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Tanto diversi sono i due aerei materialmente, tanto simile è la loro vocazione simbolica. O- gnuno è l’icona di un’epoca. Nella sua forma snella di uccello elegante, il Concorde sarà for- se ricordato come il canto del cigno dell’era dei carburanti fossili a buon mercato: era infatti un’enorme bolla volante di cento tonnellate di cherosene, l’unico aereo di linea in cui il carburante pesava più di tutto il resto. A di- spetto della forma slanciata, il Concorde fu l’a- poteosi della massa, della potenza, dell’acce- lerazione, dello spreco, del baccano, dell’in- quinamento. Un’esagerazione costosa, ac- cessibile a pochi. Un aereo "veramente futu- rista", che avrebbe deliziato Marinetti. Il So- lar Impulse è l’esatto contrario: un’enorme li- bellula appena ronzante. Pur largo 72 metri, come il più grande aereo del mondo, l’Airbus 380, è però 200 volte più leggero: 2,3 invece di 500 tonnellate. L’energia che lo muove è ine- sauribile, è di tutti, non può essere comprata né venduta, non alimenta il Pil, le guerre, i po- tentati, i colpi di stato. Non altera il clima, non inquina l’aria. Come dicono i suoi ideatori e piloti André Borschberg e Bertrand Piccard, lo scopo del Solar Impulse non è di stabilire re- cord o proporre un’alternativa alla moderna aviazione civile, ma è di dimostrare che i pro- gressi delle tecnologie solari sono così veloci, da permettere cose fino a ieri ritenute impos- sibili. «Se dimostro di poter volare intorno al mondo con la sola energia solare – dice Pic- card – chi potrà più dire che con essa non si può far funzionare un frigorifero, un riscal- damento, un ascensore?». In effetti Schindler, uno degli sponsor di Solar Impulse, ha già rea- lizzato un ascensore a energia solare. Nessuno si aspetta che l’energia fotovoltaica possa essere una soluzione per i grandi aerei da trasporto. Le ricadute di Solar Impulse so- MARCO MOROSINI a Abu Dhabi, sede mondiale dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili Irena, è decollato il 9 marzo il futuristi- co aereo Solar Impulse. Tenterà il primo giro del mondo a tap- pe, mosso solamente dall’ener- gia solare. Se l’impresa riuscirà, Solar Impul- se ha buone chance di diventare il simbolo di un’epoca. Viene allora da pensare a un’altra i- cona tecnologica, che già fu il simbolo di un era: il supersonico civile Concorde, la cui ful- minante carriera iniziò nel 1976 e finì nel 2002. Materialmente i due aerei non hanno niente in comune: energia solare, invece di 96 ton- nellate di cherosene, 2,3 tonnellate di peso, invece di 184, un passeggero, invece di cento, velocità di 50 km/h, invece di 2200 km/h, co- sto di progetto di 100 milioni di euro, invece di 2 miliardi. «Una follia impossibile», aveva- no detto molti gruppi industriali, rifiutando di impegnarsi nel progetto Solar Impulse. «Il futuro dell’aviazione civile» dis- sero del progetto Concor- de ingegneri e industriali europei. Secondo loro, nel Duemila 400 Concorde a- vrebbero solcato i cieli. Per molti Solar Impulse è un costoso esercizio senza futuro: trasporta un solo passeggero, in condizioni di comfort miserabili, alla velocità di una bicicletta, incapace di affrontare ven- ti impetuosi. Sono le stes- se condizioni che valsero nel 1903 per il Wright Flyer, il primo aereo a motore che si alzò in volo. Uguale a quella del Wright Flyer è anche la potenza dei mo- tori di Solar Impulse: 28 cavalli. Il supersonico Concorde invece non era uno stravagante giocatto- lo. Volava da Parigi a New York in tre ore e mezza. «Arrivate prima di partire» diceva la pubblicità, grazie alla velocità con la quale attraversava i fusi orari. Il progetto Solar Impulse nacque nel 2003, pro- prio mentre venivano ritirati gli ultimi dei po- chi Concorde costruiti. La brillante avventura tecnologica del Concorde fu un fiasco econo- mico ed ecologico. In gran parte sovvenzionati dai governi di Francia e Gran Bretagna, gli e- normi