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Una crepa in ogni cosa [email protected] Reggio Emilia, 1 Aprile APPUNTI DALLA QUARANTENA

05 Una crepa in ogni cosa - Centri Culturali

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Una crepain ogni [email protected]

Reggio Emilia, 1 AprileAPPUNTI DALLA QUARANTENA

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Se l'uomo non ha ben fermo dinanzi a sé il fine per cui vive, egli non accetterà di continuare a vivere e distruggerà se stesso piuttosto che

rimanere sulla terra, anche se avesse pani in abbondanza intorno a sé.Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Henri Matisse, 1950-1955Studio per la Vergine col Bambino

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Ciao, mi chiamo Elisabetta e sono una ragazza che da qualche anno lavora nei supermercati, mi è stato chiesto di dar voce a quello che vuol dire lavorare in questo momento e devo ammettere che è dura.Da quando hanno iniziato a limitare gli orari dei negozi per poi arrivare a farli chiudere temporaneamente per evitare la massima diffusione del Covid 19 la gente è impazzita... cosa vuol dire?Che ci sentiamo costretti a fare straordinari per mandare avanti il negozio. Dico “costretti” perché potrei anche tirarmi indietro nel farli ma so che se si lotta, si lotta uniti. Si alleggerisce la fatica di altri e il cliente (che potresti essere tu) potrebbe avere ciò che cerca.Ci credete che dall'inizio di marzo faccio straordinari ogni giorno per coprire il bisogno della clientela? Non ci diamo tregua ed ogni giorno lottiamo tra la voglia di lavorare e la voglia di chiudere. Chiudere per la paura di prendere il virus. Certo siamo molto meno a rischio degli infermieri, ma è proprio qui che possono iniziare i contagi.Chi mi dice che la persona che ho davanti non abbia il Coronavirus?Magari qualcuno lo sta incubando, non lo sa nemmeno e va a fare la spesa.Non è sempre facile respirare attraverso una mascherina per 8 ore, che tortura il naso e non dà libertà al respiro.Non è facile far capire ai clienti che noi dobbiamo lavorare per far sì che loro trovino i prodotti che cercano. Non è facile far capire che noi siamo a pezzi alla fine del turno e che le aziende corrono come noi per farci arrivare gli alimenti. Non è facile far capire che la domanda di uova, farina, lieviti, alcool e amuchina hanno superato la produzione.Non è facile far rispettare il metro di distanza.Non è facile far capire agli anziani che non è una semplice influenza e che loro rischiano più di tutti noi.Non è facile far capire di fare una spesa che copra il bisogno di una settimana invece che di 1 giorno e che lo diciamo per il loro bene.Se voi siete a casa credetevi fortunati, avete la possibilità di rischiare meno, avete anche più tempo per voi stessi e da dedicare ai vostri cari in serenità. Per un "breve" (speriamo!) lasso di tempo potete dire di non essere di corsa.In questo momento, noi che siamo maggiormente esposti a contrarre il coronavirus, vi invidiamo.Siete al sicuro molto di più rispetto a noi che tutti i giorni siamo chiamati a lavorare per voi.Elisabetta

Faree amare [ESPERIENZE]

