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2 Sommario
Poesia p. 3
La Parola della Fondatrice oggi p. 4
Noi … del Consiglio p. 6
Ministeri e Dimensioni p. 8
I Laici Canossiani p. 13
Nel Segno delle Missioni p. 14
L’Oggi di Dio per il Domani p. 18
Le “Montagne di Gemme” p. 20
Provocazioni Laiche alla V.C. p. 24
Il Breviario del Prete p. 25
La Voce dei Territori p. 26
Parliamo di… p. 42
Semi di Riflessione p. 51
Prossimi Appuntamenti p. 59
Freschi di Stampa p. 59
Siamo vicine alle nostre Sorelle della Provincia “S. Michele Arcangelo”
per l’immane tragedia che ha colpito il Giappone e travolto, in un
mare di morte e di sofferenze, intere città e famiglie.
Nell’esprimere la nostra solidarietà e vicinanza, continuiamo ad
assicurare la nostra preghiera al Signore perché il popolo giapponese,
già duramente provato in altre situazioni, possa risorgere ancora con la
tenacia e l’impegno che lo caratterizzano.
3
" Gesù, Crocifisso e Risorto per noi, la nostra vita è costellata di tante croci,
di mille contraddizioni, di molti pesi,
di dolori comprensibili ed incomprensibili.
Su di essi, come un faro si staglia la luce della tua parola,
lo splendore del tuo volto, che tra sangue e sudore,
ci legge dentro e ci “svela” come piccoli e fragili portatori di croci difficili da capire!
Illumina, ti preghiamo, le nostre croci.
Noi siamo come i personaggi della tua passione,
presi dalla smania di giudicarti e non di comprenderti,
di averti in pugno e non di lasciarsi da Te abbracciare.
In questo tempo, non ci nasconderemo,
ci esporremo invece alla luce della tua croce
per essere spogliati di ogni orgoglio
e rinascere da capo, come bambini, alla verità del nostro essere:
uomini, fatti di polvere e di desiderio,
bisognosi di luce come di acqua e di pane.
Vogliamo lasciarci plasmare da Te, lasciarci raggiungere come la pecorella smarrita,
lasciarci scuotere dalla tua Parola,
lasciarci rigenerare nella mente e nel cuore.
Allora la Pasqua parlerà di vita vera,
che da Te passa nelle nostre vene e nel nostro cuore,
e un’umanità nuova abiterà il mondo. Amen”
E.S.
4 La Parola della Fondatrice
Carissime Sorelle, Fratelli ed Amici, propongo alla
riflessione quanto la nostra Fondatrice ha scritto
a Domenica Faccioli:
“Mia cara figlia quanto mai desidero di vedervi più abbandonata in Dio, più
distaccata dai conforti umani e più ripiena di confidenza, ma vera e totale nel
Signore. Ricordatevi che chi più spera più ottiene.
Voi vedete che avevate angustia per timore che 1'Elena facesse un viaggio,
e Dio l 'ha rimessa. Adesso temete che la signora Antonietta se viene alcuni
giorni si disgusti dell'Istituto, e vedrete che Dio illuminerà il signor Preposto e
quello che egli giudicherà sarà ciò che riuscirà meglio. Voi sentite il peso
delle occupazioni, ed in ciò vi compatisco e, se potessi volare a Milano questi
giorni per assistervi, lo farei con gran piacere, ma ricordatevi che non valete i
due soldi di stopa da formare l'imagine del vostro Sposo, ma dite che siete
sposa del Crocifisso, onde se questo deve essere come bene io pure spero che
realmente sarete, conviene che pensiate che dovete tenergli compagnia nei
patimenti e nelle fatiche se volete essere a parte della corona che vi tiene
preparata.
Coraggio dunque mia cara figlia, abbandonatevi nel Signore e non dubitate
che vi assisterà certamente. Governatevi quanto potete e cercate di sostenervi.
Non abbiate scrupolo di prendere qualche cosa di caldo la mattina a letto; e
sopratutto state di buon animo, fidatevi di Dio e non vogliate adossarvi la croce
passata, presente e futura, essendo noi tanto piccoline che basta che portiamo la
croce d'ogni giorno. Indegnamente non mancherò di pregare per voi, fatelo per me.
Salutatemi la cara Angela; vi lascio nel Cuor santissimo di Maria”.( Madd. a D.Faccioli,
Ep. III/1, Lett.1256 , Verona 19. 02. 1822).
Dallo stralcio di questa lettera si possono individuare un desiderio, una costatazione,
un augurio che Maddalena rivolge a Domenica Faccioli e a ciascuna/o di noi.
1. E‟ importante coltivare dentro di noi desideri di fede, la nostalgia di Dio, del
nostro Dio dal volto di Padre, che si è rivelato in Gesù Cristo fatto Uomo per noi.
“L‟incontro con il Signore, - hanno detto le nostre Sorelle giovani - ci rende più
ricche in umanità, perché Lui non toglie, non ruba, ma riconsegna ciò che
veramente siamo, rendendoci disponibili e pronte a narrare la bellezza
dell‟incontro con Lui”.(Seminario a Moccone 25-27 marzo ‟11).
La Parola della Fondatrice 5
2. Maddalena ci invita a leggere la storia, non quella virtuale, ma la storia reale,
fatta di eventi, fatiche e sfide quotidiane. E‟ proprio la contemplazione del Suo
Amore che ci abilita ad entrare nella storia personale, comunitaria,
sociale ed ecclesiale con uno stile solidale e fraterno. Là dove costatiamo
angustie, eccessive preoccupazioni e timori, lì portiamo parole e gesti di fiducia e
speranza con la certezza che il Signore è presente nella storia. Là dove
avvertiamo timore, paura, lì infondiamo coraggio e capacità di rischiare perché la
vita di ogni persona abbia la possibilità di esprimersi. Là dove vivono sorelle e
fratelli che portano pesi eccessivi che mettono in pericolo la dignità della persona,
lì offriamo la nostra disponibilità, pronte a portare i pesi le une delle altre.
Il desiderio che si fa incontro, la costatazione di un bisogno che si trasforma in offerta
di una missione, conduce a fare auguri di bene.
3. Maddalena invita ed augura quattro “beni”:
Augura a Domenica di abbandonarsi nel Signore, nelle braccia di Colui
che è presente e accompagna ogni persona perché possa vivere in pienezza
la sua esistenza.
Augura ancora di “governarsi”, di avere cura di sé, di non trascurare
l‟umanità fatta di possibilità e vincoli, di slanci di amore e di fatiche anche
fisiche. E‟ importante amare questa umanità che Lui ci ha regalato, umanità
dai tratti femminili o maschili.
Augura poi di stare di “buon animo” perché chi ama dona con gioia, con
serenità interiore, frutto dell‟esperienza dell‟essere stati amati ed invitati ad
amare.
Augura infine un sano realismo che porta a non crogiolarsi per le fatiche
passate, da presentare al Signore perché risani, porti a compimento le
scelte operate, né a pensare alle fatiche future che solo in parte possiamo
prevedere, ma ad accogliere e vivere le fatiche presenti, quelle che la
quotidianità ci chiama a vivere. Il ricordo del passato, diventi occasione di
offerta al Signore; la progettualità del futuro si trasformi in esperienza di
discernimento alla luce del Vangelo; il presente sia per tutti noi spazio e
occasione per dire il nostro amore al Signore in atteggiamento di dono
verso i fratelli e le Sorelle che invocano la nostra presenza, il nostro esserci
come segno della presenza del Signore della vita
All‟augurio di Maddalena unisco il mio e quello delle mie Consigliere perché,
in questa Pasqua, ciascuna Sorella possa sperimentare la “potenza” della
Risurrezione.
______________________ Superiora Provinciale
6 Noi … del Consiglio
Consulte! Cosa sono? Perché si fanno? Qual è il loro contenuto?
Sono domande che affiorano ogni volta che vengono annunciate o semplicemente
rilevate dal calendario di Provincia.
Cosa sono ?
Sono un momento importante di incontro, di ascolto, di confronto, di discernimento
vissuto da un gruppo di Sorelle, particolarmente interessato e coinvolto nelle
problematiche che vengono prese in considerazione.
Perché si fanno ?
Si attuano normalmente come strumento di studio e di ricerca necessari per raccogliere
elementi e indicazioni circa problemi, realtà, situazioni di vario genere. Sono proposte
sempre in vista di un miglioramento riguardante la vita di particolari tipologie di
comunità e delle persone che le costituiscono. Talvolta, possono riguardare le strutture,
come nel caso di consulte a carattere gestionale.
Qual è il loro contenuto?
Ovviamente varia secondo l‟obiettivo che ci si propone. Diverso è l‟argomentare intorno
alle “Case per ferie”, alle “Case di infermeria” o alle “Comunità con la presenza di
giovani sorelle”.
Quali sono le Consulte ultimamente svolte?
Due si sono realizzate in dicembre.
La prima, quella per le “Case per
Ferie”dal 3 al 5, a Borgio Verezzi
(SV), la Casa al mare del Territorio di
Brescia, con la partecipazione delle
Econome Territoriali, delle Superiore
delle Case interessate, della Madre
Provinciale, M. Marilena Pagiato, e di
cinque Consigliere.
La seconda, per le “Case di
Infermeria”, dal 14 al 16, a Costermano
(VR). Vi hanno partecipato le Superiore e
le Sorelle infermiere delle nostre 14 Case
di infermeria, con la presenza di cinque
membri del Consiglio compresa la Madre
Provinciale.
Una terza Consulta, quella per le
“Comunità con Presenza di Giovani
Sorelle”, si è svolta a Costalunga (BS), dal
28 al 30 gennaio 2011. Erano presenti, con
le sei Madri del Consiglio Provinciale, i
membri dell‟èquipe formativa delle Juniores,
la Madre Maestra e le nove Superiore cui
sono affidate le Juniores e le Sorelle che non
hanno ancora superato cinque anni di Voti
Perpetui.
Qual è la modalità di svolgimento ?
Si inizia sempre, il pomeriggio di arrivo, con un momento di conoscenza reciproca, cui
segue l‟intervento di M. Marilena che precisa la finalità delle giornate e l‟obiettivo cui si
vorrebbe giungere. Si conclude verso sera con un momento di preghiera volto ad
introdurre nella tematica allo studio.
La giornata di mezzo è la più impegnativa. Richiede l‟ascolto delle diverse realtà,
l‟individuazione degli aspetti positivi da potenziare e delle criticità da tenere presenti.
Ci si ascolta cordialmente, ci si confronta con libertà, si espone il proprio punto di vista,
si offrono intuizioni e suggerimenti. Ogni apporto ha la sua rispettosa accoglienza.
Noi … del Consiglio 7
Solo la terza Consulta è stata supportata – data la specificità dell‟incontro – dalla
presenza di una persona esperta nell‟ambito della prima formazione, la quale ha
facilitato il dialogo e l‟approfondimento delle caratteristiche delle nuove generazioni da
accompagnare nel cammino formativo.
L‟ultima mezza giornata è sempre dedicata alla sintesi.
La Madre Provinciale restituisce, ordinandolo, l‟apporto delle partecipanti, segnala i
punti forza su cui far leva e indica le problematiche aperte che saranno riconsiderate
negli incontri successivi del Consiglio Provinciale.
Quali gli aspetti significativi e specifici?
Ogni Consulta ha coinvolto emotivamente chi vi ha partecipato attraverso le notizie e
le informazioni condivise. Ci si è rese conto, ad esempio, che alcune nostre “Case per
Ferie” sono nate in attenzione alla salute delle Sorelle, altre per sostenere i ministeri e
altre ancora sono sorte accanto alle attività scolastiche. Accoglienza, ospitalità e
fraternità caratterizzano da sempre le comunità di queste Case che allargano i loro
spazi per offrire momenti sereni, distensivi e ritempranti alle sorelle che vi arrivano.
Non senza commozione, nella Consulta successiva, le partecipanti hanno visto
scorrere le nostre 14 Case di infermeria, situate: 12 al Nord e 2 al Sud della Provincia
Italia. Nella presentazione delle loro Case, si sono colte le attenzioni delle Madri
Superiore, desiderose di assicurare alle sorelle, ammalate o anziane, le cure di cui
abbisognano e la loro preoccupazione per garantire in comunità un clima sereno e
vivace al tempo stesso. Si è constatato che le nostre “montagne di gemme” sono
assistite con amore dalle sorelle infermiere, che coadiuvate da laiche, non si
risparmiano nel dono di sé. Non sono mancate segnalazioni per migliorare la situazione
delle strutture e per garantire i confort necessari per una vita dignitosa.
Intorno alla Consulta per le “Case con presenza di giovani sorelle”. è emerso il
desiderio di capire meglio le nuove generazioni, di comprendere il loro linguaggio, le
speranze che portano in cuore, il dovere di affiancarle nel loro cammino di sequela,
con la testimonianza eloquente della vita delle Madri con più primavere di loro. Trovare
una convivenza significativa tra le diverse generazioni rimane obiettivo da perseguire
ogni giorno.
Ma… e i risultati?
I primi risultati positivi sono anzitutto l‟incontro fraterno tra le partecipanti che si
trovano a condividere le medesime situazioni, a volte di fatica e sempre di
responsabilità; ne segue una nuova solidarietà interna al gruppo con lo scambio di luci
e di intuizioni a sostegno della propria dedizione.
Non è di poco conto la possibilità di sperimentare processi formativi di analisi delle
situazioni, di ricerca insieme, di considerazione dei problemi, ciò che perfeziona l‟abilità
a condurre i medesimi processi nell‟ambito delle proprie comunità.
Importante è infine la presa di coscienza, da parte del Consiglio Provinciale, della
concretezza delle singole realtà, delle fatiche e dei problemi comuni: un apporto
prezioso per meglio discernere in seguito le decisioni da prendere.
I risultati non appaiono immediatamente al termine della Consulta. Resta però viva la
speranza che al tempo di semina, seguirà quello del raccolto o, come recita il Salmo
85:
“Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto”.
M. Giovanna Radice
8 Ministeri e Dimensioni
Di questo anno scolastico c‟è una giornata che non dimenticheremo molto
facilmente… ma che, al contrario, ricorderemo con grande piacere.: quella
trascorsa a Casa Serena, il Centro diocesano pastorale per l‟età evolutiva, dove
era in programma per noi una giornata formativa sul tema dell‟amicizia.
Questa per noi è stata un‟occasione propizia per conoscerci meglio ed
affrontare “col piede giusto” questi 3 anni, appena iniziati, che ci porteranno
(se tutto va bene!), alla qualifica di operatore amministrativo segretariale con
indirizzo contabilità.
Ci hanno accompagnato le professoresse Motta e Ceni, mentre a Casa Serena
ci hanno guidato nel percorso preparato per
noi, don Nicola e Silvia.
La giornata è stata intensa, ma le ore
trascorse sono veramente volate: tutte le
attività hanno saputo attirare la nostra
attenzione e la nostra partecipazione attiva.
Attraverso metodologie differenti – “brain-
storming”, giochi a squadre, filmati, balli e,
non ultimo, il pranzo insieme – abbiamo approfondito il valore della nostra e
della altrui unicità, l‟importanza del rispetto che dobbiamo imparare a dare a
ciascuna persona, la ricchezza del contributo che ognuno di noi può e deve
dare agli altri.
Con entusiasmo abbiamo messo in pratica, già
il giorno stesso, tutto quanto abbiamo capito.
Nessuno si è sentito escluso, ma tutti siamo
stati parte imprescindibile di una classe, la
prima A dell‟Anno Scolastico 2010-2011.
C.F.P. CENTRO FORMAZIONE PROFESSIONALE
Alunne/i Classe 1A
Ministeri e Dimensioni 9
LA MIA ESPERIENZA DI CAPPELLANO DELL’OSPEDALE
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco, ammalato, sofferente, avvilito: rinnova il coraggio
nelle prove della vita e, nella tristezza, può essere, a volte, balsamo e medicina. Il sorriso
crea gioia ed è segno tangibile di amicizia. C‟è molta gioia nel donarlo, ma soprattutto nel
riceverlo, perché allarga il cuore di chi lo riceve.
Io ho sperimentato questa gioia nella missione che
mi è stata affidata: essere cappellano dell‟Ospedale
civile in Borgo Trento – Verona.
Mi sono stati affidati i reparti di Neurochirurgia
maschile e femminile, Neurologia, Riabilitazione e
Dialisi.
Quando entro nel reparto con il mio camice
bianco, con appesa una piccola croce rossa (che per me indica il Sangue di Gesù versato
per tutti noi), sono un po‟ timorosa, ho un sentimento simile a chi sta per compiere una
grande missione e, mentre mi avvicino al letto dell‟ammalato, mi affido allo Spirito Santo,
perché possa donarmi orecchi attenti per ascoltare e capire, e perché metta sulle mie
labbra le parole giuste che possano essere di aiuto.
Mi accosto ad ogni malato e gli sorrido; ciascuno ha sempre da raccontarmi il suo vissuto,
i suoi problemi, sofferti ma amati, di gioie e tristezze, di paure e di morte. Nei loro
dialoghi si mescolano sentimenti forti come il pianto, la contrazione del viso, il mordersi le
labbra per non piangere; più volte mi prendono la mano e la stringono forte al loro petto,
poi si raccolgono in se stessi, quasi fossero soli, ancorati ad una speranza affettuosa e
familiare, cercano amore e sicurezza, una parola che li possa incoraggiare.
Io, per un po‟, rispetto questo silenzio, sento il loro respiro farsi affannoso, sorrido e…
attendo; stringo la mano, vivo intensamente dentro di me tutte le loro sofferenze, poi
sento che si rilassano e cominciano a parlare.
Il dialogo, pieno di sofferenza, fa intuire la mancanza di un familiare vicino, specialmente
se il malato viene da lontano, a volte la lunga attesa prima di essere operato, i dubbi e le
preoccupazioni se il male non è stato ancora diagnosticato.
A questo punto cerco di farmi vicina, partecipando e vivendo con l‟ammalato la sua
situazione; in alcune occasioni mi chiede di pregare insieme….
Più volte, quando ho terminato il giro di tutto il reparto e mi avvio per rientrare a casa,
sento una grande gioia dentro di me, come un fuoco che brucia. Capisco allora che non
sono andata per fare un servizio all‟ammalato, ma che è lui che l‟ha fatto a me.
10 Ministeri e Dimensioni
I racconti di vita vissuta mi aiutano a crescere, a prendere coscienza di quante vite
donate e piene di speranza ci sono nel mondo, nonostante le fatiche e le sofferenze…
Questo mi spinge a donarmi con gioia e passione, imparando ad ascoltare il vissuto di
ogni persona e a patire insieme con lei.
La speranza è la virtù teologale che non tramonta mai nel cuore dell‟ammalato, e
quasi tutti mi dicono: “Suora, la speranza è l‟ultima a morire; finchè c‟è speranza c‟è
vita”.
Ora vorrei raccontare un‟esperienza cha ha toccato profondamente il mio
essere e la mia anima.
Come ogni giorno, entro in una stanza del reparto per la visita agli ammalati.
Ci sono sei pazienti, li saluto e..mi accorgo che uno di essi si copre il viso con il
lenzuolo. Deduco che non vuol essere disturbato.
Mi avvicino agli altri, li ascolto; mi chiedono di pregare e di ricevere l‟Eucarestia.
Ma … Giorgio rimane sempre coperto dal suo lenzuolo, non mostra il suo volto.
Concludo la mia visita salutando tutti, come al solito: “ Arrivederci Carlo, arrivederci
Mauro, arrivederci Giorgio. Ma..... Giorgio non risponde.
Non mi scoraggio, nè mi avvilisco. Continuo ad entrare in quella stanza, tre volte la
settimana, per un mese intero. Il comportamento di Giorgio rimane immutato.
Un giorno, dopo aver salutato i degenti, sto per avviarmi in un‟altra stanza, quando
qualcuno mi chiama: “Suor Anna c‟è un malato che la vuole”.
Rimango sorpresa perché mi pare di avere salutato proprio tutti. Torno indietro e, con
mia grande sorpresa, mi accorgo che è Giorgio che mi ha fatto chiamare.
Ha finalmente il viso scoperto, chiede un prete, lo vuole subito, “prima che mi
penta”.
Cerco il sacerdote che arriva immediatamente, entra nella stanza e si ferma a
confessare Giorgio che non si confessava “dal giorno della sua Prima Comunione”.
