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LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI: Il quadro normativo nazionale di Franco Pesaresi responsabile staff assessore regionale sanità delle Marche Si può utilizzare il testo citando la pubblicazione: Pesaresi Franco, Le residenze sanitarie assistenziali. Il quadro normativo nazionale, in Agenzia sanitaria italianan. 22/1997, Roma Edizioni A.S.I., 1997.

Le residenze sanitarie assistenziali: il quadro normativo nazionale. 1997

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LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI:

Il quadro normativo nazionale

di Franco Pesaresi responsabile staff assessore regionale sanità delle Marche

Si può utilizzare il testo citando la pubblicazione: Pesaresi Franco, Le residenze sanitarie assistenziali. Il quadro normativo nazionale, in “Agenzia sanitaria italiana” n. 22/1997, Roma Edizioni A.S.I., 1997.

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LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI

il quadro normativo nazionale

INDICE

pagina 1. LE NORME DI RIFERIMENTO 3 2. LE INDICAZIONI NAZIONALI SULLE RSA 8 2.1. la residenza extraospedaliera 8 2.2. definizione di RSA 9 2.3. collocazione istituzionale 9 2.4. obiettivo nazionale 9 2.5. utenza delle RSA 10 2.6. modalità di accesso e U.V.G. 10 2.7. localizzazione RSA 11 2.8. dimensione e moduli RSA 11 2.9. standard strutturali 11 2.10. standard strutturali per residenze per disabili 13 2.11. RSA convenzionate o private accreditate 14 2.12. modalità assistenziali 14 2.13. integrazione sanitaria e sociale 15 2.14. valutazione delle attività svolte 16 2.15. il personale delle RSA 17 2.16. costo di gestione e tariffe 18 2.17. regolamento di gestione 21 2.18. Verifica e miglioramento della qualità 22 2.19. partecipazione alla spesa da parte dell’ospite 23 2.20. partecipazione, informazione e controllo sociale 24 3. CONCLUSIONI 24

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LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI

il quadro normativo nazionale

1. LE NORME DI RIFERIMENTO L’obiettivo di questo articolo è quello di fare il punto sulle norme e sulle indicazioni ministeriali esistenti sulle residenze sanitarie assistenziali (RSA) e di provare a riordinare in maniera sistematica e obiettiva tali disposizioni. La storia delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) inizia formalmente con la

legge finanziaria del 1988 (art. 20 L.67/1988) che avviava il piano decennale degli investimenti sanitari e con questo la realizzazione di 140.000 posti letto nelle RSA. La norma era particolarmente importante ed innovativa perché, per la prima volta, lo Stato riservava una quota consistente di risorse per la realizzazione di strutture sanitarie residenziali extraospedaliere per anziani non assistibili al domicilio. Dal 1988 ad oggi ben 12 atti statali, comprendendo fra questi leggi, circolari ed elaborazioni ministeriali (tab. 1), si sono occupati dei requisiti, della organizzazione e della gestione delle RSA. Per questo si rende necessario richiamare e riordinare tali disposizioni per poter mettere le regioni in condizioni di affrontare i problemi delle RSA con dei punti di riferimento organici e sistematici. L’anno successivo, nel 1989, vengono approvati due importanti atti che riguardano

le RSA. Il primo è il Decreto del Ministro della Sanità n.321 del 29/8/1989 relativo al regolamento sui “criteri generali per la programmazione degli interventi e il coordinamento tra enti competenti nel settore dell’edilizia sanitaria in riferimento al piano pluriennale di investimenti ai sensi dell’art. 20 della L. 67/1988”. Il regolamento si pone l’obiettivo di promuovere la realizzazione o l’acquisizione di strutture residenziali per anziani prevalentemente non autosufficienti e di quelle per handicappati e disabili psichici e sensoriali. A tali strutture vengono riservati, sulla disponibilità complessiva di 10.000 miliardi del primo triennio, 2.670 miliardi di cui 400 per strutture destinate ad handicappati e disabili. L’altra disposizione è il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del

22/12/1989 relativo all’“Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali”. Il decreto costituisce un contributo normativo senz’altro importante perché finalmente stabilisce una serie di standard in un settore tutto da costruire anche se mantiene alcuni elementi di incompletezza. Il decreto fissa i requisiti delle RSA per anziani non autosufficienti.Tali requisiti vengono estesi anche alle strutture per gli altri soggetti non autosufficienti ma solamente in quanto applicabili senza però indicare chi e quando può essere stabilita l’applicabilità di tale norma. Il decreto seppure apprezzabile laddove ispira la costruzione delle RSA alla volontà di ricreare ambienti “familiari” lamenta anche taluni limiti laddove:

non determina la dimensione minima della RSA al di sotto della quale la realizzazione e la gestione della stessa diventa antieconomica; non riesce a legare la dimensione degli spazi di uso collettivo con il numero degli ospiti della RSA.

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TAB. 1 - LE NORME E LE INDICAZIONI NAZIONALI SULLE RSA ____________________________________________________________________

Legge finanziaria del 1988 (art. 20 L.67/1988).

Decreto Ministero della Sanità n.321 del 29/8/1989. “Regolamento

recante criteri generali per la programmazione degli interventi e il coordinamento tra enti

competenti nel settore dell’edilizia sanitaria in riferimento al piano pluriennale di investimenti ai

sensi dell’art. 20 della L. 67/1988”.

Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989

“Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni e province

autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non

autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali.”

Protocollo di intesa Ministero della sanità - Sindacati confederali dei pensionati Accordo

del 11/1/1991.

Ministero della Sanità - schema di linee guida per le residenze sanitarie assistenziali (RSA)

per anziani. Gruppo di lavoro

sulla tutela della salute degli anziani (doc. del 31/5/1991).

Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani

(approvato da Camera e Senato con deliberazioni del 30/1/1992).

Ministero della Sanità: Linee guida relative al progetto-obiettivo “Tutela della salute degli

anziani” (7/8/1992).

Ministero della Sanità 1993.

Gruppo di lavoro del 1993 su “La gestione delle RSA: modelli e costi” pubblicato

nella collana “rapporti “ del Centro studi del Ministero della Sanità.

Ministero della Sanità. Linee guida n.1/1994 del 30/3/1994. “Indirizzi

sugli aspetti organizzativi e gestionali delle residenze sanitarie assistenziali.

Decreto Ministero della Sanità 15 aprile 1994. “Determinazione

dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica,

riabilitativa ed ospedaliera”.

Legge finanziaria 1995

(Art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724 così come modificato dall’art. 1

della legge 18 luglio 1996, n.382) “ Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” ).

Decreto Ministero della Sanità 24 luglio 1995

“ Contenuti e modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e di qualità nel Servizio

Sanitario Nazionale” .

Decreto Ministero della Sanità 15 ottobre 1996

“ Approvazione degli indicatori per la valutazione delle dimensioni qualitative del

servizio riguardanti la personalizzazione e l’umanizzazione dell’assistenza, il diritto

all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché l’andamento delle attività di prevenzione

delle malattie” .

Decreto Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 “Approvazione

dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in

materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività

sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private”.

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Successivamente la Corte Costituzionale con sentenza n. 345 dell’11 luglio 1990 ha stabilito che il D.P.C.M. 22/12/1989 è vincolante per le strutture realizzate con i fondi del piano decennale degli investimenti sanitari (art. 20 L. 67/1988) mentre ha un valore solo indicativo per l’attività normativa propria delle regioni relativamente alle altre strutture del settore. La Legge finanziaria del 1995 (art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724) ha poi sospeso per cinque anni questo D.P.C.M. . Nel 1991 il Ministero della sanità avvia un confronto con i sindacati dei pensionati

che porterà alla stipula del Protocollo di intesa dell’11/1/1991 fra il Ministero della

Sanità e i Sindacati confederali dei pensionati. Con il “protocollo di intesa” si stabilisce di costituire un gruppo di lavoro permanente (che sarà costituito con decreto del 14/2/1991) composto da rappresentanti del Ministero, delle regioni e dei sindacati confederali dei pensionati con il compito di individuare competenze, strumenti, modalità e tempi di realizzazione degli obiettivi di tutela della salute della popolazione anziana. Occorre rilevare, come curiosità, che questo primo documento prevede, nelle RSA, anche la presenza di ospiti autosufficienti e un numero massimo di 60 posti letto per ogni struttura, indicazioni queste che poi non verranno più riprese.

