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SCIENZA E SPORT 5 Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017 >> Molteplici studi scientifici effettuati nel corso degli ultimi anni hanno potuto dimostrare i molti effetti benefici che l’attività fisica implica sull’organismo, dedicando particolare interesse alla prevenzione di stati patologici di modesta e grave entità (obesità, ipertensione, cardiopatie, diabete, ecc.) e all’ottimizzazione del benessere psicologico e delle funzioni mentali (rilascio di beta-endorfine ipofisarie). Pur tuttavia, come in tutti gli eccessi, una sua pratica morbosa e spropositata può provocare effetti indesiderati annullando completamente il suo ruolo preventivo e aumentando il rischio di contrarre gli stessi stati patologici che essa tende a ridurre. Questo si verifica nella quasi maniacale ricorrenza a svolgere tutte quelle at- tività aerobiche in cui aumenta il fabbisogno di ossigeno medio a livello tissutale, che se svolte ad intensità elevata e senza rispettare tempi di recupero adeguati possono condurre alla ge- nerazione di picchi elettronici a livello mitocon- driale durante i normali processi metabolici di respirazione cellulare. Il conseguente sovralle- namento porterà ad una maggiore dispersione di specie reattive dell’ossigeno altamente no- cive, chiamate comunemente radicali liberi (o ROS) che determinano quella condizione meta- bolica denominata stress ossidativo. INTRODUZIONE di Daniele Valentino Attività fisica e stress ossidativo, rischio potenziale o vantaggio adattivo NOTE SULL’AUTORE Dott. Daniele Valentino Laureato in Scienze delle attività motorie e sportive nel 2016. Attualmente studente della facoltà di Fisioterapia presso l’Università degli Studi di Foggia. Email: daniele.valentino94@ gmail.com

Pagine da rivista Scienza e Movimento 9

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Molteplici studi scientifi ci eff ettuati nel corso degli ultimi anni hanno potuto dimostrare i molti eff etti benefi ci che l’attività fi sica implica sull’organismo, dedicando particolare interesse alla prevenzione di stati patologici di modesta e grave entità (obesità, ipertensione, cardiopatie, diabete, ecc.) e all’ottimizzazione del benessere psicologico e delle funzioni mentali (rilascio di beta-endorfi ne ipofi sarie).Pur tuttavia, come in tutti gli eccessi, una sua pratica morbosa e spropositata può provocare eff etti indesiderati annullando completamente il suo ruolo preventivo e aumentando il rischio di contrarre gli stessi stati patologici che essa

tende a ridurre. Questo si verifi ca nella quasi maniacale ricorrenza a svolgere tutte quelle at-tività aerobiche in cui aumenta il fabbisogno di ossigeno medio a livello tissutale, che se svolte ad intensità elevata e senza rispettare tempi di recupero adeguati possono condurre alla ge-nerazione di picchi elettronici a livello mitocon-driale durante i normali processi metabolici di respirazione cellulare. Il conseguente sovralle-namento porterà ad una maggiore dispersione di specie reattive dell’ossigeno altamente no-cive, chiamate comunemente radicali liberi (o ROS) che determinano quella condizione meta-bolica denominata stress ossidativo.

INTRODUZIONE

di Daniele Valentino

Attività fi sica e stress ossidativo, rischio potenziale o vantaggio adattivo

NOTE SULL’AUTORE

Dott. Daniele ValentinoLaureato in Scienze delle attività motorie e sportive nel 2016. Attualmente studente della facoltà di Fisioterapia presso l’Università degli Studi di Foggia.Email: [email protected]

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11Scienza e Movimento - N.-9 Gennaio-Marzo 2017

Il Dott. Riccardo Dalle Grave, nel suo libro “Alle mie pazienti dico…” (1) mette in risalto come sia diffi cile stabilire esattamente il momento in cui la moda della magrezza si sia aff acciata presso le società occidentali.

