens al recupero della prestazione, assume una fisionomia particolare. Si tratta infatti dello specifico interesse al recupero del bene fatto conseguire al creditore la cui tutela è perfettamente raggiungibile attraverso il subingresso negli stessi diritti del creditore soddisfatto verso il debitore. La surrogazione è perciò un mezzo di recupero diverso dall’azione di regresso; non tanto si provvvede a rimediare per questa via, con un’azione di tal genere, al depauperamento del solvens, quanto gli si concede, con lo speciale beneficio della surrogazione, uno strumento di tutela che assicura, per così dire, la reintegrazione in forma specifica del suo patrimonio, e questo risultato si ottiene appunto attraverso il subingresso negli stessi diritti del creditore soddisfatto: dunque, non quel semplice rimedio che è l’azione di regresso, ma qualcosa di più e di diverso. Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1525 135 NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 91 ss. 136 CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 12
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Diversa è invece la situazione nel caso della surrogazione ove il
pagamento, inteso semplicemente come mezzo di soddisfacimento
dell’interesse creditorio, acquista una rilevanza ed un significato del tutto
peculiari in ragione del suo porsi quale presupposto per l’acquisto del diritto di
credito in favore del solvens (rectius quale fatto acquisitivo del diritto)137.
Ed invero, mentre sul fronte del creditore, il pagamento, pur non
estinguendo il diritto, ne realizza comunque l’interesse e ne giustifica, per ciò
stesso, l’estromissione dal rapporto; sul fronte del solvens, esso determina il
sorgere dell’interesse al recupero della prestazione eseguita sine causa, con
conseguente acquisto a titolo derivativo del diritto originariamente spettante al
creditore soddisfatto138.
Affinchè l’effetto surrogatorio si realizzi concretamente, è necessario,
tuttavia, che il pagamento eseguito dal terzo venga realizzato non soltanto con
la consapevolezza dell’estraneità al rapporto ma soprattutto, ed in ciò il tratto
caratterizzante dell’istituto, senza il particolare animus solutorio che
contraddistingue l’adempimento del terzo. Così facendo, infatti, il pagamento
assumerà la connotazione di un atto non negoziale che rileverà come mero
presupposto di effetti giuridici direttamente ricollegati dall’ordinamento
all’attivita satisfattoria del terzo139.
Certo può accadere che il terzo sia mosso, ad esempio, da un intento di
liberalità, ed in tal caso si avrà estinzione del rapporto; ma rimane pur fermo
che in assenza della volontà di estinzione del rapporto, esso resta inalterato sia
nel diritto che nell’obbligo.
137 cfr. Cfr. CARPINO, voce Surrogazione (Pagamento con), in Noviss. Dig. it., XVIII, 1971, 966, secondo cui di fondo occorre rivedere «la considerazione, implicita ma chiarissima, che un qualsiasi accadimento idoneo a soddisfare l’interesse dedotto nel rapporto abbia, per ciò stesso e solo per questo, efficacia estintiva del diritto». 138 Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1526 s. 139 Cfr. CARPINO, voce Surrogazione (Pagamento con), in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, 967, secondo cui «l’attività materialmente satisfatativa dell’interesse creditorio per poter avere efficacia estintiva deve essere ‘rivestita’ di un’adeguata forma giuridica. Viceversa l’attività satisfattoria del surrogante è qualificata dalla particolare funzione di estromettere il creditore dal rapporto, in modo da poter ‘acquistare’ il credito, ovverosia di succedere in senso tecnico.
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10. Aspetti generali della surrogazione legale e tratti tipici
dell’ipotesi normativa prevista al n. 3 dell’art. 1203 c.c.
L’art. 1203, nel disciplinare i casi che la rubrica considera di
surrogazione legale, indica, la modalità di realizzazione della surrogazione,
precisando che essa «ha luogo di diritto» nelle ipotesi espressamente previste
dalla norma e negli altri casi stabiliti dalla legge. Tale formula legislativa ha
suscitato non poche perplessita in dottrina.
Secondo una diffusa opinione, la surrogazione opererebbe in modo
assolutamente automatico, non essendovi necessità che il solvens dichiari di
volerne beneficiare140, secondo altri, invece, l’effetto surrogatorio e cioè il
subingresso nei diritti del creditore soddisfatto, non sarebbe automatico ma
opererebbe, al contrario, mediante un atto di volontà del solvens. Tale atto,
diretto a manifestare l’intenzione del solvens di surrogarsi, costituirebbe,
secondo questo orientamento, esercizio di un diritto potestativo di subingresso
nella posizione del creditore soddisfatto141.
140 In tal senso BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, 62; BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958, 73, secondo cui perfezionatasi la fattispecie, il subingresso del solvens nei diritti del creditore soddisfatto segue automaticamente, ope legis, nel momento logicamente successivo. Non si rihiede, dunque, che il solvens dichiari di voler beneficiare della surrogazione né, tantomeno, che il debitore accetti la surrogazione o che gli sia fatta notificazione formale; CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 67 ss; SANTAGATA, L’automaticità della surrogazione assicuratoria (Appunti per una costruzione unitaria del subingresso nel credito), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, 1102 ss., specialmente in conclusione, 1263 s.; GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, 115, seconco cui la surrogazione legale «opera senza il concorso della volontà delle parti e senza la dichiarazione del solvens di volersi surrogare, nei casi menzionati dall’art. 1203». In giurisprudenza, v. Cass. 24 novembre 1981, n. 6240, in Mass. Giur. it., 1981, ove si afferma che la surrogazione legale, a differenza di quella volontaria, opera di diritto e quindi non occorre la dichiarazione formale ed espressa del solvens di volersi surrogare, né il consenso del creditore soddisfatto alla surrogazione stessa. 141 In tal senso ANDREOLI, Riflessioni sulla surrogazone a favore del terzo acquirente dell’immobile ipotecato e del terzo datore di ipoteca, in Studi in onore di F. Santoro-Passarelli, I, Napoli, 1972, 73 ss., il quale afferma inoltre (ivi, 83 ss.) che il credito in cui si può subentrare, successivamente al soddisfacimento del creditore e fintantoché non sia esercitato il diritto di surrogazione, viene a trovarsi in una fase di quiescenza che cessa soltanto con l’esercizio di questo diritto. In giurisprudenza, Cass. 7 luglio 1960, n. 1794, in Giust. civ., 1961, I, 118 ss., «il principio sancito nell’art. 1203 c.c., secondo il quale la
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Si tratta di ricostruzioni variamente argomentate le quali, però, restano
in ogni caso accomunate da un presupposto comune ed indiscusso e cioè la
facoltà concessa al solvens di rinunziare liberamente al beneficio della
surrogazione disposto dalla legge in suo favore laddove non intenda
profittarne142.
Il numero 3 dell’art. 1203 considera l’ipotesi sicuramente più diffusa e
più importante di surrogazione legale. Esso, infatti, nel prevedere la
surrogazione «a vantaggio di chi, essendo tenuto con altri o per altri, al
pagamento del debito, abbia interesse a soddisfarlo», contribuisce a chiarire il
fondamento e la struttura del complesso meccanismo surrogatorio.
La circostanza che un soggetto sia tenuto con altri o per altri ad
eseguire una prestazione, se per un verso conferma l’assenza in capo al solvens
di un obbligo proprio all’esecuzione della prestazione, per altro verso
rappresenta il fondamento stesso dell’istituto e la giustificazione all’intervento
di un soggetto in un rapporto obbligatorio rispetto al quale si è terzi. Se
presupposto costante della surrogazione è l’esecuzione da parte del solvens di
una prestazione non dovuta, tale esecuzione è comunque giustificata
dall’esistenza e dalla rilevanza di un interesse all’esecuzione medesima.
Quest’ultimo, a volte rimesso alla valutazione dei privati, a volte formalizzato
dallo stesso legislatore, si traduce per il terzo nella necessità di adempiere,
quasi sempre per evitare l’eposizione ad eventuali azioni da parte del
creditore.
surrogazione legale ha luogo di diritto, va inteso nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore precedente e del debitore e non già nel senso che si attui automaticamente, indipendentemente dalla dichiarazione del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto. Anche la surrogazione legale attribuisce un diritto potestativo; la volontà di esercitarlo deve quindi necessariamente essere fatta valere ed essere portata a conoscenza degli interessati». Nella più recente giurisprudenza di merito, Trib. Roma, 11 marzo 2009, Mass. Giur. it., 2009, ove si ribadisce: «L’art. 1203 c.c., in base al quale la surrogazione legale ha luogo di diritto, va intesa nel senso che essa possa operare senza il previo consenso del creditore originario o del debitore, e non invece nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dal terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto» 142 MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1535
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11. Gli effetti della surrogazione e le eccezioni opponibili
Alla stregua delle osservazioni che precedono si può affermare che la
surrogazione per pagamento, risolvendosi in una perfetta successione tra
creditore originario e surrogato, determina, quale effetto principale, il
subingresso del terzo che paga nei diritti e nelle azioni del creditore originario,
con l’ovvia conseguenza che al surrogato sarà riconosciuta la possibilità di
agire nei confronti del debitore facendo valere gli stessi diritti del creditore
originario e con le stesse limitazioni di questo143.
Naturalmente, trattandosi di coobbligato solidale (tenuto «con altri»),
occorrerà detrarre dal credito principale la parte corrispondente alla quota
interna di debito del surrogato, nonché, chiaramente, non gli si consentirà di
agire contro il singolo condebitore se non limitatamente alla quota di
quest’ultimo144.
Come risulta dalla funzione e dalla disciplina della surroga145,
l’“integralità” del subingresso conseguente al pagamento del solvens, fa sì che
lo stesso, oltre a surrogarsi nel credito principale, subentri anche nei suoi
accessori: i privilegi che vi ineriscono e soprattutto i diritti di garanzia, reali e
personali che vi sono annessi (è la cosiddetta «estensione» della surroga alle
garanzie del credito)146.
143 Cfr. Cass. 22 maggio 1969, n. 1796, in Giur. it., Rep. 1969, voce Obbligazioni contrattuali, n. 432; Cass. 16 dicembre 1971, n. 3669, Giur. it., Rep. 1971, voce Prescrizione civile, n. 23. 144 Cfr. CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 234, secondo cui si ritiene operi anche per la surrogazione la previsione della divisione di cui all’art. 1299, comma 1, c.c. La ratio di una simile previsione risiede, infatti, nell’evitare inutili giri di regresso, quali invece si avrebbero se il condebitore adempiente potesse chiedere ad un altro condebitore l’intero meno la propria quota e il consorte adito per primo potesse a sua volta fare altrettanto. 145 Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1528 s., secondo cui la norma di cui all’art. 1204 comma 1 c.c., nell’affermare che la surrogazione in ogni caso ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore», avrebbe la funzione di determinare più specificamente l’ambito della vicenda surrogatoria, precisandone, in particolar modo, la portata riguardo ai «terzi garanti». 146In giurispruedenza Cfr. Cass. 11 dicembre 1991, n. 13385, Mass. Giur. it, 1991; Cass. 4 dicembre 1990, n. 11916, in Mass. Giur. It., 1990; Cass. 19 luglio 1967, n. 1846, in Foro it., 1967, I, 2540. Nel senso dell’integralità prodotta dal pagamento del solvens, anche se con specifico riferimento alla surrogazione del fideiussore, v. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle
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Il discorso vale certamente per le garanzie reali costituite dal debitore a
favore del creditore, di modo che il solvens che abbia provveduto al
pagamento del debito potrà ad esempio subentrare ope legis nella garanzia
ipotecaria che assiste il credito147 ovvero avvalersi della garanzia rappresentata
dal pegno148, ma si accresce anche con riferimento al terzo datore, al
fideiussore che abbia dato separata garanzia per il debito pagato e al terzo
acquirente dell’immobile ipotecato, suo malgrado costretto a subire gli effetti
della garanzia senza averli determinati149.
obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 390, secondo cui «[o]ggetto della surrogazione è pertanto il diritto (principale) che il creditore aveva verso il debitore e che diede giustificazione alla garanzia, e i diritti ad esso accessori che il creditore aveva verso lo stesso debitore e verso i terzi, rivolti ad assicurargli il conseguimento della prestazione del debitore: diritti a carattere obbligatorio e dritti a carattere reale, diritti ai quali corrispondono un dovere, diritti che si esauriscono in un potere giuridico, diritti alla prestazione e diritti al conseguimento del bene garantito dalla legge mediante ogni altro mezzo diverso dall’adempimento. Donde l’integralità della surrogazione prodotta dal pagamento». 147 Sotto il profilo strettamente formale, la trasmissione dell’ipoteca per surrogazione nel credito ipotecario necessita di essere annotata in margine all’iscrizione dell’ipoteca stessa e detta trasmissione non ha effetto finchè l’annotazione non sia stata eseguita. In giurisprudenza v. Cass., 23 marzo 1995, n. 3387, in Giust. civ., 1996, I, 1, 1284 ove, sia pure con particolare riguardo alla surroga del fideiussore adempiente, si afferma che «qualora il creditore assistito da ipoteca su immobile del debitore, pur essendo stato soddisfatto dal fideiussore, mantenga la qualità d’intestatario dell’iscrizione ipotecaria, per non avere detto fideiussore esercitato la facoltà di variare a suo nome tale iscrizione (con l’annotazione a margine prevista dall’art. 2843 c.c.), il fideiussore medesimo, anche se non può opporre la garanzia reale nei confronti dei terzi ha la veste di successore nella garanzia stessa nel rapporto con l’obbligato, ai sensi degli art. 1203 e 1949 c.c., e, quindi, legittimamente subordina al proprio consenso la possibilità di detto obbligato di reclamare dal creditore la cancellazione dell’ipoteca». Si v. altresì, Cass., 19 luglio 1967, n. 1846, in Foro it., I, 1967, 2539. 148 Nella particolare ipotesi in cui il credito sia munito di pegno, l’art. 1204, 2° comma, rinvia al secondo comma dell’art. 1263 c.c., in virtù del quale il creditore originario non può trasferire al surrogato il possesso della cosa ricevuta in pegno senza il consenso del datore di pegno; in caso di dissenso, sarà lo stesso creditore a rimanere custode del pegno. Si tratta di una disposizione introdotta ex novo nel codice vigente, attraverso la quale si è risolta una questione dibattuta in passato, specialmente con riferimento alla surrogazione legale. Come noto, infatti, nella Relazione al Re, n. 567, si era rilevato che l’intuitu personae nei confronti dell’originario creditore pignoratizio non può essere eliminato dalla volontà della legge (nella surrogazione legale) o addirittura dal creditore surrogante (nella surrogazione per volontà di quest’ultimo), dato che non sempre il secondo creditore merita la stessa fiducia riposta nel creditore originario. Questi, dunque, qualora il costituente non consenta la trasmissione della cosa data in pegno, ne diventerà custode come semplice terzo datore. 149 Benché non manchino voci contrarie, l’opinione prevalente, ritiene che la surrogazione sia efficace nei confronti sia del debitore che dei terzi che hanno prestato garanzia, senza bisogno di formalità. Non è prescritta, infatti, alcuna notificazione o comunicazione, né occorre accettazione, perché la surrogazione abbia effetto verso il debitore e verso i garanti. Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1528.
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Per quanto concerne in particolar modo i terzi, il solvens surrogatosi
nella posizione del creditore, oltre ad escutere le garanzie da questi prestate,
potrà esperire ogni azione personale, ivi comprese la surrogatoria e la
revocatoria che spettavano al creditore garantito, nonché i diritti che derivano
al creditore da cessioni fattegli dal debitore150. Nulla esclude infatti che il
surrogato, eccezion fatta per le ipotesi d’intrasmissibilità del diritto per ragioni
attinenti alla personalità del credito ovvero per diverse motivazioni parimenti
idonee ad escluderne l’esercizio da parte del sua, possa subentrare nella
titolarità del diritto ceduto dal debitore al creditore originario al fine di
recuperare quanto già corrisposto a quest’ultimo.
In assenza di una specifica previsione legislativa, il subingresso del
terzo surrogato pone il problema della disciplina del rapporto intercorrente tra
quest’ultimo ed il debitore, con particolare riferimento al regime delle
eccezioni opponibili dal secondo e al problema delle azioni esperibili da
primo.
Conviene premettere che per quanto riguarda il regime delle eccezioni
opponibili dal debitore al surrogato, la dottrina non sempre si mostra convinta
che il subentro da parte del surrogato nella stessa posizione del creditore
originario, comprenda anche le eccezioni personali. Ed infatti risulta divisa da
due diversi orientamenti.
Il primo reputa opponibili al surrogato solo le eccezioni oggettivamente
fondate sul rapporto obbligatorio, mentre quelle soggettive, legate alla persona
del creditore originario potrebbero essere opposte al surrogato solo nell’ipotesi
di surrogazione per volontà del creditore151; il secondo, invece, riconosce al
debitore la possibilità di opporre al surrogato tutte le eccezioni, personali e
150 Sull’estensione della surroga ai diritti derivanti al creditore da cessioni fattegli dal debitore v. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 388. L’a., facendo espresso riferimento all’ipotesi del diritto al danno di guerra ceduto dal debitore al creditore secondo le norme delle leggi speciali (t.u. 27 marzo 1919, n. 426), sottolinea la necessità, ai fini della surrogazione, che si tratti di un diritto di credito liberamente trasferibile. In giurisprudenza v. Cass., 14 maggio 1929, in Foro Nuove Prov., 1929, 372. 151 Cfr. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, 69
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non personali, che avrebbe potuto opporre al creditore, semprechè si tratti di
eccezioni ancora opponibili. Tale posizione argomenta essenzialmente dalla
considerazione il surrogato subentra nello stesso rapporto rispetto al quale il
debitore conserva la posizione originaria152. La giurisprudenza, dal canto suo,
ritiene che il debitore possa opporre al surrogato tutte e eccezioni opponibili al
creditore in ordine all’esistenza ed all’entità del debito153.
Analoghe perplessità si rilevano in dottrina con riguardo alla disciplina
delle azioni proponibili dal surrogato. Tuttavia, mentre l’azione di nullità del
contratto fonte del credito in cui subentra il surrogato, si ritiene possa essere
esperita da quest’ultimo così come da chiunque vi abbia interesse154, maggiori
difficoltà si riscontrano relativamente alle altre azioni contrattuali.
A tal proposito l’opinione prevalente ritiene che, conformemente alla
funzione della surrogazione, alla natura della vicenda surrogatoria e
all’interesse che la promuove, il surrogato subentra nei diritti del creditore
senza divenire però parte del rapporto contrattuale intercorrente tra debitore e
creditore originario. Ne consegue che il surrogato non può esercitare le azioni
inerenti alla qualità di contraente quali l’azione di risoluzione per
inadempimento del debitore originario, quella di annullamento o quella di
rescissione del contratto155.
152 PROSPERETTI, Il pagamento con surrogazione, in Tratt. Dir. Priv., diretto da Rescigno, IX, 1, Torino, 1999, 123; GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, 115. Si veda, altresì, in senso favorevole all’opponibilità delle eccezioni anche personali, la posizione espressa da MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 212 153 Cass. 30 marzo 1981, n. 1818, Mass. Gius. Civ., 1981 154 Cass. 8 luglio 1983, n. 4605, in Foro it., 1983, I, 2789; Cass. 14 aprile 1988, n. 2960, in Foro it., 1988, 2957, afferma, invia incidentale, che il surrogato può esercitare l’azione di nullità del contratto in quanto tale azione incide sul credito originario, fa venir meno il presupposto della surrogazione ed abilita il terzo surrogato ad agire per la ripetizione dell’indebito nei confronti del creditore originario. 155 In tal senso CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 59; MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1528 e Briguglio, Recensione a BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958. Parzialmente difforme la posizione espressa da quest’ultimo, (testo e nt.70) il quale ritiene esercitabili da parte del surrogato le azioni di nullità, di annullamento e di rescissione, trattandosi di azioni che si ricollegano al rapporto, ma non le azioni (come quella di risoluzione) che si ricollegano alle posizioni delle parti contraenti. Contrario a queste ricostruzioni, PROSPERETTI, Il
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Un ultimo cenno merita, infine, l’ipotesi della surrogazione parziale,
sancita dall’art. 1205 c.c. Si tratta, infatti, di una disposizione che riproduce la
norma del previgente codice civile ma che, al tempo stesso si discosta dall’art.
1252 c.c. francese ove, negandosi la parità del concorso, si accorda al creditore
parzialmente soddisfatto un ragione di preferenza sul surrogato. L’effetto
surrogatorio che si produce in questa fattispecie, determina una scissione nella
titolarità del credito, posto che dopo la surrogazione, nella titolarità del
credito, si vengono a trovare due creditori che concorrono in proporzione dei
rispettivi crediti.
pagamento con surrogazione, in Tratt. Dir. Priv., diretto da Rescigno, IX, 1, Torino, 1999, 124.
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Capitolo III
LA SOLIDARIETÀ FIDEIUSSORIA: PROFILI SISTEMATICI DEI
RAPPORTI INTERNI TRA GARANTE E DEBITORE PRINCIPALE
SOMMARIO: 1. Premessa: la solidarietà ad interesse comune e ad interesse unisoggettivo
– 2. La solidarietà fideiussoria e il principio del favor fideiussoris – 3. I riflessi della natura
solidale dell’obbligaizione fideiussoria nei rapporti interni tra garante e debitore principale.
L’origine del rapporto – 4. Il regresso del fideiussore contro il debitore garantito: generalità –
5. La disciplina positiva del regresso fideiussorio: i presupposti, l’estensione, gli oneri di
avviso e di denuncia – 6. La surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore.
Inquadramento sistematico e fondamento giuridico – 7. La disciplina giuridica della
surrogazione del fideiussore
1. Premessa: la solidarietà ad interesse comune e ad interesse
unisoggettivo.
L’indagine relativa ai rapporti interni tra condebitori solidali, finora
svolta con particolare riguardo all’azione di regresso di cui all’art. 1299 c.c. e
a quella di surrogazione di cui all’art. 1203 n. 3 c.c., necessita di essere
completata attraverso l’esame della disciplina degli stessi rimedi attribuiti
dalla legge – con disposizioni normative autonome – ad un particolare
coobbligato solidale: il fideiussore tenuto in solido con il debitore principale
all’adempimento del debito.
Si tratta, come già anticipato, di una precisa scelta di metodo
giustificata dalla diffusa convinzione della presenza nel nostro ordinamento di
due distinti tipi di solidarietà passiva, al cui interno si collocano, con caratteri
propri, la solidarietà debitoria in generale – rientrante nello schema della
solidarietà «ad interesse comune», con le regole già esaminate – e l’ipotesi
tipica di “solidarietà fideiussoria” diversamente riconducibile allo schema
astratto della solidarietà c.d. «ad interesse unisoggettivo».
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Entrambe finalizzate al rafforzamento della pretesa vantata dal
creditore156, le due richiamate figure di solidarietà presentano al loro interno
una molteplicità di aspetti che contribuiscono in misura decisa a differenziarle
e a renderne estremamente complessa una soddisfacente reductio ad unitatem.
Si tratta di differenze strutturali destinate a riflettersi non soltanto sul piano
pratico, giacchè ad esempio alle obbligazioni del secondo tipo non si
applicherà il criterio della divisione dell’obbligazione tra i vari debitori
solidali e lo stesso regime delle eccezioni potrà essere diversamente
regolato157, ma soprattutto sul piano funzionale posto che mentre nelle
obbligazioni solidali «ad interesse comune» la funzione di garanzia della
solidarietà si manterrà entro i confini del rafforzamento della solvibilità del
debito – per la presenza di una pluralità di condebitori a cui il creditore potrà
rivolgere la propria pretesa all’adempimento –, nel caso delle obbligazioni
solidali «ad interesse unisoggettivo» la funzione di garanzia, pur permanendo
invariata nei confronti del creditore comune, sarà ravvisabile altresì nei
rapporti interni tra condebitori, i quali, proprio perché tenuti all’adempimento
156 È affermazione corrente che la solidarietà passiva ha la funzione, in senso lato, di garanzia del credito: si vedano, tra gli altri, CICALA, Sulla revoca dell’atto fraudolento del debitore solidale ed in genere sulla conservazione delle garanzie nella solidalrietà passiva, in Riv. dir. comm., 1955, I, 397 ss.; AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 14. 157 Sul punto si veda MAZZONI, Le obbligazioni solidali e indivisibili, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, IX, Torino, 1984, 738, secondo cui la dottrina di rado è stata concorde nell’ammettere, se non l’esistenza di due distinte categorie, la diversa pregnanza nella configurazione generale della struttura dell’obbligazione. Basti pensare che in alcuni casi ha negato che si potesse parlare propriamente di obbligazione solidale quando essa fosse assunta nell’interesse esclusivo di uno solo dei soggetti. In proposito, si è parlato anche di solidarietà perfetta e solidarietà imperfetta, asserendo che, quando manca all’interno dell’obbligazione un interesse comune a tutti i soggetti, la solidarietà si dovrebbe ritenere imperfetta. La differenza tra solidarietà perfetta ed imperfetta è richiamata espressamente da BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 217, secondo il quale «la distinzione tra solidarietà perfetta ed imperfetta, quest’ultima limitata alla solidarietà legale (o solidarietà propria e impropria), era stata largamente accolta nella dottrina francese, e si era propagata poi nella letteratura civilistica non solo dei codici a tipo latino (così nella dottrina italiana), ma anche in quella dei codici a tipo tedesco. Si era creduto di giustificare anche nel diritto odierno quella distinzione col rilevare che la vera solidarietà presuppone sempre l’unicità dell’affare per tutti i membri del gruppo. Invece quando le cause delle singole obbligazioni che mettono capo a ciascun membro del gruppo siano eterogenee e manchi un unico affare (a cui si ricolleghino) la solidarietà sarebbe imperfetta».
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di un’obbligazione contratta nell’interesse esclusivo di uno solo di essi, si
porranno rispetto a quest’ultimo in veste di garanti158.
Nonostante quello dell’interesse comune rappresenti l’aspetto tipico
dell’obbligazione solidale – lo si deduce dalla Relazione ministeriale al testo
definitivo del codice civile, ove si afferma che quando più debitori sono tenuti
alla medesima prestazione, è normale che fra di essi intercorra una comunione
di interessi159 – può avvenire, dunque, che il debito o il credito solidali siano
pertinenti esclusivamente all’interesse di uno solo dei debitori o dei creditori
con la conseguenza di generare in capo all’altro condebitore, un preciso
obbligo quantunque non si abbia alcun interesse proprio all’obbligazione160. A
questa ipotesi fa chiaramente riferimento l’art. 1298 c.c. il quale dopo aver
disposto che «nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide fra i diversi
debitori o i diversi creditori», aggiunge che ciò non avviene nel caso in cui
l’obbligazione «sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi».
2. La solidarietà fideiussoria. Il principio del favor fideiussoris
Nel campo delle obbligazioni contrattuali, secondo un consolidato
orientamento dottrinale, il principale esempio di obbligazione solidale
158 Cfr. MAZZONI, Le obbligazioni solidali e indivisibili, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, IX, Torino, 1984, 740 ove si precisa che il motivo per il quale le obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo vengono, da parte di molti autori, chiamate «improprie» è da ricercarsi nella mancanza di uno dei tre requisiti che normalmente caratterizzano le obbligazioni solidali e cioè quello rappresentato dall’eadem causa obligandi. 159 Relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile, 1a ed., Roma, 1943, n. 597. Di segno contrario la posizione espressa da GANGI, Le obbligazioni. Concetto, obbligazioni naturali, solidali, divisibili e indivisibili, Milano, 1951, 129, secondo cui «l’esistenza di una comunione di interessi tra i vari condebitori non porta necessariamente ad ammettere che essi abbiano voluto obbligarsi solidalmente, giacché una comunione di interessi può esistere anche nelle obbligazioni parziarie». 160 Secondo RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 155, mancando una comunione di interessi, l’esclusione della solidarietà, nelle figure per le quali è disposta, non può portare ad una divisione dell’obbligazione, cioè a renderla parziaria, ma può avere come conseguenza solo di rendere una delle due obbligazioni sussidiaria rispetto all’altra, cioè di far sì che il creditore possa agire contro il secondo debitore solo dopo che abbia ottenuto il pagamento dal primo debitore.
91
contratta nell’interesse di uno solo degli obbligati, è rappresentato dal
meccanismo insito nella solidarietà fideiussoria161.
Contrariamente all’accessorietà, connotato ineliminabile della
fideiussione, una sorta di prius concettuale, di tipo logico-giuridico, rispetto
alla disciplina legislativa codificata del modello di garanzia personale – sul
quale i giuristi di tutte le epoche storiche hanno elaborato le soluzioni concrete
delle controversie, così come le ricostruzioni teoriche in materia di garanzia
(in termini ancora più generali rispetto allo schema della fideiussione) – la
solidarietà è il frutto di una precisa scelta del legislatore, un’opzione
discrezionale (e contingente, com’è sempre con le valutazioni di politica
legislativa) che determina il modo di essere normale della fideiussione e
impone alle parti del contratto di discostarvisi espressamente ove intendano
sottrarre il rapporto agli effetti del vincolo solidale162.
161 Cfr. GIORGIANNI, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Noviss. dig. it., XI, 1965, 684, per il quale tale tipo di solidarietà sarebbe disciplinata per analogia dalle norme dettate per la fideiussione. Si veda sul punto, anche BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 39, il quale aggiunge accanto alla fideiussione, l’obbligazione dell’espromittente (art. 1272), dell’accollante (art. 1273) e l’obbligazione ex lege del proprietario del veicolo nei confronti dell’obbligazione da fatto illecito del conducente (art. 2054), tutte accomunate dallo stesso schema: ad un’obbligazione principale è collegata, attraverso il vincolo della solidarietà, un’obbligazione accessoria (dall’identica prestazione), avente funzione di garanzia (convenzionale ovvero legale). Di segno decisamente contrario la posizione espressa da BISCONTINI, Solidarietà fideiussoria e «decadenza», Napoli, 1980, 59, secondo cui la solidarietà fideiussoria deve essere considerata addirittura al di fuori della figura dell’obbligazione solidale disuguale, e quella di RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 141 ss., secondo cui l’ipotesi della fideiussione (come pure quella dell’accollo cumulativo e dell’espromissione non liberatoria) va esclusa dalla previsione dell’art. 1298 c.c., trattandosi di un’ipotesi di solidarietà «spuria». Nello stesso senso già si esprimeva, sotto la vigenza del codice del 1865, MELUCCI, La teoria delle obbligazioni solidali nel diritto civile italiano, Torino, 1884, 235. In una posizione intermedia si colloca la ricostruzione fornita da CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974, 257 ss. e 360 ss., secondo cui la fideiussione solidale rappresenta semplicemente il caso nel quale con maggiore evidenza emergono i «dati tipologici» dell’obbligazione solidale ad interesse esclusivo, con la conseguenza che, per la disciplina di tale tipo di obbligazione, sarà possibile il riferimento solo a quelle norme «che non presuppongono od implicano l’accessorietà dell’obbligazione di garanzia», propria della fideiussione. 162 In giurisprudenza la «normalità» del carattere solidale dell’obbligazione fideiussoria si trova affermato in Cass. 21 novembre 1984, n. 5954, in Giust. civ. mass., 1984, II, 1947, ove, per tale ragione, si è esclusa la necessità «che il creditore, per impedire l’estinzione, proponga le sue istanze innanzitutto contro il debitore principale, potendo egli rivolgersi
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Si tratta di una decisa innovazione introdotta dal legislatore del 1942
rispetto alla diversa, se pur consolidata, disciplina della fideiussione presente
nel codice civile previgente, ove la sussidiarietà insita nell’obbligazione
assunta dal fideiussore escludeva, in via di principio, che la stessa potesse
importare la costituzione di un vincolo solidale, e cioè di pari grado, tra
fideiussore e debitore principale163.
