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2008 “L’encefalo proteso sul mondo” Mauro Ceroni Neurologo Università di Pavia conduce Maria Vittoria Reda aula magna “Michelangelo Buonarroti” Trento

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Corso di aggiornamento la luce, gli occhi, il significato trento 15 febbraio 2008 - Istituto M. Buonarroti - Trento direzione: didattica e innovazione scolastica

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Venerdì 15 febbraio 2008

“L’encefalo proteso sul mondo”

Mauro Ceroni – Neurologo Università di Pavia

conduce Maria Vittoria Reda

aula magna“Michelangelo Buonarroti”

Trento

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I sensi sono il nostro punto di contatto con la realtà che ci circonda,

contatto di soggettivo e oggettivo.

Nihil est in intellectu quod non fuerit prius in sensu

(San Tommaso)

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“Se tu osservi le cose, ti accorgerai che ogni punto di ciascun oggetto converge e si unifica in te; il tuo occhio diventa così il punto di convergenza e d’incontro di tutti i punti delle cose”

Leonardo, Codice Atlantico (345 v.b.)

ILLUMINAZIONE, SOGGETTO, OGGETTO

LA LUCE, GLI OCCHI, IL SIGNIFICATO

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Suono

LA LUCE: ONDA ELETTRICA E MAGNETICA

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LA LUCE

COS’E’?I COLORI NELLA LUCE BIANCA

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LA LUCE

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L’OCCHIO

LE LENTI

LA LENTE:riconvogliando i raggi uscenti da ogni punto degli oggetti che

affaccia, essa forma una mappa (“immagine”) del mondo reale

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L’EVOLUZIONE HA “RE-INVENTATO” ALMENO 6 VOLTE L’OCCHIO (“A CAMERA”) CHE FORMA IMMAGINE

cappesante

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DUE MERAVIGLIE: IL CRISTALLINO E LA RETINA

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IL CRISTALLINO:UN MATERIALE ELASTICO, CON UNA FORMA BEN DEFINITA, PERFETTAMENTE TRASPARENTE

CELLULE SENZA NUCLEO,SENZA PIGMENTI, SENZA ORGANELLINON IRRORATE DA SANGUE

(tessuti fragili!! es. cataratta)

MA ANCORA NON BASTA (CARTILAGINE!)

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L’OCCHIO

ORDINE E INCASTRO PERFETTO!

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LA RETINA, IL NOSTRO FOTOSENSORE

• è una pellicola di circa un decimo di millimetro di spessore

• è formata da tre strati di cellule, con circa 120 milioni di cellule fotosensibili

• origina direttamente dal sistema nervoso centrale: è un protendersi del cervello verso il mondo esterno!

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TRE STRATI:CONI E BASTONCELLI: RILEVANO LA LUCE

CELLULE BIPOLARI: SVOLGONO OPERAZIONI LOGICHECELLULE GANGLIARI: TRASMETTITORI DIGITALI

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TUTTO NASCE DA UNA PICCOLA MOLECOLA: IL “RETINALE”

LUCE

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phot

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VARIANTI DELLA RODOPSINA: VARIANTI NELL’ASSORBIMENTO DEL COLORE

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VEDERE TRE COLORI PER VEDERLI TUTTI

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COME UNA MACCHINA FOTOGRAFICA (DIGITALE)?

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CELLULE BIPOLARI

nel contatto tra neuroni:eccitazione (+)inibizione (-)

operazioni logiche!

colorecontrastoe anche:

buiomovimento

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CELLULE GANGLIARI: convertitori analogico-digitale

impulso di luce

input dalle bipolari:analogico

output lungo gli assoni:digitale

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LUCEIMPULSI

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UN MILIONE DI FIBRE100 MILIONI DI IMPULSI AL SECONDO

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DOVE VIENE INVIATO QUESTO IMPRESSIONANTE FLUSSO DI DATI?

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V1

V2

(MISTERIOSI) FLUSSI DI INFORMAZIONE

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IL CERVELLO

• i neuroni corticali dell'area V5 reagiscono al movimento e sono sensibili alla direzione di esso, ma non sono influenzati dal colore

• le cellule dell'area V4 sono invece sensibili al colore e alle forme• i neuroni dell'area V3 e V3A sono sensibili alla forma, ma non al colore

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Dalla retina al cervello1. Fino alla fine degli anni '70 si riteneva che l'immagine visiva venisse “impressa” sulla retina,

come su una lastra fotografica, e come tale trasmessa alla corteccia visiva, dove nel paragone con le tracce precedenti veniva decifrata e riconosciuta. La scoperta più clamorosa risiede nel fatto che aspetti diversi dell'esperienza visiva vengono condotti attraverso vie diverse, ad aree cerebrali diverse, la nostra percezione non è unitaria fin dall’inizio, ma ci vuole un lungo viaggio affinchè percetto e significato vengano unificati nel fenomeno della visione

