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ESPERIAexallievi.itispaleocapa.it/wp-content/uploads/2019/03/...Ex Allievi dell Esperia L associazione di Promozione Sociale Ex Allievi dell ITIS P. Paleocapa di Bergamo (Esperia)

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ANNO 95°ESPERIA PAGINA1

La nostra Associazione 2

Convocazione Assemblea ed invito alla festa 3

L’Associazione Ex Allievi dell’Esperia 4

Quali prospettive. Dalla tradizione all’innovazione 6in una continuità costruttiva: Preside Prof. Imerio Chiappa

Alcune domande al Preside uscente, Ing. Michele Nicastri 8

Il concorso Luberg per diventare imprenditori 13

Incontro con Pierino Persico 15

Gewiss, il futuro dell’elettrotecnica e dell’innovazione 20

RadiciFil e RadiciYarn. 23La storia e la continuità della Radici Fibre

Incontro con Gianangelo Cattaneo, Presidente della Plastik 31

Primi risultati scientifici della missione Rosetta 34

Gli strumenti della Lean Manufacturing 39

Gli acciai inossidabili 49

L’Antimetallurgia ed il Signor COR-TEN 57

L’auto elettrica sta arrivando, inesorabile 60

Storie di sostenibilità. 66Il tessile di fronte a una delle più grandi sfide di tutti i tempi

Relazione anno 2014 68dell’Associazione Ex Allievi dell’ITIS P. Paleocapa

Bilancio anno 2014 69

Relazione al bilancio dell’anno 2014 70

Le “nuove frontiere” del Perito Meccatronico ed Energetico 71

Storie di sacrifici di un ex-esperino pre-sessantottino 73

Diplomati 2013-2014 75

Borse di Studio 79

L’industria bergamasca: 80competitiva e con grande vocazione all’export

Dalla stampa 83

ASSOCIAZIONEEX ALLIEVIDELL’ISTITUTOTECNICOINDUSTRIALEP. PALEOCAPADI BERGAMO

SOMMARIO

Associazione Ex Allievi dell’Istituto Industriale “P. Paleocapa”

La nostra Associazione

Consiglio Direttivo 2013-2015

Presidente

Vice Presidente

Segretario

Tesoriere

ConsigliereConsigliereConsigliereConsigliereConsigliereConsigliereConsigliereConsigliere cooptatoConsigliere cooptato

ALESSANDRO GIGLI

GIANCARLO VITI

FRANCO PIZZOLATO

ALESSANDRO BARACCHETTI

AMEDEO AMADEI EZIO CARISSONIBATTISTA AZZOLA ROBERTO FILIPPINI FANTONIROMANO BONADEIALESSANDRO ROCCHIMARIO GUIZZETTIGIANPIERO DONADONIFRANCO FERRARI

Revisori dei Conti 2013-2015

MASSIMILIANO CHIODI

GIOVANNI PIETRO GUERINONI

Commissioni 2013-2015

Comitato di redazione

Libro soci, contabilità e bilancio

Pagina Facebook

Sito Web

ROBERTO FILIPPINI FANTONIMARIO GUIZZETTIMAURO CERESOLI

LISA NICASTRI

ALESSANDRO BARACCHETTI

MAURO CERESOLI

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 2

Il nuovo Consiglio DirettivoIl Consiglio Direttivo resterà in carica fino al 2015 (elezioni a maggio 2016). La composizione del Consiglio copre tutte le aree di specializzazione:- Area tessile: 4 Consiglieri;- Area elettrotecnica: 3 Consiglieri;- Area meccanica: 2 Consiglieri e 1 Revisore;- Area chimica: 2 Consiglieri e 1 Revisore;- Area informatica: 1 Consigliere;- Segreteria scolastica: il Segretario dell’Associazione.Le Commissioni facilitano lo svolgimento del lavoro, necessario al buon funzionamento dell’Associazione.

Il Presidente Alessandro Gigli

ASSOCIAZIONE EX ALLIEVIDELL’ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE DI STATO

“P. PALEOCAPA”

Via M. Gavazzeni, 29 - 24125 BERGAMO

Telefono: +39 035 319388 - Fax: +39 035 318741 - ed-mail: [email protected]

Novantacinquesesimo dalla Fondazione (1920-2015)

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA ED INVITO ALLA FESTA

Carissimo Socio, sono lieto di invitarti alla

Assemblea dell’Associazione Ex Allievi

che si terrà in prima convocazione il 29 maggio alle ore 18.00 ed in seconda convocazioneil 30 maggio alle ore 9.00 presso l’aula magna della scuola con il seguente ODG:

• Relazione del Presidente;

• Approvazione del Bilancio 2014 e del Budget 2015;

• Varie ed eventuali.

A seguire, alle ore 10.00 alla presenza delle V classi dell’Istituto e dei Genitori degli Alunni:

Festa degli Ex Allievi 2015

• ore 10.00 Saluti dal Preside prof. Imerio Chiappa e dal Presidente degli Ex Allievi;

• ore 10.15 Intervento del sig. Pierino Persico, Presidente di Persico S.p.A.;

• ore 10.30 Intervento del sig. Gianangelo Cattaneo, AD di Plastik S.p.A.;

• ore 11.00 Intervento del sig. Aldo Arizzi, Presidente di Itema S.p.A.;

• ore 11.15 Intervento del sig. Gianluigi Viscardi, Presidente di Cosberg S.p.A.;

• ore 11.30 Assegnazione delle borse di studio agli Allievi meritevoli;

• ore 12.00 Rinfresco.

Segnalo l’assegnazione dei contributi del 5x1000 all’Associazione, indicando il Codice Fiscale03052000167 durante la dichiarazione dei redditi. I contributi saranno utilizzati a favore dellascuola. Nel 2012 abbiamo ricevuto 799 euro utilizzati per l’installazione di due lavandini inacciaio per il laboratorio di tintoria (spesa 2189 euro).

Un particolare ringraziamento vanno al Preside e agli Insegnati per la fattiva collaborazionee al Consiglio Direttivo, che ha lavorato tutto l’anno per l’associazione.

Alessandro GigliPresidente degli Ex Allievi

dell’Esperia

Iscritta come Associazione di Promozione Sociale all’Albo della Provincia di BergamoSezione F - N° 1 in data 05/02/2007

Medaglia d’Oro di 1a classe dei Benemeriti della Pubblica Istruzione - R.D. 25 Giugno 1936

L’AssociazioneEx Allievi dell’Esperia

L’associazione di Promozione Sociale Ex Allievi dell’ITIS P. Paleocapa di Bergamo (Esperia) è stata fondata nel

1920 e si è sviluppata facendo riferimento a tre valori:

1. Creare un reale incontro fra la realtà scolastica ed il tessuto industriale. Scuola ed Industria devono

cooperare affinché gli allievi acquisiscano le conoscenze e le competenze che il mercato chiede e che sono

in continua evoluzione.

2. Promuovere un percorso scolastico in cui le conoscenze tecniche teoriche siano affiancate da momenti direaltà pratica. Acquisire conoscenze e vedere concretamente come, dove e con quali metodologie sono

applicate è il primo passo del passaggio dallo status di studente a quello di lavoratore.

3. Promuovere e facilitare l’inserimento degli allievi nell’area Bergamasca. I costi sociali della formazione

diventano un investimento per la collettività soprattutto se gli allievi possono mettere a frutto il loro talento

nel territorio di origine.

L’Associazione non ha fini di lucro, è parte integrante dell’Esperia, promuove numerose iniziative a favore

dell’Istituto, degli Allievi e degli Insegnanti. Le risorse necessarie allo svolgimento delle attività sono garantite

dai Soci e da Aziende che condividono la scopo dell’Associazione.

Ci sono diversi modi per sostenere la scuola attraverso l’Associazione:

- La quota di iscrizione: la quota di iscrizione è di 30 Euro, integrabile a piacimento;

- Le donazioni: le donazioni sono utilizzate per la stampa della Rivista “Esperia” e per realizzare i progetti

finalizzati. Le Imprese possono dedurre fino a 1549,37 Euro oppure fino al 2% del reddito di impresa, in

base al Testo Unico, art. 100, lettera L; le Persone Fisiche possono dedurre il 19% della somma devoluta,

fino ad un massimo di 2065,83 Euro, in base alla Legge 460. lettera i quater;

- La destinazione del “5 per mille”: da destinare all’associazione durante la compilazione della dichiarazione

dei redditi;

- Collaborare con l’Associazione: l’esperienza di ognuno può essere preziosa per migliorare la collaborazione fra

l’insegnamento d’aula e le imprese;

- Neo diplomati: sono benvenuti nell’associazione per portare le loro idee e collegare le generazioni.

Per ogni informazione o per incontrarci di persona il riferimento è il Sig. Franco Pizzolato, segretario dell’Istituto

e dell’Associazione. Si segnala inoltre il sito degli Ex Allievi all’indirizzo www.exallievi.itispaleocapa.it, dove è

disponibile on line la Rivista “Esperia”.

Versamenti (per iscrizioni, donazioni e 5x1000):

- Conto Corrente Postale: Codice IBAN IT16R0760111100000016442246;

- Conto Corrente Bancario: Codice IBAN IT13G0542811110000000061421;

- 5x1000: indicare il Codice Fiscale 03052000167.

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Il nuovo Preside prof. Imerio Chiappa ha iniziato l’attività all’Esperia il primo settembre 2014, provenendodal Quarenghi, l’Istituto per geometri. Non conoscendo la realtà industriale bergamasca sta cercando di orien-tarsi ed informarsi, visitando le principali aziende del territorio per conoscere persone, lavorazioni ed esigenze.In queste visite sta incontrando moltissimi ex allievi nelle posizioni più disparate, dai vertici - fondatori,proprietari, dirigenti- ai quadri tecnici. Il nuovo preside ha 50 anni, è vegetariano, è un maratoneta e si allenaper questo tutti i giorni.La sua attività sportiva sulle corse di fondo potrà essergli assai utile perché dirigere una scuola comel’Esperia richiede molta pazienza, molta dedizione e tanto, tanto lavoro.

L’ingresso in una nuova Istituzione Scolastica è perun dirigente un momento sempre particolare, moltodelicato. L’ansia di dover gestire una realtà che finoal giorno prima è stata diretta da un dirigente dilungo corso, con grande esperienza e ottimi risulta-ti, è contemporaneamente una sfida e uno stimolo.La necessità di entrare rapidamente nel contesto,tempi stretti per capire, per far propri i meccanismidi una realtà complessa, con i suoi diversi protagoni-sti, ruoli e compiti che si interconnettono, relazioni,a volte delicate che non conosci ma devi in breve tem-po essere capace di gestire, tutto questo richiede co-noscenze e prospettiva: conoscenza di ciò che è stato,di ciò che è prospettiva, visione di cosa potrà essere.Capire e conoscere cosa questa scuola è stata ed è an-cora per il contesto sociale e industriale del territoriobergamasco è il fulcro dell’operare del dirigente.Anche solo guardando il logo dell’Esperia si cogliecome scuola, territorio e industrie siano un tutt’uno:sullo sfondo rosso e giallo, i colori di Bergamo, sistaglia la ciminiera che fuma, il profilo di un’azien-da, simbolo che ben rappresenta questo legame im-prescindibile e oserei dire indistruttibile. In Italia, in generale l’istruzione tecnica e quella pro-fessionale hanno saputo rispondere in maniera ade-guata alle esigenze di cambiamento, facendo evolve-re la propria offerta formativa in termini qualitativi equantitativi. Ne è una dimostrazione lo sviluppo del-l’istruzione tecnica e dell’istruzione professionaledal dopoguerra ad oggi che ha saputo accompagna-re la crescita economica e sociale del Paese.

In particolare per Bergamo l’ITIS PALEOCAPA, findalle sue origini ha sempre avuto un rapporto moltostretto con il mondo del lavoro, forte anche del fattoche tra gli imprenditori e i managers delle aziendedella provincia molti sono stati suoi diplomati. Con isuoi indirizzi di studio, meccanica e meccatronica,energia, elettrotecnica ed elettronica, informatica,sistema moda, ha sempre coperto e copre quasi tut-te le esigenze del tessuto industriale bergamasco.In questi ultimi decenni, peraltro, lo sviluppo scien-tifico e tecnologico e la domanda di personale quali-ficato da parte delle imprese hanno impresso unaforte accelerazione ai processi di adeguamento deisistemi formativi. Processo di adeguamento che ri-chiede però di coniugare, a mio parere, tradizione einnovazione. Tradizione che non significa ciò che èstato, al contrario rappresenta realtà di ciò che è du-revole perché è legata alla cultura, alla storia, al ter-ritorio. Innovazione perché è nello stesso tempo ri-cerca, sperimentazione, contaminazione, esplorazio-ne di nuove strade e... provocazione. È un po’ comela storia dell’uomo: guardare al futuro, al progressosenza però dimenticare l’esperienza del passato.Per sperimentare bisogna conoscere; per innovarebisogna dominare la tecnica del passato. La storianon si dimentica, il passato crea ed è anche il presen-te e prospetta il futuro. Ma il futuro si deve costruire; la scuola deve da unaparte essere capace di dare ai ragazzi una solida ba-se culturale e professionale (la tradizione) dall’altrasaper vedere oltre, dare a tutti gli alunni la possibili-

Quali prospettive. Dalla tradizioneall’innovazione in una continuità costruttiva

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tà di aprirsi, nei modi e nelle opportunità che ognu-no avrà, al mondo del lavoro. Ho ritenuto e ritengofondamentale quindi, in questa prospettiva, cono-scere personalmente e nel modo più ampio possibi-le le nostre aziende, entrare in relazione diretta, par-lare, conoscere i protagonisti della storia industrialedi Bergamo, i protagonisti del nostro recente passa-to, del nostro presente e del nostro futuro. In questo devo dire che già le prime visite mi hannosubito permesso di capire come il nostro contesto siaricco non solo di lavoro, non solo di risorse, ma so-prattutto di Persone.Persone che hanno saputo coniugare nella loro vitaumanità e imprenditorialità. Il mio giro fra le aziendecontinua ed è nella mia disponibilità cogliere tutte lesollecitazioni che il contesto industriale vorrà fornirealla nostra scuola. Il bilancio di questi incontri è statopositivo, anche se non mancano giusti rilievi circa lanecessità di affinare e qualificare i raccordi con larealtà del lavoro, l’esigenza di aggiornare ulterior-mente i programmi, la necessità di sviluppare mag-giormente le iniziative di formazione professionale edi educazione ricorrente. Si tratta di indicazioni inte-ressanti, che colgono i limiti della nostra scuola, di cuiper gran parte c’era già consapevolezza.La prospettiva è perciò quella, da una parte, di svol-gere attività di ricognizione e analisi delle competen-

ze richieste dalle imprese dell’indirizzo, descritte intermini di conoscenze e abilità relative al loro impie-go sul lavoro, allo scopo di favorire, avvicinare, cosìcome peraltro sottolineato nel ddl “Buona Scuola”,la corrispondenza della programmazione didatticadelle scuole alla domanda professionale, dall’altrapotenziare la realizzazione di esperienze formative(in particolare mediante il ricorso all’alternanzascuola-lavoro) progettate congiuntamente da azien-de e scuola e specificamente orientate allo sviluppodelle competenze dei diplomandi dell’istruzione tec-nica, nel rispetto e nella valorizzazione delle profes-sionalità del personale scolastico. In quest’ottica sa-rà esplorata la possibilità di sviluppare percorsi for-mativi articolati su più annualità, iniziando nel se-condo biennio del secondo ciclo per concludersi conl’inserimento al lavoro.Nei prossimi mesi e nei prossimi anni, sia per la si-tuazione di fatto, sia per le prospettive individuabili,l’Istituto Paleocapa Esperia dovrà continuare a svol-gere, adeguandosi ad una realtà sociale ed economi-ca in trasformazione, un ruolo di rilevante portata alservizio delle esigenze di sviluppo e qualificazionedella struttura produttiva bergamasca, nell’ottica difar diventare i nostri alunni e le nostre alunne uominie donne protagonisti della loro vita e della società incui vivono.

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Alcune domande al Preside uscente,Ing. Michele Nicastri

Dopo un così lungo tempotrascorso all’Esperia cipuò raccontare quali sonostate le più grosse diffe-renze tra l’inizio e la finedel suo mandato? Percominciare ci dica perquanti anni ha svolto la

funzione di Preside dell’Esperia?“Ventiquattro anni: ‘88-’89 come incaricato e dal1991 al 2014 ininterrottamente come titolare.Sono state realtà decisamente diverse. Nel 1988,quando sono arrivato per la prima volta, l’Istitutoaveva quasi 2500 studenti, 400 docenti e avevamoclassi distribuite in città: ce n’erano una quindici-na al Patronato e altre 6 al Convitto Esperia.Quindi era un Istituto che non aveva possibilità dicrescere, anzi si utilizzavano tutti gli spazi, anchequelli più inadeguati. La manutenzione era a cari-co non della Provincia bensì dell’Ente Morale, isti-tuito nel 1911, il quale non aveva fondi sufficientia provvedere ad una manutenzione degna di que-sto nome. Le zone laboratori e officine erano fati-scenti e questo fu uno dei grossi problemi che miero trovato ad affrontare da subito; tutto ciò con ilNatta già autonomo dal 1976.Era già attiva anche la sede di Seriate con 230 stu-denti. Avevamo quindi, tra Sede centrale e distac-camenti, un totale di 2500 studenti, di cui solo1500 nella Sede principale.Eravamo un po’ come figli di nessuno, nel sensoche nessuno si interessava a noi ed era necessariosollevare polveroni per poter risolvere anche situa-zioni di grande emergenza.Col sostegno del Comitato Pro-Istituto furonorifatti gli impianti elettrici dei vari indirizzi e, conrisorse dell’Istituto, furono sostituiti gli infissidella facciata di Via Gavazzeni per un importo di250 milioni dell’epoca. Nel 1992 l’Istituto realizzòla nuova struttura destinata all’indirizzo informati-co con i finanziamenti richiesti e ottenuti dallaCassa Depositi e Prestiti.

A partire dal 2000 questi problemi si sono avviatia soluzione con il passaggio della proprietà allaProvincia, cosa che ha permesso di progettare erealizzare opere edili di grosso spessore.Nell’ultimo decennio i problemi sono stati quasidefinitivamente risolti con la costruzione, nella zonadelle vecchie officine, di altri tre blocchi, ognuno deiquali fa capo agli altri indirizzi attuali (Meccanico-Meccatronico; Tessile-Tintorio; Elettrotecnico-Elettronico). Ora la collocazione è decisamente piùrazionale e soprattutto a norma.Rispetto al 1988 ci sono iniziative che allora nonerano ancora state proposte, né erano proponibili:intendo iniziative di post-diploma IFTS (Istituto diFormazione Tecnica Superiore) e ITS (IstruzioneTecnica Superiore)”.

I rapporti tra la Scuola e l’Industria sono semprestati un po’ problematici. Lei ritiene ci siano ampispazi di miglioramento di tali rapporti o checomunque rimarrà sempre un’illusione il tentati-vo di creare diplomati all’altezza delle richiestedell’industria, considerando che ormai le indu-strie sono troppo specializzate e per la scuola saràsempre più difficile essere up-to-date?“Io credo che i rapporti, genericamente, siano statiproblematici anche se per l’Esperia lo sono stati infondo un po’ meno rispetto a quelle degli altriIstituti scolastici; infatti Esperia e mondo indu-striale bergamasco sono stati sempre legati, findagli albori del ventesimo secolo.Comunque il rapporto non è stato mai conflittuale.Anzi!Parlando in generale del rapporto Scuola-Industria c’è da sottolineare il fatto che i punti divista delle due parti sono molto diversi e quindiquesto rende problematico il dialogo.Anche in una realtà come la nostra, dove le inter-connessioni con il mondo industriale sono stateabbastanza positive, qualche problema di dialogoc’è stato e sempre ci sarà. Ritengo che la scuolaabbia finalità diverse da quelle dell’industria:

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la scuola deve formare il cittadino e deve dareun’istruzione tecnica di base la più completa pos-sibile. L’industria richiede più specializzazione ma,con le diversificazioni attuali esistenti in ognicampo, questa mi sembra una ‘mission impossi-ble’. L’azienda potrà richiedere una preparazionetecnica di base ottimale ma poi il tecnico se lodovrà plasmare al proprio interno, fornendogliquelle competenze specifiche e specializzate, spes-so in breve superate da ulteriori innovazioni tecno-logiche, che rendono difficile anche il tempestivo,necessario e adeguato aggiornamento del persona-le docente.Se nella prima metà del secolo scorso la tecnologiainnovava molto lentamente, oggi si viaggia a velo-cità di implementazione tecnologica pazzesche intutti i settori, soprattutto in quello informatico chegioca il ruolo di ‘battistrada’.In conclusione, l’industria non può pretendere chela scuola possa rimanere al suo passo. Le stesseUniversità soffrono di questo gap difficile da col-mare, fatte salve alcune, poche peraltro, Universitàparticolarmente all’avanguardia in settori tecnolo-gici di alto livello.L’industria deve solo pretendere una buona impo-stazione tecnologica di base da parte dei nostriIstituti Tecnici. Sotto questo profilo l’Esperia hadimostrato di avere studenti modello, specialmen-te in campo informatico, che hanno vinto presti-giosi premi nazionali e internazionali.Oggi le industrie richiedono molteplici requisiti e,a mio parere, a volte si tratta di richieste esagerate:più lingue straniere, qualche anno di esperienza insettori specifici e altre competenze particolari.Questo aumento di richieste è implementato dallalegge della domanda e dell’offerta nel mondo dellavoro. Pochi posti disponibili e molte persone allericerca del lavoro portano le industrie a chiederesempre di più. Ho visto laureati con ottimi voti aiquali vengono fatte ulteriori richieste di competen-ze ‘lunari’! Stiamo vivendo in un mondo un po’schizofrenico!

Oggi uno studente esce dalla scuola con una seriedi competenze e conoscenze che noi ai nostritempi nemmeno potevamo pensare di avere: ilrovescio della medaglia sta forse nel fatto che, pro-babilmente, tali conoscenze non sono moltoapprofondite.

Lei ritiene che durante il suo mandato le idee dirinnovamento che il Dirigente Scolastico per eccel-lenza ha potuto avere si siano troppo spesso scon-trate con problemi finanziari e/o organizzativi?“Da questo punto di vista mi ritengo un Dirigenterelativamente fortunato. Innanzitutto perchél’Istituto godeva di autonomia amministrativa,come tutti gli Istituti Tecnici e Professionali, primadell’estensione a tutti gli altri Istituti. Noiall’Esperia abbiamo avuto un’esperienza se voglia-mo particolare. Ad esempio il Convitto dal puntodi vista amministrativo era gestito direttamentedall’Esperia; dirigerlo amministrativamente signi-ficava non solo gestire burocrazia ma anche trova-re le risorse per poterlo mandare avanti. Quindiuna situazione difficile che è stata sostenuta fino al2000, quando mi sono reso conto che l’Istituto nonpoteva più reggerla.L’esistenza, per esempio, del Comitato pro IstitutoPaleocapa e Natta è stata una grande fortuna inquanto ha consentito gli adeguamenti di apparec-chiature non in base ai finanziamenti ministeriali main base alle esigenze di ricambio naturale delle stesse,grazie al supporto economico del Comitato egregia-mente diretto dal dr. Sestini. In tutti gli anni che hovissuto all’Esperia il Comitato ha garantito la realiz-zazione dei ‘sogni’. Se presentavo alle autorità com-petenti un piano relativo alle necessità che l’Istitutoaveva per poter continuare a sostenere la funzionetecnico-didattica per la quale era preposto e la rispo-sta, come accadeva più volte, era negativa, ilComitato interveniva adeguatamente. Semmai limitialle richieste li ponevo io anticipatamente in quantola possibilità di trovare investimenti si scontravanocon la necessità di trovare all’interno personale che

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fosse disposto a sacrificare il tempo necessario adimparare a utilizzare le attrezzature. Infatti c’era ilrischio di avere attrezzature d’avanguardia ma dinon usarle per mancanza di competenze interne o divoglia di acquisire tali competenze per poter sfrutta-re le apparecchiature al meglio e in un modo didat-ticamente corretto. Pertanto molte volte io stesso hoagito da freno quando si trattava di macchinari cherichiedevano l’acquisizione di competenze specifi-che che avrebbero impegnato il personale docente etecnico oltre i limiti che, per esperienza, sapevo dipoter richieder loro: si evitava così di spendere soldiper acquisti da considerarsi ‘inutili’ tenendo contodella situazione nella sua globalità.Maggiori possibilità si sono presentate per il setto-re informatico, sia per il minor costo delle appa-recchiature richieste sia, soprattutto, perché talesettore era da considerarsi interdisciplinare”.

Lei per un anno è stato Preside ad interim delNatta. Ha trovato differenze tra le due scuole?“Diciamo che oggi il confronto diventa un po’ piùdifficile in quanto il Natta si presenta come istru-zione tecnica ma in realtà è anche liceo. Mi sonotrovato in un ambiente ‘ibrido’.All’Esperia il contatto con l’Industria è decisa-mente più marcato e ho un contorno di personeche hanno legami con l’industria alle quali miposso rivolgere per tentare di capire cosa e comefare al meglio per mantenere il più contenuto pos-sibile il ‘gap’ tra le due realtà. Per esempio,l’Associazione Ex Allievi è stata molto utile sottoquesto punto di vista in quanto i componenti delConsiglio Direttivo hanno sempre avuto non soloun forte legame con l’industria ma anche concretirapporti con managers di alto livello. Tutto ciò miha aiutato e coinvolto.Al Natta non è che non esista questo tipo di collega-mento ma, essendo ‘ibrido’ come ormai molti Istitutiitaliani, all’interno ci sono docenti del liceo che neiconfronti dell’istruzione tecnica hanno una visionedifferente e quasi sempre un po’ ‘elitaria’. È difficile

da spiegare a parole ma di certo si respira un’ariache ti fa dire che non si tratta della stessa cosa”.

Ci può fare un consuntivo di questi 25 anni diconduzione dell’Esperia?“Questi molti anni passati all’Esperia - a proposi-to mi sono documentato e nella Provincia detengoil record assoluto di permanenza alla Direzionedell’Istituto - sono stati faticosi ma in un certosenso esaltanti, in quanto non è un posto di lavorodove si può vivacchiare ma che, al contrario, ticostringe a combattere quotidianamente con mol-teplici e differenti problemi. Ti devi sempre con-frontare con il personale docente e non, con glistudenti, con la rappresentanza dei genitori. I pro-blemi che sorgono sono oggi più complessi rispet-to a quelli del passato: alcuni genitori oggi hannoatteggiamenti iper-protettivi e riversano le loroinsicurezze sui figli, pensando che la scuola possagestirle come meglio gradirebbero. In passato,molte di queste situazioni venivano semplicemen-te risolte con una lavata di capo fatta allo studentee/o con sanzioni condivise dalle famiglie.È più utile confrontarsi con i genitori per miglio-rare la qualità del servizio scolastico e dare rispo-sta a esigenze condivise. Altri confronti sono i pro-blemi gestionali di edilizia interna ed esterna.Come capirete in un Istituto di queste dimensioninon c’è certo tempo d’annoiarsi!Questi anni hanno consentito la soluzione di quasitutti i problemi di adeguamento alle norme di sicu-rezza e alla realizzazione degli spazi necessari per losvolgimento di una moderna e adeguata didattica.Resta ancora irrisolta la sistemazione della zonashed, che avrebbe dovuto ospitare l’aula magna, dicui l’Istituto è privo da più di 5 anni, e il Museodell’Industria Bergamasca. L’esaurimento dei fondidisponibili ha reso impossibile, per il momento, larealizzazione del progetto. In conclusione, posso dire che la scuola sia statamaestra di vita anche per me: c’è stata tutta unaserie di rapporti umani e di esperienze di vita vera-

Alcune domande al Preside uscente,Ing. Michele Nicastri

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 11

mente interessanti. Poi, ribadendo quanto dettoprecedentemente, l’Esperia mi ha fatto capire chei miei desideri potevano realizzarsi proprio perquell’autonomia di cui dicevo e per quel sostegnoda parte del Comitato, dell’Associazione ExAllievi e del mondo del lavoro: tutto ciò non puòche essere considerato gratificante!”.

Cosa ci può dire del lascito che passa al suo suc-cessore e cosa si sentirebbe di consigliargli?“Debbo dire che ho lasciato l’Istituto in pienasalute, rimasto uno dei pochi ITIS prettamentetecnico (gli ISIS comprendono indirizzi e ordina-menti diversi), anche perché non ho seguito lapolitica della ‘quantità’ ma quella della ‘qualità’.In passato mi sono rifiutato di accettare tutte leiscrizioni, costringendo magari a fare lezione inaule fatiscenti o nei sottoscala: già è difficile inse-gnare in condizioni normali, immaginatevi in quel-

le di emergenza! Nel ‘93-’94, anno del boom diiscrizioni, ne ho rifiutate cento, dirottate poi alNatta. Ringrazio tutti i collaboratori che si sonoavvicendati lungo i quasi cinque lustri della miadirigenza, tutti i docenti e il personale. A molti hodato qualcosa della mia esperienza e da molti altriho ricevuto consigli e insegnamenti preziosi.Ringrazio il Comitato Pro Istituto Paleocapa eNatta, l’Associazione Ex Allievi, il ComitatoGenitori e tutti i rappresentanti del mondo dellavoro con cui ho avuto la possibilità di lavorare econfrontarmi. Al nuovo Preside, che conosco come dirigentecompetente e volitivo, non ho nulla di particolareda consigliare: ha le capacità per guidare e gestirel’Istituto nel solco della sua tradizione. Gli auguroun proficuo lavoro e la prosecuzione di un succes-so che dal 1885 accompagna la storia della glorio-sa Esperia”.

Dopo le quattro chiacchiere con il preside Nicastri inseriamo un quadretto di vitache si riferisce ai suoi inizi dell’avventura come Preside dell’Esperia: storie di vita vissuta!

“L’AVVENTURA COMINCIA”

di Michele Nicastri

Alle 7 in punto di una fresca mattina dell’Estate 1988 salii le scale d’accesso dell’Istituto. Non era unagiornata qualsiasi. Dopo gli anni passati da docente e i cinque anni da preside a Treviglio, riprendevoservizio all’Istituto P. Paleocapa, meglio noto come Esperia. Non ero molto tranquillo!Già la prima volta che ero andato a prendere servizio come insegnate ed ero sceso alla stazione di Bergamoavevo chiesto informazioni ai passanti su dove si trovasse l’Istituto Paleocapa e mi era stata indicata lavicinissima omonima via poiché nella bergamasca tutti conoscevano quella scuola come Esperia: perfortuna era giorno pieno altrimenti, considerando la fama notturna che quella via aveva a quei tempi,chissà come sarebbe finita! Discesi lungo via Paleocapa ma non vidi alcun Istituto. All’altezza della Chiesadi S. Giorgio, chiesi ancora e finalmente mi indicarono come raggiungere via Gavazzeni e come, proseguendolungo essa, avrei potuto arrivare all’Esperia. Perché Esperia?Prese nome dalla mitica autovettura “Esperia”, prodotta sotto gli storici shed dell’opificio della SocietàAutomobilistica Lombarda nei primi anni del secolo, che aveva per riconoscimento e investitura popolareidentificato e denominato l’istituto scolastico che nel 1924 ne aveva occupato gli spazi.Ma torniamo al giorno della presa di possesso della carica di Preside.

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Dopo il saluto all’usciere, ricambiato con sguardo perplesso e interrogativo, mi avviai con ostentata sicu-

rezza agli uffici, attraversando l’atrio che portava ai piani superiori. Il busto di Antonio Locatelli - mitico

aviatore Bergamasco che in Africa si meritò la Medaglia d’Oro al Valore - e le gigantesche targhe marmo-

ree in memoria degli esperini morti in guerra erano sempre al solito posto, quasi a ricordare che la storia

ha insita in sé l’immutabilità. Il passo sicuro non allentava l’ansia, il timore e l’incertezza che dal giorno

precedente mi accompagnavano.

Il mio predecessore, quasi con sottile perfidia, aveva convocato il Collegio Docenti che apriva l’Anno Sco-

lastico 1988/89 mezzora prima dell’insediamento ufficiale. Gli uffici erano deserti e, tranne l’usciere, non

avevo incontrato anima viva. Decisi di salire fino all’Aula Magna, situata all’ultimo piano. Cominciava

la mia “avventura” all’Esperia e sicuramente non avrei mai pensato, quella mattina, che avrebbe potuto

durare quasi cinque lustri.