Siamo ancora lì, a discutere nel corridoio, quando vediamo un viavai affrettato di
infermieri e medici entrare ed uscire dalla stanza. Qualcuno sta male. Un‟infermiera
mi dice: “Suor Anna, Giorgio sta per morire”.
Io e il sacerdote ci guardiamo; un brivido di freddo mi attraversa la persona.
Mi rivolgo al Sacerdote e gli dico:
La misericordia di Dio è infinita, come è infinito il suo amore per l‟uomo”.
Sì, Dio non si arrende e insegue l‟uomo finchè non lo raggiunge e lo salva.
Sr. Anna Prandini
Ministeri e Dimensioni 11
Alla testimonianza di M. Anna, fa seguito questa che condividiamo volentieri.
PERCHE’ PROPRIO A ME? “ Sono un medico e, nello stesso tempo, paziente, colpita da un brutto male contro
cui sto lottando momento per momento, giorno per giorno, perché quando questa
malattia colpisce, è impossibile che passi inosservata…
Ho vissuto questa malattia sulla mia pelle e, con grande speranza e fede, sto
cercando di sconfiggerla, anche se, a volte, mi chiedo: “perché proprio a me?”
Cerco di dare tante risposte a questa domanda, ma non riesco a farmene una
ragione.
Durante la mia professione ho aiutato e sostenuto tante persone colpite da questa
malattia, le ho sorrette nella loro battaglia per la vita, ho dato loro speranza perché
si affidassero alla ricerca scientifica, che ha fatto passi da gigante anche con terapie
personalizzate, e pregando Dio affinchè questa malattia fosse debellata e sconfitta.
Da medico sapevo già a cosa andavo incontro e cosa mi sarebbe successo… Sapevo
tutto quello che mi aspettava, dal giorno in cui mi sarebbero caduti i capelli alle
complicanze che avrei potuto avere e ai rischi che potevo correre; si resta senza
difese immunitarie, rischiando di ammalarsi spesso e soffrendo in silenzio.
La sofferenza è una prova alquanto dura a cui viene sottoposta tutta
l‟umanità;
la gioia di vivere proviene dalla scoperta del senso della sofferenza …
“ Gesù, tu sei il mio sostegno, la mia vita… Ogni qualvolta sono
stata operata, sempre di giovedì, da me ritenuto un grande dono,
non ho smesso mai di supplicarti, di pregarti… ti ho chiesto di
entrare, con la forza dello Spirito Santo, nel mio corpo e di
accarezzarlo dalla testa ai piedi con le tue mani, di toccare dov‟era il
male, ti ho chiesto di illuminare la mente dei medici e guidare le loro
mani… Capivo che, al momento opportuno, dovevi intervenire solo
tu, perché nulla è impossibile a te.
Grazie, perché mi hai fatto ritornare felice nella mia famiglia ad
abbracciare i miei “gioielli preferiti” e mio marito che ha sofferto
tanto insieme a me e che mi dà tanta voglia di vivere.
Grazie perché ho incontrato in ospedale M. Anna, una piccola suora
speciale, che, con il suo sorriso trasparente, mi portava serenità,
gioia e consolazione. La chiamavo il mio Angelo Custode perché,
silenziosa, entrava con il suo camice bianco, si avvicinava al mio
letto e, prendendomi la mano, mi diceva: “Buongiorno, Sig.ra Pina,
anche oggi il Signore ci regala una bella giornata, sia di
gioia che di dolore. Affidiamo tutto a Lui”.
Grazie per quanti hanno pregato per me.
Grazie, perché tutto è stato dono”.
12 Ministeri e Dimensioni
Da un campo a Roma... a un percorso a Verona
“Il tempo libero non è una spazio vuoto che si crea tra due attività, ma è lo spazio in cui ritrovare la nostra
libertà di dar peso alle realtà che lo meritano.” (da “Una vita ricca di senso”, di Dotti-Manicardi, LDC)
L'estate è sempre un momento di grande attesa, dopo un lungo periodo in cui gli
impegni scolastici, sportivi, relazionali, lavorativi ci hanno sommerso durante tutto
l'anno. L'estate sta arrivando, finalmente una pausa dalle attività solite... finalmente
stanno arrivando le mie vacanze, il mio tempo libero, che posso gestire e del quale
approfittare. Ma come posso sfruttare questo tempo libero nel miglior modo?
Cosa potrei fare per dire di essere veramente soddisfatta della mia scelta?
Nel libro che ho citato sopra si dice di “dar peso alle realtà che lo meritano”. E come
facciamo a capire quale sono le cose per le quali vale veramente la pena spendere del
nostro tempo così prezioso?
Vi racconto una mia esperienza, che è iniziata l'estate scorsa, in cui la mia scelta di
sfruttare il tempo libero di vacanza, è diventata una ricchezza e un dono.
Ho ricevuto a scuola il volantino con l'invito di fare un'esperienza di volontariato a
Roma, con le madri canossiane. Quell'estate, per me, non era un'estate come tutte le
altre, era particolare, volevo godermela al massimo: “Beh dai, se il servizio non è
proprio uno spasso, faremo almeno un po' di “casino”, mi sono detta.
Ma le cose non sono andate proprio come pensavo...
Preghiera, formazione, lavori e dinamiche di gruppo, tempo libero, uscite,
servizio di volontariato alla Caritas ... sono diventati un' esperienza che oggi mi
arricchisce e mi dà gioia; mi è stata regalata un'occasione di uscire da me stessa e
dalla mia solita routine per andare incontro all' altro, conoscere realtà nuove, come
strutture e ambienti che offrono assistenza ai più bisognosi...
Sinceramente, dopo un paio di giorni, non sapevi chi era il più bisognoso: se era il
povero che veniva lì da te, o se tu che avevi bisogno di imparare dalle sue esperienze di
vita, purtroppo a volte molto sofferte e dolorose. Per me era una gioia ascoltare e
toccare con mano certe situazioni, non nuove, perché di gente bisognosa ne troviamo
sempre per strada; la differenza è che per strada la ignoriamo, di solito, mentre in
questi momenti ci viene proprio regalata la possibilità di fermarci, di ascoltare, di
condividere e di aiutare.
Tornata a casa, non potevo non dare ascolto ai pensieri e alle emozioni che si
muovevano dentro. Una prima risposta l'ho trovata in una nuova esperienza che,
sempre a scuola, ci è stata presentata: un percorso mensile di servizio, presso
strutture presenti sul territorio veronese. Ho così incontrato bambini, anziani,
disabili, senza tetto, con i quali ho trascorso il sabato pomeriggio. Con me, altri ragazzi,
con i quali ho condiviso anche tempi di formazione e di vita di gruppo che hanno
sostenuto le nostre motivazioni.
Ho compreso che sono queste le esperienze che ti aiutano a capire a che cosa
dare veramente peso, per che cosa vale la pena “perdere” il proprio tempo, e
“arricchire” il proprio bagaglio di vita.
Mary
I Laici Canossiani 13
Verso il Congresso dei Laici Canossiani
E‟ questo il tema del prossimo Congresso
che dal 31 luglio al 7 agosto 2011 vedrà
riunite a Verona circa 100 persone,
provenienti da tutto il mondo, per riflettere
insieme su questo argomento.
Saranno Laici, Madri e Padri Canossiani, che
metteranno al centro del loro incontrarsi la
raccomandazione di Santa Maddalena.
Stiamo lavorando con impegno perché
questo Congresso aiuti tutti i delegati a dare
maggiore attenzione ai poveri.
La povertà deve continuare a scandalizzarci: come Laici Canossiani non voltiamo la testa, combattiamo l‟indifferenza, interroghiamoci e facciamoci “prossimo”.
Rifletteremo insieme, faremo discernimen-
to, per continuare a coniugare fantasia della
carità, spirito pratico e competenza, e
mettere a frutto questo patrimonio, al passo
con i tempi. Siamo convinti che pietismo e
assistenzialismo non pagano quasi mai: guai
a costringere i poveri al ruolo di “vittime”!
Chi domanda aiuto ha nome e cognome, e
soprattutto una sua storia, diversa da altre.
Come Laici Canossiani sappiamo che questa
storia ha bisogno di essere ascoltata, non
dimenticata, e da essa occorre ripartire per
recuperare dignità ed energie.
Non vogliamo affannarci nell‟aiuto e nel
volontariato, dimenticando la tensione
evangelica e i principi che devono guidare i
passi dei Laici Canossiani: la riflessione e la
preghiera, per fare, a nostra volta, quello
che Gesù ha fatto, cioè servire ed amare.
Cercheremo di disegnare un progetto nel quale la dignità riconosciuta agli ultimi diventi responsabilità nostra, per rendere concreta la giustizia e il benessere, un progetto non riservato a pochi, ma disponibile per tutti.
Questo Congresso sarà quasi un laboratorio,
in cui la società solidale e giusta – che tutti
sogniamo e speriamo – potrà venire pensata
e inventata in forme concrete e praticabili.
Il programma della settimana prevede gli
interventi di quattro relatori, che ci
aiuteranno ad entrare in profondità
nei vari aspetti del tema:
don Virginio Colmegna (aspetto sociologico), don Giuseppe Laiti (aspetto biblico), dott.ssa Cristina Simonelli (aspetto teologico) padre Gianluigi Andolfo (aspetto carismatico).
Avremo anche la possibilità di vedere circa 18
brevi filmati di circa 10 minuti cad., che
stanno preparando le varie Province di tutto il
mondo, sulle realtà che incontrano i Laici
Canossiani, le Madri e i Padri, là dove vivono.
Questo prezioso materiale farà parte
integrante degli Atti del Congresso, per far
conoscere a tutta la Famiglia Canossiana le
nostre realtà.
Inoltre i delegati parteciperanno a gruppi di lavoro che analizzeranno vari aspetti delle povertà di oggi: immigrazione ed integrazione, famiglia,
educazione, visite agli ospedali e volontaria-to, fame, evangelizzazione e presenza nella chiesa locale, guerra e violenza.
Abbiamo tenuto in considerazione, nella scelta
di questi temi, i Rami di Carità indicati da
Santa Maddalena e le indicazioni della Chiesa
in questi ultimi tempi (documenti, encicliche,
4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona
del 2006, ecc.).
Avremo la gioia della presenza dei due
Superiori Generali, Madre Margaret Peter e
Padre Antonio Papa, e del Vescovo di Verona.
Inoltre dedicheremo anche una mezza giornata ad
un giro “carismatico” di Verona, sui passi di Maddalena (Palazzo Canossa, San Zeno, Casa
Madre).
Tornando a casa siamo sicuri che ciascun
delegato saprà riportare la ricchezza di questo
Congresso a tutti i Laici Canossiani e che la
fantasia dello Spirito Santo ci aiuterà a dare
concretezza al comandamento dell‟amore che
Gesù ci ha lasciato, come segno distintivo
della nostra identità di Suoi discepoli e di Laici
Canossiani.
A tutte voi, carissime Madri, chiediamo di
accompagnarci con la preghiera. Grazie.
Adele Cremonesi Coordinatrice Internazionale Associazione Laici Canossiani
14 Nel segno delle Missioni
Vogliamo offrire l’occasione di ripercorrere il viaggio compiuto 150 anni fa dalle nostre Sorelle che, per prime, hanno iniziato l’esperienza missionaria dell’Istituto. La relazione è scritta dalla Madre Lucia Cupis, responsabile del gruppo, il manoscritto è conservato nell’Archivio Storico della Curia Generalizia.
viaggio delle Figlie della Carità da TRIESTE (27 febbraio 1860)- ad Hong Kong (12 aprile 1860)
“ Il giorno 26 febbraio 1860 partimmo da Venezia ed arrivammo a Trieste al mezzogiorno,
scendemmo dal Vapore e non essendo ivi carrozze pel trasporto di passeggeri, si prese
una carretta preparatavi pel trasporto delle borse, e noi col Missionario dietro ad essa ci
avviammo verso l‟ospitale diretto dalle Ancelle della Carità, che è situato a gran distanza,
cioè fuori della Città… Iddio che non mai abbandona chi in Lui confida, ci fece incontrare
un ottimo Signore, il Cavalier Napari, che si esibì di accompagnarci dalle Ancelle e volle
rimanesse presso di sé il Rev.do Missionario, e prestarsi ancora in quanto abbisognava
per la consegna dei bagagli, all‟Ufficio dei trasporti, pei passaporti, e per prendere i posti
al Bastimento per Alessandria. Alla mattina seguente ci accompagnò egli stesso al
Vapore e come nel tragitto che si dovette fare dalla riva al Vapore pioveva, dette a noi il
suo ombrello restando egli alla riva sotto la pioggia, e in più ci diede il suo servo acciò ci
custodisse le borse, ed i marinai non esigessero maggior compenso del dovuto.
Siam partite dunque da Trieste il giorno 27 ed il giorno 29 arrivammo a Corfù
ove il Vapore si fermò quattro ore; noi
però non toccammo terra, ma solo ci
dilettammo in mirare quelle isole amene…
Il sabato 5 marzo approdammo ad
Alessandria. Lungo questo viaggio tutte
le Sorelle ed il Padre Missionario soffrirono
di mal di mare, per cui solo tre giorni si
potè udir la S. Messa e fare la SS.
Comunione. Appena giunto il Vapore in
porto venne a bordo il R. P. Salerio, il
quale condusse noi dalle Suore della Carità
di Francia ed il P. Missionario dai Rev. di
Padri Lazzaristi, situati rimpetto a dette
Suore. La carità con cui venimmo accolte e le attenzioni che ci vennero usate sono
indescrivibili… La Domenica, dopo aver udito la S. Messa e ricevuta la Divina Eucarestia,
venimmo condotte ad una tribuna nella Chiesa dei Lazzaristi ove assistemmo alla Messa
solenne in cui il Vangelo venne spiegato in francese. Ci trattenemmo presso dette Suore
tre giorni durante i quali avemmo campo di osservare il costume di quel paese, venimmo
condotte all‟Ospitale, ed oh! Se vedesse che miseria, non solo nell‟Ospitale, ma in tutta la
città…
La mattina del giorno 9, prima di rimetterci in viaggio, ricevemmo la benedizione di un Vescovo che era di passaggio nella Casa dei Lazzaristi, il quale si recava alla visita di
Terra Santa. Alle ore 10 di detto giorno partimmo colla ferrovia ed arrivammo alla città
del Cairo alle ore 4 pomeridiane…
Giunte alla Città del gran Cairo, venimmo alloggiate dalle Suore del Buon Pastore ed il
Missionario fu alloggiato dai P.P. Cappuccini. La carità a nostro riguardo fu pur quivi
espansiva; ci fermammo tre giorni, durante i quali visitammo la grotta ove dimorò Maria
SS.ma con Gesù Bambino e S. Giuseppe per sette anni.
Oh! Carissima Madre, amatissime Sorelle! Come potrò io descrivere la sensazione che
fece in tutti noi, nel vedere la povertà del luogo ove abitarono questi Santi Personaggi?
Baciammo tutte con riverente trasporto il pavimento, le mura e il luogo ove la Vergine
benedetta adagiava il suo Gesù; esso è a guisa di un piccolo incavo nel muro…
Nel segno delle Missioni 15
In questa città trovammo il Signor Conte Colleoni, che ci fu poi compagno e guida nel
rimanente del viaggio.
Il giorno 12 ci rimettemmo nuovamente sulla ferrovia e passammo il deserto di Suez;
quivi pure si vedevano grotte qua e là senza coperto, per cui quei poveri abitanti,
sebbene pochi, se sono per via, oltre il sole sul capo, hanno sotto i piedi arena infuocata
ed in casa non sono meglio riparati… Alle ore due pomeridiane dello stesso giorno
arrivammo a Suez e alle 4 c’imbarcammo sul Vapore Inglese detto il Colombo;
esso è di una grandezza straordinaria, per cui contiene più di 300 persone.
Passammo il Mar Rosso e giungemmo ad Aden alle 11 pomeridiane del 15 Marzo.
Qui non si toccò terra, ma potemmo sol da lungi compassionar quell‟isola che per il suo
caldo eccessivo vien chiamata Inferno ed alle ore 11 ant. del giorno 16 si proseguì il
viaggio con la nave nel Grande Oceano o Mar Pacifico.
Alla mattina del 25 Marzo si approdò a Ceylon, scendemmo e fummo condotte dal
Signor Colleoni ad un Albergo, ma essendo noi andate a visitare la Chiesa Cattolica di
quell‟Isola, il Parroco di colà ci volle trattenere seco a pranzo e presso a lui ci fermammo
fino a sera… abbiamo assistito alle funzioni di quella Parrocchia, essendo quel dì la
Domenica di Passione, e quel buon Parroco volle che cantassimo lo Stabat mentre egli
suonava l‟organo onde allettare quei poveri Cingalesi convertiti. Ci accompagnò pure egli
stesso all‟Albergo ove abbiamo riposato la notte sopra sofà duri come pietre in due stanze
a pianterreno, mentre il Missionario ed il Conte Colleoni dormirono sotto un portico, uno
sopra un sofà e l‟altro sopra un seggiolone simile a quelli del Vapore.
Alla mattina ritornammo alla Chiesa per udire la S. Messa e fare la S. Comunione. Oh!
Avesse veduto quei poveri Cattolici correrci incontro con allargate anche le mani e
prostrati a prendere medaglie ed immagini che loro dispenseranno! Come le baciavano
divotamente e con quale affetto le stringevano al cuore! Alle 10 della stessa mattina
ritornammo sul Mar Pacifico, non più sul Colombo, ma sul Cadiz, Vapore un terzo più
piccolo del primo. Questo mare fu per alcuni giorni veramente Pacifico ma non mancò di
darci prove contrarie col favorirci due giorni di burrasca.
La sera del 31 Marzo, Domenica delle Palme, si approdò a Gales o Pinang
(Malesia). Ci portammo tutti alla Chiesa della Missione Francese. Il nostro Padre celebrò
la Messa e dispensò il Pane Eucaristico. Le Suore della S. Infanzia ci accompagnarono fino
alla loro abitazione contigua alla Chiesa e ci apprestarono la colazione, poi ritornammo in
Chiesa per assistere alla benedizione delle palme; udimmo la S. Messa celebrata dal
Vescovo e noi pure ricevemmo dalle sue Mani il ramo d‟olivo. Desinammo presso le buone
Suore onde ricevere la Benedizione del Vescovo; alle ore tredici poi facemmo ritorno al
Vapore Cadiz e solcammo ancora il Mar Pacifico.
Alle ore 8 del Martedì Santo arrivammo a Singapore, quivi pure alloggiammo presso
le Suore della Santa Infanzia, si ascoltò la S. Messa, ci siamo confessate e comunicate lo
stesso giorno e la mattina seguente abbiamo sofferto un po‟ di angustia poiché, avendo il
Padre accordato le vetture per le 10 queste non giungevano. Ed erano ormai le 11 che ci
trovavamo ancora al Convento senza poterci recare a bordo, giacchè la pioggia cadeva a
rovesci, la strada era lunga per ben mezz‟ora e non avevamo ombrello. Per avventura
giunse un Missionario italiano dalla Procura di quell‟Isola, il quale ci prestò la sua
carrozza, la quale non essendo capace che per quattro individui partì prima il Missionario
con tre sorelle, indi ritornando la carrozza, partii io colle altre due, accompagnate da un
Milanese Catechista presso questa Procura. Appena giunte a bordo il Vapore partì ed ecco
come anche in questa circostanza la provvidenza ci soccorse. Vi arrivammo però tutte
inzuppate d‟acqua, per causa del tragitto che dovemmo fare dopo la carrozza col battello
per un quarto d‟ora circa, e sempre sotto la pioggia.
16 Nel segno delle Missioni
Quest‟ultimo viaggio che fu di nove giorni sul Mar della Cina, fu il più penoso
essendovi stata sempre burrasca, massime poi gli ultimi due giorni, fu sì forte
che non ci si reggeva in piedi se non fortemente attaccate a qualche cosa, anche
stando sedute o a letto, di tratto in tratto venivano tali scosse che ci
rovesciavano sul suolo. Questo impedì che la domenica di Pasqua ed il giorno
seguente, il Padre potesse celebrare la S. Messa; ad onta di ciò appena qualche
sensazione di timore turbava per brevi istanti la nostra giovialità, che grazie a
Dio sempre abbiamo avuta e tuttora conserviamo.