Tale modifica, certamente adeguata all’esigenza concreta di
rafforzamento della posizione creditoria e alla necessità di un valido incentivo
alla promozione del credito, si ispirava ad una consuetudine già consacrata nel
diritto commerciale ma ancora prima insita in numerosi statuti italiani dell’età
di mezzo ove, nel rispetto della pratica mercantile, già si tendeva a privare il
garante del meccanismo del beneficium excussionis con l’effetto di assimilarlo
sempre più ad un condebitore solidale.
Quali che siano, dunque, le ragioni che hanno condotto il legislatore a
mutare idea in ordine alla solidarietà164, non v’è dubbio che la prospettiva
indifferentemente nei confronti del debitore principale o del fideiussore». Si vedano, altresì, Cass. 6 agosto 1988, n. 4868, in Mass. Foro it., 1988, 716 e Cass. 22 aprile 1986, n. 2828, in Giur. it., 1988, I, 1, 639. 163 L’art. 1188 c.c. del 1865 recitava espressamente: “L’obbligazione in solido non si presume ma debb’essere stipulata espressamente. Questa regola non cessa, fuorché nei casi nei quali l’obbligazione in solido ha luogo di diritto in forza della legge”. I moderni codici civili disciplinavano l’obbligazione del fideiussore con riferimento diretto alle regole giustinianee, per cui accanto all’accessorietà, sul postulato della necessaria presenza di un’obbligazione principale cui afferire, emergeva il requisito della sussidiarietà in virtù del quale si tendeva ad escludere che l’assunzione dell’obbligazione fideiussoria potesse, in via di principio, importare la costituzione di un vincolo solidale (e cioè di pari grado) tra il debitore principale e il fideiussore. Per la dottrina formatasi, sul punto, nel periodo di vigenza del codice civile del codice civile del 1865, si vedano, per tutti, BO, Contributo alla dottrina dell’obbligazione fideiussoria, Milano, 1934, 43 s. e MIRABELLI, I contratti speciali, VI, in Il diritto civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, a cura di Fiore, 12, Napoli, 1905, 392 ss. 164 Cfr. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 266 secondo cui le ragioni di una diversa tendenza erano riconducibili da un lato all’esigenza di una maggiore tutela del credito che caratterizzò la riforma del diritto delle obbligazioni, dall’altro dalla necessità di procedere ad un coordinamento della disciplina della fideiussione con il principio dell’art. 1294, secondo il quale vige la solidarietà tra i condebitori, quando non esiste un patto contrario o una diversa disposizione di legge. Non solo, l’art. 1907 c.c. 1865 prevedeva: “Il fideiussore non è tenuto a pagare il creditore se non in mancanza del debitore principale, il quale deve preventivamente essere escusso, eccetto che il fideiussore abbia rinunziato al benefizio dell’escussione o siasi obbligato in solido col debitore. In questo caso l’effetto della sua obbligazione si regola cogli stessi principi stabiliti riguardo ai debitori in
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attuale appaia sostanzialmente rovesciata rispetto a quella adottata dal codice
previgente165.
A tal fine l’art. 1944 c.c., accentuando il carattere solidale
dell’obbligazionee fideiussoria, riconosce al creditore la facoltà di rivolgersi
indifferentemente al debitore principale o al garante per ottenere
l’adempimento dell’obbligazione principale, secondo le regole generali in
tema di solidarietà166, al contempo non escludendo la possibilità per le parti di
solido”. In dottrina, CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 156 ss.; CICCAGLIONE, voce Fideiussione, in Enc. giur. it., VI, Milano, 1903, 610; REDENTI, voce Fideiussione, in Diz. prat. dir. priv., III, 1923, 127, il quale osserva, dopo aver distinto tra fideiussione semplice o solidale, secondo che il fideiussore abbia dichiarato o meno di vincolarsi in solido nei confronti del creditore, che invero, stante il dettato normativo, «la solidarietà nella fideiussione non ha altro effetto che di rinuncia al beneficio di escussione e a quello di divisione, [...], perché del resto [...] anche al fideiussore solidale, anche nei riguardi del creditore, si applicheranno le regole proprie della fideiussione». 165 Nella Relazione del Guardasigilli al codice, n. 761 si legge «Il vincolo del fideiussore è accessorio, ma non necessariamente sussidiario»: questa ulteriore caratterizzazione viene assunta quando sia pattuito il beneficio di escussione. Si è detto, quindi, che il legislatore del 1942, concedendo alle parti la facoltà di concordare espressamente la sussidiarietà dell’obbligazione fideiussoria, inverte radicalmente la ratio della precedente disciplina, la quale prevedeva il beneficium excussionis a favore del fideiussore quale elemento naturale della fattispecie (cfr. supra nota. 8). Si può ricordare l’osservazione di DOMAT, Le leggi civili nell’ordine naturale, trad. it., V, Venezia, 1805, 32, secondo cui «L’obbligo del fideiussore non essendo che accessorio ed ausiliario di quello del principale obbligato, e per adempiere a ciò che costui manca di soddisfare, è come condizionato, per avere il suo effetto soltanto nel caso che il debitore non possa pagare. Quindi non può essere richiesto il fideiussore, se non dopo che il creditore, avendo fatte le necessarie diligenze per l’escussione del principale obbligato, non ha potuto essere pagato». 166 Nella formulazione dell’art. 1944 riecheggia la voluntas legis di garantire il soddisfacimento della pretesa creditoria espressa con chiarezza nella Relazione al progetto preliminare, Roma, 1936, p. 33, che testualmente affermava: «l’obbligazione solidale […] è usata per i fini più diversi; talvolta i due o più debitori sono soci tra loro, e si tratta in tal caso di un affare al quale ciascuno di essi ha una parte di interesse; talaltra invece è in giuoco l’interesse di un solo debitore che forma la base dell’obbligazione, mentre gli altri non intervengono che come garanti». Si uniforma a tale orientamento, la dottrina, per la quale è consolidata l’opinione che la solidarietà passiva svolga, in senso lato, la funzione di garanzia del credito. In questo senso, in modo esemplare, BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 60; CICALA, Sulla revoca dell’atto fraudolento del debitore solidale ed in genere sulla conservazione delle garanzie nella solidarietà passiva, Riv. dir. comm., 1955, I, 397 ss; cfr. altresì BISCONTINI, Solidarietà fideiussoria e «decadenza», Napoli, 1980, 92: la normativa di cui all’art. 1292 ss. non contempla l’unico modo di essere della solidarietà, ma riconosce essa stessa una configurazione degli interessi dissimile da quella della comunione senza paralizzare l’operatività del meccanismo della libera electio, tipica dell’obbligazione solidale; BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 252 s. tra obbligazione fideiussoria e obbligazione principale si determina «un concorso di obbligazioni le quali, pur incidendo su di un substrato di interessi particolare, rivestono
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convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del
debitore principale167. In quest’ultimo caso, tuttavia, il fideiussore convenuto e
che intenda avvalersi del beneficio dell’escussione, sarà gravato dall’onere di
indicare i beni del debitore che intende sottoporre ad esecuzione168.
caratteri basilari della solidarietà intesa quale meccanismo non rigido, ma adattabile, strutturalmente e funzionalmente, a situazioni diverse. Il meccanismo attuativo della solidarietà – continua l’a. - ha lo scopo, anche nella fideiussione, di rafforzare la tutela del creditore e di eguagliare le posizioni soggettive dei condebitori nei rapporti esterni con il creditore, consentendogli di esigere, indifferentemente, da un qualsiasi obbligato la prestazione, dato che, con la fideiussione, si aggiunge a quella primaria l’obbligazione solidale». Va ricordato che già CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 158, evidenziava la somiglianza di funzione economica tra l’obbligazione solidale e la fideiussione, consistente nella «assicurazione dei crediti mediante una obbligazione personale, accessoria per la fideiussione, principale per la solidarietà e più rigorosa per quest’ultima che non per la prima»; ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’amelio e Finzi, II, 2, sub art. 1951, Firenze, 1949, 404. Cfr. anche GIORGIANNI, Obbligazioni parziarie, solidali, divisibili e indivisibili, in Annali dell’Università di Catania, VI-VII, 1951-1953, 134 ss., nonché BRANCA, Obbligazioni solidali, correali, collettive, Riv. dir. civ., 1957, I, 156, i quali affermano l’esistenza di un tipo di solidarietà – quella contratta nell’interesse esclusivo di uno dei debitori (o dei creditori), e di cui è riferimento negli artt. 1298, comma 1º, e 1299, comma 3º – entro il quale è ascrivibile la nozione di solidarietà fideiussoria. Secondo CASELLA, Le garanzie personali in Italia nei secoli XIX e XX, in Les sûretés personelles (Recueils de la société Jean Bodin pour l’histoire comparative des institutions, 30) III, Bruxelles, 1969, 250, «pur essendo l’obbligazione fideiussoria autonoma e distinta, in quanto accessoria, rispetto all’obbligazione garantita (principale), essa può ugualmente essere classificata nell’ambito delle obbligazioni solidali»; SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 107: «per dire che il fideiussore è un obbligato di grado successivo occorre far forza alla legge, la quale parla di solidarietà». L’A., in particolare, evidenzia il rischio per l’interprete di «confondere la successività della fonte dell’obbligazione fideiussoria, rispetto alla fonte dell’obbligazione principale, con una permanente […] successività degli stessi vincoli obbligatori, che allora più non sarebbero puramente e semplicemente in solido»; RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 163, secondo il quale, «Quando la legge dice che il creditore può pretendere l’intero da ciascun debitore, in ciò è implicito anche che il creditore può scegliere liberamente il debitore a cui rivolgersi per primo»; BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 468, «la fideiussione si caratterizza autonomamente in ciò, che essa è costituita a causa esclusiva di garanzia, mentre le singole obbligazioni solidali non fideiussore possono avere fondamento in varie cause, assolvendo una funzione di garanzia nella misura in cui il debitore è tenuto per la parte degli altri condebitori»; AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 14. 167 In giurisprudenza si veda, tra le pronunce di merito, Trib. Brescia, 13 giugno 2003, in Mass. Trib. Brescia, 2004, 112, 168 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 2 s., puntualizza che la qualifica di solidale data dal legislatore alla obbligazione del fideiussore non rappresenta un’innovazione del codice del 1942, posto che anche nel previgente codice si affermava che la fideiussione senza beneficio di escussione «si regola con gli stessi principi stabiliti riguardo ai debiti in solido». Il fatto che il legislatore abbia esteso tale disposizione alla fideiussione in generale, non costituisce altro che la naturale conseguenza del venir meno del beneficio di escussione a favore del fideiussore, laddove non sia convenuto.
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Come già anticipato, la presenza nel nostro ordinamento di regole
generali in materia di solidarietà al centro della disciplina dell’obbligazione, e
di normative settoriali che qualificano la responsabilità del debitore come
solidale nell’ambito dello specifico rapporto, induce spesso lo studioso a
confrontare il modello massimamente astratto della solidarietà debitoria con la
regolamentazione specifica in cui la categoria generale del diritto delle
obbligazioni è chiamata a operare, al fine di individuarne possibili divergenze
e/o affinità. In questo senso, si comprende come non sia mancato, anche nel
nostro caso, chi ha ritenuto la solidarietà fideiussoria «un quid che della
solidarietà ha il corpo, ma non l’anima; un quid a cui si riserva il nomen di
solidarietà perché il linguaggio giuridico non ha altra parola per designare il
fenomeno di una pluralità di rapporti relativi ad uno stesso debito che sono in
posizione e hanno cause distinte, per quanto ciascuno riguardi l’intero»169.
Un’impostazione, questa, che coglie l’ostacolo alla sussunzione
dell’obbligazione fideiussoria nello schema della solidarietà vera e propria,
essenzialmente in ragioni di ordine strutturale: l’unicità della prestazione
propria della solidarietà di contro alla dualità delle prestazioni nella
fideiussione170; il carattere unilaterale della solidarietà del fideiussore per cui è
il fideiussore ad essere obbligato solidalmente con il debitore principale e non
viceversa171.
Allo stesso modo rileva l’opinione di quella parte della dottrina che
ravvisa nell’obbligazione fideiussoria un’obbligazione solidale sui generis sul
169 Cfr. CARBONE, La fideiussione. Rassegna di dottrina e giurisprudenza, in Dir. giur., 1958, 330 ss. 170 Così RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1957, 134, 136, «la fideiussione […] non cosituisc[e] un caso di vera solidarietà [passiva] con l’obbligazione principale: qui, infatti, le due prestazioni possono anche non essere identiche, ed anzi neppure uguali»; «pure esistendo un’indubbia affinità di funzione, corrono però tra le due figure differenze strutturali», giacchè «manca la eadem causa obligandi con l’obbligazione principale». 171 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 70 (e 12 nota 11). L’affermazione opposta si legge in BARASSI, La teoria generale dell’obbligazione, I, Milano, 1963, 194, ove si afferma, appunto, che la solidarietà è per essenza un fatto reciproco e pertanto anche il debitore principale è solidariamente vincolato con il fideiussore.
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presupposto della sussistenza di divergenze così profonde da non permettere di
asserire che esse tocchino soltanto le modalità delle singole obbligazioni172. In
questo senso, rilevano le concrete diversità di disciplina positiva desumibili
dall’impossibilità di applicare indiscriminatamente le regole predisposte per le
obbligazioni solidali all’obbligazione fideiussoria. Basti pensare alla
possibilità del fideiussore di opporre tutte le eccezioni spettanti al debitore
principale (art. 1945), regola che differisce nettamente da quella dettata
dall’art. 1297 in tema di solidarietà; nonché alla diversa disciplina degli effetti
della remissione della compensazione e della confusione risultante dagli artt.
1239, 1247 e 1253. Inoltre, peculiare alla fideiussione è il potere
dell’obbligato di garanzia di sottrarsi al pagemento o quanto meno, di
assicurarsi l’ìeffettiva realizzazione del diritto di regresso (agendo in rilievo)
in una serie di ipotesi, eterogenee tra loro, ma che nel complesso sono rivolte a 172 MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, Torino, 1959, 419, il quale sottolinea il carattere atipico della solidarietà sotto il profilo pratico, soprattutto se si considera l’operatività del principio di solidarietà nelle obbligazioni solidali e nell’obbligazione fideiussoria; nello stesso senso, in piena vigenza del codice del 1865, v. CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 158, il quale però precisava che nonostante le dovute differenze in tal senso, potevano riscontrarsi delle affinità tra l’obbligazione solidale e la fideiussione come ad esempio la loro funzione economica che era «l’assicurazione dei crediti mediante una obbligazione personale, accessoria per la fideiussione, principale per la solidarietà, e più rigorosa per quest’ultima che non per la prima; nonché il principio per il quale sia il fideiussore come il debitore solidale si obbligano pro alio in quanto si vincolano nel’interesse altrui; ma nomine proprio in quanto entrambi assumono una obbligazione personale di soddisfare il debito da loro garantito». Si veda altresì la posizione espressa da FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 361, secondo cui la solidarietà fideiussoria presenta dei caratteri suoi propri tali da renderla anomala, o meglio imperfetta, rispetto alla solidarietà debitoria tipica. Si tratta, infatti, di differenze così profonde da non permettere di asserire che esse tocchino soltanto le modalità delle singole coobbligazioni. Vero è soltanto che la solidarietà fideiussoria nasce dal ceppo della coobbligazione solidale, implicando obbligazione di più persone per una medesima prestazione, tale che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri; in modo che essa forma un sottotipo della solidarietà obbligatoria, o meglio una species di quel genus che si può individuare attraverso la descrizione del minimo di identità che esprimono. Così che le disposizioni sulla coobbligazione solidale governano la solidarietà fideiussoria nei limiti consentiti dalle caratteristiche che sono proprie di questa, e soprattutto avendo presente l’indole sussidiaria e dipendente che ha l’obbligazione fideiussoria, pur quando sia assunta in solido con il debitore garantito. Nello stesso senso anche RAVAZZONI, La fideiussione generale, in Banca, borsa e tit. cred., 1980, I, 70: «una differenziazione fondamentale[...] sussiste[...]mentre l'obbligazione fideiussoria è una obbligazione accessoria[...]viceversa lo stesso non può dirsi[...]anche per l'obbligazione solidale», pertanto, continua l’a., «[è] il fideiussore ad essere obbligato solidalmente con il debitore principale e non già viceversa».
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tutelare il fideiussore contro il pericolo di una insufficienza del patrimonio del
debitore principale al momento del regresso: potere questo che certamente non
compete al coobbligato in solido, sia pure nei limiti delle quote di debito
gravanti sugli altri consorti. Ancora, il fideiussore è liberato se, per fatto del
creditore non può aver luogo al surrogazione (art. 1955), mentre il condebitore
solidale rimane obbligato nonostante l’insolvenza degli altri, anche se il
creditore ne poteva evitare gli effetti (art. 1299, co. 1 e 2); il coobbligato non è
tenuto, come il fideiussore (art.. 1952), ad avvisare il condebitore della sua
intenzione di pagare e a denunziargli il pagamentoo eseguito, e il suo regresso
verso gli altri condebitori sarà pregiudicato soltanto se, in relazione alle
circostanze, egli poteva provvedere ed evitare il successivo pagamento di altro
coobbligato; la coobbligazione solidale si estingue per il decorso di un termine
di prescrizione, mentre la fideiussione è soggetta ad un termine di decadenza
(art. 1957), prima che a uno d prescrizione. Infine, il peculiare rapporto tra
obbligazione principale e di garanzia, incide, in larga misura, sull’applicabilità
della disciplina in tema di transazione, giudicato, giuramento e prescrizione173.
173 Il carattere “atipico” dell’obbligazione fideiussoria viene sottolineato anche da chi rileva un diverso procedimento di formazione dell’obbligazione solidale rispetto a quella fideiussoria e la portata degli interessi dei coobbligati (e il loro relativo vantaggio), per cui nell'obbligazione solidale sarebbe uguale, mentre, essendo la posizione tra l'obbligazione garantita e di garanzia disuguale, i relativi interessi non possono che pure essere disuguali. In tal senso FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 360, sottolinea che, mentre nell’obbligazione solidale «la diversità d’interesse dei coobbligati è eventuale» (sicché, quando l’interesse di tutti non è eguale, la diversità non appare all’esterno nemmeno se l’obbligazione è assunta per un affare esclusivo di uno degli obbligati), viceversa nella solidarietà fideiussoria anche all’esterno è evidente «che l’adempimento del fideiussore, in definitiva, viene a gravare sul debitore garantito, e v’è sempre una diversità di interessi per ciascuno dei debitori, che pure esternamente si rivela»: «l’uno (il debitore principale) impegnandosi per il vantaggio proprio, l’altro (il fideiussore) obbligandosi per il vantaggio altrui (quello del debitore principale) anche se ha interesse a procurare quel vantaggio». Sempre FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 273 s. osserva che non deve dimenticarsi la fondamentale differenza che il fideiussore è tenuto invece dell'obbligato e ciò tuttavia non toglie che «l'obbligazione solidale può certo servire a scopo di garanzia: ma la garanzia non ne è la normale sua funzione, come la fideiussione». Diverso sarebbe poi il modo di formazione delle due obbligazioni, e inoltre, nell'obbligazione solidale, diversamente da quanto accade per la fideiussione, «ciascun vincolo rapporto è indipendente dall'altro».
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La ricostruzione del concetto di solidarietà in termini di atipicità – per
l’impossibilità, sotto il profilo strutturale e di disciplina, di ridurre ad unità le
due ipotesi in cui la legge parla di solidarietà – rischia, secondo alcuni, di
condurre ad un risultato non perfettamente aderente al dato normativo giacchè,
circoscrivendo l’indagine ai soli elementi strutturali e ai dati di disciplina
positiva, essa trascura di considerare altri aspetti sicuramente fondamentali ed
ugualmente qualificanti i due tipi di solidarietà. Si allude, per un verso,
all’elemento che caratterizza senza discriminazione ogni forma di solidarietà,
e cioè il vincolo che intercorre tra più debitori, tutti tenuti ed obbligati
all’esecuzione di una sola prestazione con effetto libertorio nei confronti degli
altri174, per altro verso, all’aspetto funzionale, parimenti insito nella solidarietà
fideiussoria ed in quella debitoria in generale, e rappresentato dalla comune
finalità di rafforzamento del credito mediante l’equiparazione delle posizioni
soggettive dei condebitori nei rapporti con il creditore175.
174Cfr. BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 468, secondo cui le
particolari regole che disciplinano la fideiussione non ostano con la nozione della solidarietà passiva. Nel senso di un più ampio schema della solidarietà, ARCHI, Sul concetto di obbligazione solidale, in Conferenze romanistiche a ricordo di Castelli, Milano, 1940, 335 ss; inoltre, RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 134 ss., per il quale «la fideiussione […] non costituisce un caso di vera solidarietà (passiva) con l’obbligazione principale: qui, infatti, le due prestazioni possono anche non essere identiche, ed anzi neppure uguali»; «pure esistendo un’indubbia affinità di funzione, corrono però fra le due figure differenze strutturali”, giacché “manca la eadem causa obligandi con l’obbligazione principale». Per CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974, 243, la nozione di obbligazione che si ricava dall’art. 1292 c.c. «prescinde dai rapporti reciproci tra coobbligati ed è idonea a ricomprendere situazioni sostanziali geneticamente e funzionalmente eterogene». 175 In tal senso si pronuncia BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 253: «il meccanismo attuativo della solidarietà ha lo scopo, anche nella fideiussione, di rafforzare la tutela del creditore e di eguagliare le posizioni soggettive dei condebitori nei rapporti esterni con il creditore, consentendogli di esigere indifferentemente da un qualsiasi obbligato la prestazione, dato che con la fideiussione si aggiunge a quella primaria l’obbligazione solidale»; per BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 468: «la fideiussione si caratterizza autonomamente in ciò, che essa è costituita a causa esclusiva di garanzia, mentre le singole obbligazioni solidali non fideiussorie possono avere fondamento in varie cause, assolvendo una funzione di garanzia nella misura in cui il debitore è tenuto per la parte degli altri condebitori». Già CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, metteva in luce la somiglianza di funzione economica tra l’obbligazione solidale e la fideiussione, consistente nella «assicurazione dei crediti mediante una obbligazione personale, accessoria
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In tal senso si è osservato che la nozione di solidarietà passiva, di cui
all’art. 1292 c.c., lungi dal prevedere un concetto omogeneo di solidarietà, si
presta ad offrire un ampio schema astratto di solidarietà, espressione di un
assetto variabile di interessi ed applicabile, nel suo aspetto formale, a casi fra
loro di natura diversa. Ciò, d’altro canto, appare confermato dalla Relazione al
progetto preliminare ove testualmente si precisa che «l’obbligazione solidale
[…] è usata per il fini più diversi; talvolta i due o più debitori sono soci tra
loro e si tratta in tal caso di un affare al quale ciascuno di essi ha una parte di
interesse; talaltra, invece è in giuooco l’interesse di un solo debitore che forma
la base dell’obbligazione, mentre gli latri non intervengono che come
garanti»176.
Nonostante il legislatore dia per presupposta, dunque, l’applicabilità
del vincolo e del regime di solidarietà a fenomeni di fatto eterogenei – il che
ha indotto una parte della dottrina a ridimensionare la questione
dell’identificazione dell’obbligazione fideiussoria con una vera e propria
obbligazione solidale, riducendola entro i confini di uno pseudo-problema177 –
per la fideiussione, principale per la solidarietà, e più rigorosa per quest’ultima che non per la prima». 176 Relazione al progetto preliminare, Roma, 1936, 33 177 A riguardo, v. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 60; MATTEUCCI, Solidarietà del fideiussore e suo debito non pecuniario, in Riv. trim. dir proc civ., 1959, 1345. Tale tendenza si coglie esplicitamente nella Relazione al progetto preliminare (Roma, 1936, 33), che espressamente afferma: «l’obbligazione solidale [...] è usata per i fini diversi; talvolta i due o più debitori sono soci tra loro e si tratta in tal caso di un affare al quale ciascuno di essi ha una parte di interesse; talaltra invece è in giuoco l’interesse di un solo debitore che forma la base dell’obbligazione, mentre gli altri non intervengono che come garanti» ed è successivamente ripresa da BISCONTINI, Solidarietà fideiussoria e «decadenza», Napoli, 1980, 92, il quale rileva come l’art. 1292 non contempla l’unico modo di essere della solidarietà, ma quest’ultima riconosce anche una configurazione di interessi diversa dalla comunione, senza che questo produce degli effetti sul procedimento della libera electio propria dell’obbligazione solidale. In questo senso, nella fideiussione la solidarietà viene intesa nell’accezione tipica di obbligazione in solido, implicando un’obbligazione di più soggetti per una stessa prestazione, tale per cui ciascuno di essi può essere obbligato all’adempimento per la totalità, e l’adempimento di uno degli obbligati libera gli altri si veda RAVAZZONI, Le garanzie, cit., 65, il quale riconosce che la nozione generale di solidarietà passiva presente nell’art. 1292 offre «un ampio schema astratto», in cui è riconducibile anche l’obbligazione fideiussoria; nello stesso senso FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 361, per il quale la solidarietà fideiussoria «nasce dal ceppo della coobbligazione solidale» e «forma un sottotipo della solidarietà obbligatoria, o meglio una species di quel genus che si può individuare attraverso la
100
è pur vero che la questione concernente l’applicabilità o meno di tutte le regole
proprie delle obbligazioni solidali alla fideiussione e viceversa, continua a
dover essere risolta in senso negativo.
Ed infatti, in ordine all’applicabilità alla fideiussione delle norme
dettate per le obbligazioni solidali negli artt. 1292 ss., si osserva che se il
legislatore ammette l’applicazione del regime di solidarietà a fattispecie
eterogenee, spetta sempre all’interprete il compito di valutare in quali casi la
disciplina sia funzionale all’esigenza di regolare secondo criteri unitari tutte le
ipotesi di solidarietà, indipendentemente dalla loro struttura, ovvero quando
quella stessa disciplina vada applicata soltanto all’uno o all’altro titpo di
solidarietà178. In ordine, invece, alla questione inversa e cioè all’applicabilità
delle norme della fideiussione alle obbligazioni solidali pure e semplici – con
particolare riguardo agli obblighi di condotta che gli artt. 1955 e 1957
pongono a carico del creditore garantito da un fideiussore – se ne è eslcusa la
loro applicazione salvo che non ricorra un’espressa pattuizione in senso
contrario179.
Un problema da sempre al centro del dibattito dottrinale in punto di
solidarietà fideiussoria, riguarda il rapporto che corre tra il carattere solidale
dell’obbligazione fideiussoria e l’onere di preventiva escussione, ove tale
beneficio sia stato stipulato ex art. 1944 co. 2 c.c. Si tratta di una questione di
non poco rilievo che vede la dottrina contrapposta tra chi ritiene che anche in
tal caso l’obbligazione del fideiussore sia solidale e come tale vada trattata fin
quando il debitore non manifesti la volontà di avvalersi del beneficio di
escussione e chi, invece, nel valorizzare la situazione dell’obbligazione
fideiussoria successiva all’istanza dilatoria del garante, riconosce il contrasto
descrizione del minimo di identità che esprimono»; con l’effetto che «le disposizioni sulla coobbligazione solidale governano la solidarietà fideiussoria nei limiti consentiti dalle caratteristiche che sono proprie di questa». 178 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 51. 179CASELLA, Le garanzie personali in Italia nei secoli XIX e XX, in Les sûretés personelles (Recueils de la société Jean Bodin pour l’histoire comparative des institutions, 30) III, Bruxelles, 1969, 279.
101
tra la pattuizione del beneficio di escussione ed il regime della solidarietà, con
conseguente preclusione per l’applicazione della disciplina detatta per
quest’ultima.
Quanto alla prima ricostruzione si osserva che la pattuizione del
beneficio di escussione non è ritenuta di per sé in grado di incidere,
modificandole, sulla natura e sulle caratteristiche del debito del fideiussore
sicchè il debito fideiussorio rimane solidale in obligatione, ma può divenire
semplice ex facultate solutionis180. Di conseguenza il creditore può chiedere
che il fideiussore adempia come obbligato solidale fin dal momento in cui il
credito diventa esigibile, e tale situazione è suscettibile di mutaamento soltanto
se il fideiussore, dietro indicazione dei beni del debitore principale da
sottoporre ad esecuzione, chieda di adempiere dopo l’escussione del debitore
principale e nei limiti di quanto eventualmente non ottenuto da
quest’ultimo181.
Quanto all’orientamento contrario, l’incompatibilità si fonda su una
considerazione di carattere pratico, avallata, secondo i suoi sostenitori, dalla
stessa tecnica legislativa utilizzata dal legislatore nella formulazione dell’art.
1944 c.c., ove mentre il primo comma prevede il carattere solidale
dell’obbligazione fideiussoria, il secondo comma, in rapporto avversativo,
consente alle parti di convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima
dell’escussione del debitore principale. Si osserva infatti che se la libertà di
180 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 269, che allude alla quiescenza degli efeftti della solidarietà nel solo caso in cui il fideiussore eserciti il potere accordatogli dal contratto; RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 189; FALQUI MASSIDA, voce Fideiussione, in Enc. giur., XIV, 1989, 8. nello stesso senso anche BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 469, secondo cui la fideiussione è sempre solidale anche se previsto il beneficio di escussione, il quale, dal canto suo, costituisce solo una delle modalità idonee a diversificare l’obbligazione del condebitore solidale. 181 Si veda, tra gli altri, AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 16 secondo cui il beneficio, senza incidere sull’obbligazone, riguarda solo l’adempimento; RAVAZZONI, Le garanzie, cit., 74; DISTASO, voce Beneficio di escussione, in Enc. dir., V, Milano, 1959, 108 e MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, 2, Torino, 1995, 81, ove espressamente si afferma che il beneficio di escussione non esclude il carattere solidale del vincolo tra debitore principale e fideiussore poiché quest’ultimo dovrà pur sempre invocare in concreto il beneficio stesso.