L’Esperia, nel 1988, contava 107 classi, 2.484 studenti e quasi 500 tra docenti e personale tecnico e au-

siliario. La storica zona, denominata “shed”, ospitava, in ambienti inidonei e in alcuni casi fatiscenti,

tutti i laboratori degli indirizzi e circa 35 aule. Ampie zone del seminterrato erano adibite a laboratori di

Fisica e ad improbabili aule. Nonostante ciò lo spazio era ancora insufficiente: infatti circa 600 studenti

erano costretti a seguire le attività didattiche presso il Convitto di Via Pignolo e il Patronato San Vincenzo.

La sede staccata di Seriate ospitava oltre 200 studenti del biennio.

L’Istituto risultava proprietario dell’immobile, ma non riceveva finanziamenti per la onerosa manuten-

zione straordinaria necessaria. La messa a norma degli impianti e l’adeguamento alle norme di sicurezza

richiedevano risorse che solo l’Amministrazione Provinciale avrebbe potuto sostenere, se solo ne fosse

stata proprietaria.

L’Esperia appariva come una vecchia ed energica signora. Con molte rughe e acciacchi, conservava i tratti

e i segni di una passata nobiltà e bellezza. Incuteva rispetto e deferenza, ma anche invidia per un passato

glorioso e un presente ancora attrattivo. Le prospettive e le problematiche dell’Istituto erano ben riassunte

nella mia relazione alla cerimonia di fine anno del Maggio 1989, organizzata dall’Associazione Ex-Allievi.

Nell’Estate 1989 sostenni con successo il Concorso a Preside, raggiungendo, a metà Settembre, la nuova

sede assegnata a Rovato. Mi lasciavo alle spalle un anno difficile. Curare la Vecchia Signora era impresa

ardua. Cosa avevo fatto per lei in quell’anno, mi domandavo, accingendomi alla nuova esperienza, con il

tarlo inquieto dell’incompiuto ma anche con il sottile sollievo della lontananza da un compito che sentivo

improbo. Ma il destino aveva deciso diversamente!

Infatti nell’Ottobre 1991 il Provveditore Draghicchio mi convocò nel suo ufficio.

C’era più di un problema.

Non si riusciva a definire il passaggio di proprietà dall’Esperia all’Amministrazione Provinciale per l’op-

posizione del Collegio dei Docenti e Consiglio d’Istituto. Prolungate agitazioni studentesche paralizzavano

le attività didattiche. La settimana successiva era convocato il Consiglio d’Istituto. Il Provveditore confidava

in un cambio della guardia per sbloccare l’empasse e mi propose la sede Esperia. Qualche giorno dopo

ritrovavo la Vecchia Signora con l’obiettivo di ridarle il dovuto e doveroso lustro e riprendere “l’avventura”.

Il 30 Ottobre del 1991 il Consiglio d’Istituto deliberava il passaggio di proprietà all’Amministrazione

Provinciale. Dopo questo successo il proseguo del mio mandato mi sembrò meno improbo.

Alcune domande al Preside uscente,Ing. Michele Nicastri

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Il concorso Lubergper diventare imprenditori

È nata un’impresa: questo l’obiettivo del concorso“Diventa imprenditore”, organizzato da LUBERG,l’associazione dei laureati dell’università di Berga-mo, rivolto a tutti i giovani del territorio bergamascofino a 35 anni. Realizzato con la collaborazione del Gruppo Lom-bardo dei Cavalieri del Lavoro, di ConfindustriaBergamo e con il supporto di UBI - Banca Popola-re di Bergamo e del Gruppo Sanpellegrino - Nestlè,il concorso valorizza l’originalità, l’ambizione, l’in-traprendenza, la competenza e il bisogno di autono-mia dei giovani, aiutandoli a tradurre un’idea in unprogetto concreto e vincente.

“Il Concorso” - spiega il presidente di LUBERG, Do-menico Bosatelli - prende spunto dal messaggio ‘crea-re valore oltre il profitto’, lanciato dai Cavalieri delLavoro in occasione di un recente convegno e raccoltodal Consiglio Direttivo di Luberg. Credo che siano in-nanzitutto i giovani, futuri protagonisti della nostrasocietà, a doversi ispirare a questa mission e realizzar-la attraverso progetti innovativi. L’innovazione infattiè soprattutto un’attitudine posseduta dai ragazzi, cheesplorano nuove strade per creare ogni giorno qualco-sa di meglio rispetto al giorno precedente. Ecco, mi

aspetto che vengano presentati progetti che trasformi-no i problemi in soluzioni”.Il concorso è aperto a tutti, anche non laureati, pur-ché di età inferiore ai 35 anni alla data di scadenzadel bando e rispondenti ad almeno uno dei seguenticriteri: essere nato o residente a Bergamo o provin-cia; avere compiuto o stare compiendo gli studi (me-die superiori e/o università) a Bergamo o provincia;svolgere la propria attività lavorativa in un’aziendaoperante a Bergamo o provincia.Partecipare è molto semplice. Basta compilare la do-manda di iscrizione collegandosi alla piattaforma de-dicata che è accessibile dal sito www.luberg.it\diven-taimprenditore, descrivere il progetto, autocertifica-re l’originalità dell’idea e allegare il proprio CV. Le migliori proposte, che dovranno essere formula-re all’interno di tre ambiti e sei aree tematiche, sa-ranno identificate sulla base della qualità progettua-le complessiva e del contenuto innovativo. Nell’am-bito “PROCESSI”, sono incluse le tematiche “Indu-stria-Artigianato” e “Agricoltura”; nella categoria“PRODOTTI” sono da considerarsi le idee riferitea “Tempo libero” e “Abitazione”; infine, il tema dei“SERVIZI” avrà quali argomenti “Cultura/turismo”e “Marketing/Comunicazione”.

I fattori che concorrono a dare vita ad un’impresa sono molti. Ma la cosa più importante è l’idea,perché senza una buona idea di prodotto o di servizio non esiste impresa, non esiste successo.Per questa ragione LUBERG, l’associazione dei laureati dell’Università di Bergamo, ha scelto di offrirea tutti i giovani con meno di 35 anni d’età, l’opportunità di tradurre un’idea in una realtà concreta.

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Il concorso Luberg per diventare imprenditori

Saranno gli stessi partecipanti a illustrare pubblica-mente le loro proposte nel corso di tre incontri, che siterranno nei mesi di giugno, settembre e ottobre2015. Per ogni incontro saranno presentate dieci ideee i concorrenti avranno a disposizione cinque minutiper esporle e spiegarle. Al termine di ogni incontro, laGiuria selezionerà e proclamerà un premiato per ogniarea tematica (due per ogni serata). Tra le due idee vincitrici del primo incontro (AmbitoProcessi) ne verrà selezionata una che parteciperà didiritto alla selezione finale della “call for ideas” nazio-nale con oggetto “competitività e semplificazione”,organizzata dalla Federazione dei Cavalieri del Lavo-ro, la cui premiazione è prevista a giugno 2015. Il vincitore finale del concorso sarà proclamato inoccasione della cerimonia di fine anno di LUBERGe sarà identificato dalla giuria composta da Domeni-co Bosatelli, Presidente LUBERG, Stefano Paleari,Rettore Università degli Studi di Bergamo, ErcoleGalizzi, Presidente Confindustria Bergamo, GiorgioFrigeri, Presidente UBI Banca Popolare di Bergamo,e Stefano Agostini, Amministratore Delegato Grup-po Sanpellegrino - Nestlè. Inoltre, il vincitore saràseguito da un gruppo di esperti dell’Associazione esarà supportato nella ricerca di eventuali soci e/o fi-nanziatori oltre che nell’assistenza amministrativa esocietaria per realizzare il progetto.

COME ADERIRE AL CONCORSO

Per maggiori informazioni sulle modalità di adesioneè possibile consultare il sito www.luberg.it\diventaim-prenditore, contattare la segreteria LUBERG (e-mail:[email protected], Tel: 035 205 26 07)oppure chiedere presso il CLUB LUBERG negliorari di apertura.

CLUB LUBERG

Inaugurato nel 2015 il CLUB LUBERG intende es-sere un punto di riferimento per fare network e fa-vorire l’interscambio di esperienze, conoscenze epassioni tra i Laureati dell’Università di Bergamo,specialmente tra diverse generazioni. Coerentemen-te con la mission dell’Associazione, il club prevedeinfatti un calendario di eventi di approfondimentosu temi di attualità e momenti informali utili per co-noscersi e stringere relazioni. Gli incontri si svolge-ranno con frequenza periodica in forma di conferen-za, tavola rotonda, dibattito e avranno per oggettotemi di interesse economico, sociale, culturale e arti-stico. La sede del club, aperta tutti mercoledì dalle15.00 alle 19.00, è il meraviglioso contesto di Palaz-zo del Monte - a Bergamo in Via Vittorio Emanuele,10 - che è stato allestito per ospitare tutti i soci e gliamici dell’associazione.

Segreteria e Relazioni: Università di Bergamo - Via dei Caniana, 2 (BG)Tel.: 035 20 52 607 - ed-mail: [email protected] legale: Via Salvecchio, 19 (BG)

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Voglio iniziare questo racconto sulla Persico e sul suofondatore riportando quanto scritto nel prologo dellibro all’inizio del 2013, che ci permette di compren-dere il periodo storico che l’Italia e tutti noi stiamo vi-vendo: “Il mondo è cambiato. Per la verità, stava giàcambiando. Già da tempo era in atto la delocalizzazio-ne delle aziende, cioè il trasferimento di aziende, so-prattutto della loro fase produttiva, in Paesi stranieridove i costi della manodopera sono nettamente minoririspetto all’Italia. Già da tempo il Far East aveva avvia-to il suo sviluppo, culminato nel boom economico dellaCina. Già da anni si parlava di globalizzazione. Ma do-po il 2007 abbiamo avuto la grande crisi economica, ilcrack finanziario. ed non accenna a risolversi! Per laprima volta nel Dopoguerra l’Italia è entrata in crisi re-cessiva. Tante aziende di casa nostra hanno chiuso, mol-te si sono ridimensionate; altre hanno resistito bene”.Un anno dopo l’inizio della crisi, nell’estate del 2009,Pierino Persico apparve ottimista. “La crisi è forte, sisente, non so quante aziende riapriranno il prossimosettembre. Ma per noi le cose non vanno così male:dobbiamo raccogliere la sfida che viene dall’Asia, dal-la globalizzazione, e rispondere soprattutto con la qua-lità dei prodotti, la progettazione e l’entusiasmo. Noiabbiamo avuto un calo del venti percento in tutti i set-tori, soprattutto sugli impianti di automazione, legrosse aziende non stanno più facendo investimenti.Si aggiustano impianti esistenti. In particolare il setto-re automotive risente di questa situazione negativa”.

Da allora sono passati altri tre anni, la crisi finanzia-ria ed economica ha vissuto altre fasi. “... Oggi la nau-tica a motore, da diporto, non è andata in crisi: è mor-ta. Se non avessimo fatto un passo diverso cambiandosettore, salendo a un settore elevato, il racing, barcheda competizione, da grandi regate, con lavorazione delcarbonio e materiali compositi secondo diverse tecnolo-gie di processo, di lavorazione, staremmo annegandoanche noi. Prima facevamo soltanto il modello dellabarca e lo stampo. Non era un problema nostro se labarca non otteneva prestazioni, noi eravamo soltantoesecutori, partecipavamo al progetto di qualcun altro.Oggi tutto è cambiato, non c’è più il cliente che vienea chiederci il modello. La stretta fiscale ha inciso anchesul mercato delle barche a motore: molti marchi, ancheblasonati, sono in difficoltà...... Adesso affrontiamoprogetti che comportano più difficoltà, più responsabi-lità, barche tirate al limite della tecnologia, della capa-cità. Esiste un’attenzione spasmodica nei riguardi dipeso e forma dei natanti. I controlli sul manufatto so-no continui, si fa la TAC ad ogni elemento. I nostri ca-tamarani devono volare sull’acqua, gli scafi devono af-frontare sollecitazioni terribili. Fabbrichiamo barcheda 20 metri con spessori minimi dello scafo, usiamo so-fisticati sistemi di progettazione, utilizziamo materialicompositi evoluti, fibre di kevlar e di carbonio applica-te con la tecnologia del sottovuoto e dell’infusione, perun maggior rispetto dell’ambiente e con valori tecnolo-gici impensabili alcuni anni fa.

Incontro con Pierino Persico

Pierino Persico, classe 1947, è un uomo che si è fatto da solo o meglio che, senza possedere un patrimoniodi famiglia, ha tratto il massimo da tutte le esperienze vissute - la famiglia, la frequentazione della parrocchia,dell’oratorio, dell’azione cattolica, della scuola, dei vari datori di lavoro, dei numerosi clienti, dei collabo-ratori - per crescere personalmente e far prosperare un’azienda, la Persico, che oggi ha 500 collaboratoritra Italia e paesi esteri. Pierino ha raccolto la storia della sua vita e dell’azienda in un piccolo libro‘Il sentiero nascosto’, che mi ha consegnato a fronte della mia curiosità di conoscerlo meglio.Il libro si legge in un fiato e mi stupisce ad ogni pagina. In questo mio racconto su Pierino Persico inseriròmolti riferimenti tratti dal libro. Voglio invitare Pierino alla ‘Festa degli Ex Allievi’ perché racconti la suastoria agli studenti delle quinte classi dell’Esperia per stimolarli a seguire il suo esempio: subito all’inizioscopro che il libro è stato realizzato proprio per questo.“... Ecco, a volte sogno che un ragazzo legga questo libretto, che conosca la nostra storia e che arrivi fino infondo, all’ultima pagina, e che questo libretto gli faccia venire la voglia di andare avanti, di tentare qualcosa,di impegnare le proprie risorse. Spero che magari gli venga voglia di aprire una piccola azienda, che non siarrenda mai e che faccia qualcosa di veramente buono per sé e per gli altri... Allora sogno che qualche buonaidea gli possa venire dalla lettura di questo racconto”.

di Alessandro Gigli

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Incontro con Pierino Persico

Il lavoro è cambiato profondamente. Non è più comeuna volta che di una sedia il cliente ti chiedeva il mo-dello o al massimo lo stampo. Oggi è necessario forni-re non soltanto il pezzo finito ma anche la macchinaper produrlo. Per la nuova Mercedes classe A abbiamocostruito l’impianto e la macchina che dalla materiaprima realizza una portiera finita ogni minuto (pannel-lo interno con rivestimento di pelle o tessuto o PVC).Una volta del pannello interno di una portiera facevolo stampo. Poi cominciai a fare modello e stampo, poimodello, stampo e pressa e oggi tutto il processo com-pleto. Si parte da quadrotte di materiale riciclato, im-pregnato di polipropilene. Nel macchinario, a duecen-tosessanta gradi di temperatura e a quattrocento ton-nellate di pressione, si passa da uno spessore di ventimillimetri a uno spessore di due millimetri. Poi il pan-nello passa ad un’altra fase durante la quale viene rive-stito di pelle o tessuti senza uso di colla ma facendo rin-venire il polipropilene che c’è nel pannello sotto; il ri-vestimento viene adagiato e pressato sul pannello finoad attaccarsi senza colla. Ma si deve prestare estremaattenzione: se è schiacciato troppo il pannello diventalucido, se schiacciato poco non si incolla. Si parte dauna forma piana, ma poi prende forma complessa, conparti curvilinee. Facciamo macchine del genere per tut-ti i rivestimenti delle automobili. Mercedes e le altrecase chiedono la perfezione e costi competitivi perché lagara d’appalto avviene fra ditte concorrenti sparse sututto il globo. Aggiudicarsi una commessa così impo-stata, richiede un’organizzazione formata da personalequalificato e da complessi studi di ingegneria dei variprocessi per il funzionamento della macchina o dell’im-pianto. La specializzazione è altissima, una sfida conti-nua che a tratti sembra insostenibile. L’aspetto finan-ziario ci danneggia rispetto ai tanti nostri concorrentistranieri. I pagamenti avvengono a scadenze semprepiù dilatate. Dobbiamo considerare che il nostro con-corrente tedesco paga interessi che sono la metà dei no-stri. Inoltre i governi stranieri spesso aiutano le azien-de con incentivi perché danno lavoro. In Italia ti trovisolo, solo davanti alle banche e al sistema statale. Tisenti davvero solo, senza aiuti, senza facilitazioni, coni pagamenti che superano l’anno di attesa dalla data dicollaudo. Lavori facili non ce ne sono più perché il la-voro facile si è spostato tutto verso l’Asia. Diversi mieiamici concorrenti hanno chiuso l’attività. Oggi deviavere una forte autonomia finanziaria che ti permetta

di aspettare i pagamenti, devi essere bravo a sviluppa-re idee e progetti e non basta più essere bravo nel rea-lizzare modello e stampo. Devi sempre andare oltre”.Nel maggio 2011, la Persico ha acquistato uno stabi-limento dismesso che esiste dalla fine dell’ottocento eche ha dato lavoro a tante famiglie, la Comital diNembro, fabbrica in cui negli ultimi decenni si pro-ducevano fogli di alluminio tipo Domopak. “Anchein questo caso dobbiamo affrontare continui ostacoli,una corsa ad ostacoli per finanziamento, assicurazioni:a volte sembra di trovarsi in un labirinto. Ingessati dal-la burocrazia. Un gran problema”.Oggi la Persico dà lavoro a 500 collaboratori. “Que-st’anno abbiamo assunto 10 ingegneri. Assumiamo siaad alto livello come pure i neolaureati. Anche in ammi-nistrazione non ti basta la brava giovane ragioniera,ma devi avere l’esperta che sa gestire la complessa bu-rocrazia fiscale e doganale per le spedizioni in Cina,Messico, una dipendente fissa per organizzare i viaggidei dipendenti nel mondo. Tutti specializzati. Ecco,posso dire che rispetto a sei anni fa la corsa alla quali-tà e al basso prezzo è diventata spasmodica. Servonouomini che conoscono il mondo. Io sono andato aprendere specialisti in giro per il mondo. Abbiamo as-sunto dalla Nuova Zelanda, dalla Francia, dalla GranBretagna, dalla Germania, dalla Spagna. In repartonautica si parla inglese e spagnolo”. In questa situazione quale sarà il futuro? “O cresci dilivello e dimensioni e sei bravo a industrializzare il tuolavoro o sparisci. Dobbiamo essere in Cina, negli USA,qua ..... Se siamo capaci di crescere di livello avremo fu-turo. È un attimo essere fuori dal mercato, oggi. Non tipuoi distrarre.... Non so quando finirà questa crisi, que-sto impoverimento, questo senso di precarietà. Sarà unmondo sempre più tirato. Il fatto è che si sta riequili-brando il mondo, che il nostro eccesso di benessere fi-nirà e chi oggi mangia un piatto di riso domani mange-rà qualcosa di più. Giustamente”.Anche il rapporto con le banche è cambiato. “Dal set-tembre 2011 è cambiato il mondo, le banche ti fannola scannerizzazione dell’azienda prima di darti un affi-damento al minimo. La Persico è cresciuta bene nono-stante tutto e dobbiamo crescere di più. Dopo la diffi-coltà dei primi due anni di crisi noi siamo avanzati.L’anno scorso abbiamo fatturato il quaranta percentodi più e quindi abbiamo recuperato il precedente calodel venti percento. Il problema è che i pagamenti sono

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troppo dilatati e l’azienda deve disporre di un portafo-glio di liquidità molto ampio per poter reggere. Bastipensare che l’IVA sull’esportazione lo Stato la rimbor-sa dopo un anno... A volte penso che l’Italia sia un Pae-se destinato alla deindustrializzazione, dove il manifat-turiero non è più visto come risorsa nazionale. Eppureil mio istinto mi spinge a continuare ad affrontare sfi-de sempre più importanti, consapevole della responsa-bilità che ho verso i miei collaboratori, verso le loro ela mia famiglia, in particolare verso i miei tre figli aiquali sto consegnando una realtà importante, inseritain un mondo ricco di problematiche non facili, nel bre-ve e nel lungo termine, un mondo dove non si può vi-vere sugli allori o di rendita sui risultati del passato”.Pierino inizia come modellista, cioè costruttore dimodelli in legno usati per allestire stampi, a loro vol-ta usati per la produzione industriale di oggetti. Ognioggetto che ci circonda proviene da uno stampo, chea sua volta è preceduto da un modello. Pierino è sem-pre alla ricerca della tecnologia più avanzata. “Vede,il fatto è che non ci si può fermare. Il fatto è che se haifatto una cosa in un certo modo per anni non è che de-vi continuare a farla così all’infinito. Dopo un po’ io mistanco, mi sento, come dire, sfasato, non a posto, fuoridel tempo. Superato. Per questo ho cambiato tante vol-te nella mia vita. Ma ho sempre continuato a fare ilmodellista, in fondo. Ho cambiato senza cambiare. Al-l’inizio realizzavo modelli in legno, oggi ci pensa ilcomputer, ci pensano le macchine. È cambiato tutto,non è cambiato niente. Bisognava adeguarsi per resta-re se stessi, per non venire scavalcati dal tempo, pernon venire superati dal progresso, dalla tecnologia, daaltre persone. ... Io ho cercato di cavalcare il cambia-mento, qualche volta di anticiparlo. Non è stato sem-pre facile ... per niente. Ma per ora è andata bene così.”Vediamo di conoscere meglio l’Uomo. Pierino Persi-co è titolare della Persico S.p.A., l’azienda di Nem-bro che ha raggiunto una certa notorietà anche fuoridalla nostra provincia per avere lavorato la chigliaprima del Moro di Venezia e poi di Luna Rossa, lebarche supertecnologiche, celebri per le loro parteci-pazioni alla Coppa America. Pierino non nasce indu-striale. “Mio padre lavorava in fonderia, i miei nonnierano invece contadini, stavano nella zona Piazzo, aRochel, sopra la villa Honegger, vicino all’Albinia. ...Io ho passato là tanta parte della mia infanzia e credoproprio che la mentalità contadina mi abbia segnato.

... Nella cascina si facevano mille cose, il contadinodoveva essere un po’ muratore, un po’ meccanico, unpo’ veterinario. ed io penso che questo sia stato im-portante nella mia vita, la capacità di guardare in di-rezioni diverse, di non limitarmi a una attività sola,sempre quella, ma di concepire i tanti lavori collega-ti a una attività... ”.Dopo le elementari, Pierino frequenta l’avviamento(scuola alternativa alle medie che indirizzava al lavo-ro), nel tempo libero fa il bocia al padre per aiutarloa costruire la casa di famiglia, ma il suo sogno è di-ventare un bravo operaio. Finito l’avviamento, trovalavoro in una fonderia di Albino, la Valmet: era il1961 e inizia la sua carriera di modellista, modifican-do e riparando modelli in legno per realizzare partimeccaniche di macchine utensili. Quello che nontutti sanno, è che il lavoro del modellista è fonda-mentale nella produzione industriale. Per tutto oc-corre creare il modello: il modellista, partendo daldisegno, con fresa e tornio deve realizzare un model-lo perfetto, utilizzato per preparare lo stampo, cheserve per la produzione di serie. Lo stesso vale anco-ra oggi, solo che sempre più spesso i modelli sono dimateriale plastico e sono elaborati dal computer, chepoi guida il tornio e la fresa. Il lavoro alla Valmet ètroppo ripetitivo e Pierino desidera imparare nuovecose. Così la sera, dopo il lavoro, si reca alla model-leria Gusmini a Vertova.

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Meccanica

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Contemporaneamente si iscrive all’Esperia a un cor-so del sabato pomeriggio. Grazie al professore riescea farsi assumere alla modelleria di Alfonso Franchio-ni che, prima di mettersi in proprio, era stato model-lista alla Rumi, l’azienda che produceva motociclet-te. È un uomo severo, che mette grande soggezione.Per essere assunto deve fare il ‘capolavoro’, il model-lo da realizzare come prova. Il lavoro consiste nellosquadrare e lisciare un pezzo di legno greggio: tuttele facce devono risultare identiche, perfettamentepianeggianti, lisce e a squadra.Un lavoro del genere lo fecero fare anche a me conun cubo di ferro, nell’officina meccanica della primaEsperia: dovevo limare tutte le facce e squadrarle .Bisognava stare in silenzio e lavorare: se l’assistenteti sorprendeva a parlare, dava una martellata su unafaccia del cubo e dovevi ricominciare da capo. Allafine non avevo più un cubo ma un dado!Nel 1969 Pierino si trasferisce alla Crames di Curna-sco, dove si costruivano modelli in resina e allumi-nio: una nuova frontiera. Nel 1968 è di leva come ca-rabiniere. Nel frattempo è impegnato con le Acli econ il Movimento Politico dei Lavoratori. Le sueidee sono di sinistra e questo lo frena dal ‘mettersi inproprio’ perché non vuole essere uno sfruttatore deilavoratori. Con il passare del tempo si convince chesi può essere un buon imprenditore senza essere unosfruttatore, garantendo un salario e buone condizio-ni di lavoro. Nel 1970, alla fine del militare, va a la-vorare per la modelleria Beretta. Nel 1972 si sposa,lascia la Beretta e avvia il reparto modelli della fon-deria Faro di Albino. Nel 1976 Pierino fa il salto da operaio a imprendito-re. In realtà era dal 1972 che la sera faceva alcune co-se in proprio utilizzando la falegnameria dei fratelliAcerbis, lavorando soprattutto per le case motocicli-stiche. Aveva preso in affitto una piccola cantina, poinel 1976 affitta una falegnameria. Pierino ha 29 an-ni, è sposato con due figli. Produce modelli per Fiate Iveco, macchine da scrivere, giocattoli, televisori,quadri elettrici, telefoni. In molti casi l’architettofornisce uno schizzo che poi viene trasformato inmodello. I modelli sono pezzi unici, non c’è produ-zione. “Nel 1989 c’è l’ingresso dei computer, delCAD a due e tre dimensioni, collegati alle macchinefresatrici: è un investimento enorme per i tempi e perl’azienda. All’inizio si impiega più tempo a program-

mare la macchina che a realizzare il modello a mano,si lavora in perdita ma è la nuova frontiera. Fino aglianni settanta si lavorava manualmente: pialla, lime,sgorbia, pantografo. Poi alla fine degli anni settantafu il momento dei meccanismi oleodinamici: l’uomoguidava manualmente, ma non doveva più imprime-re la sua forza. Quindi ci fu il periodo dell’elettroni-ca: un tastatore elettronico memorizzava la superficiedel modello per poi fresare lo stampo, ma tutto avve-niva principalmente a mano. La vera rivoluzione av-viene nel 1990 con l’introduzione dei computer, che,abbinati alla fresa, riesce a garantire precisioni di cen-tesimi di millimetro. Tuttavia il mercato in Italia nonera ancora pronto, la lavorazione manuale costava dimeno ed era accettata la precisione del lavoro manua-le. Oggi, dopo pochi anni, il novanta percento delleditte lavora con il computer. Questo sposta la concor-renza più avanti: tutti possono acquistare un compu-ter ed una fresa e farci concorrenza. Non basta piùfornire solo lo scafo, bisognerà progettare i nuovi mo-delli insieme ai nostri clienti”. Constato che questo nuovo modo di lavorare valetrasversalmente per tutti i tipi di industria: per esem-pio Albini, azienda del settore tessile leader nella ca-miceria, ha perseguito la stessa strada e progetta inuovi tessuti in collaborazione con i clienti! Non èpiù possibile aspettare che i clienti chiamino oppurelimitarsi alla sola vendita: bisogna fornire servizio ela progettazione in comune è uno dei servizi più ap-prezzati, anche se sposta il costo del progetto dalcliente all’azienda. Una tecnologia fondamentale per la Persico è l’ac-quisizione della licenza per gli stampi rotazionali,necessaria per produrre corpi cavi o tondeggianti.La licenza Pierino la ottiene nel 1984 negli Stati Uni-ti: Pierino ha visto gli stampi della Kelch per i serba-toi delle moto, che ritiene migliori di quanto vieneprodotto in Europa. S’imbarca su di un aereo e, sen-za sapere una parola di inglese, sbarca a Milwaukee.Perde il bagaglio, prende un aereo, si addormenta,scende per errore nell’aeroporto sbagliato distante700 km dal luogo dell’incontro, prende una macchi-na a noleggio e, guidando tutta la notte, arriva pun-tuale all’appuntamento. Ottiene la licenza dallaKelch per produrre stampi rotazionali in alluminio.Dopo 10 anni Kelch però non è interessata a mi-gliorare la tecnologia, che sta diventando obsoleta,

Incontro con Pierino Persico

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e allora Pierino rompe il contratto ed inizia a pro-durre la tecnologia in proprio, migliorandola.Nel 1990 Pierino acquista una nuova fresa a cinqueassi, a controllo numerico, abbinata al computer:una novità assoluta che permette lavori prima im-possibili. L’investimento è molto elevato, la macchi-na non è ancora perfetta, però permette di accumu-lare esperienza importante. Questa macchina innesca il contatto con il mondodella nautica da competizione: la realizzazione delMoro di Venezia, che gareggia in Coppa America.Poi nel 2006 arriva Luna Rossa, una barca da 100milioni di Euro, costo pari a una sonda spaziale lan-ciata verso Marte. La lunghezza dello scafo è di 26metri, ma la tolleranza di errore deve rimanere infe-riore al decimo di millimetro. Si decide di realizzarelo stampo in quattro parti, in fibra di carbonio. Per rendere evidente il progresso della tecnologia sipensi che la prima gara di Coppa America si svolsenel 1851 intorno all’isola di Wight su di una lun-ghezza di 60 miglia. La goletta impiegò 10 ore e 35minuti. Dopo 150 anni , la regata rievocativa vennevinta da Luna Rossa in 5 ore precise! La fibra di car-bonio, abbinata a resine epossidiche o poliesteri, hareso possibile la costruzione di oggetti più leggeri eresistenti di qualsiasi altro materiale, acciaio com-preso. Per la sua lavorazione Pierino assunse ventiingegneri neozelandesi, perché all’epoca da noi que-sto tipo di tecnologia non era ancora affermata e nonsi trovavano esperti. Ora nel settore nautico la lingua ufficiale è l’inglesee questo mette in luce un punto debole della scuola,che non approfondisce a sufficienza lo studio di que-sta lingua.Questa è la storia di successo di Pierino Persico e del-la azienda da lui fondata. Voglio inserire ancora alcu-ni pensieri, che compaiono alla fine del libro e ci aiu-tano a capire meglio la sua personalità: “Ecco, credoche oggi la gente, quello che si chiamava popolo, abbiaalle spalle una responsabilità ancora maggiore nei con-fronti del futuro, perché disponiamo di tante possibili-tà che un tempo non c’erano. A tutti i livelli. Succede

anche per i miei figli, a livello di azienda. Io sono par-tito dal niente, non avevo niente, ero responsabile so-lo verso me stesso e la mia famiglia. Adesso ci sonoduecento famiglie a cui rendere conto. Io penso che nelfuturo dal punto di vista del lavoro sarà sempre più im-portante la partecipazione, lo sviluppo del coinvolgi-mento dei lavoratori, lo sviluppo delle capacità intellet-tuali, intuitive. Avremo sempre meno bisogno di brac-cia e sempre più di testa. L’operaio che schiaccia il bot-tone sparirà. Bisognerà essere più creativi per stare agalla perché le lavorazioni semplici andranno tutte ver-so i Paesi meno sviluppati. Vede, io penso che ciascunoperaio nel futuro dovrà essere molto motivato, digrande preparazione. Dovrà continuare ad aggiornarsi.La mentalità del cartellino timbrato alle 18.00, mo-mento in cui finisce il turno, sarà perdente. Io credomolto nella partecipazione, nel coinvolgimento ancheemotivo di ciascun lavoratore per assicurarci uno svi-luppo. Nel futuro dovremo confrontarci con tutti i Pae-si, con il mercato, nella famosa logica del mondo glo-balizzato. È la realtà! Il mercato è spietato, noi cattoli-ci non lo guardiamo di buon occhio. È vero. Però è ilmercato che ti consente di comperare il computer a sei-cento Euro e non più a duemila. Di comprare un paiodi jeans a dieci Euro, naturalmente non firmati. Peròin questa situazione bisogna avere gli occhi apertissimi,altrimenti il mercato ti travolge. Bisogna essere presen-ti in tutto il mondo, annusare con attenzione l’aria chetira, migliorare continuamente, senza pause. Altrimen-ti in due anni sei obsoleto, superato. Dalle nostre partici sono segnali positivi e negativi. Positivi perché c’èancora tanta voglia di fare e ci sono tante esperienze dasfruttare. Negativi per via delle infrastrutture debolis-sime, della formazione dei ragazzi non adatta: si famolta fatica, per esempio, a trovare periti meccanici. Sifa fatica a trovare ragazzi che credano nel lavoro. Mirendo conto che lascio ai miei figli una responsabilitànon indifferente, sebbene io provi anche un certo orgo-glio nel lasciare una Persico ben avviata, ben conside-rata. Ma non per una questione di profitti, soltanto perla crescita, per la qualità, per quello che rappresentia-mo per il territorio, per la gente”.