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Non ho mai parlato con così tante persone come in questa quarantena, la maggior parte del mio lavoro infatti è al telefono coi pazienti. Visitiamo solo le urgenze, tranne che nell’ambulatorio Covid dove siamo con lo scafandro. Ogni giorno centinaia di telefonate, duecento mail e messaggi. Uno stress allucinante e soffocante.Stasera ho scritto un sms al mio moroso (che non riceve mie notizie prima delle 20, poiché puntualmente alle 8 vengo risucchiata da un buco nero che mi rigetta per l'ora di cena) dicendo: “che fatica”.Per quanto mi riguarda non capisco la fatica, la pandemia, il covid né il senso di amare un lavoro che ti prosciuga letteralmente. Ma come già altre volte di fronte alle grandi domande mi accorgo che non è una questione di capire, ma di amare.Amo i miei malati anche se ora sono insopportabili, amo il mio moroso anche se è lontano; amo la quarantena che mi ha fatto scoprire quanto mi piace cucinare le torte.Non ho tempo per sforzarmi di capire, voglio amare quello che ho intorno. Mi manca tutto della mia vita di prima, mi mancano le mie amiche, mi manca danzare, mi manca il mio moroso... ma come gli dico ogni tanto la sera: “è adesso che voglio essere felice”.Il dopo è una gran tentazione del cavolo.Quando riesco la sera faccio mezz’oretta di yoga, per cercare un contatto con me stessa, ricordarmi che ho un corpo, un perimetro, per stare da sola. In questo periodo se non ti piace la tua vita sei fregato, non hai scappatoie. Beh, io credo sia una bella salita per tutti, per arrivare ognuno dove può, il resto si vedrà.Benedetta

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[ESPERIENZE]

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Viviamo nella società dei diritti dove si è portati a chiedere e non a donare. La società dei diritti dove ognuno chiede per sé senza pensare all’altro e senza preoccuparsi se i diritti che esige siano giusti o sbagliati, senza chiedersi se essa rappresenti realmente un bene e se rispetti la natura dell’uomo. Il gesto di don Camillo è invece controcorrente: lui guarda al suo dovere, intendendo il dovere come “mettersi a disposizione”. Per un cristiano dove si realizza pienamente questo senso del dovere? Nella propria vocazione, il luogo dove ci mettiamo “a disposizione” e in cui realizziamo pienamente noi stessi. Sublime paradosso: nell’atto di donarsi l’uomo trova la sua libertà che gli permette di realizzarsi con pienezza. Di fatto che cosa allora è il Bene Comune, per cui tutti ci adoperiamo, se non il cercare di permettere all’altro di realizzarsi pienamente e quindi, alla fine, di rispondere alla propria vocazione? Nella semplicità dei nostri giorni appare evidente come tutti siamo obbligati a “cedere” alcuni nostri diritti (il poter andare a cena fuori, trascorrere un pomeriggio in compagnia oppure andare al cinema), ma in questa offerta di sacrificio (che è davvero ben poca cosa rispetto ad altri sacrifici!) ci doniamo per il bene degli altri soddisfacendo il nostro dovere e quindi anche la nostra vocazione.

Si attaccò a una corda sperando che fosse quella giusta. Ed era la giusta e la gente sull’argine sentì il richiamo della campana e disse: «La Messa delle undici!». Le donne giunsero le mani e gli uomini si tolsero il cappello.

Tutto va bene se salviamo il semeL’adempimento del proprio dovere da parte di don Camillo non è sterile e porta frutto. La gente sente le campane, si “riprende” dalla propria disperazione e si ricorda della Santa Messa domenicale: si dispone in un atteggiamento di preghiera e di rispetto. Questa immagine è davvero attuale: anche noi non possiamo andare in Chiesa a celebrare la Santa Eucarestia. Anche a noi viene chiesto, così come imposto dalle circostanze ai parrocchiani di don Camillo, di non andare in Chiesa. La celebrazione avrà luogo ugualmente e non con meno intensità o con distante partecipazione: il popolo sta portando il proprio sacrificio in offerta al sacrificio eterno e indissolubile, quello della croce.

«Fratelli» disse don Camillo. «Le acque escono tumultuose dal letto dei fiumi e tutto travolgono: ma un giorno esse ritorneranno, placate, nel loro alveo e ritornerà a risplendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete persa la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa.»

[CULTURA]

Un campanile e il seme da salvare.Seconda parte.

