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Estratto dal sito www.ilfuturomigliore.org VIAGGIO DALLA POLTRONA sergio benassai 1. Da Cielo d’Alcamo a Federico II Chiedendo scusa a Xavier de Maistre per aver parafrasato il titolo del suo “Viaggio intorno alla mia camera”, inizio dunque questo mio viaggio mentale, sdraiato sulla poltrona del soggiorno, fedele a questa mia abitudine che ho elevato al grado di necessaria parentesi creativa, nominandola, fra me, ma anche con altre persone, come il “gioco del nulla”. Lo sguardo scorre sugli scaffali pieni di libri: quei libri che furono oggetto di un fulminante commento da parte del falegname che costruì gli scaffali: “Ma lei li ha letti tutti quei libri ?” “Sì.” “E allora perché non li butta via ?” In fondo aveva qualche ragione. E infatti adesso, per la prima volta dopo tanti anni, sono riuscito a sistemare una cassetta, sotto il tavolinetto sul quale si accumulano gli ultimi libri acquistati, nella quale abbandonare i libri che, secondo me, non

Viaggio dalla poltrona

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Estratto dal sito

www.ilfuturomigliore.org

VIAGGIO DALLA POLTRONA

sergio benassai

1. Da Cielo d’Alcamo a Federico II

Chiedendo scusa a Xavier de Maistre per aver parafrasato il titolo del suo “Viaggio intorno alla mia camera”, inizio dunque questo mio viaggio mentale, sdraiato sulla poltrona del soggiorno, fedele a questa mia abitudine che ho elevato al grado di necessaria parentesi creativa, nominandola, fra me, ma anche con altre persone, come il “gioco del nulla”.

Lo sguardo scorre sugli scaffali pieni di libri: quei libri che furono oggetto di un fulminante commento da parte del falegname che costruì gli scaffali:

“Ma lei li ha letti tutti quei libri ?”“Sì.”“E allora perché non li butta via ?”

In fondo aveva qualche ragione. E infatti adesso, per la prima volta dopo tanti anni, sono riuscito a sistemare una cassetta, sotto il tavolinetto sul quale si accumulano gli ultimi libri acquistati, nella quale abbandonare i libri che, secondo me, non vale la pena di conservare (o che addirittura meriterebbero di non essere stati scritti).

Nello scaffale che contiene libri catalogati (solo mentalmente) come “Varie” c’è uno dei pochissimi libri di scuola che ho conservato. Si tratta del “Disegno storico della letteratura italiana” di Natalino Sapegno (del 1948).Ricordo ancora la prima pagina del testo, dove si fa riferimento alla famosa formula “Sao ko kelle terre, per kelli fini que ki contene, trenta anni le possette parti Sancti Benedicti …” che vengono considerate le prime parole scritte nella nascente lingua italiana e che sono contenute nel “placito cassinese”, la testimonianza giurata relativa ad una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino e un feudatario.

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Accanto al libro di Sapegno ci sono i quattro volumi della “Storia della letteratura italiana” di Francesco De Sanctis. A differenza di Sapegno, il De Sanctis non cita il “placito cassinese”, ma inizia la sua storia con la canzone “Rosa fresca aulentissima, ch’apari inver’ la state …” di Cielo d’Alcamo, pur ricordando che non si tratta del primo documento della letteratura italiana, essendo stata preceduta da altri scritti, come il “Cantico delle Creature” di Francesco d’Assisi.

E cosa ci fa, su questo stesso scaffale, un libro intitolato “Prato: nascita e sviluppo di una città di mercanti” ?

Ecco allora una fantasiosa giustificazione.La canzone di Cielo d’Alcamo si ritiene sia stata composta fra il 1231 e il 1250.E perché tale datazione ? Perché la quinta strofa dice che:

Se i tuoi parenti trovami, e che mi pozzon fare?Una difensa mètonci di dumili’ agostari:non mi tocara pàdreto per quanto avere ha ’n Bari.Viva lo 'mperadore, graz a Deo!  Intendi, bella, quel che ti dico eo?

Quindi siamo dopo il 1231 (perché in quell’anno fu emanata la Costituzione di Melfi che prevedeva il pagamento di una multa in caso di aggressione), ma prima del 1250 (anno della morte dell’imperatore Federico II di Svevia).

Ecco qua: Federico II.Ed è proprio a Federico II che si deve la costruzione di uno dei principali monumenti di Prato, il Castello dell’Imperatore: un castello del quale rimangono solo le mura esterne, ma che comunque fa la sua bella figura.Quindi è chiarito così il collegamento fra letteratura italiana e Prato.

2. Da Jesi a Roma

Federico II, nacque alla fine del 1194 a Jesi, mentre la madre Costanza era diretta a Palermo, dove il marito era stato incoronato Re di Sicilia.Poiché Costanza non era proprio una giovinetta, e si dubitava quindi della sua gravidanza, la povera Costanza dovette partorire in pubblico sulla piazza principale che adesso, ovviamente, si chiama Piazza Federico II.

Sulla quale piazza si può ammirare una lapide posta all’ingresso del palazzo Mestica, sulla quale è scritto:

IN QUESTO LUOGOGIA’ SEDE DELLA SANTA INQUISIZIONE

OGGI STANZA DI CIVILI STUDIA

GIORDANO BRUNOVITTIMA DELLA TIRANNIDE SACERDOTALE

MARTIRE DEL LIBERO PENSIERO

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I CITTADINI DI JESIANNUENTE IL MUNICIPIO

POSEROJESI 9 GIUGNO 1889

Un jesino mi ha detto che la lapide è stata situata proprio di fronte al palazzo vescovile in modo che ogni apertura di finestre del palazzo obblighi gli occupanti a trovarsi di fronte questa scritta.

Ma c’è una curiosa coincidenza: lo stesso giorno, il 9 giugno 1889, a Roma, in Piazza Campo de’ Fiori, viene inaugurato il famoso monumento a Giordano Bruno, dello scultore Ettore Ferrari.Una coincidenza concordata ? Non lo so.

Quello che è certo è che adesso Piazza Campo de’ Fiori è uno dei luoghi prediletti dalla gioventù per la “movida”.

E la parola “movida” riporta di nuovo ad Alcamo, la città dell’autore di “Rosa fresca aulentissima”.Perché ?Perché, caso che ritengo piuttosto raro, sul sito istituzionale del Comune di Alcamo, cliccando su “La Città” compare, tra le altre, la voce “movida”, dove si danno indicazioni sul come trascorrere le ore notturne, con indicazione di locali, orari e prezzi.

Ma è a Roma che Plinio il giovane, nel Libro VIII delle Epistole (Epistola 9), scriveva «Non so più da molto tempo cosa sia l’ozio, cosa sia la quiete, cosa sia il piacevole stato del non far nulla, non esser nulla.Però Plinio non si lamentava della rinuncia al “gioco del nulla” (e della impossibilità di dedicarsi allo studio) perché impegnato nella “movida”, ma perché impegnato nel mantenere le relazioni con gli amici.Oppure in fondo le relazioni amicali di Plinio (suppongo costellate di discussioni culturali e/o di affari) e la movimentatissima “movida” di oggi hanno qualcosa in comune ?

Forse sì o forse no. Certo è che alcune volte, a tarda sera, in Piazza Campo de’ Fiori, a Roma, ai piedi della statua di Giordano Bruno, al posto della movida si sono tenute lezioni e discussioni di filosofia.

3. Andata e ritorno

Dal momento che finora ho menzionato Plinio, Federico II, Giordano Bruno, Francesco De Sanctis e Natalino Sapegno (in ordine di anzianità “storica”), perché non farli incontrare ? E dove ?Facciamoli incontrare a Roma, visto che lì portano tutte le strade.E dove li sistemiamo ?Naturalmente nelle vie che portano il loro nome.Allora:- Plinio lo sistemiamo in Via Plinio, dove ha sede l’Università degli Studi Guglielmo Marconi (non dovrebbe trovarsi male, visto che vi si tiene un corso di storia romana)- Federico II di Svevia si troverà nel Viale Federico II di Svevia, a Villa Ada (potrà far finta di essere nel parco di una delle sue residenze)

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- Giordano Bruno starà naturalmente in Via Giordano Bruno (dove, non poteva capitare meglio, ha sede la Biblioteca Giordano Bruno)- Francesco De Sanctis e Natalino Sapegno alloggeranno rispettivamente in Via Francesco De Sanctis, in Prati, e in via Natalino Sapegno, alla Bufalotta (niente di eccezionale, ma, essendo arrivati più tardi degli altri a raggiungere fama e gloria, si devono accontentare).

Bene, sono arrivati e sistemati.Ma adesso bisogna trovare un buon motivo per farli incontrare.Il motivo può essere una discussione su “Letteratura e critica letteraria”. In fondo sono tutti esperti in materia.L’idea è di mettere a confronto le loro opere e le opinioni, entusiaste o critiche, dei commentatori di oggi.Per questo si potrebbe pensare di fornire ad ognuno di loro un estratto dal web di tali opinioni …

Il web ?????

Se ne vanno tutti infuriati e mi lasciano solo con il nulla del “gioco del nulla”

4. Libri antichi e città

Un’altra occhiata agli scaffali delle librerie.Mancano un bel po’ dei cosiddetti “classici”, come Guerra e pace, Don Chisciotte, I miserabili, La coscienza di Zeno, David Copperfield, ecc.

La spiegazione è semplice: da ragazzino mi avevano regalato una famosa enciclopedia “Il tesoro” che, tra tante altre cose, conteneva una sezione dove erano appunto riassunti i grandi classici. Quindi avendo letto il riassunto … perché leggere il libro ?Naturalmente non era (e non è) una giustificazione seria.

Come non è (forse) una giustificazione seria il tenere insieme libri che trattano un po’ di tutto, solo perché si tratta di libri antichi (o vecchi) comprati (in genere per puro sfizio) sulle bancarelle dei mercatini e, quasi tutti, mai letti.

Tra l’altro … guarda cosa c’è ! Un’edizione parigina del 1840 proprio di “Voyage autour de ma chambre” di Xavier de Maistre (giuro che quando ho cominciato a scrivere non me ne ricordavo proprio).