Via Raul Follereau, 4 - 24027 Nembro (BG)Tel. 035 453 1611 - www.persico.com

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Gewiss, il futuro dell’elettrotecnicae dell’innovazione

Da quarantacinque anni protagonista del settore elettrotecnico, GEWISS, l’azienda di Cenate Sotto fondatadal Cav. Domenico Bosatelli, guarda al futuro anticipando gli scenari e l’evoluzione dell’impiantistica, inambito residenziale, terziario ed industriale.All’inizio fu un tecnopolimero, un materiale rivoluzionario e alternativo al vetro, all’inox e ad altri metalli,un materiale utilizzato per la prima volta nell’impiantistica elettrica. Da allora (1970) è stato tutto uncrescendo inventivo nel solco di una tradizione che si è fatta storia, una storia che ha percorso strade maibanali ma sempre aperte al nuovo, si parlasse di un materiale, una soluzione mai ragionata prima, un’appli-cazione mai sperimentata. Per Gewiss capacità innovativa e attenzione alle esigenze dei diversi mercatidi riferimento coincidono. I gruppi di lavoro imparano dal campo e dallo studio continuo e puntuale delleesigenze dei clienti e degli utilizzatori.Teoria e prassi, intuizione ed ingegnerizzazione dei prodotti si fondono senza soluzione di continuità.Oggi, Gewiss è una realtà internazionale di primo piano nella produzione di sistemi e componenti per leinstallazioni elettriche di bassa tensione. Anche in ambienti industriali e siti logistici, piazzali e aree esterneanche ostili, dove energia e luce sono sinonimi di ergonomia, sicurezza, safety, protezione ambientale, crea-zione di condizioni di lavoro ottimali. Non è un caso che gli investimenti in ricerca e sviluppo siano ai piùelevati standard di settore, tradotti in studi di ingegneria, formazione del personale, potenziamento dellestrutture produttive: è questa continua tensione all’innovazione ad aver permesso a Gewiss di affermarsiquale interlocutore di riferimento nel mercato internazionale della produzione di soluzioni per la domotica,l’energia e l’illuminazione: un’offerta molto ampia che include sistemi per la home & building automation,per la distribuzione dell’energia e di protezione e sistemi per l’illuminazione urbana, residenziale, stradale,industriale e d’emergenza.

L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA IN AMBITORESIDENZIALE: LA DOMOTICAL’avvento delle nuove tecnologie digitali ha deter-minato nel corso degli ultimi vent’anni una radicaletrasformazione che ha rivoluzionato i comporta-menti individuali e sociali, modificando le abitudinie le modalità di comunicazione fra le persone. Que-sto cambiamento interviene a livello sociale e indivi-duale e ha ridefinito il modo di rappresentare e per-cepire la realtà attraverso nuovi linguaggi, nuovistrumenti e nuove infrastrutture. Questa epocale trasformazione ha avuto effettiche interessano la sfera personale dei bisogni del-l’individuo e il modo di percepire e concepire gliambienti e gli edifici in cui viviamo. Nel momentodella scelta di un prodotto tutti noi desideriamoqualcosa che comunichi, che parli di noi, che riflet-ta il nostro stile, la nostra personalità, che ci diffe-renzi e ci identifichi in modo inequivocabile. Inuna parola: cerchiamo l’unicità, qualcosa che siaperfettamente cucito sulle nostre misure, che ri-sponda ai nostri bisogni e che allo stesso tempoparli di noi, della nostra sensibilità, dei nostri valo-

ri. La customizzazione, quindi, è la nuova frontierache le aziende, come GEWISS, devono percorrereper rispondere a questa nuova sensibilità. Gli edifici in cui trascorriamo le nostre esistenze,non solo riflettono questo importante cambiamentoma lo interpretano e addirittura lo assecondano per-ché sono gli involucri in cui lavoriamo, viviamo e cirelazioniamo.L’aspetto più evidente di questo cambio paradigma-tico lo si può trovare nelle abitazioni, con l’ingressodi dispositivi elettronici quali pc, smartphone, ta-blet, infrastrutture di rete, sistemi di home-enter-tainment che hanno completamente abbattuto ilconfine fra dentro e fuori dell’edificio e l’utilizzo acui è destinato. Il benessere della persona nella suatotalità è la dimensione più profonda alla quale gliedifici devono oggi rispondere.Una dimensione che però, ha assunto un’accezionemolto più ampia rispetto al passato fino ad include-re aspetti che riguardano il comfort, la sicurezza,la dimensione estetica, il risparmio energetico, lamultimedialità. Le soluzioni che un’azienda comeGEWISS propone non solo quindi solo dei semplici

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ha

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dispositivi o prodotti ma sistemi che rispondono esat-tamente alla necessità di avere soluzioni personalizza-te e cucite sull’individuo, sulle sue necessità, i suoibisogni ma anche i suoi gusti e la sua personalità.Per questa ragione si assisterà nei prossimi anni al-l’adeguamento diffuso e alla riqualificazione capilla-re degli impianti, perché ad oggi gran parte degliedifici risulta obsoleto e risponde a criteri costrutti-vi e progettuali addirittura precedenti all’introduzio-ne delle normative di riferimento. Questo comportainnanzitutto un’inadeguatezza di utilizzo e un impie-go non efficiente dell’energia; ma soprattutto puòesporre le persone e gli edifici a problemi legati allasicurezza. ed va considerato che quello della sicurez-za negli edifici è un tema troppo spesso sottovaluta-to e che cattura l’attenzione dell’opinione pubblicasolo in occasione di eventi drammatici che periodi-camente arrivano ad occupare le prime pagine deigiornali ma che presto finisce in secondo piano conl’esaurirsi dell’emozione collettiva. Questo nono-stante il fenomeno degli incidenti domestici in Italiamostri un quadro tutt’altro che incoraggiante.In ambito residenziale, la riqualificazione può facil-mente essere effettuata anche alla luce del recenteaggiornamento della Norma CEI 64-8 che ha intro-dotto una classificazione degli impianti secondo trelivelli, per ognuno dei quali sono definite le dotazio-ni minime impiantistiche e funzionali che ne caratte-rizzano il livello di prestazione e fruibilità. Le dota-zioni vanno quindi da un livello Base, il minimo pre-visto, ad uno Standard, per unità immobiliari conuna maggiore fruibilità degli impianti, fino ad un li-vello Domotico, per le abitazioni più evolute. Lanuova norma muove quindi un importante passoverso la definizione di uno standard di qualità globa-le degli immobili, in cui tutte le componenti, dall’in-volucro all’impianto elettrico, devono soddisfare cri-teri di sicurezza, di sostenibilità ambientale, di usa-bilità e fruibilità. La sua evoluzione dovrà coprire edincludere in modo più approfondito ed articolatoanche le dotazioni minime relative alla prestazioneenergetica ed alle funzioni che possono essere di au-silio per un’utenza ampliata come anziani e diversa-mente abili.Sul fronte dell’utenza domestica, GEWISS ha quindisviluppato il sistema domotico internazionaleChorus che consente di andare incontro alle diffe-

renti esigenze di chi vive la casa: un impianto domo-tico, infatti, cambia e si adegua facilmente alle diver-se stagioni della vita. Adattare un impianto domoti-co all’arrivo di un bambino o alla presenza di anzia-ni o persone con disabilità è infatti molto semplice e,soprattutto, poco costoso. Grazie ad un modello incui ogni componente vive da solo ma dialoga e sicompleta nell’interazione con gli altri, il sistemadomotico GEWISS assicura infinite combinazioniche si ritagliano su ciascuna esigenza individuale,garantendo in qualsiasi momento l’ampliamentodel sistema e l’inserimento di nuove funzionalità. ed è in questa direzione che le abitazioni evolverannonei prossimi anni, perché questo è l’unico modo peravere edifici e abitazioni costruite attorno all’uomo.

Via Provinciale, 61 - Cenate Sopra (BG)Tel. 035 946111 - www.gewiss.com

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Gewiss,il futuro dell’elettrotecnica e dell’innovazione

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L’ILLUMINAZIONE IN AMBITO INDUSTRIALEUn altro tema sul quale si giocherà l’evoluzione im-piantistica interessa il mondo dell’illuminazioneche nel corso degli ultimi anni ha visto l’irruzioneprepotente della tecnologia LED.L’illuminazione, in particolare all’interno degli edificidestinati all’ambito industriale e terziario, gioca unruolo fondamentale sia in termini di risparmio energe-tico sia in termini di aumento della produttività. In Ita-lia l’illuminazione pesa dall’8% al 10% dei consumienergetici globali dell’industria, per un valore assolu-to di consumo annuo pari a 13.374 GWatt ora (fonteAgenzia Internazionale per l’energia). Da un’analisidel mercato Italia risulta che il 70% degli impianti diilluminazione industriale è obsoleto e di vecchia gene-razione. L’adeguamento e la riqualificazione degli im-pianti d’illuminazione ricoprirà dunque, anche inquesto caso, un’importanza strategica per l’intera eco-nomia nazionale. ed è per questo che Gewiss, in col-laborazione con i migliori centri di ricerca italiani, haprogettato un nuovo sistema a Led, Smart[4], che ga-rantisce risultati certi in termini di risparmio energe-tico e assicura rapidissimi ritorni di investimento.Con Smart[4], infatti, l’intervento di sostituzione deivecchi impianti d’illuminazione richiede solo il costodegli apparecchi. Grazie all’elevata efficienza ener-

getica ottenibile e ad una forte riduzione dei costi dimanutenzione, il payback dell’investimento è estre-mamente ridotto. L’efficientamento degli impianti diilluminazione esistenti dà diritto anche ad accedereai TEE (certificati bianchi) che migliorano ulterior-mente il payback dell’impianto. Smart[4] consente, infatti, la massima riduzione deiconsumi, dal 50% all’80%, unitamente ad un elevatocomfort visivo. Totalmente green risponde agli impe-gni assunti in tema di riduzione dei consumi e delleemissioni previsti dal pacchetto Clima Energia20/20/20, che chiamano in causa anche l’illuminazio-ne. L’obiettivo è costruire impianti d’illuminazione ot-timizzati, nei quali la luce sia prodotta con elevate effi-cienze e utilizzata con la massima efficacia. Ciò pro-muove l’impiego di sorgenti a risparmio energetico espinge la produzione e l’uso di apparecchi che utilizzi-no il flusso primario nel modo più efficace possibile.Appare quindi evidente come, ancora oggi, esattamen-te come quarantacinque anni fa, il peso dell’innovazio-ne risulti ancora fondamentale se si vuole mantenereun ruolo da protagonisti in ambito elettrotecnico.Pertanto le scelte che GEWISS porta avanti si inseri-scono nel solco di una tradizione che ha contribuito inmodo determinante allo sviluppo dell’elettrotecnicaitaliana. ed continuerà a farlo anche in futuro.

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Per il cronista che si accinge a presentare parte delGruppo Radici su di una Rivista che esce in terrabergamasca il compito si presenta alquanto arduoqualora abbia intenzione di uscire dal banale e dal ri-saputo e voglia nel contempo evitare di scrivere unarticolo di “marketing”.Per me la cosa si fa ancora più difficile perché aven-do vissuto la realtà Radici dall’interno, anche se nona full-time, ho avuto il tempo di analizzarne gliaspetti positivi, che sono molteplici, ma anche queipochi negativi che come sempre accompagnano il la-voro, le decisioni e le strategie attuate.Aggiungete a tutto questo il fatto che nell’intervistaal Presidente del Gruppo, Angelo Radici - pubblica-ta di seguito - molto è già stato detto relativamentealla situazione economica attuale, alle strategie dellaRadici, passate e future, necessarie per riuscire amantenersi salda nel corso della lunga crisi economi-ca che sta attanagliando la nostra tartassata Italia. Aquesto punto considerate anche che su internet tuttipossono leggere di tutto e di più sul Gruppo, sul

fondatore Pietro, sul figlio Gianni e sui nipoti che at-tualmente portano avanti con successo l’eredità cheè stata loro consegnata e vi rendete conto come ilmio compito di cronista sia decisamente improbo!Per evitare un impasse percorrerò il cammino par-tendo da fatti storici e indiscutibili che hanno accom-pagnato il Gruppo Radici dagli albori ad oggi e inparticolare la sezione tessile che è stata quella origi-nale e che, nonostante tutto, ancor oggi resta un ful-cro delle attività del Gruppo: potrebbe sembrare unmodo un po’ vigliacco di evitare di compromettersima cercherò di dimostrarvi che non è proprio così.

Un po’ di storiaLe prime attività si debbono al nonno degli attualiRadici, quel Pietro che girovagava per la valle primae poi per la provincia e la regione, commerciando iprodotti tessili di allora, tutti derivati da prodotti na-turali perché l’era dei polimeri sintetici era ancoraagli albori e più che di lana, cotone, seta e poco altronon si poteva disporre.

L’autore dell’articolo, può redigerlo con sicura competenza avendo avuto un rapporto diretto, possiamo direventennale, con il Gruppo Radici in quanto loro consulente nel settore della polimerizzazione delle poliammidi.Il lavoro da consulente in questo campo, a cui si aggiunge quello sui polimeri per conceria, lo svolge da liberoprofessionista da trentatré anni per diverse ditte italiane e straniere. I gruppi per i quali ha lavorato per piùlungo tempo sono oltre alla Radici (vent’anni), la Mazzaferro, società brasiliana fondata da imprenditori italiani,con la quale collabora dal 1984.Per il Gruppo Radici ha messo a disposizione le proprie competenze per i settori fibre e tecnopolimeri poliam-midici, nonché per la società di ingegneria del gruppo che ha montato diversi impianti di polimerizzazione inCina. Il rapporto con la Cina c’è stato anche a livello universitario essendo stato nominato, per una decinadi anni, tutor presso l’Università Tessile di Shanghai (8000 studenti e 500 insegnanti) seguendo i dottorandiin ingegneria chimica e progettando i loro lavori di ricerca nel settore poliammidi al fine del conseguimentodel loro Phd.Per il settore conciario ci sono da citare i quasi trent’anni di consulenza con una società bergamasca acquistatapoi dal Gruppo Lamberti, uno dei maggiori gruppi italiani nel campo degli ausiliari chimici, nonché unadecina di anni per una ditta cinese nella provincia di Shanghai - Hong Lin Hwa Co. - dove ha contribuito allamessa a punto del laboratorio di ricerca, del programma di ricerca e ha progettato impianti produttivi perdispersioni acriliche e poliuretaniche per il settore del finishing del cuoio.Attualmente è consulente oltre che della ditta brasiliana, anche di una grossa ditta statunitense, che lavora nelsettore delle moquettes. È membro del CD della nostra Associazione e insegna chimica macromolecolare neicorsi della Fondazione ITS dell’Istituto Giulio Natta di Bergamo.

RadiciFil e RadiciYarn.La storia e la continuità della Radici Fibredi Roberto Filippini FantoniConsulente nel settore della polimerizzazione - Ex-Allievo Esperia

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RadiciFil e RadiciYarn.La storia e la continuità della Radici Fibre

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Le classiche coperte di lana erano i prodotti per ilquale Pietro Radici era più conosciuto.Si dice che il sig. Pietro, girasse con un calesse pienodi merce lungo i vari paesi della valle e poiché que-sta è un’immagine d’antan cara a molti di noi e checi ricorda il vecchio zio Paperone di Disneiana me-moria e il suo primo centesimo conservato gelosa-mente nella teca, si tende a mantenere vivo questo“incipit” anche più del tempo in cui realmente le co-se andarono così.Sia come sia, il calesse di nonno Pietro divenne poiqualcosa di diverso e gli affari fiorirono assai nel pe-riodo anteguerra, tant’è che proprio all’inizio delleoperazioni belliche di una guerra che in quei mo-menti si credeva esaurirsi rapidamente, iniziò l’atti-vità delle Tessiture Pietro Radici nelle quali si produ-cevano coperte di lana. Dal commercio all’industria:un salto difficile, davvero epocale se si considerano idifficilissimi tempi in cui ci si trovava!Verso l’inizio degli anni ‘50, quando l’Italia stavaportando avanti con fatica la propria ricostruzionepost-bellica aiutata anche dai proventi in arrivo gra-zie al piano Marshall, Gianni Radici prese in mano leredini dell’azienda e con l’oculatezza che poi dovevacontraddistinguere tutta la sua attività manageriale,allargò gli orizzonti e cominciò un processo di diver-sificazione che negli oltre sessant’anni successivi nonavrebbe mai avuto sosta.

Nascita della RadiciFil e della RadiciYarnEntro d’ora in poi ingioco come storicoche segue passo apasso il camminodell’impresa e rac-conta i fatti comefossero un presenteconvissuto.Il primo cambia-mento di strategia ri-guarda una diversifi-cazione orizzontale,iniziando dalla pro-duzione di tappeti e

moquettes e entrando anche nel settore del macchi-nario tessile.Nel 1964 nasce la RadiciFil di Casnigo e verso la me-tà negli anni ‘60 la trafila si allarga a monte, in parti-colare per le fibre di nylon 6: dalla filatura alla poli-merizzazione il passo non è così semplice come sipossa credere in quanto si tratta di tecnologie com-pletamente differenti. La filatura ha filosofie tecno-logiche che prendono spunto dalla vecchia storiatessile, ormai patrimonio acquisito; la polimerizza-zione fa parte del mondo della chimica e richiede co-noscenze e tecnologie totalmente differenti.Ma Gianni Radici è uno che guarda avanti: sceglietecnici competenti, collaboratori pieni di entusiasmoe con voglia di crescere e di impegnarsi.Si parte da impianti discontinui relativamente sem-plici per passare successivamente ad impianti conti-nui tecnologicamente più complessi e che garanti-scono produzioni decisamente maggiori in terminidi quantità e migliori in termine di qualità. Non so-no investimenti da poco ma ricordiamo che in que-gli anni a cavallo tra il ‘60 e il ‘70 l’Italia, passata lafase ricostruttiva post-bellica, si trovava lanciata ver-so un boom economico forse inaspettato.Siamo arrivati nella prima metà degli anni’70 e a Vil-la d’Ogna si sta costruendo rapidamente un altrostabilimento apparentemente simile a quello di Ca-snigo ma con tecnologie tessili e di polimerizzazionedecisamente più avanzate. Nel 1974 inizia la produ-zione la Textile Produkte, un nome tedesco che di-mostrava quanto il Gruppo volesse essere pronto aun’espansione europea ed internazionale ancor piùmarcata. Infatti le migliori engineering di filatura epolimerizzazione di quei tempi si trovavano soprat-tutto in Germania e quel nome sembrava volesse di-re una cosa sola al mondo: ci siamo anche noi! Annidopo, quando il marchio tedesco non avrà più sensola ditta cambierà nome e passerà da Radicifil Villad’Ogna fino all’attuale RadiYarn.Proprio in questo periodo, alla fine degli anni ‘70,entra in gioco, assieme ai fratelli Paolo, Angelo eMaurizio anche Fausto che, appesi al chiodo gli scida competizione, entra in un’altra competizione al-trettanto stimolante e diventa responsabile della

Il cav. Gianni Radici

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Textile Produkte. Per un po’ di tempo il Gruppo pa-re quiescente a livello di diversificazioni eclatanti,ma in realtà non lo è perché molte sono le impreseche in quel periodo sorgono o entrano nel Gruppo,che all’inizio del 1980 può contarne, tra grandi e pic-cole, una cinquantina.

Le diversificazioni epocaliMa è una quiescenza momentanea perché gli anni‘80 suonano la carica e arrivano diversificazioni dav-vero eclatanti e impensabili. Fausto Radici, fresco dimanagement - siamo nel 1980 - si pone subito unadomanda: “Che fine fanno gli scarti - i cascami - dinylon tessile?”. La risposta è semplice: “Li vendiamoa ditte che li macinano, li trafilano, li additivano e nefanno granuli di nylon cosiddetto di seconda scelta eli rimettono sul mercato dei tecnopolimeri a prezzipiù bassi ma ancora allettanti”. Perché i prezzi sonoallettanti? Perché gli scarti vengono acquisiti a prez-zi stracciatissimi. Fausto e fratelli fanno rapidamen-te due conti e capiscono che se quegli scarti fosserostati trasformati in casa il valore aggiunto che ne sa-rebbe derivato sarebbe stato veramente interessante:nasce così la Radici Novacips, antesignana della Ra-dici Plastics, diventata oggi una potenza con impian-ti in Italia, Cina e Brasile. Sembra un’idea tanto logi-ca da apparire banale ma ci vuole intuizione, forzaeconomica e tanto coraggio per un cambio tanto re-pentino e per l’ingresso in un mercato a quel temposconosciuto per il Gruppo Radici.A questo punto mi permetto una brevissima divaga-zione autobiografica.Anch’io entro in gioco e proprio due anni dopo lanascita della Radici Novacips: dieci anni di ricercasulle poliammidi (nylon per i profani) presso il Cen-tro di Ricerca della SNIA Viscosa mi avevano con-sentito un background notevole, ma il viaggio traBergamo e Cesano Maderno prima e Ceriano dopo,era diventato ogni giorno più duro. Così entro incontatto con Fausto Radici e mi offro come consu-lente, avendo garantita un’altra importante consu-lenza nel settore dei polimeri per il settore conciario.Come esperto di polimerizzazione di nylon, soprat-tutto per tecnopolimeri, penso di poter dare un

buon contributo in termini di formulazioni, additi-vazioni e cultura polimerica in generale. L’accordo èfacile e rapido!

Il Gruppo intanto sta andando a gonfie vele e inquegli anni in cui la Cina si era aperta al mondo, sipensa di vendere tecnologia tessile e di polimerizza-zione, vista l’esperienza che il Gruppo aveva acqui-sito nei trent’anni precedenti. Nasce così la NoyEn-gineering che per oltre vent’anni venderà impianti difilatura e di polimerizzazione chiavi in mano, soprat-tutto in Cina. Durerà fino ai primi anni del 2000; poiil mercato cinese diventerà un po’ più saturo e laconcorrenza spietata. La Noy finirà per essere ven-duta e, dopo due cambi di proprietario, sarà cedutaalla fine a una grossa engineering italiana.Con quest’ultima diversificazione, decisamente fuo-ri dall’originaria via maestra tessile, sembrava di po-ter stare per un po’ tranquilli: ma non si teneva con-to della caparbietà del sig. Gianni e della voglia di fa-re dei suoi figli. In quel tempo qualcuno all’internodel Gruppo mi accenna alle trattative in corso con laMontedison per valutare la possibilità di acquistodel grande stabilimento di Novara della Montedipein cui si produceva ammoniaca, acido nitrico, acidoadipico ed esametilendiammina: il polo era stato fer-mato definitivamente un paio d’anni prima e si eraalla ricerca di qualcuno interessato a rilevarlo. Il sig.Gianni che da sempre aveva voluto integrarsi ancorpiù a monte della polimerizzazione e non era mairiuscito a farlo con il caprolattame - materia primadel nylon 6 - vede questa opportunità in duplice

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RadiciFil e RadiciYarn.La storia e la continuità della Radici Fibre

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chiave e cioè come la possibilità di produrre poliam-mide 6.6 gestendo anche la produzione delle sue ma-terie prime. Portarsi a casa un “barcone” semi-de-cotto e chiuso da un po’, con produzioni chimichepesanti e obsolete come quelle di ammoniaca e aci-do nitrico, pareva una scommessa troppo grossa an-che per i Radici, nonostante circolasse da anni la leg-genda metropolitana che dove arrivava Radici si tra-sformavano industrie decotte in fabbriche di soldi;che poi tanto leggenda non era perché molti eranogli esempi del passato di queste benefiche trasforma-zioni. Ma qui si andava sul pesante.Ero scettico e ora so quanto mi sbagliavo.Infatti un polo chimico di notevole spessore ormaichiuso e in vendita non ha un grosso valore di mer-cato e il rilevarlo non costa un granché: non possodire regalato ma sicuramente l’esborso chiesto è mi-nimo, forse di poco superiore al prezzo del terrenosu cui era stato costruito.Ci vuole qualche anno per ristrutturare l’esistente,implementare la capacità produttiva e installare lanuova polimerizzazione del nylon 66, continua e di-scontinua. Il tutto fa mettere sul piatto una quantitàdi denaro più di dieci volte maggiore del valore d’ac-quisto. Ma non è solo la parte economica a giocareun ruolo fondamentale bensì l’oculatezza nella scel-ta del personale da richiamare in fabbrica che dà lapossibilità di selezionare elementi validi, toglierescorie che potevano abbassare il rendimento così daeliminare al massimo i conflitti sindacali.

Qualche tempo dopo la fine della prima ristruttura-zione mi trovo a parlare con un vecchio dipendenteil quale si lamenta del fatto che il passaggio di pro-prietà era costato diverse teste. Gli faccio notare co-me la produzione era quasi raddoppiata sia pur conpersonale praticamente dimezzato, sottolineando ilfatto con queste parole: “ti sei reso conto, adesso cheproducete il doppio con manodopera quasi dimez-zata, perché la Montedipe era stata costretta a chiu-dere l’attività?”. A questa osservazione non gli restache abbassare il capo e assentire.Dopo queste epocali diversificazioni ci sarebbe daparlare di molte altre attività iniziate, di quelle inizia-te o rilevate all’estero (Germania, Romania, Brasile,Cina, India, Stati Uniti) della diversificazione deiprodotti (filati acrilici, spun-bonding, elastane, po-liammidi a maggiore contenuto tecnologico come inylon 6.10 e 6.12 e copoliammidi semi-aromatichecome il 6.6/6.T).Ma se volessimo entrare nel dettaglio tutte le paginedel nostro Magazine non sarebbero sufficienti.Vediamo invece di focalizzarci sulle attività di Radi-ciYarn e RadiciFil e delle consociate.

RadiciYarn e RadiciFil:il tessile sempre più performanteIn momenti critici come questi ultimi e con la con-correnza sempre più aggressiva il Gruppo Radici hadovuto giocare diverse carte per potersi mantenere agalla e in certi casi anche aumentare la produzione.Le carte da giocare erano la razionalizzazione dei si-ti produttivi e qui la RadiciYarn ha giocato un ruolodeterminante: sacrificando Pistoia, che producevafilati a base di nylon 6.6, e trasferendo le sue produ-zioni a Villa d’Ogna si sono potuti ridurre i costiproduttivi a un livello tale da garantire la tenuta delmercato, tenuta garantita anche dal fatto di essereproduttori della materia prima.Poi c’è stata la scelta qualitativa di flessibilizzare almeglio la produzione incrementando la versatilitàdegli impianti in modo da renderli capaci di effet-tuare cambi produttivi facili e veloci, in modo da sta-re al passo con le richieste di un mercato sempre piùesigente e mutevole.

Vista panoramica dello Stabilimento RadiYarn di Villa d’Ogna

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La RadiciYarn è leader europeo nella produzionedi fili e fiocco di nylon sia per il settore abbiglia-mento come per quello tecnico-industriale e dà la-voro a 388 persone: il suo fatturato è di circa 200milioni di Euro.Con i marchi Radilon® dei fili di nylon 6 e 6.6 e Ra-dilon® Staple Fiber e Dorix® per il fiocco a base ny-lon 6 si coprono diversi settori: calzetteria, maglieria,tessitura, bende, nastri, tessuti agugliati.Oltre alla sede di Villa d’Ogna - la RadiciYarn ap-punto - c’è la S.C. Yarnea S.R.L. a Savinesti in Ro-mania che produce fili tessili di nylon 6 e 6.6 e cheimpiega 390 addetti e infine la Radici ChemiefaserGmbh (42 addetti) in Germania.Dobbiamo citare anche la Radici Fibras di São Josedos Campos nello stato di São Paulo in Brasile, unagrossa realtà produttiva creata negli anni ‘90 cheproduce filo tessile in nylon 6.Poi ci sono fili e fiocco cosiddetti eco-sostenibili inquanto prodotti con nylon 6.10, ottenuto per il 63%da prodotti dell’agricoltura e quindi rinnovabili.Passando ora alla “casa madre” del Gruppo nel set-tore della filatura e della polimerizzazione, come lastoria precedentemente raccontata ricorda, voluta

da un “giovane” Gianni Radici agli albori del-l’espansione delle attività del Gruppo, possiamo di-re che con un organico di 288 persone e un fattura-to di poco superiore ai 150 milioni di Euro produce,tramite impianti di polimerizzazione continua e di-scontinua, una vasta gamma di polimeri, prevalente-mente per il settore dei tappeti e delle moquettes.Ma produce anche nylon 6 a diversa viscosità non-ché diversi tipi di copolimeri a base di nylon 6: il piùnoto tra questi copolimeri e prodotto in maggiorequantità è il copolimero tra nylon 6 e nylon 6.6 (PA6/6.6 - 80/20) che è utilizzato soprattutto nel settoredei fili da pesca e per film per imballaggio alimenta-re. Questi prodotti escono dalla fabbrica con il mar-chio Radipol®.Poi c’è il settore originale di filatura che produceBCF, con il marchio Radifloor® per moquettes e tap-petini per pavimentazione e ricopertura di case, uf-fici, alberghi, navi e infine - mercato assolutamentedi grande impatto - per l’automobile.Con il marchio Raditeck® si producono fili tecnolo-gici che coprono molti settori: dagli airbags al rinfor-zo pneumatici, dalle cinghie di trasmissione al rin-forzo tubi idraulici.

I tre fratelli Radici : da sinistra Maurizio, Angelo e Paolo

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INTERVISTA AD ANGELO RADICI

Presidente del Gruppo Radici

RadiciFil e RadiciYarn sono le colonne portanti dell’attività tessile del Gruppo Radici. Alla loro nascitaeravamo nel periodo boom dell’economia italiana, per cui era abbastanza facile prevedere il successo;la crisi del 2008 e quella attuale hanno messo in grande difficoltà la nostra industria in generale e quellatessile, in particolare nelle nostre valli. Può spiegarci, se non le strategie, i punti di forza che hannoconsentito alla Radici Fibre di essere ancora competitiva ed avere a tutt’oggi gli impianti funzionantia pieno regime?“Effettivamente nel 2008 c’è stata questa crisi che ci ha preso tutti alla sprovvista e anche noi abbiamo avutoun 2008 e anche un 2009, sia nelle fibre che parzialmente nella chimica - la plastica è forse quella che ne harisentito meno - con qualche problema da risolvere ed eravamo certamente impreparati; abbiamo reagito conuna certa velocità e abbiamo dovuto contenere un poco i costi, cercando comunque di non perdere né quote dimercato né volumi; quindi abbiamo razionalizzato le aziende, diminuendone il numero e concentrando le pro-duzioni su un minor numero di siti produttivi, quindi diminuendo i costi indiretti. Non è stato facile poichéabbiamo dovuto chiudere il sito di Pistoia ma nello stesso tempo abbiamo recuperato persone in altri siti.

RadiciFil e RadiciYarn.La storia e la continuità della Radici Fibre

Radicifil ha un supporto in repubblica Ceca - laLogit Sro - che con un organico di 150 personemette in campo innovative tecnologie di trasfor-mazione e lavorazione.

ConclusioniCome si evince da quanto ho detto finora, il Grup-po Radici è una potenza economica notevole. Lasua versatilità, la decisionalità imprenditoriale cheha consentito diversificazioni inimmaginabili, lacapacità con la quale sono stati in grado di adattar-si alle mutevoli situazioni di mercato hanno fatto sìche, nonostante le crisi economiche galoppanti chehanno reso asfittico il mercato italiano ed europeo,il Gruppo riuscisse a tenere e in certi casi anche acrescere ulteriormente.Per noi bergamaschi, il Gruppo Radici è semprestato un faro dell’economia della valle, ma oggipossiamo dire che la sua luce si proietta su ben al-tri orizzonti, che vanno dalla nostra penisola al-l’Europa per terminare con l’illuminare da un latopersino le remote lande del Far East e dall’altrotutte e due le Americhe.Se il tessile non ha sofferto più di tanto durante la

crisi economica passata e quella ancora in corso losi deve alle menti aperte di papà Gianni e dei figliche hanno saputo guardare oltre i margini origina-li e con molto coraggio hanno intrapreso avventu-re in mondi che non appartenevano loro ma che al-la fine si sono rivelati di grande sostegno economi-co nei momenti più difficili.In un recente libro dal titolo “cosa vuol dire ny-lon”, dove si narra un po’ di storia e si racconta co-sa si produce con questo materiale, ci sono moltis-sime fotografie di impianti, produzioni e laborato-ri. Queste fotografie paiono tutte sfuocate e a pri-ma vista sembra che ti abbiano dato un volume diun’edizione non riuscita: poi ti spiegano il perchédi quella sfocatura. Sta ad indicare una foto fatta aqualcosa che è in perenne movimento, come unafoto ad un’auto in corsa presa con tempi di esposi-zione non compatibili con la velocità del soggettofotografato. Sinonimo questo di un Gruppo Radi-ci in continua trasformazione e con rapidità ecce-zionali.Tutti si augurano che questa ottimistica visionedelle cose continui sempre ad essere rispettata dal-la realtà del futuro che ci aspetta.

