Mattioli - Anna Franini · zare il Made in Italy, perché da soli si va veloci ma insieme molto...

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Lunedì 20 agosto 2018 il GiornaleCONTROCORRENTE IL PERSONAGGIO

di Piera Anna Franini

Quello di Licia Mattioli è unodei nomi chiave del Made inItaly. Lo incarna nel doppioruolo di imprenditrice, a ca-

po dell’omonimamaison di gioielli,e di vice-presidente di Confindu-stria con delega all’internazionaliz-zazione. Aveva 28 anni quando conil padre Luciano decise di rilevarel'Antica Ditta Marchisio, laborato-rio torinese specializzato nella crea-zione e lavorazionemanuale di ore-ficeria di alta gamma. Nel 2013 haseguito la cessione al colosso dellusso Richemont quindi il lanciodella Mattioli Spa che dell’AnticaDitta ha conservato nonché innova-to il nucleo originale di artigianitrattenendo, inoltre, lo storico pun-zone 1TO, il primo rilasciato dallacittà di Torino. Optare per uno spi-noff è stata una scelta vincente. So-no due le anime che compongonol’azienda, impegnata nella produ-zione per il proprio brand e in quel-la per i più grandimarchi di gioielle-ria. Quali? Top secret: «Sono i piùprestigiosi», glissa la signora.Lei promuove l’Italia all’esterograzie al suo ruolo in Confindu-stria. Siamomigliorati nel comu-nicare chi siamo?«Da tre anni possiamo finalmen-

te parlare di un nuovo corso. Abbia-mo iniziato a muoverci come siste-ma Paese, creando un’asse tra il go-verno ed enti pubblici come Ice, Sa-ce Simest e naturalmente Confindu-stria. Tutti uniti per internazionaliz-zare il Made in Italy, perché da solisi va veloci ma insieme molto piùlontano».Quanto più lontano?«Rispetto all’anno precedente, la

crescita dell’export è stata pariall’8%, abbiamo dunque fatto me-glio di Francia e Germania, non intermini di valore assoluto ovvia-mente. Vorrei che si continuasse inquesta direzione anche con il nuo-vo governo, anzi dobbiamo fare an-cora di più».La parola chiave è sempre «faresistema»?«Non si può più ragionare in ter-

mini di piccoli imprenditori. Chetra l’altro stanno comunque cam-biando le logiche d’azione. Siamosulla strada giusta».All’estero come viene percepitoil Made in Italy?«È un valore unico, spesso è più

riconosciuto e apprezzato dagli stra-nieri che da noi stessi. Dici Italia e ilconsumatore pensa a un prodottodi grande valore, diverso. Nel casospecifico dei gioielli, disponiamo diun “saper fare” che deriva da Celli-ni, si va indietro di 500 anni. Rega-liamo un pezzo d’Italia quando ven-diamo un gioiello. Il consumatoresa che quel prodotto è stato fatto damani che hanno una tradizione eda occhi che hanno visto bellezza».La Mattioli Spa è stata creata asua immagine e somiglianza.Non è stata una scelta rischiosa?«Lo ammetto, c’è tanto di me. Ma

anche di papà. Quando la rilevam-mo, l’idea chiara era portare nelmondo artigianale criteri aziendali.Una scelta che inizialmente venneletta come folle, le logiche industria-li sembravano inconciliabili con

quelle dell’artigianato. Invece è sta-ta questa la chiave di volta: la capa-cità di innovazione di processo eprodotto. Ciò lo devo a mio padre,all’epoca manager in Pirelli, quindicon profonda esperienza dei proces-si industriali».E continuerete ad espandervi?«In realtà, abbiamo già fatto inve-

stimenti importanti, anche grazie al-le normative 4.0, e in particolare alsuper-ammortamento. Speriamoche tutte queste riforme venganomantenute perché hanno dato gran-de impulso alla nostra industria».Per i non addetti ai lavori, cosacomporta l’aver trattenuto ilpunzone 1TO?