Il gruppo di lavoro, insediato presso il Ministero della Sanità ha prodotto in data

31/5/1991 lo “schema di linee guida per le residenze sanitarie assistenziali (RSA)

per anziani”. Questo documento (che appare anche in una altra versione del 27/1/1992 sostanzialmente identica), che per la sua forma ha un valore solo indicativo ha visto aumentare la propria importanza con la successiva circolare del 7/8/1992 con cui il Ministero della Sanità ha affermato che tale documento costituisce le “linee di indirizzo alle regioni e alle USL nell’attuazione delle risoluzioni parlamentari e del progetto-obiettivo” anziani. Il documento introduce una serie di interessanti novità fra le quali è bene segnalare: a) l’accesso dell’anziano alle RSA è stabilito dalla unità valutativa geriatrica; b) viene prevista l’integrazione fra servizi sanitari e socio-assistenziali; c) si definisce chiaramente che la RSA è una struttura sanitaria inserita nei servizi territoriali; d) viene definita una dotazione standard di personale per una RSA di 60 ospiti; e) viene definita la partecipazione alla spesa da parte dell’ospite relativamente alla spesa alberghiera; la quota sembrerebbe variabile in base al reddito. Ci sono invece alcuni elementi di ambiguità o di confusione laddove si parla: a) dell’utenza riferita agli anziani e ai soggetti non autosufficienti in un caso e restringendola ai solo anziani in un altra parte del documento; b) della previsione del medico di medicina generale all’interno della RSA mentre in altra parte del documento si dice che all’atto dell’ammissione alla RSA viene sospesa la scelta del medico di base da parte del paziente.

Successivamente Camera e Senato approvano con deliberazione del 30/1/1992

il “Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani”. Il progetto obiettivo prevede la realizzazione di 30.000 posti letto nelle RSA nel triennio 1991/93. Tra le novità troviamo l’affermazione che le RSA non sono dotate di personale medico proprio avvalendosi invece di quello dell’”ospedale di riferimento a cui sono collegate dato che la conduzione gestionale della struttura è affidata ad un dirigente dei servizi infermieristici.

Sempre lo stesso anno il Ministero della Sanità emana il 7/8/1992 le Linee guida

relative al “Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani”. Le linee guida stabiliscono che “per quanto concerne la portata vincolante del progetto-obiettivo, le sue indicazioni assumono valore di indirizzo nei confronti dell’attività organizzativa regionale;

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esso rappresenta punto di riferimento per la definizione di un modello organizzativo uniforme diretto ad assicurare pari condizioni di accesso ai servizi su tutto il territorio nazionale”. Il documento del Ministero riprende i contenuti del progetto-obiettivo per quel che riguarda le RSA aggiungendo l’esigenza di ricreare l’ambiente e le abitudini della comunità di origine dell’ospite, i tempi di compilazione della scheda di valutazione multidimensionale dell’ospite e la necessità di un processo di integrazione fra sanitario e sociale nella gestione delle RSA. Sorprende, in questo atto, l’esclusiva previsione di un tipo di paziente lungodegente venendo così meno l’ipotesi, pur importante, di una degenza con forti contenuti riabilitativi che si concluda nel giro di uno o due mesi.

Nel gennaio 1993 il Ministero della sanità insedia un gruppo di lavoro tecnico per produrre un documento su: “La gestione delle RSA: modelli e costi” pubblicato poi nella collana “rapporti “ del Centro studi del Ministero della Sanità. Il lavoro svolto non ha una valenza formale per l’esterno ma è stato in parte utilizzato per l’emananzione delle linee guida n. 1/94 sulle RSA. ll documento fornisce una serie assai numerosa di utili indicazioni anche se, in qualche caso, disorganiche. In particolare il lavoro si sofferma sulla tipologia dell’utenza identificando due grandi categorie che hanno bisogno di modelli e standard assistenziali differenti: le forme cronico degenerative e le forme di demenza senile. Ma la parte più interessante dello studio è senz’altro quella relativa alla elaborazione degli standard assistenziali del personale con il calcolo assai puntuale e dettagliato degli oneri di gestione delle RSA.

Con le linee guida n.1/1994 del 30/3/1994 del Ministero della Sanità relative agli “Indirizzi sugli aspetti organizzativi e gestionali delle residenze sanitarie assistenziali” si arriva finalmente ad una definizione abbastanza chiara e completa delle RSA . Il Ministero ribadisce che è specifica competenza delle regioni provvedere alla riorganizzazione dei servizi di residenzialità extra-ospedaliera ciononostante il Ministero fornisce le indicazioni contenute nelle linee guida perché sia garantito un uniforme livello di assistenza su tutto il territorio nazionale. Le linee guida si occupano di gran parte delle problematiche delle RSA. La RSA viene collocata nei servizi territoriali delle USL finalizzandola all’assistenza sanitaria residenziale dell’anziano e del disabile non autosufficiente e non assistibile al domicilio. Vengono riproposti sostanzialmente gli standard strutturali già contenuti nel DPCM del 29/12/1989 e si danno indicazioni solo sulle dimensioni massime delle RSA (120-150 per gli anziani e 30-45 per i disabili). I costi di gestione devono essere calcolati in base alle caratteristiche e alle necessità degli ospiti che sono comunque chiamati a partecipare alle spese per la parte relativa agli oneri alberghieri e sociali secondo uno schema piuttosto preciso. Nel testo sono inoltre presenti alcune piccole contraddizioni che per completezza si segnalano. La prima è una contraddizione interna al testo laddove, in una parte, si richiede un bagno autonomo, seppur in via preferenziale, per ogni stanza mentre nella parte degli standard di dettaglio si parla invece di un servizio igienico ogni due stanze. Si tratta di un passo indietro anche rispetto al Decreto del 1989. Ci sono anche alcune differenze sui moduli rispetto al Decreto del 1989; quelli del 1989 li prevedevano di 15-20 ospiti mentre, in questo caso , possono essere di 10-25 ospiti. Manca infine l’indicazione della dimensione minima della RSA.

Il Ministero della Sanità con proprio decreto del 15 aprile 1994 ha determinato i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa, ospedaliera. In realtà, anche se l’oggetto del decreto non lo specifica, la norma si occupa anche dei criteri per la determinazione delle prestazioni di assistenza residenziale extra-ospedaliera anche se, purtroppo, limitatamente alla sola componente sanitaria. Questo, ovviamente, rappresenta un limite dato che l’assistenza residenziale nelle RSA comprende anche oneri di tipo non sanitario. Le tariffe stabilite dalla regione

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sulla base del costo standard di produzione delle prestazioni sono relative a singole giornate di assistenza.

Con la Legge finanziaria 1995 (art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724 così come modificato dall’art. 1 della legge 18 luglio 1996, n.382) viene sospeso per cinque anni il D.P.C.M. del 1989 sugli standard delle RSA. Entro il 1999 il governo definisce i nuovi requisiti dimensionali per le RSA nonché i criteri per il graduale adeguamento agli stessi delle strutture esistenti. Successivamente,in applicazione degli artt. 10 e 14 del D. Lgs. 502/1992, tra il 1995 e il 1996 il Ministero approva due decreti sugli indicatori di efficienza, di qualità e di umanizzazione delle prestazioni sanitarie che interessano anche le RSA al fine della autovalutazione e della comparazione dei risultati delle le varie aziende sanitarie. Con il

Decreto del Ministero della Sanità del 24 luglio 1995 si sono approvati i “Contenuti e modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e di qualità nel servizio sanitario nazionale” che prevede che le aziende sanitarieraccolgano costantemente i dati relativi a 9 indicatori relativi soprattutto ai costi, al personale e alla attività delle strutture residenziali per

anziani. Il Decreto Ministeriale del 15 ottobre 1996 relativo agli “Indicatori per la valutazione delle dimensioni qualitative del servizio riguardanti la personalizzazione e l’umanizzazione dell’assistenza, il diritto all’informazione e alle prestazioni alberghiere” chiama invece le aziende sanitarie a rendere conto di ben 22 indicatori sui temi della continuità dell’assistenza, dell’umanizzazione delle prestazioni e tutela dei diritti, del diritto all’informazione e delle prestazioni alberghiere.

