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no poi diverse associazioni che ridistri- buiscono la merce scartata o rimasta invenduta nella grande distribuzione alle persone più bisognose. A livello svizzero e cantonale su questa attività si concentra Tavolino Magico. Un posto a tavola per tutti Dal 1999 l’associazione Tavolino Ma- gico si impegna su scala nazionale per la ridistribuzione di alimenti non più vendibili. Si tratta di prodotti di buona qualità che non possono più essere esposti sugli scaffali della grande dis- tribuzione e che, invece di essere eli- minati, vengono destinati a persone in difficoltà finanziarie. Tavolino Magico non acquista i prodotti, ma distribui- sce quanto gli viene offerto dalle aziende che operano nel settore ali- mentare. Il servizio non vuole sostitui- re la spesa tradizionale, ma interviene per alleviare le difficoltà delle persone con reddito modesto. A livello nazio- nale lavorano in totale per questa or- ganizzazione senza scopo di lucro e per l’omologo Tables du Rôhne 1’875 volontari. In Svizzera sono quasi una novantina i centri di distribuzione e settimanalmente vengono ridistribuiti generi alimentari ad oltre 13’500 be- neficiari. Nel 2012 Tavolino Magico e Tables du Rôhne hanno distribuito 2’450 tonnellate di generi alimentari, riempiendo così oltre 12’000’000 di piatti. L'associazione è attiva anche in Ticino con otto punti vendita situati a Bellinzona, Biasca, Caslano, Chiasso, Lugano, Locarno, Mendrisio e Quarti- no, oltre a distribuire gratuitamente derrate alimentare a più di una deci- na di istituzioni. Possono accedere ai prodotti ridistribuiti da Tavolino Ma- gico le persone che vivono con il mi- nimo esistenziale o al di sotto di es- so alle quali è data facoltà di richie- dere una “carta acquisti” presso gli Uffici sociali pubblici o i consultori privati del Cantone a cui spetta la decisione sul suo rilascio. Con la “carta acquisti” il singolo beneficia- rio o l’economia domestica riceve generi alimentari una volta la setti- mana nel centro più vicino al suo do- micilio (in contropartita si chiede di pagare 1 franco). La quantità conse- gnata corrisponde all’offerta di mer- ce disponibile e alla grandezza del- l’economia domestica. Così facen- do, il prodotto invendibile torna ad essere un risorsa preziosa sulla tavo- la, non nella pattumiera. Nathalie Ghiggi Imperatori Un terzo della produzione mondiale di alimenti finisce nella spazzatura o resta a marcire nei campi. Si tratta di circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo che non vengono consumati. Un fe- nomeno che tocca con dinamiche di- verse i paesi industrializzati, tanto quanto quelli emergenti. Secondo uno studio dell’Istituto internazionale del- l’acqua di Stoccolma, nei paesi più po- veri dal 15 al 35% dello spreco avvie- ne prima che i prodotti possano rag- giungere il consumatore. Un 10-15% di essi restano a marcire nei campi, mentre il restante non supera le fasi di lavorazione, trasporto e conservazio- ne. In queste regioni, dove la fame è una realtà quotidiana per milioni di persone, gli sprechi dei consumatori fi- nali sono estremamente ridotti e si at- testano in media attorno ai 6-11 kg di cibo all’anno per persona. Discorso in- verso nei paesi industrializzati. Negli Stati Uniti si stima che annualmente fi- niscano nella spazzatura dai 280 ai 300 kg di cibo commestibile per per- sona, mentre in Europa la media è più bassa e si attesta attorno ai 95-115 kg per persona. Secondo alcuni dati resi noti dall’Ufficio federale dell’agricoltu- ra anche nella parsimoniosa Svizzera lo spreco è una realtà: si stima che lun- go tutta la filiera alimentare elvetica vengono gettati ogni anno circa 289 chilogrammi di cibo pro capite, un ter- zo dei quali direttamente dai consu- matori. Le ricerche rilevano che in me- dia un’economia domestica composta da quattro persone “butta nella spaz- zatura” circa 2’000 franchi di derrate alimentari ogni anno. Una presa di coscienza globale La portata del fenomeno non lascia in- differenti. A livello internazionale e na- zionale sono molteplici le iniziative lanciate per studiare cause e conse- guenze dello spreco di risorse e per sensibilizzare da un lato i consumato- ri, dall’altro i diversi attori della catena alimentare e non solo. Lo spreco ali- mentare, infatti, non incide unicamen- te sui settori ad esso intrinsecamente legati, ma ha un influsso negativo su tutta una serie di ambiti (ambiente, cli- ma, mobilità, salute,...). Basti pensare che per produrre 1kg di farina vengo- no consumati circa 1’000 litri d’acqua. Questi salgono a 16’000 per 1 kg di carne rossa. Lo spreco alimentare sta- tunitense si stima generi annualmente un consumo inutile d’acqua di circa 40’000 miliardi di litri. L’equivalente del fabbisogno idrico di 500 milioni di persone. Secondo uno studio britanni- co, se nel solo Regno Unito non fosse- ro sprecati 7 milioni di tonnellate an- nue di cibo, il risparmio d’energia con- sumata (per la produzione, il confezio- namento e il trasporto dello stesso) equivarrebbe al beneficio che si otter- rebbe riducendo del 20% il numero di veicoli in circolazione sulle strade in- glesi. Se la problematica è nota, risul- ta più complesso trovare delle soluzio- ni concrete e condivise. Da una parte il consumatore spesso non è disposto a rinunciare alla “mela più bella”, dal- l’altra i grandi produttori e distributori non intendono lasciarsi sfuggire nuo- ve fette di mercato o consolidare le po- sizioni. In questa particolare situazione diventa quindi fondamentale la presa di coscienza da parte del consumato- re che spesso non conosce le dinami- che della filiera alimentare. Oltre alle campagne di sensibilizzazione pro- mosse da enti pubblici e da numerose associazioni, sono in aumento sul ter- ritorio le iniziative atte a promuovere la riscoperta del valore del cibo. Dalla vendita diretta da parte dei produttori alle piccole cooperative agricole locali, passando per una serie di negozi e dis- tributori che tengono conto di fattori legati alla sostenibilità sociale e am- bientale di un prodotto. Per lottare contro lo spreco su larga scala esisto- Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Principia Gli insegnamenti sempre attuali di Giovanni XXIII Pagina III Personaggi Ripercorriamo la vita di Tonino Bello Pagina IV Online È possibile sfogliare Pegaso al sito internet: www.riviste-ticinesi.ch Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 83 - 7 giugno Società Una valida alternativa al capitalismo e al comunismo Pagina II Primo piano Un terzo del cibo finisce nella spazzatura

