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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA Via Verdi, 10 10124 Torino Tel. 011-6702785 Fax 011-6702061 Via Po, 14 10123 Torino Tel 011-6703051 Fax 011-8146231 Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche Elaborato Finale L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working Candidato Relatore Giulia Silverio Alessandra Re Matricola 704705 A.A. 2012/2013

L'ambiente di lavoro del futuro: un'analisi del coworking - Tesi

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Tesi di laurea triennale in Psicologia a Torino, ambito Psicologia del Lavoro. Analizzando le specificità delle generazioni che condividono gli ambienti, le motivazioni economiche alla base della riorganizzazione degli spazi di lavoro e le possibilità offerte dalla tecnologia mobile e distribuita si giungerà a considerare il co-working come l'evoluzione naturale degli uffici. Si fornirà poi una panoramica sull'evoluzione dell'economia, in un ottica anch'essa collaborativa, basata sui servizi invece che sui prodotti.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO

DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA Via Verdi, 10 – 10124 Torino – Tel. 011-6702785 – Fax 011-6702061

Via Po, 14 – 10123 Torino – Tel 011-6703051 – Fax 011-8146231

Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche Elaborato Finale

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

Candidato Relatore Giulia Silverio Alessandra Re Matricola 704705

A.A. 2012/2013

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Indice

Introduzione ....................................................................................................................... 3

Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale ............................................................ 5

Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro ............................................ 8

Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti ....................................................... 12

Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia ..................................................... 16

Conclusioni ....................................................................................................................... 20

Bibliografia ........................................................................................................................ 21

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Introduzione

A Torino sono nati nuovi spazi di lavoro, uffici condivisi fra persone che operano in campi diversi e

che pur non appartenendo ad una stessa azienda lavorano fianco e fianco, come indica il nome

inglese del fenomeno: co-working. Spazi in affitto che offrono scrivanie accessoriate a professionisti

che così riescono a vedere il proprio lavoro da nuove prospettive e a sfruttare la possibilità offerta

dalla collaborazione con il proprio vicino. Si offrono a lavoratori in proprio, e a dipendenti in

trasferta, modalità di affitto flessibili tali da favorire il ricambio delle persone presenti: è possibile

occupare una scrivania per pochi giorni o per mesi, solo in alcuni giorni della settimana o per un anno

continuativo ed usarla insieme ai propri soci.

Nell’epoca delle collaborazioni brevi, il lavoratore è abituato a cambiare scrivania a seconda del

lavoro da svolgere, o del committente, e sempre più numerose sono le persone che hanno il proprio

ufficio in una stanza di casa. Spesso però si desidera una distinzione netta fra ambienti privati e di

lavoro ed inoltre, a causa della scarsa interazione sociale e della carenza di prestigio professionale,

lavorare da casa è poco stimolante *Tiazzoldi, 2010+. D’altra parte non tutti i responsabili possono

garantire una scrivania ai propri collaboratori, o dotarsi di una sala riunioni o di particolari

attrezzature. In tutti questi casi, l’ideale è poter usufruire delle soluzioni temporanee offerte dal co-

working. Oltre a garantire un risparmio economico, uno dei principali vantaggi di questa soluzione

lavorativa sta nell’aver saputo interpretare il bisogno di socialità di una generazione di lavoratori. Un

ufficio in cui lavorano fianco a fianco persone con capacità diverse è l’ideale per far nascere idee

innovative e poter sviluppare progetti multidisciplinari, in un contesto lavorativo poi è più probabile

ricevere proposte di collaborazione. Secondo quanto pubblicato nella Terza Indagine Mondiale sul

Co-working *Deskmag, 2012+ è proprio l’atmosfera piacevole la motivazione che più di tutte convince

i lavoratori ad utilizzare spazi di lavori condivisi, sono quindi i rapporti umani più delle infrastrutture

la forza di queste nuove modalità di lavoro.

Nato nel 2005 in California [Rachel, 2013] il co-working ha avuto una crescita vertiginosa del 245%

dal 2010 al 2012, tanto che ora questo tipo di soluzione lavorativa conta più spazi in Europa che in

America (878 contro 797) [Deskmag, 2012]. Tramite i siti che elencano i posti di lavoro flessibili, come

ShareDesk ( www.sharedesk.net ), e che permettono di prenotare la propria scrivania a distanza, si

può avere una panoramica del fenomeno: a Torino si individuano sei soluzioni che offrono spazi di

lavoro condiviso e le principali realtà sono Toolbox e Torino Talent Garden (TAG).

Fig. 1 - La reception di Toolbox [Tiazzoldi, 2010]

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Inaugurato nel 2010 Toolbox è stata la prima realtà di questo genere ad essere aperta a Torino: è

costituito da 45 postazioni, un’area relax wi-fi, una lounge per accogliere gli ospiti, sei sale riunioni

prenotabili online, angoli insonorizzati per telefonare, una reception e una cucina *Strippoli, 2010+. E’

stato progettato cercando di preservare quanto più possibile l’architettura industriale esistente,

sfruttando la luce naturale ed utilizzando colori e materiali diversi per suddividere gli spazi e

identificare il loro grado di formalità: le scrivanie sono neutre, mentre i saloni sono vivaci e colorati.

Per trasmettere la filosofia alla base del progetto, ovvero che la diversità è una risorsa, la parete della

reception è costruita integrando cubi di diversa grandezza così da ottenere coerenza dall’unione dei

diversi elementi *Tiazzoldi, 2010+. Oggi ospita nel FabLab le Officine Arduino, basate sull’open-

hardware, che si concentrano sul reinventare i processi produttivi tramite tecnologie disponibili

senza diritti d’autore. E’ quindi un incubatore professionale modellato sugli interessi dei propri

affittuari.

Fig. 2 – I diversi spazi di Toolbox [Alexandra, 2013; Tiazzoldi, 2010]

Nel 2013, sempre a Torino, ha aperto il TAG, o giardino degli innovatori, ancora più incentrato sulla

collaborazione. All’interno del TAG si mira infatti a riunire persone con interessi simili, così che tutto

quanto sboccerà fra le sue pareti possa essere definito frutto dell’ambiente stesso, favorendo

l’affitto delle 60 postazioni a professionisti affini *Lessi, 2013+.

Soluzioni come queste stanno riscuotendo grande successo, e sempre più sedi decidono di

uniformarsi a questo cambiamento. Che cosa ha determinato le nuove modalità di lavoro, tali da

portare alla creazione di uffici condivisi? Il mio lavoro intende analizzare questi cambiamenti nello

specifico, per capire cosa ha determinato la nascita del co-working e in che direzione proseguirà il

cambiamento.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale

Studi recenti [Felix, 2007; Cole et al,2002] evidenziano che nel mondo del lavoro dovranno imparare

a convivere tre generazioni con caratteristiche ed esigenze diverse: Boomers, Generation X e

Generation Y.

I Boomers sono nati fra il 1945 e il 1965, ovvero in un periodo prospero di conquiste liberali. Credono

nelle proprie capacità e sono convinti che impegnandosi riusciranno ad ottenere tutto quello che

desiderano, specie nel lavoro. Facendo parte di una generazione numerosa ( 76 milioni negli USA

[Cruz, 2007] ) hanno sviluppato la loro competitività così da poter emergere dalla massa.

Attribuiscono molta importanza al lavoro, al quale dedicano la propria vita al punto di diventare

workaholics, e si impegnano per l’immagine dell’azienda aspettandosi che essa conferisca loro lustro.