102
scelta del creditore è un potere che acquista rilevanza giuridica e significato
pratico in sede di adempimento, non ha senso parlare parlare di solidarietà in
obligatione se proprio nel momento in cui essa dovrebbe operare, uno dei suoi
effetti qualificanti, e cioè che ciascuno dei condebitori sia costretto ad
adempiere, venga eliminato su iniziativa del fideiussore182.
Quali che siano le conclusioni cui si pervenga nell’esaminare i riflessi
della pattuizione del beneficio di escussione sulla natura dell’obbligazione
fideiussoria, l’unico dato pressoché certo è che la solidarietà rappresenta un
carattere naturale e non essenziale dell’obbligazione fideiussoria183. Essa
infatti, nelle ipotesi in cui il beneficio di escussione è reso – per disposizione
di legge o per oggetto del contratto – presupposto costitutivo della fattispecie
fideiussoria (basti pensare alla fideiussione d’indennità ovvero alla
fideiussione della fideiussione), si considera di fatto esclusa difettando proprio
il principale dei suoi effetti inderogabili e cioè la possibilità di costringere
ciascun debitore all’adempimento per la totalità184.
182 Sull’incompatibilità si vedano, BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 255; CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974, 335, che colloca il beneficio di escussione al di fuori della solidarietà vera e propria; BISCONTINI, Solidarietà fideiussoria e «decadenza», Napoli, 1980, 131 ss.; infine, nello stesso senso, GRASSO, Profilo sostanziale e profilo processuale della fattispecie impeditiva nella fidieussione con beneficio di escussione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1965, 80 ss. 183 Cfr. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 267. In giurisprudenza, sul punto, Cass. 4 marzo 1995, n. 2517, Foro it., Rep. 1995, voce Fideiussione e mandato di credito, n. 49. La regola civilistica, trova conferma quanto alla sua portata di principio generale, anche nella giurisprudenza amministrativa: cfr. TAR Veneto, 23 aprile 1996, n. 723, Riv. amm. Veneto, 1997, 31, ove si aggiunge che, anche qualora il fideiussore abbia espressamente rinunciato al beneficium escussionis, “il creditore non deve escutere previamente il garante, conservando, invece, libertà di scelta a riguardo”. 184 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 54, secondo cui «è chiara la diversità [dell’escussione nell’ipotesi della fideiussione d’indennità e della fideiussione della fideiusione] rispetto al modo di operare del tipico benficio di eescussione: mentre in questo caso il debito del fideiussore, quando sia scaduta l’obbligazione principale, diviene pienamente esigibile, occorrendo per contro un’eccezione dello stesso garante per costringere il creditore ad escutere prima il patrimonio del debitore principale, nelle ipotesi [richiamate] l’escussione ovvero la prova dell’insolvenza del debitore (o di questi e del primo fideiussore) costituisce coelemento determinativo dell’efficacia dell’obbligazione fideiussoria». Sul punto si veda altresì DISTASO, voce Beneficio di escussione, in Enc. dir., V, Milano, 1959, 109 ss.
103
Al contrario una chiara espressione del carattere “naturalmente”
solidale dell’obbligazione fideiussoria emerge dalla disciplina processuale in
tema di litisconsorzio necessario.
Come noto, infatti, estendendosi un principio dettato in materia di
obbligazioni solidali, ove si esclude un litisconsorzio necessario per la
domanda di pagamento, anche il creditore garantito da fideiussione può agire
in giudizio direttamente nei confronti del garante, senza che sia necessario il
litisconsorzio passivo nei confronti del debitore principale 185. Si tratta di un
preciso criterio di legittimazione ad causam che, in quanto strettamente
connesso al meccanismo della solidarietà o, come affermato in giurisprudenza,
«postulato della natura solidale dell’obbligazione che sta a carico [del
fideiussore e del debitore principale]»186, appare riferibile indistintamente a
tutti i settori di rilevanza dell’istituto contemplati dall’ordinamento, tra i quali
appunto la fideiussione solidale187. A completare la disciplina processuale
interviene, in ogni caso, l’art. 1942 dal cui disposto discende l’onere188, per il
185 Cass. 28 febbraio 1957, n. 724, Foro it., Rep. 1957, voce Fideiussione e mandato di credito, n. 28. 186 Cass. 15 dicembre 1970, n. 2683, in Giust. civ., 1971, I, 569, ove in particolare si afferma che il vincolo di solidarietà tra fideiussore e obbligato principale non dà luogo ad inscindibilità o interdipendenza di cause, agli effetti dell’applicabilità dell’art. 331 c.p.c., neppure se essi abbiano entrambi partecipato al giudizio di primo grado e l’impugnazione sia stata proposta soltanto dal fideiussore. Pertanto l’autonomia dell’azione di pagamento proposta dal creditore contro il fideiussore senza la necessità di istituire il litisconsorzio passivo nei confronti del debitore principale è un postulato della natura solidale dell’obbligazione che sta a carico di entrambi e che importa la coesistenza di una pluralità di rapporti obbligatori relativi al medesimo oggetto tra i debitori stessi ed il creditore. Tale disciplina costituisce una conseguenza naturale della nozione di solidarietà passiva, la quale comporta che solo il soddisfacimento integrale della pretesa del creditore,mediante il conseguimento da parte di uno dei condebitori, dell’unico bene che forma oggetto della pluralità delle obbligazioni, impedisce, per l’effetto liberatorio della exceptio de soluto che ne consegue, a favore del gruppo degli obbligati, la proposizione di analoga istanza nei confronti degli altri. Più di recente Cass. 15 febbraio 2005, n. 3028, in Mass. Giur. it., 2005, secondo cui non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale in fase di impugnazione nel caso dell’azione proposta dal creditore nei confronti del del debitore principale e del fideiussore coobbligato solidale, giacchè ill creditore ha titolo per richiedere l’intero nei confronti di ciascun debitore, di tal che è sempre possibile la scissione del rapporto processuale. 187 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 50 188 La dottrina intende l’onere di escussione come implicante non soltanto il dovere di iniziare le azioni contro il debitore, ma anche di continuarle con quella diligenza che ognuno deve usare nell’adempimento di qualsiasi obbligo a lui spettante, affinché la sua condotta possa
104
creditore, di dare avviso al fideiussore della promozione del giudizio contro il
debitore principale, denuncia per la quale, secondo la giurisprudenza non è,
peraltro, richiesta alcuna forma particolare e solenne189.
Ad accrescere le peculiarità della solidarietà fideiussoria rispetto allo
schema proprio della solidarietà ad interesse comune contribuisce, d’altro
canto, un dato estremamente significativo che emerge dal complesso delle
norme in materia di fideiussione e cioè il principio del favor fideiussoris che,
sul presupposto dell’intensità del vincolo derivante dal negozio fideiussorio e
dell’insorgenza in capo al creditore di un autonomo, nuovo e pieno diritto di
credito nei confronti del fideiussore, ispira, si potrebbe dire, la disciplina
complessiva della fideiussione190.
Tale principio, come ritiene la dottrina esprimendosi in termini di
«particolare benevolenza nei confronti del fideiussore»191, costituisce una delle
principali caratteristiche della disciplina legale della fideiussione, essendo, in
sé, indice della preoccupazione del legislatore di evitare che la posizione in cui
viene a trovarsi il garante – già particolarmente delicata, ove solo si ponga
mente al fatto che attraverso la fideiussione un soggetto si obbliga con tutto il
proprio patrimonio a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui –
risulti ulteriormente onerosa.
Sul piano pratico la base positiva di questa «particolare benevolenza» è
stata rinvenuta in molteplici disposizioni normative tra le quali, a titolo
considerarsi conforme la principio di buona fede; al riguardo, in questo senso FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 287; DISTASO, voce Beneficio di escussione, in Enc. dir., V, Milano, 1959, 113, precisa in proposito che “obbligo di escutere il debitore vuol dire anzitutto obbligo di agire contro di lui per ottenere la condanna, e quindi per ottenere un titolo esecutivo che consenta di iniziare l’espropriazione dei beni indicati dal fideiussore; e vuol dire inoltre obbligo di compiere ogni atto cautelare contro i beni stessi, rivolto ad assicurarne l’indisponibilità durante il giudizio diretto alla condanna”. Spetta al fideiussore, interessato a far valere i propri diritti, provare la colpa e il danno: REDENTI, voce Fideiussione, in Diz. prat. dir. priv., III, 1923, 133. 189Cass. 30 aprile 1952, n. 1203, Foro it., Rep. 1952, voce Fideiussione e mandato di credito, n. 12. 190 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, passim. 191 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 114
105
meramente esmplificativo, emergono: l’art. 1937 c.c. nella misura in cui
impone che la manifestazione di volontà di prestare la fideiussione risulti
espressamente192; il complesso di norme costituito dagli artt. 1955, 1956 e
1957, senza le quali, chiaramente ispirate a detto favor, l’obbligazione
fideiussoria risulterebbe strumento eccessivamente ampio rispetto alla
funzione da svolgere193; nonché ogni altra disposizione finalizzata ad istituire
“benefici” per il garante, quali, appunto, i beneficia excussionis e divisionis di
cui agli artt. 1944 comma 2 e 1947 c.c.194.
3. I riflessi della natura solidale dell’obbligaizione fideiussoria nei
rapporti interni tra garante e debitore principale. L’origine del rapporto
Raffigurata l’obbligazione fideiussoria come un’obbligazione solidale
o, in senso più ampio, come elemento di un’obbligazione collettiva nella quale
si sistema anche quella garantita, un rapporto tra fideiussore e debitore
garantito sorge così come fra condebitori in ogni caso di obbligazione con
pluralità di soggetti.
In tal senso, senza ripetere quanto già in precedenza chiarito in ordine
all’aspetto «bifronte» dell’obbligazione solidale e quanto già detto in merito
192 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 92. Sotto la vigenza del codice civile del 1865, CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 185, affermava che la fideiussione non sorge «se non quando le parole scritte o pronunciate dall’autore della raccomandazione o informazione contengano espressamente la dichiarazione di voler prestare garanzia» sicchè «mai potrà parlarsi di fideiussione allorchè tali parole esprimano soltanto virtualmente la detta volontà». Più di recente la regola del codice ha avuto un impiego diverso, che si distacca da quello che si è soliti ricollegare alla matrice originaria, ritenendosi che essa presidi anche le restrizione che il fideiussore intende porre al proprio impegno. Sicchè il soggetto tutelato diventa l’altra parte del rapporto, mirandosi ad evitare che eventuali limitazioni dell’impegno di garanzia – che, pur non essendo rimaste nella sfera dei motivi, non siano state espressamente manifestate dal fideiussore – vengano afrustrare l’affidamento del creditore garantito circa l’effettiva estensione del vincolo fideiussorio. Nel senso che le restrizioni possono incidere sull’obbligo di garanzia solo se manifestate in maniera espressa, Cass. 3 settembre 1982, n. 4811, in Banca borsa tit. cred., 1983, II, 419, che ha inaugurato tale indirizzo, nonché Cass. 9 maggio 1988, n. 3400, ibid., 1989, II, 434. 193 BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 181, Id., La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, 267 194 SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 100 ma specialmente 105-106
106
alla sua articolazione nelle due successive fasi, esterna ed interna (su cui,
supra, Cap. II), è possibile affermare che anche nel meccanismo della
solidarietà fideiussoria il pagamento eseguito dal fideiussore determina il
sorgere, in suo favore, di un diritto di credito finalizzato al rimborso di quanto
corrisposto al creditore in sostituzione del debitore principale.
In realtà, nonostante si sia soliti intendere il rapporto tra debitore
principale e fideiussore, al pari di quello tra fideiussore e creditore, come un
rapporto a fattispecie complessa, derivante, appunto, dalla relazione tra gli
ultimi due in concorso con il fatto successivo del pagamento, il
riconoscimento di diritti al fideiussore verso il debitore principale già prima
del pagamento stesso (art. 1953 c.c.), ha indotto la dottrina a retrodatare
l’origine di tale rapporto “interno” riconducendolo al momento dell’instaurasi
del rapporto iniziale fra fideiussore e creditore comune195. In questo senso non
è mancato chi ha ritenuto il rapporto tra fideiussore e debitore principale un
rapporto che rinviene la sua origine nella legge, essendo proprio quest’ultima a
sistemare in un fascio unitario l’obbligazione fideiussoria e quella garantita196.
A parte le correlazioni che possono derivare fra l’obbligazione di
garanzia e quella garantita per il motivo dell’essere la prima al servizio della
seconda, il fondamento di questo rapporto legale va ravvisato, secondo un
consolidato orientamento dottrinale, nello stesso meccanismo del negozio
fideiussorio ove il rapporto tra fideiussore e debitore integra quello tra
fideiussore e creditore, ed entrambi, sommati, rifrangono l’unitario rapporto
tra creditore e debitore principale197.
195 Si veda sul punto la posizione espressa da FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 350 196 Cfr. BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 228 ss., secondo cui si tratta di un rapporto che per quanto rilevi nella seconda fase dell’obbligazione, e cioè in quella indirizzata all’attuazione, ha origine coeva a quella del rapporto fra creditore e fideiussore; la sua nascita va imputata alla legge perché è la legge che sistema l’obbligazione fideiussoria e quella garantita in un fascio unitario. 197 FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 371 s.
107
Il meccanismo fideiussorio, facendo sì che si realizzi l’interesse del
creditore senza l’esecuzione della prestazione da parte del debitore principale,
“predispone uno strumento di frattura tra il rapporto giuridico cui si riferisce la
garanzia e quello economico che vi sottostà”198, nel senso che la mancata
esecuzione della prestazione da parte del soggetto obbligato in via principale,
impedisce che il costo del negozio garantito ricada, almeno inizialmente, sulla
sua sfera economica. Tale meccanismo, tuttavia, proprio per mitigare le
conseguenze di tale frattura, non autorizza il debitore a trattenere la
prestazione, incrementando così il suo patrimonio, ma, al contrario, gli impone
di eseguirla verso il fideiussore di modo che quanto corrisposto da
quest’ultimo in favore del creditore non resti ad esclusivo carico del garante
poiché non è a lui che è andato il vantaggio assicurato al debitore dal
rapportpo cui accedeva la garanzia199.
Così spiegato il meccanismo che giustifica l’instaurarsi del rapporto tra
fideiussore e debitore garantito, si rafforza la persuasività di
quell’orientamento dottrinale che ripudia il ricorso allo schema del mandato o
a quello della gestione di affari altrui per la ricostruzione di detto rapporto. Si
nega, infatti, che il fideiussore debba necessariamente essere considerato un
mandatario sol perché la fideiussione sia stata assunta sciente e consenziente il
debitore ovvero che si possa identificare con un negotiorum gestor perché, al
contrario, l’assunzione di garanzia sia avvenuta a sua insaputa200. Tanto
nell’uno quanto nell’altro caso, si è osservato, la fideiussione non è mai affare 198 FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 371 s. 199 FRAGALI, voce Fideiussione (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, 1968, 372 : «A parte le correlazioni che possono derivare fra l’obbligazione di garanzia e quella garantita per il motivo che la prima è al servizio della seconda[…]il rapporto fra fideiussore e debitore viene ad integrare quello fra fideiussore e creditore; la somma di entrambi rifrange l’unitario tra creditore e debitore e la fideiussione dà un assetto sussidiario agli interessi posti in giuoco da questo rapporto, nella triplice direzione della soddisfazione dell’interesse del creditore, ove non sia o non possa essere realizzato mediante la prestazione del debitore, di una protezione preliminare degli interessi che il fideiussore potrebbe veder lesi dall’entrata in effetto del suo obbligo di prestazione, e della reintegrazione del patrimonio del fideiussore diminuito dalla prestazione eseguita in luogo del debitore». 200 Ricostruiscono la fideiussione in termini di mandato o negotiorum gestio, tra gli altri, PACIFICI-MAZZONI, Istituzioni di diritto civile, V, 2, Firenze, 1908, 507 e MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 167, nota 2.
108
del debitore, giacchè l’obbligazione fideiussoria si fissa nella sfera del debitore
esclusivamente come fonte di vantaggi di puro fatto tra cui, primo fra tutti, il
rafforzamento del diritto del creditore che gli agevola la richiesta di credito e
facilita ogni sua iniziativa201. V’è di più, quando la fideiussione è assunta
insciente o prohibente debitore, si esclude che l’inscientia possa coincidere di
per sé con l’absentia agli effetti della negotiorum gestio, allo stesso modo
quando la fideiussione è assunta sciente o consenziente il debitore, la scientia
non potrebbe in nessun caso integrare gli estremi del consenso costitutivo del
mandato.
L’esigenza di anticipare l’origine del rapporto “interno” tra fideiussore
e debitore principale già al momento della costituzione di quello tra garante e
creditore, come visto, nasce dalla constatazione dell’esistenza di diritti
spettanti al fideiussore verso il debitore garantito ancor prima del pagamento e
del soddisfacimento delle ragioni del creditore. Da una valutazione organica
del rapporto tra fideiussore e debitore principale emerge, infatti, una
bipartizione tra rimedi di carattere “preventivo”, diretti appunto a prevenire i
danni che il fideiussore potrebbe risentire se adempisse all’obbligazione di
garanzia, e rimedi successivi rispetto al pagamento, diretti invece a recuperare
quanto versato dal fideiussore in sostituzione del debitore principale.
E così, in un primo tempo, quando ancora il fideiussore non ha
adempiuto alla sua obbligazione di garanzia, il debitore che ne sia richiesto
deve sollevare il fideiussore dall’obbligazione di garanzia sulla base
dell’obbligazione di rilievo ex art. 1953 di natura sicuramente preventiva e
soltanto in qualche caso di natura cautelare. In un secondo tempo, invece,
avveratosi l’adempimento del fideiussore, il negozio fideiussorio sarà causa di
una surrogazione ex lege del garante nelle ragioni del creditore soddisfatto 201 Cfr. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 90 s.; ID., voce Fideiussione, in Enc. dir., 1968, 371 ove si afferma che in nessun caso si potrebbe ricorrere alla figura del mandato o a quella della gestione di affari. Non alla prima perché la scientia non potrebbe mai costituire il consenso costitutivo del mandato, non alla seconda perche l’inscientia non potrebbe, dal canto suo, integrare l’absentia agli effetti della negotiorum gestio.
109
(art. 1949 c.c.) e di un autonomo regresso per il rimborso di quanto pagato dal
primo in favore del creditore comune (art. 1950 c.c.).
4. Il regresso del fideiussore contro il debitore garantito: generalità
Il legislatore, come è noto, riconosce al fideiussore adempiente il diritto di
regresso contro il debitore principale e ne disciplina l’esercizio mediante la
relativa azione, intesa a consentire concretamente al garante di recuperare
quanto pagato in adempimento dell’obbligo del debitore principale. La
disposizione normativa a ciò preposta è l’art. 1950 c.c. ove, al primo comma,
si precisa che «il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore
principale, benchè questi non fosse consapevole della prestata fideiussione»202.
Secondo il legislatore per il solo fatto di aver compiuto un pagamento che si
risolve nell’interesse del debitore principale, il fideiussore –
indipendentemente dalle ragioni che possono averlo indotto ad addivenire al
negozio – acquista il diritto ad avere rimborsata la somma pagata203.
Si tratta di una disposizione normativa che, per il modo in cui è formulata,
ha contribuito in misura tutt’altro che secondaria a chiarire l’esatto
fondamento giuridico dell’azione di regresso determinando, in particolare, il
definitivo superamento delle tradizionali ricostruzioni teoriche (tendenti a
ravvisare nell’azione di regresso, a seconda dei casi, un’applicazione dell’actio
202 La puntualizzazione da parte del legislatore, in ordine all’irrilevanza della scientia da parte del debitore principale, ha costituito uno degli argomenti principali addotti dagli interpreti, per considerare ormai definitivamente superate le tesi che ravvisavano il fondamento dell’azione di regresso in un applicazione dell’actio mandati ovvero, in caso di fideiussione prestata insciente il debitore principale, dell’actio negotiorum gestorum. Ed infatti, muovendo dall’analisi meramente letterale della norma, si è rilevato che, se l’art. 1950, comma 1°, considera irrilevante la scientia del debitore, debbono ritenersi irrisori anche gli eventuali effetti di essa, con l’ovvia conseguenza che il debitore principale non può opporre la personale inconsapevolezza della prestata fideiussione per ostare l’azione di regresso del fideiussore nei suoi confronti; si veda, ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’amelio e Finzi, II, 2, sub art. 1951, Firenze, 1949, 412 ss; RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 232. 203 Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 230
110
mandati, della negotiorum gestio o dell’ingiuistificato arricchimento204), in
favore di interpretazioni più aderenti al dettato normativo.
Ed invero, mentre nella dottrina meno recente vi era concordia nel ritenere
che l’azione di regresso traesse fondamento dall’azione di mandato o,
nell’ipotesi in cui il debitore principle non fosse consapevole dell’avvenuta
fideiussione, dalla negotiorum gestio, tali ricostruzioni appaiono, oggi, del
tutto sorpassate. Se è vero, infatti, che in molti casi la fideiussione viene
assunta per incarico del debitore principale, è altrettanto vero che l’azione di
regresso insorge automaticamente per effetto del pagamento, prescindendo del
tutto da quelle che possono essere le pattuizioni contenute in un separato
contratto di mandato. Se in quest’ultimo, poi, vi dovesse essere un accordo in
diverso senso, esso potrà valere tuttalpiù come rinuncia al regresso, che però,
almeno astrattamente verrebbe lo stesso ad esistenza. Stesso dicasi per quanto
riguarda la negotiorum gestio ove il fatto stesso della necessità che il dominus
non sia in grado di provvedere al compimento dell’affare non consente di
adattare agevolmente questo schema all’ipotesi della fideiussione205. Parimenti
sorpassata appare, infine, la tesi che riconduce il regresso all’azione di
ingiustificato arricchimento poiché diversa ne risulta, in concreto, la portata
applicativa206.
204 Per un quadro delle diverse ricostruzioni teoriche circa il fondamento dell’azione di regresso sotto la vigenza del codice del 1865 si veda quanto detto supra capitolo I. 205 Cfr. RAVAZZONI, voce Fideiussione (diritto civile), in Noviss. Dig. it., VII, 1961, 290 206 Favorevole a ricondurre l’azione di regresso entro lo schema dell’azione di ingiustificato arricchimento, VON TUHR, Zum Regress des Bürgen, in Zeitschrift für schweiz. Recht, N.F., 42, 102 ss. Sul punto si veda la ricostruzione di RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, secondo cui «se è vero che, dato il carattere sussidiario che nel nostro ordinamento ha l’azione di ingiustificato arricchimento, e la diversa portata di essa rispetto all’azione di regresso fideiussorio (in quanto ci si limita con la prima ad indennizzare della diminuazzione patrimoniale, con la seconda, se il debito principale produceva interessi superiori al tasso legale, il fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale), se è vero perciò che l’azione di regresso e quella di ingiustificato arricchimento sono due cose diverse, si può, viceversa, concordare con Von Tuhr, nel ritenere che l’azione di regresso è prevista per quelle fattispecie, le quali sarebbero almeno astrattamente idonee a far sorgere, ove mancasse appunto un’azione di regresso – e qualche volta, nel caso del mandato, possono effettivamente far sorgere, in rapporto di almeno parziale concorrenza –, una azione da mandato o da gestione di affari o da ingiustificato arricchimento»
111
Una volta escluso che l’azione di regresso spettante al fideiussore sia
fondata sul mandato, sulla gestione di affari o sull’ingiustificato arricchimento,
si è concordi ormai nel ritenere che l’azione di regresso derivi «tipicamente e
direttamente dalla fideiussione», essendo, per espressa previsione normativa,
effetto immediato e diretto del pagamento eseguito dal garante nell’interesse
del debitore principale207. Potrebbe, in proposito, far sorgere qualche dubbio la
considerazione secondo la quale l’obbligazione fideissoria si svolge
esclusivamente tra creditore e fideiussore, senza necessità di intervento del
debitore principale. Ma il dubbio è superato, ove solo si consideri la relazione
di interdipendenza fra i due rapporti e, in particolare, il vincolo di solidarietà
che lega il fideiussore e il debitore principale, sia pure solo all’esterno, nei
rapporti con il creditore comune208.
Il rapporto di derivazione diretta del diritto di regresso dall’adempimento
dell’obbligazione principale incide in modo rilevante sulla natura del diritto in
esame. In particolare, si deve ritenere come caratteristica costante e tipica la
possibilità, da parte dell’obbligato in sede di regresso, di opporre al
207 Una decisa presa di posizione in tal senso si ha da parte di REDENTI, voce Fideiussione, in Diz. prat. dir. priv., III, 1923, 135 il quale, senza mezzi termini, afferma che il legislatore ha concesso le azioni, espressamente ed in modo autonomo, al fideiussore che ha pagato, in base al fatto di aver pagato come fideiussore. Testualmente afferma «il diritto al rimborso di cui all’art. 1915, è espressamente accordato dalla legge al fideiussore contro il debitore principale, ancorché non consapevole della prestata sicurtà […]di fronte a questo testo di legge è, a mio parere, inesatto quanto si insegna comunemente che il fideiussore che ha pagato ha contro il debitore un’azione o mandati c. o negotiorum gest. c. secondoché costui era stto o meno consapevole della fideiussione» ed aggiunge «il fideiussore ha dalla legge il diritto e l’azione dell’art. 1915, nonché (come mezzo a fine) le azioni dell’art. 1916 e diritto ed azioni per legge sono gli stessie d identici sia che il debitore fosse consapevole della prestata sicurtà, sia che non lo fosse. Il ricorrere a quelle figure romane di azione è quindi inutile ed è contrario alla legge stessa» 208 Si veda RAVAZZONI, voce Fideiussione (diritto civile), in Noviss. Dig. it., VII, 1961, 290, secondo cui «ogni qualvolta ci si trovi di fronte a questa fattispecie: esistenza di una pluralità di coobbligati – per cui ciascuno possa, magari a determinate condizioni, essere obbligato a rispondere per l’intero e l’adempimento compiuto da uno, liberi gli altri –, e pagamento dell’intero debito da parte di uno di essi; ivi esistano i presupposti per l’insorgenza dell’azione di regresso. Intendiamo riferirci sia alla solidarietà vera e propria, come a quelle forme di solidarietà, meramente esterna ed impropria, di cui è esempio la solidarietà fideiussoria». ID., La fideiussione, Milano, 1957, 215 il quale conferma l’identità dell’azione di regresso spettante al fideiussore con quella sorgente dalle obbligazioni solidali, salvo che per taluni aspetti marginali – discendenti da caratteristiche peculiari dell’obbligazione fideiussoria – di per sé non idonei a far cadere detta identità.
112
condebitore le eccezioni che egli avrebbe potuto opporre al creditore, se fosse
stato chiamato all’adempimento. Tale principio, che scaturisce tanto dalla
lettera della norma quanto da una sua lettura in chiave sistematica, patisce una
sola limitazione, peraltro assai limitata, proprio in materia di fideiussione
all’art. 1952 comma 2 c.c. Infatti, quando il fideiussore dia avviso al debitore
principale, della sua intenzione di pagare il debito, e questi non gli comunichi
quali eccezioni siano opponibili oppure – nell’ipotesi in cui il fideiussore, non
ritenendo tali eccezioni valide, intenda pagare ugualmente – egli non prenda
l’iniziativa di opporre lui stesso quelle eccezioni, perde la possibilità di
opporle, a sua volta, in sede di regresso contro di lui. Si tratta di una norma
eccezionale, giustificata dal comportamento inerte o negligente del debitore
principale; comportamento nel quale il legislatore pare ravvisi una forma di
acquiescenza alla rinuncia alla proposizione delle eccezioni.
5. La disciplina positiva del regresso fideiussorio: i presupposti,
l’estensione, gli oneri di avviso e di denuncia
Inquadrata l’azione di regresso quale azione tendente ad indennizzare il
fideiussore senza speculazioni a danno del debitore209, conviene premettere
che la reintegrazione patrimoniale del garante che ha pagato dovrà essere sì
completa ma non potrà giammai eccedere, a titolo di capitale, quanto
effettivamente dovuto al creditore. Si tratta, come opportunamente osservato
in dottrina, di una precisazione che assume una rilevanza notevole ai fini
dell’individuazione pratica dei confini del diritto di regresso210. Così, ad
esempio, se il fideiussore ha pagato più di quanto spettava al creditore non
avrà diritto di ripetere l’eccedenza del debito, allo stesso modo se il
fideiussore, con il consenso del creditore, ha pagato una somma inferiore a
quella dovuta ed ha ottenuto una quietanza definitiva, non potrà esigere dal 209 CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 1119 210 REDENTI, voce Fideiussione, in Diz. prat. dir. priv., III, 1923, 139 secondo cui in caso di transazione tra creditore e fideiussore, questi potrà esigere in via di regresso la minore somma che è stato costretto a pagare a tale titolo. Per una soluzione analoga in giurisprudenza si veda Cass. 13 aprile 1926, n. 1056, in Foro it., Rep. 1926, voce Fideiussione, 766.
113
debitore l’intera somma del debito reale, ma potrà farsi rimborsare solo il
valore effettivamente pagato211. Vi è di più, accordata dal creditore al
fidieussore una remissione totale o parziale del debito si dovrà distinguere se
la remissione fu ispirata da liberalità verso il debitore o verso il fideiussore:
nel primo caso il fideiussore avrà regresso per la parte non rimessa, che egli
sia stato costretto a pagare, nel secondo, invece, avrà regresso per l’intero212.
Il regresso attribuisce al solvens il diritto al rimborso di quanto pagato a
titolo di capitale e di interessi, nonché, ai sensi dell’art. 1950 comma 2, il
rimborso delle spese che egli abbia dovuto rifondere al creditore, sia che
quest’ultimo le abbia incontrate nell’agire preventivamente ed inutilemnte
contro il dbeitore principale, sia che le abbia incontrate nell’agire contro il
fideiussore213. Sul complesso delle somme così sborsate per conto ed in luogo
del debitore, al fideiussore competono, altresì, gli interessi dal giorno del
pagamento, in ogni caso, nella misura del tasso legale, in misura superiore fino
al rimborso del capitale laddove fosse lo stesso debito principale a produrli in
questa misura214.