E accanto c’è una traduzione dal tedesco (a cura di Pietro Francesco Govoni), pubblicata nel MDCLXXXV, di “L’origine del Danubio, con li nomi antichi, e moderni di tutti li Fiumi, & Acque, che in esso concorrono …”.Questo l’ho letto, o meglio, ho letto le prime 17 pagine, sulle quali ho “lavorato” (cercando comprenderle e “tradurle” in italiano corrente) per scrivere poi uno pseudo articolo storico su “Le sorgenti del Danubio”, in omaggio a Claudio Magris e al suo “Danubio” (del quale ho letto però solo la prima parte).

Non è però che ho il vizio di non finire mai un libro, anzi !Lo dimostra il fatto che mi sono sorbito fino alla fine le circa 900 pagine di “Il cardellino” di Donna Tartt, un libro che ho trovato semplicemente brutto.

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Comunque il Danubio, in quanto fiume, mi ricorda il mio soggiorno, da studente universitario, a Gundremmingen, un paesino di 1500 abitanti sulle rive del Danubio, vicino a Ulm, dove era in funzione una centrale nucleare. Vi ho trascorso un mese: abitavo in una camera in una fattoria, sopra la stalla (la mattina avevo sempre un bicchiere di latte appena munto), e, per andare e tornare dalla centrale nucleare (dove ho preparato la mia tesi sul trattamento di rifiuti nucleari), utilizzavo una vecchia bicicletta, di quelle tutte nere, senza cambio e col manubrio alto.

Gundremmingen fu il secondo stage da universitario: il primo lo feci (ero appena al secondo anno di ingegneria) presso le Officine Savigliano di Torino dove, almeno a quei tempi, progettavano e costruivano trasformatori elettrici.E lì imparai una cosa che credo sia ancora (anche se non sempre) valida. Fu un giovane ingegnere che mi chiese di disegnare un progetto di trasformatore (apparecchio del quale sapevo poco o niente) e poi mi chiese: “Ti piace ?”La mia risposta fu “No”.E lui commentò: “Se non ti piace vuol dire che è un progetto sbagliato”.

E a Torino mi riporta anche un altro libro antico che ho di fronte.Si tratta di “Esame della teoria del sig. dottore Crawford intorno al calore e alla combustione” di Guglielmo Morgan, stampato appunto a Torino il MDCCLXXXVIII. E’ una trattazione della combustione, ancora basata sulla teoria del “flogisto”, il misterioso componente dei materiali combustibili.

Sorvolo sugli altri libri antichi, ma non posso dimenticare il “Raccoglitore di ulive, fronde ed altri frutti” del barone Panfilo de Riseis, pubblicato nel 1844 dai tipi di Francesco-Saverio Del Vecchio, a Chieti.Vi è descritto, anche con un bel disegno, una specie di imbuto di tela e legno da appendere agli alberi e nel quale vengono fatti cadere i frutti che poi scivolano da un foro sul fondo per poter essere raccolti in idonei recipienti.Il mio interesse deriva dal fatto che sono molto affezionato ai miei due ulivi che ho nel giardino (e che producono anche un bel po’ di ulive, dalle quali ottengo anche un buon olio).Ma non posso essere d’accordo con l’autore quando, a pagina 8, dice:“… acquista l’olio quella tinta verde e quell’asprezza che lo rende dispregevole al commercio.”Ma come ? Io adoro l’olio verde e piccante !

L’ultimo dei libri antichi, quello che si appoggia al lato destro (dal mio punto di vista) dello scaffale, non riesco proprio a giustificarlo (forse un prezzo quasi da regalo su un banchetto ?), Si intitola “M. Val. Martialis Epigrammata demptis obscenis” con “addidit annotationes, & interpretationem” di Josephus Juvencius (Joseph de Jouvancy), un poeta, pedagogo, filologo e storico della Compagnia di Gesù. Il libro (o almeno l’edizione in mio possesso) fu pubblicato da Nicolaum Pezzana a Venezia il MDCCLII.A riprova della ingiustificatezza dell’acquisto posso affermare di non essere mai andato oltre la prima pagina.Che però (la prima pagina) può essere uno spunto interessante: quel “demptis obscenis” sta a significare che qualche epigramma di Marziale non era adatto ad essere pubblicato, dal momento ce ancora vigeva la necessità dell’autorizzazione ecclesiastica ?Probabilmente sì.Ma non ho nessuna intenzione di andare a controllare epigramma per epigramma e neppure di aprire di nuovo il libro.

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Però, a questo punto, basta con i libri: qui si tratta di un viaggio dalla poltrona, non dalla libreria.

5. Da Venezia, via sigarette, a Tallin

Comunque posso ripartire da Venezia (dove è stato pubblicato l’ultimo libro citato qualche rigo fa).Perché Venezia ?

Perché, quando i miei viaggi, di lavoro o per altre ragioni più o meno personali, mi conducevano nel Veneto o nel Friuli-Venezia Giulia, cercavo sempre di inserirvi una deviazione, anche se di poche ore, verso Venezia.

Perché Venezia ?Perché Venezia è … Venezia !

Il calle silenzioso, che sembra disabitato … ed ecco che sul bianco sporco delle case compare un lampo dai colori più che vivaci (come in una sequenza di un film di Almodovar (parentesi nella parentesi: eppure Almodovar non mi piace proprio)): una girandola mossa dal vento. Un segno di vita che però non turba il silenzio.

Oppure quella piccola chiesa, della quale non riesco a ricordarmi il nome, che mi affascinò, e non ricordo perché, ma che sicuramente esiste.

Quel cantiere di gondole, che forse è ormai abbandonato, vicino alla Giudecca.

Un ramo verdeggiante di foglie che spunta sopra un muro di mattoni, segno forse di un giardino incantato di cui solo il proprietario (uno scontroso anglo-americano che nessuno conosce ?) può godere.

L’ingresso appena accennato alle fondamenta di un palazzo, dove forse attraccavano le barche che trasportavano folle gaudenti ad una festa rinascimentale.

Venezia …. una Venezia che è lei solo nelle calli sperdute di quello che era il ghetto, nel primo pomeriggio di un autunno inoltrato avvolto nella nebbia.Quanto a S. Marco, ponte di Rialto e Canal Grande, li lasciamo alle/i turiste/i e per noi c’è solo uno sciabordio, lento ed implacabile, di piccole onde verdastre sulle alghe verdastre che segnano il limite murario delle acque.

Una stanza arredata come ai tempi dei Dogi, con la luce del sole colorata dai vetri al piombo delle finestre … e lì … nella sedia di cuoio, sulla scrivania intarsiata, intingere la penna nell’inchiostro e, su una pergamena, raccontare un diverso “viaggio dalla poltrona”.E, se l’ispirazione non viene, una discesa al campiello, un sorriso al pozzo che non è più un pozzo, l’improvviso comparire di tre ragazzini con un pallone che rompono il silenzio, e ancora il silenzio, che sembra morte, e forse è morte, ma è dolce.Sacrilegamente parafrasando Leopardi: “e il naufragar m'è dolce in questo loco”.

Ma, oggi, adesso, anche se seduto, anzi semisdraiato, in questa poltrona, il viaggio non si può fermare.Andiamo oltre.

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Ma non troppo lontano.E il viaggio dello sguardo si ferma sul portacenere, già semipieno di cicche di sigarette. Bisogna riconoscere che l’odore delle cicche è disgustoso, tanto che mi sono deciso a vuotare molto spesso il portacenere.Ma non adesso: adesso sto viaggiando.

Magari proprio sulle ali dei portasigarette che sono esposti nell’angoliera, collezionati nel corso di tanti viaggi reali.Come quello comprato a Tallinn.Tallinn, la capitale dell’Estonia, dove, ad un prezzo ridicolmente basso, gustai un pranzo a base di caviale e non ricordo più quali altre prelibatezze, attorniato (ero l’unico cliente) da cameriere e camerieri che ricompensai (spero a sufficienza) con tutte le monete di corone estoni che avevo.

In genere l’Estonia non è molto considerata. Però, atterrando, nel mio viaggio mentale, su Wikipedia (ahimé, devo confessarlo, il mio viaggio ogni tanto fa sosta sul tablet) scopro una cosa curiosa: l'Estonia risulta essere il paese meno religioso al mondo in quanto oltre il 76% delle/gli abitanti afferma di non seguire alcun credo religioso. La pacchia delle/gli atei !

6. Oppio e dintorni

Una/un atea/o non può certo trascurare la definizione del buon Karletto (Marx): “la religione è l’oppio dei popoli”.

E, viaggiando (questa volta nel tempo), come non dar ragione a Karletto se si pensa alle guerre di religione europee e, adesso, alla jihad islamica.

Però bisogna riflettere bene: ma cosa è l’oppio ? L'oppio è una sostanza stupefacente ottenuta incidendo le capsule del papavero e raccogliendone il succo.E l’oppio, già nell’antichità, veniva utilizzato per le sue proprietà sedative.

Già qui mi si pone un interrogativo (peraltro analogo a diecimila altri interrogativi che riguardano, ad esempio, il the, il cioccolato, il caffè, ecc.): ma come cavolo è venuto in mente a qualche popolo dell’antichità di incidere le capsule del papavero, farne seccare il lattice, ingerirlo e … vedere che effetto che fa ?Ma allora le/i nostre/i antenate/i erano proprio delle/dei curiosone/i !

Tra l’altro l’oppio ha anche avuto il discutibilissimo “onore” di essere lo specifico oggetto di due guerre: le guerre dell’oppio fra Cina e Regno Unito.

Ma a questo punto il mio viaggio amplia i suoi orizzonti entrando nel mondo della droga.

Un mondo complicato: dalla masticazione delle foglie di coca delle popolazioni incaiche alle strisce di cocaina aspirate nel nostro occidente, dalla cannabis (marijuana) utilizzata a scopo terapeutico allo spinello, dai funghi allucinogeni agli stupefacenti sintetici.

Mondo complicato anche perché adesso è tutto un cercare di capire cosa fa male.

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Fa male il fumo, l’alcool, le droghe. Va bene .. ma poi ? Fa male mangiare carne ? Fanno male i dolci ? Fanno male le bevande gassate ? Fa male il burro ? Fa male il latte integrale ?Fa male tutto quello che non è a km 0 (km 0 ? ma dai, facciamo almeno 10 km !) ?

Devo dire che specialmente in campo alimentare stiamo viaggiando per itinerari discutibili.Un piccolissimo esempio ?Adesso va molto di moda il farro.Il mio ricordo è che il farro, anche tra le povere popolazioni di contadine/i del passato, era considerato un alimento destinato esclusivamente ai maiali (come può verificare chiunque non sia obnubilato dalle nuove, false, credenze di riscoperta delle tradizioni).