costi dello sviluppo, della costruzione e dell’esercizio dell’aereo supersonico non e- rano compensati dal suo scarso successo e- conomico. Rispetto ad altri aerei la velocità del Concorde era doppia, il consumo di car- burante triplo, il costo del biglietto decuplo (e in buona parte sovvenzionato dai contri- buenti). Il pretesto per la sua eutanasia fu la tragedia di Parigi del 25 luglio 2000, quando «l’aereo più sicuro del mondo» precipitò uc- cidendo 113 persone. D Scienza e poesia Se il fisico va a lezione di Eliot MAURIZIO CUCCHI a scienza è attività anzitutto visionaria». Lo scrive un fisico teorico, Carlo Rovelli, in un piccolo libro con il quale guida in modo sapiente e chiaro il profano nella lettura delle scoperte che hanno rivoluzionato la fisica (ma non solo) nel corso del Novecento. Sono infatti Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi, p.86, 10) nelle quali emerge la forte tessitura di pensiero dello scienziato, la sua capacità di leggere il mondo e la sua felice tendenza, appunto, a muoversi in questa dimensione di continua ricerca in virtù di un’energia intellettuale "visionaria" e dunque liberissima. Rovelli ci parla allora della teoria della relatività di Einstein, della meccanica quantistica, delle particelle elementari e del tempo, con l’acutezza e la forza incisiva di un linguaggio che arriva subito al lettore e lo coinvolge, mostrandogli la falsità delle apparenze e la banalità dei luoghi comuni ai quali troppo spesso sottostiamo. Ci mostra allora l’universo che «nasce come una piccola palla e poi esplode fino alle sue attuali dimensioni cosmiche». Ci spiega l’instabilità di tutto ciò che esiste, mentre la materia, di cui in fondo ancora poco sappiamo, è «una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l’esistere e il non esistere», e l’idea del loro pullulare ci induce ancora di più a un sentimento di stordita meraviglia di fronte all’immensità dell’universo e al suo persistente mistero. Ci dice che «l’attrito produce calore» e che «la differenza tra passato e futuro esiste solo quando c’è calore». Vorrei proprio rubargli bellissime uscite come queste per farne versi … "miei". E da qui, comunque, possiamo meglio entrare in un’analisi dell’idea di tempo e del suo fluire, della sua complessità, magari ricordando a memoria il formidabile inizio dei Quattro quartetti di T.S.Eliot: «Tempo presente e tempo passato / sono forse entrambi presenti nel tempo futuro / e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. / Se tutto il tempo è eternamente presente / tutto il tempo è irredimibile». Tanto per ribadire ancora che scienza e poesia possono, e forse devono, tornare a confrontarsi e a parlarsi. E quando esistono scienziati (pensatori) come Rovelli lo stimolo che ne nasce è ancora più forte, è quasi irresistibile. Anche perché, nella sua lezione di chiusura, dedicata a "Noi" (dove alla fine è citato Lucrezio), dunque all’essere umano, ci offre ulteriori spunti di riflessione, ma anche suggestioni vivissime. Per esempio quando ci dice che «il nostro sapere riflette il mondo. Lo fa più o meno bene, ma rispecchia il mondo che abitiamo». E in questo siamo parte della natura, di una totalità in cui tutte le cose «interagiscono in continuazione l’una con l’altra» e dunque «si scambiano di continuo informazioni le une sulle altre», e ogni «individuo è un processo, complesso, ma strettamente integrato». Osservazioni, queste e tante altre contenute nelle lezioni di Rovelli, capaci di muovere le nostre menti a una necessaria apertura e dunque di liberarci verso un cammino dove l’individuo e il particolare si sentano finalmente parte di uno sterminato disegno cangiante, multiforme e mirabilmente articolato, oltre quella misera realtà di schemi sociali che ci ingabbiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA L « Fotogiornalismo. Quello scatto che fa la differenza. Anche nell’era “smartphone” GIUSEPPE MATARAZZO MILANO opo avere docu- mentato