211 Si veda sul punto CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 461 212 Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 236 213 Il diritto di regresso si prescrive decorso il termine di dieci anni dalla data del pagamento, secondo quanto fissato dall’art. 2946, quantunque il credito originario avesse un termine di prescrizione più breve. In senso contrario, RAVAZZONI, voce Regresso, in Nss. dig. it., XV, Torino, 1968, 360, per il quale, se il termine di prescrizione del debito originario è di quello breve, anche l’azione di regresso ha lo stesso tipo di prescrizione; e ciò in quanto la ratio dell’azione di regresso è ravvisabile nel debito originario, che viene estinto, e da esso derivano le caratteristiche più rilevanti. L’onere dell’avviso non è in toto surrogatorio del comportamento diligente e secondo buona fede: per cui il garante, se, da un lato, non ottemperando all’obbligo di avvisare, si assoggetta alle eccezioni opponibili da parte del debitore, non si esonera da queste, pur dando l’avviso, se non oppone le eccezioni che, informando il personale comportamento al principio di diligenza, avrebbe dovuto conoscere. Ciò non è esplicitamente contemplato dalla legge ma si evince facilmente dai principi, se non altro per analogia con l’art. 1485, cfr. SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 136 s. Nello stesso senso BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 492 s., secondo cui l’onere del fideiussore di informare il debitore principale del pagamento e l’onere del debitore principale di comunicare al fideiussore delle eccezioni opponibili al creditore, sottintendono un ulteriore onere gravante sul fideiussore, ossia quello di non pagare il saldo, se sussistono eccezioni opponibili al creditore, sempre che riguardino eccezioni ragionevolmente fondate e facilmente dimostrabili. 214 Accanto alle spese e agli interessi si può far valere anche l’importo dei danni che il fideiussore ha subito a causa dell’inadempimento secondo le regole generali in materia di
114
Quanto alla disciplina degli interessi, è opportuno precisare che la
disposizione (art. 1950, 3° comma) che attribuisce al fideiussore che ha pagato
e che agisce in regresso, gli stessi interessi ultralegali che produceva il debito
principale, si riferisce agli interessi convenzionali in corso al momento di detto
pagamento e, pertanto, ne implica la debenza in favore del fideiussore, sulla
base del saggio in vigore a quella data e fino al momento del suo
soddisfacimento, indipendentemente dall’eventualità di una successiva
variazione del saggio stesso in ipotesi di prosecuzione del rapporto principale
(come nel caso di pattuizione correlata al mutevole parametro dei tassi
d’interesse praticati in ambito bancario “su piazza”)215.
Con disposizione omogenea al sistema di protezione degli incapaci in
materia di obbligazioni (che può evincersi dagli artt. 1190 e 2039, oltre che
dalla norma in esame), “se il debitore è incapace, il regresso del fideiussore è
ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio” (art. 1950,
4° comma). Si tratta di una disposizione che contiene una limitazione
all’azione di regresso, ma che trova la sua giustificazione nell’art. 1939 c.c. Se
infatti si accordasse al fideiussore il regresso integrale ed incondizionato
contro il debitore incapace, si offrirebbe il mezzo per eludere indirettamente
l’annullamento del’obbligazione dell’incapace216.
Condizione necessaria per l’esercizio dell’azione di regresso è l’avvenuto
pagamento del debito da parte del fideiussore in luogo del debitore principale.
obbligazioni. Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 237 s. 215 Cass. 1° marzo 1993, n. 2497, Mass. Giur. it., 1993, riguardo all’ammontare delle somme così sborsate per conto ed in luogo del debitore, al fideiussore competono gli interessi dal giorno del pagamento, in ogni caso, nella misura del tasso legale; egli ha diritto ad interessi in questa misura. L’art. 1950, comma 3°, fa riferimento agli interessi convenzionali in corso al momento del pagamento da parte del fideiussore; pertanto, ne implica la debenza, in favore del garante solvens, sulla base del saggio in vigore a quella data e fino al momento del suo soddisfacimento, a prescindere dalla eventualità di una successiva variazione del saggio stesso ove fosse proseguito il rapporto dalla eventualità di una successiva variazione del saggio stesso ove fosse proseguito il rapporto principale (come nel caso di pattuizione correlata al mutevole parametro dei tassi bancari “su piazza”). CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 464 s. 216 Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 239
115
A tal fine non può ritenersi sufficiente “la sola sottoposizione all’esecuzione
dei beni del fideiussore da parte del creditore, richiedendosi, invece, che il
credito sia risultato soddisfatto attraverso l’attribuzione di somme al creditore
in sede di distribuzione del ricavato”217.
Se quella dell’effettivo pagamento è la condizione essenziale in positivo,
il presupposto, per così dire, in negativo, per l’esercizio dell’azione è che
l’obbligazione principale non si sia estinta (secondo il principio fondamentale
dell’accessorietà). Se infatti il fideiussore paga un debito già estinto per
remissione, per avvenuto pagamento o per altra causa, egli non potrà esercitare
l’azione di regresso, a meno che la liberazione del debitore abbia natura
meramente personale, concretandosi sostanzialmente in un pactum de non
petendo fra il creditore e il debitore principale, nel qual caso l’azione di
regresso non subirebbe alcun pregiudizio218.
Ulteriore presupposto ex lege, affinché il fideiussore possa esercitare il
diritto riconosciutogli è l’onere di denuncia e/o avviso al debitore principale. Il
legislatore prevede due ipotesi distinte, entrambe comportanti il “divieto di
agire contro il debitore principale” (art. 1952)219. Nella prima, “il fideiussore
217 Cass. 14 novembre 1989, n. 4835, in Foro it., Rep. 1989, voce Fideiussione e mandato di credito, n. 67; «Quindi è necessario che il credito sia risultato soddisfatto attraverso l’attribuzione di somme al creditore in sede di distribuzione del ricavato. Il pagamento del debito deve intendersi, lato sensu, tale da comprendervi qualsiasi mezzo satisfattivo dell’obbligazione che abbia come conseguenza diretta ed immediata la liberazione del debitore verso il creditore per fatto del fideiussore. E’ conseguenziale l’osservazione secondo la quale la disciplina in tema di regresso trova applicazione nel caso in cui il fideiussore o abbia provveduto al saldo o abbia eseguito una prestazione in solutum o abbia opposto in compensazione un proprio credito o abbia ricevuto, grazie ad una donazione indiretta, la remissione del debito a suo esclusivo vantaggio», cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 254, nt.190. 218 Il principio secondo il quale al fideiussore non è consentito eseguire pagamenti arbitrariamente ordinatigli, nonostante la pregressa estinzione dell’obbligazione principale per adempimento o per altra ragione, pena la perdita del diritto di regresso, trova conferma in giurisprudenza in Cass. 7 ottobre 1967, n. 2334, in Banca, borsa, ecc., 1968, II, 244 e Cass. 19 marzo 1993, n. 3291 in Giur. it., I, 1, 246 e in Nuova giur. civ., 1994, I, 37 con nota di GALLO. 219 L’art. 1918 c.c. 1865 prevedeva : « Il fideiussore che ha pagato, non ha regresso contro il debitore principale che abbia pagato anch’esso, qualora il fideiussore non abbia avvertito il debitore del fatto pagamento, salva la sua azione contro il creditore per la sua ripetizione” (1° comma) “Se il fideiussore ha pagato senza essere convenuto e senza avere avvertito il debitore principale, non ha alcun regresso contro di questo nel caso in cui, al tempo del pagamento, il
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non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di
denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito”
(art. 1952, 1° comma); nella seconda, “se il fideiussore ha pagato senza averne
dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che
avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento” (art.
1952, 2° comma). In entrambi i casi è fatta salva la possibilità, per il
fideiussore, di agire contro il creditore per la ripetizione di quanto pagato (art.
1952, 3° comma), anche se la disposizione va coordinata con altre norme che
possono escludere, in determinati casi e in considerazione della natura
dell’eccezione spettante al debitore, l’azione di ripetizione. Così, in
particolare, nell’ipotesi in cui il debitore principale opponga al fideiussore di
aver pagato, senza preavviso, un debito prescritto, l’art. 2940 esclude che il
fideiussore possa pretendere dal creditore la ripetizione di quanto pagato.
L’art. 1950 c.c. ipotizza la fattispecie concreta più semplice, caratterizzata
dalla presenza di un unico debitore, a favore del quale è stata prestata la
garanzia. Nell’ipotesi, invece, in cui la garanzia sia stata prestata a favore di
una pluralità di debitori, è necessario distinguere se l’obbligazione garantita
sia a carico di soggetti legati o non da vincolo di solidarietà.
Nel caso positivo, se la garanzia riguarda tutti gli obbligati si applicherà
l’art. 1951, a tenore del quale “se vi sono più debitore principali obbligati in
solido, il fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno per
ripetere integralmente ciò che ha pagato”220. Successivamente, il debitore in
solido il quale abbia pagato il fideiussore ha, a sua volta, il diritto di esercitare
l’azione di regresso contro ciascuno degli altri debitori, ma soltanto per la
parte di ciascuno di essi (come stabilisce il 1° comma dell’art. 1299 c.c.)221.
debitore avesse avuto mezzi di far dichiarare estinto il debito, salva la sua azione contro il creditore per la ripetizione” (2° comma). 220 L’art. 1917 c.c. 1865 prevedeva: “Se vi sono più debitori principali obbligati in solido per lo stesso debito, il fideiussore che ha fatto sicurtà per tutti, ha il regresso contro ciascuno di loro per ripetere l’intiera somma pagata”. 221 La ripetizione totale è ammessa esclusivamente per la fideiussione a favore di tutti i condebitori; diversamente, nell’ipotesi, non espressamente disciplinata, di fideiussione prestata per uno solo dei condebitori solidali, ma sempre per l’intero debito, il fideiussore che
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La particolarità dell’art. 1951 può cogliersi nel fatto che l’obbligazione
del garante verso ciascuno degli obbligati principali in solido può essere
considerata contratta nell’interesse esclusivo di ciascuno di essi: per questa
ragione, rispetto al fideiussore, non trova riscontro la regola della divisione
dell’obbligazione stabilita dalla prima parte dell’art. 1298, concretandosi
invece l’ipotesi di cui all’ultima parte del 1° comma della medesima
disposizione222.
Secondo il principio generale, più volte ricorrente in tema di fideiussione,
non dovrebbe rilevare che uno dei debitori principali, obbligati in solido, non
fosse consapevole della fideiussione stipulata dall’altro, essendo la
fideiussione efficace anche se il debitore garantito non ne ha conoscenza
ovvero che non siano indicati i nomi degli stessi, “ben potendo la fideiussione
essere prestata anche per un obbligazione futura in ordine alla quale la persona
del debitore non sia ancora determinata, ma determinabile.
ha pagato è legittimato ad esperire l’azione di regresso per l’intero verso il debitore garantito, ma la solidarietà si scioglie. La dottrina più risalente, CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 487, affermava che la ripetizione spettava per l’intero anche ai condebitori solidali non direttamente garantiti, in quanto il fideiussore assumeva una posizione equiparabile a quella del creditore dell’obbligazione principale e, quindi, come quest’ultimo, aveva il diritto di reclamare l’intero, atteso il vincolo di solidarietà. 222 Cass. 17 giugno 1996, n. 5541, in Foro it., I, 1997, 265, con osservazioni di CRISOSTOMO. Secondo un’opinione, cfr. ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’amelio e Finzi, II, 2, sub art. 1951, Firenze, 1949, 415 e BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 262, il fideiussore che ha prestato garanzia ad uno solo dei condebitori non sarà legittimato ad esercitare l’azione di regresso, ex art. 1299, presso gli altri condebitori, mentre sarà il condebitore garantito ad avere titolo per ripetere la quota rispettiva del debito contro gli altri condebitori. Sul punto v. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 407, secondo il quale l'art. 1951 costituirebbe una deroga dell'art. 1299 2°comma; infatti in base all'art. 1951 la surrogazione può esercitarsi con riferimento a ciascuno dei coobbligati per l'intero e perciò se uno dei debitori diviene insolvente, le conseguenze si ripercuotono sui solventi; tale principio sarebbe valido sia per la garanzia semplice sia per quella solidale, in quest'ultimo caso non si applicherebbe il disposto del 2°comma dell'art. 1299, il regresso, continua l’a., opera in tal caso per l’intero verso il debitore garantito e pro quota verso i condebitori solidali, e ciò per via della surrogazione parziale nella posizione che sarebbe spettata al debitore garantito, se avesse fatto il pagamento, verso i suoi condebitori, FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 409.
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Diversa è l’ipotesi in cui, pur sussistendo più obbligati tenuti solidalmente
tra di loro, allo stesso o a diverso titolo, all’adempimento della medesima
obbligazione nei confronti del terzo creditore, la fideiussione sia stata prestata
esclusivamente a favore di uno di essi. In tal caso, si ritiene comunemente che
il fideiussore abbia diritto di regresso, per l’intero ammontare del credito ma
soltanto nei confronti del condebitore solidale garantito, e conseguentemente,
nei confronti degli altri, non garantiti, potrebbe agire eventualmente pro quota.
L’articolata disciplina del regresso spettante al fideiussore adempiente si
completa con la disposizione di cui all’art. 1954 c.c. ove si precisa che in caso
di confideiussione, il confideiussore che ha pagato, pur avendo diritto al
regresso per l’intero nei confronti del debitore garantito, ha regresso contro gli
altri fideiussori per la loro rispettiva porzione223. A fondamento di tale norma
si pone la riflessione secondo cui, una volta attuato il rapporto garantito, non si
giustifica più la considerazione unitaria dell’interesse di tutti, che atteneva al
momento esterno della dinamica dell’obbligazione, per cui l’obbligazione di
ciascuno dei componenti del gruppo riprende il limite dato dall’interesse
proprio. Se la confideiussione è stata prestata per un’obbligazione solidale, il
confideiussore, che ha regresso contro gli latri confideiussori per la loro
rispettiva porzione, può ripetere l’intero da ciascun debitore principale se la
confideiussione è stata prestata per tutti i condebitori224.
6. La surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore.
Inquadramento sistematico e fondamento giuridico
Nel momento in cui, a fronte della richiesta del creditore, il fideiussore
paga in adempimento della sua obbligazione, si verifica, analogamente a
223 Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 243 secondo cui la ripartizione del debito all’interno del gruppo dei confideiussori va fatta applicando il criterio stabilito dall’art. 1298 c.c. per i rapporti tra condebitori solidali, tuttavia, laddove non dovesse essere possibile individuare un criterio particolare di riparto interno, si potrà fare applicazione della presunzione di uguaglianza delle quote. 224 CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 90
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quanto previsto in favore del condebitore solidale che abbia pagato l’intero
debito, un’ipotesi di surrogazione legale, e cioè una modificazione soggettiva
del rapporto obbligatorio al quale la garanzia si riferiva con subentro del
solvens nella posizione del soggetto soddisfatto.
Tale meccanismo, contrariamente a quanto sostenuto da una parte della
dottrina che, nel tentativo di dimostrare l’inapplicabilità della surrogazione
legale alle obbligazioni solidali in generale, è pervenuta addirittura ad
escludere che l’art. 1949 c.c. si riferisca all’ipotesi di fideiussione solidale225,
rappresenta un aspetto tutt’altro che secondario dell’articolata disciplina dei
rapporti tra fideiussore e debitore principale cinti dal vincolo solidale, prova
ne sia la collocazione sistematica della norma di riferimento in apertura della
Sezione III del Capo XXII del codice civile dedicata, appunto, alla disciplina
dei rapporti interni tra garante e debitore principale.
Il subingresso del fideiussore nella posizione giuridica del creditore
soddisfatto, va ad inscriversi, secondo la prevalente dottrina, nella cornice
sistematica costituita dalla disciplina generale del pagamento con surrogazione
e, più in particolare, della surrogazione legale ove, come specificazione ed
estensione dell’ipotesi contemplata al n. 3 dell’art. 1203 c.c., si colloca nel
contesto della surrogazione che opera di diritto “a vantaggio di colui che,
essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di
soddisfarlo”226.
225 Sul punto si veda l’articolata ricostruzione di GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1991, 35 ss. 226 In tal senso si vedano, MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 163; COLAGROSSO, Teoria generale delle obbligazioni e dei contratti, Roma, 1948, 57; MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, II, 2, 197, 413. Si vedano, altresì, RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 227 e FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1968, 357, secondo il quale la possibilità di ricondurre la surroga del fideiussore nell’alveo della disciplina della surrogazione legale, risultava più chiara nel codice abrogato ove l’art. 1253 n. 3, corrispondente all’attuale art. 1203 n. 3, e che si riferiva pure al pagamento di chi aveva interesse a soddisfare il debito altrui, trovava una correlazione nell’art. 1238 comma 1°, relativo all’adempimento del terzo, nel quale il fideiussore era elencato fra coloro che hanno interessse ad estinguere il debito altrui.
120
Delle ipotesi di surrogazione legale, quella fideiussoria esibisce senza
dubbio le caratteristiche fondamentali: da un lato, l’esistenza di due distinti
rapporti obbligatori, uno dei quali, quello del fideiussore, contratto
nell’esclusivo interesse del debitore principale; dall’altro la considerazione che
il fideiussore è sicuramente obbligato per altri al pagamento del debito.
Subentrando ope legis nella posizione del creditore (garantito), ai sensi
dell’art. 1949, “il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che
il creditore aveva contro il debitore”227. Tale formulazione ha sollevato non
poche perplessità in dottrina proprio con riguardo alla possibilità di ricondurre
la surroga del fideiussore nell’alveo della più ampia categoria della
surrogazione legale.
Si è evidenziata infatti, da parte di alcuni, una diversità di fondo tra l’art.
1203 n. 3 e l’art. 1949 dettata dal fatto che mentre il primo circoscrive il
subentro del surrogato nei diritti che il creditore “ha” al momento del
pagamento, il secondo, invece, riconosce al fideiussore la possibilità di
subentrare nei diritti che il creditore “aveva” al tempo della fideiussione.
Secondo tale ricostruzione, la surrogazione del fideiussore avrebbe, rispetto a
quella legale in generale, un contenuto minore quantificabile in base all’entità
del diritto del creditore al momento della costituzione del vincolo e non a
quello del pagamento228.
In realtà si tratta di un’opinione che non può essere condivisa per due
ordini di ragioni: in primo luogo si esclude che l’uso di una data forma
verbale, in questo caso l’imperfetto, sia di per sé indice di una limitazione
della surrogazione del fideiussore ai diritti che il creditore aveva al tempo
227 Il legislatore del codice civile del 1865 non aveva ritenuto di esordire con l’affermazione della surroga del fideiussore, sancendo in primo luogo l’insorgenza del (diritto o azione di) regresso a seguito del pagamento (art. 1915, cc. 1865, richiamato infra, nt. …) e soltanto nella disposizione successiva (art. 1916 c.c. 1865) esplicitando che «il fideiussore che ha pagato il debito, sottentra in tutte le ragioni che aveva il creditore contro il debitore». 228 Non si verificherebbe, dunque, nei diritti del creditore come essi sono al momento del pagamento, ma come essi erano al momento della costituzione del vincolo, con esclusione di quelli acquistati successivamente. In questo senso, MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 166 e 253
121
della fideiussione, potendo benissimo significare che questa avviene nei diritti
che il creditore aveva al tempo del pagamento da parte del fideiussore229, in
secondo luogo, appare di gran lunga preferibile la soluzione favorevole
all’estensione della surroga ai diritti succeessivi in quanto è più che
ragionevole ritenere che chi ha pagato per altri possa avvalersi di ogni mezzo
appartenente al creditore per ottenere il rimborso, senza distinzioni relative al
momento in cui il mezzo è sorto230.
Per contro, si è sottolineata, da parte di altri, una mggiore ampiezza del
campo di applicazione della surrogazione del fideiussore rispetto a quella
risultante dalla norma generale dell’art. 1203 n. 3, ma neppure ciò ha
consentito di qualificare la surrogazione del fideiussore come una figura
giuridica estranea rispetto al tipo generale poiché resta fermo che la previsione
dei casi di surrogazione legale non si esaurisce nei casi tipici indicati, ma si
estende fino a comprendere, ex art. 1203 n. 5, tutte le altre fattispecie stabilite
dalle legge231.
229 GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 224 s. 230 Si veda sul punto CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 474; REDENTI, voce Fideiussione, in Diz. prat. dir. priv., III, 1923, 139; Bo, voce Fideiussione, 1121; ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’amelio e Finzi, II, 2, sub art. 1951, Firenze, 1949, 412; FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 385 231 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957; Allo stesso modo MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, il quale, sotto la vigenza del codice del 1865, pur non dubitando mai del fatto che la surrogazione potesse costituire il caso tipico di surrogazione di diritto, avendo rappresentato essa stessa il germe di sviluppo dell’intero istituto della surroga legale, evidenziava le diversità strutturali rispetto all’ipotesi allora rappresentata dall’art. 1253 n. 3 (oggi 1203 n. 3). In particolare sottolineava che «mentre per la surroga dell’art. 1253 n. 3, si subentra nei diritti del creditore soddisfatto, quali sono al momento del pagamento, per la surroga concessa al fideiussore si subentra nelle ragioni del creditore quali erano al momento dell’obbligazione contratta. L’art. 1916 […] non è una semplice applicazione pleonastica dell’art. 1253, ma ha un significato proprio, come ha una dizione propria giacché dice che il fideiussore sottentra in tutte le ragioni che aveva il creditore contro il debitore». Di fondo dunque, secondo l’a., l’esigenza di garantire al fideiussore il subentro in tutte le garanzie dell’obbligazione soddisfatta, in vista delle quali, con ogni probabilità, egli stesso si è convinto a prestare la garanzia.
122
Al pari della surrogazione di cui all’art. 1203 c.c. anche la surrogazione
fideiussoria rinviene il proprio fondamento nella circostanza che
l’adempimento del fideiussore non causa l’estinzione dell’obbligazione
principale ma, al contrario, ne implica soltanto una modificazione soggettiva.
Dalla struttura dell’obbligazione fideiussoria, che ha per contenuto
l’adempimento dell’obbligo altrui, deriva, infatti, che l’esecuzione della
prestazione determina ad un tempo l’estinzione dell’obbligazione fideiussoria
e la liberazione del debitore originario nei confronti dell’ormai soddisfatto
creditore, ma il diritto di credito a quest’ultimo spettante non si estingue, per
trasferirsi, con un peculiare meccanismo legale, al fideiussore che potrà
avvalersene per recuperare quel che è stato necessario a soddisfare l’interesse
del creditore232.
Respinta dunque l’opinione che riteneva incompatibile l’estinzione del
diritto del creditore come effetto del pagamento del fideiussore e il
sopravvivere del rapporto giuridico modificato nel solo lato attivo, non resta
che riconoscere alla surrogazione del fideiussore il più ampio effetto di una
successione nella posizione del creditore rispetto al diritto che questi aveva
verso il debitore garantito e ad ogni altro diritto accessorio o che vi si
riferiva233.
7. La disciplina giuridica della surrogazione del fideiussore
Purchè si tratti di un pagamento valido e produttivo di effetti, qualunque
mezzo satisfattivo dell’obbligazione che determini la liberazione del debitore
verso il creditore per fatto del fideiussore, è idoneo a produrre la surrogazione.
Ciò vale sicuramente per quanto riguarda la datio in solutum e la
compensazione, come particolari modi di estinzione dell’obbligazione diversi 232 Così FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 358 «come nel caso di surrogazione ex art. 1203, la surrogazione fideiussoria può operare perchè l'adempimento del terzo non estingue l'obbligazione in senso oggettivo, ma soltanto in senso soggettivo. Vale a dire realizza l'interesse del creditore, ma non libera il debitore». 233 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1968, 358.
123
dall’adempimento, ma il discorso può estendersi fino a ricomprendervi, più in
generale, l’ipotesi del pagamento parziale, semprechè accettato dal creditore, e
il pagamento eseguito prima della scadenza del termine apposto
all’obbligazione garantita anche se non dovuto per effetto del verificarsi della
decadenza di cui all’art. 1957 c.c.234.
La surrogazione è senza effetto se non esiste il rapporto obbligatorio in cui
il fideiussore interviene, come pure va esclusa allorché manchi l’indefettibile
requisito del “nesso di accessorietà tra il credito soddisfatto e il rapporto dal
quale trae origine la garanzia che il solvens vorrebbe volgere a proprio
favore”235.
La giurisprudenza è stata chiamata più volte a chiarire – se mai ve ne
fosse la necessità – che la surrogazione può operare soltanto nei limiti in cui il
credito avrebbe potuto esser fatto valere dal creditore stesso, precisandosi così
che non sussiste il diritto di surroga nelle ipotesi di nullità dell’obbligazione
principale, anche qualora nel contratto di fideiussione sia contenuta una
diversa pattuizione in proposito236; tale convenzione, infatti, risulta
inopponibile al debitore, in considerazione della sua estraneità di principio alla
stipulazione237. Al fideiussore che paga, dunque, per un’obbligazione garantita
234 In dottrina sul punto si veda, BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, 13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 259 e GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 226. In giurisprudenza Cass. 6 dicembre 1960, n. 3192, in … 235 Si è presentato il caso in cui, a scopo di garanzia di un mutuo, era stata prestata fideiussione ed era stato ceduto pro solvendo il credito; a fronte della richiesta del fideiussore, il quale aveva pagato al creditore principale, di surrogarsi nelle ragioni di quest’ultimo, rivalendosi nei confronti del debitore ceduto, la Suprema Corte ha escluso la sussistenza della necessaria accessorietà tra il rapporto di mutuo e la cessione del credito cfr. Cass. 29 gennaio 1997, n. 916, in Foro it., Rep. 1997, voce Obbligazioni in genere, n. 44. 236 La riserva, d’altro canto, di agire contro i fideiussori, espressa in un contratto di cessio bonorum pro soluto, avente per effetto la liberazione definitiva del debitore, è incompatibile con l’estinzione dell’obbligazione principale, che la cessione dei beni ai creditori nella forma “pro soluto” comporta – diversa sarebbe stata l’ipotesi, così come erroneamente era stata ricostruita la vicenda dalla corte d’appello, della cessione “pro solvendo” accompagnata da un pactum de non petendo di natura personale, limitatamente al debitore principale - e risulta pertanto priva di effetti, non potendo far sopravvivere un’obbligazione fideiussoria ormai estinta cfr. Cass. 18 gennaio 1960, n. 30, in Foro it., 1960, I, 212. 237 In giurisprudenza, Cass. 25 novembre 1986, n. 6929, …; 7 ottobre 1967, n. 2334, in Banca, borsa, ecc., 1968, II, 244.
124
già estinta, benché consapevole dell’avvenuta estinzione, non è riconosciuto
alcun diritto a potersi surrogare nella posizione del creditore238.
Come è noto con la surrogazione si concede al fideiussore uno strumento
di tutela che assicura la reintegrazione in forma specifica del suo patrimonio
attraverso il subentro negli stessi diritti del creditore soddisfatto. Affinchè tale
risultato possa, però, concretamente realizzarsi è necessario il trasferimento in
capo al garante di tutti i diritti che esistevano nella sfera del creditore e che la
surrogazione ha fatto pervenire in quella del fideiussore, con estensione a tutte
le garanzie che assistevano il credito originario indipendentemente dalla loro
natura. Sotto il profilo dei diritti occorre precisare che il carattere strumentale
e recuperatorio della surrogazione fa sì che possano formare oggetto
dell’azione esclusivamente quei diritti idonei a far conseguire al fideiussore la
prestazione alla quale il debitore era tenuto verso il creditore soddisfatto, o
tuttalpiù quelli che potrebbero farla conseguire mediatamente; per quanto
concerne, invece, le garanzie che accedevano al credito originario l’estensione
si ha tanto in favore delle garanzie reali e/o privilegi previsti dal codice quanto
per quelli previsti da leggi speciali.
In ogni caso, la surrogazione nelle garanzie è considerata dal legislatore di
tale importanza che, qualora il creditore per fatto proprio impedisca la
produzione di questo effetto, la fideiussione si estingue ai sensi dell’art. 1955
c.c.239.
La surrogazione è efficace nei confronti sia del debitore principale che dei
terzi che hanno prestato garanzia senza che sia necessaria alcuna formalità.
Verso il debitore la surrogazione si risolve, oltre che nel diritto di escussione
238 La surrogazione è ovviamente infruttuosa di conseguenze se non esiste il rapporto obbligatorio in cui il fideiussore interviene. Se nessun diritto spettava al creditore, per essersi l’obbligazione garantita già estinta, il fideiussore, che abbia pagato il debito estinto, pur essendo consapevole dell’avvenuta estinzione, non ha alcun diritto di surrogazione: Cass. 18 gennaio 1960, n. 30, in Foro it., 1960, I, c. 213. V. anche Cass. 25 novembre 1986, n. 6929, che esclude la surrogazione del fideiussore solvens in caso di nullità dell’obbligazione principale. 239 Così GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 227
125
delle garanzie, anche nel diritto del fideiussore di esigerne a proprio favore la
prestazione e di ottenerne condanna ai fini dell’azione esecutiva; contro i terzi
il fideiussore che ha pagato può escutere le garazie eventualmente concesse
per il debito al quale si riferiva la fideiussione ed esperire ogni azione
personale ivi comprese la surrogatoria e la revocatoria che spettavano al
creditore con riguardo al credito garantito.
La surrogazione legale si verifica anche nei casi di garanzia prestata solo
per un parte di debito (cosiddetta fideiussione parziale), restando esclusa
pertanto la possibilità, per il creditore principale di invocare una sorta di
prelazione – rispetto al fideiussore - fino alla integrale estinzione del debito240.
In termini sistematici, è necessario il ricorso all’art. 1205, a norma del quale,
se il pagamento è parziale, il terzo surrogato e il creditore concorrono nei
confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto241. Salvo patto
contrario, dunque, la disciplina di carattere generale, in materia di
surrogazione parziale, trova applicazione anche in caso di fideiussione
stipulata per una parte del debito, senza che a ciò osti la presenza della
disposizione specifica dell’art. 1949 e nonostante sia stata, isolatamente,
espressa opinione diversa in dottrina per sostenere la posizione preferenziale
del creditore originario rispetto al solvens242, alla stregua di un principio che si
fa risalire al diritto comune, ma che comunque non è transitato nella
legislazione vigente243.