La mattina del giorno 12 aprile approdammo finalmente al nostro desiderato
Hong Kong. Il piissimo ed ottimo signor Conte Colleoni scese il primo dal Vapore per
avvisare i Padri Missionari del nostro arrivo, e per noleggiare i battelli da condurci a terra.
I RR. Padri che non ci attendevano sì presto, ma che credevano ritardata la nostra venuta
per più mesi, ancora dubitavano che il Signor Colleoni li scherzasse, ma assicurati del
vero vennero tosto il P. Procuratore sig. Don Luigi Ambrosi, ed il Rev.do Padre Raimondi,
a bordo, tutti giulivi per vedere contro la loro aspettazione adempiti come dicevano i loro
voti…
Ci condussero quindi alla casa della Procura, ove ci si approntò la colazione, ed alle ore 5
pranzammo. Nelle poche ore che venimmo colà trattenute, il Rev.do Padre Procuratore
prese una casa a pigione e la fece allestire sufficientemente per riposarvi la notte, stante
che il locale che tenevano per noi apparecchiato, siccome ritenevano protratta la nostra
venuta, l‟avevano appigionato.
Dopo il pranzo venimmo condotte ad un nobile Cavaliere presso cui abita la figlia del
Governatore, la quale appena ci vide diede in un dirotto pianto di allegrezza, s‟inginocchiò
quasi avesse veduto qualche divinità, e con forti strette di mano faceva palesi quegli
affetti, che non poteva esprimere con parole. Ci trattenemmo secoLei buona pezza, indi
venimmo accompagnate dai Padri dal Conte Colleoni e dal Cavaliere alla nostra
abitazione, pochi passi discosta da quella del Cavaliere e non molto lontana dalla casa
della Procura. Tre buoni Cinesi poi vennero posti presso il locale per farci la guardia lungo
la notte.
Alla mattina venimmo guidate da uno di questi alla Chiesa della Procura. Udita la S.
Messa e cibate del Pane Celeste ritornammo a casa, ove il Signor Cavaliere ci fece portare
la colazione. Il pranzo ce lo fecero i buoni Cinesi.
La casa che presentemente abitiamo è a sufficienza spaziosa anche per le opere di Carità,
ed è in una bellissima situazione, ma assai più bella sarà quella che abiteremo in seguito,
di proprietà della Missione.
Amatissime Sorelle! Quelle che si sentono chiamate da Dio alla Missione non si
sgomentino, ma si facciano sempre più animo, non temino di
nulla! Il viaggio è lungo e disastroso, ma la Mano di Dio guida e
sostiene. Vi sono delle sofferenze: mal di mare, cibi in apparenza
buoni, ma crudi ed al sommo pesanti, letti durissimi, se pure si
possono chiamare letti, tanto nelle navi come in terra non
essendovi che materiale di crine e di stecchi di canna d‟india,
come le abbiamo anche qui, eccessivo caldo…
Col primo del prossimo Maggio daremo principio alle Scuole. Due buone Portoghesi
saranno in nostro ajuto come interpreti. Le lingue che qui necessitano più di ogni altra
sono la Portoghese che non è tanto difficile, e la inglese. La Cinese è lingua quasi
impossibile da apprendersi. Questa Città contiene tanti abitanti, e tante diverse sette, e
dicono che vi saranno non meno di venti linguaggi.
Nel segno delle Missioni 17
Madre nostra amatissima! Care Sorelle! Buone Educande, e Sordo-mute, ragazze
di tutta la Scuola, pregate, ma pregate assai il Signore per noi, acciò possiamo
operare molto per la Gloria di Dio, e per la salute e conversione di questi poveri
Cinesi, Portoghesi, Inglesi, Turchi ecc. … Di nuovo tutte supplico: pregate,
pregate per noi!
Distanza dei Luoghi
Da Venezia a Trieste 120
Da Trieste ad Alessandria 1450
Da Alessandria al Cairo 80
Dal Cairo a Suez 120
Da Suez ad Aden 1308
Da Aden a Ceylon o Gale 2134
Da Gale a Pinang 1213
Da Singapore ad Hong Kong 1437
Miglia Inglesi 8243
Formanti Miglia Italiane 10304
Hong Kong 24 Aprile 1860
Lucia Cupis Figlia della Carità
Superiora
Primo Viaggio Missionario delle F.d.C Canossiane: 27.02 - 12.04.1860
18 L’oggi di Dio per la Storia di Domani
E‟ già da molti anni ormai che gli istituti femminili, con la sede del noviziato in Verona,
collaborano fra di loro circa alcune iniziative riguardanti la formazione: risulta così essere non
solo un‟esperienza di comunione tra i vari carismi, ma anche un esercizio molto arricchente di
conoscenza reciproca e di fraternità per le giovani novizie che vi partecipano.
Quest‟anno le tematiche che stiamo affrontando sono la Vita Spirituale e la Vita Apostolica.
Ogni incontro residenziale, circa una volta al mese, prevede – a rotazione - il soggiorno in
una casa appartenente ad un istituto che partecipa all‟internoviziato, una proposta di
contenuto e la presentazione del carisma da parte della Famiglia Religiosa ospitante.
Il mese di febbraio ha visto noi Canossiane coinvolte in prima persona nell‟accoglienza delle
altre novizie …. La comunità di Costermano (Vr) ci ha offerto un fraterno e caloroso
“benvenute”, dando così un positivo avvio alla “due-giorni”!
Il primo giorno abbiamo avuto la
gioia di avere tra noi M. Marilena
Pagiato – la nostra Madre Provinciale
– che ci ha presentato “I fondamenti
della vita apostolica”.
La Madre ha introdotto la proposta
riportandoci alla consapevolezza che,
prima di tutto, è il nostro stile di vita
che diventa annuncio, un annuncio
che si concretizza nell‟incontro con il
Signore Gesù e che si declina poi
nella vita attraverso la consacrazione
religiosa.
La professione pubblica dei Voti
diventa una sfida per la società
contemporanea: la castità come
scelta di una persona capace di amare nella libertà; la povertà intesa come sobrietà, che
permette di affermare che Cristo è l‟unica e sola ricchezza; l‟obbedienza pensata come
ricerca costante della volontà di Dio attraverso un continuo decentramento della persona da
se stessa.
Il secondo fondamento è stato enucleato attorno alla vita fraterna, vista come annuncio,
antidoto all‟individualismo ricorrente, ricerca, luogo del discernimento e della profezia.
Da ultimo, è la nostra stessa missione che si fa annuncio: i Vescovi ci hanno infatti invitato
ad “educare alla vita buona del Vangelo”, attraverso la passione per gli altri e il saper
generare vita nella libertà!
La giornata, intervallata da momenti di riflessione e condivisione di gruppo, è stata molto
apprezzata dalle giovani in formazione, non solo per i contenuti tematici, ma anche per gli
aspetti esperienziali presentati. Con gratitudine ringraziamo M. Marilena per la ricchezza della
proposta che ci ha fatto e per il tempo che ci ha messo a disposizione!
L’oggi di Dio per la Storia di Domani 19
Il giorno successivo ha visto l‟impegno e il coinvolgimento delle nostre due novizie –
Binette e Michela – nella presentazione
del carisma canossiano.
Così, attraverso l‟aiuto di qualche
supporto mediatico e con un po‟ di
titubanza per il non facile compito
richiesto, Binette ha enucleato,
attorno ad alcuni punti centrali, il
carisma della Carità di S. Maddalena,
sottolineando come il nostro nome sia
la sintesi del duplice comandamento
dell‟Amore, e come Gesù Crocifisso sia
il “Grande Esemplare” da amare e
contemplare per ogni Figlia della Carità
Canossiana.
Michela ha invece condiviso come il carisma di Maddalena, attraverso la vita di alcune
Madri, abbia incrociato la sua vita, dando così forma alla sua ricerca di Dio e ai
desideri più profondi e veri del suo cuore.
Ecco cosa ci ha raccontato, rivolgendosi a S. Maddalena in un filiale dialogo:
“ … Se prima erano i tuoi scritti che mi parlavano di te, adesso era la vita in senso
concreto che mi parlava di te.
Ti ho vista inizialmente brillare negli occhi di due madri che, con passione, vivevano
la loro chiamata alla sequela di Cristo. La loro vita mi ha provocata fin da subito
perché vedevo trasparire dal loro volto una pace e una gioia così profonde da
sembrarmi irreali. Intuivo che la fonte era Gesù, ma come Lui potesse trasfigurare
così una persona, beh, … per me era una domanda talmente grande che non aveva
una risposta; mi son sempre limitata a godere ciò che quelle madri mi
trasmettevano, così come mi veniva dato, con semplicità e con quello stupore che
tutt‟oggi mi accompagna.
Frequentandole ho avuto modo di scoprire una nuova modalità di vita al seguito di
Gesù: quella della vita consacrata; allo stesso tempo mi sono avvicinata sempre di
più a te. Sì, perché tu eri già con me, come Gesù, … solo che io non ti ho
riconosciuto subito!
All‟inizio ti vedevo, Maddalena, come una persona lontana da me, dalla realtà della
mia vita … Una persona irraggiungibile, con un linguaggio a volte anche un po‟
incomprensibile … ma forse perché troppo alti sono i tuoi ideali e mi spaventavano,
ma insieme mi attiravano.
Leggendo le varie lettere che il tuo Padre Spirituale ti scriveva, ti ho scoperta molto
vicina a me: una donna dal cuore mai sazio, sempre inquieto, sempre in ricerca.
Una donna che impara lentamente ad avere fiducia in sé, nelle proprie ricchezze,
che sa ascoltarsi nel profondo e osa credere ai suoi sogni. E questo mi ha
entusiasmata e fatta sentire fin da subito „a casa‟ nella tua famiglia religiosa …”.
Presto è arrivata anche l‟ora della partenza … dopo avere condiviso la ricchezza e la
bellezza del nostro carisma, ecco il ritorno alla vita quotidiana … alla ferialità … con una
consapevolezza in più:
“Vai e non fermarti mai … non conta ciò che hai,
ma solo quello che sei e quello che darai”
(Enrico Ruggeri)
Sr. Miriam Campisi
20 Le “ Montagne di Gemme”
QUANDO LA FEDE SI FA ARTE
La Risurrezione
di Fra’ Giovanni da Fiesole, detto “Il Beato Angelico”:
“Il mio merito non è di essere stato un
grande Artista, o Cristo, ma d’aver offerto
tutto il mio valore alla tua Chiesa! …”
(Epitaffio sulla tomba dell’Angelico”
Nella presente riflessione si parla di
Fra‟ Giovanni da Fiesole, ricordato
comunemente come il BEATO
ANGELICO, uno dei sommi pittori del
nostro Quattrocento.
Egli nacque a Vicchio di Mugello nel
1387 e morì a Roma nel 1455. La sua
eccelsa virtù morale di sacerdote e
religioso (inizialmente lavora nel
convento domenicano di Firenze) si
innesta, si amalgama con quella della
sua arte, concentrata nella meditazione
dei misteri di Cristo, dei Santi e in
particolare del soave mistero della
Vergine, così da far dire a Michelangelo:
“Bisogna che questo santo uomo la
vedesse sì fatta in paradiso”.
Se ogni artista possiede un‟anima
sensibile, dove elaborare i suoi
messaggi di bellezza, attraverso idee,
colori, suoni, parole, il Beato Angelico,
nel dipingere il sacro, deve aver
avvicinato davvero l‟occhio puro della
sua fede agli atteggiamenti di Cristo, di
Sua Madre, dei santi.
Fatta questa premessa, è inevitabile la domanda: “Se penso a Fra‟ Giovanni, che cosa
avverto dentro di me?”
Certamente sento nascere il bisogno di silenzio e di comunione: due sentimenti che
gradualmente ci conducono alla comprensione delle opere del pittore italiano più
contemplativo che sia mai vissuto.
Nella sua <Risurrezione> il Beato Angelico vuole condurci ad essa quasi tenendoci per
mano, mentre il suo spirito cresce in sapienza, in ispirazione artistica e grazia di vita
interiore; il tutto supportato da un forte senso di gioia e di freschezza.
Attraverso lo sguardo innamorato di Maddalena, anche noi ci sentiamo coinvolti
in un Risorto da sfiorare più che da toccare, circondato da una natura „nuova‟,
rinnovata secondo la promessa.
La <Risurrezione> è un colloquio aperto tra Cristo e Maddalena; è un dialogo di colori
freschi in cui alle parole si sono sostituiti gli sguardi; è un invito ad entrare in una
dimensione diversa: quella contemplativa. E‟ quella dell‟<Invisibile> e dell‟<Ineffabile>,
fattosi carne e sangue per noi, per noi morto e risorto e ora, per noi, <Colore e Luce>.
Se leggiamo il grande evento in silenzio, il nostro cuore non potrà rimanerne
indifferente. Nella sua <Risurrezione>, l‟Angelico esprime ciò che vive dentro di sé.
Le “ Montagne di Gemme” 21
In altri affreschi, dipinti sulle pareti delle celle
dei Confratelli, egli ci invita a comprendere la via
dolorosa che il Cristo dovette percorrere, per
abilitarci a contemplare, come Maddalena, il suo
volto risorto. E‟ stata una via di rifiuto, di
umiliazioni, di grande dolore, consumato sulla
Croce.
La visione di un Cristo deriso “fra i simboli dei supplizi” per nostro amore, ci
incoraggia a non temere la sofferenza, ma a meditare e ad assumere il dolore con la
fortezza virile di Maria.
Nell‟esperienza interiore dell‟Angelico, arte e vita si sono incontrate, Verità e
Bellezza si sono finalmente unificate. L‟Artista ha continuato ad essere <nuovo>
obbedendo sempre alla voce che lo guidava dal profondo del suo cuore.
Egli vive la Risurrezione in tutta la sua arte, parlando non con le labbra, ma per
mezzo del pennello.
Io credo, che, a distanza di secoli, la sua esortazione è ancora viva e significativa:
Il “Beato Angelico”
N.B. Quando si trattò di pubblicare la Positio per la concessione della S. Messa e
dell‟Ufficio liturgico in onore del Servo di Dio, per la prima volta nella storia, la
Sacra Congregazione dei riti (1960) allegò non gli scritti del futuro Beato, ma
numerose tavole delle sue pitture, ritenute molto più eloquenti sulla Bellezza di
Dio che lunghi, dotti trattati, certamente non meno efficaci nel condurre alla
Sua presenza coloro che Lo cercano.
SF
22 Le “ Montagne di Gemme”
…sale
da ogni parte della nostra Italia e dal mondo
intero, in un ritmo sempre crescente: è
la PREGHIERA D‟ INTERCESSIONE
di quella numerosa schiera di Consacrate che, giunte ad
una età avanzata, fanno della loro sofferenza e della loro
preghiera una filiale SUPPLICA presso Dio per i tanti mali che affliggono la società.
E‟ una nuova missione che il Signore ha loro affidato perché fossero intermediarie
presso il trono dell‟ ALTISSIMO.
Sono coloro che fin dalla loro giovinezza avevano risposto all‟appello del Signore
perché si dedicassero all‟ EDUCAZIONE dei FANCIULLI, all‟ISTRUZIONE dei POVERI,
alla CURA degli AMMALATI e perché si recassero anche nei PIU‟ REMOTI PAESI del
mondo, per fare amare Gesù. Infatti la vocazione è sempre una risposta ad un
„”bisogno di Dio‟”, che può servirsi di colui che chiama secondo i bisogni del “Regno”.
Vocazione, perciò, al dire di Mons Ravasi, non come privilegio, ma come missione, non
come dono personale, ma come un compito aperto a tutto l‟orizzonte, ad un progetto
di salvezza che supera il singolo e la sua vicenda personale … E‟ l‟espropriazione della
propria storia privata per una missione universale.
Si tratta del dono di sé a Dio per i fratelli, come Gesù, la cui vita è stata una continua
preghiera di INTERCESSIONE: Ebr 5, 7:
“Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a Lui, venne esaudito”.
“Siamo davvero chiamati per grazia a conformarci al Figlio del Padre, per essere
trasformati in Lui”. (Esortazione Apostolica “Verbum Domini”, n. 22).
Mi soffermo ancora in riverente silenzio, adorando l‟Innocente venuto tra noi per
essere vittima di espiazione. Ritornato al Padre, Egli continua la sua intercessione
per tutti coloro che ogni giorno avanzano faticosamente con la propria croce.
Contemplando questa interminabile processione, supplico il Buon Dio:
Signore Dio, dona alla nostra esistenza il buon profumo del tuo Cristo, il profumo del perdono e della generosità, il profumo del sacrificio e della cordialità, il profumo dei sentimenti limpidi, tenaci e grandi. il profumo della Tua consolazione.
M. Gina Letardi
Le “ Montagne di Gemme” 23
Ho avuto modo di frequentare, per un certo periodo, una casa di riposo nella provincia di Monza. In quell‟ambiente pacato si respira
un‟atmosfera di autentica carità: tutta la giornata è scandita da regole precise che agevolano il trascorrere “attivo” delle ore.
La giornata si apre con la celebrazione
eucaristica alle sette e le Madri scendono
in cappella o autonomamente o accompa-
gnate; coloro che sono costrette a letto
restano in attesa della Comunione nella
propria camera.
Dopo la colazione, tutte ritornano nella
propria camera: tra poco arriverà la
madre infermiera, desiderata non solo per
le medicine, ma soprattutto per il tratto
garbato e consolatorio, per un sorriso
incoraggiante, per un soffio di speranza.
Dopo il pranzo di mezzogiorno, aleggia un
rilassante silenzio che si interrompe verso
le quindici per la recita del S. Rosario e la
meditazione e … al termine, ecco il
momento di grande fraternità che vede le
Madri raccolte attorno alla Superiora che
le anima con materno affetto e le invita
al dialogo.
E‟ molto significativa la presenza della Superiora in simili comunità. Le Madri ospiti, per la loro età e le loro condizioni di salute, hanno acuito la sensibilità, si sono fatte fragili e per questo hanno bisogno più che di un‟autorità, del cuore di una Mamma che le colmi di premure, di attenzioni, che trovi
spazio per ognuna, che intuisca le singole necessità così che ciascuna ravvisi nella sua presenza la garanzia di protezione e si senta sicura.
La disposizione attorno al grande tavolo è
sintomatica delle qualità uditive delle
persone: chi ha ancora un buon udito è
spesso affiancata da chi ha problemi
d‟ascolto. Capita così che non seguano in
due la lezione, ma non si avverte
un‟umana irritazione, si vede formarsi un
gruppo in cui una madre illustra con
pazienza quanto ha appena ascoltato.
E‟ momento di gioia vera quando vengono
distribuiti “Vita più” e “Una Finestra sulla
Provincia”. L‟ansia con cui vengono lette e
commentate le notizie sta a dimostrare
con quanto cuore ogni Madre segua le
vicende dell‟ Istituto e quanta nostalgia si
annidi nell‟animo di chi, un tempo ormai
lontano (l‟età delle Madri infatti si aggira
dagli ottanta in su) ha speso le energie
migliori della sua giovinezza vivendo il
carisma di S. Maddalena.
Ancora oggi, accostare questa comunità è motivo di profonda riflessione: c‟è chi è in carrozzella, chi cammina con il deambulatore, chi si appoggia ad un bastone, chi ha perso
l‟udito. chi si è incurvato molto, chi è stata colpita da artrite deformante, chi addirittura non lascia più il letto… eppure non si legge sui loro volti insofferenza, sfiducia, rassegnazione.
Quale lezione di vita !
Sono ancora loro a donare a chiunque le
avvicini un sorriso, un incoraggiamento,
l‟offerta di una preghiera speciale, un invito
alla fiducia nel Signore: adesso offrono
quello che possono, il loro tempo e la loro
capacità di ascolto. E non è poco dono !
Ho visitato altre Case di riposo tenute da enti laici, immerse nel verde,corredate da centri di benessere ( palestra, piscina, solarium …), con ampi spazi di ritrovo, con salette adibite a giochi
di società, ma non ho letto, sul viso ritoccato da un leggero maquillage degli ospiti, serenità di
pensiero. Molto spesso la nostalgia della propria casa, la mancanza degli affetti più cari, il desiderio del sorriso dei nipoti, la forzata permanenza scriveva nello sguardo angoscia, sofferenza trattenuta, passiva rassegnazione.
Quale differenza con le dolci vecchie Madri
dagli occhi buoni, dallo spirito mansueto,
avvezze a nutrirsi della Parola di Cristo, a
seguirla con l‟esempio pratico ogni giorno !