2. Il nervo ottico, a partenza dalla retina, si divide precocemente in una parte laterale, che convoglia le fibre a partenza dall’emiretina temporale, e in una mediale, che contiene le fibre provenienti dall’emiretina nasale. Le due porzioni mediali dei nervi ottici si incrociano a livello del chiasma ottico e divengono controlaterali, mentre le porzioni laterali rimangono omolaterali. Questo rappresenta il substrato anatomico per cui noi “vediamo” con l’emisfero destro le immagini presenti nell’emicampo visivo sinistro e viceversa. Le fibre nervose dopo la decussazione a livello del chiasma proseguono nei tratti ottici fino al corpo genicolato laterale, che rappresenta la penultima stazione delle vie visive. Dal corpo genicolato partono le radiazioni ottiche dirette alle aree visive primarie V1 e V2. Nella corteccia occipitale si ritrova l'area visiva primaria (V1) che contiene una mappa precisa dell'intero campo retinico e V2 che ha funzione analoga.

3. La corteccia V1 ha aspetto maturo già alla nascita, mentre le aree corticali circostanti continuano a svilupparsi perchè la loro maturazione dipende da nuove acquisizioni e quindi dagli stimoli a cui viene sottoposta: più infatti il cervello del bambino è stimolato, più “connessioni neurali” si svilupperanno

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Dalla retina al cervello

1. Le aree V1 e V2 rispondono solo a stimoli che ricadono in una regione della retina e registrano informazioni solo su uno specifico attributo dell'immagine compresa in quel piccolo campo recettivo: V1 e V2 analizzano l'intero campo visivo un pezzetto per volta. Le informazioni specifiche (colore, forma, movimento, profondità di campo) vengono inviate alle aree specifiche di competenza

2. Le aree visive associative circondano V1 e V2: i neuroni corticali dell'area V5 reagiscono al movimento e sono sensibili alla direzione di esso, ma non sono influenzati dal colore; le cellule dell'area V4 sono invece sensibili al colore e alle forme; i neuroni dell'area V3 e V3A sono sensibili alla forma, ma non al colore

3. Lesioni di singole aree determinano sintomi particolari: la lesione di V4 produce acromatopsia cioè perdita della visione colorata e un mondo fatto di sfumature di grigi; una lesione di V5 provoca acinetopsia l'incapacità cioè di vedere gli oggetti in movimento, vedono l'oggetto fermo ma il suo movimento lo fa sparire. Poiché la forma viene riconosciuta sia da V4 sia da V3 non si ritrovano esempi di incapacità selettiva del riconoscimento delle forme

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Dalla retina al cervelloa) Come le varie informazioni si integrano nella visione unitaria che costituisce l'esperienza visiva di

ciascuno di noi? Gli stimoli visivi non costituiscono un codice stabile: le lunghezze d'onda della luce riflessa da una superficie variano con l'illuminazione, eppure vediamo un colore costante; la mano di un oratore che gesticola cambia continuamente sulla retina, eppure la riconosciamo costantemente come mano; l'immagine di un oggetto cambia con la distanza, ma ne riconosciamo costantemente le dimensioni. Pertanto il soggetto attraverso il cervello deve estrarre le caratteristiche invariabili degli oggetti dal flusso continuamente mutevole delle informazioni visive e riconoscerle. “Per conoscere ciò che è visibile, il cervello non può limitarsi ad analizzare le immagini presentate dalla retina, ma deve costruirsi un mondo visivo” ( Zeki, Le Scienze)

b) La ricerca di un centro elaboratore ultimo corticale, sintetizzatore dei vari aspetti della visione, è stata fino ad ora negativa. Esiste invece una rete di connessioni reciproche tra le varie aree corticali deputate alla visione e la maggior parte degli autori ritiene che tale rete di complessità impressionante rappresenti il substrato neurofisiologico dell'esperienza visiva che ci caratterizza come uomini

c) Questo dato dell’”equifinalità” dei processi percettivi è anche un presupposto fondamentale perché sia garantita la diversità e soggettività dell’esperienza visiva che ognuno di noi compie e in questo modo anche della libertà del soggetto: infatti il nostro cervello non funzionerebbe secondo il modello semplicistico stimolo - risposta, ma ci sarebbero una molteplicità di vie per raggiungere il medesimo risultato

d) Come per tutte le percezioni “non sarà possibile comprendere in maniera approfondita il sistema visivo cerebrale senza affrontare anche il problema della coscienza” (Zeki, Le Scienze)

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Lesioni di singole aree determinano sintomi particolari:• la lesione di V4 produce acromatopsia cioè perdita della visione colorata e

un mondo fatto di sfumature di grigi• una lesione di V5 provoca acinetopsia l'incapacità cioè di vedere gli

oggetti in movimento, l'oggetto fermo viene visto perfettamente, ma il suo movimento lo fa sparire

