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Tempo Attraversato Velocemente

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Riflessioni sull'utilizzo e sulla miglior gestione del tempo

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Page 1: Tempo Attraversato Velocemente

per “Flusso continuo n. 4, notiziario A.O.A. Alba giugno 2006”

adalberto geradini – http://prendersicura.blogspot.com e-mail: [email protected] 1

TAV

(Tempo ad Alta Velocità , Tempo Attraversato Velocemente)

La rapidità, che è una virtù, genera un vizio che è la fretta. Baltasar Gracian

In una recente indagine (Riza Psicosomatica

maggio 2006) il 74% del campione intervistato

dichiara un forte stress dovuto al vivere di corsa

(26%) con l’ossessione della reperibilità (21%) e

identifica nel telefonino (31%) e nell’orologio

(24%) l’oggetto che rappresenta lo stress. E’ la

percezione unidimensionale del tempo, soltanto del

suo valore “economico, industriale” (non perdere

tempo, il tempo è prezioso, il tempo è denaro, ecc)

legato alla produttività, all’urgenza che identifica il

tempo come sinonimo d’ansia, da cui nasce

un’estesa richiesta di “imparare a gestire il tempo”.

Anche la stragrande maggioranza dei partecipanti,

circa 300 dirigenti, ad un complesso intervento di

formazione manageriale attualmente in corso, ci

descrive questo come uno dei problemi più sentiti,

caratterizzato dalla sensazione di essere in qualche

modo “espropriati” della propria individualità (il

mio tempo: ”troppi impegni nello stesso momento,

continue interruzioni, incapacità di dire no ...”) mentre

la vita scivola via.

Questa caratteristica è così profonda, così

radicale, ciò che facciamo nel tempo ci definisce

nella nostra identità, che non può ricevere una

risposta limitata alla diffusione di tecniche e

strumenti anche se raffinati per “gestire il tempo”,

ma deve almeno sfiorare il cuore del problema, la

causa radice delle disfunzioni e del malessere.

Comprendere cosa regge le tecniche, cioè cosa dà

valore aggiunto a me come persona e, nelle

organizzazioni, come ruolo, a come io voglio

interpretarlo e a cui dedicare energie (la mia

vision).

Bisogna anche saper risparmiare tempo per fare di

più (efficienza) ma soprattutto si tratta di impiegarlo

bene (efficacia): la competenza principale in gioco

non è quella della programmazione ma della presa

di decisione. L’obiettivo prioritario non è imparare

come si organizzano bene le attività ma saper

individuare e scegliere cosa si vuole fare nel tempo

per essere/sviluppare se stessi. Riempire questo

“contenitore” di azioni scelte anziché obbligate,

significa riflettere su ciò che è importante per noi

(con l’introspezione, il guardarsi dentro, la

riflessione) al fine di operare poi delle scelte. Oltre

che buona volontà occorre pazienza: pensare non è

un optional, pensare prende tempo, è richiesto

tempo per attraversare bene il tempo!. Chi nella sua

professione tende ad essere troppo affannato ha

bisogno di una dovuta porzione di tranquillità per

compensare: momenti e spazi per

rallentare/raffreddare il motore e magari ridefinire

la direzione.

Quando non abbiamo mai tempo per fare

tutto ciò che desideriamo significa che siamo

bloccati, siamo in un’area in cui l’energia è rimasta

intrappolata, non si muove più, non scorre. Presi

dalla malattia della fretta corriamo il rischio di

girare vorticosamente sulla periferia della ruota e

non cogliere il punto essenziale, il mozzo che ne è

il centro. E’ tempo di riflettere.

Ma la riflessione non funziona come il lavoro

fisico: diamo un comando ai muscoli e otteniamo

una risposta, un’azione, un risultato. Con la

produzione di idee non è così. Non sai se ti

arrivano, ne quando, ne dove. Produrre idee

richiede di non forzarsi a seguire canovacci o

percorsi obbligati, con l’assillo dell’orologio.

Pensare non è un processo esclusivamente

cognitivo, la riflessione logico-razionale su uno

stato di cose è sempre accompagnata da esperienze

ed emozioni sensoriali, anche quando non ne siamo

consapevoli. Per prendere contatto con la nostra

parte intuitiva ed ascoltarne le risposte occorre darle

spazio, tacitare il chiacchiericcio mentale, quel

monologo interiore in cui la mente è sempre

occupata a parlare con se stessa, in un continuo

commentare gli eventi e i sentimenti ad essi

collegati. Una storia zen dice che per riempire una

coppa occorre prima vuotarla del suo contenuto.

Limitarsi esclusivamente ad un ragionamento

lineare mal si concilia con quella parte di noi che

lineare non è. Serve creare un ponte tra lo

spontaneo e il voluto, affiancare al procedimento

logico-razionale l’approccio intuitivo, emotivo,

fisico-sensoriale e immaginale.

Inoltre, il pensare solo e continuamente alle

cose da fare ci appiattisce in una sorta di pericoloso

svuotamento interiore. Prendere per un attimo le

distanze dalla frenesia e lasciarsi cogliere dalla

quiete, dalla curiosità e dallo stupore per lasciar

emergere quell’idea-guida personale che mette in

movimento potenti energie. Per imparare a “gestire

il tempo” partendo dal centro, si può seguire un

processo articolato in quattro fasi,

decondizionamento, immersione, espressione,

distacco, ciascuna sostenuta da semplici ma mirati

esercizi psico-fisici-immaginativi finalizzati a

raggiungere obiettivi specifici e tra loro collegati.

Ad esempio il risultato iniziale cercato nella fase

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“espressione” è quello di arrivare a creare lo

scenario futuro corrispondente ai nostri desideri e

bisogni, per vedersi agire come se fossimo liberi dai

conflitti che ci impediscono di vivere il tempo come

vorremmo. Al fine di scrivere in fretta le prime cose

che emergono, soprattutto immagini, ma anche

verbi, oggetti, azioni, ecc. con leggerezza, senza

sforzo e senza seriosità, relativi a:

LA STRATEGIA

dedicarsi agli scopi

Qual è, fra le cose che potresti fare quella che , se fatta con

regolarità, determinerebbe un enorme cambiamento in

meglio nella tua vita …?

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professionale sociale privata

AG

E osservarle in modo distaccato ma con simpatia,

senza inseguire i pensieri e i giudizi che subito ci

verranno. in mente. Semplicemente fare spazio per

lasciar affiorare altri nostri modi di vederci, sentirci,

pensarci.

Cominciare ad utilizzare quella che Jung definiva la

“funzione trascendente” psicologica, niente di

misterioso, di sovrasensoriale o di metafisico ma

rendere più permeabile il diaframma tra coscienza e

inconscio, poiché “l’inconscio si comporta con la

coscienza in maniera compensatrice o complementare”.

Fare spazio per avere tempo: il tempo è

indissolubilmente legato allo spazio, il passare del

tempo avviene sempre all’interno di uno spazio (la

radice TEM significa tagliare, dividere, in greco

temenos significa recinto e in latino templum significa

spazio riservato, ritagliato). Giustamente ricerchiamo

ed esigiamo per noi oggetti tecnologicamente ed

esteticamente impeccabili ma abbiamo difficoltà a

ricavare per noi stessi uno spazio interno ed esterno per pensare, per fare Anima “...ma le ore e

ore passate nei pub di Dublino e il linguaggio

incredibile e le idee ridicole concepite solo per il piacere

di pensarle e dirle, sono in sé una forma di erotismo, una

forma di innamoramento.. .(J.Hillmann 2001 Il piacere

di pensare RCS Libri Milano).

adalberto geradini: [email protected]