Sono contenta che, all‟interno de ”Una
Finestra sulla Provincia”, sia stato creato
uno spazio proprio per loro, al fine di
valorizzare la loro esperienza ed il loro
dono costante di sé.
Una Laica monzese
24 Provocazioni Laiche alla Vita Consacrata
Ho incontrato la “vita consacrata” molto presto, all‟asilo dalle Canossiane e, riflettendo,
in molti momenti importanti della mia vita l‟ho avuta vicina, sempre nella persona di suore
canossiane. In verità ho modificato nel tempo il mio pensiero su di essa.
Infanzia: all‟asilo per me la Vita consacrata era Madre Luigina, di cui ricordo l‟abbraccio
affettuoso, la gioiosità e gli stimoli “scolastici”, per quel tempo avveniristici. Il rifugio nella
sua gonna col medaglione di Maddalena che mi ritrovavo sempre davanti me la ricorda
come una sorta di mamma, in fondo per me era un prolungamento all‟esterno di casa mia,
della serenità e dell‟amore che respiravo in famiglia.
Che tutta la vita consacrata del tempo fosse dono di amore (certo non mestiere di
insegnante) non so, ma è stato bello. Oggi si direbbe che la scuola pubblica mi avrebbe
forgiato a trovarmi davanti i conflitti della vita vera, ma forse quell‟atteggiamento di
apertura all‟altro che mi porto dietro come insegnante con i miei alunni mi viene da allora.
Adolescenza: ultimi contatti col catechismo e distacco progressivo dalla frequenza delle
suore, sono gli anni in cui la vita del convento mi sembrava troppo lontana dalla vita vera,
non in sintonia con i tempi. I giovani, si sa, sono poco elastici, non hanno mezze misure, o
dentro o fuori e per me la Vita consacrata era fuori, fuori dalle esperienze, dagli interessi e
dai contatti umani, un retaggio del passato ormai superato.
Sul finire dei miei studi universitari mi sono trovata in un momento difficile della mia
vita: ho incontrato la malattia, cronica. Ed ecco riapparire le suore canossiane, la presenza
della Vita consacrata nella mia vita. Ho fatto un colloquio di lavoro con la persona che oggi
è per me la Vita consacrata, che mi ha introdotto all‟insegnamento nella scuola cattolica,
peraltro nei luoghi della mia infanzia. Ho ritrovato il convento come famiglia, molto serena
e organizzata, con altre sorelle che mi hanno mostrato l‟altra faccia della medaglia. E per la
prima volta ho incontrato il carisma di Maddalena. In più ho vissuto una lunga esperienza
di insegnamento totalmente libero da vincoli, condivisione sì, ma anche rispetto delle
opinioni diverse e per una materia come le Scienze non mi è sembrato poco.
Oggi per me quella della Vita consacrata è una scelta molto “alternativa”, lontana da ciò
che è scontato, a cui guardo aspettandomi il coraggio di fare scelte forti. Al di là dei luoghi
comuni, quali “le suore viaggiano” (su qualunque mezzo di trasporto trovi una suora) o
anche “le suore hanno tempi propri e non considerano quelli degli altri ” (perché, come i
militari, sono organizzate e non afflitte dai bisogni quotidiani), non mi sembra più che la
Vita consacrata sia un rifugio tranquillo e lontano dai problemi pratici, ma una sfida, una
provocazione alla nostra vita comoda e sicura, ma dai valori spesso discutibili.
Anche i miei recenti contatti con la Comunità Francescana di San Pasquale, con tanti
giovani novizi e figure di frati molto attivi, mi hanno fatto riflettere sulla Vita consacrata e
così sono riandata col pensiero ai ricordi d‟infanzia e alle passeggiate lassù da Frate Nicola
e Frate Callisto, gli unici abitanti del convento a quel tempo. Ma non era anche quella una
scelta molto radicale per i tempi? La solitudine, i sandali sui piedi nudi, la preghiera e
l‟accoglienza del pellegrino, una testimonianza di fede e di coerenza.
Oggi la scelta di una vita del genere è, secondo me, fortemente motivata più che nel
passato meno recente e può essere un tramite con l‟altro da noi, un invito alla riflessione e
anche al rispetto di ciò che è differente, sia nella scelta contemplativa che in quella attiva,
nella società una proposta di fini “diversi” da accogliere o con la quale confrontarsi.
Paola D’Amore , ex-insegnante Piedimonte Matese
Il Breviario Sacerdotale 25
Il prete è l‟uomo dell‟ora nona: l‟ora che unisce insieme la preghiera, la morte e la
speranza. Realtà che sono come il pane della sua vita, così come lo furono per Gesù.
I vangeli ci dicono che il giorno della morte di Gesù, quel 14 di Nissan dell‟anno 29 o 30
dall‟ora sesta sino all‟ora nona si fece buio su tutta la terra per essersi oscurato il sole.
Non si tratta di un‟eclissi, che gli storici dell‟epoca non riportano, quanto piuttosto di un
fenomeno atmosferico letto come partecipazione del cosmo al lutto dell‟inviato di Dio a rompere il cerchio delle tenebre. Rifiutata la luce da parte degli uomini, anche il cielo si mette in passione, si fa tenebra per invitare il mondo degli uomini a pensare.
Seguiamo Marco, il più antico dei Vangeli:
“Alle tre, Gesù gridò a gran voce: "Eloì,
Eloì, lemà sabactàni?", che significa:
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?". Udendo questo, alcuni
dei presenti dicevano: "Ecco, chiama
Elia!". Uno corse a inzuppare di aceto una
spugna, la fissò su una canna e gli dava
da bere, dicendo: "Aspettate, vediamo se
viene Elia a farlo scendere". (Mc 14,34-36)
L‟ora nona è dunque l‟ora del grido delle
tenebre squarciata solo dal grido della
preghiera di Gesù che sta citando il Salmo
22, un orante che si rivolge a Dio contro i
suoi avversari e che appare una profezia
della passione e insieme un canovaccio
per il racconto degli evangelisti, e proprio
per questo spesso la liturgia lo riporta
all‟ora media, mettendolo sulla bocca della
Chiesa, quindi anche del sacerdote.
Il sacerdote è l‟uomo che grida a Dio. Il suo
grido di supplica squarcia le tenebre: le tenebre della morte fisica, quella con cui egli ha contatto, incontrando i morenti, gli agonizzanti, indirizzandoli con il viatico senza paura del tunnel dell‟ultimo respiro verso
l‟incontro con il Signore della vita; ma anche le tenebre dell‟incomprensione e dell‟ignoranza sui misteri di Dio e sui misteri dell‟uomo.
Oggi le tenebre sono scese, a causa delle
infinite manipolazioni e degli analfabetismi
ricorrenti riguardo alla grammatica della
vita, sul senso del nascere e del morire,
sul senso del vivere, sul rapporto con Dio.
Il prete è lì all‟ora nona della storia, dentro
case piccole o ville sontuose, in chiese di campagna o duomi magnifici a testimoniare l‟ora nona della storia che continua lì dove la
dove la morte miete e le morti di infinita natura
come spettri minacciano e sembrano vincere i cuori degli uomini.
Pensiamo a tutti i funerali celebrati, infinite
occasioni e forse oggi tra le ultime, in cui
una marea di gente si presenta di fronte a
noi e il prete, mentre guarda questa folla
anonima delle grandi occasioni e si ritrova
davanti il segno evidente della fragilità della
natura umana, un fratello reso immobile e
cosparso di fiori, deve insieme consolare e
ferire, addolcire con il balsamo della
speranza le sofferenze di piccoli e grandi
per le tenebre del dolore del distacco ed
insieme ferire le presunte sicurezze di chi
crede solo in ciò che sta tornando polvere
senza alcuna speranza di futuro.
Il prete è lì come Pietro che del resto sale
all‟ora nona al tempo a pregare e di fronte
al paralitico della porta Bella del tempio (At
3,1-10) afferma con candore inaudito: "Non
possiedo né argento né oro, ma quello che
ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il
Nazareno, àlzati e cammina!".
Il prete è uno, in parte anche lui
esperto di tenebre, quelle sue interiori,
povero tra i poveri, che guarda in faccia
il fratello e lo invita a risorgere. Perciò
come dice l‟inno di nona:
Uniamoci agli apostoli nella lode perenne e camminiamo insieme sulle orme di Cristo.
Don Emilio Salvatore
26 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
L‟appuntamento trimestrale con “Una finestra sulla Provincia” ci dà l‟occasione di ricordare, con “grata memoria”, persone ed eventi che lasciano una impronta inconfondibile, segno dello Spirito che opera in noi e in mezzo a noi perché la vita possa attingere sempre nuove energie e motivi per camminare lieti nella speranza e operosi nella carità.
Il primo evento significativo è stato il Seminario
di formazione congiunta, per sorelle e laici,
che si è tenuto a Costermano nei giorni 7-8
gennaio, in continuità con il tema della scorso
anno.
Il tema: “Vivere decentrati…” ha coinvolto tutti
i partecipanti (21 sorelle e 19 laici) nei vari
momenti delle giornate.
La Madre Provinciale, M. Marilena Pagiato, ha
introdotto le giornate condividendo una riflessione
su: “abitare i luoghi vuoti di Cristo secondo il
pensiero di S. Maddalena”, seguita nel
pomeriggio dalla relazione del dott. Fabrizio Varalta (psicologo di Verona) intorno al tema:
“La relazione adulta tra bisogno e dono”.
Nel giorno successivo, Don Giuseppe Laiti ha
completato la trattazione del tema con il
passo evangelico di Matteo: “Gesù, Figlio di
Davide: un Dio “decentrato”… a motivo
dell‟uomo”. (Mt 1, 1-17), seguito dal lavoro di
gruppo e la condivisione in assemblea.
Tutto questo intervallato da momenti di
preghiera e di allegra fraternità, soprattutto
alla cena con le saporite degustazioni dei
prodotti tipici delle zone di provenienza dei
partecipanti.
La celebrazione Eucaristica ha concluso
felicemente le due giornate e ogni
partecipante ha ricevuto un cartoncino con
l‟impegno a ricordare i tre verbi suggeriti dalla Madre Provinciale che riassumono i lavori
del seminario:
ricordando…comprendendo…ri-progettando…e non dimenticarti di … proporre!!!
E‟ stato davvero un “tempo forte” di arricchimento reciproco nella circolazione dei doni di
ciascuno e anche per questo benediciamo il Signore.
Anche le Sorelle che operano nel III Ministero e nelle comunità di infermerie si sono
trovate In Casa Madre, il giorno 22/1 in prossimità della XIX giornata del malato.
Don R. Vesentini, direttore dell‟ufficio diocesano della pastorale della salute, ha condiviso
alcune riflessioni sul Messaggio del Papa: “Dalle sue piaghe siete stati guariti”. (1 Pt 2,24)
Nei giorni 7-10 febbraio, Casa Madre ha ospitato il Consiglio Provinciale per
l’incontro mensile. Nel pomeriggio del giorno 8, festa di Santa Giuseppina
Bakhita, le Madri del Consiglio sono andate in pellegrinaggio a Schio e hanno avuto la
gioia di partecipare alla celebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo Mons. Agostino
Marchetto. È stato un pomeriggio di preghiera e di festa in gioiosa fraternità con le
sorelle della comunità scledense e della terra vicentina.
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 27
Le Superiore si sono ritrovate a Costermano nei giorni 18-20 febbraio per la 3^ tappa del
cammino formativo che coinvolge tutte le comunità a vivere nel tempo di Quaresima il
decentramento nella dimensione contemplativa nell‟aspetto biblico e carismatico. I
testi che fanno da guida: (Mt 27,32-56; “l‟Inspice et fac” (Mem. Cap. 1) e alcune lettere di
Don Libera.
In Casa Madre, non c‟è spazio per la monotonia, c‟è sempre qualche novità e soprattutto
è un punto di riferimento per gruppi di incontro, commissioni di studio, assemblee
territoriali ed extra…
La festa di S. Giuseppe, il 19 marzo,
quest‟anno ha visto arrivare il gruppo di
127 insegnanti che operano con noi
nelle scuole del Territorio, per
l’appuntamento annuale di
formazione. Il tema della giornata: “In
modo personale… educare alla vita buona
del Vangelo”.
La preghiera iniziale ha creato un clima
favorevole di ascolto e di condivisione sulla
necessità di rispondere oggi in modo
adeguato all‟emergenza educativa con una
fattiva collaborazione di tutti gli operatori
della comunità educante.
Sr. Eliana Zanoletti, presentando il documento della CEI, ha dato forti spunti di riflessione,
che sono stati oggetto di studio e
approfondimento nei gruppi, evidenziando
come educare, in modo personale, alla vita
buona del Vangelo” nello spirito di
Maddalena di Canossa.
Richiamando Maddalena, ha sottolineato, in
questo clima di “cambiamento”, l’urgenza di
educare nella logica della speranza, non
dell’emergenza, per costruire un mondo
nuovo, ponendo sempre l‟accento sulla
formazione integrale per formare persone
solide, capaci di collaborare e di dare un senso
alla propria vita, fondata sui valori del Vangelo. Questo richiede attenzione alla situazione
concreta in cui si trovano a vivere oggi i nostri destinatari, per una formazione mirata,
soda e personalizzata.
La giornata si è conclusa con un rinnovato interesse a leggere il documento e con l‟invito a
volare in alto sul tipo di scuola che ci piacerebbe fare.
Per questi “momenti forti” e per tanti altri motivi possiamo lodare e benedire il Signore
che ci guida e ci sostiene ogni giorno con il suo grande amore e ci auguriamo
reciprocamente:
Sr. A. Garonzi
28 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
PARONA (VR)
Si è concluso nella nostra Casa di Parona,
il “Corso per Operatrici addette ai
Servizi”, frequentato da 15 ragazze e
donne immigrate da vari Paesi, in primis
da Nigeria e Ghana, ma anche dal Brasile,
dall‟India e dallo Sri - Lanka.
Il Corso prosegue ora con degli stage
lavorativi della durata di tre mesi, a cui
queste persone vengono indirizzate nella
prospettiva di venire eventualmente
assunte.
Le materie nelle quali queste donne di
varie età - dai 18 ai 40 anni – si sono
esercitate sono:
Igiene e cura della persona, Comunicazione e aspetti relazionali, Legislazione,
Alfabetizzazione, Laboratori di cucina, di stireria, di pulizie.
Condurre il Corso di alfabetizzazione
all‟interno di questo contesto è stato per
me una sfida notevole: 4 su 15 di queste
donne, pur presentando una discreta o
minima competenza verbale, era
completamente analfabeta a livello scritto,
e una quinta era semi analfabeta.
Inevitabile qualche senso di sconforto…
ma sono venuti anche momenti di
stupore: tutte sono riuscite a scrivere.
Altamente motivate, hanno risvegliato in
sé tante capacità latenti e si sono date da
fare.
Di fronte ad un sorprendente balzo di
competenza, chiedo un giorno ad una:
“chi ti ha aiutato?” “La mia bambina” - mi
risponde - con uno sguardo che si fa più
luminoso:
“E quanti anni ha la tua bambina?” “ Otto
anni!”
“Lasciate che i bambini vengano a me…”
…Sicuramente non c‟è da andare lontano a
cercare gli indici di povertà quando una
bambina di otto anni può fare da maestra a
sua madre!
Nell‟ultima lezione ho presentato la figura
di “due grandi Donne”: Maddalena di
Canossa e Bakhita, in maniera molto
informale, partendo dai segni già
abbondantemente presenti nella Casa,
spostandoci poi ad osservare quadri, statue
e il busto di Bakhita.
E‟ stata una mattinata veramente
piacevole e gradita. Ovviamente Bakhita
attraeva ancor prima di conoscerne la
storia, ma anche Maddalena è stata
apprezzata.
Una delle ragazze un po‟ più competente
delle altre nell‟italiano, negli spazi di tempo
lasciati vuoti per preparare la festa
conclusiva, ha voluto leggersi tutto il
libretto di Bakhita; avvinta da uno
straordinario interesse, non staccava gli
occhi da quelle pagine.
Un‟altra, misurando le proprie forze e non
volendo rinunciare ad una storia che
l‟aveva molto colpita e che riteneva
importante anche per il suo bambino, è
venuta a chiedere se poteva avere il
libretto, “perché voglio che mio figlio impari
così la storia del mio Paese, come è scritta
qui…”, cioè prendendo in considerazione
anche i lati oscuri della storia – illuminati
tuttavia da prospettive di speranza
cristiana – lati oscuri che rimandano anche
alla sofferenza di tante nuove storie di
tratta a noi contemporanea.
Bakhita possa tracciare per queste nostre
ragazze, e per tante altre, nuovi sentieri di
liberazione. Sr. Raffaella Mantovanelli
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 29
NEL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE di BAKHITA
E‟ proprio nel “grato ricordo “ che desidero condividere, a distanza di molti anni, la “presenza” di Bakhita viva, chiara, che tutt‟ora mi accompagna.
Il mio primo incontro con lei, che tutti chiamavano Madre Moretta, risale al 1943. Eravamo
nel “cuore” della seconda guerra mondiale: il mio papà era al fronte, la mia mamma ammalata in ospedale, noi, cinque sorelle, divise fra zii, nonni e … collegio. Ritenni un privilegio che lo zio, incaricato della nostra tutela, avesse deciso per me il Collegio di Schio, dove viveva sua sorella
Canossiana. Qui, attraverso la zia, potei accostarmi a “Madre Moretta” che viveva nella stessa comunità. Due gli episodi significativi che mi accompagnano: uno mi riguarda personalmente, l‟altro riguardò direttamente mio papà, anche se le conseguenze poi coinvolsero tutta la famiglia.
Primo episodio
Mi trovavo da qualche tempo in collegio,
ma ero ancora spaesata e sentivo con
angoscia la mancanza della famiglia. La zia
suora, preoccupata, pensò di farmi
incontrare Bakhita. Mi portò nel luogo
dove, di solito, la Madre sostava
appoggiata alla ringhiera della scala e le
manifestò la mia difficoltà. Madre Moretta
mi disse in dialetto una semplice frase:
“Anch‟io ho sofferto per la separazione dai
miei genitori e dalle mie sorelle”.
Nel dire queste parole, posò la sua mano
sulla mia spalla e questo suo “tocco” che io
avverto ancora a distanza di molti anni, fu
per me una forte carica di incoraggiamento
e di speranza. Mi aiutò a vivere non solo la
situazione che mi affliggeva, ma anche nel
momento della scelta vocazionale.
Secondo episodio: Anno 1945
Il papà, tornato dalla guerra, si trovò senza
moglie (la mamma era morta l‟anno
precedente) e con cinque figlie a cui
provvedere. Non sapeva cosa fare. Ne
parlò con la sorella suora e lei lo condusse
da Bakhita per un consiglio. La Madre gli
suggerì che sarebbe stato meglio per lui
risposarsi. Questo consiglio si rivelò
provvidenziale per tutti noi. La persona che
prese il posto della mamma fu davvero una
figura importante per l‟intera famiglia.
Ecco, ora, piccoli frammenti di “storia vera”.
Quando la sera dell‟ 8 febbraio 1947 Madre
Moretta lasciò la terra, noi bambine
eravamo a letto; la notizia della sua
morte ci fu comunicata come una “bella
notizia”. Ricordo con chiarezza di essermi
alzata e di avere pregato. Chi? cosa?
Questo non lo ricordo.
Il giorno seguente la salma fu esposta al
pubblico; c‟era un continuo “via vai” di
persone per l‟ultimo saluto. Era
commovente vedere adulti, ragazzi,
bambini con le loro mamme che la
toccavano senza timore.
Era la conferma di quanto aveva detto
quando era in vita:“Quando sarò morta
non farò paura a nessuno”.
Il suo funerale fu un “trionfo.
Durante la sua vita Bakhita fu sempre
sorretta da una Presenza, alla quale darà
un nome col passare degli anni: il “Paron”
che teneva viva in lei la speranza.
Benedetto XVI, nella” Spe Salvi”, la definisce “donna di speranza”, di una speranza che non
poteva tenere per sé, ma comunicare a molti. Bakhita , da sorella Canossiana, divenne così
sorella Universale, sorella di tutti, perché donna fedele all‟ascolto quotidiano della Parola del
Signore.