E forse allora bisognerebbe aggiornare la frase del grande Karletto: ci sono ormai un sacco di cose che sono l’oppio dei popoli.Per esempio Internet.Centinaia di milioni di persone passano ore e ore davanti a un PC (o a un tablet o a uno smartphone), non solo per necessità, ma anche (e forse soprattutto) per distrarsi, per giocare, per curiosare, maturando talvolta una irrevocabile dipendenza da questa pratica.Una dipendenza che, al di là del puro aspetto “drogante”, comporta purtroppo anche un obnubilamento delle capacità razionali, tanto che sempre più spesso capita di sentire le più strane affermazioni su qualunque argomento, sostenute dal magico “l’ho letto su Internet”.

Detto questo non posso che spostare il tablet lontano dalla poltrona con la quale viaggio (un po’ di coerenza ci vuole !).

7. Dalla poltrona e non nella poltrona

Effettivamente forse non ho ben chiarito perché questo è un viaggio dalla poltrona e non nella poltrona.Il perché comunque è semplice: io viaggio sì stando sulla poltrona, ma la poltrona è solo il punto di partenza, non l’oggetto del viaggio.

Viaggiare nella poltrona significherebbe cominciare (e finire) con la poltrona.

E dunque, per esempio, cominciare dalla sensazione un po’ ruvida che la poltrona stessa invia al mio cervello attraverso il meccanismo tattile attivato dal dito medio della mano destra che scorre sul bracciolo.Sensazione che però non ce la fa a mantenere poi la concentrazione sulla poltrona, perché si pone subito l’interrogativo: ma la stoffa su cui scorre il dito medio cos’è ? tessuto sintetico ? cotone ? canapa ? (e con la canapa si potrebbe scivolare facilmente sulla cannabis di cui sopra).Ma facciamo conto che sia cotone.Bene. E tralasciamo pure le divagazioni sul cotone (che mi porterebbero magari alle piantagioni di cotone dello schiavismo americano).

Andiamo al fondo (della poltrona).E cosa c’è sotto il rivestimento ?Piume d’oca ? Ancora cotone (ovviamente in batuffoli, non filato) ? O materiale sintetico ?Oppure il riempimento è di lana, come quello dei vecchi materassi e cuscini ?

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Quel riempimento che ogni tanti anni bisognava rinnovare.E come ?Me lo ricordo benissimo, anche perché ho anche provato, diciamo così, a farlo.Allora, una volta, arrivava a casa il materassaio, che apriva materassi e cuscini, distendeva su un telo il contenuto in lana e poi, con una lunga bacchetta, cominciava a percuotere la lana, liberando pian piano i fiocchi di lana dai grumi che si erano aggregati col tempo, creando nella stanza una specie di nevicata artificiale che seccava i polmoni.Dicevo che ci ho provato, con alcuni cuscini, e senza bacchetta (magica), ma a mano, cercando di liberare i fiocchi di lana, grumo per grumo.Una fatica bestiale, i calli sotto le dita delle mani, ma una bella soddisfazione (da non ripetere però mai più !).

Insomma, il viaggio nella poltrona (ammesso di riuscire ad evitare tutte le possibili divagazioni, come quelle appena accennate) si risolverebbe in realtà nel percorso di un dito medio da una sensazione tattile a un callo: sarete d’accordo che non sarebbe un granché !

Però … però, una volta chiarito che il viaggio è “dalla” poltrona e non “nella” poltrona, alla povera poltrona bisognerà pure mostrare un minimo di riconoscenza.

E quindi dedichiamo altre due righe alla poltrona, omaggiandola con una ricerca etimologica.Dunque, per non essere scioviniste/i, allarghiamo l’orizzonte a Francia e Inghilterra.

In francese, poltrona si dice “fauteil”.Sembra che l’origine sia “faldistôl”, una parola dell’antico franco (una lingua germanica occidentale estinta, una volta parlata dai Franchi, ma da non confondere con l'antico francese), il cui significato era “sieda pieghevole”.

In inglese si dice “wing chair”. Nessun problema con il pragmatico inglese: si tratta di una sedia con le ali (i braccioli).

Ma, in italiano, l’etimologia è più “rilassante”.Infatti poltrona si fa risalire a “poltro” che significa, tra l’altro, pigro e dormiglione.Insomma la “poltrona” è … per le/i “poltrone/i” (che ovviamente non sono delle/i grandi viaggiatrici/ori).

Quindi, conclusione, se si vuole viaggiare, lo si deve fare …. dalla poltrona . e non nella poltrona !

8. Ripartenza e dialoghi

Si riparte sempre dalla poltrona, ma, a questo punto, bisognerebbe trovare un diverso significato del punto di partenza.E come ?Ad esempio, anagrammando il punto di partenza.Ma, ahimé, non c’è un anagramma dal senso compiuto di “poltrona”.A meno che non si accetti un misto di italiano e greco e quindi: “l’antropo”, cioè la persona (άνϑρωπος).Accontentiamoci: tanto più che il richiamo ai ricordi di greco può essere foriero di interessanti sviluppi.

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Ed infatti ecco che ci si trova nel bel mezzo di un dialogo socratico.

Protagonisti:Erotanide (E): quello che fa domande scomode (da ερωταω: interrogare)Aporeo (A): il dubbioso (da απορος: dubbioso)Sofonio (S): il saggio (da σοφος: saggio)

E: ma la realtà esiste di per sé, oppure è una costruzione della mia mente ?S: la tua realtà esiste in quanto tua realtà, perché la realtà è realtà perché tu la percepisciA: ma la realtà che percepisco esiste realmente ?S: dal momento che tu la percepisci, esiste (per te)A: aspetta: esiste per me, e va bene, ma esiste davvero indipendentemente da me ?S: se per te non esiste non ha senso, quindi esiste perché ha senso per teE: un momento: ma la realtà che esiste per me è la stessa realtà che esiste per te, per voi due, per tutti gli uomini e le donne del mondo ?S: poiché tutto il mondo esiste perché ha senso per te, allora anche noi, che facciamo parte del mondo che esiste perché ha senso per te, dobbiamo condividere la tua realtà. Quindi, sì, la nostra realtà è la tua stessa realtà perché ne facciamo parte.

Interessante questo dialogo, ma, a volerlo continuare, bisognerebbe alzarsi dalla poltrona, prendere carta e penna (o il tablet ?) e magari qualche libro per ritrovarvi antichi spunti di riflessione.

Meglio passare ad altro.E, per rimanere in tema di dialogo, ecco cosa mi viene in mente: l’ultimo scambio di opinioni su internet, a proposito della nocività del fumo, fra Salus (una, credo, salutista estrema) e il sottoscritto (col nickname: Mah!):

Salus: … e quindi è opportuno, utile, necessario, proibire il fumo anche nei parchi, come hanno fatto a New YorkMah!: e perché ? se fumo, per dire, a due, cinque, dieci metri di distanza da te, qual’è il problema ?Salus: tu comunque inquini l’ambienteMah: e ‘sti cavoli ! e allora le tue essenze odorose, anche se di origine vegetale, che mi solleticano negativamente le narici ?Salus: ma quelle non fanno male !Mah!: e chi l’ha detto ? e comunque a me danno fastidio. E poi …Salus: e poi cosa ?Mah!: ascolta: adesso ti spiego. Tutto fa bene e tutto fa male. Stiamo parlando del fumo ? Bene ! Allora io potrei sostenere che il fumo fa bene perché asfalta i polmoni, con la logica conseguenza che le vie respiratorie, in quanto “asfaltate”, facilitano il transito di ossigeno ed anidride carbonica; e che inoltre l’asfalto, appiccicoso com’è, trattiene germi e microbi che così non sono in grado di penetrare nell’organismo (e qui ci vuole una “faccina” )

Ma posso fermarmi qui, altrimenti mi tocca riaffrontare il problema dell’ormesi.Non sapete cos’è ? Informatevi !

Però: che strana coincidenza.Un dialogo pseudofilosofico sull’essenza (cosa è la realtà) e un dialogo pseudoscientifico che, anch’esso, parla di essenza (sostanza odorosa delle piante).Una coincidenza che mette del tutto casualmente insieme argomenti assolutamente distanti.

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Mentre invece le coincidenze dei treni che dovrebbero essere rigidamente legate non lo sono.

Il caso e la necessità ?Riflettere sul libro (che ha tale titolo) di Jacques Monod ?

No, passiamo ad altro.

9. Volare alto

Mentre subisco le conseguenze delle precedenti divagazioni (vale a dire: mi sono acceso un’altra sigaretta), forse è il caso di avviare un “vero” viaggio”, nel senso di uscire dal limitarsi a quello che c’è in questa stanza (la poltrona, i libri, la stessa sigaretta, ecc.).

Bene: vai pensiero !

E dove va il pensiero ? Va al coro “Va pensiero” del Nabucco di Giuseppe Verdi.Ma con contrastanti pensieri.

Il pensiero, diciamo “positivo”, va all’esecuzione del “Va pensiero” da parte del coro della Scala di Milano diretto da Riccardo Muti.Il pensiero, diciamo “negativo” va all’idea che questa musica sia stata assunta come riferimento musicale dalla “Lega Nord” di Bossi.

Ma forse è solo una “querelle” del passato.Muti ha avuto i problemi che ha avuto con l’Opera di Roma.La “Lega” adesso è in mano a Salvini ….

Meglio dirigersi altrove.E volare alto.

Però non troppo in alto. Ad esempio, viaggiare intorno ai 5.500 metri del Popocatepl (il vulcano vicino a Città del Messico) crea qualche problema.La mia esperienza personale (che neanche posso attribuire all’incoscienza giovanile visto che avevo 30 anni: e i 30 anni di allora non sono i 30 anni di adesso !) è che, dopo aver faticato per tre o quattro ore sul suo pendio ghiacciato, aiutandomi con piccozza e ramponi (che fino a quel momento non avevo mai usato; e che non ho mai più usato), arrivato in cima ho avuto un unico disperato pensiero: “Voglio la mamma”.

