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neurochirurgie
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NEUROCHIRURGIA
A CURA DI: Emanuele Maragno
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APPROFONDIMERNTO: Come può un trauma cranico causare coma e stato vegetativo? Per rispondere a
questa domanda basti pensare alla neurofisiologia. Ricordiamo infatti che nel tronco è presente per esempio la
formazione reticolare, che si estende nel tegmento (dal mesencefalo al bulbo), come un ammasso diffuso di
neuroni e fibre che si ritiene esplichino un controllo sulle funzioni cardiocircolatorie, respiratorie e
gastrointestinali. Inoltre sono presenti nel tronco stesso, i nuclei della base che svolgono funzioni vegetative e,
con il talamo, possiedono anche proiezioni attivatorie per la corteccia cerebrale. Se, in un trauma, si
danneggiano queste strutture diencefaliche non arrivano impulsi attivatori alla corteccia e ne consegue lo stato
vegetativo.
NB: lo stato vegetativo può avere connotazioni di irreversibilità e presenta determinati costi per la società,
nonostante spesso vengano eseguiti solo quei protocolli che prendono il nome di "minimal care”.
PREMESSA:
Nonostante tutto l’impegno che io possa aver messo nello scrivere questo breve plichetto, i suoi contenuti sono da considerarsi indicativi.
Invito perciò tutti a consultare comunque il programma d’esame e, qualora abbiate tempo, ad approfondire gli argomenti proposti nei modi che
Considerate più opportuni.
Auguro a tutti buono studio.
TRAUMA CRANICO: come facilmente intuibile, il trauma cranico rappresenta una lesione della
teca cranica e dell’encefalo dovuta ad un colpo, un urto violento del capo.
Naturalmente l'epidemiologia è importante perchè il trauma cranico è la principale causa di morte in
Italia sotto i 40 anni (in particolare tra 16 e 40 anni), con 150.000 ricoveri l'anno e costi di 2.500 euro per
ricovero e degenza media di una settimana
Le cause principali sono rappresentate dagli incidenti stradali (48%), incidenti domestici, sul lavoro e dalla
violenza privata (questi ultimi due sono probabilmente sottostimati perchè non riferiti, basti pensare al lavoro
ne ed alle violenze familiari).
I traumi cranici sono inoltre una importante causa di invalidità. Le stime riferiscono in Italia 20.000 casi di
invalidità permanente e 250.000 stati vegetativi persistenti per anno.
VALUTAZIONE CLINICA DEL PAZIENTE:Il paziente può presentarsi con diversi deficit in PS. In base
a questi, il medico deve applicare protocolli differenti. Il paziente verrà quindi valutato secondo il GCS
(Glasgow Coma Scale).
Il GCS è una scala che assegna punteggi al paziente traumatizzato, in base all'esame obiettivo neurologico
per apertura occhi, risposta verbale e risposta motoria, cui si dà un punteggio massimo di (rispettivamente) 4,
5 e 6.
Alcuni commenti sul GCS
L'apertura degli occhi si evoca prima con comando e poi con uno stimolo doloroso: frequentemente
si effettua per esempio la compressione del nervo sopraorbitario (1/3 mediale degli occhi).
Nella risposta verbale si valuta orientamento spazio‐tempo, l'utilizzo di parole inappropriate e la
comprensibilità dei suoni.
La risposta motoria, infine valuta la risposta ad un comando, la localizzazione stimolo doloroso, la
flessione/retrazione degli arti in risposta/per l'allontanamento dallo stimolo dolorifico (che per
esempio si evoca con la torsione del capezzolo), la flessione anomala degli arti ( segno di
gravità intermedia) o la loro estensione. L'estensione è segno di decerebrazione, è indice della
perdita di funzione del diencefalo: ci rimane solo il tronco.
A seconda di quanti punti si ottengano dal GCS si ha trauma
1. Lieve (14 o 15): rappresenta l’80 dei casi ed ha una scarsa mortalità
2. moderato(9 ‐13 punti): 10% dei traumi, ha mortalità del 10-20%
3. Grave (fino ad 8): 10% dei casi, con mortalità del 20-40% .
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A seconda della gravità del trauma e dei fattori di rischio, i pazienti sono trattati in modo diverso.
Apportiamo a scopo esemplificativo, alcuni schemi di trattamento che possano dare un’idea dei protocolli di
PS, relazionati al GCS:
TRAUMA LIEVE: è un pz con GCS di 14-15. Sono divisi in tre classi:
- A basso rischio: GCS pari a 15. Non sono presenti elementi di rischio, si escludono fratture deficit
neurologici focali e complicanze neurochirurgiche. Il paziente ha un EON negativo. Viene perciò
dimesso senza ulteriori accertamenti.
- A rischio intermedio: GCS pari a 15. il pz presenta alcuni fattori di rischio pretraumatici (è un pz
epilettico o in trattamento con anticoagulanti, con coagulopatie, alcolista o tossicodipendente..) o
postraumatici (vomito, amnesia retrograda, cefalea ingravescente…): il pz è sottoposto ad una TC
cranio ed un periodo di osservazione di almeno 6 ore. Se la TC mostra lesioni encefaliche o frattura,
il periodo di osservazione passa a 24h e viene richiesta consulenza neurochirurgica.
- Ad alto rischio: il pz presenta GCS pari a 14, oppure GCS di 15 associato a vomito ripetuto e cefalea
persistente o a crisi convulsive postraumatiche. Il pz è sottoposto ad un’osservazione di almeno 24h
e verrà effettuata una TC all’ingresso in PS ed una dopo 24 h.
TRAUMA MODERATO: è un pz con GSC di 9-13. Spesso è un politraumatizzato. Una volta
corretti disturbi cardiocircolatori e respiratori, il pz va sottoposto a TC cranio e studio radiologico
del rachide cervicale (in particolare C0-C2) e cervicodorsale. Sulla base della neuroradiologia e della
consulenza neurochirurgica, si può procedere al ricovero.
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TRAUMA SEVERO: GSC fino ad 8: è un pz complesso, che ha necessità di essere ricoverato in un
centro con unità neurochirurgiche, previa stabilizzazione cardiovascolare. Sarà sottoposto ad accurati
esami neuro radiologici e valutazioni neurochirurgiche.
In genere il medico deve subito badare che siano pervie le vie respiratorie, deve stabilizzare i parametri
vitali del pz, confezionare un accesso venoso e solo dopo si può procedere ad esaminare lesioni cerebrali
con effetto massa ed intervenire per una loro evacuazione. Il pz con trauma cranico va sempre intubato in
caso di lesioni cervicali e vie aeree ostruite, in caso di stato ipossico e di GCS < 9. È inoltre dimostrata
una diminuzione di mortalità in casi selezionati di pz con
GSC < 12 intubati.
Il medico deve fare particolare attenzione nel gestire i
traumi cranici, in quanto questi sono condizioni
potenzialmente evolutive: un’emorragia limitata o non
visibile alla TC di ingresso al PS può evolvere in una
lesione importante che determina complicanze
neurochirurgiche (ad esempio ernie e shift assiale
dell’encefalo), appena poche ore dopo.
l’emorragia, nella scatola cranica, è una condizione
pericolosa perché rappresenta una lesione occupante
spazio all’interno di una struttura ossea inespansibile. Per
elementari leggi della fisica, una lesione occupante spazio
in un comparto in espansibile, provoca un incremento
della pressione. Per questo motivo, dunque, deve essere
sesso monitorizzata anche la Pressione Intracranica (PIC):
viene inserito, attraverso la teca cranica, un catetere con
sensore a livello intraventricolare, intraparenchimale o
subdurale.
È bene ricordare che le lesioni cerebrali si esplicano con sintomi diversi a seconda delle aree colpite.
Brodmann all'inizio del '900 ha pubblicato delle aree della corteccia cerebrale, su base funzionale.
Per l'esame bisogna conoscere le principali aree eloquenti, tra cui
- Aree di Broka: Area 44 e 45 nel piede della terza circonvoluzione frontale. È l'area del linguaggio
parlato
- Area di Wernike: area 22, collegata all'area di Broka dal "fascicolo arcuato”. È l'area della
comprensione del linguaggio
- Area visiva: aree 17 (visiva principale), 18 e 19 (associative) sono nel lobo occipitale
- Area motoria 4 e 6 (area motoria e motoria supplementare, poste a cavallo della scissura di Rolando)
CLASSIFICAZIONE DEL TRAUMA CRANICO:
Un trauma cranico può essere Definito
- Diretto: lesione da colpo diretto sulla teca cranica
- Indiretto o da decelerazione: dovuto ad un movimento asincrono tra parenchima dell'encefalo e
strutture ossee del cranio, per la diversa forza inerziale delle due componenti. Ricorda inoltre che il
cervello può avere dei traumi con contusioni interne, urtando, per esempio, lo sfenoide. Inoltre,
per quanto si muova, è comunque ancorato al midollo attraverso varie fibre in cui passano varie vie
(vedi, ad esempio, il decorso della via cortico‐spinale). Un trauma indiretto, a questo livello, può
TEORIA DI MONRO-KELLIE:
il cervello è un organo parenchimatoso,
come il fegato, ma è sito in una struttura
chiusa ed inestensibile (il cranio). Nel
cervello inoltre ci sono i ventricoli
(6‐10% del vol complessivo
dell’encefalo) e sangue (4‐5% del vol
del parenchima). Se c'è una lesione
occupante spazio, la teoria di Monro e
Kellie dice che il cervello mette in atto
delle misure di compenso pressorio:
prima si altera il volume del liquor e poi
viene esercitata pressione sui vasi, con
conseguente calo della P arteriosa
sanguigna. Quando la Pressione cerebrale
sanguigna va sotto 70 mmHg si ha
danno iscemico e ipossico.