130607 - Giugno

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Inserto mensile di Popolo e Libertà

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no poi diverse associazioni che ridistri-buiscono la merce scartata o rimastainvenduta nella grande distribuzionealle persone più bisognose. A livellosvizzero e cantonale su questa attivitàsi concentra Tavolino Magico.

Un posto a tavolaper tuttiDal 1999 l’associazione Tavolino Ma-gico si impegna su scala nazionale perla ridistribuzione di alimenti non piùvendibili. Si tratta di prodotti di buonaqualità che non possono più essereesposti sugli scaffali della grande dis-tribuzione e che, invece di essere eli-minati, vengono destinati a persone indifficoltà finanziarie. Tavolino Magiconon acquista i prodotti, ma distribui-sce quanto gli viene offerto dalleaziende che operano nel settore ali-mentare. Il servizio non vuole sostitui-re la spesa tradizionale, ma intervieneper alleviare le difficoltà delle personecon reddito modesto. A livello nazio-nale lavorano in totale per questa or-ganizzazione senza scopo di lucro eper l’omologo Tables du Rôhne 1’875volontari. In Svizzera sono quasi unanovantina i centri di distribuzione esettimanalmente vengono ridistribuitigeneri alimentari ad oltre 13’500 be-neficiari. Nel 2012 Tavolino Magico e

Tables du Rôhne hanno distribuito2’450 tonnellate di generi alimentari,riempiendo così oltre 12’000’000 dipiatti. L'associazione è attiva anche inTicino con otto punti vendita situati aBellinzona, Biasca, Caslano, Chiasso,Lugano, Locarno, Mendrisio e Quarti-no, oltre a distribuire gratuitamentederrate alimentare a più di una deci-na di istituzioni. Possono accedere aiprodotti ridistribuiti da Tavolino Ma-gico le persone che vivono con il mi-nimo esistenziale o al di sotto di es-so alle quali è data facoltà di richie-dere una “carta acquisti” presso gliUffici sociali pubblici o i consultoriprivati del Cantone a cui spetta ladecisione sul suo rilascio. Con la“carta acquisti” il singolo beneficia-rio o l’economia domestica ricevegeneri alimentari una volta la setti-mana nel centro più vicino al suo do-micilio (in contropartita si chiede dipagare 1 franco). La quantità conse-gnata corrisponde all’offerta di mer-ce disponibile e alla grandezza del-l’economia domestica. Così facen-do, il prodotto invendibile torna adessere un risorsa preziosa sulla tavo-la, non nella pattumiera.

