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Altro che “choosy“, “fannulloni”, o
“bamboccioni”. Chiamateli come
volete ma non dite che i giovani italiani non sono
aperti a qualsiasi lavoro. Nel 2014, infatti, un gio-
vane su quattro (più del 23 per cento) sarebbe
disposto ad accettare un posto da spazzino, il 27
entrerebbe in un call
center e il 36 per
cento, pur di lavora-
re, farebbe volentieri
il pony express. Dati
che emergono dalla
prima analisi Coldi-
retti/Ixè su “Crisi: i
giovani italiani e il
lavoro nel 2014”,
presentata all’As-
semblea elettiva di
Giovani Impresa
Coldiretti nei giorni
scorsi. Un’indagine accurata condotta su giovani
dai 30 e 34 anni. Il quadro che ne viene fuori è a
tinte chiaroscuro. Ma non tutto è da buttare. Anzi
i giovani dimostrano che per vincere la crescente
disoccupazione sono disposti a lasciare il proprio
Paese – è questa non è più una novità – e a sbar-
care il lunario con qualsiasi occupazione. Pecca-
to, però, che la metà di loro vive ancora con la
paghetta dei genitori (il 51 per cento) o dei nonni
e altri parenti (il 3 per cento) che sono costretti
ad aiutare i giovani fin oltre l’età giovanile. In
questo contesto non deve stupire neppure un altro
dato. Ovvero quello che riguarda il 75 per cento
dei giovani italiani che vive ancora con i genitori
in casa. Rendendosi utili, però: il 76 per cento si
occupa ogni tanto della spesa, il 73 per cento si
mette ai fornelli per cucinare, il 60 per cento fa
l’aggiusta-tutto contro un 16 per cento che non
rifà neanche il letto prima di uscire da casa.
Menomale, verrebbe da dire, che resiste ancora la
famiglia come forma di aiuto e protezione per i
giovani italiani. Cosi la pensa
anche il presidente della Col-
diretti, Roberto Moncalvo,
che ammette: “La famiglia è
diventata una rete di protezio-
ne sociale determinante che
opera come fornitore di servi-
zi e tutele per i membri che ne
hanno bisogno. La struttura
della famiglia italiana in gene-
rale, e di quella agricola in
particolare, considera-
ta in passato superata,
si è invece dimostrata,
nei fatti, fondamentale per non far spro-
fondare nelle difficoltà della crisi moltis-
simi cittadini”. Quanto al lavoro si diceva
della grande flessibilità dei ragazzi italia-
ni. In questo caso, purtroppo, la flessibili-
tà è diventata la norma e non più un’ec-
cezione come era prevista in essere nei
principi teorici dei contratti a tempo e a
progetto. La realtà di oggi è ben diversa.
Un giovane su tre pur di lavorare, infatti,
è disposto a svolgere un orario pesante
ma con lo stesso stipendio (33 %), ed
inoltre, uno stipendio inferiore a 500 euro
a parità di orario (32 %). Oltre ogni
aspettativa catastrofica c’è ancora spazio
per i sogni: si tratta del famigerato posto fisso cui
aspira il 46 per cento dei giovani nonostante il
calo del 7 per cento rispetto all’anno appena tra-
scorso. Come resiste ancora l’idea, e per molti
continua ad essere una certezza, che per trovare
lavoro serve la raccomandazione. Lo pensano 8
giovani su 10. Nonostante tutto in molti continua-
no a spedire il curriculum, in media – stando ai
dati della ricerca della Coldiretti – 20 l’anno, ma
c’è anche una percentuale abbastanza alta del 44
per cento che non ha inviato alcuna domanda di
assunzione o lavoro nell’ultimo anno. “La crisi,
come spesso accade, è un acceleratore che fa
emergere i caratteri profondi di un paese, anche
quelli più deteriori. Sotto questo profilo, contem-
poraneamente a politiche pubbliche impostate
sulla “trasparenza”, serve una robusta assunzione
di responsabilità individuali.
Chi cerca trova…?
La canzone di Arisa, che ha
vinto il festival di San
Remo 2014, lancia nel tito-
lo: “Controvento” una nuo-
va linea di tendenza e invita ad una
nuova azione.
Andare controvento significa, infatti,
non seguire l’onda comune, che tutti
seguono anche senza accorgersi, ma
fermarsi a pensare e scegliere la stra-
da giusta da seguire anche se in con-
trapposizione al pensare e all’agire
comune.
L’atomizzazione dei nuclei familiari
costituisce una delle cause della crisi
di tante coppie, che finiscono per
considerare come esclusivo e fine a
se stesso il rapporto tra marito e
moglie. L’assenza degli anziani, cioè
dei nonni, dall’educazione dei bam-
bini ha fatto venir meno nelle nuove
generazioni la trasmissione della
memoria collettiva, che aveva sem-
pre costituito un elemento essenziale
sia della socializzazione, sia dell’e-
ducazione. L’attuale crisi economica
e sociale ha però aggiunto a questa
situazione un ulteriore elemento
paradossale: gli anziani sostengono,
grazie alle loro pensioni e alle mino-
ri necessità personali, i giovani, sem-
pre più spesso disoccupati o sotto-
occupati.
L’intervento del cardinale Walter
Kasper in occasione del Concistoro,
annuncia la possibilità che nel Sino-
do sarà presa in considerazione la
revisione della dottrina sui divorzia-
ti, nell’ottica di un cristianesimo
“inclusivo”. Mentre si afferma l’im-
mutabilità della dottrina di Cristo,
nello stesso tempo, con l’espressione
“ diamoci delle altre regole” sembra
quasi dire: divorziati risposati, cop-
pie di fatto, coppie omosessuali,
abbiate pazienza, tempo verrà che
tutto si appiana. Chi siamo noi per
giudicarvi?
Con una prevalente dimensione
pastorale Papa Francesco ha detto
che “Bisogna accompagnare, non
condannare chi ha sperimentato ed
ha sentito il dolore e il peso del “fal-
limento” del proprio matrimonio”.
Quasi un “camminare insieme”, un
farsi carico del loro dolore e aprire il
cuore alla misericordia.
Non si può certamente generalizzare
o entrare nella pluralità della casisti-
ca dei tanti matrimoni falliti, ma l’at-
tenzione della Chiesa sembra indi-
rizzarsi verso il perdono e la com-
prensione. I Padri sinodali troveran-
no le strategie funzionali per dare
risposta a questa richiesta.
Già Bernhard Haring in un volume
del 1973 da titolo “Il peccato in
un’epoca di secolarizzazione” - e
A PAG. 5
PASSEGGIATANELLA CATANIA
DI FINE ’800
Catania - anno XXX - n. 9 - 9 marzo 2014 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it
settimanale regionale di attualità
(conv. in L. 27/02/ 2004 no 46) art. 1, c. 1, DCB - Fil. di CT - Taxe perçue - Tassa riscossa - ISSN: 1720-0881“Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003
“In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente”
BIOETICA:
RELAZIONE
MEDICO-
PAZIENTE
a pagina 9(segue a pagina 2)
PIRANDELLO
ALL’ISTITUTO
ITALIANO
DI CULTURA
DI ATENE
a pagina 12
LINEE
programmatiche
della CARITAS
a pagina 7
Maxwell
(segue a pagina 2)
La grande bellezzaDELLA FAMIGLIA
Papa Bergoglio pone il problema della convivenza e del dialogo tra le diverse generazioni
Foto Siciliani-Gennari/SIR
Giuseppe Adernò
Giovani disposti a tutto pur di lavorare, ma ancora con la paghetta di papà
Prospettive - 9 marzo 20142
PRIMO PIANONel centenario della mortedi Giuseppe Aurelio Costanzo __3
Indietro nel tempointervistandoFernanda Basile___________3
Il Sindaco Sturzoe l’amministratore infedele __4
Archivio degli Ingegneri catanesi Carmelo e SalvatoreSciuto-Patti ______________5
INFORMADIOCESINotizie in breve___________6
Dall’UPG________________6
DIOCESILa violoncellistaUlrike Hofmannnella chiesa di S. Biagio ____7
Attività dell’OratorioS. Cuore di Barriera _______9
Al Teatro Valentinouna riletturadi “Tutto per bene” _______11
Pubblicato il saggio“Ponzio Pilato.Storia di un mito” ________11
sommario al n. 9
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Settimanale associato alla F.I.S.C.(Federazione Italiana Settimanali Cattolici)
Questo numero è stato chiuso
alle ore 13.00 di mercoledì 5 marzo 2014
sono passati quarant’anni - scriveva:“Liberi dal problema frustrante del
peccato mortale commesso o non
commesso, ma sempre coscienti del-
la necessità di ulteriore conversione,
tutti i cristiani di buona volontà
vedranno nuovamente aperto l’ac-
cesso alla comunione”.
“Il più grande peccato di oggi è che
gli uomini hanno perduto il senso del
peccato”, ha detto Papa Francescocitando una celebre frase di Pio XII,ammonendo quanti hanno derubrica-to un peccato grave, come l’adulte-rio, a semplice “problema da risol-
vere”. È peccato ostacolare la gioiapasquale con il proprio egoismo,essere inabili e incapaci di partecipa-re alla lode di Dio e alla vera solida-rietà nella comunità. Il dilagare dellacoltre fumosa del relativismo, chealimenta la “mediocrità cristiana”,ha, di fatto, oscurato la tradizionaledistinzione delle due categorie di:peccato contro le virtù teologali e lareligione e peccato contro le virtùmorali, vanificando il valore dell’e-thos.La famiglia, “cellula fondamentale
della società umana”, secondo leindimenticabili parole di GiovanniPaolo II, piccola chiesa domestica,con la rottura del vincolo matrimo-
niale, perde la sua genuinità di fede edi sacramento e quindi si separa dal-la Chiesa. Il cammino di purificazio-ne e di riconciliazione non può esse-re sancito con decreto e si ritiene chenel Sinodo di ottobre sia tracciata l’i-dentità della famiglia cristiana, chenon potrà mai essere diversa nellasostanza e nella forma dall’immagi-ne della Sacra famiglia, che nascedal matrimonio, benedetta dal Signo-re e fondata sull’amore reciproco chediventa accettazione totale dell’altroe del dono dei figli.“Le sfide pastorali sulla famiglia nel
contesto dell’evangelizzazione”,tema del Sinodo di ottobre, prender-anno in esame, come ha scritto ilPapa nella lettera alle famiglie, i
problemi del matrimonio, della vita
familiare, dell’educazione dei figli, e
del ruolo delle famiglie nella missio-
ne della Chiesa.
La metafora del “cammino” vieneriproposta da Papa Francesco nel“cammino familiare” ricco dimomenti belli: i pasti, il riposo, illavoro in casa, il divertimento, lapreghiera, i viaggi e i pellegrinaggi,le azioni di solidarietà. Tuttavia, semanca l’amore, manca la gioia, e ilmatrimonio diventa “la tomba dell’a-more”. La fonte dell’amore autenti-co, invece, viene dal Signore, con lasua Parola, che illumina la strada edà il Pane di vita, che sostiene la fati-ca quotidiana del cammino.
Parole, immagini e segni che sannod’antico e sono sempre nuove attuali.“Il sostegno della preghiera – scriveil Pontefice - è quanto mai necessa-rio e significativo, vi chiedo di pre-gare intensamente lo Spirito Santo –insiste - affinché illumini i Padrisinodali e li guidi nel loro impegna-tivo compito, per una “pastoraleintelligente, coraggiosa e piena d’a-more”.Come avviene nelle chiese locali perla visita pastorale tutte le liturgiedomenicali siano accompagnate daquesto segno esterno della preghieraper il Sinodo, cosicché i mezzipastorali proposti per aiutare le fami-glie siano di reale sostegno peraffrontare le sfide culturali e di pras-si con la luce e la forza che vengonodal Vangelo.Camminare uniti nell’amore e nel
servizio reciproco, augurio e benedi-zione del Papa per tutte le famiglie,secondo il piano luminoso di Dio,costituisce la nuova stella di riferi-mento nella società odierna, “in que-
sto tempo così confuso e inquieto”come ha scritto Mons. Paglia e sianole famiglie cristiane “la lettera viva”che scrive sulle strade del mondoparole e segni di testimonianza deivalori della fede e che la società tut-ta possa leggerla ancora con atten-zione e rispetto.
®
(continua da pag. 1)
LA GRANDE BELLEZZA...
E i giovani forse, hanno qualcosa inpiù da dare”, ha continuato il presi-dente della Coldiretti. Sul capitolopolitica, infine, i nodi vengono alpettine.C’è distanza tra il mondo giovanile equello dei politici italiani. Quasi ungiovane italiano su tre (31 per cento)non conosce il nome del Presidentedel Consiglio, il 30 per cento quellodel presidente della Camera e il 37per cento quello del presidente delSenato. Ma sugli obiettivi da propor-re al nuovo governo pochi dubbi. Al
primo posto l’economia e il lavoro(81 per cento), poi, le riforme eletto-rali e costituzionali (43 per cento) eda seguire scuola, sanità e trasporti(42 per cento).Pertanto, si evince dai numerosi datiesposti dalla ricerca appena il 4 percento dei giovani italiani ha dichiara-to di volersi impegnare in politica,anche in molti ci hanno pensato perpoi non farlo (il 36 per cento). Men-tre la maggioranza il 56 per cento èmolto distante dalla politica e non haneppure voglia di entrarci in contat-to.
®
(continua da pag. 1)
CHI CERCA TROVA...