Finalmente con il D.P.R. 14 gennaio 1997 il Governo approva l’“atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private” con cui si approvano anche i requisiti delle RSA. Questi requisiti minimi dovranno essere recepiti, anche con modificazioni, dalle singole regioni che sono titolari della competenza nel disciplinare la materia delle autorizzazioni. Il possesso di questi requisiti minimi, per quel che riguarda le strutture private, dà il diritto a ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ma non ad ottenere l’accreditamento (che richiederà il rispetto di ulteriori requisiti) o il vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate. Anche questo decreto prevede una serie di integrazioni e modificazioni degli atti normativi precedenti provvedendo ad una nuova e migliore definizione della RSA e della sua utenza, precisando in modo definitivo le dimensioni minime (20 p.l.) e massime (120 p.l.) delle RSA e dei suoi nuclei (10-20 p.l.) e prevedendo, fra l’altro, oltre ai requisiti minimi strutturali, in parte già noti, anche degli interessanti requisiti minimi organizzativi.

Infine con Provvedimento 7 maggio 1998 della Conferenza permanente per i rapporti fra Stato e Regioni vengono approvale le “Linee-guida del Ministro della Sanità per le attività di riabilitazione” che quì si riportano perché in tale atto di indirizzi alle regioni si afferma che nelle RSA si possono erogare interventi riabilitativi di tipo estensivo definendo altresì la tipologia degli assistiti e le caratteristiche e la durata delle cure riabilitative da erogare.

2. LE INDICAZIONI NAZIONALI SULLE RSA Il numeroso elenco di norme e di circolari che si sono occupate delle RSA rende quanto mai necessario riordinare il quadro normativo nazionale cosa che abbiamo tentato

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di fare nelle pagine seguenti ordinando le norme e le indicazioni organizzative per singoli argomenti, badando al rispetto della gerarchia delle fonti normative ed evitando la riproposizione di norme o indicazioni sospese o superate da atti successivi. Giova comunque ribadire che la materia della organizzazione dei servizi sanitari residenziali extra-ospedalieri rientra nelle competenze regionali per cui gran parte degli atti statali esaminati costituiscono delle indicazioni, non vincolanti, alle regioni emanate allo scopo di garantire un uniforme livello di assistenza su tutto il territorio nazionale o atti (come il Decreto sui requisiti minimi) che debbono essere recepiti dalle singole regioni per divenire efficaci. Per semplicità di lettura le norme sulle RSA sono state quindi selezionate e raccolte, con l’indicazione della rispettiva fonte, nei seguenti 19 argomenti.

2.1. La residenza extraospedaliera. La residenzialità extraospedaliera realizza le prestazioni residenziali e semiresidenziali come risposta ai bisogni dei portatori di handicap fisico e psichico, degli anziani e dei soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio. L’assistenza residenziale extraospedaliera, conseguentemente, si concretizza in una gamma di residenze che offrono diversi gradi di assistenza sanitaria accompagnata da prestazioni di tipo socio-assistenziale. Le caratteristiche delle residenze sono correlate alla tipologia degli ospiti, al loro grado di dipendenza, alle potenzialità ed ai tempi per il loro recupero psico-fisico. In tal senso la residenzialità extraospedaliera può essere suddivisa in: 1) Strutture di riabilitazione dei soggetti affetti da minorazione fisica, psichica e sensoriale; 2) Residenze sanitarie assistenziali (RSA). Le strutture di riabilitazione dei soggetti affetti da minorazione fisica, psichica e sensoriale sono finalizzate alla cura e al recupero del paziente attraverso un alto livello di tutela sanitaria con prestazioni diagnostiche e terapeutiche-riabilitative. Tali strutture si avvalgono in maniera interdisciplinare di apporti clinici, psicologici, pedagogici e sociali. In genere proseguono e completano il ciclo dell’assistenza sanitaria iniziata, in fase acuta, in ospedale oppure attuano la fase della prevenzione dell’aggravamento. Questo tipo di strutture che possono essere istituti o Centri di riabilitazione sono descritte in apposite linee guida: “Linee guida n. 2/1994 del 5/4/1994: Indirizzi sugli aspetti organizzativi e gestionali degli istituti e centri per il recupero e la riabilitazione funzionale”. La RSA realizza un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa) integrato da un livello alto di assistenza tutelare ed alberghiera. La RSA si differenzia dalla “struttura di riabilitazione” per la minore intensità delle cure sanitarie e per i tempi più prolungati di permanenza degli assistiti che, in relazione al loro stato psico-fisico, possono trovare nella stessa anche ospitalità permanente. Alle due tipologie di residenzialità extraospedaliera si aggiunge poi la “residenza assistenziale”. Questa, a differenza delle altre due, si pone al di fuori delle strutture del Servizio sanitario nazionale per cui i costi dell’ospitalità non gravano su di esso. Essa si esprime attraverso diverse forme di residenzialità collettiva (case di riposo, case albergo, comunità alloggio ecc.). Nella residenza assistenziale le prestazioni di medicina generale e le attività infermieristiche e riabilitative sono assicurate dai servizi sanitari distrettuali. (Linee guida n.1/1994 del Ministero della sanità).

2.2. Definizione di RSA

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Le RSA sono presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” di assistenza tutelare e alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle regioni e province autonome (D.P.R. 14/1/1997). Le residenze sanitarie assistenziali sono strutture residenziali extraospedaliere caratterizzate dalla integrazione funzionale ed organica dei servizi sanitari e di quelli socio-sanitari (D.M. n.321/1989).

2.3. Collocazione istituzionale La RSA è una struttura propria del SSN di tipo extraospedaliero (P.O. Anziani 1992) che fa parte della rete dei servizi territoriali di primo livello (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

2.4. Obiettivo nazionale L’obiettivo nazionale di posti letto di strutture residenziali da realizzare entro il 1995 era pari al 6% degli anziani ultrasessantacinquenni (420.000) di cui il 2% (140.000) garantito dalle RSA. Nel triennio 1991/1993 l’obiettivo prevedeva la realizzazione di 30.000 posti letto di RSA di cui 10.000 con il ricorso al privato sociale (P.O. Anziani 1992).

2.5. Utenza della RSA Le RSA sono destinate a soggetti non autosufficienti, non curabili a domicilio, portatori di patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate. Sono da prevedere ospitalità permanenti, di sollievo alla famiglia non superiori ai 30 giorni, di completamento di cicli riabilitativi eventualmente iniziati in altri presidi del SSN (DPR 14/1/1997). La commistione di diverse categorie di non autosufficienti, all’interno dello stesso gruppo di ospiti della RSA, pone la vita della comunità ospite immediatamente in crisi evidenziando scompensi relazionali, turbative e conflitti difficilmente dominabili. La differenziazione delle tipologie degli ospiti diventa dunque strategica in relazione anche allo sforzo di delineare modelli di gestione che garantiscano una assistenza più mirata alla peculiarità delle condizioni di bisogno espresse da ciascuna tipologia. L’universo della non autosufficienza è stato dunque suddiviso in due grandi tipologie distintive ad elevato livello di non autonomia : le forme cronico degenerative e le forme di demenza senile. La prima tipologia ricomprende soggetti colpiti da sindromi con andamento cronico-degenerativo non guaribili (osteoartropatie degeneranti, S.L.A., morbo di parkinson, arteriosclerosi generalizzata, vascolopatie di tutti i distretti arteriosi, distrofia muscolare, paraplegia da spina bifida, sclerosi a placche, ecc.) o da eventi morbosi ( esiti di ictus cerebrale) che richiedono comunque attività terapeutica, riabilitativa e assistenziale continua, allo scopo di prevenire le conseguenze negative connesse alla immobilità e di limitare i ricoveri in ambiente ospedaliero. La seconda tipologia, invece, accoglie soggetti colpiti da forme di demenza senile grave e difficilmente reversibile di deterioramento mentale, non necessariamente collegato ad altre compromissioni funzionali, anzi spesso associato ad una accentuata ipermobilità relativa e iperattività notturna.

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Inoltre, occorre tener conto che molte “medio-degenze riabilitative” (ad es. a seguito della frattura del femore) o “medio-lungo degenze terminali” (a fronte di patologie irreversibili) si esauriscono in ambiente ospedaliero per la impossibilità del paziente anziano di rientrare al proprio domicilio causa l’assenza di un contesto familiare in grado di garantirgli il livello indispensabile di assistenza. Per dare una risposta a questo tipo di pazienti è opportuno destinare un nucleo dei p. l. delle RSA a questo tipo di media lungo-degenza riabilitativa o terminale. Questa quota di p. l. deve essere pari a circa il 15% del totale della RSA. Questa utenza richiede standard assistenziali più elevati di quelli delle due tipologie precedenti (Min. Sanità - gruppo di lavoro 1993).