le Pri- mavere Arabe e il conflitto libico, ho deciso di andare in Siria per testimoniare la guerra civile che sconvolge il Paese. Ho raggiun- to Aleppo dove i militari del pre- sidente Bashar al Assad com- battono contro i ribelli del Free Syrian Army per il controllo del- la città. Ho fotografato la batta- glia più sanguinosa del conflit- to nella quale centinaia di civili sono morti sotto il fuoco del re- gime e migliaia di persone sono fuggite dai bombardamenti». Il fotoreporter Fabio Bucciarelli racconta il suo progetto Battle to Death, la descrizione della do- lorosa realtà della guerra, «dal di dentro». «Ho cercato di essere vicino ai guerriglieri durante gli scontri, ai feriti vittime delle bombe nei momenti delle eva- cuazioni, ai profughi durante la fuga. Ho voluto mostrare gli a- spetti più intimi e terribili della guerra, sviluppando attraverso le immagini un legame con le persone ritratte». Bucciarelli è il vincitore, nel 2013, del premio Amilcare G. Ponchielli. Un rico- noscimento istituito nel 2004 dal Grin (Gruppo redattori icono- grafici nazionale), dedicato al primo photoeditor italiano, con l’obiettivo di sostenere la realiz- zazione di progetti di fotogior- nalismo. Dopo dieci anni di fo- to e di storie, un libro (edito da Contrasto, pagine 224, euro 24,90) ne raccoglie le esperien- ze, con i commenti di grandi fir- me del giornalismo italiano; e u- na mostra che si è aperta ieri se- ra a Milano alla Galleria San Fe- dele (fino al 28 marzo, dal mar- tedì al sabato, dalle ore 16 alle 19) ne presenta i lavori più bel- li, premiati nel tempo. Una vi- sione autentica del mondo. U- na lezione, di fotografia e di gior- nalismo. Per un “genere” che re- siste alla piena “immaginaria” che sta travolgendo la “rete” del- l’informazione e dei social network, complici gli smartpho- ne che ci fanno credere di esse- re oggi tutti fotografi (e spesso pure giornalisti). «Abbiamo molta strada da fare per cam- biare mentalità dentro i giorna- li – fa notare il direttore de “La Stampa”, Mario Calabresi, pre- sidente della giuria nel 2013 – ma anche per educare i lettori alla qualità, in tempi in cui si pensa che il digitale e gli smartphone abbiano cancella- to una professione e che una fo- togallery su un sito non possa contenere qualità. Questa pro- fessione è invece più viva che mai, perché è l’unica capace di fare la differenza, di cogliere quello scarto tra la normalità e l’eccezionale in cui vive la noti- zia e in cui si ferma la Storia». Fotoreporter che hanno la vo- glia silenziosa di raccontare, di esserci. Di cogliere o, per dirla alla Steve McCurry, «rubare l’i- stante». Unico e forse irripetibi- le. L’io narrante che si sviluppa con la potenza di un obiettivo e uno scatto. Di un gioco di luci e di ombre. Di tempi e di occhio. Ed ecco la Siria di Bucciarelli, an- cora fortemente di attualità. Ma anche la mafia raccontata da Tommaso Bonaventura e Ales- sandro Imbriaco, in Corpi di Reato, attraverso «i segni della presenza delle mafie nel pae- saggio italiano», per descrivere la «mafia che non uccide più», la «mafia invisibile, bianca, liqui- da». O la denuncia della violen- za sulle donne in Burundi: la sto- ria di Francine Nijimbere a cui il compagno ha amputato en- trambe le braccia. «Ho seguito Francine nella sua vita di tutti i giorni – racconta Martina Baci- galupo, vincitrice del premio nel 2009 – e ho condiviso il suo do- lore e il suo buon umore, la sua voglia di andare avanti, l’amore per sua figlia e il desiderio di dar- le un avvenire migliore. Umu- malayika in Kirundi significa angelo. I monconi sono diven- tati ali». Foto parlanti, insomma. La risposta migliore a chi vor- rebbe “uccidere” il fotoreporta- ge. «Non vi sarà mai – dice il di- rettore del “Corriere della Sera”, Ferruccio De Bortoli, presiden- te della giuria 2014 – una tecno- logia che sostituirà la necessità di avere sui fatti un testimone diretto con un cuore, una men- te, una coscienza e il sangue