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V&V Consulting Srl Studio Preliminare di Impatto Ambientale impianto trattamento liquidi/fanghi MIDA Srl 1 1. Premessa A seguito della domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale presentata dalla MIDA Srl di Crotone per l’impianto di trattamento/recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi allo stato liquido o fangoso e annesso impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi allo stato solido, ricevuta con protocollo della Regione Calabria (Dipartimento Politiche dell’Ambiente Sportello I.P.P.C.) n. 6794, il Nucleo Operativo IPPC della Regione Calabria ha avviato e successivamente sospeso il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione sopra menzionata. Il Nucleo Operativo ha infatti ritenuto che la tipologia dell’impianto ricade tra quelli elencati nell’Allegato IV al Decreto Legislativo 16 Gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 2008 - Suppl. Ordinario n. 24), punto 7, lett. z.a. (Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152). Pertanto, il Nucleo VIA ha richiesto alla scrivente l'attivazione della procedura di screening. Sulla base del parere legale fornitoci dal Prof. Avv. Pasquale Giampietro (Studio Legale Giampietro - Consulenze Ambientali, Roma), l’obbligo di effettuare la verifica di assoggettabilità alla V.I.A. non risulta giuridicamente necessaria in forza delle motivazioni richiamate nella lettera (datata 23/07/2008) inviata alla Regione Calabria (Dipartimento Politiche dell’Ambiente – Sportello I.P.P.C.) e recepita con protocollo n. 11562. Sebbene tali conclusioni trovino conferma nella risposta del Consiglio di Stato, nella Adunanza della Sezione Seconda 18 giugno 2008 – N. Sezione 200801001 che si è pronunciato su un quesito relativo ad un vicenda analoga alla presente (v. “Oggetto: Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – Quesito relativo all’autorizzazione integrata ambientale”, in Allegato A); tuttavia, la scrivente, in ottemperanza a quanto richiestole dal Nucleo IPPC, ha, comunque, elaborato il presente Studio Preliminare di Impatto Ambientale, valutando anche l’implementazione di alcuni codici C.E.R. nella vigente autorizzazione. La stesura del presente elaborato si basa sulle informazioni pubbliche presenti, sulla disponibilità di alcuni studi effettuati da strutture private, in relazione

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V&V Consulting Srl Studio Preliminare di Impatto Ambientale impianto trattamento liquidi/fanghi MIDA Srl

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1. Premessa

A seguito della domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale presentata dalla

MIDA Srl di Crotone per l’impianto di trattamento/recupero di rifiuti speciali

pericolosi e non pericolosi allo stato liquido o fangoso e annesso impianto di recupero

di rifiuti speciali non pericolosi allo stato solido, ricevuta con protocollo della Regione

Calabria (Dipartimento Politiche dell’Ambiente Sportello I.P.P.C.) n. 6794, il Nucleo

Operativo IPPC della Regione Calabria ha avviato e successivamente sospeso il

procedimento per il rilascio dell’autorizzazione sopra menzionata. Il Nucleo Operativo

ha infatti ritenuto che la tipologia dell’impianto ricade tra quelli elencati nell’Allegato

IV al Decreto Legislativo 16 Gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed

integrative del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia

ambientale - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 2008 - Suppl.

Ordinario n. 24), punto 7, lett. z.a. (Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti

pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15,

ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della parte IV del decreto legislativo 3 aprile

2006, n.152). Pertanto, il Nucleo VIA ha richiesto alla scrivente l'attivazione della

procedura di screening. Sulla base del parere legale fornitoci dal Prof. Avv. Pasquale

Giampietro (Studio Legale Giampietro - Consulenze Ambientali, Roma), l’obbligo di

effettuare la verifica di assoggettabilità alla V.I.A. non risulta giuridicamente

necessaria in forza delle motivazioni richiamate nella lettera (datata 23/07/2008)

inviata alla Regione Calabria (Dipartimento Politiche dell’Ambiente – Sportello

I.P.P.C.) e recepita con protocollo n. 11562. Sebbene tali conclusioni trovino conferma

nella risposta del Consiglio di Stato, nella Adunanza della Sezione Seconda 18 giugno

2008 – N. Sezione 200801001 che si è pronunciato su un quesito relativo ad un

vicenda analoga alla presente (v. “Oggetto: Ministero dell’ambiente e della tutela del

territorio e del mare – Quesito relativo all’autorizzazione integrata ambientale”, in

Allegato A); tuttavia, la scrivente, in ottemperanza a quanto richiestole dal Nucleo

IPPC, ha, comunque, elaborato il presente Studio Preliminare di Impatto Ambientale,

valutando anche l’implementazione di alcuni codici C.E.R. nella vigente

autorizzazione. La stesura del presente elaborato si basa sulle informazioni pubbliche

presenti, sulla disponibilità di alcuni studi effettuati da strutture private, in relazione

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alle esigenze della realizzazione di particolari progetti, su studi ed analisi in sito

appositamente condotti. In questo studio non verranno esaminate né diverse ipotesi

localizzative, né altri schemi impiantistici, data la natura della richiesta che, in questo

caso, è rappresentata da un ampliamento autorizzativo (aggiunta di codici C.E.R. nella

lista attualmente autorizzata) e non ampliamento fisico dell’impianto che, pertanto,

non determina, di fatto, modifiche qualificabili come sostanziali, ai sensi di legge.

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2. Contesto Territoriale

2.1 Inquadramento territoriale, geologico e climatico della Provincia di Crotone

Crotone è una delle cinque province della Calabria, sorge ad 8 metri sul livello del

mare sulla costa Ionica, e costituisce il polo gravitazionale di ventisette comuni che dal

XV secolo hanno preso la denominazione di Marchesato di Crotone. La città di

Crotone è capoluogo di provincia dal 1994, il suo territorio si estende per 1.716 km², e

conta circa 176.068 abitanti. Il Comune, invece, ha una superficie di 179,83 km², conta

circa 60.000 abitanti e confina a nord con il comune di Strongoli, a sud con il comune

di Isola Capo Rizzuto, a ovest con i comuni di Rocca di Neto, Scandale e Cutro, e ad

est con il mar Ionio. La città si erge tra terrazzi marini, pianure alluvionali, bastionate

d’arenaria e rilievi tabulari, davanti a un mare increspato di argille. Il crotonese

costituisce un bacino sedimentario dove sono presenti terreni ascrivibili sia al Pliocene

che al Pleistocene superiore. Il bacino è stato interessato da sedimentazione marina dal

Tortoniano al Pleistocene superiore, all’Olocene. Nella zona in esame non si notano

particolari segni riconducibili a dislocazioni tettoniche, almeno sulla scala

dell’affioramento; tuttavia, viste le caratteristiche di plasticità e di erodibilità del

litotipo argilloso non si escludono che le tracce delle possibili faglie possano essere

state obliterate proprio per le caratteristiche sopra citate di questi materiali. II modello

geologico presenta le tipiche peculiarità del sistema idrogeologico di pianura costiera

in cui le acque dolci continentali defluendo verso l’interfaccia acqua dolce-acqua

salata sono in continuo rimescolamento con il mare posto poco distante. La

circolazione sotterranea si organizza in generale secondo delle direttrici poste circa

ovest-est. La circolazione verticale si organizza secondo linee di drenaggio verso gli

strati superficiali più permeabili. In alcuni casi, l’acquifero si trova in pressione per la

presenza di acquiclude limo–argilloso, specialmente in coincidenza dei periodi

piovosi; in questo caso, si può instaurare filtrazione attraverso un mutuo scambio di

volumi idrici dagli strati profondi verso gli strati superficiali e viceversa. Il gradiente

idraulico può assumere valori tra 5÷10 m x 1000 m, così come si riscontra in litotipi

prevalentemente sabbiosi. Il suo valore di trasmissività (T), invece, può essere posto

indicativamente pari a 8x10-3 m2/sec. Per le condizioni climatiche c’è da dire che il

territorio in esame risulta largamente condizionato dalla presenza sia del Mar Tirreno

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che del Mar Ionio, dalla bassa latitudine, dalle masse orografiche e dalla loro

disposizione. Ad un clima mediterraneo di tipo subtropicale lungo e fasce costiere e

nelle aree pianeggianti, si contrappone un clima continentale attenuato nelle parti più

elevate. Le temperature del versante ionico risultano in genere maggiori di quelle del

versante tirrenico e ciò sia per l’esposizione che per gli influssi derivanti dalla relativa

vicinanza con la costa africana. Il clima si presenta temperato, l’inverno è

generalmente mite, anche se sono possibili temporanee ma repentine diminuzioni di

temperatura con occasionali nevicate (1991, 1998, 2001, 2006, 2008), in caso di

afflusso di aria gelida polare. L’estate è calda ma discretamente ventilata dalla brezza

di mare; solo in presenza di onde di calore con venti di scirocco o libeccio, le

temperature massime possono attestarsi attorno ai 40° C ma con bassi tassi di umidità

relativa. Le precipitazioni si concentrano principalmente in autunno, con massimo

secondario invernale; tra la primavera e l’estate può accentuarsi notevolmente la

siccità. In ogni caso le precipitazioni sulla costa ionica calabrese sono inferiori rispetto

alle località poste alla stessa quota sul versante tirrenico, con medie annue di 945 mm

con un massimo assoluto a dicembre e novembre ed un minimo assoluto a luglio,

caratteristico di un regime pluviometrico di tipo marittimo. In particolare il sito in

esame, ricade in un settore della regione caratterizzato da una media annuale delle

precipitazioni tra le più basse rispetto il resto della regione (700 mm).

2.2 Contesto sociale ed economico della Provincia di Crotone

2.2.1 Economia e popolazione

L’analisi dei principali indicatori congiunturali, pur non offrendo notizie di tangibile

miglioramento del nostro sistema economico, confermando la presenza di criticità già

individuate in precedenza, fà comunque cogliere elementi di positività che possono

essere utilizzati come leve di sviluppo per far uscire la nostra economia dalla

situazione di stallo in cui si trova favorendo un innalzamento della produttività e della

competitività. Tuttavia sarebbe necessario lavorare complessivamente per lo sviluppo

delle vocazioni territoriali in modo da generare economie di scala e di scopo e

consentire alle imprese di ridurre i costi. Il PIL pro-capite della provincia, benché

significativamente distante da quello nazionale e regionale, continua a migliorare a

ritmi maggiori (+7,76%) rispetto al valore medio nazionale (7,08%) e regionale

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(6,98%), raggiungendo quota 15.236 euro e risalendo due posti nella classifica

nazionale. Crescita percentuale superiore alla media nazionale (2,5% a fronte

dell’1,9%) anche per il reddito disponibile pro-capite benché, con un valore di 9.669

euro, rappresenti solo l’84,6% della media calabrese e appena il 58,9% della media

nazionale. Tuttavia, è innegabile il ritardo di sviluppo del nostro territorio e della

nostra regione rispetto al resto dell’Italia ed in particolare rispetto al Nord della

penisola. La dinamica occupazionale conferma la stagnazione dell’economia locale

con un numero di occupati stimati per il 2007 diminuito del 4,3% rispetto al 2006 ed

un tasso di occupazione che ci vede ultimi nella graduatoria nazionale con appena il

39,2% di occupati a fronte di una media nazionale del 58,4%. Dato ancora più

allarmante se focalizzato alla componente femminile: appena il 23,8% rispetto al

46,6% nazionale. Di contro, diminuisce il tasso di disoccupazione che si assesta al

10,8%, valore più basso rispetto alla media regionale dell’11,2%, ma ancora molto

distante dal valore medio nazionale (6,1%). Alla diminuzione del tasso di

disoccupazione, in presenza di un calo del tasso di occupazione, fa riscontro un

aumento del tasso di inattività che ci vede in cima alla graduatoria nazionale, segnale

inequivocabile dell’esistenza di un fenomeno di scoraggiamento che porta un maggior

numero di persone a non affacciarsi sul mercato del lavoro o a “cercare altrove”,

favorendo fenomeni migratori che allontanano i giovani, impossibilitati a trovare

sbocchi professionali soddisfacenti nella propria terra d’origine. Ciononostante, la

diminuzione del tasso di occupazione, correlato alla crescita del Pil procapite, fà

pensare ad un aumento di produttività o ad un investimento in settori ad alta redditività

e meno esposti alla concorrenza internazionale. Cresce, anche se lentamente, la base

imprenditoriale, appena lo 0,30%, frutto di un tasso di crescita tra i più bassi registrati

(7,5%) negli ultimi dieci anni, a fronte di un tasso di mortalità che, anche al netto delle

cancellazioni d’ufficio, resta abbastanza elevato. Tale contrazione nelle nuove

iscrizioni ha senz’altro risentito della mancanza dell’attivazione di bandi legati a fonti

di finanziamento pubblici (L. 488/92 e 215/92) e del rallentamento dei finanziamenti a

sportello gestiti da Sviluppo Italia che, negli anni passati, hanno facilitato l’avvio di

nuove attività imprenditoriali. Tuttavia, ciò conferma quanto da sempre sostenuto in

merito al ruolo che gli incentivi statali devono avere sia nella fase di start-up, che vede

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le imprese per lo più sottocapitalizzate, ma soprattutto in “corso d’opera” per

consentire a quelle già operanti sul mercato di raggiungere una dimensione ottimale ed

efficiente per conseguire margini di competitività maggiori attraverso un’espansione

delle dimensioni aziendali. Non brilla di certo la posizione della nostra provincia e

della nostra regione per spesa in Ricerca e Sviluppo aggravata dall’incapacità delle

aziende di tradurre la ricerca in prodotti e processi valorizzabili economicamente,

come attestano i dati dell’European Patent Office. Migliora, invece, l’attrattività del

nostro territorio per i turisti stranieri che, nel 2007, sono aumentati di 7.000 unità con

una spesa più che doppia rispetto al 2006, segno inequivocabile del ruolo, vocazione

ed opportunità di quella che a più voci, viene definita come “l’industria che non c’è”.

