4
E PATITE E UNA ZOONOSI OCCUPAZIONALE EMERGENTE E’ una malattia virale acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione, con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A. Decorsi severi con mortalità che può arrivare fino al 30% e alta frequenza di forme fulminanti possono manifestarsi nelle donne in gravidanza Eziologia L’epatite E, è una malattia grave al fegato causata dal virus dell'epatite E (HEV), un RNA virus a singolo filamento che si traduce in un'infezione acuta che generalmente non tende a cronicizzare. HEV appartiene alla famiglia Hepeviridae, di cui si riconoscono almeno quattro genotipi principali. I genotipi 1 e 2 di HEV sono limitati all'uomo e causano epidemie nei paesi in via di sviluppo, mentre i genotipi 3 e 4 sono zoonosici e responsabili di casi sporadici in tutto il mondo, la maggior parte di questi è attribuibile al virus HEV genotipo 3 che ha un’alta prevalenza anche in alcuni animali, principalmente i maiali. Epidemiologia L’epatite E, nota in molti Paesi in via di sviluppo per essere un’infezione endemica a trasmissione oro-fecale, si presenta oggi nei Paesi industrializzati come una malattia emergente. In questi Stati, infatti, anche se la maggior parte dei casi continua a riguardare persone di ritorno da viaggi in aree endemiche, si registra un aumento del numero di casi autoctoni segnalati. In Italia vi è una sottostima del fenomeno. Nonostante alti valori di prevalenza di anticorpi anti-HEV nell’uomo, riportati da diversi studi condotti negli anni Novanta (dell’1-3% circa nel Centro-Nord e del 3-6% nel Sud e nelle Isole), l’effettivo numero di casi di epatite acuta E diagnosticati e notificati al Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta (SEIEVA) è, infatti, relativamente basso. Studi siero-epidemiologici condotti nell’uomo hanno evidenziato correlazioni filogenetiche tra ceppi di HEV di tipo umano e suino, suggerendo che l’epatite E possa ritenersi una zoonosi emergente e che i suini rappresentino il principale serbatoio del virus. Anticorpi contro l’HEV sono stati trovati nei suini (in Europa prevalenza del 22-55%; in Italia del 50% in allevamenti suinicoli del Nord) e in altri animali (bovini, ovini, pollame, cani, gatti e roditori). Considerata la crescente rilevanza di questa patologia in campo occupazionale, il Dipartimento di medicina del lavoro dell'Inail ha pubblicato online, il 25 marzo scorso, la scheda "Epatite E: una zoonosi occupazionale emergente".

Epatite E: una zoonosi occupazionale emergente

Embed Size (px)

Citation preview

EPATITE E UNA ZOONOSI OCCUPAZIONALE EMERGENTE

E’ una malattia virale acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione, con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A. Decorsi severi con mortalità che può arrivare fino al 30% e alta frequenza di forme fulminanti possono manifestarsi nelle donne in gravidanza Eziologia L’epatite E, è una malattia grave al fegato causata dal virus dell'epatite E (HEV), un RNA virus a singolo filamento che si traduce in un'infezione acuta che generalmente non tende a cronicizzare. HEV appartiene alla famiglia Hepeviridae, di cui si riconoscono almeno quattro genotipi principali. I genotipi 1 e 2 di HEV sono limitati all'uomo e causano epidemie nei paesi in via di sviluppo, mentre i genotipi 3 e 4 sono zoonosici e responsabili di casi sporadici in tutto il mondo, la maggior parte di questi è attribuibile al virus HEV genotipo 3 che ha un’alta prevalenza anche in alcuni animali, principalmente i maiali.

