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La mia tesi di laurea in Diritto Amministrativo: "La cd. pregiudizialità amministrativa: profili attuali". Un argomento attuale ed in continua espansione.
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Dott. Giuseppe Laviola
INTRODUZIONE
Il problema analizzato in questa ricerca lo si può inquadrare in questa
domanda: Il danneggiato, titolare di un interesse legittimo leso dalla
pubblica amministrazione, può chiedere il risarcimento dei danni
autonomamente dall'impugnazione e conseguente annullamento del
provvedimento illegittimo? Oppure tale azione risarcitoria è
subordinata all'azione di annullamento?
Il quesito fonda le sue radici già nella storica legge n. 2248 del 1865
allegato E, nella quale dagli articoli 2 e 4, si deduce che l'illecito
amministrativo dipenda dall'illegittimità degli atti
dell'amministrazione, e che di fronte ad atti formalmente legittimi è
preclusa la via processuale.
Si dovrà aspettare la legge n. 5995 del 1889 (che istituisce la IV
sezione del Consiglio di Stato), per arrivare ad una regola di
completamento del sistema, vale a dire la necessaria scissione tra
1
giudice chiamato a conoscere dei fatti costitutivi del diritto e colui che
dovrà pronunciarsi sul diritto stesso.
In un simile contesto la cd. <<pregiudiziale amministrativa>>, ossia la
necessaria impugnazione dell'atto amministrativo illegittimo per poter
richiedere l'azione risarcitoria, assolve a funzione di regola d'ordine
dei confini delle due giurisdizioni e di misura di coordinamento
dinamico delle relative decisioni, secondo una logica che finisce con
l'assegnare al momento demolitorio un deciso carattere fondante e
condizionante rispetto alla fase riparatoria.
Vi è da dire che prima del 1992 vi era una regola del sistema che
sanciva la non possibilità di chiedere il risarcimento dei danni nel caso
di violazione di interessi legittimi, al contrario di quanto avveniva per
i diritti soggettivi. Con la legge 142/1992 si è avviata una tappa, quella
di cominciare a riconoscere la tutela riparatoria (subordinata all'azione
di annullamento) a questa situazione giuridica soggettiva, che si è
conclusa con il d.lgs. 80/98 dove è definitivamente caduta la regola
della irrisarcibilità degli interessi legittimi, individuando nel giudice
amministrativo e nelle materie previste dal decreto nonché nei casi di
giurisdizione esclusiva, il potere di disporre del risarcimento danni.
La giurisprudenza amministrativa si è dimostrata, però, non all'altezza
2
di tale compito affidatogli dal legislatore, tanto da essere stata definita
in dottrina come <<pietrificata>>1. Fino a che non è intervenuta la
Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la famosa sentenza n. 500 del
1999 che ha riconosciuto la possibilità di chiedere il risarcimento dei
danni da lesione di interesse legittimo dinanzi al giudice ordinario,
senza la necessaria azione di annullamento dinanzi al giudice
amministrativo, dando una interpretazione innovativa all'art. 2043 c.c.
ponendolo in posizione primaria2.
Tale importante sentenza non è mai stata seguita dalla giurisprudenza
amministrativa, e non è stata di grande aiuto in tal senso nemmeno la
l. 205/2000, sia dei vari Tar che del Consiglio di Stato che con
l'ordinanza n. 4 del 2003 dell'Adunanza Plenaria ha ribadito la
pregiudiziale amministrativa, e la stessa Suprema Corte ha fatto
marcia indietro sempre nel 2003 con la sentenza n. 4538 che si è
dimostrata in linea con l'orientamento del Consiglio di Stato.
Anche la Corte costituzionale con la sent. 204/2004, pur non
intervenendo direttamente sul tema (si occupava di riparto di
1 R. Mea, “Risarcibilità per danni derivanti da lesione di interessi legittimi”, in Nuovo dir.,
1999, pag. 408 ss.
2 R. Garofoli, “Risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi all'indomani della
sentenza 500/99”, in www.giustit.it, 1999 – Relazione tenuta al Consiglio superiore della
Magistratura il 23 ottobre 1999.
3
giurisdizione), ha fornito degli utili criteri guida che sono stati
interpretati in modo differente a seconda che si sosteneva la
pregiudiziale amministrativa oppure l'autonomia dell'azione
risarcitoria da quella di annullamento.
E' cominciata una vera e propria querelle intorno al dibattito e gli
animi si sono riscaldati con continui botta e risposta tra la Corte di
Cassazione che (dopo l'isolata 4538/2003) ha affermato
prepotentemente il superamento della pregiudiziale amministrativa,
imponendo al giudice amministrativo nelle ordinanze 13659, 13660 e
19100 del 2006 di pronunciarsi sulle domande risarcitorie autonome, e
il Consiglio di Stato che nonostante tale imposizione continuava a
ritenere vigente la pregiudiziale, approfittando di un obiter dictum
nella ordinanza 12/2007 per porre fine alla questione. Ma le Sezioni
Unite si sono imposte anche dopo di esso, ed ancora più duramente.
In tutto questo la dottrina maggioritaria si è schierata a favore del
Consiglio di Stato e la sua difesa alla pregiudiziale, criticando più
volte il comportamento della Corte di Cassazione. Mentre la dottrina
minoritaria si è schierata a favore di quest'ultima. Tutti,
giurisprudenza amministrativa e civile, e dottrina hanno proposto
validi argomenti a sostegno dell'una o dell'altra tesi, invocando
4
all'unisono (specie le dottrina) un intervento deciso del legislatore che
calmasse un po' le anime.
Il legislatore è intervenuto, decisamente, soltanto nel 2010 (dopo
almeno dieci anni di conflitti) con la riforma del processo
amministrativo attuata con il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Non
accogliendo nessuna tesi proposta in dottrina e giurisprudenza, il
legislatore ha dimostrato nell'art. 30 di tale codice (sotto la dicitura
<<azioni di condanna>>), di ricorrere ad una soluzione di
compromesso.
Il legislatore, infatti, afferma l'autonomia dell'azione risarcitoria
prevedendo però un termine di decadenza (centoventi giorni) che pur
essendo più lungo rispetto a quello previsto precedentemente per la
tutela demolitoria, sia di molto inferiore al termine prescrizionale (di
solito quinquennale) insito nell'azione risarcitoria. Con la possibilità di
posticipare, <<nel corso del giudizio>>, tale termine nel caso in cui
venga esperita l'azione di annullamento.
Insomma il legislatore non ha convinto ancora una volta, tanto è vero
che il dibattito non si è concluso. Infatti per alcuni tale codice ha
decretato la fine della pregiudiziale amministrativa, per altri invece,
<<la disciplina dell’azione risarcitoria posta dall’art. 30 del Codice
5
risulti in linea con la legge delega che poneva come criterio il rispetto
degli orientamenti delle giurisdizioni superiori visto che la Corte di
Cassazione, proprio con sentenza delle S.U. Del 2008, si era attestata
su una posizione certamente avanzata rispetto a quella accolta dal
Codice e che, più in generale, si dubita che essa sia conforme al
principio costituzionale dell’effettività della tutela enfatizzato dalla
Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004 e posto come
principio generale del processo amministrativo dall’art. 1 del Codice.
Ma oggi l’art. 30 rappresenta la soluzione di diritto positivo con la
quale si deve fare i conti. In conclusione, sembra confermata
nell’impostazione del Codice la preminenza dell’azione di
annullamento che non è scalfita, nell’operatività concreta, né
dall’azione di nullità, né dall’azione risarcitoria pura>>3.
Morale della favola, la questione potrebbe durare ancora a lungo. Nel
frattempo l'Adunanza Plenaria, con una recente pronuncia (la n. 3 23
marzo 2011), affrontando la questione della pregiudiziale, alla luce
delle nuove disposizioni normative, sembra quindi aver
definitivamente ricomposto il mosaico sensibilmente articolato della
3 S. Zoppetti, “La pregiudizialità amministrativa. L'adunanza plenaria sembra mettere la parola
fine al secolare dibattito della pregiudizialità amministrativa.”, in www.businessjus.it, 15-04-
2011
6
pregiudizialità amministrativa alla luce delle nuova disposizioni del
codice del processo amministrativo.
Questo lavoro si articola in cinque capitoli così suddivisi: nel primo
capitolo si illustrerà quella che è la storia della pregiudiziale
amministrativa, che passa necessariamente dalla caduta della
irrisarcibilità degli interessi legittimi; nel secondo capitolo verranno
illustrati gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali prima del
<<nuovo codice del processo amministrativo>>; nel terzo capitolo si
valuterà come tale codice ha inciso sulla pregiudiziale amministrativa;
nel quarto capitolo ci si dedicherà alle reazioni in dottrina e
giurisprudenza all'indomani dell'intervento legislativo; infine, nel
quinto ed ultimo capitolo, si darà uno sguardo sommario al diritto
comunitario e degli Stati membri sul tema in esame.
7
Capitolo primo
L'ESEGESI STORICA DELLA PREGIUDIZIALE
AMMINISTRATIVA
1.1 L. 142 del 1992: apertura, attraverso il diritto comunitario,
alla risarcibilità degli interessi legittimi con l'applicazione
della pregiudiziale amministrativa
Il legislatore italiano nel reperire la Direttiva Comunitaria “RICORSI”
ha utilizzato l'art. 13 della legge n. 142 del 1992. La direttiva, che
aveva ad oggetto gli appalti pubblici, sanciva il diritto ad un
risarcimento dei danni all'imprenditore leso dalla violazione di regole
poste a tutela della libera concorrenza internazionale nei procedimenti
di ricerca del contraente privato preordinati all'affidamento di
commesse pubbliche, ma lasciava alla sovranità degli stati membri la
facoltà di subordinare tale risarcimento al previo accertamento
dell'illegittimità del provvedimento lesivo da parte di un giudice
speciale. Il legislatore italiano ha optato, in quell'occasione, per
8
l'utilizzazione di questa facoltà sancendo al II comma dell'art. 13 che
<<la domanda di risarcimento è proponibile dinanzi al giudice
ordinario da chi ha ottenuto l'annullamento dell'atto lesivo con
sentenza del giudice amministrativo>>, tenendo fede ai nostri classici
principi di riparto di giurisdizione, sconosciuti al di là dei confini
nazionali. E' regola generale, nel nostro ordinamento, che dal 1949 le
controversie sui diritti soggettivi spettino al giudice ordinario, mentre
quelle sugli interessi legittimi al giudice amministrativo, a tale regola
poi si contrappone quella residuale sancita dall'art. 103 Cost. il quale
prevede una giurisdizione per <<blocchi di materie>> che fa si che il
giudice amministrativo giudichi, quando espressamente previsto dalla
legge, anche sui diritti soggettivi. Tale criterio è stato poi rivisitato
dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 (la quale
verrà esaminata nel prossimo capitolo).
La dottrina auspicava che tale direttiva così come recepita dal
legislatore italiano venisse utilizzata per estendere l'area della
risarcibilità del danno, almeno alle ipotesi di lesione di interessi
legittimi negli appalti pubblici di dimensioni inferiori alla c.d.
<<soglia>> comunitaria. La Suprema Corte, era di tutt'altro avviso,
giudicando eccezionale l'art. 13 in questione. 4
4 L.V. Moscarini, “Risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi e nuovo riparto di
9
1.2 D.Lgs. 1998, n.80: Il superamento della regola che sanciva la
irrisarcibilità degli interessi legittimi, attraverso un nuovo
riparto di giurisdizione
Innovativa è stata, poi, la legge delega c.d. <<Bassanini>> del 1997,
n. 59, che ha delegato il governo ad attuare un <<nuovo>> riparto di
giurisdizione, ciò ha portato all'emanazione del d.lgs. 80/1998. Tale
decreto è da analizzare negli art. 33-35. L'art. 33 devolve al giudice
amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi (attuando
la delega) e specificandoli in sei lettere; l'art. 34 sancisce la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche in materia
edilizia ed urbanistica, facendo salva la giurisdizione del Tribunale
delle Acque e quella in materia di espropriazione; ma la vera
innovazione sta nell'art. 35 che così recita: <<il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione
esclusiva ai sensi degli art. 33 e 34, dispone, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno
ingiusto>>, ponendosi come fine quello della risoluzione del problema
circa la risarcibilità dei danni da lesione di interesse legittimo, fino ad
giurisdizione”, in Dir. proc. amm., 4/1998, pag. 803 ss. - L'autore ripercorre il percorso che ha
portato al superamento della irrisarcibilità degli interessi legittimi, analizzando soprattutto
l'evoluzione legislativa avuta dalla l. 142/1992 al d.lgs 80/98, affermando che per lui ci si è
avvicinati in questo modo al diritto comunitario.
10
allora negata. E lo fa attraverso quella che appariva l'unica via di
superamento in un sistema ancorato alla tradizionale distinzione tra
diritti soggettivi e interessi legittimi, vale a dire creando nuove aree di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, o di quello
ordinario. Nel risarcimento per equivalente l'amministrazione o il
gestore del pubblico servizio potevano formulare una proposta di
risarcimento, negoziabile, al danneggiato e nel caso in cui non si
raggiungeva l'accordo quest'ultimo poteva ottenere un <<giudizio di
ottemperanza>>, che attribuisce al giudice amministrativo non solo
una giurisdizione esclusiva, ma anche di merito. Infatti il giudizio di
ottemperanza si ha quando l'amministrazione non ottempera al
giudicato, ed in tal caso è data la possibilità all'interessato di utilizzare
il rimedio del ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo di
conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato,
disciplinato dall'art. 27, n. 4, t.u. Cons. Stato, e dall'art. 37, legge Tar.
Tale tipo di giudizio costituisce l'ipotesi più importante di
giurisdizione di merito, potendosi il giudice sostituirsi
all'amministrazione nell'esercizio dei poteri amministrativi. E'
importante il richiamo ad esso nella trattazione dell'art. 35 in quanto
viene proprio configurato un nuovo ambito nel quale può essere
11
utilizzato il ricorso per l'esecuzione e accentua il ruolo integrativo del
relativo giudizio, nel corso del quale si determina la sostanza
dell'obbligo dell'amministrazione.
Il risarcimento in forma specifica non era, invece, soggetto a
condizionamenti, richiamandosi a tal fine l'art. 2058 c.c., il quale
sancisce la regola secondo la quale la reintegrazione in forma
specifica può essere disposta dal giudice, sempre che il danneggiato
ne faccia esplicita richiesta, qualora essa sia <<in tutto o in parte
possibile>>, che è da applicarsi automaticamente nel momento in cui
vi è una nuova norma che attribuisce al giudice amministrativo
giurisdizione esclusiva in alcune materie, tra cui anche quella delle
gare, nella misura in cui presuppone l'applicazione anche rispetto a
posizioni di interesse legittimo della regola generale dell'art. 2043 c.c..
Con questo nuovo riparto di giurisdizione, venne superata la regola
della non risarcibilità dei soli interessi legittimi. Il superamento è solo
settoriale, ma comprende settori assai vasti, quali l'edilizia,
l'urbanistica, tutti i servizi pubblici e tutte le gare di affidamento di
pubbliche commesse. Queste innovazioni cominciarono ad avvicinare
il nostro ordinamento a quello comunitario. 5 6 7
5 Cfr. nota 1
6 “Risarcibilità degli interessi legittimi e pregiudiziale amministrativa”, a cura di L.V. Moscarini,
12
1.3 Giurisprudenza cd. <<pietrificata>> e sent. n. 500, del 1999
della Corte di Cassazione che rende autonoma l'azione
risarcitoria, dinanzi al giudice ordinario grazie ad una
nuova lettura dell'art. 2043 c.c.
Il passo avanti del legislatore e l'opera della dottrina sul tema della
risarcibilità degli interessi legittimi, non era stata accolta da una
giurisprudenza che sul tema è stata ritenuta <<pietrificata>>.
Era una massima costante, poi confermata dalla Corte Costituzionale,
l'affermazione della necessità del previo accertamento dell'illegittimità
dell'atto o del comportamento della p.a. per acconsentire al
risarcimento dei danni da lesione di diritti soggettivi, degradati ad
interessi legittimi8 9. Mentre questi ultimi, quando erano
<<semplici>>, erano privi di tutela giurisdizionale per quanto
riguardava il risarcimento dei danni. L'intervento di cui sopra, della
Corte Costituzionale, si rivelava non all'altezza del lavoro compiuto
dal legislatore, e in dottrina qualcuno ha attribuito ciò a ragioni
economiche, che risiedevano nel non voler esporre troppo la finanza
pubblica, e nella poca fiducia nel potere pubblico e di chi vi lavorava,
Torino, 2008
7 F. Caringella, “La pregiudiziale amministrativa: una storia infinita”, Milano, 2008
8 Cfr. Cass. civ., sez. III, 9 giugno 1995, n. 6542
9 Cfr. Corte cost., 8 maggio 1998, n. 165
13
ritenuto incapace di evitare danni derivanti da lesioni di interessi
legittimi.10
Nella sent. n. 500, del 1999 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite,
vi è stata una vera e propria svolta11 12. Viene posta una regola di
giudizio dove la risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi (che
hanno ad oggetto una utilità o un bene della vita che un soggetto
privato mira a conseguire tramite l'esercizio legittimo del potere
amministrativo) porta una valutazione in qualche modo ispirata alla
logica della spettanza, che è volta ad assicurare al soggetto agente ciò
che gli spetta di diritto; mentre gli interessi legittimi oppositivi (i quali
hanno sempre ad oggetto una utilità o un bene della vita che, però, un
soggetto privato già possiede e che mira a conservare attraverso
10 R. Mea, “ Risarcibilità per danni derivanti da lesione di interessi legittimi”, in Nuovo dir.,
1999, pag. 408 ss. - In questo articolo viene criticata la giurisprudenza che non ha accolto le
innovazioni del legislatore in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, ignorando anche
l'opera della dottrina che si era pronunciata sul tema.
11 A. Travi, “La giurisprudenza della Cassazione sul risarcimento dei danni per lesione di
interessi legittimi dopo la sentenza delle sezioni Unite 22 luglio 1999, n. 500/SU , in Foro it.,
3/2004, pag. 794 ss. - L'autore affronta le posizioni sulla pregiudiziale amministrativa che si
sono avute dalla sentenza 500/99 della Corte di Cassazione a sezioni Unite fino al 2003,
facendo notare che questa è stata criticata e non seguita dalla giurisprudenza amministrativa,
trovandosi in disaccordo anche con una sentenza della stessa Cassazione nella sentenza
4538/2003.
12 Cfr. Cass., SS. UU., 22 luglio 1999, n. 500
14
l'esercizio legittimo del potere amministrativo) sono del tutto
svincolati da essa e la loro risarcibilità si basa tutta sulla logica
oggettivante propria della tutela d'annullamento, la quale rimane
indifferente alla pretesa materiale dell'attore, in quanto l'interesse
sostanziale del cittadino è un risultato ulteriore, e non necessario, di
tale azione, che mira in maniera assolutamente prioritaria a realizzare
un interesse pubblico.
Dunque il problema di fondo riguarda l'autonomia oppure la
dipendenza dell'azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento.
La sentenza della Cassazione, e questo rappresenta una novità, si è
espressa a favore dell'autonomia, basandosi sul meccanismo
dell'illecito civile, che pone come norma primaria, e non strumentale
l'art. 2043 c.c. 13 14.
Ciò consente di far sorgere in capo al danneggiato un diritto
soggettivo al risarcimento dei danni, ogni qual volta vi sia una lesione
di un interesse legittimo. La sentenza delle Sezioni Unite ammette il
13 A.R. Tassone, “Giudice amministrativo e risarcimento del danno”, in Giust. amm., 5/2001,
pag. 528 ss. - L'autore rimarca la differenza di finalità tra l'azione risarcitoria e di
annullamento. Poi si sofferma approfonditamente sulla legge 205/2000 ed in particolar modo
sull'art. 7. Arriva a due conclusioni, la non utilizzabilità di questa legge per la risoluzione del
problema, ed infine la considerazione della regola della pregiudiziale amministrativa come non
cogente, in quanto non pacifica.
14 F. Cortese“La questione della pregiudizialità amministrativa”, Padova, 2007
15
risarcimento dei danni da interessi legittimi sia pretensivi che
oppositivi (l'art. 13 della l. 142/1992 era circoscritto agli interessi
legittimi pretensivi), optando per l'autonomia dell'azione risarcitoria
da quella demolitoria, considerando che il giudice ordinario può
compiere valutazioni sulla legittimità dell'atto in sede risarcitoria,
rendendo di fatto inutile la preventiva pronuncia del giudice
amministrativo sull'annullamento dello stesso15. In pratica
l'illegittimità dell'azione amministrativa verrà valutata dal giudice
ordinario come uno degli elementi costitutivi della fattispecie di cui
all'art. 2043 c.c..16 Nella motivazione della Suprema Corte si possono
15 G. Mari, “Tutela risarcitoria degli interessi legittimi; pregiudiziale amministrativa e natura
della reintegrazione in forma specifica, in Riv. Giur. edil., 6/2002, pag. 1357 ss. - Tale
articolo è una nota alla sentenza n. 3338 del 2002 del Consiglio di Stato, sancendo che
l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in questa pronuncia, fonda la pregiudiziale
amministrativa sul termine di decadenza utilizzato per l'azioni di annullamento. Vengono poi
analizzate sia le posizioni che sposano tale impostazione e quelle che la criticano.