La fabbrica delle illusionicontinua a mietere vitti-
me. Il gioco d’azzardo sta diventan-do un vera e propria emer-genza sociale. Nel nostroPaese sono in aumento ilnumero delle vittime dellaludopatia. A rischio nonsolo disoccupati, precari ecasalinghe. Anche glianziani sono tra i soggettipiù a rischio. E i numeridimostrano come nell’ulti-mo anno a giocarsi la pen-sione sono in molti a farlocon la speranza di arroton-dare. Spiccioli che som-mati giorno dopo giornofanno un bel gruzzolo chefinisce nelle casse delloStato. Lo si evince dai datirilevati da una ricerca,“L’azzardo non è un gio-co”, condotta in 15 regioni(Abruzzo, Basilicata,Campania, Emilia Roma-gna, Friuli Venezia Giulia,Lazio, Liguria, Lombardia, Marche,Umbria, Piemonte, Puglia, Sicilia,Toscana, Veneto) da Gruppo Abele,Auser Nazionale, Libera. Mille i par-tecipanti, 864 i questionari sommini-strati. «Un’indagine non scientificain senso stretto - ha detto don LuigiCiotti - ma importante perché con-dotta nell’ambito della maggioreorganizzazione dei pensionati». Nel-lo specifico, il 70,7% degli intervi-stati ha giocato d’azzardo almenouna volta nel corso dell’anno. Cam-bia però la frequenza da «qualchevolta», a «qualche volta al mese»,«qualche volta alla settimana».Quanto i giochi preferiti: il 30% pre-dilige Lotto e Superenalotto, il26,6% Gratta e Vinci e Lotterie istan-tanee, il 15% Totocalcio e Totip, il10,2% Giochi di carte a soldi, il3,8% Slot e Video lottery. Ma dove si
gioca? I luoghi sono i soliti e i piùaccessibili: la fanno da padrone rice-vitorie e tabaccherie (44,9%), segui-
te dai bar (24%). Si gioca, ammetto-no gli over 65, uomini e donne, pervincere (45,3%), per divertirsi(19,7), per incontrare persone (8,8).Alla fine, poi, si resta imbrigliati nel-la rete luccicante del gioco d’azzar-do. L’identikit del pensionato è pre-sto svelato: over 60 con un titolo distudio medio-basso. Il titolo di stu-dio più rappresentato, infatti, è lalicenza media (31,2%), segue poi ildiploma (26,4) e la licenza elementa-re (15,5). Nel 41% dei casi la pen-sione del giocatore è tra i 1.000 e i1.500 euro, per il 23% tra 500 e1.000 euro e il 16% tra 1.500 e1.800. Il 5,8% non arriva a 500 euroal mese.Tuttavia solo il 56,6% degli intervi-stati si può definire «non problemati-co» stando ai parametri con cui sivaluta la dipendenza, mentre il
14,4% è fortemente «a rischio». Ilquestionario, infatti, riportava la sca-la Canadian Problem Gambling
Index (nella versione ridotta),mezzo mediante il quale, alivello internazionale, si valu-ta il livello di rischio/proble-maticità/patologia per i gio-catori d’azzardo.Per il 16,4%, invece, il giocoè un problema di gravitàmedio/elevata che richiede-rebbe cure. Considerando chestando ad una stima di massi-ma la puntata massima nellavita di giocatori patologicipuò arrivare a 1500 euro perBingo e Scommesse, 6.000per giochi di carte a soldi,7.000 per Slot e Video Lot-tery, fino a 20 mila per Lottoe Superenalotto. Quanto alcalcolo che riguarda gli over65 coinvolti dall’indagine èimpressionante: nell’annoappena trascorso hanno spesoben 589 mila euro. «Il gioco
è diventato la quarta industria italia-na per fatturato, l’Italia è il terzoPaese al mondo per quantità di gio-co», ha denunciato don Ciotti duran-
te la conferenza stampa della presen-tazione del rapporto anziani-giocod’azzardo. «È il mercato dell’illusio-ne che ha due grandi vincitori: l’om-brello protettivo dello Stato, con unintreccio pubblico-privato dalle mol-te responsabilità, e il gioco illegale,con una forte presenza criminale.Un dato che merita di essere appro-fondito è quello che concerne la con-sapevolezza di essere già in unasituazione a rischio patologia. Se igiocatori a media/elevata gravitàammettono con molta sincerità diaver avuto problemi con il gioco,cosi non è per i giocatori definiti a‘rischio’. Questi ultimi affermano dinon aver alcun problema e che il gio-co sia solo un passatempo e un sem-plice diversivo. Ma ciò è in nettocontrasto con quello che mostra lascala diagnostica citata in preceden-za e che indicherebbe per questi sog-getti un serio problema di ludopatia.Infine la maggior parte dei giocatoria rischio hanno dichiarato come, incaso di aiuto, la prima àncora di sal-vezza sia arrivata dai familiari e dal-le persone care in generale.
F.C.
La fabbrica delle illusioni
Gioco d’azzardo, un anziano su tre è a rischio
Filodirettocon
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Catania- Percorro la viaCaronda, sosto dirim-
petto all’Istituto Scolastico Salesia-no “Maria Ausiliatrice” e ne osservole possenti mura che custodiscono,come uno scrigno, germogli di for-mazione didattica e nascenti voca-zioni religiose. Lì, le classi dellascuola media, stimolate dall’entusia-smo pedagogico della dirigente,Suor Margherita De Rosa, partecipe-ranno a uno dei laboratori di storiadella Sicilia che terrò al Palazzo delToscano: in una dimora principesca,tra stucchi, affreschi e atavichecolonne prende vita la storia dellanostra terra. Sono fiera che tra lenumerose scuole statali, aderenti aquesta originale operazione didatticaci sia l’unico istituto parificato che sisia adeguato alla legge regionale,una legge giusta per la difesa delladignità della nostra terra! Mi paionorisuonare le parole di Plinio il Vec-chio, come un monito che giunge dalontano, ma con forti echi nel pre-sente: “Turpe est in patria vivere etpatriam non cognoscere” (È cosavergognosa vivere in patria e nonconoscerne la storia).Adesso mi trovo all’incrocio tra laVia Etnea e la via Empedocle. Leggosu un’antica insegna: “LargoBadiedda”. Gradatamente noto comela città si stia lentamente trasforman-do, assumendo un’insolita atmosferaretrò. Non più auto sfreccianti e
rumorose che intossicano l’aria, maqualche sorniona carrozza con il tipi-co scalpitare degli zoccoli dei caval-li sul selciato; odo una voce lontana,quella del venditore ambulante checol suo richiamo invita le massaie adacquistare le sue mercanzie, daigenuini prodotti della terra a scope estrofinacci per le pulizie domestiche.Incontro dei bambini in calzoni cortie un po’ bisunti che con un gessettohanno disegnato un enorme rettan-golo sul pavimento lastricato eall’interno di questo loro artefattoludico si divertono nel lanciare unsassolino, saltellando in appositiriquadri. Le bambine, accovacciatesulla soglia di povere dimore, confe-zionano, con degli avanzi di stoffa,vestiti tini per le loro bamboline dipezza, immaginando che quegli umi-li cenci siano solenni abiti per le lorobambole regine.Adesso sento una voce che si distin-gue dal coro dimesso di un quartierelaborioso e anche tanto provato dallamiseria. Un canto soave e squillante
proveniente da una fresca intonazio-ne giovanile. Sono incuriosita e cosìmi avvicino alla fonte di quella pia-cevolissima fonte sonora. Noto unaragazzina che mentre sciorina labiancheria, esprime per talento natu-rale degli ornamenti virtuosistici suuna parola o su una sillaba, propriocome fanno gli eccellenti soprani.Immediatamente si accosta a me unasignora vestita secondo i canoniestetici della Belle Epoque che mirivolge queste parole: <<Quella
ragazzina sono io!>>.
Osservo quella strana signora,aggrottando le sopraciglia e manife-stando con una mimica facciale deci-sa, la mia incomprensione al suomessaggio.Quell’anima gentile, improntando lelabbra a un amabile sorriso così mispiega: <<Mi chiamo Fernanda
Basile e sono nata in un basso di
questo quartiere il 18 settembre del
1905. Le mie origini sono umili e da
bambina mi trovavo spesse volte
nella condizione del bisogno. A
cambiare il mio destino ha contri-
buito la mia voce e l’attenzione che
ebbe verso di me un imprenditore
edile stradale, un appassionato di
lirica, che in quel periodo stava
pavimentando quello slargo per
conto del Comune di Catania: Alfio
Presti. Costui mi presentò a un
maestro di musica lirica, un certo
Angelo Rapisardi che di allievi ne
aveva tanti e che intuì il successo
che avrei avuto formandomi oppor-
tunamente nello studio del canto.
Questi essendo venuto a conoscen-
za dell’indigenza delle mie condi-
zioni, si offrì di darmi lezioni gra-
tuitamente!>>
Che meraviglia, sto dialogando conun’anima del passato, materializza-tasi nel suo borgo natio e questa vol-ta, sto a dialogare con un eccelsosoprano. Una scenografia urbana diprimo novecento le fa magicamenteda contorno. E lei è apparsa a mequasi come una vestale che si èallontanata dal suo tempio per venireincontro a una fedele orante. Con
trepidezza ed emozione le chiedo:La prego signora, continui a par-
larmi di sé.
<<Quel maestro aveva ben riposto
la sua fiducia. Il successo arrivò pre-
sto, ma nei primi tempi stava per
essere minato dalla presenza di mia
madre che aveva scambiato i came-
rini dei teatri col cortile della vec-
chia casa, disprezzando colleghi e
produttori dell’arte lirica. Feci così
presto a mandare in pensione la
madre gendarme e così serenamente
ripresi la mia carriera che mi portò
poco prima del II conflitto mondiale
alla corte di Svezia in una tour-
nè>>.
Ha mai debuttato nella sua città?
<<Certo, lo ricordo benissimo! Era
il 17 settembre del 1932 quando
andai in scena all’Arena Imperiale
di Catania nel ruolo di Amina ne
“La Sonnanbula” di Vincenzo Belli-
ni. Il giorno seguente debuttai con
un’opera di Donizetti. Fare successo
nella propria città è cosa difficile,
ma non impossibile!
Poi scoppiò la guerra e l’attività
artistica stazionò, io intanto risiede-
vo a Milano.
Sebbene calcassi i palcoscenici più
noti d’Italia, non rinnegai mai le mie
origini, non mi dimenticai mai di
Catania.
Ritornai nella bella città etnea nel
’47 dove esordii ancora con la Son-
nanbula in uno spettacolo di benefi-
cienza all’Anfiteatro Gangi. Rifiutai
il rimborso per le spese sostenute
per il biglietto del treno Milano-
Catania-Milano. Aiutare gli altri era
nella mia indole. Non mi sono mai
dimenticata di coloro che vivono
negli stenti, perché io era cresciuta
nella privazione.
Stefania, questo è il mio messaggio
che potrà tornare utile a te e ai let-
tori di questo periodico: Non dis-
prezzare mai le tue origini, ricordati
che si sale in cima attraverso il fon-
do, dai valore al tuo talento e ama la
tua terra. Costei ricambierà il tuo
amore>>.
Detto questo svanisce, come purescompare quel contorno umano epaesaggistico di primo novecento.Tornano i chiassosi rumori della fre-netica vita cittadina. Rimane unvelato alone di malinconia per quel-la signora che dalle umili originidivenne un fenomeno di talentostraordinario. Ad perpetuam reimemoriam…per non dimenticare!
Stefania Bonifacio
Prospettive - 9 marzo 2014 3
Il futuro trae sostentamentodalle proprie origini
Indietro nel tempo intervistando Fernanda Basile
Quasi allo scadere del-l’anno centenario del-
la morte e del 170° anniversario del-la nascita, è bene ricordare un lette-rato siciliano che ha onorato lanostra terra e al quale Catania haintitolato una strada cittadina postatra le vie Caronda ed Imbriani. Sitratta di Giuseppe Aurelio Costanzonativo di Melilli, località dove tra-scorse la fanciullezza accanto allamadre Maria, analfabeta ma riccadella sapienza del mondo contadino.Sulla sua formazione influì molto unfecondo discepolato iniziato a Sira-cusa, all’età di appena 10 anni, pres-so il convitto del poeta EmanueleGiaracà, che gli trasmise un gustoclassico romantico di forte improntarisorgimentale. Nella città aretusea,già studente della Real Accademia,spinto da spirito patriottico in chiavepolitico-sociale, prese parte ai rivol-gimenti unitari del 1860 in seguitoallo sbarco dei Mille.Divenuto docente liceale di letterealla Scuola Normale Superiore diCosenza e di Napoli fu promossoper meriti letterari nel gravoso epesante incarico di direttore del RealIstituto Superiore di Magistero Fem-minile in Roma, fondato dal mini-stro Francesco De Sanctis, che avevaconosciuto da studente a Napoli nel-la celebre Università dove insegna-vano anche altri noti studiosi comeAugusto Vera, Silvio Spaventa, Lui-gi Settembrini; quest’ultimo avrebbescritto, nel 1869, una lunga prefazio-ne alla pubblicazione del libro di“Versi” di Costanzo che sei anni pri-ma aveva pubblicato la raccolta “Amia madre”, in cui si avvertono
modi aleardiani e pratiani. Frequen-tò pure illustri personalità del mondoletterario come Antonio Ranieri,
Francesco Dall’Ongaro, AlessandroDumas padre che lo aiutarono eco-nomicamente affidandogli recensio-ni letterarie giornalistiche con cuidimostrò una risoluta avversioneallo scientismo positivista a favoredel pensiero idealistico.Costanzo dovette interrompere perdiversi anni gli studi napoletani acausa della lunga leva militare intro-dotta dai governi savoiardi e della
caccia ai briganti calabresi, dureesperienze che avrebbero fatto sce-mare l’irruenza garibaldina ed affio-rare una profonda ed amara delusio-ne nei confronti del nuovo Stato uni-tario, fino a diventare polemico dis-senso verso il nuovo ordine politico,burocratico ed autoritario impostodai Piemontesi.In contatto con Alessandro Manzonie Ruggiero Bonghi, il poeta parteci-pò alla redazione del volume com-memorativo di Emile Zola e fusegretario particolare di due ministridella Pubblica Istruzione, i patriotiCesare Correnti di Milano e France-sco Paolo Perez di Palermo. Di luiBenedetto Croce nel volume “La let-teratura della Nuova Italia” alternògiudizi positivi ed anche severi chenon scalfirono la fama del poeta,autore de “Gli Eroi della Soffitta”,lirica sociale polemicamente impe-gnata, anticonformista e palpitantedi sdegnosa amarezza. Già cantoredi affetti gentili e teneri, Costanzodivenne il poeta ribelle delle vittimedell’ingiustizia, degli spostati, deirefrattari. La poesia “Baci” fu musi-cata dal compositore catanese Fran-cesco Paolo Frontini.Nel 1872 scrisse il poemetto liricoautobiografico “Un’anima”, in cuiiniziò a cantare con versi idilliaci esoavi gli eterni problemi della naturae dello spirito che si ritrovano, nel1875, anche nella commedia “I
ribelli” seguita dalla raccolta “Fune-ralia” con chiari echi carducciani.Sposatosi con donna Linda dei mar-chesi Beccaria, fu infaticabile nel-l’attività scolastica e letteraria conapprofondimenti di esegesi dantescacontraria alle arbitrarie interpreta-zioni neoghibelline e risorgimentalidella poetica dell’Alighieri. Costan-zo per un breve periodo fu direttoredella rivista “Fiammetta” alla qualefece collaborare Giovanni Verga eGiulio Salvadori. I versi della matu-rità, giudicati un po’ troppo benevol-mente dal critico e storico letterarioGiulio Natali (era anche suo generoperché aveva sposato la figlia Gian-nina ed avrebbe insegnato negli annidella II guerra mondiale letteraturaitaliana nell’università di Catania),sono lo specchio fedele della rag-giunta padronanza tecnico-formaledel poeta siciliano e dell’irriducibileavversione di impronta libertaria eliberale alla crescente massificazio-ne sociale, alla quale Costanzoavrebbe opposto la sua visione dipacifico riformismo interclassista.Gli apocalittici terremoti di Casa-micciola e Messina rinsaldarono inlui la convinzione dell’impotenzadella scienza e della necessità di affi-darsi metafisicamente alla Provvi-denza divina con meditazioni che sifondono col sentimento.