Ma in realtà “volare alto” è solo la metafora che indica il proposito di dedicarsi ad alti pensieri, come, ad esempio: cosa si può fare per risolvere i problemi del mondo ?E a questo punto si mescolano pensieri di tutti i tipi: dall’impegno di iniziare finalmente a scrivere il testo a cui da tanto tempo penso (che sarebbe poi l’analogo aggiornato de “Il capitale” di Marx) alla riflessione se sia sufficiente il contributo che do ad una ONG che prepara infermiere/i nel Sud Sudan, dalla valutazione dell’efficacia di quello che pubblico sul mio sito all’efficacia delle mie parole.

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Solo che, tornando terra terra, c’è una mosca che ronza ben al di sopra di me e quindi, indubitabilmente, vola più alto di me.In altri tempi avrei pensato: “Ma che cavolo ci fa una mosca, qui, in questa stagione ?”

Ma oggi, con il, sia pur stentato, bocciolo di rosa che compare nel giardino a gennaio, non oso più.Naturalmente questo significa affrontare il problema dei cambiamenti climatici, rispetto al quale problema ho un sacco di dubbi.Ad esempio:- se è vero che il buco di ozono è dovuto ai clorofluorocarburi che si utilizzavano soprattutto nell’emisfero settentrionale, perché il buco sta sull’Antartide e non sull’Artide ? E, sempre sullo stesso argomento, come spiegare, adesso, le notevoli variazioni del buco (per chi fosse interessata/o c’è un apposito sito web)- come si inseriscono gli attuali cambiamenti climatici nel ciclo millenario naturale di glaciazioni e riscaldamento ?- ma se le previsioni meteorologiche, se va bene, sono (non sempre) attendibili, a livello locale al massimo per tre giorni, come faccio a credere alle previsioni relative ai prossimi decenni ?Certo, sono domande da profano. Ma non necessariamente un profano è per forza scemo.

Il che mi porta a riflettere sul rapporto conoscenza e scienza.Con una inaspettata appendice che improvvisamente si materializza nel mio cervello.Sembra che tutte/i siano d’accordo sul fatto che bisogna finanziare sempre più la ricerca. E la nuova appendice mi chiede: ricerca di che e perché ?Urge un nuovo capitolo.

10. Necessità di basi solide

Avendo letto recentemente un libro molto stimolante (per alcuni aspetti) che si intitola “Il gatto di Schrödinger”, di Forest Philippe, potrei provare a partire da qui.Vi risparmio ogni tentativo di riassumere quello che a me sembra interessante (e anche di quello che a me sembra meno interessante) di questo libro, ma l’idea di fondo che mi intriga è che mi sono confermato nell’idea che, non riuscendo a padroneggiare completamente la realtà, la “razionalizziamo” attraverso certi modelli, a condizione che siano in grado di essere coerenti e, se possibile, verificabili sperimentalmente.

La dimostrazione più clamorosa di tutto ciò è la tanto sbandierata conferma sperimentale, al CERN di Ginevra, dell’esistenza del bosone di Higgs (la particella di Dio !).Scoperta che, personalmente, non posso che associare alla definizione del neutrino.All’università mi fu infatti insegnato che il neutrino era una particella (la cui esistenza non era stata ancora verificata) la cui esistenza era necessaria, altrimenti le equazioni di Fermi non risultavano corrette.Poi, durante un breve stage al CERN, e qualche discussione, giunsi alla conclusione che il neutrino era una particella che aveva una specifica caratteristica: la si trovava solo nella “camera a bolle” del CERN.Ma poi ho letto che il Laboratorio dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (situato nelle viscere del Gran Sasso) non fa altro che rilevare neutrini. Neutrini che sono poi saliti alla ribalta nel settembre 2011, quando è stata data notizia che i neutrini viaggerebbero a velocità superiori a quella della luce (anche se la notizia è stata superata in

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notorietà dalla affermazione della ministra Gelmini, secondo la quale i neutrini avrebbero viaggiato in un tunnel dal CERN di Ginevra al Gran Sasso).

E poi ci sono le stringhe, che aprono alla possibilità di un universo a più di 3 dimensioni, e quindi a più universi.

Siamo su basi solide ?

Secondo me, no.

E tralascio poi la “favola” della fusione nucleare fredda di Fleischmann e Pons, alla quale (devo dirlo: da non profondissimo esperto della materia) mi opposi fin dall’inizio (mentre un mio collega che la sostenne assunse ad alti incarichi dirigenziali).

Per non parlare della biologia.A proposito della quale, e con riferimento al drammatico problema della cancerogenesi, credo che ancora non si sia vicini alla soluzione, dal momento che, almeno fino a non molto tempo fa, si è molto puntato sul DNA e non sulla membrana cellulare (come, da assoluto incompetente, sostengo, dal momento che un accertato cancerogeno, come l’amianto, probabilmente, più che danneggiare il DNA, danneggia le difese della cellula costituite dalla membrana ).

Volo troppo alto ! Bisogna ridimensionarsi. In fondo non sono né un fisico nucleare né un biologo molecolare.

Mettiamola allora così: dubitare è giusto, ma bisogna pur riconoscere che un non esperto è mediamente più portato a dire (ed accettare) cavolate che non un esperto. Ma, allo stesso tempo, anche un esperto può dire cavolate.

Forse è il caso di rilassarsi un po’.

11. Rilassamento

Lo sguardo è catturato dal fiore di magnolia che fa da sfondo alla finestra.Però, in fondo, la magnolia non mi piace (a parte il fatto che chi mi la regalò mi disse che era una magnolia nana e adesso è già alta più di 5 metri).Però mi piace quello che resta dopo l’appassimento del fiore: quei semi (sono semi ?) rossi brillanti che sembra un peccato lasciare marcire e scomparire.E poi, a differenza di molte altre piante, la magnolia non serve quasi a niente. Puro ornamento !

Così come sono puro ornamento le due statuette sistemate sul tavolinetto che rappresentano un narvalo e una balena, ricavate (mi hanno detto) da qualche pietra locale dagli “inuit”. “Inuit”: una volta si sarebbe detto eschimesi, ma sembra che gli “inuit” non siano d’accordo perché sono eschimesi anche gli “yupik”.Comunque sia, quelle statuette le comprai in Canada, pensando di fare un regalo originale alla mia compagna; salvo poi scoprire che, allo stesso prezzo, erano ampiamente disponibili in un negozio dell’aeroporto di Ginevra.

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Ho poi scoperto che il narvalo, come la balena, appartiene all’ordine dei cetacei, ma che poi si differenzia dalla balena in quanto appartiene alla famiglia Monotontidae che, oltre al narvalo, comprende solo il beluga.Per poi realizzare che il beluga non c’entra niente con il famoso caviale beluga, dal momento che quest’ultimo si ottiene dallo storione ladano (detto anche, chissà perché, storione beluga) il cui habitat è il Mar Caspio e il Mar Nero e non certo l’Artide.

Il caviale beluga ovviamente non può che richiamare (per me, che sono un suo cultore) James Bond e il suo autore, Ian Fleming, con i quali condivido la (deplorevole) passione per l’alcol e le sigarette.La parola “sigarette”, attrae subito una serie di ricordi, quali:- l’acquisto a Londra (molti anni prima delle attuali disposizioni comunitarie che obbligano a inserire in grande rilievo, sui pacchetti di sigarette, frasi tipo “il fumo provoca il cancro”, ecc.) di un imperdibile pacchetto di sigarette, con la raffigurazione di un teschio con le tibie incrociate e il cui marchio era “DEATH” (morte).- il regalo offertomi dalla delegazione cinese di due stecche di infumabili sigarette “Yun Yau” e “Hatamen”- la mia frase preferita, dopo aver fumato la pipa: “e adesso facciamoci una bella sigaretta !”- e, ovviamente, quanto già detto nel secondo dialogo di cui al punto “8. Ripartenza e dialoghi”

Il che porta inevitabilmente ad accendermi una sigaretta, magari accompagnata da un sorso di Glen Grant (un whisky scozzese che, al solo nominarlo, in genere fa orripilare i veri cultori del whisky scozzese). Ma voi, lettrici e lettori, non seguite il mio esempio !.E se fossi un architetto progetterei una poltrona con braccioli appositamente estesi e configurati in modo da costituire il sostegno per sigarette, accendino, portacenere, bottiglia di whisky, bicchierino, spazio per un libro, rastrelliera per i giornali e … beh, direi che basta così.

12. Suvvia, un po’ di serietà !

Indirizziamo il timone dei pensieri verso qualche argomento un po’ più serio.

Partendo da …. ?Il portasigarette russo d’argento….No, non quello con le bandiere e la scritta CCCP, no !Quello con la troika (in russo: Тройки), la slitta trascinata da tre cavalli.

Il che (ed ecco l’argomento serio) ci porta alla troika (formata da rappresentanti della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale), l’organismo che interviene, o minaccia di intervenire, se qualche paese dell’eurogruppo ha qualche problema economico.

Dunque: i tre cavalli della troika (CE, BCE, FMI) vengono incaricati di trascinare la slitta (il paese con problemi) lungo un percorso ghiacciato (austerità e sacrifici) per arrivare poi al villaggio dove finalmente trovare un tranquillo rifugio, dove la vodka scorre a fiumi (immensi flussi finanziari) per i kulaki più ricchi (i possidenti), ma non per i kombèdy (i poveri).

Però il ghiaccio può essere sottile: per questo la troika tende a muoversi sempre più velocemente, ad evitare ogni ostacolo che possa rallentarne la corsa.

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Ma, ahimè, talvolta si sente il ghiaccio che comincia a scricchiolare. E allora succede che uno dei tre cavalli (quello di centro, che va al trotto, mentre quelli laterali vanno al galoppo) comincia a chiedersi se forse non è il caso di darsi una calmata e se, invece di puntare al villaggio prefissato, non sia il caso di fermarsi un poco e aspettare il disgelo (una discesa di qualche indice, da scegliere a piacere fra quotazioni di borsa, tassi di cambio, futures, swap, ecc.).Certo si può fare, replicano gli altri due cavalli (che, in fondo in fondo sono d’accordo, ma il conducente non vuol sentir ragioni).

Ed ecco un fatto straordinario: i tre cavalli si fermano e comunicano al conducente che vogliono fermarsi.Ma …. chi è il conducente ?

Dalla slitta arriva una voce: “Ego sum via, veritas et vita !”Ed ecco che il cavallo centrale (che, potendo andare al trotto invece che al galoppo, ha più tempo per pensare), ricordando i sermoni del pope (il suo precedente proprietario), obietta:

“E che cavolo, ma il conducente mica è Gesù Cristo ! La via la conosco meglio io di lui; la verità è opinabile; la vita ognuna/o la decide per conto suo”.