che scorre, tumultuoso, nelle sue ve- ne. Non vi sarà mai un drone che sostituirà un grande fotografo o un grande cronista. Mai». © RIPRODUZIONE RISERVATA D « L’AEREO che cambia il futuro La lezione di fotoreporter che raccontano la storia «dal di dentro» In un libro e una mostra i 10 anni del premio “Amilcare G. Ponchielli” ALEPPO. Foto F. Bucciarelli 24 Giovedì 12 Marzo 2015 AGORÀ cultura no piuttosto in alcune innovazioni sviluppa- te per il progetto e applicabili altrove e nel mettere a punto velivoli leggeri capaci di sta- re in volo per anni, utili per esempio nelle te- lerilevazioni, nelle telecomunicazioni e co- me trasmettitori di segnali per internet. Non a caso Google e Swisscom sono tra gli spon- sor di Solar Impulse. Dal canto suo, a Face- book si attribuisce un progetto di droni a e- nergia solare per fornire una copertura In- ternet dallo spazio. Se Solar Impulse è un’ardita iniziativa da pio- nieri. Le tecnologie per le nuove energie rin- novabili, in particolare quelle solari ed eoli- che, sono ormai da vent’anni una consi- stente forza di mercato in rapida espansio- ne. In Europa e in altre regioni esse raccol- gono da alcuni anni la maggioranza degli in- vestimenti in nuove strutture energetiche. Hanno superato la fase sperimentale ormai da vent’anni. Così come Solar Impulse sta dimostrando che si può volare con energia per il 100 % so- lare, un numero crescente di scienziati, tec- nici, imprenditori e politici si stanno impe- gnando per portare l’Europa a produrre dap- prima la sua elettricità e poi l’intera sua e- nergia quasi esclusivamente da fonti rinno- vabili, un traguardo ancora ritenuto impos- sibile da molti. È significativo che i due pio- nieri solari Piccard e Borschberg siano sviz- zeri, così come l’azienda che ha costruito So- lar Impulse e il Politecnico di Losanna, che ha partecipato alla sua progettazione. La Sviz- zera, infatti, è il primo Paese al mondo il cui governo si è dato l’obiettivo per il 2050 di di- ventare una «società a 2000 watt», cioè di ri- durre di due terzi (da 6000 a 2000 watt) l’uso pro capite di energia, ricorrendo principal- mente alle energie rinnovabili e quasi ab- bandonando le energie fossili. Se la silhouette di Solar Impulse sarà un’ico- na che riassume e avvicina l’era delle energie rinnovabili, ciò ben ripagherebbe i costi del progetto. Comparando quei due simboli fu- turistici, il Concorde e Solar Impulse, vie- ne proprio da dire che «il fu- turo non è più quello di una volta». © RIPRODUZIONE RISERVATA L’aereo Solar Impulse 2 e il suo equipaggio prima del decollo Solar Impulse 2 durante il test vola sopra Abu Dhabi, negli Emirati arabi Tecnologia Il Solar Impulse, decollato il 9 marzo da Abu Dhabi, farà il giro del mondo sospinto dalla sola energia solare. Una vera rivoluzione con prossime applicazioni nel mondo delle telecomunicazioni. Ma l’obiettivo è affermare che ogni uso è possibile con le rinnovabili ARCHITETTURA ADDIO A OTTO, TECNO-ARCHISTAR Aveva realizzato il parco delle Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972, con l’Olympiastadion e la sua copertura a forma di ragnatela. L’architetto tedesco Frei Otto (nella foto), morto lunedì all’età di 89 anni, era il «re delle tensostrutture». Tra due settimane, sarebbe stato dichiarato vincitore del Pritzker Prize, il «Nobel dell’architettura». È morto senza sapere di quest’ultimo premio, ma ciò non diminuisce il suo valore e la sua carriera ricca di premi prestigiosi come, nel 2005, la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects e, nel 2006, il Praemium Imperiale giapponese. Tra le sue realizzazioni in primo luogo, oltre agli impianti olimpici di Monaco, il progetto per il teatro all’aperto di Scarborough (1974), il centro polivalente a Mannheim (1974), la stazione centrale di Stoccarda (2000) e il padiglione giapponese per l’Expo 2000 di Hannover. Era convinto che «l’uomo e la sua tecnica possano essere parti inseparabili della natura».