Memorex
IMPOTENZA DELLA SCIENZAdi fronte ai dinamismi naturali
Giuseppe Aurelio Costanzo, letterato siciliano che ha onorato la nostra terra
l’intervista
1905-1920: Sturzo pro-sindaco diCaltagirone su dispensa di Pio X.Altri tempi, altra politica, altragestione, altra amministrazione pub-blica.Che senso ha ripensare oggi alla vitacivile del primo cittadino di queglianni? Eppure, don Sturzo, basandosisull’esperienza vissuta in prima per-sona, intervenne sul potere ammini-strativo.Il suo intervento rigoroso e ostilecontro il “Comune” degli interessiprivati più forti, era sempre accom-pagnato dalla concretezza a circo-scrivere competenza ed esplicitacoerenza fino alle ultime vicendeche lo videro come uno dei rinnova-tori della vita politica italiana, dal1919 al 1924.Nel suo Municipio, sempre con losguardo rivolto al Vangelo, si sentìdi essere chiamato a rendere contodella buona amministrazione. E lìintuì che, per la migliore trasparen-za nella spesa pubblica, il focus èposto sul fatto di “agire” che “esse-re agiti”, il che significa che dove-
va agire e gestire le competenze inmodo significativo e responsabile.Inoltre, mentre si trovava ben collo-cato al centro della politica, preoc-cupato dalle rivendicazioni delleclassi più umili, dava vita al nuovomovimento politico (inverno 1919).Nella sostanza gestionale del suolavoro, egli “giocava” tutta la suaattività politica puntando sulla“scommessa” del bene comune.Ora, dicasi pure quanto si vuole. Lalezione del Sindaco Sturzo inMunicipio è agli antipodi dell’am-
ministratore infedele di cui parla ilVangelo di Luca.<<Gesù diceva ai discepoli: un
uomo ricco aveva un amministrato-
re, e questi fu accusato dinanzi a
lui di sperperare i suoi averi. Lo
chiamò e gli disse: Che cosa sento
dire di te? Rendi conto della tua
amministrazione, perché non potrai
più amministrare>> (Lc 16,1-2).
Ora una chiave di lettura: parafra-sando la parabola – potrei dire che– Gesù parla a chi amministra auto-nomamente, senza badare al bene
comune.<<Che è questo che
sento dire di te? Sei
stato accusato davan-
ti a me di sperperare i
miei averi>>.
Questo verbo cosìduro “sperperare, dis-perdere”, è lo stessousato da Luca pochiversetti prima, quan-do racconta del figliominore, fuggito lonta-no dal padre suo, cheaveva sperperato tuttii suoi beni vivendo da dissoluto (Lc15, 13). Chi è il duro amministratore dicui parla il Signore?Nella parabola di Luca torna per bensette volte il termine “amministra-
tore” o “amministrazione”, cheviene, così, a essere la parola chiave
del brano e del messaggio che ilSignore vuole lasciarci.Provo allora a cercare nella politicadel Sindaco Sturzo una traccia, o unaluce, che ci aiuti a capire meglio e averificare il potere amministrativoaffidato.In primis vorrei immaginare cheSturzo fu colpito dal fatto che si puòe si deve biasimare l’economo infe-dele che dovrà fare i conti con ilSignore. Se questo è vero, posso,dunque, guardare dentro e al di fuorie posso mettere a confronto questaparola con la vita politica di donSturzo, fino nei suoi punti più intimie nascosti, che sono solo i suoi. Perlui fu anche una scommessa con l’in-visibile per una buona amministra-zione.Ora per ipotesi di un’insolvenza, diun crack, di cattiva gestione non pre-
vista, da dove viene l’infelicità, l’in-soddisfazione e il vuoto, come sisarebbe sentito don Sturzo dentro alcuore, dentro all’anima?Questa l’ipotesi: <<dunque io sper-
pero, io disperdo i beni, i doni che il
Signore mi ha dato, queste infinite
ricchezze, che valgono più di ogni
altra cosa al mondo, io li sto sciu-
pando, li sto buttando via, come per-
le ai porci>>.
Attraverso lo strumento semplice diprimo cittadino, don Sturzo – lo pen-so hic et nunc-, si sentì chiamato aessere fedele e buono al fine di pren-dere coscienza del buon operato, perchi si assume il compito di guidare lacittadinanza.San Paolo dice: <<Ognuno si consi-deri come ministri di Cristo e ammi-
nistratori dei misteri di Dio>>.Ora, quanto si richiede negli ammi-nistratori è che ognuno risulti “fede-le” (1 Cor 4, 1s) e Pietro: <<Ciascu-no viva secondo la grazia ricevuta,mettendola a servizio degli altri,come buoni amministratori di una
multiforme grazia di Dio>> (1 Pt 4,10).
E la disonestà ? (Lc 16, 8-11).Un’altra parola ripetuta più volte è“disonesto”, “disonestà”; l’ammi-nistratore è detto disonesto e così la
ricchezza. La disonestà èuna caratteristica che puòintaccare l’essere, nellecose grandi, nel molto,ma anche in quelle mini-me, nel poco.In essa manca l’armonia,manca un centro che attiria sé ogni energia, ognicura e intento; crea frattu-re, ferite, dolori su dolori,accumuli da una parte emanchevolezze dall’altra.Don Sturzo venne a con-tatto, in qualche misura,con le realtà dell’ingiusti-zia, perché appartenevanoal presente. Ma rifiutò diessere trascinato da unaparte o da un’altra.Oggi contano le cifre, ma
c’è sempre qualcuno a cui dare lacolpa. C’è nella gestione pubblica unmovimento di persone ben visibile ela concentrazione del potere ammi-nistrativo è diventato oggi un obietti-vo dichiarato.È un’amministrazione tutta monda-na, legata agli averi, al denaro, allericchezze, al potere, quindi legata arealtà puramente materiali, comel’accumulo, lo spadroneggiare suglialtri.Per questo potere che forma il mer-cato del dominio di pochi (oligopo-lio), dev’essere pienamente rivaluta-to il metodo col quale ha fatto politi-ca don Sturzo, che non è sepolto inun passato irrecuperabile.Il Sindaco Sturzo, al Municipio,ebbe il merito di addentrarsi inuna dimensione diversa, da chiamministra in modo infedele, piùelevata, perché riguardante le cosedello spirito, dell’anima, quelleche non finiscono, che non muta-no col mutare dei tempi e dellepersone.
Angelo Consolo
Prospettive - 9 marzo 20144
PRIMOPIANO
Il dominio dello “spirito”dura per sempre
Il Sindaco Sturzo e l’amministratore infedele
Parrocchia S. Giuseppe in OgninaAnno 2014 - Festeggiamenti in onore di S. Giuseppe
Carissimi fedeli,
vi presento il programma della festa di S. Giuseppe.
Quest’anno abbiamo la gioia di accogliere la visita
del nostro Arcivescovo, che starà in mezzo a noi per
qualche giorno al fine di confermarci nella fede.
PROGRAMMA
Domenica 16 marzo
Apertura della Visita Pastorale.
Ore 17,30 Accoglienza di Sua. Ecc. Rev. ma.
Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo
Metropolita dell’Arcidiocesi di Cata-
nia.
Ore 18,00 Celebrazione Eucaristica di Apertura del-
la Visita pastorale presieduta dall’Arci-vescovo e animata dalla corale parroc-
chiale “Papa Wojtyla”
Ore 20.00 Concerto in onore di S. Giuseppe ese-guito dalla corale parrocchiale diretta daAlessandro Marletta.
Lunedì 17 marzo
Ore 17,30 Dialogo tra i bambini che si preparano aiSacramenti dell’iniziazione cristiana el’Arcivescovo.
Ore 18,00 Celebrazione Eucaristica presieduta daSua Ecc. Rev.ma Mons. Salvatore Gri-
stina e animata dalla corale parrocchiale.Offerta del giglio bianco e atto di affida-
mento dei fanciulli a S. Giuseppe (i gigli
sarà possibile ritirarli in chiesa).
Martedì 18 marzo
Ore 17,30 Recita del S. Rosario e preghiera al Santo.
Ore 18,00 Celebrazione Eucaristica presieduta dalnovello Sac. Raffaele Gulisano, Animatadalla corale parrocchiale. Subito dopo lacelebrazione benedizione della tradizio-
nale”tavolata di S. Giuseppe”.
Mercoledì 19 marzo
Solennità Liturgica di S. Giuseppe.
(In tutte le Messe sarà benedetto il pane, che si puòritirare in Chiesa).
Ore 09,30 Celebrazione Eucaristica presieduta dalSac. Salvatore Bucolo
Ore 10.30 Ingresso del corpo bandistico e giro per le
strade del quartiere.
Ore 12,00 Recita della Supplica al Santo. Benedizio-
ne del pane.
Ore 17,00 Ingresso del corpo bandistico.
Ore 18,00 Concelebrazione Eucaristica presiedutadal vicario foraneo Sac. Franco Longhi-
tano. Presenzieranno le autorità civili.Anima la corale parrocchiale.
Ore 19,00 Processione col venerato Simulacro di S.
Giuseppe per le seguenti vie: G. Finoc-chiaro, Re Martino, Galati, PrincipeNicola, G. Finocchiaro (sosta per la tradi-zionale “calata dell’Angelo”), Caduti delLavoro, Timoleone, Principe Nicola,Wrzì, Acitrezza, Regina Bianca, Re Marti-no, G. Finocchiaro e rientro in Chiesa.(Durante la processione saranno effettuatedelle soste per alcuni momenti di preghie-ra animati dai giovani).
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale
Il Parroco Sac. Domenico Rapisarda
Per sostenere il progetto umanitarioe di accoglienza ai migranti che sbar-cano presso il porto di Catania, intito-lato Maria Corrao, la cui organizza-zione e gestione sono non lucrative, diutilità sociale e umanitaria, si puòdonare tramite versamenti intestatia: “Arcidiocesi di Catania”. Con lacausale: “ Pro immigrati progettoMaria Corrao”.- Bollettino C.C.P. n. 11105954;- Bonifico conto corrente Banco
Posta Poste Italiane filiale Catania viaEtnea Cod. IBANIT95N0760116900000011105954,per versamenti dall’estero BIC:BPPIITRRXXX; - Con bonifico bancario UnicreditBanca s.p.a. filiale Catania DuomoCod. IBAN:IT05L0200816929000300318180,per versamenti dall’estero BIC:SWIFT: UNCRITM1H20
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Economato
Prospettive - 9 marzo 2014 5
Si è conclusa a fine feb-
braio, dopo un mese di
apertura, nei locali della Biblioteca
Zelantea di Acireale, l’importantis-
sima mostra dedicata a “L’Archivio
degli ingegneri Carmelo e Salvatore
Sciuto-Patti: documenti di architet-
tura 1850-1925”, promossa dall’Ac-
cademia degli Zelanti e Dafnici di
Acireale di concerto con la Soprin-
tendenza per i beni culturali e
ambientali di Catania e con la città
di Acireale.
Il presidente dell’Accademia, dott.