Sono una generazione idealista, la prima che ha messo in discussione i valori dei propri padri, infatti

pur avendo una visione improntata alla solidità ed alla durata, educano i propri figli in un’ottica di

uguaglianza e hanno cambiato il concetto di gerarchia nell’ambiente di lavoro, rivendicando maggiori

diritti per i lavoratori. Per loro la difficoltà principale nell’ambiente di lavoro attuale è utilizzare i

computer e le nuove tecnologie.

Gli appartenenti alla Generation X, nati fra il 1965 e il 1980, sono una minoranza ( 46 milioni negli

USA [Cruz, 2007] ) e dubitano di tutte le istituzioni essendo cresciuti fra scandali politici. Senza i punti

di riferimento rappresentati per le generazioni precedenti dalle istituzioni sono cinici e solitari con

un’indole indipendente che non favorisce la collaborazione né le gerarchie: pretendono infatti di

avere voce in capitolo riguardo a tutte le decisioni che li coinvolgono. Non credono nel lustro delle

grandi aziende né nel posto fisso e non riponendo aspettative di realizzazione nel lavoro non vi

attribuiscono importanza, lavorano per guadagnare quanto serve per vivere, preferendo privilegiare

la famiglia e le altre relazioni sociali. Vengono chiamati anche “MTV Generation”, sono infatti una

generazione cresciuta all’ombra della televisione, e dal lavoro pretendono divertimento ed

immediata gratificazione per l’impatto avuto su di loro da questa tecnologia.

Ogni generazione è stata influenzata dagli avvenimenti politici e dalle innovazioni tecnologiche del

periodo in cui è cresciuta, ma il cambiamento prodotto sulla generazione che sta per affacciarsi nel

mondo del lavoro è senza precedenti, infatti i Generation Y, nati fra il 1980 e il 2000, sono numerosi (

tra 72 e 100 milioni in USA [Cruz, 2007] ), istruiti e multiculturali. Si stima che un terzo di loro non sia

caucasico [Cole et al, 2002] e questo, unito a viaggi frequenti fin dall’infanzia, ha creato una

mentalità aperta che li rende capaci di valorizzare le differenze, e di mediarle, grazie a straordinarie

capacità comunicative che sono causa ed effetto della diffusione della tecnologia che le permette.

Per loro i telefoni cellulari ed internet hanno soppiantato i media tradizionali: non ci si informa più

tramite quotidiani e televisione, considerati di parte, e questa sfiducia, unita ad uno scarso interesse

per la politica, ha reso il riferimento dei Gen Y il proprio gruppo di pari. Gli amici rivestono un ruolo

primario, le informazioni vengono reperite grazie ad un aiuto reciproco ed ognuno confida nelle

proprie capacità di trovare o creare ciò di cui ha bisogno. Ecco il Social Computing: la tecnologia che

dona potere alla comunità invece che alle istituzioni [Harris et al, 2006].

I Generation Y o Millennials rappresentano uno sfida per datori di lavoro e colleghi viste le loro

pretese e le loro capacità entrambe dipendenti dall’influenza profonda che i computer, ed in

particolare Internet, hanno avuto su questi giovani. Cresciuti con l’abitudine di risolvere qualsiasi

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

compito tramite l’uso del pc, lo utilizzano con naturalezza ed in contemporanea con altri dispositivi o

media, sono i cosiddetti nativi digitali: veloci, seppur con bassa soglia dell’attenzione, creativi e

multitasking, ma soprattutto abituati alla comunicazione. Usare un computer o qualsiasi altro

dispositivo elettronico non è più quindi un talento da apprendere, è semplicemente parte della loro

vita; qualsiasi lavoro svolto non al computer è strano e le limitazioni imposte all’uso della

connettività ( e dei social network ) appaiono irrazionali. Consapevoli dell’importanza

dell’educazione, gli appartenenti alla GenY hanno studiato più dei loro predecessori, specializzandosi,

e ora vedono il lavoro in un ottica di accrescimento personale: i colleghi stessi vengono visti come

risorse da cui apprendere. Grazie alla possibilità che offre internet di istruirsi in ogni campo, e spesso

a costo zero, i Gen Y uniscono conoscenze scolastiche di alto livello a nozioni approfondite relative ai

propri interessi personali. Abituati ad apprendere dalle proprie esperienze non sono spaventati

dall’idea di sbagliare, caratteristica mutuata dall’approccio richiesto dai videogames, una forma di

intrattenimento sofisticata che richiede competenze multidisciplinari e soprattutto costanza [Blain,

2008]. Il 99% dei dirigenti europei riconosce il loro diverso stile di lavoro [Harris et al, 2006] e questo

potrebbe generare contrasti in un mondo del lavoro incapace di valorizzare queste differenze.

Figli dei Boomers ( e per questo chiamati anche EchoBoomers ) sono stati educati in un’ottica di

uguaglianza e quindi sono abituati a trattare da pari anche con persone decisamente più grandi di

loro, senza dare importanza ai ruoli o alle gerarchie. In quanto figli di genitori votati al lavoro non

vogliono ripeterne gli sbagli, trascurando la famiglia, e per questo motivo reclamano un maggior

equilibrio fra lavoro e vita privata; dalle aziende si aspettano comprensione e, più nel concreto, orari

flessibili o modalità di lavoro tali da potersi dedicare ai propri affetti.

Per loro sono previsti dieci cambi di carriera nell’arco di ogni vita *Cruz, 2007+ ed infatti non si

aspettano il posto fisso ma un lavoro piacevole e commenti positivi da parte del loro capo. Oltre ad

un diverso stile manageriale bisogna anche considerare un diverso valore attribuito alle ricompense:

il risarcimento preferito dai Millennials consiste nel tempo più che nel denaro, e quindi una

settimana extra di vacanza è più gradita di una settimana extra di stipendio [Felix, 2007]. Importante

per assecondare questo nuovo stile di vita è poi un rinnovamento della struttura stessa delle carriere

che devono consentire di alternare periodi di lavoro con periodi di pausa, senza che ad un

allontanamento dal mondo del lavoro debba per forza seguire un’estromissione duratura. Visto

anche il cambiamento delle famiglie, un quarto delle quali sarà presto formato da un genitore single

[Williams, 2005], e sommando questo cambiamento alla cura degli anziani, ecco che un lavoro più

flessibile diventa una necessità ( un decimo degli intervistati in una ricerca della Work Foundation

risponde di avere delle responsabilità di cura [Williams, 2005] ).

Al contrario dei Boomers che erano idealisti, i Millennials si distinguono per il pragmatismo che li ha

portati a definire una scala di necessità in cui al primo posto si trova il proprio stile di vita bilanciato e

come secondo step un lavoro che possa supportarlo. Importanza cruciale nella scelta del posto di

lavoro viene rivestita dalla flessibilità concessa, da una cultura collaborativa, da una tecnologia

all’avanguardia, dall’innovazione proposta e da procedure burocratiche snelle [Harris et al, 2006].

Questo pragmatismo è evidenziato dall’importanza attribuita fin da giovanissimi al tipo di pensione

che l’azienda può offrire loro: il 49% dei Gen Y dichiara di esserne influenzato nella scelta dell’azienda

per cui lavorare [Armour,2005] mostrando così una lungimiranza nuova.