In conclusione, conducente o no, la troika si ferma.

E allora è possibile disegnare un nuovo itinerario verso una meta diversa.

Acc…. il discorso rischia di diventare troppo serio.

13. La smorfia

Siamo al punto 13 di questo viaggio.Ma, ovviamente, rifiuto di cedere alla triscaidecafobia (dal greco τρεισκαίδεκα, "tredici" e φόβος, "paura"), alla paura irragionevole del numero 13.Anche perché il 13 era il numero magico della vincita al Totocalcio (al quale peraltro non ho mai giocato in tutta la mia vita, tranne due volte, ma per far contente altre persone).

Parlando di numeri però non posso evitare di far riferimento nella smorfia napoletana.

E, tornando a quello che stava alla base delle divagazioni sulla troika, e cioè i soldi, per la smorfia napoletana “’ 'e denare ” sono associati al numero 46.

Sembrerebbe dunque del tutto conseguente esplicitare i 46 significati della parola “denaro”.

Ed effettivamente è una sfida interessante. Quasi come proporre un’alternativa ai cento nomi di dio (Allah) della tradizione islamica (absit iniura verbis).

Ma stiamo giocando (un gioco serio, però) e quindi scelgo, nella mia lista dei 46 significati della parola “denaro”, la terza, che è la seguente:Denaro: unità di valore assegnata ad ogni oggetto (più o meno materiale o immateriale) al fine di consentirne la vendita e l’acquisto.

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Però … però … la parola “denaro” (che deriva dal latino “denarius”, una piccola moneta d’argento) non mi piace. E quindi uso invece la parola “moneta”. Una parola che era un attributo, tra gli antichi romani, della dea Giunone, e che significa "colei che avverte" (nel senso che le oche del suo tempio avvertirono i romani dell’assalto dei Galli). E che trova la sua ulteriore giustificazione dal momento che presso il tempio di Giunone fu installata la zecca.

Dunque moneta. Anzi, ovviamente, monete, dal momento che il denaro si esprime in decine, centinaia, di monete diverse.

E qui il pensiero non può che andare alla base del problema.Qual’è il valore di una moneta ?

14. Il viaggio è ad un punto cruciale

Qui siamo ad un punto cruciale: e il punto cruciale è questo: il viaggio, una volta arrivato ad un punto interessante, deve subire una sosta prolungata o no ?In altri termini: aprirsi adesso ad una profonda riflessione sulle origini, sulla storia, sul significato, sul valore della moneta ? oppure passare ad altro ?

Ma, a ben pensare, si tratta di una domanda oziosa. Un viaggio è un viaggio: se mi fermo finisce il viaggio.

Quindi, niente punto cruciale.Andiamo avanti.

15. Obiettivi

Nonostante l’avviso contrario di alcune/i, i due quadri di Antonio Minezzi che ho appeso sulle due pareti laterali mi piacciono molto. Il che è del tutto ovvio, altrimenti non li avrei comprati.Mi piace molto il fatto che Minezzi inserisca frammenti di manoscritti e documenti antichi nei suoi quadri a rilievo utilizzando pigmenti naturali frammisti a sabbia e terra.Posso quindi forse affermare che non sono un dispregiatore assoluto dell’arte moderna. Però lo sono certamente di quegli ammassi di cenci, stracci e scarpe rotte, ammucchiati sul pavimento, chiamati “Pulvis es et in pulverem reverteris” o di quelle quattro sgraziate pennellate di colore su una tela di 3 metri per 2, intitolata “Quadro n° 3”.

E pensare che adesso ci sono nuove correnti di pensiero che assegnano alla bellezza un ruolo centrale nei progetti di progresso.

Meglio allora le tendenze di qualche anno fa, che avevano portato eminenti giuristi e pseudo-tali a chiosare e richiosare la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, ove si afferma:

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“Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono … dotati .. di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono …la ricerca delle Felicità … “

E quindi a sostenere che la ricerca della felicità è il vero, grande obiettivo degli esseri umani.

Proseguendo di questo passo allora, fra poco, ci sarà chi sosterrà che il grande obiettivo è l’Amore, chi l’Atarassia, chi la Temperanza e così via.

Per quanto mi riguarda comunque io ero, sono e (penso) sarò per porre come cardine l’Eguaglianza.Fatta questa bella affermazione, tranquillizzata così la mia coscienza politica, si può di nuovo divagare.

16. Viaggio lampo da Stoccolma alla Cina

Sul tavolino di fronte alla poltrona c’è un piccolo vaso da fiori: o meglio, quello che ho deciso essere un piccolo vaso da fiori. Perché in realtà non è un piccolo vaso da fiori ma è la copia moderna di un boccale che faceva parte dell’arredo della famosa nave Vasa, un galeone svedese affondato nel porto di Stoccolma il giorno stesso del varo, il 10 agosto 1628, e che, dopo essere rimasto per oltre 300 anni sott'acqua, è stato riportato in superficie e restaurato.

Stoccolma è, a parte le città italiane, una delle città che mi piace di più, insieme a San Francisco e Ginevra, città che, tanto per capirsi, preferisco a Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Barcellona, ecc.La ragione ?Perché mi ci sono trovato a mio agio.E perché mi ci sono trovato a mio agio ?Forse perché non sono città troppo grandi, perché sono tranquille, perché sono all’avanguardia in tante cose … ma non è il caso di approfondire troppo (anche perché … cosa dovrei approfondire ? … mi piacciono e basta).

Così come mi piacciono gli endecasillabi.Ma per questo ho (forse) una spiegazione: i toscani l’endecasillabo ce l’hanno nel sangue.Un esempio ?Prendiamo un qualunque argomento: ad esempio, la cultura cinese.Ed ecco come posso descriverla:

“Nel mezzo del camin degli anni ventia legger di Confucio mi trovaiquel che fu scritto dalli discendenti.

E in tali scritti inver giammai notaiche la filosofia fosse nomata:il che mi fè’ pensar che in vero mai

allo nostro pensier subordinatasarà quella cultura millenariaa cui la Cina resta radicata.”

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Non c’è niente da fare: noi toscane/i siamo figlie e figli di Dante !

Ma torniamo alla Cina.Anche perché sono convinto che sarà proprio la cultura cinese la prossima cultura dominante, essendo del resto convinto che ormai la cultura occidentale ha imboccato la strada del definitivo declino (anche se sembra che l’occidente sviluppato non voglia fare i conti con la realtà storica che ci insegna che ogni cultura nasce, cresce, diventa magari egemone, ma poi, irrimediabilmente …. finisce !).

La cultura cinese (della quale peraltro non posso certo dire di essere un esperto), che (a torto o a ragione) identifico con il confucianesimo, mi sembra vincente soprattutto perché, lontana da ogni metafisica, si incentra su principi pratici, come il rispetto dell’autorità e (forse non un aspetto centrale, ma, pensando a come siamo messi in Italia, lo è) la durissima selezione che si deve superare per divenire un funzionario pubblico. Qualcuna/o può ovviamente obiettare che la Cina di oggi non è proprio così, ma, rispondo io, la radice confuciana non è stata estirpata, neppure da Mao.

E, sempre a proposito di non estirpate radici della cultura cinese (e anche a proposito di poesia, ma non in endecasillabi), non posso non citare i romanzi gialli di Qiu Xiaolong, il cui protagonista è un ispettore cinese, Chen Cao, che è anche un poeta e un amante della cucina cinese classica.Ogni suo romanzo infatti è costellato di poesie, sia moderne che antiche, con il che, come afferma lo stesso Qiu, si rinnova l’antica tradizione degli scrittori cinesi che facevano precedere ogni capitolo da una poesia.

Ma, se mi metto a discettare sulla Cina, non la finisco più.Quindi … basta Cina, e proseguiamo il viaggio.

17. Giochi e bambine/i (1)

Prima di iniziare di nuovo il viaggio permettetemi di portare per un momento la vostra attenzione sul titolo qui sopra e, in particolare su “bambine/i”.Forse non l’avete notato, ma in tutto quanto ho scritto fin qui ho cercato sempre di rispettare la mia personalissima idea di “parità di genere“ (o “gender parity” suona meglio ? non ci incasiniamo … ne parliamo dopo) mettendo sempre insieme, ove necessario, il femminile ed il maschile: forse non ci sono riuscito al 100%, ma mi sembra che sia giusto provarci (anche se richiede molta attenzione da parte mia e forse a voi non piace).

Dunque … giochi !Nel senso che il piano più basso del tavolino di cristallo che mi sta davanti è pieno di giochi, in legno o in plastica, colorati e strani, un po’ rompicapi e un po’ decorativi.Ce li hanno regalati delle amiche svizzere che, sadicamente, prima di consegnarceli, hanno provveduto ad eliminare i foglietti con le istruzioni e le soluzioni.Certo è che piacciono molto alle/ai bambine/i che vengono a trovarci …

Come quando organizziamo la festa delle tre generazioni: una festa che ha origine da fatto che, essendo le/i nostre/i amiche/i ormai in età da nonne/i, se non inviti anche le nipotine/i (e di conseguenza anche la generazione di mezzo) non riesci a vederle/i.Situazione confermata dalla seguente conversazione ascoltata su un autobus locale in montagna.

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Dunque: una coppia di anziani con una nipotina e un nipotino e una coppia giovane con una bambina.La coppia giovane: “Anche voi preferite la montagna al mare ?”La coppia anziana: “Non proprio, infatti siamo già stati due settimane al mare”La coppia giovane: “Ah, siete proprio degli appassionati vacanzieri !”La coppia anziana: “No, siamo solo nonni”

La festa delle generazioni ha sempre una caratteristica: si mangia l’asado (un pezzo di circa 20 chili della pancia di un vitello messo su una specie di croce e fatto cuocere per circa 3 ore alla distanza di un metro da un bel fuoco di legna e magistralmente spennellato con olio ed erbe aromatiche).E perché direte voi, sempre l’asado ? Perché piace a tutte/i, bambine/i compresi: la prima volta che lo facemmo, avevamo fatto incetta di cotolette per farle poi impanate per le/i bambine/i. Niente da fare: bambine/i da un anno e mezzo in su non volevano altro che un altro pezzo di asado.