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Come esempio principe parlerei del sito di Villa d’Ogna sul quale ab-

biamo puntato parecchio in quanto lo ritenevamo più competitivo:

una scelta dimostratasi vincente se, nonostante la crisi galoppante, le

fibre ci hanno dato inaspettate soddisfazioni. La scelta di diversifica-

re molto, cercando comunque di mantenere i volumi poiché in que-

sto settore i margini sono veramente ridotti, è risultata decisiva: c’è

voluto un po’ di tempo a capire che sarebbe stato necessario passare

da tanti volumi su pochi prodotti a minori volumi su più prodotti e

a trovare il modo di mettere in pratica tale strategia; alla fine ce l’ab-

biamo fatta! È stato necessario cambiare mentalità, organizzazione e

impostazione delle macchine per creare la necessaria flessibilità che i

maggiori cambi produttivi rendevano necessaria. Questo cambiamento è tuttora in corso e sono stati e

saranno necessari investimenti sui macchinari sia per flessibilizzarli come per renderli idonei a creare

prodotti con maggiore valore aggiunto. Una delle sfide più interessanti è stata quella del nylon 6.10,

polimero che per il 60% proviene da sostanze rinnovabili provenienti dall’agricoltura: ci vorrà ancora un

po’ di tempo perché possa penetrare nel mercato e incontrare maggiori applicazioni, ma comunque è

stata una buona scelta e per il nostro Gruppo direi abbastanza innovativa”.

Negli anni ottanta, sulla spinta di suo fratello Fausto, il Gruppo Radici è uscito dal bozzolo tessile pertentare di ampliare la propria attività. La Radici Plastics, idea di Fausto, e la Radici Chimica, sottola spinta e la guida di papà Gianni, sono state due delle iniziative più audaci e rischiose, che non tut-ti forse condividevano, ma alla fine si sono dimostrate vincenti e si sono via via allargate con produzio-ni in Germania, Brasile e Cina. Quanto questa ardita scelta ha potuto tamponare e bilanciare gli incertiandamenti del mercato tessile di quegli anni, attaccato pesantemente dalla globale espansione cinese?“Per quanto riguarda la plastica possiamo dire che si è trattato di un’intuizione geniale di mio fratello

Fausto, perché nel contesto del nostro Gruppo la Radici Plastics sta veramente andando molto bene ed è quella

che sembra avere più prospettive anche nel prossimo futuro in quanto si tratta di un’attività di più facile

globalizzazione poiché, confrontandola con il tessile, richiede investimenti decisamente inferiori: ha avuto

veramente uno sviluppo enorme e globale e possiamo dire di essere presenti in tutti i continenti.

Inoltre ci permette di utilizzare non solo i cascami creati dal tessile ma anche i prodotti chimici di scarto che

si generano nelle polimerizzazioni, prima su tutti l’enorme quantità di caprolattame che si recupera per estra-

zione dalla poliammide 6. Quindi si è trattato di un’attività che ha dato valore aggiunto al gruppo in quanto

ha permesso di ottimizzare tutto il ciclo produttivo del gruppo e possiamo dire che all’interno del nostro

Gruppo non buttiamo via nemmeno uno spillo, nel senso che tutto viene recuperato al nostro interno.

Quando, dopo la metà degli anni ‘80, ci è stata offerta l’opportunità di acquisire la Montedipe di Novara

- conosco bene tutta la storia in quanto ho seguito personalmente tutte le trattative - opportunità che non ci

siamo lasciati scappare visto che ci forniva le materie prime per produrre il nylon 6.6; infatti in quel momen-

to avevamo il terrore di rimanere senza caprolattame per il nylon 6: i fornitori ci stavamo mettendo alle stret-

te in quanto la domanda superava l’offerta. Questa acquisizione, oltre a metterci un poco più tranquilli rela-

tivamente al problema della carenza di caprolattame, ci ha dato l’opportunità di crescere sul nylon 6.6 -

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settore per il quale abbiamo fatto grossissimi investimenti - e anche quella di entrare nel mercato della chi-

mica che ci sta dando abbastanza soddisfazione, nonostante in questo momento l’acido adipico qualche pro-

blema sembra averlo. Se il consumo interno di tale acido per la produzione di nylon 6.6 rimane a buoni li-

velli, la fetta che copre la produzione dei poliuretani ha una marginalità ridottissima e quindi si viaggia un

po’ sul filo del rasoio. Noi vorremmo continuare a crescere sul nylon 6.6 e dato che per la maggior parte lo

consumiamo internamente vorremmo aumentare tale consumo spingendo ancor più a valle sulle nostre fila-

tura così come introdurci ancor più profondamente nel settore dei tecnopolimeri”.

Dal nonno Pietro, con la carretta e le coperte, alle prime tessiture, dal papà Gianni che è l’artefice diuna svolta industriale epocale infine a voi quattro figli - Paolo, Angelo, Fausto e Maurizio - che si so-no aperti a diverse attività imprenditoriali e si sono espansi globalmente, di passi ne sono stati fattiparecchi. Nuove sfide si riserva il Gruppo Radici per il futuro, oppure tenterà solo di consolidarsi an-cor meglio sulle attività attuali e che hanno dato grandi soddisfazioni?“Come tutti gli imprenditori anche noi sogniamo sempre di poter crescere anche se dal 2008 il mondo ma-nifatturiero è un po’ cambiato e non è così facile agire come prima. Dove c’è l’opportunità di crescere noivorremmo fare investimenti, soprattutto più a valle; abbiamo capito che per noi è più facile andare più di-rettamente verso il mercato che non nella chimica dove occorrono ingenti investimenti e non è facile fareconcorrenza alle grandi multinazionali. Quindi investimenti su fibre e plastici e per questi ultimi vorrem-mo crescere anche più a valle qualora ce ne fosse l’opportunità, specialmente in Asia, dove abbiamo già co-minciato a muoverci in tal senso, ma anche in altri continenti perché pensiamo di pesare abbastanza nelsettore dei tecnopolimeri. Anche per le fibre, come dicevo precedentemente, vorremmo continuare ad in-vestire per migliorare la flessibilità dei nostri impianti e poterci indirizzare sempre più su prodotti a mag-gior valore aggiunto per far fronte alla concorrenza di prodotti che vengono dall’estero ma che sono menoqualificati. Sono abbastanza fiducioso perché sto vedendo che c’è una controtendenza del sistema tentan-do di riportare in Italia tutta la filiera; non so se siamo ormai fuori tempo massimo perché i “pezzi” che ab-biamo perso sono parecchi, ma sono fiducioso in quanto penso che un pezzo di pregio piuttosto che pren-derlo da fuori, possa essere prodotto da noi in maniera anche più qualificata e con maggiori garanzie diqualità. La moda muta i capi quasi ogni sei mesi e quindi la produzione dovrà essere sempre più vicina almercato e rispondere in tempo reale”.

Sappiamo che ultimamente avete rafforzato parecchio il rapporto con le Scuole Tecniche della berga-masca - Esperia per il tessile e Natta per la chimica - consentendo ai giovani di effettuare stages pres-so le vostre fabbriche e dando molte opportunità di lavoro. Pensate che questa apertura possa darefrutti nell’immediato futuro e possa garantire la formazione di figure tecniche più preparate e consa-pevoli del lavoro che li aspetterà domani?“Questo è un argomento sicuramente interessante e importante. Premetto che a scuola io personalmentenon sono stato all’altezza della aspettative ma capisco l’importanza della scuola e capisco anche che in Ita-lia la scuola fa troppa teoria e poca pratica e quindi il fatto di riuscire a fare un collegamento tra scuole tec-niche e industria per poter far seguire agli studenti stages e far loro toccare la realtà che andranno ad af-frontare nel loro domani sia qualcosa di decisamente importante per completare la loro formazione; ma èmolto importante anche per le imprese che svolgono questa attività perché avrebbero a disposizione mate-riale umano più preparato e soprattutto più consapevole di quello che si possono aspettare. Ho chiesto alnuovo responsabile RH di tenere in grande considerazione questo aspetto e sono certo che sia in grado difarlo con serietà e competenza”.

Via Foscolo, 152 - Gandino (BG)Tel. 035 715411 - www.radicigroup.com

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Incontro con Gianangelo Cattaneo,Presidente della Plastik

Gianangelo è il Presidente della ditta Plastik di Albano Sant’Alessandro, una ditta che produce filmlaminati di polietilene per i settori imballaggio, igienico, medicale, edile, automotive, agricoltura.Gianangelo è un “Esperino DOC” diplomato nel 1968 presso l’ITIS di Treviglio - allora una sezionestaccata dell’Esperia - e subito gettato nella mischia e posto alla guida dell’azienda paterna.

Ma vediamo un po’ di storia di questa dittaL’avventura imprenditoriale della famiglia iniziò ne-gli anni trenta con una fabbrica di bottoni, prodottidal dum e dal corozo, l’avorio vegetale ricavato daisemi di una palma tropicale. Nell’immediato dopo-guerra l’azienda iniziò a produrre i primi bottoni diplastica, seguiti da altri oggetti stampati a iniezionetipo pettini, bicchieri e giocattoli.In breve i bottoni esaurirono la loro importanza e fu-rono sostituiti da altri oggetti, richiesti in quantitàcrescenti. La produzione di oggetti di plastica fu so-stenuta dalla allora neonata “grande distribuzione”,che portò una vera rivoluzione nel commercio e pre-tese che i singoli prodotti fossero confezionati in bu-ste di plastica per essere esposti sui banchi di vendi-ta. Prima di allora i prodotti erano imballati in sca-tole e si compravano “sfusi”, incartati in un pezzo dicarta, per lo più di giornale; lo zucchero aveva inve-ce una carta particolare di colore blu. La carta poiveniva riciclata, riutilizzata e alla fine serviva per ac-cendere il fuoco o per i servizi igienici: non esistevala carta igienica e non si buttava via nulla.Non era facile reperire buste di plastica, ancora piùdifficile era trovarle di appropriata dimensione: per-tanto la signora Maria, madre di Gianangelo e im-prenditrice dal grande fiuto, ebbe l’intuizione di ac-quistare una macchina per la produzione di film pla-

stici adatti alla confezione dei sacchetti: nel 1961questa attività portò alla fondazione della Plastik,che si specializzò nel settore dell’imballaggio indu-striale. Nel 1970, dopo il servizio militare, Gianan-gelo entrò in azienda in aiuto al padre - che avevaproblemi di salute - iniziando con modestia ad impa-rare il “mestiere di industriale”, aiutato dalla madree dal suocero. Diventare responsabile di un’aziendanon è facile, ci si deve confrontare tutti i giorni conpersone diverse, anche con gli operai, che ne sannopiù di te: però le decisioni spettano a te e non puoisbagliare se vuoi mantenere il rispetto dei collabora-tori. Questo significa che è necessario imparare tut-to con grande umiltà e fin nei minimi dettagli.Il 1974, anno della prima crisi petrolifera, fu un an-no critico per l’industria della plastica. Le materieprime, tutte ricavate dal petrolio, lievitavano di prez-zo ad ogni successivo ordine e diventavano di diffi-cile approvvigionamento. Senza avere la sicurezzadel prezzo stabile delle materie prime, concluderecontratti a lungo termine era un rischio difficilmen-te sostenibile: ma gli ordini non mancavano e i clien-ti premevano per le consegne.Plastik iniziò allora a diversificare, investendo nellagrafica con l’acquisto di una macchina da stampa,per produrre sacchetti promozionali personalizzatiper aziende come UPIM e Rinascente. Iniziaronocosì per la “piccola” Plastik contatti con aziendemultinazionali di grandi dimensioni, che ricercavanoprodotti di qualità aventi un’ottima realizzazionegrafica. Il rapporto con il mondo del commercio eralegato a prezzi sempre meno attrattivi e si cercavanoperciò clienti industriali diretti. Iniziò la produzionedi imballi, non più semplici sacchetti, per confezio-nare pasta, riso e altri alimenti. Era necessario af-frontare nuove sfide tecnologiche: Plastik investì innuovi impianti di estrusione multi-layers (coestrusio-ne) utilizzando anche altri polimeri oltre al classicopolietilene, per ottenere effetti barriera sempre piùperformanti.

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Incontro con Gianangelo Cattaneo,Presidente della Plastik

Occorreva entrare in nuovi mercati, ognuno conspecifiche diverse, quali quello alimentare e igieni-co sanitario. Furono esperienze fondamentali cheaccompagnarono la crescita della Plastik e che era-no legate all’attenzione, alla qualità, all’innovazionee alla soddisfazione del cliente. Le coestrusioni di-ventarono la regola per produrre materiali a piùstrati sinergici fra loro.Il rapporto con i clienti si intensificò fino ad arrivarealla produzione personalizzata per risolvere proble-matiche particolari. La velocità di decisione, la solu-zione dei problemi e la capacità di investimento per-misero all’azienda, relativamente piccola, di mante-nere il rapporto con le grandi multinazionali. Laproduzione aumentò e lo spazio a disposizione si ri-velò insufficiente. Nel 1994 Gianangelo decise di co-struire una nuova fabbrica, che disegnò personal-mente tenendo conto di tutte le esperienze accumu-late. In effetti la nuova fabbrica risulta ancora oggimolto funzionale, con i corpi fabbrica che si succe-dono progressivamente in base al layout di avanza-mento della produzione ed ogni lavorazione ha uncapannone dedicato.

Ma veniamo ad oggiNella visita allo stabilimento incontriamo per primoil reparto di estrusione a testa piana e a bolla, poi ilmagazzino automatico del materiale semilavorato;segue il reparto stampa e infine il reparto di confe-zionamento. La produzione è controllata al 100%da sistemi ottici che rilevano tutti i difetti: i difettiche provocherebbero il declassamento della produ-zione vengono ricercati automaticamente da teleca-mere ed eliminati prima della confezione. Tutte leutilities - acqua, energia elettrica, pompe del vuoto,aria compressa, ecc. - sono poste in seminterrati che,attraverso cunicoli, arrivano a servire direttamente leutenze in modo da non intralciare la produzione edessere facilmente accessibili per la manutenzione.La fabbrica è un vero gioiello di razionalità! La ricer-ca e lo sviluppo rappresentano il cuore dell’azienda econsentono di guadagnare nuovi spazi di mercato.

Ancora un salto nel passatoNegli anni ottanta nacque la divisione agricoltura consede a Modugno. A tutti noi capita di vedere campiprotetti da teli di plastica, utilizzati per proteggere il

raccolto o per coltivare le primizie. In Puglia ci sonoculture molto estese di uva da tavola e Plastik propo-se l’uso di Oroplus, un telo che permetteva non solodi proteggere il raccolto ma anche di anticipare o po-sticipare la maturazione dell’uva, allungando la di-sponibilità del prodotto sul mercato. Questo avvienefiltrando in modo mirato i raggi del sole. Il telo Oro-plus è stato studiato anche per un utilizzo prolunga-to e in funzione ambientale. Infatti è resistente ai rag-gi UV, ha un sistema di rinforzo laterale realizzatocon l’ispessimento dei bordi, che resistono alla ten-sioni provocate dalla posa e dal vento senza l’uso dianelli metallici. L’assenza degli anelli metallici facilitail riciclo. Nel 1998 nacque Plastik Textile per produr-re un film innovativo traspirante. Plastik si era affer-mata nel settore dell’igiene, fornendo ai produttori dipannolini un foglio plastico per contenere il materia-le assorbente necessario al pannolino per lo svolgi-mento della sua funzione di “cattura pipì”. Il foglioplastico però non era traspirante e poteva provocarearrossamenti. La grande innovazione consistette nelprodurre un film impermeabile ai liquidi ma che per-metteva il passaggio di vapore d’acqua e gas (quinditraspirante), prodotto tra l’altro con materie prime dibasso costo. Un materiale molto noto capace di svol-gere l’azione richiesta era il Goretex, troppo costosoperò per questa applicazione. Il nuovo film traspiran-te nacque in Giappone ma era impossibile acquisirnela licenza di fabbricazione. Un ingegnere coreanoprogettò una macchina in grado di produrre questotipo di film. Non esisteva certezza alcuna che la mac-china potesse veramente realizzare quanto promessoe, inoltre, l’investimento era molto elevato.Si trattava di un’operazione delicata e altamente tecno-logica: occorreva mescolare il polietilene con del car-bonato di calcio e poi esercitare una tensione progres-siva sul film in modo da ottenere una laminazione de-gli strati che rendevano il film traspirante. Gianangelo,dopo approfondite analisi e molta ricerca di laborato-rio, decise di rischiare: la macchina fu costruita in Co-rea, purtroppo con una tecnologia vecchia di vent’an-ni, ma funzionò. Il reparto ingegneria, approfittandodei fermi per la manutenzione, la modificò fino a rea-lizzare una macchina moderna ed efficiente. Textile fula prima fabbrica europea a produrre il film traspiran-te, che ha trovato molte altre applicazioni: accoppiatoad un materiale assorbente è usato nel settore medica-

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le per produrre camici monouso per le sale operatorie.Il camice protegge da contaminazioni e non fa sudaregli operatori. È utilizzato come film impermeabile an-ticondensa nella costruzione dei tetti. È utilizzato perproteggere la carrozzeria delle auto nuove durante iltrasporto e lo stoccaggio e permette di consegnare leauto ai clienti senza doverle lavare e lucidare. Nel2010 arrivò l’internazionalizzazione con la costruzio-ne della Plastik Nord Afrique in Tunisia per servire imercati africani. La ricerca e l’innovazione svolseroun ruolo molto importante nel gruppo Plastik tantoche gli consentirono di ottenere brevetti europei sunuovi prodotti e processi produttivi.Gianangelo fu tra i soci fondatori del C.ed.S.A.P.(Centro Europeo Sviluppo Applicazioni Plastiche),che ha tuttora sede a Zingonia e si occupa di forma-zione tecnica, prove di laboratorio, consulenza e as-sistenza tecnica: “una fabbrica non può stare ferma

ad aspettare, la tecnologia sposa necessariamente laricerca”. Gianangelo è anche socio fondatore diATIF (Associazione Tecnica Italiana per lo sviluppodella Flessografia) per sviluppare la tecnologia distampa. La sua società collabora con molte universi-tà come quelle di Napoli, Bologna, Bergamo e il Po-litecnico di Milano. Ma la tecnologia e la ricerca so-no solo una parte del successo di Plastik: la parte piùimportante è data dal personale, Gianangelo affermainfatti che “il capitale umano è la chiave del succes-so” e pertanto segue con grande attenzione le sue“risorse umane”, curando in particolare la motiva-zione, la formazione e le esigenze personali.Altri punti di forza del gruppo Plastik sono la sosteni-bilità, il rispetto dell’ambiente e delle Norme, la sicu-rezza dei lavoratori e del territorio di appartenenza.In conclusione Plastik è una realtà in costanteprogresso!

Via Tonale, 74 - Albano Sant’Alessandro (BG)Tel. 035 452 1359 - www.plastik.it

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Primi risultati scientificidella missione Rosettadi Cesare Guaita

Cesare Guaita si è laureato in Chimica Industriale nel 1973 conservan-do inalterata una grande passione per l’Astronomia coltivata fin dallaprima infanzia. Ha lavorato in Centri di Ricerca e Tecnologici della SniaTecnopolimeri, poi Rhodia Engineering Plastics, dove si è sempre oc-cupato di poliammidi. Dopo una lunga esperienza in campo analitico,durante gli anni ‘90 ha iniziato ad occuparsi anche della sintesi e dellacaratterizzazione di alcuni nuovi tipi di Nylon a struttura non lineare.In questo ambito la grande affezione e dedizione alle cosiddette poliam-midi “a stella”, immesse poi da Rhodia sul mercato, sembrano un po’ ilsegno del destino. L’innata passione per le stelle VERE non è comunquemai venuta meno: non a caso Guaita è socio di molte Società Astrono-

miche italiane e straniere, è autore di centinaia di pubblicazioni astronomiche tra cui due libri dal titolo“Alla ricerca della vita nel sistema solare”, e uno più recente in collaborazione con la figlia Lucia, astrofi-sica, dal titolo” Cile: paradiso dell’astronomia”. Ha inoltre fondato a Tradate una delle più importan-ti associazioni di astrofili in Italia ed è un attivissimo conferenziere del Planetario di Milano e dovunquealtrove (oltre 1000 conferenze pubbliche in 30 anni). È astronomo a tempo pieno da qualche anno,quando la pensione lo ha costretto a lasciare le stelle polimeriche. Lo abbiamo contattato perché ci spie-gasse qualcosa sull’atterraggio del modulo Lander Philae - sganciato dalla sonda orbitale Rosetta - su diuna cometa: vi godrete una storia interessante e appassionante!

I primi sei mesi di lavoro orbitale attorno alla cometa67P/Churyunov-Gerasimenko, hanno permesso aglistrumenti a bordo della sonda Rosetta di acquisireinformazioni di incalcolabile valore scientifico. Inparticolare si è forse capito per la prima volta l’enig-ma dell’evoluzione e della struttura interna delle co-mete. Ricordiamo che la sonda ha inseguito la come-ta per 10 anni tentando di “agganciarla” a velocitàprossime a quelle della cometa stessa in modo da po-terla raggiungere e viaggiare con essa come due corpicelesti affiancati e poter poi ruotarle attorno ed entra-re nella sua orbita - nonostante la bassissima gravità -con piccoli spostamenti generati dai suoi propulsori.

È stata un’avventura degna del miglior film di fanta-scienza, con un copione però che forse neanche il mi-glior regista avrebbe potuto escogitare. Parliamo del-la discesa morbida del Lander Philae che la sonda or-bitale Rosetta (in orbita dal 6 Agosto 2014 dopo unviaggio di 10 anni) ha sganciato lo scorso 12 Novem-bre 2014 sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimen-ko (‘Chury’), un ‘mostro a due teste’ ruotante in 12,4giorni attorno ad un asse passante per il collare lisciodi collegamento. L’inclinazione di ben 52° dell’assedi rotazione (rispetto al piano orbitale) produce sul-

la cometa effetti stagionali estremi (estate e piena lu-ce al Nord, inverno buio e freddo al Sud).Un’impresa intrinsecamente complicata, rischiosissi-ma e mai tentata prima quella del Lander Philae,realizzata da una macchina di 100 kg carica di stru-menti, che non pesava più di 1 g (!) sulla superficiedella cometa, dove la gravità è 100.000 volte inferio-re a quella della Terra. Il punto di discesa, situato sulcorpo minore della cometa, venne ufficialmente bat-tezzato J/Agilkia (l’isoletta dove fu ricostruito il tem-pio di Iside che la diga di Assuan aveva sommersosull’isola originale di Philae).

La dimensione “terrestre” della NERA cometa 67P/CG

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Agilkia, nella fascia sub-equatoriale della cometa,venne scelto dopo lunghissime discussioni, nelle qua-li a prevalere furono soprattutto considerazioni tecni-che: era infatti il sito che assicurava le migliori condi-zioni di illuminazione solare (circa 7 ore ogni giornocometario, ritenute indispensabili per la ricarica dellebatterie solari di bordo) ed una morfologia del terre-no non ottimale ma accettabile (terreno piatto/polve-roso e pochi massi di dimensione comprese tra 1 e 50metri). Tra le riserve, venne scelto il sito B, situato 1km circa a Sud di J entro un bacino pseudo-cratericopiatto denominato Hatmehit. Dal punto di vista mor-fologico il cuore centrale di B era anche migliore di J(meno massi, meno dislivelli) ma essendo B più a Suddi J godeva di un numero minore di ore di insolazio-ne. Per questo venne scartato.Alle ore 17,03 del 12 Novembre 2014 la ricezionedel segnale che il Lander era sulla cometa ha suscita-to prima grande entusiasmo, ma subito dopo anchegrande inquietudine: ci si rese infatti conto che ilLander, in realtà NON era atterrato UNA ma TREvolte, con l’ultimo rimbalzo (quello definitivo) situa-to proprio sul sito B (evidenziato nella Fig. 3, è sta-to battezzato ironicamente Abydos, una famosa cit-tà funeraria dell’antico Egitto) in una regione inver-nale, al buio e senza il numero di ore solari necessa-rio per la ricarica delle batterie.Il problema è sorto a causa di un mal funzionamentodel sistema di aggancio costituito da due arpioni cheavrebbero dovuto essere “sparati” dal modulo earpionarsi al ghiaccio del suolo e anche da viti autofi-lettanti che si azionavano al momento dell’impatto.

Il modulo attualmente resta invisibile dalla sondaRosetta, inoltre i tempi di illuminazione sono per ilmomento minimi e anche quando la cometa sarà al pe-rielio, punto più vicino al sole, il tempo di illuminazio-ne potrebbe essere inferiore alle 7 ore al giorno che as-sicurano la completa ricarica delle batterie solari.Data la bassissima gravità di cui dicevamo prima, lasua posizione sul suolo potrebbe essere assai preca-ria... ma la speranza è l’ultima a morire!Essendo il futuro (energetico) così incerto, si decise dipuntare tutto sulla cosiddetta FSS (First Science Se-quence), ossia sull’utilizzo intensivo dei 10 strumentidi bordo nei primi 2,5 giorni (quelli alimentati da bat-terie chimiche). Per esempio il sensore MUPUS (Mul-ti Purpose Sensors for Surface and Subsurface Scien-ce) misurò una temperatura superficiale di -170°C euna ‘durezza’ del terreno sotto il Lander > 2 megaPa-scal (doveva quindi trattarsi di roccia o di ghiacciomolto freddo). Un altro dato molto importante venneacquisito dai sensori SESAME (situati ‘acustici’ sottole tre zampe del Lander): quello secondo cui soprauno strato molto duro e compatto di ghiaccio c’è unostrato di 10-20 cm di polvere organica.Fondamentale fu anche il responso dell’esperimentoCONSERT (COmet Nucleus Sounding Experimentby Radiowave Transmission), uno scambio di radioonde

Il sito di atterraggio del Lande Philae (Agilkia) sulla testa del-la cometa, ripreso in varie angolazioni dalla NAVCAM (came-ra di Navigazione) (il segmento in basso a sinistra è di 5 km)

Il probabile sito di atterraggio finale - dopo il terzo salto - delLander Philae. È stato denominato, con un po’ di umorismonero, Abydos, famosa città funeraria dell’antico Egitto. Infattiil sito è molto oscuro e mal posizionato per le necessariericariche delle batterie solare.

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Primi risultati scientifici della missione Rosetta

tra il Lander e l’Orbiter attraverso la cometa perverificarne la struttura interna.L’interno della 67P/CG è risultato perfettamenteomogeneo, in netto contrasto con la bassissima den-sità di 0,45 g/cm3 che faceva pensare ad un internodisomogeneo e pieno di cavità. Più sfortunato è statoil trapano italiano SD2 che, essendosi abbassato dioltre 0,5 m senza trovare terreno solido al di sotto,non ha potuto acquisire materiale da inserire in dueformidabili analizzatori gas cromatografici (+ rivela-zione a spettrometria di massa), il tedesco COSAC(Cometary Sampling and Composition Experiment)e l’inglese PTOLEMY. Al momento nessuno puòdire se Philae riuscirà a risvegliarsi in futuro.Le possibilità perché questo succeda non mancano.Il problema è che le batterie secondarie (dipendentidalle celle solari) si possono caricare solo se la lorotemperatura arriva almeno a 0°C e l’irraggiamento so-lare diviene molto più efficace dei miseri 90 minutidiurni di luce del sito di atterraggio. Quindi le proba-bilità che Philae si risvegli aumenteranno sempre dipiù man mano che la cometa si avvicinerà al perielio(13 Agosto 2015). Un primo tentativo intensivo (masenza successo) è stato fatto da Rosetta tra il 10 e il20 Marzo ed altri ne seguiranno nei prossimi mesi.Ma se anche il Lander non si risvegliasse, i risultatiscientifici finora acquisiti dalla missione Rosetta(che, ricordiamolo, rimarrà in orbita attorno alla co-meta per almeno un altro anno) sono impressionanti.

Tanto innovativi da costringerci a riscrivere il totoquasi tutte le conoscenze acquisite in precedenzasulle comete. Eccone una sintesi.Dal punto di vista analitico i risultati più importantisono stati sicuramente ottenuti dallo spettrometroVIRTIS (Visible and Infrared Thermal Imaging Spec-trometer) cui l’Italia ha dato un contributo sostanzia-le. Un primo dato è che il colore della cometa è estre-mamente scuro (albedo del 6%), sarebbe meglio direpiù scuro del carbone Un secondo dato, assolutamen-te fondamentale, è l’andamento spettrale: DOVUN-QUE (testa, corpo, collare) lo spettro IR è sempreidentico e caratterizzato da un forte assorbimento cen-trato a 3,3 micron ed esteso tra 2,9 e 3,6 micron.Questo forte assorbimento tra 2,9 e 3,6 micron è pre-sente, tra l’altro, anche nelle polveri della Halley (spet-tri VEGA, 1986), nei materiali carboniosi delle condri-ti carbonacee e, addirittura, nelle nubi interstellari. Glispettroscopisti sanno bene che si tratta della regionedello stretching (stiramento) del legame dell’H(idrogeno) con C (idrocarburi alifatici e/o aromatiici),N (ammine, ammidi, ammino-acidi), O (alcoli, acidi).Questo significa che c’è un’infinità di composti or-ganici semplici e/o polimerici con questo tipo di as-sorbimento: è quindi praticamente impossibile uti-lizzare la sola spettroscopia infrarossa per identifi-carne la natura precisa.Possiamo solo fare qualche ipotesi, tenendo comun-que presente che NON può trattarsi di una singola so-stanza o di un singolo polimero, ma di una miscela.

L’inizio dell’attività della cometa ripreso dalla NAVCAM ametà Febbraio 2015. Da notare come l’attività sia più intensasul collare (presenza di fratture meccaniche?)

Spettri VIRTIS dal VIS al vicino IR (M=media risoluzione,H=Alta risoluzione) di tutte le zone della cometa: è costan-te un intenso assorbimento attorno a 3,3 micron.

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Per esempio, la forte componente appena sotto 3,3micron è tipica dei composti aromatici policiclici:viene in mente la IOM, ossia la parte insolubile delmateriale organico delle condriti carboniose. Un al-tro plausibile materiale è il POM (poliossimetilene),un polimero della formaldeide che venne già scoper-to nella Halley (Giotto-PICCA, 1986).Un’altra possibilità (veicolata dalla scoperta di HCNed NH3 da parte dello spettrometro ROSINA a bor-do di Rosetta) è la presenza di polimeri dell’acidocianidrico, notoriamente molto scuri e già individua-ti sul nucleo della Halley. Si può concludere, in defi-nitiva, che la colorazione scura della superficie dellaC67P/CG è dovuta alla presenza generalizzata diuna miscela di vari tipi di materiali polimerici la cuiorigine può essere interstellare (polimeri aromaticisimili a quelli presenti nelle condriti carboniose) maanche locale (POM, poli-CN). A questo punto, grazie anche ad un recente esperi-mento di laboratorio, è possibile “chiudere il cer-chio” su uno dei massimi misteri delle comete, valea dire sulla comprensione della struttura e composi-zione interna. L’esperimento si chiama Himalaya edè stato condotto al JPL da Marthy Gudipati.Punto di partenza rimane il fatto che la cometa67P/CG presenta una densità molto bassa (0,45g/cm3) ma un interno perfettamente omogeneo eche la sua superficie esterna è costituita da una duracrosta ghiacciata (MUPUS) sopra cui c’è uno stratodi 20 cm di polvere organica (SESAME). In sostanza Himalaya è un criostato in cui si può farscendere la temperatura fino a 30°K (-243°C). A que-sta temperatura (simile a quella della nebulosa solareprimordiale) Gudipati ha immesso una miscela di va-por d’acqua + PAH ( idrocarburi aromatici policiclici,i composti organici più abbondanti negli spazi inter-stellari). Risultato: il vapor d’acqua solidifica in ghiac-cio AMORFO molto friabile e spugnoso, entro i cuiinterstizi si ha facile dissoluzione della parte organica(i PAH appunto), dando luogo ad una matrice perfet-tamente omogenea. A questo punto (per simularequanto succede ad una cometa nell’avvicinamento alperielio) la temperatura è stata progressivamente in-nalzata. Quando si è raggiunto il valore di 150 K (-123°C), il ghiaccio amorfo (soffice e friabile) si è tra-sformato in ghiaccio cristallino (duro e compatto).ed fin qui nulla di strano, perché il processo di trasfor-mazione del ghiaccio da amorfo e cristallino è ben no-

to in fisica. Quello che però nessuno poteva immagina-re è stato il comportamento dei PAH che, inizialmenteperfettamente dispersi nella porosa matrice amorfa, sisono aggregati tra di loro, separandosi completamentedal ghiaccio divenuto cristallino e compatto. Da qui una luce immediata sulla struttura interna del-le comete: esse nascono (nel gelo della nebulosa solareprimordiale) come miscele omogenee di ghiaccioamorfo e molecole organiche interstellari. Al perieliolo strato di ghiaccio più superficiale si scalda e cristal-lizza, producendo una crosta molto dura, con segrega-zione di tutti gli organici, che vi si depositano sopra.All’interno invece il materiale della cometa rimane unamiscela fredda e porosa di ghiaccio amorfo + organici.Ovvio quindi (a posteriori...) che la 657P/GC abbiauna struttura interna molto porosa ed una superficiecostituita da una crosta di ghiaccio durissimo (date lebasse temperature misurate) su cui è deposto unospesso strato di organici.Certo che se conoscessimo il nome e il cognome deimateriali (polimerici e non) che ricoprono la superficiescura della 67P/CG, potremmo discutere con dati allamano su uno degli enigmi più suggestivi legati alle co-mete, vale a dire quale è stata la loro vera influenza nelregalare alla Terra primordiale i mattoni carboniosifondamentali per la nascita della vita. Questo potreb-be farlo solo Philae, prelevando ed analizzando diret-tamente del materiale cometario. Una ragione in piùper sperare con tutte le nostre forze che al più prestosi risvegli dal suo involontario letargo.