«È il marchio di fabbrica, e “1”vuol dire che è il più antico rilascia-to da Torino, venne forgiato nel1860. Ogni azienda ha un punzone:quando muore un’azienda, muoreanche il suo punzone. In Italia imarchi “1” sono dunque pochissi-mi».Va sempre d’accordo con papà?«Abbiamo un rapporto fantasti-

co. Durante gli anni in Pirelli, si trat-teneva spesso all’estero, quindinon è che lo vedessi molto. In que-sti due ultimi decenni lavoriamomolto assieme, tanto e bene».Cosa non scontata, i rapportiprofessionali genitori-figli sonospesso conflittuali.

«Ho colleghi con padri imprendi-tori presentissimi. Papà, invece, dasubito volle concedermi libertàd’azione, compresa la libertà di sba-gliare».Tanto per smentire lo stereotipodella figlia unica iper-protetta.«Esatto».Identikit di suo padre...«Da un lato è molto elastico e ri-

cettivo, dall’altro non impone lesue ideema crea comunque le con-dizioni per farti notare che sono vin-centi, così finisci per cambiare tra-iettoria. Di lui ammiro l’estremacoerenza e correttezza».In cosa siete simili?«Entrambi cerchiamo di evitare

lo scontro prediligendo il dialogo eil confronto. Siamo poi fondamen-talmente flessibili».Ama definirsi imprenditriceme-diterranea. Che significa?«Che nelle creazioni i colori e il

calore sono mediterranei. I nostrisono gioielli versatili, per una don-na mediterranea, calda e creativa».In azienda qual è il valore ag-giunto di una donna?«Così come accade in famiglia,

dove la donna spesso ha un ruolodi mediatrice, anche in azienda ledonne riescono a mantenere gliequilibri per via dell’attitudine a tro-vare la mediazione. Penso chel’ideale stia nel coniugare presenza

«Sono un’artigiana del lussoMa contro lo stress faccio torte»La vicepresidente di Confindustria: «Facevo l’avvocato, poi ho scoperto

i gioielli. Il made in Italy? Se ognuno fa da sé non andremo lontano»

LiciaMattioli

L’INTERVISTA

SHOPPING E CULTURA

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domenica 9 dicembre 2018.

23Lunedì 20 agosto 2018 il Giornale CONTROCORRENTE IL PERSONAGGIO

femminile e maschile, Marte e Ve-nere. Credo nella complementarie-tà».È sposata e madre di due figli.Smentisce lo stereotipo delladonna italiana immolata alla fa-miglia e poco interessata al suc-cesso nel lavoro.«C’è però del vero in questo ste-

reotipo. In Italia si fa ancora troppopoco per aiutare le mamme a dedi-carsi alla professione. Non sono an-cora sufficienti gli strumenti chepossono aiutare le donne a risolve-re i problemi della quotidianità. Siparte dal sistema degli asili. AltriPaesi gestiscono meglio tutto que-sto. È un nostro limite».Chi sono le donne imprenditriciitaliane che apprezza?«Sicuramente Emma Marcega-

glia».A proposito di famiglia. Vede giài suoi figli in azienda?«Ancora presto per dirlo, Grego-

rio ha 16 anni e Gea 19».Studiano all’estero?«No, a Torino. Era un’ipotesi valu-

tata con mia figlia quando ha finitola scuola superiore. Lei ritiene chele nostre università non abbianonulla da invidiare alle straniere. Edè rimasta, è poi molto legata a que-sto Paese».

Mammapugliese, papànapoleta-no,marito di Cuneo. È nata aNa-poli, ma è cresciuta a Torino, do-ve risiede. Lei cosa si sente?«Sento di avere tante anime, ma

proprio per questo mi sento genui-namente italiana».Maci sarà pure un aspetto preva-lente. È quello nordico o latino?«Sicuramente quello latino, poi

ho una certa propensione per l’ordi-ne che mi fa più nordica. E ciò chepiù conta, sono innamorata dellamia città, Torino».Quando le cose non vanno per ilverso giusto come si sfoga?«Cucino, soprattutto torte. E più

sono nervosa, più faccio torte».Sta cucinando parecchio ultima-mente?«No. Ma in passato ho sfornato

tanti dolci».Altre strategie per combattere imomenti difficili?«Trovo particolarmente terapeuti-

co stare in famiglia».Dicono che sia una lavoratriceindefessa.«Mai ferma un minuto, è vero.