SOLAR IMPULSE Avvenire 12 3 2015

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Page 1: SOLAR IMPULSE Avvenire 12 3 2015

Tanto diversi sono i due aerei materialmente,tanto simile è la loro vocazione simbolica. O-gnuno è l’icona di un’epoca. Nella sua formasnella di uccello elegante, il Concordesarà for-se ricordato come il canto del cigno dell’era deicarburanti fossili a buon mercato: era infattiun’enorme bolla volante di cento tonnellatedi cherosene, l’unico aereo di linea in cui ilcarburante pesava più di tutto il resto. A di-spetto della forma slanciata, il Concorde fu l’a-poteosi della massa, della potenza, dell’acce-lerazione, dello spreco, del baccano, dell’in-quinamento. Un’esagerazione costosa, ac-cessibile a pochi. Un aereo "veramente futu-rista", che avrebbe deliziato Marinetti. Il So-lar Impulse è l’esatto contrario: un’enorme li-bellula appena ronzante. Pur largo 72 metri,come il più grande aereo del mondo, l’Airbus380, è però 200 volte più leggero: 2,3 invece di500 tonnellate. L’energia che lo muove è ine-sauribile, è di tutti, non può essere compratané venduta, non alimenta il Pil, le guerre, i po-tentati, i colpi di stato. Non altera il clima, non

inquina l’aria. Come dicono i suoi ideatori epiloti André Borschberg e Bertrand Piccard, loscopo del Solar Impulse non è di stabilire re-cord o proporre un’alternativa alla modernaaviazione civile, ma è di dimostrare che i pro-gressi delle tecnologie solari sono così veloci,da permettere cose fino a ieri ritenute impos-sibili. «Se dimostro di poter volare intorno almondo con la sola energia solare – dice Pic-card – chi potrà più dire che con essa non sipuò far funzionare un frigorifero, un riscal-damento, un ascensore?». In effetti Schindler,uno degli sponsor di Solar Impulse, ha già rea-lizzato un ascensore a energia solare.Nessuno si aspetta che l’energia fotovoltaicapossa essere una soluzione per i grandi aereida trasporto. Le ricadute di Solar Impulse so-

MARCO MOROSINI

a Abu Dhabi, sede mondialedell’Agenzia internazionale perle energie rinnovabili Irena, èdecollato il 9 marzo il futuristi-co aereo Solar Impulse. Tenteràil primo giro del mondo a tap-pe, mosso solamente dall’ener-

gia solare. Se l’impresa riuscirà, Solar Impul-se ha buone chance di diventare il simbolo diun’epoca. Viene allora da pensare a un’altra i-cona tecnologica, che già fu il simbolo di unera: il supersonico civile Concorde, la cui ful-minante carriera iniziò nel 1976 e finì nel 2002.Materialmente i due aerei non hanno nientein comune: energia solare, invece di 96 ton-nellate di cherosene, 2,3 tonnellate di peso,invece di 184, un passeggero, invece di cento,velocità di 50 km/h, invece di 2200 km/h, co-sto di progetto di 100 milioni di euro, invecedi 2 miliardi. «Una follia impossibile», aveva-no detto molti gruppi industriali, rifiutando diimpegnarsi nel progettoSolar Impulse. «Il futurodell’aviazione civile» dis-sero del progetto Concor-de ingegneri e industrialieuropei. Secondo loro, nelDuemila 400 Concorde a-vrebbero solcato i cieli.Per molti Solar Impulse èun costoso esercizio senzafuturo: trasporta un solopasseggero, in condizionidi comfort miserabili, allavelocità di una bicicletta,incapace di affrontare ven-ti impetuosi. Sono le stes-se condizioni che valseronel 1903 per il Wright Flyer,il primo aereo a motoreche si alzò in volo. Ugualea quella del Wright Flyer èanche la potenza dei mo-tori di Solar Impulse: 28cavalli. Il supersonicoConcorde invece non erauno stravagante giocatto-lo. Volava da Parigi a NewYork in tre ore e mezza.«Arrivate prima di partire»diceva la pubblicità, graziealla velocità con la qualeattraversava i fusi orari.Il progetto Solar Impulsenacque nel 2003, pro-prio mentre venivano ritirati gli ultimi dei po-chi Concorde costruiti. La brillante avventuratecnologica del Concorde fu un fiasco econo-mico ed ecologico. In gran parte sovvenzionatidai governi di Francia e Gran Bretagna, gli e-normi costi dello sviluppo, della costruzionee dell’esercizio dell’aereo supersonico non e-rano compensati dal suo scarso successo e-conomico. Rispetto ad altri aerei la velocitàdel Concorde era doppia, il consumo di car-burante triplo, il costo del biglietto decuplo (ein buona parte sovvenzionato dai contri-buenti). Il pretesto per la sua eutanasia fu latragedia di Parigi del 25 luglio 2000, quando«l’aereo più sicuro del mondo» precipitò uc-cidendo 113 persone.