Un’impressionante visione ravvicinata della cometa ripresaall’inizio di Ottobre 2014 dalla camera OSIRIS a bordo diRosetta.

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Primi risultati scientifici della missione Rosetta

Grazie alla disponibilità del prof. Calegari, ideatore e responsabile operativo del progetto e del dr. SergioBolognini, suo collaboratore, siamo orgogliosi di informarvi che anche Bergamo ricostruirà un modello inscala 1:1 della sonda PHILAE che è atterrata a novembre dello scorso anno sulla cometa 67P/Churyunov-Gerasimenko, quando distava circa 500 milioni di km dalla terra.Siamo oltremodo orgogliosi di segnalarvi che tra studenti e tecnici coinvolti nel progetto c’è Luca Foiadelli,ex-studente dell’Esperia che è nientemeno “Station Engineer” dell’European Space Operation, come si evincedalla scheda sotto riportata.

‘PHILAE’ È ATTERRATA A BERGAMOIl progetto prevede la realizzazionedi un modello di ‘lander’ simile aPHILAE, inserito in un ambiente chericostruisce la zona di ‘accometaggio’avvenuta su “67/P Churyumov Gera-simenko”. PHILAE, ricostruito inscala 1:1, disporrà di tutti i sensori edattuatori installati sul modulo originale(anche se di qualità inferiore), piena-mente operativi. Gli studenti che par-tecipano al laboratorio avranno mododi scoprire come si è svolta l’impresa,iniziata più di 10 anni fa, che è riuscitaa portare una sonda sulla superficie diuna cometa distante più di 500 milioni

di chilometri. Gli studenti potranno “comandare” il modello di PHILAE facendole svolgere gli stessiesperimenti che la sonda originale compirà sulla cometa. L’attività laboratoriale successiva permetterà aglistudenti di scoprire e sperimentare il funzionamento dei principali sensori sul lander (sensori MEMS,sensori di luce, calore, radiazioni, magnetismo), degli attuatori (trapano, arpioni...), della visione stereo-scopica, nonché le tecniche usate per il “telecontrollo” del lander e la trasmissione delle immagini a terra.I principali argomenti scientifico/tecnologici affrontati nel laboratorio saranno: campo magnetico, gravità,batterie solari, sensori, attuatori, telecontrollo, visione stereoscopica, trasmissioni radio, simulazione.

Soggetti coinvolti nel progetto:- Studenti di Elettronica Esperia;- Studenti del Liceo Artistico per l’Ambientazione;- Osservatorio Astronomico di Brembate;- Luca Foiadelli (ex studente Esperia) “Station Engineering” dell’European Space Operation Centre;- Serena Olga Vismara vincitrice del concorso indetto dall’ESA per assegnare il nome al lander.

Finanziatori del progetto:- Lo studio e l’esecuzione del progetto si basa principalmente sul volontariato di studenti ed insegnanti;- Società che opera nel settore eletrtonico per la fornitura dei materiali (C&D elettronica);- BergamoScienza per i locali e il materiale necessari all’allestimento.

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Cambiare si può! Non è facile e richiede tempo efatica, ma con i giusti strumenti e un aiuto da partechi è cambiato prima di noi, è possibile!Lean manufacturing, lean production, lean thin-king... un diverso metodo di lavoro e di governodell’azienda basato su due concetti chiave: la lottaagli sprechi e la creazione di valore.

LA STORIASi inizia a parlare di Lean production intorno aglianni ‘50 del secolo scorso, per contraddistinguere unsistema diverso rispetto alla produzione di massa,nata invece dopo la rivoluzione industriale.Subito dopo la seconda Guerra Mondiale, la Toyotasi trovò in grossa crisi, come tutto il Giappone, e do-vette cominciare a trovare nuovi sistemi produttiviper ridurre i costi e aumentare la produttività. I vertici della Toyota, quindi, andarono a visitare laFord e la General Motors negli U.S.A., dove conob-bero il sistema di produzione di massa e apparvesubito chiaro che tale sistema non poteva essereapplicato nella loro realtà.La produzione di massa dei padri fondatori Taylor,Sloan e Ford si basa sull’economia di scala e su unaproduzione in ottica “push”, ossia fatta in base alleprevisioni di vendita; il flusso è quindi “spinto” di-rettamente dall’azienda e si producono elevatescorte di magazzino. In particolare la produzionedi massa punta a una continua riduzione dei costi,partendo dal presupposto che più pezzi si produ-cono e meno costano.La Lean production, invece, si basa su una produzio-ne in ottica “pull”, ossia fatta in base alle vendite: siproduce solo ciò che è stato venduto. La produzioneè quindi “tirata” dal mercato e dal cliente finale; nonvengono prodotte scorte di magazzino e si punta auna continua riduzione dei costi tramite l’abbatti-mento degli sprechi. Lean non è solo un sistema diproduzione, ma un vero e proprio modo di pensare,tanto da essere anche definito “Lean thinking”.La Lean è balzata all’attenzione delle aziende occi-dentali in tempi recenti poiché oggi gli ordini delmercato sono minimi, o comunque in calo rispetto aquelli del passato e la crisi dell’occidente di questoperiodo può essere paragonata alle scarse possibilitàdi investimento delle aziende giapponesi del dopo-guerra. Mai come oggi appare chiaro come le giacen-

ze vadano ridotte al minimo e i tempi di rispostaverso il mercato debbano essere sempre più veloci.Molti pensano che l’attuazione di metodi produttivisnelli è molto semplice da mettere in pratica ma inrealtà non sempre è così. Il fatto che i risultati nonsiano tangibili nell’immediato non significa che siaimpossibile o particolarmente complicato raggiun-gerli; il processo richiede pazienza e perseveranza, lavolontà di superare le difficoltà implica determina-zione a raggiungere lo scopo prefissato. È fondamen-tale creare e ricercare un elevato livello di consenso.Adottando il principio di una produzione snella eottimizzata, si riducono notevolmente lo spreco dimateriale e i tempi di produzione, permettendo al-la catena di fornitura di operare in modo ottimale.Ad esempio, fermando la produzione in caso dimateriali difettosi e correggendo immediatamentel’errore, si limitano gli scarti e si aumenta notevol-mente la produttività.Quando si decide di cambiare le vecchie regole diproduzione con l’introduzione della Lean produc-tion, niente avviene per caso: tutto deve essere piani-ficato e definito con grande determinazione, senzadimenticare l’intera analisi economica.Il cambiamento richiede capacità imprenditoriale,resistenza e soprattutto il coraggio di assumere ilrischio di un fallimento perché non ci sono garanziema solo opportunità, che costituiscono l’obiettivoper arrivare al successo.

GLI STRUMENTII risultati di miglioramento continuo si possonoottenere solamente grazie alla conoscenza, alla pa-dronanza e all’applicazione degli strumenti di anali-si, indagine e revisione dei fenomeni che governanol’azienda. Principalmente dedicati all’area produtti-va, in quanto luogo in cui “si crea valore”, parte diessi è dedicata anche ai flussi di informazioni e allagestione delle attività d’ufficio, coinvolgendo quindil’intera organizzazione a tutti i livelli.Molti di questi strumenti possono essere utilizzaticon successo anche singolarmente, il che rende mol-to facile iniziare. L’obiettivo, però, resta quello diadottare una “filosofia Lean” che sfrutti al megliol’intera gamma di “tools”. Di seguito verranno quin-di descritti i principali strumenti necessari per go-vernare l’approccio Lean all’interno dell’azienda.

Gli strumenti della Lean Manufacturing

di Alessandro Rocchi, Ex-Allievo Esperia e Direttore di Stabilimento di Minifaber S.p.A.

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Gli strumenti della Lean Manufacturing

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LE 5SLe 5S sono una tecnica utilizzata per implementaree mantenere la sicurezza, l’ordine e la pulizia sul po-sto di lavoro. Deriva dalle iniziali di 5 nomi giappo-nesi che iniziano la lettera S:- SEIRÌ = Selezione- SEITON = Ordine- SEISO = Pulizia- SEIKETSU = Mantenimento- SHITSUKE = Rispetto delle regoleOperativamente, queste 5 fasi servono a: 1 - separarele cose utili da quelle inutili ed eliminare le cose inu-tili; 2 - collocare le cose utili in modo ordinato, taleche tutti possano capire qual è il loro posto; 3 - effet-tuare una “pulizia intelligente” del posto di lavoro;4 - rispettare gli standard definiti e migliorare i risul-tati raggiunti; 5 - standardizzare le modalità operativecorrette nel modo più semplice ed efficace.

ANDONSi tratta di un sistema di feedback visivo per i repartiproduttivi che indica lo stato della produzione; avvisal’utente quando è necessaria assistenza e consente aglioperatori di fermare il processo di produzione.

Agisce come uno strumento di comunicazione intempo reale per la produzione che porta l’attenzioneai problemi che si verificano, in modo che essi possa-no essere immediatamente affrontati e risolti.

Analisi dei “colli di bottiglia”Strumento atto a identificare quale parte del proces-so di fabbricazione limita il processo complessivo ea migliorare le prestazioni di quella parte del proces-so. In pratica, si migliora il processo di fabbricazio-ne rafforzando l’anello più debole.

Flusso continuoProduzione in cui il lavoro in-process scorre agevol-mente attraverso la produzione di scorte minime trale fasi del processo di produzione. Elimina molteforme di rifiuti quali ad esempio l’inventario, i tem-pi di attesa e i trasporti.

Gemba (la realtà)Una filosofia che ci ricorda di “uscire dagli uffici” etrascorrere del tempo nei reparti produttivi, il postodove avvengono le attività. Serve per promuovereuna chiara definizione del mondo produttivo attra-verso una visione diretta della realtà e l’interazionecon gli addetti alla produzione.

Questa metodologia, nel tempo, assicura altresì lapiena collaborazione e il coinvolgimento dell’interastruttura.

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HeijunkaUna forma di programmazione della produzione cheproduce volutamente in lotti molto più piccoli me-diante sequenziamento (miscelazione) dei prodotti al-l’interno dello stesso processo. Riduce i tempi di con-segna, dal momento che ogni prodotto o variante èfabbricato con maggiore frequenza, e l’inventario poi-ché i lotti sono realizzati in quantità più contenute.

Hoshin KanriAllineamento degli obiettivi aziendali (Strategia) aipiani del Management (Tattica) e alle attività svoltedai reparti produttivi (Azione).

Jidoka (Automazione)Progettazione di apparecchiature atte ad automatiz-zare parzialmente il processo di produzione (automa-zione parziale è in genere molto meno costosa dicompleta automazione) e per interrompere automati-camente la produzione quando vengono rilevati difet-ti. Grazie al Jidoka, i lavoratori possono spesso moni-torare più stazioni, riducendo i costi del lavoro; mol-ti problemi di qualità possono essere rilevati imme-diatamente, garantendone un sicuro miglioramento.

Just In Time (JIT) e Kanban (Sistema “a tiro”)La traduzione nella pratica della sigla “just in time”è produrre il pezzo necessario nella quantità neces-saria e al tempo necessario. Gli obiettivi, sono l’an-nullamento quasi totale delle scorte tra le fasi lavora-tive, il miglioramento della qualità del prodotto e ilrecupero di flessibilità nei confronti dell’andamentodella domanda.Il sistema di produzione just in time prevede che so-lo l’ultima fase della produzione conosca effettiva-mente le richieste del cliente. Da essa vengono poiattivate tutte le fasi a monte che producono sempree solo su specifica richiesta della fase a valle. Lo stru-mento che governa questo sistema di produzione èil kanban. Esso è un sistema di informazione per ilcontrollo delle quantità da produrre in ciascunafase di lavoro. Esistono diverse tipologie di kanban:• Kanban di produzione che si suddivide in:

- kanban ordine di produzione (per produzione diunità singole);

- kanban segnale (per produzione a lotti - super-market).

• Kanban prelievo:- kanban prelievo (usato tra due linee successive);- kanban fornitore (usato tra azienda e fornitore).

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Gli strumenti della Lean Manufacturing

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Il kanban fisicamente è un cartellino che accompa-gna i contenitori con i prodotti, corredato da una se-rie di informazioni quali: il nome del prodotto, il co-dice identificativo, la posizione di stoccaggio, laquantità, la descrizione dell’operazione a monte e ladescrizione dell’operazione a valle.La formula da applicare per il dimensionamento delnumero dei kanban è la seguente:

Dove:M = consumo medio giornaliero dei pezzi

(pezzi/tempo).T = tempo di copertura (tempo).SS= scorta di sicurezza, espressa in termini percen-

tuali.Q = numero dei pezzi presenti in un contenitore

(pezzi/contenitore).

KaizenÈ lo strumento alla base della Lean manufacturing.Il termine giapponese kaizen è l’unione di due paro-le: KAI che significa cambiamento e ZEN che signi-fica meglio; da qui il significato di miglioramentocontinuo. Lavorare secondo la filosofia kaizen signi-fica ricercare sempre il miglioramento continuo,partendo dal presupposto che ogni cosa che faccia-mo può essere migliorata. Anche quando pensiamodi aver raggiunto la perfezione, in realtà non è cosìin quanto tutto può e deve essere migliorato; la per-fezione raggiunta non diventa altro che uno stan-dard, che si può migliorare. Nella filosofia kaizen, icambiamenti sono solitamente piccoli, continui e,soprattutto, economici.Un altro concetto fondamentale del kaizen è quelloche l’energia viene dal basso: analizzando la lean

production vediamo che le decisioni o i suggerimen-ti devono venire dal basso e non devono essere im-posti dall’alto, come invece capita nel modello tipicodi produzione occidentale. Questo è anche il motivoper cui per applicare la lean production sia necessa-rio il coinvolgimento di tutti i livelli della gerarchia.

KPI (Key Performance Indicator)Strumento progettato per monitorare e incoraggiare iprogressi verso gli obiettivi critici dell’organizzazione.

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Si tratta di indicatori che permettono di mantenerecostantemente monitorato l’andamento delle presta-zioni. Se adeguatamente scelti e governati, possonoessere driver di comportamento estremamente poten-ti. Per garantire risultati efficaci, i KPI di produzionedevono essere in linea con gli obiettivi strategici di al-to livello, contribuendo così al loro raggiungimento;efficaci a esporre e quantificare gli sprechi e facilmen-te influenzati dai dipendenti dei reparti produttivi, inmodo che possano guidare i risultati.

MudaÈ una delle “3 emme” che si manifestano a causa del si-stema industriale tradizionale e che si devono evitare:- Muda = sinonimo di “perdita” o “spreco”. Le

perdite si manifestano a causa dei pezzi difettosi.- Mura = è traducibile come “incompatibilità”. L’in-

compatibilità si manifesta a causa delle scorte poi-ché forniscono una riserva anche quando la produ-zione non ne ha bisogno.

- Muri = è traducibile come “eccesso”. L’eccesso simanifesta a causa degli ordini di pezzi in grossi lot-ti, anziché utilizzare la strategia del just-in-time.

La Lean identifica 7 “muda” principali dividendoli indue categorie: sprechi che non possono essere elimi-nati subito e sprechi che invece si possono eliminarevelocemente:1. I difetti = un difetto in un bene o un difetto in

un’informazione, non solo nella Lean Production,portano il cliente a rifiutarlo. Inoltre un prodottodifettoso necessita di un nuovo processo per cerca-re di recuperare parte di quel prodotto.

2. La sovrapproduzione = significa produrre unaquantità superiore a ciò che il cliente ha richiesto,cioè che realmente il mercato richiede e che, quin-di, può assorbire. L’azienda si accorge di questospreco quando viene notato un accumulo di mate-riale o di informazioni.

3. I trasporti = le movimentazioni e i trasporti internied esterni non creano alcun valore per il cliente.

4. L’attesa = ogni volta che si deve aspettare cose opersone, si genera uno spreco. Ad esempio quandosi aspetta un materiale o manca un’attrezzatura.Non creando valore per il cliente, egli non è dispo-sto a pagare per questo spreco.

5. Le scorte = non solo scorte di materie prime, semi-lavorati e/o prodotti finiti, ma anche di informazio-ni (ad esempio un eccesso di e-mail). Sono eviden-ti i problemi che possono sorgere a causa dellescorte: in primis la possibilità di deperimento el’occupazione di spazio.

6. Il movimento = spreco simile al trasporto, solo chesi riferisce alle macchine e ai lavoratori in genere;per ovviare a questo spreco bisogna cercare di mi-gliorare i percorsi e facilitare i movimenti nell’areadi lavoro.

7. Il “sovrapprocessare” = è uno spreco che si generanel momento in cui si ripetono o si duplicano de-terminate attività. Si tratta di operazioni fonda-mentalmente inutili.

Nei decenni successivi all’introduzione della Leanproduction, gli studiosi hanno aumentato il numerodegli sprechi; tuttavia anch’essi possono comunqueessere ricondotti ai 7 già descritti.

Overall Equipment Effectiveness (OEE)Questa grandezza dinamica, espressa in punti per-centuali, riassume in sé tre diversi concetti moltoimportanti dal punto di vista del controllo di pro-duzione: la disponibilità, l’efficienza e il tasso di

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Gli strumenti della Lean Manufacturing

qualità di un impianto. La natura sistemica del-l’O.ed.ed. permette alle aziende di monitorare letre diverse variabili, concentrando maggiormentegli sforzi su quello che risulta il più basso. Un va-lore obiettivo di tutto rispetto della grandezzaO.ed.ed. si aggira intorno all’intervallo 85-88%.Vediamo la formula, calcolata per un intervallo ditempo t (esempio un turno di lavoro):

O.ed.ed (t) = A(t) x UE(t) x QR(t)

Dove:A(t) = Availability, ovvero la disponibilità dell’im-

pianto;UE(t) = Uptime Efficiency, ovvero l’efficienza di

lavorazione;QR(t) = Quality Rate, ovvero il tasso di qualità;t = rappresenta un generico intervallo di tempo

(esempio: un turno di lavoro) in cui vienecondotta l’analisi. (NB: deve essere al nettodei periodi di non produzione come ad esem-pio i casi eccezionali di mancanza ordini).

Availability - Disponibilità - A(t)Viene calcolata come il rapporto in cui la macchinasta effettivamente lavorando sul pezzo (UP TIME),depurato di tutte le fermate dovute a guasti, setup,manutenzioni programmate di cui si può tenere trac-cia (DOWN TIME) e il tempo potenziale durante ilquale la macchina potrebbe lavorare (cioè la sommadi UP TIME e DOWN TIME, idealmente corrispon-dente all’intervallo di tempo t).

Uptime EfficiencyEfficienza di lavorazione di macchina - UE(t)Questa variabile rappresenta il rapporto tra la caden-za reale della macchina e quella teorica. Cadenza rea-le e teorica dovrebbero essere uguali ma molto spes-so le macchine, per diversi motivi (obsolescenza, scar-sa manutenzione, modifiche successive), sono più len-te di quanto programmato e tendono "a incepparsi",cioè sono soggette a microfermate della durata di po-chi secondi (e quindi non ascrivibili nel DOWN TI-

ME, perché difficilmente misurabili se la macchina èpriva di PLC che ne tiene conto) che tuttavia ne infi-ciano l’efficienza.Proprio perché sarebbe difficile tenere traccia dellemicrofermate, l’efficienza è una variabile che si calco-la deduttivamente, attraverso il rapporto tra il nume-ro di pezzi effettivamente prodotti in un intervallo ditempo di UPTIME e il numero teorico programmato.

Tasso di Qualità - Quality Rate - QR(t)Con questa grandezza si esprime il rapporto tra pezzirealizzati conformi alle specifiche e il numero totale dipezzi effettivamente prodotti, in una dato intervallotemporale t.

Il primo prodotto che troviamo nella formula [A(t) xUE(t)] può anche essere sostituito con il valore del-l’efficienza totale ed(t) che viene calcolata nel seguen-te modo :

È un calcolo più veloce e "grossolano" del preceden-te solamente per quanto riguarda le cause che genera-no inefficienze, cioè non distingue tra efficienza di la-vorazione ed efficienza di gestione macchina ma cal-cola un’efficienza che già ingloba tutte le cause. Il ri-sultato in effetti è lo stesso.

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Plan, Do, Check, Act (PDCA)Uno dei sistemi per portare avanti il miglioramentocontinuo previsto dal kaizen e dalla Lean produc-tion è il metodo scientifico di PDCA (Plan-Do-Check-Act). “Plan” è inteso come la creazione di un piano perraggiungere gli obiettivi prefissati; “Do”, significamettere in pratica ciò che si ha deciso nel pianifica-re, “Check” come verificare, controllare i risultatisulla base degli obiettivi che ci si è dati, e infine“Act”, ossia, fare.Si tratta di un metodo “circolare”, in quanto la Afinale di “Act”, ha un duplice significato: mettere inpratica ciò che si ha pianificato e rifare, correggere ericominciare da capo.

Poka YokeStrumento atto al rilevamento degli errori di proget-tazione e prevenzione degli stessi nei processi pro-duttivi con l’obiettivo di raggiungere zero difetti.Trovare tutti i difetti attraverso l’ispezione e correg-gerli attraverso rilavorazioni è difficile, costoso e al-lunga i tempi di produzione e di consegna al cliente.

Root Cause AnalysisSi tratta di una metodologia di problem solving chesi concentra sulla soluzione del problema di fondoinvece di applicare soluzioni rapide che trattano so-lo i sintomi immediati del problema. Un approcciocomune è quello di chiedere il motivo per cinquevolte (tecnica dei 5 perché). Aiuta a garantire che unproblema sia veramente eliminato applicando azionicorrettive alla "radice".

Single Minute Exchange of Die (SMED)Pilastro portante della Lean production, il metodoSMED consente di comprimere i tempi di setup e,quindi, di ridurre i lotti, aumentando la flessibilitàdel sistema produttivo.L’obiettivo è quello di ridurre il tempo di setup dipreparazione macchina a meno di 10 minuti.Le tecniche includono:- Convertire il più possibile le fasi di preparazione

da “interne” a “esterne”, cioè eseguite mentre ilprocesso è già in corso;

- Semplificare la configurazione interna;- Eliminare le operazioni non essenziali;- Creare istruzioni di lavoro standardizzate.Questo strumento consente di gestire la produzionein lotti più piccoli, riduce l’inventario e migliora lareattività verso i bisogni dei clienti.

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Gli strumenti della Lean Manufacturing

Le 6 grandi perditeLa Lean identifica sei grandi perdite nel processoproduttivo: gli scarti di produzione, i tempi di setupe regolazione, le soste, la velocità ridotta, i guasti egli scarti di avvio produzione. Lavorando per ridur-re al minimo questi sei aspetti, è possibile ottenere ilmiglioramento continuo.

Obiettivi SMARTL’impostazione degli obiettivi attraverso il metodoSMART si riferisce alla pianificazione di un proces-so di misurazione basato su 5 criteri che aiutanol’azienda a valutare un obiettivo e determinarne lafattibilità. SMART è un acronimo composto dalleiniziali di cinque metriche espresse in lingua inglese;poi tradotte anche in lingua italiana.

S = Specific (Specifico)La specificità significa che è necessario essere moltochiari relativamente a quello che si vuole o si deveottenere, perché tale obiettivo è importante e comesi pensa di poterlo raggiungere.M = Measurable (Misurabile)Bisogna essere in grado di determinare se si è ingrado o meno di raggiungere l’obiettivo desiderato.Per fare questo è necessario creare un sistema di mi-

surazione che permetta di tenere sotto controllo iprogressi e il raggiungimento del risultato finale. Unobiettivo è misurabile se include un piano con stepintermedi che permettono di rendersi conto se lastrada percorsa è corretta o è necessario “correggereil tiro”.A = Attainable (Fattibile/Raggiungibile)Anche se in molti casi raggiungere un nuovo obietti-vo di business è un’attività sfidante e non conosciu-ta, se la meta finale e i parametri non sono realistici,si potrebbe essere portati a percepire una sensazionedi fallimento legata al progetto. Per questo motivo, èimportante impostare obiettivi realistici e allegare alpiano generale tanti piccoli sottopiani per gestire isingoli passi, ciascuno con il dettaglio del tempo edelle risorse disponibili e necessari.R = Relevant (Rilevante)La rilevanza per l’attività di business è un elementoche permette di capire se vale la pena o meno impie-gare tempo e risorse per il suo raggiungimento.Obiettivi che non sono in linea con gli altri elementiche direttamente o indirettamente intervengono nelbusiness sono spesso irraggiungibili.Un obiettivo rilevante ha senso se può essere ricon-dotto al “business model” di riferimento, alla mis-sion aziendale, al mercato, ai clienti e al settore indu-striale al quale si appartiene.T = Time-Based (Temporalmente definito)Ogni obiettivo deve avere un periodo di tempo limi-tato in base alla sua complessità. Deve essere sempree comunque prevista una data di fine, altrimenti sirischia di non dedicare le giuste attenzioni e la giu-sta considerazione al raggiungimento del risultato fi-nale. Inoltre, avere una scadenza è un buon modoper motivarsi. La timeline dovrebbe avere anche da-te di consegna/verifica dei singoli step intermedi sta-biliti in fase di pianificazione.

Lavoro standardizzatoProcedure documentate per la produzione che indi-cano le migliori pratiche di esecuzione, compreso iltempo per completare ogni attività. Deve essere unadocumentazione "vivente", facile da cambiare e ag-giornare. Elimina gli sprechi applicando costante-mente le migliori pratiche. Forma la base per attivi-tà di miglioramento future; inoltre, permette a tuttidi lavorare allo stesso modo.

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Logiche della standardizzazione:- Errore = opportunità di miglioramento;- PDCA = Plan - Do - Check - Act;- Condivisione delle scelte.

Strumenti della standardizzazione:- Diagnosi dei problemi;- Gestione dei vincoli;- Analisi delle cause di non conformità;- CEDAC = Cause and Effect Diagram with Addi-

tion of Charts.

Takt TimeIl takt time rappresenta il tempo di produzione di unprodotto sufficiente a coprire la richiesta provenien-te dal cliente; rappresenta cioè la velocità produttivacon la quale devono essere fabbricati i prodotti persoddisfare la domanda del cliente. Solitamente vienecosì espresso:

Le unità di misura canoniche usate nella formula sonole seguenti:

NB: come intervallo di tempo è stato utilizzato ilgiorno lavorativo; è chiaro che può essere conside-rato qualunque altro intervallo (es.: turno, giornata,ecc...).

Total Productive Maintenance (TPM)Un approccio olistico alla manutenzione che si con-centra sulla manutenzione proattiva e preventiva permassimizzare il tempo di funzionamento delle appa-recchiature. TPM sfuma la distinzione tra la manuten-zione e la produzione ponendo una forte enfasi sul po-tenziamento degli operatori per aiutare a mantenere leloro attrezzature. Crea una responsabilità condivisaper le attrezzature e una maggiore partecipazione daparte dei lavoratori del reparto produttivo. Nell’am-biente, questo può essere uno strumento molto effica-ce per migliorare la produttività, riducendo i tempi diciclo ed eliminando i difetti.

Value Stream Mapping (VSM)Per catena di valore s’intende l’insieme delle azioniche vengono compiute per realizzare unprodotto/servizio. Per analizzare la catena del valo-re, bisogna partire dalla fase finale, ossia dalla do-manda del cliente e guardare all’intero processo,non solo a una singola fase. Solitamente si realizzano due diverse mappe dellacatena di valore: quella attuale e quella futura. Lamappa della catena del valore attuale non è altro cheuna fotografia del flusso del valore attuale. Essa èmolto utile in quanto fornisce un quadro della situa-zione attuale e permette di identificare subito glisprechi e le possibilità di miglioramento. La mappadella catena di valore futura, invece, è come appareil flusso a seguito dell’applicazione delle tecnicheLean che si è deciso di utilizzare.Quando si procede a mappare la catena del valorebisogna identificare quale reparto o quale procedu-ra si sta mappando, senza cercare di mettere troppi

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Gli strumenti della Lean Manufacturing

Bibliografia

“LA MACCHINA CHE HA CAMBIATO IL MONDO”James P. Womack, Daniel T. Jones, Daniel Roos - Rizzoli

“LEAN THINKING”J. P. Womack, D.T. Ross - Guerini e Associati

“LEARNING TO SEE”M. Rother e J. Shook - The Lean Enterprise Institute - 2003

http://www.enreal.it/http://www.ilmuleanodelcambiamento.it/http://www.microcae.com/ http://www.organizzazioneaziendale.net/

dettagli o di coinvolgere troppi reparti; meglio deci-dere di operare su un reparto solo alla volta. Traccia-re il valore permette anche di avere uno strumentovisivo per dare priorità ai miglioramenti da applicare.Per realizzare la mappa della catena del valore bisognatracciare il flusso a livello grafico, abbinandolo ai datie alle informazioni.

Visual Management (Gestione a vista)Il posto di lavoro deve essere organizzato e “segnala-to” in maniera tale da parlare da solo; ecco perché lasegnaletica orizzontale, le etichette e altri strumenti so-no fondamentali. Attraverso il visual management, i lavoratori devonopoter avere immediatamente le informazioni che cer-cano e interpretare allo stesso modo.

Alcuni esempi sono gli adesivi colorati, la segnaletica,le tasche magnetiche e gli spazi dedicati con la formadell’oggetto che deve essere contenuto.

Nota informativa: le immagini contenute nel presente articolo sono esclusivamente a titolo esemplificativo eottenibili dalla semplice consultazione di siti internet dedicati al tema della Lean Manufacturing.

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Gli acciai inossidabili

di Riccardo MarchesiEx-Allievo Esperia e responsabile Ricerca e Sviluppo Tecnico di Minifaber S.p.A.

Cosa sono e perché sono definiti “inossidabili”Gli acciai inossidabili sono leghe a base Ferro conl’aggiunta di un elevato quantitativo di Cromo (al-meno il 10,5% secondo la norma EN10088) che lirendono inossidabili, cioè resistenti alla corrosione.Il termine “inossidabile” è, in un certo senso, im-proprio: in effetti, grazie alla presenza del Cromo,hanno la superficie ricoperta di un film passivoformato da Ossido di Cromo Cr2O3 e Idrossido diCromo Cr(OH)3, che riveste il metallo di base e loprotegge dalla corrosione.

Il film passivo è sottilissimo, nell’ordine di qualchenanometro, è insolubile, compatto e ben aderenteal metallo di base; naturalmente può essere più omeno resistente.La sua resistenza dipende principalmente dallaconcentrazione di Cromo presente nella lega che,ai fini pratici, deve essere superiore al 12% ma ge-neralmente si attesta su valori dal 17 al 24%.Altri elementi favoriscono la resistenza del filmpassivo, in particolare il Molibdeno e l’Azoto.Il film passivo ha un’altra importantissima pro-prietà: se danneggiato, si riforma in tempi moltobrevi.

Per riformarsi, il film passivo ha bisogno di un am-biente neutro sufficientemente ossidante, come adesempio l’aria, che ne promuova il processo spontaneodi formazione o di ripristino nel caso il film venga dan-neggiato. L’aggiunta di Nichel nella lega favorisce il ri-pristino del film passivo quando questo viene danneg-giato. Il Nichel però non è presente nel film passivoche, come abbiamo detto, è composto principalmenteda Cromo, ma si pone come interfaccia tra questo e ilmetallo di base. Nei processi di fabbricazione indu-striale, la ripassivazione viene indotta artificialmenteattraverso l’immersione del semilavorato in una solu-zione diluita di acido nitrico (HNO3). Infine, il filmpassivo è trasparente alla radiazione luminosa e confe-risce all’acciaio inossidabile la tipica colorazione me-tallica grigio-argentea ben visibile nel pentolame, neglielettrodomestici e negli elementi di arredo.