La differenza principale rispetto alle altre generazioni però risiede nella loro “filosofia del lavoro”: se

già i Gen X avevano rivendicato l’autogestione rispetto ad una catena di comando, i Gen Y rifiutano il

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

concetto stesso di comando e si affidano alla collaborazione. Collaborazione che si concretizza in

gruppi di lavoro formati sia da colleghi che dai proprio clienti o da lavoratori di altre aziende. Far

collaborare in uno stesso ambiente di lavoro generazioni con un così diverso concetto di gerarchia

diventa una vera e propria sfida. Sfida che bisogna vincere perché l’innalzamento dell’età

pensionabile, ed il diffuso bisogno di continuare a lavorare oltre questa età, pone esigenze diverse a

stretto contatto. E’ importante notare che anche senza questi cambiamenti, relativi alla vita

lavorativa dei Boomers, il lavoro si sarebbe comunque dovuto adeguare alle esigenze dei giovani

lavoratori che non hanno né l’esperienza né la mentalità necessaria per rimpiazzare i posti liberati dai

pensionamenti [Harris et al, 2006]. Per sfruttare al meglio le possibilità dei Gen Y bisogna quindi

sorvolare sul loro trascurare le formalità, abitudine che può apparire come una mancanza di rispetto,

e concedere loro la possibilità di eccellere e di seguire più compiti contemporaneamente; le loro

capacità vengono valorizzate tramite la possibilità di creare o di inventare nuovi modi d’uso, il tutto

sempre a stretto contatto con la tecnologia più aggiornata. La Xerox, dopo aver individuato i college

con la formazione adeguata alle proprie esigenze, recluta impiegati in queste strutture con lo slogan

“Express Yourself” mostrando di aver colto il bisogno dei Gen Y per la libera espressione, il

cambiamento e la diversità [Armour,2005].

Irrinunciabili nelle aziende per via delle loro conoscenze e del modo ottimizzato ed innovativo di

applicarle, spesso è difficile convincerli ad occupare a lungo la stessa mansione: i Gen Y cercano sfide,

temono la noia ed hanno un bisogno continuo di imparare. Ottimisti per natura e con un’immagine di

sé decisamente positiva pretendono di lavorare meglio e più in fretta dei colleghi e sono convinti di

meritare quanto di meglio si possa offrire loro. Un capo che voglia motivarli correttamente non dovrà

dimenticarsi di dare concretezza al lavoro tramite scadenze a breve termine e compiti ben definiti,

sempre imponendosi come figura di mentore o maestro per i propri impiegati e promuovendo un

senso di appartenenza all’interno dell’azienda *Cruz, 2007+. Il mentore dovrà essere onesto, sincero e

concreto menzionando gli specifici comportamenti attesi, e dovrà saper stimolare il proprio

dipendente con un insegnamento costante attuato contestualmente, in classe o su internet [Spiro,

2006]. Altra caratteristica importante del buon capo è la negoziazione, quindi la capacità di dialogo,

spesso infatti i Gen Y desiderano spiegazioni riguardo al loro lavoro prima di eseguire gli ordini

meccanicamente come invece era d’abitudine [Sedensky, 2013]. E’ questa una delle poche

caratteristiche che i Gen Y condividono con i Gen X, i primi sono infatti ottimisti tanto quanto i

secondi sono pessimisti e sociali tanto quanto i secondi solitari, trattandosi di gruppi con esigenze

così diverse non bisognerà forzarne la vicinanza favorendo invece gruppi formati da Boomers e

Millennials. Per quanto indicative le generazioni rimangono sempre generalizzazioni e non bisogna

pensare che tutte le persone si possano motivare con lo stesso metodo: bisogna essere ricettivi,

attenti al modo di porsi di ogni lavoratore, per assecondarne le esigenze.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro

A causa della recessione economica e di un mercato del lavoro sempre più globale le compagnie

hanno dovuto tagliare drasticamente i costi pur di rimanere competitive. Le spese principali per ogni

azienda sono costituite da personale ed ambiente e quindi sono state queste due categorie le più

colpite dal rinnovamento volto al risparmio. In questo capitolo esploreremo i cambiamenti possibili e

quelli auspicabili nel campo degli spazi di lavoro.

Per ridimensionare i costi dovuti all’affitto si possono utilizzare strategie facilitate dall’avanzare della

tecnologia: all’aumento della potenza si va infatti sempre più affiancando una diminuzione delle

dimensioni di computer e telefoni, che diventano compatibili con ogni tipo di spazio. L’uso stesso del

computer sta trasformando gli uffici rendendo di fatto obsoleti gli spazi adibiti ad archivio, grazie alla

digitalizzazione. Infine, utilizzando strumenti quali videoconferenze, si può pensare di ridimensionare

la sala riunioni guadagnando così altro spazio utile a ridurre i costi.

Strumenti, persone ed ambienti nuovi stanno cambiando le modalità stesse di lavoro: è proprio il

lavoro distribuito ( distributed work ) l’opportunità da cogliere e non contrastare: grazie alla

tecnologia ed al desiderio di flessibilità si lavora da posti diversi in momenti diversi, accedendo ai

documenti e ai programmi dell’azienda da ogni parte del mondo, senza bisogno della scrivania

assegnata dal datore di lavoro in un determinato ufficio. L’Intel ha rilevato che il 60% delle postazioni

lavorative presenti nei suoi uffici erano inutilizzate a causa della tecnologia mobile e del lavoro

collaborativo [Steelcase, 2009]. Le persone, e di conseguenza i lavoratori, hanno sviluppato nuove

capacità relative alla comunicazione, che ha conquistato un ruolo centrale nello svolgimento di ogni

attività. Se è vero che determinati lavori richiedono una presenza costante dietro la scrivania, o

strumenti che comportano una sorta di immobilità, il terziario è il settore che registra l’innovazione

maggiore. Improntato al fornire servizi, è amministrato da una crescente classe di giovani creativi,

persone capaci di lavorare da qualunque posto con il solo ausilio di un laptop e un cellulare e

soprattutto desiderosi di cambiare punto di vista e collaboratori più volte nell’arco della stessa

giornata. E’ stato proprio l’ingresso nel mondo del lavoro di appartenenti alla Generation Y a indurre

delle modifiche dei luoghi così da adattarli ad una visione collaborativa, ed è in questa direzione che

il cambiamento di spazi e arredi si muove. Si progettano quindi uffici senza postazioni fisse, che

rischiano di essere vuote, ma con spazi flessibili da utilizzare a seconda dell’esigenza del momento. Il

centro di questi uffici diventa uno spazio allestito con tavoli tondi, ovvero aperto e collaborativo

attrezzato con postazioni contigue, affiancato da spazi via via più privati: sale che presentano

all’occorrenza la possibilità di chiudere la porta per conversazioni private e sale in cui vige il silenzio,

dove il lavoratore può ritirarsi per lavorare al proprio progetto senza essere disturbato [Cisco, 2007].