Anche il commercio internazionale registra un netto miglioramento con una ripresa

dell’export (+14,3%) superiore alla media nazionale e una diminuzione delle

importazioni (-10,8%) che ha portato ad una riduzione del deficit della bilancia

commerciale con l’estero che si assesta ad un valore assoluto pari a circa 19,5 milioni

di euro (-42,6%). I settori trainanti sono ancora una volta il Metalmeccanico e la

Chimica, gomma e plastica che, da soli, rappresentano il 66% del valore dell’export

complessivo, mentre tra i principali Paesi di destinazione dei nostri prodotti troviamo,

oltre ai tradizionali USA, Germania e Belgio, anche l’Algeria, la Grecia ed il Canada.

Ancora una volta l’analisi dei maggiori indicatori socio-economici evidenzia

contraddizioni riconducibili in gran parte a deficit non ancora colmati quali

l’insufficiente dotazione infrastrutturale, quella materiale della viabilità dei trasporti e

della logistica e, soprattutto, quella immateriale della ricerca, dell’innovazione e della

qualificazione delle risorse umane, variabili su cui è indispensabile agire per colmare

lo svantaggio competitivo della nostra provincia. Per quanto riguarda l’emigrazione, si

può affermare che il saldo migratorio interno della Calabria è tra i peggiori, secondo

solo a quello campano, la stima per il 2007 conferma il trend negativo (-3,9%)

registrato nella rilevazione precedente. La regione nella quale viviamo si conferma un

territorio attrattivo per quelle popolazioni che si allontanano da Paesi che vivono

situazioni di instabilità sociale e/o politica ma, nel contempo, rimane un territorio

repulsivo per la popolazione locale che continua, inesorabilmente, ad emigrare verso le

regioni settentrionali, specie verso quelle del nord-est che registrano un saldo

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migratorio interno pari al 2,1 %. In netto aumento rispetto all’anno precedente (0,3%)

il saldo migratorio con l’estero della regione Calabria che si attesta al 7%, in assoluto

il più alto tra i valori registrati tra le regioni meridionali; questo dato influenza il saldo

migratorio totale, che registra uno sviluppo del 3,1%, in contrapposizione al dato

rilevato l’anno precedente (-3,6%). L’andamento dei tassi generici di migratorietà per

provincia conferma quanto anticipato relativamente all’elevata incidenza del fenomeno

emigratorio nei territori meridionali. La provincia di Crotone, al pari degli altri territori

meridionali, è interessata da un forte fenomeno emigratorio. I tassi generici di

migratorietà confermano fenomeni e tendenze emerse nelle precedenti rilevazioni. Il

saldo migratorio interno della provincia di Crotone (-6,6%) è in assoluto il dato più

negativo tra quelli registrati tra le province calabresi, seguito dal dato registrato dalla

provincia di Vibo Valentia (-6,3%), e quasi il doppio del dato complessivo regionale.

Tale valore rispecchia il fenomeno che vede la popolazione locale proseguire “i viaggi

della speranza” verso le regioni settentrionali. In netto aumento il saldo migratorio con

l’estero: la stima per il 2007 si attesta al 7,6%, di ben 5,5 punti percentuali superiore

rispetto alla rilevazione dell’anno 2006, secondo solo al dato stimato per l’anno 2007

per la provincia di Reggio Calabria (+8,6%). Questo dato risente della presenza in

provincia del centro di prima accoglienza di S. Anna in Isola di Capo Rizzuto che

rappresenta una delle vie più consuete per l’ingresso nel territorio nazionale ed

europeo per tutte quelle popolazioni che cercano situazioni di riscatto economico,

sociale e politico, rimanendo comunque territorio di transito e di passaggio sia verso

altre Regioni d’Italia che verso altri Stati membri dell’Unione Europea.

2.3 Sistema Naturalistico-Ambientale

Uno dei segmenti di studio rilevanti del quadro conoscitivo del PTCP (Piano

Territoriale di Coordinamento Provinciale) di Crotone è il sistema naturalistico-

ambientale poiché, assumendo il piano provinciale valenza paesaggistica, risulta

determinante la lettura delle risorse fisico-naturalistiche, ma anche storico-culturali,

del territorio in un’ottica orientata alla sostenibilità ambientale.

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2.3.1 Rete naturale

Aree Protette

Un campo di analisi del quadro conoscitivo di interesse per lo studio oggetto di questa

relazione è quello rivolto alle aree naturali protette e cioè quelle aree di particolare

interesse naturalistico che rispondono a determinati criteri stabiliti per legge. Va subito

precisato che quasi il 60% del territorio provinciale è costituito da aree naturali inserite

nell’Elenco ufficiale delle aree protette del Ministero dell’Ambiente, con grande

rilevanza dell’area ZPS dell’Alto Marchesato che investe quasi tutti i comuni della

provincia. Le enormi valenze ambientali sono, quindi, una peculiarità dell’intero

territorio. Le aree naturali protette nella provincia di Crotone sono:

• il Parco Nazionale della Sila;

• la Riserva Marina di Capo Rizzuto;

• le tre ZPS (area dell’alto marchesato, foce del fiume Neto, foce del fiume

Tacina) e i 21 siti SIC.

Si anticipa in questo paragrafo che, data la destinazione d’uso prevista dagli strumenti

pianificatori vigenti, il sito ospitante l’impianto MIDA Srl non ricade in nessuna delle

aree protette istituite, trovandosi ad alcuni chilometri di distanza da queste.

2.3.2 Rete antropica

Per la trattazione della rete antropica si rimanda alla consultazione del documento di

riferimento (PTCP Provincia di Crotone – documento preliminare). In Allegato B

vengono comunque riportate le tavole tematiche relative a questo paragrafo.

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3. Contesto normativo e programmatico

3.1 Legislazione e Piani vigenti

Il contesto normativo e programmatico che riguarda il progetto in esame, è quello che

regolamenta le procedure per la valutazione ambientale, per la gestione dei rifiuti e per

la gestione degli impianti. Le normative di riferimento iniziale sono il Testo Unico in

materia ambientale (Decreto Legislativo n. 152/06) e successive modifiche ed

integrazioni, il nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti della Regione Calabria 2007, il

Piano di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Crotone, il PTCP della Provincia di

Crotone ed il Piano Regolatore del Comune di Crotone.

3.2 Aspetti di interesse del Decreto Legislativo 152/06

Il Decreto Legislativo n. 152/06 e s.m.i. rappresenta il riferimento normativo

principale in tema ambientale, e, nel caso in esame, viene utilizzato come guida per lo

studio preliminare di impatto ambientale, per l’inquadramento impiantistico e per la

relativa gestione dei rifiuti trattati. L’impianto oggetto di valutazione, di proprietà

della MIDA Srl, è stato autorizzato dal Commissario del Governo delegato per

l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria con Ordinanza n. 005016

del 30 ottobre 2006 recante oggetto:

Ufficio Autorizzazioni: art.208, art.209 del decreto legislativo n.152 del 3/4/2006 –

Rinnovo dell’autorizzazione O.C.D. n.1493 del 02/07/2001, all’esercizio delle

operazioni di stoccaggio, deposito preliminare, messa in riserva, trattamento e

recupero individuate con i codici [D8], [D9] e [D15] dell’allegato B della parte IV

del decreto legislativo n.152 del 03/04/2006, e con i codici [R4], [R5] e [R13]

dell’allegato C alla parte IV del decreto legislativo n.152 del 03/04/2006, di rifiuti

speciali non pericolosi e pericolosi allo stato liquido o fangoso.

Le quantità autorizzate dall’ordinanza sono (così come riportate nel documento al

punto 2 lettera b) comma 4 delle disposizioni – vedi Allegato C):

• Il quantitativo di rifiuti da smaltire non superi il complessivo massimo annuo di

48.000 metri cubi.

Bisogna specificare che all’interno del capannone, sede dell’impianto di cui sopra, è

ospitato un impianto di piccole dimensioni dedicato al recupero di argento dalle

pellicole e dalle carte per fotografia (lastre cinefotoradiografiche). Tale impianto è

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stato autorizzato in procedura semplificata (ex art. 31-33 D. Lgs 22/97) dalla Provincia

di Crotone – Settore Ambiente – tramite iscrizione (iscrizione numero 0031KR del 24

febbraio 2004 prot. 5929) al Registro Provinciale delle Imprese, per le attività di tipo

[R13] (secondo l’allegato C del D.Lgs. 22/97 e s.m.i.) per il codice C.E.R. 09 01 07

(rifiuti costituiti da pellicole e carta per fotografia contenenti argento e suoi composti).

Il quantitativo autorizzato per il trattamento è inferiore a 3.000 tonnellate/anno. La

gestione di tale impianto è completamente indipendente dal precedente in termini

tecnici-gestionali oltre che amministrativi.

Lay-out generale dell’impianto

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3.3 Aspetti di interesse del Piano di Gestione dei Rifiuti della Regione Calabria 2007

Il quadro normativo nazionale (parte IV del D.Lgs. 152/06) prevede che la gestione dei

rifiuti speciali sia disciplinata dall’Ente pubblico; alla Regione quindi, spetta l’attività

di pianificazione della gestione anche se l’onere dello smaltimento dei rifiuti speciali

pericolosi e non pericolosi ricade interamente sul produttore del rifiuto stesso. In

questo ambito il Piano Regionale non deve prevedere “la tipologia e il complesso degli

impianti”, ma “il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti”, vale a dire

che la pianificazione per i rifiuti speciali non deve individuare, come per i rifiuti

urbani, i singoli impianti necessari al trattamento degli stessi, ma definire i criteri per

soddisfare i fabbisogni. La gestione dei rifiuti speciali regionale è affidata direttamente

ai privati. La gestione dei rifiuti speciali in Regione deve rispondere ai seguenti

principi:

• promuovere sistemi tendenti a ridurre la produzione e la pericolosità di rifiuti;

• promuovere sistemi tendenti ad intercettare, a monte del conferimento, i

materiali recuperabili dai rifiuti;

• assicurare prioritariamente il trattamento e lo smaltimento di rifiuti prodotti in

ambito regionale fatta salva l’opportunità di prevedere, per particolari tipologie

di rifiuti, soluzioni di recupero e smaltimento a livello sovraregionale

(conseguimento di scala dimensionale);

• provvedere allo smaltimento dei rifiuti in luoghi prossimi a quelli di produzione

con soluzioni tecnico-organizzative mirate alle diverse caratteristiche del

tessuto produttivo e dei rifiuti;

• promuovere un sistema di centri di raccolta e stoccaggio provvisorio di rifiuti

(per piccole e medie imprese) così da consentire l’ottimizzazione della gestione

dei piccoli quantitativi di rifiuti;

• conferire in discarica i rifiuti derivanti da processi di inertizzazione o recupero

così come previsto dal D.M. 03.08.2005, D.M. 05.02.98 e D.M. 161/2002;

• limitare lo smaltimento in discarica dei rifiuti assimilabili agli urbani, in ragione

delle elevate potenzialità di recupero;

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• promuovere e favorire, per quanto tecnicamente possibile, una integrazione tra

la gestione dei rifiuti urbani e quella dei rifiuti speciali in modo da consentire il

conseguimento di efficaci e vantaggiose economie di scala;

• garantire il corretto smaltimento di rifiuti derivanti da aree regionali

contaminate così come individuate nel Piano Regionale delle bonifica delle aree

inquinate.

3.4 Aspetti di interesse del Piano di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Crotone

Il Piano di gestione dei rifiuti della Provincia di Crotone (approvato con deliberazione

del Consiglio Provinciale n. 32 del 20 settembre 2003) prevedeva due fasi di

attuazione:

• fase transitoria (dal 2003 al 2004 compreso);

• fase a regime (dal 2005 al 2012).

La fase transitoria era determinata dal completamento (ampliamento ed adeguamento)

degli impianti di discarica già operanti ed esistenti sul territorio mediante gli opportuni

interventi di adeguamento al fine di ovviare a possibili abbancamenti, salvo diversa

determinazione regionale in sede di approvazione dei progetti e di autorizzazione

all’esercizio. La fase a regime coincidente con le necessità di abbancamento dopo

l’anno 2004 prevedeva di poter attivare nuovi impianti di discariche (almeno due) di

appoggio all’unico impianto di discarica previsto per l’ATO di Crotone nella fase a

regime dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti. Il Piano Provinciale accentra

l’attenzione in modo particolare alla gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU) ed ai

rifiuti da raccolta differenziata (RD), mentre per quanto riguarda i rifiuti speciali

riporta i dati contenuti nel Piano Regionale, ed un censimento degli impianti presenti

sul territorio provinciale. L’immagine seguente è tratta dal Piano:

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Una nota interessante risiede nel capitolo 5 dove si parla delle azioni di Piano da

attuare insieme alla partecipazione di diversi soggetti. Le azioni menzionate sono sette:

1. Accordi di programma per la minimizzazione della produzione dei rifiuti;

2. Accordi di programma per il recupero degli imballaggi;

3. Valorizzazione del compost;

4. Ricerca sbocchi CDR;

5. Impiego della frazione organica stabilizzata (FOS);

6. Compostaggio dei sottoprodotti della produzione olearia;

7. Certificazione ambientale degli impianti;

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8. Azioni di concertazione con Associazioni di categoria delle imprese,

Associazioni Ambientaliste e dei consumatori, sindacati, CCIAA;

9. Elaborazione e/o aggiornamento della cartografia delle Aree idonee e non

idonee.

L’azione che può riguardare il progetto in esame è l’azione 7, di seguito riportata:

• Le attività di gestione dei rifiuti, in particolare gli impianti di trattamento e

smaltimento, comportano un impatto ambientale spesso percepito

negativamente dall’opinione pubblica, con la conseguente difficile accettazione

da parte delle comunità di nuovi impianti. Un passo verso la trasparenza delle

attività inerenti ai rifiuti nei confronti dei cittadini può sicuramente essere

rappresentato dall’adozione volontaria, da parte delle aziende del settore, a

sistema di gestione ambientale, quali il Regolamento europeo EMAS o la

norma ISO 14000. È stato confermato infatti dall’esperienza internazionale che

l’adozione di un sistema di gestione ambientale consente:

o risparmi energetici;

o ottimizzazione dei flussi di materiali;

o aumento della competitività e delle prestazioni economiche dell’impresa;

o trasparenza nei rapporti con gli organi di controllo e con l’opinione

pubblica in generale.