Impieghi dell’acciaio inossidabilePer le caratteristiche sopra spiegate, gli acciai inossi-dabili vengono impiegati in molteplici settori.Nel settore alimentare sono tra i materiali utilizzatiin quanto non vanno a inquinare gli alimenti con iquali vengono a contatto. Per la stessa ragione ven-gono impiegati nell’industria farmaceutica, chimica,biomedicale e della fabbricazione della carta. Per la loro resistenza alla corrosione, vengono im-piegati nel settore petrolchimico, negli elettrodome-stici, nella nautica, nell’edilizia e nell’arredo urbano.

Diagramma di Schaeffler

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Gli acciai inossidabili

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Le famiglie di acciai inossidabiliGli acciai inossidabili si dividono in 5 famiglie:- I martensitici;- I ferritici;- Gli austenitici; - I duplex;- Gli indurenti per precipitazione.Per determinare la struttura di un acciaio inossidabi-le in funzione della composizione chimica, si fa usodel diagramma di Schaeffler che riporta sulle ascissela sommatoria degli elementi ferritizzanti espressisotto la formula del Cromo equivalente(=%Cr+%Mo+1,5x%Si+0,5x%Nb), mentre sulleordinate la sommatoria degli elementi austenitizzan-ti espressi sotto la formula del Nichel equivalente(=%Ni+30x%C+0,5x%Mn).

Gli acciai inossidabili martensitici hanno un conte-nuto modesto di Cromo, tra 11,5% e 18%, e unelevato contenuto di Carbonio che va dallo 0,10 al1% e, pertanto, presentano una struttura marten-sitica a temperatura ambiente e austenitica alle al-te temperature.In virtù di questo, possono essere trattati termica-mente come gli acciai da bonifica per aumentare leloro caratteristiche meccaniche.Capostipite di questa famiglia è il X30Cr13 (AI-SI420), ancora oggi molto usato nella coltelleria. Es-so ha un contenuto nella lega di Ferro di 0,30% diCarbonio e 13% di Cromo.Più aumenta il tenore di Carbonio e più aumenta ladurezza della lega, proprio come gli acciai al Carbo-nio, con il vantaggio però di possedere qualità di re-sistenza alla corrosione che gli acciai al Carbonionon posseggono.Tuttavia la resistenza alla corrosione degli acciai

inossidabili martensitici è la più bassa di tutte le fa-miglie in quanto il Cromo, legandosi al Carbonio,forma carburi di Cromo sottraendo il Cromo al filmpassivo. Pertanto questi acciai possono essere utiliz-zati in ambienti blandamente aggressivi.Gli acciai inossidabili martensitici, per le loro prege-voli caratteristiche meccaniche, vengono utilizzatiper utensili da cucina, componenti meccanici nelsettore marino e petrolchimico non dimenticandoperò la loro limitata resistenza ad ambienti partico-larmente aggressivi.

Gli acciai inossidabili ferritici hanno un contenutomodesto di Carbonio (inferiore a 0,10%) e un con-tenuto di Cromo assai variabile: da 13 a 24%. Il ca-postipite di questa famiglia è X6Cr17 (AISI430) chepresenta un contenuto di Carbonio massimo di0,08% e un contenuto di Cromo medio del 17%.Questi acciai sono largamente impiegati nel settorealimentare, in quello degli elettrodomestici e negliscambiatori di calore in quanto possiedono un’eleva-ta resistenza all’ossidazione a caldo.Per la loro composizione chimica, questi acciai han-no struttura ferritica, vale a dire cubica a corpo cen-trato, dovuta alla presenza del Cromo che ha un ef-fetto ferritizzante. Carbonio e Nichel (che nei ferri-tici è assente o presente in basse percentuali) hannoinvece un effetto austenitizzante.Se nella lega vengono aggiunte piccole percentuali diTitanio e Niobio, detti elementi “stabilizzanti” dellastruttura ferritica, questi acciai migliorano la resi-stenza alla corrosione a caldo in quanto rallentano laprecipitazione dei carburi di Cromo che sono la cau-sa della corrosione intergranulare che viene a for-marsi alle temperature tra 400°C e 900°C.Sempre per le loro proprietà stabilizzanti, Titanio eNiobio ostacolano la formazione dell’austenite alletemperature oltre i 900°C. L’austenite, se raffredda-ta rapidamente, si trasforma in martensite causandofragilità: è quello che avviene nelle saldature, pertan-to gli acciai ferritici stabilizzati con Titanio e Niobiomigliorano notevolmente la saldabilità.Gli acciai più comuni stabilizzati con Titanio e Nio-bio sono: il X2CrTi12 (AISI409), impiegato nei tubidi scarico e marmitte delle automobili, e il X3CrTi17(AISI439), che possiede una migliore resistenza allacorrosione del precedente.

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Per migliorare la resistenza alla corrosione elettro-chimica (corrosione generalizzata e pitting), vieneincrementata la percentuale di Cromo che può ar-rivare fino al 24%.Maggiori valori di resistenza alla corrosione si ot-tengono con l’aggiunta di Molibdeno (valori com-presi tra 1,8 e 2,5%) . Capostipite di queste legheè l’AISI444.Con l’aggiunta dell’Alluminio, gli acciai ferriticiincrementano ulteriormente la resistenza alla cor-rosione a caldo specie se all’Alluminio si accompa-gnano alti tenori di Cromo e Silicio, come nel casodel X10CrAlSi25 che può resistere fino a tempera-ture 1100°C.La resistenza meccanica degli acciai ferritici varia da450 a 600 MPa (1 MPa = 1 N/mm²), possiedono undiscreto valore di allungamento (fino al 30%), buo-no per lavorazioni per deformazione a freddo (im-butitura e stampaggio).La struttura degli acciai ferritici non possiede punticritici di trasformazione e, pertanto, su questi acciainon è possibile eseguire alcun trattamento termicoper incrementare le caratteristiche meccaniche.L’unico sistema per aumentare il carico di rottura èl’incrudimento, che può essere ottenuto a mezzo dilavorazione meccanica per deformazione a freddo,vale a dire: per imbutitura e laminazione per quantoriguarda le lamiere, trafilatura e ancora laminazioneper quanto riguarda i prodotti in barre. In questi ca-si i valori di resistenza a rottura possono arrivare fi-no a 1000 MPa con perdita, ovviamente, della dutti-lità e dell’allungamento.

Gli acciai inossidabili austenitici presentano unastruttura austenitica, vale a dire con reticolo cubicoa facce centrate. Questi acciai, allo stato solubilizza-to, non sono magnetici.La struttura austenitica si ottiene grazie alla presen-za elevata di Nichel compreso tra 8% e 9%, mentreil Cromo è compreso tra il 17 e il 18%.Il valore del Carbonio viene tenuto molto basso, ge-neralmente fino allo 0,06%, per limitare il più possi-bile la formazione di Carburi di Cromo, negativi perla resistenza alla corrosione. Gli acciai inossidabili austenitici si possono suddivi-dere in 3 sottofamiglie:- Gli acciai al Cromo Nichel (tipo AISI304);

- Gli acciai al Cromo Nichel Molibdeno (tipo AI-SI316);

- Gli acciai al Cromo Manganese Nichel (tipo AI-SI201).

Il capostipite del primo gruppo (acciai al Cromo Ni-chel ) è il X5CrNi18-10 (AISI304), il “vecchio” 18-8, largamente impiegato nel settore dei casalinghi(pentolame e posateria), industria alimentare, arredoed industria edilizia.Se a questo acciaio viene aggiunto il Molibdeno, ot-teniamo il X5CrNiMo17-12-2 (AISI316) il caposti-pite del secondo gruppo, impiegato per situazionigravose in termini di ambienti corrosivi. L’aggiuntadi Molibdeno, infatti, aumenta la resistenza alla cor-rosione elettrochimica come evidenziato dal valoredi PREN più alto rispetto gli acciai al Cromo Nichel.Il Molibdeno rafforza il film passivo dell’ossido diCromo che riveste gli acciai inossidabili.Gli acciai di questo gruppo resistono meglio ai clo-ruri, che sono i principali nemici dell’inox, in quan-to sono in grado di rompere il film passivo o di osta-colarne la riformazione.L’AISI316 e tutti gli altri acciai appartenenti al grup-po, vengono quindi preferiti nell’industria chimica,nel settore edile e di arredo urbano in zone vicino almare o dove viene fatto largo uso di sale per decon-gelamento stradale.Gli acciai del terzo gruppo sono quelli al Cromo Ni-chel Manganese; capostipite è X12CrMnNiN17-7-5(AISI201). La presenza del Manganese (elemento au-stenitizzante) serve per limitare in parte la percentua-le di Nichel e, quindi, per limitarne i costi. Tuttavia,per la limitata resistenza alla corrosione, questa fami-glia di acciai non ha avuto una grande diffusione.Il Carbonio ha una notevole influenza sulle caratte-ristiche degli acciai inox austenitici sia dal punto divista meccanico che per la resistenza alla corrosione:da un lato ne aumenta le caratteristiche meccanichema contemporaneamente ne abbassa la resistenza al-la corrosione per via della precipitazione dei carburidi Cromo. Qualche esempio: se la percentuale diCarbonio viene portata fino allo 0,10%, ecco che siottengono acciai con caratteristiche meccaniche piùelevate, soprattutto se incruditi come il X10CrNi18-8 (AISI301), impiegati per la fabbricazione di molle.Se invece la percentuale di Carbonio resta al di sottodello 0,03%, si riduce notevolmente la formazione

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dei carburi di Cromo nell’intervallo di temperaturatra 450°C e 850°C, che corrisponde a un impoveri-mento del Cromo nel film passivo. Questo fenome-no è chiamato “sensibilizzazione” e può dare originealla “corrosione intergranulare”. Gli acciai con percentuali di Carbonio inferiori allo0,03%, sono chiamati “Low Carbon” e sono da pre-ferire nel caso si debbano eseguire delle saldature osi debbano impiegare negli intervalli di temperaturasopraccitati.Un altro modo per evitare la sensibilizzazione èquello di aggiungere Titanio o Niobio nella lega poi-ché, essendo elementi stabilizzanti, si legano veloce-mente con il Carbonio dando luogo a carburi diNiobio e Titanio impedendo, quindi, la formazionedei carburi di Cromo. Questi acciai vengono chia-mati “stabilizzati” e sono impiegati nelle strutturesaldate; è il caso del X6CrNiTi18-10 (AISI321) e delX6CrNiMo17-12-2 (AISI316Ti).Gli acciai inossidabili austenitici hanno una resi-stenza meccanica mediamente compresa tra 550 e750 MPa e uno snervamento intorno a 300 MPa.Per via di questa sensibile differenza, possiedonoun ottimo valore di allungamento %, compresomediamente tra 40 e 50 ma che può spingersi finoa 55%. Questo li rende particolarmente idonei perlavorazioni di deformazione a freddo: l’imbutiturain primo luogo con la quale si possono ottenere for-me stampate molto profonde come pentole, lavellida cucina, autoclavi e corpi di pompe a immersio-ne e altro ancora.Questi acciai mantengono la loro struttura austeniti-ca dalla temperatura di fusione fino alla temperatu-ra ambiente e, pertanto, non possono essere induritiper trattamento termico. L’unico modo per aumen-tare i valori di resistenza meccanica è attraverso l’in-crudimento mediante deformazione plastica a fred-do (operazioni come l’imbutitura, la trafilatura o lalaminazione).L’incrudimento del materiale avviene per trasforma-zione della struttura dall’austenite in martensite.Attraverso queste lavorazioni, i valori di resistenzameccanica salgono fino a 1500-1800 MPa.L’unico trattamento termico possibile per gli acciaiinossidabili austenitici è la solubilizzazione intorno a1050°C, durante la quale si riforma la struttura ori-ginaria austenitica a reticolo cubico a facce centrate.

Gli acciai Inossidabili Duplex hanno una strutturabifasica mista di austenite e ferrite a temperaturaambiente. Questo è il risultato della combinazionedi Cromo e Nichel opportunamente bilanciati nellacomposizione chimica della lega. Il Cromo è presen-te in valori percentuali compresi tra 22 e 25%, men-tre il Nichel è compreso tra 4 e 7%. In molti casi siha l’aggiunta di Molibdeno.L’aggiunta di Azoto favorisce la stabilità della strut-tura e aumenta la resistenza alla corrosione.Gli acciai Duplex possiedono elevate caratteristichemeccaniche (resistenza a rottura Rm mediamentecompresa tra 650 e 850 MPa) e un’elevata resistenzaalla corrosione elettrochimica soprattutto in presen-za di cloruri, ambiente marino e altro. Questi acciai sono quindi impiegati in campo chimi-co e petrolchimico.Il basso valore di Nichel contenuto nella lega rendequesti acciai vantaggiosi dal punto di vista economi-co. Per contro essi posseggono tutti gli svantaggi siadella struttura ferritica che di quella austenitica, inparticolare, se esposti a temperature comprese tra550°C e 900°C, vengono a formarsi carburi/nitruri efasi intermetalliche che possono provocare perditadi tenacità e di resistenza alla corrosione. Lo stessodegrado avviene intorno alla temperatura di 475°C epertanto questi acciai vengono impiegati in esercizioa temperature al di sotto dei 300°C. Gli acciai inossidabili Duplex sono stati messi a pun-to dalla ditta Sandvik; la loro designazione originaleè ancora in uso ed è composta da due coppie di nu-meri come 2205 il capostipite di questi acciai dove22 è la percentuale di Cromo e 05 quella di Nichel.Secondo la norma EN10088 questo acciaio equivalea X2CrNiMoN22-5-3.

Gli acciai inox indurenti per precipitazione PH(Precipitation Hardening) sono stati messi a puntoinizialmente per fini bellici per disporre di leghe concaratteristiche superiori agli acciai inossidabili mar-tensitici sia in termini di tenacità che di resistenza al-la corrosione.La fase di indurimento consiste in un rafforzamentodel materiale attraverso la precipitazione finementedispersa di composti intermetallici e interstiziali nelreticolo cristallino dell’acciaio. A questo scopo vengo-no aggiunti elementi di lega quali Alluminio, Rame,

Gli acciai inossidabili

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Titanio e Niobio. Il Nichel è sempre presente sia permigliorare la resistenza alla corrosione che per ren-dere tenace la massa metallica. Il Carbonio, invece, èpresente in percentuali inferiori allo 0,10%.Uno fra i più comuni di questi acciai è il 17-4 PH(AISI 630) X5CrNiCuNb16-4. Esso ha la resistenzaa rottura superiore a 860 MPa e lo snervamento su-periore a 725 MPa.Viene impiegato per applicazioni con forti sollecita-zioni e ambienti corrosivi come nell’industria chimi-ca e motoristica, in particolare per la costruzione divalvole, bulloneria, palette per turbina, molle, caviper sostegni in acqua di mare e strumenti chirurgici.

Fenomeni corrosivi degli acciai inossidabiliTutti i metalli, fatta eccezione per i metalli nobili co-me oro e platino che si trovano in natura al loro sta-to naturale, vengono estratti sempre dai loro minera-li; quindi i metalli hanno la tendenza a rimanere inuno stato stabile, che poi rappresenta lo stato origi-nale del metallo, che corrisponde allo stato d’ossido.La corrosione è una forma di degrado dovuta a rea-zioni chimiche ed elettrochimiche che hanno luogoall’interfaccia fra la superficie di un materiale e l’am-biente con cui esso è in contatto: il risultato è unprogressivo decadimento delle caratteristiche fun-zionali degli acciai inossidabili che avviene quando icostituenti principali della lega (Fe Cr Ni Mo) sicombinano con gli agenti aggressivi formando pro-dotti di corrosione.La corrosione degli acciai inossidabili può provoca-re svariati problemi: nel caso di tubazioni e serbatoipossono verificarsi forature che comportano la fuo-riuscita dei fluidi contenuti, negli elementi struttura-li può provocare la riduzione della sezione resisten-te con conseguente perdita della capacità di caricodell’elemento, nei componenti per arredo e nel cam-po edilizio possono verificarsi alterazioni dell’aspet-to estetico e, infine, nei componenti che vengono acontatto con gli alimenti possono avvenire contami-nazioni con l’alimento stesso.La corrosione degli acciai inossidabili avviene percirca il 95% per via elettrochimica (detta anche cor-rosione in umido) e solo per circa il 5% per via chi-mica (detta anche corrosione a caldo). In questo bre-ve articolo ci occuperemo solo di fenomeni di corro-sione a umido.

Per avere corrosione elettrochimica sulla superficiedel metallo devono avvenire due reazioni contempo-raneamente: quella anodica (ossidazione) e quellacatodica (riduzione).Affinché le reazioni di ossido-riduzione abbiamoluogo, è necessario che sia presente un conduttoreionico allo stato liquido, detto “elettrolita”, che per-metta il passaggio di corrente tra la zona anodica equella catodica: nella maggior parte dei processi cor-rosivi, l’elettrolita è l’acqua (acqua dolce, acqua dimare, condensa di vapore, umidità atmosferica).Sulla superficie del metallo viene a crearsi una diffe-renza di potenziale, una forza elettromotrice chepermette la circolazione di una piccola corrente lo-cale in grado di innescare il processo corrosivo.I prodotti della corrosione sono ossidi e idrossidi diferro. L’analogia con la pila galvanica è evidente: al-l’anodo (Ferro) avviene la reazione di ossidazionecon conseguente corrosione, mentre al catodo (zonapovera di ossigeno posta intorno all’anodo) avvienela reazione di riduzione.

I principali parametri che giocano a favore dell’inne-sco della corrosione sono:- La natura dell’agente aggressivo (tipologia, con-

centrazione, pH);- La temperatura dell’agente aggressivo (temperatu-

re elevate facilitano l’innesco);- La finitura superficiale del metallo (scalfitture,

graffi, rugosità elevata favoriscono l’innesco);- La velocità del fluido sulle pareti del materiale (zo-

ne con ristagni di liquido sono dannose).In linea del tutto generale si può dire che sono i clo-ruri (Cl-) i principali “nemici” dell’inox, in quantoin grado di “rompere” il film di passività e di ostaco-larne la riformazione; la concentrazione degli ionicloruro e l’acidità (pH) sono, insieme con la tempe-ratura, i fattori da ben indagare al momento dellascelta del tipo di acciaio inox.

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Gli acciai inossidabili

Diverse sono le forme in cui si manifesta la corrosio-ne elettrochimica e vengono chiamate:generalizzata; galvanica; per vaiolatura o pitting; in-terstiziale o crevice; intergranulare; sotto sforzo.

La corrosione generalizzataInteressa tutta la superficie del materiale metallicoesposto all’ambiente aggressivo. È il caso tipico de-gli acciai inossidabili a contatto con soluzioni acideper esempio a contatto con soluzioni acquose di aci-do cloridrico, solforico, fosforico, citrico, ecc.L’effetto della corrosione generalizzata è la perditadi spessore del metallo (si parla di velocità di corro-sione e perdita di massa).

La corrosione galvanica

Avviene quando vengono accoppiati due metalli didifferente potenziale elettrochimico in presenza diun liquido detto “elettrolita”. Quando la differenzadi potenziale supera una certa soglia, si crea un pas-saggio di elettroni tra il metallo meno nobile (anodo)

e quello più nobile (catodo), di fatto una correnteelettrica. Come conseguenza, si ha che il materialemeno nobile si corrode andando a compromettere lapropria resistenza meccanica. L’acciaio inossidabile è un materiale nobile e pertan-to se accoppiato con metalli meno nobili come l’Al-luminio questo ultimo si corrode. A questo fenome-no interviene un altro fattore importante: il rappor-to di massa tra il materiale nobile e quello meno no-bile. Maggiore è questo rapporto e più veloce e in-tenso risulta il fenomeno corrosivo. Viceversa se ilmateriale meno nobile ha una massa più grande ri-spetto a quella del più nobile, l’effetto corrosivo vie-ne limitato. È necessario pertanto porre attenzioneagli accoppiamenti tra l’acciaio inossidabile e altrimateriali metallici, si pensi per esempio al collega-mento tra pannelli di acciaio inossidabile se si devo-no utilizzare dei perni o delle viti: questi non devo-no essere assolutamente di Alluminio o acciaio alCarbonio in quanto hanno un potenziale elettrochi-mico più basso rispetto l’acciaio inossidabile. Inquesto caso si dovranno utilizzare componenti an-ch’essi in acciaio inossidabile oppure si dovrannoisolare elettricamente i diversi materiali.

La corrosione per vaiolatura o pittingIl pitting è un fenomeno di corrosione localizzato ti-pico degli acciai inossidabili: esso produce gravidanneggiamenti penetranti e pericolose forature neicomponenti in esercizio.La dimensione superficiale delle forature è piccola,compresa tra mm 0,10 e mm 2,00 ma al di sotto diquesto foro possono generarsi ampie cavità o golestrette e profonde che possono perforare la sezionemetallica. Si pensi al rischio di una tubazione o di unserbatoio intaccati da pitting: una volta perforati,possono perdere il liquido contenuto.

Esempi tipici di corrosione galvanica

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Il fenomeno di pit-ting si innescaquando il metalloviene a contattocon cloruri come,ad esempio, in am-biente marino op-pure con solfuri co-me negli ambientiurbani inquinati oindustriali.Una volta che ilfilm passivo si rom-pe e si innesca que-sto tipo di corrosio-ne, questa tende adautoalimentarsi e a

progredire in quanto il cratere, che funge da parteanodica, continua a corrodersi mentre sull’area in-torno al foro, che funge da parte catodica, si deposi-tano le parti corrose all’interno per l’effetto elettro-chimico prima descritto.L’alta temperatura, un elevato pH, oltre che la con-centrazione dei cloruri, accelerano questo tipo dicorrosione.Per evitare questo pericoloso e diffuso fenomeno cor-rosivo si ricorre ad acciai inossidabili con un film pas-sivo resistente e in grado di auto-generarsi rapida-mente, in particolare acciai contenenti elevati quanti-tativi di Cromo e contenenti Molibdeno e Azoto.Per questo fenomeno corrosivo e solo per le altreforme di corrosione localizzata, è stato messo a pun-to un indice di resistenza alla corrosione del materia-le chiamato “PREN” (Pitting Resistence EquivalentNumber) che si basa sulla percentuale in lega di que-sti elementi.A secondo della struttura del materiale, la formulaper ricavare il PREN varia nel seguente modo:- PREN = %Cr+3,3(%Mo) per i ferritici- PREN = %Cr+3,3(%Mo) +16(%N) per gli auste-

niticiCome ben si vede, il Nichel non interviene nel pre-venire l’innesco della corrosione ma ne rallenta lapropagazione favorendo la ripassivazione.Il Manganese, invece, essendo molto affine allo Zol-fo, tende a formare solfuri di Manganese che si rive-lano zone preferenziali all’innesco alla corrosione.

Corrosione interstiziale o creviceLa corrosione interstiziale viene a crearsi laddove visono delle piccole fessure, degli interstizi, delle pic-cole intercapedini tra le parti metalliche. Sono sog-gette a questo tipo di corrosione anche zone dove visono incrostazioni, per esempio al di sotto di depo-siti calcarei come avviene nelle tubazioni dove scor-re acqua ricca di calcare.I meccanismi della corrosione interstiziale sono mol-to simili a quelli della vaiolatura, la zona dentro l’in-terstizio scarsamente ossigenata funge da zona ano-dica, mentre la parte al di fuori dell’interstizio fungeda zona catodica.Per la scelta dei materiali più idonei per resistere aquesto tipo di corrosione valgono gli stessi criteriutilizzati per la corrosione da pitting, l’indice diPREN è valido anche per questa situazione.Per prevenire la formazione di vaiolatura è importan-te una progettazione dei componenti che elimini tut-ti gli interstizi e, se questi sono necessari, si deve cer-care di ingrandirli il più possibile per evitare ristagnidi soluzioni acquose e facilitare l’ossigenazione.

Corrosione intergranulareLa corrosione intergranulare avviene quando gli ac-ciai inossidabili vengono esposti per lungo tempoentro un intervallo di temperatura compreso tra i450C° e i 900°C per gli acciai austenitici e a tempe-rature inferiori per quelli ferritici. In questo interval-lo di temperatura lungo i bordi del grano cristallinoil Carbonio tende a legarsi con il Cromo formandocarburi di Cromo Cr23C6 e sottraendo il Cromo alfilm passivo. Di conseguenza, se la percentuale diCromo scende al di sotto del 12%, il film passivo siindebolisce e non è più in grado di garantire l’inos-sidabilità del materiale.

Esempio di corrosione per vaiolaturao pitting

Esempio di corrosione interstiziale o “crevice”

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Gli acciai inossidabili

Nel pezzo, la corrosione si sviluppa sotto forma dicricche singole o ramificate che seguono proprio ibordi del grano ove si è avuta la precipitazione deicarburi. Questo meccanismo di corrosione localizzata avvie-ne solitamente a seguito di trattamenti termici erratio nelle saldature nelle zone adiacenti al cordone disaldatura: la zona termicamente alterata (ZTA), do-ve il tempo di permanenza nell’intervallo critico ditemperatura è più elevato.Per ovviare a questo problema, negli acciai inossida-bili austenitici si può intervenire in diversi modi, ti-picamente impiegando leghe con un tenore di car-bonio inferiore allo 0,03%. In questo caso, infatti, itempi di mantenimento nell’intervallo critico perl’incubazione e la formazione dei carburi di Cromo,diventano talmente elevati rendendo, all’atto prati-co, il fenomeno trascurabile.Un altro rimedio è quello di aggiungere Titanio eNiobio nella lega: questi elementi “stabilizzanti” silegano preferibilmente con il Carbonio impedendola formazione dei deleteri carburi di Cromo. Anchenegli acciai inossidabili ferritici, le aggiunte di Tita-nio e Niobio sono impiegate per evitare la corrosio-ne intergranulare.

Corrosione sotto tensioneLa corrosione sotto tensione avviene quando si han-no contemporaneamente 3 condizioni:- Un acciaio inossidabile con specifica composizio-

ne chimica;- Uno specifico ambiente corrosivo;- Una sollecitazione meccanica di trazione maggiore

di una specifica soglia.La tensocorrosione provoca la formazione di cricchesemplici o ramificate; la propagazione delle cricchepuò essere sia intergranulare (segue cioè il bordo deigrani) che transgranulare (attraversa indistintamente igrani).Gli acciai inossidabili più sensibili a questo tipo di cor-rosione sono quelli austenitici quando vengono a con-tatto con soluzioni clorurate o in ambiente marino.I casi peggiori si hanno per le leghe che hanno unapercentuale di Nichel tra 8 e 10%, vale a dire gli acciaiaustenitici più comuni a partire da AISI304 e AISI316.Sono invece praticamente insensibili a questa forma dicorrosione le strutture ferritiche che, però, sappiamoessere poco resistenti ai cloruri.Una valida alternativa sono gli acciai duplex che han-no una buona resistenza in ambienti clorurati e strut-tura bifasica (50% austenite e 50% ferrite). La faseferritica, presente nella loro microstruttura, conferisceuna elevata resistenza alla tensocorrosione.Dettaglio di corrosione intergranulare

Esempio di corrosione sotto tensione

Nota informativa: Le fotografie riportate nel presente articolo sono di gentile concessione del Centro Inox(Associazione italiana per lo sviluppo degli acciai inossidabili) di Milano.Si ringraziano per il contributo l’ing.Viganò del Centro Inox e il dott. Rocchi di Minifaber S.p.a.

Bibliografia“GLI ACCIAI INOSSIDABILI” - Marco Boniardi e Andrea Casaroli - Gruppo Lucefin - 2014.

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L’Antimetallurgia ed il Signor COR-TEN

di Amedeo Amadei, International Welding Inspector

Talvolta, quando parlo con le persone, mi sfugge iltermine “antimetallurgia”. Vengo subito guardatocon sospetto, come se parlassi di una nuova, sco-nosciuta, tassa. Poi, quando spiego che faccio rife-rimento alla “ruggine”, tutti tirano un sospiro disollievo. Ebbene sì, parlo proprio di quel fenome-no che in pratica affligge soprattutto le leghe side-rurgiche - ghisa ed acciaio - in cui, volendo sempli-ficare, il ferro progressivamente si slega dal Carbo-nio in favore dell’Ossigeno. Nell’acciaio comune alFerro-Manganese(e anche qui ci sarebbe molto dadire)-Carbonio, l’Ossigeno si sostituisce nel tempoal Carbonio, generando prima l’ossido ferrosoFeO, poi l’ossido ferrico Fe2O3 ed infine l’ossidomagnetico di Ferro, Fe3O4 (la “ruggine”, appun-to). In ambiente aperto questo fenomeno si realiz-za completamente in circa due decenni, con effettidevastanti - (Fig. 1), comportando il decadimentoin senso assoluto delle proprietà meccaniche (valo-ri di resistenza meccanica, snervamento, allunga-mento, resilienza).

Peccato che il sospiro di sollievo di cui sopra, siaassolutamente immotivato!Da più studi risulta provato (come giustamentesottolineato dai Proff. P. Pedeferri, A. Cigada e T.Pastore nei loro Corsi di Corrosione e Protezionedei materiali - Università di Milano, Bergamo edaltre) che l’Antimetallurgia generi danni economi-ci (diretti ed indiretti) nei Paesi industrializzatinell’ordine del 3 - 4% del PIL. Recentissimi studiriguardanti gli Stati Uniti, riferiscono addiritturadi costi nell’ordine del 6% del PIL. Il tutto consi-derando il valore intrinseco dei materiali corrosi, icosti per il loro rimpiazzo e la prevenzione (rivesti-menti protettivi, protezione catodica, ricorso a so-vradimensionamento, ecc.).

Sempre parlando con la gente, quando chiedo qualisiano a loro parere i settori veramente innovativi tut-ti citano l’ultimo Smartphone, l’ultimo processoreper personal computer, l’ultimo videogioco, l’ultimalavatrice o robot da cucina del caso. I più avanzati(?), spesso non conoscendo bene l’essenza dellamacchina, citano “la stampante 3D”.Nessuno cita mai una formidabile branca dellascienza che attualmente sta registrando enormiprogressi. Questa branca, e lo dico con la soddisfa-zione del tecnologo, è quella che va sotto il nomedi “Scienza dei materiali”.Eppure, in questa dissertazione non parlerò delleprossima produzione di materiali superconduttori,dei vetri metallici, dei biopolimeri intelligenti, deimetal-ceramici e dei compositi avanzati, delle le-ghe metalliche ottenute sulle stazioni spaziali in as-senza di gravità o dei misteriosi trichiti metallici.Farò, quasi paradossalmente, un “back-step”, unsalto nel passato.Un salto temporale di ben 82 anni, precisamentenel 1933. In quell’anno la United States Steel Cor-poration (oggi Arcelor-Mittal) brevettò un nuovotipo di acciaio il COR-TEN (dall’inglese “CORro-sion resistance” e “TENsile strength”).Un acciaio basso-legato alto-resistenziale ed auto-passivante definito “patinabile”.Nell’acciaio patinabile (weathering steel), la ruggi-ne è, incredibilmente, “desiderata” in quanto co-stituisce una patina protettiva di ossido a forteaderenza che presenta un’ottima resistenza allacorrosione atmosferica, parallelamente a quantoavviene, per altre cause (Cromo sopra il 12%), ne-gli acciai inossidabili.Questo film protettivo è caratterizzato da uno stra-to esterno poroso e da un sottile strato internoamorfo ed impermeabile, ricco di Rame, Cromo eFosforo, che conferisce altissima resistenza allacorrosione. Il colore varia, nel corso del processodi ossidazione, da un arancio iniziale fino ad unacolorazione bruno-rossastra all’avvenuta stabiliz-zazione della pellicola.Il che, detto tra noi, svela subito all’esperto la da-ta di posa in opera del manufatto.Significativo risulta il confronto tra le curve speri-mentali di consumo dovuto all’esposizione diagenti atmosferici tra una lamiera in acciaio comu-

Fig. 1 - Effetto devastante della ruggine

Fig. 5 - caratteristiche meccaniche e chimiche degli acciaiCOR-TEN secondo la Norma EN 10025-5:2004

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L’Antimetallurgia ed il Signor COR-TEN

ne al Carbonio, un acciaio al Carbonio addiziona-to dello 0,25% di Rame ed il COR-TEN - (Fig. 2).