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Scienza e poesiaSe il fisico va a lezione di EliotMAURIZIO CUCCHI

a scienza è attività anzituttovisionaria». Lo scrive unfisico teorico, Carlo Rovelli,in un piccolo libro con il

quale guida in modo sapiente e chiaro ilprofano nella lettura delle scoperte chehanno rivoluzionato la fisica (ma nonsolo) nel corso del Novecento. Sonoinfatti Sette brevi lezioni di fisica(Adelphi, p.86, 10) nelle quali emerge laforte tessitura di pensiero delloscienziato, la sua capacità di leggere ilmondo e la sua felice tendenza,appunto, a muoversi in questadimensione di continua ricerca in virtùdi un’energia intellettuale "visionaria" edunque liberissima. Rovelli ci parlaallora della teoria della relatività diEinstein, della meccanica quantistica,delle particelle elementari e del tempo,con l’acutezza e la forza incisiva di unlinguaggio che arriva subito al lettore e locoinvolge, mostrandogli la falsità delleapparenze e la banalità dei luoghicomuni ai quali troppo spessosottostiamo. Ci mostra allora l’universoche «nasce come una piccola palla e poiesplode fino alle sue attuali dimensionicosmiche». Ci spiega l’instabilità di tuttociò che esiste, mentre la materia, di cui infondo ancora poco sappiamo, è «unamanciata di tipi di particelle elementari,che vibrano e fluttuano in continuazionefra l’esistere e il non esistere», e l’idea delloro pullulare ci induce ancora di più aun sentimento di stordita meraviglia difronte all’immensità dell’universo e alsuo persistente mistero. Ci dice che«l’attrito produce calore» e che «ladifferenza tra passato e futuro esiste soloquando c’è calore». Vorrei propriorubargli bellissime uscite come questeper farne versi … "miei". E da qui,comunque, possiamo meglio entrare inun’analisi dell’idea di tempo e del suofluire, della sua complessità, magariricordando a memoria il formidabileinizio dei Quattro quartetti di T.S.Eliot:«Tempo presente e tempo passato / sonoforse entrambi presenti nel tempo futuro/ e il tempo futuro è contenuto neltempo passato. / Se tutto il tempo èeternamente presente / tutto il tempo èirredimibile». Tanto per ribadire ancorache scienza e poesia possono, e forsedevono, tornare a confrontarsi e aparlarsi. E quando esistono scienziati(pensatori) come Rovelli lo stimolo chene nasce è ancora più forte, è quasiirresistibile. Anche perché, nella sualezione di chiusura, dedicata a "Noi"(dove alla fine è citato Lucrezio), dunqueall’essere umano, ci offre ulteriori spuntidi riflessione, ma anche suggestionivivissime. Per esempio quando ci diceche «il nostro sapere riflette il mondo. Lofa più o meno bene, ma rispecchia ilmondo che abitiamo». E in questo siamoparte della natura, di una totalità in cuitutte le cose «interagiscono incontinuazione l’una con l’altra» edunque «si scambiano di continuoinformazioni le une sulle altre», e ogni«individuo è un processo, complesso, mastrettamente integrato». Osservazioni,queste e tante altre contenute nellelezioni di Rovelli, capaci di muovere lenostre menti a una necessaria apertura edunque di liberarci verso un camminodove l’individuo e il particolare sisentano finalmente parte di unosterminato disegno cangiante,multiforme e mirabilmente articolato,oltre quella misera realtà di schemisociali che ci ingabbiano.