Nathalie Ghiggi Imperatori

Un terzo della produzione mondialedi alimenti finisce nella spazzatura oresta a marcire nei campi. Si tratta dicirca 1,3 miliardi di tonnellate di ciboche non vengono consumati. Un fe-nomeno che tocca con dinamiche di-verse i paesi industrializzati, tantoquanto quelli emergenti. Secondo unostudio dell’Istituto internazionale del-l’acqua di Stoccolma, nei paesi più po-veri dal 15 al 35% dello spreco avvie-ne prima che i prodotti possano rag-giungere il consumatore. Un 10-15%di essi restano a marcire nei campi,mentre il restante non supera le fasi dilavorazione, trasporto e conservazio-ne. In queste regioni, dove la fame èuna realtà quotidiana per milioni dipersone, gli sprechi dei consumatori fi-nali sono estremamente ridotti e si at-testano in media attorno ai 6-11 kg dicibo all’anno per persona. Discorso in-verso nei paesi industrializzati. NegliStati Uniti si stima che annualmente fi-niscano nella spazzatura dai 280 ai300 kg di cibo commestibile per per-sona, mentre in Europa la media è piùbassa e si attesta attorno ai 95-115 kgper persona. Secondo alcuni dati resinoti dall’Ufficio federale dell’agricoltu-ra anche nella parsimoniosa Svizzeralo spreco è una realtà: si stima che lun-go tutta la filiera alimentare elveticavengono gettati ogni anno circa 289chilogrammi di cibo pro capite, un ter-zo dei quali direttamente dai consu-matori. Le ricerche rilevano che in me-dia un’economia domestica compostada quattro persone “butta nella spaz-zatura” circa 2’000 franchi di derratealimentari ogni anno.

Una presa di coscienza globaleLa portata del fenomeno non lascia in-

differenti. A livello internazionale e na-zionale sono molteplici le iniziativelanciate per studiare cause e conse-guenze dello spreco di risorse e persensibilizzare da un lato i consumato-ri, dall’altro i diversi attori della catenaalimentare e non solo. Lo spreco ali-mentare, infatti, non incide unicamen-te sui settori ad esso intrinsecamentelegati, ma ha un influsso negativo sututta una serie di ambiti (ambiente, cli-ma, mobilità, salute,...). Basti pensareche per produrre 1kg di farina vengo-no consumati circa 1’000 litri d’acqua.Questi salgono a 16’000 per 1 kg dicarne rossa. Lo spreco alimentare sta-tunitense si stima generi annualmenteun consumo inutile d’acqua di circa40’000 miliardi di litri. L’equivalentedel fabbisogno idrico di 500 milioni dipersone. Secondo uno studio britanni-co, se nel solo Regno Unito non fosse-ro sprecati 7 milioni di tonnellate an-nue di cibo, il risparmio d’energia con-sumata (per la produzione, il confezio-namento e il trasporto dello stesso)equivarrebbe al beneficio che si otter-rebbe riducendo del 20% il numero diveicoli in circolazione sulle strade in-glesi. Se la problematica è nota, risul-ta più complesso trovare delle soluzio-ni concrete e condivise. Da una parteil consumatore spesso non è dispostoa rinunciare alla “mela più bella”, dal-l’altra i grandi produttori e distributorinon intendono lasciarsi sfuggire nuo-ve fette di mercato o consolidare le po-sizioni. In questa particolare situazionediventa quindi fondamentale la presadi coscienza da parte del consumato-re che spesso non conosce le dinami-che della filiera alimentare. Oltre allecampagne di sensibilizzazione pro-mosse da enti pubblici e da numeroseassociazioni, sono in aumento sul ter-ritorio le iniziative atte a promuovere lariscoperta del valore del cibo. Dallavendita diretta da parte dei produttorialle piccole cooperative agricole locali,passando per una serie di negozi e dis-tributori che tengono conto di fattorilegati alla sostenibilità sociale e am-bientale di un prodotto. Per lottarecontro lo spreco su larga scala esisto-

PegasoI n s e r t o d i c u l t u r a p o l i t i c a e d i p o l i t i c a c u l t u r a l e

PrincipiaGli insegnamenti sempreattuali di Giovanni XXIIIPagina III

PersonaggiRipercorriamo la vitadi Tonino BelloPagina IV

OnlineÈ possibile sfogliarePegaso al sito internet:www.riviste-ticinesi.ch

PegasoInserto mensile di Popolo e Libertà

no. 83 - 7 giugno

SocietàUna valida alternativaal capitalismo e al comunismoPagina II

Primo piano

Un terzo del cibo finisce nella spazzatura

Società

L’economia di comunioneSi è svolto a maggio un incontro all’Università di Friburgo.Una valida alternativa al capitalismo e al comunismo