Interessanti alcune informazioni che si possono estrapolare dal suo libro, alcune di queste de-gne di nota e specchio di una società che nel

corso degli anni ha senza dubbio modifi cato il suo archetipo fi sico/corporeo: il Dottor Silver-stein e collaboratori, nel tentativo di stabilire l’esatto momento storico in cui la moda della magrezza avrebbe avuto inizio, hanno misurato le dimensioni del petto, della vita e dei fi anchi delle modelle apparse su Vogue e Ladie’s Home Journal nel periodo compreso tra il 1901 e il 1981.

di Davide Serpe

ALLE ORIGINI DEL MITO DELLA MAGREZZA: L’IMPOSSIBILITÁ DI UN CORPO PERFETTO

NOTE SULL’AUTORE

Davide SerpeLaureato con lode in specialisticadi Scienze e Tecniche delleAttività Motorie Preventive eAdattate nel 2009, e in Scienze della NutrizioneUmana. Ha completatonel 2011 il corso CONI-FIGC el’anno seguente ha conseguitoil patentino UEFA B in ambitocalcistico. Docente NonSoloFitnessdal maggio del 2012.davide.serpe@nonsolofi tness.it

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17Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017

Nella relazione fra postura ed equilibrio si ri-scontrano molte variabili e, allo stesso tempo, i sistemi di controllo di queste due funzioni così complesse, spesso coincidono. L’equilibrio si raggiunge, in posizione eretta, quando la perpendicolare passante per il baricentro del corpo cade all’interno della base di appoggio costituita dai piedi.

Il mantenimento della funzione di equilibrio avviene attraverso una costante rielaborazione dei parametri dell’attività muscolare, indispen-sabile per mantenere il baricentro all’interno della base di appoggio. Il baricentro è infatti in continuo movimento: sia per l’azione di forze esterne, che per gli spostamenti causati dal mo-vimento volontario.

di Fabio Marino

Postura, equilibrio e propriocezione

NOTE SULL’AUTORE

Fabio MarinoDottore in Podologia (con lode)Dottore in Scienze Motorie (con lode)Docente Nonsolofi tnessAutore dei volumi “Postura e attività motoria” e “A scuola di salute”.Website: www.podoposturale.itMail: [email protected]

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25Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017

Le proteine hanno da sempre ricoperto un ruo-lo di prestigio nel mondo del fi tness, idolatrate come nutrienti in grado di accrescere la massa muscolare e migliorare l’estetica corporea.

L’essere umano è costituito per un 10-15% della propria massa totale da proteine, il 60% delle quali è presente nel tessuto muscolare.

Il turnover proteico di ogni giorno è di circa 300-400 g, utili per rinnovare i tessuti, mante-nere la temperatura corporea, formare enzimi e carriers, sintetizzare cellule del sistema immuni-tario e gli ormoni peptidici (Schutz 2011).

Circa un 10% del quantitativo totale del tur-nover proteico viene eliminato attraverso le

di Giulio Merlini

PROTEINE E SPORT

NOTE SULL’AUTORE

Giulio MerliniLaurea Magistrale con lode e menzione accademica in Scienze e Tecniche Avanzate dello SportLaurea Magistrale in Scienze della Nutrizione con votazione 110/110Sport Nutrition Specialist presso l’ISSN americanaDocente NonSoloFitnessDocente FIPE Piemontemail: [email protected]

INTRODUZIONE

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33Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017

“(…) i disturbi alimentari, la maggior parte delle volte, nascono a causa di modelli comunicativi er-rati che spingono le donne a prendere ad esempio canoni di bellezza distorti”: aff ermazioni di que-sto tipo abbondano ovunque si parli di anores-sia e bulimia. Molte pubblicazioni anche di ca-rattere scientifi co parlano del legame tra danza classica ed anoressia come caratterizzato da un nesso causa-eff etto: si dice che la disciplina du-rissima della danza classica provochi l’anores-sia, e i modelli di magrezza eccessiva causino disturbi alimentari nelle ragazze. Qualche anno

fa la ballerina della Scala di Milano Maria Garri-tano fece scalpore dichiarando ad un giornale che nel suo ambiente di lavoro il 20% delle dan-zatrici soff re di anoressia, ed addirittura il 70% ha visto scomparire il ciclo mestruale.