Sulla scorta di tali considerazioni la Provincia di Crotone si farà promotrice di

iniziative pilota per la certificazione ambientale degli impianti connessi alla gestione

ambientale.

Il capitolo 6, invece, riguarda la “individuazione delle zone idonee per la

localizzazione degli impianti”, che costituisce un altro aspetto interessante per il

progetto in esame. La premessa al capitolo inizia dicendo che: l’individuazione dei siti

in cui realizzare impianti per la gestione dei rifiuti, costituisce da sempre, per varie

ragioni, un’occasione di inasprimento delle tensioni sociali, a causa dell’opposizione

della popolazione o di chi la rappresenta. Occorre peraltro precisare che, soprattutto in

territori con forte urbanizzazione e con notevoli valenze naturalistiche e

paesaggistiche, qual è quello della Provincia di Crotone, ben difficile sarà l’i-

dentificazione del sito ideale, vale a dire con impatto ambientale nullo o addirittura

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positivo; la scelta finale sarà quindi, necessariamente, frutto di analisi e valutazioni

specifiche tra le varie componenti ambientali interessate alla decisione. È quindi

indispensabile che tutto il processo di identificazione dei siti venga condotto con

trasparenza, individuando un procedimento di selezione e comparazione che garantisca

l’oggettività della scelta e la sua compatibilità con i progetti esistenti di sviluppo, di

uso del territorio e di tutela ambientale e paesaggistica. Il risultato finale dovrà poi

essere accuratamente verificato, sotto ogni punto di vista. È attribuita alla Provincia la

competenza relativa all’individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale

di coordinamento, sentiti i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti

di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani, con indicazioni plurime per ogni tipo di

impianto, nonché delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di

smaltimento e recupero dei rifiuti. Di seguito vengono riportati alcune parti del

paragrafo 6.3 (Criteri generali definiti dal PPGR). È ritenuto criterio preferenziale di

localizzazione per gli impianti di gestione e trattamento dei rifiuti, ad esclusione delle

discariche, l’inserimento in zone a destinazione produttiva (industriale o artigianale) o

finalizzate ad impianti tecnologici. Al di là delle procedure di valutazione dell’impatto

ambientale, che devono essere seguite nei casi previsti per legge, lo strumento

operativo da adottarsi per la localizzazione di detti impianti è rappresentato dallo

studio di compatibilità ambientale da redigere contestualmente al progetto

dell'impianto stesso, secondo quanto già previsto dalle norme attuative artt. 27 e 28 del

D.L. 22/1997 approvate con Ordinanza dell’Ufficio del Commissario n. 63 del 30

aprile 1999 pubblicata nel BUR n. 60 del 16 giugno 1999 e riportata in appendice al

Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti. In linea generale, si può affermare che le

nuove localizzazioni devono interessare le zone che gli strumenti urbanistici in vigore

hanno destinato agli impianti produttivi o agli impianti tecnologici dedicati con

priorità alle zone nelle quali tali impianti sono già stati realizzati. Pare opportuno fare

osservare come la compresenza, nelle zone produttive, di funzioni commerciali

congiuntamente all’artigianato o all’industria, non deve essere vista come fattore di

incompatibilità ma, al contrario, soprattutto per gli impianti di conferimento selettivo,

come un vantaggio in termini di minori oneri per il conferimento e come una ulteriore

garanzia per la qualità dell’impianto. Ai fini delle proposte di localizzazione degli

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16

impianti di gestione dei rifiuti gli atti provinciali di pianificazione devono contenere

uno specifico elaborato nel quale siano evidenziati:

• la verifica della applicazione a livello provinciale, dei criteri di localizzazione

individuati nel Piano Regionale di Gestione;

• l’indicazione delle risorse essenziali del territorio provinciale delle quali si

prevede l'utilizzazione o comunque che siano interessate dalle azioni di

trasformazione previste dal piano provinciale;

• uno studio ambientale, per ciascuna delle localizzazioni proposte nel piano

provinciale, avente carattere di elaborazione interdisciplinare e contenente

almeno le seguenti indicazioni:

la descrizione delle condizioni iniziali dell’ambiente

fisico/biologico/antropico interessato e delle componenti ambientali

soggette a impatto ambientale;

la descrizioni dell’intervento di piano previsto in quella localizzazione;

i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti sull'ambiente

sia nella fase di realizzazione, sia nella fase di esercizio;

l'esposizione dei motivi della scelta compiuta e la descrizione delle

possibili alternative di localizzazione e di intervento prese in

considerazione;

la descrizione delle misure che possono essere previste per ridurre,

compensare o eliminare gli effetti di pressione sull' ambiente;

• una valutazione degli effetti ambientali per ciascuna delle localizzazioni

proposte dal piano provinciale e la comparazione fra le diverse soluzioni

previste, con l'indicazione della metodologia e dei parametri utilizzati;

• un’analisi per ciascuna localizzazione, degli effetti sui centri abitati causati dalla

mobilità indotta dal conferimento dei rifiuti agli impianti di smaltimento,

indicando anche soluzioni idonee ad evitare o mitigare i suddetti effetti.

Nel paragrafo successivo vengono definiti i criteri per l’individuazione delle aree non

idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento rifiuti:

(omissis)… fermo restando la necessità di procedere alla valutazione dell’impatto

ambientale degli impianti di smaltimento, ai sensi delle vigenti normative in materia,

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17

vengono di seguito illustrati i criteri per la localizzazione dei predetti impianti. Il Piano

di Gestione, nel presente capitolo, si pone l’obiettivo di definire criteri di

macrolocalizzazione delle previsioni impiantistiche relative alla categoria dei rifiuti

nonché quelli di microlocalizzazione di dettaglio affidando ad una successiva fase di

puntuale progettazione. I fattori escludenti sono determinati in base alla normativa

vigente.

Fattori Escludenti

I siti idonei alla realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti non

devono ricadere in:

• Aree collocate nelle fasce di rispetto da punti di approvvigionamento idrico a

scopo potabile (200 m o altra dimensione definita in sede di approvazione del

piano provinciale base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche del

sito), ai sensi del DPR 236/1988;

• Aree destinate al contenimento delle piene individuate dai Piani di bacino di cui

alla Legge 183/1989;

• Parchi e riserve naturali, nazionali e regionali istituite in attuazione della Legge

394/1991;

• Aree ricadenti nelle fasce di rispetto relative ai beni di interesse storico-

artistico;

• Aree con presenza di immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale

o di singolarità geologica, individuati ai sensi del DL 490/1999;

• Aree con presenza di immobili e/o con presenza di cose di interesse

paleontologico, che rivestono notevole interesse artistico, storico, archeologico,

ai sensi dell'art. I lett. a) della L. 1089/1939;

• Aree entro la fascia di rispetto da strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, cimiteri,

ferrovie, beni militari, aeroporti;

• Aree individuate in relazione al DL 180/1998, a pericolosità molto elevata

(Pi4); quelle a pericolosità elevata (Pi3), le aree a rischio molto elevato (Ri4) e

quelle a rischio elevato (Ri3);

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Fattori di attenzione progettuale

Costituiscono fattori di attenzione progettuale per la scelta localizzativa:

• zone di particolare interesse ambientale di cui alla L.431/1985, sottoposte a

tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497;

• aree a quota superiore a 600 m s.l.m.;

• aree che ricadono negli ambiti fluviali;

• aree costiere e comunque in zona di dune mobili, consolidate e sedimenti di

duna;

• aree individuate come invarianti strutturali a valenza ambientale definiti dagli

atti di pianificazione;

• aree di emergenza ambientale (aree di rilevante pregio ambientale e aree di

reperimento);

• aree sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi delle vigenti normative;

• siti con habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali o

vegetali proposti per l'inserimento nella rete europea Natura 2000, secondo le

direttive Comunitarie 92/43 e 79/409;

• aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

• zone umide incluse nell'elenco di cui al D.P.R. n.448/76;

• zone di interesse archeologico;

• zone di interferenza con i livelli di qualità delle risorse idriche superficiali e

sotterranee;

• aree di particolari bellezze panoramiche individuate ai sensi del punto 4)

dell'art.1 della L. 1497/1939;

• aree individuate come inondabili ai sensi del DL 180/1 998;

• aree soggette a rischio idraulico e terreni geologicamente inidonei, instabili e

soggetti a dissesti.

Fattori favorevoli

Costituiscono fattori favorevoli per la valutazione:

• viabilità d'accesso esistente o facilmente realizzabile, con disponibilità di

collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;

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19

• caratteristiche di baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e di

smaltimento dei rifiuti;

• aree con presenza di zone degradate da bonificare, discariche esistenti o non più

attive, cave dismesse al fine di apportare comunque una riqualificazione

generale dell’area;

• idonea distanza da edifici residenziali;

• affioramenti litologici che presentino limitata permeabilità per porosità o

fratturazione;

• dotazione di infrastrutture.

Per le specifiche sui metodi di microlocalizzazione e macrolocalizzazione si rimanda

alla consultazione del Piano. Per finire la sintesi di interesse del Piano Provinciale, si

segnala che i paragrafi numerati dal 6.5 al 6.12 indicano i criteri per la localizzazione

degli impianti, in particolare:

• 6.5 Localizzazione di impianti di termodistruzione;

• 6.6 Localizzazione di Impianti a tecnologia complessa (selezione e produzione

compost /Cdr/Rdf, compostaggio, digestione anaerobica, ecc.);

• 6.7 Impianti di supporto alle raccolte differenziate;

• 6.8 Localizzazione degli impianti discarica per rifiuti urbani;

• 6.9 Impianti di autodemolizione e recupero di materiale metallico;

• 6.10 Localizzazione, criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica

per rifiuti inerti;

• 6.11 Localizzazione, criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica

per rifiuti pericolosi e non pericolosi;

• 6.12 Localizzazione, criteri costruttivi e gestionali degli impianti di deposito

sotterraneo;

Gli impianti di trattamento di rifiuti liquidi rientrano, presumibilmente, tra quelli

elencati nel paragrafo 6.6 “Localizzazione di Impianti a tecnologia complessa

(selezione e produzione compost/Cdr/Rdf, compostaggio, digestione anaerobica,

ecc.)”. Nel suddetto paragrafo, viene esplicitato che:

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20

• Per la fase di localizzazione, come criterio generale di scelta, si

indicano le aree industriali;

• Le caratteristiche degli impianti a tecnologia complessa sono

infatti analoghe a quelle di un insediamento produttivo di medie dimensioni;

• Nelle localizzazioni industriali devono essere rispettati i criteri

generali fissati dalla legislazione vigente, e i criteri specifici stabiliti in sede di

definizione degli obiettivi di Piano Regolatore Generale Comunale e legati alle

caratteristiche dei luoghi.

• Le localizzazioni industriali devono in ogni caso rispettare i

vincoli riguardanti, la tutela delle fonti di approvvigionamento idrico, le

distanze dai corsi d’acqua, le aree protette, i rischi di frana ed erosione;

• Nelle fasi successive di indagine, di confronto delle ipotesi di

alternative localizzative (scala provinciale), ed in sede di studio di impatto

(scala locale comunale o intercomunale), intervengono altri fattori importanti

per confrontare le caratteristiche dei siti, stabilire priorità di intervento e

orientare la scelta del sito maggiormente idoneo.

Descrizione dei criteri generali di localizzazione degli impianti

Di seguito sono descritti i fattori da utilizzare nella selezione di aree potenzialmente

idonei alla localizzazione degli impianti a tecnologia complessa. Sono stati considerati

i fattori ambientali legati a:

a) aspetti urbanistici;

b) protezione della popolazione dalle molestie;

c) caratteristiche meteo climatiche;

d) aspetti logistici;

e) tutela da dissesti e calamità;

f) protezione delle risorse idriche;

g) protezione di beni ambientali, paesaggistici, artistici, archeologici, storici,

paleontologici;

h) controllo ambientale;

i) presenza di fattori di degrado.

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a) Aspetti urbanistici

Aree industriali

La localizzazione degli impianti a tecnologia complessa, come previsto in altre

esperienze, può avvenire, con minori controindicazioni in aree a destinazione

produttiva. Rientrano in questa categoria le aree artigianali industriali già esistenti o

previste dalla pianificazione comunale. Le aree con altre destinazioni d’uso sono

perciò automaticamente escluse dalla possibilità di localizzazione. A scala provinciale

le aree industriali sono l’ambito di localizzazione degli impianti a tecnologia

complessa; a scala comunale, è necessaria l’integrazione delle informazioni sulle

caratteristiche dei siti.

b) Protezione della popolazione dalle molestie

Fasce di salvaguardia dalle aree residenziali

I maggiori problemi per le popolazioni residenti in prossimità di un impianto a

tecnologia complessa sono legati all’aumento dell’inquinamento atmosferico, dovuto

alle fasi di trasporto dei rifiuti e alle eventuali formazioni di odori molesti. L’aumento

del traffico pesante in prossimità degli impianti ha anche come conseguenza

l’incremento dei livelli di rumore. Si tratta di un fattore di esclusione. La fascia di

salvaguardia è calcolata in rapporto all’ubicazione degli impianti. A scala provinciale,

si fissa una fascia di salvaguardia pari a 200 m dalle aree residenziali; fino a 500 m si

può mantenere un criterio penalizzante.

c) Caratteristiche meteoclimatiche

Calma di vento stabilità atmosferica

Le condizioni meteoclimatiche determinano la dispersione di eventuali odori

sgradevoli causati dall’impianto. Vanno considerati preferenziali quei siti in cui la

presenza di brezze e le altre condizioni atmosferiche favoriscono la dispersione di

eventuali odori. Si tratta di un fattore penalizzante. A scala provinciale, devono essere

identificate le aree con le caratteristiche climatiche più sfavorevoli alla dispersione di

odori. In fase di microlocalizzazione, devono essere utilizzati modelli di dispersione

degli odori e devono essere verificate le possibili aree di influenza.