Epidemiologia

L’epatite E, nota in molti Paesi in via di sviluppo per essere un’infezione endemica a trasmissione oro-fecale, si presenta oggi nei Paesi industrializzati come una malattia emergente. In questi Stati, infatti, anche se la maggior parte dei casi continua a riguardare persone di ritorno da viaggi in aree endemiche, si registra un aumento del numero di casi autoctoni segnalati. In Italia vi è una sottostima del fenomeno. Nonostante alti valori di prevalenza di anticorpi anti-HEV nell’uomo, riportati da diversi studi condotti negli anni Novanta (dell’1-3% circa nel Centro-Nord e del 3-6% nel Sud e nelle Isole), l’effettivo numero di casi di epatite acuta E diagnosticati e notificati al Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta (SEIEVA) è, infatti, relativamente basso. Studi siero-epidemiologici condotti nell’uomo hanno evidenziato correlazioni filogenetiche tra ceppi di HEV di tipo umano e suino, suggerendo che l’epatite E possa ritenersi una zoonosi emergente e che i suini rappresentino il principale serbatoio del virus. Anticorpi contro l’HEV sono stati trovati nei suini (in Europa prevalenza del 22-55%; in Italia del 50% in allevamenti suinicoli del Nord) e in altri animali (bovini, ovini, pollame, cani, gatti e roditori). Considerata la crescente rilevanza di questa patologia in campo occupazionale, il Dipartimento di medicina del lavoro dell'Inail ha pubblicato online, il 25 marzo scorso, la scheda "Epatite E: una zoonosi occupazionale emergente".

Diffusione

Trasmissione HEV si trasmette soprattutto per via oro-fecale. Nelle regioni con scarsa igiene e con limitato accesso all'acqua potabile, le epidemie e le ricorrenze inter-epidemiche di epatite E sono in gran parte correlate alle vie di approvvigionamento idrico. In Giappone, la malattia è una zoonosi di origine alimentare sporadica associata al consumo di carne e frattaglie (compreso il fegato) di cervi, cinghiali e maiali. In Francia, il Ministero della Salute ha lanciato un allarme a proposito dell’abitudine da parte di alcuni abitanti della Corsica, e non solo loro, di mangiare salumi a base di fegato di maiale crudi, chiamati figatellu o querelle de foies o, ancora, saucisses del foie . La trasmissione del virus HEV è stata associata anche al consumo di molluschi e crostacei crudi. Tra le possibili vie di trasmissione vanno anche considerate la pratica trasfusionale e quella relativa agli xenotrapianti. In ambito occupazionale possono essere considerati a rischio di esposizione coloro che lavorano a stretto contatto con i suini, ma anche al pollame, in particolare allevatori, personale addetto agli animali, veterinari, macellatori (vedi tabella).

PAESE CATEGORIA OCCUPAZIONALE N. SOGGETTI POSITIVI PER ANTI-HEV (IGG)

Austria Allevatori suinicoli 39/153 (25,5%) Addetti a macellazione di suini 27/95 (28,4%) Addetti a macellazione di pollame 4/46 (8,7%)

Danimarca Agricoltori 144/286 (50,4%) Italia Allevatori suinicoli, veterinari, addetti ai macelli 3/92 (3,3%)

Moldavia Allevatori suinicoli 135/264 (51,1%) Spagna Allevatori suinicoli, veterinari 19/101 (18,8%) Svezia Allevatori suinicoli 15/115 (13%)

Germania Addetti ai controlli della carne, allevatori suinicoli, veterinari

30/106 (28,3%)