Per fare un confronto, tra la popolazione gene-rale italiana, l’incidenza dei disturbi alimentari è dello 0,8% per l’anoressia e 5% per la bulimia (dati dell’Associazione per lo studio e la ricer-ca sui disturbi alimentari, Dott.ssa Speranza, Roma).

di Marzia Vaiarelli

Ballare e scomparire: un falso binomio? Correlazioni tra disturbi alimentari e danza classica

NOTE SULL’AUTORE

Dott. ssa Marzia Vaiarellilaureata in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, lavora nel campo della dipendenza patologica e dei disturbi alimentari; da diversi anni collabora con l’Associazione di promozione sociale “La Tenda” che aiuta i familiari dei malati di dipendenza patologica, bulimia, anoressia e ortoressia. [email protected]

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39Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017

L’International Vegetarian Union defi nisce la die-ta vegetariana come “alimentazione basata su cibi di derivazione vegetale, con o senza uova, prodotti caseari e/o miele”.

È possibile riscontrare un notevole aumento del numero di vegani e vegetariani tra la popolazione mondiale. Ciò è dovuto ad una molteplicità di ragioni, ma quelle più quotate sono tre: salute, in virtù delle proprietà preven-tive e curative di queste alimentazioni nei con-fronti delle patologie costituenti le prime cause di morte nei paesi industrializzati, nonché dia-

bete senile, tumori, obesità, malattie cardiova-scolari ed ipertensione; condivisioni animali-ste; motivazioni ambientalistiche.

Tra lo stile alimentare vegetariano esistono delle sottoclassi che si diff erenziano in base all’esclusione, più o meno integrale, dei pro-dotti di origine animale. I latto-ovo-vegetariani seguono una dieta a base di cibi di origine ve-getale concedendosi anche il consumo di quelli di derivazione animale come il latte e le uova, mentre i Vegan escludono dalla propria alimen-tazione tutti i prodotti di origine e derivazione

di Sara Tricarico

Alimentazione vegetariana e sport: rischi o benefi ci?

NOTE SULL’AUTORE

Sara TricaricoDottoressa in Scienze Motorie e Sportive, [email protected]

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47Scienza e Movimento - N.9 Gennaio-Marzo 2017

NOTE SULL’AUTORE

Dott. Pierluigi De Pascalis Laureato in Scienze Motorie, è responsabile della formazione e divulgazione scientifi ca di NonSoloFitness e professore a contratto presso l’Università degli studi di Foggia ([email protected], www.depascalis.net).

DAL WEBTRATTO DA WWW.NONSOLOFITNESS.IT

Allenamento della forza: come avvicinarsi alla capacità massima assolutadi Pierluigi De Pascalis

Riguardo l’allenamento della forza, ma soprat-tutto in relazione alla sua espressione, vi è un parametro probabilmente poco noto sotto il profi lo tecnico sebbene intuibile sotto l’aspet-to pratico, che riguarda la diff erenza esistente tra la capacità massima assoluta di espres-sione della forza e quella realmente erogata all’interno di un lavoro volontario, sebbene di tipo massimale. Siamo sempre stati abituati a sentir parlare di serie, ripetizioni, peso e tem-

pi di recupero, dimenticando che l’espressione della forza è signifi cativamente sottoposta al controllo muscolare da parte del sistema ner-voso, pertanto il parametro motivazionale può determinare una signifi cativa diff erenza. Il livel-lo di attivazione è infatti fortemente connesso con il grado di motivazione che spinge l’atleta a compiere un lavoro e che già per attivazioni in grado di sfi orare il 65% della capacità assoluta di prestazione, richiede una enorme forza di vo- >>

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www.calzetti-mariucci.it

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