Si noti come la trasformazione dell’acciaio in ossidi diferro, misurata nell’inconsueta unità di misura g/m2,continui a crescere sino alla completa annichilazionenegli altri due acciai citati, mentre nel COR-TEN il fe-nomeno viene sostanzialmente a cessare dopo circa 18mesi. Fattori determinanti per la corretta “fioritura”della “patina” sono: cicli alternati asciutto/bagnato, ilcontatto con l’atmosfera, l’azione foto-catalitica dellaluce solare e l’assenza di ristagni permanenti con l’ac-qua, eventuali applicazioni di pitture o cere protettivesubito dopo l’esposizione del COR-TEN all’atmosferae cioè prima della formazione ed accrescimento delfilm passivante. Nelle zone industriali la “patina” siforma più rapidamente ed è di colore più scuro che inzone rurali, dato che nel processo chimico incidonol’inquinamento e la poca presenza di ossigeno. Se la“patina” superficiale viene intaccata o scalfita, l’accia-io si ossida di nuovo per costruire una nuova protezio-ne che perdura inalterata nel tempo.Questo fenomeno di rigenerazione può ripetersi quasiinfinite volte, mantenendo così una protezione conti-nua. L’utilizzo del COR-TEN è assolutamente sconsi-gliato in spazi chiusi non in contatto con l’atmosferaed in ambienti marini ricchi di cloruri, dato che la “pa-tina” non si può formare ed il materiale si corrodeesattamente come fosse acciaio al carbonio. In tal sen-so, clamoroso esempio di errato impiego fu, nel 1975,

la realizzazione in COR-TEN dell’Aloha Stadium diHonolulu, trasformatosi in un ammasso di rugginenell’arco di pochi anni. Ciò dimostra come questostraordinario acciaio dia il meglio di sé in impieghistrutturali che prevedano una forte esposizione agliagenti atmosferici (non clorurati) quali ponti - (Fig. 3),manufatti, tipo container, ma anche in architetturaquale rivestimento esterno di edifici - (Fig. 4) ed incampo artistico con opere esposte in ambienti aperti.

Fig. 2 - Confronto degli effetti degli agenti atmosferici tra ilCor-Ten e due altri tipi di acciaio

Fig. 3 - Impieghi strutturali del Cor-Ten: ponti

Fig. 4 - Impieghi strutturali del Cor-Ten: rivestimentiesterni di edifici

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La norma EN 10025-5:2004 definisce con precisionele caratteristiche meccaniche e chimiche degli acciaiCOR-TEN - (Fig 5).Il COR-TEN viene attualmente prodotto in tre diver-se tipologie:COR-TEN A: (il primigenio prodotto negli anni ‘50)detto abitualmente “al Fosforo”, viene impiegato perapplicazioni architettoniche. Ha una resistenza agliagenti atmosferici da 5 a 8 volte superiore a quella del-l’acciaio al Carbonio.COR-TEN B: (sperimentato e prodotto dal 1960) det-to abitualmente “al Vanadio”, viene utilizzato perstrutture fortemente sollecitate. Ha una resistenza agliagenti atmosferici di circa 4 volte superiore a quelladell’acciaio al Carbonio.COR-TEN C: (prodotto dopo il 1963) viene usatoper strutture ancor più fortemente sollecitate. Hauna resistenza agli agenti atmosferici di circa 4 voltesuperiore a quella dell’acciaio al Carbonio.I profilati in acciaio COR-TEN possono essere forni-ti grezzi o pre-ossidati con una patina protettiva giàformata artificialmente tramite processi di accelera-zione. La pre-ossidazione limita a un periodo più bre-ve gli eventuali fenomeni di “sfarinamento” che pos-sono verificarsi sino al termine della stabilizzazione.Dato che questo acciaio viene commercialmente pro-dotto più frequentemente su spessori fino a 12 mm,recentemente vanno segnalati interessanti realizzazio-ni di metallizza-zione al plasma (cfr.: A. Amadei - IlPlasma - Applicazione nei processi di saldatura, taglioe spruzzatura - 2006) su spessori consistenti di altret-tanto importanti acciai strutturali - tipo EN 10025-2:2004 S 355 J2G3 o EN 10027-1:2005 C40. Parequasi ovvio dire che tanto maggiore è lo spessore delmanufatto tanto più ha senso, sotto un profilo econo-mico, metallizzare il COR-TEN con processo Plasma.Per quanto concerne i processi produttivi e la lavo-rabilità del materiale, si registrano i punti di seguitopresi in considerazione.Piegatura a freddo: può essere effettuata a freddo si-no a spessori di 12,5 mm, purché si tengano presen-ti i minimi raggi di curvatura legati a spessore e tipodi COR-TEN (A, B o C).Formatura a caldo: per la formatura a caldo non sus-sistono problemi particolari. Si consiglia tuttavia dieffettuare il riscaldo ad una temperatura non superio-re a 1.100° C e di terminare l’operazione di formatu-

ra ad una temperatura compresa fra 815° C e 900° C.Il raffreddamento conseguente alla formatura a caldonon produce un apprezzabile indurimento del mate-riale e quindi, se la lavorazione è stata eseguita in mo-do corretto, non sono necessari trattamenti termici fi-nali. È senz’altro sconsigliabile l’esecuzione della for-matura a caldo ad una temperatura inferiore ai 650°C.Saldabilità:COR-TEN può essere saldato in tutti gli spessori econ tutti i più comuni metodi di saldatura:- Ad arco con elettrodi rivestiti (ISO 4063:1998 - 111).- Ad arco sommerso (ISO 4063:1998 - 121, 122, 124,

125).- Ad arco sotto gas protettivo (MAG; TIG e Plasma

Arc Welding) (ISO 4063:1998 - 135, 136; 141 e151, 152).

- A resistenza (ISO 4063:1998 - 211, 212).Nella maggior parte dei casi, possono essere usatimateriali d’apporto comunemente adottati per la sal-datura di acciai al Carbonio-Manganese aventi carat-teristiche meccaniche simili a quelle del COR-TEN.Qualora il COR-TEN venga utilizzato allo stato “nu-do” per impieghi architettonici e la saldatura sia effet-tuata in più di due passate è consigliabile che, per leultime due passate, vengano usati Materiali d’Appor-to al 2% o al 3% Nichel. In ogni caso è necessario ri-spettare le temperature minime di pre-riscaldo, defi-nite da variabili legate al tipo di COR-TEN impiega-to (A, B o C) e dallo spessore delle parti da saldare.I costi d’acquisto, data corrente, per un acciaio comu-ne al Carbonio-Manganese trasformato dall’Aziendain prodotto finito sono di circa 0,55 €/kgp. Per ilCOR-TEN, di circa 0,75 €/kgp. Per un acciaio inossi-dabile austenitico, tipo AISI 304 (e considerato il mi-nore della sua categoria), sono di circa 1,52 €/kgp.In conclusione, il Signor COR-TEN è un acciaio bas-so-legato, alto-resistenziale, di buona lavorabilità e concosti nettamente inferiori a quelli di altri acciai alto-re-sistenziali, tipo gli inossidabili austenitici della serie300 AISI. Resiste strenuamente all’ossidazione, mante-nendo nel tempo valide caratteristiche meccaniche.Molte strutture sono esposte agli agenti atmosfericie, sempre di più a causa dei recenti mutamenti cli-matici, alla violenza dei fenomeni metereologici.Un buon progettista non potrà più trascurare, comeforse è avvenuto in passato, questo caro, ritrovatoacciaio.

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 60

L’auto elettrica sta arrivando,inesorabile

La storia delle auto elettriche inizia da lontano

I veicoli elettrici hanno una lunga storia alle spalle.La loro origine risale al 1832, ben prima dell'inven-zione del motore a combustione interna. La Franciae la Gran Bretagna furono le prime nazioni europeead avere una diffusione significativa di veicoli elettri-ci a partire dalla fine del XIX secolo. Le automobilielettriche erano preferite rispetto alle altre perchéerano silenziose, non vibravano, non emettevanosgradevoli odori e non avevano nemmeno il cambio.Ma a partire dal 1920, una serie di fattori economi-ci-ambientali segnarono un cambio di tendenza a fa-vore dell'auto a benzina, eclissando il successo del-l'auto elettrica.Innanzitutto la scoperta di grandi giacimenti di pe-trolio in Texas diminuì drasticamente il prezzo dimercato del carburante e l'introduzione di impor-tanti innovazioni come la catena di montaggio del-l'industriale Henry Ford e il motorino di avviamen-to, segnarono una svolta decisiva della tendenza.Queste nuove invenzioni permisero infatti di ridurrei costi di produzione e di rendere i prezzi delle autoaccessibili a una maggiore fetta di mercato. Inoltre,la buona autonomia delle auto a benzina permettevadi soddisfare anche la crescente necessità di percor-rere sempre più lunghe distanze. Negli anni novantaci fu in USA una nuova ondata di entusiasmo e laproduzione dei veicoli elettrici ricominciò, grazie an-che al mandato del governo della California "ZeroEmission Vehicle". Ma la tecnologia dei prototipielettrici risultava ancora molto deficitaria rispetto aquella dell'auto tradizionale.Negli ultimi anni un aumento costante del livello diemissioni inquinanti e dei prezzi dei carburanti do-

vuto alla crescente scarsità delle riserve petrolifereha ridestato l'interesse dei governi e dell'industriaverso un nuovo concetto di mobilità e una maggioresensibilità verso un futuro più pulito. Molti paesihanno infatti promosso nuovi programmi di ricercae sviluppo per la realizzazione di veicoli ecologiciibridi o elettrici.

Veicoli elettrici: le tipologie di motoriI veicoli elettrici possono utilizzare una configura-zione diretta motore-ruota che aumenta l'efficienzanell'erogazione della potenza. Il fatto che possonoavere molteplici motori collegati direttamente alleruote permette a ciascuna ruota di essere sia propul-siva che frenante, cosa che aumenta la trazione.Molte delle vetture elettriche di oggi sono capaci diprestazioni in accelerazione che superano quelle deiveicoli a benzina della stessa potenza. La Tesla Road-ster, una sportiva biposto commercializzata dalla ca-liforniana Tesla Motors e dotata di un motore elettri-co asincrono a tre fasi con trasmissione monomarcia,accelera da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi: una rapidi-tà superiore a quella di una Ferrari 575M Maranelload esempio e come una Mercedes SLS AMG. Inol-tre i motori elettrici, con i moderni sistemi di alimen-tazione, possono lavorare a potenza o a coppia co-stanti; i motori a combustione interna hanno unapropria curva caratteristica, seguendo la quale i regi-mi di coppia e potenza massime si hanno in zonemolto limitate della velocità di rotazione, in genereverso i 2/3 della velocità massima per la coppia e 4/5per la potenza.Ciascun costruttore di auto ha una propria visione dicome sarà la mobilità del futuro ed in base ad essadeclina la sua offerta di modelli innovativi, ecco iprincipali modelli di motori ibridi ed elettrici dispo-nibili oggi sul mercato:

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Veicoli bimodali elettrico- endotermico (HEV)Sono veicoli provvisti di due motorizzazioni indi-pendenti, rispettivamente elettrica alimentata a bat-teria ricaricabile dalla rete elettrica ed endotermicautilizzabile in alternativa a quella elettrica per con-sentire percorrenze elevate. Spesso ognuna dellemotorizzazioni è connessa ad un asse del veicolo,che opera quindi a trazione anteriore o posteriore aseconda del propulsore attivato. Questa soluzioneconsente di ridurre enormemente il consumo di car-burante fossile ma il motore a scoppio resta comun-que fondamentale nel trasferimento di coppia motri-ce alle ruote. Molto ampia l’offerta di mercato di au-to ibride: da Audi a Volkswagen, passando per i co-struttori giapponesi (Honda, Infiniti, Lexus, Toyo-ta), i marchi premium come BMW, Mercedes e Por-sche, le francesi Citroen e Peugeot.

Veicoli ibridi Plug-in (PHEV)Un’evoluzione tecnologica delle vetture ibride è rap-presentato dalle ibride plug-in (Plug-in HybridElectric Vehicle), che presentano la possibilità di ri-carica delle batterie elettriche anche tramite una fon-te esterna, come un classico cavo di alimentazione.Sono veicoli con doppia fonte di potenza per la pro-pulsione, una elettrica ed una con motore termico(che nel sistema ibrido- parallelo è connesso alleruote motrici) la cui batteria, normalmente dimen-sionata per una autonomia di poche decine di chilo-metri, può essere ricaricata dalla rete elettrica. Conun dimensionamento della batteria atto a erogareun'autonomia di 30 km, si potrebbero soddisfare ad"emissioni zero" circa il 60% dei bisogni di mobili-tà delle automobili in Italia. Appartengono a questaclasse la BMW i8 Plug-in Hybrid, la Toyota PriusPlug-in, la Mitsubishi Outlander PHEV, la VolvoV60 D6 AWD Plug-in Hybrid.

Veicoli ibridi Range-Extended (EREV)Sono veicoli ibridi con due motorizzazioni: una elet-trica di trazione ed una endotermica di ricarica. An-che in questo caso la batteria, normalmente dimen-sionata per una autonomia attorno al centinaio dikm o più, è ricaricabile dalla rete elettrica; una voltascarica, entra in azione un generatore elettrico ali-mentato dal motore endotermico di bordo che prov-vede al reintegro della batteria. In questo modo di

funzionamento il veicolo si muove con il motoreelettrico, o con più motori elettrici collegati alle ruo-te, ma opera in definitiva attraverso il carburante dibordo, anche se con minori emissioni rispetto al vei-colo puramente endotermico convenzionale, perchéil motore del EREV lavora ad un regime ottimizzato,con la batteria che agisce da livellatore dell'energia,la quale viene in parte trasferita alle ruote e in parteimmagazzinata nella batteria stessa. A differenza del-le auto ibride, però, il motore termico resta comple-tamente scollegato dalle ruote e non esercita alcunafunzione nel trasferimento di coppia motrice. Fannoparte di questa classe di vetture la BMW i3 R.ed., laChevolet Volt R.ed. e l’Opel Ampera R.ed.

Veicoli elettrici a batteria (BEV), elettriche “Pure”Sono i veicoli con la sola motorizzazione elettrica ali-mentata da una batteria ricaricabile esclusivamentedalla rete elettrica. L'autonomia allo stato attuale ècompresa, per le autovetture, tra i 130 e i 200 km. Levetture elettriche “pure” non bruciano carburantefossile e si affidano per la propulsione alla sola ener-gia elettrica. In questo segmento l’offerta si concentrasulla BMW i3, la Citroen C-Zero, la Ford Focus Elec-tric, la Mia Electric, la Mitsubishi i-MIEV, le NissanLeaf e e-NV200, la Peugeot iOn, le Renault Zoe eKangoo Z.ed., la Smart Electric Drive, la TazzariEM1, la Tesla Model S e le Volkwagen e-Golf e-up!.

Uso dell’automobile in Europa: percorrenze giornaliere

Ad oggi una batteria al litio è in grado di contenereun'energia di circa 140 wattora per kg, nulla rispet-to ai 13000 wattora di un litro di benzina, ma suffi-cienti a garantire autonomie superiori ai 100 km:una distanza sufficiente a coprire il fabbisognogiornaliero di un guidatore europeo che nel 75%dei casi è inferiore a 50 km.

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 62

I veicoli elettrici sembrano quindi particolarmenteadeguati a spostamenti giornalieri di alcune decinedi chilometri, ma ovviamente la diffusione di tali vei-coli dovrà affrontare ostacoli rappresentati da fatto-ri psico-sociali come ad esempio: "e se un giorno do-vessi andare da Milano a Roma?" anche se la rispo-sta potrebbe essere mai.Da una ricerca sull’utilizzo dell’automobile condot-ta in Germania da IVT Heilbronn lnstitute nel 2010,prendendo in considerazione famiglie in cui sianopresenti due autovetture di cui una a batteria, indicacome l'impossibilità di far fronte alle esigenze di mo-bilità si verificherebbe statisticamente 8 giorni al-

l'anno se l'autonomia dell'auto elettrica fosse di 100km, ma soltanto un giorno all'anno se l'autonomia incondizioni d'uso reali fosse di 150 km. Lo studioconcludeva che su tali basi il potenziale teorico didiffusione dell'auto elettrica potrebbe toccare il30% del mercato.

AUTO ELETTRICAVS AUTO TRADIZIONALE:

dati a confronto

L’auto elettrica sta arrivando, inesorabile

* Sai Fondiaria - On line* * Dati O.N.F. Osservatori Nazionale Federconsumatori)

RENAULT CLIOAlimentazione

Cavalli

Coppia

Consumi

Vel. max

0-100 Kmh

Emissioni CO2

RENAULT CLIOCosto auto

Imposta di bollo

RC Auto*

Manutenzione**

Noleggio Batterie

Pedaggi/Parcheggi**

Carburante

Costo annuo

Punto di pareggio

DATIBenzina

90

135 Nm

5,6 L/100 Km

182 Kmh

12,2 s

105 g/Km

12.500 Km/anno16.200 €

195 €

1.029 €

747 €

0 €

363 €

1.109 €

3.443 €

Diff. Acquisto Auto /

Diff.Costo Annuo

DATIElettrica

88

222 Nm

11 Kw/100 Km

135 Kmh

8,1 s

0 g/Km

12.500 Km/anno21.850 €

0

405 €

100 €

960 €

150 €

187 €

1.802 €

5.650 € / 1.641 €

RENAULT ZOEAlimentazione

Cavalli

Coppia

Consumi

Vel. max

0-100 Kmh

Emissioni CO2

RENAULT ZOECosto auto

imposta di bollo

RC Auto

Manutenzione**

Noleggio Batterie

Pedaggi/Parcheggi**

Carburante

Costo annuo

3,44

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 63

RICARICA RAPIDA O RICARICA LENTA?

In merito alla scelta tra ricarica lenta e ricarica rapi-da, i fattori più rilevanti sono l'adeguatezza ai diver-si modelli di veicoli sul mercato, l'occupazione delsuolo pubblico, e il costo di realizzazione:1. La ricarica lenta in corrente alternata, praticabile

verso tutti i veicoli, presenta un basso costo ma ri-chiede lunghi tempi di rifornimento e quindi unaprolungata occupazione del suolo pubblico daparte di ciascun veicolo;

2. La ricarica veloce o rapida in corrente alternatapresenta costi di allacciamento maggiori e anchel'esigenza di collocare le stazioni dove sia disponi-bile una potenza adeguata al nodo della rete elet-trica di distribuzione, ma riduce il tempo di occu-pazione del suolo, consentendo così anche unmaggior sfruttamento economico della stazione diricarica; al momento però non tutti i veicoli hannoun caricabatteria di bordo dimensionato per tali li-velli di potenza. Alcuni esempi di infrastruttureScame per la ricarica rapida in corrente alternata:

Wall box residenzialeo condominiale,pubblico o privato

Colonnina per aree pubbliche

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 64

L’auto elettrica sta arrivando, inesorabile

3. La ricarica rapida in corrente continua, MODO 4è già diffusa sulla maggior parte dei veicoli of-ferti dalle case automobilistiche d'oltre oceano,è a sua volta assai efficiente ma richiede una sta-zione di ricarica di terra molto più costosa. Ilvantaggio della ricarica rapida in MODO 4, gra-dito sia all'industria dell'auto che all'utilizzato-re, sta gradatamente portando alla crescenteadozione di queste tecnologie sui veicoli; la scel-ta definitiva tra ricarica in corrente continua oin corrente alternata è tuttavia ancora aperta ecomporta allo stato delle cose la convivenza del-le due. Alcuni esempi di infrastrutture Scameper la ricarica rapida in corrente continua:

A. CHAdeMO: CHAdeMO è lo standard giappo-nese per la ricarica rapida. L'abbreviazione di"Charge de Move", equivalente a "ricarica ilmovimento". Il nome è un gioco di parole perocha demo ikaga desu ka che in giapponese, sitraduce con "Che ne dici di una tazza di tè?",Riferendosi al breve tempo impiegato per ricari-care un’auto.

B. COMBO è lo standard di connessione promos-so da alcune aziende costruttrici di auto tede-sche. Ha una lato AC per cariche in modo 3 edun lato DC per cariche in modo 4. La stazionedi carica non è compatibile con lo standardCHAdeMO.

Il mercato delle auto elettriche ibrideAlcune proiezioni stimano che al 2020 gli ibridi ri-caricabili potrebbero costituire a livello mondialeil 65% delle vendite totali di veicoli "elettrici" e glielettrici puri il 35%. In prospettiva, il motore en-dotermico degli ibridi ricaricabili potrebbe esserealimentato anche da biocarburanti. Iniziative diforte sostegno alla diffusione delle auto elettrichesono state attivate in diversi Paesi europei. LaNorvegia, con oltre 17.000 auto elettriche vendutein due anni, è la nazione europea con la maggiorepresenza di auto elettriche che hanno ormai supe-rato la quota del 10% del mercato e crescono an-cora. Anche la Francia grazie ad una legislazionefavorevole, registra vendite di oltre 16.000 veicolielettrici in tutto il paese.Alcuni fattori di successo:

• L’elevata incentivazione economica: in Franciafino a 7000 Euro provenienti da una extra tassa-zione sui veicoli con forti emissioni di C02, inNorvegia l'abbattimento della tassa di immatri-colazione - che può arrivare a 20.000 Euro, e ilcontestuale abbattimento dell'IVA del 25%;

• Misure di forte agevolazione nella mobilità: l’ac-cesso alle corsie dei mezzi pubblici, gratuità del-la sosta, pedaggi privilegiati su strade extraurba-ne, ecc.);

• La realizzazione di una rete di ricarica pubblicaa complemento di quella domestica.

Nel resto dell’Europa però, il cammino delle autoelettriche è meno prolifico: i dati relativi al 2014, in-fatti, rivelano che solo cinque Paesi nel mondo han-no superato i 10mila veicoli venduti e in Europa, nesono state immatricolate poche decine di migliaia.Per quanto riguarda l’Italia le immatricolazioni tota-li sono ancora lontane dalla soglia delle mille unità,sebbene nella parte finale dell’anno 2014 si sia regi-strato un’impennata di richieste e nonostante i nu-meri ancora esigui, in termini percentuali la crescitaè impetuosa: le vendite di auto elettriche in Italia so-no quadruplicate in appena un anno. I nuovi EV inItalia nel primo mese del 2015 sono stati 143, nellostesso periodo dell’anno 2013 erano 36: questi datifanno ben sperare al superamento della soglia di mil-le immatricolazioni già nel corso dell’anno, grazie

A.

B.

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 65

Via Costa Erta, 15 - Parre (BG) - Tel. 035 [email protected] - www.scame.com

anche all’arrivo di nuovi modelli di auto ibride edelettriche che amplieranno l’offerta presso il grandepubblico. In crescita, su cifre più significative, le vet-

ture ibride, passate dalle 1.666 di un anno fa alle2.168 del gennaio 2015, con quota di mercato in au-mento dall’1,4% all’1,6%.

Non ce ne accorgiamo perché la pubblicità non si focalizza sul tema, ma l’auto elettrica sta arrivando, ineso-rabile. Dal 2021 una Direttiva della Comunità Europea impone ai costruttori di auto di contenere la CO2

emessa dai veicoli in 95 gr/km: solo le auto di piccola cilndrata saranno in grado di rispettare questo limite,anche funzionando a metano o GPL. In caso di supero la casa automobilistica pagherà una multa di 100 eu-ro per ogni grammo di CO2 emessa oltre il limite fissato, moltiplicato per il numero di autovetture vendute.In questo momento le auto di media cilindrata emettono circa 130 gr di CO2 per un kilometro, le auto ibri-de 75 gr/km e quelle totalmente elettriche 50 gr/km: queste ultime due categorie sono le uniche in grado disoddisfare la Direttiva. Certo le auto elettriche hanno ancora dei punti dove migliorare, per esempio la dura-ta della carica e l’autonomia delle batterie, ma diamo per certo che ci saranno grossi progressi in tempi bre-vi. Ho già letto che una ditta israeliana ha messo sul mercato batterie per telefonini che si ricaricano in unminuto e presto, sono sicuro, verranno messe a punto nuove batterie per auto. Comunque già oggi le autocompletamente elettriche sono performanti per chi non supera i 100 km al giorno, praticamente quasi tuttinoi. Stiamo per assistere a una vera rivoluzione. In Francia e Germania c’è un gran fermento nel settore, conforti incentivi all’acquisto per aiutare la sperimentazione. In Italia tutto tace e le aziende che vogliono com-petere nel settore sono abbandonate a se stesse.... ma non mollano!

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 66

Storie di sostenibilità. Il tessile di fronte auna delle più grandi sfide di tutti i tempi

Chi come me ha visto l’industria tessile crescere ecambiare pelle più volte nel corso degli ultimi de-cenni si sta sicuramente ponendo una domanda: ilcrescente peso che parole come ecologia, sosteni-bilità, responsabilità sociale hanno assunto nei di-battiti e negli articoli è un fenomeno passeggero oindica un cambiamento di visuale nel nostro mododi essere impresa?La risposta che mi sono dato è la seguente: la so-stenibilità - individuabile nel rispetto dell’ambien-te e nell’equità sociale - non è solo un dovere ver-so le future generazioni ma è la condizione per es-sere oggi più competitivi.Alla base di questa affermazione vi sono più argo-menti: alcuni riferiti allo scenario macroeconomi-co e sociale, altri alle dinamiche interne al nostrosettore.Partiamo dallo scenario in cui questo dibattito sicolloca.

Quale sviluppo “sostenibile”?Sul tema “qualità dello sviluppo” la governancemondiale si interroga ormai sempre più frequente-mente in summit a cui partecipano i grandi dellaterra e molti libri sono stati scritti. Tutti i protago-nisti di questo dibattito condividono l’opinioneche non sia più accettabile un modello industrialeche sacrifichi l’ambiente, metta a rischio le risorsenaturali e il futuro del pianeta o sfrutti la povertàdi comunità e popoli. Sul “cosa fare” ovviamentele posizioni sono spesso differenti. Per molti auto-ri il modello capitalista ha ancora un suo valore, sitratta piuttosto di introdurvi comportamenti pre-ventivi e di equità sociale. Per altri siamo ormai aun punto di non ritorno e solo la “decrescita” puòsalvarci dal disastro e renderci “felici”.Certamente vi sono parole di buon senso in en-trambe le posizioni anche se dubito che si possa al-legramente tornare a logiche preindustriali e di au-toproduzione, non solo perché non saremmo capa-ci di rinunciare a un benessere acquisito e ai van-taggi della tecnologia, ma soprattutto perché il

rapporto popolazione mondiale-risorse è gestibilesolo con logiche di ottimizzazione globale che so-no nel dna della cultura industriale.La strada allora è quella di gestire le città, la viabi-lità, il sistema produttivo globale, l’accesso ai con-sumi di crescenti masse di popolazione con razio-nalità e attenzione, ribaltando per alcuni versi al-cune logiche un tempo accettate.Ne cito solo una a titolo d’esempio: tutto ciò chescartiamo deve diventare una nuova risorsa. È unapproccio nuovo: fino a pochi anni fa gli scartierano solo scarti, al massimo un costo da gestire,ma non ricordo tessitori negli anni 90 ad interro-garsi sui destini delle proprie cimosse. Oggi sap-piamo invece che ciò che è uno scarto in un com-parto deve diventare valore per un altro o genera-re energia. Il tessile su questo fronte ha già unagrande esperienza e molta ancora ne potrà fare.Mi riferisco al distretto pratese che ci ha insegna-to, prima che il riciclo diventasse di moda, che glistracci possono avere una seconda vita. Non di-mentico nemmeno la lungimiranza di periodi dif-ficili in cui con le eccedenze dell’industria casearianoi italiani abbiamo inventato una nuova fibra ar-tificiale o pannelli da trucioli di altre lavorazioniper costruire nuovi mobili. Esperienze antiche mache l’ecologia sta rivalutando nello sforzo comunedi individuare le materie prime di cui l’industriaha bisogno. Si tratta naturalmente di cambiare ilmodo stesso in cui progettiamo: un tessuto, un fi-lato, un capo confezionato devono essere pensatianche in funzione della durata, dei costi (ambien-tali) di manutenzione, del grado di biodegradabi-lità e del potenziale riciclo.

Made in Italy e sostenibilitàForti di queste esperienze, noi produttori tessiliitaliani abbiamo una marcia in più per affrontare iltema della sostenibilità.Abbiamo dalla nostra parte l’alleanza con altri set-tori: con la chimica tessile, con i produttori dimacchine, con il mondo della ricerca.

di Romano BonadeiEx-Allievo Esperia e Presidente di Fondazione Industrie Cotone e Lino

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 67

ed abbiamo la creatività che tutti ci invidiano e chenon dobbiamo limitare solo a bei disegni di tessu-to o a modelli originali di abiti ma - ora più chemai - estendere alla ricerca di soluzioni tecnico-scientifiche in grado di ridurre l’impatto ambienta-le delle lavorazioni.È buona cosa che si parli di tessile sostenibile, an-zi dovremmo farlo di più. Un motivo è quello dicontribuire, per quanto possiamo, a rendere con-creta quell’idea di sviluppo sostenibile di cui par-lavamo, l’altro è un argomento più legato alla com-petitività del nostro sistema.I prodotti occidentali (ma italiani soprattutto) sonosottoposti a controlli severi nel corso del processoproduttivo per quanto riguarda in particolare l’usodi sostanze tossiche e la gestione delle emissioni.Inoltre sono spesso tracciati e godono di certifica-zioni che ne attestano la qualità e le performancesambientali. Certo non si può dire altrettanto deiprodotti di importazione sebbene anche i paesi delFar East si stiano attrezzando per tutelare la quali-tà del loro ambiente.Ma tutto questo sembra non bastare più. Non ba-sta rispettare il Regolamento Reach e non bastanole certificazioni. I movimenti ambientalisti spingo-no perché la moda si impegni ad eliminare ogni so-stanza tossica della proprie lavorazioni e moltibrand hanno accettato la sfida, sia che abbianosottoscritto Detox, la campagna lanciata da Green-peace, sia che sviluppino proprie strategie.Naturalmente la scelta dei brand ha creato e stacreando tensione tra i produttori di semilavorati etra i nobilitatori a cui i clienti sottopongono capi-tolati tecnici particolarmente restrittivi e coerenticon gli obiettivi che gli stessi si sono dati.La richiesta di produrre senza sostanze inquinantie pericolose per la salute umana passa quindi daiproduttori di tessuti ai tintori e da questi ai pro-duttori di coloranti e ausiliari. Una catena che haun obiettivo che fatico a non condividere: il mi-glioramento progressivo della chimica tessile e del-le nostre lavorazioni.

Certo la strada non è facile ma nemmeno impossi-bile: non a caso già alcune imprese del compartohanno sottoscritto Detox (Miroglio, Italdenim,Tessitura Attilio Imperiali, Canepa, Besani e dueproduttori di accessori: Zip GFD e Berbrand) ealtre - a quanto sento dire - si stanno attrezzandoper firmare l’impegno. Il fatto che queste impresesiano italiane non è casuale e ci deve riempire diorgoglio.Una ricerca di sustainability-lab, il social media acui Fondazione Industrie Cotone e Lino ha aderi-to aprendo una propria area di discussione(http://www.sustainability-lab.net/it/groups/fon-dazione-industrie-cotone-e-lino.aspx), ci aiuta acomprendere meglio questo fenomeno. Nell’estate2014 Sustainability-lab ha intervistato 18 brandglobali ricavandone alcune utili informazioni cheriassumo:

Questo lo scenario che abbiamo di fronte.Possiamo percepire tutto ciò come un vincolo euna seccatura o accettare il tema della sostenibilitàcome un’opportunità per differenziare i nostriprodotti e acquisire reputazione. Spero che le im-prese italiane scelgano questa seconda opzione.

1. I brand intervistati considerano la sostenibili-tà una leva di competitività importante quan-do non caratteristica irrinunciabile delle lorocollezioni;

2. Tendono a valutare i propri fornitori con pa-rametri green e a servirsi da quelli ritenuti af-fidabili dal punto di vista ambientale tanto dadisporre di greenlist;

3. Ritengono prioritaria l’assenza di sostanzechimiche tossiche sui capi e chiedono ai for-nitori test e controlli specifici; sono interessa-ti alla tracciabilità delle lavorazioni e preferi-scono materiali che non sono costati sofferen-za per gli animali (si pensi alla polemica sulmulesing, sulla lana d’angora o sulle piumedei piumini).

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Relazione anno 2014 dell’AssociazioneEx Allievi dell’ITIS P. Paleocapa

Da settembre l’istituto ha ricevuto il nuovo preside prof. Imerio Chiappa, a cui il Consiglio formula imigliori auguri per un proficuo lavoro. Il preside ha chiesto di conoscere le principali aziende dellaprovincia ed i membri del Consiglio hanno provveduto ad accompagnarlo nelle visita di molte importantiaziende. Il Consiglio ringrazia il vecchio preside ing. Michele Nicastri per la collaborazione ricevuta intutti gli anni di lavoro insieme.Le attività dell’associazione si sono svolte con regolari incontri del Consiglio Direttivo, in cui si sonodiscusse e preparate le azioni da intraprendere a favore della scuola, per la preparazione della Festa degliEx Allievi e per la stampa della Rivista Esperia 2014.