Il luogo di lavoro cambia a tal punto che “l’ufficio” si sposta fra caffè e parchi pubblici ovvero in quei

third place *Crick, 2011+, né casa né ufficio, capaci di favorire l’integrazione, e la cui evoluzione sono

gli spazi di confronto online come i forum o le chat. Ovviamente questi luoghi non sono lo spazio di

lavoro ideale, a causa della loro scarsa privacy, ma intervallati al lavoro d’ufficio offrono gratificazioni

e nuove idee ai lavoratori, anche grazie al confronto con gli altri. Un ufficio ad alta densità di persone

non sarà più una caratteristica negativa perché le persone non saranno presenti nello stesso posto

allo stesso momento, ribaltando così i principi dell’industria. Lo spazio dovrà quindi essere condiviso,

così da favorire la collaborazione, e sempre equipaggiato in modo tale da offrire l’accesso ad

informazioni e tecnologie necessarie per i lavoratori mobili: una copertura wireless efficace sarà

garanzia di usabilità. Per assecondare il loro bisogno di flessibilità e le loro responsabilità familiari,

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

agli impiegati viene offerta la possibilità di lavorare da casa, pur incoraggiandoli a recarsi in ufficio; è

infatti tramite le interazioni faccia a faccia che si crea l’energia necessaria per una produzione di

qualità. La collaborazione è una necessità nuova, che diverrà sempre più urgente con l’ingresso di

tutti i Gen Y nell’ambiente di lavoro e con un ulteriore perfezionamento delle tecnologie. I giovani

dirigenti, fascia d’età 26-34 anni, ritengono infatti necessario implementare spazi utili alla

collaborazione in percentuali decisamente maggiori rispetto ai loro pari grado più anziani [Harris et

al, 2006+. La sfida è valorizzare le molteplici capacità di comunicazione di cui è provvisto l’uomo, con

il supporto dell’architettura elettronica. Assecondata e mai forzata, la collaborazione verrà favorita

con una progettazione conscia delle caratteristiche delle diverse generazioni: affiancando persone

con una differenza d’età e disposte a collaborare, si favorirà il passaggio di conoscenze e procedure

grazie al ruolo di mentore che assumeranno i più esperti. Le singole scrivanie saranno equipaggiate

per favorire l’aggregazione con l’aggiunta di svariate sedie, con video girevoli per poter condividere

facilmente il proprio desktop e con tecnologie tali da consentire diversi tipi di presenza ovvero video

ad alta definizione e microfoni per poter effettuare videoconferenze. In sostanza viene favorita la

collaborazione fra colleghi con spazi che mettono a contatto gradi gerarchici e capacità diverse in

un’ottica di accrescimento comune.

Fig. 3 – La ristrutturazione degli spazi [Steelcase, 2009]

L’hot-desking, o hotelling, si basa sull’idea che ogni impiegato non ha assegnata una sola scrivania di

lavoro ma diversi luoghi, tutti accessoriati, per la maggioranza open space. Sono presenti anche

postazioni classiche, ovvero una scrivania equipaggiata con computer e telefono, ma in numero

minore rispetto agli impiegati così che debbano essere usate a turno. Centrale in questo approccio è

il fornire una possibilità di scelta ai lavoratori che possono decidere da dove lavorare e per quanto

tempo. Spesso gli uffici ristrutturati in quest’ottica vengono equipaggiati con soluzioni di design

all’avanguardia, combinazioni cromatiche piacevoli e angoli relax equipaggiati con giochi; tramite

questi accorgimenti si cerca di trasmettere i principi identificativi dell’azienda e di valorizzare lo

spazio di lavoro, così da fidelizzare il lavoratore e quindi convincerlo a lavorare nell’azienda a lungo e

con entusiasmo. Gli spazi vengono poi progettati in modo tale da poter essere riconfigurati con

semplicità con muri mobili tali da consentire di trasformare la sala conferenze in spazi più piccoli e

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

pratici [Cisco, 2007]. Per diminuire la confusione e promuovere un senso di appartenenza, spesso il

lavoro da svolgere in uffici così progettati viene suddiviso in team, ed ogni mattina il team si riunisce

in un punto di incontro predefinito per fare il punto della situazione e condividere un programma di

lavoro per la giornata [Adonis, 2011]. Questo punto di incontro può anche essere personalizzato dagli

appartenenti al gruppo così da ricreare un ambiente vissuto come “proprio”. Il cambiamento può

destabilizzare i lavoratori ed è per questo motivo che è importante concedere tempo alla transizione

e fornire luoghi stabili, con una connotazione ben definita, come armadietti per gli oggetti personali.

Nell’esperienza di Cisco, azienda leader nel campo della connettività, uno spazio di lavoro condiviso,

che si avvale dell’hot-desking, ha significato costi molto più contenuti. Aumentando la densità di

persone in uno spazio e quindi costruendo edifici più piccoli si è risparmiato il 40% e percentuali

ancora maggiori di risparmio sono date dal minor mobilio e dall’utilizzo esclusivo di reti wireless (

rispettivamente 50% e 60% ) [Cisco, 2007]. Prima di intraprendere un cambiamento strutturale di

questa portata è però necessario interrogarsi sulle caratteristiche attuali e future della propria

azienda e dei propri dipendenti. L’hot-desking infatti non è sempre la soluzione migliore ed è indicato

soprattutto per compagnie con impiegati part-time; anche in questi casi bisogna però coinvolgere

tutti i dipendenti nel processo di cambiamento, dare importanza ai loro suggerimenti e prevedere un

periodo di assestamento a lavori ultimati. Si dovrà poi provvedere a delle linee guida per chiarire le

regole relative ad ogni spazio: dal più banale silenzio richiesto in alcune aree alle motivazioni

necessarie per occupare una sala conferenze. Senza queste accortezze i disagi si avvertiranno sia su

un piano più concreto ( le lamentele relative al disordine o ai danni provocati dal precedente

utilizzatore della postazione ) sia in relazione a un senso di spaesamento e non-appartenenza

[Adonis, 2011]. Nella progettazione o ristrutturazione di un’azienda grande attenzione va posta

anche al luogo geografico in cui collocare l’edificio; la vicinanza a collaboratori, risorse e talenti è

cruciale nella knowledge economy. La Silicon Valley attrae così tante compagnie grazie alle risorse

offerte dalle compagnie già presenti e Google beneficia di uffici vicini a Cambridge [Steelcase, 2009].

Esistono anche altre strategie utilizzate per assecondare le richieste di flessibilità e quindi il

cambiamento nel mondo del lavoro. In ordine di diffusione, esse sono: il telelavoro, il lavoro mobile (

mobile work ), l’hot-desking, il lavoro da casa e gli uffici satellite [Steelcase, 2009]. Si stima che queste

alternative siano molto diffuse in Nord America, dove raggiungono l’83% di percentuale di adozione;

a seguire, con uno stacco notevole, troviamo l’Europa con il 51% *Steelcase, 2009+. Il telelavoro

consiste nel lavorare da casa in orari d’ufficio ed è la scelta favorita dai pendolari, o da chi abita

lontano dall’ufficio. Si crea un ambiente di lavoro nella propria abitazione che sia collegato in rete

con il proprio ufficio, il rapporto con i superiori è infatti spesso mediato dal computer, a differenza

del lavoro mobile che utilizza diversi tipi di spazi essendo svolto sia da casa che dall’ufficio che da altri

luoghi. Il lavoro da casa è sempre stata una delle richieste principali degli impiegati che vedono in

questa opzione l’occasione per bilanciare lavoro e famiglia, ed è quindi la scelta prediletta di genitori

con figli piccoli o di adulti con responsabilità di cura di anziani. Le possibilità offerte dal lavoro da casa

sono molteplici, ma spesso prevedono un’alternanza del lavoro d’ufficio con quello effettuato da

casa perché spesso le due sedi sono territorialmente vicine. Gli uffici satellite sono nati per

permettere di risparmiare i costi ed i tempi dovuti a un lavoro pendolare, sono infatti sedi dislocate

costruite in punti strategici ma lontani dalla sede dell’azienda e talvolta ospitano impiegati di più

aziende diverse.