Da Lewis, H.C. et al. Epidemiol Infect 138 (2010):145-166 - modificata

Dal momento che il virus è eliminato attraverso le feci, è stato ipotizzato (ma non ancora comprovato da dati scientifici) che anche coloro che vengono in contatto con reflui provenienti da allevamenti potrebbero risultare a rischio di infezione. Sintomatologia Clinica Il periodo di incubazione varia dalle 2 alle 9 settimane (in media 6 settimane). I segni e i sintomi della malattia durante l'infezione primaria includono ittero, febbre, perdita di appetito, dolori addominali, e letargia. L’epatite E acuta è spesso auto-limitata. Le donne in gravidanza (in particolare quelle infettate durante il secondo e terzo trimestre) possono presentare o progredire verso l’insufficienza epatica, il feto è a rischio di aborto spontaneo e parto prematuro. Le persone con malattia epatica cronica preesistente possono subire un ulteriore scompenso epatico quando sono infettati con HEV. I trapiantati con organi infettati da HEV possono non presentare sintomi ma occasionalmente è stato segnalato lo sviluppo di deficit neurologici. Diagnosi La diagnosi di epatite acuta avviene attraverso la ricerca di anticorpi anti-HEV nel siero.

Definizione di caso confermato di epatite e (da SEIEVA) Qualsiasi persona che soddisfi i seguenti criteri clinici e di laboratorio: Criteri clinici Qualsiasi persona che presenti una manifestazione di sintomi distinti (ad esempio stanchezza, dolori addominali, perdita di appetito, nausea e vomito intermittenti), e almeno una delle seguenti tre manifestazioni:

febbre,

ittero,

livelli elevati di transaminasi sieriche. Criteri di laboratorio Che soddisfi tutti i seguenti criteri:

risposta anticorpale alle IgM anti virus dell’epatite E,

mancata risposta anticorpale alle IgM anti virus dell’epatite A

mancata risposta anticorpale alle IgM contro l’antigene del core del virus dell’epatite B.

Rientrano tra i casi di epatite E anche quei soggetti che, in assenza di segni clinici, risultino positivi alla ricerca di IgM anti HEV. Il rilevamento di RNA virale nel siero o nelle feci conferma ulteriormente la diagnosi sierologica, ma è una pratica di controllo utilizzato nel lungo termine, quando, indipendentemente dallo stato sierologico del paziente, la persistenza di RNA virale può suggerire che l’infezione da HEV è cronica.

Terapia Non esiste una specifica terapia antivirale per curare la malattia né ci sono i farmaci in grado di prevenire l'infezione. Nessun vaccino è ancora disponibile anche se sono in corso studi per la sua preparazione. L’efficacia della somministrazione di immunoglobuline non è stata dimostrata. La terapia in questi casi è sintomatica di sostegno. Prevenzione Le differenti modalità di trasmissione dell’HEV indirizzano le misure di prevenzione. Nei Paesi dove l’infezione è endemica e la trasmissione del virus avviene fondamentalmente attraverso il circuito oro-fecale il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e la fornitura di acqua potabile (o la bollitura della medesima) risultano essere i principali mezzi per prevenire l’infezione. Il consumo di alimenti cotti, in particolare preparati freschi e carni suine e di selvaggina, evita l’acquisizione del virus per via alimentare in quanto il virus è inattivato dalla cottura. In ambito occupazionale l’esposizione all’HEV potrebbe avvenire per contatto con animali infetti (suini in fase viremica o in fase di escrezione fecale del virus) o con strumenti/utensili contaminati: il monitoraggio dello stato di salute degli animali e il rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti risultano pertanto di estrema importanza per ridurre il rischio.

Le diverse categorie di lavoratori potenzialmente esposte al virus devono adottare tutte le misure di protezione (misure tecniche e organizzative, adozione di idonei DPI, ecc.) disponibili, tenuto conto delle specifiche attività lavorative e sulla base della valutazione dei rischi effettuata ai sensi del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.. Tra le misure comportamentali è molto importante il lavaggio delle mani. È inoltre fondamentale una corretta informazione, formazione e addestramento delle figure professionali a contatto con animali e/o parti di animali potenzialmente infette. Nell’ambito della sorveglianza sanitaria il medico competente, in situazioni di esposizione accidentale di un lavoratore a materiale infetto (ad esempio in un allevamento ove siano stati accertati casi di infezione da HEV nei suini) valuterà la necessità di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e di sottoporlo a indagini sierologiche specifiche. 20150405 - FdS