Giuseppe Contarino, nel presentare
la prima Mostra di documenti di
architettura, custoditi nella Bibliote-
ca Zelantea, di Carmelo e Salvatore
Sciuto-Patti, ingegneri catanesi
padre e figlio, precisa che non si è
trattato di una rassegna antologica
dal momento che il fondo compren-
de ben 1554 disegni. L’esposizione
ha riguardato “solo” un centinaio di
essi, sufficienti, tuttavia, per un
approccio consapevole all’attività
professionale dei due illustri profes-
sionisti, finalmente liberati dalla
lunga ed immeritata “prigionia del
silenzio”. La prestigiosa ed antica
Accademia acese ha voluto decisa-
mente la lodevole iniziativa della
Mostra per offrire l’opportunità di
una prima ricognizione delle opere
degli Sciuto-Patti e per adempiere a
un obbligo morale contratto undici
anni fa con Alba, Laura, Beatrice,
Michelangelo Vagliasindi, eredi dei
due ingegneri, che hanno affidato i
loro archivi di famiglia in comodato
d’uso all’Accademia.
Il soprintendente per i beni culturali
e ambientali, arch. Fulvia Caffo, da
parte sua puntualizza che l’ordina-
mento e lo studio dell’Archivio è
stato curato dalla Soprintendenza
durante le campagne di catalogazio-
ne (POR-SICILIA 2000-2006) negli
anni 2006-2009. L’inventario è stato
concluso nel dicembre 2010 con
l’ordinamento di 1554 disegni rag-
gruppati in 256 fascicoli. Inoltre
sono state prodotte 512 schede dei
disegni, dal 1850 al 1925, che, pur
non riguardando la totalità dei docu-
menti, costituiscono una parte signi-
ficativa del patrimonio progettuale
dei due professionisti. La Mostra ha
riguardato una selezione di 100 dise-
gni originali, molti dei quali firmati,
quasi tutti inediti, arricchiti da
numerose fotografie del periodo,
custodite nello stesso Archivio. La
rassegna ha messo in risalto la “pro-
fessionalità tecnica ed artistica del
prof. ing. Carmelo e del figlio Salva-
tore che seguendo gli insegnamenti
del padre riesce, nella sua pur breve
carriera, a divenire, come questi,
uno dei protagonisti dell’architettura
siciliana del primo Novecento”.
L’ideazione, la cura e il progetto
sono dell’arch. Caffo, alla quale
spetta anche il coordinamento scien-
tifico, dell’arch. Vittorio Percolla e
dell’ing. Aldo Scaccianoce, promo-
tore del comodato. Il progetto grafi-
co è dei dottori Vincenzo Busà e
Albarosa D’Arrigo, che sono stati
anche i catalogatori del fondo assie-
me ai colleghi Concetta Consoli,
Matteo Di Stefano, Vittorio Percolla.
Mentre auspichiamo che al più pre-
sto la Mostra possa essere esposta
anche a Catania, siamo lieti di riferi-
re qualche nota biografica dei due
illustri concitta-
dini.
Carmelo Sciuto-
Patti, architetto,
eclettico studioso
di storia patria,
dell’arte e di
archeologia, nac-
que a Catania nel
1829. Uomo mol-
to religioso,
devotissimo di
Sant’Agata e par-
ticolarmente vici-
no agli ambienti
ecclesiastici per
vocazione familiare, frequentò il
corso di laurea in Architettura civile
presso la nostra università dove si
laureò nel 1851. Da quel momento
iniziò per lui una brillante carriera e
divenne, nel 1860, professore di
Geologia e Mineralogia e nel 1887
ordinario di Disegno d’Ornato e
d’Architettura.
Divenne componente di prestigiose
Accademie ed autore di numerose
pubblicazioni. Ricoprì nel 1876 l’in-
carico di componente della Com-
missione conservatrice dei Monu-
menti e Oggetti d’Arte e Antichità e
nel 1880 di regio ispettore ai Monu-
menti e Scavi di Antichità e Belle
Arti della provincia di Catania.
Socio dell’Accademia Gioenia e
docente al regio istituto di agrono-
mia ed agrimensura di Catania,
scrisse opere di grande interesse sto-
rico-scientifico sull’ingrandimento
del Porto, sulla Fontana dell’Elefan-
te, sui monumenti di S. Agata esi-
stenti a Catania, ecc.. Fu uno dei
progettisti di un’importante opera
pubblica: l’ar-
ginazione del
Simeto. Amico
degli intellet-
tuali suoi con-
temporanei tra
cui Lorenzo
Maddem, Mar-
tino Speciale,
Gioacchino ed
Agatino Bisca-
ri, Giuseppe
Zurria, .Gaeta-
no De Gaetani,
ecc. Per incari-
co dell’arcive-
scovo Felice
Regano progettò
il nuovo campani-
le del Duomo, la
cui costruzione fu
completata nel
1869 sotto l’epi-
scopato del Beato
Dusmet. Costruì
la chiesa Santi
Angeli Custodi in
stile romano anti-
co cristiano e l’A-
silo S. Agata.
L’architetto morì
a Catania nel
1898. Il prof. ing.
Salvatore Bosca-
rino afferma che la
sua ottima preparazione professio-
nale la impegnò applicando gli stili
architettonici passati nella tradizio-
ne di eclettismo della provincia ita-
liana”.
Salvatore Sciuto-Patti, figlio di
Carmelo e di Maddalena Auteri Ber-
retta, nacque a Catania nel 1877.
Anch’egli molto religioso e devotis-
simo di Sant’Agata, venne educato
nell’ambiente cattolico aristocratico
cittadino dell’Oratorio salesiano San
Filippo Neri. A vent’anni iniziò a
frequentare a Roma la Regia Scuola
d’Applicazione per gli ingegneri.
Allievo di Enrico Gui e Guglielmo
Calderini si laureò nel 1901. A Cata-
nia eseguì diverse opere per i Sale-
siani di Don Bosco in Sicilia e nel
1907 partecipò alla famosa Esposi-
zione Agricola Siciliana. Nel 1911
fu nominato regio ispettore onorario
dei Monumenti e Scavi di Catania
avviando un’intensa attività per libe-
rare le strutture romane del Teatro e
dell’Odeon. Partecipò alla fondazio-
ne del Museo
Civico al
Castello Ursi-
no e all’acqui-
sizione della
c o l l e z i o n e
Biscari. Fu
n o m i n a t o
architetto del-
la Fabbriceria
del Duomo dal
cardinale Giu-
seppe Franci-
ca Nava che
gli affidò il
riordino e l’in-
ventario del
tesoro di S.
Agata e la pro-
g e t t a z i o n e
della teca-
reliquiario del
Velo della Patrona. Collaborò con
Paolo Orsi ed Enrico Mauceri per la
tutela dei monumenti e delle opere
d’arte di Catania e alla redazione
degli elenchi degli edifici monumen-
tali della Sicilia Orientale. Morì a
Bologna nel 1926, all’età di 49 anni.
Antonino Blandini
5
Spirito d’illuminata investigazione
5
L’affollato auditorium
del Collegio scolasti-
co delle suore domenicane del
Sacro Cuore di Gesù, di via Mila-
no ha ospitato una simpatica e pia-
cevole conferenza sulla Catania tra
Ottocento e Novecento, una città
dinamica, vivace, commerciale ed
industriale, nello stesso tempo di
ricco spessore intellettuale e cultu-
rale a tal punto da essere stata
opportunamente chiamata la
“Milano del Sud d’Italia”.
Un interessante e fitto tour virtua-
le e fotografico ha entusiasmato il
pubblico che gremiva il salone del-
le conferenze dove la benemerita
Associazione delle Ex Allieve del-
le scuole curate dalle religiose del-
la Famiglia Domenicana di Cata-
nia ha organizzato un incontro dal
fascinoso e nostalgico tema “Una
passeggiata nella Catania di fine
Ottocento”, affidato al dotto com-
mento storico-cronachistico del-
l’ing. Giambattista Condorelli,
attuale presidente di SiciliAntica,
delegato del F.A.I. e già presidente
del Club Alpino Italiano per Cata-
nia.
Dopo l’introduzione della presi-
dente delle ex allieve domenicane,
prof. Santuzza Quattrocchi Paradi-
so, che ha sottolineato la variegata
gamma di interessi del relatore,
noto tutor della protezione del
patrimonio archeologico, architet-
tonico, artistico, ambientale e
naturalistico della Sicilia e in par-
ticolare del comprensorio etneo,
Condorelli ha mostrato e commen-
tato, con dovizia di specifici e
significativi particolari, una serie
di celebri cartoline illustrate cata-
nesi di certa datazione ed ambien-
tazione urbana che riproducono
squarci di luoghi molto significati-
vi del capoluogo etneo, in parte
spariti o profondamente trasforma-
ti dalle ferite del tempo e dalla tra-
scuratezza dei concittadini.
Immagini tanto care alla memoria
collettiva del popolo catanese e
rese celebri e familiari dalle
memorabili pagine dei nostri gran-
di letterati e giornalisti che fioriro-
no in quell’epoca irripetibile e
straordinaria per la città di Agata,
di Bellini e dell’Etna, commentan-
done l’origine, l’ambientazione e
le vicende cronologiche e civiche,
non poche avvolte nella leggenda
aurea metropolitana per tante stra-
nezze e bizzarrie a loro legate.
Momenti particolarmente esaltanti
sono stati quelli in cui il conferen-
ziere ha proiettato sullo schermo e
mostrato diverse foto panoramiche
di piazza Stesicoro, la popolare e
antica Porta di Aci, senza che
ancora fossero stati scoperti gli
scavi archeologici romani dell’An-
fiteatrum Insigne e l’imponente
monumento a Vincenzo Bellini,
degli archi della Marina sostenenti
il lungo viadotto ferroviario di via
Beato Dusmet lambiti dalla laguna
marina delle acque del Porto e del-
l’Amenano, della Stazione centra-
le ferroviaria statale dell’Armisi e
del Gaito, della signorile e snella
via Stesicoro-Etnea, la strada mae-
stra della città risorta dal terremo-
to del 1693, al bivio del Rinazzo-
Santa Caterina all’ingresso centra-
le del Giardino Bellini al “Labe-
rinto biscariano” e priva del palaz-
zo della Posta Centrale, le lunghe
arterie urbane reintitolate a Gari-
baldi e a Vittorio Emanuele, piazza
Cavour al Borgo Nuovo Sant’Aga-
ta percorse dai tram per il Fortino
e il Tondo Gioeni, la storica cir-
convallazione agatina del Plebisci-
to di annessione al Regno d’Italia
nel 1860, il luminoso golfo di
Ognina e piazza Mancini Battaglia
con le reti da pesca asciugate al
sole, ecc..
Una documentazione fotografica
di sicuro interesse di storia patria
che affida visivamente alle nuove
generazioni il persuasivo messag-
gio di salvare e valorizzare, per la
pubblica e gratuita fruizione, i
resti del notevole e pregevole
patrimonio ambientale-urbanistico
che ha reso la nostra città una del-
le capitali della cultura italiana
come intelligentemente, nel 1780,
avrebbe indicato il grande vescovo
“illuminista” mons. Salvatore Ven-
timiglia sullo scenografico fastigio
di Porta Uzeda, l’antica Porta
Marina o del Leone, con il tradi-
zionale busto marmoreo di Sant’A-
gata che protegge la città del suo
martirio ai piedi della Montagna,
con la scritta augurale “Deo Opti-
mo Maximo, Sapientiae ed Bonis
Artibus”, a Dio Ottimo Massimo,
alla Sapienza e alle Belle Arti.
Blanc
La Milano del Sud d’Italia
Una passeggiata nella Catania di fine ’800
5
Archivio degli Ingegneri catanesi Carmelo e Salvatore Sciuto-Patti
PRIMOPIANO
nell’archeologia
Salvatore Sciuto-Patti
Carmelo Sciuto-Patti
Vista la novità di questo evento, mi premeva specificare alcunequestioni pratiche: DATE E LUOGHI:giovedì 13 marzo alle ore 19.30 presso la Parrocchia
S.Luigi Gonzaga di Catania (V.le M.Rapisardi 230) con-fluiranno i gruppi giovanili della città (in termini di vic-ariati, dal I al VII);giovedì 20 marzo alle ore 19.30 presso il Santuario della
Consolazione di Paternò affluiranno i gruppi giovanili dellazona Circum (in termini di vicariati: VIII vicariato: Mister-bianco/Motta/Piano Tavola; XII vicariato: Paternò / Ragal-na; XIII vicariato: Biancavilla/S.M. di Licodia; XIV vicari-
ato: Adrano; XV vicariato: Bronte/Maletto/Maniace); giovedì 27 marzo alle ore 19.30 presso il Santuario di
S.Alfio, Filadelfo, Cirino di Trecastagni affluiranno igruppi giovanili della zona Bosco (in termini di vicariato:IX vicariato: S.Giovanni La Punta/Gravina/S.Agata Li Bat-tiati / S.Gregorio / Tremestieri Etneo; X vicariato: Belpas-so/Camporotondo/Mascalucia/S.Pietro Clarenza; XI vic-
ariato: Nicolosi/Pedara/Trecastagni/Viagrande/Zaffer-ana/Bongiardo). FINALITÀ:Incontrare l’Arcivescovo in un momento penitenziale propostodalla diocesi - iniziare a lavorare insieme dentro e fuori i vicariatidi appartenenza – prepararsi alle confessioni con Giovani e Ric-
onciliazione – confessarsi – fare festa dopo la riconciliazione.Per coloro che ancora non avessero collaborato allapreparazione zonale di questo evento, chiedo di mettersi in con-tatto con me tramite cellulare (3498311049) o Facebook (diret-tore UPG Catania). .GRAZIE PER L’ATTENZIONE, VI ASPETTO TUTTI.
P.Salvo Gulisano
Direttore UPG
Prospettive - 9 marzo 2014666
Lunedì 10
•• Lavoro interno per la Visita pastorale.
Martedì 11
•• Ore 9.30 Catania, Seminario: prende parte al ritiro diQuaresima del clero predicato da P. Giuseppe Buono.