Madre Moretta ci aiuti a plasmare il nostro spirito ed educhi il nostro cuore ad uno spazio
sempre più adeguato al mistero della vita, dono da condividere e da accrescere. La forza che
ci viene dal Signore Gesù renda la nostra vita una pagina di storia sacra così che, giunti
anche noi al traguardo, possiamo ripetere a San Pietro le sue stesse parole:
“Chiudi la porta perché io resto”. Sr. Dorina Vardanega
30 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
Missione Popolare Diocesana
Mons. Giovanni Giudici, Vescovo della Diocesi di Pavia, per preparare il popolo di Dio a lui
affidato al grande evento della riapertura del Duomo, da più di 20 anni chiuso per lavori e per
consolidamento, ha indetto la missione popolare diocesana, affidando la predicazione
straordinaria ai Padri Oblati di Rho e ai Padri Passionisti, Oblati Missionari B.V. Immacolata,
Frati Minori e Conventuali.
Alcune Parrocchie del Terzo Vicariato hanno ritenuto opportuno avere, nel corso della
missione, anche la presenza di alcune Suore per la visita nelle case ed il Vescovo ha chiesto
la disponibilità a noi Canossiane. Per tale motivo noi, M. Carla Meroni, M. Milena Regazzoni,
M. Mariangela Moioli e M. Antonella Rocca, abbiamo iniziato, il 19 febbraio scorso, il nostro
peregrinare di casa in casa e ci troveremo impegnate in questa esperienza anche a maggio e
a ottobre.
Le prime Parrocchie incontrate sono state: Prado, Calignano e Cura Carpignano. Sono
Parrocchie alla periferia sud-est di Pavia, che in questi anni hanno avuto un forte incremento
demografico, che ha portato ad una massiccia urbanizzazione della zona. Naturalmente, vista
la vicinanza alla città, vi si riscontrano prevalentemente le problematiche legate alle zone
“dormitorio”. E‟ per questo che il Parroco, don Enrico Rastrelli, ha voluto e desiderato, oltre
agli incontri programmati dai Padri di Rho, anche la visita personale nelle case, privilegiando
proprio, all‟interno delle stesse parrocchie, le zone di più recente costruzione.
“Oggi
devo fermarmi
a casa tua”
Visitare la famiglia nelle sua casa significa entrare nel suo
mondo, nel mondo degli affetti, del lavoro, dei problemi, delle
speranze, delle attese e dei desideri; è farsi un po‟ carico della
vita che ogni giorno avanza e ogni giorno pone luci e ombre
nuove sul cammino di ciascuno, anche dei più piccoli, degli
anziani e degli ammalati.
Ci siamo avvicinate così alle numerose famiglie alle quali
abbiamo chiesto accoglienza per condividere un breve
momento di incontro fraterno. In genere siamo entrate in case
discretamente belle, ben arredate, confortevoli, anche
abbastanza signorili, collocate non in grandi condomini, ma in poche piccole palazzine al
massimo di tre piani e molte villette a schiera, tutte pressoché uguali, con ampi locali e,
quasi ovunque, con una scala interna per accedere alla zona notte; quasi tutte casette con
un piccolo giardinetto all‟ingresso, un cane di guardia e il sistema di allarme per la sicurezza.
Si tratta di gente stabilitasi nella zona da pochi anni, provenienti da diverse regioni d‟Italia e
tanti dal sud; non manca anche gente proveniente da altri paesi europei.
Non abbiamo incontrato i poveri sul piano economico, materiale, ma molte famiglie, molta
gente povera di fede; abbiamo chiesto accoglienza ai “lontani” dal Vangelo, dalla vita della
comunità ecclesiale, a gente che si ritiene auto-sufficiente, che forse non avverte il bisogno
della relazione con il Signore della vita perché coinvolta da mille altri interessi che pone al
primo posto nella gerarchia delle necessità quotidiane. Abbiamo cercato di avvicinarci ai molti
“luoghi vuoti di Cristo!”.
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 31
La nostra richiesta di accoglienza ha ricevuto svariate risposte: chi ci ha accolte
con stima e viva partecipazione, godendo del momento presente e pregando con viva
partecipazione; chi ha espresso più o meno visibilmente la fatica e una certa resistenza
all‟incontro ed ha fatto però prevalere l‟umana educazione, accettando la sfida del
dialogo e della preghiera; chi al citofono ha manifestato cordialità, ma non disponibilità
all‟accoglienza, e altri ancora che, sempre tramite citofono, hanno espressamente
rifiutato di incontrarci, ritenendosi non interessati perché occupati in altri affari, o non
credenti o appartenenti ad altre religioni o altro ancora…. Molti campanelli hanno
squillato a vuoto perché la gente era ancora lontana da casa a motivo del lavoro
o per altri impegni.
Abbiamo incontrato quelle espressioni di povertà che più coinvolgono la mente,
il cuore e la modalità di gestione della vita dei nuovi nuclei familiari; abbiamo
colto quella povertà di valori, di senso dell’esistenza che ci interrogano
maggiormente chiedendoci più attenzione, più disponibilità e benevolenza perché il
benessere, il consumismo e mille altri interessi attraggono, nascondendo quelle energie
vitali capaci di dare speranza e coraggio a molti in questa nostra società odierna.
Ci pare di cogliere nell‟espressione di Maddalena (scritta il 16 gennaio 1835) un richiamo
forte e attuale alla realtà della povertà di fede di tanta nostra gente, di tanti adulti,
giovani e meno giovani, che abbiamo avvicinato. Dice Maddalena:
“Vi raccomando quanto mai posso i miei amati poveri: cercate, per carità che tutti vadano un giorno a godere il Signore ….”
Ella ci stimola sicuramente a farci attente ai poveri che mancano di ogni cosa,
soprattutto dei beni prioritari per vivere una vita dignitosa, ma l‟appello che ci rivolge è
anche: “cercate in carità che tutti vadano ad incontrare il Signore”.
Maddalena guarda alla “totalità, all‟unicità” della vita della persona; è pienamente
convinta che la realizzazione piena dell‟esistenza ognuno la raggiunge nell‟incontro con la
Buona Notizia, con il Dio di Gesù Cristo, con l‟Autore della storia.
Questa esperienza della missione popolare, che si è prolungata per 15 giorni
consecutivi, percorrendo ogni giorno le vie dei paesi di Prado, Cura Carpignano, Calignano
della diocesi di Pavia, ci ha rese più consapevoli dell’urgenza, soprattutto oggi, di
cercare insieme strade, modalità, strategie, opportunità perché l’annuncio della
Buona Notizia del Vangelo possa raggiungere ed incontrarsi con la condizione
storica della nostra gente, sempre più distratta e lontana.
Entrando nelle case, abbiamo incontrato tanti bambini felici e giovani coppie alle prese
già con molti problemi ed anche, alcune, con croci pesanti da portare; abbiamo colto
tuttavia l‟attenzione e l‟attiva partecipazione al brevissimo momento di preghiera fatto
insieme. Abbiamo promesso il sostegno della preghiera e abbiamo avvertito, nella stretta
di mano, nel loro sorriso, la loro riconoscenza, insieme alla tacita richiesta di pregare e
continuare ad essere loro vicini.
Abbiamo incontrato anche persone che hanno vissuto, tanti anni fa, un tempo della loro
infanzia e adolescenza nella nostra scuola di Pavia e ancora ricordano con gratitudine e stima le loro Madri della Scuola Materna, delle Elementari e di altri corsi scolastici… La
denominazione “Canossiana” ha risvegliato in molti lontani ricordi di figure di
Madri che hanno lasciato un “segno” nella loro vita e che ancora sono in grado
di suscitare benevolenza, ricordi belli, affetti coltivati, giorni felici…
Quale incidenza abbia avuto il nostro breve passaggio tra le famiglie, solo il Signore può
conoscerlo… A noi rimane di saper cogliere e valorizzare la ricchezza di questa
esperienza, pur con tutti i limiti nostri e le ombre incontrate, rimanendo però fedeli alle
promesse di preghiera e di offerta per le molte necessità incontrate.
Sr. Antonella Rocca e Sr. Milena Regazzoni
32 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
Grande festa a Monte Olimpino (Como)
Lo scorso fine settimana è stata occasione di grande festa per l'asilo di Monte Olimpino, che ha celebrato i 45 anni di vita. Un incontro "missionario" venerdì sera, uno spettacolo "semiserio" sabato e una giornata di giochi domenica hanno salutato questo invidiabile traguardo. Allo scopo di far
memoria di questo anniversario da Monte Olimpino ci è arrivato un contributo che volentieri pubblichiamo.
"45 anni, un anniversario per festeggiare,
per ricordare e ringraziare, un tempo
significativo che è passato lasciando tracce
di Bene.
Qui a Monte Olimpino era il 24 settembre
1965 quando i primi bambini hanno iniziato
a frequentare la nuova Scuola Materna
delle Madri Canossiane, dedicata poi a
Santa Giuseppina Bakhita.
Si sa che un edificio, per quanto bello e
funzionale possa essere, rimane un
involucro di pietre e cemento, freddo e
vuoto, se non c'è vita, se non ha un cuore.
Ma il nostro Asilo, un cuore che batte, ce
l'ha. Il cuore dell'Asilo sono i bambini, tanti
bambini, che di qui sono passati e passe-
ranno, con i loro volti, le loro storie, i loro
sogni, i loro affetti più cari. Sono venuti
accompagnati per mano e sono stati
affidati ad altre mani che hanno aiutato e
aiutano a diventare grandi.
Hanno imparato, hanno condiviso, si sono
fidati, si sono accorti che ognuno è unico,
ma nessuno è solo, che ogni giorno si vive
la bellezza e la fatica dell'incontro e del
confronto con gli altri, e che gli altri
possono essere gli amici per la vita.
Hanno acquisito e messo a punto
autonomie personali e hanno avuto la
percezione di ciò che si è chiamati ad
essere, scoprendo la dignità e la bellezza
di una immagine di cui c'è traccia in
ognuno di noi.
Ma il cuore dell'Asilo è fatto anche dalle
maestre e da tutte le persone che lì, ogni
giorno, aiutano e insegnano a crescere,
che educano e sostengono la piccola
pianta. affinché possa divenire un grande
albero con radici profonde che, con il
passare del tempo e degli anni, rimanga
in piedi, anche sotto le tempeste che si
potranno abbattere su di essa.
E il cuore dell'Asilo batte con il ritmo del grande cuore delle Madri, che accolgono, fanno
crescere e aprono al bene.
Queste Madri, volute da Maddalena di Canossa per portare l'amore di Gesù a tutti, sanno
che c'è bisogno di tempo, di pazienza, di spazio, di cure per far crescere e far fiorire, perché
"educare è cosa del cuore"
e questo vale per un Oratorio, come per un Asilo.
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 33
Queste Madri, con umiltà e serenità, sono anche vicine e presenti nella vita di
parrocchia, con l'attenzione verso gli ammalati, gli anziani, le famiglie, la realtà del-
l'oratorio, il catechismo dei ragazzi.
Le incontri, le guardi, ti parlano, le vedi pregare e ti vengono in mente le parole di Gesù:
"Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo". Già, una vita che ha il sapore
della luce, perché ha lo stile della gratuità, dell'accoglienza, del servizio, della serenità.
E così è stata anche quando, per un breve momento, è sembrato che se ne potesse fare
a meno e da 200 anni (dalla fondazione dell‟Istituto) porta questo sapore e questa luce
fino ai confini del mondo.
Far festa per questi 45 anni aiuta a fermarsi e ripensare al nome e al volto di tutte le
Madri che sono passate di qui, e alle cose belle vissute insieme. Ti viene in mente che ci
hanno accompagnato nei vari momenti significativi della vita e continuano ad
accompagnare, e ti ricordi che ci hanno aiutato ieri e ancora oggi a crescere e a
diventare persone adulte.
Davanti a tanto e alla stima e all'affetto che cogli nei loro occhi, non puoi che essere
contento e lasciare libero il cuore per dire insieme:
Noi che eravamo all'Asilo...
e siamo diventati grandi".
34 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
Una trentina di anni fa, quando insegnavo nella
scuola media, avevo acquistato dai Saveriani un
libretto dal titolo” Preghiere e Canti di tutti i
popoli”. Conteneva anche poesie e così lo usavo
sia per la scuola, sia per il gruppo missionario
della Parrocchia. Un testo in particolare mi aveva
colpito, un canto degli Indiani Navajos.
Cominciava così:
" Io sono una preghiera in cammino.
Mai solo,
mai triste
ahia - bello!
mai stanco, mai sazio
ahia - bello!
Con il sole e con la pioggia
ahia – bello!.”
Non ricordo altro, purtroppo, perché il libretto è uno dei tanti che ho prestato e non
sono più tornati. Di ogni testo che mi piace, però, ho la fortuna di mettere nello
scrigno della memoria affettiva una frase, un „idea, una suggestione. Così, quando
nell‟agosto 2010 ho letto sul giornale cittadino del Concorso indetto per la festa dei
santi Faustino e Giovita, Patroni di Brescia, mi sono entusiasmata.
Il Concorso, completamente gratuito, prevedeva poesia in italiano e poesia in dialetto,
saggistica, scultura e vari premi offerti da Enti e Autorità varie.
A me è toccato proprio il “Premio del Vescovo di Brescia” per una delle tre poesie
inviate!
Una grande gioia essere vicino al Vescovo e sentire recitare in pubblico il breve testo
distillato dopo tanti anni di sedimentazione….
Volentieri lo condivido ora anche con le mie consorelle di Istituto.
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 35
CANTO NAVAJO
Com’è potuto accadere
che un antico canto
degli indiani Navajos
abbia solcato
le pianure e i mari
e qui sia germinato?
Vagava nello spazio
come gli astri
eternamente presenti.
Con l’orecchio del cuore
l’ho sentito
e subito l’ho amato.
“Io sono
una preghiera in cammino”.
E’ l’incipit del canto.
“ Io sono
una preghiera in cammino”.
E’ ogni giorno il mio canto
per la città in cui vivo.
( 4 novembre 2010)
Sr. Silvana Bettinelli
36 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
A dire il vero, poco ci pensiamo che le Superiore sono chiamate “a dare la vita”
per noi, Sorelle delle comunità …. Il dispiegarsi della vita ordinaria passa sempre
attraverso la loro mente, il loro cuore… ogni giorno; assicurare che nulla manchi è il
pensiero che le accompagna dal sorgere al calar del sole, anche quando le finanze
faticano a quadrare e, perché la loro geometria sia in regola, eccole bussare alla
provvidenza della cassa comune….
Sì, le Superiore, pur appartenenti all‟universo delle creature fragili, sono fatte
così… e, a loro, va donata la più grande riconoscenza! … in quest‟oggi della storia … e
sempre …
Il passato canossiano ci ha lasciato dei ricordi da rinverdire, per scoprire tra la
polvere di giornate lontane, figure di superiore che hanno anche rischiato il carcere …
per sfamare giovani sorelle. Questo semplice “fioretto canossiano veneziano” ce lo
conferma.
…..Correva l‟infelice tempo in cui fascisti e nazisti avevano lo stesso gusto, quello di
spadroneggiare su tutto e su tutti ... anche sui salami preparati in casa.
In quegli anni la comunità di S. Alvise in Venezia contava molte sorelle giovani, che
lavoravano sodo e l‟appetito non mancava. Mancava però il cibo per tutte…
La superiora, consapevole di rischiare grosso, fece preparare in casa dei salami …
ma senza il permesso delle autorità preposte….
Qualche spia lo rese noto. Arrivò mezzo esercito con armi puntate a controllare il
convento….
Cosa fare? Dove nascondere i salami? Ingegno della superiora !!! Chiamò due
sorelle giovani, quelle più pallide; disse loro di mettersi a letto chiedendo di fingere
di essere moribonde. Sotto il loro letto furono posizionati i salami, … invisibili a
causa del copriletto che arrivava a terra.
Per deviare l‟odore furono spalancate ovunque le finestre. Le due sorelle infermiere
sventolavano le due “moribonde”. La ronda passò: vide la scena e si scostò ….
I salami era salvi, il cibo era assicurato. (La sorella che lo racconta è vivente.)
Non servono commenti al fatto... se non ripetere ancora :
Grazie di tutto, Sorelle Superiore !
M. Giulia Gallocchio
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 37
Il mese di febbraio è generalmente caratterizzato dalle maschere, dalle spensieratezze del carnevale …. e
non molti ricordano che, proprio nel cuore di questo mese, il giorno 11, la Chiesa dedica un’ attenzione speciale agli ammalati ; ma ricorda anche l’anniversario delle apparizioni della Beata Vergine Maria a
Bernardetta, in quel di Lourdes. Quest’anno la particolare giornata si è inserita, per noi che abitiamo in
terra vicentina, nell’evento speciale della Peregrinatio Mariae. L’immagine della Madonna Pellegrina –
proveniente da Lourdes e incoronata dal Santo Padre – è passata attraverso i nostri paesi ed è giunta
anche a Schio Le Sorelle della Comunità di “Casa Charitas”, in vario modo, sono andate a “riverirla”.
Una di loro condivide il ricordo di quell’incontro:
“Un passante sconosciuto sosta meravigliato e un po‟ sorpreso, constatando un
movimento strano tra la gente che transita lungo le vie. Sono frotte di bambini, ragazzi,
uomini e donne in gruppo, anziani appoggiati ai loro bastoni o accompagnati. Tutti
appaiono sorridenti mentre si dirigono in un‟unica direzione, come rispondenti ad un
richiamo.
Che ci sarà alla svolta di questa strada? Si dirige anche lui, attratto da curiosità,
trascinato un po‟ dalla folla, verso un portale in stile romanico.
Entra… ed è avvolto da un‟atmosfera pregna di luci, preghiere, canti.
Ciò che maggiormente lo colpisce è una figura bianca che troneggia tra una nuvola di
fiori e lumi. E‟ conquistato e sosta.
E‟ la Madonna Pellegrina, portata nel primo
mattino, collocata nella Chiesa di S. Giacomo
perché gli abitanti della città di Schio la venerino
fino alla sera.
Con il suo muto linguaggio Ella parla ai cuori della
gente che, devota e quasi in punta di piedi, si
avvicina per toccarla.
Sono anziani con mani tremanti, le mamme con i
loro bambini, giovani…. La processione si snoda
devotamente, avvolta da un clima di preghiera e di canti mariani.
Anche noi, Sorelle di Casa Charitas, ci alterniamo a rendere omaggio alla nostra Madre.
E‟ stata per tutte una festa dello Spirito; ci siamo sentite maggiormente Chiesa, fra il
popolo orante e protette dalla Madre di tutti, rinvigorite nella devozione alla dolce
Pellegrina dell‟Amore”.
M. Luisa Pietrogrande
CHE BELLA SORPRESA !
La nostra cara Bakhita non cessa di stupirci.
A due passi da Mirano e cioè in Via Desman (Mirano-Zianigo), è
stato solennemente inaugurato e benedetto un capitello costruito
in suo onore.
Santa Giuseppina Bakhita, nostra “sorella universale”. ottenga alla
buona gente di Via Desman e in particolare alla famiglia Vescovo,
che ha fatto erigere il capitello in suo onore, la benedizione del
Signore e la sua costante protezione.
La comunità di Mirano
38 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
Recita così una brochure pensata per gli
universitari che gravitano in Cittadella:
“La speranza in tempi difficili”.
Un gruppo di studenti, insieme ad alcuni
docenti, si incontra nella facoltà di matematica
ed informatica, durante la pausa pranzo, per
“parlare d‟altro”! Altro dalla vita accademica che
colora le manifestazioni degli ultimi giorni ?
Altro da ciò che preoccupa ed inquieta, il qui ed
ora della nostra storia? Sì e no!
Confronto e dialogo sono serrati. Non manca il desiderio di capire dove porta il difficile
momento che stiamo attraversando, ma nella speranza: cercandola, oltre i fatti della
vita, nel fondo luminoso della propria umanità; evocandola per far fronte alle
situazioni che ci interpellano, personalmente e comunitariamente; esplicitandola
nell‟affermare che ha senso sperare contro ogni disperazione o ricorso alla violenza.
Il momento è delicato. Vale la pena incontrarsi, pensare diversamente la pausa pranzo,
se questo aiuta a ritrovare energia positiva da investire per un futuro migliore. “Oggi
siamo sgomenti di fronte alla degenerazione della politica, ai disastri dell‟economia e ai
trionfi della violenza, sottolinea Roberto Mancini, filosofo. Ma se ci chiediamo,
ricordando le situazioni in cui si sono date primavere culturali, politiche e storiche, quali
erano allora la luce e l‟energia che le hanno suscitate, troviamo che luce ed energia
erano date dalla speranza”.