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determinare quello che è noto come “danno assonale diffuso”, ovvero uno stiramento egli assoni, che
si può associare ad una lesione emorragica dei piccoli vasi penetranti. Ciò si può tradurre
clinicamente con alterazione dello stato di coscienza (fino al coma irreversibile). Va inoltre
sottolineato che il 50% di queste lesioni non sono emorragiche e quindi non visibili in acuto alla TC.
Più specifica si dimostra invece la RM (specialmente in T2) in cui si possono rilevare piccole lesioni
della sostanza bianca.
Il trauma diretto può essere
- aperto: ha lesione di continuo della cute
- chiuso: apparentemente la teca cranica è intatta (non c'è soluzione di continuo della cute) ma
possono esserci ad esempio segni indiretti di frattura come il "Segno del panda" (occhi gonfi e pesti:
la cute si distacca notevolmente dall'osso. Ciò è dovuto al sanguinamento della frattura: le lesioni
ossee del cranio sanguinano molto.)
- penetrante.
Un altro modo per classificare un trauma cranico è distinguere lesioni cerebrali
- Primarie: dovute per esempio ad un trauma diretto.
- Secondarie: si instaurano se aumenta la pressione intracranica.
COME SU VALUTA RADIOLOGICAMENTE UN TRAUMA?
Con la TC, esame strumentale che ci fa vedere molto bene le principali conseguenze del trauma perché
mostra con sufficiente chiarezza l'osso ed eventuali fratture ed evidenzia inoltre gli ematomi. L'ematoma
blocca i raggi x e quindi la lastra risulterà bianca. Sebbene la RM sia più sensibile per il parenchima, la TC è
più veloce, più economica, più frequentemente presente in PS e con meno controindicazioni della RM.
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A seconda della loro sede, gli ematomi postraumatici sono distinti in epidurale, subdurale e lacerocontusivo
(intraparenchimale). Esistono anche emorragie subaracnoidee, ma per lo più queste sono secondarie a
rottura di aneurismi.
Le caratteristiche radiologiche dell’emorragia subdurale ed epidurale sono molto diverse. Sono entrambe
segnali di iperdensità alla TC, ma l’emorragia subdurale ha la caratteristica forma a falce, con concavità
interna. Quella epidurale ha invece forma a “lente biconvessa”, con doppia convessità mediale e laterale..
Emorragia subdurale Emorragia epidurale
Per comprendere invece le differenze anatomiche e etiologiche tra questi due tipi di ematomi, è utile
ricorrere a dei richiami di neuroanatomia.
RICHIAMI DI NEUROANATOMIA
Le meningi sono un sistema di membrane che, all’interno del cranio e del canale rachidiano, rivestono il
SNC, proteggendo l’encefalo ed il midollo spinale. Si dividono in leptomeningi (pia Madre ed aracnoide) e
pachimeninge (dura madre). La dura madre, all'esterno, è irrorata dalle arterie meningee. Tra queste,
la meningea media (che nel suo decorso ha rapporti con lo sfenoide), passa sotto la squama del temporale.
Questa è molto sottile e spesso viene rotta dal trauma, con conseguente lesione anche della meningea media
sottostante ed emorragia epidurale, che ha un effetto massa, dalla caratteristica forma a lente biconvessa.
L’emorragia epidurale rappresenta dunque un accumulo di sangue tra la teca cranica e la dura madre.
L'ematoma subdurale, invece, è dovuto alla rottura delle vene encefaliche. il sangue in questo caso si
raccoglie tra la dura madre e l'aracnoide. Sebbene possa dare un effetto massa più limitato, porta in acuto ad
una irritazione del parenchima cerebrale che determina gonfiore, ernie cerebrali ed una mortalità dell'80%.
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Qui di seguito troviamo schematizzati, i diversi rapporti meningei degli ematomi epidurali e subdurali
Come accennato, la patogenesi dell’ematoma subdurale implica la rottura dei vasi venosi intracranici. In
particolare il trauma determina uno stress eccessivo delle cosiddette vene a ponte (bridging veins), piccoli
vasi che attraversano le meningi, congiungendo il seno longitudinale superiore con il sistema venoso
corticale. A seguito del danno, queste riversano sangue nello spazio subdurale.
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CLINICA DELL’EMATOMA EPIDURALE ACUTO:
in relazione all’entità della rottura dei vasi meningei, avremo un tempo diverso di sviluppo dell’emorragia. In
caso di modici versamenti, il sangue impiega tempo ad inserirsi tra teca cranica e dura madre e, per un certo
periodo, il paziente può non avere sintomi rilevanti. Questo periodo privo di sintomi, ma con emorragia in
atto, si chiama “intervallo libero” ed è il motivo per cui il paziente con trauma cranico ed elementi di rischio
radiologici o anamnestici deve rimanere in osservazione per diverse ore. Lentamente cominceranno a
comparire invece cefalea ingravescente, papilledema, episodi divomito, alterazioni dello stato di coscienza,
deficit neurologici focali, fino al coma.
All’inizio l’ipertensione endocranica sarà compensata da liquor e flusso ematico (teoria di monro-kellie), ma
oltre un certo punto c’è l’esordio della tipica sintomatologia da ipertensione endocranica. La complicanza più
temibile è rappresentata dalle ernie cerebrali, con le loro tipiche alterazioni tra cui la compressione degli
oculomotori e paresi del III nervo cranico e alterazioni motorie paresi dell’emisoma contro laterale (ndr. Si
rimada per completezza al paragrafo riguardante l’ipertensione endocranica e le ernie cerebrali)
CLINICA DELL’EMATOMA SOTTODURALE ACUTO:
si presenta in maniera simile all’epidurale, ma di solito questo non ha un rilevante intervallo libero, perché
l’ematoma si forma più velocemente, con un rapido incremento della PIC e disturbo acuto dello stato di
coscienza. Il paziente avrà ancora una volta i sintomi di ipertensione endocranica e, nei casi più gravi, di
ernie cerebrali.
CENNI SULL’OPERAZIONE CHIRURGICA: l’intervento di evacuazione di ematomi epidurali e
subdurali è abbastanza simile. Si effettua solitamente un “accesso pterionale”, incidendo la cute 1 cm davanti
al trago e poi effettuando una craniotomia con una volet ossea di circa 7x15 cm.
Il neurochirurgo effettua anche una accurata toilettatura per evitare infezioni e cisti causate da frammenti
ossei staccatisi in seguito a fratture post trauma. F rammenti ossei, elementi cutanei o qualsiasi corpo
estraneo penetrato nell’encefalo, possono determinare infiammazione, fenomeni gliotici cisti o focolai
epilettogeni. Nell’ematoma epidurale non c’è bisogno di incidere le meningi: tolto l’osso trova l’emorragia
dal tipico aspetto a “marmellata di Ribes”, si libera lo spazio in questione e si cauterizza con la “bipolare” il
ramo sanguinante dell’arteria meningea media. Se la lesione è subdurale, il chirurgo dovrà incidere anche la
dura per rimuovere il sangue ed individuare il vaso venoso lesionato. Alla fine dell’operazione, generalmente
il pz viene lasciato per alcune settimane senza un pezzo di calotta cranica, poi può essere reimpiantato l’osso
autologo tolto nella craniotomia o essere inserita una protesi in titanio (cfr. trattamento ernie cerebrali).
FOCUS: ANATOMIA DELL'ARTERIA MENINGEA MEDIA
L'arteria meningea media è un ramo collaterale della porzione mandibolare dell’arteria mascellare (o arteria
mascellare interna). Risale lungo la faccia mediale del muscolo pterigoideo esterno e, passando nell'occhiello
formato dalle due radici del nervo auricolotemporale, raggiunge il foro spinoso dello sfenoide e penetra nella
fossa cranica media dove decorre in un solco scavato nella parte squamosa dell'osso temporale dividendosi
nei suoi rami terminali.
Rami collaterali dell’arteria meningea media sono:
- Ramo meningeo accessorio che penetra nel cranio attraverso il foro ovale e si distribuisce al ganglio
semilunare e alla dura madre della fossa cranica media.
- Ramo petroso che penetra nello hiatus del canale faciale dove si anastomizza con l'arteria stilomastoidea,
ramo dell'auricolare posteriore.
- Arteria timpanica superiore che raggiunge la cavità del timpano percorrendo il canale timpanico.
L'arteria meningea media si divide in due rami terminali, il ramo frontale(o anteriore) e il ramo parietale (o
posteriore) che si distribuiscono alla dura madre che riveste la superficie interna dell'osso parietale e della
parte squamosa delle ossa frontale e temporale.
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FOCUS SULLA PIC E CENNI SULL’IPERTENSIONE
ENDOCRANICA: La PIC viene monitorata per GCS che attesti lesioni almeno di media entità
(9‐13 punti).Si misura con un catetere che si pone preferibilmente nei ventricoli, per svuotarli un po’
(eventualmente) e ricavare spazio per le manovre decompressive. Di solito la PIC si mantiene tra 5‐15
mmHg. Sopra i 20 inizia ad essere considerata patologica. Sopra i 25, da una parte c'è danno da ipossia,
dall'altra l'elevata pressione "sposta" il cervello, che può essere dunque erniato.
L’incremento della PIC è definito ipertensione endocranica o intracranica. È una patologia abbastanza
comune, Colpisce 1:100.000 tra adulti e bambini ed in particolare interessa le donne con un picco tra i 20 e
45 anni. Questa patologia riconosce oramai un fondamentale fattore di rischio nell’obesità.
L’etiologia può essere legata a lesioni occupanti spazio (emorragie edemi, tumori..) ma spesso è idiopatica.