240 In questi termini, nella giurisprudenza di merito, Trib. Palmi, 23 maggio 1961, in Banca, borsa ecc., 1962, II, 137. 241 Con ampia e convincente motivazione, Cass. 19 luglio 1967, n.1846, in Foro it., 1967, I, 2539, spec. 2545 s. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 392 osserva, riferendosi a PACIFICI-MAZZONI, Istituzioni di diritto civile, V, 2, Firenze, 1908, 505, che «se il fideiussore ha eseguito un pagamento parziale, la surrogazione è parziale; vale a dire il fideiussore concorre con il creditore nel far valere i suoi diritti, ai sensi dell'art. 1205». 242 RAVAZZONI, Le garanzie, cit., p. 111. 243 Si ricorderà che la disposizione dell’art. 1205 riproduce sostanzialmente l’art. 1254, 2° comma c.c. 1865: «il creditore che fu solo in parte soddisfatto, e colui che gli fece il pagamento in parte, concorrono insieme a far valere i loro diritti in proporzione di quanto è ai medesimi dovuto».
126
Capitolo IV
I RAPPORTI TRA LA SURROGAZIONE ED IL REGRESSO
SOMMARIO: 1. Impostazione del problema. La surrrogazione e il regresso tra
contrapposti indirizzi dottrinali – 2. La teoria della duplicità apparente: l’assorbimento tout
court del regresso nella surrogazione – 2.1 Gli sviluppi della ricostruzione teorica nella
solidarietà debitoria – 2.2. I riflessi della teoria nella solidarietà fideiussoria – 2.3. Critiche
alla teoria della duplicità apparente: “un’inutile superfetazione dogmatica” – 3. Il necessario
coordinamento delle azioni: un’anomalia del sistema? – 3.1. Il coordinamento delle discipline
tra concorso alternativo e cumulativo – 3.2. La duplicità di azioni nella cornice sistematica
della solidarietà fideiussoria – 4. La surrogazione come fattispecie estranea all’ambito delle
obbligazioni solidali ad interesse comune – 4.1. L’estensione della teoria alle obbligazioni
solidali ad interesse unisoggettivo e alla solidarietà fideiussoria
1. Impostazione del problema. La surrogazione e il regresso tra
contrapposti indirizzi dottrinali
La disamina dei risultati cui dottrina e giurisprudenza sono pervenute
nei diversi contesti in cui la surrogazione e il regresso sono chiamati ad
operare, consente ora compiere un ulteriore passo in avanti affrontando lo
spinoso problema dei nessi intercorrenti tra le relative discipline.
Come è noto la percepibilità di più o meno evidenti differenze fra gli
istituti del regresso, ex art. 1299 c.c., e della surrogazione nei diritti del
creditore, spettante ex art. 1203 c.c., a colui che, essendo tenuto con altri o per
altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo, ha generato una
tormentata impasse in cui si è imbattuta la dottrina civilistica, la quale ha
espresso sul punto tutte le tesi logicamente sostenibili, dando luogo ad una
notevole incertezza anche nell’interpretazione giurisprudenziale caratterizzata
da periodiche oscillazioni.
Analoghe difficoltà ricostruttive si sono riproposte anche in materia di
fideiussione, ove la contrapposizione tra le due azioni è resa ancora più
127
evidente dalla particolare collocazione sistematica delle norme di riferimento,
le quali, l’una dopo l’altra, riconoscono, almeno formalmente, al fideiussore
che abbia adempiuto in luogo del debitore principale di potersi avvalere, per il
recupero di quanto prestato, sia dell’azione in surrogazione (art. 1949) – che
gli deriva dall’essere subentrato nei diritti che il creditore aveva nei confronti
del debitore principale – sia dell’azione di regresso (art. 1950) contro il
debitore principale, comprendente il capitale, gli interessi e le spese che il
fideiussore ha fatto per l’adempimento del debito.
Si tratta di una contrapposizione di norme non affatto nuova per il
sistema giacché, già in passato, e l’insegnamento di Pothier si considera
esemplare a riguardo, si era soliti assegnare al correo e al fideiussore, due
specie di azioni: l’una, di surrogazione nel diritto del creditore soddisfatto,
quand’essi la domandavano espressamente; l’altra, di propria spettanza,
consistente nell’actio pro socio, nell’actio mandati, nell’actio negotiorum
gestorum, o in quella de in rem verso; queste azioni spettavano in virtù dello
speciale rapporto obbligatorio intercorrente con gli altri correi, rapporto per il
quale si richiedeva, di volta in volta, un concreto riscontro244.
Benché, come si avrà modo di chiarire, nel sistema attuale si prescinda
ormai dalla necessità di dimostrare l’esistenza di un particolare rapporto
interno, di fatto superata dall’automatica divisione dell’obbligazione solidale
in parti tra i diversi soggetti del gruppo solidale, nonché dalla necessità di
chiedere la surrogazione, che ormai si verifica ope legis, permane invariata,
tuttavia, oggi come allora, la duplicità dei rimedi, posto che sia il condebitore
solidale che il fideiussore, per effetto del pagamento, oltre a sostituirsi di
diritto nella posizione del creditore (artt. 1203 n. 3 e 1949), acquistano il
diritto al regresso nei rapporti interni con gli altri coobbligati in solido (artt.
1299 e 1950).
244 Cfr. POTHIER, Obligat., II, Bruxelles, 1831, c. III, §6, nn. 280-283, il quale, come noto, ebbe una notevole influenza nella compilazione del codice napoleonico, e quindi, indirettamente, anche nel nostro abrogato codice che a quello s’ispirava ampiamente.
128
Così, se per un verso vi è chi ha ammesso il cumulo delle azioni,
affermando la strumentalità della surrogazione al recupero di quanto pagato
(rimborso o, rectius, regresso)245, da parte di altri si è negata tale soluzione in
favore, invece, della diversa ricostruzione tendente a riconoscere il concorso
alternativo tra i due istituti246. Alle teorie appena richiamate, fondate entrambe
245 Tale opinione è seguita in modo pressoché generale dalla dottrina, sia nel vigore del codice del 1865, cfr. CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 468, il quale afferma che, essendo il garante intervenuto ed eseguita il pagamento per altri, “è equo e giusto che gli si conceda, oltre all’azione personale di regresso, un’altra azione con la quale egli possa approfittare delle garanzie reali creditorie, allo scopo di ottenere in modo più sicuro il rimborso di quanto gli spetta”; CICCAGLIONE, voce Fideiussione, in Enc. giur. it., VI, 1903, 636; BO, voce Fideiussione, in Nuovo dig. it., XVI, 1938, 1119, sia sotto quello del codice vigente; REDENTI, voce Fideiussione, in Dizionario pratico dir. priv., III, Milano, 1923, 135 secondo cui l’azione di surrogazione fornisce al fideiussore solvens “dei sussidi per conseguire con facilità e con certezza almeno parte del rimborso (regresso) che gli spetta, col permettergli di valersi per questo scopo e a questo effetto delle garanzie e dei diritti amminicolari già annessi al credito garantito”; BO, voce Fideiussione, in Nuovo dig. it., XVI, 1938, 1119; ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’Amelio e Finzi, sub art. 1951, II, 2, Firenze, 1949, 412 (“le azioni derivanti dalla surrogazione non escludono, ma anzi si cumulano con quelle derivanti dal diritto di regresso”); RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 225 ss.; MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1959, 543; BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno,13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 261; BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 492. Esclude che regresso e surrogazione siano la stessa cosa anche GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 48. 246 I due strumenti sono diversi e al fideiussore che ha pagato è riconosciuta la facoltà di scelta fra l’uno e l’altro, cfr., in generale, SICCHIERO, Regresso e surrogazione legale, in Contratto e impresa, 1996, 1012 ss. L’elaborazione dottrinale prospettata sembra essere condivisa dalla giurisprudenza; in argomento, così Cass. 6 giugno 1972, n. 1744, in Foro it., 1973, I, c. 1544, regresso e surrogazione sono azioni spettanti entrambi al solvens, perché entrambi implicano il pagamento del saldo e propendono a garantire le pretese di colui che lo ha onorato. La diversa scelta fra le due azioni di tutela si riverbera anche sull’individuazione della competenza territoriale del giudice: cfr. Cass. 5 febbraio 1987, n. 1120 (“ove il fideiussore, che abbia pagato il debito, opti per l’azione di surrogazione ai sensi degli artt. 1203, n. 3, e 1949 c.c., in luogo di quella di regresso, di cui al successivo art. 1950, la competenza del giudice, in ordine alla relativa controversia, va determinata in base all’azione in concreto prescelta, onde – con riguardo al criterio facoltativo del forum destinatae solutionis di cui all’art. 20 c.p.c. – deve farsi riferimento al luogo di esecuzione dell’obbligazione garantita”); Cass. 14 maggio 1987, n. 4460; Cass. 4 febbraio 1988, n. 1137. Ma v., in senso diverso, da ultimo, Cass., s.u, 15 gennaio 1993, n. 449, in Giust. civ., 1993, I, pp. 351, spec. 353, che considera (obiter) “il fenomeno del regresso come il momento dinamico del fenomeno della surrogazione”; in quest’ultimo senso, RAVAZZONI, La fideiussione generale, in Banca, borsa e tit. cred., I, 1980, 225. ID, La fideiussione, Milano, 1957, 225 s., il quale afferma "l'esistenza di due azioni distinte ed alternativamente concorrenti, fra le quali al fideiussore e semplicemente accordata la scelta ... l'azione di regresso ha contenuto più ampio ..., è, però, vero anche che l'azione in surrogazione può offrire al fideiussore più ampie garanzie di soddisfacimento assicurando la surrogazione nelle garanzie del debito principale". Il fideiussore solvente è legittimato a scegliere tra l’esercizio di una di esse; ma, particolarmente nel caso in cui il debito principale
129
sul presupposto comune della diversità strutturale tra le due azioni, si è
aggiunta, per così dire, una terza ricostruzione, secondo cui le due figure (e
quindi le relative azioni) sarebbero espressione del medesimo fenomeno,
osservato, però, da due diverse angolazioni: l’uno (il regresso) dal punto di
vista dinamico, l’altra (la surrogazione), invece, sotto il profilo statico dei
diritti del fideiussore247.
sia assistito da garanzie specifiche e l’azione in surrogazione sia, in concreto, di più limitato ammontare dell’azione di regresso, “il fideiussore potrà esperire l’azione in surrogazione ed, inoltre, per quanto non venga recuperato con questa azione, esperire l’azione di egresso; con l’ovvia avvertenza che egli non potrà più godere, per quest’ultima azione, delle garanzie specifiche, inerenti al debito principale, e dovrà eventualmente concorrere alla pari con gli altri creditori del debitore principale”, cfr. RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 225, riconoscendo, quindi al fideiussore il diritto di esperire, l’una dopo l’altra, l’azione di surrogazione per recuperare quanto pagato e il regresso per ottenere il valore aggiuntivo che gli compete, a titolo di interessi e rimborso spese, determina il carattere complementare dei due rimedi; cfr. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974, 193, nota 4. 247 Così FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363, "il fenomeno del regresso dunque è il momento dinamico del fenomeno della surrogazione", configurandosi il diritto del fideiussore al regresso come “il potere di valersi verso il debitore degli effetti surrogatori conseguenti al pagamento, utilizzando a proprio favore il diritto del creditore di esiger dal debitore la prestazione che era contenuto dell’obbligazione garantita”); SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 129 (il quale ritiene opportuno attribuire agli articoli in questione “un’interpretazione combinata ed unitaria: più precisamente, mentre con le norme sulla surrogazione la legge appresta il mezzo tecnico onde risolvere il problema del regresso, con norme apposite segna l’estensione e la misura di questo regresso”). Non manca chi considera il regresso come un tipo di surrogazione, pur ribadendo la distinzione tra le due azioni, cfr. NICOLO’, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 228; chi assegna alla surrogazione una finalità di consolidamento dell’azione di regresso, ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’Amelio e Finzi, sub art. 1951, II, 2, Firenze, 1949, 412; chi considera il regresso non l’effetto della surrogazione, definendo l’estensione e la misura della ripetizione AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 251 ss., spec. 253. Ne deriva che «l’azione di regresso tende ad indennizzare il fideiussore e non ad attuare una speculazione, a danno del debitore», cfr. CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 461: «perciò, se il fideiussore ha pagato più di quanto spettava al creditore, non ha diritto di ripetere l’eccedenza del debito; se poi il fideiussore, col consenso del creditore, ha pagato una somma inferiore a quella dovuta, ed ha ottenuto una quietanza definitiva, non può esigere dal debitore l’intera somma del debito reale, ma soltanto può farsi rimborsare il valore effettivamente pagato». Questa regola – come osservato da REDENTI, voce Fideiussione, in Dizionario pratico dir. priv., III, Milano, 1923, 139 – «è importantissima in pratica». Così, in caso di transazione tra creditore e fideiussore, questi potrà esigere in via di regresso la minore somma che è stato costretto a pagare a tale titolo (per una soluzione analoga v., in giurisprudenza, Cass. 13 aprile 1926, n. 1056, in Foro it., Rep. 1926, voce Fideiussione, c. 766, m. 11). Accordata dal creditore al fideiussore una remissione totale o parziale del debito “si dovrà distinguere se la remissione fu ispirata da liberalità verso il debitore o verso il fideiussore”. Nel primo caso il fideiussore avrà regresso per la parte non rimessa, che egli sia
130
2. La teoria della duplicità apparente: l’assorbimento tout court del
regresso nella surrogazione
Fatta eccezione per la teoria che, come vedremo in seguito, risolve
all’origine il problema della duplicità delle azioni escludendo tanto per il
condebitore solidale quanto per il fideiussore la possibilità di avvalersi del
rimedio della surrogazione, il tormentato dibattito in cui si è imbattuta la
dottrina civilistica si snoda attraverso due fondamentali ricostruzioni, quella
che riconduce ad unità le due azioni e quella che al contrario nega tale
assorbimento concludendo per la necessità di mantener distinti i due rimedi.
Le teorie che negano la duplicità delle azioni, pur differenziabili tra
loro sotto il profilo delle argomentazioni concesse per spiegare alcuni dei
ragionamenti sottesi, riferendosi alcune alle obbligazioni solidali in genere,
altre, invece, all’obbligazione fideiussoria, in realtà giungono al medesimo
risultato costituto, in estrema sintesi, dall’affermazione della mera apparenza
della duplicità dei rimedi248. Una distinzione, come è stato altrimenti detto,
puramente definitoria, non in grado di vincolare la dottrina e di per sé non
idonea a fondare una diversità di azioni sul piano sostanziale249.
Dalla surrogazione spettante al condebitore solidale, nonché da quella
spettante al fideiussore, infatti, scaturirebbe sempre, in modo conseguenziale,
un regresso inteso non come diverso e autonomo diritto, dotato di una propria stato costretto a pagare; nel secondo caso avrà regresso per l’intero. Cfr. anche BO, voce Fideiussione, in Nuovo dig. it., XVI, 1938, 1121. 248 Ad una tale soluzione si è pervenuti talvolta asserendo l’inconciliabilità della vicenda surrogatoria con l’effetto liberatorio di tutti i coobbligati che contraddistingue l’adempimento dell’obbligazione in solido, talaltra affermando, invece, che il condebitore solvens disporrebbe unicamente della surrogazione ex art. 1203 c.c. per agire nei confronti dei consorti, mentre la funzione dell’art. 1299 c.c. non sarebbe quella di attribuire un diritto nuovo a fianco di quello in cui avviene la surroga, bensì di segnare i limiti quantitativi e qualitativi entro cui quest’ultima opera. Nel primo senso si veda GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, in Rass. dir. civ., 1984, 100 ss.; nel secondo, AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 232 s. In giurisprudenza l’affermazione secondo cui «l’azione di regresso è in sostanza un’azione di surrogazione» si rinviene in Cass. 18 marzo 1982, n. 1762; Cass. 2 marzo 1973, n. 577, in Foro it., 1973, I, 2126; Cass. 6 agosto 1965, n. 1883, in Foro it., 1965, I, 1645. 249 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363 e SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 129.
131
azione, ma come puro effetto del meccanismo surrogatorio: una sorta di
“potere riconosciuto al solvens di valersi degli effetti surrogatori conseguenti
al pagamento”250.
Ciascuna delle ricostruzioni favorevoli all’unicità delle azioni muove
dal comune presupposto dell’assurdità e dell’incongruità di un sistema
imperniato sulla duplicità degli strumenti, giacchè quest’ultima, di fatto
giustificata in passato – quando la vecchia concezione secondo cui il
pagamento estingueva l’obbligazione imponeva, per ovvie ragioni,
l’impossibilità di identificare il diritto al rimborso del solvens con il diritto
spettante al creditore – non avrebbe più alcuna ragion d’essere nel mutato
contesto del sistema vigente ove, venuta meno la teoria dell’efficacia estintiva
del pagamento, in favore della diversa tesi dell’estinzione relativa, risulterebbe
nient’altro che un residuo delle passate concezioni251.
250 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, secondo cui si tratterebbe di «un diverso profilo dello stesso istituto: il suo aspetto interno»; si veda altresì FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363 s. secondo cui, con diversa espressione, «il fenomeno del regresso sarebbe il momento dinamico del fenomeno “statico” rappresentato dalla surrogazione […] il diritto del fideiussore al regresso, non sarebbe altro che il potere di valersi degli effetti surrogatori conseguenti al pagamento». Si schiera in favore della non arbitrarietà di una fusione dei due istituti, anche, SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977, 129, al quale «sembra non solo possibile, ma opportuno, superare una distinzione puramente “definitoria” e dare degli artt. 1203 n. 3 e 1299 c.c., e degli artt. 1949 e 1950, un’interpretazione combinata ed unitaria: più precisamente, mentre con le norme sulla surrogazione la legge appresta il mezzo tecnico onde risolvere il problema del regresso, con norme apposite segna l’estensione e la misura di questo regresso». Ciò che si precisa, però, rispetto ad altre posizioni analogamente favorevoli all’unitarietà delle azioni, è che la surrogazione non dovrà essere concepita come una vera forma di successione in virtù della quale il diritto del creditore originario debba restare inalterato, al contrario, il diritto del surrogato, deve essere considerato come un diritto nuovo, che seppur derivato da altro preesistente, può ex lege avere un oggetto più ampio. 251 Secondo AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 236, per poter comprendere la teoria dell’unicità dell’azione occorre «spogliarsi da idee preconcette [di fatto] strettamentee ricollegate con una situazione che oggi appare strutturalmente variata ab imis». Nello stesso senso FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 362 secondo cui «era ovvio, imperando [la vecchia concezione per cui il pagamento estigueva l’obbligazione], che si ricnoscesse al fideiussore un diritto al rimborso che, pur avendo per oggetto la medesima prestazione relativa al diritto appartenente al creditore soddisfatto, non poteva consistere nell’identico diritto vantato dal creditore. Affermatasi ora la tesi dell’estinzione relativa, l’autonomia del c.d. regresso rispetto alla surrogazione si sostiene con non lieve difficoltà».
132
Mentre in passato la necessità di fondare l’azione di regresso su istituti
negoziali oggi pacificamente al di fuori della solidarietà, ma che una volta,
invece, si ritenevano immanenti ad essa (mandato, gestione d’affari, società e
così via)252, scaturiva dalla mancata regolamentazione degli effetti delle
attività compiute da uno dei condebitori rispetto agli altri e dallo stretto
collegamento con il sistema romanistico ove si ignorava l’esistenza di un
istituto generale per la ripetizione a favore di chi avesse pagato un debito
altrui253, nel sistema vigente la situazione risulta completamente mutata in
ragione di una serie di modifiche realizzate proprio per far fronte ai limiti
derivanti dal sistema precedente. Se per un verso, infatti, non sussiste più
l’anzidetta necessità, essendo stati regolati, in modo organico e completo, tutti
gli effetti delle attività compiute da un singolo condebitore solidale rispetto
agli altri, ed essendo stato, al contempo, sancito il principio della surrogazione
legale previsto dall’art. 1203 n. 3, per altro verso esiste l’automatica divisione
del debito solidale in parti e l’intima unione dei rapporti interni ed esterni
traspare in modo evidente in tutta la regolamentazione dell’istituto della
solidarietà254.
Alla base della teoria che nega l’esistenza di un autonomo diritto di
regresso, assorbito tout court nella surrogazione, vi sarebbe, poi, l’influenza di
un’antica interpretazione dell’istituto della surrogazione offerta dalla dottrina
d’Oltralpe, secondo cui il fenomeno surrogatorio sarebbe idealmente scindibile
in due distinti aspetti: da un lato, un diritto di regresso, mediante il quale il
solvens sarebbe posto nella condizione di recuperare l’esborso fatto, dall’altro,
252 Cfr. ABELLO, Il regresso nella solidarietà passiva, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, XXXIII, Torino, 1902, nota 3. 253 È da tener presente come nel diritto romano mancasse altresì un istituto che attuasse in modo efficiente il trapasso del credito ope legis, in forme analoghe a quella dell’attuale surrogazione (si veda supra cap. I). 254 AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 242 s. Secondo FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363, l’utilità di una distinzione tra le azioni non rileverebbe poi, neppure nel sistema processuale, ove, si è osservato, non si esige alcuna specificazione con riguardo all’azione che si intende esperire.
133
invece, il subingresso dello stesso nelle garanzie che assistevano il credito
originario255.
L’importanza assunta da questa concezione nella storia del pensiero
giuridico è attestata dall’influenza che essa ha esercitato sulla formualzione
delle norme relative ai rapporti interni tra fideiussore e debitore principale. La
tanto discussa concorrenza tra il regresso ex art. 1950 c.c. e la surrogazione ex
art. 1949 c.c., sulla quale ci si soffermerà in seguito, è comprensibile, infatti,
solo risalendo a quell’elaborazione dottrinale che scorgeva l’effetto tipico
della surrogazione nel trasferimento al solvens delle garanzie inerenti al
credito originario, quali accessori di un nuovo e autonomo diritto di regresso.
2.1 Gli sviluppi della ricostruzione teorica nella solidarietà
debitoria
Nell’ambito della teoria generale delle obbligazioni solidali, i
sostenitori della ricostruzione unitaria non hanno mai posto in dubbio che al
condebitore solvente spetti la surrogazione nei diritti che il creditore aveva nei
confronti dell’obbligato, liberato a seguito del pagamento256. L’ipotesi rientra,
invero, puntualmente in quella prevista dall’art. 1203, n. 3, c.c., e cioè in
quella di «colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamneto del
debito, aveva interesse di soddisfarlo»257.
Nondimeno, il riconoscimento di due diritti e di due azioni appare
un’inutile “superfetazione dogmatica” che impone, per scongiurare una
duplicità di rimedi non altrimenti giustificata, la prospettazione di una
ricostruzione unitaria del fenomeno alla quale si può pervenire soltanto
255 LOYSEAU, Du droits des offices, I, Paris, 1763, passim. Nello stesso senso anche MERLIN, voce Subrogation de personnes, in Répertoire universel et raisonné de jurisprudence, Parigi, 1807-1809, XII, 348 ss. e DE CRESCENZO-FERRINI, voce Obbligazione, in Enc. giur. it., XII, Milano, 1900, n. 392. Contra MELUCCI, La teoria delle obbligazioni solidali nel diritto civile italiano, Torino, 1884, 217 ss. 256 La precisazione si rende necessaria poiché è ovvio che se non venisse riconosciuta al condebitore solidale la possibilità di surrogarsi nei diritti del creditore soddisfatto, il problema della duplicità o unitarietà delle azioni sarebbe, per così dire, risolto in partenza non ponendosi affatto. 257 Si veda, supra, Cap. II § 8
134
attraverso un’interpretazione letterale e sistematica delle norme di riferimento
che dia conto della reale intenzione del legislatore, con l’avvertenza, però, di
“tene[re] l’occhio unicamente sul codice, con la mente sgombra da idee
tradizionali, come tali radicatissime, che possono portare soltanto turbamento
alla interpretazione”258.
Da una più attenta lettura delle disposizioni normative preposte a
disciplinare il regresso tra condebitori solidali si evince, infatti, come il
legislatore, in particolare nell’art. 1299 c.c, non abbia inteso attribuire al
condebitore che adempie l’obbligazione solidale, un’azione personale di
regresso, accanto alla quale sussisterebbe, distinta, pur se con le medesime
finalità e gli stessi presupposti, l’azione di surrogazione, ex art. 1203, n. 3,
c.c.; ma, al contrario, si sia limitato semplicemente a disporre, in quella norma,
le modalità e le limitazioni con cui il regresso dovrebbe attuarsi, o, meglio
ancora, a disciplinare, precisandone i limiti, lo stesso diritto di surrogazione
già attribuito al condebitore con l’art. 1203 c.c.259.
L’argomentazione decisiva in tal senso la si rinviene, oltre che nelle
parole utilizzate nella formula legislativa, le quali non mostrerebbero affatto
un intentio del legislatore in favore della duplicità dei rimedi, nella perfetta
sistematicità dell’art. 1299 c.c. rispetto all’art. 1298 c.c.
Invero, diversamente da quanto comunemente inteso in dottrina, si
ritiene sia proprio l’art. 1298 c.c., prevedendo l’automatica divisione
dell’obbligazione solidale nei rapporti interni tra i diversi debitori, a far
scattare, per così dire, il meccanismo della surrogazione e quindi,
conseguentemente, il diritto del solvens di ripetere – in virtù dello stesso
credito nella cui titolarità è subentrato – il pagamento dagli altri debitori con i
quali o per i quali era in precedenza tenuto260. Una volta rottosi, infatti, per
effetto del pagamento, l’involucro della solidarietà che teneva uniti in un solo 258 Cfr.AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 242 259 AMORTH, Considerazioni sui rapporti tra surrogazione e regresso nella obbligazione solidale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 143 260 Non va dimenticato che è per effetto di questa norma che diventa suprflua l’esisgenza di dimostrare da parte del debitore di aver agito in base all’actio soci, mandati o de in rem verso.
135
fascio tutti i molteplici vincoli, i rapporti interni passano dallo stato potenziale
a quello attuale e al soggetto esterno creditore subentra, nei riguardi di tutti gli
altri, un soggetto interno al gruppo solidale, colui che fino ad un attimo prima
del pagamento era, come gli altri, debitore tenuto con essi o per essi al
debito261.
Ora, se davvero il diritto di regresso rappresenta l’effetto immediato e
diretto del meccanismo surrogatorio, così spiegato, l’unico elemento di novità
apportato dall’art. 1299 c.c., in relazione all’art. 1298 c.c., rispetto a quanto
già previsto dall’art. 1203, n. 3, c.c., non può che essere, secondo la
ricostruzione teorica in esame, la sola determinazione del contenuto di tale
diritto o, se si vuole, l’individuazione dei «limiti qualitativi e quantitativi» di
esso262.
Una conferma in tal senso la si ricava non soltanto dal dato testuale
dell’art. 1299 c.c., che prevedendo la possibilità di ripetere da ciascuno degli
altri coobbligati solo la parte ad essi spettante implica il difetto della
solidarietà al pari di quello che avviene surrogandosi nella posizione del
creditore, ma altresì dal disposto del 1° comma dedll’art. 1298 il quale
prevedendo che nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i
diversi debitori lascia intendere che a dividersi sia appunto l’obbligazione
solidale, quella stessa obbligazione identica per fonte e per natura ma diversa
sotto il profilo della sola modalità di attuazione.
2.2 I riflessi della teoria nella solidarietà fideiussoria
261 AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 244 e 246 ove si precisa che «[…]questo è soltanto l’aspetto esterno, il rapporto creditore-debitore, il cambio della titolarità nel credito; esiste infatti un secondo aspetto che riguarda più propriamente il rapporto tra il debitore e i suoi ex-compagni, e qui non avviene una surroga […] ma avviene un cambiamento di posizione del creditore solvente per cui egli non è più un compagno (tenuto con altri e per altri) ma passa dall’altra parte della barricata, da amico diventa nemico, invece di essere tenuto alla prestazione ha diritto di recuperarla: vanta nei loro confronti il regresso». 262 AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 245, secondo cui occorre chiarirsi altresì sul significato da attribuire al termine regresso.
136
Ulteriori argomenti di conforto alla teoria che ravvisa nella
surrogazione e nel regresso due aspetti dello stesso diritto, si desumono anche
dalla disciplina della fideiussione ove l’esistenza delle due norme, dedicate,
rispettivamente, alla «surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore»
(art. 1949 c.c.) ed al «regresso contro il debitore principale» (art. 1950 c.c.),
lungi dal deporre in favore della distinzione tra i due istituti, rafforzerebbe le
conclusioni cui si è già pervenuti in ordine agli artt. 1299 e 1203, n. 3., c.c.
Secondo una parte della dottrina, infatti, nonostante la testuale
duplicità, anche per il fideiussore il diritto al regresso altro non sarebbe che il
potere ad esso riconosciuto di valersi degli effetti surrogatori conseguenti al
pagamento, utilizzando a proprio favore il diritto del creditore di esigere dal
debitore la prestazione che era contenuto dell’obbligazione garantita263.
Invero si osserva che «se realmente il legislatore avesse voluto
attribuire due diritti, distinti e concorrenti alternativamente, a favore del
fideiussore solvente, avrebbe manifestato tale intentio in una forma diversa» e
sicuramente più lineare.
Senonchè, adottando siffatta tecnica legislativa, si ritiene che il
codificatore abbia optato per la soluzione contraria, formulando due norme
destinate ad operare su piani tra loro completamente distinti. La prima diretta a
sancire il diritto di surrogazione in favore del fideiussore solvente, la seconda,
invece, finalizzata a stabilire le modalità ed i limiti di attuazione del diritto di
ripetizione; sicchè anche in questa sede, il solo strumento offerto al solvens
sarebbe la surrogazione nei diritti spettanti al creditore soddisfatto264.
263 Cfr. FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363 ss. Tale teoria riprende, parzialmente rivedendola, la posizione espressa da BONELLI, Fallimento, II, 429-430 nota 4, ove già si negava al fideiussore che ha pagato la possibilità di avvalersi di due azioni, una di regresso e l’altra di surrogazione, ma si ammetteva soltanto «una sola azione chiamata di regresso […] la quale si incardina in un subingresso legale nei diritti del creditore […] ed è l’attuazione della surroga legale» di cui all’art. 1203 n. 3 del c.c. 264 AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 251 s., secondo cui, se davvero il legislatore avesse inteso attribuire due distinti diritti e due distinte azioni, «avrebbe, in un unico articolo, stabilito che al fideiussore spettava la scelta tra le due azioni […], ovvero
137
Indipendentemente da queste osservazioni puramente testuali, che
seppure indicative, rappresentano pur sempre delle agomentazioni di lieve
entità, la teoria che parteggia per l’assorbimento tout court del diritto di
regresso del fideiussore nella surrogazione, muove da ben altre considerazioni
sostanziali, di fatto sufficienti, secondo i suoi sostenitori, a contestare la teoria
della duplicità delle azioni in favore dell’orientamento contrario265.