La speranza possibile. In tempi difficili non è facile sperare: ricontattare il meglio di sé,
della propria fede, del patrimonio culturale che ci ha generati, della brillante
testimonianza di chi ha creduto così tanto nell‟onestà e nella giustizia, nella ricerca
sincera del bene comune, fino a dare la propria vita. La speranza si nutre di buona
memoria. Non dimentichiamo chi ha dato tutto se stesso, anche nella nostra terra,
perché sia ancora possibile credere in un domani migliore.
In tempi difficili non è facile sperare: attivare uno “scatto d‟orgoglio” che porti a
mettersi in gioco con intelligenza, passione e grazia, nel quotidiano che ci accoglie ed
interpella. Forte dev‟essere, oggi come ieri, la motivazione a fare il bene, tutto il bene
possibile, perché altri, dopo di noi, possano scoprire la bellezza e la gioia di vivere nella
polis come persone che esprimono una forte idealità e una trasparente moralità.
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 39
In tempi difficili non è facile sperare: è necessario assumere la propria storia con la
luce e l‟energia che vengono dalla fede, dalla personale relazione con il Signore. La
Sua promessa è certa. Sono con voi. Sempre. Sono con voi, perché vengo dal futuro.
So che cosa significa assumere l‟umanità fino al suo compimento, passando da un
apparente fallimento. So che cosa significa consegnarsi nelle mani degli uomini. So,
soprattutto, che il segreto della speranza è affidarsi al Padre.
In questo atto definitivo di Gesù l’umanità va oltre la paura e l’angoscia del
non senso della vita. Trova la speranza possibile, per sé e per tutti, nella
storia.
In tempi difficili è possibile e fa bene sperare. Dio sa. Siamo davvero uomini e donne
di speranza per il nostro tempo? Lo siamo in ambito accademico, dove si fa cultura?
Lo siamo per chi ha preso le distanze dalla comunità cristiana o gravita ancora nelle
nostre parrocchie? Dio solo lo sa.
Dare visibilità alla formazione della coscienza ci è sembrata la scelta del
momento.
La Pastorale Universitaria, coordinata da Padre Salvatore Farì, ha messo al centro di
ogni proposta formativa, per l‟anno accademico 2010-2011, la Parola. Parola
ascoltata, meditata e condivisa ogni giovedì sera dai giovani, insieme a padre Gianni
Notari, il nuovo parroco del Crocifisso dei Miracoli. Parola profetica, offerta a studenti
e docenti da parte di Padre Pino Stancari, un gesuita di tutto calibro che da più di 30
anni vive con la Bibbia tra le mani per essere pane spezzato per i fratelli.
Un servizio umile e coraggioso. La chiesa di
Catania lo offre a chi desidera incontrarsi con il
Signore, nel cuore della notte, nella chiesetta
di via Biscari 10, a due passi da Piazza
Università.
Cultura e fede in dialogo, nella forma della
piccolezza e dell‟apparente insignificanza
storica, come direbbe il cardinal Martini,
mentre guarda da lontano in maniera
evangelica la sua città.
“E‟ sempre alla piccolezza e alla inadeguatezza
che viene offerta la grazia: piccolissimo è il
granello di senape gettato nella terra, poca
cosa è il pugno di lievito nascosto nella pasta, insignificante è il piccolo gregge di
fronte alle mandrie sterminate. Eppure anche la pochezza umana e l’apparente
insignificanza storica, alla luce della fede, possono diventare albero
frondoso, far fermentare una massa, rallegrare un pascolo”.
Questa è davvero la nostra speranza. Speranza possibile. Speranza cristiana.
Sr. Santina Marini
40 La Voce dei TERRITORI: notizie flash
Ritorno dalla chiesa passando sul lungo mare di Ostia. Un tramonto bellissimo dipinge
di rosso anche il mare; contemplo la bellezza che sempre mi affascina e intanto affiora
alla mente la giornata che volge al termine..
Da poco ho lasciato i gruppi dei bambini della Catechesi con i loro catechisti. Gruppi
piccoli; bimbi irrequieti alcuni, che rivelano nell‟insieme poco interesse; i genitori li
affidano ai Catechisti e “ci pensino loro, è loro compito”. In genere le famiglie sono
preoccupate per il lavoro che non c‟è, i soldi che non arrivano alla fine mese, i figli,
specie gli adolescenti e i giovani che non hanno punti di riferimento validi. I piccoli
sono intelligenti, ma i catechisti, i maestri nella scuola fanno come possono.
L‟attenzione educativa qui è davvero emergenza.
Il documento della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo” è una grossa opportunità
per genitori ed educatori, me compresa, per rimetterci alla scuola di Gesù e imparare
a fare crescere in ciascuno la bellezza della vita, la libertà e la responsabilità che ci
unisce e ci stimola ad andare avanti con fiducia. Come fare? Come unire le forze di noi
tutti? Tu Signore, dacci luce, questa gente è tua, sono tuoi figli.
La gente che mi incontra non manca di salutarmi ed io ben volentieri col saluto
sorridente dico loro che sono contenta di vederli, di accogliere, magari, qualche
richiesta di bisogni urgenti. “Vada al Centro medico-sociale, là verrà ascoltata dalla
Suora e, se possibile, accontentata.”
Anche la Signora L. mi incontra e mi ricorda che martedì c‟è la
condivisione della Parola: sarà gioia incontrarci.
Lascio il lungo mare ed eccomi a casa.
Il nostro appartamento, al secondo piano, è luogo di dialogo,
di ascolto di problemi che assillano le famiglie; anche centro di
raccolta di piccole cose, di cibo; il tutto viene immediatamente
dispensato a persone che lo attendono.
Mi accoglie alla porta un ragazzino tutto felice del mio arrivo: tre ragazzi dello
Sri Lanka, cinque giorni alla settimana, vengono per un po‟ di lezioni nelle varie
materie. Stanno volentieri con noi, non solo per studiare, ma anche per godere della
nostra compagnia. Imparano a conoscere Gesù senza parlarne loro.
A proposito di etnie e religioni qui si vive l‟armonia di varie religioni: si può dire che le
persone che maggiormente incontriamo nel nostro servizio sono proprio di altre terre e
di altre religioni. I più legati al loro credo sono musulmani e induisti. Diversi sono i
Testimoni di Geova, tutti italiani, che hanno aderito al Movimento molto radicato nella
zona. I più vicini sono gli Ortodossi che vengono dall‟Est Europa per lavoro, raggiunti
poi dai loro familiari.
In casa sono già allo studio i ragazzi aiutati da M. Maria e da una signorina: uno per
stanza. Eh sì, non c‟è altro spazio per non disturbarci. M. Vittoria, impegnata al Centro
medico-sociale, è al lavoro con alcune volontarie (i poveri aiutano i poveri).
La Voce dei TERRITORI: notizie flash 41
Il lunedì ci sono due medici che ascoltano con infinita pazienza le tante persone che
hanno bisogno per la salute dei bimbi, ma anche degli adulti. La “farmacia” è
ricchissima di medicine, donate da medici e farmacie, pronte ad essere distribuite per
soddisfare i bisogni. Un gran lavoro in quei tre locali al n° 15 di Via Picchio, dove tutti
possono andare e trovare una risposta.
Anche in casa si dà un contributo a questo lavoro sociale. Questa mattina c‟è stato un
rincorrere i campanelli: telefono e porta.
Risento nella memoria i dialoghi intercorsi e chiedo al Signore, che vive con noi nella
cappella e che partecipa a tutta la nostra vita familiare, se ha provveduto a tutte
quelle domande di aiuto…
“Pronto, pronto chi parla? Oh, ciao come stai? Hai bisogno, lo sento dalla tua voce.
Noi stiamo bene, ma tu …Tuo marito è all‟ospedale e non sai come fare?… Cerco
subito la Signora C. Fammi sapere…”
“Ciao, scusa, ero occupata al telefono.. Cosa c‟è? Hai bisogno che qualcuno ti
accompagni dall‟Assistente sociale? Lo dirò a C. è sempre generoso…. Mi interesso
subito”
“Ciao, non ti sento da tanto tempo. Come stai? Mi dici che hai difficoltà con tuo
marito? C‟è un‟altra donna… Cerchi l‟Avvocato… Quanto mi spiace…”
E così via: chi cerca la badante, chi offre lavoro, chi racconta la tragedia di figlie che
hanno tradito la mamma…
Le chiamate si susseguono tra il suono del campanello al telefono e alla porta. Ecco
appare la F. con un sacchetto di cicoria di campo: proprio fresco raccolto
stamattina….oppure la D. che porta un piatto con tre porzioni di un cibo della Romania.
“Sapesse quanto è buono” e così via.
Abituale il fornaio che porta il pane della mattinata ed anche la signora della sera
inviata dal proprietario della panetteria del corso… Immediatamente la sorella
telefona e c‟è chi accorre a ritirarlo con tanta riconoscenza…
A volte le telefonate o gli arrivi sono in orari impensati: “Come mai così tardi, …”Ho
fame, datemi qualche cosa da mangiare, scusate il disturbo”.
“Signore Gesù, vorremmo stare in pace a tavola, durante la preghiera , ma Tu vieni,
bussi, suoni.
Ci ricordi che tu ti sei incarnato e hai rivestito l‟umanità di tutti, ma
specialmente dei poveri. Accogliendoti in loro, ci dici che l‟Amore
che sei venuto a portare, si vede, si sente, infonde speranza. Grazie
Gesù”.
Nel piccolo appartamento, al secondo piano della casa comunale, vivono così tre
Sorelle.
Sr. Marialuisa Leggeri
42 Parliamo di … (notizie varie)
Il gruppo delle sorelle “neo-professe 2009”, nei giorni dal 2-5 gennaio 2011, si è
ritrovato a Roma in Via Don Orione, n.17.
Madre Giovanna Radice, Vicaria Provinciale, ed io che già abitiamo la casa, con le
sorelle Raffaella Esposito, Antonella La Porta, Mariagrazia Borghetti e Marisa Buffoli
abbiamo potuto gioire per l‟affettuosa accoglienza riservataci dalle Madri. La Casa
Provincializia, fra l‟altro, è luogo a noi caro per avervi vissuto il tempo di
preparazione per “il sì per sempre”.
Anche questa volta abbiamo ricordato sorella Natasha, nostra compagna di viaggio
dal tempo della prima formazione. Natasha, che appartiene alla Provincia Europea,
vive in Polonia, la sua vita di Consacrata e di formazione permanente.
Madre Giovanna, che ha ricevuto l‟incarico di continuare a seguirci nel cammino di
formazione, e il Padre Missionario Saveriano, Padre Luigi Zucchinelli, ci hanno
stimolato alla riflessione partendo dalla concretezza della nostra vita di consacrate
apostole.
Inoltre, per aiutarci ad approfondire il senso di appartenenza alla Famiglia
Canossiana, non ci è mancata la voce dell‟Istituto. Madre Marilena, nostra Provinciale,
e Madre Annamaria Babbini, Vicaria Generale, con l‟esperienza del loro vissuto,
hanno rinforzato quanto presentato da Padre Luigi, così sintetizzato:
“non dare nulla per scontato,
ciò che non è alimentato con costanza rischia di crollare”.
Abbiamo rispolverato, libere dagli impegni consueti, la nostra vocazione di Donne
Consacrate Canossiane che ci chiama a vivere la sequela con il segno leggibile della
fraternità. Abbiamo fatto nostro il desiderio di rendere la nostra vita più appetibile e
aperta al futuro.
Costruire la comunità significa lavorare con gratitudine alla qualità della
nostra vita per noi e per chi verrà dopo di noi. Insomma, la comunità - da
quella religiosa, più ristretta nella condivisione totale di vita, a quella familiare, a
quella di dimensione nazionale, fino alla grande comunità dell‟intera umanità – è
l’insieme di persone unite non da un possesso comune di beni per una proprietà
del di più, ma da un di meno, da un debito che ciascuna vive verso l’altra.
Questo debito, che è sempre un dono, è un movimento in cui ciascuno si dispone a
donare all‟altro la propria presenza, fino al dono totale della vita (cfr. Rm.13,8 e
Gv.15,13). (Bianchi Enzo, Comunità: La ricchezza del dono di sé, Omelia, martedi 9 novembre
2010).
Parliamo di … (notizie varie) 43
Inoltre, siamo state invitate a riflettere su tre binomi che interpellano la vita
religiosa: fare o essere? autoreferenzialità o insieme? le parole o la Parola?
Padre Zucchinelli, che già aveva richiamato l‟importanza “di prenderci cura di noi
stesse”, ha ricordato che ciò che ci fa essere davanti alla gente persone significative
è: l‟essere, l’insieme, frutto della relazione, la Parola ascoltata e meditata che
spinge all‟azione nella veridicità.
In realtà, è per aver accolto la Parola che abbiamo lasciato ogni cosa, è “a motivo di
Cristo” che oggi siamo qui A differenza dei Laici che impostano la propria vita,
anche, intorno alla famiglia e al lavoro, che restano elementi valoriali anche nelle fasi
di allontanamento da Dio, la Religiosa, se perde la fede, ha perso tutto, perché
“Cristo è il solo Necessario ed è Lui che dà senso alla vita”. Se si possiede Dio, si
possono aiutare anche le persone ad orientarsi verso di Lui. Di questo la religiosa,
donna di Dio, ha una convinzione interiore che la sostiene e non solo una conoscenza
intellettuale.
Per la vita di insieme si deve essere impegnate a coltivare nella propria Comunità
relazioni con le persone e per le persone, mettendo a fondamento di ogni relazione
l‟essere in Cristo. Troppo misero sarebbe per noi vivere in Comunità tra le sorelle,
quasi fossero delle estranee, darebbe subito la percezione di una realtà negativa.
Nulla di eccezionale, allora, se ci viene chiesta una qualità di relazione come quella
che Gesù ha vissuto “con” i suoi discepoli “per” volontà del Padre.
Il nostro ritrovarci è stato coronato con una Celebrazione Eucaristica al Santuario
romano della Madonna del Divino Amore e dalla visione del film “Uomini di Dio” di
Xavier Beauvois.
Quest‟ultima, se pure impegnativa, ci ha lasciato leggere con efficacia e realismo la
vita umana e fraterna di una Comunità monastica in Algeria, ben integrata nella
popolazione musulmana locale. Al presentarsi delle difficoltà, però, fino al rischio della
vita,i monaci hanno dovuto rielaborare, tra non poche difficoltà e paure, che la loro
vita era già stata donata nel momento della loro consacrazione, per cui non era
pensabile che potessero ritirarsi davanti al rischio del martirio.
Ne consegue allora che “nulla è scontato”, e che sempre bisogna rielaborare…
Concludendo, siamo state sollecitate all‟attenzione su noi stesse per vivere e
testimoniare la realizzazione serena e gioiosa della “VITA CONSACRATA”, all‟interno
delle nostre Comunità e nell‟opera di Evangelizzazione a servizio della Chiesa, nella
specificità del carisma canossiano.
Accompagnate dal Cantico del Magnificat abbiamo lasciato Roma con la certezza che
“il migliore depliant di propaganda dell‟Istituto
è ciascuna di noi”.
Sr .Ketty Marsic
44 Parliamo di … (notizie varie)
Luogo dell’incontro
Istituto Canossiano S. Trovaso
VENEZIA
Anche noi, come il profeta Elia, stiamo vivendo in
una situazione di „crollo delle certezze‟, di grande
precarietà sociale e personale, di mancanza di
futuro… e ci chiediamo:
Come vivere questa situazione?
Dov‟è Dio nel nostro tempo?
Come aiutare i nostri fratelli a vivere con
speranza l‟oggi?
Queste domande affiorano spesso dal fondo del
nostro essere in momenti di calma, o nel turbine
delle attività quotidiane, ma difficilmente trovano
nelle comunità di vita la possibilità di essere
approfondite e rielaborate.
Ecco perché un seminario in cui potersi incontrare tra Sorelle della propria
fascia di età è stata un‟opportunità preziosa per mettere a tema alcuni nodi
problematici del rapporto tra COMUNITÀ – MISSIONE - CONTESTO CULTURALE.
La relazione di Padre Giuseppe Moni, Superiore Provinciale dell‟ Istituto Cavanis, con
un percorso attraverso i documenti del Magistero, ci ha fatto memoria di alcuni
fondamenti della Vita Consacrata nella Chiesa.
La condivisione in assemblea e nei gruppi sono stati i momenti più ricchi e vitali
perchè ci hanno permesso di esprimere le sofferenze, i desideri, le sfide, i rischi
della nostra esistenza di donne consacrate che condividono la passione dell‟uomo
contemporaneo.
Parliamo di … (notizie varie) 45
La Madre Marilena ha poi raccolto tutto e lo ha rilanciato in modo magistrale,
ponendoci alcune domande per proseguire la riflessione.
La nostra fascia di età ( dai 50 ai 60
anni: 53 sorelle in tutta Italia!) è quella
che si trova ancora nella pienezza delle
proprie energie fisiche, affettive e
intellettuali…
Il cuore, libero da attese irrealistiche
nei confronti delle comunità e degli
ambiti di servizio, dove operiamo, ci
permette di vivere il servizio con
maggiore gratuità.
Siamo convinte che ogni cambiamento passa attraverso la propria carne e, pertanto,
solo ciò che è purificato nel crogiuolo della preghiera prima o poi sarà fecondo.
Nello stesso tempo crediamo nella forza del pensiero e chiediamo che, in un tempo in
cui tutto è „ liquido‟, sia possibile coltivare una mentalità di fede e carismatica per
resistere in questo contesto.
Per questo sentiamo l‟urgenza di incontrarci ancora per far crescere, dentro di noi,
quella coscienza critica che ci permette di essere autentiche e profetiche nel luogo in cui
il Signore ci ha posto.
Venezia, 12-13 febbraio 2011 un incontro come tanti altri,
oppure unico e irripetibile…. sarà il futuro a deciderlo!
Sr. Daniela D’Alessandro
46 Parliamo di … (notizie varie)
delle sorelle dai 61 ai 70 anni di età
Settantacinque sorelle di questa fascia di età, provenienti dai cinque Territori della
nostra Provincia, hanno avuto la fortuna di ritrovarsi a Roma, nella Casa del Pellegrino,
presso il Santuario del Divino Amore per vivere l‟esperienza del Seminario formativo
nazionale.
Abbiamo vissuto giorni intensi nell‟ascolto,
nel dialogo sereno e fraterno, nella preghiera
e nella comune ricerca dell‟obiettivo da
raggiungere.
Siamo state guidate dalla parola attenta della
Madre Provinciale, M. Marilena Pagiato, e
della Madre Vicaria, M. Giovanna Radice,
ed illuminate nel nostro cammino di
riflessione da tre relazioni fondamentali.
La Madre Provinciale, introducendo il
Seminario, ci ha fatto riassaporare una
particolare GRAZIA che la nostra fascia di età
ha vissuto in prima persona. Mi riferisco alla
esperienza straordinaria del dopo Concilio Vaticano II, che io ho vissuto in Spagna dal
1965 al 1972.
Giovane professa, avevo imparato bene il catechismo del “Maccono” e, secondo lo stile
del “Direttorio”, vivevo contenta e grata al Signore del dono della vocazione. A
Pamplona ho respirato il vento nuovo della Pentecoste che scuoteva in quegli anni
quella Chiesa, le comunità, la liturgia e la teologia. La nostra comunità era piena di
fermenti nuovi e una vera fraternità ci univa attorno alla Madre Superiora.
Rientrando in Italia per i voti perpetui, ho dovuto riaccogliere nel cuore uno stile di vita
che mi stava stretto, per poter restare canossiana, cercando di cogliere in esso anche
alcuni aspetti positivi.
La crisi italiana del „ 68 non mi ha meravigliato!
Vedevo la Chiesa italiana priva dello spirito profetico e mistico che aveva cambiato il
volto della Chiesa spagnola che, in quegli anni, gemeva sotto la dittatura di Franco.
E oggi???…
Oggi è l‟Istituto stesso che chiama al cambiamento anche la nostra fascia di
età.
Adesso sono convinta che anche per noi oggi c‟è una nuova ondata di Spirito Santo che
bussa alle porte del cuore di ciascuna di noi e chiede di fargli spazio.
Questa interiore convinzione è stata la mia prima grazia del Seminario, perché ha
spazzato via dal mio cuore qualche ombra ricorrente di sfiducia e di scoraggiamento
che mi faceva dire:”Tina, tira avanti meglio che puoi, senza più sperare nulla!!!”