2.6. Modalità di accesso e U.V.G. E’ necessario che vengano predisposti regolamenti interni o linee guida che stabiliscano i criteri e le modalità di accesso dell’utente (programmazione liste d’attesa, accoglimento e registrazione) alla RSA (DPR 14/1/1997). L’accesso dell’anziano alle RSA è stabilito dalla unità valutativa geriatrica territoriale (U.V.G.) (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991). L’UVG è composta dal geriatra, dall’infermiere professionale e dall’assistente sociale. A questo nucleo di base si aggiungono, stabilmente o in un regime di consulenza altri specialisti (neurologo, ortopedico ecc.) e, in rapporto alle necessità, altri operatori (fisioterapista, logopedista, podologo ecc.) (P.O. Anziani 992). Spetta all’UVG di ricevere la domanda di intervento da parte dell’anziano, analizzarla, valutare la condizione di auto/non autosufficienza in modo multidimensionale, esprimere un orientamento assistenziale, curare che a questo segua un progetto personalizzato da parte del servizio che accoglierà l’anziano, verificare, nel tempo, la congruità dell’orientamento espresso (Min. Sanità - gruppo di lavoro 1993). Dalla valutazione multidimensionale geriatrica devono emergere come fattori determinanti della scelta: il grado di non autosufficienza (valutazione della capacità residua) e la consistenza del supporto formale (assistenza domiciliare integrata) e informale (famiglia e volontariato). Per valutare le condizioni psicofisiche dell’anziano l’U.V.G. si avvale di scale di autonomia (V.A.S.), integrate da componenti sociali (reddito, nucleo familiare, caratteristiche dell’abitazione ecc.), al fine di poter valutare anche misure alternative all’assistenza residenziale (V.A.M.A.). Nelle RSA devono essere previsti almeno il 30% di ricoveri temporali programmati. Qualora un ospite si ricoveri in ospedale o si assenti per brevi periodi il posto nella RSA deve essere conservato. (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991).

2.7. Localizzazione RSA Le RSA, sulla base di standard dimensionali, possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla riduzione di posti-letto ospedalieri.” (art. 20 L.67/1988). Le RSA, in particolare quelle di nuova costruzione, vanno preferibilmente localizzate in zone già urbanizzate, integrate con il preesistente contesto, o ben collegate mediante mezzi pubblici a centri urbani, al fine di evitare ogni forma di isolamento. Di particolare interesse risultano le iniziative di ristrutturazione o riconversione di edifici già esistenti localizzati nei centri storici e la presenza di spazi verdi per attività motorie e ricreative, dove possibile (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

2.8. Dimensione e moduli RSA

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La capacità recettiva deve essere non inferiore a 20 e non superiore, in via eccezionale, a 120 posti articolata in nuclei da 10/20 soggetti. (DPR 14/1/1997). L’organizzazione per nuclei o moduli appare la più idonea a garantire l’assistenza residenziale a gruppi di ospiti di differente composizione nonché per il razionale impiego del personale e per la utilizzazione delle risorse. I moduli possono essere per:

anziani non autosufficienti: modulo da 20 posti (in media 4 moduli, max 6 moduli; con 4 moduli un modulo di 10-15 posti va riservato alle demenze); disabili fisici, psichici e sensoriali: modulo di 10-15 posti, in base alla gravità dei pazienti, (in media 2 moduli - max 3). (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

2.9. Standard strutturali Nel caso dei requisiti strutturali occorre sottolineare che le norme che provengono dal DPR 14/1/1997 costituscono i requisiti minimi che le strutture dovrebbero possedere mentre negli altri casi ci troviamo di fronte a semplici indicazioni ministeriali. REQUISITI MINIMI STRUTTURALI E TECNOLOGICI GENERALI Tutti i presidi devono essere in possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di:

protezione antisismica; protezione antincendio; protezione acustica; sicurezza elettrica e continuità elettrica; sicurezza anti-infortunistica; igiene dei luoghi di lavoro; protezione delle radiazioni ionizzanti; eliminazione delle barriere architettoniche; smaltimento dei rifiuti; condizioni microclimatiche; impianti di distribuzione dei gas; materiali esplodenti.

REQUISITI MINIMI STRUTTURALI E TECNOLOGICI Area destinata alla residenzialità:

camere da 1, 2, 3, e 4 letti; all’interno di ogni camera deve essere garantita la privacy di ogni singolo ospite e l’accesso e il movimento di carrozzine; servizi igienici attrezzati per la non autosufficienza; ambulatorio-medicheria; locale controllo personale con servizi igienici annessi; cucina attrezzata; spazi soggiorno/gioco-TV/spazio collettivo; locale deposito biancheria sporca; locale per vuotatoio e lavapadelle; locale deposito per attrezzature, carrozzine e materiali di consumo, ecc; attrezzature particolarmente adatte ad ospiti non deambulati e non autosufficienti (letti, materassi e cuscini antidecubito, ecc.). (DPR 14/1/1997).

Le camere possono ospitare fino ad un massimo di 4 ospiti ognuna con la necessaria flessibilità atta per esempio, in una camera a due letti ad ospitare temporaneamente un parente. Ogni camera deve essere dotata, come standard preferenziale, di bagno autonomo e di telefoni mobili. Lo standard minimo comunque

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prevede un bagno ogni due camere in rapporto comunque ad un numero massimo di 4 ospiti. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). Allo scopo di rendere più confortevole il soggiorno nella RSA, andrebbe garantita una abitabilità quanto più vicina possibile alle abitudini di vita dell’ospite nella comunità di origine, quanto a stile abitativo, ritmi di vita, comfort (svago, lettura, servizi di culto, barbiere, parrucchiere ecc.), dandogli libertà di personalizzare il proprio ambiente (Linee guida P.O. Anziani 1992 del Min. Sanità). Area destinata alla valutazione e alle terapie:

locali e attrezzature per prestazioni ambulatoriali e per valutazioni specifiche; area destinata all’erogazione delle attività specifiche di riabilitazione; locali e palestra con attrezzature per le specifiche attività riabilitative previste (DPR 14/1/1997).

Le RSA devono collocare le attività sanitarie curative e riabilitative comuni preferibilmente in un’area di servizi socio-sanitari a ciclo diurno aperta anche alla fruizione della popolazione esterna. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). Area di socializzazione:

angolo bar; sale e soggiorni polivalenti; locale per servizi all’ospite; servizi igienici. (DPR 14/1/1997).

Questi servizi di vita collettiva (mensa, bar, soggiorno polivalente,ecc.) vanno collocati in posizione baricentrica rispetto all’intera struttura in modo che assuma le caratteristiche di uno spazio di riferimento. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). Aree generali di supporto:

ingresso con portineria, posta e telefono; uffici amministrativi; cucina, dispensa e locali accessori (se non appaltate all’esterno); lavanderia e stireria (se non appaltate all’esterno); magazzini; camera ardente; depositi pulito e sporco. (DPR 14/1/1997). spogliatorio del personale con servizi igienici(Linee guida n.1/1994 Min. Sanità).

Standard dimensionali. Gli standard indicati si devono intendere netti e cioé fanno riferimento a superfici utili:

una superficie totale utile di mq. 40/45 per ospite; una superficie netta minima (bagno escluso) delle camere di mq.12, 18, 26, 32 rispettivamente per 1, 2, 3 e 4 ospiti; per il servizio igienico (ogni due camere e fino ad un massimo d 4 ospiti) da 4 a 5 mq con bagno e antibagno; le restanti aree di attività e di servizio dovranno essere dimensionate nel computo complessivo dei 40-45 mq. per ospite. nel caso di utilizzo di strutture preesistenti, sono accettabili misure in eccesso o in difetto entro il 20% rispetto agli standard di riferimento. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

Fruibilità degli spazi: introduzione di misure di sicurezza nella utilizzazione degli spazi; posssibilità per le persone di maggiore autosufficienza di godere di adeguati spazi di relazione. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

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Nel caso di RSA per dementi senili occorre tener conto della esigenza di un maggior numero di camere ad un letto, di percorsi interni “di vagabondaggio”, di spazi verdi esterni, di chiusure di sicurezza degli accessi e di recinzione esterna. (Min. Sanità - Gruppo di lavoro 1993).

2.10. Standard strutturali per residenze per disabili La struttura edilizia della RSA deve avere caratteristiche (funzionali, tipologiche, spaziali, morfologiche ecc.) il più possibile assimilabili ad una unica matrice senza differenziazioni legate alle diverse tipologie di ospiti rimandando invece alla sua capacità ricettiva, alle diverse modalità di assistenza ed organizzazione interna, la oggettiva e dovuta differenziazione a seconda delle esigenze degli ospiti. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). Pertanto gli standard strutturali delle RSA per disabili sono gli stessi delle RSA per anziani non autosufficienti.