A metà maggio, la Facoltà diteologia dell’Università di Friburgoha organizzato un simposio su“L’economia di comunione”.Un termine dal sapore religioso,ma che vuole applicarsi piuttostoalla vita terrena, proponendoun’alternativa al sistema capitalistae al suo opposto, quello comunista.L’espressione “economia di comu-nione” è stata usata per la primavolta nel 1991 da Chiara Lubich,fondatrice del movimento dei fo-colari, che voleva stimolare gli ade-renti del Brasile al suo movimentoa tentare un’esperienza nuova. I“focolarini” brasiliani e i loro sim-patizzanti contano su oltre 11’000persone e sono in piena crescita.Al loro interno praticano il sistemadella ripartizione dei beni, almenotra i membri più vicini, ma questotipo di “comunione” non bastaper far fronte ai bisogni primaridelle famiglie più povere.Durante il convegno di Friburgo èstato quindi precisato da parte diMichel Vendeleene, stretto collabo-ratore di Chiara Lubrich, che i “Focolari”, in quanto movimentoecclesiale,” non erano finora vera-mente stati confrontati con il pro-blema dell’ingiustizia sociale. Perquesto sono stati perfino criticatida parte dei teologi della liberazio-ne”. La stessa Lubich era sensibileal problema della povertà estremain Brasile, definitodal cardinale Arns,arcivescovo di SanPaolo, “corona dispine” con riferi-mento alla cinturadi “bidonvilles” cheattorniano le me-tropoli del sud-estdel paese. ChiaraLubich ha perciòinvitato i membri e i simpatizzantidel suo movimento a creare azien-de nuove, i cui utili dovrebberoessere condivisi con i più poveri edestinati a formare “uomini nuo-vi” dediti alla cultura del dono,nonché alla durata nel tempo diqueste aziende e al loro sviluppo.Questo movimento dovrà in segui-to estendersi a tutti i continenti.

In sostanza, la Lubich indica unaterza via originale, che presentaparecchie analogie con le impresedel settore sociale e solidale. Se-condo Paul H. Dembinski, docentedi scienze economiche e sociali al-l’Università di Friburgo e direttoredell’Osservatorio finanziario a Gi-nevra, “questa economia del dono,

che si ispira alladottrina socialedella Chiesa, ha unvalore aggiuntoche la rende moltofeconda”.Oggi già circa 860imprese - la mag-gior parte in Euro-pa - vivono, cia-scuna a suo modo,

questa “economia di comunione”che occupa circa 30’000 personenel mondo intero. In realtà, anchela gestione di queste aziende nonè molto distante dal metodo capi-talista: una parte degli utili viene uti-lizzata per investimenti, una parteviene spesa sotto forma di aiuto di-retto ai poveri, una terza parte vie-ne dedicata alla diffusione della

“cultura del dono”. L’unica diffe-renza consiste nell’uso dei dividen-di, ovviamente. È in questo che sidifferenzia l’economia di comunio-ne da un modello capitalistico. In una situazione come quella del-le regioni povere del Brasile, il suc-cesso è stato immediato e potreb-be estendersi a macchia d’olio, Inregioni più progre-dite è però desti-nato ad esperienzelimitate. Dopo unavvio entusiasta, ilprogetto ha cono-sciuto una fase distasi tra il 1997 eil 2010. In 22 an-ni, in totale 1'800imprese sono stateperò associate al progetto e - se-condo il prof. Luca Crivelli dell’USI,il “tasso di mortalità di questeaziende non è maggiore di quellodelle altre e la loro redditività non èpeggiore di quella delle aziendequotate in borsa.Questo fa dire ai responsabili che“l’economia di comunione” non èpiù un’utopia, ma può costituire

un progetto nella ricerca di un mo-dello di sviluppo economico piùaperto alle esigenze etiche.In tutta questa analisi manca unchiaro riferimento al ruolo delloStato. Questo è più che compren-sibile nei paesi poveri. Nei paesipiù sviluppati, gran parte del “do-no” è forzata e va a finire nelle

casse dello Stato.Anche qui sarebbeutile aprire un dis-corso, se pensiamoper esempio cheoggi un italianomedio deve lavora-re quasi sei mesiper lo Stato. Anchelo svizzero, con unonere fiscale supe-

riore al 30%, lavora quasi quattromesi per lo Stato. Che cosa poi loStato ne faccia è tutto da discute-re. In Ticino, per esempio, da anni leimposte pagate dalle persone fisichenon bastano a coprire le spese per idipendenti cantonali.

Ignazio Bonoli

Pegaso Venerdì 7 maggio 2013II

ProgettoSecondo i responsabili,

l’economia di comunionenon è più un’utopia,

ma un progetto di sviluppoeconomico più aperto

OrigineL’economia del dono si ispira

alla dottrina sociale della Chiesa, ha un valore

aggiunto che la rende moltofeconda

www.sxc.hu

Principia

A cinquant’anni dalla morteGli insegnamenti sempre attuali di papa Giovanni XXIIIin occasione dell’apertura del Concilio (11 settembre 1962)

Venerdì 7 giugno 2013 Pegaso III

DOTTRINA INTEGRA IN FORME NUOVEDiventa chiaro quanto si attende dal Concilio riguardo alla dottrina.