16 S. Malinconico, “Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi: riparto di
giurisdizione e rapporto tra tutela demolitoria e risarcitoria, in particolare il caso
dell'occupazione illegittima, in Dir. proc. amm., 4/2006, pag. 1041 ss. - L'autore ripercorre le
posizioni della Corte di Cassazione sulla pregiudiziale amministrativa, facendo notare come
nelle sentenze n. 13659, 13660 e 13911 del 2006, venga imposta l'autonomia dell'azione
risarcitoria, facendo notare cosa differenzia e cosa accomuna tali pronunce alla storica sentenza
n. 500 del 1999. Le differenze con questa, si fa notare, stanno nel fatto che nel 1999 le sezioni
Unite attribuiscono la cognizione al giudice ordinario quale giudice dei diritti soggettivi,
mentre nel 2006 prendendo spunto anche dalle posizioni della Corte Costituzionale, la affidano
16
cogliere, quindi, alcuni punti fondamentali quali: a) affermazione della
centralità del danno rispetto alla condotta illecita; b) estensione
dell'area della risarcibilità, senza che assuma, a tali fini, rilievo
determinante <<la qualificazione formale della posizione giuridica
vantata dal soggetto>>; c) specificazione di tale principio alla luce dei
rapporti di diritto pubblico, per i quali la soluzione circa la
disponibilità del rimedio risarcitorio <<non è senz'altro determinata
dalla diversa qualità dei contrapposti interessi>>; d) superamento
della necessaria pregiudizialità dell'azione di annullamento rispetto a
quella risarcitoria.17 Autorevole dottrina e la giurisprudenza
amministrativa, hanno criticato, poi, il superamento da parte della
Corte di Cassazione della c.d. <<pregiudiziale amministrativa>>,
ascrivendo che il problema di essa, supera la distinzione tra nullità per
violazione di norme imperative (che trovano sempre applicazione e
al giudice amministrativo. Anche se l'interesse legittimo torna a <<sdoppiarsi>> come nel
1999, da un lato vi è l'interesse collegato all'esercizio del potere e tutelabile attraverso l'azione
di annullamento; dall'altro si colloca un interesse di natura esclusivamente sostanziale, fondato
sulla logica della <<spettanza>>.
17 G. Comporti, “Pregiudizialità amministrativa: natura e limiti di una figura a geometria
variabile”, in Dir. proc. amm., 2/2005, pag. 280 ss. - In questo scritto viene dato un ottimo
contributo al tema della pregiudiziale amministrativa, analizzandola a seconda degli ambiti
processuali ai quali si relaziona, affrontando le posizioni favorevoli e non a tale regola, ed
analizzando le posizioni della giurisprudenza.
17
non possono essere derogate dalla volontà delle parti) e quella per
violazione di norme ordinative (che possono invece essere derogate),
arrivando con un certo grado certezza (grazie sia al ripensamento della
stessa Suprema Corte e con la pronuncia dell'Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato n. 4, del 2003), anche se non unanime, ad affermare
che se il danno consiste nella violazione di una posizione giuridico-
soggettiva rientrante nella categoria degli interessi legittimi, che non
possono essere considerati, diversamente da quanto è stato invece
anche autorevolmente osservato, come defunti, l'interesse leso
dev'essere fatto valere con l'impugnazione dell'atto lesivo entro il
termine decadenziale breve (di sessanta giorni dalla conoscenza del
provvedimento previsto per l'azione di annullamento). Con la
consapevolezza che se tale termine scade, l'interesse leso viene
declassato ad interesse semplice e come tale non più protetto neppure
con l'azione risarcitoria, e questo anche se l'illegittimità deriva da una
norma imperativa violata18. All'interesse pubblico di questa, viene
preferito l'inoppugnabilità del provvedimento per scadenza del
18 L.V. Moscarini, “Risarcibilità degli interessi legittimi e responsabilità della pubblica
amministrazione e dell'aggiudicatorio”, in Cons. Stato, 4/2004, pag. 927 ss. - L'autore affronta
il problema di una possibile declaratoria di incostituzionalità dell'art. 7 della l. 205/2000,
facendo notare che in questo caso vi sarebbero dei risvolti anche a livello comunitario. Viene
poi spiegato meglio il problema della pregiudiziale amministrativa.
18
termine di decadenza19 20 21.
Nella sentenza in questione emerge però una disparità tra i portatori di
interessi oppositivi (in ogni caso risarcibili), e quelli di interessi
pretensivi i quali devono dimostrare che, secondo quanto era lecito
attendersi, la loro richiesta avrebbe dovuto trovare accoglimento da
parte della pubblica amministrazione. Secondo parte della dottrina,
così facendo le Sezioni Unite non hanno in quell'occasione ben
compreso il potenziale di ciò che poi hanno affermato, vale a dire
l'autonomia tra azione risarcitoria da quella di annullamento22.
1.4 Legge 2000, n. 205 ed il rapporto tra azione di annullamento e
di risarcimento secondo le tendenze tradizionalistiche della
dottrina
Prima della sentenza 500/99, l'unico giudice per le controversie tra
19 A. Travi, “Pregiudizialità dell'annullamento per lesione di interessi legittimi (osservazioni a
Cassazione 22 marzo 2003, n. 4538), in Foro it., 7-8/2003, pag. 2073 ss. - Nota approfondita
alla pronuncia 4538/2003 della Corte di Cassazione, facendo notare come questa misurandosi
con la giurisprudenza civile sulla responsabilità dell'amministrazione per provvedimenti
illegittimi, ma esprimendosi anche in termini più generali, sostiene che l'antigiuridicità dell'atto
lesivo non può essere conosciuta dal giudice civile in via incidentale.
20 Cfr. Cass., SS. UU., 22 marzo 2003, n.4538
21 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 26 marzo 2003, n. 4
22 Cfr. nota 9
19
cittadino e amministrazione autorità era il quello amministrativo. E la
legge n. 205, del 2000 sembra proseguire verso questa direzione, se
non fosse per l'ipotesi di affidare la tutela risarcitoria riconosciuta
dalla Corte di Cassazione su interessi legittimi veri o presunti, al
giudice ordinario. Oltre che a voler concentrare dinanzi ad un solo
giudice, ogni controversia tra privato e pubblica amministrazione che
abbia come presupposto l'illegittimità del provvedimento
amministrativo. Nel rapporto tra le due azioni trovano sfogo le
tendenze tradizionalistiche che portano alla subordinazione dell'azione
risarcitoria davanti al giudice amministrativo, nei confronti dell'azione
di annullamento.
La prima di queste tendenze è la permanente validità della c.d.
<<pregiudiziale amministrativa>>, ovvero l'affermazione che la tutela
risarcitoria può essere acconsentita, solo nel caso in cui venga accolto
il ricorso per l'annullamento del provvedimento cui si ricollega il
<<danno ingiusto>>, lamentato dal cittadino. La tutela aquiliana va
così perdendo la propria autonomia assiologica, e tende ad apparire
come una semplice appendice di quella caducatoria. Il giudice
amministrativo così, anche nella tutela risarcitoria, finisce con
l'operare sempre e comunque nella logica oggettiva dell'annullamento
20
e non in quella della spettanza;
La seconda tendenza appare quella di impostare schemi decisionali
rigidi, definendo in termini automatici la tutela risarcitoria rispetto a
quella di annullamento, alla quale si assegna una funzione
pregiudiziale23.
1.5 segue...le tre diverse letture dell'art. 7
L'art. 7 della l. 205/2000, al contrario della sent. 500/99, sembra
lasciare aperta la tesi della pregiudiziale, anche se tale norma non è di
interpretazione univoca, con l'unico punto pacifico che indica il
giudice amministrativo competente sulle questioni risarcitorie che
siano qualificabili come <<diritti patrimoniali conseguenziali>>. La
norma si presta ad almeno tre letture:
a) Si può sostenere che ove la lettera della legge parla di risarcimento
e altre questioni conseguenziali, queste non si riferiscono a questioni
risarcitorie. Da qui deriverebbe che, sul piano della giurisdizione,
siano affidate al giudice amministrativo le azioni risarcitorie per
lesione di interessi legittimi a prescindere dall'azione di
annullamento, salvo il caso in cui questo non sia stato pronunciato in
eccesso di potere (uno dei vizi di legittimità). Resta confermata invece
23 Cfr. nota 5
21
l'autonomia delle due azioni, come sancito dalla Cassazione. Tali
azioni sarebbero perciò proponibili cumulativamente o
alternativamente davanti al giudice amministrativo, rispettivamente
nel termine di decadenza (sessanta giorni) e prescrizione (di solito
cinque anni);
b) un'altra interpretazione, più fedele alla lettera della legge, individua
nell'aggettivo <<conseguenziali>> le azioni risarcitorie che siano
conseguenziali all'azione di annullamento. In questo caso il problema
dell'autonomia delle due azioni non esisterebbe perchè risolto in
principio, nel momento in cui si attribuiscono al giudice
amministrativo le azioni risarcitorie dipendenti da quelle di
annullamento;
c) la terza interpretazione farebbe operare l'art. 7, non sul piano
processuale, ma su quello sostanziale, qualificando tutte le azioni
risarcitorie dipendenti da un provvedimento illegittimo, e quindi tutte
conseguenziali all'azione di annullamento sul piano della
giurisdizione, le azioni risarcitorie collegate ad un provvedimento
illegittimo sarebbero demandate al giudice amministrativo, invece,
quelle relative ai danni arrecati dalla pubblica amministrazione
autorità sarebbero affidate al giudice ordinario. Mentre sul piano
22
dell'autonomia delle due azioni, nel momento in cui l'azione
risarcitoria discende da un provvedimento illegittimo e sfavorevole, la
qualificazione normativa di consequenzialità farebbe si che questa non
possa essere esperita se non contemporaneamente o conseguentemente
a quella demolitoria. Risultano, da queste considerazioni, evidenti due
cose: non poter impostare la risoluzione del problema sull'art. 7,
essendo esso volto a regolare questioni di giurisdizione; inoltre dopo
la sentenza 500/99 e dopo l'apertura ed il pacifico riconoscimento
della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, la corrente
ricostruzione tra azione risarcitoria e di annullamento, in chiave di
subordinazione, non può essere considerata cogente24.
1.6 La giurisdizione del giudice amministrativo comprensiva delle
azioni risarcitorie e osservazioni sulla pregiudiziale
amministrativa
La l. 205/2000 riconoscendo nel giudice amministrativo colui al quale
spetta conoscere delle domande risarcitorie nei confronti della
pubblica amministrazione, rende non più necessario seguire la strada
impostata dalle Sezioni Unite25 che prima di tale legge era l'unica
24 Cfr. nota 5
25 Cfr. nota 9
23
percorribile per uscire dall'impasse per cui, il giudice amministrativo
non poteva pronunciarsi sul risarcimento in quanto gli si poteva
rivolgere solo un petitum di annullamento, il giudice ordinario poi non
poteva nemmeno conoscere sulla domanda di risarcimento perchè
vertendo su interessi legittimi risultava evidente una carenza di
giurisdizione (seguendo il tradizionale riparto di giurisdizione).
Passando ad analizzare il problema dell'autonomia delle due azioni,
avendo esaurito le questioni sulla giurisdizione, va detto che una forte
tesi dottrinale imposta il problema sul fatto che l'illecito civile della
pubblica amministrazione, che agisce in veste di autorità, va ravvisato
a prescindere dalla fondatezza dell'aspettativa del cittadino alla
soddisfazione dei propri interessi materiali di base da parte del
provvedimento. Si dimostra l'autonomia dell'azione risarcitoria nel
solo caso che questa può risultare esperibile anche ove non lo sia
l'azione di annullamento. Questa tesi però non dimostra la reciproca
autonomia delle due azioni nel caso in cui sia proprio quanto disposto
dal provvedimento a costituire lesione delle aspettative (legittime o
meno) del cittadino.
E' possibile sostenere che la pregiudiziale amministrativa trovi
fondamento nell'essenza dello stesso interesse legittimo, che trova
24
tutela in congegni più ripristinatori che risarcitori, in questo
meccanismo non si può prescindere dal preventivo annullamento del
provvedimento illegittimo. Questa tesi è assolutamente coerente, ma è
possibile applicarla a due condizioni: in primis, svuotando di
significato la pregiudiziale amministrativa, riconducendola a questioni
ripristinatorie che nulla hanno a che vedere con la tutela risarcitoria;
inoltre va ridisegnato il quadro delle situazioni giuridiche soggettive
nei confronti della pubblica amministrazione, trasformando in diritto
soggettivi gran parte degli interessi legittimi, ossia tutti quelli in cui la
pretesa del soggetto sia classificata come necessità giuridica e non
come mera possibilità.
Sul piano sostanziale nessun problema, ma si riscontrano problemi di
adeguatezza di tutela perchè verrebbero, al di fuori della giurisdizione
esclusiva, affidate pretese di soddisfazione <<reale>> al giudice
ordinario, al quale è inibito accordare alcuna tutela, nei confronti del
provvedimento amministrativo, che non sia quella obbligatoria. Sulla
base di ciò che emerge fino alla l. 205/2000, vi è un solo effetto che
può connettersi al mancato esperimento dell'azione demolitoria: il
consolidarsi dell'assetto di interessi stabilito dal provvedimento, una
volta che questo sia divenuto intangibile per il ricorrente. Questa
25
azione risarcitoria ne risulta condizionata nel petitum, in quanto il
ricorrente non può chiedere la reintegrazione <<in forma specifica>>
ma <<per equivalente>> essendosi consolidati gli effetti del
provvedimento. E le differenze sono evidenti, laddove il risarcimento
in forma specifica si esplica in una riparazione in natura, consistente
nella remissione in pristino, vale a dire nell'eliminazione di quanto
illecitamente fatto, quando ciò risulti identificato con la fonte,
esclusiva o concorrente, di un danno attuale e destinato, altrimenti, a
protrarsi nel tempo, ovvero nella corresponsione di una somma di
denaro, da liquidarsi in base alle spese occorrenti per il ripristino (e
non in base alla perdita subita); il risarcimento per equivalente invece,
che è attivabile qualora non sia possibile il primo o risulti
eccessivamente oneroso per il debitore, avviene attraverso un
equivalente monetario della perdita subita (danno emergente) e del
mancato guadagno (lucro cessante).
Proprio quest'ultima tesi veniva posta come giustificazione della
pregiudiziale amministrativa da chi sostiene la necessità giuridica di
contestare gli effetti del provvedimento per non rendere i suoi danni
esorbitanti. Giustificazione che viene smontata dai critici della
pregiudiziale per due ragioni principali: è poco rilevante la
26
preoccupazione che un ricorrente astuto e sleale non impugni il
provvedimento per farne maturare danni emergenti di cui si riserva di
chiedere il risarcimento, perchè nessun ricorrente rinuncerebbe a
priori alla soddisfazione <<in forma specifica>> se non per
decorrenza dei termini; inoltre ciò provocherebbe delle conseguenze
sfavorevoli sia al cittadino che all'amministrazione. Il primo sarebbe
assoggettato al termine decadenziale breve, mentre la seconda si
vedrebbe spostare sul piano risarcitorio la garanzia di quegli interessi
del cittadino di carattere puramente formale, che ricevono tutela
attraverso l'annullamento.26
In buona sostanza, la l. 205/2000 non pronunciandosi espressamente
sul problema della pregiudiziale amministrativa lascia insoluta la
questione.
1.7 Tesi <<tutta amministrativa>> e tesi <<tutta civilistica>> a
confronto: a) la tesi <<tutta amministrativa>>
Ci sono due tesi differenti in ordine al rapporto tra azione risarcitoria
ed azione di annullamento, quella <<tutta amministrativa>> e quella
<<tutta civilistica>>. La prima muove dall'assunto che con il d.lgs.
80/98 e con la l. 205/2000, si è inteso concentrare davanti ad un unico
26 Cfr. nota 5
27
giudice, quello amministrativo, in coerenza con l'art. 24 Cost., ogni
forma di tutela, anche risarcitoria nei confronti della pubblica
amministrazione, in seguito a lesione di interessi legittimi. Le norme
richiamate avrebbero previsto, come necessaria condizione per
l'accesso alla tutela risarcitoria, che nel termine di decadenza per
l'impugnazione fosse anche esperita con esito favorevole l'azione di
annullamento, ancorchè la tutela risarcitoria possa essere richiesta non
insieme, ma successivamente (Cons. Stato, Ad. Plen. 4 del 2003).
L'annullamento dovrebbe essere richiesto in via principale nel termine
di decadenza, perchè al g.a. non è consentita la cognizione incidentale
della illegittimità degli atti amministrativi né esso è munito del potere
di disapplicazione27 28. Ne consegue che, se la tutela di annullamento
non è richiesta nel termine per l'impugnazione del provvedimento,
questo diviene inoppugnabile, precludendo l'accesso non solo alla
tutela risarcitoria erogabile dal giudice amministrativo, ma anche a
quella che potesse essere chiesta al giudice ordinario, facendo valere
l'atto illegittimo come elemento costitutivo dell'illecito civile (secondo
la sent. 500 del 1999 delle S.U.). 29
27 Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338
28 Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657
29 V.G. Casari, “Annullamento dell'atto e risarcimento del danno”, in Dir. econ., 4/2006, pag. 801
ss. - Articolo molto accurato sulla pregiudiziale amministrativa, che ripercorre le posizioni del
28
1.8 b) la tesi <<tutta civilistica>>
Secondo la tesi <<tutta civilistica>>, invece, la parte che chiede il
risarcimento aziona sempre un vero e proprio diritto soggettivo, come
tale spettante in linea di principio al giudice ordinario. L'attribuzione
al giudice amministrativo del potere di condannare al risarcimento del
danno non avrebbe in alcun modo modificato la natura di questa
situazione giuridica soggettiva, ma avrebbe solo previsto, per ragioni
di connessione, la possibilità di una tutela <<ulteriore>> dinanzi al
giudice amministrativo. Di conseguenza il titolare di quella situazione
giuridica soggettiva avrebbe la possibilità di scegliere, a sua
discrezione, tra la tutela del suo diritto dinanzi al giudice
amministrativo e quella dinanzi al giudice ordinario30.
In altri termini, la tesi <<tutta amministrativa>> ritiene che una volta
concentrata presso il giudice amministrativo la tutela impugnatoria
dell'atto illegittimo e quella risarcitoria conseguente, non sarebbe
possibile l'accertamento incidentale della legittimità dell'atto non
giudice amministrativo e la sua difesa della pregiudiziale, e della Cassazione pronunciatasi più
volte a favore dell'autonomia dell'azione risarcitoria, illustrando sia la tesi <<tutta civilistica>>,
che quella <<tutta amministrativa>>. L'autore, poi, auspica un intervento del legislatore o della
Corte costituzionale per dirimere i contrasti tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione,
contando più sull'intervento del primo avendo trovato riluttante la Consulta sul tema.
30 Cfr. nota 14
29
impugnato nel termine decadenziale ai fini del giudizio risarcitorio,
oltre che per la mancanza del potere di disapplicazione in capo al
giudice amministrativo, anche per il carattere sussidiario che la tutela
risarcitoria rivestirebbe in un giudizio tipicamente impugnatorio, e per
la natura stessa dell'interesse legittimo quale situazione soggettiva il
cui esercizio e la cui tutela non può che ottenersi nell'ambito dei tempi
e dei modi di sviluppo della funzione, tanto nella fase procedimentale
amministrativa, quanto in quella processuale.
Diversamente la tesi <<tutta civilistica>> ritiene che la domanda
risarcitoria possa essere conosciuta dal giudice amministrativo solo
contestualmente a quella demolitoria, ammettendo l'autonoma
domanda risarcitoria dinanzi al giudice ordinario31 32.
Entrambe le tesi sono state, nel 2006, criticate dalla Corte di
31 G. Mari, “Osservazioni a prima lettura a margine di Cass. Sez. Un., 15 giugno 2006 n. 13911:
la giurisdizione sulle domande risarcitorie proposte autonomamente e la pregiudiziale
amministrativa”, in Riv. giur. edil., 4-5/2006, pag. 905 ss. - L'autore analizza l'ordinanza della
Corte di Cassazione, e dopo aver rivisitato le tesi tutta civilistica e tutta amministrativa, si fa
notare come la Corte critichi entrambe introducendone una intermedia.
32 A. Travi, “Questioni attuali di responsabilità dell'amministrazione: giurisdizione, risarcimento
dei danni, pregiudizialità”, in Resp. civ. prev., 3/2003, pag. 661 ss. - L'autore si sofferma sulle
diversità di approcci della giurisprudenza civile e di quella amministrativa, anche sul tema
della pregiudiziale amministrativa. Osservando come tale regola sia dominante nella seconda
anche se occorrono, per l'autore, tesi molto forti per sostenerla e prova a vedere se quelle
addotte siano o meno all'altezza.
30
Cassazione che ha proposto una tesi intermedia, della quale parlerò
successivamente (vedi capitolo secondo).
31
Capitolo secondo
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI, E POSIZIONI DELLA
DOTTRINA PRECEDENTI ALLA RIFORMA DEL
PROCESSO AMMINISTRATIVO
2.1 Consiglio di Stato e Corte di Cassazione sul tema della
pregiudiziale amministrativa
Dopo la sentenza storica delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, la n. 500 del 1999, il Consiglio di Stato in Adunanza
Plenaria ha (in linea tra l'altro con una sentenza della stessa Corte di
Cassazione33) nell'ordinanza n. 4 del 2003 affermato la necessità della
previa impugnazione e conseguente annullamento dell'atto illegittimo,
per poter esperire l'azione risarcitoria, confermando in maniera
assoluta, quindi, la pregiudiziale amministrativa34. C'è chi poi, dagli
orientamenti della Suprema Corte ha fatto notare come l'art. 2043 c.c.
sia una sorta di norma in bianco (pur riconoscendogli la centralità),
33 Cfr. nota 17
34 Cfr. nota 18
32
essendo contenuta una qualificazione, la ingiustizia del danno, che si
riempie di contenuto col riferimento alle norme sostanziali attributive
di posizioni di vantaggio35.
2.2 Sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale
Inoltre, è stato di aiuto anche la Corte Costituzionale con una sentenza
del 2004 che, pur non pronunciandosi espressamente sul problema in
esame (in quell'occasione si occupava di riparto di giurisdizione), ha
offerto validi spunti al legislatore e alla giurisprudenza sia civile che
amministrativa, per poter far chiarezza sulla questione di cui si stava
dibattendo36. Il giudice delle leggi, in quell'occasione, dichiarò non
conformi a Costituzione alcune disposizioni contenute nella legge
205/2000. Nelle conclusioni la Corte ribadisce quanto segue: fa salvo
l'affidamento al giudice amministrativo della tutela risarcitoria ex art.
7, l. 205/2000; riscrive il I comma dell'art. 33, l. 80/98 e dichiara
illegittimo il II; dichiara parzialmente illegittimo l'art. 34 della stessa
legge, laddove estende pure ai comportamenti la giurisdizione
35 G. Verde, “La pregiudizialità dell'annullamento nel processo amministrativo per risarcimento
del danno, in Dir. proc. amm., 4/2003, pag. 963 ss. - L'autore fa una critica alla interpretazione
data dalla giurisprudenza all'art. 2043 c.c., ripercorrendo soprattutto la posizione assunta dalla
Cassazione nella sent. 500/99.