Ogni momento è buono per lavora-re. E sa dove rendo di più? In aereo.Lì, indisturbata, senza telefono, miconcentro a meraviglia».Ma lo trova uno spazio per le va-

canze?«Irrinunciabile. Arrivo a un punto

in cui sento di dover ricaricare ebatterie».Che idea s’è fatta del movimento#Metoo?«Come tante altre cose, è nato per

una giustissima causa, poi, per dir-la in gergo sciistico, ha derapato. Ilproblema c’è, e va affrontato. Peròva gestito con criterio, vanno fattidei distinguo».Per esempio?«Un complimento non è una mo-

lestia. Ora stiamo cadendo nell’esat-to opposto. Siamo all’estremo».A proposito di derapata e gergosciistico...«Sta per chiedermi se scio? Un

tempo sì, adesso un po’ per man-canza di tempo un po’ perché tuttigli amici si sono fatti male, e la cosami spaventa, ho messo gli sci alchiodo».Giornata tipo di Licia Mattioli«Non c’è. Ogni giorno, nel bene o

nel male, è diverso. Mediamentedue giorni alla settimana sono fuoriTorino, in viaggio. Per il resto, inufficio, sommersa da telefonate, riu-nioni. Dati i diversi incarichi e ruo-li, devo continuamente cambiare ar-gomento, cosa che mi risulta sem-pre più difficile».

Quali sono le fasi lavorative chepiù l’appassionano?«Mi piace moltissimo la produzio-

ne. Mi sono innamorata dell’azien-da partendo proprio da lì. È interes-sante seguire tutti i passaggi cheportano il lingotto, e ancor prima ildisegno in 3D, a trasformarsi in gio-iello. Quando mio padre mi coinvol-se nell’Antica Ditta Marchisio, pas-sai mesi a scoprire le vecchie colle-zioni, i disegni, a toccare i prodotti,iniziai così ad amarli e a scoprirel’anima dell’azienda. Poi scesi inproduzione e capì come si faceva-no. Ne rimasi affascinata, mi inna-morai così del corpo. In quel mo-mento decisi di lasciare tutto ed en-trare in azienda».In che condizioni era?«In una fase involutiva, i proprie-

tari erano anziani. Ma era chiaroche si trattava di un’azienda stori-ca, con una tradizione importante».Nella sua precedente vita,quand’era una giovane avvoca-tessa, che rapporto aveva coi gio-ielli?«Li ho sempre amati. Da piccola

mi divertivo a fare gioielli con le per-line, poi li vendevo. Esprimevo cosìla mia creatività. Poi le strade mihanno portato altrove. Ho sempreapprezzato il gioiello sia come orna-mento sia come testimone di mo-menti importanti della vita. Tuttoraindosso l’anello di fidanzamento,un gioiello con cui ho un legamemolto forte. Ho poi sempre collezio-nato gioielli antichi».E dal passato trae ispirazione?«Le nostre collezioni hanno sem-

pre una storia da raccontare. In ge-nere nascono da una storia oun’esperienza da me vissuta. Pensoall’anello che abbiamo chiamato Ti-bet, si ispira a un mio viaggio. Sco-prii che alle ragazze prossime al ma-trimonio, le mamme regalano unfilo che si arrotola attorno al dito, idiversi giri inneggiano agli anni difelicità matrimoniale. Pensai di tra-sporre tutto questo e farne un omag-gio alle donne».Trova il tempo per leggere?«Adoro i gialli, i thriller in genera-

le. In questi giorni sto leggendo“Tutto è in frantumi e danza”, è sul-la globalizzazione».Si ritiene una persona fortuna-ta?«Direi proprio di sì. Premetto che