Altre volte si riconosce un ruolo etiologico di farmaci (es. tetracicline, estrogeni, corticosteroidi, GH, steroidi
anabolizzanti..) o di condizioni mediche (anemia sideropenia, patologie endocrine come il Cushing, OSAS,
LES, Trombosi venose cerebrali)
La clinica dell’ipertensione endocranica è peculiare, costituita da vari segni e sintomi tra cui ricordiamo:
- Cefalea, presente nella quasi totalità dei pazienti e spesso sintomo di esordio. È una cefalea pulsante,
ingravescente, che si presenta al mattino.
- Vomito a getto, specialmente al mattino e a digiuno (ciò lo distingue dal vomito gastrointestinale)
- Nausea
- Disturbi visivi, riduzioni anche importanti del visus, fotofobia e diplopia, frequentemente casata da
compressione del VI nervo cranico e più raramente dalla lesione del IV e del III.
- Acufeni
- Dolore al collo e alle spalle (di tipo radicolare)
Complicanze peggiori:
- Alterazioni psichiche, cambiamento carattere, apatia e depressione. Evolvono con sonnolenza,
confusione ed obnubilamento fino progressiva perdita di coscienza ed al coma.
- Ernie cerebrali
CURIOSITA’:
- cefalea e vomito sono più frequenti ed intensi al mattino, perché la posizione clinostatica determina maggior afflusso ematico al
cervello e può ostacolare il deflusso venoso. Ciò incrementa la PIC e, con essa, la sintomatologia.
- il VI nervo cranico è il più colpito perché è un nervo lungo e sottile e questa sua fragilità anatomica lo espone a danni frequenti
mono o bilaterali, che provocano diplopia nello sguardo laterale e, nelle forme gravi, strabismo convergente.
La diagnosi si effettua associando la clinica con RM e Puntura Lombare. Può essere indicativo (pratica
abbandonata in neurochirurgia) analizzare il fundus oculi, che mostrerà alterazioni vascolari e papilledema.
Anche la puntura lombare non viene eseguita spesso nella pratica clinica. La logica della rachicentesi sta nel
dimostrare, col prelievo, l’aumento della pressione liquorale anche nel rachide. Tale manovra inoltre,
sottraendo Liquor crea spazio e migliora la sintomatologia. Una evacuazione troppo veloce del LCR,
tuttavia, può peggiorare ernie cerebrali concomitanti e per questo motivo si tende a non farla.
L’esame invece a tutt’oggi più usato perché semplice, sensibile e non invasivo, è la RM ed entro certi limiti
anche la TC. Noteremo con il neuroimaging, diminuzione degli spazi ventricolari, segno della sella vuota,
eventuali shift assiali dell’encefalo ed ernie..
Infine può essere applicata la misurazione transcranca della PIC, attraverso cateteri intraparenchimali,
intraventricolari o intrameningei, collegati ad un sensore. Questa soluzione è preferita in pz che debbano
monitorare costantemente la PIC (per esempio pz con trauma cranico moderato o grave).
Tra le terapie possibili ci sono interventi medici con diuretici oppure soluzioni saline ipertoniche.
Sicuramente efficace è anche l’intervento chirurgico, raccomandato nel caso ci sia una lesione occupante
spazio.
In un paziente con un encefalo sofferente e traumatizzato, è utile abbassare la temperatura, sedarlo con
tiopentano sodico, in modo da abbassare molto il metabolismo cerebrale. Mannitolo e soluzioni ipertoniche h
anno un ruolo importante per l'evacuazione di edemi derebrali, che invece, essendo acqua diffusa, non si
tratta chirurgicamente. Per maggiori chiarimenti sull’ipertensione intracranica, si rimanda al libro ed alle lezioni di Neurologia.
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FOCUS SULLE ERNIE CEREBRALI
Le ernie cerebrali riguardano principalmente:
l'uncus dell'ippocampo (SUBTENTORIALE), che spesso segue un ematoma epidurale dato dalla
rottura della meningea media. Comprime il mesencefalo e in particolare l'emergenza apparente
dell'oculomotore (III nervo cranico) che fuoriesce proprio presso il peduncolo cerebrale.
L'oculomotore ha varie funzioni: innerva muscoli estrinseci dell'occhio (retto superiore, inferiore e
mediale e obliquo inferiore), il muscolo elevatore della palpebra ed il muscolo sfintere della pupilla
oltre alle fibre per l'accomodazione. Detto ciò si può comprendere come un'ernia subfalcina possa
dare pupille anisocoriche (midriasi fissa omolaterale alla lesione). È doveroso ricordare però che
anche farmaci, droghe e condizioni congenite possono determinare anisocoria.
Se il danno del tronco evolve, si dilata anche l'altra pupilla. Se si danneggia anche il mesencefalo, si
danneggia successivamente il bulbo ed i nuclei del respiro: il paziente muore. Tale ernia può inoltre
comprimere il fascio piramidale, con disturbi motori eterolaterali.
C'è però una particolare condizione che associa midriasi fissa omolaterale ed emiparesi omolaterale:
la Sindrome di Kernachan: in questo raro e particolare caso, la lesione responsabile dell'erniazione
cerebrale non comprime a sufficienza il bulbo, ma lo spiazza e ne causa invece la compressione
controlaterale contro il margine del forame magno.
il giro del cingolo (SUBFALCINA): dà spesso compromissione delle arterie pericallose e in
particolare della cerebrale anteriore, il che può determinare paresi dell’arto inferiore.
le tonsille cerebrali dal forame magno, tipica di ematomi intraparenchimali o dei tumori cerebellari.
E' particolarmente pericolosa perchè comporta una compressione del bulbo da parte del cervelletto
ed una conseguente lesione del centro cardiorespiratorio. È quindi il tipo di ernia maggiormente
associata alle disautonomie, precocemente manifeste con bradicardia ed ipertensione arteriosa. Ciò
avviene per la sofferenza dei centri regolatori del tronco cerebrale e in parte come reazione alla
diminuzione dell’irrorazione cerebrale provocata dall’ipertensione stessa. I disturbi del ritmo
respiratorio insorgono in fase di ipertensione endocranica grave, e preludono all’exitus.
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TERAPIA DELLE ERNIE CEREBRALI: Le ernie cerebrali giovano spesso del trattamento
neurochirurgico. L’operazione è volta ad eliminare la lesione occupante spazio e diminuire la pressione
intracranica. Essendo le ernie una complicanza grave dell’ipertensione endocranica, il pz presenterà
verosimilmente un quadro complesso e notevole incremento della PIC. In queste lesioni, come avviene per
le emorragie post traumatiche, si preferisce perciò non rimettere subito l’osso in sede, ma la temporanea
assenza di parte della teca cranica contribuisce a creare spazio in più, occupato dal cervello, che diminuisce
dunque la pressione complessiva all’interno della scatola cranica. Dal foro lasciato aperto sulla parete del
cranio fuoriesce letteralmente il cervello, a volte anche in maniera importante, protetto da un patch durale
apposto dal chirurgo e ricoperto esternamente direttamente dalla cute. L’osso prelevato nella craniotomia, un
tempo era conservato nel sottocute dell’addome, oggi si invia nelle apposite “banche dell’osso” (che lo
preservano sterile) o si butta e si acquistano costosissime protesi su misura. Quando sarà risolto il problema
dell’ipertensione, si reimpianta l’osso (o la protesi).
NB: creare uno sfogo pressorio con la craniotomia, sia nelle ernie che nelle emorragie intracraniche, può a
volte determinare una lesione emorragica controlaterale, che costringe il chirurgo a rioperare il paziente.
Per concludere un discorso sui traumi cranici, è opportuno parlare anche un po’ di prevenzione.
Ci sono interessanti studi sulla prevenzione e sull'utilità dell'introduzione del casco, nella casistica degli
incidenti stradali.
Pare infatti aver abbattuto la quantità di trauma cranico dal 2,5 allo 0,8%, ma, allo stesso modo, sembra
aver aumentato l'incidenza di traumi cervicali.
Anche le Cinture di sicurezza rappresentano un presidio preventivo da conoscere, ma sono altresì le responsa
bili delle "seat belt fractures": fratture in flessodistrazione, gravi di tipo B.
IDROCEFALO Detto anche “water on the brain” è una condizione medica che determina l’accumulo di LCR nei ventricoli e
nelle cavità intracraniche con conseguente incremento della PIC. Può comportare allargamento del cranio
(specialmente nei bambini), cefalea, visione a tunnel, disabilità mentale e nei casi piò gravi può essere letale.
CLASSIFICAZIONE: l’idrocefalo viene classificato in base a
Etiopatogenesi, che può essere:
- ostruttiva
- da maggior produzione di liquor
- da minor riassorbimento di liquor
Insorgenza:
- Idrocefalo congenito: le cause sono per lo più genetiche, ma vengono da alcuni considerati
appartenenti a questo gruppo anche idrocefali perinatali acquisiti a causa di emorragie
intraventricolari dei neonati prematuri, infezioni, atresia o stenosi dell’acquedotto di Silvio,
malformazioni (per esempio quella di Arnold Chiari di tipo II con malformazioni della fossa cranica
posteriore o quella di Dandy Walker, esempio di malformazione cerebellare). Il neonato (o
comunque il bambino con fontanelle ancora aperte) con idrocefalo subirà un veloce incremento delle
dimensioni del cranio. Potranno associarsi irritabilità, ritardo di crescita, vomito frequente.. Col
tempo, le palpebre superiori retraggono, gli occhi sono rivolti verso il basso ("Sunset eyes") a causa
della pressione idrocefalo sul tegmento mesencefalico con paralisi uperiore dello sguardo.
Sopraggiunge astenia e ci può essere riduzione del visus. Il bambino può alla fine essere costretto a
letto. La quasi totalità dei bambini con spina bifida, meningocele o mielomeningocele alla nascita,
sviluppano un idrocefalo.