36 Cfr. Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204
33
esclusiva.
Il riconoscimento della legittimità costituzionale dell'affidamento al
giudice amministrativo della tutela risarcitoria, va riferita alla sola
giurisdizione esclusiva. Anche se l'argomentazione a fondamento di
ciò (ossia che il risarcimento del danno ingiusto non è affatto una
particolare materia, sebbene costituisce uno strumento ulteriore,
attribuito in virtù dell'art. 24 Cost., il quale richiede che il giudice sia
munito di adeguati poteri per assicurare la pienezza della tutela),
sembra valere anche quando l'azione risarcitoria sia proposta
nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità37.
In altre parole, la Corte, qualifica il risarcimento del danno ingiusto,
non già come materia, ma come <<strumento ulteriore di tutela,
rispetto a quello classico demolitorio>> che è necessario in relazione
al principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 24
della Costituzione. Appare in questo modo definitivamente superata,
come sottolinea la stessa Corte, la prospettiva di costringere
nuovamente il privato danneggiato a rivolgersi prima al giudice
37 R. Villata, “Leggendo la sentenza 204 della Corte costituzionale”, in Dir. proc. amm., 3/2004,
pag. 832 ss. - L'autore è uno dei primi a fare delle riflessioni sulla sentenza n. 204 del 2004
della Corte Costituzionale, analizzando anche i risvolti possibili sulla pregiudiziale
amministrativa, evidenziando sul tema il rischio di due discipline differenti sul tema, una
governata dalla Cassazione e l'altra dal Consiglio di Stato.
34
amministrativo per ottenere l'annullamento del provvedimento
illegittimo, e dopo al giudice ordinario per chiedere il ristoro dei diritti
patrimoniali consequenziali. Implicazioni ulteriori non è possibile
trarre da questa sentenza, specie in ordine ai rapporti tra azione di
annullamento e azione di risarcimento, si che si tratti di giurisdizione
esclusiva che di legittimità38 39.
2.3 Corte di Cassazione e cd. <<ordinanze gemelle>>: l'autonomia
dell'azione risarcitoria imposta attraverso motivi legati alla
giurisdizione, considerazioni giurisprudenziali e dottrinali
Nel 2006 la Corte di Cassazione ha dedicato ben tre pronunce
38 M. Clarich, “La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “riletta” dalla Corte
Costituzionale (commento a Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204, in Giorn. dir. amm., 2004 fasc.
1, pag. 969 ss. - L'autore commenta la sentenza n. 204 della Corte Costituzionale, facendo
notare come questa confermi la tesi sollevata dall'art. 7 della l. 205/2000, ovvero l'attribuzione
al giudice amministrativo del potere di condannare l'amministrazione al risarcimento del danno
correlato all'esercizio illegittimo della funzione amministrativa. Ci si sofferma, poi, sulla
qualificazione che la Consulta da al risarcimento del danno ingiusto, non più come materia ma
come <<strumento ulteriore di tutela, rispetto a quello classico demolitorio>>.
39 V.G. Casari, “Le materie ed i contenuti della giurisdizione esclusiva secondo la sentenza della
Corte Costituzionale n. 204 del 2004”, in Dir. econ., 3-4/2004, pag. 719 ss. - In questo articolo,
molto accurato sulla sentenza 204 della Corte Costituzionale, tra le altre cose si fa notare che
questa ha precisato i limiti che il legislatore deve rispettare nell'individuazione di nuove
materie di giurisdizione esclusiva.
35
(definite dalla dottrina <<gemelle>>) al tema della pregiudiziale
amministrativa, dichiarandola in tutte e tre le occasioni come
superata40 41 42. La Suprema Corte ha criticato entrambe le tesi
(amministrativa e civilistica) che si sono impiegate sul problema della
pregiudiziale amministrativa (vedi 1.4), proponendone una intermedia.
Questa ha affermato che la concentrazione nel giudice amministrativo
di ogni forma di tutela è da ritenersi pienamente legittima e aderente al
disposto costituzionale, ma solo se <<non reca pregiudizio alla tutela
sostanziale delle situazioni soggettive sacrificate dall'agire illegittimo
della pubblica amministrazione>>, e quindi solo se consente <<una
tutela sostanziale degli interessi legittimi non difforme da ogni altra
situazione protetta in rapporto alla tutela risarcitoria>>. In questo
senso, <<un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme
che hanno attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione sul
risarcimento del danno>> porta a concludere per un verso, che <<la
parte potrà chiedere al giudice amministrativo anche solo la tutela
risarcitoria, senza dover osservare allora il termine di decadenza
pertinente all'azione di annullamento>>.
40 Cfr. Cass., SS. UU., 13 giugno 2006, n. 13569
41 Cfr. Cass., SS. UU., 13 giugno 2006, n. 13660
42 Cfr. Cass., SS. UU., 15 giugno 2006, n. 19100
36
Dunque, la Corte di Cassazione, nel 2006 ha imposto al giudice
amministrativo di pronunciarsi sulle domande risarcitorie autonome,
anche dopo che l'atto illegittimo fosse diventato inoppugnabile,
ammonendo che un eventuale rifiuto sarebbe stato cassato, invocando
l'art. 362 c.p.c. 43. Il quale prevede che <<Possono essere impugnate
con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo
comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice
speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra
questi e i giudici ordinari; i conflitti negativi di attribuzione tra la
pubblica amministrazione e il giudice ordinario>>.
2.4 Ordinanza n. 12 del 2007 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato e riaffermazione della pregiudiziale amministrativa
Il problema della pregiudiziale amministrativa, dopo i contrasti tra la
Suprema Corte e la giurisprudenza amministrativa (che si è trovata in
linea con la Cassazione soltanto in una occasione44), era stato rimesso
43 Cfr. nota 14
44 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2007, n. 2822 – In questa occasione, tra l'altro, il Consiglio
di Stato ha considerato l'orientamento della Corte di Cassazione, in linea sia con la sentenza
dell'Adunanza Plenaria n. 4 del 2003 (Cfr. nota 18) e sia con la Corte Costituzionale n.204 del
37
dal Consiglio di Giustizia di Sicilia all'Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato con ordinanza 78/2007, e tutti gli operatori
aspettavano con speranza la pronuncia di esso. Ma con
quell'Adunanza Plenaria fu lasciato tutto aperto, essendo stato
considerato non rilevante la soluzione del problema nella fattispecie in
esame, e le speranze deluse45.
Qualche mese più tardi però, sempre in Adunanza Plenaria il
Consiglio di Stato riafferma la pregiudiziale dell'azione di
annullamento, basando la sua decisione, innanzitutto sul testo dell'art
35 d.lgs. 80/98 che attribuisce carattere <<consequenziale>> ed
<<ulteriore>> alla tutela risarcitoria. Poi osserva che, la cosiddetta
presunzione di legittimità dell'atto si trasforma in certezza nel caso
esso non venisse impugnato nei sessanta giorni previsti a pena di
decadenza, in quanto verrebbe esclusa l'ingiustizia del danno ex art.
2043 c.c.. Ne deriva che l'azione risarcitoria proposta autonomamente
va respinta nel merito e per questo non può essere impugnata in
Cassazione ai sensi dell'art. 362 richiamato da questa. Infine il
massimo giudice amministrativo, dubita che il giudice ordinario possa
disapplicare un provvedimento divenuto inoppugnabile, in un contesto
2004 (Cfr. nota 33).
45 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 9
38
di azione risarcitoria46.
Si possono cogliere sette punti a favore della pregiudiziale che il
massimo giudice amministrativo, enuncia in questa occasione, anche
se la maggior parte oggetto di critiche anche dalla dottrina più
favorevole all'applicazione del principio.
Si critica soprattutto in tale sentenza, l'essersi focalizzata in termini di
<<opportunità>>, e cioè dichiarando che sarebbe contrario
all'interesse generale assoggettare l'amministrazione per tanto tempo a
richieste di risarcimento dei danni. Ma si fa notare come, le ragioni di
opportunità, riguardino poco il diritto.
Ora è utile esaminare gli argomenti dell'Adunanza plenaria che
meritano attenzione.
Un primo orientamento, sancisce che finché un atto amministrativo
non sia annullato, risulta essere efficace e produttivo di effetti e quindi
capace di regolare la situazione concreta. Quindi sarebbe una
contraddizione negare la pregiudiziale amministrativa. Anche c'è chi
fa notare che in questo caso il Consiglio sovrappone l'efficacia con la
legittimità, in quanto è vero che l'atto è efficacie fin quando non viene
annullato, ma questo poco importa ai fini del risarcimento dei danni,
dove conta solo che l'atto sia illegittimo per qualificarlo come
46 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 ottobre 2007, n.12
39
ingiusto, consentendo di attivare le tutela aquiliana; un secondo
orientamento sancisce che la lesione dell'interesse legittimo potrebbe
essere accertata solo in via principale e un tale accertamento
richiederebbe l'impugnazione dell'atto. Questa è una tesi che vanta
illustri precedenti dottrinali ed accolta in una decisione isolata anche
dalla Cassazione. Ma nel caso oggetto di studio, tale pretesa è
rappresentata solo dal diritto al risarcimento dei danni, e rispetto a
questa pretesa la lesione dell'interesse legittimo è solo pregiudiziale e
perciò passibile di accertamento in via incidentale; la terza
argomentazione fonda sul divieto per il giudice amministrativo di
disapplicare un atto amministrativo. Nel caso della domanda
risarcitoria per lesione di interessi legittimi, però, la pronuncia del
giudice amministrativo non incide sugli effetti dell'atto. Nelle vertenze
risarcitorie non vi è alcuna esigenza di disapplicarlo, perchè non vi è
ragione per prescindere dagli effetti prodotti dall'atto, né per
eliminarli47.
Dunque, per il Consiglio di Stato, due sono i caratteri fondamentali
nella (ri)affermazione della pregiudiziale amministrativa.
47 A. Travi, “Pregiudizialità amministrativa e confronto tra le giurisdizioni”, in Foro it., 1/2008,
pag. 3 ss. - Viene dimostrato come a distanza di otto anni dalla storica sentenza 500/99, la
risarcibilità degli interessi legittimi non si sia ancora amalgamato nel nostro ordinamento.
40
In primis, si sottolinea il carattere dell'interesse legittimo, rimarcando
le differenze con il diritto soggettivo, il quale è assistito da una tutela
piena e diretta da parte dell'ordinamento, mentre il primo <<origina
da un compromesso, chiaramente solidaristico, tra le esigenze
collettive di cui è portatrice (…) l'amministrazione stessa e la pretesa
di colui che dalla loro legittima soddisfazione è coinvolto di veder
preservati quei suoi beni giuridici che preesistono all'attività pubblica
ovvero che nel corso di questa si profilino>>. Il Consiglio di Stato, ha
quindi bocciato l'evoluzione dell'interesse legittimo, tracciata nel 2006
dalla Corte di Cassazione, la quale descriveva un interesse legittimo
<<che va perdendo la sua tradizionale funzione meramente
formulativa e ancillare rispetto all'interesse pubblico, per assumere
un più marcato connotato sostanziale, coerentemente del resto con
l'evoluzione della stessa nozione di interesse pubblico>>.
Poi, l'altro punto fondamentale che l'Adunanza Plenaria pone ha
fondamento della pregiudiziale di annullamento, riguarda la
presunzione di legittimità dell'atto, che se non impugnato diviene
assodata48.
48 M. Clarich, “La pregiudizialità amministrativa riaffermata dall'Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato: linea del Piave o effetto boomerang?”, in Giorn. dir. amm., 1/2008, pag. 55
ss. - L'autore esamina accuratamente la sentenza n. 12 del 2007 del Consiglio di Stato, specie
nelle argomentazioni che hanno spinto l'Adunanza Plenaria a riaffermare la pregiudiziale
41
Per di più il giudice amministrativo, fa presente, invocando la
sentenza n. 77 del 2007 della Corte Costituzionale, che la Corte di
Cassazione <<con la sua pronuncia può soltanto, a norma dell'art.
111 comma VIII, Cost., vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei
Conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma certamente
non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito
o di rito) di tale decisione>>49.
Il Consiglio di Stato in questa pronuncia si è dedicato al problema in
un obiter dictum. Nel caso in cui si fosse pronunciato espressamente
sul tema, si sarebbe esposta al ricorso avanti alle Sezioni Unite, e
dunque ha voluto evitare un conflitto elevato con le stesse. In quanto
affrontando la questione solo come percorso argomentativo, il quale al
di là della sua ampiezza e dell'autorevolezza del giudice che lo
formula, non rientra nel giudicato e per tanto non soggetto a denuncia
in Cassazione. Del resto se lo avesse voluto, il Consiglio, poteva
amministrativa.
49 R. Villata, “Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e c.d. pregiudiziale amministrativa”, in
Dir. proc. amm., 4/2009, pag. 898 ss. - L'autore nell'esaminare la querelle tra i due organi
giurisprudenziali, innanzitutto rifiuta la tesi (pur riconoscendole l'originalità) di chi sostiene
l'alternatività delle due azioni. Poi ripercorre l'iter argomentativo del Consiglio di Stato nella
sentenza 12/2007 e quello della Cassazione 30254/2008, schierandosi a favore del primo.
Infine prova a presagire ciò che avverrà con la delega insita nella l. 69/2009 che preannunciava
il nuovo codice del processo amministrativo.
42
pronunciarsi espressamente con la n. 9/2007 quando era stato investito
direttamente sul tema50 51 52.
2.5 Sentenza n. 30254 del 2008 della Corte di Cassazione, risposta
(inaspettata), al Consiglio di Stato
Ma la Corte di Cassazione, approfittando di un ricorso proposto contro 50 C.E. Gallo, “L'adunanza plenaria conferma la pregiudizialità amministrativa”, in Urb. app.,
3/2008, pag. 346 ss. - Accurata analisi della sentenza 12/2007 del Consiglio di Stato. Dei sette
argomenti a favore della pregiudiziale amministrativa individuati dall'adunanza plenaria,
l'autore ne ritiene valido soltanto uno, quello che viene tratto, non espressamente, dal fatto che
la Corte Costituzionale ha riconosciuto che la giurisdizione in tema di risarcimento del danno è
il completamento della giurisdizione di annullamento e che, pertanto, trattandosi di
completamento, si deve necessariamente inserire nel sistema complessivo di tutela che il
giudice amministrativo accorda.
51 R. Villata, “L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ritorna, confermandola, sulla c.d.
pregiudizialità amministrativa...ma le Sezioni Unite sottraggono al giudice amministrativo le
controversie sulla sorte del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione”, in Dir.
proc. amm., 1/2008, pag. 300 ss. - Viene individuato nella sentenza 27169/2007 delle sezioni
Unite della Cassazione, un sapore di rivalsa nei confronti della 12/2007 del Consiglio di Stato.
La Cassazione infatti sottrae alla cognizione del giudice amministrativo il problema della sorte
del contratto stipulato in base ad un'aggiudicazione dichiarata illegittima e conseguentemente
annullata.
52 L.V. Moscarini, “Giurisdizione e pregiudiziale di annullamento (note a margine delle
decisioni dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato 30 luglio 2007 n.9 e 22 ottobre 2007
n.12)”, in Riv. amm., 2007, pag. 643 ss. - Vengono analizzate in dettaglio le due, ravvicinate,
sentenze dell'Adunanza Plenaria. Dove la prima omette di pronunciarsi sulla pregiudiziale,
mentre la seconda la afferma in un obiter dictum.
43
la pronuncia n. 12/2007 del Consiglio di Stato, ribadisce con forza la
tesi contraria alla pregiudiziale amministrativa53.
Le Sezioni Unite, pur respingendo il ricorso principale dichiarandolo
<<inammissibile>>, non perdono occasione per invocare il III comma
dell'art. 363 c.p.c. , per enunciare un principio di diritto, <<è viziata
da violazione di norme sulla giurisdizione la decisione del giudice
amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi
sul presupposto che l'illegittimità dell'atto debba essere
precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento>>,
con l'intento di porre la parola fine alla pregiudiziale amministrativa54
55.
53 Cfr. Cass., SS. UU., 23 dicembre 2008, n. 30254 – Tale orientamento è stato poi seguito da
altre pronunce della Suprema Corte (6 settembre 2010, n. 19048; 16 dicembre 2010, n. 23595;
11 gennaio 2011, n. 405), nonché da numerose pronunce anche della giurisprudenza
amministrativa che ha voluto uniformarsi alla Cassazione pur utilizzando l'art. 1227 c.c.,
ovvero valutando la colposa inerzia del danneggiato come motivo di riduzione o esclusione
del danno (Cfr. CdS 8550/2010; 3066/2009; 5183/2008). Anche se, tuttavia, altre pronunce
hanno continuato ad affermare la pregiudiziale amministrativa (Cfr. CdS 2751/2008;
3592/2008; T.A.R. 797/2009; 1263/2009; 248/2008)
54 M. Clarich, “La Corte di Cassazione chiude ogni spazio alla pregiudizialità amministrativa”,
in Danno resp., 7/2009, pag. 722 ss. - Viene ripercorsa per intero e passo passo la sentenza
30254/2008 della Cassazione che impone l'autonomia dell'azione risarcitoria al giudice
amministrativo.
55 S. Fantini, “La pregiudizialità amministrativa come morivo inerente alla giurisdizione”, in
Urb. app., 5/2009, pag. 548 ss. - Viene illustrato, in un'attenta analisi, come la Cassazione
44
Ma, si obbietta, che il giudice amministrativo che si attiene a questo
principio, non rifiuta la tutela risarcitoria dell'interesse legittimo, ma
rigetta nello specifico la domanda per mancanza di un elemento
costitutivo del fatto illecito, cosa che le stesse Sezioni unite gli
consentono. In altre parole verrebbe rifiutato il risarcimento per una
<<determinante del caso concreto>>.
La Suprema Corte facendo rientrare tali problematiche in questioni di
giurisdizione andrebbe in contrasto con precisi precetti Costituzionali.
Ed è in base a ciò che si è avallata l'ipotesi di sollevare un conflitto di
attribuzione56.
Riassumendo, le Sezioni Unite, in questa occasione rispondendo a
sorpresa al obiter dictum del Consiglio di Stato, contestano gli
argomenti a favore della pregiudiziale amministrativa; ribadiscono
l'inerenza della questione alla verifica della giurisdizione rimessa alla
abbia introdotto la pregiudiziale amministrativa in un motivo inerente alla giurisdizione.
56 R. Villata, “La Corte di Cassazione non rinuncia al programma di imporre al Consiglio di
Stato le proprie tesi in tema di responsabilità della pubblica amministrazione attribuendo la
veste di giurisdizione a un profilo squisitamente di merito”, in www.giustamm.it, 23-1-2009 –
Critica dura alla Corte di Cassazione, e timore che si arrivi alla fine alla classica soluzione
<<all'italiana>>: negazione della pregiudiziale amministrativa, ma rigetto della domanda a
mente dell'art. 1227 c.c., come suggerito nelle ordinanze del giugno 2006 dalla Suprema Corte.
Ipotesi che poi si avvererà, così come l'autore aveva presagito e temuto, nel codice del processo
amministrativo all'art. 30.
45
Suprema Corte; superano l'ostacolo rappresentato dall'estraneità del
tema dibattuto all'oggetto della lite deliberata.
Con tale pronuncia la Cassazione va a completare la posizione assunta
nel 200657, che lasciava aperte numerose questioni anche se continua a
non convincere in dottrina, e non piegando nemmeno la
giurisprudenza amministrativa che hanno respinto come infondate nel
merito senza dichiararle inammissibili le domande risarcitorie
autonome58-
Se non altro per lo meno tale decisione spiana la strada all'intervento
del legislatore (che arriverà, però, soltanto nel 2010 con la riforma del
processo amministrativo, la quale verrà trattata nel capitolo
successivo).
2.6 Le posizioni della dottrina a favore della pregiudiziale
amministrativa: a) termine di decadenza
E' opportuno, adesso, passare in rassegna gli argomenti a favore
dell'una e dell'altra tesi che sono stati proposti dalla dottrina.
Analizzando le tesi favorevoli alla pregiudiziale amministrativa e
quindi più vicine alla giurisprudenza amministrativa, può innanzitutto
57 Cfr. note 37, 38, 39
58 Cfr. nota 25
46
evidenziarsi come, non riconoscendo la necessità del previo
annullamento del provvedimento amministrativo, si avrebbe una
sostanziale elusione del termine di decadenza. L'interessato, infatti,
sarebbe vincolato al solo termine di prescrizione, dalla cui decorrenza
dipenderebbe l'intera valutazione del comportamento
dell'amministrazione, posto che al giudice del risarcimento sarebbe
consentito attuare la disapplicazione dell'atto illegittimo. Quest'ultima
è un'altra ragione che si è posta a favore della previa azione di
annullamento, posto che in capo al giudice amministrativo non vi è un
proprio potere di disapplicazione.
2.7 b) Critiche all'arbitrio lasciato al ricorrente dalla Corte di
Cassazione
Autorevole dottrina, ha osservato come destasse perplessità la scelta
operata nel 2006 dalla Corte di Cassazione, sull'opportunità di
generalizzare l'ammissibilità del ricorso diretto anche contro i danni
derivanti da atti illegittimi, la quale rimette in sostanza all'interessato
la possibilità di <<scegliere>> tra chiedere al giudice (secondo
Costituzione) di assicurare una effettiva <<giustizia
nell'amministrazione>>, e quella di lasciare in vita una situazione di
47
ingiustizia sostanziale, purché il proprio interesse economico venga
soddisfatto, con doppio pregiudizio per la collettività.
Appare importante in quest'ottica il richiamo all'esigenza che il
giudice amministrativo mutui le regole civilistiche sul concetto stesso
di danno come fatto, sul nesso causale, anche ipotetico, sui criteri di
valutazione ex art. 1223, 1225, 1226, 1227 comma I e II c.c..
Sicché, sempre secondo tale dottrina, l'azione risarcitoria autonoma
dall'impugnazione dell'atto, pur ammissibile nel rispetto dell'art. 24
Costituzione, rischia di non condurre a risultati concreti in sede di
valutazione della fondatezza della pretesa59.