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22

d) Aspetti logistici

Vicinanza alle aree di maggiore produzione dei rifiuti

Per motivi di economicità di gestione e di riduzione del carico inquinante globale sono

da preferire le localizzazioni degli impianti in siti centrali rispetto al bacino di

produzione dei rifiuti. Di norma viene considerato come sito ottimale quello che

minimizza la somma dei prodotti dei quantitativi trasportati per la distanza da

percorrere. Il sito ottimale è quello in cui il valore della sommatoria dei chilometri per

tonnellate di rifiuti prodotti è minimo. Si tratta di un fattore preferenziale. A scala

provinciale, devono essere identificati i siti baricentrici rispetto al bacino di pro-

duzione dei rifiuti.

Dotazione di infrastrutture

In fase di localizzazione, l’accessibilità del sito è un parametro importante da

considerare. A scala provinciale è necessario identificare l’accessibilità del sito, le

infrastrutture esistenti, loro dimensioni e capacità, le possibilità di percorsi alternativi

per i mezzi che conferiscono i rifiuti. In sede di microlocalizzazione devono essere

effettuati studi sulla viabilità locale e verificate le possibilità di accesso, per

minimizzare le inferenze con del sito. Si tratta di un fattore preferenziale.

Distanza da infrastrutture

La realizzazione dell’impianto deve rispettare le fasce di rispetto dalle infrastrutture di

trasporto esistenti. Si tratta di un fattore penalizzante. A livello di microlocalizzazione,

può essere verificata la superficie effettivamente disponibile con esclusione delle

porzioni di territorio che ricadono in fasce di rispetto da infrastrutture.

e) Tutela da dissesti e calamità

Sismicità

La localizzazione delle aree sismiche impone agli edifici il rispetto di norme più

restrittive e quindi comporta costi di realizzazione più elevati. Si tratta di un fattore

penalizzante.

Aree esondabili

Di norma nelle aree esondabili dovrebbero essere vigenti limiti di inedificabilità e

quindi essere escluse a priori da destinazioni d’uso industriali. Ciò non è applicabile

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agli impianti già esistenti che, comunque, potranno effettuare eventuali ampliamenti ed

adeguamenti. La localizzazione di nuovi impianti in tali zone è da escludere.

Aree in frana

Si escludono, le aree in frana o soggette a movimenti gravitativi, in particolare le aree

formalmente individuate a seguito di dissesto idrogeologico.

f) Protezione delle risorse idriche

Contaminazione di acque superficiali e sotterranee

Le operazioni di stoccaggio e trattamento di rifiuti potrebbero, per cause accidentali

come ad esempio per dilavamento o scorretta gestione dell’impianto, interferire con i

livelli di qualità delle risorse idriche. In fase di microlocalizzazione, può essere

effettuata l’analisi dei rischi di contaminazione, considerando la vicinanza a corsi

d’acqua e i dati relativi alla permeabilità dei suoli e alla soggiacenza della falda. Si

tratta di un fattore penalizzante.

g) Protezione di beni ambientali, paesaggistici, artistici, archeologici, storici,

paleontologici

Visibilità da aree di pregio

La realizzazione di un impianto a tecnologia complessa in aree contigue ad aree di pre-

gio può rappresentare un’intrusione indesiderata. Si tratta di identificare e segnalare le

possibili incompatibilità in fase di piano provinciale e di procedere, in sede

microlocalizzazione, alla valutazione delle interferenze causate dall’insediamento di

un nuovo impianto. In fase di studio di impatto ambientale andrà stimato l’impatto

visivo dell’impianto sulla qualità preesistente dei luoghi. È un fattore penalizzante. A

livello provinciale, si procede all’identificazione delle potenziali intrusioni visive in aree

di pregio. In fase di microlocalizzazione, si effettuano l’esame dei livelli di intrusione,

la stima dell’entità degli impatti visivi e la definizione di eventuali misure di

mitigazione.

h) Controlli ambientali

Reti di monitoraggio

La preesistenza di una rete di monitoraggio della qualità dell’aria o di controlli su altre

componenti ambientali, rappresenta un’opportunità perché permette di inserire

l’impianto in un ambito territoriale sul quale esistono informazioni utili alla

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24

conoscenza complessiva e quindi consente di adeguare l’impianto alle esigenze locali,

ipotizzando le modifiche dei livelli di qualità ambientale dovute alla sua eventuale

realizzazione. Si tratta di un fattore preferenziale. A livello provinciale, si considera

preferenziale la localizzazione in aree già monitorate.

i) Presenza di fattori di degrado

Aree industriali dismesse, aree degradate da bonificare

La localizzazione in aree industriali dismesse e in aree degradate da bonificare rappre-

senta un fattore preferenziale, solo in presenza di studi approfonditi con VIA (ad. Es.

verifica di assenza di falde acquifere) perché consente di conservare i livelli di qualità

esistenti in aree integre e di riutilizzare aree altrimenti destinate a subire un progressivo

degrado. Si tratta di un fattore preferenziale.

Impianti di trattamento rifiuti già esistenti

Le localizzazioni su aree già adibite allo smaltimento dei rifiuti o ad esse limitrofe rap-

presentano un’opportunità. Le aree, infatti, dovrebbero essere già dotate delle infra-

strutture necessarie. La realizzazione degli interventi potrebbe consentire economie di

scala e rappresentare l’occasione per potenziare i controlli ambientali. Si tratta di un

fattore preferenziale. Nella pagina seguente viene mostrata una tabella di sintesi su

quanto esposto.

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Tabella 3.1

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Fonte: Piano Provinciale Gestione Rifiuti della Provincia di Crotone

Sintesi dei fattori considerati per la localizzazione di impianti a tecnologia complessa Fattori Macrolocalizzazione Microlocalizzazione

Aree industriali Esclusione altre destinazioni d'uso

Aree esondabili Esclusione tranne che per gli impianti

già esistenti e per eventuali ampliamenti ed adeguamenti degli stessi

Fasce di salvaguardia dalle aree residenziali

Esclusione delle aree a distanza inferiore a 200 m, penalizzante per aree entro 500 m

Aree degradate da bonificare Preferenziale

Aree industriali dismesse

Preferenziale solo in presenza di studi approfonditi con VIA (ad es. assenza di falde acquifere)

Calma di vento, stabilità atmosferica

Penalizzante per aree con condizioni sfavorevoli alla dispersione di odori

Contaminazione superficiali e sotterranee

Penalizzante per area a rischio di contaminazione

Distanza da infrastrutture Penalizzante per aree che ricadono in fasce di rispetto

Distanza dalle aree di maggior produzione di rifiuti   

Preferenziale per aree baricentriche rispetto al bacino di produzione

Dotazione di infrastrutture   Preferenziale per aree dotate di buona accessibilità

Esistenza di rete di monitoraggio Preferenziale Impianti di trattamento rifiuti    Preferenziale

Visibilità da aree di pregio Penalizzante per aree con intrusione visiva in aree tutelate

3.5 Il Piano Regolatore Generale del Comune di Crotone

L’area che ospita l’impianto oggetto di studio è destinata dal PRG al Piano del Nucleo

di Industrializzazione di Crotone (art.19 comma 5). In allegato (Allegato D) un estratto

dalla tavola P4 del PRG che indica la perimetrazione dell’area di competenza del

Nucleo di Industrializzazione di Crotone.

3.6 Il Piano del Nucleo di Industrializzazione di Crotone

Nel Piano del Nucleo di Industrializzazione di Crotone, l’area che ospita l’impianto

oggetto di valutazione è indicata come Zona A1 dalla Tavola 6, che ha per tema la

zonizzazione della zona industriale. Così come riporta il Piano, la zonizzazione

costituisce l’elemento cardine del Piano e definisce l’uso delle aree, le previsioni di

espansione, la viabilità pubblica, i servizi tecnici, i parcheggi, le sezioni stradali e i

dati numerici. La Zona A1 è definita nell’articolo 2 delle Norme di Attuazione del

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Piano. Di seguito è riportato l’inizio di tale articolo che definisce la destinazione

d’uso dell’area: All’interno di tali aree sono ammesse costruzioni per lo

svolgimento di attività artigianali, produttive e di servizio, concessionarie di

macchinari, veicoli industriali ed autoveicoli con officine annesse. In allegato

(Allegato E) lo stralcio della Tavola 6 che individua l’area MIDA Srl.

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4. Aspetti del progetto

4.1 La MIDA Srl

La MIDA Srl è nata nel 1989 e da quasi vent’anni opera nel settore del trattamento e

smaltimento dei rifiuti speciali. È proprietaria di impianti di termodistruzione, di

inertizzazione e di un impianto di trattamento/recupero di rifiuti speciali non pericolosi

e pericolosi allo stato liquido o fangoso e annesso impianto di recupero di rifiuti

speciali non pericolosi allo stato solido (di seguito impianto di trattamento/recupero).

Oggetto di questo studio è l’impianto di trattamento/recupero. Tale impianto è ubicato

presso la zona industriale di Crotone, Località Passovecchio S.S. 106. Il Comune non

ha ad oggi emanato disposizioni in merito alla zonizzazione acustica dell’area, per cui

ai sensi del D.C.P.M. 01/03/1991 si ricade nella zona esclusivamente industriale, con

limiti di immissione di rumore pari a 70dB LAeq. Presso la Società è disponibile uno

studio dell’impatto acustico ai sensi della Legge Quadro 26 ottobre 1995, n° 447

(Allegato F), dove si evince che i limiti sono abbondantemente rispettati. Il sito dello

stabilimento industriale della MIDA ricade nel Sito di Interesse Nazionale Crotone-

Cassano-Cerchiara (D.M. 468/2001), perimetrato con apposito Decreto del Ministero

dell’Ambiente 26 novembre 2002, pubblicato sulla G.U. del 22 gennaio 2003 Serie

Generale N. 17. Dalle indagini svolte in fase di caratterizzazione, i terreni non sono

risultati essere contaminati e le acque di falda hanno presentato superamenti dei valori

tabellari del solo manganese (Mn). In ogni caso, ad oggi non sono documentate

situazioni che hanno messo in emergenza gli impianti e quindi non risulta che le

attività dell’azienda abbiano causato diffusione di inquinanti. Si allega il parere già

espresso dall’A.R.P.A.CAL. sulle matrici esaminate in fase di caratterizzazione del

sito (Allegato G). La società è inoltre certificata per la UNI EN ISO 9001:2000

(sistema di gestione in qualità) e per la UNI EN ISO 14001:2004 (sistema di gestione

ambientale) (Allegato H).

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Veduta fotografica aerea di tutta la zona comprendente il sito (il cerchio rosso indica il sito, la linea

celeste rappresenta il Torrente Passovecchio e la linea nera la S.S. 106)

4.2 Finalità del progetto e criteri di individuazione del sito

Il presente studio è stato commissionato ed elaborato su richiesta del Nucleo IPPC

della Regione Calabria – Dipartimento Politiche dell’Ambiente – (comunicazione

avente protocollo n. 9748 del 24/06/2008), nell’ambito del procedimento di

Autorizzazione Integrata Ambientale per un impianto già esistente ed operante da

diversi anni, la cui autorizzazione all’esercizio è stata rinnovata nell’anno 2006 con

giusta Ordinanza Commissariale N. 5016 del 30/10/2006. L’impianto ricade tra le

attività indicate dall’Allegato 1 al D.Lgs. 59/2005, che prevede la presentazione di

apposita istanza della citata Autorizzazione Integrata Ambientale anche per gli

impianti già esistenti, come quello in esame. Si coglie l’occasione per chiedere

integrazione di alcuni codici C.E.R. nell’autorizzazione vigente. Per brevità di

esposizione, i codici C.E.R. per i quali è richiesta integrazione sono riportati in

allegato (Allegato I) unitamente a quelli correntemente autorizzati. Il motivo della

richiesta di integrazione è dovuto esclusivamente alla maggiore versatilità che avrebbe

l’impianto, infatti, non è richiesto un aumento di quantitativi trattabili nell’arco

dell’anno (anche se l’impianto potenzialmente potrebbe lavorare con regimi più

spinti). Inoltre, l’impianto è sicuramente in grado di trattare i rifiuti per i quali è

richiesta integrazione semplicemente per il fatto che tali codici appartengono alle

stesse famiglie dei codici già autorizzati e che per tali codici non sono previste

lavorazioni diverse da quelle quotidianamente effettuate dall’impianto MIDA.

Ovviamente, a prescindere dal codice C.E.R. considerato (attualmente autorizzato o

per il quale è richiesta integrazione), e comunque per uno stesso C.E.R. trattato, il

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tempo di lavorazione può differire in funzione della concentrazione presente in

ingresso, ma non il metodo di trattamento. In questo caso il criterio di individuazione

del sito è ovviamente dettato dalla particolarità della richiesta e cioè ampliamenti

autorizzativi su un impianto già esistente, ed è ovviamente assunto il principio

dell’opzione zero.

4.3 Impianto attuale

L’impianto di trattamento/recupero di proprietà della MIDA S.r.l. è ubicato presso la

S.S. 106, località Passovecchio, a Crotone, nella zona individuata dalla particella

catastale n. 685 del foglio 22. La destinazione d’uso del fabbricato risulta essere D/1.

Viene ribadito che gli impianti presenti nell’edificio sono due, e le loro attività

vengono perpetuate in virtù delle seguenti autorizzazioni/concessioni:

• Impianto di trattamento/recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi

allo stato liquido o fangoso:

o Ordinanza Commissariale N. 5016 del 30/10/2006 per l’esercizio delle

operazioni di stoccaggio, deposito preliminare, messa in riserva,

trattamento e recupero individuate con i codici [D8], [D9] e [D15]

dell’allegato B della parte Quarta del decreto legislativo n. 152 del

3/4/2006, e con i codici [R4], [R5] e [R13] dell’allegato C della parte

Quarta del decreto legislativo n. 152 del 3/4/2006, di rifiuti speciali non

pericolosi e pericolosi allo stato liquido o fangoso;

o Autorizzazione Provvisoria alle emissioni in atmosfera –

Determinazione del Dirigente N. Reg. UE/03 del 07/12/2006 – rilasciata

dall’Amministrazione Provinciale di Crotone.

• Impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi allo stato solido:

o Iscrizione N. 0031 (KR) del 24/02/2004 del Registro Provinciale delle

Imprese per l’art. 33, comma 3, D.Lgs. 22/97 e succ. mod. ed int.,

relativamente alle attività di messa in riserva (R13) di cui all’Allegato C

del D.Lgs. 22/97 e s.m.i. per successivo recupero delle tipologie di rifiuti

speciali non pericolosi previste al Cap. 3 Par. 3.11 Allegato 1

Suballegato 1 del D.M. 05/02/98 e s.m.i., Cod, CER 090107 (Rifiuti

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costituiti da pellicole e carte per fotografia contenenti argento e suoi

composti);

• Per entrambe gli impianti valgono i seguenti provvedimenti:

o Parere igienico-sanitario favorevole rilasciato per il rilascio del

certificato di agibilità dalla A.S.L. n°5 – Dipartimento di Prevenzione –

di Crotone in data 20/11/2006 con provvedimento Prot. n° 641/T.A.;

o Nulla osta a svolgere l’attività rilasciato dal Consorzio per lo Sviluppo

Industriale della Provincia di Crotone con provvedimento Prot. N. 2325

del 30/10/2002;

o Contratto unico di fornitura dei servizi consortili (approvvigionamento

idrico, scarichi, illuminazione);

o Certificato di Prevenzione Incendi;

I rifiuti che attualmente vengono smaltiti e recuperati sono individuabili nelle seguenti

tipologie:

• Soluzioni acide esauste da decapaggio contenenti acido cloridrico

• Soluzioni acide esauste da decapaggio contenenti acido solforico

• Soluzioni acide esauste da decapaggio contenenti acido nitrico

• Soluzioni neutre con decapanti a base di acido fosforico tamponato

• Soluzioni basiche esauste da decapaggio con idrossido di sodio

• Soluzioni basiche di idrossido di calcio da produzione di acetilene

• Acque di lavaggio

• Liquidi di sviluppo, fissaggio e sbianca fotografici

• Fanghi ed acque di perforazione

• Soluzioni di lavaggio ortofrutta

• Soluzioni di lavaggio ed acque madri da industria chimica, farmaceutica, ecc.

• Bagni di fosfosgrassaggio

• Acque di cabina di verniciatura

• Soluzioni acquose ad alto e basso carico organico

• Fanghi pompabili da espurgo pozzetti da attività civili e industriali o di

servizi

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• Acque da burattatura

• Soluzioni acide diluite

• Soluzione basiche diluite

• Percolati di discariche

Queste “famiglie di rifiuti”, come menzionato, comprendono sia i C.E.R. già

autorizzati, sia i C.E.R. per i quali è richiesta integrazione (Allegato I cit.).

4.3.1 Trattamento chimico-fisico-biologico.

I rifiuti di cui ai punti precedenti vengono trattati e smaltiti secondo un processo

chimico-fisico e biologico, in allegato uno schema dell’impianto (Allegato L). I rifiuti

trattati provengono dal vano ricezione costituito da una vasca di raccolta in cls

(opportunamente isolata dall’ambiente esterno mediante un gabbiotto metallico)

ricoperta da una resina epossidica bicomponente compatibile con i rifiuti in ingresso.

Vano ricezione Fase di conferimento I rifiuti vengono successivamente pompati nella vasca R1 dove, mediante reattivi

industriali, avviene il trattamento chimico fisico.

Vasca R1 – trattamento chimico-fisico Questo consiste nel dosare in modo opportuno le soluzioni di ferro (es. cloruro ferrico,

solfato ferroso) per il trattamento con acqua ossigenata (reattivo di Fenton) che è

catalizzata proprio dalla presenza di ferro bivalente in ambiente acido. Il perossido di

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idrogeno genera, in presenza di catalizzatori, radicali idrossilici che reagiscono con la

sostanza organica ed i composti ridotti in modo simile all’ozono. L’ossidazione con

acqua ossigenata viene usualmente controllata per ottenere un valore di pH pari a circa

3,5, valore che corrisponde al punto di massima velocità di formazione di radicali

liberi nel sistema Fenton. Terminata la fase di ossidazione a freddo, nella vasca

avviene il processo di coagulazione e precipitazione. Il processo di coagulazione viene

utilizzato per la rimozione di sostanze contenuti nei reflui in forma sospesa o

colloidale. I colloidi sono costituiti da particelle di dimensioni variabili tra 1 nm e 0,1

nm. Queste particelle non sedimentano spontaneamente in condizioni di calma e non

possono essere rimosse mediante i convenzionali processi di trattamento fisico. I

colloidi possiedono proprietà elettriche che, generando forze repulsive, ne

impediscono l’agglomerazione e la sedimentazione; la loro stabilità è dovuta

principalmente a tali forze; inoltre in prossimità di una particella colloidale sono attive

forze attrattive di Van der Waals. La coagulazione rappresenta il risultato finale di due

processi elementari: coagulazione elettrocinetica e coagulazione ortocinetica. Le prime

avvengono per la riduzione del potenziale zeta e delle forze di Van der Waals

attraverso l’immissione di ioni di carica opposta e la seconda a causa

dell’aggregazione in nuclei (fiocchi) e successivo intrappolamento delle particelle

colloidali. Dopo l’esaurirsi quindi della reazione di Fenton, viene aggiunta calce idrata

eventualmente mista a soluzioni basiche di decapaggio dell’alluminio e si ottiene

quindi la precipitazione dei metalli (ferro, alluminio, zinco, ecc.) e dei microinquinanti

(piombo, rame, cadmio, ecc.) sotto forma di idrossidi insolubili. Successivamente il

fango, che si deposita sul fondo della vasca, è inviato attraverso l’utilizzo di una

pompa di sollevamento all’ispessitore R2. Sul fondo dell’ispessitore una pompa invia i

fanghi al trattamento di filtropressatura. Il trattamento con filtropressa produce un

fango di natura inorganica con contenuto di acqua residua intorno al 30–40%.

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Filtropressa Il liquido di risulta dalla vasca R1 subisce il trattamento descritto nella sezione

successiva.

Sezione di Denitrificazione-Nitrificazione (trattamento biologico)

Le acque in uscita dal trattamento chimico-fisico sono inviate in una vasca di

preossidazione nella quale è insufflata aria mediante un opportuno sistema. In tale

vasca si preossida il liquame e si garantisce una omogeneità, data dalla turbolenza

indotta sia dall’aria insufflata sia da miscelatori sommersi di tipo a siluro. Per mezzo

di una pompa il liquido è inviato nella vasca di denitrificazione; nella vasca di

preossidazione è garantito un livello minimo di liquido al fine di preservare le

caratteristiche necessarie della biomassa per i successivi riempimenti. Nella vasca di

denitrificazione il refluo subisce una prima aggressione intesa come diminuzione del

carico organico mediante batteri denitrificanti che, nutrendosi, consumano il carbonio

organico presente nel refluo stesso. Successivamente, il liquido, per troppo pieno,

passa nella vasca di nitrificazione/ossidazione nella quale si ha l’ossidazione biologica

e dove i batteri nitrificanti consumano sia il carbonio organico necessario al loro

nutrimento sia l’azoto che il fosforo.

Vasca del trattamento biologico – fase di nitrificazione/ossidazione

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L’ossidazione biologica ossida l’azoto ammoniacale in una prima fase ad azoto

nitroso, e successivamente ad azoto nitrico, più formazione di ioni H3O+, che comporta

una necessaria correzione del pH per evitare che tale parametro diminuisca a danno

della carica batterica. Il pH è corretto mediante aggiunta di idrossido di sodio. Lo

stramazzo della vasca di nitrificazione/ossidazione defluisce nel sedimentatore

secondario dove si inizia ad innescare la prima fase di denitrificazione (in quanto priva

di ossigeno); durante tale fase i batteri denitrificanti iniziano a demolire le sostanze

azotate residue (azoto nitroso e nitrico) e l’azoto nella forma nitrica è ridotta ad azoto

molecolare che si disperde in aria. La demolizione organica è portata a compimento

nella vasca di denitrificazione, ottenendosi come risultato finale delle reazioni azoto e

CO2 molecolari più acqua. Infatti, la pompa di ricircolo del sedimentatore secondario

invia il refluo (con la biomassa sedimentata) nella vasca di denitrificazione. Lo

stramazzo del sedimentatore secondario permette la fuoriuscita del refluo trattato

biologicamente, il cui carico inquinante è stato notevolmente ridotto, e il successivo

scarico.

4.3.2 Trattamento mediante evaporazione-concentrazione, recupero tramite elettrolisi

dell’argento e affinamento/adsorbimento.

Questa sezione dell’impianto è costituita da una caldaia di riscaldamento ed

evaporazione del liquido da concentrare e da una sezione di raffreddamento e

condensazione del vapore, da un gruppo di formazione del vuoto all’interno del

concentratore e da un circuito frigorifero che fornisce calore per l’evaporazione e

contemporaneamente frigorie di condensazione dell’evaporato tale circuito è chiamato

“pompa di calore”. Il liquido da concentrare viene convogliato nell’evaporatore,

mantenuto sotto vuoto mediante eiettore, con acqua motrice fornita da una pompa

centrifuga in riciclo. Il grado di vuoto ottenuto permette al liquido di raggiungere il

punto di ebollizione a temperature comprese fra i 30 e 42°C. Il vapore prodotto passa

quindi nella sezione di condensazione per ritornare allo stato liquido privo comunque

dei sali che rimangono nella caldaia di ebollizione. Quando in quest’ultima si sarà

raggiunto una elevata concentrazione salina si dovrà provvedere allo scarico della

caldaia. Con il sistema di evaporazione si possono concentrare le soluzioni fino a

valori pari a 10-20 volte quello iniziale (a seconda della tipologia di refluo trattato).

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Questo significa che partendo da un volume di refluo di 1.000 litri, dopo

concentrazione si avrà un volume finale al massimo di circa 100 litri. I processi di

evaporazione e quello successivo di condensazione vengono effettuati da una pompa

di calore, così come di seguito riportati:

• Un compressore comprime un gas aumentandone la temperatura fino a che

questo inizia condensare ad una temperatura di 60-62°C trasferendo calore al

liquido in caldaia attraverso le serpentine;

• Dopo aver fornito calore, il fluido viene portato mediante una speciale

valvola ad una bassa pressione per la quale il gas ancora allo stato liquido

tende ad evaporare assorbendo calore dal vapore liberatosi dalla caldaia e

convogliato nel condensatore.

Quindi il vapore distillato condensa cedendo calore al gas che evapora e ritorna come

tale sul compressore per un nuovo ciclo di condensazione e di evaporazione. L’uso

della pompa di calore per il processo di evaporazione e condensazione risulta essere

quello più economicamente vantaggioso. Il condensato viene raccolto in un serbatoio

dove è installata la pompa che fornisce la forza motrice all’eiettore per il

mantenimento del vuoto necessario alla ebollizione a basse temperature. L’impianto è

fornito di tutti gli automatismi e le sicurezze tale da rendere completamente

automatico ed affidabile il suo funzionamento.

Descrizione tecnica della sezione di evaporazione/concentrazione

L’impianto è di seguito schematizzato:

N° 1 tank di ebollizione cilindrico verticale, fondo inferiore bombato e superiore

flangiato, completo di boccaporto e specole di ispezione. Tale tank è completo di:

• serpentine di riscaldamento;

• regolatore di livello per il controllo del livello di liquido di ebollizione;

• regolatore di livello di allarme massimo livello di liquido in caldaia di tipo a

contatto magnetico;

• valvola a membrana pneumatica per il caricamento della soluzione da

concentrare;

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• valvola a membrana pneumatica di dosaggio automatico della soluzione di

antischiuma;

• valvola pneumatica di intercettazione della soluzione concentrata da scaricare;

• valvola pneumatica rompivuoto;

• elettrovalvole pilota di comando delle valvole pneumatiche sopra descritte;

• pompa per lo scarico della soluzione concentrata completa di valvola di

intercettazione;

• duomo di ebollizione cilindrico verticale, fondo superiore bombato ed

inferiormente bombato, completo di passo di mano di ispezione e di anelli

Raschig per l’abbattimento delle gocce in sospensione sul vapore;

• condensatore realizzato sul perimetro esterno del duomo completo di serpentine

di condensazione collegate al collettore per il passaggio del fluido in fase di

evaporazione. Il condensatore è corredato di:

o vuotostato per il controllo del grado di vuoto e la partenza in automatico

del compressore;

o vuotometro in bagno di glicerina per la visualizzazione del grado di

vuoto;

o termometro per il controllo della temperatura di ebollizione.

• gruppo per la realizzazione del vuoto costituito da:

o pompa centrifuga a doppia girante per la spinta dell’acqua motrice

sull’eiettore;

o eiettore di aspirazione per la produzione del vuoto necessario alla

ebollizione completo di valvola di non ritorno;

o serbatoio di raccolta e riciclo dell’anello liquido.

• Termostato di sicurezza

• Regolatore di livello di allarme di minimo livello del liquido

• Serpentina di raffreddamento dell’anello completa di elettrovalvola di

intercettazione del fluido;

• Pompa di calore progettata per il fluido secondario costituita da:

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o compressore completo di protezione integrale del motore, pressostato di

sicurezza dell’olio, pressostati di sicurezza di min-max pressione del

fluido;

o batteria di desurriscaldamento e condensazione del gas;

o ventilatori di aspirazione ciascuno comandato da pressostato;

o valvole di by-pass per il trasferimento del fluido caldo in fase di

avviamento dell’impianto al settore di evaporazione;

o valvole termostatiche per la laminazione del fluido in fase di

evaporazione;

o separatore di liquido;

o riserva di liquido;

o filtro e spia di controllo del fluido;

o carica di fluido;

o manometri in bagno di glicerina di controllo della pressione in

aspirazione e mandata del compressore.

Il quadro elettrico di comando è comprensivo di teleruttori e magneto-termici di

protezione motori completo di logica programmabile per il funzionamento in

automatico del concentratore (PLC), pannello operatore di programmazione dei tempi,

visualizzazione degli allarmi e cablaggio secondo normative vigenti.

Recupero elettrolitico dell’argento nell’impianto autorizzato con O.C.D. 5016 del

30/10/06

Tale attività di recupero può essere condotta su alcuni rifiuti liquidi qualora ci siano le

condizioni tecniche ed economiche. Di seguito la descrizione del processo. Il rifiuto

liquido può essere accumulato in due serbatoi. Da qui mediante pompe viene inviato in

due serbatoi polmone per poi essere inviato alle vasche delle tre celle elettrolitiche.