Il che mi solleticherebbe a tornare per un attimo a considerazioni del tipo di quelle fatte al punto 10 “Necessità di basi solide”, affrontando una discussione sulle diete carnivore, vegetariane, vegane (io sono onnivoro). Ma stiamo parlando di giochi e bambine/i, quindi manteniamoci su un piano di leggerezza.

18. Giochi e bambine/i (2)

Dunque, tornando al punto: i giochi che stanno sul piano più basso del tavolino.Piacciono molte alle/ai bambine/i, anche se nel 90% dei casi non sanno come si gioca.Perché, come ho sempre più ragione di ritenere, le/i bambine/i probabilmente sono attratti soprattutto dalle forme, dai colori, dai suoni che si ricavano maneggiandoli.E infatti alcune volte ho notato che, dopo aver ricevuto un bel pacchetto con un regalo, alcune/i si divertivano molto di più con i fiocchi, i nastrini, la carta decorata, le scatole, gli involucri, che non con il regalo.

Non so si tratti dello stesso fenomeno, ma provate a vedere quanto si divertono ragazzine/i se organizzate corse e salti in un prato o in un cortile, usando solo due sassi come punto di partenza e di arrivo o una canna come asticella per il salto: più che se fossero a un parco giochi pieno di scivoli, gonfiabili, ecc. !Almeno questa è la mia esperienza: tanto che a volte mi sembrava di essere (in senso figurato e buono !!!) il pifferaio di Hamelin.

E’ vero dunque: le/i bambine/i si divertono con poco. Basta un pennarello e vi ritrovate una parete trasformata in una mostra di graffiti (spero che le pareti siano lavabili !).

Però le pareti di questa stanza sono immacolate, e non solo perché sono state ridipinte da poco.Perché le bambine/i che vengono da me imparano subito che ci sono le REGOLE !E la regola base è che si deve fare come dico io: si può anche discutere, ma poi decido comunque io e si fa come dico io.La cosa interessante è che in genere tutto fila liscio.Del resto dovrebbero essere ovvio: le/i bambine/i hanno bisogno di regole.

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Quindi le regole ed il loro rispetto dovrebbero essere una componente fondamentale del loro percorso formativo.A questo proposito, non avendo voglia o desiderio, e forse neppure capacità e competenza, per occuparmi della scuola, non posso però trascurare una domanda che mi faccio spesso a questo proposito: “Perché, per fare qualunque mestiere o professione, si richiede una adeguata preparazione, mentre per fare da genitrice/ore no ?”

Comunque, lo confesso, ci sono delle/i bambine/i che, con certi giochi, sono più brave/i di me.

Ma ci sono anche delle/i bambine/i che strozzerei volentieri. Anzi no, mi correggo: ci sono anche delle/i bambine/i la cui madre e/o il cui padre strozzerei volentieri.

19. Impegni, tappeti e i vizi italiani

Adesso però basta con l’infanzia (anche se alcune foto messe bene in mostra sui ripiani della libreria, davanti ai libri, sembrano opporsi).

Sul tavolino c’è un foglietto con l’elenco delle cose che devo fare.E’ una delle più sciagurate iniziative che ho intrapreso e della quale non riesco a liberarmi.Funziona così: mi metto seduto e butto giù questo elenco, impegnandomi al massimo.Terminato l’elenco, soddisfatto e fiero di me stesso, mi congratulo per essermi deciso e, per i successivi tre giorni non faccio assolutamente niente di tutto quello che devo fare. Ho già fatto l’elenco, no ?Capite bene come il tutto NON funziona.

Devo dire che ho anche avuto l’idea di applicare questa modalità anche a questo viaggio. Però mi sono velocemente e fortunatamente ricreduto, per due ragioni. La prima è che l’elenco degli argomenti da trattare avrebbe tarpato le ali al libero dispiegarsi della mia fantasia. La seconda è che avrei potuto ritenermi soddisfatto di aver fatto l’elenco e quindi non iniziare il viaggio.

Non mi debbo tuttavia lasciar trascinare dall’introspezione: cerchiamo un altro spunto.

Il tappeto !A me non piacciono molto i tappeti (ma alla mia compagna sì). Ma questo l’ho scelto io: un tappeto stile cinese (lo giuro: non parlerò della Cina) con fondo nero e fiori pastello su una cornice color crema.I tappeti non mi piacciono perché raccolgono polvere e perché non riesco a camminarvi sopra con indifferenza: mi sembra sempre di rischiare di macchiarli, di rovinarli.E poi, ad ogni fine primavera, bisogna spolverarli bene (se non lavarli), arrotolarli con la carta di giornale e poi nasconderli sotto i letti.

Mentre invece trovo utile, anzi necessario, lo zerbino, vale a dire il tappetino di materiale resistente che si mette davanti alla porta di casa per pulirsi le scarpe prima di entrare.Che poi zerbino significhi anche una persona che si fa maltrattare (mettere sotto i piedi) posso anche capirlo, ma non capisco come si possa far derivare questo significato da Zerbino, il prode cavaliere dell’Orlando Furioso, il poema di Ludovico Ariosto.

E l’Ariosto (anche lui !) come Dante e Petrarca, non mancò nel suo poema (canto XVII, ottava 76)

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di denunciare i vizi dell’Italia:

O d'ogni vizio fetida sentina, dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa ch'ora di questa gente, ora di quella che già serva ti fu, sei fatta ancella?

E al giorno d’oggi ? No comment !

20. I nuovi strumenti tecnologici

“No comment” anche per quanto riguarda il telefono cellulare che giace sul tavolino.

Sarà colpa mia, ma non riesco mai a capire bene come funziona. Il che può anche essere comprensibile, visto che quando te lo vendono ormai nella confezione non ci sono più le istruzioni e quindi devi arrangiarti chiedendo a persone più giovani se ti danno una mano (il che però non sempre risolve il problema, visto che ogni cellulare è diverso dall’altro e che spesso queste persone più giovani, digitandovi sopra furiosamente, trovano magari la soluzione ad un problema, ma non sanno dirti come ci sono arrivate).

L’altra soluzione è di cercare aiuto al negozio del concessionario dove, dopo aver fatto una bella fila dietro a clienti che sembrano avere più problemi di te, ti trovi di fronte una ragazza o un ragazzo che, dopo averti brevemente ascoltato, smanetta un po’ sul tuo cellulare (mentre contemporaneamente parla al suo cellulare, cerca qualcosa sul suo tablet, scambia due parole con un tizio appena entrato) e poi (dandoti ovviamente del tu come se fossimo vecchie conoscenze) ti comunica che non c’è molto che si può fare, posso eventualmente lasciare lì il cellulare per avere l’assistenza tecnica, ma che comunque non ne vale la pena, perché ormai il cellulare è da buttare e … ci sono ottime offerte per i nuovi cellulari.

Naturalmente ho scartato in via di principio l’idea di cercare le istruzioni su internet, perché sono sicuro che dopo una sfiancante navigazione di mezz’ora l’unico risultato sarà quello di essere più incavolato di prima.

Capisco che il progresso è inevitabile: ma non si potrebbe almeno rallentare un po’ ?Anche perché ormai, con questi strumenti tecnologici, si passa più tempo ad aggiornarli, a cancellare email provenienti da sconosciute/i, annunci pubblicitari, offerte, spam, a eliminare virus, ecc. che ad utilizzarli per i propri scopi !

Tuttavia devo confessare che, stando ad una mia propria verifica sperimentale, ho effettivamente una colpa, anche se non dipendente dalla mia volontà.Ho infatti verificato (e in molte/i possono confermarlo) che ho una innata e potente capacità di mandare in tilt qualunque apparecchiatura elettronica (PC, apparecchio TV, comandi elettrici) alla quale mi avvicino. Naturalmente (e per fortuna) ciò accade molto raramente, ma accade (tanto che in ufficio mi avevano proibito di utilizzare, o, addirittura, di avvicinarmi troppo, ai PC delle colleghe e dei colleghi).Può darsi, non voglio escluderlo, che sia solo una mia fantasia, ma, appunto, altre persone me lo hanno confermato.La spiegazione ?

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Non ne ho. Non credendo alle fantasiosi teorie di radiazioni che ogni persona emette (le aure psichiche, ecc.), non so cosa pensare.Ma forse non c’è nulla da pensare e concludere che in fondo si tratta solo di un gioco o di una sfida fra me e le apparecchiature elettroniche.Purtroppo non vince mai il migliore (io), ma loro !

21. Dalle apparecchiature al microcredito

Però qualche coerenza bisognerebbe pur mantenerla.

Ad esempio: tutte/i (diciamo molte/i) sono per la salvaguardia dell’ambiente e quindi per la diminuzione della produzione di rifiutiMa quale miglior metodo per salvaguardare l’ambiente diminuendo la produzione di rifiuti se non quello di riutilizzare quello che si ha ?E’ proprio necessario cambiare almeno ogni due anni il cellulare, ogni tre o quattro anni il tablet e il PC, ogni cinque anni lo schermo TV, ecc. ?

E, girando lo sguardo dalla poltrona, cosa vedono i miei occhi ?Il mio vecchio (e unico della casa) televisore, a tubi catodici, comprato nel 1986, e che mai, nel corso di questi quasi trent’anni di funzionamento, mi ha creato un problema (a differenza dei vari decoder e altri aggeggi che si succedono in questi ultimi anni, uno peggio dell’altro).

Certo che se tutti facessero come me, come dice il mio vicino, addio consumi !Un vicino, tra l’altro, che è fortemente ecologista, ma che ha, oltre a moglie e tre figli, 6 TV, 8 cellulari, e 4 automobili.

D’altro canto non posso dimenticare l’iniziativa della Grameen Bank, la banca dei poveri fondata da Muhammad Yunus nel 1976, che concede microprestiti alle popolazioni povere locali senza richiedere garanzie collaterali perché possano iniziare a sviluppare piccole attività. In particolare mi riferisco al progetto “il telefono del villaggio”, che ha concesso microprestiti a decine e decine di migliaia di donne povere nel Bangladesh per poter acquistare dei telefoni cellulari e divenire così le “centraline telefoniche” a basso prezzo per quasi la metà dei villaggi rurali di quel paese.