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Quella di don Camillo è una predica che va al punto, non si perde in giri di parole o inutili sofismi. È una predica che porta speranza, che prova a mostrare la luce in fondo al tunnel. Sono parole di speranza ma allo stesso tempo non vogliono togliere a chi ascolta la propria responsabilità. La natura ha portato distruzione e miseria ma non tutto è perduto, anzi! Se l’uomo sa custodire l’unica vera cosa importante, la fede, allora nulla sarà perso! Ma se perderà quella, allora nulla gli rimarrà. Sono parole pesanti che non lasciano spazio ad interpretazioni: ci parlano e ci interrogano. Noi, cosa stiamo proteggendo in questi tempi di coronavirus? Quanto sappiamo riconoscere ciò che davvero è importante, ciò che davvero vale?

E partendo guardavano le loro povere case che parevano navigare nell’acqua fangosa. Ma forse pensavano: “Fin che c’è in paese don Camillo tutto va bene”.

Questo “tutto va bene” sembra volere chiudere questo racconto con la certezza di non essere soli e che insieme si possano affrontare le avversità che la vita presenta: ci sarà da piangere, ci sarà da lottare, ci sarà da faticare ma possiamo affrontare tutto questo, portando ognuno il proprio fardello e aiutando chi ci sta a fianco a portare il proprio. Facendo questo avremo la certezza che davvero tutto andrà bene. Salviamo il seme!

“Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”. Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura” .

E pensare che tutto ha avuto inizio su un campanile.Luca Pingani - [email protected]

Qui il testo completo

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[CULTURA]

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Cerca di penetrare il senso della croce di Gesù,se non vuoi provare confusione;

il senso della sua ferita,se vuoi sanare le tue;

il senso della sua morte,se vuoi guadagnare la vita eterna;

il senso della sua sepoltura,se vuoi trovare la risurrezione.

(Sant’Ambrogio)

Potrebbero bastare queste parole di sant’Ambrogio per trovare le ragioni del “perché” può esserci di aiuto pregare in questo tempo di Quaresima meditando le stazioni della Via Crucis.Niente, più del dolore, infatti, risveglia i nostri cuori dal sonno spirituale in cui spesso ci troviamo.Lo stesso Concilio vaticano II parla della sofferenza in quanto strada che: “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (GS, 22).In questo contesto in cui vediamo intorno a noi tanto dolore innocente, tanta soffe-renza e morte vissute nella solitudine, immedesimarci nelle ultime tappe della vita di Gesù, ci può aiutare ad entrare nella stessa relazione di amore con il Padre, che è il vero fondamento della nostra Speranza.Sarebbe troppo riduttivo pregare con la Via Crucis solo per ricordare un evento del passato che ha visto Gesù come protagonista, oppure per essere solidali con Lui: facciamo la Via Crucis, perché è un avvenimento attuale, che riguarda personal-mente ognuno di noi, perché è su questa strada che Dio manifesta la potenza del Suo amore nella debolezza della carne. Pregando con Fede la Via Crucis ci accorgiamo con stupore che non siamo noi a consolare Gesù, ma siamo noi ad essere consolati da Lui. Lui che, percorrendo con umiltà filiale e docilità allo Spirito, la strada verso il Golgota, abbraccia la Sua croce, la Sua vocazione, ci libera da ogni paura, da ogni angoscia, da ogni tristezza.Solo così, noi cristiani, possiamo scoprire e sperimentare il grande paradosso, che è il tesoro della nostra Fede: percorrendo la Via Crucis, ci ritroviamo sulla Via Lucis. Ecco perché possiamo affermare che l’ultima parola sulla nostra esistenza non è “morte”, ma “vita eterna”; non vince il male, ma la Carità; non siamo fatti di sola “terra”, ma anche di “cielo”.Mettiamoci anche noi in cammino, dietro Gesù che percorre con obbedienza la sua strada verso il Padre, domandando la forza di saper combattere il male che è dentro

Via Crucis: storia del camminodella passione di Cristo [PREGHIERA]

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[PREGHIERA]

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e fuori di noi, e di crescere nella Speranza di poter partecipare anche noi un giorno al destino buono che Cristo ha guadagnato per tutti noi: l’abbraccio eterno con il Padre.Don Carlo M.

Henri Matisse, 1950-1955Studio di mani da Grunwald