Cioè il Concilio ecumenico vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti, che lungo i secoli,nonostante difficoltà e contrasti è divenuta patrimonio comune

degli uomini. (…); è necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata,

sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso della fede, valea dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma

con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata.

ATTENZIONE AI PROBLEMI DELL’UOMO

L’uomo cerca l’amore di una famiglia intorno al focolare domestico; il pane quotidiano per sé e per i suoi più intimi, la consorte e i figlioli;

egli aspira e sente di dover vivere in pace così all’interno della sua comunità nazionale, come nei rapporti con il resto

del mondo; egli è sensibile alle attrazioni dello spirito, che lo porta ad istruirsi e ad elevarsi; ge loso della sua libertà, non rifiuta

di accettarne le legittime limitazioni, al fine di meglio corrispondere ai suoi doveri sociali. Questi problemi di acutissima gravità stanno da sempre sul cuore della Chiesa. Perciò essa li ha fatti oggetto

di studio attento, ed il Concilio Ecumenico potrà offrire, con chiarolinguaggio, soluzioni che sono postulate dalla dignità dell’uomo

e dalla sua vocazione cristiana.

MISERICORDIA NON CONDANNEVediamo nel succedersi da una all’altra età, che le opinioni degli

uomini si susseguono escludendosi a vicenda e gli errori appena sortisvaniscono qual nebbia dinanzi al sole. Sempre la Chiesa si è oppostaa questi errori. Spesso li ha anche condannati con la massima severità.

Ora tuttavia la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina dellamisericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontroai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina, piuttostoche rinnovando condanne. La Chiesa cattolica, innalzando per mezzodi questo Concilio Ecumenico la fiaccola della verità religiosa, vuolmostrarsi madre amorevole per tutti, benigna, paziente, piena di

misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati.

CHIESA PARTICOLARMENTE DEI POVERIIn faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta quale

è e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesadei poveri. Ogni offesa e violazione del quinto e del sesto precettodel Decalogo santo: il passar sopra agli impegni che conseguono dalsettimo precetto: le miserie della vita sociale che gridano vendetta al cospetto di Dio: tutto deve essere chiaramente richiamato e

deplorato. Dovere di ogni uomo, dovere impellente del cristiano è diconsiderare il superfluo con la misura delle necessità altrui, e di benvigilare perché l’amministrazione e la distribuzione dei beni creativenga posta a vantaggio di tutti. Questa si chiama diffusione delsenso sociale e comunitario che è immanente nel cristianesimo

autentico; e tutto va affermato vigo rosamente.

GIORNO TANTO DESIDERATOLa Santa Madre Chiesa gioisce, poiché, per singolare dono di Provvidenza Divina, è sorto il giorno tanto desiderato in cui il Concilio Ecumenico

Vaticano II qui, presso il sepolcro di S. Pietro, solennemente si inizia con la protezione della Vergine Santissima, nel giorno stesso in cui si celebra la sua divina Maternità.

Personaggi

Tonino Bello vescovo e profetadella non violenzaA vent’anni dalla scomparsa di un Vescovoche rinunciò ai segni del potere“Attecchirà davvero la semen-

te della non violenza? Sarà davve-ro questa la strategia di domani? Èpossibile cambiare il mondo col ge-sto semplice dei disarmati?”. Lebrucianti domande poste dopo ilviaggio a Sarajevo (dicembre 1992)rendono credibile e verace la sof-ferta testimonianza di Tonino Bel-lo, vescovo di Molfetta, presidentedi Pax Christi (1985-1993), creden-te credibile e creduto, profeta ap-passionato e gentile, poeta mite epotente, amico e maestro di nonviolenza. Vent’anni dopo il suo“giorno pasquale” (20 aprile1993), esse indicano la necessità diun nuovo inizio per i movimenti ,la politica, l’economia, la pedago-gia e la fede cristiana. Don Toninonon è certo un santino da custodi-re, ma un dizionario vivente, unamappa di ricerca. Non è un pacifi-sta generico, ma un amico dellanonviolenza, cosciente che la sto-ria è luogo di conflitti, che sonocerto un pericolo, ma anche unasfida innovatrice. Riscoprire l’attua-lità del suo pensiero significa tene-re acceso il fuoco della profezia. Ilsuo messaggio non emerge da unsistema concettuale, ma da unapassione esistenziale, radicata nelVangelo di Cristo e nella partecipa-zione ai problemi del mondo e del-le vittime delle violenze. Da un’ur-genza di credibilità.