2.8 c) la pregiudiziale amministrativa giustificata dalla Corte
Costituzionale
C'è chi ha posto, poi, ha fondamento della tesi della pregiudiziale le
sentenze della Corte Costituzionale n. 204 e 281 del 2004, che
restringerebbero l'ambito della nuova giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, a tal punto da giustificare l'affermazione che
59 M.A. Sandulli, “Finalmente <<definitiva>> certezza sul riparto di giurisdizione in tema di
comportamenti e sulla c.d. <<pregiudiziale amministrativa>>? Tra i due litiganti vince la
<<garanzia di piena tutela>>”, in Giust. amm., 2006, pag. 369 ss. - Vengono mostrate
perplessità sulla soluzione prospettata dalla Suprema Corte in ordina alla questione della
pregiudiziale amministrativa
48
in alcune materie (edilizia e urbanistica ad esempio) non sussiste più
una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo pure essendo
<<piena>> e quindi comprensiva della tutela risarcitoria. Essendo
considerata quest'ultima non più come speciale materia, ma come una
modalità di attuazione della tutela giurisdizionale delle posizioni
giuridiche soggettive protette. Quindi sono da considerare le
affermazioni di chi ha giudicato la giurisdizione di questo giudice,
nelle speciali materie di cui agli art. 33-35 d.lgs. 80/98, non più
esclusiva in quanto vertente sugli interessi legittimi sia pretensivi che
oppositivi, ma non sui diritti soggettivi. Conservando però il carattere
di giurisdizione piena, e cioè comprensiva, entro i limiti in tal modo
circoscritti nel più ristretto ambito delle posizioni di interesse
legittimo, oppositivo o pretensivo, lese da un provvedimento
autoritativo, anche della tutela risarcitoria, integrata beninteso dallo
strumento, opzionale, della reintegrazione in forma specifica.
Tali considerazioni della Consulta, per tale dottrina, hanno ritenuto
indispensabile l'impugnazione del provvedimento illegittimo ai fini
della domanda sul risarcimento danni, ad hanno confermato
l'operatività del termine decadenziale breve60.
60 L.V. Moscarini, “<<Riassetto>> costituzionale del riparto di giurisdizione per materie e
pregiudiziale amministrativa”, in Giur. cost., 5/2004, pag. 3321 ss. - L'autore si schiera a
49
2.9 d) la natura dell'interesse legittimo
Per altri, a sostegno della pregiudiziale amministrativa, vi sarebbe la
natura stessa dell'interesse legittimo la cui lesione fa sorgere, in capo
al soggetto leso, l'azione risarcitoria come residuale e attivabile solo
qualora non sia più possibile annullare l'atto amministrativo
illegittimo. Anche se tale considerazione non affermerebbe la
pregiudiziale, ma ridimensionerebbe le pretese risarcitorie di chi non
ha impugnato l'atto: questi non potrà vedersi risarcire i danni che si
sarebbero potuti evitare con la tempestiva impugnazione, ma sarebbe
assurdo negare la risarcibilità di quei danni che comunque si sarebbero
prodotti. Il legislatore potrebbe fondare la regola della pregiudiziale,
secondo parte della dottrina, sulla base della specialità del giudice
amministrativo, facendo operare così i brevissimi termine di
decadenza61.
La dottrina ha poi affermato che, la lesione di un interesse legittimo
configura un danno ingiusto ex art. 2043 c.c., quindi l'interessato fa
favore della pregiudiziale amministrativa, facendo leva sulle sentenze n. 204 e 281 della Corte
Costituzionale del 2004.
61 A.R. Tassone, “Sui fondamenti della c.d. <<pregiudizialità amministrativa>>, in Giust. amm.,
3/2007, pag. 647 ss. - Vengono esaminate tutte la ragioni che giustificano la pregiudiziale
amministrativa, sancendo infine che il legislatore può benissimo introdurre tale regola
accompagnata da brevissimi termini di decadenza, facendo perno sulla specialità del giudice
amministrativo.
50
valere in giudizio il diritto di credito nascente dal fatto illecito.
Facendo notare che, prima della svolta avvenuta con le tre ordinanze
del 2006, la stessa Corte di Cassazione, negava la risarcibilità degli
interessi legittimi, sia basandosi in termini di improbabilità della
domanda per difetto assoluto di giurisdizione stante l'inesistenza di
qualsivoglia situazione tutelabile, poi negando il requisito del danno
ingiusto. Secondo tali autori, il vero problema sull'autonomia delle
due azioni è il seguente: se tale azione, in presenza di un
provvedimento asseritamente illegittimo ma non impugnato, possa
essere fondata nel merito.
Dunque il giudice amministrativo adito con una richiesta di
risarcimento danni in una fattispecie nella quale opera un
provvedimento efficace inoppugnabile dovrà chiedersi se la domanda
era fondata e risulterebbe erronea, in caso di risposta negativa, una
sentenza di inammissibilità. Sono poco convincenti, dunque per la
dottrina maggioritaria, le tesi che rifiutino l'indispensabilità
dell'annullamento dell'atto per l'azione risarcitoria. Ma ritiene
assolutamente certo che ove il giudice amministrativo si rifiuta di
condannare l'amministrazione al risarcimento dei danni, non si astiene
affatto dall'esercitare la propria giurisdizione, ma rigetta nel merito la
51
domanda, così come accade nel caso in cui il giudice ritenga
intervenuta una causa di decadenza della pretesa avanzata. Le Sezioni
Unite con tale assunto hanno semplicemente proposto una soluzione al
problema della responsabilità dell'amministrazione, esibendo un
inesistente problema di giurisdizione d'altronde senza rispettare i
limiti disegnati dalla Costituzione, leggendo in maniera errata l'art.
11162 63.
Ai fini della cd. pregiudizialità amministrativa, quindi, sono rilevanti
le fattispecie in cui la pretesa risarcitoria è del tutto indipendente dalla
validità del provvedimento, poggiando sulla violazione da parte
dell'amministrazione di regole di comportamento. Ma non risulta
condivisibile far seguire automaticamente alla dichiarazione di
62 R. Villata, “Questioni di giurisdizione sui comportamenti in materia espropriativa:
osservazioni (purtroppo perplesse) a margine di un dibattito giurisprudenziale”, in Dir. proc.
amm., 4/2006, pag. 865 ss. - Viene analizzato, criticandolo, l'atteggiamento della Corte di
Cassazione che inserisce le sue ragioni in motivi inerenti alla giurisdizione, facendo notare
come si sia abbandonata la tesi sostenuta dallo stesso giudice nelle pronuncia n. 1207/2006. Si
conclude il lavoro riconoscendo alle sezioni Unite il merito di aver proposto una soluzione,
seppur non convincente, al problema negando però, basandosi sulla sent. 204/2004 della Corte
Costituzionale, il richiamo fatto alla nomofilachia in tema di responsabilità della pubblica
amministrazione.
63 R. Villata, “Pregiudizialità amministrativa nell'azione risarcitoria per responsabilità da
provvedimento?”, in Dir. proc. amm., 2/2007, pag. 271 ss. - Viene spiegato il problema della
pregiudiziale amministrativa alla luce dell'art. 2043 c.c.
52
inammissibilità dell'azione di annullamento anche quella
dell'eventuale azione risarcitoria.
2.10 e) il <<carattere consequenziale>> assunto dalla tutela
risarcitoria e presunzione di legittimità
Una gran parte della dottrina, inoltre, condivide ciò che l'Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato nella sent. n. 12 del 2007.
Vale a dire che la pregiudiziale amministrativa, trarrebbe fondamento
innanzitutto dal testo dell'art. 35 del d.lgs. 80/98 che attribuisce
carattere <<consequenziale>> ed <<ulteriore>> alla tutela risarcitoria.
In più si osserva che la cosiddetta presunzione di legittimità dell'atto si
trasforma in certezza nel caso questo non venisse impugnato nei
sessanta giorni previsti a pena di decadenza, in quanto verrebbe
esclusa l'ingiustizia del danno ex art. 2043 c.c.. Ne deriva che l'azione
risarcitoria proposta autonomamente andrebbe respinta nel merito e
per questo non può essere impugnata ai sensi dell'art. 362 c.p.c., come
sottolineato dalla Suprema Corte.
Ciò che critica la dottrina maggioritaria negli orientamenti della Corte
di Cassazione, e in special modo nella pronuncia n. 30254/2008, è
l'inquadramento del problema della pregiudiziale amministrativa nelle
53
questioni attinenti alla giurisdizione, facendo notare che se si seguisse
questa impostazione ci sarebbe il rischio della perdita di specialità del
giudice amministrativo. Ed è per questo che si è auspicato un ricorso
per conflitto di attribuzione da parte della giurisprudenza
amministrativa dinanzi alla Corte Costituzionale, ma si è anche
sottolineata la pericolosità di tale scelta, in quanto nel caso la
domanda venisse rigettata dalla Consulta, si finirebbe per spianare la
strada alle Sezioni Unite per nuovi interventi nella stessa direzione dei
precedenti64.
2.11 f) il mancato potere di disapplicazione in capo al giudice
amministrativo
Tornando al mancato potere di disapplicazione in capo al giudice
amministrativo, ci si rifà all'art. 5 l. 2248/2865 allegato E, il quale
attribuisce tale potere al giudice ordinario, con la conseguenza che il
giudice amministrativo potrebbe eliminare l'atto, ma non disapplicarlo
salvo alcuni casi ammessi dalla giurisprudenza. Il principale
64 A.R. Tassone, “Morire per la <<pregiudiziale amministrativa?>>”, in www.giustamm.it, 29-
01-2009 – L'autore dimostra come potrebbe perdersi la specialità del giudice amministrativo se
si continuasse a seguire l'impostazione della Corte di Cassazione, che inquadra il problema nei
motivi attinenti alla giurisdizione. Inoltre viene anche definito controproducente, la difesa della
pregiudiziale amministrativa.
54
fondamento di tale orientamento restrittivo che limita a pochi casi il
poteri disapplicativo del giudice amministrativo, va individuato nella
natura impugnatoria del processo amministrativo, la quale impone il
rispetto a pena di inammissibilità del termine perentorio di decadenza.
2,12 La pregiudiziale amministrativa e il metodo <<Enzo
Capaccioli>>
C'è chi spiega la vigenza della pregiudiziale amministrativa attraverso
il cd. metodo di <<Enzo Capaccioli>>, che inquadra gli interessi
legittimi e la differenza con i diritti soggettivi, illustrando in base a
quale criterio si differenziano, prima in generale e poi nel merito della
loro risarcibilità.
Capaccioli riduce gli interessi legittimi alle situazioni in cui la
pubblica amministrazione non è vincolata nel merito, spiegando che
l'interesse legittimo consiste nella legittimità degli atti, e che, a sua
volta, la tutela di quella posizione giuridica soggettiva si risolve
pertanto nel sindacato di legittimità e nel conseguente annullamento
degli atti illegittimi. Non è concepibile, per Capaccioli, la concessione
della tutela risarcitoria senza il preliminare annullamento dell'atto.
Insomma tale metodo rafforza la posizione del Consiglio di Stato65.
65 D. Sorace, “Il metodo di Enzo Capaccioli e la questione della risarcibilità dei danni per
55
Infine vi è anche chi evidenzia l'incostituzionalità dell'art. 7 della
legge 205/2000 e dell'autonomia dell'azione risarcitoria, ma questo
non ha trovato riscontro nel giudice delle leggi.
2.13 Le posizioni della dottrina favorevoli all'autonomia dell'azione
risarcitoria: critiche alla difesa <<a tutti i costi>> della
pregiudiziale amministrativa
Per una parte della dottrina, che sento di condividere, è
controproducente accanirsi a difesa della pregiudiziale amministrativa,
per diverse ragioni: la pregiudiziale amministrativa è soltanto uno dei
congegni che possono garantire, già de jure condito, la innegabile
specialità del regime di responsabilità civile dell'amministrazione;
affermare tale regola, senza un'esplicita previsione normativa,
rimarcherebbe il carattere oggettivo della giurisdizione
amministrativa, che apparirebbe (anche se ingiustamente) come tutrice
dei privilegi dell'autorità piuttosto che dei diritti del cittadino; la
pregiudiziale amministrativa è utilizzata al fine di ampliare e
completare la trasformazione della specialità del giudice
lesione degli interessi legittimi”, in Dir. amm., 4/2009, pag. 889 ss. - Viene illustrato il metodo
di Enzo Capaccioli applicandolo alla risarcibilità degli interessi legittimi ed illustrandone i
possibili risvolti anche in tema di pregiudiziale amministrativa.
56
amministrativo, in senso pienamente oggettivo. Ma tale compito va
affrontato in altro modo, senza focalizzarsi su una posizione minore
quale quella della pregiudiziale di annullamento. Si potrebbe lasciare
tranquillamente tale compito al legislatore.
Dunque non è necessaria una difesa ad oltranza di questa regola, o
comunque non prima di limitarne il valore che essa presenta, evitando
così di compromettere questioni di ben più ampia portata. Ricavare la
pregiudiziale amministrativa, dal quadro normativo anteriore
all'emanazione del nuovo codice del processo amministrativo, ha solo
ritardato l'evoluzione della specialità del giudice amministrativo66.
2.14 a) Quando l'azione di annullamento diviene inutile, e critiche
all'applicazione del termine di decadenza nell'azione
risarcitoria
Analizzando ora il contrario punto di vista, quello non favorevole alla
permanenza del giudizio di annullamento pregiudiziale, può anzitutto
osservarsi come il giudizio di annullamento, nel caso concreto,
potrebbe rivelarsi inutile o impossibile.
Inoltre, in ragione del decorso del tempo, la tutela annullatoria
potrebbe non essere effettiva, risolvendosi ormai il vantaggio del
66 Cfr. nota 37
57
privato nella mera prospettiva risarcitoria, si da rendere, appunto
inutile il giudizio di annullamento.
Ancora, il problema della elusione del termine di decadenza, a
vantaggio del solo rispetto del termine di prescrizione previsto per il
giudizio risarcitorio, assumerebbe significato diverso nell'ambito del
giudizio, finalizzato al solo risarcimento.
Difatti, si osserva, lo stretto termine di decadenza è previsto solo in
considerazione delle ragioni di certezza che sottostanno l'esercizio
dell'azione amministrativa.
2.15 b) le finalità diverse delle due azioni
Del pari, è stato osservato, anche il problema della disapplicazione si
pone in modo diverso, ove si chieda il solo risarcimento del danno.
Con riferimento, poi, alle perplessità espresse circa la perdurante
efficacia del provvedimento, in pendenza di una sua valutazione di
illegittimità che ha comportato il diritto al risarcimento, è stato
osservato che, in sostanza, permanendo in capo all'amministrazione
poteri di autotutela, pur in mancanza di un potere vincolante di
annullamento da parte del giudice in sede di disapplicazione, all'ente
che ha posto in essere il provvedimento illegittimo rimarrebbero in
58
ogni caso possibilità di ripristino della legalità. In questo senso, anzi,
potrebbe anche prospettarsi, nel futuro, la possibilità di ipotizzare una
forma di responsabilità a carico del funzionario che, pur conoscendo
la situazione, non si adoperi per l'eliminazione dell'atto (e sempre che
non vi sia un interesse pubblico prevalente che ne giustifichi il
mantenimento).
La dottrina, poi, giustifica l'autonomia delle due azioni, sul
presupposto che in realtà rispondono a finalità diverse. L'azione di
annullamento, infatti, è diretta ad ottenere la rimozione dell'atto e,
tramite essa, il rispetto del principio di legalità nel successivo
svolgimento dell'attività amministrativa. L'azione risarcitoria, invece,
è diretta a riparare il danno subito dal privato, mentre non è deputata
alla rimozione dell'illegittimità provvedimentale.
2.16 c) Contestazione del richiamo all'art. 1227 c.c. e al mancato
potere di disapplicazione in capo al giudice amministrativo
Si contesta poi, sul piano del diritto sostanziale il richiamo, che la
dottrina favorevole alla pregiudiziale ha fatto, all'art. 1227 comma II
c.c., che esclude il risarcimento <<per i danni che il creditore avrebbe
potuto evitare usando l'ordinaria diligenza>>. In base a quest'assunto
59
si escluderebbe la tutela risarcitoria nel caso di mancata impugnazione
dell'atto illegittimo. Ma ciò non sarebbe un argomento abbastanza
forte, visto anche che la giurisprudenza civile era orientata ad
escludere l'applicazione di tale articolo sull'onere di proporre azioni
giudiziarie.
L'argomento sul mancato potere disapplicativo in capo al giudice
amministrativo che fonderebbe la necessaria pregiudizialità
amministrativa, viene snobbato sui presupposti che il richiamo a tale
principio nulla direbbe sul problema in esame, visto che la
disapplicazione consente al giudice di decidere la vertenza a
prescindere dagli effetti giuridici che l'atto produce, ma nella pretesa
risarcitoria si deve partire proprio da questi, perchè la lesione degli
interessi legittimi è provocata proprio da tali effetti.
2.17 d) diversa lettura dell'art. 35 d.lgs. 80/98 ed art. 7 l. 205/2000
Infine si contesta il richiamo all'art. 35 d.lgs. 80/98 così come
modificato dall'art. 7 l. 205/2000 che è intervenuto, si osserva, sulla
giurisdizione e non sul rito.
Inoltre, applicando la pregiudiziale amministrativa, vi sarebbero delle
disparità tra il danneggiato dall'operato della pubblica
60
amministrazione e colui che viene danneggiato dall'amministrazione
che ha agito jure privatorum, nonostante l'interesse sia paritario, ma
l'uno dovrebbe osservare il breve termine di decadenza e l'altro il più
lungo termine di prescrizione.
L'unico argomento accettabile, per tale dottrina, sta nell'interesse
superiore dell'amministrazione a non veder contestato il suo operato
oltre il termine decadenziale dettato dal legislatore per l'impugnativa
del provvedimento. Anche se ciò vale solo per il ricorrente che agisce
per la caducazione del provvedimento e non per il risarcimento. In
questo caso l'azione di annullamento assumerebbe per l'azione
risarcitoria soltanto valenza incidenter tantum, ovvero andrebbe
valutata insieme a tutti gli altri requisiti necessari per il
riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in conseguenza
dell'accertata esistenza del illiceità del provvedimento67.
Concludendo, nessuna tesi pare essere persuasiva per la dottrina
minoritaria, nell'affermare la pregiudiziale amministrativa68.
Anzi c'è chi definisce il processo amministrativo, in relazione alle
67 C. Varrone, “La pregiudizialità amministrativa: un mito in frantumi”, in www.giustamm.it, 19-
1-2009 – L'autore critica tutte le argomentazioni a favore della pregiudiziale addotte da
giurisprudenza amministrativa e dottrina.
68 Cfr. nota 17
61
controversie risarcitorie, come obsoleto69.
Inoltre, la difesa della pregiudiziale amministrativa, appare inadeguata
alla luce dell'art. 7 l. 205/2000, il quale afferma una giurisdizione
piena del giudice amministrativo che può conoscere dell'illegittimità
dell'atto, del risarcimento danni e degli altri <<diritti patrimoniali
consequenziali>>.
L'annullamento si configura come una delle possibili sanzioni
dell'invalidità, ma non è l'unica, sicché il provvedimento invalido ben
potrebbe venire in rilievo nella sola prospettiva patrimonialistica del
risarcimento.
2.18 e) il processo amministrativo come <<processo di parti>>
Non va dimenticato poi, per tale dottrina, che il processo
amministrativo si basa sul principio della domanda di parte ed è in
primis un <<processo di parti>>, e questo impone che il soggetto che
propone il ricorso abbia la legittimazione a ricorrere e l'interesse ad
agire. Dove la prima va individuata nella necessaria titolarità della
posizione giuridica soggettiva che si vuole dedurre in giudizio; mentre
69 D. Sorace, “La responsabilità risarcitoria delle pubbliche amministrazioni per lesione di
interessi legittimi dopo 10 anni”, in Dir. amm., 2/2009, pag. 379 ss. - Viene considerato
obsoleto il processo amministrativo sulle domande risarcitorie, per questo l'autore auspica un
intervento del legislatore volto a rimediare a questo problema.
62
il secondo requisito coincide con l'utilità concreta che ne potrebbe
derivare dalla proposizione del ricorso, e l'interesse deve essere
concreto, attuale e personale. Inoltre il giudice in tale modello
processuale deve attenersi a ciò che le parti chiedono (principio
dispositivo).
D'altronde viene richiamata anche la sentenza 204/2004 della Corte
Costituzionale, che viene letta nel senso di voler rafforzare la tutela
del privato. Sul tema semmai deve intervenire il legislatore e non i
giudici amministrativi, andando ad inventare una regola non sancita
espressamente in nessuna norma.
Vi sono poi situazioni in cui il privato potrebbe non avere più
interesse ad annullare l'atto oppure tale strada gli risulta impraticabile.
Per tale dottrina dovrebbe essere il cittadino a scegliere quale tutela
esperire, se quella di annullamento oppure quella risarcitoria70 71.
70 M. Allena, “La pregiudizialità amministrativa fra annullamento e tutela risarcitoria”, in Dir.
proc. amm., 1/2006, pag. 105 ss. - Tale articolo dopo aver fatto notare che la necessità del
previo annullamento per ottenere il risarcimento dei danni è insita nel sistema del processo
amministrativo, fa notare che tale processo è comunque un processo di parte e in quanto tale
spetterebbe al cittadino la scelta circa la proposizione di un'autonoma domanda risarcitoria.
Viene criticata poi l'impostazione di chi giustifica la pregiudiziale amministrativa su questioni
di natura erariale fondate sulla povertà casse pubbliche.
71 M.C. Cavallaro, “La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tra rapporti di diritto
pubblico e rapporti di diritto privato: brevi riflessioni a margine dei recenti orientamenti della
63
2.19 Riflessioni alternative
C'è chi, in dottrina, imposta il discorso circa la risarcibilità da
provvedimento illegittimo prescindendo dalla cd. pregiudiziale
amministrativa. Infatti, si osserva, mettendo fuori quadro questa, si
ottiene che il diritto soggettivo, colpito dal provvedimento
amministrativo, può essere tutelato con l'azione risarcitoria,
prescindendo dall'impugnazione e dall'annullamento del
provvedimento stesso.