la fortuna aiuta gli audaci. Bisognaanche buttarsi nelle cose. So di averfatto alcune scelte complicate, è pu-re capitato che la fortuna venisse insoccorso».Lei difficilmente molla. Giusto?«Non mollo mai. Penso di avere

una buona dose di resilienza, mi ri-conosco la capacità di far girare ilnegativo in positivo. Vedo spesso,troppo spesso, atteggiamenti arren-devoli. Sa quante porte in faccia misono ritrovata? Quanti viaggi a vuo-to, giorni e giorni in giro nel mondoportando a casa niente. Ma bisognaimparare dalla sconfitta».Il rovescio dellamaglia di questasua anima da Clorinda? Di com-battente indefessa?«Temo di essere fin troppo schiet-

ta. Sì, a volte sono troppo diretta.Ogni volta che lo avverto mi ripro-metto di controllarmi, cosa che pun-tualmente non accade».

Venni presa perfolle quando volevoconiugare industriae manualità

I miei figli studianoin Italia, le nostreuniversità sono allapari delle straniere

Mi sentomediterranea, nellemie creazioni ci sonocolore e calore

IL PADRELucianoMattioli rilevòl’Antica DittaMarchisio:«Abbiamo unrapportofantastico. Miha semprelasciatolibertàd’azione,compresala libertàdi faredegli errori»

LA PROTESTAIl movimento,secondo LiciaMattioli, «ènato per unagiustissimacausa però vagestito concriterio evanno fatti deidistinguo». Inazienda amaconiugare lapresenzamaschile efemminile

LA COLLEGA«Fra le donneimprenditriciitalianeapprezzosoprattuttoEmmaMarcegaglia».Il mondo dellavoro, dice, fapocoper aiutarele mammea risolverei problemiquotidiani

Non sto fermaun minuto. Il luogoin cui lavoromeglio è l’aereo

Sono una personafortunata manella vita bisognaanche buttarsi

L icia Mattioli è na-ta a Napoli il 10

giugno 1967 da un pa-pà napoletano (Lucia-no, ex manager dellaPirelli e poi imprendi-tore) emamma di ori-gine umbro-pugliese.Ha due figli. Ha stu-diato giurisprudenzaseguendo le orme del-la madre, notaio. Og-gi è amministratoredelegato dellaMattio-li S.p.a. e vicepresiden-te di Confindustria.In passato è stata an-che numero unodell’Unione Industria-le di Torino.Nel 2011 ha creato

«Exclusive brands To-rino», rete di impreseche unisce marchi dialta gamma del terri-torio torinese e pie-montese. Di Ebt è sta-ta presidente, caricache ha ceduto pur con-tinuando a far partedell’associazione.Quanto allaMattio-

li, l’azienda è passatain cinque anni da 20a 200 dipendenti, ilfatturato realizzatonel corso del 2017 am-monta a 50 milioni dieuro, grazie anche al-le due aziende acquisi-te nel distretto orafodi Valenza.

chi è✒

Un tour di 5 giorni alla scoperta di due Paesi sconosciuti � no agli anni Cinquanta e diventati ora i due emirati più interessanti e glamour del Pianeta. Visiteremo tutti insieme con guide esperte palazzi da “mille e una notte”, musei (come quello del Louvre appena inaugurato a Abu Dhabi), grattacieli da record, moschee lussuose, tradizionali souq e mall. Faremo escursioni nel deserto con jeep 4x4 con tanto di aperitivo e cena. Serate di convivialità tra il “popolo dei lettori de il Giornale” e i

loro giornalisti. Accompagnati nel viaggio da Marco Lombardo - capo Redattore di Stile e Stile Mese de “il Giornale” -, da Stefano Passaquindici - responsabile dell’organizzazione dei viaggi del vostro quotidiano -, e da altre prestigiose “� rme” de il Giornale. Partiremo con voli di linea Emirates e pernotteremo, al Radisson Blu Hotel, Dubai Waterfront (5 stelle) al prezzo speciale riservato di 1.990 euro a persona, tasse incluse. Supplemento singola 290 euro.

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