Celle elettrolitiche Cella elettrolitica

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Sulle pareti delle vasche sono fissate delle piastre in grafite e al centro è posizionato

un catodo rotante in acciaio. Grazie alla differenza di potenziale tra anodi e catodi,

l’argento (sotto forma di Ag+) diffonde dalla soluzione e si deposita sul catodo come

Ag metallico.

Argento recuperato Argento recuperato

Per troppo pieno, il liquido ritorna nei due serbatoi polmone: in tal modo si ha una

omogeneizzazione del trattamento in quanto il prodotto lavora a ciclo chiuso. A

seconda della concentrazione di Ag+ presente nel liquido di fissaggio, viene impostato

un tempo di lavoro “t” delle celle sui rispettivi timer posti nei pannelli frontali. Ogni 5

cicli è consigliabile effettuare il distacco dell’argento recuperato da ciascun catodo,

che viene accuratamente lavato e pulito per assicurare la perfetta aderenza dell’argento

nei cicli successivi.

Recupero dell’argento nell’impianto autorizzato con procedura semplificata

0031KR/2004

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Tale impianto tratta esclusivamente il rifiuto speciale non pericoloso avente codice

C.E.R. 09 01 07 (rifiuti costituiti da pellicole e carta per fotografia contenenti argento

e suoi composti), qualora ci siano le condizioni tecniche ed economiche. Viene

schematizzato il seguente trattamento:

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- triturazione

- solubilizzazione dell’argento mediante opportune soluzioni chimiche

- invio della soluzione alle celle elettrolitiche per il recupero dell’argento

- lastre esauste da inviare a smaltimento/recupero

Il prodotto recuperato consiste in Argento con titolo maggiore del 90%, così come

certificato da laboratorio esterno (Allegato M).

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Lingotto di argento recuperato

4.4 Modalità di stoccaggio

La messa in riserva e deposito preliminare dei rifiuti liquidi avviene in serbatoi di

forma cilindrica verticale dotati di un bacino di contenimento. Resta inteso che

l’impianto esistente è comunque autorizzato allo stoccaggio, trattamento e recupero

secondo quanto è stato riportato.

Serbatoi e bacini di contenimento

I bacini di contenimento per i serbatoi di stoccaggio D1-D4 e D5-D8 sono stati

realizzati in conformità a quanto predisposto dalla D.C.I. 27/7/84 punto 4.1.2. per

quanto concerne lo stoccaggio di rifiuti tossico-nocivi in fase liquida. In allegato sono

riportati i calcoli per il dimensionamento (Allegato N). I bacini sono stati realizzati con

blocchetti di laterocemento, con una opportuna gabbia e intelaiatura in ferro, ricoperti

di una resina epossidica bicomponente compatibile con le sostanze contenute nei

serbatoi.

Serbatoi stoccaggio D1, D2, D3, D4 Serbatoi stoccaggio D5, D6, D7, D8

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Bacino di contenimento in laterocemento ricoperto con resina epossidica bicomponente

4.5 Emissioni in atmosfera e sistema di abbattimento

Le emissioni sono costituite essenzialmente dagli odori provenienti dall’impianto e

dalla movimentazione (scarichi degli automezzi) dei rifiuti. Come precedentemente

menzionato, le emissioni dell’impianto sono regolarmente autorizzate mediante

l’Autorizzazione Provvisoria alle emissioni in atmosfera – Determinazione del

Dirigente N. Reg. UE/03 del 07/12/2006. L’impianto di abbattimento delle emissioni

(odori) è di tipo a scrubber a umido ed è posizionato all’esterno del fabbricato. In

particolare, si tratta di un sistema a doppio scrubber acido/base, seguito da una

trappola a carbone attivo. Tale impianto consta di tre sezioni:

1. colonna di abbattimento delle sostanze basiche (azotate) mediante soluzione di

acido solforico;

2. colonna di abbattimento delle sostanze acide mediante soluzione di idrossido di

sodio;

3. colonna di abbattimento delle eventuali tracce di sostanze residue mediante

carboni attivi.

Impianto di abbattimento delle emissioni

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All’interno del capannone è realizzata una rete di captazione dell’aria potenzialmente

inquinata che viene raccolta e convogliata ad un collettore. In questo modo, tutto

l’impianto, comprese le aree di scarico, è tenuto in depressione. L’aria da trattare viene

aspirata da un ventilatore ed inviata all’impianto di abbattimento. La portata di aria che

tale impianto è in grado di trattare è di 9000 m3/h, sebbene si calcola che la quantità

d’aria effettivamente da trattare non superi i 3000 m3/h (in tal modo si hanno notevoli

margini di sicurezza).

Impianto di captazione odori Impianto di captazione odori

Impianto di captazione odori Gli inquinanti potenzialmente presenti nell’aria sono costituiti da prodotti organici e da

vapori inorganici che possono essere maleodoranti. Questi componenti hanno

composizione chimica molto variabile ma hanno alcune caratteristiche comuni:

• sono formati da molecole organiche complesse che quasi sempre contengono

gruppi funzionali acidi, basici o doppi;

• sono facilmente adsorbibili dal carbone attivo: più la molecola è complessa, e

quindi inquinante, più facilmente può essere assorbita dal carbone attivo.

La quantità di tali sostanze presenti nell’aria da assorbire è stimata in 0,5-1 kg/h.

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Colonne per il lavaggio acido e basico

La colonne sono di tipo scrubber e sono di forma cilindrica. All’interno ci sono due

sezioni: una di raffreddamento dotata di ugelli, ed una di scambio corredata di una

griglia a sostegno di un volume di anelli PALL. Tale tipo di riempimento è

caratterizzato da elevata superficie di scambio. Il funzionamento del ciclo di lavaggio

è automatico. Sul fondo delle colonne è presente la soluzione (acida o basica), che è

fatta circolare da una pompa. È presente un misuratore di pH che permette il continuo

monitoraggio di tale parametro nel liquido in ricircolo. Le sostanze basiche o acide

presenti nell’aria sono assorbite e provocano una variazione del valore di pH (un

aumento nel caso di colonna acida, una diminuzione nel caso di colonna basica). È

presente un sensore che, al variare del pH dell’acqua, aziona una pompa dosatrice che

invia acido solforico o idrossido di sodio all’interno della colonna. La regolazione è

automatica e non richiede la presenza fissa di un operatore. Il diametro delle colonne è

stato fissato in modo da avere una perdita di carico di 0,012 bar. In tali condizioni, le

due colonne operano al 60% dell’ingolfamento permettendo quindi di lavorare in

condizioni di sicurezza.

Adsorbimento con carboni attivi

La colonna con carboni attivi è destinata ad adsorbire i componenti di origine organica

che per la loro natura non sono solubili in acqua e non hanno né caratteristiche acide

né basiche. In linea di massima i carboni attivi sono destinati a trattenere i componenti

che sfuggono alle colonne precedenti. Il letto di carboni attivi è racchiuso all’interno di

una cartuccia metallica. La portata d’aria che tale colonna è in grado di trattare è di

9000 m3/h. La corrente gassosa contenente le sostanze da assorbire viene inviata dal

basso verso l’alto. Durante l’adsorbimento comincia a saturarsi lo strato più basso del

letto. Il fronte di saturazione sale successivamente fino a interessare completamente il

letto. Si stima che 600 kg di carbone possono trattenere 90 kg di sostanze

maleodoranti. Poiché la quantità massima di queste sostanze si può stimare a sua volta

in 1 kg in 24 ore, il letto può operare in continuo per 90 giorni ossia 2160 ore. Il punto

di emissione viene indicato con la sigla E.T.R.. La normativa di riferimento (nazionale

e internazionale) utilizzata per la progettazione del sistema e per garantire la sicurezza

dello stesso è la direttiva macchine e successive integrazioni (89/392/CEE recepita dal

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D.P.R. 459/96, 91/368/CEE , 93/44/CEE e 93/68/CEE). Le acque di lavaggio esauste

possono essere smaltite nello stesso impianto di trattamento reflui.

Qualità e quantità delle emissioni in atmosfera

L’impianto in questione presenta tutte le caratteristiche per poter garantire gli standard

in termini di emissioni presenti nella normativa vigente. Sebbene il sistema a doppio

scrubber sia in grado di abbattere una vasta gamma di inquinanti, il suo utilizzo è

essenzialmente finalizzato all’abbattimento di odori (sostanze volatili). Il sistema di

abbattimento permette di emettere in atmosfera una corrente gassosa contenente una

concentrazione di potenziali inquinanti al di sotto dei limiti previsti dalla parte quinta

del D.Lgs. 152/2006, così come documentato dai monitoraggi eseguiti dall’azienda,

spesso in presenza di tecnici dell’A.R.P.A.CAL. Vengono riportati in allegato i

certificati relativi agli ultimi monitoraggi eseguiti (Allegato O).

4.6 Approvvigionamento idrico e scarichi

Sia l’approvvigionamento idrico sia gli scarichi sono garantiti da un contratto unico di

fornitura dei servizi consortili. Gli scarichi presenti riguardano i servizi, lo scarico

dell’impianto dopo il trattamento chimico-fisico-biologico, e le acque di dilavamento

del piazzale esterno a seguito di precipitazioni atmosferiche: i primi due sono

convogliati nella condotta consortile delle acque nere, mentre le acque di dilavamento,

previa raccolta in vasca di prima pioggia, sono convogliati nella condotta consortile

delle acque bianche.

4.7 Emissioni sonore

Da apposito studio dell’impatto acustico ai sensi della Legge Quadro 26 ottobre 1995,

n° 447 condotto dalla Società e riportato tra gli allegati, risulta che le emissioni sonore

sono inferiori ai limiti previsti (Allegato F cit.).

4.8 Rifiuti trattati e rifiuti prodotti

In alcuni casi, prima del trattamento, i rifiuti in ingresso vengono stoccati ed in base

alle esigenze dell’impianto vengono lavorati secondo una precisa programmazione. I

rifiuti prodotti dall’impianto invece sono principalmente costituiti da fanghi. Per i

dettagli si può fare riferimento alla Scheda K allegata alla richiesta di AIA, comunque

allegata al presente elaborato (Allegato P). In accordo alla normativa vigente, tali

tipologie di rifiuti vengono conferite, per lo smaltimento, presso impianti autorizzati.

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Occasionalmente possono essere prodotti rifiuti da operazioni di manutenzione, anche

questi smaltiti in accordo alla normativa vigente.

4.9 Bonifiche ambientali

Da apposita relazione, riportata tra gli allegati alla richiesta di AIA, precedentemente

depositata presso l’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti, e

riportata per completezza in questa relazione (Allegato Q), risultano disponibili i

criteri generali sulle modalità di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del

sito alla cessazione dell’attività. Il funzionamento dell’impianto risulta conforme alle

prescrizioni di cui al D.Lgs. 152/2006 e s.m.i..

4.10 Rifiuti trattati dall’impianto

Per l’elenco completo dei codici C.E.R. autorizzati, si può fare riferimento alle

autorizzazioni allegate (O.C.D. 5016/2006 per l’impianto di trattamento/recupero di

rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi allo stato liquido o fangoso, ed Iscrizione

Provinciale 0031/KR del 24/02/2004 per l’impianto di recupero di rifiuti speciali non

pericolosi allo stato solido).

4.11 Sistema antincendio

La MIDA Srl, per garantire un efficiente sistema di spegnimento di

eventuali focolai o incendi accidentali, ha messo a punto un adeguato

sistema antincendio. In allegato (Allegato R) il certificato di prevenzione

incendi rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Crotone.

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5. Analisi ambientale

5.1 Assetto morfologico, geologico ed idrogeologico

La morfologia del sito è decisamente pianeggiante, come tutta l’area che lo ospita, con

una lieve pendenza verso Est dovuta al prossimo congiungimento con il mare.

L’altitudine rispetto il livello del mare è in media di 3-4 metri. Per quanto riguarda la

geologia e la idrogeologia del sito, verranno utilizzate le conclusioni ottenute dalle

relazioni geologiche, idrogeologiche e geotecniche stilate nella fase di

caratterizzazione ed ancora prima dalle prove e dagli studi effettuati per l’edificazione

dei fabbricati. Il sito ricade nel bacino erosivo del Torrente Passovecchio, e l’intera

zona è caratterizzata da strati sedimentari, con giacitura sub-orizzontale e buona

compattazione crescente con la profondità, che ricoprono lo strato basale profondo

delle argille plioceniche azzurre che caratterizzano le colline che affiorano nella zona.

I litotipi riscontrati nelle indagini menzionate sono in accordo, ed individuano, dal

piano campagna scendendo in profondità:

1. Strato superficiale (alcuni decimetri) di terreno vegetale misto a strato di riporto

(per colmare depressioni naturali);

2. Strato di argille-limose o limi-argillosi con intercalazioni di sabbia, di spessori

variabili tra 1,5 metri e 5 metri, la permeabilità (K) è stata stimata su valori pari

a (10-5÷10-4) cm/sec;

3. Formazione sabbiosa, suddivisa in diversi strati che si differenziano per la

diversa granulometria delle sabbie e per intercalazioni argillose o limose e con

presenza a volte di ciottoli e ghiaia. La profondità registrata coincide con quella

di massima investigazione effettuata (fino a 20 metri dal piano campagna). Tale

formazione si presume poggi sulla base costituita dalle argille azzurre prima

menzionate, la permeabilità (K) è stata stimata su valori pari a circa 10-2 cm/sec.

Dal punto di vista idrogeologico, è riscontrato che il basamento profondo delle argille

azzurre ospita la falda profonda che si sviluppa nei terreni limoso-sabbiosi sovrastanti,

mentre invece gli strati superficiali limo-argillosi sono caratterizzati da bassa

permeabilità per cui la falda acquifera, presente probabilmente sotto tutta la proprietà

MIDA Srl, attesta valori della piezometrica che oscillano tra i 2,5 metri ed i 3 metri dal

piano campagna. Lo scorrimento della falda, salvo alcune particolari disposizioni degli

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strati litologici, presenta direzione Ovest – Est, e quindi verso il mare antistante con il

quale interagisce a seconda delle variazioni stagionali della piezometria. La

trasmissività della matrice attraversata dalla falda è stata stimata indicativamente per

un valore pari a T = 8 x 10-3 m2/sec, mentre per il gradiente idraulico è stato calcolato

un valore pari a (5÷10) m x 1000 m.