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Fotogiornalismo. Quello scatto che fa la differenza. Anche nell’era “smartphone”GIUSEPPE MATARAZZOMILANO

opo avere docu-mentato le Pri-mavere Arabe e ilconflitto libico,

ho deciso di andare in Siria pertestimoniare la guerra civile chesconvolge il Paese. Ho raggiun-to Aleppo dove i militari del pre-sidente Bashar al Assad com-battono contro i ribelli del FreeSyrian Army per il controllo del-la città. Ho fotografato la batta-glia più sanguinosa del conflit-to nella quale centinaia di civilisono morti sotto il fuoco del re-gime e migliaia di persone sonofuggite dai bombardamenti». Ilfotoreporter Fabio Bucciarelliracconta il suo progetto Battle

to Death, la descrizione della do-lorosa realtà della guerra, «dal didentro». «Ho cercato di esserevicino ai guerriglieri durante gliscontri, ai feriti vittime dellebombe nei momenti delle eva-cuazioni, ai profughi durante lafuga. Ho voluto mostrare gli a-spetti più intimi e terribili dellaguerra, sviluppando attraversole immagini un legame con lepersone ritratte». Bucciarelli è ilvincitore, nel 2013, del premioAmilcare G. Ponchielli. Un rico-noscimento istituito nel 2004 dalGrin (Gruppo redattori icono-grafici nazionale), dedicato alprimo photoeditor italiano, conl’obiettivo di sostenere la realiz-zazione di progetti di fotogior-nalismo. Dopo dieci anni di fo-to e di storie, un libro (edito da

Contrasto, pagine 224, euro24,90) ne raccoglie le esperien-ze, con i commenti di grandi fir-me del giornalismo italiano; e u-na mostra che si è aperta ieri se-ra a Milano alla Galleria San Fe-

dele (fino al 28 marzo, dal mar-tedì al sabato, dalle ore 16 alle19) ne presenta i lavori più bel-li, premiati nel tempo. Una vi-sione autentica del mondo. U-

na lezione, di fotografia e di gior-nalismo. Per un “genere” che re-siste alla piena “immaginaria”che sta travolgendo la “rete” del-l’informazione e dei socialnetwork, complici gli smartpho-

ne che ci fanno credere di esse-re oggi tutti fotografi (e spessopure giornalisti). «Abbiamomolta strada da fare per cam-biare mentalità dentro i giorna-

li – fa notare il direttore de “LaStampa”, Mario Calabresi, pre-sidente della giuria nel 2013 –ma anche per educare i lettorialla qualità, in tempi in cui sipensa che il digitale e glismartphone abbiano cancella-to una professione e che una fo-togallery su un sito non possacontenere qualità. Questa pro-fessione è invece più viva chemai, perché è l’unica capace difare la differenza, di coglierequello scarto tra la normalità el’eccezionale in cui vive la noti-zia e in cui si ferma la Storia».Fotoreporter che hanno la vo-glia silenziosa di raccontare, diesserci. Di cogliere o, per dirlaalla Steve McCurry, «rubare l’i-stante». Unico e forse irripetibi-le. L’io narrante che si sviluppa

con la potenza di un obiettivo euno scatto. Di un gioco di luci edi ombre. Di tempi e di occhio.Ed ecco la Siria di Bucciarelli, an-cora fortemente di attualità. Maanche la mafia raccontata daTommaso Bonaventura e Ales-sandro Imbriaco, in Corpi diReato, attraverso «i segni dellapresenza delle mafie nel pae-saggio italiano», per descrivere la«mafia che non uccide più», la«mafia invisibile, bianca, liqui-da». O la denuncia della violen-za sulle donne in Burundi: la sto-ria di Francine Nijimbere a cui ilcompagno ha amputato en-trambe le braccia. «Ho seguitoFrancine nella sua vita di tutti igiorni – racconta Martina Baci-galupo, vincitrice del premio nel2009 – e ho condiviso il suo do-

lore e il suo buon umore, la suavoglia di andare avanti, l’amoreper sua figlia e il desiderio di dar-le un avvenire migliore. Umu-malayika in Kirundi significaangelo. I monconi sono diven-tati ali». Foto parlanti, insomma.La risposta migliore a chi vor-rebbe “uccidere” il fotoreporta-ge. «Non vi sarà mai – dice il di-rettore del “Corriere della Sera”,Ferruccio De Bortoli, presiden-te della giuria 2014 – una tecno-logia che sostituirà la necessitàdi avere sui fatti un testimonediretto con un cuore, una men-te, una coscienza e il sangue chescorre, tumultuoso, nelle sue ve-ne. Non vi sarà mai un drone chesostituirà un grande fotografo oun grande cronista. Mai».