• poiché la forma viene riconosciuta sia da V4 sia da V3 non si ritrovano esempi di incapacità selettiva del riconoscimento delle forme

Lesioni delle aree visive corticali e visione

Le lesioni delle vie visive e delle aree corticali deputate alla visione e delle loro connessioni, di qualunque natura esse siano, vascolare, tumorale, traumatica, rappresentano esperimenti “naturali” che ci aiutano a comprendere la funzione delle varie parti

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Agnosie visive: alterazioni visive dovute a lesioni delle aree associative

Agnosia degli oggetti: il paziente vede perfettamente, è cosciente e lucido, non ha disturbi del linguaggio, ma non può denominare gli oggetti che vede, né attribuirli alla classe generale di appartenenza. Se tocca l’oggetto lo denomina immediatamente. La lesione è unilaterale al passaggio occipito-temporale dell’emisfero dominante o più frequentemente bilaterale

Prosopagnosia: incapacità di riconoscere facce familiari pur potendone descrivere le fattezze e ad apprendere nuove facce. La lesione è bilaterale nelle parti ventro-mediali occipito-temporali

Agnosia spaziale dell’ambiente: il paziente non riesce ad orientarsi negli spazi familiari: casa, quartiere: la lesione è localizzata al passaggio temporo-occipitale dell’emisfero non dominante

Simultagnosia: il paziente non è più in grado di cogliere la scena nel suo insieme e talora di esplorare visivamente lo spazio. La lesione ha sede nella parte infero-laterale del lobo occipitale dominante

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Agnosie visive da disconnessioneDisturbi associativi visivi possono essere provocati anche da interruzione di vie di connessione senza alterazioni della corteccia cerebrale. Se un’ischemia cerebrale lede l’area visiva primaria V1 a sinistra e interrompe le vie che connettono l’area visiva di dx con il centro del linguaggio, il paziente vede perfettamente con gli emicampi di sinistra, riconosce le singole lettere, ma non può più leggere (alessia)

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MA LA NOSTRA ESPERIENZA E’ UNITARIA!

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VISION

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Il vedere è il risultato della concomitanza di moltissimi fattori naturali che vanno dalla natura della radiazione elettromagnetica, alla complessa

impalcatura biologica per la trasduzione del segnale, alla sofisticata elaborazione dell’immagine

da parte di retina e cervello.

Disegno di Anna Zeligowski

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L’uomo che vede è sempre teso al conoscere, al capire ciò che vede.Il vedere umano è esso stesso, intrinsecamente, una investigazione sulla verità.A partire dalla struttura della retina, che da subito elabora, fino all'io cosciente

che nel vedere mette all'opera il suo desiderio di verita’ e la sua storia

Quando ogni mattina apriamo gli occhi, lo facciamo su quello stesso mondo che da una vita intera stiamo imparando a conoscere: un mondo che non ci viene dato così com’è, ma che noi costruiamo attraverso un susseguirsi incessante di esperienza, categorizzazione, memoria, riconnessione.

Oliver Sacks, da “Vedere e non vedere” in “Un antropologo su Marte”

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Non c’è nessun colore …Non c'è nessun modo in cui uno studio delle attività neuronali dei moduli possa spiegare la trasformazione in esperienze tattili o di percezione di colori, per fare un esempio, sebbene, ovviamente, alcuni moduli siano predisposti per un tipo di esperienza percettiva e altri per esperienze diverse. Nel mondo materiale non c'è nessun colore, ma solo l'emissione di onde elettromagnetiche di diversa composizione spettrale. Nel cervello non c'è nessun colore in quanto tale, ma solo moduli che reagiscono selettivamente con risposte codificate agli input visivi relativi alle diverse caratteristiche spettrali. Il colore è una creazione della mente cosciente che traduce le risposte dei moduli «codificati per il colore». Quindi il colore è in primo luogo un'esperienza puramente soggettiva che diventa oggettiva grazie alla comunicazione intersoggettiva, resa possibile da un lungo processo di apprendimento.

Il mistero umano è rivelato da questa straordinaria dicotomia fra l'attività codificata dei moduli corticali da un lato e le esperienze percettive dall'altro.