Non venendo annullato, il provvedimento lesivo resta in vita, e restano
in vita i suoi effetti. In questo modo, se estinto, il diritto resta
(illegittimamente) estinto; invece, se limitato, compresso o
trasformato, esso resta configurato secondo quanto stabilito con il
provvedimento (nonostante la illegittimità di quest'ultimo).
Il titolare del diritto colpito dal provvedimento illegittimo, esercitando
l'azione risarcitoria, non può far valere altro che il suo diritto. Il danno
riguarda la perdita o la riduzione di questo, non viene in gioco alcun
interesse legittimo, dato che non si contrasta l'esercizio del potere né
si controverte circa la validità (e l'efficacia) del provvedimento, ma si
Corte Costituzionale”, in Dir. proc. amm., 3/2010, pag. 934 ss. - Articolo molto utile che
mostra i risvolti nella giurisprudenza contabile della Corte dei Conti e parallelismi con la
giurisprudenza amministrativa, la sua giurisdizione esclusiva e la pregiudiziale amministrativa.
64
discute solo sulla liceità del comportamento dell'amministrazione e si
chiede al giudice di conoscere del provvedimento solo in quanto
frazione del comportamento illecito, e di conoscerne in via meramente
incidentale o, comunque, senza che l'accertamento della illiceità della
condotta comporti conseguenze in ordine al provvedimento e agli
effetti che esso abbia prodotto.
In questa prospettiva, nella controversia rientra la diretta ed esclusiva
considerazione (e tutela) del diritto soggettivo e ne resta fuori
qualsiasi riferimento, anche indiretto, ad interessi legittimi72.
72 F.G. Scoca, “Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica
amministrazione”, in Dir. proc. amm., 1/2008, pag. 1 ss. - Vengono fatte, dall'autore, diverse
riflessioni (molto approfondite) riguardanti la giurisdizione del giudice amministrativo sulle
domande risarcitorie e sulla loro autonomia o meno dall'azione demolitoria.
65
Capitolo terzo
LA PREGIUDIZIALE AMMINISTRATIVA ALLA LUCE DEL
NUOVO CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
3.1 Premessa al nuovo codice del processo amministrativo
Sul Supplemento ordinario alla G. U. n. 148 del 7 luglio scorso è stato
pubblicato il decreto legislativo n. 104 del 2 luglio 2010, che, in
attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 44 legge n. 69
del 2009, ha approvato il Codice del processo amministrativo,
offrendo così finalmente anche agli operatori e agli utenti della
giustizia amministrativa un quadro normativo omogeneo e, per quanto
possibile, chiaro e definito, in un’ottica di maggiore garanzia di
effettività della tutela delle posizioni soggettive sottoposte alla
giurisdizione amministrativa.
Il giudice amministrativo, anche, ma non soltanto, nella sua veste di
giudice dell’economia, ha un ruolo fondamentale nel sistema delle
garanzie del nostro ordinamento e nella stessa competitività del Paese.
66
Una tutela effettiva richiede innanzi tutto la chiarezza e la certezza
delle regole processuali, che non possono essere riservate alla
comprensione di pochi esperti o, peggio, alla spesso variabile
interpretazione di un quadro normativo estremamente complesso e
incerto, quale è quello nel quale, allo stato, i giudici amministrativi si
trovano ad operare e nel quale, se molti vuoti normativi sono stati
pregevolmente colmati da una giurisprudenza moderna e attenta, le
questioni aperte (addirittura sui termini e sui presupposti di
legittimazione) restano inaccettabilmente numerose e ancora lontane
da trovare univoche soluzioni.
La codificazione risponde, pertanto, a indefettibili esigenze di
unificazione, chiarificazione e coordinamento, che chiedevano e
chiedono una risposta assolutamente immediata.
Dal 16 settembre 2010, anche il giudizio amministrativo ha quindi un
suo Codice, che, come sottolineato nella Relazione illustrativa al
decreto, intende, a buon diritto, collocarsi a fianco dei quattro codici
tradizionali del nostro ordinamento (civile, penale, di procedura civile
e di procedura penale) ad ulteriore conferma della <<piena dignità>>
del giudice amministrativo enunciata dalla sentenza n. 204 del 2004
della Corte costituzionale (già richiamata).
67
Sul piano sostanziale, il Codice consente poi di adattare il tradizionale
processo amministrativo, incentrato sul modello impugnatorio, alla
mutata realtà derivante dall’evoluzione normativa nazionale ed
europea e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che, pur nel
rispetto delle necessarie differenze legate al diverso ruolo delle due
giurisdizioni, hanno progressivamente riconosciuto al giudice
amministrativo nuovi strumenti di tutela, analoghi a quelli di cui
dispone il giudice ordinario (si pensi alla tutela cautelare ante causam,
alla consulenza tecnica d’ufficio, alla prova per testi, o ancora
all’azione risarcitoria o all’opposizione di terzo), la cui concreta
attuazione non poteva tuttavia ancora una volta essere lasciata alla
libera interpretazione e non può quindi prescindere da un quadro
normativo chiaro e definito, quale il Codice indubitabilmente offre73.
Tale codice è stato il frutto di una collaborazione tra la giurisprudenza
amministrativa e quella civile che, come abbiamo visto , sono spesso
andate in contrasto, specie sul tema della pregiudiziale amministrativa.
Tra l'altro il legislatore in quest'opera è intervenuto per la prima volta
73 M.A. Sandulli, “Anche il processo amministrativo ha finalmente un codice, in
www.federalismi.it, 14-07-2010 – L'autore dopo una premessa sulla storia della pregiudiziale
amministrativa e la querelle di cui è stata oggetto, tra giurisprudenza civile e amministrativa,
analizza, all'interno di un lavoro che riguarda tutto il nuovo codice del processo
amministrativo, la situazione del problema all'interno di esso e i risvolti possibili.
68
sulla questione.
In altre parole, coerentemente a quanto voluto dall’ordinamento
comunitario, dalla CEDU e poi dalla Corte Costituzionale con la
storica decisione n.204/2004, con il riconoscimento esplicito alla
giurisdizione amministrativa di <<tutte le controversie …concernenti
l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo>>,
vengono conferiti al giudice amministrativo tutti i poteri di cognizione
e/o necessari al fine di attribuire una tutela piena ed effettiva del
cittadino, anche con la pronuncia di risarcimento del danno e con la
doppia opzione di tutela autonoma e/o connessa a quella tipo
impugnatoria, che spesso in passato si è trovato di fronte a delle
decisioni (rectius oggi alla luce del nuovo Codice <<sentenze>>) che
sebbene fossero a suo favore sulla <<carta>> in concreto poi non
avevano natura satisfattiva74.
In tale scenario, si è inserito il legislatore delegato del nuovo Codice
del processo amministrativo, con un compito che, come è intuibile,
non è stato certamente semplice ovvero quello di tentare di comporre
il ricchissimo dibattito dottrinale e giurisprudenziale, sviluppatosi nel
74 R. Caponi, “La riforma del processo amministrativo: primi appunti per una riflessione”, in
Foro it., 2010 parte V, pag. 267 ss. - Le prime impressione sul codice del processo
amministrativo.
69
corso degli anni sulla cd. pregiudiziale amministrativa, cercando di
evitare, ma questo lo si potrà affermare solo con il tempo, eccezioni
d’incostituzionalità75.
C'è chi in dottrina esprime perplessità sul fatto che il codice non
delinea modelli nuovi di processo amministrativo, ma non ha neppure
accolto alcune delle proposte più importanti che erano state fatte in un
primo tempo nel testo elaborato dal Consiglio di Stato, quali la
previsione di un'azione di adempimento76 77 78.
3.2 L'azione di condanna
La questione viene affrontata nell'art. 30 del testo legislativo, che sotto
la dicitura <<azione di condanna>> (rientrante in quelle che il codice
identifica come <<azioni di cognizione>>, così recita:
75 A. Monaldi, “La pregiudiziale amministrativa alla luce del codice del processo
amministrativo”, in www.giustamm.it, 2011 – Le novità in materia di pregiudiziale
amministrativa che il nuovo codice del processo amministrativo offre, un problema che sembra
risolto anche se l'autrice fa notare come la pregiudiziale amministrativa sia stata soltanto
aggirata e non completamente superata.
76 A. Travi, “Il codice del processo amministrativo”, in Foro it., 2010, pag. 206 ss. - L'autore
prova ad inquadrare la situazione che si delineerà dopo l'intervento legislativo attuativo della
delega all'interno dell'art. 44 della l. 69/2009.
77 AA. VV., “Codice del nuovo processo amministrativo”, Roma, 2010
78 A. Carbone, “L'azione risarcitoria nel processo amministrativo dopo la legge n.69/2009, in
Rass. avv. Stato, 1/2010, pag. 273 ss.
70
1. L'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad
altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi
di cui al presente articolo, anche in via autonoma.
2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno
ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività
amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.
Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il
risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi.
Sussistendo i presupposti previsti dall'art. 2058 del codice
civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma
specifica.
3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è
proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni
decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla
conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente
da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta
tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo
delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si
sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche
attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.
71
4. Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente
comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento,
il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura
l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque
a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per
provvedere.
5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la
domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del
giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in
giudicato della relativa sentenza.
6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per
lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione
esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice
amministrativo.
3.3 segue... Superamento della pregiudiziale amministrativa
Emerge subito dal testo dell'articolo, il primo compromesso
adoperato dal legislatore, nella scelta del termine di centoventi giorni
per la proposizione dell'azione risarcitoria, non accogliendo né la tesi
72
civilistica che suggeriva il termine quinquennale della prescrizione,
né quella amministrativa che invece proponeva quello di sessanta
giorni previsto a pena di decadenza per l'azione di annullamento, e
nemmeno rispettando il termine proposto dalla Commissione presso il
Consiglio di Stato, alla quale era stata affidata la redazione del
codice, di centottanta giorni..
Peraltro, al comma cinque dell’art.30 la soluzione compromissoria
(annullamento - risarcimento) è ancora più evidente. Viene infatti
sancito che <<nel caso in cui sia stata proposta azione di
annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso
del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in
giudicato della relativa sentenza>>, posticipando di fatto il termine
decadenziale per proporre l’azione risarcitoria, nel caso in cui sia stata
previamente esperita l’azione d’annullamento.
In altre parole il legislatore è intervenuto in maniera chiara sulla
pregiudiziale amministrativa, sancendo che il danneggiato ha due
possibilità: chiedere il risarcimento dei danni in via autonoma entro
centoventi giorni dal fatto causativo (o meglio dalla sua percezione o
precisa conoscenza), oppure, sempre dianzi al giudice amministrativo,
abbinare sia l'azione di annullamento che la richiesta di ristoro, ed in
73
questo caso può formulare la domanda di risarcimento danni insieme
all'azione principale (vale a dire quella di annullamento) e quindi entro
il termine decadenziale di sessanta giorni previsto per questa (dall'art.
29), in pendenza di giudizio fino al verdetto finale, purché non si
superino i centoventi giorni di cui sopra79.
Tale articolo insomma rende autonoma l'azione risarcitoria rispetto a
quella di annullamento, superando così la pregiudiziale
amministrativa. Anche se la soluzione lascia perplessa buona parte
della dottrina, specie alla luce del termine di decadenza, che è arrivata
a dire che la Cassazione all'epoca e il legislatore oggi, vincono ma non
convincono sul dibattito80 81 82.
79 V. Azzoni, “Il risarcimento dei danni provocati dalla pubblica amministrazione: 1) l'azione di
condanna della pubblica amministrazione dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del
processo amministrativo (D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104)”, in Nuova rass. leg. dottrina giur,
17/2010, pag. 1710 ss. – Per tale autore in un commento a caldo sul nuovo codice del processo
amministrativo, la pregiudiziale è superata essendo chiaro che l'azione risarcitoria è oramai
autonoma, analizzando tutto l'art. 30 del c.p.a.
80 P. Carpentieri, “Risarcimento del danno e provvedimento amministrativo”, in Dir. proc. amm.,
3/2010, pag. 857 ss. - La pregiudiziale di annullamento, per l'autore è superata, anche se la
soluzione accolta dal legislatore lo lascia perplesso.
81 G. La Torre, “L'annosa disputa tra Cassazione e Consiglio di Stato in ordine alla pregiudiziale
amministrativa e il recente superamento in base al nuovo Codice del processo amministrativo,
in Amm. it., 1/2011, pag. 1 ss. - Vengono ripercorsi tutti i contrasti tra Cassazione e Consiglio
di Stato, fino alla soluzione compromissoria insita nel nuovo codice.
82 E. Capasso, “L'azione risarcitoria del codice del processo: dalla pregiudiziale amministrativa
74
3.4 Il requisito del <<ordinaria diligenza>> e risvolti sul tema
della pregiudiziale amministrativa
La domanda di risarcimento danni per lesione di interessi legittimi va
proposta, quindi, entro il termine di decadenza di centoventi giorni
decorrenti dal giorno in cui il fatto si è verificato, ovvero dalla
conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da
questo. Apparentemente dunque si tratta di un'azione esperibile in via
autonoma, ma (in linea con quanto sostenuto dalla stessa Corte di
giustizia della UE) il giudice nel determinare il quantum risarcitorio
valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo
delle parti: deve, quindi, escludere il risarcimento di quei danni che si
sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso
l'esperimento degli strumenti di tutela previsti (primo fra i quali
ovviamente l'azione di annullamento; ma non va sottovalutata
l'importanza a tali fini della diffida ad adempiere ai sensi degli art.
1453 e 1454 c.c., in quanto espressione di principi generali).
Il codice applica qui il fondamentale principio del concorso di colpa
del danneggiato ex art. 1227 c.c. (se il fatto colposo del creditore ha
all'autonomia <<temperata>>, in Riv. amm., 7-8/2010, pag. 359 ss. - Non convince la
soluzione del legislatore che sembra si aver superato la pregiudiziale amministrativa pur senza
aver previsto una <<piena>> azione risarcitoria autonoma.
75
concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la
gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il
risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare usando l'ordinaria diligenza).
Sin dai primissimi dibattiti sul tema, in dottrina c'era chi si preoccupò
di sottolineare che la Suprema Corte, richiamando l’art. 1227 c.c.,
aveva surrettiziamente invitato il giudice amministrativo ad introdurre
un limite sostanziale all’accoglimento dell’istanza (quello della
diligenza nell’impedire il danno anche, e soprattutto, attraverso la
previa o contestuale azione di annullamento) in virtù di una norma di
cui fino a quel momento la stessa Corte aveva costantemente negato
l’utilizzabilità per le cd. negligenze processuali. Con il risultato che gli
amministrati, illusi dai media e dai commentatori più ottimisti di poter
finalmente evitare il previo giudizio di annullamento, si trovavano
esposti al fortissimo rischio (e anzi, salvi i casi di danno immediato e
irreversibile attraverso la reintegrazione in forma specifica, alla
certezza) di vedersi respinta la domanda nel merito, perché il
pregiudizio era stato frutto di una loro <<non diligenza>> nella
reazione. La collaborazione che il sistema in fatto richiede ai cittadini
per assicurare la giustizia nell’amministrazione ed evitare che
76
quest’ultima paghi due volte (per la lesione che un atto illegittimo
comunque arreca all’interesse pubblico e per il ristoro dei danni al
soggetto che ne subisce ingiustamente gli effetti), uscita dalla porta
dell’azione pregiudiziale di annullamento (o di dichiarazione di
illegittimità del silenzio) rientra in sostanza dalla finestra attraverso
l’imputazione allo stesso danneggiato della parte di pregiudizio da
esso evitabile con un <<diligente utilizzo dei mezzi di tutela posti a
sua disposizione>>83.
La domanda di risarcimento per lesione di diritti soggettivi, invece,
osserva il termine di prescrizione di cinque anni di cui all'art. 2947
c.c.. Anche in tali casi tuttavia il giudice amministrativo può applicare
il principio dell'art. 1227 c.c., come d'altra parte può fare anche il
giudice civile per le controversie di cui è competente. La
valorizzazione di questo articolo è stata suggerita dall'esperienza degli
altri Paesi comunitari (la quale verrà approfondita nell'ultimo
capitolo).
83 M.A. Sandulli, “Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche amministrazioni: tra
soluzione di vecchi problemi e nascita di vecchie questioni”, in www.federalismi.it, 28-03-
2011 – Prima esplica i problemi passati sulla pregiudiziale amministrativa e poi apre il campo
ai nuovi problemi che il nuovo codice del processo amministrativo produce.
77
3.5 Aspetti sostanziali del nuovo codice
Osservando gli aspetti sostanziali del nuovo codice del processo
amministrativo, che si possono porre in stretta aderenza con il dettato
dell'art. 1 del codice medesimo sul conseguimento del principio di
effettività della tutela giurisdizionale, ho notato quanto segue.
Con riguardo alla situazione giuridica lesa, è ammessa sempre
condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi
legittimi. Solo nei casi di giurisdizione esclusiva può essere chiesto
anche il risarcimento dei danni da lesione di diritti soggettivi. Il codice
segue l'interpretazione giurisprudenziale, secondo cui la responsabilità
per risarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi sarebbe una
figura sui generis di responsabilità. In realtà poiché nell'ambito della
giurisdizione amministrativa esclusiva il confine tra lesione di
interesse legittimo e di diritto soggettivo non è così netto, possono
sussistere congiuntamente entrambi i tipi di risarcimento (quando al
danno emergente, ad esempio, si accompagni anche quello da ritardo).
Per quanto attiene, invece, al tipo di risarcimento, in entrambi i casi
può essere prodotta azione di risarcimento in forma specifica,
sussistendo i presupposti dell'art. 2058 c.c. (<<il danneggiato può
chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in
78
parte possibile. Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento
avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica
risulta eccessivamente onerosa per il debitore>>).
Sempre dal punto di vista sostanziale <<di ogni domanda di condanna
al risarcimento del danno per la lesione di interessi legittimi, o, nelle
materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce
esclusivamente il giudice amministrativo>>. Si tratta di una scelta
condivisa dalla stessa Cassazione civile e dalla Corte Costituzionale,
di concentrazione della tutela anche per assicurare la ragionevole
durata del processo.
3.6 Problemi di disparità e di effettività della tutela
Ora, a parte l’evidente ed ingiustificata disparità di trattamento nei
confronti del cittadino,sotto il profilo dell’effettività di tutela, tra il
risarcimento da lesione di interessi legittimi (termine decadenziale) e
il risarcimento da lesione di diritti soggettivi (termine prescrizionale),
che ripropone, tra l’altro, diversi scenari (che sembravano ormai
tramontati) sull’effettiva consistenza ed intensità delle due diverse
situazioni giuridiche soggettive sotto il profilo sostanziale e
processuale, il dato da sottolineare è la individuazione della ratio
79
sottesa alla previsione del termine di decadenza dall’azione risarcitoria
da lesione di interessi legittimi. Termine di decadenza che il
legislatore, forse pentitosi, in qualche modo mira <<di fatto>> a
dilatare per effetto della decorrenza dei centoventi giorni dal
verificarsi dell’evento dannoso ovvero dalla conoscenza del
provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Ma il vero
punto è questo: la pregiudizialità amministrativa in presenza di
un’azione risarcitoria da lesione di interessi legittimi, per la previsione
del termine decadenziale di centoventi giorni, risulta lesiva del
principio generale dell’effettività della tutela giurisdizionale del
cittadino, a differenza della pregiudiziale amministrativa nei casi di
giurisdizione esclusiva in tema di risarcimento da lesione del diritto
soggettivo, dove il notorio periodo più lungo di prescrizione della
relativa (cinque anni in caso di responsabilità extracontrattuale)
assicura una maggiore tutela dei soggetti titolari delle situazioni
giuridiche soggettive lese. In un tale ordine di idee, la decadenza
dall’azione risarcitoria degli interessi legittimi sembra essere stata
prevista dal legislatore per raggiungere lo scopo dell’interesse
pubblico della stabilità dell’azione amministrativa e della legittimità
del provvedimento amministrativo. Prevale, infatti, nella situazione de
80
quo, anche se soltanto entro i limiti preannunciati, l’interesse pubblico
all’acquisizione della certezza in ordine a determinati aspetti del
rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini; rapporto che non
può essere più posto in discussione sotto il profilo risarcitorio una
volta decorso il suddetto termine decadenziale.
In definitiva, la disposizione normativa sulla pregiudizialità
amministrativa prende atto del peculiare atteggiamento del legislatore
nei confronti del tema della risarcibilità dell’interesse legittimo nel
suo rapporto specifico con l’azione di annullamento dell’atto
amministrativo illegittimo. Il tema della pregiudizialità offre lo spunto
per una breve riflessione di teoria generale: il riconoscimento
giuridico del bene della vita quale entità specifica e facilmente
afferrabile nel risarcimento da lesione del diritto soggettivo,
consistente nell’utilità in forma specifica o per equivalente che il
cittadino si aspetta dal giudice per la riparazione del danno ingiusto,
diventa progressivamente meno certo man mano che il legislatore
passa alla disciplina della protezione degli interessi <<super
individuali>> che sembra prevalere nella risarcibilità da lesione di
interessi legittimi (come ad es. la tutela della legittimità dell’attività
amministrativa o di determinati assetti di interessi pubblico-privati).
81
Così, il D.lgs n. 104/2010 sembra voler tutelare solo parzialmente e a
tempo il bene della vita del cittadino leso dal provvedimento
amministrativo o dal mancato esercizio dell’attività amministrativa
perché la ratio della normativa è quella di garantire la stabilità, la
continuità del provvedere amministrativo e la liceità del
comportamento della pubblica amministrazione; pubblica
amministrazione la cui azione non solo non può essere contestata in
eterno ma deve ritenersi consolidata nel segno della legittimità-liceità
alla scadenza decadenziale, e ciò nell’ottica di una continua esigenza
di funzionalizzazione alla cura dell’interesse collettivo.