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L’AEREOche cambia

il futuro

La lezione di fotoreporterche raccontano

la storia «dal di dentro»In un libro e una mostra

i 10 anni del premio“Amilcare G. Ponchielli”

ALEPPO. Foto F. Bucciarelli

24 Giovedì12 Marzo 2015A G O R À c u l t u r a

no piuttosto in alcune innovazioni sviluppa-te per il progetto e applicabili altrove e nelmettere a punto velivoli leggeri capaci di sta-re in volo per anni, utili per esempio nelle te-lerilevazioni, nelle telecomunicazioni e co-me trasmettitori di segnali per internet. Nona caso Google e Swisscom sono tra gli spon-sor di Solar Impulse. Dal canto suo, a Face-book si attribuisce un progetto di droni a e-nergia solare per fornire una copertura In-ternet dallo spazio.Se Solar Impulse è un’ardita iniziativa da pio-nieri. Le tecnologie per le nuove energie rin-novabili, in particolare quelle solari ed eoli-che, sono ormai da vent’anni una consi-stente forza di mercato in rapida espansio-ne. In Europa e in altre regioni esse raccol-gono da alcuni anni la maggioranza degli in-vestimenti in nuove strutture energetiche.Hanno superato la fase sperimentale ormaida vent’anni. Così come Solar Impulse sta dimostrandoche si può volare con energia per il 100 % so-lare, un numero crescente di scienziati, tec-nici, imprenditori e politici si stanno impe-gnando per portare l’Europa a produrre dap-prima la sua elettricità e poi l’intera sua e-nergia quasi esclusivamente da fonti rinno-vabili, un traguardo ancora ritenuto impos-sibile da molti. È significativo che i due pio-nieri solari Piccard e Borschberg siano sviz-zeri, così come l’azienda che ha costruito So-lar Impulse e il Politecnico di Losanna, cheha partecipato alla sua progettazione. La Sviz-zera, infatti, è il primo Paese al mondo il cuigoverno si è dato l’obiettivo per il 2050 di di-ventare una «società a 2000 watt», cioè di ri-durre di due terzi (da 6000 a 2000 watt) l’usopro capite di energia, ricorrendo principal-mente alle energie rinnovabili e quasi ab-bandonando le energie fossili.Se la silhouette di Solar Impulse sarà un’ico-na che riassume e avvicina l’era delle energierinnovabili, ciò ben ripagherebbe i costi delprogetto. Comparando quei due simboli fu-

turistici, il Concordee Solar Impulse, vie-ne proprio da dire che «il fu-

turo non è più quello diuna volta».

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L’aereo Solar Impulse 2 e il suo equipaggio prima del decollo

Solar Impulse 2 durante il test vola sopra Abu Dhabi, negli Emirati arabi

TecnologiaIl Solar Impulse, decollatoil 9 marzo da Abu Dhabi,farà il giro del mondosospinto dalla solaenergia solare. Una verarivoluzione con prossimeapplicazioni nel mondodelle telecomunicazioni.Ma l’obiettivo è affermareche ogni uso è possibilecon le rinnovabili

ARCHITETTURAADDIO A OTTO, TECNO-ARCHISTAR

Aveva realizzato il parco delle Olimpiadi di Monaco diBaviera del 1972, con l’Olympiastadion e la sua

copertura a forma di ragnatela. L’architetto tedescoFrei Otto (nella foto), morto lunedì all’età di 89 anni,

era il «re delle tensostrutture». Tra due settimane,sarebbe stato dichiarato vincitore del Pritzker Prize, il«Nobel dell’architettura». È morto senza sapere diquest’ultimo premio, ma ciò non diminuisce il suo valoree la sua carriera ricca di premi prestigiosi come, nel 2005,la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects e,nel 2006, il Praemium Imperiale giapponese. Tra le suerealizzazioni in primo luogo, oltre agli impianti olimpici di Monaco,il progetto per il teatro all’aperto di Scarborough (1974), il centro

polivalente a Mannheim (1974), la stazione centrale di Stoccarda(2000) e il padiglione giapponese per l’Expo 2000 di

Hannover. Era convinto che «l’uomo e la sua tecnicapossano essere parti inseparabili della natura».