Mercoledì 12
•• Ore 10.00 Catania, Istituto Città dei Ragazzi: incontra leconsacrate dell’ICAM.
Giovedì 13
•• Ore 10.00 Catania, parrocchia Maris Stella: Visita pasto-
rale.
•• Ore 19.30 Catania, parrocchia S. Luigi: presiede l’in-contro “Festa del Perdono” organizzato dall’Ufficio dio-cesano di Pastorale Giovanile.
Venerdì 14
•• Ore 10.00 Curia, Salone dell’Economato: incontra iVicari foranei.
•• Ore 18.30 Catania, parrocchia Maris Stella: Visita pasto-
rale.
Sabato 15
•• Ore 18.30 Catania, parrocchia Maris Stella: Visita pasto-
rale.
Domenica 16
•• Ore 12.00 Catania, Seminario: celebra la S. Messa inoccasione del ritiro degli insegnanti di religione.
•• Ore 18.00 Catania, parrocchia S. Giuseppe in Ognina:celebra la S. Messa per l’apertura della Visita pastorale.
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Dall’Agenda dell’Arcivescovo
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FESTA DEL PERDONO - QUARESIMA 2014
Ufficio diocesano Pastorale dei giovani
Carissimi fratelli e sorelle,ringrazio innanzitutto il Signore e ilnostro Arcivescovo Mons. SalvatoreGristina, per il ministero che mi èstato affidato: essere “sacramento”dell’amore di Dio, per mezzo dellaCaritas Diocesana, nella nostra Dio-cesi e laddove ci fosse bisogno. È unservizio che richiede molta fede pervedere nel volto di ogni persona ilvolto di Gesù: più siamo in comunio-ne con Lui, come i tralci e la vite, piùfaremo comunione tra di noi, aman-doci e trattandoci come fratelli esorelle, figli dello stesso Padre.Ho accettato questo incarico con spi-rito di obbedienza e di umiltà, bensapendo di potere offrire al Signore imiei “cinque pani e due pesci”, (Mc6,38), quello che sono e le mie pos-sibilità: sarà sempre Lui a fare“miracoli”, a risolvere i moltepliciproblemi della nostra società civile ereligiosa.I dati delle diverse indagini che ven-gono diffusi sulla condizione socialedel nostro Paese, ci aiutano a capirela gravità della situazione. È vero edè innegabile: la crisi economica esi-ste e i numeri parlano chiaro. Sonoconvinto però che essa è la conse-guenza della crisi di valori umani ecristiani della nostra società. Dob-biamo convertirci a Dio che è Amo-re, Padre di tutti noi suoi figli. Lapovertà spirituale, vivere mettendoda parte Dio e i suoi comandamenti,è la causa prioritaria della povertàmateriale del mondo intero. Baste-rebbe, ad esempio, eliminare la spe-sa più ingente di ogni nazione, che èquella delle armi, per risolvere tutti iproblemi economici dei popoli: lavo-ro, fame, sete ecc… Ma coloro che cigovernano, e anche noi, facciamoscelte contrarie al Vangelo del Signo-re Gesù.“La moltitudine di coloro che erano
venuti alla fede aveva un cuore solo
e un’anima sola e nessuno diceva
sua proprietà quello che gli apparte-
neva, ma ogni cosa era fra loro
comune. Con grande forza gli apo-
stoli rendevano testimonianza della
risurrezione del Signore Gesù e tutti
essi godevano di grande simpatia.
Nessuno infatti tra loro era bisogno-
so, perché quanti possedevano cam-
pi o case li vendevano, portavano
l’importo di ciò che era stato vendu-
to e lo deponevano ai piedi degli
apostoli; e poi veniva distribuito a
ciascuno secondo il bisogno”. (At4,32.34-35)La “condivisione” è stata per laChiesa primitiva, descritta negli Attidegli Apostoli, il segno visibile dellacomunione nella fede dei credenti inCristo Gesù. Per noi oggi devediventare sia un modello profetico acui ispirarci, sia un esempio concre-to per dare una risposta ai bisognidella nostra società civile e religiosa.La Chiesa, Popolo di Dio, non èChiesa senza il servizio della carità:questa fa parte della sua naturaintrinseca. Essere Chiesa significafare “comunione” tra di noi.La lettera apostolica in forma diMotu Proprio di Benedetto XVI sulservizio della carità “Intima Eccle-siae natura”, dell’11 novembre 2012,afferma nel Proemio:“L’intima natura della Chiesa si
esprime in un triplice compito:
annuncio della Parola di Dio, cele-
brazione dei Sacramenti, servizio
della carità. Sono compiti che si pre-
suppongono a vicenda e non posso-
no essere separati l’uno dall’altro”.Deve essere la Comunità ecclesiale,in tutte le sue forme espressive, avenire incontro ai bisogni dei piùpoveri e dei sofferenti, a farsi “Sama-ritano”, sostenendo i progetti mirati,che la Caritas Diocesana propone.In modo particolare, avranno un’at-tenzione e una corsia preferenziale eprioritaria, nella programmazionedella Caritas diocesana, i progetti diformazione volti alla promozioneumana e ad una maggiore qualifica-zione del volontariato, nella misurain cui possono contribuire realmente,in modo concreto ed efficace, a sol-levare i più bisognosi dai problemiquotidiani e dai disagi esistenziali,restituendo loro fiducia e speranza.
Tutti siamo Chiesa, nessuno escluso,e tutti, ognuno secondo le propriepossibilità, dobbiamo “farci prossi-mo” dei bisognosi. La Comunitàecclesiale, dinanzi alle molteplicipovertà esistenziali, non può restareindifferente, ma si deve innanzituttointerrogare su cosa è possibile fare e,con l’aiuto della preghiera,deve impegnarsi a trovarerisposte adeguate ai proble-mi del nostro tempo. Quan-do la Chiesa s’interroga echiede al suo Signore l’aiu-to del discernimento perfare la Sua volontà, lo Spi-rito del Signore soccorresempre, illumina semprecoloro che si affidano aLui. Luce per i nostri passiè la Parola di Dio, maanche i documenti delMagistero della Chiesa sultema della Carità, di cui ènecessario sostanziare la nostra for-mazione umana e cristiana.L’esempio della condivisione spettaprioritariamente al Vescovo e al suoClero: è indispensabile che noi, perprimi, sosteniamo un’opera caritati-va a favore dei più poveri dellanostra Diocesi e della nostra Città, apartire dalle periferie, laddove la sof-ferenza materiale e spirituale è piùavvertita. Solo allora possiamo coin-volgere altri organismi ecclesiali ecivili, compre-si i nostri fede-li, affidandoloro, in colla-borazione conla Caritas Dio-cesana, ilsostegno diprogetti carita-tivi specifici afavore deibisognosi.È indispensa-bile, per espri-mere l’unitàdella caritànella Chiesa,la collabora-
zione sinergica con gli Uffici dellaCuria che hanno finalità specificata-mente caritative, come l’Ufficio perla Pastorale della salute, l’Ufficio perla Pastorale Carceraria, l’Ufficio perla Pastorale delle migrazioni, l’Uffi-cio per la Pastorale sociale e dellavoro, la stessa O.D.A..
Anche con tanti altri organismi asostegno e promozione della personabisogna cooperare, siano essi espres-sione della comunità religiosa o del-la società civile, al fine di rendere piùefficaci le iniziative di servizio dellacarità, poiché la solidarietà è fonda-mento di ogni relazione autentica-mente umana.Con le Caritas parrocchiali, in parti-colare, è necessario avviare e instau-rare una più proficua e stretta colla-
borazione. In quelle parrocchie incui, per svariati motivi, non è statopossibile erigere una forma di strut-tura caritativa, vedremo, insieme,come realizzarla, con un po’ di buo-na volontà da parte di tutti. È, infatti,inconcepibile che una Comunità cri-stiana non si preoccupi, a seconda
delle proprie possibilità, ancheminime, dei più poveri, dei piùbisognosi.Sogno una Chiesa formata datante “Chiese Domestiche”, incui ogni battezzato e ogni fami-glia che vi prende parte, mettatutto in comune, sull’esempiodelle prime Comunità cristiane.Poveri e ricchi insieme, unitidalla stessa fede in Cristo Gesù:chi ha di più metta in comunecon chi ha di meno; chi non haniente, venga aiutato da chi hamolto, in ogni ambito. La “stra-da” della condivisione dei beni
non è impossibile: a Dio e con Dio,tutto è possibile.Coraggio! Con il Signore siamosempre in buone mani. Facciamolosalire sulla nostra “barca” e il “ven-to” cesserà. (Mc 6,51)Maria, Madre della Chiesa, aiuti eguidi il nostro cammino.In Cristo Gesù
Don Piero Galvano
Direttore Caritas Diocesana
Prospettive - 9 marzo 2014 7
In abile sin-tonia con
uno strumento Storionidel 1780, la brillantevioloncellista tedescaUlrike Hofmann, com-ponente dell’OrchestraSinfonica della Radiodi Stoccarda, natìa del-la Baviera e residente aBerlino, ha tenuto unaperformance di granlunga apprezzata,insieme al validissimoallievo Paolo Pellegri-no, nell’avvolgentecornice della chiesa diS. Biagio, guidata da
mons. Leone Calam-brogio. L’evento, pro-mosso dall’ISA(International Socie-tas Artis), sotto la pre-sidenza di CynthiaTorrisi e la consulen-za artistica del prof.Francesco Di Mauro,si inserisce fra gliappuntamenti dell’as-sociazione S. AgataLa Fornace, fondatadalla comunità di S.Biagio e presiedutada Rosaria Milone.Un uditorio attento haseguito la manifesta-
zione, introdotta dalla tesoriera Giu-si Bonasera, mentre i curricula degliartisti sono stati presentati rispettiva-mente dalla prof.ssa Anna MariaAgosta e dalla segretaria dell’ISA,Anna Grasso. Presenti, tra il pubbli-co, alcuni componenti del RotaryClub Catania Duomo 150, tra i qualiil dott. Salvatore Sarpietro e il dott.Sebastiano Vacante. A nutrire paginedi rilievo come la Suite per violon-
cello n. 3 di Johann Sebastian Bach,il corposo tecnicismo effuso da Ulri-ke sul pregiato esemplare cremone-se, sciorinando una cavata pastosa,che dalla tersa polifonia del maestrodi Eisenach nei rilievi tematici, (del-le cui Suite registrerà un CD in
autunno), si muoveva poi sul duetta-re avvincente del francese Jean Bar-rière, nella Sonata per due violoncel-
li: ben giostrata quest’ultima ancheda un disinvolto Pellegrino, anch’e-gli dotato di bella sensibilità musica-le, già primo violoncello alla Sinfo-nica di Palermo, formatosi con imaestri Carmelo Nicotra e VadimPavlov, nonché selezionato dallastessa Ulrike per il corso di perfezio-namento e per esibizioni in teatri diprestigio. I due musicisti interloqui-vano con nettezza di fraseggio e curedinamiche, bissando poi il terzo tem-po di Barrière a fine serata. Sul ver-sante spagnolo, le intemperanze diGaspar Cassadò nei brani Intermezzo
e Danza finale, dalla Suite per vio-loncello solo, modellavano l’arcataturbinosa o aforistica di Pellegrinosu uno strumento più disinibito, cheben si calava in un clima di avan-guardia novecentesca. Calorosissimala risposta della platea, che ha tribu-tato agli artisti prolungati applausi.
Anna Rita Fontana
Sensibilità musicalee nettezza di fraseggio
Eccellente performance della violoncellista tedesca Ulrike Hofmann nella chiesa di S. Biagio
7
Linee programmatiche della CARITAS Diocesana di Catania
La relazione medico-
paziente si presta spes-
so a considerazioni di carattere bioe-
tico, non solo a causa delle sconfor-
tanti esperienze che spesso si realiz-
zano in ambito sanitario ma per la
natura stessa di tale relazione. Si
tratta di un rapporto asimmetrico, il
medico ha nelle sue mani la vita del-
la persona bisognosa di cure: ogni
sua decisione inevitabilmente incide
sulla sua persona non solo nei termi-
ni biologici, e specificamente medi-
ci, ma anche in quelli psicologici e
spirituali.
Ne evidenziamo alcuni aspetti che
non vogliono avere la pretesa di una
trattazione esaustiva ma solo l’inten-
zione di creare un dibattito costrutti-
vo.
Intanto, l’obbligo da parte del medi-
co di dover acquisire il consenso
libero e informato dal paziente ha
aperto un vasto dibattito etico. Si
discute su quale debba essere la
competenza che il paziente deve ave-
re per poter dare tale consenso e per
poter comprendere le informazioni
che gli vengono fornite. Senza trala-
sciare alcuna indicazione, anche la
più scontata, perché il consenso si
possa realmente considerare infor-
mato.
Si è sollevato, inoltre, il problema
della inapplicabilità di tale pratica
quando ci si trova dinanzi a pazienti
che non sono autonomi ed in grado
di decidere (persone affette da
malattie mentali o in stato vegetativo
permanente) ed in generale ci si
interroga sulla possibilità di poter
stabilire una linea di demarcazione
netta tra individui autonomi e non
autonomi.
Tutti questi problemi ruotano attorno
alla difficoltà concettuale di offrire
una definizione di autonomia che
possa essere soddisfacente sia a
livello teorico che a livello pratico,
ed in particolare quando essa viene
declinata sul terreno della medicina.
Un’altra questione fondamentale è la
posizione che viene riconosciuta al
principio di autonomia rispetto ad
altri principi rilevanti come quello di
beneficenza, fare sempre del bene al
paziente.