Purtroppo il microcredito mi suscita anche pensieri non proprio piacevoli. La ragione ?Eccola qua:

Esiste un ente denominato “Ente Nazionale per il Microcredito”, il cui obiettivo è il sostegno di iniziative volte a favorire la lotta alla povertà e l'accesso a forme di finanziamento in favore di categorie sociali che ne sarebbero altrimenti escluse sia sul territorio nazionale (microfinanza domestica), che nei Paesi esteri (microfinanza per la cooperazione internazionale).Sia chiaro che questo Ente non finanzia il microcredito, ma svolge solo opera di promozione di attività di microcredito svolte da altri.Per questa attività di pura promozione ecco come vengono pagati (importi lordi annui) alcuni membri degli organi istituzionali:On. Mario Baccini, Presidente: 108.000 €Dott. Riccardo Graziano, Segretario Generale : 147.000 €

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Min. Sebastiano Salvatori, Vice Segretario Generale: 50.000 €

22. Meglio il Medioevo

Purtroppo l’Ente Nazionale per il Microcredito non è l’unico scandalo italiano in materia di enti, associazioni, comitati, ecc., finanziati (talvolta lautamente) con i soldi pubblici, magari solo per garantire un posto a politici più o meno riciclati (il nome Baccini di cui sopra non vi dice niente ?).

Ma se proseguo sulla strada della denuncia dei vizi italiani rischio di ritornare a Dante, Petrarca, Ariosto, magari aggiungendo Leopardi, D’Azeglio, Croce, ecc. Quindi per carità (???) di patria lascio perdere.

E così l’occhio si dirige di nuovo verso la libreria, e viene attratto dal monumentale volume sulla cattedrale di Otranto.Sì, da qui può partire un fantastico viaggio.Perché ?Lo spiego subito.La decorazione musiva pavimentale della cattedrale (uno splendore !) rappresenta scene dell'Antico Testamento, scene cavalleresche, bestiari medievali, ecc., tutte costruite intorno all’albero della vita.

Quando vidi questo affascinante mosaico (realizzato tra il 1163 ed il 1165 da un monaco) realizzai immediatamente che dovevo approfondire (di qui la presenza del monumentale volume nella mia libreria).Anche perché mi ricordava (non so bene perché) gli affreschi del XV secolo del Castello della Manta e, in particolare “la fontana della giovinezza”. Che, a sua volta, mi aveva colpito per certe similitudini con le figurine che costellano il misterioso Manoscritto di Voynich.

Ah, il Manoscritto di Voynich, il libro più misterioso del mondo ! Avevo deciso che avrei dedicato un po’ di tempo al tentativo di interpretarlo: lo dimostra il fatto che arrivai a chiedere alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell'Università di Yale di mandarmene una copia.Studiando quella copia (in bianco e nero) e, in seguito, consultando le pagine a colori disponibili su internet, decisi che, se volevo trovare la soluzione, dovevo darmi un metodo. Naturalmente partii dal ricercare relazioni fra le immagini e le corrispondenti parole scritte in un alfabeto inventato e, altrettanto naturalmente, nessun risultato.Però la cosa che più mi affascinava erano quegli strani collegamenti fra abbozzi di donne nude, strane piante e collegamenti “idraulici” fra di esse, alle quali si affiancava un testo caratterizzato dal susseguirsi di parole molto simili, quasi una litania.Ma ho lasciato perdere … per ora … chissà che, una volta terminato questo viaggio dalla poltrona, non riprenda in mano il problema.

Tra l’altro, adesso, c'è da confrontarsi col nuovo linguaggio del web: cmq, xke, lol, ecc. oltre che, con le “faccine” o “emoticon”. Non è che stiamo riscoprendo l’immediata comprensibilità (si fa per dire) dell’immagine stilizzata del concetto propria dei geroglifici egiziani ?Ai posteri l’ardua sentenza, come disse Alessandro Manzoni a proposito di Napoleone.Ops … no .. non è serio tirare in ballo in queste discussioni di non eccelso livello alcuni giganti della letteratura e della politica.

Però è serio occuparsi di politica.

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23. Ancora politica

Forse non è proprio il caso di addentrarsi nell’esegesi delle definizioni fornite da Aristotele a Platone, da Machiavelli a Hobbes, da Locke a Montesquieu, ecc.Però, santa miseria, se non vogliamo rinchiuderci nel nostro “particulare”, bisognerà pure dire (e fare) qualcosa.

E allora diciamolo (lo dico): la politica è necessaria perché la politica, quella buona … … però, come odio questa parola “buona” … buono è una categoria che associo ad un melenso ottimismo .. non mi piacciono le cose buone (eccezione: gli alimenti e le bevande), mi piacciono (stiamo parlando di politica) le cose giuste, ragionevoli, ottenibili.

Acc. … nel rifiutare l’aggettivo “buono” ho trovato una nuova definizione di “buona” politica: un politica che pone al centro la giustizia, la tolleranza, la praticabilità.Non posso lasciar sfuggire questa ispirazione. Andiamo avanti.

La politica dunque, per me, è l’insieme di idee e valori che definiscono le modalità dei rapporti fra le persone e, se proprio ci tenete, l’ambiente.

Ma bisogna scegliere: quali persone ? la famiglia, gli amici, il quartiere, il comune, la regione, la nazione, il continente, il mondo intero ? Risposta (ovviamente mia): il mondo intero.Che è una scelta radicale, molto molto radicale, perché significa riconoscere gli stessi diritti e doveri a ognuna degli oltre 7 miliardi persone che vivono su questa terra.

Problemino: ma che cavolo ne sappiamo di questi oltre 7 miliardi di persone ?Risposta: molto poco. Se poi penso che alcune/i delle/dei giovani che mi capita di frequentare non hanno la più pallida idea che esistono oltre 200 Stati e che buona parte di quelli di cui conoscono l’esistenza non saprebbero dove collocarli sul mappamondo …Una cosa però la sappiamo, dovremmo saperla: esistono !

E quindi, a questi 7 miliardi e più di persone, dovremmo riconoscere almeno l’applicazione di quanto contenuto nella Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.Il che è un’utopia.Vero.Ma, come diceva qualcuno, e se non lo ha detto qualcuno (cosa di cui dubito) lo dico io, l’ideale è l’utopia, che non si raggiungerà mai, ma che è comunque la stella polare delle nostre aspirazioni.Infatti: qui sta il problema. Si confonde l’utopia con la realtà.La realtà non sarà mai l’utopia, ma l’utopia è l’ (irraggiungibile) obiettivo.

Quello che però dovremmo sapere (e, se non lo sappiamo, la realtà ce lo fa presente in ogni momento) è che a molte/i interessa proprio il proprio (scusate il bisticcio di parole) “particulare”: e, se pensiamo alle tante persone che vivono in condizioni tragiche o comunque disagiate, come non comprendere che il loro primario interesse è l’uscita dalla loro tragica o disagiata condizione, senza curarsi dei problemi geopolitici ?

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Il problema è dunque l’individuazione di un percorso che risolva (possa risolvere) i problemi di tutte/i, che sono però “particulari”.

24. Intermezzo

Discussione difficile, complicata e, devo riconoscerlo, finora molto confusa: ci vuole un intermezzo.

Quindi torniamo a dare uno sguardo alla libreria; dove campeggia, con i suoi dodici volumi “La seconda guerra mondiale” di Winston Churcill.Un’opera monumentale che gli ha fatto ottenere nel 1953 il premio Nobel per la letteratura, il che mi ha destato qualche perplessità (anche se ho divorato volentieri quei volumi).

Del resto, come credo molte/i, ho un sano distacco dai premi letterari, artistici, scientifici, politici.Ma se proprio devo infierire, allora infierisco volentieri sui premi Nobel per l’economia, persone che hanno sviluppato astruse teorie pseudomatematiche che spesso sono smentite dal fatto che il mondo va da un’altra parte.

Ahi … stiamo pericolosamente scivolando di nuovo verso la politica.

Bisogna rispettare l’impegno preso: niente politica, solo un intermezzo.

E allora, se la visitazione visiva degli scaffali induce ad affrontare argomenti che finiscono in politica … basta con la libreria !

Rivolgiamo invece lo sguardo fuori della finestra dove si è verificato un miracolo.L’albero di mele annurche, dopo sette anni di attesa, sta producendo qualche frutto: sarà perché ho minacciato di spiantarlo o sarà questa insolita primavera/estate ?

Ma la vera sfida fra me e le piante riguarda verdure e legumi: io insisto nel partire dai semi e nel procurare solo acqua (quando il sistema di distribuzione dell’acqua del pozzo del condominio funziona). Vale a dire niente diserbanti, nutrienti, crittogamici, ecc. (aggiungo solo, quando me ne ricordo e ne ho voglia, un po’ di compost prodotto in proprio con il taglio dell’erba e gli avanzi di frutta e verdura). E comunque, no: non ho voglia di discutere sulle coltivazioni biologiche, sul km 0, sul no agli OGM.Mettiamola così: l’orto è solo un modo per avere una distrazione.

Ma, ahimè, è anche un pressante invito a consultare internet.Ad esempio per trovare un modo di utilizzare i chili di pere che maturano (tutti insieme !) a luglio.Ho trovate alcune ricette: ma non ve le dico, cercatevele voi su internet !

Sono nell’intermezzo ? Sì ! E allora un po’ di musica classica.Il mio canale preferito è 8888 su Sky, il canale della musica classica svizzera che adoro perché, a differenza del canale della radiodiffusione italiana, trasmette solo musica classica “non contemporanea”. Sono un retrogrado per questo ?

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Forse parzialmente. Nel senso che accetto qualcosa della musica moderna, esattamente come accetto qualcosa (ma solo qualcosa !) dell’arte moderna.

Che comunque io sia un po’ retrogrado (almeno secondo alcune/i) lo dimostra il fatto che, anche se mi aggiorno in continuazione sui canali news del web, non riesco a fare a meno di comprarmi tutti i giorni due giornali (e di leggerli !).

25. Mosche

Ma ecco che ogni riflessione viene interrotta dal fastidioso ronzare di una mosca.Non riesco subito ad individuarla … ah .. eccola .. sta volteggiando vicino alla finestra.Impugno l’ammazzamosche e mi preparo.Ma la sciagurata non si avvicina.

Ne approfitto per riflettere di nuovo sul perché non è difficile colpire le mosche con l’ammazzamosche, mentre è molto difficile colpirle con la mano, o anche con un giornale arrotolato.E ho trovato sul web la seguente spiegazione:

Se si tenta di colpirle con la mano o con un giornale arrotolato sentono l'aria che si sposta e scappano.. invece l'ammazza mosche è bucato, fa passare l'aria, e quindi non se ne accorgono.