La distinzione fra queste categorie diventerà però presto obsoleta a causa dei mobile worker che con

l’ausilio di un solo dispositivo, capace di integrare le funzionalità di computer e telefono, saranno in

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

grado di lavorare da qualsiasi posto e saranno always-on, ovvero sempre connessi, e con orari di

lavoro capaci di adattarsi a collaborazioni con colleghi che operano con altri fusi orari. L’ufficio

diverrà quindi solo una delle diverse basi utili al lavoratore che, grazie al cloud computing, lavorerà

sempre connesso online, condividendo informazioni e programmi utili *Farkas, 2009+. E’ in

quest’ottica che sono nati gli spazi di co-working che integrano caratteristiche dell’hotelling, degli

uffici satellite e del lavoro mobile.

Strategie di lavoro alternative devono prevedere un concetto di supervisione alternativo visto che

non ci si potrà più basare sul vedere l’impiegato seduto alla propria scrivania per essere certi che

svolga i suoi compiti. Un lavoro effettuato da più sedi infatti non può essere monitorato, ma deve

essere misurato dai risultati prodotti. Siamo nell’era dei knowledge worker che devono essere

valutati non per la quantità, ma per la qualità del lavoro svolto [Drucker, 1999]. Si dovranno

assegnare con precisione i compiti da svolgere così da poter valutare il risultato senza bisogno di un

controllo continuativo. Più i compiti sono suddivisi in parti più sarà semplice per il lavoratore gestirli e

per il capo controllarne l’andamento. Importanza cruciale è rivestita dalla fiducia reciproca fra capo e

dipendente, fiducia che va costruita con uno scambio costante di email e messaggi contenenti

aggiornamenti; la comunicazione deve essere efficace e non limitata ad ordini, che hanno il solo

effetto di causare insofferenza [Marse, 2012].

Le richieste e le opportunità offerte da nuove generazioni e nuove tecnologie sono molteplici, lo

spazio di lavoro deve evolversi per poterle assecondare e favorire così i miglioramenti possibili.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti

Siamo nell’era dell’ubiquitous computing, profetizzata nel 1988 da Brown e Weiser come un futuro in

cui i computer si sarebbero espansi dalle scrivanie al mondo circostante ed avrebbero costituito una

rete tramite cui condivere le risorse [Nowak, 2013]. I computer sono oggi essenziali in case, negozi,

scuole e sono declinati nella miriade di dispositivi che tutti utilizziamo nella vita quotidiana, dai

navigatori satellitari al forno a microonde. Sono però i telefoni cellulari a rappresentare la rivoluzione

in campo tecnologico, superaccessoriati e con capacità di calcolo superiori ai pc dei decenni

precedenti, consentono di avere un computer a disposizione in ogni luogo o situazione grazie alla

loro potenza ed alla loro portabilità, rendendoci così sempre connessi e reperibili. Un mezzo di

comunicazione innovativo che ha mutato ogni tipo di rapporto interpersonale, scambi di lavoro

compresi, e grazie al quale oggi il 29% della forza lavoro globale è costituita da impiegati in grado di

lavorare da qualsiasi posto in qualsiasi momento [Schadler, 2013]. Questo nuovo stile di lavoro

caratterizzato dall’uso di più dispositivi contemporaneamente, utilizzati da postazioni multiple e con

varie applicazioni, costituisce una tendenza in continua crescita capace di far registrare un

incremento del 6% in due anni [Schadler, 2013]. Una trasformazione così profonda nel mondo del

lavoro deve però essere supportata da un’adeguata tecnologia, basata sulla connessione. Per poter

lavorare da qualsiasi luogo è infatti necessario internet ed un dispositivo in grado di accedervi.

Spesso questo dispositivo consiste in uno smartphone o tablet, utilizzato sia per il lavoro che per la

vita privata, capace di gestire applicazioni quasi al pari di un computer. I dipendenti vengono

incentivati ad utilizzare dispositivi personali di questo tipo in un ottica BYOD ovvero Bring Your Own

Device, porta con te il tuo dispositivo [Iemma, 2013]. Dipendenti equipaggiati per poter lavorare

anche quando non sono in ufficio e sempre raggiungibili è la nuova grande possibilità offerta alle

aziende per contenere i costi: tramite l’uso di un dispositivo si può rimpiazzare una scrivania in un

ufficio, basta che sia disponibile l’architettura utile a supportare questo tipo di lavoro in sicurezza.

Bisognerà infatti proteggere i dati condivisi online con barriere opportune integrate con un sistema di

sincronizzazione dei dati online/offline efficace [Schadler, 2013]. Insieme con i pregi l’always on

porta però anche il limite di non poter più delimitare il lavoro in orari definiti: controllare le e-mail

anche da casa, magari mentre si è in compagnia dei familiari, è infatti consuetudine diffusa e spesso

implicitamente richiesta dai datori di lavoro [Nowak, 2013]. Per poter lavorare in maniera efficace

spesso però non sono sufficienti internet ed un dispositivo all’avanguardia, bisogna infatti poter

accedere a dati specifici o a programmi specifici, ed è proprio per soddisfare questa necessità che si

sta diffondendo il Cloud Computing [Iemma, 2013]. Condividendo in tempo reale informazioni salvate

online inoltre non è più necessario grande spazio di archiviazione: è tutto registrato in spazi protetti

su internet. Grazie all’interfaccia intuitiva di programmi come Dropbox, i file online vengono percepiti

come un’estensione del proprio pc al quale accedere tramite le cartelle di sistema. Sfruttandone il

funzionamento, e per favorire la collaborazione fra colleghi, sono state create applicazioni online che

consentono di utilizzare da browser programmi di scrittura, così da poter lavorare su una sola copia

del testo che l’applicazione stessa provvederà a sincronizzare, integrando le modifiche allo stesso file.

E’ possibile anche utilizzare applicazioni basate sul web mentre il computer è offline e poi

sincronizzare i cambiamenti appena ci si riconnette ad internet [Farkas, 2009], incrementando così la

flessibilità del sistema e la sua usabilità. La sfida che si pone alle aziende è provvedere a rendere

fruibili via web le proprie applicazioni chiave, ovvero quelle necessarie per svolgere i compiti specifici

di ogni lavoro, così da incrementare la produttività dei propri impiegati.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

L’agenzia OfficeTeam nel 2008 identificava le tecnologie che avrebbero cambiato il posto di lavoro,

ed il modo di lavorare, proponendo innovazioni riguardo a strumenti, programmi e spazi di lavoro