2.11. RSA convenzionate o private accreditate Le regioni possono prevedere che la gestione delle RSA sia affidata ad organismi pubblici, privati o misti, disciplinando le modalità di controllo della qualità delle prestazioni e del servizio reso. (L. 724/1994). Il D.P.R. 14/1/1997 ha approvato i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e cioé di quei requisiti indispensabili per ottenere e conservare l’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Questi requisiti minimi dovranno essere recepiti, anche con modificazioni, dalle singole regioni che sono titolari della competenza nel disciplinare la materia delle autorizzazioni. Il possesso di questi requisiti minimi, per quel che riguarda le strutture private, dà il diritto a ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ma non ad ottenere l’accreditamento (che richiederà il rispetto di ulteriori requisiti) o il vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate. Le strutture non appartenenti al Servizio sanitario nazionale per poter lavorare per esso dovranno essere accreditate ed essere titolari di un contratto di fornitura di prestazioni sanitarie. (DPR 14/1/1997). Le case di cura private per la lungodegenza non potranno più essere riferimento per trattamenti di lunga durata. Dovrà essere pertanto facilitata ed agevolata la loro riconversione in RSA, ovvero in strutture polifunzionali riservate alla riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

2.12. Modalità assistenziali Requisiti minimi organizzativi: La RSA deve utilizzare un modello organizzativo che, anche attraverso l’integrazione con i servizi territoriali delle unità sanitarie locali, garantisca:

la valutazione multidimensionale attraverso appositi strumenti validati dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi psicologici e sociali dell’ospite al momento dell’ammissione e periodicamente; la stesura di un piano di assistenza individualizzato corrispondente ai problemi/bisogni identificati; la raccolta dei dati delle singole valutazioni multidimensionale tale da permettere il controllo continuo delle attività delle RSA; il coinvolgimento della famiglia dell’ospite;

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il personale medico, infermieristico, di assistenza alla persona, di riabilitazione e di assistenza sociale in relazione alle dimensioni e alla tipologia delle prestazioni erogate.

La direzione definisce le modalità con cui garantisce la continuità dell’assistenza al paziente in caso di urgenze o eventi imprevisti (clinici, organizzativi, tecnologici). (DPR 14/1/1997). Una volta ammesso nella RSA, l’ospite andrebbe sottoposto ad un periodo di osservazione di 2-3 settimane alla fine del quale il gruppo interdisciplinare della RSA dovrebbe compilare una scheda di valutazione multidimensionale e, conseguentemente, il piano individualizzato di assistenza. A scadenze prefissate - almeno ogni 3-6 mesi - oppure dopo un tempo più breve per l’evidenziarsi di problematiche, la scheda dell’ospite dovrebbe essere aggiornata sulla base del controllo dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati inizialmente nel piano individualizzato di assistenza. (Min. Sanità - Linee guida P.O. Anziani 1992). Nelle RSA possono essere erogati anche gli interventi di riabilitazione estensiva o intermedia. Le attività di riabilitazione estensiva rivolte agli ospiti di tali strutture riguardano in particolare:

soggetti disabili fisici, psichici, sensoriali o a lento recupero, non assistibili a domicilio, richiedenti un progetto riabilitativo individuale caratterizzato da trattamenti sanitari riabilitativi estensivi; soggetti non autosufficienti affetti da grave disabilità richiedenti un alto livello di supporto assistenziale ede infermieristico a fronte di un intervento riabilitativo a bassa complessità ed intensità e senza copertura medica continuativa nelle 24 ore, non assistibili a domicilio o in forme alternative alla degenza piena.

In relazione alla tipologia dei soggetti assistiti la durata del trattamento può essere anche “permanente”. Le attività di riabilitazione estensiva o intermedia sono caratterizzate da un moderato impegno terapeutico a fronte di un forte intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in trattamento. L’impegno clinico e terapeutico è comunque tale da richiedere una presa in carico specificatamente riabilitativa e complessivamente le attività terapeutiche sono valutabili tra una e tre ore giornaliere. Il progetto riabilitativo stabilito per l’assistito ed i suoi programmi attuativi definiscono i tempi di completamento dei cicli riabilitativi, di norma contenuti entro 240 giorni, fatta eccezione per:

i pazienti affetti da gravi patologie a carattere involutivo (Sclerosi Multipla, Distrofia Muscolare, Sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Alzheimer, alcune patologie congenite su base genetica), con gravi danni cerebrali o disturbi psichici, i pluriminorati anche sensoriali,per i quali il progetto riabilitativo può estendersi anche oltre senza limitazioni; i pazienti “stabilizzati” nella loro condizione di non perfetto recupero funzionale per i quali possono essere previsti cicli riabilitativi anche su base annua (Provv. 7/5/1998).

Nelle RSA: a) devono essere privilegiati modelli operativi di stimolazione dell’autonomia (anche residuale) collegandoli alle terapie farmacologiche e di rieducazione funzionale (mobilizzazione, riabilitazione); b) devono essere rispettati al massimo i ritmi della normale quotidianità, favorendo l’espletamento di attività quali il lavarsi, l’alimentarsi, l’alzata mattutina, il riposo pomeridiano e notturno; c) deve prevedersi il massimo utilizzo di spazi comuni interni ed esterni, di risorse per la socializzazione soprattutto attraverso le risorse esterne: quartiere e ambito cittadino in cui è inserita la RSA; d) deve essere assicurata ai malati terminali l’adeguata assistenza psicologica, il sostegno morale e l’assistenza spirituale per un accompagnamento dignitoso all’evento “morte”.

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Tenuto conto della tipologia degli ospiti (maggioranza di esenti ticket per patologia e invalidi civili) la farmacia ospedaliera e/o altri servizi delegati dalla USL, forniscono alla RSA pubblica o privata convenzionata, farmaci, materiale, presidi sanitari e di medicazione e protesi. (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991).

2.13. Integrazione sanitaria e sociale La RSA si colloca in una posizione diversa sia rispetto alle unità operative ospedaliere sia rispetto alle attuali residenze extraospedaliere (case di riposo, case albergo ecc.). Le attività che vi si svolgono infatti sono adeguatamente integrate con quelle del comparto sociale. Il processo di integrazione fra sanitario e sociale si realizza a livello istituzionale mediante protocolli d’intesa tra la USL e l’Ente locale, e/o con enti privati con o senza scopo di lucro e il volontariato, nell’ambito della normativa nazionale e regionale. La soluzione ottimale per l’integrazione della RSA con gli altri servizi è nella collocazione contigua al centro socio-sanitario di distretto che garantisce servizi socio-sanitari a ciclo diurno destinati anche all’anziano che vive in comunità. Molto importante è anche una stretta connessione funzionale fra la RSA e l’ospedale di riferimento per favorire la dimissione programmata dall’ospedale. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità).

2.14. Valutazione delle attività svolte Requisito minimo: In tutti i presidi devono essere attivati programmi di valutazione e miglioramento delle attività. Annualmente ogni struttura organizzativa effettua al proprio interno o partecipa ad almeno un progetto di valutazione e verifica di qualità favorendo il coinvolgimento di tutto il personale. Tale attività sarà utilizzata anche per lo studio dell’appropriatezza nell’utilizzo delle risorse. (DPR 14/1/1997). Le regioni assicurano l’attivazione da parte di ciascuna unità sanitaria locale di specifici sistemi di controllo, nei quali integrare l’attività per la verifica e la revisione della qualità dei servizi e delle prestazioni, finalizzati a verificare presso tutti i soggetti erogatori la documentazione attestante la erogazione delle prestazione. Ciascun soggetto erogatore del Servizio sanitario nazionale deve individuare, nell’ambito della propria organizzazione interna, un soggetto responsabile di questo controllo. (D.M.S. 15/4/1994). A questo proposito il Servizio sanitario nazionale ha adottato un insieme di indicatori, quale strumento ordinario e sistematico per l’autovalutazione e la verifica dell’efficienza gestionale e dei risultati conseguiti nell’esercizio delle attività sanitarie. Gli indicatori servono a misurare i cambiamenti che si verificano all’interno della struttura residenziale e a verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, della corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate, nonché dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. Gli indicatori che coinvolgono direttamente le RSA sono i seguenti (ripartiti per argomento): indicatori di domanda e accessibilità

numero di posti letto in strutture residenziali per anziani in rapporto alla popolazione residente di età >65 anni; numero utenti in lista d’attesa per l’inserimento in residenze sanitarie assistenziali per anziani;

indicatori di risorse costo dell’assistenza residenziale a non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati in rapporto al costo totale; costo dell’assistenza residenziale agli anziani in rapporto al costo dei servizi per gli anziani; costo dell’assistenza residenziale agli anziani in rapporto alla popolazione residente di età >65 anni;

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numero ore lavorate dai medici nelle strutture residenziali per anziani in rapporto al numero di giornate di assistenza nelle strutture residenziali per anziani; numero ore lavorate da altro persone nelle strutture residenziali per anziani in rapporto al numero di giornate di assistenza nelle strutture residenziali per anziani;

indicatori di attività numero giornate di assistenza agli anziani nelle strutture residenziali per anziani in rapporto alla popolazione residente di età >65 anni;

indicatori di risultato numero dimessi da strutture residenziali per anziani e rientrati in famiglia in rapporto al numero utenti delle strutture residenziali per anziani.