Il rispetto delle scelte autonome del
paziente sembra avere un qualche
ruolo centrale e prioritario se si assu-
me che la medicina è una pratica
valutativa, vale a dire una pratica in
cui le decisioni non si basano solo su
aspetti scientifici ma anche su que-
stioni di valore. Si pensi alla decisio-
ne di sottoporre un paziente ad una
terapia salva vita ma invalidante.
Può accadere anche che l’autonomia
del paziente entri in conflitto con
l’autonomia del medi-
co. Si può avere,
infatti, che il sanitario
non condivida le pro-
spettive del paziente
sia in base a ragioni di
scienza sia in base a
personali ragioni eti-
che.
In questi casi, il sani-
tario può appellarsi al
generale rifiuto di
prestare l’opera pro-
fessionale che è previ-
sto dalla deontologia
medica al fine di tute-
lare l’autonomia e la
responsabilità diagno-
stico-terapeutica del medico; oppure
può appellarsi al diritto all’obiezione
di coscienza riconosciuto come un
diritto dalla legge in alcune partico-
lari situazioni.
Attualmente in Italia le situazioni
dell’ambito sanitario in cui tale dirit-
to è previsto per legge sono l’interru-
zione volontaria di gravidanza
(IVG), l’applicazione delle tecniche
di procreazione medicalmente assi-
stita e la somministrazione della
cosiddetta pillola del giorno dopo
(Norlevo - levonorgestrel).
Il riconoscimento legale dell’obie-
zione di coscienza si presenta come
una procedura che cerca di affronta-
re il conflitto tra le esigenze della
coscienza individuale e la necessità
di regolamentare per legge pratiche
su cui esiste una pluralità di visioni
morali fra i cittadini. Un conflitto,
tuttavia, che sarà sempre più presen-
te in futuro, considerato l’aumento
degli ambiti in cui i
sanitari stanno comin-
ciando a rivendicare la
possibilità di appellarsi
al diritto all’obiezione
di coscienza, quali ad
esempio le richieste di
aiuto a morire o di con-
tinuare a trattare i
cosiddetti grandi pre-
maturi.
Per cui, è bene ripro-
porre la differenza tra i
diritti del paziente e il
suo bene affinché si
superino le semplifica-
zioni che da un lato
portano al paternalismo
medico, di ippocratica memoria, e
dall’altro al rispetto dell’autodeter-
minismo, inteso come pura adesione
alle scelte del paziente.
Possiamo concludere che la compo-
sita relazione tra medico e paziente
potrebbe essere intesa come rappor-
to di beneficenza nella fiducia. Il
bene che è il fine primario della cura,
così come la salute del paziente nel
suo senso più ampio, è un bene rela-
zionale perché è ottenibile e si rea-
lizza solo attraverso un rapporto
umano.
La relazione medico-paziente, nono-
stante una oggettiva diversità di ruo-
li e competenze, anche se pure un
medico può ammalarsi, deve essere
sempre una relazione che integri
funzione squisitamente medica con
la dimensione valoriale del bene
stesso. Tutto ciò impone una recipro-
cità delle valutazioni e degli obietti-
vi del medico e dell’infermo, consa-
pevoli che la tutela della salute e del-
la vita del paziente è un fine intrinse-
co della medicina che non può esse-
re violato.
Antonino Sapuppo
Servizio di Bioetica,
Studio Teologico S. Paolo
Se desiderate avere chiarimenti su
questioni di bioetica, potete contat-
tarci inviando una vostra richiesta al
seguente indirizzo di posta elettroni-
ca: antoninosapuppo@tiscali.it
L’Oratorio di Barriera
sottolinea nel <progetto
di vita oratoriana> l’importanza del-
l’allegria e della gioia di vivere, sul-
l’esempio di Domenico Savio e dei
primi ragazzi dell’Oratorio di Val-
docco, che facevano consistere la
santità nello stare sempre molto alle-
gri: tale espressione riassume il cli-
ma oratoriano, in cui si esprime con-
cretamente la spiritualità della gioia
e dell’ottimismo, fedeli a don Bosco,
che ha insegnato ai suoi educatori ad
<amare ciò che amano i giovani>
(musica, teatro, gite, sport, arte…).
In questi anni è cresciuta la voglia di
festa: oltre alle tante ricorrenze e
celebrazioni liturgiche, regolarmente
valorizzate e partecipate, gli Anima-
tori dell’ Oratorio hanno dato vita
ad un evento settimanale, il <Sabato
in festa>, che raccoglie tantissimi
fanciulli della catechesi e degli altri
gruppi in un momento corale di gioia
e di festa, con giochi e canti, sino al
momento delle <preghiere> e della
<buona sera> con tutti gli oratoria-
ni e familiari, in cortile.
Periodicamente le Feste stagionali
prendono il sopravvento sull’ordina-
rio “sabato in festa” e diventano
<Festa di autunno>, a metà novem-
bre, con l’ormai mitica <Castagna-
ta> con castagne arro-
stite e salsicciata
(arrusti e mangia!), o
<Festa d’inverno>, il
sabato che precede la
Festa di don Bosco, o
<Festa di primavera>,
in occasione della
ricorrenza di S.Dome-
nico Savio; e, poi, per
un intero mese e passa, l’Oratorio
riassume tutte le feste con giochi,
balli, bans, gite, arte, sport, spettaco-
li…, in un <evento magico>, il <
Grest> o Gruppo estivo, che fa vive-
re, per un mese intero, un clima di
festa e allegria, contagiando le centi-
naia di ragazzi che lo frequentano e
le loro famiglie.
Naturalmente vengono valorizzate le
feste liturgiche (soprattutto l’Imma-
colata con la tradizionale <accade-
mia>, il S. Natale (con la Nuvena di
Natali e la visita ad un presepe
vivente col TGS e il Concorso dei
presepi nella famiglie e nelle scuole
col CGS), la Quaresima e la Pasqua
(con Via crucis tutti i venerdì, una
Via crucis o Via lucis in cortile con
il laboratorio teatrale dei ragazzi col
CGS) e le feste salesiane (Festa di
don Bosco, Domenico savio e Maria
Ausiliatrice…) con relative recite e
spazi di animazione.
E tanti altri eventi-festa come la
Festa delle Mascherine a Carnevale,
con balli in maschera e tanta allegria
curata dagli animatori e dal CGS, le
Giornate-festa dei ragazzi e della
famiglia che raccolgono tanti ragaz-
zi e genitori per una giornata di festa,
la recita di fine anno catechistico e
oratoriano … e poi i ritiri spirituali
(un misto tra spiritualità, fraternità e
allegria salesiana), e le visite alle
Case-Famiglia, che se da una parte
sono espressione di volontariato,
dall’altra diventano una occasione di
festa e di condivisione con ragazzi e
ragazze, meno fortunati, con lo stile
educativo e pastorale di don Bosco.
Segreto di tutto è la scelta dei gruppi
e delle associazioni, che hanno alla
base la formazione degli Animatori,
attraverso un vero LabOratorio di
formazione all’animazione, con
incontri teorici e veri laboratori di
animazione.
d. Gaetano Urso
Sempre … aria di festaAttività dell’Oratorio S. Cuore di Barriera
Prospettive - 9 marzo 2014 9
DIOCESI
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Principali problemi bioeticisulla relazione medico-paziente
Servizio di bioetica “Dott. Angelo Cafaro”
Si sono svolti nel pomeriggio di gio-
vedi 20 febbraio nella chiesa Madre
“Santa Maria dell’Elemosina” i funerali dell’or-
solina Anna Reitano. La Figlia di Sant’Angela
Merici avrebbe compiuto, il prossimo 14 agosto
i 60 anni di consacrazione alla Compagnia di
Sant’Orsola, era il 1954 a San Giovanni La Pun-
ta. Anna Reitano, 87enne, fu responsabile locale
dal 2001 al 2007. Negli anni ’50 svolse la sua
attività di insegnante ed educatrice nei locali
della “Casa del Fanciullo” per ben 18 anni,
facendo doposcuola ai ragazzi e ragazze di “stra-
da”, in un periodo post-bellico del secondo con-
flitto mondiale. Inoltre svolse diverse manzioni
nel laboratorio di taglio, cucito e di maglieria, e
fu punto di riferimento per le nuove generazioni
grazie all’educazione domestica che sapeva dare
alle giovani. Innamorata di Gesù e di Maria,
negli anni diede un notevole apporto alla nascita
d e l l ’ o p e r a
Cenacolo Cri-
sto Re d’ausi-
lio anche al
Prevosto della
Collegiata, don
Giosuè Cala-
ciura, oltre al
suo apporto alla Caritas parrocchiale della
Matrice e al decoro della chiesa. La celebrazio-
ne Eucaristica è stata presieduta dal vicario fora-
neo, don Giovambattista Zappalà, per ben 12
anni già Assistente diocesano della Compagnia
di Sant’Orsola, che ha sottolineato nella sua
omelia l’esempio di vita della signorina Reitano
paragonandola ad une vergine saggia del Vange-
lo proclamato. Il rito delle esequie, inoltre, è sta-
to celebrato da don Alessandro Ronsisvalle,
attuale assistente diocesano delle orsoline. Stret-
te al dolore dei familiari, la comunità parroc-
chiale e le Figlie di Sant’Angela Merici presen-
ti che hanno conosciuto la Reitano in questi
anni.
Da sottolineare che l’orsolina aveva conosciuto
negli anni ’70 il Beato Gabriele Maria Allegra
ofm nel corso di un incontro tenutosi nella chie-
sa del monastero Santa Chiara di Biancavilla e
che fu presente nel giorno della ricognizione
della salma della Venerabile Serva di Dio Lucia
Mangano orsolina di San Giovanni La Punta.
Antonio Alessandro Marino Zappalà
Vergine saggiaIn ricordo dell’orsolina Anna Reitano
Studio Teologico S. Paolo
Prospettive - 9 marzo 201410
Riflessioni sul Vangelo
Paolo esorta i Colossesi a comportarsi inmaniera degna del Signore per piacergli in tut-to portando frutto di ogni opera buona e cre-scendo nella conoscenza di Dio. Resi forti inogni fortezza secondo la potenza della sua glo-ria per essere perseveranti e magnanimi in tut-to. Scaturisce da qui il ringraziamento congioia al Padre che ci ha resi capaci di parteci-
pare alla sorte dei santi nella luce. Segue unadossologia che sintetizza la storia della salvez-za: Lui, il padre, ci ha liberati dal potere delletenebre trasferendoci nel regno del Figlio delsuo amore, per mezzo del quale abbiamo laredenzione, il perdono dei peccati.
L.C.
San Paolo in briciole
LA TENTAZIONE O L’INGANNO
Capaci di partecipare alla sorte dei santi Col 1,11-14
Le tentazioni
Le tentazioni di Gesù sono anchequelle nostre. Il loro racconto cichiama al lavoro mai finito di mette-re ordine nelle nostre scelte e a sce-gliere come viverle con speranza.Ci devono accompagnare sempre gliatteggiamenti di lode semplice e sin-cera al Signore che ci ama. Temiamoche, con la scusa di uno sguardo dis-incantato, critico e oggettivo sulnostro cammino, possiamo meritarcianche noi il rimprovero accorato diGesù: “Non sono stati guariti tutti edieci? E gli altri nove dove sono?” . Abbiamo bisogno di crescere nellospirito eucaristico, cioè nell’attitudi-ne di sapere, prima di ogni altra cosa,ringraziare e lodare per i doni rice-vuti. Troppo spesso è solo una partesu dieci del nostro cuore che ringra-zia davvero, mentre può prevalere innoi il gusto della lamentazione suquello della riconoscenza. Conside-riamo compito importante quello dicoltivare ciò che viene chiamato“pensiero positivo”, ossia il saperevedere anzitutto il bene attorno a noie accoglierlo con animo grato.
Ringraziamento
San Paolo inizia tutte le sue lettere (aeccezione di quella ai Galati) con unringraziamento a Dio : “Ringraziocontinuamente il mio Dio per voi, amotivo della grazia di Dio che vi èstata data in Cristo Gesù”, “Ringra-zio il mio Dio ogni volta che io miricordo di voi” . Non ci sfugge la fatica della notte eil peso del peccato. La nostra pre-ghiera di lode si unisce alla constata-
zione dei nostri limiti, dei peccati edelle molteplici inadempienze. Cimettiamo sotto lo sguardo di Coluiche ci scruta e ci conosce e, propriogiudicandoci, ci libera e ci salva. Etuttavia vi sono momenti nei qualinoi non possiamo non riconoscercinel senso di fatica e di frustrazione diPietro che dice: “Maestro, abbiamofaticato tutta la notte e non abbiamopreso nulla” ed esclama: “Signore,allontanati da me che sono un pecca-tore!” Ci pare di comprendere che il Signo-re ci mette in posizioni di responsa-bilità anche perché sperimentiamoripetutamente che siamo immensa-mente fragili, poveri e inadeguati. Sipuò giungere ad esclamare con sor-presa: non pensavo di essere cosìdebole! Si ha davvero l’impressioneche il Signore ci spogli, ci purifichi,ci strizzi e ci sbatta come un pannoda lavare affinché ci rendiamo contoche “da noi stessi siamo incapaci dipensare qualcosa come provenienteda noi” e che “la nostra capacità vie-ne da Dio”.Pesano su di noi non solo le man-canze e i peccati personali ma anchele omissioni di fronte alle molte coseche urgono e soprattutto quell’assilloquotidiano , quella responsabilità peril cammino di discepoli che ci fainterrogare con ansia: ma ciò chestiamo facendo, ciò che stiamo pro-ponendo è davvero secondo il Van-gelo? Non stiamo per caso tradendoil mandato di Gesù? Non corriamo ilpericolo di trascurare ciò che èessenziale? Non ci lasciamo forseingannare dalla routine, dalla pigri-
zia, da un vano timore, dall’amoredei nostri comodi, dallo spirito mon-dano? Queste e simili interrogazionilacerano a volte il cuore e se non fos-se per la fiducia nel Dio misericor-dioso ne saremmo come schiacciati.