[Bowles, 2008]. Nel campo degli strumenti si prevedeva la creazione di un dispositivo che riuniva in

sé tutte le tecnologie in uso ( come computer, telefono e fotocamera ) capace di riconoscere e

decifrare vari tipi di input come la voce, la scrittura manuale ed i movimenti [Bowles, 2008]. Questo

prime previsioni riguardo ai dispositivi si sono avverate, e la tecnologia attuale continuerà ad

evolversi diventando sempre più intuitiva e sempre più capace di adattarsi alle richieste ed alle

modalità di lavoro umane: ne sono una prova il recente fiorire di touch-screen, controlli vocali e

basati sui movimenti che soppianteranno mouse e tastiere. La sfida che si pone oggi ai telefoni

cellulari è derivata dalla loro caratteristica principale: le loro dimensioni ridotte. Un dispositivo

portatile è comodo ma presenta uno schermo di difficile consultazione, ecco quindi perché le

innovazioni saranno in direzione della realtà aumentata: grazie a dispositivi come i pico-proiettori

sarà infatti possibile proiettare schermi o tastiere di dimensioni utili, pari a quelle di un computer, da

utilizzare grazie a supporti integrati capaci di tracciare i gesti dell’utilizzatore. Interfacce che si

integreranno con smartphone ed occhiali a realtà aumentata per creare una coinvolgente realtà

alternativa in 3D, perfetta espressione di quello che si prospettava come ubiquitous computing:

un’esperienza così naturale da non ricordare l’informatica *Nowak, 2013+. Un esempio concreto è il

futuristico Leap Motion, un piccolo dispositivo usb capace di trasmettere ad ogni computer il

movimento delle mani tramite sensori e telecamere. Un ribaltamento dall’era in cui poter utilizzare il

computer era appannaggio degli informatici perché bisognava conoscere procedure e codici, e quindi

imparare il linguaggio stesso del computer, per poterlo utilizzare. Non tutte le previsioni si sono però

avverate: nel 2008 si immaginavano programmi in grado di individuare le relazioni semantiche

esistenti fra le parole, capaci di cogliere il senso di un discorso, e quindi idealmente in grado di

assumere un ruolo di gestione riguardo ai progetti. Software in grado di suddividere il lavoro da

svolgere così da poterne assegnare le parti ai diversi collaboratori, computer capaci in questo modo

di gestire équipe in maniera automatica, snellendo lo scambio di informazioni fra i colleghi [Bowles,

2008+. Forse anche per un limite culturale, l’innovazione ha preferito concentrarsi sull’elettronica

piuttosto che sull’intelligenza artificiale.

Le innovazioni proposte relative agli spazi di lavoro consistono in un ambiente interattivo capace di

modificare, e quindi mantenere a livelli ottimali, valori come temperatura, umidità, intensità

luminosa. Si immaginava di munire di sensori ogni sedia dell’ufficio così da rilevare tensioni alla

schiena, o simili situazioni di disagio, e porvi rimedio *Bowles, 2008+. Monitorare l’ambiente non

richiederebbe poi tecnologie particolari, le persone stesse vengono già monitorate nei loro

spostamenti grazie ai dispositivi mobili che utilizzano e che ne trasmettono la posizione: tramite i

telefoni cellulari è infatti possibile calcolare quante e quali persone stanno assistendo ad un dato

evento, creando così mappe degli interessi [Zittrain, 2008]. Questo sistema di sensori viene poi

facilmente integrato, in caso di bisogno, con rilevatori di segni vitali tali da consentire il monitoraggio

di malati ed anziani, senza che essi debbano recarsi in ospedale *Zittrain, 2008+. L’ubiquitous

computing si estende ormai al punto di rendere le persone dei sensori messi in comunicazione con

una rete estesa capace di tracciarne bisogni e desideri ( distributed human sensor ).

La tecnologia sarà sempre più modellata sulle specificità dell’utilizzatore, rilevandone disagi ma

anche interpretandone gestualità ed emozioni. Le telecamere utilizzate per gestire i movimenti sono

infatti in grado di riconoscere le espressioni facciali: nel 2011 delle Kinect, videocamere utilizzate da

console di gioco Microsoft e quindi facilmente reperibili, sono state utilizzate al Massachusettes

Institute of Technology per rilevare i sorrisi, e quindi il livello di felicità generale, fra gli studenti del

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

campus evidenziando aree e giorni più piacevoli [Hoque et al., 2012]. Sono state anche sviluppate

applicazioni che riescono a riconoscere l’umore basandosi sul suono della voce *Nowak, 2013+ o sul

riconoscimento lessicale, ovvero in grado di tracciare le emozioni dei propri impiegati in base alle

diverse percentuali di parole chiave percepite nel messaggio [Levine, 2012]. Si sviluppano dispositivi

sempre più in grado di interpretare i bisogni dell’utilizzatore ed anche capaci di assecondarne le

modalità di espressione. La comunicazione umana infatti avviene attraverso canali multipli, non

semplicemente il linguaggio, e si sta cercando di creare dispositivi capaci di riprodurre queste

sfaccettature così da poter sfruttare tutte le opportunità offerte dalla comunicazione. Numerose

sono le ricerche relative ad oggetti capaci di incrementare la socialità tramite la trasmissione di

movimento o luce; per esempio SnowGlobe, una lampada che trasmette al dispositivo gemello ogni

movimento rilevato sotto forma di intensità luminosa, una forma di comunicazione alternativa ma

pur sempre capace di veicolare emozioni [Visser, 2011].

Un altro cambiamento storico nel lavoro, sempre dovuto alla diffusione di una tecnologia mobile, è il

distributed human computing in cui si ha un ribaltamento di prospettiva: gli umani intervengono ad

aiutare i computer quando essi non sono in grado di svolgere un compito [Zittrain, 2008]. Si vengono

così a creare reti di persone, residenti in tutto il mondo, che collaborano per svolgere compiti

assegnati ad un programma elettronico. Come nel ‘700 si creavano automi capaci di giocare a scacchi

solo grazie a persone nascoste al loro interno oggi Amazon, azienda leader nel commercio

elettronico, prosegue nella finzione con il suo Mechanical Turk ( https://www.mturk.com /mturk /

welcome ). Si tratta di un sito che appalta online compiti che necessitano dell’intelligenza umana,

come dotare di senso i particolari di una fotografia, e che non possono essere svolti da sistemi

automatizzati, anche se all’apparenza tutti i compiti svolti dai lavoratori sono frutto di elaborazioni

elettroniche. Le persone dotate di un accesso ad internet sono quindi in possesso dei requisiti

necessari per lavorarvi, e venire retribuite da Amazon [Zittrain, 2008]. I problemi di questo approccio

al lavoro sono gli stessi che si erano presentati con la nascita delle catene di montaggio, infatti le

persone non hanno una visione d’insieme del lavoro che stanno svolgendo, rischiando così

l’alienazione dei lavoratori oltre al loro non poter giudicare la valenza etica del compito che stanno

svolgendo; oltretutto, in cambio della libertà di lavorare quanto e quando si preferisce, si concede un

controllo sulle proprie prestazioni maggiore di quello che viene esercitato normalmente in un

ambiente di lavoro [Zittrain, 2008]. Ecco quindi che, grazie ad un computer che accede alla rete, si

valorizzano capacità tipiche degli esseri umani ma poco spendibili in altri contesti. Cambiano le

tecnologie e cambiano anche i lavori e le capacità necessarie per rimanere produttivi: diminuiscono i

lavori manuali mentre si vengono a creare nuove forme di collaborazione uomo-computer [Davies et

al., 2011]. Alle persone verranno quindi riservati sempre più compiti intellettivi, di soprintendenza,

che richiedono capacità specifiche finora sottovalutate. Si sarà valorizzati dal saper attribuire senso ai

sempre più numerosi dati elaborati dai computer e alla successiva creazione di reti tramite cui

comunicare ad altre persone risultati ed ipotesi relativi ai dati. L’intelligenza sociale, che permette

all’uomo una comunicazione basata sull’espressione e il riconoscimento dei sentimenti, è alla base

della collaborazione e della fiducia reciproca ed è il risultato di millenni di evoluzione difficilmente

riproducibili da una macchina [Davies et al., 2011]. Nel mercato del lavoro saranno le peculiarità degli

esseri umani, come l’adattabilità, ad essere richieste. La capacità di rispondere a situazioni uniche ed

inaspettate, frutto delle circostanze del momento, diventerà una delle principali competenze che la

scuola dovrà fornire ai lavoratori del domani incentivando studi capaci di fornire una competenza

multidisciplinare ed interculturale [Davies et al., 2011]. Sta infatti emergendo un nuovo tipo di

organizzazione commerciale, quella ibrida, in cui talenti provenienti da campi diversi, e quindi con