5.2 Atmosfera e qualità dell’aria

Viene nel seguito considerata la caratterizzazione meteo-climatica dell’area vasta

circostante l’area interessata dagli impianti. Le valutazioni riguardano il regime

anemologico, le caratteristiche diffusive dei bassi strati dell’atmosfera, i valori di

temperatura dell’aria, di umidità e di piovosità della zona. Per tali analisi, si sono

utilizzate le rilevazioni effettuate dalla stazione del Servizio Meteorologico

dell’Aeronautica Militare di Crotone, pubblicate su “Caratteristiche diffusive dei bassi

strati dell’atmosfera – Regioni Basilicata e Calabria”. Le condizioni climatiche del

territorio in esame risultano largamente condizionate dalla presenza sia del Mar

Tirreno che del Mar Ionio, dalla bassa latitudine, dalle masse orografiche e dalla loro

disposizione. Ad un clima mediterraneo di tipo subtropicale lungo e fasce costiere e

nelle aree pianeggianti, si contrappone un clima continentale attenuato nelle parti più

elevate. Le temperature del versante ionico risultano in genere maggiori di quelle del

versante tirrenico e ciò sia per l’esposizione che per gli influssi derivanti dalla relativa

vicinanza con la costa africana.

Venti

Per descrivere i caratteri anemometrici al suolo o in vicinanza dello stesso, di interesse

per il presente progetto, si possono considerare le frequenze relative della direzione di

provenienza e velocità media del vento rilevate dalla stazione meteorologica

dell’Aeronautica Militare n°350 di Crotone (lat. 39° 00’ N, long. 17° 04’ E) in

collaborazione con l’ENEL, per settori di 22.5° di ampiezza, su base annua e su base

trimestrale, essendo tale stazione posta a pochi chilometri di distanza dal sito e con

condizioni di esposizione ai venti del tutto simile. I rilevamenti presso l’aeroporto di

Crotone sono sostanzialmente confermati dai risultati dei monitoraggi effettuati in

Località Passovecchio dalla società MIDA Srl. Incrociando i dati si può notare che:

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• le calme di vento (cioè vento con velocità inferiore a 1 nodo, o a circa 0,5 m/s)

si presentano con una frequenza del 30% circa delle osservazioni;

• le velocità più frequenti si riferiscono a venti di media intensità, comprese tra 5

e 12 nodi (tra 3,5 e 6 m/s) con oltre il 40% circa delle osservazioni;

• i venti di modesta intensità, con velocità comprese tra 2 e 4 nodi (1 e 2 m/s), si

presentano il 13% circa delle osservazioni;

• i venti più forti (con velocità maggiore di 13 nodi, ovvero oltre i 6,5 m/s),

hanno frequenze significative, pari al 17% circa;

• le direzioni di provenienza del vento presentano una predominanza dai settori

settentrionali (oltre il 28% tra NW e NE) e sud-occidentali (oltre il 26% tra SSE

e SW).

Stabilità atmosferica e classi di stabilità

Per quel che riguarda la stabilità atmosferica, su base annuale, la classe prevalente è

quella neutra (frequenza 43% circa), quelle stabili raggiungono il 37% e la nebbia si

presenta raramente (in media con lo 0,4% circa) mentre le classi instabili non superano

il 20%. Su base mensile le condizioni di stabilità si distribuiscono in modo differente:

• quelle instabili e neutre sono predominati nei mesi estivi (più nettamente in

luglio, con il 40%);

• nelle altre stagioni le condizioni instabili si riducono sensibilmente, fino a meno

del 10% tra novembre e febbraio;

• le condizioni neutre sono predominanti, superando il 50%, nei mesi da

novembre ad aprile e raggiungendo il 60% in marzo;

• le condizioni stabili sono abbastanza stazionarie in tutti i mesi, con il 30% a

marzo e ad aprile e con i valori massimi in ottobre e in novembre (di poco oltre

il 40%);

• la frequenza della nebbia è molto bassa, presente sporadicamente solo tra

gennaio e maggio. 

Su base annuale le direzioni associate alle condizioni di atmosfera instabile sono

prevalentemente nord-orientali; i venti sono di debole intensità soprattutto per le classi

A e B; in classe C sono presenti anche intensità del vento più forti, ancorché con

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frequenze modeste (1,4% oltre i 13 nodi). Nelle condizioni di atmosfera neutra (classe

D) sono prevalenti le direzioni meridionali e settentrionali, con le velocità più alte

associate ai venti meridionali. Le condizioni di atmosfera stabile si verificano

prevalentemente con direzioni meridionali. In conclusione il regime anemologico del

sito si presenta abbastanza attivo, con sensibile variabilità della direzione del vento tra

i quadranti settentrionali e quelli meridionali, e velocità anche sostenute,

frequentemente oltre il 6 m/s. Le calme di vento, pur presenti, non hanno frequenze

superiori al 30% circa. Le condizioni stabili, prevalentemente notturne, si presentano

con frequenza media del 35% circa, raggiungendo il 40% nei mesi estivi e superandolo

(di poco) solo nei mesi autunnali.

Temperature e precipitazioni

Le temperature medie estive sono generalmente attorno ai 25°C, con modeste

oscillazioni da anno ad anno; non si notano particolari trend nel periodo considerato.

Quelle invernali mostrano valori compresi tra 5 e 10 °C, con variazioni annuali più

pronunciate rispetto alle medie estive; gli anni più recenti mostrano valori

tendenzialmente più bassi di quelli precedenti. Le temperature massime sono comprese

tra 35 e 38 °C e quelle minime tra 0 e -13 °C, con le più rigide verificatesi negli anni

più recenti. Le precipitazioni, più abbondanti in autunno, mostrano andamenti molto

variabili da anno ad anno: i picchi annuali più elevati riguardano gli anni 1951, 1953 e

1987, con valori da quasi 300 a circa 350 mm (in ottobre), quelli più bassi sono

compresi tra 150 e 200 mm circa. Il 1986 è stato l’anno con le precipitazioni più

scarse. Periodi prolungati privi di precipitazioni sono piuttosto rari. La maggior parte

dei giorni sono classificati coperti e solo nei mesi estivi si presenta un numero di

giorni sereni superiore a quello dei giorni con cielo coperto.

5.2.1 Studi sulla qualità dell’aria

Sito industriale MIDA Srl

Come precedentemente scritto, la Società ha fatto svolgere diversi studi sulla qualità

dell’aria presso i propri impianti affidandosi ad alcune aziende del settore. Tali misure

hanno avuto lo scopo di valutare la qualità dell’aria nella zona in relazione agli

standard normativi Italiani e Comunitari. Gli impianti menzionati sono situati nel

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medesimo perimetro dell’impianto oggetto di valutazione come mostra l’immagine

che segue:

Di seguito vengono riportate le conclusioni dell’indagine svolta nell’agosto del 2007

dalla V&V Consulting Srl (le indagini svolte dalla ECOCONTROL Srl hanno

verificato le medesime risultanze):

“La qualità dell’aria per il periodo appare buona per tutti i parametri e non desta

alcuna preoccupazione. Solo alcune medie giornaliere del PM10 eccedono i limiti

medi annuali, ma la media complessiva è all’interno dei limiti. L’analisi degli

andamenti delle concentrazioni fa ipotizzare il traffico come fonte principale di

alterazione della qualità dell’aria in zona che, comunque, visti i risultati, risulta essere

piuttosto buona. Per quanto riguarda gli ossidi d’azoto e il monossido di carbonio

l’andamento delle medie orarie durante il giorno segnala la presenza di una certa

influenza del traffico sulle concentrazioni in atmosfera con punte mattutine e serali. Il

rapporto tra le concentrazioni di benzene e toluene e xileni è abbastanza costante

confermando una certa influenza del traffico sulle concentrazione dei BTX. Non si

notano ulteriori particolari correlazioni tra i parametri”.

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6. Identificazione e valutazione degli impatti

Vengono nel seguito identificati e valutati i possibili impatti che la gestione

dell’impianto di trattamento può determinare a carico delle matrici ambientali che

caratterizzano il sito ospite. Le matrici considerate sono quella fisica (atmosfera,

acqua, suolo) e quella socio-economica. Nella valutazione dell’impatto ambientale

vengono individuate le azioni generatrici di impatto e gli effetti primari e secondari

che da queste discendono, e si espongono i criteri di contenimento adottati in sede

progettuale. È opportuno segnalare che, nel caso di impianti in genere, gli impatti sono

valutati per confronto fra la situazione preesistente (“ante operam”) e quella

conseguente alla realizzazione e all’esercizio di nuovi impianti (“post operam”). Il

caso in esame riguarda un’area che è già interessata da attività di smaltimento di rifiuti

speciali pericolosi e non pericolosi, sia da parte della MIDA, sia dalla Salvaguardia

Ambientale (considerando anche il limitrofo impianto di depurazione dei reflui

industriali del C.S.I., il poco distante impianto di trattamento per rifiuti solidi urbani

della Veolià, nonché gli impianti di trattamento rifiuti della Recycling e la discarica

per rifiuti speciali pericolosi di farina di trappeto). Relativamente alla valutazione ante

operam, la particolarità, in questo caso, è dovuto al fatto che l’impianto è esistente ed

operativo, ed il progetto presentato non prevede modifiche sostanziali ma solo un

incremento delle tipologie di rifiuti conferibili. Inoltre queste aree ricadono in una

intera zona destinata ad uso industriale da diversi decenni, per cui la valutazione sarà

effettuata solo sull’impianto esistente. La metodologia di valutazione è stata sviluppata

attraverso le seguenti fasi:

• identificazione delle componenti ambientali coinvolte;

• determinazione delle caratteristiche generali più rappresentative del sito di

impianto e della fase di gestione (lista dei fattori);

• valutazione qualitativa degli impatti elementari a carico delle componenti

ambientali.

Le componenti ambientali maggiormente influenzate dalla gestione dell’impianto

sono:

1. Componenti ambientali naturali:

a. estetica (caratteristiche del paesaggio);

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b. relazioni biologiche (flora, fauna, ecosistemi);

c. ambiente idrico (qualità delle acque);

d. aria ed atmosfera (qualità dell’aria).

2. Componenti ambientali socio-territoriali:

a. uso del territorio;

b. salute pubblica;

c. rumorosità.

Va sottolineato che la componente estetica (caratteristiche del paesaggio) è coinvolta

per l’influenza che l’impianto potrebbe avere sull’aspetto dei luoghi circostanti,

mentre la componente rumorosità è coinvolta in quanto legata alle possibili alterazioni

del fondo sonoro naturale indotte dalla presenza dei mezzi d’opera e dal livello di

incremento del traffico veicolare sul sistema viario esistente. La componente ambiente

idrico (qualità delle acque) è coinvolta a seguito dell’effetto diretto e indiretto che

l’impianto potrebbe avere nei confronti della qualità delle acque presenti nelle aree

coinvolte, soprattutto in relazione alla permeabilità del terreno ed al massimo livello

della falda. La componente aria ed atmosfera (qualità dell’aria) è coinvolta,

soprattutto, per gli effetti causati dalla produzione di inquinanti atmosferici, di polveri

e di odori generati dall’impianto sul contesto reale interessato, effetti mitigati dal

sistema di abbattimento delle emissioni in genere e dalla barriera arborea. La

componente uso del territorio è coinvolta per l’influenza che la gestione dell’impianto

può esercitare sulle caratteristiche d’uso del territorio, mentre la componente relazioni

biologiche è coinvolta in relazione ai possibili effetti sulle realtà ecologiche

preesistenti. Infine, la componente salute pubblica è coinvolta in quanto legata ai

potenziali rischi per le popolazioni residenti nelle vicinanze.

6.1 Paesaggio

L’impianto è inserito all’interno di un’area destinata dal P.R.G. del Comune di

Crotone al Consorzio Nucleo di Industrializzazione. Tale area è in gran parte occupata

da attività industriali delle quali alcune in esercizio e diverse chiuse ed in stato di

abbandono tra cui una discarica per rifiuti speciali pericolosi ed una grossa area in

attesa di bonifica. Le realtà operative più importanti sono la Sasol Italy (settore

chimico), la Biomasse Italia (settore energetico), l’Eni (settore energetico), la Gres

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2000 (settore manifatturiero), l’impianto della Veolià (settore rifiuti), la Salvaguardia

Ambientale (settore rifiuti), la MIDA (settore rifiuti), ed il depuratore del CNI (settore

rifiuti).

L’impianto della MIDA è comunque posto in lontananza dalla Strada Statale 106 e

non è visibile dalla stessa ma solo dalle aziende vicine, anche se il perimetro aziendale

è ben definito e difficilmente penetrabile alla vista, in virtù del muro di recinzione e

della barriera arborea. In ogni caso, l’incidenza dell’impianto di trattamento

liquidi/fanghi sul paesaggio può essere valutata se viene preliminarmente definita la

“sensibilità” del paesaggio locale, ovvero la misura in cui la qualità del paesaggio di

una determinata zona può variare in seguito alla realizzazione di un nuovo progetto di

trasformazione. In linea generale, si possono definire tre diversi gradi di “sensibilità”

del paesaggio:

1. sensibilità alta: quando un determinato paesaggio possiede caratteri tipologici e

strutturali evidenti ed in buono stato di conservazione: in questo caso un

intervento antropico che non sia rivolto esclusivamente alla tutela delle

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caratteristiche già esistenti può incidere in maniera sostanziale sulla struttura

del paesaggio, modificandone le caratteristiche peculiari;

2. sensibilità media: quando un determinato ambito paesaggistico, pur possedendo

ancora caratteri tipologicamente riconoscibili, vede comunque compromessa la

fisionomia originaria da elementi detrattori; tali elementi sono in genere

costituiti da insediamenti recenti e da loro infrastrutture;

3. sensibilità bassa: quando un determinato ambito paesaggistico possiede

caratteristiche tipologiche destrutturate oppure non ha elementi di pregio.