J. Eccles, Il Mistero Uomo p. 210-211

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"Il fatto che un fenomeno così fondamentale come lo stato di coscienza derivi dalla sollecitazione di un tessuto nervoso, è una cosa tanto inesplicabile quanto la comparsa del Genio quando Aladino strofina la sua lampada"

T. H. Huxley, 1866

"Nessuno ha mai fornito una spiegazione accettabile di come l'esperienza della rossità del rosso nasca dall'attività del cervello”

Francis Crick, Christof Koch, Nature neuroscience february 2003

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Quando noi pensiamo e percepiamo, nel nostro cervello avviene un’impressionante esplosione di attività dei neuroni. Ma questo non è tutto, c’è anche un aspetto soggettivo dell’esperienza. Quando io vedo qualcosa, per esempio, faccio esperienza del mondo che c’è di fronte a me, pieno di colori e di forme, di profondità, di luci e di ombre. Quando odo, sento per esempio il suono di un clarinetto in lontananza. Quando penso, percepisco lo svolgersi del mio pensiero cosciente. Questi sono tutti elementi di quello straordinario film interiore nel quale viviamo.Ciò che rende così difficile il problema della coscienza è che sembra essere al di là delle funzioni oggettive svolte dal cervello. Possiamo ipotizzare che fra cento o duecento anni le neuroscienze avranno completato la spiegazione delle funzioni cerebrali implicate nell’atto del vedere. I fotoni colpiscono la retina. L’informazione è inviata lungo il nervo ottico fino alla corteccia visiva. Tutto questo viene integrato dalle aree frontali del cervello e produce un comportamento: le cose che facciamo, ciò che diciamo. Eppure, anche quando le neuroscienze avranno ottenuto una spiegazione completa di queste funzioni, potrebbe rimanere ancora un’ultima questione da risolvere: perché l’esecuzione di queste attività cerebrali è accompagnata dall’esperienza consapevole?

David Chalmers per il Meeting

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Io guardo, io vedo• In tutte le lingue esistono due parole fondamentali

per esprimere l’esperienza del vedere: – 1- Io guardo significa che decido di volgere lo sguardo

verso una direzione, su un oggetto. E’ questo il versante motorio del vedere e come ogni aspetto motorio è accompagnato dall’esperienza del decidere liberamente l’azione

– 2- Io vedo rappresenta il versante percettivo del vedere ed è sorprendente esperienza per cui il mondo si fa presente a me, alla mia consapevolezza, esperienza unitaria pur essendo fatta, come abbiamo visto di tantissime parti e aspetti, che viaggiano anche per canali separati

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Io guardo, io vedo• Chiediamoci: cosa e come succede che un bambino di 1,5-2

anni ad un certo punto vede un tavolo e dice: “Questo è un tavolo”

• Il bambino alla nascita è in grado solamente di distinguere luce e buio. La capacità di vedere si sviluppa lentamente attraverso l’impatto della luce con l’apparato visivo. Ad un certo punto il bambino diventa capace di distinguere visivamente sua madre; poi anche attraverso la manipolazione degli oggetti, si struttura la stupefacente esperienza che è il vedere come ognuno di noi la sperimenta

• Ad un certo punto, quando già la visione è ben strutturata, il bambino all’età che abbiamo detto, fa quella affermazione verbale: “Questo è un tavolo”

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Io guardo, io vedo• Walker Percy nel libro “Signposts of a strange

land” afferma che non è possibile spiegare quella affermazione con una serie pur potenzialmente infinita di interazioni diadiche oggetto/cervello, mondo/cervello. Occorre necessariamente riconoscere l’intervento di un tertium distinto dal mondo e dal cervello

• Generalizzazione del problema: nell’esperienza umana, come si dà nell’uomo in azione, vi sono 2 ordini di fenomeni con caratteristiche diverse e irriducibili tra loro e che si danno solo insieme (il Senso Religioso)

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29 Vedere è incontrare la realtà L’io è fatto di due realtà diverse. Tentare di ridurre l’una all’altra sarebbe negare l’evidenza dell’esperienza che diverse le presenta. Queste due realtà con caratteristiche irriducibili possono essere chiamate in modi diversi: le hanno chiamate materia e spirito, corpo e anima. Quello che è importante è tener ben ferma l’irriducibilità dell’una all’altra.

(Luigi Giussani)

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Io guardo, io vedo

• La coscienza interviene a strutturare il versante sensitivo/percettivo fin nella periferia e questo assicura sia quel carattere così tipicamente “mio” di tutte le nostre esperienze percettive (fino alle più elementari), sia quella sorprendente esperienza di unità insieme col riconoscimento dei singoli oggetti e aspetti

• “La natura – la carne, le ossa, le viscere, le cellule – diventa nell’uomo bisogno di infinito. Diversamente dagli animali, anche la nostra fisiologia è tutta quanta impostata con questa apertura all’infinito: essa è radicata nella nostra umanità, per questo è inestirpabile” Julian Carron Es. del CLU 2006

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Io guardo, io vedo

• Ogni attività umana, ogni stato mentale implica un livello, substrato anatomo-fisiologico e elettrofisiologico, cerebrale, ma è irragionevole ridurre l’esperienza umana, così come ci è dato di farla a tale substrato. Non si può spiegare in modo adeguato l’esperienza che facciamo con l’ipotesi riduzionista

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