Gli indicatori vengono rilevati annualmente dalle aziende sanitarie ed inseriti in un rapporto annuale aziendale in cui sono esposti ed analizzati i valori assunti dagli indicatori e i relativi scostamenti rispetto ai valori nazionali e regionali. Allo stesso modo ogni regione e provincia autonoma nella elaborazione della relazione illustrativa annuale dello stato sanitario della regione utilizzano i dati relativi a tali indicatori per la valutazione della efficacia dei criteri di programmazione e di allocazione delle risorse adottati (D.M.S. 24/7/1995). La RSA inoltre deve adottare sistemi di valutazione del lavoro svolto che non tendano solo a monitorare il “processo” (il numero e la varietà delle prestazioni erogate) ma anche a verificare gli esiti che si riescono ad ottenere relativamente allo stato di salute e di benessere degli anziani ospiti. La scheda VAOR, ad esempio, od altre scale similari sono utilmente impiegabili per stabilire il potenziale di partenza di ciascun anziano e misurarne la variabilità, nel tempo, a seguito del dispiegarsi degli effetti del piano individualizzato di intervento. (Min. Sanità - gruppo di lavoro 1993). Scheda VAOR significa scheda di “Valutazione dell’Anziano Ospite in Residenza” che è la traduzione e l’adattamento italiano del R.A.I., un sistema di valutazione adottato nelle nursing home degli U.S.A..

2.15. Il personale delle RSA Requisiti minimi organizzativi: La RSA deve utilizzare un modello organizzativo che, anche attraverso l’integrazione con i servizi territoriali delle unità sanitarie locali, garantisca: - il lavoro degli operatori deputati all’assistenza secondo le modalità e le logiche dell’equipe multidisciplinare; - il personale medico, infermieristico, di assistenza alla persona, di riabilitazione e di assistenza sociale in relazione alle dimensioni e alla tipologia delle prestazioni erogate. Deve essere inoltre predisposto un piano di formazione-aggiornamento del personale, con indicazione del responsabile (DPR 14/1/1997). Le regioni possono prevedere che la gestione delle RSA sia affidata ad organismi pubblici, privati o misti, disciplinando le modalità di controllo della qualità delle prestazioni e del servizio reso. L’organismo affidatario della gestione della RSA fa fronte in via prioritaria al fabbisogno di personale mediante l’assunzione di personale di corrispondente qualificazione professionale, proveniente, su base volontaria, dai servizi dismessi dell’unità sanitaria locale, fermo restando il riconoscimento dell’anzianità di servizio e di qualifica (L. 724/1994). Le RSA operano in collegamento con una o più unità ospedaliere, preferibilmente geriatriche; non sono dotate di organici medici autonomi, avvalendosi di quelli delle unità ospedaliere di riferimento. L’esperienza internazionale individua nel personale dirigente dei servizi infermieristici la figura professionale residente cui affidare la conduzione gestionale della struttura. La RSA è una struttura propria del SSN di tipo extraospedaliero che ha anche una valenza socio-assistenziale inscindibilmente connessa alla valenza

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sanitaria. Questa caratterizzazione legittima l’impiego da parte del SSN di figure professionali di tipo sociale, in assenza di assegnazioni da parte degli enti locali, con assunzione degli oneri relativi, sia pure sotto obbligo di contabilizzazione separata. (P.O. Anziani 1992). La responsabilità dell’assistenza sanitaria e delle condizioni psico-fisiche degli ospiti è affidata ad un medico geriatra (o in mancanza ad altro medico qualificato), che deve essere presente tutti i giorni per almeno 4 ore. L’assistenza del medico di base è garantita da un altro medico o dai medici di medicina generale. Deve essere garantita anche la reperibilità notturna (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991). La RSA per dementi senili pone in modo particolare il problema della assistenza infermieristica. Infatti gli standard infermieristici così bassi non permettono - in una RSA di 40 p.l. - di raggiungere la soglia minima delle 8 unità per coprire l’arco delle 24 ore. Per cui laddove si intendano mantenere RSA con 40 p.l., per fare in modo che sia garantita la copertura nfermieristica nelle 24 ore occorre accoppiare il modulo (20 p.l. ) per dementi senili con un modulo per medio lungo-degenze (e non per cronico degenerativi). Per quello che riguarda invece le funzioni alberghiere esse non saranno svolte tramite l’assunzione di personale in ruolo da parte della RSA. Le soluzioni più economiche e meno impegnative dal punto di vista gestionale sono infatti il ricorso a ditte esterne o a “centri” di servizi pubblici già operanti presso altri enti e strutture (mense scolastiche comunali, cucine e lavanderie ospedaliere ecc.) (Min. Sanità - gruppo di lavoro 1993). Per quel che riguarda gli standard di personale delle RSA le diverse indicazioni provengono da studi ministeriali elaborati da due distinti gruppi di lavoro in epoche diverse. Nel 1991 il Ministero della Sanità ha elaborato lo “Schema di linee guida per le RSA per anziani” che valgono - secondo il Ministero - quali linee di indirizzo alle regioni e che contengono la proposta di dotazione minima di personale per il funzionamento di una struttura con particolare riguardo all’area medica, infermieristica, dell’assistenza tutelare e della riabilitazione. Successivamente, un altro gruppo di lavoro costituito dal Ministero della Sanità nel 1993 ha elaborato (nel documento: ”La gestione delle RSA: modelli e costi”) diversi altri standard di personale. Tale documento, assumendo come riferimento una RSA tipo di 40 posti letto, ha presentato gli standard di personale “giusti” (né minimi, né massimi), e quelli “medi” (per RSA che hanno ospiti appartenenti a categorie diverse) rispettivamente per ospiti di tipo cronico-degenerativi e per dementi senili. Chiude la proposta anche una ipotesi di standard per le “medio lungo-degenze”. Tali ipotesi facendo riferimento a tipologie diverse di ospiti e di obiettivi assistenziali (“giusti”, “medi”, ecc.) non sono sintetizzabili e sono riportatate tutte nella tab.2.

2.16. costo di gestione e tariffe Il Decreto del Ministero della Sanità 15 aprile 1994 ha determinato i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza residenziale extraospedaliera. Le regioni determinano tali tariffe quale remunerazione massima da corrispondere ai soggetti erogatori pubblici e privati (presidi direttamente gestiti dalle unità sanitarie locali e le altre istituzioni sanitarie pubbliche e private). I criteri di determinazione delle tariffe sono relativi alle singole giornate di degenza limitatamente alla sola componente di attività di assistenza sanitaria secondo le seguenti tipologie:

assistenza residenziale agli anziani (non autosufficienti); assistenza residenziale terapeutico-riabilitativa per casi acuti e sub-acuti; assistenza residenziale terapeutico-riabilitativa per lungoassistiti.