Mi sembra ragionevole …Per chi volesse saperne di più, cercate su internet Michael H. Dickinson, del California Institute of Technology di Pasadena, che ha già pubblicato diversi articoli (soprattutto su “Current Biology”) in merito alle capacità di volo delle mosche.

Eccola … swafff ! Problema risolto !

Certo, l’utilizzo dell’ammazzamosche non è forse il metodo più efficiente (è sicuramente più efficiente prevenire l’ingresso delle mosche), ma è più semplice di uno dei metodi proposti su Wikihow, quello della corda, che prevede:

In una padella mettere della resina immersa nell’acqua e far bollire finché la resina non si scioglie. Far raffreddare e aggiungere olio di semi di girasole e qualche goccia di olio di mastice.Immergere una corda nella soluzione per un’ora.A questo punto è pronto l’acchiappamosche da appendere da qualche parte.

A questo proposito mi ricordo che, da ragazzo, una delle mie letture preferite era “Selezione dal Reader’s Digest”. E uno degli articoli pubblicati riguardava il fatto che, in una base americana in Oriente, un sottufficiale dell’esercito americano, oppresso dalla burocrazia oppure senza molto da fare (non ricordo bene), aveva deciso di preparare un modulo contenente le statistiche delle mosche catturate dalle strisce moschicide installate nella mensa e nei locali di servizio della base, di riempirlo e di inviarlo ogni mese ad un ufficio centrale. Dopo pochi mesi tutte le basi adottarono o furono costrette ad adottare il modulo.

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Chissà se c’è qualche storico curioso che vuole andare a cercare negli archivi del Pentagono, verificare se di tutto ciò c’è ancora traccia e, magari, pubblicare un ponderoso studio statistico sulle mosche catturate.

Studio statistico ?Tutte le volte che sento parlare di statistiche mi inalbero (o meglio, visto che siamo in argomento: mi salta la mosca al naso).

26. Statistiche

La mia insofferenza nei confronti delle statistiche risale ai tempi dell’università: all’esame di statistica presi uno dei miei migliori voti (credo 27), ma mi rafforzai solo nella convinzione che la statistica fosse una negazione della razionalità.Naturalmente poi, con l’esame di fisica nucleare, mi ritrovai a confrontarmi con il calcolo delle probabilità (vedi l'effetto tunnel con cui George Gamow spiegò il decadimento alfa). Anche in questo caso comunque lasciai perdere.

Però devo riconoscere, ad esempio, che la teoria della probabilità (nella sua versione più semplice) è stata determinante nel decidere di non partecipare mai a giochi, lotterie, totocalcio, grattaevinci, ecc.

Ma quando leggo, ad esempio, le stime sui danni provocati dall’inquinamento, torno al punto di partenza.Infatti ci sono stime, per l’Italia, che indicano come ogni anno morirebbero a causa dell’inquinamento, fra 10.000 e 40.000 persone. Naturalmente tutto dipende dai dati che si assumono e dagli algoritmi di calcolo utilizzati.Non entro nel merito, comunque posso anche accettare che, in mancanza di meglio, si faccia riferimento a dati di questo tipo, purché siano essenzialmente volti a evidenziare il problema e a sollecitare la riduzione dell’inquinamento.Ma quando leggo (per carità di patria non cito la fonte) che nel 2005 sono risultati attribuibili all’esposizione della popolazione al PM2,5 (la frazione fine del particolato atmosferico) 34.552 decessi tra le 40.077.488 persone con età al di sopra dei 30 anni, non posso non esclamare: “ma qui si danno i numeri !”.

Per non parlare poi delle statistiche economiche: provate a confrontare mese dopo mese i dati sul PIL, sull’occupazione, ecc., prodotti da Fondo Monetario Internazionale, OCSE, Commissione Europea, BCE, Banca d’Italia, Confindustria, ecc. Quasi sempre le stime sono diverse da quelle pubblicate nel rapporto precedente.

Di nuovo: utilizziamo pure i dati che abbiamo, ma … senza crederci !Del resto la verità non esiste: giusto ?

A meno di non essere membri di una qualche religione.Il che però crea qualche problema.

27. Dove stanno i libri sacri ? Con la fantascienza !

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Uno scaffale della libreria è dedicato alla religione.Che contiene, fra l’altro:a) Teologia Dogmatica del Bartmann: tre volumi che mi sono tra l’altro serviti per confondere alcuni amici cattolici dimostrando loro che, senza saperlo, erano degli eretici (mi sembra che uno dei miei cavalli di battaglia fosse quello di affermare, su tali basi, che il loro non credere che l’esistenza di dio sia dimostrabile per via razionale li poneva appunto in una condizione di eresia)b) la Bibbia, in edizione economica: ma non devo averla letta troppo attentamente perché sono rimasto stupefatto quando, seguendo una trasmissione in TV di Roberto Benigni, ho scoperto che i dieci comandamenti che insegnano col catechismo non sono quelli della Bibbia c) il Corano: è come la Bibbia, ci trovi tutto e il contrario di tuttod) Evangelia quattuor graece et latine: solo per “gloriarmi” del fatto che una volta ho studiato greco e latino e, magari, per tirar fuori qualche dotta citazionee) Dhammapada, ovvero “L’orma della Disciplina”: un canone buddhista, che oscilla fra norme igieniche, ovvietà morali, scintille filosofiche e poesia

Ma (non me lo ricordavo più) la cosa strana è che sullo stesso scaffale ci sono anche le grandi opere di fantascienza di Isaac Asimov.Perché stanno lì ? Probabilmente perché lì c’era posto.Posso tuttavia azzardare una nuova ipotesi: cosa c’è di più fantascientifico di certe credenze religiose ?

Ecco che adesso tutto si tiene: la religione, la fantascienza, l’inquinamento.Come ?Tramite Gaia.

Gaia è infatti:- il nome in greco ionico di Gea (in greco attico), la dea primordiale progenitrice dei titani e degli dei dell’Olimpo, del cielo, della terra e del mare- è il nome del pianeta descritto da Asimov in due libri del “Ciclo della Fondazione”, dove ogni persona, animale, pianta, oggetto, ha una propria consapevolezza ed è in continuo collegamento con gli altri tramite contatto telepatico.- il nostro mondo, secondo l’ipotesi vitalistica di Lovelock, che vede nelle attività umane un fattore inquinante dell'intera terra

Dovrei allora mettere su quello scaffale anche tutti libri di fantascienza e quelli su inquinamento, ecologia, ambiente ?Impossibile: occupano già, in altre stanze, diversi scaffali per conto loro.

Però … visto come siamo passati da un battito d’ali di mosca all’intero mondo, all’universo passato, presente e futuro ?Quasi una parafrasi del titolo di una conferenza di Lorenz “Può, il batter d'ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?"

28. Dalle farfalle alle lucciole e ritorno

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L’unica volta che sono stato in Brasile (in Texas no, mai stato) fu per la conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile e non mi ricordo di aver fatto attenzione alle farfalle.

Farfalle che, come le lucciole, qui da noi stanno scomparendo.Forse hanno trovato posti migliori, non solo perché meno inquinati, ma anche perché (parlo delle lucciole) qui, nei tempi andati, erano sottoposte ad un trattamento non troppo piacevole: venivano messe sotto un bicchiere di vetro, sul comodino, per illuminare il nostro addormentarsi e, se si era fortunate/i, il giorno dopo sotto il bicchiere, invece della lucciola, c’era una monetina.

In compenso è aumentata la presenza di un’altra specie di lucciole: le prostitute.O forse non è aumentata, si è solo resa più evidente, con le povere schiave nigeriane (o ghanesi, o eritree, o rumene, o moldave, ecc.) che popolano certe strade.Strane discussioni quelle sulla prostituzione: si va dallo scontato “il mestiere più antico del mondo” alle discussioni sull’esistenza o meno, nelle civiltà babilonesi, assire, fenicie, greche, della “prostituzione sacra”, dalla richiesta di riaprire le “case chiuse” a quella della costituzione dei “quartieri a luci rosse”.Ma non è forse che un modo serio di affrontare il problema sarebbe quello di una approfondita riflessione su sesso e amore, su eros e sentimento, sul rapporto di amore/affetto/possesso fra uomo e donna (ma anche fra uomo e uomo, e donna e donna, e trans, ecc.) ?Forse sì, ma, devo riconoscerlo, non sono all’altezza di portare avanti la dissertazione (stai a vedere che davvero non sono proprio perfetto !).

Non posso allora che passare ad altro.Magari riprendendo il tema della farfalla.

29. Farfallina e poesie

Da qualche giorno svolazza in giardino una farfallina bianca (a conferma del fatto che non è vero che le farfalle vivono solo un giorno).Il che mi fa ricordare una vecchia filastrocca:

Farfallina bella bianca,vola vola e mai si stanca.Vola qua, vola là,mai nessun la fermerà.

Una delle tante filastrocche che imparavamo da bambini e che, credo, ci abituavano al ritmo dei versi, alle rime (baciate o alternate o ecc.), insomma alla poesia (prima naturalmente di scoprire la poesia moderna, senza rime e regole).

I libri di poesie sono stati relegati in uno scaffale lontano, in una libreria lontana, in una stanza lontana.Non so perché (eppure adoravo le poesie; ho anche scritto poesie).Tempo fa mi detti una spiegazione: scrivere poesie è troppo facile. Ma non sono sicuro che sia la spiegazione giusta.La spiegazione può stare allora forse nel fatto che la poesia è evasione e invece c’è necessità di agire per cambiare il mondo.

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Ci sono però due obiezioni: la prima è che non è vero che la poesia è solo evasione (la poesia può essere denuncia, uò essere programmatica, può essere un incitamento); la seconda è … ma davvero se leggo qualche poesia il mondo non cambia più ?

A questo punto si impone una affermazione pregnante (ma poetica), quale quella che si può esprimere con un haiku (componimento poetico di origine giapponese composto da tre versi di 5/7/5 sillabe).

Il libro chiuso.Memoria di quei versi:e tutto cambia.

Mmm … mi sembra che si stia girando in tondo senza concludere un granché.

Forse è giunto il momento di concludere il viaggio, e dunque abbandonare il gioco del nulla e tornare ai dovuti impegni, quotidiani e non.

30. Fine del viaggio

FINE