- Idrocefalo acquisito: condizione conseguente a tumori dell’encefalo, meningiti, infezioni, traumi
cranici ed emorragie.
Strutture coinvolte:
- Idrocefalo interno: molto più comune, con dilatazione dei ventricoli e dell’acquedotto di Silvio.
- Idrocefalo esterno: dilatazione degli spazi subaracnoidei. È una condizione benigna che si risolve
spontaneamente entro i 2 anni di età.
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Altra importante possibilità di classificazione dell’idrocefalo è distinguere le forme COMUNICANTI
dalle NON COMUNICANTI.
Idrocefalo comunicante: forma non ostruttiva, determinata da una disparità di produzione e
riassorbimento di liquor. Può avvenire per esempio per emorragie subaracnoidee o intraventricolari
che ostacolano la funzionalità delle granulazioni del Pacchioni e le funzioni di riassorbimento.
Anche meningiti o assenza congenita dei villi aracnoidei possono causare idrocefalo comunicante.
Infezioni, infiammazioni, emorragie e conseguenti cicatrizzazioni e fibrosi dello spazio sub
aracnoideo sono le maggiori cause che alterano il riassorbimento. Particolari forme di idrocefalo
comunicante sono:
Idrocefalo normoteso: presenta allargamento dei ventricoli e gli aspetti radiologici
dell’idrocefalo, ma una PIC normale o solo a volte aumentata, come si può rilevare da una
misurazione holter della pressione intraventricolare. Può rappresentare l’evoluzione di
forme ipertese o insorgere gradualmente, con una clinica più subdola.
idrocefalo ex vacuum: l’incremento dei ventricoli è causato non da anomalie della pressione
liquorale, ma dall’atrofia del parenchima cerebrale.
Idrocefalo non comunicante: presenta un’ostruzione a diversi possibili livelli:
- forame di Monro (forame di collegamento tra ventricoli laterali e terzo ventricolo) per esempio
con una cisti. Comporta dilatazione di uno o entrambi i ventricoli laterali
- acquedotto di silvio: elemento di comunicazione tra III e IV ventricolo, può essere ostruito per
varie cause, tra cui ricordiamo tumori, atresia, emorragie. Comporta dilatazione dei ventricoli
laterali e del terzo ventricolo.
- IV ventricolo: per esempio ostruito nella sindrome di Arnold-Chiari, determina dilatazione
dell’acquedotto e degli altri ventricoli.
- Forami di Lushka e Magendie: per esempio ostruiti nelle malformazioni di Dandy Walker
RM di un pz con idrocefalo, che mostra Schematizzazione del flusso liquorale
l’ampliamentodel volume dei ventricoli
laterali
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SINTOMATOLOGIA: i sintomi dell’idrocefalo sono gli stessi dell’ipertensione endocranica.
Una particolarità è rappresentata dall’idrocefalo normoteso, che si presenta con la triade di Hakim:
marcia a piccoli passi
perdita del controllo degli sfinteri
demenza
Normalmente tali sintomi compaiono nell’ordine riportato ed entro un certo limite, sono reversibili. I disturbi
della deambulazione sono in genere i primi a manifestarsi e gli ultimi a scomparire dopo l’intervento.
DIAGNOSI: la diagnosi è clinica, supportata dall’imaging radiologico, che evidenzia dilatazioni ventricolari
o degli spazi subaracnoidei. Può essere utile misurare la PIC con sondino intraventricolare o effettuare il test
della puntura lombare, per cui una sottrazione di liquor tramite rachicentesi, migliora immediatamente la
sintomatologia.
TERAPIA: è una terapia chirurgica.
Nelle forme ostruttive si cerca di ricostruire l’anatomia eliminando la cisti, il tumore o quant’altro
ostacoli il flusso di LCR.
In altri casi, (in caso di idrocefalo comunicante, oppure se l’ostruzione non può essere eliminata del
tutto, in caso di patologie congenite o di recidive..) si effettua uno shunt che rappresenti uno sfogo
pressorio per il liquor, attraverso una DVP, ovvero una derivazione ventricolo-peritoneale, facendo
passare un catetere sottocute fino al peritoneo, dove possa esser drenato il liquor in eccesso.
Un trattamento alternativo in alcuni pazienti selezionati, è la ETV (endoscopic third
ventriculostomy), con perforazione endoscopica del pavimento del terzo ventricolo, in modo tale da
mettere in comunicazione quest’ultimo con la cisterna basale e costruendo così uno shunt che
bypassi una eventuale ostruzione nell’acquedotto di Silvio o nel IV ventricolo. Questa metodica è
dipendente dall’anatomia individuale e dalla sede dell’ostruzione
Complicanze chirurgiche: oltre alle rare complicanze legate all’intervento ed alla ferita operatoria, si segnala
che i pazienti con DVP, possono presentare malfunzionamento del catetere, stenosi dello stesso o infezioni,
che li costringono a volte a reinterventi.
APPROFONDIMENTO SULLA CIRCOLAZIONE DEL LCR: il liquor è prodotto a livello dei plessi
corioidei, nei ventricoli cerebrali. Viene ottenuto attraverso un processo di “filtrazione” del sangue che
passa la barriera emato-liquorale (BEL), costituita da vasi piali affrontati a cellule dell’ependima. I
ventricoli sono in comunicazione tra loro (tramite i forami di Monro e l’acquedotto di Silvio) ed il liquor
prodotto passa da un ventricolo all’altro per poi giungere negli spazi subaracnoidei attraverso i forami di
Lushka e Magendie. Nello spazio sub aracnoideo, il LCR raggiunge le granulazioni del Pacchioni, site
lungo il decorso del seno sagittale superiore. Attraverso queste formazioni, viene riassorbito dal sistema
cerebrale venoso. Esiste un bilancio tra produzione e riassorbimento liquorale, tale che nel sistema nervoso
siano costantemente presenti tra gli 80 e i 150 ml di LCR.
Questo sistema può essere alterato in caso di ostruzioni, rara iperproduzione (per esempio causata da
papillomi dei plessi corioidei o iperplasia dei villi) ed alterazioni nel riassorbimento.
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LA COLONNA
CENNI DI ANATOMIA: L'uomo ha 33 vertebre, 7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali e 4‐5
coccigee. Fino a S1 tra le vertebre ci sono dischi che, come veri e propri ammortizzatori, evitano attriti tra i
corpi vertebrali. Se i dischi si consumano, si formano gli osteofiti che chiudono i canali di coniugazione, con
danno alle radici.
Si consiglia di studiare le seguenti immagini per un rapido ripasso anatomico.
NOTA BENE: Ci sono 7 vertebre cervicali ma 8 radici, perchè la radice C1 passa sopra la prima vertebra
cervicale (l'atlante) e la radice C8 passa sotto la settima. Ne consegue che le radici cervicali prendono il
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numero della vertebra che sta loro sotto (tranne C8, evidentemente), mentre dal tratto dorsale in poi,
prendono il numero della vertebra che sta loro sopra.
C'è poi un altro discorso a cui prestare attenzione: il midollo termina all'altezza di L1 (per alcuni L2),
successivamente abbiamo solo un fascio di nervi che impegna il canale vertebrale e prende il nome di "cauda
equina". Delle lesioni a questo livello possono causare la cosiddetta "SINDROME DELLA CAUDA
EQUINA" che è clinicamente manifesta con (non necessariamente tutti) i sintomi di:
1. Astenia degli arti inferiori (la clinica è tanto più importante quanto maggiore è il numero di radici
coinvolte)
2. Anestesia dei dermatomeri innervati dalle radici lese (è per questo importante avere un'idea dei
dermatomeri)
3. Dolore (Lombalgia e dolore agli arti inferiori)
4. Iporiflessia o ariflessia degli arti inferiori
5. Una possibile ritenzione urinaria iniziale che poi evolve in incontinenza urinaria
6. Incontinenza sfinteriale.
7. Impotenza
La sindrome della cauda può essere causata da diverse lesioni come
- Traumi: incidenti stradali, cadute, con fratture, traumi iatrogeni (per puntura spinale o anestesia
spinale mal eseguiti)
- Stenosi del canale vertebrale: per ernie, ematomi, neoplasie, processi degenerativi o malformazioni
congenite.
- Infiammazioni.
Tale patologia può essere diagnosticata con l'ausilio dei dati clinici, con un esame obiettivo neurologico ed
approfondimenti radiologici. La terapia può essere medica nel caso delle infiammazioni o in alcune ernie
(approccio conservativo), ma è più spesso chirurgica, con l'intento di ristabilire la fisiologica anatomia di
quel segmento vertebrale.
ERNIE DISCALI: prima abbiamo accennato al fatto che tra i corpi vertebrali, sono presenti dei dischi
che facilitano i movimenti articolari e creano spazio tra le vertebre. Come mostrato nella precedente
immagine, il disco intervertebrale è costituito da un nucleo polposo di collagene disorganizzato, circondato
da un anulus fibroso (fibrocartilagine ricco di fibre collagene).
Con l'età questi dischi possono essere interessati da patologie degenerative. Per esempio questi perdono
acqua (la cui percentuale passa dal 90% a 30 anni a meno del 70% ad 80 anni) e proteoglicani. Diminuisce
anche l’attività dei fibroblasti e la vascolarizazione. Ciò rende il disco meno elastico e più facilmente
comprimibile.
A causa di fenomeni degenerativi può accadere che diminuiscano gli spazi intervertebrali con eccessiva
sollecitazione articolare e conseguente spondilosi, formazione di osteofiti e riduzione delle dimensioni del
canale midollare. Avviene inoltre che il nucleo fuoriesca dall'anulus e vada a comprimere le radici nervose
presenti a quel livello, determinando la celeberrima ernia del disco. Se il disco erniato è ancora idratato si
parla di “ernia molle”.