In altri termini, il bene della vita del privato costituito dal risarcimento
del danno per equivalente o in forma specifica per effetto della lesione
all’interesse legittimo da parte dell’attività amministrativa illegittima,
resta sullo sfondo, condizionato e relegato ai termini ristretti
decadenziali, non essendo legalmente previsto un ulteriore e possibile
termine prescrizionale di esercizio dell’azione di danni, come previsto
invece, nel diritto sostanziale, nell’ipotesi di cui all’art. 1495 c.c. in
tema di vizi della cosa venduta in materia di compravendita.
Si può affermare, in buona sostanza, come il legislatore abbia voluto
prevedere, per la responsabilità da lesione di interessi legittimi, una
82
sorta di sanzione nei confronti del privato che rimanga inerte nel
proporre l’azione di risarcimento dei danni nei confronti della
pubblica amministrazione, mostrando, nel contempo, di non voler
recepire, nella fattispecie risarcitoria pubblica, la funzione
strettamente riparatoria della responsabilità civile da fatto illecito in
generale che si è ormai consolidata sia negli arresti giurisprudenziali
più importanti che negli orientamenti maggioritari della dottrina
civilistica84.
84 G. Soricelli, “Il punto della disciplina legislativa della pregiudiziale amministrativa alla luce
del Codice del Processo Amministrativo, in www.giustamm.it, 26-08-2010 – L'autore prova a
far luce sulle ombre insite nel nuovo codice riguardanti la pregiudiziale amministrativa, pur
apprezzando il lavoro del legislatore.
83
Capitolo quarto
LE REAZIONI DELLA DOTTRINA ALL'INTERVENTO DEL
LEGISLATORE
4.1 Commenti sull'art. 30 del nuovo codice del processo
amministrativo
La legge delega (la 69/2009) non alludeva espressamente alla
pregiudiziale amministrativa, ma con il richiamo alla necessità di
disciplinare le azioni esperibili e i termini di decadenza o prescrizione
(eventualmente riducendoli) delle azioni proponibili era risultato
chiaro che uno degli obbiettivi dell'intervento di riforma era di dare
una soluzione al contrasto tra Cassazione e Consiglio di Stato, che
negli ultimi tempi si era fatto abbastanza duro.
Il problema è stato affrontato nell'art. 30 del codice del processo
amministrativo, disciplinando l'azione risarcitoria contro la pubblica
amministrazione sotto la dicitura di <<azioni di condanna>>.
84
Il Consiglio di Stato (chiamato a partecipare alla relazione del codice)
ha aperto al superamento della pregiudiziale amministrativa
(nonostante fino a quel momento l'avesse difesa) ma, sottoponendo la
relativa (autonoma) azione di risarcimento al termine decadenziale di
centottanta giorni (poi divenuti centoventi) decorrenti dal giorno in cui
il fatto dannoso si è verificato o il provvedimento lesivo è stato
conosciuto. In più, applicando l'art. 1227 c.c. veniva data rilevanza
alla mancata impugnazione o al mancato invito all'autotutela, in sede
di quantificazione del danno.
Nella relazione al codice, veniva poi specificato che tale soluzione,
coerente con i più recenti orientamenti della Corte di Cassazione, era
il frutto di un dialogo avvenuto tra le giurisdizioni civile e
amministrativa, e grazie all'apporto dato in Commissione dai
magistrati ordinari e amministrativi, dei professori universitari e dagli
avvocati.
Il Governo ha tenuto conto di tale illustre soluzione, modificando però
il termine di decadenza, che è sceso a centoventi giorni, e il
meccanismo di valutazione degli oneri di ordinaria diligenza, gravanti
sul danneggiato.
In sede di approvazione preliminare era stato esplicitato che il giudice
85
doveva comunque, escludere il risarcimento dei danni che si sarebbero
potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso
l'impugnazione, nel termine di decadenza, degli atti lesivi illegittimi.
Le Commissioni parlamentari avevano richiesto la modifica della
disposizione e la soluzione alla fine prevalsa è stata quella di lasciare
il temine di decadenza di centoventi giorni e di prevedere che, nel
determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di
fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude
il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l'ordinaria diligenza, <<anche attraverso l'esperimento degli strumenti
di tutela previsti>>. Scompare il riferimento anche all'invito
all'autotutela, inserito nell'originario testo del Consiglio di Stato e
viene reso meno rigido dal riferimento agli oneri del danneggiato, ora
ricondotto al più generale esperimento dei mezzi di tutela, in luogo
della precisa indicazione dell'impugnazione degli atti illegittimi,
contenuta nel primo testo ora approvato dal Consiglio dei Ministri.
Dalla relazione governativa emerge che, in relazione alla cd.
pregiudiziale amministrativa, si è optato per l'autonoma esperibilità
della tutela risarcitoria per la lesione delle posizioni di interesse
legittimo, prevedendo per l'esercizio di tale azione un termine di
86
decadenza di centoventi giorni, sul presupposto che la previsione di
termini decadenziali non è estranea alla tutela risarcitoria, per di più a
fronte di evidenti esigenze di stabilizzazione delle vicende che
coinvolgono la pubblica amministrazione, e affermando l'applicazione
di principi analoghi a quelli espressi dall'articolo 1227 c.c. per quanto
riguarda i danni che avrebbero potuto essere evitati mediante il
tempestivo esperimento dell'azione di annullamento.
Va precisato che il termine di decadenza previsto dall'art. 30, riguarda
soltanto il risarcimento danni da lesione di interessi legittimi e non
anche quando ad essere lesi siano i diritti soggettivi, i quali restano
assoggettati all'ordinario termine, molto più lungo, di prescrizione85.
Il ricorrente può anche chiedere il risarcimento dell'eventuale danno
(da comprovare) subito per l'inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento. In questo caso il termine
decadenziale per l'esercizio dell'azione risarcitoria inizia a decorrere
dopo un anno dalla scadenza del termine di conclusione del
procedimento in esito al quale si sarebbe potuto provvedere.
In altre parole, tale articolo, prevede da un lato l'abbandono del
85 R. Chieppa, “Il codice del processo amministrativo”, Milano, 2010 – Nella monografia in
questione viene mostrata passo passo ogni novità del nuovo codice del processo amministrativo,
tra le quali vi è l'autonoma azione risarcitoria proposta dall'art. 30, che viene analizzato in
dettaglio.
87
modello rigido di relazione fra azione risarcitoria e quella di
annullamento basato sulla pregiudiziale amministrativa, ma dall'altro
controbilancia l'autonomia della azione risarcitoria assoggettandola ad
un termine decadenziale breve, benché più lungo quello per
l'impugnazione dell'atto lesivo, e soprattutto escludendo la risarcibilità
delle conseguenze dannose che sarebbero potute essere evitate
ricorrendo ad altri strumenti di tutela.
Oggi, pertanto, dall'inoppugnabilità dell'atto (il termine di decadenza
per l'azione di annullamento rimane sempre di sessanta giorni ex art.
29 del nuovo codice) non deriva più la perdita di ogni rilevanza
giuridica della lesione dell'interesse legittimo, ma solo il venir meno
della possibilità di esperire uno dei mezzi di tutela che l'ordinamento
predispone a presidio di tale posizione soggettiva, mentre la definitiva
copertura dell'operato della pubblica amministrazione da ogni forma
di reazione giurisdizionale contro l'atto lesivo dell'interesse legittimo
si perfeziona solamente con il decorso del più lungo termine previsto
per la proposizione dell'azione risarcitoria autonoma.
Non del tutto chiara risulta, però, l'individuazione del momento in cui
il predetto termine inizia a decorrere. Il comma III dell'art. 30 prevede,
infatti, che la domanda di risarcimento per la lesione degli interessi
88
legittimi debba essere proposta entro il termine di centoventi giorni
<<dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del
provvedimento se il danno deriva direttamente da questo>>.
La prima parte della norma riproduce la formula dell'art. 2947 c.c. che
fa decorrere la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento
<<dal momento in cui il fatto si è verificato>>, mentre, la seconda
riconduce il dies a quo dal quale decorre il termine decadenziale alla
conoscenza del provvedimento nei casi in cui il danno derivi
direttamente da questo86 87 88.
Sembra più opportuna far decorrere tale termine, ex art. 30, dalla
percezione da parte della vittima della lesione della sua posizione
soggettiva ad opera del provvedimento (cd. <<danno evento>>), con
l'uso dell'ordinaria diligenza, salva l'ipotesi, da considerarsi
eccezionale, in cui l'emanazione del provvedimento illegittimo
costituisca non solo fonte della lesione della posizione soggettiva ma
86 R. Gisondi, “Le azioni e i poteri decisori del giudice amministrativo (commento all'art. 30
c.p.a.)”, in La riforma del processo amministrativo (Italia oggi), 2010 – L'autore all'interno
dell'opera commenta l'art. 30 che sotto la dicitura <<azione di condanna>> contempla un
autonoma azione risarcitoria.
87 E. Picozza, “Codice del processo amministrativo: D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, commento
articolo per articolo, Torino, 2010
88 F. D'agostino, “Il nuovo codice del processo amministrativo: con il testo della riforma
commentato articolo per articolo, Milano, 2010
89
anche un danno conseguenza89 90 91 92.
4.2 La cd. <<pregiudizialità' mascherata>>
A fronte delle considerazioni sin qui svolte, appare indispensabile
l’esame, pur senza pretese di esaustività, delle posizioni espresse dalla
dottrina in occasione del fenomeno della cd. pregiudiziale
amministrativa e, si deve subito rilevare, in proposito come l’idea di
fondo sembri convergere per un non convincente superamento della
pregiudiziale come, del resto, lo è la posizione nei confronti del
Codice del processo amministrativo.
E’ stato rilevato, dunque, come la scelta adottata dal legislatore sia di
<<pregiudizialità mascherata>>, e come <<una soluzione mediocre,
accettabile sotto un profilo di collaborazione tra le due giurisdizioni,
un compromesso poco simpatico, poco attraente (l’Autore non è
d’accordo con la tesi di sganciare la tutela del diritto soggettivo da
quello dell’interesse legittimo in quanto la lesione di quest’ultimo si
89 AA. VV., “Codice del processo amministrativo”, Milano, 2010
90 AA. VV., “Il codice del nuovo processo amministrativo”, Milano, 2010 - Commento accurato
articolo per articolo del codice.
91 Cfr. nota 53
92 P. Carpentieri, “Risarcimento del danno e provvedimento amministrativo”, in Dir. proc. amm.,
3/2010, pag. 857 ss.
90
basa proprio sul danno ingiusto contenuto nell’art.2043 c.c. oppure si
afferma che l’interesse legittimo ha delle sue specificità), svuota di
utilità un’azione autonoma>>, asserendo che forse sarebbe stata più
opportuno mantenere la pregiudiziale con un termine di cinque anni;
le conclusioni a cui giunge sono quelle di un’autonomia dell’azione
risarcitoria (la Cassazione almeno su questo ha vinto) ma in questo
modo il giudice amministrativo disapplica l’atto amministrativo, in
quanto il danno ingiusto si basa proprio sul provvedimento che ha
contenuto precettivo, vi è una pregiudizialità mascherata o autonomia
temperata in quanto è stato introdotto il termine di centoventi giorni e
dunque se non vi è una questione di legittimità costituzionale tuttavia
si afferma ancora la pregiudiziale ed, infine, considerazioni sul
comportamento del debitore (art.1227 c.c.) nel senso che
l’accertamento del fatto è solo una questione incidentale oppure è una
questione di accertamento principale e, se così fosse, si assisterebbe ad
una scomparsa del risarcimento in forma autonoma.
Così è stato affermato che la pregiudiziale in sostanza non è
scomparsa e che il legislatore ha voluto dare un minimo di autorità al
provvedimento amministrativo.
In siffatto contesto, è stato altresì ritenuto come la questione in
91
materia della pregiudiziale sia stata risolta a favore della tesi del
Consiglio di Stato sulla considerazione dell’art. 34, II comma del
Codice del processo amministrativo secondo cui “in nessun caso il
giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non
ancora esercitati. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo
30, comma 3 il giudice non può conoscere della legittimità degli atti
che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l’azione di
annullamento di cui all’art.29>> con la deroga prevista con l’art.30,
III comma di cui sopra con evidenza che se fosse un’azione autonoma
non vi sarebbe un termine di decadenza. Sul punto, stante l’intensa
produzione normativa dopo gli anni ’90 concernente la pubblica
amministrazione, il legislatore avrebbe dovuto essere un po’ più
coraggioso sposando una scelta di campo più netta con la semplice
introduzione della <<parolina chiara: vige la pregiudiziale - non vige
la pregiudiziale>>, mettendo così definitivamente la parola fine
rispetto a questioni che non pare siano destinate a sopirsi.
In altri termini, va rilevato come la posizione del Codice sul tema
della pregiudiziale amministrativa, definita dallo stesso legislatore
<<intermedia>>, ha certamente il pregio di non essere sbilanciata a
favore della posizione <<tutta civilistica>> o <<tutta
92
amministrativa>> , ma ha anche un difetto genetico, quello di aver
perso l’occasione di razionalizzare il processo amministrativo per
blocchi di materie all’interno dei quali concentrare tutte le tutele, sul
modello della giurisdizione esclusiva, per sfruttare appieno e nelle sue
potenzialità la maggior semplicità e celerità del processo
amministrativo93.
Questa tesi si pone in alternativa a quella, illustrata nelle pagine
precedenti, che individua la scelta del legislatore come
<<compromesso>> all'interno di una querelle che durava da tanto
tempo.
4.3 Il mantenimento della centralità dell'azione di annullamento
In definitiva l’attuale disciplina legislativa in tema di pregiudizialità
amministrativa può essere ritenuta complessivamente scarna ma
suscettibile di miglioramento, anche se non mancano ombre e anche
forzature.
Ed ancora, è stato Autorevolmente sostenuto che il Codice
93 Cfr. nota 47 - Il legislatore poteva offrire un lavoro molto più innovativo e completo, invece si
è dovuto adagiare su situazioni di compromesso e a metà strada tra le varie teorie e proposte
della dottrina e della giurisprudenza sia civile che amministrativa. Inoltre dietro un'innovativa
azione risarcitoria autonoma si nasconde comunque, fa notare l'autrice, un processo incentrato
sul modello dell'azione di annullamento.
93
amministrativo, in tema di pregiudiziale amministrativa, sembra
smentire in buona sostanza il superamento della pregiudiziale in
quanto ripristina al contrario la centralità dell’azione di annullamento.
Precisamente, l’art.30, pur non enunciando in modo espresso la regola
della pregiudizialità tra azione di annullamento e risarcimento nel caso
di lesione di interessi legittimi da provvedimento amministrativo,
pone tuttavia uno strumento di dissuasione potente teso a scoraggiare
la promozione della c.d <<azione risarcitoria pura>> e da
individuarsi nell’art.1227 c.c. e, sotto altro profilo, il termine di
decadenza di centoventi giorni coincide con quello del ricorso
straordinario al Capo dello Stato finalizzato all’annullamento dell’atto
amministrativo.
In sintesi, dunque, finché il processo amministrativo manterrà la sua
impostazione tradizionale, non abbandonata dal Codice, di un
processo sull’atto e non sul rapporto (un superamento di tale
impostazione derivava al contrario dall’art.40 formulato dalla
Commissione del Consiglio di Stato sull’azione di adempimento in
base al quale le parti compresa la pubblica amministrazione avevano
l’onere di produrre in giudizio <<tutti gli elementi utili ai fini
dell’accertamento della fondatezza della pretesa>>), assume un ruolo
94
centrale ancora l’azione di annullamento la cui rilevanza non viene
scalfita nell’operatività concreta né dall’azione di annullamento né
dall’azione risarcitoria pura94.
4.4 Il Consiglio di Stato dopo l'emanazione del nuovo codice,
pone un freno al risarcimento danni basandosi sui <<danni
evitabili>> dal cittadino
Successivamente all’adozione del codice del processo amministrativo,
quindi, dottrina e giurisprudenza sono tornate nuovamente a
interrogarsi sulla questione ormai nota della pregiudiziale
amministrativa.
Non stupisce quindi che la sezione VI del Consiglio di Stato abbia
deciso di sottoporre al vaglio dell’Adunanza Plenaria la questione
relativa ai rapporti tra domanda di annullamento e domanda di
risarcimento.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, si è pronunciata con
decisione n. 3/2011, chiarendo in modo definitivo il rapporto tra
azione di annullamento del provvedimento amministrativo e azione di
risarcimento del danno secondo l’iter argomentativo che segue95.
94 Cfr. nota 61
95 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3, in Giur. it., 4/2011, pag. 756 ss.
95
Innanzitutto il massimo organo amministrativo ha rivendicato il ruolo
che ha avuto nella costruzione del processo amministrativo, che grazie
alle sue pronunce, e ai suoi pareri si è sorretto su regole salde anche
prima dell'intervento del legislatore che ha donato anche ad esso un
codice96.
Il codice del processo amministrativo, in coerenza con il criterio di
delega fissato dall’art. 44 (comma 2, lettera b, n. 4), della legge
69/2009, ha superato la tradizionale limitazione della tutela
dell’interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo
l’esperibilità di azioni tese al conseguimento di pronunce dichiarative,
costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte
vittoriosa. Il giudizio amministrativo è quindi stato trasformato, salvi i
casi di attività discrezionali riservate alla pubblica amministrazione,
da giudizio amministrativo sull’atto a giudizio sul rapporto regolato
dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa
sostanziale azionata.
96 M. Sanino, “Funzione pretoria della giurisprudenza amministrativa: la nuova collocazione
dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato”, in www.sentenzeitalia.it, luglio 2011 - Viene
ammesso il superamento della pregiudiziale amministrativa, ed il mutamento del processo
amministrativo; vi è bisogno di uno studio del diritto civile per meglio garantire una effettiva
tutela del cittadino; i controinteressati del giudizio impugnatorio sono formalmente estranei
alla vicenda risarcitoria, ma rientrerebbe in causa qualora l'amministrazione eserciti il potere di
autotutela sulla illegittimità dell'atto.
96
Con il codice del processo amministrativo le tesi della pregiudizialità
e quella della totale autonomia dei due rimedi non sono state accolte e,
diversamente, si è approdati ad una soluzione intermedia che, pur non
considerando l’omessa impugnazione dell’atto quale vincolo
all’esercizio dell’azione risarcitoria, valuta comunque detta condotta
quale fatto rilevante nel quadro del comportamento complessivo delle
parti.
L’adunanza Plenaria afferma infatti che l'art. 30, comma 3, del codice
del processo amministrativo, nel prevedere che nel determinare il
risarcimento, "il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il
comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il
risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti
di tutela previsti", pur non evocando in modo esplicito il disposto
dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l'omessa
attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del
comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua
del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini
dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria
diligenza. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente
97
causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude
la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in
caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica
predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse
legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.
L’ampliamento della tutela conferma la dimensione sostanziale
dell’interesse legittimo. Secondo l’Adunanza Plenaria, infatti,
l’interesse legittimo non rileva come situazione meramente
processuale, ossia quale titolo di legittimazione per la proposizione del
ricorso al giudice amministrativo, né si risolve in un mero interesse
alla legittimità dell’azione amministrativa in sé intesa, ma si rivela
come posizione sostanziale che è inscindibilmente correlata ad un
interesse materiale del titolare ad un bene della vita, la cui lesione può
concretizzare un pregiudizio. L'interesse legittimo va inteso, pertanto,
come posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad
un bene della vita che è interessato dall’esercizio del potere
pubblicistico. Tale posizione di vantaggio assicura al soggetto
medesimo l’attribuzione di poteri idonei ad influire sul corretto
esercizio del potere da parte dell’amministrazione.
Pertanto le disposizioni del codice del processo amministrativo si
98
dimostrano coerenti con l’idea che la richiesta di domanda risarcitoria
sia proponibile anche in via autonoma e non quale semplice corollario
di quella di annullamento. La mancata promozione dell’impugnazione
del provvedimento, non pone quindi un problema di ammissibilità
della domanda risarcitoria, ma è, nondimeno, idonea ad incidere sulla
pretesa vantata, come espressamente si evince dal dettato di cui all’art
30 del nuovo codice 97.
Del resto, rammenta l’Adunanza Plenaria, la regola della non
risarcibilità dei danni evitabili con l’impugnazione del provvedimento
è ricognitiva di principi già ricavabili alla stregua di una
interpretazione evolutiva del capoverso dell’articolo 1227 c.c. Tale
regola è applicabile pertanto anche alle azioni risarcitorie proposte
prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo,
essendo espressione, sul piano teleologico, del più generale principio
di correttezza nei rapporti bilaterali, mirando a prevenire
comportamenti opportunistici che intendano trarre occasione di lucro
da situazioni che hanno leso in modo marginale gli interessi dei
destinatari tanto da non averli indotti ad attivarsi in modo adeguato
97 A. Vacca, “Risarcimento del danno conseguente all'illegittimo esercizio del potere
amministrativo e causalità <<giuridica>>: un'interpretazione filosofico-giuridica (commento
alla decisione del Consiglio di Stato n.3/2011)”, in www.lexitalia.it, giugno 2011
99
onde prevenire o controllare l’evolversi degli eventi.
La scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica previste
dall’ordinamento che avrebbero plausibilmente evitato, in tutto o in
parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che
spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del
danno evitabile. Detta omissione rende configurabile un
comportamento complessivo di tipo opportunistico del privato, che
per un verso non impugna il provvedimento amministrativo che ritiene
illegittimo e per altro verso propone successivamente domanda di
risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento
avrebbe scongiurato. Tale condotta viola palesemente il canone della
buona fede e il principio di auto-responsabilità cristallizzato dall’art.
1227, comma 2, c.c., che implica la non risarcibilità del danno
evitabile. Ma l'Adunanza Plenaria va oltre ammettendo che tale
disciplina debba applicarsi anche alle controversie ante codice, in
quanto prima dell'art. 30 del codice del processo amministrativo, è
applicabile appunto l'art. 1227 di cui sopra98.
In conclusione, con la decisione predetta, il supremo collegio della
98 C. E. Gallo, “Le azioni ammissibili nel processo amministrativo ed il superamento della
pregiudizialità amministrativa anche per le controversie ante codice”, in Urb. app., 6/2011,
pag. 694 ss. - La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provv.
e con l'ausilio degli altri strumenti di tutela previsti, è regola ricognitiva di principi generali.