Comunione
Dobbiamo confessare a Dio il sensodi inadeguatezza relativo ai rapportidi comunione, ammettere che spessonon si riesce a coltivare le vicinanze,a creare e intrattenere con molti queirapporti di affetto semplice e cordia-le anche se tanto desiderati. Ricono-sciamo che il nostro stile, l’ educa-zione e il nostro temperamento nonci permettono di fare di più, e ce nedoliamo. Spesso siamo giocati dallafretta, dalla stanchezza, dalle urgen-ze che premono, dai nostri limiti per-sonali. É proprio questo che ci facogliere ancora di più l’eccesso del-la bontà divina a fronte della nostrapovertà e pochezza. L’affetto di cui siamo circondati cicommuove, ci arricchisce, ci sostie-ne. L’impatto con il popolo di Dio eanche con la società civile ci sostie-ne immensamente più di quanto nonabbiamo saputo dare o avremmopotuto immaginare.Per questo siamo chiamati a chiede-re perdono a quanti non si fosserosentiti amati come avrebbero deside-rato o atteso e che sostengono con lapreghiera e con tante opere di caritàe di evangelizzazione la nostra mis-sione; ai laici, che a volte ci avrebbe-ro voluto più dalla loro, nonostante itanti pronunciamenti a favore dellacorresponsabilità e dell’impegno
comune. A volte è bello anche sapere chiede-re perdono ai gruppi, alle associazio-ni e ai movimenti che si fossero sen-titi poco valorizzati o sostenuti danoi. Godiamo di fronte a testimo-nianze autentiche di vangelo vissuto,dovunque si trovassero. Dobbiamo continuare a sognare concoraggio e speranza che le realtàecclesiali e i movimenti possano uni-re le energie, riconoscendo ciascunoi propri doni e uscendo dai particola-rismi, ma il cammino a volte appareancora lungo. Si avverte una certacentralità della pastorale. L’onestàdell’intenzione non basta certo a
soddisfare chi ritiene di essere pococurato o amato. Per questo è educati-vo sapere chiedere perdono, e affi-diamo alla misericordia di Dio lamaturazione dei semi di bene lancia-ti nel dialogo che dobbiamo cercaresempre con tanta fiducia. Verso le realtà ecclesiali che ilSignore ci affida dobbiamo ammet-tere di avere spesso faticato a com-prendere i complessi meccanismi inatto. Il territorio è spesso il labora-torio e la patria di fenomeni di costu-me e di prassi che segnano anchetutta la Chiesa.
Padre Angelico Savarino
Vivere è scegliere la Parola
Studiare psicologicamente la tentazione ècertamente interessante perché vede all’o-pera tre personaggi Dio, l’uomo ed il ten-tatore. Si contesta la decisione di Dio pro-ponendo la visione contraria a quella diDio: L’uomo viene posto nel paradiso ter-restre ma non deve mangiare dell’alberoche sta in mezzo al giardino, albero dellaconoscenza del bene e del male. La tenta-
zione di mangiarne diventa allettante per-ché quello è il solo modo per essere comeDio. E questo è il motivo della proibizione.Anche nel vangelo viene solleticata lacuriosità dell’uomo evidenziando il gustodel proibito. Il contrario invece è la realtàvera che viene proibita perché l’uomo nonsia uguale a Dio. “Se tu sei figlio di Dio”,per ben due volte si ripete questo ritornel-lo, spingendo Gesù a fare quello che nondeve fare. In effetti la tentazione è subdolaperché l’atteggiamento di sottomissione aDio passerebbe al demonio: Tutte questecose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi,mi adorerai”. Il tutto della tentazione si
gioca su una parte di certezza e su unaparte di ignoto. È questo ignoto che portal’uomo a soggiacere alla tentazione. L’uo-mo deve acquisire il senso della sua veralibertà che consiste nel rapporto di comu-nione con chi lo ha creato e gli dà la possi-bilità di vivere. La morte di Gesù è pre-sentata da Paolo come il faro, la luce del-l’uomo per non cadere nella tentazione. Ilprimo allontanamento da Dio infatti haprovocato la coscienza di essere nudi:“Allora si aprirono gli occhi a tutti e due econobbero di essere nudi; intrecciaronofoglie di fico e se ne fecero cinture”. Pren-dere coscienza della propria fragilità è il
vero modo di vincere la tentazione. Se vie-ne meno il tuo partner essenziale sei nudoe ciò è doloroso e frustrante. La tentazio-ne di Gesù invece è significativa, Gesù larespinge, la rifiuta allontanando da sétutti gli allettamenti propostigli. Resta nel-la solitudine, ma alla fine: “Gli angeli glisi avvicinarono e lo servivano”. Si ricosti-tuisce così la comunità originaria da cui ilseparatore /tentatore vuole allontanareGesù. Non si può allontanare perché lavera comunione è con Dio, autore dellavita .
Leone Calambrogio
1 DOM DI QUARESIMA /A - GN 2,7-9;3,1-7; SAL 50/51,3-6.12-14.17; RM 5,12-19; MT 4,1-11
Il Sacerdote sa che le tentazioni di Gesù sono anche le nostre: investono le relazioni quotidiane
DIOCESI
Èandato in scena, al Tea-tro Valentino di Cata-
nia, lo spettacolo dal titolo “Tuttoper Bene” di Luigi Pirandello, diret-to e interpretato da Costantino Car-
rozza. Commedia tratta dall’omoni-ma novella del 1906, rappresentataper la prima volta nel 1920 al TeatroQuirino di Roma dalla compagnia diRuggero Ruggeri (a Palermo ebbeanche una versione siciliana dal tito-lo Ccu’i nguanti gialli). La trama,intricata, e ricca di imprevedibilicoincidenze e malintesi che si spie-gano solo nello svolgimento dell’a-zione, ma i fatti lasciano spazio auna profonda riflessione sull’univer-so misterioso dell’animo umano,troppo spesso vittima e artefice diinganno e finzione, commedia e tra-gedia si fondono tra loro senza con-fini definiti. Martino Lori è il prota-gonista: un uomo triste perché non èmai riuscito a riprendersi dopo lamorte della adorata moglie; incapacedi ricostruirsi una vita, egli è un fun-zionario di Stato, da tutti consideratocon sufficienza e disprezzo perchecreduto vile, falso e calcolatore. Inrealtà non e cosi; scopre dopo lamorte della moglie Giulia, tenera-mente amata e dopo diciannove annidi certezze sulla sua fedeltà, sull’o-nesta del suo superiore e amico sena-tore Manfroni, di essere stato traditotre volte: con la moglie, la figlia,facendole credere che egli era aconoscenza dei fatti e approfittava
della situazione per interesse perso-nale di camera, e la terza col rubaregli appunti del padre di Giulia, il fisi-co Agliani, appropriandosi così inde-bitamente di una importante operascientifica. Dopo il matrimonio diPalma (la figlia) col marchese FlavioGuardi, matrimonio combinato dalsenatore che ha riccamente dotato atal scopo la figlia, questa, stufa dellapresenza importuna nella casa delmarito di Martino Lori, “falsopadre”, gli spiega la “verità”: cioèche tutti sanno che egli e in una posi-zione irregolare e che deve soloandarsene e non farsi più vedere; alpovero Martino crolla il mondoaddosso: finalmente comprende cheè stato il cornuto zimbello di tutti,che tutti gli hanno sempre fatto capi-re che esagerava, che era un misera-bile e imbecille!: «Lori: Ma io, ho
potuto essere un imbecille, finche ho
creduto a cose sante e pure: all’one-
sta! All’amicizia! Ora non più».
Lori adesso potrebbe vendicarsi delmiserabile Manfroni portandolo allarovina ma capisce l’inutilità dirispondere al male con il male e pre-
ferirà cogliere l’affet-to della figlia non suache, riconciliatasi conlui, comprenderà cheil finto padre ritrovato,e sincero, giusto ebuono, ed era all’o-scuro degli avveni-menti; si recupera ilrapporto familiare e lacommedia terminacon: “... tutto per
bene, si, tutto per
bene”.
II regista è un appas-sionato conoscitore diPirandello e sa coglie-re con emozione lospirito introspettivoche trasmigra dallanovella e attraversa lospettacolo, rifrazionedella vita ordinaria,mentre l’impeto e lapoesia, si congiungo-no a distanza di pochebattute. Tutto questo si è avvertitochiaramente e gli applausi del pub-blico catanese sono stati calorosi e
prolungati. Suoni, luci, costumi,musica si intrecciano di passioniche hanno avvinto l’attenzione del-
l’uditorio e il pubblico è statoaccontentato. La memoria di chiscrive corre nella regia di Carrozza,attraverso sfumature e palpiti diispirazione con un’arte e un giocodi regia ... la maschera è tolta. Tea-tro del grottesco che evidenzia pro-blemi esistenziali che non hannosoluzione: il personaggio si arrovel-la nel tentativo di trovare unadimensione, mentre in realtà si sen-te scisso, sdoppiato, privo di unaidentità personale. ... cosi gli attorisi guardano fra loro sbalorditi.Carrozza sottolinea “rendere con-temporaneo un testo teatrale comequesto credo sia il modo miglioreper farlo arrivare al pubblico. Infondo, se non si stuzzica l’immagi-nario del nostro vivere quotidiano ilrischio diventa quello della ripeti-zione di stilemi e forme già dette”.Quello del regista Carrozza con lacontemporaneità è un rapporto stret-to e indissolubile, spesso manifesta-to con intelligenza critica, nelle suemesse in scena. Non fa eccezionealla regola il suo ultimo spettacolo: ilclassico di Luigi Pirandello “Tuttoper bene”. La produzione ha coinvol-to un cast di attori di livello e lo spet-tacolo trascina lo spettatore in unariflessione sull’oggi. Si respira l’arteumoristica, un’arte paradossale, cherivela il “contrario” e ciò che lariflessione umoristica scopre, “l’om-
bra” il lato nascosto delle cose, esolo l’umorista può vederle; essarappresenta anche “l’altro” me stes-so, l’io segreto che affiora in certimomenti di “vuoto” interiore. Si trat-ta di una concezione molto simile aquella di inconscio (freudiana). Infi-ne, “l’oltre”: un mondo (a cui l’u-morista aspira) fatto di sincerità eautenticità, attingibile forse nellacondizione dell’infanzia o in una vitapiù naturale; ma è una sfera lontanis-sima dalla vita quotidiana che è inve-ce governata dalle apparenze e dalleregole sociali, che Pirandello chiama“forme”. Tutti finiamo per accettarequeste forme e indossiamo unmaschera di rispettabilità, ed eccoallora che l’umorista, e in questo casiil regista, rivela queste falsità, strap-pa la “maschera” dal viso, suo e ditutti, e rivela ciò che essa nasconde:il contrario, l’ombra, l’oltre. Per ilpersonaggio che ha osato tanto loaspetta un destino di esclusione dal-la vita sociale, ma in fin dei conti, adavere ragione sono proprio gli esclu-si o meglio i saggi-folli e umoristi. IIregista riesce, in sintonia con l’auto-re Pirandello, a denunciare l’ambi-guità e l’irrazionalità del reale, vienemeno la fedeltà al vero ed esplodel’assurdo. Manfroni, un personaggioperseguitato dal suo radicale conflit-to, ma porta con se un fantasma pie-no di curiosità dietro il fantasmaaltrui.
Artemisia
Prospettive - 9 marzo 2014 11
Giustizia è paro-la alta e ampia,
ambigua, sommaria, auto-referente, auto-celebrativa,illusoria e opprimente; cosìl’iconografia della bilancia edella spada, simboli di esat-
tezza e nettezza tutte da veri-ficare. Unita ad aggettivi dispecie (penale, sociale, civi-le, europea, umana/divina)esce un po’ dalle nebbie, masino a un certo punto: i valo-ri fondanti per la convivenzacivile attribuiti ad essa, talo-ra sono contraddetti da delit-ti e abomini commessi in suonome.La questione solleticherà etormenterà i lettori del recen-te stimolante saggio “Ponzio
Pilato. Storia di un mito”
curato da Giacomo Jori checompendia, in 250 pagine,importanti significativi studi di variamatrice su un personaggio storico,solitamente ritenuto “di secondopiano”, figura-cardine del cristiane-simo che, fosse solo per questo, tan-to di secondo piano non fu.Rispetto alla “percezione media” delfunzionario romano incapace digestire con autorità e competenzauna questione, irrilevante per Roma,diventata di ordine pubblico per lastraordinaria pressione della piazza,vi sono ben altri livelli di indagine edi analisi per i quali su di lui si sonoaccesi i riflettori. In effetti il nostro
ha sempre suscitato interesse stori-co, esoterico, scientifico, filmico eletterario: è stato prelevato dall’o-
scurità e indagato.Contestualizzando e attualizzando:“Passus sub Pontio Pilato” la stori-cità di Cristo nel Credo, è affidataalla citazione del nome del Procura-tore pro tempore di Galilea al tempodella Passione (non c’era calendario,men che meno quello gregoriano: lacronologia era scandita dalle legisla-
ture).Qual’era la temperie culturale in cuiPilato assunse la carica di Procura-
tore di Galilea? Mar-
guerite Youcenar, tragli appunti cheaccompagnano il suoMemorie di Adriano
annota “in un volume
della corrispondenza
di Flaubert … indi-
menticabile: Quando
gli dei non c’erano
più e Cristo non anco-
ra, tra Cicerone e
Marc’Aurelio, c’è sta-
to un momento unico,
in cui è esistito l’uo-
mo solo … solo e,
d’altro canto, legato a
tutto”. Se il tempo èquesto, qual’era lacondizione e l’interes-se di un alto funziona-rio in carriera?Nei Vangeli due civil-tà mature e perplesse,
in cui “tutto poteva solo essere
pesato e … perduto”, si scrutano;siamo di fronte ad uno straordinariobig bang della storia, del pianeta,dell’umanità. Non uno dei tanti, bensimboleggiati nella Bibbia col mitodella Torre di Babele, dai quali ilmondo si è ripreso con fatica. Leabluzioni rituali, come lavarsi le
mani, in Medio Oriente si eseguonoin vari momenti della giornata: ilromano, per il quale il gesto nonaveva alcun significato, espresseindifferenza o cortese adesione agliusi locali? È possibile che l’alto
funzionario, interessato al prosegui-mento più felice del propria carrie-ra, al contempo subisse le sugge-stioni della dottrina scettica “quid
est veritas”? La pressione dellapiazza gli fece temere disordini e didimostrare inettitudine e incapacitàalle alte sfere? Lasciare scelta eresponsabilità in mano al popolocolonizzato gli avrebbe evitato cen-sure, chiose e congiure di corri-
doio?Tutto è possibile, anche un’altra let-tura: Pilato, strumento o perno peril disegno divino, kenosis e ministro
del Sacrificio (del far sacro), obbli-gato oltre la coscienza a compiereun gesto ufficiale non per rivelare“un Dio iscritto nel giudizio uma-
no”, ma per “far precipitare il
dramma” ed evitare che la potenzadivina finisse “ove comincia l’am-
bizione della virtù”.Sotto Ponzio Pilato, e al suo cospet-to, non un profeta, non un deus ex
machina (come nel teatro antico),ma il Deus ex Deus, sceso tra gliuomini per rinnovare e salvare ilmondo.Le calorose esortazioni di Papa
Francesco ai nuovi Cardinali “Sia-te Santi”, e ai potenti della Terraaffinché assolvano ai propri dovericon amore e spirito di servizio,avvertono: Ponzio Pilato non neces-sita di repliche; eppure, consideran-do l’umanità disorientata e dispera-ta di oggi, incapace di assumere ungiudizio, Ivan Illich (nel saggio)conclude: “Ponzio Pilato? Io l’ho
incontrato”.