Nel caso in esame, per le ragioni esposte in precedenza, l’ambito paesaggistico

considerato è certamente da attribuire all’ultima classe di sensibilità, essendo già

fortemente antropizzato (uso industriale) e del tutto privo di qualsiasi carattere di

valore paesaggistico.

6.2 Flora, vegetazione e fauna

Dallo scenario descrittivo si evince che nel sito direttamente interessato dal progetto

risulta alquanto modesta, se non nulla, la presenza di specie avifaunistiche sottoposte a

norme di tutela. La gestione dell’impianto non interagisce con unità ecosistemiche

vulnerabili. L’area in questione e quelle circostanti non mostrano caratteristiche di aree

ad elevato valore naturale, nessuna porzione di esse è rimasta allo stato originario, e

non può quindi essere considerata caratterizzata da habitat esclusivi. La destinazione

d’uso dell’intera zona industriale ha completamente sostituito la vegetazione autoctona

e gli habitat naturali ad essa associati, l’area risulta fortemente alterata e non sono

presenti emergenze botaniche. Dunque, la gestione dell’impianto non produrrà

sostanzialmente la scomparsa delle specie animali presenti nell’area vasta, né

realizzerà interruzioni dei corridoi ecologici esistenti, né concorrerà a variazioni

significative delle popolazioni attualmente presenti. Nonostante la prolungata gestione

degli impianti preesistenti, il richiamo e la proliferazione di animali (in particolar

modo ratti, ed insetti) è limitata, anche grazie al servizio di derattizzazione e di

disinfezione di cui l’azienda dispone. La gestione dell’impianto nella configurazione

richiesta determinerà semplicemente il proseguimento nel tempo di tale situazione.

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6.3 Ambiente idrico

Per l’impianto non sussistono rischi di scarichi tali da comportare problemi di

contaminazione di acque superficiali e profonde, essendo prevista la separazione

spinta dei diversi tipi di scarico (acque di prima pioggia, reflui trattati, scarichi dei

servizi, ecc.) che comunque confluiscono all’impianto di trattamento acque industriali

del Consorzio Nucleo di Industrializzazione di Crotone tramite tubazioni interrate i cui

punti di collettamento sono prossimi al perimetro aziendale. Questo fintanto che la

pavimentazione venga manutenuta regolarmente, il sistema di stoccaggio mantenga la

sua attuale efficienza e soprattutto tutte le operazioni di scarico del refluo da trattare, il

successivo trattamento e lo scarico nelle condotte del Nucleo di Industrializzazione

avvengano senza perdite alcune. A testimonianza di ciò, si ricordano i risultati della

caratterizzazione del sito che non hanno mostrato segnali di contaminazione nei terreni

ma solo nella falda per un unico parametro (manganese). In ogni caso l’elemento in

superamento non è compatibile con gli elementi maggiormente presenti nei rifiuti in

transito dall’impianto e in più si ricorda che la matrice suolo non è risultata essere

inquinata. Per quanto riguarda il vicino Torrente Passovecchio (alcune centinaia di

metri), si rileva che questo è interamente imbrigliato per tutto il tratto che potrebbe

comunicare con la falda che attraversa il sito, per cui sono modeste le interazioni tra i

due sistemi.

6.4 Aria e atmosfera

Riguardo alla valutazione dell’impatto delle emissioni in atmosfera prodotte

dall’impianto, si segnala che le fonti principali di emissioni sono dovute agli scarichi

dei veicoli impiegati per il conferimento dei rifiuti e per la movimentazione degli

stessi all’interno delle aree di stoccaggio e dalle emissioni dirette (debitamente

autorizzate) dell’impianto. Come eventi straordinari, invece, devono essere considerati

possibili sversamenti di rifiuti durante le operazioni di movimentazione e stoccaggio;

questi eventi possono dare luogo a contaminazioni puntuali delle matrici ambientali

anche se, intervenendo con tempismo, è possibile confinare, contenere e

successivamente rimuovere il rifiuto sversato. Si segnala che tali procedure sono

gestite per come indicate nel sistema di gestione ambientale (UNI EN ISO

14001:2004). Ovviamente queste sono situazioni di emergenza che possono verificarsi

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durante l’operatività dell’impianto, ma non sono assolutamente previste dalle attività

dello stesso. Infatti, soprattutto nel caso di stoccaggio di rifiuti pericolosi, sono previsti

conferimenti in taniche e cisterne a tenuta ed omologate per rifiuti pericolosi. In ogni

caso, qualora dovessero accadere sversamenti esterni che possano interessare la zona

di ricezione, è presente la pavimentazione industriale in cls, che, tramite opportune

pendenze, colletta il tutto verso griglie di raccolta collegate direttamente con

l’impianto. Qualora dovessero accadere sversamenti interni, invece, sono presenti

pozzetti ciechi, opportunamente dislocati in base alle pendenze della pavimentazione,

che ne garantiscono la raccolta. Successivamente, mediante pompaggio, i rifiuti liquidi

accidentalmente sversati vengono quindi raccolti ed inviati a trattamento

nell’impianto. Le emissioni legate direttamente alle attività dell’azienda sono

comunque gli odori che si sprigionano durante i processi chimico fisici che avvengono

nei reattori. Questi vengono opportunamente captati ed inviati al sistema di

abbattimento come descritto nei paragrafi precedenti e nella relazione tecnica

depositata in AIA. Data la destinazione d’uso di tutta la zona industriale, è difficile

stabilire l’influenza di ogni singolo impianto nei vari punti di ricaduta degli inquinanti

che possono aerodisperdersi, a causa della presenza di altri impianti (quali ad esempio

la Gres, l’impianto di trattamento rsu di Ponticelli, la MIDA, la Biomasse Italia il

depuratore del Consorzio, ecc.) lungo le direttrici dei venti predominanti, mancando a

tal proposito studi e dati ufficiali. In ogni caso, le indagini precedentemente

menzionate hanno evidenziato un buon livello della qualità dell’aria, segnalando dei

superamenti delle concentrazioni degli inquinanti atmosferici in concomitanza con le

ore di punta del traffico della vicina S.S.106 e quindi ad esso attribuibili. Un problema

risiede nella alta carenza infrastrutturale che caratterizza la Provincia di Crotone,

infatti tutto il sistema dei trasporti è prevalentemente su gomma dato che la linea

ferroviaria ionica è a monorotaia e non elettrificata, il porto ad uso industriale è

scarsamente utilizzato a causa di problemi di fondale basso e l’aeroporto non è adibito

a scalo merci e spesso resta in stato di fermo. Si può intuire che la S.S. 106 è una

strada ad altissima intensità di traffico e quindi di inquinamento, inoltre come fattore

ulteriormente aggravante bisogna considerare che il traffico è sopportato da una unica

corsia per senso di marcia e quindi si tratta di traffico intenso e lento.

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6.5 Usi del suolo

Si è già segnalato in precedenza che, secondo gli strumenti urbanistici, l’intera area

che ospita il sito è destinata ad uso industriale, per cui il territorio è altamente

degradato per tutte le interazioni tra le aziende presenti e le matrici ambientali con le

quali interagiscono. In ogni caso la MIDA ha predisposto un piano per la bonifica del

sito per la fase di chiusura attività come precedentemente detto (Allegato M cit.).

6.6 Ambiente socio-economico e salute pubblica

La gestione dell’impianto comporta come effetto diretto un significativo impatto

positivo sulla componente occupazionale in quanto operano addetti suddivisi in più

turni lavoro, inoltre l’impianto grazie alla sua attività contribuisce allo smaltimento dei

rifiuti in assolute condizioni di sicurezza ambientale e nel pieno rispetto normativo.

Per quanto riguarda la salute pubblica, in generale, non si riscontrano impatti di

rilievo, mentre risultano possibili incidenti vari a carico dei lavoratori che si potranno

prevenire attraverso l’impiego di maestranze specializzate e, comunque, osservando

scrupolosamente quanto previsto dalla normativa del settore antinfortunistico, per

come indicato nel documento aziendale sulla valutazione dei rischi redatto secondo il

D. Lgs. 626/1994 e s.m.i.. Si precisa che il documento è in fase di revisione per essere

adeguato al D. Lgs. 81/2008 (e norme attuative).

6.7 Rumori

Come precedentemente menzionato, la zona industriale non è stata ancora sottoposta a

zonizzazione acustica dal Comune di Crotone, per cui vale il limite massimo di 70 dB.

La MIDA ha fatto eseguire uno studio sulle emissioni acustiche degli impianti

(Allegato F cit.) dal quale si evince il non superamento dei limiti previsti.

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6.8 Conclusioni

Nei quadri di riferimento di cui consta il presente Studio Preliminare di Impatto

Ambientale sono stati documentati e valutati i potenziali impatti generati dall’attuale

impianto nel contesto socio-economico ed ambientale. Come è possibile evincere da

quanto esposto, il sito ricade, secondo il P.R.G. del Comune di Crotone, in:

• Tavola P4, area destinata al Nucleo di Industrializzazione di Crotone (art. 19

comma 5 del testo);

Nel Piano del Nucleo di Industrializzazione di Crotone, l’area che ospita l’impianto

oggetto di valutazione è indicata come:

• Tavola 6, Zona A1 - all’interno di tali aree sono ammesse

costruzioni per lo svolgimento di attività artigianali, produttive e di servizio,

concessionarie di macchinari, veicoli industriali ed autoveicoli con officine

annesse (articolo 2 delle Norme di Attuazione del Piano).

L’area che ospita l’impianto è quindi quella ottimale per questo genere di attività. Non

sono presenti aree significativamente urbanizzate ad una distanza inferiore ai 3000 m

dal sito. Non sono presenti aree di particolare pregio storico-culturale, archeologico o

di interesse a fini turistici: questi ultimi si collocano essenzialmente lungo la costa a

partire dalla città di Crotone (che dista circa quattro chilometri dall’impianto) in

direzione sud. Il sito non interessa il perimetro di Zone a Protezione Speciale, aree

I.B.A. (Important Birds Area), né altra forma di area vincolata ai sensi della normativa

di tutela paesaggistica vigente. Il sito è già occupato da circa venti anni da attività di

smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi, da tempo monitorate con attenzione,

che non hanno mai prodotto significativi impatti sulle matrici ambientali nei territori

limitrofi. Alla idoneità del sito, si affiancano le caratteristiche tecniche dell’impianto

che in pratica non ha interazioni dirette con l’ambiente esterno. Infatti, i conferimenti

avvengono direttamente nell’impianto nel caso di autocisterne oppure tramite

sversamento di taniche e cisternette in pozzetti confinati collegati con l’impianto, la

lavorazione avviene all’interno del fabbricato in appositi reattori e lo scarico avviene

direttamente nelle condotte del Nucleo di Industrializzazione. Da sottolineare, inoltre,

la ricaduta positiva dal punto di vista socio-economico sul territorio, in termini di

servizi resi alla collettività (smaltimento dei rifiuti) e di sviluppo dell’occupazione. In

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definitiva, la stima dei principali impatti indotti dall’impianto ed eventualmente

dall’autorizzazione a trattare i nuovi codici C.E.R. richiesti, nonché le interazioni

individuate tra i predetti impatti con le diverse componenti e fattori ambientali, anche

alla luce degli interventi di minimizzazione degli impatti stessi, permettono di

concludere che l’opera in oggetto risulta compatibile con il sistema paesistico-

ambientale analizzato.

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60

BIBLIOGRAFIA • Piano Regionale Gestione Rifiuti Regione Calabria 2007 – a cura del

Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Calabria; • Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti A.T.O. n° 3 – a cura della

Provincia di Crotone - Assessorato Ambiente – Pianificazione Territoriale; • PTCP Provincia di Crotone – documento preliminare – a cura della

Provincia di Crotone; • PRG del Comune di Crotone – a cura del Consiglio Comunale del Comune

di Crotone; • Piano del Consorzio di Industrializzazione di Crotone – a cura del

Consorzio di Industrializzazione del Comune di Crotone; • Rapporto APAT 2007; • L’andamento economico della provincia di Crotone - Osservatorio

economico POLOS 2008 - dodicesima edizione – a cura della Camera di Commercio di Crotone;

• Crotone – Storia, Cultura, Economia - (Rubbettino Editore); • Relazione geologica e geotecnica per la realizzazione di un capannone nella

zona industriale - a cura del Dott. Geol. Giuseppe Le Pera; • Relazione tecnica impianto di trattamento/recupero di rifiuti speciali non

pericolosi e pericolosi – a cura della MIDA Srl; • Piano di caratterizzazione delle aree MIDA Srl – a cura della V&V

Consulting Srl; • Caratteristiche diffusive dei bassi strati dell’atmosfera – Regioni

Basilicata e Calabria – a cura dell’ENEL sui dati meteorologici dell’Aeronautica Militare di Crotone (periodo di osservazione 1951-1991);

• Relazione qualità aria Agosto 2007 MIDA Srl – a cura della V&V Consulting Srl;

• Studi qualità dell’aria condotti dalla Ecocontrol Srl;

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61

Allegato A

Lettera di richiesta annullamento sospensiva a cura del Prof. Avv. Pasquale Giampietro e parere Consiglio di Stato

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62

Allegato B

Tavole estratte dal PTCP

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63

Allegato C

Autorizzazioni vigenti

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64

Allegato D

Estratto Tavola P4 del PRG di Crotone

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65

Allegato E

Estratto Piano CSI di Crotone

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66

Allegato F

Studio di zonizzazione acustica

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67

Allegato G

Validazione risultati ARPACAL

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68

Allegato H

Certificazioni UNI EN ISO

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69

Allegato I

Elenco C.E.R. autorizzati ed elenco C.E.R. per i quali è richiesta integrazione

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70

Allegato L

Planimetria impianto

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71

Allegato M

Certificazione sulla qualità dell’argento recuperato

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72

Allegato N

Calcoli per il dimensionamento dei bacini di contenimento

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73

Allegato O Monitoraggi aria

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74

Allegato P Rifiuti prodotti dall’impianto

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75

Allegato Q Criteri generali per la caratterizzazione e la bonifica di post chiusura impianto

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76

Allegato R Certificato prevenzione incendi