La patologia è multifattoriale con predisposizioni genetiche (che spiegano ernie adolescenziali ed una certa
familiarità) e cause ambientali che spaziano dallo stile di vita sedentario, al sovrappeso, ad alcuni stress (per
esempio sollecitazioni meccaniche ripetute, sollevamento di carichi e cose simili che rendono tra l'altro
questa patologia una importante malattia professionale per autisti o per coloro che svolgono lavori
di manovalanza), ai traumi. Le ernie possono insorgere in qualsiasi tratto della colonna (con sintomatologie
diverse perchè interesseranno radici di nervi diversi), ma sicuramente le più diffuse sono a livello
lombosacrale e poi cervicale.
Interessano la popolazione maschile più di quella femminile e sono una patologia talmente comune che si
riscontra una sintomatologia attribuibile ad essa in più del 4% della popolazione over 35.
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Per il discorso anatomico di prima,
- un'ernia fino a L1 (massimo L2) può comprimere il midollo anteriormente (con serie conseguenze
sulla motilità del paziente perchè nel corno anteriore del midollo decorrono le fibre motorie)
- Nei segmenti lombosacrali successivi, un'ernia può associarsi alla sintomatologia della cauda equina
sopra descritta, perchè in questo tratto non ci sarà più il midollo, ma il fascio della cauda.
CLASSIFICAZIONE DELLE ERNIE: le ernie discali possono essere classificate per
Posizione: a seconda del tratto della colonna a cui appartengono distingueremo ernie cervicali,
dorsali, lombari o lombosacrali.
Grado di erniazione: si passa da degenerazione del disco, a protrusione, estrusione per finire
all’intrappolamento.
Rapporto con il midollo ed il forame di coniugazione: distinguiamo ernie laterali
(extra/intraforaminali), mediane o paramediane.
CURIOSITA’: le vertebre cervicali sono le più colpite nei traumi. In particolare sono coinvolte più frequentemente le
cervicali basse in quanto al termine della fisiologica cifosi dorsale, punto di flesso dove per motivi fisici si scaricano gli
stress meccanici dell’inter tratto cervicale.
Approfondimento sulle ERNIE
LOMBARI E LOMBO SACRALI:
sono 15 volte più frequenti delle
cervicali. Tipicamente si manifestano con
astenia dell'arto inferiore, lombalgia,
dolore e nei casi più gravi iposensibilità e
anestesia.
A questo livello, nucleo può dare ernia
- Laterale (extraforaminale o
intraforaminale): interessa la
radice della vertebra superiore
- Mediana o paramediana: interessa
la radice che prende il nome della
vertebra inferiore.
Esempio: ernia L4‐5. Se l'ernia è laterale
interessa la radice di L4. Se l'ernia è
mediana, coinvolge la radice di L5. Questo
è importante perchè per ogni radice c'è un
territorio di innervazione. Dunque è utile
dare un'occhiata a metameri, dermatomeri
e innervazione dei principali muscoli.
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Le ernie mediane e paramediane fino a L1comprimono il midollo, con sintomatologia anche grave,
soprattutto motoria: nel corno anteriore del midollo passa infatti il primo motoneurone della via piramidale.
Ernie importanti possono avere coinvolgimento del lemnisco mediano e delle vie sensitive posteriori,
schiacciate contro l’arcata posteriore (arcata ossea data dalla fusione delle due lamine vertebrali).
- La sintomatologia delle ernie mediane sarà bilaterale e più estesa, perché interesserà in maniera
variabile vie motorie e sensitive a livello centrale. A volte comporterà un conflitto vascolare con
relativo danno ischemico. Rara ma possibile la compromissione sfinteriale e disfunzioni sessuali.
- Le ernie paramediane con compressione midollare sono simili a quelle mediane, ma cominciano a
dare una sintomatologia più laterale: deficit motori omolaterali e sensitivi controlaterali.
- Ernie laterali daranno deficit neurologici più localizzati, colpendo solo una radice ed un nervo
periferico.
Ernie mediane e paramediane sotto L1 non comprimono il midollo (cfr. approfondimento su ernie lombari e lombosacrali).
VALUTAZIONE DELLE ERNIE: Nella valutazione delle ernie, in genere, si procederà
1. Considerando la clinica (astenia, dolore, parestesie, ipoestesie..) correlando i muscoli coinvolti con la
radice verosimilmente interessata: per esempio il tricipite della sura è innervato da S1, il quadricipite
dalle radici lombari L1‐L4. Inoltre il classico dolore del nervo sciatico si manifesta con
interessamento della faccia posteroesterna della coscia, faccia laterale della gamba, collo del piede
fino all'alluce e al secondo dito del piede.
2. Eseguendo un esame obiettivo mirato. Per esempio si eseguono
Test di forza come
- il Mingazzini per arti superiori o inferiori
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- Marcia sui talloni o sulle punte
- Test segmentari di forza facendo muovere un arto a vari livelli contro resistenza
Test di sensibilità, testando bilateralmente gli arti o il torace per valutare ipoestesie o anestesie.
Manovra di Laségue (per valutare ernie L5‐S1)
Manovra di Wasserman (Lasègue inverso, per le altre ernie lombari)
Segno di Spurling: è il corrispettivo del Laségue, ma usato per le ernie cervicali: la flessione laterale
del collo comprime ulteriormente le radici e provoca dolore
Abduction relief sign: il sollevamento di un braccio sopra la testa comporta decompressione
radicolare e quindi sollievo per il paziente.
Valutazione dei riflessi, di cui ricordiamo i principali
- Riflesso rotuleo valuta L4 (e forse in parte L5)
- Riflesso achilleo valuta S1
- Riflesso bicipitale valuta C5‐C6
- Riflesso tricipitale valuta C7
3. Eseguendo indagini radiologiche con
- RX: utile per studiare l’osso, soprattutto a livello cervicale se si sospettano osteofiti e riduzione delle
dimensioni del canale.
- RMN (a livello dorsale si eseguono immagini in flessione, estensione e posizione neutra del collo):
vedi l’ernia, la sua posizione, la consistenza (molle o dura), il grado, la sofferenza midollare, le
dimensioni.
4. Eseguendo potenziali evocati somato-sensitivi e motori, per valutare la compromissione e la
possibilità di recupero del nervo.
SINTOMATOLOGIA DI UN’ERNIA CERVICALE:
il pz riferisce
- Dolore:manifestazione più comune, con localizzazione posteriore paracentrale, riferito a trapezio,
romboide e spazio interscapolare. Può irradiarsi a spalle (71%), braccia (44%), avambracci (31%) e
mani (28%). Il 30% dei pazienti riferisce cefalea sub occipitale (per lo più cefalea tensiva). Il dolore
determina una rigidità antalgica e l’assunzione di una posizione leggermente flessa del collo, con cui
il soggetto prova sollievo.
- Ipoestesia e parestesa (formicolii) fino all’anestesia.
- Deficit motori ed astenia: Sono diminuiti i movimenti di torsione e flessione laterale del collo (per i
motivi antalgici già evidenziati). D’altra parte può associarsi astenia dell’arto superiore, e
diminuzione dei movimenti di estensione.
NB: i movimenti perduti nella stazione eretta possono essere recuperati quando il soggetto è supino e
non grava sulla colonna il peso del cranio.
- Mielopatia: può determinare un disturbo dell’andatura e dell’equilibrio. Può associarsi clono e
danneggiamento delle vie lunghe, con riflesso radiale invertito, ipotrofia dei muscoli
interossei,deficit dei movimenti fini e Babinski positivo.
- Altri sintomi tra cui spesso vertigini, diplopia ed atassia.
SINTOMATOLOGIA DI UN’ERNIA LOMBOSACRALE
il pz riferisce
- Dolore: manifestazione più comune , con localizzazione lombare ed irradiazione posterolateralmente
alla coscia, lateralmente alla gamba e sul collo del piede lungo il dorso del piede fino al primo e
secondo dito.
- Ipoestesia e parestesia (formicolii) fino all’anestesia.
- Deficit motori ed astenia: all’inizio è inficiata la marcia sulle punte e sui talloni, poi viene ad essere
compromessa la normale deambulazione con appoggio plantare.
- Mielopatia
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Credo sia chiaro, da quanto detto fin qui, che può essere d’aiuto per localizzare clinicamente l’ernia,
una conoscenza base dei dermatomeri. La seguente illustrazione può aiutare a farsene un’idea.
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TRATTAMENTO ERNIE DISCALI: in genere si preferisce in prima istanza un trattamento
conservativo, con miorilassanti e cortisonici. Si consiglia al paziente un periodo di riposo. Nelle ernie
cervicali si prescrive un collare. In quelle lombo-sacrali, se il pz è in sovrappeso gli si consiglia di dimagrire
e fare nuoto a dorso senza sforzarsi troppo, nei momenti in cui non ha dolore.
In ogni caso, se questo atteggiamento conservativo non dovesse bastare ed il paziente riferisce persistenza di
dolore ed astenia, oppure in caso di particolari indicazioni radiologiche, si procederà all'intervento
chirurgico.
Bisogna informare il paziente che, se non sottoposti a quella che comunque è una chirurgia semplice della
colonna, il dolore potrebbe diminuire, ma l'astenia aumenta inesorabilmente per denervazione completa, che
da un lato allevia quindi la sintomatologia algica, dal'altro peggiora la motilità, fino a dare spesso esiti
invalidanti.
L'intervento lombare si effettua ormai in maniera microinvasiva, con un taglio cute di 3 cm e si puó
procedere all'asportazione del disco con l'ausilio del microscopio o dell'endoscopio. a volte può essere
richiesta ed applicata contestualmente una stabilizzazione della colonna tramite un fissaggio con le viti.