Tra queste, fatta eccezione per le considerazioni già svolte in merito al
carattere tralatizio del contrapposto orientamento, rileva in particolare
l’asserita illogicità di una ricostruzione tendente a circoscrivere il subingresso
del fideiussore adempiente ai soli diritti accessori e connessi, senza una
contemporanea surrogazione rispetto credito principale266. Quest’ultimo,
infatti, disgiunto dalle garanzie e dai diritti accessori resterebbe, secondo la
teorica della duplicità di azioni, affidato all’autonomo e distinto diritto
regresso da esercitare alternativamente o cumulativamente con i diritti
derivanti dalla surrogazione.
Si è osservato al riguardo che la tendenza ad attribuire alla
surrogazione del fideiussore una finalità di mero rafforzamento del regresso o,
come da altri sostenuto, una funzione sussidiaria volta a far conseguire al
garante con facilità e certezza il rimborso che gli spetta, permettendogli di
valersi, per questo fine e per questo effetto, delle garanzie e degli altri diritti
connessi al credito garantito, determina uno snaturamento dell’istituto della
surrogazione poiché finisce per privare il meccanismo insito in essa del suo avrebbe usata un’idonea espressione adoperando, nell’articolo separato, un vocabolo quale “anche”, “pure”, o equivalente». Invece, osserva l’A., l’art. 1950 c.c. prevede che il regersso è esercitabile anche se il debitore principale non era consapevole della prestata fideiussione (primo comma) e che esso comprende gli interessi e le spese fatte dal fideiussore dopo la denuzia delle istanze al debitore principale (secondo comma). La medesima norma, poi, precisa la misura degli interessi legali (terzo comma), ed i limiti della ripetizione nel caso in cui il debitore sia incapace (quarto comma). A conferma della rilevanza della sola surrogazione, l’A. rileva, infine, come l’art. 1955 commini l’estinzione della fideiussione solo se, per il fatto del creditore, non possa aver luogo la surrogazione nelle garanzie accessorie al credito principale. 265 Cfr. gli autori richiamati, supra, alla nota 20. 266 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 361
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esatto valore giuridico e cioè quello di modificazione della struttura soggettiva
dell’obbligazione con tutto ciò che è contenuto di questa e che vi si
riconnette267.
Nondimeno non è mancato chi ha osservato che o si ammette
l’integralità dell’effetto surrogatorio di modo che il fideiussore possa agire
contro il debitore ed i terzi allo stesso modo del creditore originario, o non ha
senso alcuno parlare di trasferimento di una posizione funzionale, quale quella
del creditore rispetto ai diritti inerenti al credito, senza trasferire la posizione
che qualifica e giustifica la funzione stessa, come quella del creditore rispetto
al credito cui servono i diritti predetti268.
In tale prospettiva la soluzione preferibile è, dunque, quella, che
ravvisa nel regresso il momento dinamico del fenomeno della surrogazione,
sul presupposto dell’essere entrambi profili diversi del medesimo istituto.
L’una, la surrogazione, quale regola generale, l’altro, il regresso, quale suo
sviluppo in ordine alla concreta estensione e alla misura della ripetizione269.
267 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 361, secondo cui o si ammette l’integralità dell’effetto surrogatorio di modo che il fideiussore possa agire contro il debitore ed i terzi allo stesso modo del creditore originario, o non ha alcun senso parlare di trasferimento di una posizione funzionale, quale quella del creditore rispetto ai diritti inerenti al credito, senza trasferire la posizione che qualifica e giustifica la funzione stessa, come quella del creditore rispetto al credito cui servono i diritti predetti 268 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 361 269 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952,365, secondo cui un’ulteriore argomentazione, per quanto non decisiva, è desumibile dalla sistemazione delle norme nel codice civile vigente, in ordine invertito rispetto al alla sistemazione del codice previgente: «questa nuova sistemazione topografica [e cioè quella che fa precedere le norme relative alla surrogazione del fideiussore al regresso di lui] potrebbe essere indice, se pure di lieve entità, di una intenzione della nuova legge di considerare le norme concernenti il regresso come un puro e semplice sviluppo di quelle concernenti la surrogazione; là dove, il diverso collocamento dato alla materia nel codice abrogato poteva indurre a ritenere che la materia della surrogazione si coordinasse al regresso senza comprenderlo». Nondimeno si precisa «il più corretto sviluppo di questo diverso assetto avrebbe dovuto consigliare di dettare nella sede dell’art. 1949 i principi che invece si sono posti a proposito del diritto d regresso; il che avrebbe creato un perfetto parallelismo con gli artt. 1202 ss. […] e si sarebbe potuto evitare di riferire direttamente al fatto del pagamento l’origine del regresso».
139
La “chiave di volta” del proposto assorbimento va ravvisata, secondo
uno dei principali fautori dell’orientamento in esame, nella sostanziale
identificazione tra i diritti e le azioni che può far valere il fideiussore dopo la
surrogazione e quelli che avrebbe potuto far valere il creditore prima di tale
momento270. Tale identificazione, certamente indiscussa a proposito
del’esercizio dell’azione di surrogazione, ove il fideiussore agisce contro il
debitore principale non ex fideiussione ma deducendo lo stesso rapporto che
questi aveva con il creditore originario, nondimeno rileva anche per quanto
riguarda l’esercizio del diritto di regresso ove, allo stesso modo, il fideiussore
agisce, ex art. 1950, come se fosse lo stesso creditore. Sia in un caso che
nell’altro l’obiettivo è quello di attuare verso il fideiussore le obbligazioni e le
responsabilità preesistenti nei confronti del creditore soddisfatto, quali
contenuti di un rapporto mai estinto con il pagamento del garante.
Alla luce di quanto detto, dunque, se non si vuol pervenire al risultato
inaccettabile di attribuire al pagamento del fideiussore l’effetto di una duplice
surrogazione, l’una nel rapporto creditorio e l’altra nei rapporti connessi, non
si potrà non concludere per l’assorbimento del regresso nella surrogazione,
solo così, infatti, si manterrà unitario l’effetto del pagamento, comprensivo del
principale e dell’accessorio271.
Certo si potrebbe obiettare che, su queste basi al fideiussore spettino
soltanto i diritti del creditore prima del pagamento e non anche quelli agli
interessi e alle spese di cui all’art. 1950 comma 2, che non gli competono in
quanto estranei al creditore, ma così non è.
Al fideiussore spettano anche gli interessi, le spese e i danni. Benchè
ciò possa apparire contrastante con la ricostruzione operata, sembrando quasi
la negazione di quanto detto fino a questo momento, in realtà risulta
270 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952,363 271 FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 363
140
perfettamente giustificato. Si ritiene infatti che il credito rimane di origine
derivativa per ciò che era nella sfera del creditore originario, ma accade
soltanto che ad essa è inerente un credito ulteriore che nasce per occasione di
quello nel quale il fideiussore si è surrogato. Tale credito del fideiussore per
gli interessi e le spese accede a quello soddisfatto ma non lo compone; lo
modifica così come ogni diritto è modificato dagli interessi, dalle spese e dai
danni che vi si riconnettono. Si somma, dunque, al debito costituito da ciò che
il fideiussore ha pagato al creditore senza perturbarne la natura surrogativa e
senza dare ad esso caratteri che ne definiscano l’indole, così come l’accessorio
non muta la natura del principale e non concorre a determinare tale natura.
2.3. Critiche alla teoria dell’assorbimento
Nonostante l’indiscussa autorevolezza delle posizioni espresse nel
contesto della teoria unitaria, secondo la prevalente dottrina, non riesce facile
convincersi dell’esistenza di una sorta di rapporto gerarchico tra la
surrogazione ed il regresso, in cui quest’ultimo, stando alle soluzioni innanzi
delineate, costituirebbe nient’altro che l’esercizio di un potere derivante dal
diritto conferito dalla prima.
Ostano a questa conclusione intuibili motivi di ordine generale che
riguardano sia la sostanziale diversità concettuale fra i due istituti – di
subingresso l’uno e di regresso l’altro – sia la considerazione che da nessun
indizio trapela la volontà del legislatore di dare alle due azioni un diverso
grado di efficacia ed un aspetto reciprocamente integrativo272.
Non c’è dubbio che la coordinazione fra le diverse norme sia tutt’altro
che facile, per il semplice motivo che il legislatore nulla dice sui reciproci
limiti di esercizio delle azioni, lasciando quindi, a quanto pare, arbitro il
soggetto interessato di esercitarle ambedue a suo piacere, ma questo difetto di 272 MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1959, 427, secondo cui «sembra più ammissibile […] che la legge abbia voluto lasciare all’arbitrio del fideiussore l’uso dell’uno o dell’altro mezzo predisposto per la tutela dei suoi diiritti, a seconda che l’uno dei due gli consenta il più rapido ed integrale realizzo di detta tutela».
141
completezza non sembra un motivo sufficiente per azzardare costruzioni che
trovano sulla loro strada troppo evidenti e netti ostacoli.
Ora, indipendentemente dalle più semplici osservazioni formali che
fanno leva sulla presenza testuale di disposizioni autonome, delle quali
l’interprete non può non prendere atto, non fosse altro che per un’esigenza di
esattezza di concetti273, le principali critiche mosse alla teoria in esame ne
contestano la validità sul piano sostanziale giacchè osservano che se davvero
così fosse e cioè se davvero vi fosse l’assorbimento, dovrebbe ammettersi il
regresso di cui all’art. 1299 c.c. solo quando sia concretamente possibile la
surrogazione. Ciò condurrebbe, secondo la ricostruzione prevalente,
all’inaccettabile conseguenza che il debitore adempiente sarebbe l’unico
soggetto del gruppo solidale a sopportare il peso dell’obbligazione
ogniqualvolta, per l’infungibilità della prestazione, essa non dovesse poter
essere adempiuta una seconda volta.
Si tratta, come è noto, di un’argomentazione decisiva che richiama alla
mente i molteplici casi di prestazioni di fare nonché tutti i casi di prestazioni di
dare consistenti, in concreto, nel trasferimento della proprietà di una cosa
infungibile274. In ognuna delle richiamate ipotesi, invero, il regresso
rappresenterebbe addirittura l’unico rimedio a disposizione del solvens,
giacchè la circostanza dell’infungibilità della prestazione, e dunque
l’impossibilità per il solvens di pretendere dagli altri condebitori l’originaria
prestazione ma soltanto pro quota il valore di essa, finirebbe per rappresentare
un vero e proprio limite oggettivo all’esercizio della surroga con l’effetto,
273 GIUSTI, Fideiussione e mandato di credito, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XVIII, 3, Milano, 1998, 233 e RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 222 274 Quanto alle prestazioni di fare l’infungibilità presa in considerazione è quella a parte creditoris e cioè quella derivante dal fatto che la prestazione sarebbe diversa se fosse eseguita da un’altra persona; quanto alle prestazioni di dare, invece, l’infungibilità presa in considerazione è quella derivante dalla natura infungibile della cosa di cui si è trasferita la proprietà. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 236
142
dunque, di lasciare il solvens privo di una reale forma di tutela per il rimborso
di quanto pagato.
3. Il necessario coordinamento delle azioni: un’anomalia del
sistema?
Come è noto il dibattito dottrinale relativo al coordinamento delle
discipline della surrogazione e del regresso nell’ambito dei rapporti interni tra
coobbligati solidali, vede da sempre contrapposta alla teoria unitaria, innanzi
illustrata, la diversa ricostruzione teorica che conclude, diversamente dalla
prima, per la qualificazione sostanziale della duplicità dei rimedi. Detta
opinione, senza dubbio prevalente in dottrina, sia sotto l’impero del codice
abrogato275, sia sotto quello del codice vigente276, ricostruisce il
coordinamento tra le due azioni riconoscendo al solvens la facoltà di disporre,
per effetto del pagamento, di due diversi strumenti finalizzati, entrambi, al
recupero della prestazione eseguita in attuazione del meccanismo solidale: da
un lato, l’azione personale e diretta di regresso (in funzione redistributiva),
dall’altro, la surrogazione nei diritti del creditore soddisfatto (in funzione
conservativa). 275 CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 468, il quale afferma che, avendo il fideiussore interceduto e pagato per altri, «è equo e giusto che egli si conceda, oltre all’azione personale di regresso, un’altra azione con la quale egli possa approfittare delle garanzie reali creditorie, allo scopo di ottenere in modo più sicuro il rimborso di quanto gli spetta»; CICCAGLIONE, voce Fideiussione, in Enc. giur. it., VI, 1903, 636; REDENTI, voce Fideiussione, in Dizionario pratico dir. priv., III, Milano, 1923, 134; BO, voce Fideiussione, in Nuovo dig. it., XVI, 1938, 1119. 276 ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’Amelio e Finzi, sub art. 1951, II, 2, Firenze, 1949, 412, ove si precisa altresì «le azioni derivanti dalla surrogazione non escludono ma anzi si cumulano con quelle derivanti dal diritto di regresso»; COLAGROSSO, Il libro delle obbligazioni. Parte generale, in Commento al nuovo codice civile italiano, Milano, 1943, 200 il quale con una certa fermezza attribuisce a tutela del diritto del debitore che ha pagato per i coobbligati l’intero, due azioni «quella di regresso e quella propria del creditore, derivante dalla surrogazione legale, azioni che secondo i principi generali, possono essere esperite cumulativamente»; RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 225; MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1959, 543; BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno,13, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, 261; BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, V, Milano, 1994, 492. Esclude che regresso e surrogazione siano la stessa cosa anche GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 48
143
Si tratta di una ricostruzione teorica che, pur innegabilmente (rectius
immediatamente) più affine ad un sistema giuridico improntato sulla non
automatica divisione dell’obbligazione nei rapporti interni (da cui appunto
origina il regresso) e sulla non operatività ope legis della surrogazione, non
può dirsi giammai superata in ragione del suo riscontro testuale nelle
disposizioni normative che consacrano, distintamente, il diritto di regresso e la
surrogazione del condebitore solidale solvente in autonome disposizioni
normative277. Certo può discutersi se il solvens cumuli i vantaggi derivanti
dalle rispettive azioni ovvero se esse concorrano alternativamente ma ciò di
fatto implica una diversa questione (su cui infra § 3.1) non direttamete
incidente sulla qualificazione autonoma dei due rimedi.
L’asserita duplicità di azioni, si è osservato, non può essere considerata
«un’anomalia del sistema da superare in via interpretativa»278, ma, al
contrario, si potrebbe dire, una precisa scelta del legislatore pienamente
conforme alle regole fondamentali dell’ordinamento giuridico ove, per
principio, non si esclude che ad un soggetto vengano offerti una pluralità di
mezzi per il raggiungimento di un determinato scopo279.
La teoria in esame, avallata peraltro da un costante orientamento
giurisprudenziale, fonda il proprio ragionamento essenzialmente sul fatto che
le due azioni, sebbene uguali per presupposti (esistenza di un’obbligazione
solidale e avvenuto pagamento) e petitum (l’adempiente «non può, in base alla
surrogazione, chiedere a ciascuno degli altri coobbligati un pagamento
integrale, detratta solo la quota del richiedente, ma come nell’azione diretta e
personale di regresso, può chiedere solo la quota interna del singolo
277 Sulla discutibilità della tecnica legislativa del codificatore si veda, SICCHIERO, voce Regresso, in Dig. civ., disc. priv., XVI, 1997, 577 ss. 278 CAMPOBASSO, voce Regresso, in Eng. giur., XXVI, 1991, 3 279 Nonostante la surrogazione, a differenza del regresso, svolga una funzione conservativa, piuttosto che redistributiva, entrambi gli istituti puntano al medesimo risultato e cioè consentire al solvens di recuperare quanto corrisposto al creditore. Sulla funzione recuperatoria del regresso e della surrogazione si veda BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, IV, Milano, 1993, 724
144
condebitore cui si rivolge»280), presentano in realtà una diversa struttura e
soggiacciono, quindi, ad una diversa disciplina281. Una diversità che rende
impossibile confenderle.
La diversità strutturale alla quale ci si riferisce e dalla quale discende,
conseguentemente, l’utilità di mantenerle distinte, risiede essenzialmente in
ciò che il diritto di regresso, come diritto nuovo ed autonomo, nasce in capo al
suo titolare per la prima volta dal fatto del pagamento (acquisto a titolo
originario del diritto), la surrogazione, invece, presuppondo la continuazione
dell’originario credito in capo al solvens, determina per quest’ultimo il
subentro nei diritti del creditore soddisfatto (acquisto a titolo derivativo)282.
Ora, se con la surrogazione, per le ragioni anzidette, l’adempiente subentra ex
art. 1204 c.c. anche nelle eventuali garanzie del credito, comprese le
fideiussioni e i privilegi, questo, per forza di cose, non accade per il regresso al
quale, in ragione della sua autonomia, si esclude che possano estenderglisi le
stesse garanzie283.
280 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 234 281 Si veda, in particolare, GIORGIANNI, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Noviss. dig. it., XI, Torino, 1965, 684; RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 233 ss. e RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 236, il quale evidenzia come in alcuni casi la differenza tra le due azioni non assuma rilevanza, tanto da sembrare addirittura inesistente, consentendo ai due mezzi di confondersi tra loro: «[i]n ispecie, per quanto riguarda [il petitum], si ritiene, pacificamente, e giustamente, che l’adempiente non può, in base alla surrogazione, chiedere a ciascuno degli altri obbligati un pagamento integrale, detratta solo la quota del richiedente, ma come nell’azione diretta e personale di regresso, può chiedere solo la quota interna del singolo condebitore cui si rivolge». Tale previsione, prevista espressamente per l’azione di regresso, si applica anche all’azione in surrogazione da parte del condebitore, non solo e non tanto perché in essa non si distingue fra questa azione e quella personale e diretta di regresso, ma soprattutto perché la norma perderebbe ogni effettivo valore se non si riferisse anche all’azione in surrogazione. 282 In tal senso anche BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, IV, Milano, 1993, 363 «[i]l diritto surrogato e il diritt derivante dal rapporto sottostante sono distinti, fondati su titoli diversi […] la distinzione si conferma nel carattere traslativo od originario dell’acquisto […]mediante la surrogazione il terzo acquista infatti il diritto già spettante al creditore […] i diritti di regresso o di mutuo nacsono invece direttamente in capo al terzo adempiente o mutuante». 283 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 237
145
Dalla disciplina complessiva delle due azioni emergono, tuttavia,
ulteriori differenze sia in materia di interessi – il che determina una diversa
ampiezza di contenuto delle due azioni – sia in materia di prescrizione. Sotto il
primo profilo, l’adempiente, oltre ad aver diritto, verso gli altri condebitori,
agli interessi sulla somma capitale con decorrenza dal giorno del pagamento
(secondo il principio generale sancito dall’art. 1282, 1° comma), avrà diritto
agli stessi, in base all’azione personale di regresso, anche se il credito
originario, per apposita clausola contrattuale, non dovesse produrne, appunto
perché ora si tratta di un credito nuovo (e perciò senza bisogno di ricorrere ad
un’estensione analogica dell’art. 1950 3° comma). Lo stesso non potrà dirsi in
caso di surrogazione. Per converso, se in base all’azione personale di regresso
il solvens dovesse per ipotesi aver diritto agli interessi solo nel saggio legale,
avvalendosi della surrogazione potrà pretendere gli interessi convenzionali
superiori ai legali, se pattuiti per il credito originario.
Più complessa si presenta la situazione in materia di prescrizione.
Con la surrogazione, la durata della prescrizione, pur ricominciando a
decorrere ex novo dal giorno del pagamento al creditore (atto dal quale resta
interrotta), rimane sempre quella del credito originario indipendentemente dal
fatto che la sua durata sia pari od inferiore a quella ordinaria decennale; in
caso di esercizio dell’azione di regresso, invece, il periodo prescrizionale va
considerato diversamente a seconda della diversa durata del termine previsto
per l’originario credito. In tal senso si è osservato che se la prescrizione del
credito originario è minore di quella decennale, la stessa trova applicazione
anche in caso di regresso, poiché quest’ultimo, pur essendo un diritto nuovo, si
inserisce pur sempre nell’ambito dell’originario rapporto con il creditore,
costituendone solo un ulteriore sviluppo, che trova la sua causa non solo nel
fatto del pagamento al creditore ma anche in quel rapporto originario. Se,
invece, la prescrizione del credito originario dovessere essere quella ordinaria
decennale, ma il rapporto interno fra i coobbligati dovesse essere regolato da
una prescrizione più breve, probabilmente al regresso si applicherà, secondo
146
un consolidato orientamento, la più breve prescrizione del rapporto interno,
perché quest’ultima norma speciale deroga a quella generale sulla prescrizione
decennale284.
3.1. Il coordinamento delle discipline tra concorso alternativo e
cumulativo
Sulla base delle suesposte considerazioni, che esistano due distinti
strumenti per il perseguimento della medesima finalità e che gli stessi non
possano in alcun caso essere confusi tra loro, non può, dunque, essere
considerata, secondo la ricostruzione teorica prevalente, un’anomalia del
sistema superabile in via interpretativa. Il fatto che il legislatore non abbia
stabilito quando debba esperirsi un’azione piuttosto che l’altra, ha indotto
l’interprete ad interrogarsi sulla necessità o meno per il solvens di operare una
scelta tra le due ovvero se la stessa possa essere aggirata ricorrendo
all’esperimento di entrambe le azioni correlate ai rimedi.
Alla pacificità dell’assunto di base, non fa, quindi, riscontro altrettanta
chiarezza in ordine alla modalità alternativa o cumulativa di coordinamento tra
le due discipline. Ove si concludesse per il concorso alternativo ovviamente,
quanto ottenuto esercitando un’azione non potrebbe poi esser nuovamente
ottenuto con l’esercizio dell’altra; nel diverso caso del cumulo delle azioni,
invece, si consentirebbe al solvens di trarre da esse il massimo beneficio,
potendo recuperare con l’una quello che non si sarebbe potuto recuperare con
l’altra.
Nella prospettiva del concorso alternativo tra i rimedi si pone quella
parte della dottrina che, non rinvenendo alcuna plausibile giustificazione per
un esercizio cumulativo delle stesse, ritiene sia la legge stessa ad attribuire,
ricorrendone i presupposti, la titolarità del credito originario (nel caso di
surrogazione) o del nuovo diritto (nel caso di regresso), in capo al soggetto che
284 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 239
147
ha eseguito il pagamento. In tale prospettiva si esclude che il solvens possa
pretendere di avere applicate le disposizioni del regresso nei punti in cui siano
per lui più favorevoli, e, invece, le disposizioni della surrogazione nei punti in
cui sia per lui più favorevole quest’ultima disciplina285. Sicchè, se si sceglie
l’una o l’altra azione se ne dovrà subire per intero la disciplina, e la scelta in
un senso determinerà implicitamente la rinunzia ai diritti non esercitati286.
Tale ricostruzione si ripercuote in modo evidente sul piano
processuale, poiché laddove l’attore, in sede giudiziale, non dovesse aver
qualificato espressamente l’azione esperita spetterà al giudice interpretare la
domanda per stabilire se possa essere qualificata come regresso o
surrogazione. Al contrario, nel caso in cui il giudice non dovesse riscontrare
elementi sufficienti per arrivare a qualificare la domanda spetterà all’attore,
pena il rigetto di essa, precisare il tipo di azione da lui prescelta ed esperita
con la domanda introduttiva, di modo che il giudice possa regolarsi di
conseguenza con la sentenza287.
Nella diversa prospettiva del concorso cumulativo tra i rimedi si è
posta, in particolar modo, la dottrina formatasi sotto il vigore del codice civile
abrogato, la quale, senza particolari difficoltà, ammetteva la possibilità, per il
condebitore solidale che avesse già optato per una delle due azioni, di
285 CARPINO, Pagamento con surrogazione, in Comm. del cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, sub artt. 1203, Bologna-Roma, 1988, 83; RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 239; BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, IV, Milano, 1993, 362 s., secondo cui «il credito che deriva dalla surrogazione e quello che deriva dal rapporto sottostante non sono cumulabili […] la surrogazione ha infatti funzione semplicemente recuperatoria e ad essa non può quindi riconoscersi un effetto che consenta al terzo di avavlersene per ottenere più di quanto sia giustificato in base al rapporto sottostante col debitore». In giurisprudenza cfr. Cass. 30 marzo 1981, n. 1818, in Mass. Giur. it., 1981: «La surrogazione legale, di cui all'art. 1203, n. 3 c. c., del condebitore solidale che ha pagato il debito comune nei confronti degli altri condebitori non è esclusa dal diritto di regresso concesso in via alternativa a norma dell'art. 1299 c.c.» e App. Catania 24 marzo 1999, in Banca, borsa e tit. cred., 2001, II, 699, secondo cui «l'esercizio del diritto di regresso da parte del cofideiussore solvente è incompatibile con la surrogazione legale trattandosi di due istituti previsti dall’ordinamento in via alternativa e non cumulativa». 286 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 239 287 RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 239
148
esercitare anche l’altra, quando ciò fosse necessario per ottenere dei vantaggi
altrimenti non realizzabili attraverso il rimedio prescelto288.
È appena il caso di precisare come detta soluzione non sia rimasta
isolata ed anzi abbia trovato seguito nell’opinione di chi, continuando a
chiedersi se davvero sia prospettabile un cumulo di azioni e soprattutto in
quali limiti ciò possa avvenire, esclude che per concorso cumulativo di azioni
si intenda il cumulo dei risultati e cioè la possibilità di riottenere con
l’esperimento della seconda azione quanto già ottenuto con l’esperimento della
prima.
Il concorso cumulativo delle azioni va correttamente inteso nel senso di
complementarietà tra i rimedi, di strumentalità della surrogazione rispetto
all’esercizio del regresso al fine di assicurarne il rafforzamento mediante 288 Si veda tra gli altri, COLAGROSSO, Il libro delle obbligazioni. Parte generale, in Commento al nuovo codice civile italiano, Milano, 1943, 200, ove si afferma «[a] tutela del diritto di regresso del debitore, che ha pagato per i coobbligati l’intero […], vengono concesse due azoni: quella di regresso e quella propria del creditore, derivaante dalla surrogazione legale, azioni che, secondo i principii generali, possono essere esperimentate cumulativamente». Si veda altresì l’antico insegnamento di GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, Firenze, 1903, 219 «[…]non esistendo oggi verun formalismo nel modo di dedurre le azioni in giudizio, il debitore cumula i vantaggi dell’una e dell’altra azione: della surrogazione, e del mandato […]quindi, mentre gli è permesso di valersi di tutte le garanzie e di tutti gli accessori sussistenti all’atto del pagamento, come per esempio privilegi, ipoteche, interessi convenzionali anche superiori alla misura legale, non gli è impedito mai di esigere gli interessi legali dovuti a ciascun mandatario, secondo l’art. 1755, dal giorno del pagamento, quand’anche il credito estinto fosse stato infruttifero». In giurisprudenza sul punto si veda Cass. 30 ottobre 2007, n. 22860, in Mass. Giur. it., 2007, ove si legge, «in tema di obbligazioni solidali, il regresso trova fondamento nella corresponsabilità ed é volto ad evitare l'ingiustificato depauperamento del "solvens" che ha adempiuto a titolo di garanzia; a quest'ultimo spetta, altresì, la surrogazione nei confronti del debitore garantito, caratterizzata da presupposti e contenuto diversi, sicchè esse sono complementari pur se non cumulabili, potendo essere esercitate entrambe le relative azioni nei limiti in cui il regresso sia diretto ad ottenere quanto spettante in eccedenza rispetto al credito oggetto della vicenda successoria della surrogazione»; Trib. Benevento 4 settembre 2008, in Contratti, 12, 1148, secondo cui «In materia di obbligazioni solidali, il debitore che ha pagato l’intero debito ha diritto di ripetere dai condebitori soltanto la parte dovuta da ciascuno di essi e se uno di questi è insolvente la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso colui che ha pagato. Ciò posto, il diritto di regresso trova fondamento nella corresponsabilità dei coobbligati al pagamento di una obbligazione solidale ed è volto ad evitare il depauperamento del solvens che ha adempiuto a titolo di garanzia. Al medesimo soggetto spetta, altresì, la surrogazione nei confronti del debitore garantito. Le due azioni sono, tuttavia, caratterizzate da presupposti e contenuti diversi, tale che esse sono complementari ma non cumulabili e possono essere esercitate entrambe nei limiti in cui il regresso sia diretto ad ottenere quanto spettante in eccedenza rispetto al credito oggetto della vicenda successoria della surrogazione».
149
l’esercizio delle garanzie che assistevano il credito originario289. In tal guisa si
è inteso attribuire all’azione di surrogazione una funzione meramente
sussidiaria o, se vuolsi, di integrazione dell’azione di regresso per il recupero
di quanto altrimenti non ottenuto.
3.2. La duplicità di azioni nella cornice sistematica della solidarietà
fideiussoria
Il principale terreno d’elezione della teoria della duplicità di azioni si
rinviene nella disciplina della fideiussione ove, come più volte ripetuto, la
corrispondente “duplicità” di disposizioni normative ed il silenzio del
legislatore in merito ai limiti di operatività dell’una e dell’altra azione, hanno
contribuito ad alimentare, in ogni tempo, le più varie ricostruzioni teoriche290.
Ciononostante si è rilevata in dottrina la scarsa attendibilità
dell’opinione in base alla quale l’azione di surrogazione concessa al
fideiussore sarebbe pienamente unificata a quella di regresso, giacchè, anche a
voler sorvolare sulla forzata lettura delle norme che la teoria unitaria è
costretta a proprorre, come affermato da un’autorevole dottrina, «trovare i
289 ARU, Della fideiussione, in Commentario del codice civile, diretto da D’Amelio e Finzi, sub art. 1951, II, 2, Firenze, 1949, 412, secondo cui, in particolare, «le azioni derivanti dalla surrogazione non escludono ma anzi si cumulano con quelle derivanti dal diritto di regresso». La funzione di rafforzamento del diritto di regresso è affermata anche MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 167 ss. secondo cui «la surrogazione non avrebbe alcuna ragion d’essere se non esistesse un diritto di regresso a favore di chi soddisfa il dbeito altrui». Nello stesso senso di veda altresì MAGINI, La surrogazione per pagamento nel diritto civile italiano, Firenze, 1923, 126, se per un verso « l’azione di rivalsa è il piedisatllo su cui poggia la surroga», per altro «[l]a surrogazione ha lo scopo di assicurare [il] diritto di regresso, facendo passare a tutela di esso tutte le garanzie esistenti per il credito originario». 290 Come fatto notare da RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 221, nt. 27, la questione dei rapporti tra la surrogazione ed il regresso, si pone allo stesso modo dell’ordinamento italiano e francese anche nell’ordinamento svizzero ove il C.O., dopo aver stabilito il principio della surrogazione, afferma (art. 505) che, ciò nonostante, sono riservate le speciali azioni ed eccezioni che derivano dal rapporto giuridico esistente tra fideiussore e debitore principale: rapporto che la dottrina è solita, appunto, chiamare di regresso. Lo stesso non può dirsi per l’ordinamneto tedesco in ragione del § 774 B.G.B.