La malinconia del nostro silenzioIl giovedì santo del 1986, don To-nino afferma amaramente: “È ma-linconico osservare oggi (se si ec-cettuano le audaci sortite del pa-

pa, di qualche episcopato e di po-chi gruppi) i tentennamenti dellenostre Chiese. Quello della pacesembra un campo minato da milleprudenze, recintato dal filo spinatodi infinite circospezioni, protettoda pavidi silenzi. Non ci decidiamoancora, come popolo profetico, auscire allo scoperto. Ci nascondia-mo dietro i fortilizi delle logicheumane. Viviamo ambigue neutrali-tà, che tutto possono essere menoche disarmate. Ma se tacciamonoi, eredi della profezia di pace delCristo, chi si assumerà il compitodi dire alla terra che, scivolando suibinari che ha imboccato, corre ine-sorabilmente verso l’olocausto?Coraggio miei cari fratelli profeti!Diciamo che ogni guerra è iniqua.Promuoviamo una cultura di paceche attraversi tutta la nostra prassipastorale. Denunciamo a chiarelettere l’ingiustizia della corsa allearmi. Insorgiamo quando vengonoviolati i più elementari diritti uma-ni in ogni angolo del mondo”. Dis-posti a salire sulla croce: “E si salesulla croce ogni volta che si con-trastano le logiche correnti tributa-rie degli schemi pagani del profitto(…) Si sale sulla croce ogni voltache si afferma che la produzionedelle armi, il commercio degli stru-menti di morte e il segreto che co-pre il loro traffico sono una grossaviolenza alla giustizia e un attenta-to gravissimo alla pace, anzi sonogià guerra” (Convivialità delle dif-ferenze, La Meridiana).

Un moderno Padre della ChiesaIl vero dramma delle comunità cri-

stiane, osserva don Tonino, è quellodi “non aver ancora assunto la non-violenza come unico abito da socie-tà”, veramente firmato dal Signore,e di continuare a baloccarsi con glialtri vestiti contraffarti che ci asse-diano l'armadio. Dovremmo esserepiù audaci: “Il Signore ci ha messosulla bocca parole roventi: ma noispesso le annacquiamo col nostrobuon senso. Ci ha costituiti senti-nelle del mattino, annunciatori,cioè, dei cieli nuovi e delle terrenuove che irrompono, e invece an-nunciamo cose scontate, che nondanno brividi, che non provocanorinnovamento”(Scritti vari. Intervi-ste. Aggiunte, Merzina). Negli Anni'80, nel vivo di tante iniziative,spesso in contatto con la rete “Bea-ti i costruttori di pace”, con Zano-telli, Turoldo, Bettazzi, Martini, Bal-

ducci, Langer, Ciotti e altri, don To-nino dichiara che la nonviolenza co-stituisce l'essenza del Vangelo. Lodice con lo stile di un moderno pa-dre della Chiesa, precisando: “Pur-troppo non c’è ancora in Italiaun’apprezzabile teologia della pace[ ... ]. È doloroso dirlo: ma io pen-so che buona parte delle perplessi-tà anche dei nostri episcopati sul te-ma della pace derivi dalla mancan-za di una seria fondazione teologi-ca” (Le mie notti insonni, San Pao-lo), Quello della pace, infarti, è “ildiscorso teologico più robusto e se-rio che oggi si possa fare, perchéaffonda le sue radici nel cuore delmistero trinitario” (Convivialità delledifferenze). È penetrare in una sor-ta di “monoteismo trinitario” (pace,giustizia, salvaguardia del Creato),proposto a Verona nell’aprile 1989.

Pegaso Venerdì 7 giugno 2013IV

Venerdì 7 giugno 2013 Pegaso V

Un orizzonte universale Per don Tonino la nonviolenza è untema generatore globale, rivoluzio-nario. Per allontanare qualunqueinterpretazione passiva, egli parlaspesso di “non violenza attiva” chepresenta, anzi racconta, con il lin-guaggio non solo di un grandeteologo esistenziale, ma anche diun esperto di sta-tura mondiale. Lasua elaborazioneideale (teologia tri-nitaria, Chiesa delgrembiule, beatitu-dine dinamica dellapace, profezia mes-sianica) incrocia letematiche centralidella pedagogia (eti-ca del volto, capaci-tà di sognare, arte della compassio-ne), della politica (bene comune,cittadinanza umana, economia digiustizia) e della ricerca nonviolen-ta (nuovo diritto internazionale,Onu dei popoli, difesa non arma-ta, trasformazione dei conflitti,perdono socio-politico). La trinita-ria ”convivialità delle differenze”diventa rete di percorsi nonviolen-ti, vissuti come ricerca del volto,formazione permanente, scienzasociale, progetto politico, cittadi-nanza attiva, disarmo, giustizia so-ciale, cammino ecclesiale. A modo

suo, don Tonino rilancia l’aperturauniversale della Pacem in Terris. Ri-propone i pilastri giovannei dellacasa nonviolenta: la ricerca dellaverità, la pratica di libertà, un’eco-nomia di giustizia, la forza dell’a-more. La “desideratissima pace” èvia, verità e vita. Creazione di unanovità umana che può emergere

solo da un trava-glio generativo.Pratica coinvolgen-te da condividere,facendo tesorodell’opera dei ti-monieri della “na-ve scuola della pa-ce”, a partire daCristo e Francescod’Assisi.