L'intervento dura meno di un'ora e solo l'1% presenta complicanze che variano da:
- Infezioni
- Recidive di ernie
- Rottura del sacco durale (che, ricco di zuccheri, impedisce la riparazione della ferita e comporta
spessissimo infezioni)
- Eccessiva fibrosi cicatriziale
- Permanenza del dolore.
La chirurgia delle ernie cervicali può essere invece più complessa, a seconda del livello. L’accesso è
anteriore, posteriore o combinato. In linea di massima l’approccio anteriore è preferibile perché crea un
trauma chirurgico minore ed offre la possibilità di rimuovere facilmente gli osteofiti. Tuttavia questo
approccio è limitato dal fatto che non si vedono le radici e non si lavora facilmente su più livelli (operazione
per cui è raccomandato un approccio posteriore), senza contare poi che si devono mettere in sicurezza e
risparmiare le diverse strutture del collo che si trovano anteriormente alle vertebre.
L’intervento sulla colonna cervicale ha qualche complicanza intraoperatoria in più di quello lombosacrale,
per via di un possibile danneggiamento proprio delle strutture anteriori del collo.
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NEOPLASIE ENDOCRANICHE
EPIDEMIOLOGIA: I tumori intracranici sono piuttosto frequenti ed in costante aumento negli ultimi anni.
- Incidenza negli adulti: 2-4,6% della popolazione ospedaliera e 6-12/100.000 abitanti per anno
- Incidenza nel Bambino: 2,5/100.000 bambini per anno (secondo tumore dell’infanzia dopo le
leucemie)
CLASSIFICAZIONE : i tumori endocranici sono divisi in base a diversi criteri
1. A seconda dell’origine:
PRIMITIVI: sono circa il 50% dei tumori intracranici
del parenchima
delle meningi
dei nervi cranici
di altre strutture: ipofisi, ghiandola pineale..
Linfoma non Hodgkin di origine sconosciuta.
SERCONDARI: rappresentano l’altra metà dei tumori intracranici
Metastasi di qualsiasi tumore periferico, a livello del SNC.
2. In relazione all’istotipo:
Meningioma: 26%
Glioblastoma: 23%
Astrocitoma (inclusi i NAS): 13%
Guaine nervose: 7%
Ipofisi: 6%
Altro: 25%
3. In relazione alla malignità (classificazione WHO):
GRADO I: guarigione o recidiva in un periodo maggiore di 5 anni. Tra questi ricordiamo
meningioma, adenoma ipofisario, craniofaringioma, papilloma del plesso, astrocitoma cistico..
GRADO II: sopravvivenza tra i 3-5 anni: Astrocitoma, oligodendroglioma, ependimoma, adenoma
ipofisario anaplastico, ependimoma paraventricolare, pineocitoma..
GRADO III: prognosi 18-36 mesi astrocitoma anaplastico, oligodendroglioma anaplastico,
meningioma anaplastico ed ependimoma anaplastico.
GRADO IV: prognosi inferiore ai 18 mesi medulloblastoma, glioblastoma, sarcoma e linfoma
4. Per frequenza in fasce d’età:
0-20 anni: Medulloblastoma, Astrocitoma cerebellare, Ependimoma, Craniofaringioma, glioma
ottico, Pinealoma, Teratoma
20-40 anni: Meningioma, Glioma emisferico, Adenoma ipofisario, Emangioblastoma
40-60 anni: Glioblastoma, Metastasi, Oligodendroglioma, Astrocitoma, Meningioma,
Emangioblastoma, Neurinoma VIII n.c.
60-80 anni: Meningioma, Glioblastoma, Neurinoma dell’acustico.
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SEGNI E SINTOMI TUMORI INTRACRANICI: hanno una buona variabilità e sono distinti in:
Sintomi irritativi (crisi comiziali): tutte le crisi epilettiche, in ogni età, devono sempre essere messe
in diagnosi differenziale con un tumore, attraverso lo studio radiologico con RM e gadolinio.
Sindromi neurologiche in rapporto alla sede: sintomi vari, dalle classiche alterazioni motorie e
sensitive (es. sull’etmoide darà anosmia, a livello cerebrale disturbi visivi...), ad alterazione della
personalità: il pz può diventare apatico e depresso, poi confuso e obnubilato, fino al coma.
Ipertensione endocranica: il tumore rappresenta una lesione occupante spazio e, in quanto tale, può
causare aumento della PIC seguendo la teoria di Monro-Kellie. Segni e sintomi dell’ipertensione
endocranica sono stati già discussi. Preciso soltanto che l’insorgenza e la gravità dell’ipertensione
intracranica è legata anche alla posizione del tumore:
- Neoplasie sottotentoriali, in fossa cranica posteriore determineranno un più rapido incremento della
PIC e danni maggiori perché questo comparto è di dimensioni ridotte e la lesione occupante spazio
sviluppa precocemente effetti compressivi ed occlude facilmente il flusso liquorale. Le neoplasie
sottotentoriali, inoltre, hanno maggiori probabilità di comprimere il tronco encefalico, a causa dello
sviluppo di ernie delle tonsille cerebellari.
- Neoplasie sopratentoriali determinano più facilmente ernie del giro del cingolo e dell’uncus.
NB: Oltre a cefalea, vomito e papilledema, prestate attenzione ai disturbi psichici comportati dall’aumento
della PIC. Inizialmente possono manifestarsi cambiamento dell’umore e del carattere, apatia, depressione
Successivamente sindrome confusionale, tendenza alla sonnolenza, obnubilamento, torpore e infine coma.
Attorno al tumore si può creare un edema peritumorale vasogenico, per lo più per alterazioni delle giunzioni
dell’endotelio capillare.
Altri tipi di edema possono sopraggiungere nelle fasi
successive.
I tumori in assoluto più edematosi sono le metastasi.
Nell’immagine accanto è riportata una RM pesata in T2, con
una singola metastasi in sede parieto –occipitale e l’edema
ad essa associato. Tumori molto edemigeni sono anche i
glioblastomi ed a volte i meningiomi.
Questi ultimi non oltrepassano in genere l’aracnoide, ma,
qualora superino il piano aracnoideo, diventano
assolutamente edemigeni.
NB: Essendo accumuli interstiziali di acqua, gli edemi
saranno iperintensi in T2.
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INDAGINI RADIOLOGICHE RICHIESTE NEI TUMORI CEREBRALI
RX dirette
TAC ed RMN cerebrale con mezzo di contrasto: sono le indagini radiologiche più importanti per
la diagnosi di neoplasia cerebrale. Consentono la visualizzazione diretta del tumore, dei suoi effetti
compressivi ed edemigeni sul parenchima cerebrale, della distorsione o dilatazione del sistema
ventricolare e del coinvolgimento dei più importanti vasi endocranici. In molti casi consentono di
ipotizzare con una certa precisione il tipo istologico della neoplasia, e forniscono utili informazioni
sulla aggredibilità chirurgica.
Spettroscopia L’esame spettroscopico evidenzia, nella maggior parte dei tumori, anomalie
metaboliche legate a 5 metaboliti maggiori : N-acetil aspartato (NAA), complesso creatina-fosfoCr
(Cr/PCr), Colina (Cho), acido lattico( Lac ) e lipidi( Lip). Il più osservato in assoluto nella pratica
neurochirurgica è la colina.
La Cho proviene principalmente da intermediari del metabolismo dei fosfolipidi come la fosfo-Cho e
la glicerofosfo-Cho, ciascuna delle quali gioca un ruolo importante nella struttura e nella funzione
delle cellule di membrana. Conseguentemente, l’incremento della Cho può essere riscontrato in
processi di elevato tournover cellulare di membrana, ma anche in processi di disfacimento e
degradazione delle membrane, secondari a qualsiasi noxa patogena. In quanto indice di
proliferazione, la colina dà un’idea dell’aggressività della lesione e quindi della sua malignità.
FOCUS SULL’EDEMA CEREBRALE: per edema cerebrale si intende una condizione medica
distinta dall’ematoma, consistente in un accumulo di liquidi nello spazio interstiziale.
Può essere di diversi tipi, ognuno con differente patogenesi e composizione:
- Vasogenico: per alterazione della BEE, costituito per lo più da acqua, Na e proteine, che si
accumulano in spazi sia extra che intra cellulari
- Citotossico: risultante da una alterazione metabolica, per cui le cellule non producono ATP, che
possa far funzionare le pompe di scambio NA/K, per cui rimane Na nella cellula e si accumula
acqua al suo interno, provocandone la sofferenza funzionale e la morte cellulare.
- Osmotico: edema intra/extracellulare, creatosi per gradiente osmotico.
- Idrostatico: accumulo di acqua e Na a livello extracellulare per un bilancio idrostatico.
- Interstiziale: composto da Liquor oaraventricolare, causato da ipertensione ventricolare.
I tumori più edemi geni sono sicuramente le metastasi, seguite da glioblastomi e, a volte i meningiomi
TERAPIA EDEMA:Si esegue una somministrazione endovenosa in bolo rapido di Mannitolo (100 cc
ogni 4 ore, con una prima somministrazione può essere anche di 150-200 cc). In casi molto gravi,
l’effetto può essere potenziato dalla successiva somministrazione di Lasix e.v. Il Mannitolo deve poi
essere sospeso con gradualità, per evitare il fenomeno del rebound. Va considerato che un trattamento
del genere potrebbe comportare danni renali, riscontrati poco frequentemente nella pratica clinica.