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

capacità diverse, lavorano insieme ad uno stesso progetto [Bowles, 2008]. Un’organizzazione che

richiama i principi del co-working in cui grazie all’integrazione delle diverse conoscenze, tramite le

interazioni sociali, le persone migliorano le proprie prestazioni. Le capacità che non è stato ancora

possibile implementare su computer sono quindi le più importanti e le più facilmente spendibili in un

lavoro che vede sempre più affiancate persone e macchine: saper filtrare le informazioni rilevanti

tramite una conoscenza critica e saper collaborare diventeranno gli strumenti principali di ogni

lavoratore [Davies et al., 2011].

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia

Internet, nato come strumento tramite cui solo pochi potevano pubblicare contenuti, sta vivendo

l’età dei social network in cui tutti possono condividere le proprie idee [Owyang, 2013]. Per questo

motivo i media tradizionali stanno vivendo un periodo di crisi, con quotidiani storici che chiudono o

che vengono svenduti, e si trovano costretti a reinventarsi per non fallire. Siamo però già agli albori

della terza era di Internet, contraddistinta dalla condivisione di prodotti oltre che di contenuti, la

Collaborative Economy Age. Nella Collaborative Economy Age le persone otterranno i prodotti di cui

necessitano online, nel modo più conveniente possibile e grazie alla loro rete di pari, mentre le

aziende produttrici verranno considerate praticamente superflue [Owyang, 2013]. Le imprese si

troveranno quindi ad un bivio: combattere questa tendenza o cavalcarne l’onda. Se è vero che gli

strumenti utili per contrastare un’economia collaborativa esistono già, e quindi questa potrebbe

sembrare la scelta più facile, si tratta di una tendenza che non si esaurirà in qualche anno ma che

anzi diverrà predominante. Ecco quindi che al marketing aggressivo ed ai cartelli delle multinazionali

è da preferire l’unirsi in un nuovo modello economico in cui proprietà ed accesso alle risorse siano

condivise fra la gente e le imprese.

Fig. 4 – Le ere di internet [Owyang, 2013]

Le cause di questo stravolgimento dell’economia così come la conosciamo sono da ricercare in più

campi, infatti anche se tutti siamo portati a condividere è stato internet che ha esteso questa

capacità su scala mondiale. La tecnologia ormai portabile e diffusissima (87 cellulari ogni 100

persone, media mondiale [Owyang, 2013]) non è però l’unico fattore determinante, sta infatti

mutando il punto di vista della società riguardo alla proprietà. I giovani, e tutti coloro gravati dai

debiti, preferiscono l’accesso ad un risorsa rispetto all’impegno comportato dall’acquisto, fattore che

unito ad una densità mondiale crescente causa un ribaltamento di mentalità. Infatti ora che con le

risorse fisse fornite dalla terra bisogna soddisfare una maggiore richiesta, a causa dell’aumento della

popolazione mondiale, è inevitabile un rialzo dei prezzi tale da suggerire il ri-uso. Il baratto ritorna

come spinta economica in tempo di crisi, come nelle zone più interne della Grecia dove ha sostituito

l’euro *Smith, 2013+. Alle aziende si rivolge la sfida di gestire questo nuovo mercato basato su scambi,

comproprietà e rivendita dell’usato. E’ questa l’economia che stanno sfruttando la maggior parte

delle aziende nascenti, o startups, basate sul fornire un servizio online. La loro crescita vertiginosa ed

i guadagni immediati sono dovuti al non aver bisogno di uffici o sedi ma soltanto di un sito e di

un’idea da commercializzare. Le stesse compagnie automobilistiche, colpite da un crollo delle vendite

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

senza precedenti, hanno saputo re-inventarsi e proporre in forme diverse i loro prodotti. La Toyota e

la BMW, produttori di auto costose, offrono il noleggio delle loro vetture: senza passare da

intermediari le fabbriche diventano fornitori di servizi invece che di prodotti [Owyan, 2013]. Tutte le

categorie possono trasformarsi in questa direzione, fornendo i propri prodotti in leasing: non solo le

compagnie telefoniche che vendono pacchetti composti da abbonamenti ai propri servizi e telefoni,

ma anche i fornitori di prodotti quotidiani come “Dollar Shave Club” che invece di vendere i rasoi li

offre come servizi, inviando mensilmente per posta le lame ai propri iscritti.

Fig. 5 – Il funzionamento dell’economia collaborativa [Owyang, 2013]

Le compagnie capaci di gestire questo nuovo mercato costruito con gli utilizzatori finali potranno

quindi produrre i prodotti del futuro, in un ottica di cooperazione fra produttore ed utente in cui la

gente supporta l’efficienza dell’azienda tramite feedback, ma anche tramite co-design, co-sviluppo,

co-produzioni, co-archivio, co-consegna… Ogni parte del processo produttivo potrà essere condivisa.

Esempi attuali sono il sito Nike ( www.nike.com/it/it_it/c/nikeid ) in cui poter personalizzare i colori

delle scarpe vendute online, il portale Quirky ( www.quirky.com ) in cui acquistare oggetti di design

ideati da privati o il portale Deliv ( https://deliv.co/pages/home ), che intende instaurare una rete di

corrieri privati attivi su breve distanza, fino ad arrivare a Kickstarter ( www.kickstarter.com ), sito in

cui le idee dei privati vengono finanziate da donazioni estromettendo quindi le banche dal

finanziamento. L’e-commerce non consiste quindi soltanto nella possibilità di vendere a un mercato

più ampio, al limite intercontinentale, ma nel rivoluzionare i classici rapporti produttore-utente.

Istruttiva è l’evoluzione del caso Air Bed And Breakfast o AirBnb ( www.airbnb.com ), il sito che ha

trasformato la case private in alberghi tramite la condivisione dei propri spazi online. Un portale

capace di mettere in crisi il fatturato degli albergatori, categoria che nel caso della Marriott ha saputo

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

reinventarsi: sfruttando la fiducia nel proprio marchio storico ha creato un certificato di qualità per

gli AirBnb. Il certificato, esibito sul profilo del privato, gli conferisce lustro, affidabilità e quindi

clientela, e permette alla compagnia di hotel un guadagno su ogni transazione tra privati [Owyang,

2013]. La catena famosa offre la propria esperienza, il proprio marchio di qualità ai privati che hanno

bisogno di visibilità, in uno scambio reciproco.

Ecco quindi emergere il fondamento della nuova economia collaborativa: la fiducia.