Le tariffe sono fissate sulla base del costo standard di produzione e dei costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione. Il costo standard di produzione per prestazione è calcolato in via preventiva dalle regioni, sulla base dei costi rilevati presso un campione di soggetti erogatori, pubblici e privati, operanti rispettivamente

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nell’ambito del servizio sanitario nazionale del territorio regionale, preventivamente individuato secondo criteri di efficienza e di efficacia. Tale costo fa riferimento alla composizione ed alla qualità di fattori produttivi utilizzati per la produzione della prestazione, valorizzati sulla base dei prezzi unitari medi di acquisto riferiti all’ultimo anno e delle relative eventuali variazioni attese in ragione del tasso di inflazione programmato. Le componenti di costo da considerare per il calcolo del costo standard di produzione della prestazione sono le seguenti:

il costo del personale direttamente impiegato; il costo dei materiali consumati; il costo delle apparecchiature utilizzate (manutenzione, ammortamento), proporzionato ad un tasso di utilizzo predeterminato a livello regionale; i costi generali della unità produttiva della prestazione, ossia il costo dei fattori di produzione attribuiti alla unità produttiva ma non direttamente utilizzati nella produzione della singola prestazione, distribuiti proporzionalmente tra tutte le prestazioni da questa prodotte.

Il costo standard di produzione si intende riferito all’insieme delle prestazioni intermedie che mediamente compongono le prestazioni anche residenziali. Al fine di tener conto dei costi di funzionamento generale della struttura di appartenenza dell’unità produttiva della prestazione , per la determinazione delle tariffe il costo standard di produzione per prestazione viene incrementato da una quota percentuale corrispondente al valore medio rilevato del rapporto tra tali costi generali di struttura e il complesso dei costi quì sopra elencati. Le regioni, con periodicità almeno triennale, provvedono all’aggiornamento delle tariffe, tenendo conto delle innovazioni tecnologiche e delle variazioni dei costi delle prestazioni rilevate. Per questi adempimenti, tutti i soggetti erogatori, pubblici e privati, che operano nell’ambito del servizio sanitario nazionale sono tenuti a trasmettere alle rispettive regioni le necessarie informazioni sui propri costi di produzione, nonché ad attestarne la veridicità e la corrispondenza alle proprie scritture contabili, secondo le modalità e la periodicità definite dalle regioni di appartenenza. (D.M.S. 15/4/1994). Per esplicitare in modo più chiaro e organico quanto indicato nel D.M.S. 15/4/1994 occorre richiamare i contenuti delle linee guida n.1/1994 che peraltro completano tali disposizioni tenendo conto anche dei costi relativi alle attività di carattere non sanitario, operazione indispensabile per valutare appieno il costo di gestione delle strutture. Le linee guida n.1/1994 riportano gli elementi metodologici per una ipotesi di calcolo dei costi di gestione validi sia per RSA (pubbliche o private accreditate) per anziani non autosufficenti sia per RSA per disabili. Da un punto di vista funzionale si possono riconoscere i seguenti macrolivelli omogenei di costi:

a) costi edilizi (manutenzioni e ammortamento nel caso di RSA in convenzione); b) costi alberghieri e generali (funzioni alberghiere, di amministrazione e di direzione); c) costi dell’assistenza sanitaria (assistenza infermieristica, riabilitativa, medica e specialistica); d) costi dell’assistenza sociale a rilievo sanitario (funzioni assistenziali: igiene personale e necessità fisiologiche, funzioni di animazione, socializzazione e assistenza psicologica, attività ricreativa e motoria).

Il fabbisogno e quindi il costo delle risorse umane dovrà essere deteminato in base alle tipologie degli ospiti allo scopo di garantire una offerta idonea (con uno schema “a matrice” che tenga conto della tipologia degli operatori e degli ospiti). Tali costi così individuati possono essere ripartiti nelle seguenti tre categorie ai fini della individuazione della quota di costo a carico del FSN e di quella a carico dell’ente locale e/o dell’ospite:

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Categoria 1: costi totalmente sanitari, riferibili alle voci assistenza sanitaria e funzioni assistenziali. Essi sono relativi al personale specifico (infermiere professionale, terapista della riabilitazione, assistente di base, medico di base, medico geriatra, medico fisiatra, psicologo, assistente di base coordinatore, medico di base coordinatore, podologo), ai medicinali e presidi sanitari e ad ogni altra prestazione diagnostico curativa. Categoria 2: costi totalmente non sanitari riferibili alla voce funzioni alberghiere. Essi sono relativi al vitto, alla lavanderia e alle pulizie. Categoria 3: costi non riconducibili integralmente ad una delle due categorie sopraindicate, riferibili alle voci costi edilizi, funzione di amministrazione e direzione, funzione di animazione, socializzazione e assistenza psicologica. Essi sono relativi ad una parte del personale (terapista occupazionale, responsabile di struttura, amministrativo, parrucchiere), alle assicurazioni, alle spese generali, ai materiali di consumo e piccole attrezzature, alla manutenzione ordinaria e straordinaria e agli ammortamenti.

Per la categoria 3 occorre procedere in maniera distinta in modo da calcolare le due quote sanitaria e non sanitaria, nel modo seguente. I costi edilizi (relativi all’ammortamento ed alle manutenzioni) sembra opportuno ripartirli a metà assegnando quindi il 50% degli oneri al FSN. Per le altre voci relative alla funzione di “amministrazione e direzione” e “funzione di animazione, socializzazione e assistenza psicologica” è difficile trovare un criterio certo e definitivo per la ripartizione tra la quota sanitaria e la quota non sanitaria per cui si propone la seguente metodologia. Si calcola l’indice percentuale dei costi sanitari (che è dato dai costi della categoria 1 moltiplicata per cento diviso la somma dei costi della categoria 1 e 2) e si moltiplica tale indice per i costi di queste voci non facilmente attribuibili. La quota che viene così determinata si addebita al FSN. La quota rimanente (che si può calcolare per differenza o con lo stesso criterio ma calcolando l’indice percentuale dei costi non sanitari) viene invece addebitata all’ospite e/o all’ente locale. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). A titolo esemplificativo, una valutazione del costo di gestione è stata fatta dal gruppo di lavoro del Ministero della sanità nel 1993. Nel calcolare i costi di gestione si sono prese in considerazione RSA per forme cronico degenerative ma in cui siano anche ospitati un 15% di anziani abbisognevoli di medio lungo-degenze nonché RSA per demenze senili (ma queste di dimensioni massime di 40 p.l.). Si sono ipotizzate due strade: quella della gestione diretta con personale dipendente e quella più flessibile - consigliata - di concessione a terzi ma in cui il responsabile di struttura sia un dipendente pubblico. Per i servizi “alberghieri” (vitto, lavanderia, pulizie) si è presa in considerazione l’ipotesi dell’appalto esterno. I costi di gestione giornalieri pro-capite che ne vengono fuori sono i seguenti:

TAB. 3 - COSTO GIORNALIERO PRO-CAPITE_(1993)_________________

tipologia RSA 40 p.l. RSA

120 p.l. cronico degenerativi (gestione con dip. pubblici) 126.135 117.211

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cronico degenerativi (gestione con coop. sociali) 108.665 99.800 dementi senili (gestione con dip. pubblici) 121.477 dementi senili (gestione con coop. sociali) 105.594 ____________________________________________________________________ Nella eventualità che si voglia aggiungere anche l’ammortamento della struttura (nel caso di struttura privata) occorre aggiungere L. 10.000 al giorno circa. Ai fini dell’eventuale determinazione del costo “alberghiero” occorre rilevare che le seguenti voci incidono per le percentuali seguenti:

vitto = 10% circa; lavanderia = 3,7 % circa; pulizie = 6,3% circa elettricità, acqua, riscaldamento, telefono = 5,7% circa; manutenzione aree verdi = 1,3% circa smaltimento rifiuti = 0,6% circa; altro = 1% circa.

TOTALE = 28,6% circa. (Min. Sanità - gruppo di lavoro 1993).

2.17. regolamento di gestione Requisiti minimi organizzativi: la direzione definisce annualmente il piano di lavoro che comprende: - la tipologia ed il volume di attività previste; - il piano organizzativo. La direzione adotta un inventario delle apparecchiature in dotazione. Deve esistere un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature biomediche; tale piano deve essere documentato per ciascuna apparecchiatura e reso noto ai diversi livelli operativi. La direzione deve provvedere affinché in ogni presidio sia garantito l’uso sicuro, appropriato ed economico delle apparecchiature biomediche. Devono essere predisposti documenti (regolamenti interni, linee guida) per lo svolgimento delle principali attività di supporto tecnico-amministrativo, in particolare: - pulizia e sanificazione degli ambienti; - modalità di compilazione, conservazione, archiviazione dei documenti comprovanti una attività sanitaria. Deve essere individuato un referente del sistema informativo responsabile delle procedure di raccolta e verifica della qualità (riproducibilità, accuratezza, completezza) e diffusione dei dati. (D.P.R. 14/1/1997). Ogni RSA si deve dotare di un regolamento di gestione nel quale devono essere precisate: a) le modalità di ammissione e dimissione dell’ospite; b) le prestazioni ed i servizi assicurati, ivi comprese le attività di socializzazione; c) la retta e le modalità di pagamento della stessa; d) le regole di vita comunitaria. (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991).