• Festa degli Ex Allievi del 2014: sono intervenuti a parlare il sig. Giancarlo Losma, ex allievo peritomeccanico e presidente della Losma S.p.A. e della Piccola Industria di Confinfidustria Bergamo conl’intervento “Opportunità di lavoro oggi” e il dott. Achille Rosa con una lectio magistralis sulla logistica;

• Diventare imprenditori: l’associazione collaborerà con LUBERG per assistere i ragazzi che partecipa-ranno al concorso;

• Associazione Genitori e Consulta degli studenti: si sono avviate relazioni per una collaborazione piùstretta;

• Corsi: si stanno svolgendo corsi tecnici, con l’intento di farli diventare permanenti: abbiamo iniziatocon gli acciai inossidabili e la lean manifacturing, un nuovo modo di produrre che si sta estendendo amoltissime aziende. A settembre inizierà un corso sui polimeri;

• Scambi scuola-lavoro: ci siamo rivolti alle aziende per l’effettuazione di stage;• Iscrizione con quota ridotta: il Consiglio ha approvato l’introduzione di una quota di iscrizione ridotta

a 15 € per facilitare l’iscrizione dei giovani neo diplomati;• Facebook: è stata attivata una pagina Facebook per facilitare i contatti dei giovani con l’associazione;• Analisi di laboratorio: si sta studiando una convenzione con l’università per effettuare le analisi conto

terzi nei settori tessile e meccanico;• Laboratorio di tintoria: l’associazione sta collaborando per rimettere in funzione il laboratorio di

tintoria, non più funzionante da 5 anni;• 5x1000 2012: abbiamo ricevuto la somma di € 799.42, che la scuola ha destinato all’acquisto e al-

l’istallazione di due lavandini nel laboratorio di tintoria (spesa totale € 2189.90);• 5x1000 2015: abbiamo preparato un volantino pubblicitario per sollecitare la scelta dell’associazione

per il 5x1000 inserendo il CF 03052000167. Stiamo agendo in collaborazione l’Associazione Genitorie con la scuola, a cui saranno devoluti i proventi;

• Rivista “Esperia 2015”: sono stati raccolti gli articoli da pubblicare sulla rivista;• Libro dei soci: è stato fatto l’aggiornamento del “libro dei soci”;• Sostenitori dell’Associazione: si ringraziano privati e aziende; • Associazione di Promozione Sociale: conferma dell’iscrizione all’albo della Provincia. L’iscrizione

permette la deducibilità fiscale delle donazioni fatte da imprese e persone fisiche;• Confindustria Bergamo e Università: l’associazione mantiene regolari contatti fra la scuola e i due enti.

Il PresidenteAlessandro Gigli

Bergamo, 30/05/2015

Relazione attività, bilancio e budget

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 69

Situazione patrimoniale

Bilancio anno 2014

Conto economico

3.893,603.584,34

32.998,00

38.727,441.068,50

680

2013

7.477,94

32.998,00

40.475,94

2013

39.795,94

68040.475,94

1.895,252.423,72

33.500,00

40.475,94-2.656,97

2014

4.318,97

33.500,00

37.818,97

2014

37.818,97

37.818,97

BUDGET

2.122,002.800,00

33.500,00

BUDGET

37.818,97603,03

2015

4.922,00

33.500,00

38.422,00

2015

38.422,00

38.422,00

Attività

CassaConti correntiBancaPostaTitoliQuote associative da ricevereContributi aziende da ricevereTotale attività

Passività

Patrimonio associativoAccantonamento anno precedenteAvanzo di esercizio anno correnteDebiti verso fornitoriQuote e contributi anticipatiTotale passività

2.204,002.800,00

3,20

368,20

1.331,92

253,22220,53757,15

400,00

600,001.000,00

1.151,92

23,00233,00

1.000,00

2013

5.004,00

371,40

1.331,92

6.707,32

2013

473,75

757,151.000,00

1.000,001.151,92

23,00233,00

1.000,000,00

5.638,821068,50

6.707,32

1.895,002.400,00

5,86

231,08

799,42

276,58186,60498,44

400,00

600,001.000,00

3.590,46

1.000,00436,25

2014

4.295,00

236,94

799,42

5.331,36

2014

463,18

498,441.000,00

1.000,003.590,46

0,000,00

1.000,00436,25

7.988,33-2.656,97

5.331,36

BUDGET

2.200,003.000,00

20,00

280,00

1.300,00

BUDGET

250,00200,00600,00

500,00

1.000,001.000,00

1.250,00

50,0050,00

1.000,00296,97

Entrate

Quote associativeda privatida aziendeInteressi attivibancaposteRendimenti fondi, cedole, titoliProventi da iniziativeProventi da Province di BergamoProventi da Erario 5x1000Proventi variTotale entrate

Uscite

Oneri e interessi passiviOneri bancari e interessi passiviOneri postali e interessi passiviSpese postaliRivista Esperia e sito webRivista Esperia stamperiaManutenzione sito webRivista Esperia impaginazioneSegreteria amministrativaIniziative istituzionaliAcquisto materiali per ITISServizi per ITISSpese organizzativeProgetti speciali Borse di studioCancelleria e stampatiFrancobolli e bollatiFesta di fine annoVarie Totale usciteAvanzo/Perdita esercizio

Totale a pareggio

2015

5.200,00

300,00

1.300,00

6.800,00

2015

450,00

600,001.500,00

1.000,001.250,00

50,0050,00

1.000,00296,97

6.196,97603,03

6.800,00

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 70

Relazione al bilancio dell’anno 2014

CONTO ECONOMICO DELL’ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI

Entrate: ammontano a un totale di € 5.331,36

- Entrate da privati: per € 1.895 in lieve calo rispetto al 2013

- Entrate da aziende: per € 2.400 di poco inferiore a quelle del 2013

- Entrate da cedole: per € 231,08 minori rispetto al 2013

- Entrate da erario: importo di € 799,42 dovute al contributo 5x1000 del 2012

Uscite: ammontano a un totale di € 7.988,33

- Oneri e interessi passivi: € 463,18 in linea con gli anni precedenti

- Spese postali (incluse spedizione riviste): € 498,44 in calo rispetto agli anni precedenti

- Spese riviste e sito internet: € 1.000,00 impaginazione e allestimento, pari al 2013

- Spese amministrative: € 1.000,00 per remunerazione servizio, pari al 2013

- Spese per festa fine anno: € 1.000,00 per servizio di catering, come gli anni precedenti

- Materiali per ITIS: importo notevole di € 3.590,46 (messa in opera videoproiettore per € 1400,56

e 2 lavandini per il laboratorio tessile per € 2.189,90: sono stati impegnati i fondi del 5x1000

dell’anno 2011 e 2012, con esubero a carico dell’associazione)

Disavanzo: € 2656,97 il segno positivo degli ultimi 3 anni si è invertito, sostanzialmente a causa del

notevole impegno finanziario per i nuovi materiali tecnologici forniti alla scuola

SITUAZIONE PATRIMONIALE

Attivo: ammonta a € 37.818,97 in calo rispetto al 2013 a causa del disavanzo sopra commentato.

I saldi di chiusura al 28/2/2015 di C/C bancario (€ 1.895.25) e C/C postale (€ 2.423,72)

registrano un saldo in calo rispetto al 28/2/2014. I titoli e i fondi sono espressi al loro valore

nominale di € 33.500,00 in aumento di € 502

Passivo: ammonta a € 37.818,97 che pareggia l’attivo includendo il disavanzo di gestione di € 2.656,97

BUDGET PREVENTIVO 2014

Entrate: sono stati previsti lievi incrementi rispetto alle entrate dell’esercizio 2014.

Uscite: includono spese a sostegno ITIS per € 1.250,00 e una posta precauzionale per € 296,97

Relazione attività, bilancio e budget

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 71

Gli Istituti Tecnici hanno sempre costituito un pun-to di forza dell’intero sistema economico e produtti-vo italiano, hanno accompagnato la ricostruzione delPaese nel secondo dopoguerra e sostenuto il suo svi-luppo negli anni Sessanta e Settanta, mettendo a di-sposizione del mondo produttivo e delle professionigiovani tecnici, preparati e capaci di crescere all’in-terno delle imprese grazie alla buona formazioneculturale e tecnica ricevuta, fino a raggiungere posi-zioni di elevata responsabilità, anche come impren-ditori di successo.Già in passato gli Istituti Tecnici hanno fornito iquadri dirigenti ed i quadri intermedi del sistemaproduttivo, del settore dei servizi e dell’amministra-zione pubblica e oggi quegli stessi istituti sono chia-mati ad approfondire il solco già tracciato negli anniNovanta, confrontandosi tutt’oggi con un progressoscientifico e tecnologico in continua evoluzione eche richiede “menti d’opera” con una specializzazio-ne sempre più approfondita e una “mentalità elasti-ca” tale da permettere il trasferimento di conoscen-ze da un settore produttivo ad un altro.Agli Istituti Tecnici è quindi affidato il compito difar acquisire agli studenti non solo le competenzenecessarie al mondo del lavoro e delle professionima anche le capacità di comprensione e di applica-zione delle innovazioni che lo sviluppo della scienzae della tecnica continuamente produce, nonché fa-vorire attitudini all’autoapprendimento, al lavoro digruppo e alla formazione continua.

È pertanto necessario coinvolgere e motivare all’ap-prendimento gli studenti attraverso l’utilizzo di me-todi induttivi, di metodologie partecipative e di unadiffusa didattica di laboratorio, che si affianchino al-la conoscenza e all’utilizzo delle tecnologie informa-tiche, dell’elettronica e dell’elettrotecnica oltre che,ovviamente delle conoscenze meccaniche; ciò con-sentirà lo sviluppo di attività progettuali che preve-dano anche il coinvolgimento delle aziende e delmondo del lavoro nell’attività di formazione deglistudenti per la creazione di percorsi connotati dauna solida base culturale di carattere scientifico etecnologico, in linea con le indicazioni dell’UnioneEuropea, attraverso stages, tirocini, alternanza scuo-la-lavoro, che consentano agli studenti di acquisire il“sapere” attraverso il “fare” con lo sviluppo della ca-pacità di “impara ad imparare”.

In questo contesto si vuole inserire l’indirizzo di“Meccanica, Meccatronica ed Energia” dell’ ITIS “P.Paleocapa” che vuole rispondere alle sfide propostedalle nuove frontiere integrando competenze scienti-fiche e tecnologiche di ambito meccanico, dell’auto-mazione, e dell’energia nelle articolazioni di:- Meccanica e Meccatronica, che approfondisce, nei

diversi contesti produttivi e manifatturieri, le te-matiche generali connesse alla progettazione, allarealizzazione e alla gestione di apparati e sisteminonché alla organizzazione del lavoro;

di Cesare Dolci, Coordinatore del corso di specializzazione meccanica, meccatronica e energia

Le “nuove frontiere”del Perito Meccatronico ed Energetico

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 72

Le “nuove frontiere”del Perito Meccatronico ed Energetico

- “Energia” per l’approfondimento delle specificheproblematiche collegate alla conversione ed al-l’utilizzazione dell’energia, ai relativi sistemi tecni-ci di controllo e alle normative per la sicurezza e latutela dell’ambiente;

per sviluppare il profilo del Perito in Meccanica,Meccatronica ed Energia, che:- Ha competenze specifiche nel campo dei materiali,

nella loro scelta, nei loro trattamenti e lavorazioni;competenze delle macchine e dei dispositivi utiliz-zati nelle industrie manifatturiere, agrarie, dei tra-sporti e dei servizi nei diversi contesti economici;

- Esprime, nelle attività produttive d’interesse, leproprie competenze nella progettazione, costru-zione e collaudo dei dispositivi e dei prodotti enella realizzazione dei processi produttivi; operanella manutenzione preventiva e ordinaria e nel-l’esercizio di sistemi meccanici ed elettromeccani-ci complessi; è in grado di dimensionare, installa-re e gestire semplici impianti industriali;

- È in grado di integrare le conoscenze di meccani-ca, di elettrotecnica, elettronica e dei sistemi infor-matici dedicati, con le nozioni di base di fisica echimica, economia e organizzazione; intervienenell’automazione industriale e nel controllo e con-duzione dei processi, rispetto ai quali è in grado di

contribuire all’innovazione, all’adeguamento tec-nologico e organizzativo delle imprese, per il mi-glioramento della qualità ed economicità dei pro-dotti; elabora cicli di lavorazione, analizzandone evalutandone i costi;

- È in grado, relativamente alle tipologie di produ-zione, di intervenire nei processi di conversione,gestione ed utilizzo dell’energia e del loro control-lo, per ottimizzare il consumo energetico nel ri-spetto delle normative sulla tutela dell’ambiente;

- È in grado di operare autonomamente, nell’ambi-to delle normative vigenti, ai fini della sicurezzasul lavoro e della tutela ambientale;

- È in grado di pianificare la produzione e la cer-tificazione dei sistemi progettati, descrivendo edocumentando il lavoro svolto, valutando i risul-tati conseguiti, redigendo istruzioni tecniche emanuali d’uso.

La dimensione politecnica del profilo costringe l’atti-vità didattica ad un continuo rinnovamento ed allo svi-luppo di percorsi formativi delle competenze necessa-rie ad affrontare situazioni complesse e a prendere de-cisioni sulla base di molte variabili e in un contesto diincertezza, nonché al confronto con lo sviluppo di at-tività laboratoriali e lavorative in contesti aziendali.A parere del sottoscritto si tratta di una bella sfida!

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 73

Storie di sacrificidi un ex-esperino pre-sessantottino

1959 circa (sono del 1944)Esperia, corso domenicale per disegnatori meccanici.Ero operaio - aiuto manutentore - alla Dalmine diCosta Volpino. Si eseguivano i 3 turni lavorativi: 6/14- 14/22 - 22/6. Quando c’era la settimana del turnonotturno significava lavorare dalle 22 del sabato finoalle 6 della domenica mattina. Terminato il turno not-turno, via di corsa alla fermata dell’autobus, per esse-re a Bergamo alle 7,40 poi, a piccolo trotto, giro pedo-nale dalla stazione pullman fino all’Esperia. A seguire4 ore di corso; poi coda davanti alla portineria del-l’Esperia, per far vidimare il biglietto di viaggio. Ritor-no a piedi fino alla stazione ed eccoti ancora in fila al-la biglietteria, per validare il biglietto così da usufruiredel ritorno a Costa Volpino gratuito. Arrivo a casa alle14,30 circa, pranzo e, dopo almeno 24 ore dall’ultimorisveglio, in camera da letto perché il giorno dopo,lunedì, il turno lavorativo era il primo: dalle 6 alle 14.

1965Pioniere del 1° corso serale per Perito Meccanico,sempre all’Esperia; durata del corso serale di 6 annianziché i 5 anni classici. Durante il servizio militare dileva lessi su L’ECO (che noi militari di leva ricevevamogratis) della possibilità di iscrizione. Frequentai il pri-mo anno in divisa militare. Autista del Colonnello, miconcedette di iscrivermi con l’obbligo di rientro in ca-serma entro le ore 24. Le lezioni serali erano dalle18,20 alle 22,20. Viaggio Brescia - Bergamo in treno,rientro con autostop (a quei tempi essere in divisa si-gnificava alzare il dito e subito avere a disposizione unauto). Terminato il servizio militare, abitavo a CostaVolpino, sempre dipendente alla Dalmine SpA, lavo-

ravo fino alle 17,30. Non più come operaio ma, grazieal corso domenicale di cui sopra, impiegato tecnico inqualità di disegnatore meccanico. Uscivo dal lavorocon destinazione Esperia. Sul tragitto trovavo sempre- anche con pioggia, neve e febbre - mia mamma chemi consegnava il sacchetto con la cena. A mia disposi-zione una FIAT 600 che alimentavo a cherosene: co-stava 25 lire al litro anziché le 105 della benzina. An-dava bene, fatto salvo che giunti a destinazione perspegnerla non era sufficiente togliere la chiave dal cru-scotto ma era necessario inserire la quarta e rilasciarela frizione di colpo. Infatti, per autoaccensione, il mo-tore, anche senza chiave, continuava a funzionare. Sul-la FIAT 600 avevo installato (lo conservo ancora oggi)un registratore a nastro Gelosino collegato alla batte-ria dell’auto così durante il viaggio Costa Volpino-Esperia guidavo, cenavo e ripassavo le lezioni facendo-mi delle domande/risposte che risentivo più volte. I 53Km di viaggio richiedevano più di un’ora a causa deitanti camion carichi di assali ferroviari che arrancava-no con fatica sulla salita di Poltragno Castro. Giunge-vo in classe sempre in ritardo, all’appello i colleghi diclasse suggerivano al Prof. che ero già arrivato ma eroandato o in bagno o in segreteria cosicché, complicitàsu complicità, mi registravano presente. Fino alle22,20 in classe, poi in casa di amici a Bergamo perripasso (altre mamme d’oro, ci preparavano semprequalcosa di caldo) fino alle 24. Rientravo all’una circadel mattino (con nebbia - e che nebbia - anche dopo ledue del mattino). Sveglia alle 6,30 per essere al lavoroprima delle 8 e rifare tutto di nuovo.Al sabato: mattino lavorativo, poi lezioni in classe dal-le 14 alle 20. Alla domenica: a Treviglio per studiare e

di Giuseppe Cividini

Abbiamo voluto pubblicare questa lettera di un ex-esperino perché ci è sembrata utile a far capire quantoi giovani d’oggi, che troppo spesso si lamentano dei “sacrifici” che devono fare per frequentare la scuola,si debbano considerare in fondo dei privilegiati se si confrontano con i ben altri sacrifici dei tempi passati.Nemmeno si rendono conto di quanta è la differenza in termini di possibilità, vantaggi, opportunità e possi-bilità di scelta. Se poi, come in questo caso, la storia riguarda uno studente-lavoratore allora le difficoltàpossono apparire ad un giovane dei giorni nostri come delle storie esagerate a bella posta evidenziandonepesantemente gli aspetti negativi. Ma così non è! Calcolando il tempo coperto da lavoro a full-time, trasferi-menti, ore di scuola e studio, il tempo libero era ridotto all’osso. Anche se fossero esistiti gli smart-phones,non ci sarebbe stato molto tempo per usarli! La torta sulla ciliegina è la lettera al preside con la quale ilCividini richiede ore di recupero per compensare quelle perse nel corso dell’annata per le più varie ragioni.Meditate gente... meditate!

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anche, finalmente, per divertirsi con alcuni colleghi dicorso (i più bravi). Ci sarebbero da raccontare tantialtri aneddoti, tanti bei ricordi di Professori e di colle-ghi di studio. Tutto appariva, più che un sacrificio, unamodalità indispensabile per completarsi, per essereutile a se stessi e al mondo del lavoro che, a queitempi, era affamato di tecnici e soprattutto di quelligià operativi nella realtà industriale e non solo di chiaveva un semplice attestato in mano.Con il corso domenicale di disegno meccanico ebbiaccesso all’Ufficio tecnico della Dalmine, in qualità didisegnatore. Con il diploma del serale: capo ufficio,poi dirigente, poi direttore di fabbrica (Cantieri Riva -motoscafi - di Sarnico).L’auspicato matrimonio “Scuola/Impresa/Scuola” è la

premessa indispensabile per partorire “figli” già pre-parati non dalla scuola ma da una “scuola di vita”:tutto ciò era indispensabile se si voleva evitare ai gio-vani il calvario della disoccupazione che vietava lorol’accesso alla “sacrosanta” dignità lavorativa. Allegouna richiesta, ottenuta, di sciopero all’inverso: ovverorecuperare le ore di lezione perse durante l’annoscolastico per cause organizzative.Come avrete notato la grammatica non era e non è ilmio forte: il professore di italiano (Foti) mi dava 10+per il contenuto e 4 per la forma.Di nuovo grazie a voi - ex-allievi dell’Esperia come me- e complimenti sinceri per ciò che state facendo siaper la Scuola che per le Aziende.Beneficiari, in primis, saranno i giovani studenti.

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Diplomati 2013-2014

Cognome Nome Data nascita Cl Sezione Specializzazione PunteggioBrioschi Nicolas 07/04/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 70Cavero Sanchez Mauricio 12/12/1994 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 62Cortinovis Loris 25/11/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 88Crotti Igor 06/07/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 68Ghilardi Simone 11/09/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 66Locatelli Dario 24/08/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 86Lubrini Daniele 01/02/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 68Maffeis Daniele 15/12/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 88Mologni Francesco 10/02/1994 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 74Nava Alessio 28/07/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 66Panizza Michele 20/03/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 75Quarteroni Luca 10/07/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 86Rossi Mattia 30/01/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 63Rota Stefano 27/05/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 66Salvioni Christian 28/07/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 80Vanotti Christian 20/01/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 75Zanchi Diego 25/02/1995 5 EA Elettrotecnica ed Automazione 70Allmeta Adem 27/08/1990 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 90Bagini Roberto 07/08/1987 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 60Boniforti Riccardo 25/10/1992 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 70Capelli Andrea 06/12/1985 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 60Cassani Alessio 23/01/1993 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 70De Gori Antonio 27/01/1988 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 74Iperboli Roberto 25/02/1992 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 78Lacatis Danut 21/08/1975 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 76Mapelli Andrea 31/10/1990 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 88Masnada Madia 22/01/1992 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 66Messa Filippo 17/04/1992 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 63Pinodi Alberto 17/07/1993 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 68Ravasio Marco 17/0211993 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 61Sare Tassere 01/01/1991 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 67Signorelli Daniele 14/01/1993 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 65Toure Mouhamed 21/07/1989 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 63Valiedi Davide 03/03/1993 5 EAS Elettrotecnica ed Automazione 68Alcaini Davide 06/12/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 70Balacchi Alessio 17/03/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 74Beltrame Andrea 08/11/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 64Bonzi Andrea 19/04/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 92Capelli Federico 05/08/1994 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 66Carozzi Sebastian 30/05/1994 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 80Castillo Hilarion Rodrigo Jaime 31/01/1994 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 60Dolci Maicol 13/09/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 70El Guelta Ilyasse 28/02/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 77Facoetti Stefano 06/04/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 66

Notizie dalla scuola

ANNO 95°ESPERIA

Diplomati 2013-2014

PAGINA 76

Cognome Nome Data nascita Cl Sezione Specializzazione PunteggioFumagalli Omar 28/01/1994 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 62Galliani Alessandro 28/01/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 76Hyka Daijan 06/08/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 84Kurti Samuel 23/12/1993 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 70Lazzaroni Loris 07/02/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 80Locatelli Leonardo 30/09/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 69Locatelli Matteo 31/12/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 68Pellegrini Gianluigi 27/12/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 96Plevani Matteo 10/09/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 84Quinteros Terrazas Favio Andree 20/06/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 84Regazzoni Carlo 04/12/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 64Ruggeri Lorenzo 20/10/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 70Salvi Paolo 23/09/1993 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 77Tiraboschi Davide 15/09/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 70Tullii Paolo 07/07/1995 5 ECN Elettronica e Telecomunicazioni 88Altamirano Daniel Hernan 20/01/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 70Barcella Gianluca 13/12/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 63Barcella Giulia 12/10/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 80Belotti Ivan 12/06/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 70Cesani Davide 23/06/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 80Conti Andrea 01/12/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 77Dolci Alessandro 08/10/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 71Gherardi Matteo 27/05/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 88Grigis Paolo 27/07/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 83Lancioni Alessio 18/01/1993 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 70Lozza Gabriele 28/05/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 78Luca Graziella 21/10/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 64Morotti Stefano 12/01/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 64Nespoli Federico 05/09/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 72Novello Michele 26/07/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 68Piatti Vittorio 13/03/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 94Plamadeala Sergiu 02/12/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 70Ranica Marco 03/10/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 67Sala Michele 15/11/1994 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 65Spazzapan Carola 29/09/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 64Troiano Daniele 06/09/1995 5 IA Informatica “Progetto Abacus” 72Bonfanti Madia 04/02/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 70Caldara Giuseppe 29/09/1993 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 60Capitanio Marco 02/03/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 76Conti Madeo 06/08/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 78Coretchi Vlad 05/07/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 76Delgado Mauro 10/12/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 60Feliciani Andrea 08/09/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 68Fustinoni Marco 23/01/1994 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 60

ANNO 94°ESPERIA PAGINA 77

Cognome Nome Data nascita Cl Sezione Specializzazione PunteggioKhalid Mohamed 06/12/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 65Licini Riccardo 21/11/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 68Maestroni Nicolas 12/08/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 60Panzeri Paolo 27/03/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 96Ravasio Lorenzo 11/08/1995 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 62Rebucini Federico 02/12/1995 5 IC Informatica “Progetlo Abacus” 86Scarpa Stefano 11/10/1993 5 IC Informatica “Progetlo Abacus” 67Sigismondi Madia 09/10/1995 5 IC Informatica “Progetlo Abacus” 67Spinnato Alessio 14/01/1995 5 IC Informatica “Progetlo Abacus” 64Tomasoni Nicholas 12/12/1994 5 IC Informatica “Progetto Abacus” 64Vitali Omar 05/04/1994 5 IC Informatica “Progetlo Abacus” 65Birolini Andrea 23/03/1994 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 63Boguslawski Lucas 25/02/1994 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 77Carrara Andrea 25/11/1993 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 76Cortinovis Fabio 08/06/1989 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 70Mazzola Kevin 13/07/1993 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 70Perletii Gianluca 25/11/1991 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 70Scotii Ruben 27/10/1992 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 85Tahiraj Martin 28/12/1993 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 76Titone Vincenzo 17/09/1992 5 IAS Informatica “Progetto Abacus” 60Brena Alessandra 17/11/1995 5 MB Meccanica 68Brugnetii Paolo 09/08/1995 5 MB Meccanica 64Cantini Emanuela 03/11/1993 5 MB Meccanica 82Capoferri Massimiliano 13/09/1995 5 MB Meccanica 70Cornolti Nicolò 22/08/1994 5 MB Meccanica 74Dezio William 12/08/1995 5 MB Meccanica 73Epis Davide 26/04/1995 5 MB Meccanica 64Ferrario Francesco 12/07/1995 5 MB Meccanica 62Frosio Cristiano 09/11/1993 5 MB Meccanica 66Fustinoni Davide 11/09/1995 5 MB Meccanica 83Gotii Marco 27/04/1994 5 MB Meccanica 67Laikauf Moretii Carolina 21/05/1995 5 MB Meccanica 68Magitieri Daniele 08/12/1995 5 MB Meccanica 68Magni Luca 30/03/1995 5 MB Meccanica 68Magri Manuel 31/12/1995 5 MB Meccanica 67Moioli Gabriele 16/07/1995 5 MB Meccanica 80Nava Stefano 24/11/1995 5 MB Meccanica 80Peracchi Federico 15/09/1995 5 MB Meccanica 70Perico Alessandro 11/01/1995 5 MB Meccanica 70Rossi Matieo 29/04/1994 5 MB Meccanica 72Salvi Davide 02/03/1994 5 MB Meccanica 62Signorelli Marco 02/06/1995 5 MB Meccanica 70Teoldi Stefano 07/04/1995 5 MB Meccanica 74Torioni Alberto 09/12/1995 5 MB Meccanica 68

ANNO 95°ESPERIA

Diplomati 2013-2014

PAGINA 78

Cognome Nome Data nascita Cl Sezione Specializzazione PunteggioVitali Alessandro 13/10/1995 5 MB Meccanica 72Ambrosini Alessandro 28/10/1995 5 MA Meccanica 72Barone Michele 06/12/1995 5 MA Meccanica 74Bassani Davide 08/06/1995 5 MA Meccanica 68Belotti Mauro 24/02/1993 5 MA Meccanica 70Bombardieri Federico 30/01/1995 5 MA Meccanica 76Cividini Kevin 05/10/1995 5 MA Meccanica 77Cominelli Mattia 17/05/1993 5 MA Meccanica 65Costa Federico 08/02/1995 5 MA Meccanica 75Ferrari Andrea 01/08/1994 5 MA Meccanica 72Giavarini Filippo 18/02/1995 5 MA Meccanica 80Gozzini Daniele 30/07/1995 5 MA Meccanica 66Musitelli Daniele 07/09/1994 5 MA Meccanica 66Pedrini Damiano 25/01/1993 5 MA Meccanica 64Pirola Massimo 07/02/1995 5 MA Meccanica 84Rota Bulò Nicola 28/12/1995 5 MA Meccanica 63Sala Stefano 12/09/1995 5 MA Meccanica 73Tasca Paolo 13/04/1993 5 MA Meccanica 68Vezzoni Luca 29/08/1995 5 MA Meccanica 65Zappella Nicholas 08/08/1995 5 MA Meccanica 87Acerbis Luca 05/02/1987 5 MAS Meccanica 68Arizzi Emanuele 07/05/1989 5 MAS Meccanica 83Berlendis Edoardo Maria 14/08/1992 5 MAS Meccanica 68Bestetti Simone 29/10/1994 5 MAS Meccanica 72Carminati Federico 12/11/1994 5 MAS Meccanica 66Cortinovis Alessio 10/07/1976 5 MAS Meccanica 72Frassoni Denis 07/05/1979 5 MAS Meccanica 83Galli Mattia 17/03/1991 5 MAS Meccanica 65Gritti Michael 26/05/1989 5 MAS Meccanica 85Martinelli Alessio 10/01/1993 5 MAS Meccanica 62Moretti Andrea 02/05/1989 5 MAS Meccanica 70Moujahid Abdelghani 21/09/1978 5 MAS Meccanica 78Pedrini Paolo 06/07/1977 5 MAS Meccanica 74Rovaris Giorgio 29/10/1991 5 MAS Meccanica 60Saufi Salah 12/07/1964 5 MAS Meccanica 78Terrazas Rocha Pablo Ernesto 03/03/1992 5 MAS Meccanica 61Boffetti Matteo 05/03/1994 S TA Tessile 75Cassinelli Matteo 19/01/1994 S TA Tessile 61Cassotti Francesca 08/05/1995 S TA Tessile 89Fumagalli Arianna 01/06/1995 S TA Tessile 80Guerini Luca 25/12/1993 S TA Tessile 70Mazzoleni Ferracini Giorgia 21/09/1995 S TA Tessile 84Vacca Marco 13/05/1993 S TA Tessile 66Zenoni Alessandro 03/08/1994 S TA Tessile 65

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 79

Borse di Studio

Notizie dalla scuola

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 80

L’industria bergamasca:competitiva e con grande vocazione all’export

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 81

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 82

L’industria bergamasca:competitiva e con grande vocazione all’export

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 83

Dalla stampa

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 84

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ANNO 95°ESPERIA PAGINA 85

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ANNO 95°ESPERIA PAGINA 88

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ANNO 95°ESPERIA PAGINA 89

Dalla stampa

PAGINA 90ESPERIA ANNO 95°

PAGINA 91ESPERIA ANNO 95°

ANNO 95°ESPERIA PAGINA 92

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ANNO 95°ESPERIA PAGINA 94

Dalla stampa

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Il logo Esperia

Rieccola, la ciminiera fumante che svetta dal tetto a shed dell’Esperia.Recuperata da uno stemma della divisa sportiva (i pantaloncini blu con la casacca amaranto),

torna sulle tessere dell’Associazione Ex Allievi.

ASSOCIAZIONE

EX ALLIEVI

DELL’ISTITUTO

TECNICO

INDUSTRIALE

P. PALEOCAPA

DI BERGAMO

ANNO 95° MAGGIO 2015 ESPERIAanno 95° - Maggio 2015

Notiziario edito a curadell’Associazione Ex-Allievidell’Istituto Tecnico Industriale“Pietro Paleocapa”Via Gavazzeni - Bergamo

Redazione

Roberto Filippini FantoniMauro Ceresoli

Impaginazione e Stampa

CPZ S.p.A. - Costa di Mezzate (BG)

Fotografie

Beppe Bedulis - Yuri ColleoniCesare Bottaro - Raffaele Scarimboli

Si ringraziano per la collaborazione

Alba Elettronic - Pedrengo (BG)

Brembo S.p.A. - Curno (BG)

Cosberg S.p.A. - Terno d’Isola (BG)

Europizzi S.p.A. - Urgnano (BG)

Gewiss - Cenate Sopra (BG)

IMSdeltamatic Group - Calcinate (BG)

Itema Group S.p.A. - Colzate (BG)

Martinelli Ginetto Textile S.p.A. - Casnigo (BG)

Minifaber S.p.A. - Seriate (BG)

Persico S.p.A. - Nembro (BG)

Plastik - Albano Sant’Alessandro (BG)

Radici Group - Gandino (BG)

SCE-TEA - Bergamo

Z-lab S.p.A. - Trescore Balneario (BG)