Se il paziente incosciente o torpido va cateterizzato, perché l’effetto diuretico è ingente e rapido. Gli si
somministra alimentazione per sondino nasogastrico, per evitare il rischio di broncopolmoniti e per
evitare decubiti è opportuno un frequente cambio di posizione, almeno ogni tre ore, e richiedere
materassino antidecubito. La posizione del pz sul letto deve assicurargli la pervietà delle vie aeree (per
esempio, col capo di lato, perché lingua e saliva non ostruiscano il assaggio d’aria). In subacuto, il
soggetto con edema va trattato con cortisonici per via intramuscolare o per os. Ad esempio, nella
quotidiana pratica neurochirurgica è molto usato il Bentelan (4 mg I.M. due o tre volte al dì) a cui vanno
associati gastroprotettori.
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RMN Funzionale ed Angiografia cerebrale:esami radiologici attraverso i quali si effettuano studi
anatomici preoperatori per individuare aree eloquenti e vasi nelle vicinanze del tumore. Ciò permette
di preparare e gestire al meglio l’intervento chirurgico e costruire modelli stereotassici per la
neuronavigazione.
TERAPIA TUMORI INTRACRANICI
Terapia dell’ipertensione endocranica: si può provare ad abbassare la PIC con Cortisonici e
Diuretici (osmotici, diuretici dell’ansa e inibitori dell’anidrasi carbonica). Spesso è indicata invece
una soluzione chirurgica, con il drenaggio ventricolare.
Terapia chirurgica: prevede rimozione completa o parziale della lesione tumorale, in rapporto alla
natura ed alla sede della neoplasia. Nei tumori benigni (meningiomi, neurinomi, etc.) la rimozione
totale costituisce l’obiettivo primario, teoricamente sempre possibile per l’esistenza di un piano di
clivaggio tra tumore e parenchima cerebrale. Tuttavia a volte ciò non avviene per l’infiltrazione di
vasi arteriosi, di seni venosi o di nervi cranici importanti. Al contrario i tumori della serie gliale, data
la loro tendenza infiltrativa, non possono in linea generale essere asportati completamente, salvo casi
particolari (astrocitoma cistico, ependimoma ventricolare). Il chirurgo può essere supportato da
diversi strumenti, tra cui ricordiamo la neuronavigazione , un sistema stereotassico simile al
funzionamento di un GPS, che riconosce la posizione di un pointer (puntatore) sul cervello,
contestualizzandola nell’immagine RM. In questo modo l’operatore riesce ad orientarsi meglio e
preservare le aree funzionalmente importanti vicino alla neoplasia. Un Neurochirurgo può inoltre
fare affidamento su alcune indagini intraoperatorie, a partire da quelle neurofisiologiche per finire
all’imaging di ecografie e RM intraoperatorie. Avere una risonanza magnetica in sala, per quanto
comodo, è molto raro e costoso, basti pensare che quella del S. Andrea è l’unica in Italia.
Radioterapia: può effettuarsi secondo vari modelli, tra cui
- Radioterapia esterna convenzionale (Tradizionale, Whole brain, Conformazionale..)
- Radioterapia esterna stereotassica (gamma-knife, acceleratore lineare...)
- Radioterapia interstiziale (Au198, Ir192, I125): non più adoperata
- Radioterapia endocavitaria (Y90, P32, Re186): non più adoperata
i diversi istotipi tumorali rispondono in maniera differente alle terapie radiologiche:
- tumori ad alta radiosensibilità sono medulloblastomi, germinomi, pinealoblastomi,
ependimomi anaplastici e linfomi. In genere sono più radiosensibili i tumori maligni.
- tumori a media radiosensibilità possono essere Glioblastomi, astrocitomi anaplastici ed
oligodendrogliomi anaplastici
- tumori a bassa radiosensibilità sono infine Astrocitomi e oligodendrogliomi a bassa
malignità. Anche le metastasi sono poco passibili di radioterapia.
Chemioterapia: un tempo si effettuava con diversi chemioterapici. Nella pratica attuale si utilizza
principalmente temozolomide, mentre persiste in alcuni casi l’impiego di cisplatino e carboplatino.
Può essere indicato per pazienti selezionati l’impianto del Gliadel, in aggiunta all’intervento
chirurgico ed alla radioterapia. Ciascun Gliadel contiene 7,7 mg di carmustina (una mostarda
azotata). Se la dimensione e la morfologia della cavità di resezione lo consentono, si raccomanda di
posizionare un massimo di otto impianti. Questa misura è molto costosa, perciò principalmente si
effettua in pz giovani con indicazione specifica.
Immunoterapia è una possibilità terapeutica che in passato ha riscosso molto successo, ma che oggi
sta scemando nella pratica, perché rivelatasi poco efficace. Essa prevede ad esempio l’impiego di: - BCG
- Ciclofosfamide
- Antagonisti della prostaglandin-sintetasi
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- Anticorpi monoclonali specifici veicolanti farmaci antiblastici o isotopi radioattivi
- Inibitori della neoangiogenesi (sono attualmente i più usati in immunoterapia)
Per le caratteristiche cliniche, prognostiche e radiologiche dei singoli istotipi tumorali si rimanda ai testi di Neurologia e
Neuroradiologia. Tuttavia riporto alcuni consigli ed indicazioni del Professor Raco.
In Neurochirurgia facciamo molto affidamento sulle immagini radiologiche. La posizione, la forma ed il
segnale delle lesioni sono spesso indicative per un sospetto istotipico.
.
Il MENINGIOMA è una lesione che origina dalle meningi.
Ha perciò una collocazione periferica all’interno della
scatola cranica. Caratteristico è il segno della “dural tail”,
iperintensità di segnale a forma di coda: posto alla base della
neoplasia, questo segno indica l’origine meningea ed è
importante per una diagnosi differenziale con le neoplasie
più periferiche del parenchima cerebrale. I meningiomi
rappresentano quasi il 30% delle neoplasie endocraniche e
sono per il 95% benigni, a lenta crescita. L’operazione
chirurgica è indicata solo se sintomatici e di grandi
dimensioni, altrimenti si preferisce un atteggiamento di
follow up, con risonanze annuali di controllo. Al contrario
un meningioma può essere inoperabile se invade il seno
longitudinale, al margine del quale è solito collocarsi.
In genere più il tumore è differenziato, più appare uniforme,
regolare e distinto all’imaging.
Tumori come il GLIOBLASTOMA, invece, presentano
un’intensità disomogenea (per lo più simile a quella
parenchimale), limiti irregolari e necrosi.
A distanza di poche settimane aumentano moltissimo di
dimensione
Nell’encefalo inoltre, possono costituirsi lesioni tipiche
dei nervi periferici, a causa della presenza endocranica dei
nervi cranici. Una di queste lesioni è il NEURINOMA,
tumore benigno della guaina del nervo. Il più frequente è
senza dubbio quello a carico dello stato-acustico
(mostrato nella RM qui a lato). Tipica di questa lesione è
la “coda” descritta dalla risonanza, che si addentra nel
meato acustico interno e lo slarga.
Altri neurinomi comuni sono quelli dei nervi misti,
ovvero del IX, X ed XI nervo cranico, detti misti perché
veicolano fibre sia motorie che sensitive.
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TUMORI MIDOLLARI
Si tratta di lesioni meno frequenti di quelle nel SNC, che si sviluppano, come intuibile, nel midollo spinale.
SINTOMATOLOGIA: simile a quella descritta per le ernie più gravi.
A livello lesionale (cioè all’altezza del metamero leso):
Sintomatologia sensitiva per interessamento delle corna posteriori o delle radici posteriori,
irritativa (dolore cornuale “a morso di cane”, iperalgesia) o deficitaria (ipo-anestesia
termodolorifica)
Sintomatologia motoria per interessamento delle corna anteriori o delle radici anteriori
(paralisi periferica flaccida, con ipotono, ipotrofie, areflessia tendinea e fascicolazioni)
A livello sottolesionale (al di sotto del metamero leso):
Sintomatologia sensitiva per interessamento del fascio spinotalamico (ipo-anestesia
termodolorifica) e/o interessamento dei cordoni posteriori (dolori cordonali, atassia, perdita
della sensibilità vibratoria)
Sintomatologia motoria per interessamento del fascio piramidale (paralisi spastica, con
iperreflessia e ipertono)
Perdita del controllo sfinterico
La sintomatologia varia a seconda della localizzazione del danno:
Danno cervicale alto (C1-C4):
Sint. lesionale: Paresi flaccida del trapezio, sternocleidomastoideo e diaframma. Possibili
disturbi respiratori (fenomeno di Ondina, apnea durante il sonno, per lesione dei centri
respiratori)
Sint. sottolesionale:Tetraplegia spastica, anestesia degli arti e del tronco, disturbi sfinterici
Lesione cervicale bassa (C5-T1):
Sint. lesionale: paresi periferica degli arti superiori, anestesia termodolorifica degli arti
superiori
Sint. sottolesionale: paresi spastica degli arti inferiori (paraparesi spastica), anestesia agli
arti inferiori con livello superiore indicante il livello di lesione, disturbi sfinterici
Sindrome di Bernard-Horner, per interessamento del centro simpatico cilio-spinale C8-T1
Lesione dorsale:
Sint. lesionale: paralisi periferica dei muscoli intercostali e addominali, anestesia
termodolorifica a banda, dolori a cintura.