2.18. Verifica e miglioramento della qualità Allo scopo di garantire la qualità dell’assistenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria anche nelle RSA il metodo della verifica e revisione della qualità delle prestazioni, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti i

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rapporti fra i soggetti erogatori, pubblici e privati ed il Servizio sanitario nazionale (D. Lgs. 502/92). Requisito minimo. A questo proposito in tutti i presidi devono essere attivati programmi di valutazione e miglioramento delle attività. Annualmente ogni struttura organizzativa effettua al proprio interno o partecipa ad almeno un progetto di valutazione e verifica di qualità favorendo il coinvolgimento di tutto il personale. Tale attività sarà utilizzata anche per lo studio dell’appropriatezza nell’utilizzo delle risorse (D.P.R. 14/1/1997). Uno degli strumenti, pur parziale, per la verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie è costituito dalla definizione e raccolta di una serie di indicatori. A questo fine il Servizio sanitario nazionale ha adottato una serie di indicatori relativi alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione e alle prestazioni alberghiere (D. Lgs. 502/92). Gli indicatori che coinvolgono direttamente le RSA sono i seguenti (ripartiti per argomento): Continuità dell’assistenza

numero di unità operative di degenza nelle quali viene sistematicamente comunicato un medico di riferimento in rapporto con il numero di unità operative di degenza.

Umanizzazione delle prestazioni e tutela dei diritti esistenza di zone del presidio predisposte per il rispetto della privacy in occasione dei decessi; possibilità, per i visitatori, dell’ingresso giornaliero al presidio dopo le ore 18,00; numero medio di ore di apertura giornaliera, ai visitatori, del presidio durante i giorni feriali.

Diritto all’informazione numero delle unità operative nelle quali è stata effettuata almeno un’inchiesta sulle opinioni dell’utente e dei familiari attraverso interviste o questionari durante il periodo di riferimento; esistenza di procedure o di piano per la sicurezza e la riservatezza delle informazioni sanitarie. Prestazioni alberghiere numero di posti letto in camere di degenza con servizi igienici riservati ai degenti della stanza in rapporto al totale; numero dei servizi igienici per i gegenti in rapporto al totale dei letti; numero dei posti letto con armadio guardaroba singolo o anta di armadio multiplo in rapporto al totale dei letti; numero dei posti letto con schiena regolabile in rapporto al totale dei letti; numero dei posti letto con luce individuale e dispositivo di chiamata funzionante in rapporto al totale dei letti; numero di camere di degenza con oltre 4 letti in rapporto al totale dei letti; numero medio dei letti per camera di degenza; superficie in mq. delle camere di degenza in rapporto al totale dei posti letto; numero di camere di degenza con non oltre 2 posti letto in rapporto al numero delle camere di degenza; numero dei telefoni mobili per uso dei ricoverati in rapporto al totale dei letti; numero dei telefoni fissi per uso dei ricoverati in rapporto al totale dei letti; fornitura sistematica ai degenti degli accessori completi per la consumazione dei pasti (posate, bicchieri, tovagliolo); possibilità di scelta tra due o più opzioni per ogni componente del menù per i pazienti a dieta libera; distribuzione del pranzo ai pazienti prima delle ore 12,00;

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distribuzione della cena ai pazienti prima delle ore 19,00; possibilità di usufruire di un parrucchiere e di un barbiere, gratuito o a pagamento,operante a tempo pieno o ad orario fisso nel presidio; passaggio nei reparti di degenza di un rivenditore di giornali e riviste.

Le regioni e le aziende sanitarie possono adottare ulteriori indicatori al fine di assistere efficacemente i processi decisionali regionali o locali (D.P.R. 15/10/1996). Le regioni nell’esercizio dei poteri di vigilanza e avvalendosi dei propri servizi ispettivi, verificano il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture erogatrici, con particolare riguardo alla introduzione ed utilizzazione di sistemi di sorveglianza e di strumenti e metodologie per la verifica di qualità dei servizi e delle prestazioni (D. Lgs. 502/1992). A questo scopo le regioni assicurano l’attivazione da parte di ciascuna Unità sanitaria locale di specifici sistemi di controllo, nei quali integrare l’attività per la verifica e la revisione della qualità dei servizi e delle prestazioni, finalizzati a verificare presso tutti i soggetti erogatori la documentazione attestante la erogazione delle prestazioni. Ciascun soggetto erogatore del Servizio sanitario nazionale deve individuare, nell’ambito della propria organizzazione interna, un soggetto responsabile di questo controllo (D.M.S. 15/4/1994).

2.19. Partecipazione alla spesa da parte dell’ospite L’indirizzo prevalente è quello di prevedere l’assunzione da parte dell’utente delle spese alberghiere e sociali, essendo quelle sanitarie a carico dell’USL. In caso di reddito insufficiente, è previsto l’intervento dei familiari o del comune di residenza. In alcuni casi è previsto che la partecipazione dell’utente alle spese abbia inizio dopo il secondo mese di permanenza nella RSA se l’assistito proviene da una fase di malattia acuta in ospedale e l’avvio in RSA rappresenta una fase riabilitativa prima del ritorno al domicilio. Al fine della individuazione della quota di partecipazione alla spesa da parte dell’ospite e/o dell’ente locale i costi della RSA possono essere ripartiti nelle seguenti tre categorie :

Categoria 1: costi totalmente sanitari, riferibili alle voci assistenza sanitaria e funzioni assistenziali. Categoria 2: costi totalmente non sanitari riferibili alla voce funzioni alberghiere. Essi sono relativi al vitto, alla lavanderia e alle pulizie. Categoria 3: costi non riconducibili integralmente ad una delle due categorie sopraindicate.

Sono a carico dell’ospite e/o dell’ente locale gli oneri della categoria 2 ed una quota - quella non sanitaria - dei costi della categoria 3 da calcolare così come indicato nel paragrafo 2.16. (Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità). Nelle RSA non si pagano i ticket sui farmaci e sulle prestazioni diagnostiche e si usufruisce gratuitamente degli ausili e delle protesi erogati a norma del N.T.U. (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991).

2.20. partecipazione, informazione e controllo sociale Requisito minimo:la direzione predispone materiale informativo a disposizione dell’utenza, che specifichi tipologia delle prestazioni erogate, operatori responsabili delle prestazioni, orari, costi (D.P.R. 14/1/1997). Si debbono creare le condizioni per una partecipazione di rappresentanti degli ospiti e della popolazione del distretto in cui è situata la RSA (in particolare forze sociali e

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sindacali) ai momenti di programmazione e di controllo sulla gestione della struttura. (Min. Sanità - Schema di linee guida 1991).

3. CONCLUSIONI In questi ultimi 10 anni si sono accumulati ben 12 atti riguardanti le RSA fra norme di legge, circolari e studi del Ministero della Sanità. Paradossalmente così tanta produzione ha generato un solo vincolo di legge (relativo alla determinazione delle tariffe sulla base del costo standard) mentre assai più ricca rimane la legislazione che richiede un esplicito recepimento da parte delle regioni o gli atti di indirizzo. La competenza relativa alla organizzazione delle RSA rimane dunque tutta e intatta in capo alle regioni che la esercitano tenendo conto delle compatibilità economiche e normative complessive. Gli atti nazionali e ministeriali sulle RSA che si sono succeduti nel tempo non raramente hanno espresso contenuti contradditori ma, oggi, la elaborazione nazionale sembra essersi assestata, peraltro su un buon livello, con l’emanazione del DPR 14/1/1997 sui “requisiti minimi”. Se teniamo conto di tutto quanto è stato prodotto sinora possiamo dire che una selezione obiettiva e rigorosa delle norme e degli atti ministeriali porta comunque a fornire una definizione ed una descrizione delle caratteristiche organizzative e gestionali delle RSA sufficientemente completa e precisa, seppur disomogenea, in grado comunque di mettere le regioni in condizioni di poter operare le proprie scelte in autonomia potendo però contare sulla disponibilità di un modello nazionale di riferimento. Sarebbe però auspicabile che il Ministero della Sanità provvedesse a riordinare l’intricata rete delle norme e delle indicazioni prodotte sulle RSa in questi ultimi anni.