Parliamo di … (notizie varie) 47
Sono certa anche che questa GRAZIA non sarà opera nostra, ma sarà DONO di Maria,
la Madre della Pentecoste, e sarà offerta a tutte le “3000” sorelle che nelle loro
comunità oggi cercano di vivere il carisma nella condivisione e nella corresponsabilità
Nella seconda relazione, Mons. Rino Breoni, che si è definito un “patito del Concilio e
del 68”, ci ha aiutate a tenere insieme la positività di queste due realtà storiche che
abbiamo vissuto sulla nostra pelle e a coniugare alcune modalità espressive del
carisma, della corresponsabilità e della condivisione, che possono offrire il
cambiamento là dove sono vissute.
La Madre Generale, M. Margaret Peter, nella
sua relazione a braccio, molto seguita, ci ha
ricordato che il Carisma, cioè il dono che
abita la nostra vita, è il vero Tesoro e il vero
Patrimonio dell‟Istituto.
Ha detto ancora che la sua vitalità in noi ci
rende capaci di vivere testimoniando in ogni
momento l‟Amore di Gesù che risplende
sulla Croce. Ha soggiunto che questa
esperienza mistica del Carisma deve
riflettersi nella esperienza ascetica in
relazioni virtuose nella nostra vita fraterna
ed apostolica.
E‟ stato consolante ascoltare la Madre quando ci diceva che noi oggi siamo la vera
ricchezza dell‟Istituto, ma è stato ancora più consolante sentirla invitarci a tornare ad
aver cura di noi stesse e della qualità della nostra vita, per poter testimoniare, nel
quotidiano, l‟Amore di Dio che cerchiamo e sperimentiamo ogni giorno nella preghiera
personale e comunitaria e nell‟amore fraterno condiviso.
Durante l‟ultimo incontro di risonanza nei piccoli gruppi, siamo state invitate a
rispondere a questi tre interrogativi:
1. Che cosa desideri dire in questa fascia di età?
2. Che cosa è importante non perdere?
3. Quali problematiche vorresti esprimere su questa forma di governo in atto?
A chiusura del Seminario, Madre Marilena ci ha dato alcune indicazioni sui dati
emersi, che ora ci ha inviato personalmente, perché le osservazioni da noi fatte
continuino ad indicarci la strada del rinnovamento che ci viene chiesto.
Desidero aggiungere che ho visto in questi tre giorni, con commozione, molte sorelle
sostare in preghiera davanti alla Madonna del Divino Amore, che è la Madonna della
Pentecoste. Da buone canossiane sentivano nel cuore il bisogno di affidare a Maria
l‟Istituto, la nostra neonata Provincia, le nostre comunità e il nostro personale
cammino di santificazione.
Accanto a Lei abbiamo avuto la certezza che ci sarà
una nuova Pentecoste per ciascuna di noi e per
l‟Istituto in Italia, perché l‟Istituto è Suo, voluto da
lei, e mantenuto fin qui.
Sr. Tina Cesati
48 Parliamo di … (notizie varie)
Sotto il cielo di Moccone per volare ad alta quota!
Esci fuori!
27 marzo 2011: finalmente partiamo dopo un’attesa che ci ha impegnato un po’ a trovare il volo giusto e a organizzare il nostro arrivo a Moccone. Sicuramente il nostro cuore era preparato da tempo a vivere un momento prezioso con le altre “sorelle della fascia verde”, chiamate ad “accendere lampade e a scrivere l’agenda della speranza”, come recitava lo slogan del Seminario. M. Marilena ha aperto la nostra tappa provocandoci e, quindi, invitandoci a divenire sempre più donne credenti, protagoniste della vita, corresponsabili e solidali con la storia di oggi,
leggendola con la certezza che Dio continua ad accompagnarci e a operare. Si tratta di più… direbbe Maddalena. Si tratta di continuare a investire la propria vita operando per il bene, per la pace e per la giustizia.
E quindi, cosa significa oggi essere protagoniste nella storia, nella nostra famiglia religiosa e nella chiesa? Che cosa posso offrire di me?
Metti in circolo! Ciò che abbiamo inizialmente offerto e condiviso sono stati alcuni prodotti tipici della nostra terra di provenienza, che abbiamo assaporato incuriosite e soddisfatte di tanta bontà. Dopo cena, ci siamo disposte tutte attorno al caminetto e, davanti alla legna ardente, abbiamo attinto dallo Spirito luce per le nostre lampade, pace per ogni persona e rinnovata disponibilità a mettere in circolo l’amore!
Occhi aperti sul mondo! 28 marzo: don Giacomo Panizza, un prete che da trent’anni vive in Calabria, ha iniziato la riflessione proponendoci una prospettiva diversa, ovvero ci ha invitato a riflettere e a riconoscere che le lampade della speranza le possiamo solo alimentare perché il Signore le ha già accese in noi!
Dopo una ricca introduzione, che lasciava trasparire la sua bella umanità e passione per ogni uomo, don Giacomo ha iniziato esordendo che viviamo in un contesto sociale privo della speranza. Attingendo alle ricerche dell’Istat, ha messo in
luce la realtà italiana nella sua globalità e complessità, invitandoci a leggere bene i segni dei tempi, così come ha fatto Dio quando in Egitto ha osservato, ha udito ed è sceso per salvare il popolo d’Israele. Oggi da parte delle persone c’è più un’autogiustificazione anziché una reazione ad un sistema che appiattisce le soggettività, che deresponsabilizza e immobilizza le persone allo status quo, ad un pensiero leggero che non va in profondità e che manca di ragionamento e di analisi critica e costruttiva.
Parliamo di … (notizie varie) 49
Crescono l’inquietudine, l’egoismo, il narcisismo, l’autoreferenzialità. Si crede che i problemi vadano risolti da chi comanda a suon di regole, più che nel dialogo e nel confronto.
L’invito che ci è stato rivolto è quello di tenere gli occhi aperti e lo sguardo sul mondo e di accendere lampade personali, qui ed ora, mettendo in gioco la propria vita con coraggio e fedeltà a Colui che è la nostra luce e speranza.
Raccontiamoci! A conclusione della mattinata, M. Marilena ci ha invitate ad approfondire la traccia di riflessione in piccoli gruppi per “raccontarci qualcosa di significativo rispetto all’essere persone di speranza nei propri ambienti” e per “delineare la nostra presenza in Italia oggi”.
Con semplicità e impegno ci siamo rese disponibili al confronto e alla ricerca, partendo dal nostro quotidiano. Da tutte è emerso come sono molti i sogni di speranza lì dove
abitiamo, anche se non mancano nodi critici che vanno affrontati senza paura, accettando la sfida di trasformarli in opportunità formative.
Molto si è detto circa il contesto comunitario e il desiderio di camminare sempre più verso la fraternità, in un dialogo aperto e schietto, con uno stile di vita sobrio e solidale, che aiuta ciascuna sorella a cantare la propria poesia, a narrare l’incontro con Gesù Cristo e con i fratelli. Molto ancora si è condiviso circa i nostri ministeri, ambiti in cui prendersi cura del proprio cammino di crescita mentre ci si prende cura di quello di ogni persona, riconoscendo in ciascuna un volto, un nome, una storia.
E la storia continua! La storia rimane aperta al futuro e ci mette sempre nella condizione di poter accogliere il Dio che viene e che irrompe nella nostra vita. La storia, inoltre, oggi ci chiede di vivere soprattutto la profezia del Regno di Dio nel quotidiano. Anche noi siamo chiamate a diventare donne di grande umanità che offrono una Parola che libera, che salva e che dona speranza.
Ci auguriamo pertanto di continuare a custodire la ricchezza e la provocazione di quanto abbiamo ascoltato e condiviso, di lasciare affiorare le domande, di tentare strade inedite, mentre cerchiamo nell’oggi un alfabeto di speranza che metta in cammino noi, cercatrici del volto di Dio!
Elena e Margherita Comunità di Bologna
50 Parliamo di … (notizie varie)
Una recensione del libro “Luce del mondo”: un’intervista fatta dal giornalista tedesco Peter Seewald
a Papa BENEDETTO XVI di Cristina Uguccioni
Da qualche mese è in libreria “Luce del mondo” (Libreria Editrice
Vaticana), una lunga intervista (sei ore) rilasciata al giornalista
tedesco Peter Seewald a Benedetto XVI. In una serrata sequenza
di domande e risposte, il Papa non evita alcuna domanda. Come
bene è stato scritto, si tratta di una conversazione di tipo unico
nella storia della Chiesa: mai prima d‟ora, infatti, nel corso di un
incontro diretto e personale, il Papa si era espresso sui problemi
più scottanti della Chiesa e della società.
Il volume è suddiviso in tre parti: “I segni dei tempi”, “Il
Pontificato”, “Verso dove andiamo”; in ciascuna il Pontefice
affronta temi sui quali tutti ci interroghiamo: dal relativismo che domina la cultura
contemporanea al cosiddetto stallo delle riforme nella Chiesa, dalla crisi economica al
rapporto tra Chiesa e società, dall‟insegnamento delle “cose ultime” alla redenzione.
Benedetto XVI risponde con chiarezza e profondità ad ogni domanda, il suo tono è mite
e autorevole, a tratti confidenziale, ad esempio quando racconta lo shock che provò
quando fu eletto pontefice o quando descrive la sua giornata svelando di non amare lo
sport e di guardare i film di Don Camillo e Peppone.
Peter Seewald, che già intervistò l‟allora Cardinale Ratzinger in due libri (“Sale della
terra”, “Dio e il mondo”), nell‟introduzione di “Luce del mondo” così scrive: “Alla fine il
messaggio di Benedetto XVI si configura come un appello drammatico alla Chiesa, al
mondo e a ciascuno di noi: è impossibile continuare sulla strada percorsa fino ad ora,
esclama. L‟umanità si trova a un bivio. È tempo di tornare in sé. È tempo di
cambiamento. È tempo di conversione. E con incrollabile fermezza afferma: “Ci sono
tanti problemi, e tutti devono essere risolti, ma non lo saranno se al centro
non c‟è Dio che diviene nuovamente visibile nel mondo”.
Mettere al centro Dio e renderlo visibile nel mondo: è questo che Benedetto XVI fa
instancabilmente, con gioia e mitezza. Lo ha ben compreso Peter Seewald che, al
termine dell‟introduzione, scrive: “Benedetto XVI mette assolutamente a proprio
agio il suo ospite. In certo senso non è un Principe della Chiesa, ma un servitore
della Chiesa, un magnanimo, che nel dare si consuma totalmente. A volte guarda in
modo un po‟ scettico. Così, da sopra gli occhiali. E quando lo si ascolta, sedendogli a
fianco, si percepisce non solo la precisione del suo pensare e la speranza che zampilla
dalla fede, ma diviene visibile in modo particolare quel brillare della luce del mondo, lo
sguardo di Cristo, che desidera incontrare ogni uomo e non esclude nessuno”.
“Luce del Mondo” è un libro che merita di essere letto: non soltanto per trovare
risposte autorevoli alle molte domande che Peter Seewald pone a nome di tutti, ma
soprattutto per conoscere l‟umanità e la fede di un uomo - Joseph Ratzinger - che ha
costruito la sua casa sulla roccia, su Cristo. E che a tutti vuole portare l‟amore e la
gioia del Figlio di Dio.
Semi di riflessione 51
Leggo questo titolo che mi è stato affidato … lo rileggo più volte … lo lascio
risuonare dentro di me … cerco di lasciargli spazio … penso con il cuore a queste
parole, al significato profondo di questa affermazione … chiudo il notes su cui dovrei
scrivere … lo riapro … prego in silenzio e nel silenzio chiedo aiuto allo Spirito ma …
faccio tanta fatica a scrivere qualcosa, non voglio buttar giù parole senza senso e
senza vita, mi si stringe il cuore pensando alla realtà quotidiana.
Sinceramente, vorrei lasciar perdere, o per lo meno, vorrei cambiare il titolo, usare
altre parole, magari meno poetiche ma forse più vere e concrete…
Penso che la prima parte del titolo potrebbe anche chiamarsi così: La Vita Umana!
Sono convinta che ogni vita è una parola di Dio lanciata nel mondo. Ogni vita ha un
messaggio, magari in codice, che Dio vuole consegnare a tutta l‟umanità. Ogni vita
è un frammento di cielo sulla terra, anche quella meno riuscita.
Ma a me viene chiesto di parlare della vita consacrata perché è la mia, è quella che
ho sentito vera per me, è quella che vivo ormai da più di 30 anni e che non ho mai
finito di scoprire. Una vita che mi ha spaventata, attirata, scoraggiata, riempita di
entusiasmo, toccata con mano nei suoi punti meno luminosi e desiderata nelle sue
altezze da vertigini. Una vita che amo, che tradisco, che cerco, che vorrei
condividere con molti. Una vita che mi spinge verso la libertà e che mi taglia le ali
se volo troppo basso. Una vita che tenta di ridire a tutti quella scelta dal Figlio di Dio
fatto uomo. Una vita che continua ad attirare giovani cuori ma che dovrebbe
lasciarsi “plasmare” dal nuovo che ci circonda, senza scadere in compromessi, una
vita… semplicemente una vita che ha qualcosa di divino.
Ma dove lo trovo questo divino? Questo frammento di cielo? Come dirlo
perché queste parole non vengano derise con leggerezza ma siano intuite
come verità e non come sogno o utopia?
Allora trovo una modalità, quella che mi sembra l‟unica possibile per me per poter
dire qualcosa su questo titolo.
Chiudo gli occhi e penso alle tanti Vite consacrate che ho conosciuto nella
vita, quelle che sono apparse solo per un tratto nella mia storia e quelle con cui ho
condiviso e continuo a condividere la quotidianità. Lascio che i loro volti mi scorrano
davanti, come un album di fotografie prezioso che il mio cuore custodisce…
Sono Madri canossiane che mi hanno accolta così come mi presentavo loro, che mi
hanno guardata sorridendomi e incoraggiandomi; Madri che hanno saputo
dimenticarsi per poter regalare agli altri il meglio di loro stesse; Madri che ho
trovato in chiesa, a lungo inginocchiate in silenzio, alla ricerca di una parola vera da
regalare a chi stava soffrendo; Madri dagli occhi “puri” perché dalle mani sempre
aperte; Madri che continuano a lavorare nell‟oscurità perché credono
profondamente che la vita rimane dono a qualsiasi età; Madri che mi hanno presa
52 Semi di riflessione
per mano e guidata dentro esperienze completamente nuove e faticose, si sono
messe al mio livello perché io potessi capire e seguirle, passo dopo passo.
Sono Religiose di altri Istituti che hanno condiviso con me la loro gioia di essere
quello che sono e la fatica della fedeltà quotidiana nei confronti di una vita così
contro corrente. Sono Religiosi che ho avuto la fortuna di incontrare e mi hanno
insegnato ad amare nella libertà e nella bellezza del mio essere donna senza
dimenticare la mia consacrazione a Lui.
Uomini e donne che non hanno paura di essere segnati a dito, che sanno cosa
significa ascoltare col cuore, che si mettono dalla parte di chi non conta nulla,
rischiando a loro volta di essere esclusi. Uomini e donne che non hanno contribuito a
“riempire la terra” generando figli, ma hanno dato un colpo d‟ala all‟umanità
rivelandone i particolari migliori; uomini e donne che hanno regalato la loro
vita, senza scalpore o pubblicità, semplicemente perché era la cosa giusta
da fare.
Tutte queste persone mi dicono la verità di un titolo che sembra un po‟ troppo
poetico. Sì, la vita consacrata può davvero essere un frammento di Dio sulla terra.
Dobbiamo crederci e lottare perché questo sia vero dentro la quotidianità fatta di
noia, di stanchezza, di fatica, di sofferenza.
Molti, vivendo questa vita, hanno regalato il meglio di sé là dove si trovavano. Non
sono andati in cerca di cose grandi, superiori alle loro forze … sono semplicemente
rimasti se stessi dentro la realtà quotidiana, cercando di portare quella briciola di
Dio che portavano in cuore.
Hanno amato là dove nessuno riusciva a farlo, hanno accolto chi veniva da
tutti rigettato, hanno pianto quando non sapevano o non potevano fare nulla,
hanno passato molto tempo in preghiera credendo fermamente che quella
era la strada per raggiungere i cuori di tutti. Hanno vissuto con le mani aperte,
senza mai richiuderle; hanno sperimentato il peccato e la misericordia di Dio e, per
questo, sono diventati misericordiosi verso gli altri; hanno tenuto i piedi ben fissati
sulla terra senza cercare di scappare o di giudicare, sentendosi pienamente
responsabili di una storia che si costruisce insieme nel male e nel bene.
Sono queste le persone consacrate che tengo strette dentro di me, sono i loro volti
che mi incoraggiano a continuare il cammino.
Credo nella vita consacrata e nella bellezza di questo dono, ma ho bisogno
di incontrare persone di Dio perché la mia fede si rinforzi e la mia gioia
diventi contagiosa.
Se dovessi incontrare una giovane che mi esprime il suo desiderio di abbracciare
questa vita, vorrei poterle dire in verità:
“Guardati intorno e sappi andare al di là delle apparenze. Non tutto sa di cielo
dentro la vita consacrata perché essa è fatta da poveri uomini e donne, fragili
come tutti, ma tu va oltre, intuisci che in loro c‟è un desiderio di Dio così
grande che ti fa venire i capogiri.
Credi che ciò che li trattiene è il sogno di contribuire a costruire un‟umanità
secondo il cuore del Creatore. Se vuoi, mettiti dietro di loro, cammina con loro,
conoscerai la monotonia di giorni sempre uguali, la fedeltà senza eroismi di chi
vuole solo amare, la ricerca sofferta della volontà di Dio dentro le pieghe
quotidiane, la derisione di chi ti passa accanto e si tocca sghignazzando, la
testarda certezza che vale la pena vivere una vita così perché la senti piena,
ricca, significativa. Se vuoi, dammi la mano e unisciti alla lunga cordata di chi
continua a credere e a testimoniare che Dio ama la sua creazione e la vuole
salva.
Sr. Rosamaria Rota
Semi di riflessione 53
In occasione dell’imminente celebrazione della Pasqua, vi proponiamo un brano dell’intervista a monsignor Bruno Maggioni, noto biblista, pubblicata nel libro di Cristina Uguccioni “Lasciarsi guardare da Dio” (Edizioni Paoline). Monsignor Maggioni, rispondendo a due domande (in corsivo), offre una profonda riflessione su cosa significhi portare la croce e sul senso della sofferenza.
Gesù ha detto: “Se qualcuno vuol venire
dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la
sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà
salvare la propria vita la perderà, ma chi
perderà la propria vita per me, la salverà”
(Lc 9,23-24).
Oggi molte persone, quando sono colpite da
pesanti sofferenze, gravi problemi familiari e
professionali, o malattie dicono: “sto
portando la croce”. La croce viene
identificata di volta in volta con le diverse
difficoltà e sofferenze che si susseguono
nella vita. A me sembra, invece, che portare
la croce voglia dire continuare ad amare: la
croce è proprio il rinnegare se stessi, cioé
uscire da sé per darsi, perdersi per amore,
ed è „croce quotidiana‟ perché ogni giorno si
ricomincia daccapo ad amare incondizionata-
mente. Questa croce diventa „passione‟ come
quella vissuta da Gesù sul Golgota quando si
continua a dare amore pur vivendo grandi
dispiaceri e pesanti sofferenze, pur se – in
cambio dell‟amore offerto – si ricevono
offese, umiliazioni o „persecuzioni‟.
Qual è la sua opinione al riguardo?
“La croce è la dedizione, l‟amore per gli altri
libero e gratuito come quello donato da Dio.
Tu stai portando la croce sia quando,
amando, sei gioioso e ti va tutto bene
(ringrazia Dio di questo!), sia quando,
amando, sei sofferente perché hai gravi
problemi familiari o sei stato colpito da un
lutto o da una malattia o in cambio
dell‟amore hai ricevuto offese e umiliazioni.
Purtroppo invece, nel corso dei secoli, la
croce è stata identificata con la sofferenza:
se soffri vuol dire che stai portando la croce.
Non è vero!