150
modi e le ragioni della connessione tra le due azioni signifi[cherebbe]
penetrarne ad un tempo la natura giuridica»291.
In primo luogo, ai sostenitori della teoria della duplicità delle azioni,
non è parso lecito asserire che quella della surrogazione sia soltanto una
costruzione dogmatica finalizzata a porre il fideiussore nella condizione di
acquistare le garanzie inerenti all’obbligazione principale, giacchè,
contrariamente a quanto da altri sostenuto, sarebbe lo stesso precetto
legislativo a porre per il fideiussore il diritto di subentrare nella più ampia
posizione del creditore292.
Allo stesso modo si è osservato come non riesca facile convincersi
dell’esistenza di un rapporto gerarchico tra le due azioni e quindi di un’unione
in senso verticale tra la surrogazione e il regresso in cui quest’ultimo verrebbe
a costituire nient’altro che l’esercizio di un potere derivante dal diritto
conferito dalla prima293.
Ostano a questa conclusione intuibili motivi di ordine generale che
riguardano sia la sostanziale diversità concettuale fra i due istituti – di
subingresso l’uno e di regresso l’altro – sia la considerazione che da nessun
291 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 220. contra FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952. 292 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 221, ove si richiama la posizione contraria espressa da VON THUR, Zum regress des Bürgen, in Zeitschrift Schweiz. Recht, N.F. 42, 103 e 115 ss., il quale, riferendo il discorso all’ordinameto svizzero, affermava che mentre l’azione in regresso, basata sui rapporti interni, è l’azione fondamentale competente al fideiussore per rivalerlo del pagamento fatto, viceversa la surrogazione avrebbe solo uno scopo pratico sussidiario, dettato dlla necessità di assicurare un maggior margine di sicurezza all’azione di regresso, facendo acceder ad essa le garanzie le garanzie proprie dell’obbligazione principale. Dunque, concudeva che quella della surrogazione sarebbe una costruzione dogmatica operata dal legislatore stesso, non rispondente ad alcuna necessità legislativa ed anzi contraria ad ogni chiarezza logica. 293 Sul punto si veda altresì RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 222, secondo cui «[q]uesta concezione è senz’altro valida in quegli ordinamenti (come quello tedesco) in cui sia direttamente contemplata soltanto l’azione in surrogazione, ma non nel nostro ordinamneto, dove appare chiarissimo che al fideiussore sono attribuite due distinte azioni e spetta all’interprete il compito di trovare la concordanza tra di esse».
151
indizio trapela la volontà del legislatore di dare alle due azioni un diverso
grado di efficacia ed un aspetto reciprocamente integrativo294.
Non c’è dubbio che la coordinazione fra gli art. 1949 e 1950 sia
tutt’altro che facile per il semplice motivo che il legislatore nulla dice sui
reciproci limiti di esercizio delle due azioni, lasciando quindi, a quanto pare,
arbitro il fideiussore di esercitarle ambedue a suo piacere, ma questo difetto di
incompletezza legislativa non è sembrato un motivo sufficiente per azzardare
costruzioni che trovano sulla loro strada troppo evidenti e netti ostacoli.
D’altra parte, non ci si può ritenere autorizzati a ridurre l’azione di regresso ad
un potere derivante dal diritto di surrogazione conseguente al pagamento,
quando è la stessa legge, in modo estremamente chiaro, a ricondurre il
regresso del garante alla sola circostanza del suo pagamento senza alcuna altra
forma di derivazione.
Stando così le cose, secondo la prevalente dottrina, la sistemazione più
persuasiva sarebbe quella che parteggia per l’esistenza di due azioni distinte ed
alternativamente concorrenti, fra le quali al fideiussore sarebbe
semplicementee accordata la facoltà di scelta in ragione della più rapida, ma
soprattutto integrale realizzazione della tutela dei suoi diritti. Se così non fosse
si finirebbe, infatti, per urtare contro l’ovvia considerazione in virtù della
quale non sembra possibile che il legislatore, pur volendo attribuire al
fideiussore solvente un unico mezzo per rivalersi, abbia poi previste due
distinte azioni, e proprio con due norme collocate l’una accanto all’altra. Se
davvero poi il regresso consistesse nell’azione in surrogazione, il riferimento
espresso al primo nel comma 2 dell’art. 1952, sarebbe del tutto superfluo,
giacchè ovvio sarebbe, per il debitore principale, poter opporre le eccezioni
spettantigli ex debito principali contro chi agisca in surrogazione295.
Nonostante l’assoluta prevalenza dell’orientamento che conclude per il
concorso alternativo dei due strumenti spettanti al fideiussore, non è mancato 294 MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1959, 426 s. 295 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 222
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chi, anche in questo contesto, ha lasciato margini di operatività al cumulo delle
azioni. Al riguardo, oltre ai rilievi già svolti in merito alla solidarietà debitoria
in generale, si è osservato che se in taluni casi la distinzione fra le due azioni
è, almeno da un punto di vista pratico irrilevante, in altri casi potrebbe sorgere
qualche ragione di dubbio e, particolarmente, nel caso in cui il debito
principale sia munito di garanzie specifiche e l’azione in surrogazione sia, in
concreto, di più limitato ammontare. In un caso del genere, infatti, sembra
preferibile la soluzione che accorda al fideiussore la possibilità di esperire
l’azione in surrogazione ed, inoltre, per quanto non recuperato con questa
azione, l’azione di regresso. Ove ciò dovesse avvenire, il fideiussore non potrà
più godere, per quest’ultima azione, delle garanzie specifiche inerenti al debito
principale ma dovrà eventualmente concorrere alla pari degli altri creditori del
debito principale296.
4. La surrogazione come fattispecie estranea all’ambito delle
obbligazioni solidali ad interesse comune.
L’indagine sulle possibili ricostruzioni teoriche in tema di rapporti tra
surrogazione e regresso, finora condotta con particolare riguardo ai due
principali orientamenti che da sempre si contendono il campo in dottrina e in
giurisprudenza, neccessita ora di essere completata attraverso il richiamo a
quell’opinione che, come si accennava, risolverebbe all’origine il problema del
coordinamento tra le due figure giuridiche, affermando l’estraneità del rimedio
della surrogazione rispetto al sistema delle obbligazioni solidali.
Si tratta, come è evidente, di una ricostruzione che assume una
collocazione per così dire esterna rispetto agli indirizzi innanzi esaminati ma
che al tempo stesso contribuisce a rendere più completo il panorama delle
soluzioni offerte in ordine ai problemi che scaturiscono dal confronto tra i due
istituti e della quale non può non darsi conto non fosse altro che per
l’autorevolezza di chi l’ha avanzata e poi ulteriormente sviluppata.
296 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 226 s.
153
A dire il vero, in sede di trattazione dommatica dell’istituto della
surrogazione per pagamento, si è già avuta occasione di accennare297,
all’opinione di chi esclude, per il condebitore solidale solvente e per lo stesso
fideiussore, la possibilità di esperire l’azione di surrogazione in ragione di
un’asserita incompatibilità tra il meccanismo di funzionamento di quest’ultima
e le caratteristiche proprie del vincolo solidale ma si è trattato, appunto, di un
solo accenno a cui non è stato riservato, in quella sede, alcun tipo di
approfondimento298.
All’origine della ricostruzione teorica si colloca una considerazione di
carattere puramente formale strettamente connessa, secondo i suoi sostenitori,
all’eloquente silenzio del legislatore a propopsito della surrogazione nel
contesto della disciplina della solidarietà debitoria. Come osservato, infatti,
l’estraneità della surrogazione rispetto al sistema delle obbligazioni solidali
sarebbe motivata perlopiù dall’assenza di una espressa previsione in tal senso
da parte del legislatore, il quale così come menziona il regresso tra le norme
sulla solidarietà, parimenti omette qualsiasi cenno implicito od esplicito al
subingresso del solvens nei diritti e nelle azioni spettanti al creditore
soddisfatto. Ancor più, poi, ove si consideri l’espressa previsione della
surrogazione in favore del fideiussore adempiente addirittura «prima che la
legge accenni all’azione di regresso»299.
Orbene, per quanto autorevolmente sostenuta, tale sola indicazione è
parsa ai più insufficiente a poter fondare una precisa ricostruzione teorica,
giacchè se per un verso si esclude che l’argomento ubi tacuit noluit possa di 297 Sul punto, si veda, supra, Cap. II, § 8 e Cap. III, § 6 298 Escludono la surrogazione per il coobbligato solidale, tra gli altri, LONGO, Diritto delle obbligazioni, Torino, 1950, 107, il quale conclude per la superfluità della surrogazione dato che, per effetto del pagamento, nascerebbe un’azione diretta a conseguire la rivalsa di quanto pagato.; PISANI MASSAMORMILE, Il “regresso” del fideiussore nel fallimento del debitore principale, in Dir. giur., XL, 1984, 393; BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 231 s.; BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 425 ss. 299 BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 231 s., secondo cui «questo silenzio [contrapposto all’esplicita previsione in materia di fideiussione] […]è molto significativo in senso negativo». In giurisprudenza Trib. Torino, 10 dicembre 1951, in Giur. it., 1953, I, 2, 768, con nota contraria di FERRI.
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per sé costituire un canone ermeneutico decisivo300, per altro verso occorre
considerare che la previsione nel codice di un’apposita sezione dedicata al
pagamento con surrogazione renderebbe quest’ultima la sedes materiae più
appropriata per contenere i casi in cui si verifica la surrogazione, senza,
quindi, che vi sia alcuna necessità di ripetere la disposizione una seconda volta
nelle rispettive sedi di trattazione degli istituti in cui essa si trovi ad operare.
Naturalmente questa mancanza di necessità non comporta un divieto assoluto,
per il legislatore, di considerare la ripetizione allo scopo di raggiungere una
maggiore chiarezza e dirimere eventuali dubbi, ciò che appunto sarebbe
avvenuto in materia di fideiussione, ma da questo non potrebbe in alcun caso
desumersi che nessuno dei casi considerati nei numeri dell’art. 1203 possa
trovare applicazione sol perché la disposizione della surroga non sia stata
ripetuta nella sede di trattazione dei singoli istituti301. Una simile conclusione,
infatti, condurrebbe all’assurdo di dare valore di annullamento di una
disposizione chiarissima, quale è quella considerata al n. 3 del predetto
articolo, ad una disposizione che, al contrario, risulta di mera chiarificazione
(e non vi è dubbio che con riguardo all’art. 1949 c.c. si tratti di mera
chiarificazione inquadrandosi anche il caso del fideiussore nell’art. 1203, n. 3,
in quanto «tenuto con altri e per altri»)302.
Fatta eccezione per questa considerazione di tipo puramente formale
che, come avvertito, sarebbe opportuno non sopravvalutare, tra le principali
ragioni di chi si oppone ad ammettere la surrogazione legale a favore del
condebitore solidale solvente vanno effettivamente ricordate quelle che 300 SICCHIERO, Regresso e surrogazione legale, in Contratto e impresa, 1996, 1004, secondo cui può, inoltre osservarsi che «negli artt. 1292 ss. c.c. non sono regolati nemmeno il locus destinatae solutionis o tempo e modo dell’adempimento, senza che nessuno abbia mai dubitato che si applichino le norme contenute negli artt. 1176 ss. c.c.» 301 AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 239 s. 302 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 240, secondo cui «la ripetizione [sarebbe] ben accettabile (reperita iuvant) quando si osservi che nella trattazione della fideiussione è prevista un’apposita sezione (la terza) per i rapporti interni tra fideiussore e debitore principale, mentre nella solidarietà sono ad essi dedicati soltanto due articoli (1298 e 1299); la maggiore complessità della trattazione [avrebbe] quindi indotto il legislatore a creare, per la fideiussione, una sezione, nella quale ha voluto inserire il quadro completo (ecco l’opportunità tecnico-sistematica della ripetizione) delle disposizioni relative».
155
escludono l’applicabilità dell’articolo 1203, n. 3 al solvens per motivi di ordine
squisitamente sostanziale. Ed invero, mentre da un lato si pone chi ritiene che
riconoscere la surrogazione al coobbligato che ha pagato l’intero equivarrebbe
ad ipotizzare un’autentica fictio iuris, poiché il diritto spettantegli sulla base
dell’art. 1299 c.c. mancherebbe di una delle prerogative essenziali
originariamente inerenti al lato attivo del rapporto obbligatorio, e cioè il potere
di esigere l’intero da ciascun condebitore303; dall’altro rilevano le osservazioni
di chi esclude radicalmente che quello del condebitore solidale sia il caso di
chi aveva interesse di soddisfare il debito ex art. 1203, n. 3, c.c.304
Ebbene, circa il primo aspetto, si è osservato che se si attribuisse al
coobbligato solidale, oltre al diritto di regresso, anche la surrogazione nei
diritti spettanti al creditore soddisfatto, si perverrebbe ad un risultato anomalo
e contraddittorio per il sistema poiché si finirebbe per modellare la
surrogazione diversamente dal suo schema istituzionale, alterandone le sue
stesse caratteristiche. Si partirebbe, infatti, dall’esistenza di due azioni distinte,
regresso e surroga, per poi, ovviamente, comprimere la seconda piegandola
agli schemi e alle esigenze della prima305.
L’argomentazione si fonda essenzialmente sul fatto che non potendosi
con la surrogazione costringere i condebitori a pagare una somma superiore
alla quota interna di ciascuno, il diritto di ripetizione del condebitore
resterebbe privo di quella garanzia di solidarietà che tutelava il credito prima
del pagamento, per cui, delle due l’una: o si forza la fisionomia dell’istituto
della surrogazione fino al punto di ammettere il subentro del solvens nello
stesso diritto del creditore soddisfatto senza però le caratteristiche qualitative e
quantitative proprie di quest’ultimo, oppure, come sembra preferibile ai
sostenitori della teoria in esame, si esclude l’identità tra il diritto del solvens e
quello del creditore originario e si nega che la surrogazione possa trovare
303 ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 710 304 BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1957, 231 305 Cfr. PISANI MASSAMORMILE, Il “regresso” del fideiussore nel fallimento del debitore principale, in Dir. giur., 1984, 393.
156
applicazione per il venir meno di un presupposto essenziale al suo
funzionamento306.
Anche tale motivazione, al pari della precedente, non è andata esente
da critiche poiché, come da più parti rilevato, l’identità del credito non
potrebbe di certo essere esclusa da semplici limitazioni d’ordine quantitativo o
qualitativo derivanti dalla legge o da accordi tra le parti. L’identità del credito
cui si allude nel meccanismo surrogatorio attiene, infatti, alla sua natura
negoziale nel senso che per effetto del pagamento il debitore si surroga al
creditore e ne prende il posto quasi che avesse egli stipulato quel determinato
contratto o si fosse trovato in quella determinata situazione. Il fatto poi che, in
concreto, si possa ripetere l’intero ovvero agire solo pro quota nei confronti
degli altri coobbligati solidali, riguarda il profilo strutturale dell’obbligazione,
non già la sua intima essenza307.
Per quanto concerne il secondo aspetto e cioè la circostanza secondo
cui il caso del condebitore solidale non sarebbe in alcun modo assimilabile a
quello di «chi aveva interesse a pagare il debito altrui» ex art. 1203 n. 3 c.c.308,
si è osservato, che, se così non fosse, il richiamo, nella norma, alla necessità di
un interesse al soddisfacimento del debito, evidentemente per liberarsi dello
306 In tal senso si è posta anche quella dottrina che muovendo dal presupposto secondo il quale la surrogazione non potrebbe avere contenuto e finalità diversi dall’azione di regresso, ha preferito concludere per la superfluità della surrogazione. Si veda LONGO, Diritto delle obbligazioni, Torino, 1950, 107. 307 Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 240 e spec. 235, secondo cui tale rilievo contribuirebbe tuttalpiù a qualificare la surrogazione del condebitore solidale come un caso di surrogazione sui generis. Ad avallare tale ricostruzione si veda la posizione espressa da RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 234 il quale si preoccupa di giustificare l’estensione dei limiti quantitativi, già previsti per il regresso tra condebitori solidali, anche alla surrogazione. 308 Si veda sul punto la posizione espressa da GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 22 ss., al quale è parso anzitutto significativo che la previsione contenuta nell’art. 1203, n. 33, c.c. circa l’interesse del solvens all’adempimento risulti pleonastica se riferita al debitore, il quale non ha un semplice «interesse» ma è tenuto all’adempimento. Di qui la tesi che il richiamo a chi è con altri «tenuto» all’adempimento deve intendersi riferito «non al debitore, ma [a] chi sarebbe comunque tenuto a sopportare il peso economico dell’altrui inadempimento» come ad es. il fideiussore quando sia stabilità il beneficio dell’escussione, il terzo datore di ipoteca o acquirente di immmobile ipotecato, il garante in forza di contratto autonomo di garanzia ecc.
157
stesso, risulterebbe meramente pleonastico giacchè l’interesse al pagamento
proprio del coobbligato solidale, essendo egli stesso un debitore, non potrebbe
giammai essere altro rispetto a quello proprio e generale di ogni debitore a
liberarsi dal vincolo309. Di qui il suggerimento a leggere la disposizione in un
senso che privilegi il richiamo all’interesse del solvens riferendolo non al
(con)debitore ma più correttamente a chi, pur non avendo assunto alcuna
obbligazione verso il creditore, risulti comunque destinato a sopportare il peso
(economico) del debito.
In tale prospettiva si è osservato, in particolare, che se la disposizione
si applicasse a chi è condebitore solidale ad interesse comune diverrebbe
inspiegabile, data l’unicità del vincolo, la possibilità della surrogazione
essendo certamente l’attività solutoria posta in essere dal condebitore diretta al
tempo stesso sia alla realizzazione del diritto di credito sia all’attuazione del
contenuto dell’obbligo310. Diverso, invece, sarebbe il caso del condebitore
solidale ad interesse unisoggettivo, ove, come «esemplarmente» dimostrato
dall’art. 1949 c.c. in materia di fideiussione, l’altruità del debito consentirebbe
al meccanismo surrogatorio di operare nel pieno rispetto dei principi in
materia311.
309 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 13 310 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 22, secondo cui non resterebbe alcuna possibilità per spiegare la successione del solvente nel diritto di credito (attuato ma non realizzato) o se si preferisce, la sostituzione dello stesso nel «posto» del creditore soddisfatto. Già BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, il quale circoscriveva le ipotesi di «chi aveva interesse a pagare il debito altrui» al creditore chirografario, all’acquirente di un immobile gravato da ipoteca e all’erede che ha accettato con beneficio di inventario, con chiara esclusione del condebitore solidale. Si veda infine la posizione espressa da PISANI MASSAMORMILE, Il “regresso” del fideiussore nel fallimento del debitore principale, in Dir. giur., XL, 1984, 395, secondo cui, se presupposto necessario perché la surrogazione sia teoricamente configurabile è che il pagamento venga effettuato non dal debitore ma da un terzo del tutto estraneo all’obbligazione cui si riferisce l’adempimento, l’istituto diventa chiaramente inconciliabile proprio con il pagamento effettuato dal coobbligato solidale ad interesse comune ove il singolo condebitore che paga soddisfa comunque un debito proprio 311 Cfr. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 427 ss., secondo cui, in particolare, «[lo schema della surrogazione], mentre si attaglia perfettamente alle obbligazioni solidali «ad interesse unisoggettivo» (e trova la sua applicazione esemplare nella norma dell’art. 1949), non sembra conciliarsi con la struttura (unitaria) e i principi (comunione del debito, parità di trattamento fra comunisti) che, secondo
158
A sostegno di una simile ricostruzione si è fatto ricorso al tradizionale
insegnamento della dottrina, secondo cui presupposto necessario perché la
surrogazione sia teoricamente configurabile è che il pagamento venga
effettuato non dal debitore, ma da un terzo del tutto estraneo all’obbligazione
alla quale l’adempimento si riferisce. Di conseguenza se nell’ipotesi della
solidarietà ad interesse comune la surrogazione non può trovare giustificazione
perché il coobbligato non è terzo rispetto all’obbligazione ma è parte di essa
tanto in senso giuridico quanto in senso economico, in quella ad interesse
unisoggettivo, viceversa, il coobbligato risulta evidentemente estraneo
all’obbligazione sotto entrambi i profili312.
Contro questa ricostruzione non sembra decisiva l’obiezione di chi
facendo leva sull’art. 1292 c.c. e, segnatamente, sull’effetto liberatorio che
avrebbe il pagamento di un consorte rispetto ai coobbligati in solido, afferma
che anche il condebitore titolare esclusivo dell’interesse per cui fu contratta
l’obbligazione sarebbe liberato dall’adempimento effettuato da un condebitore
a titolo di garanzia ed avrebbe, pertanto, legittimazione passiva alla sola
azione di regresso e non alla surrogazione, che presuppone la persistenza del
medesimo debito313. Tale opinione, infatti, incontra il limite di disapplicare
immotivatamente all’ipotesi in esame il disposto dell’art. 1203 n. 3 c.c.,
introducendo ingiustificate disparità di trattamento fra garanti del debito altrui,
ed appiattendo, invece, la disciplina di fattispecie fra loro intrinsecamente
diverse (come il condebito in senso tecnico e le obbligazioni in solido aventi
un mero scopo di garanzia) appiattimento che deriva dal non aver tratto le
necessarie conseguenze dalla premessa, che pure sembra essere accolta,
la configurazione proposta, contraddistinguono l’obbligazione soggettivamente complessa ad attuazione solidale». 312 PISANI MASSAMORMILE, Il “regresso” del fideiussore nel fallimento del debitore principale, in Dir. giur., XL, 1984, 396, ove si osserva che, nell’ambito della solidarietà ad interesse unisoggettivo, sul piano economico il condebitore solidale paga un debito che è e rimane altrui, sul piano giuridico, invece, pur essendo tenuto alla pari del debitore principale, lo è, però, in virtù di un titolo diverso che ne conferma l’estraneità ai fini del meccanismo surrogatorio. 313 cfr. GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Rass. dir. civ., 1984, 118
159
secondo cui la solidarietà è un mero meccanismo d’attuazione applicabile a
vari substrati e si atteggia pertanto in forme diverse a seconda del substrato cui
aderisce314.
D’altro canto all’interpretazione richiamata, non potrebbe attagliarsi
neppure l’obiezione, spesso affiorante in giurisprudenza, di operare una
forzatura del disposto dell’art. 1203 n. 3 c.c. posto che l’ambiguità del
riferimento a chi è tenuto «con altri» al pagamento del debito, non vincola
l’interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto richiamare (anche) il
condebito in senso tecnico. È più coerente con il sistema sostenere, invece, che
con tale inciso il legislatore abbia inteso attribuire il beneficio della surroga ex
lege al condebitore privo di una cointeressenza nell’obbligazione, equiparando
la sua posizione, caratterizzata da una responsabilità a titolo di garanzia, a
quella di chi sia tenuto «per altri» al pagamento, ma solo in via di fatto, come
il terzo datore d’ipoteca e il terzo acquirente di immobile ipotecato: costoro,
infatti, pur potendo rifiutare il pagamento senza divenire inadempienti, pagano
in quanto tenuti propter rem a sopportare l’esecuzione del creditore ipotecario
e dunque per evitare una diminuzione patrimoniale che sarebbero altrimenti
costretti a subire315.
L’accoglimento di una diversa soluzione genererebbe, secondo la teoria
in esame, delle conseguenze inaccettabili perché in aperto contrasto con i
principi su cui si fonda la disciplina del condebito.
Una prima conseguenza, derivante dall’estensione della surroga al
condebitore solidale solvente, sarebbe quella di alterare la parità di trattamento
nei rapporti tra condebitori solidali attraverso l’applicazione dell’art. 1204 c.c.
Tale norma consentirebbe, infatti, al condebitore solidale il subingresso nelle
garanzie reali prestate da taluno dei suoi consorti a favore del creditore
originario, con la conseguenza che il consorte garante, per evitare
l’espropriazione, sarebbe indotto a corrispondere al solvens surrogato, l’intero
314 Sul punto ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 712 315 Cfr. ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 713
160
ammontare dell’obbligazione, decurtato esclusivamente della quota interna del
richiedente. Dopo di che, naturalmente, disporrebbe solo del regresso pro
quota nei confronti dei condebitori chirografari. Il consorte garante, non
potrebbe, infatti stante la loro indivisibilità domandare la riduzione della
garanzia alla propria quota virile e in tal modo il solvens verrebbe ad ottenere
addirittura un rimborso integrale di quanto da lui pagato in eccedenza rispetto
alla propria quota interna di debito, cioè un risultato a lui molto più favorevole
di quello ottenibile agendo in surrogatoriamente, ma in difetto di garanzie
reali316.
Una seconda conseguenza, parimenti inaccettabile, sarebbe, quella di
attribuire al solvens la facoltà di provocare la caducazione del rapporto
soggettivamente complesso con un’iniziativa unilaterale, potendo egli
avvalersi, secondo le regole della surrogazione, delle azioni di annullamento e
di rescissione spettanti al creditore con riferimento al negozio da cui il suo
diritto traeva l’esistenza. Ciò chiaramente contrasterebbe con il fatto che
l’affare da cui è sorta l’obbligazione soggettivamente complessa non è
imputabile al solvens singolarmente, ma alla collettività dei condebitori, nel
cui interesse è stata accettata, eventualmente, la controprestazione317.
4.1. Gli sviluppi della ricostruzione teorica nell’ambito della
solidarietà ad interesse unisoggettivo ed in particolare nella solidarietà
fideiussoria
Le considerazioni innanzi svolte sembrano non lasciare dubbi
sull’impossibilità di riferire la surrogazione a quelle obbligazioni solidali che
si sono dette ad interesse comune le quali, come visto, proprio perché
strutturalmente unitarie, non consentono di conciliare lo schema della
316 Cfr. RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292-1313, Bologna-Roma, 1968, 238 317 Così ANDREANI, voce Regresso (azione di), in Enc. dir., XXXIX, 1988, 712
161
surrogazione con un’attività solutoria che non potrebbe non estinguere anche
l’obbligo.
Resta tuttavia ancora aperta la questione riguardante le obbligazioni
solidali ad interesse unisoggettivo rispetto alle quali la dottrina è divisa tra chi
le ritiene perfettamente compatibili con lo schema della surrogazione, come,
appunto, sembrava essersi chiarito al paragrafo precedente318, e chi, invece, in
senso opposto, le considera assolutamente incopatibili con il meccanismo
surrogatorio per le stesse ragioni già viste per le obbligazioni solidali ad
interesse comune319.
Alla base di quest’ultima ricostruzione si pone un iter argomentativo
piuttosto articolato il quale, ponendo in discussione la stessa fondatezza della
distinzione tra obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo e obbligazioni
solidali ad interesse comune, porta ad escludere che la struttura pluralistica
tipica delle obbligazioni del primo tipo possa di per sé ritenersi compatibile
con il rimedio della surrogazione giacchè, anche nelle obbligazioni solidali ad
interesse unisoggettivo l’attività solutoria posta in essere da uno dei
condebitori non potrebbe non estinguere il debito e conseguentemente non
potrebbe non impedire quella permanenza dell’obbligo che, per diffuso
convincimento, rappresenta il principio sul quale si fonda la stessa possibilità
della surrogazione320.
Se così non fosse, se cioè l’adempimento di un condebitore servisse
soltanto a liberare gli altri nei confronti del creditore, non già ad estinguere in
via diretta ed immediata tutti i rapporti partecipi della solidarietà (facendo così
venir meno l’obbligo originario e dunque la possibilità per il solvens di
surrogarsi), si finirebbe, secondo l’orientamento in esame, con il mettere sullo
stesso piano, quanto agli effetti, il pagamento del condebitore e l’adempimento
del terzo, il quale, dal canto suo, pure libera il debitore ma solo, appunto, nei 318 Cfr. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 427 ss., richiamato alla nota 75. 319 Il riferimento è alla tesi elaborata da GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 33 ss. 320 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 46 s.
162
confronti del creditore soddisfatto dal solvens. Il che, tra l’altro, renderebbe
anche inutile e pleonastica la previsione, di cui all’art. 1292 c.c., della
necessaria conseguenza della liberazione di tutti i condebitori, perché questa si
sarebbe comunque determinata, anche in assenza della disposizione
richiamata, per la «realizzazione» (o «attuazione») del diritto del creditore321.
Una volta superata la difficoltà di raccordare la pluralità dei rapporti
con l’efficacia estintiva dell’unico adempimento ed affermata l’incompatibilità
dello schema della surrogazione rispetto alle obbligazioni solidali, qualunque
sia la loro struttura, la ricostruzione teorica in esame ha esteso i risultati
raggiunti fino al punto di escludere la surrogazione nei diritti del creditore
soddisfatto anche per il fidieussore solidale, nonostante l’espressa previsione
di cui all’art. 1949 c.c. 322
Tale norma, invero, alludendo genericamente al «fideiussore che ha
pagato», andrebbe correttamente riferita, secondo una parte della dottrina, alla
sola ipotesi di fideiussione non solidale prevista dall’art. 1944, comma 2, c.c.
323, ove il fatto stesso che il fideiussore non sia tenuto ad adempiere se non
321 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 45 322 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 46 ss., secondo cui la previsione di cui all’art. 1949 c.c. non costituisce in alcun modo un ostacolo alla ricostruzione che esclude la surrogazione dall’ambito delle obbligazioni solidali. Si è affermato infatti che « se l’adempimento del fideiussore solidale estingue, come ogni pagamento che provenga da un condebitore solidale, non solo l’obbligazione di garanzia, ma anche quella garantita322 (per la considerazione che il richiamo anche in questa sede delle caratteristiche dell’obbligazione solidale non può non importare altresì la liberazione del debitore principale per estinzione del debito), se ne deve rilevare l’incompatibilità con la surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore, che si fonda appunto sulla sostituzione del creditore nel rapporto che aveva dato luogo alla garanzia, e perciò preesuppone la sopravvivenza del rapporto stesso; il che importa che più che dimostrare l’inapplicabilità dell’art. 1949 c.c. alla fideiussione solidale, bisognerebbe dimostrarne l’applicabilità, una volta rilevata la corrispondenza della duplicità delle figure fideiussorie di cui all’art. 1944 c.c. con la duplicità della previsione normativa del regresso (art. 1950) e della surrogazione (art. 1949)». Contra BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 427, secondo cui lo schema della surrogazione sarebbe perfettamente attagliabile alle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, come dimostrato esemplarmente dall’art. 1949 c.c. 323 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 50 s. seocndo cui ciò significa che, una volta individuata la duplicità delle figure fideiussorie previste nell’art. 1944 c.c. le considerazioni di ordine generale svolte con riferimento all’art. 1949 c.c. non possono non giustificare il convincimento di una corrispondenza tra la diversa previsione normativa dell’uno e dell’altro strumento per il rimborso con la diverstà di figure fideiussorie di cui si è parlato.