Beato chi parte e cammina Con don Tonino si avverte il respirodel Concilio, il brivido giovanneo del1962 (“È appena l’aurora”), la so-stanza di tanti cammini di liberazio-ne. Appare come finestra spalanca-ta, la bella coincidenza tra l’elezionedi papa Francesco e la memoria didon Tonino. Tra i due sembrano tan-te le vicinanze tematiche: una Chie-sa accogliente ma non autoreferen-ziale, pronta a “uscire da sé”; unaChiesa della misericordia e della te-nerezza, del “grembiule” e del servi-zio, povera con i poveri, “carezza di

Dio”; l’invito a custodire il creato e labellezza del mondo; la pace come do-no e impegno, etica del volto e profe-zia quotidiana; la spiritualità dellagioia e della primavera; la dimensioneecumenica e “umanistica”, In don Tonino, infine, c’è tanto amoreper la poesia (da Dante a Turoldo) eper la musica. Canta spesso accompa-gnato dalla fisarmonica. In alcune can-zoni a lui care (Il cielo in una stanza, El-las danzan solas, Per fare un tavolo, l’i-sola che non c’è; Freedom) vedo un iti-nerario formativo e un’inquietudinecreativa, da seminare e curare con fi-duciosa pazienza. Don Tonino non èsolo nostro contemporaneo, è davan-

ti a noi. Ci viene incontro dal futuro“con i piedi scalzi”, per progettare eosare assieme. Si fa nostro compagnodi strada, se ci mettiamo in cammi-no. Per lui, infatti, è beato non chipensa di essere arrivato, ma chi par-te e cammina. Col cuore gonfio dipassione e con il dito puntato versola terra buona e bella (“eutopia”),quella della nostra umanità profonda.

Sergio Paronetto

Vicepresidente di Pax Christi Italia (da ADISTA, 20 aprile 2013)

Antonio Bello è stato vescovo di Molfetta Ruvo Giovinazzo e Terlizzi dal 4settembre 1982 fino alla morte avvenuta il 20 aprile 1993. Nato ad Alessano(Lecce) il 18 marzo 1935, ordinato prete l’8 dicembre 1957, fu educatore inseminario, direttore dell'Ufficio pastorale diocesano di Ugento e parroco a Tri-case, sempre nel Leccese. Per alcuni anni ha condiviso la sua abitazione confamiglie di sfrattati; ha preso posizione a favore dei marocchini che abitava-no nella città di Ruvo e li ha ospitati in alcuni appartamenti del vescovado.Nella stessa città è sorta una comunità di accoglienza, la Casa per tossicodi-pendenti, realizzata con il contributo di tutta la diocesi. Dal novembre 1985fino alla morte, monsignor Bello è stato Presidente nazionale di Pax Christi,movimento internazionale che si propone di educare alla pace e di cercare lestrade concrete perché dal mondo sia bandita la violenza.

Biografia

CoinvolgimentoIl rapporto con il poterepolitico (ed economico),

è un problema che accompagna la Chiesa

da tutta la sua storia

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Pegaso Venerdì 7 giugno 2013VIII

4. Se il ruolo primario della scuola èquello di elaborare e trasmettere i sa-peri e le competenze di base sotto for-ma disciplinare, non va dimenticatoche il sapere religioso, lungo tutto il se-colo ventesimo sino ad oggi, è signifi-cativamente promosso e divulgato an-che dalle ricerche delle scienze nonteologiche della religione oltre che dal-le tradizionali scienze teologiche pro-priamente dette. L’universale e multi-forme fenomeno religioso, non esclu-se le tradizioni religiose monoteisticheconsiderate come le “radici” della cul-tura occidentale, è oggetto legittimodi studio delle diverse scienze della re-ligione, che praticano un ventaglioamplissimo di approcci disciplinari einterdisciplinari. Al punto che non èpiù un’eccezione, ma è diventato con-suetudine, specialmente nella comu-nicazione mediatica e scolastica, l’usoormai dominante di un linguaggio eti-co-religioso di matrice non teologica,mutuato cioè dalle scienze della reli-gione e non più (o non più solo) dallescienze teologiche di chiesa. Di religio-ne si può legittimamente parlare - e difatto si parla sempre più spesso e conpertinenza almeno razionale - in ter-mini non religiosi, non confessiona-li, non confessanti. Anche perché lacondizione di vivere in società ad al-to tasso di diversità religiosa nonpuò che favorire discorsi sulla reli-gione (about religion) e tra le religio-ni (between/among religions), senzaper questo togliere spazio e legitti-mità ai discorsi propri di fede (from-faith). I primi, si sa, sono discorsi ten-denzialmente oggettivi, miranti al-l'informazione e funzionali alla cono-scenza reciproca, e sono di per sé ava-lutativi circa la verità intrinseca dellefedi religiose; i secondi invece appar-tengono al genere della professione difede, della testimonianza personale ecomunitaria, dell’annuncio missiona-rio. È evidente ed inevitabile che inquello spazio laico e democratico, e re-ligiosamente sempre più plurale, che èla scuola pubblica risulti non solo poli-