Carlo Majorana Gravina
Denuncia dell’ambiguitàe dell’irrazionalità del reale
Al Teatro Valentino di Catania una rilettura di “Tutto per bene” un classico di Pirandello
L’equilibrio mancato
Pubblicato il saggio “Ponzio Pilato. Storia di un mito” curato da Giacomo Jori
omnibus
Prospettive - 9 marzo 201412
cultura
Athena, accoglie l’Akra-gas dei Greci e l’Agri-
gentum dei Romani: Pirandello, ele-mento catalizzatore, che ha sempresentito di possedere vincoli di strettaparentela con il mondo classicoattraverso la sua poetica, la sua pen-na con i personaggi che si incontra-no, circoscritti e identificabili assu-mendo una valenza universale. Loscrittore offre ad Atene la Sicilia, ter-ra delle cose semplici che si scontra-no con la modernità e la mondanità,terra del lavoro e dei soprusi sullaclasse contadina, in ricordo dei pae-saggi rassicuranti rispetto allo spet-tacolo inquieto delle notti capitoline,illuminate artificialmente, ma anchela terra di antiche credenze e super-stizioni, di rancori, odi e gelosie.Attraverso il nostro grande scrittore,rappresentato dalla prof. Sarah Zap-
pulla Muscarà, la Sicilia vive unmomento di grande prestigio, terramater dal mito di Proserpina cheaccoglie le urla della madre Cerere,dea della fertilità e della Terra, matri-ce generativa reale oltre che archeti-pa per Luigi Pirandello. Il tempiodella Concordia, come il Partenone,si slancia dalla cime di un’altura ver-so l’alto, esprimendo una forza sub-lime e misteriosa; egli ci dirà “laGrecia è dentro di me. Il suo spiritoillumina il mio pensiero e consola ilmio animo. Senza averla mai vista,la conosco… “d’altra parte io stessosono di origine greca. Certo, non vimeravigliate, il mio cognome èPyragghelos [messaggero di fuoco].Pirandello non ne è che la corruzio-ne fonetica”.Grande successo in Grecia per l’ope-
ra pirandelliana,grazie all’iniziativadell’Istituto Italianodi Cultura di Atene,in una sala gremitadi studenti, docentiuniversitari, intel-lettuali, scrittori,appassionati di tea-tro, provenientianche dalle isolevicine, sul tema “I
Pirandello. La
famiglia e l’epoca”.Dopo il saluto delladott.ssa SilvanaVassilli, direttricedell’Istituto, che hasottolineato l’im-portanza dellamanifestazione, hapreso la parola Antonis Koufalis,vicedirettore artistico del TeatroNazionale, che a breve metterà inscena “Così è (se vi pare)”, presen-tando gli attori che hanno dato vocea Luigi e Stefano Pirandello. Presen-te anche Amer El Alfi, traduttore di“Un padre ci vuole” in arabo. È poiintervenuto Anteos Chrysostomi-
des, autorevole direttore del Diparti-mento di letteratura straniera dellacasa editrice Kastaniotis, a cui sideve la raffinata traduzione in linguagreca della commedia di StefanoPirandello, “Un padre ci vuole”.Meritevole iniziativa per cui al tra-duttore e alla casa editrice è statoassegnato il Premio internazionaleMediterraneo per la Cultura promos-so da due singolari mecenati, Cate-
rina Maugeri, presidente di Archi-gen, e da Salvatore Costanzo.
Anteos Chrysostomides si è soffer-mato sulla traduzione e sul volume,riccamente illustrato, “I Pirandello.
La famiglia e l’epoca per immagini”,curato da Sarah Zappulla Muscarà
e Enzo Zappulla, che narra,mediante circa 650 foto, la gran par-te inedite o rare, le vicende esisten-ziali e artistiche di una delle più pre-stigiose e tormentate famiglie traOtto e Novecento, lodando la sensi-bilità culturale, rara nel tempo pre-sente, del Sindaco della città diNoto, Corrado Bonfanti, che lo hapatrocinato. Quindi Enzo Zappulla,presidente dell’Istituto di Storia del-lo Spettacolo Siciliano, illustrando laMostra che faceva da corredo, hapuntualmente tracciato l’itinerariodei Pirandello, dalla partecipazioneai moti risorgimentali dei genitoridello scrittore, all’inquietudine chelo portò in giro per il mondo, al com-plesso e ambiguo rapporto con Mar-ta Abba, sua attrice prediletta e ispi-ratrice di tanti personaggi femminilidell’ultimo decennio della sua attivi-tà drammaturgica. Infine Sarah
Zappulla Muscarà, ordinario diLetteratura Italiana, ha messo a fuo-co la ricchezza e l’attualità dei temidell’opera teatrale e narrativa di Ste-fano Pirandello, fino ad oggi obliato,solo di recente edito da Bompiani
per le cure della studiosa catanese edi Enzo Zappulla: la famiglia, lasessualità, nei suoi aspetti più pato-logici, il mito, la condanna della vio-lenza, dell’antisemitismo, dellaguerra, “Sacrilegio massimo”, daltitolo della tragedia messa in scenada Giorgio Strehler al Piccolo diMilano negli anni ’50, il romanzo alquale Stefano ha lavorato per tutta lavita dal significativo titolo “Timor
sacro”, autobiografismo di Stefanoche aiuta a comprendere un autoredifficile, complesso, come LuigiPirandello. Una kermesse culturale,che ha rappresentato un’opportunitàdi riflessione, performance linguisti-ca, in un ampio ventaglio di offertecollegate al rapporto fra arte, teatro,letteratura e sinestesia pirandellianacon i drammi satireschi della Greciaantica. Fra le tante autorità presenti:Mila Milagros, Valentina Potamia-
nou, Gerasimos Zoras, Anna The-
mou, Giorgio Bramos, Vasileios
Triantafyllou, Silvia Giampaola,Dimitris Athanasiadis, Angela
Argentino, delegata di “Sicilia
Mondo”.
Intervista a Sarah Zappulla Muscarà
D.: Lo straordinario successo riscos-so dalla figura e dall’opera di Stefa-no Pirandello ad Atene riconferma ilsingolare interesse che, grazie alvostro forte impegno, questo ‘risco-perto’ scrittore sta riscuotendo nelleUniversità e negli Istituti Italiani diCultura all’estero. Potremmo defini-re la coppia Sarah Zappulla Muscaràe Enzo Zappulla “missionari dellacultura”.“Sì siamo molto felici, è un fiorire di
traduzioni, tutte molto belle, di cui
mi piace ricordare almeno, oltre a
quella in greco di Anteos Chrysosto-
mides e a quella in francese di
Myriam Tanant, già edite, le tante
altre in cantiere: quella in spagnolo
di Vicente González Martín, preside
della Facoltà di Filologia dell’Uni-
versità di Salamanca; quella in tede-
sco di Fausto De Michele dell’Uni-
versità di Graz, in tandem con la
scrittrice Andrea Gill; quella in ceco
di Alice Flemrová dell’Università di
Praga; quella in bulgaro della scrit-
trice Daniela Ilieva. Se pensiamo
che fino a poco tempo fa, prima del-
la pubblicazione a nostra cura del-
l’opera omnia di Stefano Pirandello
per i tipi di Bompiani, Stefano
Pirandello era noto soltanto perché
a lui il padre Luigi aveva consegna-
to in limine vitae, poco prima della
scomparsa, nella notte fra il 9 e il 10
dicembre del 1936, il finale dell’in-
compiuto mito “I Giganti della Mon-
tagna”, si può veramente parlare di
un “caso Stefano Pirandello”.
Intervista a Enzo Zappulla
D.: Quali le prossime tappe dellaMostra “I Pirandello” e del raffinatovolume “I Pirandello. La famiglia el’epoca per immagini”, che hannopreso le mosse da Noto, la splendidacapitale del barocco, grazie all’impe-gno culturale del sindaco CorradoBonfanti che ha sposato con entusia-smo l’iniziativa?“Ancora una volta Noto, dove ritor-
niamo ben volentieri per una mani-
festazione dal titolo “Moda e lettera-
tura” promossa dalla scrittrice-
magistrato Simona Lo Iacono, e poi
gli Istituti Italiani di Cultura di
Dublino, su iniziativa di “Sicilia
Mondo”, presieduta da Mimmo
Azzia, di Stoccarda (con una tappa
pure all’Università di Heidelberg) e
Salonicco, prima che queste due ulti-
me sedi vengano chiuse, a fine ago-
sto, secondo quanto annunciato. Ma
ci auguriamo che questa iattura,
come auspicato nell’intervento
preoccupato di tanti intellettuali,
non soltanto italiani, sia scongiura-
ta. Gli Istituti Italiani di Cultura
svolgono una funzione importantis-
sima per la diffusione della lingua e
della cultura italiana nel mondo e la
nostra è la lingua di Dante, Boccac-
cio, Petrarca, fino a Pirandello,
Sciascia, Bonaviri, Patti, per ricor-
darne soltanto alcuni. E togliere a
un popolo la propria lingua equivale
a togliergli la sua storia, le sue tra-
dizioni, le sue radici”.
Lella Battiato
Pirandello all’Istituto Italiano di Cultura di Atene
RUBRICHE
“La famiglia e l’epoca per immagini”
Silvana Vassilli, Giorgio Bramos,Anteos Chrysostomides, Sarah Zappulla
Muscarà, Silvia Giampaola, EnzoZappulla, Vasileios Triantafyllou
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Archivio ProspettiveAvviso ai lettori
Negli ultimi tempi i contri-buti all’editoria si sonocostantemente ridotti. Inparticolare da due anni aquesta parte, il gettito sta-tale è stato diminuito dicirca un terzo, ma i perio-dici non profit, disciplinatidal comma 3 art. 3 dellalegge 250/90, nello stessoperiodo hanno subito unacontrazione di quasi dueterzi dei contributi: dicem-bre 2011 = 100%; dicem-bre 2012 = 66,7%; dicem-bre 2013 = 44,7%È evidente la diversità ditrattamento (nel taglio)rispetto a tutti gli altribeneficiari dei contributiall’editoria. Per questo, in ogni sedee in tutte le forme, la Federazione
chiedendo che la percentuale riserva-ta ai periodici non profit venga ele-vata dal 5 al 7%.
Allo stato attuale sitratta dell’unicomodo per rimediare aun evidente disparitànei tagli.Si chiede di modifica-re l’Articolo 2, com-
ma 4: Il presente arti-
colo non si applica ai
contributi di cui
all’articolo 3, comma
3, della legge 7 ago-
sto 1990, n. 250. Le
risorse complessiva-
mente destinabili a
tali contributi sono
pari al 5 per cento
dell’importo stanzia-
to, per i contributi
diretti alla stampa,
sul pertinente capitolo del bilancio
del Dipartimento per l’informazione
Consiglio dei Ministri. In caso di
insufficienza delle risorse stanziate,
si procede alla liquidazione del con-
tributo mediante riparto proporzio-
nale tra gli aventi diritto.
Ed in particolare la Fisc chiede que-sta modifica: da “sono pari al 5 per
cento dell’importo stanziato” a
“sono pari al 7 per cento dell’im-
porto stanziato”
Tale richiesta viene inoltrata per ave-re il diritto ad esistere in un momen-to di crisi generale che colpisce par-ticolarmente la stampa.Sarebbe veramente un grave vulnusper l’opinione pubblica zittire coloroche, per le traversie della vita, in unasocietà distratta si sono guadagnati iltriste appellativo di “fantasmi”, deiquali proprio i periodici cattolici sisono fatti megafono.
I periodici no profit chiedono il diritto ad esistere
Italiana dei settimanali cattolici sta e l’editoria della Presidenza del G.L.
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