100
giustizia amministrativa ha ritenuto che, pur in assenza della
pregiudiziale amministrativa, la totale inerzia osservata dall’appellante
nella coltivazione dei rimedi giudiziali lungo il periodo di tempo nel
quale l’atto ha spiegato i propri effetti costituisce un dato
imprescindibile che può ragionevolmente portare ad escludere il
riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.
La sentenza dell’Adunanza plenaria affrontando la questione della
pregiudiziale, alla luce delle nuove disposizioni normative, sembra
quindi aver definitivamente ricomposto il mosaico sensibilmente
articolato della pregiudizialità amministrativa alla luce delle nuova
disposizioni del codice del processo amministrativo.
In altre parole ha dichiarato che, al fine di ottenere tutela risarcitoria,
non è necessaria la previa impugnazione dell'atto lesivo. Tuttavia, un
tale comportamento omissivo può costituire motivo per escludere il
risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l'ordinaria diligenza99 100.
99 M.L. Maddalena, “La fine della c.d. pregiudiziale amministrativa”, in Corr. merito, 5/2011,
pag. 547 ss. - Dopo l'emanazione del nuovo codice del processo amministrativa sembra giunta
la fine della pregiudiziale amministrativa, ma bisogna vedere i nuovi risvolti dottrinali e
giurisprudenziali sul tema.
100G. Soia, “Rapporti tra domanda di annullamento e iniziativa risarcitoria (osservatorio sulla
giustizia amministrativa), in Danno resp., 4/2011, pag. 541 ss. - Vi è un commento alla
sentenza 3/2011 del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria che sulla base dell'art. 30 c.p.a.
101
4.5 Altra giurisprudenza post codice del processo amministrativo
A parte l'Adunanza plenaria esaminata nel paragrafo precedente, dopo
l'emanazione del nuovo codice del processo amministrativo, c'è stata
dell'altra giurisprudenza che si è pronunciata in merito al risarcimento
dei danni contro la pubblica amministrazione e che ha dovuto
interpretare ed applicare le novità che sono insorte con l'art. 30 del
testo in questione. Da analizzare è anzitutto una sentenza del
Consiglio di Stato, la n. 8350 del 2010, che si si occupava
principalmente della prescrizione dell'azione risarcitoria101.
Il massimo tribunale amministrativo ha statuito che, il definitivo
superamento della cd. pregiudizialità amministrativa ha comportato
come conseguenza la generale applicazione del principio, già
affermato anteriormente all’entrata in vigore dell’attuale codice del
processo amministrativo, per cui il dies a quo della prescrizione
quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data
del provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in
Recepisce un principio, già presente nell'ordinamento comunitario, che non accorda il
risarcimento del danno al soggetto ricorrente che avrebbe potuto evitare quei danni utilizzando
l'ordinaria diligenza, che non sussiste se l'atto amministrativo non viene impugnato pur
conoscendo la sua illegittimità.
101Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8350.
102
giudicato della sentenza che lo ha annullato102.
Da segnalare anche un Tar Lazio con sentenza n. 41 del 2011, il
quale sulla base dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione
(Sez. Un., n. 13659 e n. 13660 del 13 giugno 2006), deve ritenersi che
il risarcimento del danno da parte del giudice amministrativo, come
forma di tutela dell’interesse legittimo, non necessariamente
presuppone il previo annullamento dell’atto amministrativo lesivo,
potendo essere azionato e riconosciuto, nei termini di prescrizione,
anche indipendentemente dall’impugnazione o dalla tempestiva
impugnazione dell’atto stesso. Riconoscendo che il superamento della
pregiudiziale amministrativa è stato ora anche positivamente sancito
dal Codice della giustizia amministrativa, il quale infatti ammette,
all’art. 30, l’azione risarcitoria in termini (sebbene anch’essi
decadenziali) diversi e più lunghi (centoventi giorni.) rispetto a quelli
previsti per l’annullamento dell’atto lesivo, con espresso
riconoscimento quindi della possibilità del risarcimento autonomo,
102Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5523. - Alla stregua del principio nella specie
il ricorso in appello è stato dichiarato improcedibile, atteso che con il ricorso era stato
impugnato un provvedimento di sospensione cautelare dal servizio; trattandosi di
provvedimento a effetti lesivi permanenti, doveva ritenersi che il termine prescrizionale aveva
cominciato a decorrere dalla data della riammissione in servizio del ricorrente, e pertanto esso
era ormai indubitabilmente spirato.
103
anche in presenza di atto non impugnato103.
Inoltre lo stesso Tar ha anche affermato che anche nel caso in cui il
ricorso sia stato ritenuto irricevibile per mancata impugnazione degli
atti amministrativi lesivi entro i prescritti termini di decadenza, può
essere accolta la domanda di risarcimento dei danni, ove gli atti
amministrativi impugnati siano comunque illegittimi104.
Dello stesso avviso, e sempre basandosi sulla Cassazione del 2006, è
il Consiglio di Giustizia Amministrativa pronunciatosi con sentenza n.
80 del 2011105.
Importante è stato anche il Tar Lombardia Milano, la cui sentenza è
intervenuta quasi in concomitanza con l'Adunanza Plenaria n. 3 del
2011, che con la n. 759/2011 stabilisce i seguenti punti: a) Anche ai
ricorsi pendenti alla data di entrata in vigore del codice del processo
amministrativo, va applicata la disciplina in materia di risarcimento
dei danni prevista dagli articoli 30 e 34 dello stesso codice, trattandosi
di norme processuali, che sono immediatamente applicabili106. Tali
norme, oltre ad aver posto fine al contrasto giurisprudenziale
sviluppatosi in ordine alla tematica della cd. pregiudiziale
103Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 5 gennaio 2011, n. 41
104Cfr. nota 74
105Cfr. C.G.A., Sicilia, 25 gennaio 2011, n. 80.
106Cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8550
104
amministrativa, forniscono la disciplina applicabile alle azioni
risarcitorie proposte nei confronti del pubblico potere; b) gli articoli
30 e 34 del codice del processo amministrativo consentono la
proponibilità dell'azione risarcitoria in via autonoma, sebbene
subordinata al termine decadenziale di centoventi giorni, decorrente
dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del
provvedimento, se il danno deriva direttamente da questo, ma
consentono, altresì, al ricorrente che non abbia più interesse
all'annullamento del provvedimento impugnato, di chiedere al giudice
l'accertamento dell'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini
risarcitori; c) l’art. 30, comma 3, del codice del processo
amministrativo stabilisce chiaramente che, nel determinare il
risarcimento, il giudice deve valutare tutte le circostanze di fatto e il
comportamento complessivo delle parti e, comunque, deve escludere
il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di
tutela previsti. Non può essere pertanto accolta la domanda di
risarcimento del danno, proposta senza il previo annullamento
dell’atto amministrativo illegittimo, allorché il mancato uso
dell'ordinaria diligenza ascrivibile al ricorrente di per sé esclude il
105
risarcimento dei danni richiesti, danni che lo stesso ricorrente avrebbe
potuto, usando l’ordinaria diligenza, evitare107.
Ancora qualche giorno più tardi si è pronunciato anche il Consiglio di
Stato con sentenza n.1983 del 2011, stabilendo che anche se la
domanda risarcitoria è proponibile in via autonoma ed
indipendentemente dalla preventiva impugnazione dell'atto
amministrativo illegittimo, il giudice amministrativo deve tener conto,
per ciò che concerne l’imputabilità, della mancata proposizione di una
domanda giudiziale di annullamento dell’atto che deve essere
qualificato come illegittimo e colposamente causativo di danno
ingiusto. E che l’art. 1227 c.c., è applicabile anche ai giudizi proposti
innanzi al giudice amministrativo prima dell’entrata in vigore del
codice del processo amministrativo. L’onere nell’ordinaria diligenza
cui è tenuto l’avente diritto al risarcimento, previsto da tale norma,
comporta l’esclusione della responsabilità dell’Amministrazione se
emerge che il danno sarebbe potuto essere contenuto o evitato
attraverso la diligente cura, anche giudiziale, delle posizioni di costui.
La regola si fonda sul canone generale di correttezza e di buona fede
oggettiva, che riguarda non solo le relazioni tra consociati, ma anche,
107Cfr. nota 69 – Viene anticipato ciò che affermerà l'Adunanza Plenaria due giorni dopo di
questa sentenza.
106
seppur in modo particolare, le loro relazioni con la pubblica
amministrazione. Ed infine che sempre ai sensi dell’art. 1227, II
comma, deve ritenersi in linea generale che il risarcimento del danno
non sia dovuto dalla pubblica amministrazione in caso di mancata
impugnazione dell’atto illegittimo produttivo di danno. Va tuttavia
precisato che la non impugnazione, da parte del danneggiato da un
atto dell’amministrazione, della previa domanda di giustizia contro
l’atto stesso non costituisce sempre e comunque una violazione del
canone di ordinaria diligenza ai sensi dell’art. 1227, infatti, una tale
inattività del ricorrente può impedire, o limitare, il sorgere del diritto
al risarcimento se, in concreto, emerge che: a) la mancata azione
giudiziale è caratterizzata da colpevolezza (secondo una concreta e
ordinaria esigibilità); b) fra la mancata impugnazione e l’insorgenza
del danno sussiste un nesso di consequenzialità diretta, perché il
secondo non si sarebbe verificato se l’interessato avesse debitamente
svolto l’azione di annullamento.
4.6 La Corte di Cassazione rimane ancorata alle sue vecchie
posizioni ed ispira l'intervento del legislatore
La Corte di Cassazione a poca distanza dall'emanazione del codice del
107
processo amministrativo è ritornata a pronunciarsi in materia di
risarcimento danni nei confronti della pubblica amministrazione, ed a
ribadire la sua posizione favorevole all'autonomia dell'azione
risarcitoria108.
Le Sezioni Unite hanno ribadito che sussiste la giurisdizione del
giudice amministrativo sull'azione risarcitoria anche senza la
preventiva impugnazione dell'atto amministrativo poiché (a detta della
Corte) a seguito della l. 205/2000 e della sentenza 204/2004 della
Corte Costituzionale, il cittadino accanto alla tutela demolitoria
dell'atto ritenuto illegittimo ha anche un'autonoma tutela risarcitoria.
Nella decisione si legge anche che la necessaria dipendenza del
risarcimento dal previo annullamento dell'atto illegittimo sia dannoso
per il ricorrente, anche in virtù del relativo termine di decadenza a cui
sarebbe soggetto.
La conclusione è che il giudice amministrativo non può rifiutare di
esercitare la giurisdizione, ove non sia stato preventivamente
impugnato il provvedimento amministrativo illegittimo e fonte di
danno. Quindi ove tale giudice si rifiutasse in tali termini, a norma
dell'art. 362, comma I, c.p.c., si presta a cassazione da parte delle
Sezioni Unite quale giudice del riparto della giurisdizione.
108 Cass., SS. UU., 16 dicembre 2010, n. 25395
108
Queste considerazioni (e imposizioni) sono state contestate
dall'Adunanza Plenaria e per questa ragione riesaminate dalla
Suprema Corte, che ha ribadito le proprie posizioni in questo modo: 1)
ai fini dell'individuazione dei limiti esterni della giurisdizione
amministrativa, che tradizionalmente delimitano il sindacato
consentito alle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato che
quei limiti travalichino, si deve tenere conto dell'evoluzione del
concetto di norma che individua i presupposti dell'attribuzione del
potere giurisdizionale. Pertanto, rientra nello schema logico del
sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l'operazione che
consiste nell'interpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare
se il giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 111, comma VIII,
Costituzione, la eroghi concretamente e nel vincolarlo ad esercitare la
giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale; 2) l'attribuzione al
giudice amministrativo della tutela risarcitoria, in caso di esercizio
illegittimo della funzione pubblica, presuppone che quella tutela sia
esercitata con la medesima ampiezza, sia per equivalente che in forma
specifica, che davanti al giudice ordinario e, pre altro verso, che
spetta, in linea di principio al titolare dell'interesse sostanziale leso,
nel caso in cui alla tutela risarcitoria si aggiunga altra forma di tutela
109
(ad esempio quello demolitoria), scegliere a quale far ricorso al fine di
ottenere un ristoro al pregiudizio subito; 3) proposta, allora, al giudice
amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al
risarcimento del danno prodotto dall'esercizio illegittimo della
funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla
giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla
giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la
tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che
l'illegittimità dell'atto debba essere stata precedentemente richiesta e
dichiarata in sede di annullamento.
Tale interpretazione è stata pienamente recepita dall'art. 30 c.p.a.,
anche se successivo alla vicenda in esame.
Da esaminare è poi la sentenza 405/2011 della Suprema Corte109, che
ha ritenuto che il Consiglio di Stato con la sentenza 149/2009110 non
abbia disatteso quanto affermato dalle Sezioni Unite con la
30254/2008 (già esaminata), perchè nel caso di specie non ha respinto
la domanda risarcitoria per mancata impugnazione dell'atto
illegittimo, applicando la pregiudiziale amministrativa, ma <<bensì
per l'affermata inesistenza di alcuna lesione concreta del diritto
109 Cfr. Cass., SS. UU., 11 gennaio 2011, n. 405
110 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2009, n. 149
110
vantato>>.
Di tenore simile è poi, una sentenza della Corte di Cassazione
recente111, la n.9519/2011, che è stata chiamata a pronunciarsi contro
la sentenza n.2199/2010112 del Consiglio di Stato. In questo caso la
Corte di Cassazione non ha ritenuto opportuno tornare sulla cd.
pregiudiziale amministrativa in quanto il giudice amministrativo ha
respinto la domanda risarcitoria autonoma nel merito e non applicando
la pregiudiziale amministrativa, la Suprema Corte così recita in
merito: << Il Consiglio di Stato, poi, ha ritenuto che la propria già
affermata giurisdizione non potesse essere limitata o esclusa dalla
omessa o tardiva impugnazione da parte dell'impresa del
provvedimento di revoca dell'aggiudicazione asseritamente
illegittimo: anche sotto questo profilo aderendo alla giurisprudenza
di questa Corte (Cass. sez, un. 30254/2008) secondo cui la tutela
risarcitoria degli interessi legittimi e comunque in tutti i casi di
esercizio illegittimo della funzione pubblica non può essere negata
dal giudice amministrativo sul presupposto che l'illegittimità dell'atto
debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di
111 Cfr. Cass., SS. UU., 24 aprile 2011, n. 9519
112 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2010, n. 2199 – Il Consiglio di Stato ha ritenuto irrilevante
la questione della mancata impugnazione del provvedimento di revoca o della sua tardività
(pregiudiziale amministrativa ) per l'infondatezza nel merito della richiesta risarcitoria.
111
annullamento; per cui proprio in conseguenza di detta adesione e
della già affermata propria giurisdizione esclusiva ha ritenuto di non
dovere nuovamente affrontare la questione della cd. pregiudiziale
amministrativa (che diviene di giurisdizione solo se risolta nel senso
che quest'ultima venga subordinata alla preventiva impugnazione del
provvedimento amministrativo) e di esaminare il fondamento della
domanda risarcitoria: escluso non per motivi di giurisdizione perciò
sindacabili in questa sede, bensì per ragioni di merito riguardanti il
comportamento dichiarato illegittimo dell'impresa che aveva dato
causa alla revoca dell'aggiudicazione>>.
4.7 Scenari attuali
La soluzione, adoperata dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria e
non, e dagli altri tribunali amministrativi, che sembra porre la parola
fine alla querelle sviluppatasi negli ultimi anni, a prescindere da ogni
considerazione di merito, appare sicuramente chiara.
Sotto il profilo dell'effettività della tutela, tuttavia, pare che non sia
cambiato niente per il ricorrente che non abbia tempestivamente
impugnato l'atto amministrativo illegittimo.
E' vero, che sotto il profilo di diritto processuale, una pronuncia di
112
inammissibilità è diversa da una di rigetto, in quanto solo a questa è
possibile attribuire valore di cosa giudicata, dal punto di vista
sostanziale della tutela del privato, entrambe le pronunce significano il
mancato ristoro di un danno subito.
Si è osservato che a livello sistematico, sembra che dietro il definitivo
superamento della pregiudiziale amministrativa, ci sia un mutamento
della visione generale del diritto amministrativo.
Negando la pregiudiziale, si tende a svalutare la centralità del
provvedimento, e dunque insieme ad esso l'agire autoritativo della
amministrazione, valorizzando l'agire negoziale e indirizzando il
processo verso il giudizio sul rapporto.
Fino a quando, invece, tale regola veniva affermata si tendeva a
mantenere la centralità del provvedimento e dunque dell'esercizio del
potere autoritativo dell'amministrazione, come strumento principale di
realizzazione concreta dell'interesse generale, pur nell'apertura a tutte
le altre forme negoziali con cui l'amministrazione può perseguire i
suoi fini. In un contesto simile, il risarcimento non può che essere uno
strumento di tutela ulteriore dell'interesse legittimo, rispetto alla tutela
principale ottenibile mediante l'annullamento113.
113Cfr. nota 64
113
Capitolo quinto
GLI ORIENTAMENTI COMUNITARI SUL PROBLEMA
5.1 L'incidenza del diritto dell'Unione Europea sul processo
amministrativo
Il diritto comunitario ha influito in maniera significativa sul nostro
processo amministrativo e continua a farlo tutt'ora114.
E' sensibilmente aumentato il livello di tutela offerto al cittadino
italiano dai giudici nazionali nei confronti della pubblica
amministrazione e dei soggetti ad essa assimilati, in virtù dei principi
di effettività enunciati dall'ordinamento comunitario e dai suoi organi
giurisdizionali. Questo è confermato dal fatto che l'oggetto del
giudizio amministrativo si va progressivamente trasformando ed
allargando, con riferimento a nuove forme di tutela imposte dal diritto
europeo, e di conseguenza la stessa mutazione (ed evoluzione) la
subisce pure il giudice amministrativo che dovrà tutelarne e garantirne
114 M.A. Sandulli, “Diritto europeo e processo amministrativo”, in www.federalismi.it, 24
ottobre 2007
114
l'attuazione.
Particolare attenzione, è stata posta sulla <<certezza>> che deve
essere garantita al cittadino dalla giustizia amministrativa, che quindi
non può rifarsi alla discrezione dei singoli giudici ma deve
necessariamente essere regolata da norme di legge specifiche e chiare
115 116.
L'inesistenza, a livello comunitario, di una situazione giuridica
soggettiva quale è l'interesse legittimo, crea non pochi problemi di
coordinamento tra questo ed il nostro sistema di giustizia
amministrativa. Il primo elemento di incidenza del diritto dell'unione
europea nel nostro diritto nazionale interno, e proprio in virtù
dell'inesistenza dell'interesse legittimo nel primo, è stata la
conseguente inammissibilità, alla stregua di detti principi, di una
<<tutela minore>>, per le situazioni che in Italia sono ricondotte a
quest'ultima categoria.
Come testualmente ricordato dalla Commissione europea, nella
115 Corte di giustizia UE, sentenza 19 ottobre 1996, causa C-236/95 – Che si occupava di tutela
ante causam
116 Nonché si veda anche Corte di Giustizia UE, sentenze 12 dicembre 2002, 27 febbraio 2003;
14 ottobre 2004; e 7 giugno 2007 - <<è importante al fine di soddisfare l'esigenza di certezza
giuridica, che i singoli beneficino di una situazione chiara e precisa che consenta loro di
conoscere la pienezza dei loro diritti e di avvalersene, quando occorra, dinanzi giudici
nazionali>>
115
proposta di modifica delle direttive ricorsi 89/665 e 92/13 in materia
di appalti pubblici, il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice
imparziale trova invero generale ed esplicito riconoscimento nell'art.
47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione per ogni individuo
titolare di diritti o libertà garantiti da quest'ultima.
Tali orientamenti sono stati ribaditi anche dalla più volte citata
sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004.
La Corte di giustizia, come già affermato autorevolmente in vari
convegni, ha svolto un ruolo fondamentale sulla tutela delle situazioni
giuridiche private anche nei confronti degli Stati membri, attraverso
l'incidenza che le sue pronunce hanno avuto sui giudici nazionali e
sugli stessi ordinamenti giuridici nazionali, una parte dei quali deriva
proprio dalla giurisprudenza della Corte, che garantisce anche
l'uniformità delle norme nazionali, pur non intaccando l'identità
costituzionale dei singoli Stati.
Analizzando i risvolti avuti nel processo amministrativo, l'attenzione
deve andare sulle cd. <<direttive ricorsi>> già accennate
precedentemente, direttive 86/665 e 92/13/CEE del Consiglio, con le
quali l'Unione europea ha inteso garantire l'effettiva attuazione delle
norme comunitarie in materia di appalti di lavori, servizi e forniture
116
nei settori ordinari e <<speciali>>. A questi fini, come sottolineato
dalla Corte di Giustizia, le direttive in esame impongono agli Stati
membri di <<far si che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi
avverso le violazioni delle norme in materia di appalti pubblici
prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima
sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori
intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati
agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere
o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un
appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità
aggiudicatrici; b) annullare o fare annullare le decisioni illegittime ,
compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o
finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei
capitolari d'oneri o in ogni altro documento connesso con la
procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare
un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione>>.
Per effetto di queste disposizioni si è riusciti a garantire,
nell'ordinamento italiano, il risarcimento danni anche in relazione agli
interessi legittimi, oltre che della tutela cautelare ante causam. Da ciò
si è dato avvio al dibattito intorno alla questione analizzata in queste
117
pagine, vale a dire sulla cd. pregiudiziale amministrativa.
5.2 L'ordinamento comunitario sul tema della pregiudiziale
amministrativa
Ora la regola della pregiudiziale amministrativa, va confrontata ed
analizzata con le indicazioni provenienti dall'ordinamento
comunitario. Il terzo comma dell'art. 41 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea, pur non menzionando
esplicitamente gli interessi legittimi (prerogativa italiana, sconosciuta
al di là della Penisola come ricordato nel paragrafo precedente),
intende riconoscere al cittadino dell'Unione il diritto a domandare il
risarcimento dei danni subiti nelle relazioni amministrative con le
istituzioni comunitarie, indipendentemente dal fatto che queste si
configurino in termini di diritti soggettivi o di interessi legittimi.