163
dopo l’inutile escussione del debitore garantito esclude che il suo
adempimento rappresenti quell’adempimento con efficacia estintiva diretta ed
immediata dell’obbligazione garantita, incompatibile con la surrogazione di
cui si è detto324.
L’impressione di una contrapposta corrispondenza tra azione di
regresso e fideiussione solidale da un lato, e surrogazione e fideiussione non
solidale dall’altro, non potrebbe, d’altro canto, essere messa in dubbio per la
ragione che sovente il termine «regresso» viene usato anche con riferimento
alla fideiussione non solidale (si pensi così agli artt. 1951, 1952, e 1953 c.c.)
poiché, come osservato, in questi casi quel termine viene utilizzato quale
sinonimo di «rivalsa» o di «rimborso» riferendolo genericamente ai rapporti
tra fideiussore e debitore principale325.
L’opinione appena delineata è stata oggetto di vivaci rilievi critici da
parte della prevalente dottrina, la quale, sul presupposto dell’artificiosità della
ricostruzione, ha evidenziato, in primo luogo, l’assenza nella norma di
elementi che lascino supporre una possibile limitazione del suo campo di
applicabilità; in secondo luogo la rilevanza della sua collocazione in apertura
della sezione dedicata ai rapporti interni tra fideiussore e debitore principale, il
che lascerebbe più agevolmente intendere che essa faccia riferimento per
prima alla fattispecie che nell’attuale sistema costituisce la regola e cioè la
fiideiussione solidale, e solo in un secondo momento all’eccezione
rappresentata dalla fideiusisone con beneficio di escussione; infine, e questa è
sembrata ai più l’osservazione decisiva, si è chiesta in base a quale ratio il
324 Contra FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1962, sub art. 1949-1952, 453, secondo cui l’adempimento del fideiussore estingue sempre soltanto l’obbligazione di garanzia e non anche quella garantita. Egli fonda tale affermazione proprio sulla considerazione che altrimenti non sarebbe mai possibile la surrogazione (la quale, appunto, presuppone la sopravvivenza del rapporto). 325 GRASSO, Surrogazione legale e solidarietà, Napoli, 1987, 51, nota 95, ove si precisa che «tutta la normativa, dall’art. 1949 c.c. all’art. 1953 c.c., è compresa nella sezione III (del capo XXII) intitolata “Rapporti tra fideiussore e debitore principale” e perciò ben può pensarsi che quando si parla genericamente di «regresso» il sistema intenda riferirsi al rimborso al quale ha diritto il fideiussore utilizzando gli strumenti della surrogazione o dell’azione di regresso».
164
legislatore «avrebbe riservato o dovrebbe riservare il beneficio del subentro
nella garanzia, proprio della surrogazione, unicamente al fideiussore che è
tenuto per una parte soltanto del debito principale […], negando, invece,
questo stesso beneficio al fideiussore solidale, tenuto per l’intero»326.
Orbene, fatta eccezione per le argomentazioni di ordine letterale e
topografico, senz’altro suggestive, ma alle quali non potrebbe essere
riconosciuto un valore maggiore di quello meramente indicativo, secondo i
sostenitori della teoria in esame, all’obiezione da ultimo indicata si potrebbe
facilmente replicare asserendo che la ratio della diversità di disciplina della
rivalsa tra le due varianti del negozio fideiussorio (regresso per fideiussore
solidale e surrogazione per fideiuissore non solidale) risiederebbe, non già in
una valutazione quantitativa del debito, bensì nell’opportunità, insita nella
volontà del legislatore, di riservare al garante più favorito, e cioè al fideiussore
che garantisce l’altrui debito attraverso il filtro della preventiva escussione del
patrimonio del debitore principale, uno strumento di tutela, quale, appunto, il
beneficio del subingresso nelle garanzie del credito, (in astratto)
qualitativamente più conveniente per lo stesso solvens.
Ed invero se si ammettono le innegabili diversità tra fideiussione
solidale e fideiussione con beneficio di escussione e le altrettanto innegabili
diversità di disciplina tra regresso e surrogazione, bisognerà coerentemente o
individuare la ragione per la quale il legislatore avrebbe concesso
indifferenetemente gli stessi strumenti in presenza di situazioni differenti,
oppure accertare la validità della congettura che ipotizza strumenti diversi in
corrispondenza di situazioni diverse.
In tale prospettiva, se tra il fideiussore tenuto solidalmente e quello per
il quale è pattuito il beneficio di cui al comma 2 dell’art. 1944 c.c., non vi è
326 Si veda in particolare MAZZONI, Lettere di patronage, mandato di credito e promeessa del fatto del terzo, in Banca borsa e tit. cred., 1984, II, 374 ss., in nota, il quale, rapportando il beneficio del subingresso nelle garanzie alla quantità di debito garantito, non riesce a spiegarsi come mai quel beneficio vada negato a chi è tenuto per l’intero e, viceversa, riconosciuto a chi è tenuto soltanto per quella parte che residua dall’escussione del patrimonio del debitore principale.
165
dubbio che sia, ictu oculi, più conveniente la posizione di quest’ultimo, sia nei
confronti del creditore, sia nei confronti del debitore principale, la limitazione
della surrogazione al solo fideiussore con beneficio di escussione troverebbe la
sua ragion d’esser come ulteriore momento di emersione, nel sistema, della
posizione più favorevole di quest’ultimo rispetto al primo.
166
Capitolo V
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. I limiti delle ricostruzioni teoriche minoritarie – 3.
Adesione all’orientamento maggioritario e suoi limiti – 4. Concorso alternativo o cumulativo?
– 5. Il ruolo delle garanzie personali nei meccanismi di ricorso al credito. Il favor fideiussoris
come principio espressivo della peculiare funzione della garanzia fideiussoria.
1. Premessa
L’analisi finora condotta, con particolare riguardo ai differenti tentativi
di ricostruzione delle relazioni che intercorrono tra l’istituto del regresso e la
diversa, seppur connessa, fattispecie della surrogazione per pagamento, ha
dimostrato, pur senza alcuna pretesa di esaustività, l’esistenza di un vero e
proprio ginepraio di questioni e di conseguenti teorie che da sempre assilla la
più attenta dottrina nel tentativo di ricercare la soluzione più confacente alle
esigenze della prassi in materia di solidarietà, senza trascurare, però, il dato
legislativo con il quale si è chiamati a fare i conti nella concreta utilizzazione
dei singoli istituti.
Si tratta, come visto, di una varietà di elaborazioni teoriche dall’esame
delle quali se per un verso emerge la difficoltà di dichiarare di aderire
espressamente all’una o all’altra corrente di pensiero – presentando, tutte,
argomentazioni e giustificazioni ammissibili e/o parimenti discutibili – per
altro verso emerge la sensazione che non si tratti di “tutte” le ricostruzioni
possibili, potendo ancora l’interprete elaborare soluzioni di fatto differenti.
A dire il vero la prima impressione avvertita nel corso della trattazione
è che in molti casi si siano operate delle vistose forzature nell’interpretazione
delle norme codicistiche, le quali, benchè notoriamente non sempre ben
formulate – il che ha contribuito ad alimentare in ogni tempo una sorta di
atteggiamento “prevenuto” nei confronti di quel legislatore tacciato sempre più
spesso di superficialità nell’utilizzo della tecnica legislativa – in altrettanti casi
167
si presentano in tutta la loro semplicità e chiarezza, con la conseguenza che se
l’interprete si limitasse a prenderne atto, senza voler, a tutti i costi, ricercare un
significato ad esse estraneo, si creerebbero minori controversie interpretative e
si contribuirebbe a rafforzare il principio della certezza del diritto tanto caro al
nostro ordinamento giuridico.
Una seconda impressione, parimenti emersa nel corso della trattazione,
è il particolare accanimento di alcune ricostruzioni teoriche, rispetto ad
un’interpretazione puramente letterale delle norme che – senza dubitare del
fatto che il rispetto della lettera della legge costituisce il principale criterio
ermeneutico, da sempre imposto nell’esame delle disposizioni del codice –
necessita in molte circostanze di essere completato attraverso il ricorso ad altri
criteri interpretativi, primo fra tutti quello che dia conto dell’intenzione del
legislatore rapportata alla precipua funzione della singola norma (letta anche
nel contesto in cui viene ad essere collocata), di modo da ricercare la soluzione
che meglio si attagli al dettato legislativo, ma che al contempo risulti conforme
alla funzione che alla norma si è inteso attribuire in sede di elaborazione di
ogni singolo istituto.
Ed invero, tra tutte le ricostruzioni teoriche richiamate, sembrerebbe
non scorgersi, specie in materia di fideiussione, quella che potrebbe essere
considerata addirittura la più lineare limitandosi a prendere atto della duplicità
degli strumenti, consacrata dal legislatore in modo più che evidente nelle due
norme a ciò preposte, con l’opportunità, da parte del legislatore, di
intensificare il più possibile il grado di tutela riservato al fideiussore in ragione
della singolarità della funzione svolta da chi si obbliga personalmente verso il
creditore per garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui. In altri
termini, una soluzione che, consentendo al garante di trarre dai due rimedi il
massimo beneficio possibile, potendo recuperare con l’uno ciò che non
dovesse essere stato possibile recuperare con l’altro, lo incentivi a prestare la
garanzia consentendo, contestualmente, ad altri di poter, più agevolmente, fare
ricorso al credito.
168
Ad un certo punto dell’indagine si era paventata la possibilità di
un’ipotesi di lavoro diretta ad intravedere nel regresso e nella surroga del
fideiussore adempiente “altre” azioni rispetto a quelle spettanti al comune
condebitore solidale in ragione di un’asserita diversità insita nella disciplina
della solidarietà fideiussoria e nel particolare favor fideiussoris emergente
dalla complessiva disciplina della garanzia personale. Ebbene, alla luce dei
dati raccolti in seguito, forse, quell’ipotesi di lavoro necessita di essere meglio
precisata potendo risultare fuorviante ove non chiarita. Ed invero se in un
primo momento si era pensato di alludere con l’espressione “altre” ad una
diversità strutturale delle azioni, da cui si intendeva trarre la conclusione
dell’impossibilità di ravvedere nelle azioni del fideiussore espressioni delle
stesse azioni già concesse al condebitore solidale; in un secondo momento, ci
si è resi conto di come le diversità strutturali (intendo far riferimento
soprattutto alla possibilità per il fideiussore di ripetere l’intero a differenza del
condebitore solidale) non fossero di per sé tali da poter giustificare una simile
conclusione. Per questo motivo si è ritenuto più corretto riferire il termine
“altre” ad una divergenza di tipo funzionale e cioè una divergenza che,
prescindendo dalla struttura, si circoscriva alla possibilità di utilizzarle in
modo diverso ripetto a quanto previsto per il comune coobbligato solidale.
2. I limiti degli orientamenti minoritari
Giunti a tali esiti si impone, quindi, la necessità – che rimane, poi,
l’obiettivo dell’indagine – di tentare la spiegazione della costruzione teorica
che meglio si attagli al sistema delineato dal codificatore e che, al tempo
stesso, superi gli ostacoli insiti negli orientamenti tradizionali.
La soluzione che si intende dimostrare è quella che, muovendo
dall’adesione all’orientamento dominante della duplicità delle azioni, accoglie
entrambe le varianti del concorso circoscrivendo però l’opzione del concorso
alternativo alla solidarietà debitoria in generale e la diversa opzione del
concorso cumulativo per la solidarietà fideiussoria.
169
Una simile affermazione rende piuttosto evidente il rifiuto di quelle
ricostruzioni che, per quanto ampiamente motivate e svolte con dovizia di
particolari, pervengono a risultati contrastanti con i dati normativi poiché,
come si ritiene opportuno osservare, altro è criticare sotto il profilo della
ragionevolezza e della economicità le scelte legislative, altro è, invece,
pretendere che simili scelte non siano state fatte.
Ci si riferisce in particolare alla teoria dell’assorbimento tout court del
regresso nella surrogazione e all’opposta ricostruzione che tenta di risolvere
all’origine il problema del coordinamento tra le azioni, sancendo l’estraneità
della surrogazione rispetto alle obbligazioni solidali327.
Quanto alla prima, va ravvisata la sterilità del tentativo di giustificare
la sostanziale coincidenza tra regresso e surrogazione. Ed infatti, se, per un
verso, non poche sono le differenze, sul piano sostanziale tra i due istituti, per
altro verso, neppure può sostenersi che nell’art. 1299 c.c manchi
l’enunciazione di un autonomo diritto di regresso.
Invero, affermare che «il debitore che ha pagato può ripetere dai
condebitori solo la parte di ciascuno di essi» equivale a riconoscere, in favore
del solvens, un diritto al rimborso, diritto di cui il legislatore ha inteso, al
contempo, precisare i limiti e le modalità di esercizio.
Né, d’altra parte, pare dirimente l’assunto secondo cui il regresso non
potrebbe essere svincolato dall’originario diritto del creditore posto che, tanto
per il comune condebitore solidale quanto per il fideiussore, non può non
ritenersi che il regresso dipenda dal solo presupposto del pagamento che abbia
liberato l’altro consorte, non già dal subentro nei diritti del creditore
soddisfatto (in tal senso sembrano del resto esprimersi le stesse formule
legislative quando ammettono che «il debitore in solido che ha pagato l’intero
327 Vedi supra Cap. IV § 2 e 4
170
debito può ripetere dagli altri […]» e, ancor di più «il fideiussore che ha
pagato ha regresso contro il debitore principale […]»)328.
La seconda ricostruzione, dal canto suo, sconta tutta l’artificiosità del
ragionamento ad essa sottoso giacchè se per un verso è evidente che l’identità
del credito in cui subentra il solvens non possa essere esclusa da semplici
limitazioni d’ordine quantitativo o qualitativo derivanti dalla legge o da
accordi tra le parti (si allude all’impossibilità del solvens di avvalersi del
meccanismo solidale che, invece, caratterizzava la pretesa del creditore
originario), per altro verso appare oltremodo arbitrario forzare la lettura delle
norme ipotizzando che l’art. 1203, n. 3, non si riferisca anche al condebitore
solidale (posto che la chiarezza della norma esclude interpretazioni restrittive).
Ancor più azzardato si appalesa, poi, il tentativo di escludere il rimedio
della surrogazione per il fideiussore solidale giacchè oltre alla rilevata assenza
di indici normativi testuali che possano deporre in tal senso – estremamente
artificiosa appare infatti l’interpretazione diretta a circoscrivere l’art. 1949 c.c.
alla sola ipotesi di fideiussione non solidale con beneficio di escussione
contemplata al secondo comma dell’art. 1944 c.c. – riuscirebbe comunque
difficile comprendere l’eventuale ratio di una simile scelta da parte del
legislatore.
3. Adesione all’orientamento maggioritario e suoi limiti
Alla luce delle osservazioni innanzi svolte non può dubitarsi che la
teoria della duplicità di azioni sia di gran lunga da preferire rispetto alle altre
ricostruzioni teoriche malgrado anch’essa non si sottragga ad alcuni rilievi
critici, riconducibili perlopiù alla mancanza di un giustificazione chiara ed
328 Chè, anzi, come opportunamente rilevato in dottrina, «pur quando l’adempiente si avvalga non dell’azione di surrogazione ma di quella personale e diretta di regresso, presupposto fondamentale del regresso è sempre che sia stato il pagamento a liberare l’altro consorte, il quale ben può pertanto opporre, in virtù dell’eccezione spettantegli, che non sarebbe stato soggetto all’obbligazione». Si veda sul punto RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub artt. 1292-1313 Bologna-Roma, 1968, 248
171
esaustiva della presenza nel codice civile di due azioni aventi la medesima
finalità sul piano sostanziale.
In precedenza si è già avuto modo di rilevare come per molti questa
ricostruzione risulti nient’altro che “una inopportuna reminescenza di un
ordinamento giuridico superato”, del tutto priva, ormai, di una qualsiasi logica
interna che possa giustificarne la sua sopravvivenza, ma questa, a ben vedere,
non rapppresenta l’unica chiave di lettura possibile, potendo parimenti
attribuirsi alla scelta legislativa un significato diverso non necessariamente
riducibile ad una illogicità della soluzione. Ed, infatti, non si esclude che
quella del legislatore sia stata una precisa scelta nel senso della continuità
storica e cioè dell’opportunità di mantenere quella duplicità di azioni propria
del sistema giuridico precedente, con l’unica differenza dell’aver contemplato,
accanto all’originario beneficium cedendarum actionum, tradottosi poi
nell’odierna surroga legale, un’azione di regresso in grado di operare da sola
senza il supporto di altre actiones.
In tale prospettiva si rafforza l’idea che il legilsatore, lungi dall’aver
riproposto tralatiziamente un meccanismo superato, omettendo di fare i conti
con un sistema giuridico mutato, sia stato ispirato da un preciso favor solventis
che trova la sua eco, oltre che nella giurisprudenza di legittimità anche
nell’opinione di chi ritiene che se così non fosse stato si sarebbe pervenuti
all’inaccettabile situazione di lasciare il solvens, in molte circostanze, del tutto
sprovvisto di una reale forma di tutela. Si allude, come già addietro precisato,
a tutte quelle ipotesi in cui al condebitore solidale sembrerebbe essere
interdetto il ricorso all’azione di surrogazione, sì che, solo postulando, in via
generale, un concorso con l’azione di regresso, sarebbe possibile assicurare al
solvens una piena ed effettiva tutela329.
Tra le tante altre ragioni adducibili a sostegno della ricostruzione
innanzi richiamata, prevale l’imprescindibile considerazione secondo la quale
329 CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 83
172
fino a quando non sia il legislatore ad intervenire per rimuovere le incoerenze
poste da alcune norme all’interno del sistema, l’interprete potrà anche non
condividere le soluzioni adottate, ma giammai potrà disconoscere istituti
espressamente sanciti in disposizioni normative. Inoltre, se è vero che è il
sistema a prendere vita dai singoli istituti e non il contrario, appare oltremodo
incongruo cercare di eliminare, attraverso l’interpretazione, un istituto, sia
pure al nobile fine di costruire un sistema più omogeneo.
4. Concorso alternativo o cumulativo?
Giustificata, sia pure con gli opportuni rilievi critici, l’adesione
all’orientamento dominante, non ci si può esimere, a questo punto del
discorso, dallo svolgimento di alcune considerazioni in merito alla tipologia di
concorso, alternativo o cumultivo, in favore del quale propendere.
La rilevata assenza di indici normativi che possano deporre in modo
sufficientemente chiaro in favore di una ricostruzione piuttosto che l’altra,
impone la necessità di rinvenire le ragioni della scelta al di fuori del dato
testuale, e cioè, come sembra preferibile, nel diverso grado di intensità di
tutela (maggiore con il cumulo, minore con l’alternatività) che si intende
riconoscere in favore del soggetto legittimato, nel più ampio contesto della
solidarietà in cui si trova ad operare.
Ebbene, in tale prospettiva, si consolida la convinzione
dell’opportunità di diversificare le soluzioni con riguardo alla solidarietà
debitoria in generale, caratterizzata dalla comunanza di interessi tra i soggetti
coobbligati, e quella fideiussoria, viceversa, rientrante nel più ampio schema
della solidarità ad interesse unisoggettivo. Ed invero, se per la prima, non si
rinvengono fondate ragioni che possano giustificare una soluzione
diversamente orientata rispetto alla ricostruzione maggioritaria favorevole
all’alternatività dei rimedi – e ciò in ragione dell’interesse comune che non
giustifica la necessità di riconoscere un livello di tutela maggiore di quello che
il condebitore adempiente potrebbe ottenere scegliendo alternativamente quale
173
delle due azioni esperire –, per la seconda, invece, la possibilità di concludere
nel senso del cumulo tra le azioni trova la sua ragion d’essere in una serie di
argomentazioni, tra le quali, prima fra tutte, quella che, facendo leva
sull’altruità del debito e quindi, sul fatto che ad essere obbligato
all’adempimento sia un soggetto del tutto privo di un interesse proprio
all’obbligazione, impone la necessità di dotare il solvens di meccanismi di
rimborso delle somme versate che assicurino un’intenistà di tutela superiore a
quella comune.
Siffatte osservazioni, indistintamente riferibili ad ogni forma di vincolo
solidale ad interesse unisoggettivo, certamente si amplificano con riguardo a
quello che, da alcuni, è stato definito il prototipo di solidarietà di questo tipo e
cioè la solidarietà fideiussoria ove, alle ragioni anzidette, si aggiungono
ulteriori valutazioni di opportunità avallate dalla presunzione di una intentio
legis in tal senso, emergente dalla predisposizione delle due norme deputate
alla disciplina dei rimedi330.
Se allora si esclude che il legislatore, disciplinando in due disposizioni
autonome e consecutive la surrogazione ed il regresso per il fideiussore, abbia
meramente inteso ribadire l’operatività di istituti in altra sede opportunamnete
disciplinati – il che, d’altro canto, potrebbe trovar conferma già nella diversa
formulazione delle disposizioni, la quale testimonia la riproposizione delle
norme in senso non meramente pleonastico331 – il dato testuale non può che
330 Se, come è vero, nella solidarietà ad interesse unisoggettivo la funzione di garanzia propria del meccanismo solidale rileva, oltre che nei rapporti esterni con il comune creditore, anche nei rapporti interni tra condebitori – i quali proprio perché tenuti all’adempimento di un’obbligazione contratta nell’interesse esclusivo di uno solo di essi, si pongono rispetto a quest’ultimo in veste di garanti – ancor di più ciò si avrà nella fideiussione ove è la stessa solidarietà a rilevare come ulteriore garanzia per il creditore rispetto a quella già derivante dal fatto di potersi soddisfare su un patrimonio diverso da quello del debitore principale. 331 Contra AMORTH, Considerazioni sui rapporti tra surrogazione e regresso nella obbligazione solidale, in Riv. trim dir. proc., 1958, 139 s., il quale sintetizza la previsione delle norme in materia di fideuissione al brocardo latino “repetita iuvant”. Afferma, infatti, che «la ripetizione[…]sembra ben accettabile (repetita iuvant) quando si osservi che nella trattazione della fideiussione è prevista un’apposita sezione (la terza) per i rapporti interni tra fideiussore e debitore principale, mentre nella solidarietà sono ad essi dedicati solltanto due articoli (1298 e 1299)» ed aggiunge «la maggiore complessità della trattazione ha quindi indotto il legislatore a creare, per la fideiussione, una sezione, nella quale ha voluto inserire il
174
lasciar presumere, nella voluntas legis, la volontà di aggiungere qualcosa
rispetto alla duplicità di azioni già altrove consacrata, e cioè la possibilità per
il garante di esperirle entrambe senza dover necessariamente scegliere quale
delle due risulti più conveniente ai propri fini.
L’interpretazione così suggerita dalla collocazione topografica delle
norme nella sezione dedicata ai rapporti tra fideiussore e debitore principale,
potrebbe, di per sé, non risultare sufficiente, laddove non venisse avvalorata da
argomentazioni di ordine soatnziale. Senonché essa, come già anticipato, trova
conforto in una serie di valutazioni, per così dire, di opportunità, le quali
direttamente riconducibili alla peculiare funzione della garanzia fideiussoria
sembrano non poter non confermare l’ipotesi di lavoro che vede nella duplicità
dei rimedi e nella possibilità di cumulare i vantaggi da essi derivanti, un
ulteriore momento di emersione di quel favor fideiussoris emergente dalla
complessiva disciplina della fideiussione.
5. Il ruolo delle garanzie personali nei meccanismi di ricorso al
credito. Il favor fideiussoris come principio espressivo della peculiare
funzione della garanzia fideiussoria.
Come è noto, il diritto di credito rappresenta una tipica ed esemplare
situazione che abbisogna di strumenti che la preservino dall’inadempiemnto
del debitore e da qualunque altro fatto o evento che possa comunque
minacciarla o pregiudicarla. Ora, se è indubitabile che la responsabilità
patrimoniale del debitore assicura il comportamento cui questi è
giuridicamente tenuto nei confronti del creditore, è altrettanto vero che in
molti casi il concreto grado di richio è tale che essa da sola non venga ritenuta
quadro completo (ecco l’opportunità tecnico-sistematica della ripetizione) delle disposizioni relative» ivi compresa la surrogazione, pur sempre rientrante nell’ipotesi generale di cui all’art. 1203, n. 3, c.c. Nello stesso senso COLMET DE SANTERRE, Cours analytique de Code Civil, Paris, 1895, V, 366, il quale già osserva che non ci si deve meravigliare se nella legge si trovano delle disposizioni ripetute, ed esemplifica proprio con gli artt. 1251, n. 3 e 2029 cod. civ. francese, corrispondenti agli artt. 1253, n.3, e 1916 cod. civile 1865 (1203, n. 3 e 1949 cod. civ. 1942) che, secondo lui, fanno un «double emploi frappant».
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sufficiente allo scopo332. Di qui l’esigenza di apprestare altri e più efficaci
strumenti che, aggiungendosi alla responsabilità patrimoniale del debitore
principale, rafforzino ulteriormente la posizione del creditore, sì da
consentirgli l’assunzione, in condizioni di relativa tranquillità, di un rischio
superiore alla media.
Ebbene, in un contesto di questo tipo in cui, conviene premettere, si
assiste in modo esponenziale all’assegnazione in favore del credito del ruolo di
strumento privilegiato della produzione, dello scambio e del consumo della
ricchezza, i meccanismi di garanzia, prime fra tutte le garanzie personali,
rappresentate esemplarmente dalla modello codicistico della fideiussione333,
assumono una collocazione centrale ed assolutamente imprescindibile dal
momento che la stessa correlazione tra credito e garanzia finisce con il perdere
il suo carattere tipico di accidentalità per atteggiarsi completamente, o quasi, a
presupposto indefettibile dell’operazione.
L’asserita centralità ed essenzialità degli strumenti di garanzia
personale, sullo sfondo dei complessi maccanismi del ricorso al credito,
riecheggia prima ancora che nella varietà degli strumenti operativi forgiati
dall’autonomia privata – i quali, val la pena di rilevare, sono diretti perlopiù a
modellare la consolidata struttura dello schema formale, talora incapace di
esprimere, in ordine a certi rapporti, la realtà in evoluzione – nella
complessiva disciplina codicistica della fideiussione ove, la peculiarità della 332 Sul diritto di credito tra fiducia e garanzia si veda PIAZZA, voce Garanzia (diritto civile), in Enc. dir., XIV, Roma 1989, 5 333 Cfr. GIUSTI, La fideiussione e il mandato di credito, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1998, 7, secondo cui «di fronte a quella che, con formula efficace, è stata definita, da alcuni, la “progressiva debilitazione delle garanzie reali”, appesantite dalla loro rigidità ed onerosità, le garanzie personali e, prima fra tutte, la fideiussione, resta al centro delle analisi dei mutamenti sociali e giuridici caratteristici delle società complesse. […] Tra fideiussione e creditore c’è un legame che sembra trascendere la stroria e gli ordinamneti; ed anche quando l’autonomia negoziale modifica lo achema tipico della fideiussione per superare la normativa del codice, che del garante fa il semplice “vicario” del debitore principale, ed al garante-amico disinteressato, che presta anche nell’ignoranza e contro la volontà del debitore, si sostituisce un intermediario professionale capace di fornire i crescenti volumi di finanziamento richiesti dal sistema produttivo ovvero un operatore economico coinvolto in vario modo nell’attività imprenditoriale del debitore principale e quindi “interessato” alla concessione del credito, l’obiettivo di offrire maggiore sicurezza al creditore viene costruito utilizzando la flessibilità della garanzia personale».
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funzione di garanzia che penetra l’obbligazione fideiussoria, si esprime in una
serie di norme dirette principalmente a rafforzare la posizione del garante
affinché quest’ultima, riequilibrata e più intensamente tutelata, lo incentivi
all’assunzione della garanzia a tutto vantaggio, non soltanto del creditore, ma e
ancor di più dello stesso debitore il quale, in caso contrario, potrebbe essere
nelle condizioni di non poter ricorrere al credito334.
In una simile prospettiva, caratterizzata, dunque, da una comprovata
benevolenza del legislatore nella regolamentazione dell’obbligazione
fideiussoria, al precipuo fine di incentivarne l’assunzione, oltre a trovare
sicura collocazione quelle norme che nel contesto dei rapporti tra fideiussore e
debitore principale mirano a salvaguardare la posizione del primo, senza dover
essere ulteriormente interpretate – prima fra tutte, a titolo puramente
esemplificativo, la disposizione di cui all’art. 1955 c.c. che sanziona
l’impossibilità del fideiussore di surrogarsi nei diritti e nelle garanzie del
creditore soddisfatto addirittura con l’estinzione della garanzia – non potrebbe
non trovare idonea sistemazione anche la soluzione prospettata la quale
garantendo in particolare al fideiussore di trarre dalle due azioni il massimo
beneficio possibile, risponderebbe perfettamente alle logiche sottese alla
complessiva disciplina, ponendosi a pieno titolo come ulteriore conferma di
quel favor fideiussoris che caratterizza il meccanismo della fideiussione.
334 Cfr. MERLO, La surrogazione per pagamento, Padova, 1933, 226, nota 1, il quale facendo particolare riferimento alla previsione in materia di surrogazione, precisa che, nonostante la surrogazione di diritto sembri, prima facie, essere stabilita ad esclusivo vantaggio del surrogato, è innegabile che l’istituto del subingresso legale sia favorevole soprattutto al debitore: «[…]in ultima analisi, l’istituto del subingresso legale è favorevoole al debitore, poiché è più facile che un terzo, sapendo che, se sarà costretto a pagare, potrà godere del trapasso a suo favore, si risolva più facilmente a prestare fideiussione, ad assumere l’obbligazione in solido ecc., rendendo più agevole al debitore trovare chi sia disposto a fornirgli denaro e, comunque, aumentando la fidiucia generale nel credito».
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