Gli scambi si baseranno su collegamenti fra gruppi formati da conoscenti, una cooperazione di

cooperative gestite democraticamente, una catena umana formata da anelli di mutua fiducia per

adattare l’ottica di scambio fra persone di uno stesso villaggio a quello che è il paese attuale: la rete

globale di Internet [Alexander, 2004]. Se si poteva entrare a far parte di queste comunità solo su

invito da parte di membri interni, ora il sistema è aperto e la fiducia la si guadagna con i propri

contributi. Attraverso le valutazioni date ad un profilo la fiducia viene quindi gestita come nel sistema

di valutazione che ha fatto la fortuna di Ebay, un sistema di aste online dove venditori e compratori

possono giudicare la qualità del loro interlocutore [Alexander, 2004]. Questi giudizi vengono poi

visualizzati pubblicamente così da orientare le scelte dei prossimi acquirenti/venditori. Si viene

quindi a creare un meccanismo aggiornato ed autoregolato: è il gruppo dei pari ad esprimere giudizi

e guidare il mercato. Ogni sito quindi costruisce una propria comunità popolata da membri che, a

detta dei loro pari, sono più o meno affidabili. Ogni persona risulta dunque costituita online da una

molteplicità di profili, uno per ogni sito a cui si è registrata, e ad ogni registrazione su un sito nuovo

deve ricostruire la propria fiducia da zero. Questa frammentazione dell’identità digitale viene risolta

da siti, attivi soprattutto nel sociale ( vedi http://oneworld.net/ ), capaci di aggregare ed unificare le

varie identità corrispondenti ad una sola persona.

In un’economia basata sulla fiducia si sperimentano poi nuove valute spendibili solo all’interno di

determinate comunità. Il denaro, come valuta neutrale, è intervenuto a mediare gli scambi fra

sconosciuti incapaci di reciproca fiducia, ma ora internet ha fornito l’interazione necessaria a

supportare un tale mercato “locale” su base mondiale: è il caso dei Time Dollars o Time Bank, in cui le

persone propongono le proprie capacità, e quindi il proprio tempo, in cambio di una valuta-tempo di

un altro associato. Per esempio uno studente offre un’ora di lezione di pianoforte a un idraulico e in

cambio ottiene diritto a un’ora, usufruibile fra tutte le proposte degli utenti, dalla lezione di dizione

di un madrelingua tedesco alle riparazioni dell’idraulico. Una realtà capace di integrare nell’economia

chi non ha accesso ai tradizionali lavori retribuiti, favorendo così sia la solidarietà della propria

comunità ed il supporto in condizioni economiche difficili, sia la costruzione di una nuova carriera,

grazie alle possibilità educative favorite da questo tipo di reciprocità [Cahn, 2011]. La stessa valuta

corrente di denaro viene relativizzata per poter definire un “costo reale” dei prodotti tenendo conto

di caratteristiche come l’impatto ambientale o le condizioni sociali del lavoratore. In un’economia

collaborativa in cui il prezzo sarà definito in maniera più equa, e sarà più facile reperire informazioni

riguardo alle condizioni di produzione, si creeranno nuovi criteri da considerare prima di un acquisto.

Il controllo centrale esercitato dalle multinazionali nel XX secolo è stato ormai messo in discussione

da sedi decentralizzate e soprattutto auto-regolate, così che le decisioni possano essere prese ad un

livello gerarchico più basso, dove si conoscono le reali necessità e problematiche di ogni azienda

[Alexander, 2004].

Purtroppo però la mancanza di fiducia è presente a tutti i livelli delle organizzazioni, sia nei rapporti

con i consumatori che nei rapporti fra colleghi interni. Questa situazione si è evidenziata

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recentemente, in seguito ai numerosi scandali finanziari, e richiede un cambiamento. Nelle aziende la

fiducia si configura infatti come una variabile capace di determinare guadagni o perdite, come

evidenziato dallo studio di Watson Wyatt in cui un maggiore livello di fiducia in un’organizzazione

determina un incremento del 286% di guadagni [Covey, 2008]. Il livello di fiducia interno all’azienda

non si traduce solo in profitto, ma è anche il fattore che più di ogni altro è in grado di differenziare

fra ottima e scarsa innovazione [Covey, 2008]. Ovviamente in un’ottica in cui il commercio diventa

cooperativo, e quindi sempre più influenzato dalla dipendenza reciproca, la fiducia è destinata ad

assumere un ruolo sempre più importante, diventando quindi la principale caratteristica richiesta.

Ecco quindi nascere il bisogno di ristabilire la fiducia, di riportarla a livelli ottimali: si stima che negli

USA meno della metà degli impiegati crede nelle capacità del proprio capo, mentre nel Regno Unito

la percentuale scende al 30% [Covey, 2008]. La fiducia può essere ristabilita, ma bisogna cominciare a

considerarla una competenza, una capacità da acquisire, fino ad arrivare a riconoscere che non può

esistere leadership senza fiducia.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

Conclusioni

A sollecitare la creazione di un ufficio condiviso fra lavoratori con diversi interessi è stata la visione,

tipica dei Generation Y, di considerare le differenze una risorsa e di affidarsi alla collaborazione

piuttosto che alle gerarchie lavorative. Questa visione è stata coadiuvata da motivazioni economiche

e dalla possibilità di avvalersi di nuove tecnologie connettive.

I cambiamenti sono stati quindi profondi, determinati dall’ingresso di una nuova generazione nel

mondo del lavoro, dallo sviluppo di tecnologie che permettono di lavorare da ogni posto e da spazi

che devono essere sempre più ottimizzati. I lavoratori interessati alle nuove forme di lavoro sono

autonomi, operano in campi multidisciplinari e preferiscono un clima informale, dove possono

decidere quotidianamente se lavorare in gruppo o concentrarsi dietro una scrivania. Gli spazi devono

quindi offrire diverse configurazioni, con un grado di formalità maggiore o minore, tali da consentire

flessibilità ai mobile worker, persone abituate a svolgere il proprio lavoro con il solo ausilio di

computer e connessione internet. In un ottica di lavoro distribuito gli uffici sono strutturati per

ottimizzare lo spazio così da ridurre i costi di affitto e contemporaneamente, con gli open space,

favorire le interazioni fra le persone senza che queste siano determinate dalle gerarchie. Grazie a

questi accorgimenti si incentiva la collaborazione dimezzando il budget per le infrastrutture. Il co-

working consiste nel rendere disponibili per i liberi professionisti e i consulenti le innovazioni che

hanno avuto effetti positivi nelle grandi aziende come Intel e Cisco. In un’epoca in cui il lavoro viene

svolto prevalentemente online, grazie al cloud computing, i lavoratori necessitano di poche

attrezzature specifiche e gli uffici sono uniformati, anche a differenza di mansioni: una postazione

può essere condivisa fra professionisti che operano in campi diversi e le diverse postazioni si

equivalgono fra loro. Non è più necessario possedere un ufficio quando è possibile ottenere gli stessi

benefici noleggiandolo, risparmiando ed in più beneficiando di un ambiente stimolante.

Più in generale il lavoro appare destinato a diventare basato su connessioni fra individui rette dalla

fiducia reciproca, scambi fra pari capaci di portare benefici ad entrambe le parti, in un’ottica di

accrescimento comune. La maggior parte dei compiti verrà svolta online, e proprio grazie ad internet

la collaborazione sarà incentivata al punto da rendere labile il confine fra produttori e consumatori.

Si prospetta un futuro in cui non si acquistano prodotti, ma ci si avvale di servizi, in cui la

collaborazione sarà incentivata al punto di rendere labile il confine fra produttori e consumatori, e i

lavoratori saranno sempre più autonomi e coinvolti in una rete basata sulla collaborazione attiva a

livello globale. Uno scenario che ricorda da vicino l’etica e il funzionamento del co-working.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio

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