Dunque, alla luce di ciò, appare in contrasto con la Carta affermare la
pregiudiziale amministrativa. Infatti, questa riconosce <<una pienezza
di tutela risarcitoria nei confronti dei danni arrecati dalle istituzioni
comunitarie non condizionata e non condizionabile a pregiudizi od
ostacoli di sorta, a tanto non potendo servire neppure il richiamo ai
principi generali comuni (in materia risarcitoria) degli stati membri
118
contenuto nel comma 3>>.
Sostenere quindi (come alcuni hanno sostenuto) che l'ordinamento
comunitario non soltanto veda con maggior favore, ma addirittura
imponga il passaggio dall'azione caducatoria per l'ottenimento di
quella risarcitoria, presuppone una concezione <<oggettiva>> del
ruolo del giudice amministrativo, che non sembra essere avvalorata
dall'ordinamento comunitario117.
Il diritto comunitario (con gli orientamenti della Corte di Giustizia e le
direttive ricorsi) una volta che ha inteso superare l'irrisarcibilità degli
interessi legittimi, non avrebbe problemi a lasciare alla discrezionalità
del soggetto leso la scelta circa la rinuncia all'azione di annullamento
per optare per un'autonoma azione risarcitoria nei confronti della
pubblica amministrazione, visto che tale possibilità (essendo il privato
stesso a rinunciare alla tutela caducatoria) non incida sull'effettività.
Dunque risulta più vicino a tali orientamenti il nuovo codice del
processo amministrativo, anche se non può dirsi lo stesso per le
117 In questo senso si vedano le sentenze della Corte di Giustizia UE, del 19 novembre 1991; 5
marzo 1996, causa CC-46/93; 23 maggio 1996, causa C-5/94, Regno Unito. Che testualmente
indicano nella lesione di diritti per violazione delle norme comunitarie e nella sussistenza di un
nesso di causalità tra violazione dell'obbligo a carico dello Stato membro e danno subito dal
soggetto leso le condizioni <<sufficienti>> a far insorgere in quest'ultima il diritto al
risarcimento.
119
posizioni assunte sia prima che dopo il codice dalla giurisprudenza
amministrativa, soprattutto ove si consideri che la mancanza di valore
giuridico vincolante della Carta non esclude che essa abbia
un'influenza sull'attività giurisprudenziale delle Corti comunitarie,
nonché sulle Carte costituzionali dei singoli Stati membri.
Tali indicazioni sono rafforzate dal fatto che, in generale, la tendenza
comunitaria è nel senso di costruire il rapporto risarcimento del danno
– annullamento dell'atto amministrativo in termini di alternativa
piuttosto che di cumulo. Ciò si ricava sia dalla normativa comunitaria
(vedi art. 2 direttiva 89/665/Cee e art. 2 direttiva 92/13/Cee) che dalla
giurisprudenza di I grado e della Corte di giustizia118 119. L'azione di
danni è concepita come autonoma sia dall'azione di annullamento che
118 Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza del 12 febbraio 2008
119Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza del 30 settembre 2010, causa C-314/09 - La sentenza in
esame osserva come la direttiva n. 89/665/CEE manifesti l’esigenza che l’apertura degli appalti
pubblici alla concorrenza comunitaria imponga un aumento delle garanzie di imparzialità e
trasparenza e, in funzione di tale obiettivo, richieda che sussistano dei mezzi di ricorso, anche
cautelari, che siano efficaci e rapidi e che possano assicurare l’annullamento
dell’aggiudicazione e/o il risarcimento dei danni, in caso di violazione delle norme comunitarie
o delle norme nazionali di recepimento in materia di appalti pubblici. Inoltre, la direttiva
stabilisce che gli Stati membri possano prevedere che l’annullamento del provvedimento
illegittimo sia preliminare alla domanda di risarcimento; possano stabilire quali siano gli effetti
sul contratto medio tempore stipulato dell’annullamento dell’aggiudicazione ed anche limitare
tali effetti al solo risarcimento del danno, senza conseguenze sul contratto.
120
dall'azione in carenza.
Come chiarito dalla Corte di giustizia, << l'azione di danni (…) è
stata istituita come rimedio autonomo dotato di una particolare
funzione nell'ambito del regime delle impugnazioni (…). Essa si
differenzia in particolare dal ricorso di annullamento in quanto è
diretta non all'eliminazione di un determinato provvedimento, ma al
risarcimento del danno causato da un'istituzione>>120.
L'autonomia concettuale e processuale tra le due azioni costituisce un
motivo dominante nella giurisprudenza comunitaria. Il problema viene
impostato più che in termini di pregiudizialità di un'azione rispetto
all'altra, in termini di adeguatezza o meno della tutela riconosciuta dal
giudice al ricorrente. Ecco perchè in alcune decisioni la caducazione
del provvedimento illegittimo viene considerata rimedio sufficiente
per ristorare la posizione giuridica del privato121.
120 Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza del 13 giugno 2006, causa C-173/03 – La Corte di
Giustizia ha stabilito che gli Stati membri sono responsabili per i pregiudizi arrecati ad un
singolo per violazione del diritto comunitario. Nel caso di specie si negava da parte dei
tribunali italiani il risarcimento dei danni al ricorrente.
121A.L. Tarasco, “[3972/12] Poteri del giudice amministrativo tra ottemperanza e risarcimento:
è sufficiente l'annullamento nel << processo amministrativo del risultato>>?, in Foro amm.
Cons. Stato, 2002, pag. 2699 ss. - Un ottimo lavoro che analizza la risarcibilità degli interessi
legittimi e della pregiudiziale amministrativa anche comparando la situazione italiana con
quella della giurisprudenza dei Tribunali comunitari e dei principi dell'ordinamento
121
Anche se non viene ammessa, stando a ciò che emerge dalla sentenze
della Corte di giustizia, un'azione risarcitoria autonoma che tende a
mascherare una oramai tardiva azione di annullamento 122.
5.3 La situazione negli altri Stati membri
Dalla disamina effettuata ci si accorge che non vi sono delle <<verità
assolute>> circa l'accoglienza o meno della pregiudiziale
amministrativa, e una conferma la si evince dai vari ordinamenti degli
Stati membri della Comunità europea che propongono soluzioni
differenti l'uno dall'altro. In questa sede verranno esaminati i
principali.
Innanzitutto, si nota che anche negli altri Stati membri è avvertita
l'esigenza di prevedere un breve termine di decadenza per impugnare
gli atti amministrativi e ciò a presidio della certezza delle situazioni
giuridiche di diritto pubblico. In linea con il termine di sessanta giorni
previsto dall'ordinamento italiano, in Germania ne è previsto uno di un
mese decorrente dalla decisione del previo ricorso amministrativo, in
Francia, Spagna e nel sistema comunitario un termine di due mesi e in
comunitario.
122 M. Pennisi, “Il presupposto della colpa nella responsabilità civile della p.a. (nota a Corte di
Giustizia dell'Unione Europea 30.09.2010 causa C-314/09)”, in
www.ildirittoamministrativo.it, ottobre 2010
122
Gran Bretagna di tre.
L'ordinamento francese è quello in cui si sbilancia di più circa
l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento, e
questo va letto nell'ambito della specialità, che caratterizza il diritto
della responsabilità civile dell'amministrazione francese: nel corso del
procedimento amministrativo vi è una tutela minore ed anche in sede
giurisdizionale vi è una preferenza per la tutela risarcitoria rispetto alla
possibilità di incidere direttamente sul potere esercitato. Si può quindi
affermare che l'ordinamento francese è quello che più si avvicina alla
tesi dell'indifferenza, anche se con diversi temperamenti.
Diversa è la situazione negli altri ordinamenti. In Gran Bretagna, ad
esempio, le azioni in tort nei confronti dei public powers vengono
respinte qualora non siano stati previamente esperiti i rimedi
amministrativi, e un sistema analogo vige in Spagna. Dunque in questi
ultimi due ordinamenti trova accoglimento la tesi della pregiudiziale
amministrativa, posizione vicina a quella del Consiglio di Stato.
In Germania vi è una pregiudiziale di annullamento abbastanza
singolare, la quale non è di tipo processuale, ma in applicazione di una
norma sostanziale, in cui viene sancito che la pretesa nei confronti
dell'amministrazione viene respinta se la vittima del pregiudizio ha
123
intenzionalmente o colposamente omesso di mitigare il danno non
ricorrendo agli altri rimedi giuridici offerti dal sistema. Dunque in
questo ordinamento, come del resto nell'ordinamento comunitario,
prevale la tesi della rilevanza.
Da quanto detto sopra si può concludere che soltanto in Francia vige
l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento,
mentre negli altri ordinamenti, pur non esistendo una pregiudiziale
amministrativa di tipo processuale è, almeno tendenzialmente,
richiesto il tempestivo esercizio dell'azione di annullamento per poter
poi chiedere il risarcimento del danno da provvedimento
amministrativo illegittimo123.
123 A. Liberati, “Il risarcimento del danno cagionato dalla pubblica amministrazione”, Milano,
2010 – Una monografia incentrata tutta sul risarcimento danni nei confronti della pubblica
amministrazione, affrontando la situazione della autonomia o meno di detta azione anche alla
luce degli altri Stati membri dell'Unione europea.
124
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Attualmente con la mia ricerca sono arrivato ad alcune conclusioni,
ma molti quesiti sono rimasti ancora aperti.
I punti assodati sono che alla fine il legislatore con il nuovo codice del
processo amministrativo più che voler superare la regola che sanciva
la cd. pregiudiziale amministrativa, ha piuttosto voluto stemperare gli
animi che si sono accesi negli ultimi anni tra la giurisprudenza
amministrativa e quella civile. La mia sensazione è che il termine
decadenziale (di centoventi giorni) previsto dall'art. 30 c.p.a. per la
proposizione dell'autonoma azione risarcitoria sia troppo esiguo, ed
anche irragionevole124 e di conseguenza crei una disparità di
trattamento con il cittadino che proponga una azione risarcitoria, per
lesione di un interesse legittimo, nei confronti della pubblica
amministrazione che ha agito jure privatorum, o comunque con il
soggetto che aziona la tutela aquiliana ex art. 2043 c.c. per lesione di
un diritto soggettivo. C'è chi ad esempio aveva suggerito un termine
prescrizionale, ad esempio di un anno dall'emanazione del
provvedimento illegittimo, che avrebbe garantito al cittadino una
124 F. Liguori, “Variazioni sul fattore tempo nel codice del processo amministrativo”, in
www.giustamm.it, giugno 2011
125
tutela congrua e non contrastante con l'interesse pubblico, che
comunque rimane l'obbiettivo principale che si deve proteggere e
garantire.
Insomma ci si aspettava molto dal testo del d.lgs. 104 del 2010, e pur
essendo un intervento che finalmente dona un codice anche al
processo amministrativo come avviene per le altre discipline da tempo
(gli unici quattro codici prima di questo erano il codice civile, codice
di procedura civile, il codice penale e il codice di procedura penale), e
pur introducendo delle importanti novità, mi lascia perplesso per quel
che ho potuto analizzare nella cd. azione di condanna (l'art. 30 doveva
fare chiarezza e prendere una posizione netta sul problema), così come
perplessa è rimasta parte della dottrina che non ha escluso che gli
animi potrebbero ricominciare a scaldarsi specie quando inizieranno
ad essere pubblicate alcune sentenze della Cassazione che potrebbero
rispondere ai recenti orientamenti del Consiglio di Stato e degli altri
giudici amministrativi, che hanno frenato sulla proposizione di
domande risarcitorie autonome interpretando il terzo comma
dell'articolo 30 c.p.a. nel senso di valutare come negligente il
comportamento di chi non impugni il provvedimento amministrativo
(o non si avvalga degli altri mezzi di tutela previsti) pur conoscendone
126
l'illegittimità, quindi facendo presagire che pur ammettendo tali azioni
ai sensi del medesimo articolo, queste verranno escluse o fortemente
ridimensionate nella determinazione del danno e quindi del
corrispondente risarcimento. Senza dimenticare che tale soluzione è
stata comunque ammessa anche dal diritto comunitario, nonostante
questo sia a favore del riconoscimento dell'autonomia dell'azione
risarcitoria.
La mia sensazione è che la Corte di Cassazione continuerà ad imporre
alla giurisprudenza amministrativa di pronunciarsi sulle domande
risarcitorie autonome e potrebbe criticare le forti limitazioni utilizzate
da questa in virtù del già citato terzo comma dell'art. 30, magari
interpretandolo in maniera differente (visto che la Suprema Corte ha
già diverse volte criticato l'applicazione dell'art. 1227 c.c., utilizzata
dalla giurisprudenza amministrativa prima del d.lgs. 104/2010). Anche
se questa volta dovrà utilizzare argomenti più forti se vorrà convincere
anche la dottrina, e per far ciò dovrà accantonare il richiamo alle
questioni che riguardano la giurisdizione e che nulla hanno a che
vedere con le domande risarcitorie.
Il legislatore sembra, ancora una volta, non aver fatto tesoro delle
indicazioni (ed imposizioni) che provengono dal diritto comunitario e
127
recepite nella legge n. 241 del 1990 (legge sul procedimento
amministrativo) così come modificata nel 2005, circa la
<<chiarezza>> delle norme di legge, e dell'effettività della tutela, che
dovrebbero essere una regola del diritto amministrativo e del suo
processo. E non ha nemmeno utilizzato appieno i consigli e gli
orientamenti che provenivano dal Consiglio di Stato, dalla Corte di
Cassazione e dalla dottrina, che tanto si sono prodigati sul tema negli
ultimi anni, attendendo un intervento del legislatore che è arrivato,
tradendo però le attese e le speranze che aleggiavano intorno ad esso.
In definitiva, allo stato attuale, la sensazione è che la cd. pregiudiziale
amministrativa <<sia uscita dalla porta e sia rientrata dalla finestra>>
(questa è l'opinione che la dottrina maggioritaria si è fatta), visto che
nonostante l'espressa previsione di un'autonoma domanda risarcitoria,
si avverte un certo favore nei confronti di chi impugna il
provvedimento amministrativo prima di intraprendere (o facendolo
contestualmente) un'azione risarcitoria.
128
Indice bibliografico dottrina
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annullamento e tutela risarcitoria”, in Dir. proc. amm., 1/2006,
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• AA. VV., “Il nuovo codice del processo amministrativo (Il sole
24 ore), Milano, 2010;
• Azzoni V., “Il risarcimento dei danni provocati dalla pubblica
amministrazione: 1) l'azione di condanna della pubblica
amministrazione dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del
processo amministrativo (D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104)”, in
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5-11-2007;
• Steccanella M., “La pregiudiziale amministrativa è ancora
<<in forse>>? Risarcimento del danno, peraltro riconosciuto
<<non ingiusto>> perchè cagionato da provvedimento
giudicato legittimo?, in Contr. Stato Enti pubbl., 2/2006, pag.
307 ss.;
• Steccanella M., “La <<pregiudiziale amministrativa>>
(rispetto alla domanda di risarcimento del danno ingiusto) è
stata riaffermata”, in Contr. Stato Enti pubbl., 1/2008, pag. 51
ss.;
• Tarasco A.L., “[3972/12] Poteri del giudice amministrativo tra
ottemperanza e risarcimento: è sufficiente l'annullamento nel
<< processo amministrativo del risultato>>?, in Foro amm.
Cons. Stato, 2002, pag. 2699 ss.;
• Tassone A.R., “Giudice amministrativo e risarcimento del
danno”, in Giust. amm., 5/2001, pag. 528 ss.;
• Tassone A.R., “Sui fondamenti della c.d. <<pregiudizialità
amministrativa>>, in Giust. amm., 3/2007, pag. 647 ss.;
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• Travi A., “Tutela risarcitoria e giudice amministrativo” in Dir.
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• Travi A., “Questioni attuali di responsabilità
dell'amministrazione: giurisdizione, risarcimento dei danni,
pregiudizialità”, in Resp. civ. prev., 3/2003, pag. 661 ss.;
• Travi A., “Pregiudizialità dell'annullamento per lesione di
interessi legittimi (osservazioni a Cassazione 22 marzo 2003, n.
4538), in Foro it., 7-8/2003, pag. 2073 ss.;
• Travi A., “La giurisprudenza della Cassazione sul risarcimento
dei danni per lesione di interessi legittimi dopo la sentenza
delle sezioni Unite 22 luglio 1999, n. 500/SU, in Foro it.,
3/2004, pag. 794 ss.;
• Travi A., “La giurisdizione esclusiva prevista dagli art. 33 e 34
d.lgs. 31 marzo 1998, n.80, dopo la sentenza della Corte
Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204 (nota a Corte Cost. 6 luglio
2004, n.204”, in Foro it., 10/2004, pag. 2598 ss.;
• Travi A., “Tutela risarcitoria e riparto di giurisdizione: un
nuovo intervento della Cassazione (nota a Cass. Ord. 29
gennaio 2006, n.1373, 23 gennaio 2006 n.1207 e 24 febbraio
n.3922”, in Foro it., 4/2006, pag. 1059 ss.;
143
• Travi A., “Pregiudizialità amministrativa e confronto tra le
giurisdizioni”, in Foro it., 1/2008, pag. 3 ss.;
• Travi A., “(In tema di pregiudizialità amministrativa)”, in Foro
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<<giuridica>>: un'interpretazione filosofico-giuridica
(commento alla decisione dell'Adunanza Plenaria n.3/2011)”,
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• Verde G., “La pregiudizialità dell'annullamento nel processo
amministrativo per risarcimento del danno, in Dir. proc. amm.,
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• Villata R., “Leggendo la sentenza 204 della Corte
costituzionale”, in Dir. proc. amm., 3/2004, pag. 832 ss.;
• Villata R., “Questioni di giurisdizione sui comportamenti in
materia espropriativa: osservazioni (purtroppo perplesse) a
144
margine di un dibattito giurisprudenziale”, in Dir. proc. amm.,
4/2006, pag. 865 ss.;
• Villata R., “Pregiudizialità amministrativa nell'azione
risarcitoria per responsabilità da provvedimento?”, in Dir.
proc. amm., 2/2007, pag. 271 ss.;
• Villata R., “L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ritorna,
confermandola, sulla c.d. pregiudizialità amministrativa...ma le
Sezioni Unite sottraggono al giudice amministrativo le
controversie sulla sorte del contratto a seguito
dell'annullamento dell'aggiudicazione”, in Dir. proc. amm.,
1/2008, pag. 300 ss.;
• Villata R., “La Corte di Cassazione non rinuncia al programma
di imporre al Consiglio di Stato le proprie tesi in tema di
responsabilità della pubblica amministrazione attribuendo la
veste di giurisdizione a un profilo squisitamente di merito”, in
www.giustamm.it, 23-1-2009;
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principio di consequenzialità e del principio di eventualità”, in
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146
Indice bibliografico giurisprudenza
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• Corte di Giustizia UE, sentenza 5 marzo 1996, CC-46/93;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 23 maggio 1996, C-5/94,
Regno Unito;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 19 ottobre 1996, C-236/95;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 12 dicembre 2002;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 27 febbraio 2003;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 14 ottobre 2004;
• Corte di Giustizia UE, sentenza 13 giugno 2006, C-173/03;
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• Corte di Giustizia UE, sentenza 30 settembre 2010, C-314/09.
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• Corte cost., 8 maggio 1998, n. 165;
• Corte cost., 4 luglio 1999, n. 308;
• Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204;
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• Corte cost., 11 maggio 2006, n. 191;
• Corte cost., 12 marzo 2007, n. 77.
CORTE DI CASSAZIONE
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• Cass., SS. UU., 22 luglio 1999, n. 500;
• Cass., SS. UU., 22 marzo 2003, n.4538;
• Cass., SS. UU., 13 giugno 2006, n.13569;
• Cass., SS. UU., 13 giugno 2006, n.13660;
• Cass., SS. UU., 15 giugno 2006, n.19100;
• Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2007, n. 14853;
• Cass., SS. UU., 23 dicembre 2008, n.30254;
• Cass. civ., sez. I, 5 maggio 2010, n. 10895;
• Cass., SS. UU., 2 luglio 2010, n. 15689;
• Cass., SS. UU., 6 settembre 2010, n. 19048;
• Cass. civ., sez. III, 2 novembre 2010, n. 22267;
• Cass., SS. UU., 16 dicembre 2010, n.25395;
• Cass., SS. UU., 11 gennaio 2011, n.405;
• Cass., SS. UU., 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595, 6596;
• Cass., SS. UU., 24 aprile 2011, n.9519.
148
CONSIGLIO DI STATO
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• Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657;
• Cons. Stato, Ad. Plen., 26 marzo 2003, n. 4;
• Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2007, n.2822;
• Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2007, n.9;
• Cons. Stato, Ad. Plen., 22 ottobre 2007, n.12;
• Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6908;
• Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751;
• Cons. Stato, sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3952;
• Cons. Stato, sez. VI, 22 ottobre 2008, n. 5183;
• Cons. Stato, Ad. Plen., 3 dicembre 2008, n. 13;
• Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2009, n.149;
• Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 578;
• Cons. Stato, sez. VI, 21 aprile 2009, n. 2436;
• Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 2009, n. 3066;
• Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5523;
• Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2010, n. 2199;
• Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 1168;
149
• Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 2010, n. 7766;
• Cons. Stato, sez. V, 25 novembre 2010, n. 8229;
• Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8350;
• Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8550;
• Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 924;
• Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1196;
• Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3;
• Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983.
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
• C.G.A., Sicilia, 16 settembre 2008, n. 762;
• C.G.A. Sicilia, 19 gennaio 2010, n. 38;
• C.G.A. Sicilia, 25 gennaio 2011, n. 80.
TAR
• T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 29 aprile 2008, n. 487;
• T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 12 maggio 2008, n.
248;
• T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 23 giugno 2008, n. 1263;
• T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III,12 agosto 2008, n. 3647;
• T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 28 gennaio 2009, n. 797;
150
• T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 6 maggio 2009, n. 4743;
• T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 22 giugno 2010, n. 5810;
• T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 giugno 2010, n. 2212;
• T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 1 dicembre 2010, n.
26440;
• T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 5 gennaio 2011, n. 41;
• T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 21 marzo 2011, n. 759;
• TA.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 25 maggio 2011, n. 154.
Dott. Giuseppe Laviola
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