D‟altra parte è vero, e devi saperlo, che nella
vita amerai nella gioia e nella letizia, ma,
prima o poi, la sofferenza e il dolore si
abbatteranno su di te e magari, proprio in
quel momento, gli altri ti volteranno le spalle:
allora dovrai continuare ad amare lo stesso e non
cedere alla tentazione di scoraggiarti, lasciar
perdere e dire: “a che serve?”, “non ne vale la
pena!”, “Dio mi ha ingannato!”.
Porta la croce chi decide di amare sempre, e
dunque anche quando la sofferenza vorrebbe farti
gridare che Dio è ingiusto, anche quando l‟amore
sembra perdente e i prepotenti, i furbi e quelli che
amministrano gli affetti con logica mercantile
hanno successo e paiono i padroni del mondo.
La passione e la morte di Gesù sono atto d‟amore:
Egli è morto perché ha continuato ad amare, ha
voluto condividere sino in fondo la nostra vita, e
poiché nella vita gli innocenti e i giusti vengono
uccisi, Lui ha condiviso anche questa morte
ingiusta e cruenta e non ha replicato al male con il
male, ma dall‟alto della croce con il perdono, con
un atto d‟amore.
Ed è risorto.
La risurrezione è a servizio della verità della croce: la risurrezione di Cristo ti dice: “in tutti i casi devi continuare ad amare, sia nei momenti di gioia, quando tutto va bene, sia nei momenti difficili e dolorosi: l‟unico valore che risorge è l‟amore”. Portare la croce significa amare sempre, sino in fondo, costi quel che costi: è questo che hanno fatto i martiri cristiani”.
Quali sono il significato e il senso della
sofferenza?
“La sofferenza, in sé, non è un valore, anche se
certa predicazione, nel corso della storia, ha finito
per farci credere il contrario. Non siamo
masochisti né sofferentisti, né lo era Gesù.La
sofferenza, che sarebbe meglio non esistesse,
acquisisce valore se da essa sai trarre amore da
offrire, rinnovata fiducia in Dio, nuova speranza,
acquisisce valore se la vivi senza incarognirti
diventando egoista e rancoroso, se la vivi e non la
eviti pur di non tradire qualcuno, pur di non
abbandonare qualcuno che ha bisogno di te.”
54 Semi di riflessione
Ricordando Papa Giovanni Paolo II
L‟annuncio della prossima Beatificazione di Giovanni Paolo II è stato accolto con
commozione e tanta gratitudine al Signore in tutto il mondo.
Papa Wojtyla è stato conosciuto ovunque come il grande amico di Dio e
dell’uomo e molte sono le persone che affermano di aver ricevuto, attraverso la sua
intercessione, grazie speciali che solo Dio può concedere a noi che viviamo sulla terra.
Il grande evento è stato fissato per il 1° maggio p.v. e tutta la Chiesa già lo vive
come venne predetto dalle molte persone che lo avevano conosciuto – soprattutto dai
giovani – lo stesso giorno della scomparsa dell‟amato Padre ed amico…
Papa Giovanni Paolo Santo e subito!
Ancora oggi, tuttavia, nonostante la gioia della Beatificazione si profili all‟orizzonte, è
impossibile dimenticare quella bara spoglia in Piazza S. Pietro e l‟interminabile
processione di gente che sfilava accanto ad essa con passo cadenzato ed occhi smarriti.
Papa Vojtyla aveva lasciato la nostra terra per la vita che non conosce tramonto,
la sera precedente – il 2 aprile 2005, alle ore 21.37 –... Molti piangevano, proprio come
si piange per la scomparsa di un genitore affettuoso o di un figlio che ci lascia nel
rigoglio della vita. Sulla bara era stato posto un grande evangelario, simbolicamente
esposto alla legge del tempo. Questa, quasi a commento dell‟esperienza di vita del
caro estinto, sfogliava le pagine ora con tranquillità ed ora con veemenza improvvisa…
Di Papa Giovanni Paolo II molto è stato scritto e detto, prima e dopo il suo ritorno in
Patria. Vi sono, tuttavia, alcune espressioni della sua personalità che non vennero
affidate alle cronache ufficiali, ma permangono tuttora nel cuore della gente con
stupore e ammirazione, forse anche grazie al connubio delle sue radici slave con la
Sposa di Cristo, la Chiesa.
Uno dei doni dello Spirito, visibile in modo particolare nei gesti e nelle parole
quotidiane di Papa Wojtyla, fu la sua trasparente e gioiosa <umanità evangelica>.
Molte sono state le sue visite pastorali: 317 nelle parrocchie di Roma, intraprese
come Vescovo della Città e 146 dal nord al sud d‟ Italia.
I suoi 104 viaggi apostolici all‟estero furono, in modo particolare, ” espressioni
della sollecitudine pastorale del successore di Pietro per tutte le Chiese”.
Semi di riflessione 55
Giovanni Paolo II rivelò ovunque una sensibilità squisitamente evangelica, non solo
a livello di comprensione, ma anche e soprattutto nelle relazioni che, con cuore
semplice e prudente, sapeva costruire ovunque.
Nel 1981, Papa Giovanni Paolo II visitò il Giappone, comunicando ovunque, con
gesti significativi e spesso inediti, grande rispetto e apprezzamento per la cultura
della terra del Sol Levante e per la sua popolazione. Il 99% di quest‟ultima seguiva –
e segue tuttora – gli insegnamenti dello Shintoismo o del Buddismo, e Papa Wojtyla
non esitò ad apprezzare tutto ciò che era retto e sincero e lo manifestò senza
affettazione e senza compromessi.
Dopo la solenne Eucarestia, celebrata…sulla neve, in onore dei martiri giapponesi,
nella vastissima piazza antistante la cattedrale di Nagasaki, Giovanni Paolo II accostò
familiarmente ed espresse con commozione il suo ringraziamento ai tassisti, ai
poliziotti, agli infermieri e a tutti coloro che, per servizio, erano rimasti immobili per
tutto il tempo della preghiera. “Ho potuto vedere con i miei occhi e toccare con le mie
mani – disse il Papa – che siete degni discendenti dei vostri Padri. Essi, in questa
stessa città, incontrarono il martirio, incoraggiandosi a vicenda con canti di lode al Dio
unico della loro vita. Voi, avete saputo sfidare un freddo quasi polare per assicurare
dignità e devozione alla nostra preghiera… Grazie di cuore … Dio vi benedica!”.
Una cosa analoga, assolutamente inattesa, avvenne nella Casa del Clero, ove il
S. Padre era stato ospitato con raffinata cortesia e proprietà. Era giunto il momento del
saluto definitivo da Nagasaki. Papa Vojtyla si guardò attorno, sorridendo con gratitudine
verso le persone che lo circondavano, e … “Vedo che non tutto il personale di questa
Casa di accoglienza è qui presente, ma desidererei tanto salutare ciascuno... Dove sono
i cuochi, le persone di servizio e gli altri che mi hanno servito così bene in questi
giorni…? E‟ possibile averli qui con noi, anche solo per qualche minuto?>.
Sconcerto, sorpresa e incertezza regnarono per qualche secondo, ma poi, efficienza
ed efficacia si dettero la mano e in un batter d‟occhio tutto lo staff – quello ufficiale e
quello delle retrovie – circondava il S. Padre. Giovanni Paolo II, usando qualche parola
giapponese da poco imparata, senza indugio cominciò a stringere la mano di tutti i
presenti con tanta simpatia, deponendo un suo sorriso, veramente fraterno, nel cuore
di ciascuno, senza distinzione.
Ricordo che, subito dopo la partenza del Papa da Nagasaki, su parecchi giornali era
possibile leggere, in grandi caratteri cubitali, espressioni uguali o equivalenti a quella
che qui amo riportare:
<DA OGGI IN POI, NESSUN GIAPPONESE POTRÀ’ MAI AFFERMARE
CHE NESSUNO GLI HA VOLUTO BENE>.
56 Semi di riflessione
Il seguente è il ricordo di un incontro “di famiglia” con Papa Giovanni Paolo II,
incontro non previsto, ma molto significativo e vivo anche oggi dentro di noi.
Nell‟anno che seguì la Beatificazione di M. Bakhita (17 maggio1992), Giovanni Paolo II
fece visita alla Chiesa dedicata a S. Maddalena di Canossa nella periferia di Roma e
incontrò noi Sorelle nella Cripta sottostante. Gli occhi di Papa Wojtyla brillarono, quando,
guardandosi attorno, si vide circondato dalle Figlie della Canossa.
<A chi è dedicata questa bellissima Cripta?> chiese con voce tonante.
<A M. Bakhita!> fu la nostra risposta gioiosa e corale.
Egli mi fece cenno che desiderava avere la striscia bianco-giallo che tenevo tra le
mani. Quando gliela consegnai, la alzò con il braccio teso, facendola svolazzare perché
tutte le Sorelle la potessero vedere. Poi, in tono affettuoso esclamò:
“L‟ho accompagnata io, Bakhita, nella sua terra africana … L‟ho
accompagnata io!”
Papa Wojtyla aveva infatti da poco portato la reliquia della nostra amata Sorella nel
Darfur - Sudan, suo luogo d‟origine…
“Madre Bakhita è una grande santa – Egli continuò – impariamo da Lei ad
amare Dio e i fratelli come ella imparò ogni giorno dal suo Paron…”.
Il ricordo di questi piccoli aneddoti della vita di Papa Wojtyla, di cui siamo state
testimoni, ci aiuta a comprendere sempre meglio che il valore di una persona ha le sue
radici profonde nel cuore umano del Figlio di Dio, suo Redentore e Compagno di
viaggio. Non sono gli studi e le qualifiche perseguiti o le grandi responsabilità affidateci,
oppure l‟approvazione di chi ci sta accanto a dare spessore alla nostra umanità credente
e consacrata. La testimonianza direttamente offertaci da Papa Wojtyla e quella delle
nostre Sante di Famiglia – Maddalena di Canossa (Fondatrice) - S. G. Bakhita
(conosciuta come Madre Moretta) - S. Gianna Beretta Molla (ex-alunna e sorella di una
di noi) tramandataci dall‟Istituto ci dicono che la personalità degli amici del Figlio di Dio
viene sempre forgiata con maestria da Colui che è Amore per essenza.
Grazie a Lui, anche noi speriamo di venire abilitate a condividere, ovunque andremo,
il fascino di un amore che supera la stessa vita.
A Lui, il Signore, la nostra gratitudine ed una fiducia senza condizioni.
Sr. Ilva Fornaro
Semi di riflessione 57
“Riguardo al modo di amarsi scambievolmente osservino le Sorelle in qual maniera Gesù Cristo amò gli Apostoli; li amò ignoranti, difettosi,rozzi, poveri e timidi; e se guardiamo,poi,come Egli ha amato noi, vedremo di più che Egli ci amò Ingrati.” Reg. Diff . pag.207
La Pasqua, alla celebrazione della quale ci stiamo disponendo, è l‟esplosione di quella
libertà di vita nello Spirito verso la cui pienezza Gesù ha incessantemente camminato.
Essa rappresenta la vittoria su tutte le forze mortifere che insidiano l‟espandersi della vita
nell‟amore.
“Io sono il Vivente! Ero morto, ma ora vivo per sempre ed ho potere sulla morte” Ap. 1,18 Ma la Pasqua è anche l‟ espressione estrema di quel faticoso cammino che, iniziato con
l‟Evento dell‟Incarnazione, si compie sulla Croce. Essa, come del resto tutta l‟ esistenza
terrena di Gesù, è un indissociabile intreccio di Vita e di Morte, cioè di morte per la vita, e
ben sappiamo come su questo paradigma sia chiamato a modellarsi il cammino di ogni
credente.
E‟, anzi, un dato sperimentabile, anche fuori dall‟ottica della fede, che c‟è – per utilizzare
un termine solo apparentemente dotto - un “Isomorfismo Pasquale”, vale a dire una
affinità di forma tra la Pasqua del Signore e la struttura fondamentale di ogni esperienza
umana aperta ad un cammino che sia degno di chiamarsi vita.
La ricerca, il progresso, l‟approdo alla pienezza della condizione adulta, l‟educare, il
generare, l‟ assumere responsabilità, il seguire una vocazione ecc. sono tutte espansioni di
vita che passano attraverso la morte di qualcosa di noi. Non c‟è esperienza vera ed
autorealizzante che sfugga a questo ritmo pasquale – sacrificale di morte per la vita.
Tanto più l‟esperienza dell‟amore umano, inteso nella sua verità più profonda, cioè come
una pienezza di essere che ha necessariamente qualcosa a che fare con la morte in quanto
strettamente dipendente dalla gratuità, ovvero dalla rinuncia ad ogni ricerca autocentrata.
La Pasqua, mistero indicibilmente bello di un Amore che nasce dalla morte, dal Pane
spezzato e dal Vino versato, ci riporta, appunto, al tema dell’amore, cioè al cuore
della vita cristiana, definito il primo e il massimo di tutti i Comandamenti, precisamente
perché è la condizione per quella pienezza per cui Dio ci ha creati
Ma veniamo, da queste ambiziose premesse alla nostra umile realtà quotidiana per trarne,
se possibile, qualche riflessione sensata che si collochi in armonia col tempo liturgico che
stiamo vivendo.
Le discipline antropologiche - sociologia, psicologia, filosofia, pedagogia ed anche la
teologia - ci rivelano sempre più e sempre meglio l‟enorme riserva di valore insita nel
rapporto interumano.
Gli Orientamenti Magisteriali di questi ultimi decenni ci hanno, a loro volta, introdotto in
una prospettiva di vita di relazione più comunionale e fraterna, più valoriale, meno
moralistica, più aperta ad apprezzare gli aspetti positivi ed arricchenti della vita vissuta
insieme, dell‟incontro-scontro con l‟altro, col diverso. Una prospettiva che, oltre ad essere
in profonda consonanza con il misterioso progredire del cammino dello Spirito – che a
questo appunto ci chiama - e, in certo qual modo, con quello della Civiltà e della Storia, ha
avuto, se non altro, il merito, in alcuni contesti , di rasserenare gli animi allentando di
non poco la morsa dell‟antico adagio: ”Vita communis mea maxima poenitentia”.
58 Semi di riflessione
Di fatto l‟esperienza del vivere insieme da diversi, soprattutto quando essa non si verifichi
tanto negli ambiti – spesso poco praticati - delle diverse culture, religioni, idee, ma tra le
mura di casa nostra, dimostra quanto ci riesca difficile perdere la nostra anima per entrare
nella grande povertà di un vero cammino verso l‟altro.
La fede e l‟esperienza provvedono a mantenerci nella lucida consapevolezza della nostra
ferita originaria e non c‟è itinerario serio di conversione che non ci induca a mettere al
primo posto l‟ascesi connessa alla pratica della Carità fraterna.
Ci stimola e ci soccorre su questo punto, ovviamente, la Parola di Dio che non cessa di
riportarci, in ogni tempo e situazione, a questa priorità.
Ci richiama, da sempre, anche la parola di Maddalena.
Ella non ha teorizzato e, tanto meno enfatizzato, – com‟era ovvio in quella stagione
ecclesiale - i valori umanizzanti e formativi del modello “Vita Comunitaria”; ha, tuttavia,
proposto uno stile di vita fraterna, secondo la forma della Prima Comunità Apostolica, che
fosse veramente vita “ Fraterna”; dove cioè non si stesse al tranquillo, ciascuno nella
propria cella, nè si operasse da “liberi battitori”, ma dove si lavorasse, si vivesse e ci si
sentisse, insieme, consapevoli di dover andare incontro, in questo assiduo commercio
diuturno, nella vita e nelle Opere, anche al rischio di andarsi ” vicendevomente
raffreddando, urtando, amareggiando”.
E‟ per questo motivo che le problematiche della interrelazione non vengono da Lei
rimosse in un Limbo di non conoscenza, ma vengono affrontate lucidamente.
Da alcune pagine della Regola cosiddetta “Diffusa”, soprattutto da alcuni Trattati sulle
Virtù, che, oggi più che mai, ci gioverebbe rileggere, emerge l‟analisi realistica di molte
situazioni che, per quanto mutate nella fattispecie,conservano una grande attualità.
Emerge, ed è ciò che più fa bene ascoltare (come si riascoltano nel cuore alcune sequenze,
semplici e sagge, che la voce di nostra madre scandiva) quanto Ella diceva sul Silenzio,
sulla Prudenza, sull‟Umiltà del cuore e del tratto, sulla benevolenza e la discrezione dello
sguardo, sulla pratica dello scambio del perdono, sulla capacità di relativizzare gli eventi
critici, sul come dominare la passione dell‟invidia, l‟arroganza del giudizio, la tentazione
dello sfogo.
Originale e aderente alla logica del nostro cammino annuale di Istituto è anche la
sottolineatura che Ella fa dello stile “Pasquale”, cioè assolutamente gratuito (morte per la
vita), che ha contrassegnato la relazione del Signore col “diverso” dei suoi Discepoli : Li
amò ignoranti , rozzi, difettosi..-
Sì, è veramente “Bello e Gioioso” stare insieme come fratelli, nella consapevolezza, però,
che”qualsiasi unione, la più bella, la più santa, la più perfetta, essendo composta
di persone umane, di uomini, cioè, e di donne mutabili, necessariamente porta
doversi in essa trovare difetti, debolezze, ignoranze, diversità di temperamento e
vari modi anche nel convivere..”(Reg. Diff.pag-207)
S. Maddalena ha chiarissimo, nel suo realismo, quanto noi, dopo 200 anni stiamo
ripercorrendo, sia pure con linguaggi e prospettive diversi. Altrettanto chiaramente - con
una dovizia di esemplificazioni che Ella non riserva a nessun altro argomento - dice che, se
si vuole vivere insieme secondo il cuore di Dio e per il Suo Regno, non si può eludere la
fatica indissolubilmente connessa, sia all‟accettazione del diverso, sia, e forse anche più,
al governo di quel diverso che è in ognuno di noi – quello del carattere, della sensibilità,
dell‟educazione, ma anche ( perché no?) dell‟abuso di libertà e di Grazia, cioè del peccato.
Siamo tutti convinti che non basta tacere, dominare l‟invidia, l‟ira, l‟autosufficienza, la
permalosità o altro per dire che si ama. Queste cose non sono l‟amore: sono gli spazi di
libertà dentro i quali, come un fiume in piena, può scorrere più liberamente l‟Amore che Dio
ha già infuso nei nostri cuori mediante la Pasqua di Gesù.
M. Isa Roda
Calendario dei prossimi Appuntamenti 59
1-02
Aprile
Consiglio Provinciale - VERONA - Casa Madre
3 Aprile Apertura VISITA CANONICA CONSIGLIO GENERALE - VERONA
4-18 Aprile Visita Canonica Generale Territorio “S. Marco” PADOVA
10 Aprile GIORNATA VOCAZIONE LAICALE - VERONA
10 Aprile GIORNATA VOCAZIONE LAICALE - CATANIA
27-29 Aprile ASSEMBLEA NAZIONALE USMI
24/4 -2 Maggio TAPPA FORMATIVA JUNIORES ASIAGO (VI)
7-17 Maggio VISITA CANONICA TERRITORIO di VERONA
08 Maggio FESTA LITURGICA S. MADDALENA DI CANOSSA
02 Giugno GIORNATA VOCAZIONE LAICALE CENTRO / SUD
05 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE CENTRO SUD - ROMA
6-10 Giugno CONSIGLIO PROVINCIALE - ROMA
11 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE CATANIA
18 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE VERONA
19 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE PADOVA
24-26 Giugno SEMINARIO 3° MINISTERO COSTALUNGA (BS)
24 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE MILANO
25 Giugno ASSEMBLEA TERRITORIALE BRESCIA
14-16 Luglio SEMINARIO 1° MINISTERO VENEZIA
Freschi di stampa (documenti di Chiesa – Novità librarie) 59
Suggeriamo la lettura dei seguenti Testi:
1) Joseph Ratzinger “Gesù di Nazaret - Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione”
2) Enzo Bianchi
“ Ogni cosa alla sua stagione”
“ Una lotta per la vita”
3) Andrea Riccardi “ Giovanni Paolo II La Biografia” 4) Dario Vitali “ La Sposa più bella. La Chiesa e il suo ministero”
5) Lorenzo Leuzzi “ La questione di Dio oggi” Il nuovo cortile dei gentili 6 ) Compagni di viaggio. Interviste al volo con Giovanni Paolo II” di Angela Ambrogetti
Libreria Editrice Vaticana
Einaudi Ediz. S. Paolo Ediz. S. Paolo Ediz. TAU
Libreria Editrice Vaticana
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