Sint. sottolesionale: paraparesi spastica, ipo-anestesia degli arti inferiori con livello superiore
che indica il livello di lesione, disturbi sfinterici
Lesione lombare superiore (L1-L4):
Lesionale: paresi flaccida del quadricipite, con difficoltà a salire e scendere le scale, riflesso
rotuleo abolito, anestesia della faccia anterire della coscia e del lato mediale della gamba
Sottolesionale: paresi spastica dei muscoli posteriori della coscia e gamba, iperreflessia
achillea, Babinski…
Lesione dell’epicono (L5-S2 o S2):
Paralisi periferica dei muscoli della gamba, con “steppage”, dei glutei e dei muscoli
posteriori della coscia
Abolizione dell’achilleo
Dolori e ipo-anestesia del piede, faccia posteriore coscia e gamba e faccia anteroesterna della
gamba
Turbe sfinteriche (ritenzione vescicale e rettale)
I sintomi sono bilaterali e simmetrici
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Lesioni del cono (S3-S5):
Paralisi della vescica e del retto
Abolizione dell’erezione e dell’eiaculazione
Anestesia a sella (regione perineale, genitali esterni)
Dolori perineali
Raramente tale sindrome è pura, più spesso sono interessate anche le radici
Lesioni della cauda: sindrome della cauda (cfr sindrome della cauda equina)
SINDROMI ASSOCIATE AI TUMORI MIDOLLARI:
S. di BROWN SEQUARD: sindrome neurologica caratterizzata dalla perdita permanente
delle funzioni sensitive e motorie (anestesia permanente, atassia e paralisi) causata da una
lesione di una sola metà del midollo spinale e disfunzione del fascio spinotalamico
(sensibilità termodolorifica), del fascio piramidale (motilità volontaria) e dei cordoni
posteriori (sensibilità profonda), con anestesia termica e dolorifica, paralisi spastica e
abolizione della sensibilità profonda, tattile e discriminativa.
S. di BERNARD-HORNER: danno del sistema Nervoso simpatico, con prevalenza del
Sistema parasimpatico, con ptosi palpebrale, miosi, enoftalmo ed anidrosi, spesso per traumi
ostetrici o associata nell’adulto a tumori (per lesione o compressione del tronco encefalico).
S. della CAUDA EQUINA: vedi paragrafo specifico.
S. SIRINGOMIELICA: formazione anomala di una o più cisti o cavità all'interno
del midollo spinale.
Tale cavità viene chiamata "siringa", dilata il midollo stirando i tessuti nervosi.
La diagnosi si fa con la RM (con la quale si vede la “siringa”) ed il trattamento consisterà
principalmente nell’operazione chirurgica, con cui si drena il cavo (“si svuota la siringa”).
L’operazione non è scevra da rischi, legati alla lesione del midollo ed all’infezione della
ferita chirurgica. In un pz in condizioni statiche da diverso tempo si può per questo prendere
in considerazione una semplice terapia con antidolorifici.
L’etiologia della lesione è varia, può essere congenita (es. malformazione di Chiari) o
acquisita (per traumi, infezioni, emorragie o tumori). IL pz presenterà una tipica
- Sintomatologia sensitiva, per interruzione delle fibre spinotalamiche nel tratto in
cui si decussano attorno al canale centrale dell’ependima e per la distruzione delle
corna posteriori. Ne consegue un’anestesia dissociata (ossia solo termodolorifica) e
sospesa (cioè caratterizzata da un livello preciso a cui si instaura); interessa più
frequente il tronco e degli arti superiori
- Sintomatologia motoria per distruzione delle corna anteriori: paresi amiotrofica a
livello della lesione, che interessa frequentemente gli arti superiori e soprattutto le
mani.
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CLASSIFICAZIONE DEI TUMORI MIDOLLARI: i tumori midollari si dividono in
Extradurali: metastasi, tumori ossei primitivi, cordomi, condromi, Linfomi, Neurinomi (rari)
Intradurali:
Extramidollari: neurinomi, meningiomi.
Sono quasi esclusivamente benigni. I neurinomi sono caratterizzati da dolore monoradicolare,
soprattutto in clinostatismo. Nei meningiomi invece, si manifesta (prevalentemente nelle donne)
una lenta paralisi progressiva.
Intramidollari: astrocitomi, ependimomi, angiomi cavernosi.
la sintomatologia di questi tumori ha i tipici tratti delle lesioni compressive:
- Ipo-anestesia sospesa e dissociata (sindrome siringomielica)
- Dolori cornuali (“a morso di cane”)
- Paresi a lenta evoluzione
- Disturbi sfinterici
Per quanto riguarda la prognosi ed il trattamento, gli ependimomi sono solitamente ben
clivabili dal tessuto sano (possibile rimozione totale).
Gli astrocitomi sono invece infiltranti, e spesso è possibile eseguire solo una decompressione.
Extra-intradurali: neurinomi a clessidra e cordomi.
sono quasi sempre maligni e caratterizzati da un forte dolore, rapida evoluzione verso la plegia e
frequente instabilità della colonna con crolli vertebrali.
TUMORI DELLA GIUNZIONE CRANIOSPINALE: sono neoplasie che si collocano tra l’estremità
superiore del midollo e la porzione inferiore del cranio. Si tratta per lo più meningiomi e neurinomi, che si
manifestano in questa sede con tetraparesi spastica (a volte ad andamento atipico), disturbi dei nervi cranici
inferiori, deficit cerebellari e disturbi sfinterici. I tumori in questa sede presentano problemi chirurgici
notevolmente differenti dal resto dei tumori spinali.
TUMORI DEL CONO-CAUDA: si tratta soprattutto neurinomi ed ependimomi a livello del cono
midollare e della cauda, dalla tipica sintomatologia con anestesia a “sellino”, disturbi sfinterici e paraparesi,
frequentemente con aspetti misti (spastica-flaccida).
DIAGNOSI: ancora una volta si ottiene una diagnosi con il Neuroimaging. Per i tumori spinali si
preferiscono le immagini di RM con Gadolinio, che ha sostituito del tutto Mielografia e MieloTC.
Per approfondire.. Il meningioma della giunzione cranio-spinale rappresenta il 2% dei meningiomi ed il
75% delle lesioni benigne intramurali extramidollari e si presenta con le stesse caratteristiche
epidemiologiche di tutti i meningiomi.Sono quasi sempre anterolaterali (originando dal tratto compreso tra
la porzione inferiore del clivus e C2 o in quello tra tubercolo giugulare laterale e margine superiore di C2) .
Rara è l’origine posteriore dalle meningi cranio-spinali comprese tra la squama occipitale e C2. Si dividono
in spino-craniali e cranio-spinali, a seconda che originino sotto o sopra il forame magno e progrediscano
rispettivamente in senso craniale o verso il midollo spinale. A seconda dell’impegno del forame magno si
dividono in piccoli (< 1/3 del diametro), medi (< ½ del forame) e grandi (> ½ del forame).
l’operazione chirurgica è gravata da una relativamente elevata mortalità perioperatoria.
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PROGNOSI: la prognosi è notevolmente influenzata dalla tempestività della diagnosi. Il paziente che è già
plegico, infatti, ha scarsissime possibilità di ripresa dopo l’intervento. È ormai accertato che la prognosi
funzionale è tanto migliore quanto minori sono i deficit preoperatori.
TRATTAMENTO DEI TUMORI MIDOLLARI: è quasi esclusivamente un trattamento chirurgico.
La chirurgia del midollo spinale è molto più delicata di quella cerebrale ed i suoi risultati dipendono
principalmente dalla natura e dalla posizione della lesione. Tuttavia la prognosi è in anni recenti molto
migliorata, grazie a
diagnosi più precoce ( per l’introduzione di indagini diagnostiche più appropriate come la RM)
adozione di nuovi strumenti, come l’aspiratore ad ultrasuoni
monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio.
Per quanto riguarda l’esito chirurgico e funzionale
I tumori intradurali-extramidollari hanno in generale una prognosi molto buona; assai spesso è
possibile l’asportazione totale, con buone prospettive di recupero funzionale postoperatorio
Nei tumori intramidollari è più difficile ottenere un’asportazione completa, perché sovente infiltrano
il parenchima midollare; l’intervento è maggiormente a rischio per la funzione.
I tumori extradurali, spesso maligni, possono avere una buona prognosi immediata, con recupero dei
deficit funzionali preoperatori grazie alla decompressione chirurgica d’emergenza. Tuttavia la
prognosi a medio e lungo termine è infausta nella maggior parte dei casi.
In aggiunta all’intervento chirurgico si può effettuare un trattamento radioterapico, indicato in alcune
Neoplasie maligne tra cui l’ependimoma anaplastico, l’astrocitoma anaplastico ed il glioblastoma.
Bisogna considerare poi che alcuni tumori del midollo spinale sono molto aggressivi e determineranno, con
Ogni probabilità, una instabilità della colonna e crolli vertebrali in poco tempo.
Compito del neurochirurgo, allora, sarà anche stabilizzare la colonna attraverso un intervento sulle vertebre
Crollate, con l’ausilio di placche e viti.
Alle vertebre sane, sopra e sotto la lesione, verrà fissata posteriormente una placca in titanio, che passi perciò
A ponte sulle vertebre crollate e scarichi gli stimoli meccanici dell’asse, sotto al segmento danneggiato.
La stessa operazione chirurgica è tra l’altro indicata per stabilizzazioni della colonna con diversa etiologia.
L’osteoporosi, per esempio, è una frequente causa di crolli vertebrali soprattutto negli anziani.
Una causa che può richiedere stabilizzazioni della colonna nei giovani sono invece i traumi (basti pensare,
Per esempio, agli incidenti stradali) o la sindrome di Cushing (anche iatrogena) con fratture assiali associate.
Oggi, a volte, si preferisce alla placca una vertebroplastica, in cui i radiologi utilizzano un ”cemento” per
Operazioni percutanee di filling: bastano pochi ml di polimetilmetacrilato per riempire un corpo vertebrale.
Obiettivi vantaggi della vertebroplastica sono la minore invasività, la facile esecuzione e la minor degenza.
Otterremo infatti una immediata attenuazione della sintomatologia dolorosa dovuta al crollo.
Crepi..
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