ticamente più praticabile ma ancheepistemologicamente più pertinente ilprimo tipo di discorso religioso: undiscorso che non discrimina gli alunniin base alle loro diverse credenze econvinzioni, ma che nemmeno leignora come fossero abusive o irrile-vanti, ma a tutti offre criteri e stru-menti per discernere e maturare leproprie scelte religiose e costruirsi unapropria identità, che sia anche soste-nibile con il pluralismo etico-religiosodella società ambiente; un discorsoreligioso imparziale (che non significa,ripeto, banalmente neutrale) che ri-sulta meglio compatibile anche con ilcarattere disciplinare degli altri saperiscolastici e quindi anche con quei di-versi curricoli di insegnamento etico,o di educazione ai valori, o di educa-zione alla cittadinanza, con i quali l’in-segnamento religioso si trova spessodidatticamente associato.5. Protagonista istituzionale di primopiano per una nuova cultura della cit-tadinanza è la scuola riconosciuta neisuoi ruoli specifici e irrinunciabili in or-dine alla mediazione critica, tra altrivalori, anche dei valori civici, etici e re-ligiosi. La scuola europea d’oggi, non-ostante i noti travagli e le derive cui èsoggetta, si rivela nondimeno un labo-ratorio imprescindibile dell’apprendi-mento multiculturale e, nei casi mi-gliori, interculturale: uno spazio doveimparare le ragioni della propria iden-tità e insieme le ragioni delle altruiidentità; uno spazio democratico dovela diversità culturale non resta barrierama occasione di interlocuzione, di in-terscambio, e dunque stimolo a un“vivere insieme” che non sia banal-mente omologante ma piuttosto re-sponsabilizzante. Se si riconosce che ladimensione religiosa è una costantepermanente e qualificante delle cultu-re umane, un compito legittimo e ina-lienabile della scuola sarà quello di ga-rantire una alfabetizzazione o unagrammatica del linguaggio simbolico-religioso, cioè l’apprendimento di ele-mentari categorie di lettura, di analisi

e di interpretazione del fatto religiosoe delle sue multiformi ricadute filoso-fiche, etiche, sociali, di modo che ognialunno - credente, diversamente cre-dente, o non credente che sia - possaessere messo in condizione di perce-pire (non necessariamente di condivi-dere) il senso del “religioso” nella sto-ria, nelle culture, nei destini persona-li. Sarebbe questa finalmente unaapertura post-illuministica e post-ideologica del sistema educativo pub-blico di fronte al problema religioso.

Ma quale scuola è in grado di as-sumere responsabilmente questocompito?Non più la scuola del vecchio stamporepubblicano o statalista, che, osses-sionata dal mito della neutralità, sten-deva un velo di silenzio (tutt’altro cheneutrale!) sul religioso; ma nemmenola scuola del multiculturalismo prima-rio fine a se stesso, ossessionata dalculto dell’identità individuale, che, se-condo lo stile apartheid, separa o la-scia divisi i gruppi di alunni in base al-le loro appartenenze e che si preoccu-pa solo di educarli nelle rispettive fediin cui sono nati, come se nella societàmultireligiosa quegli alunni potesseropoi vivere in isolamento la propriaidentità a prescindere da un confron-to, ormai inevitabile, con le diverseidentità religiose compresenti nell’am-biente di vita e nel territorio.Quel compito lo può assumere inve-ce una scuola: • che accetti realisticamente la plu-ralità culturale e religiosa come unacondizione oggi irreversibile; • che miri a costruire negli alunni unacoscienza comune e solidale di fron-te ai grandi problemi dell'umanità (èin questa ottica che si collocano leiniziative di organismi internazionalicome le Religioni per la pace (WCRP,World Conference on Religions andPeace), o i progetti per un’Etica mon-diale come quello che da anni stapromuovendo il teologo Hans Kungattraverso la Fondazione Weltethos):

• e che riconosca però allo stesso tem-po la legittima pluralità delle persona-li appartenenze simboliche (religiose,spirituali, filosofiche), al punto da far-ne una componente imprescindibiledel processo di integrazione democra-tica in una comunità di vita e di valoridemocratici condivisi.

Flavio Pajer

Riferimenti bibliografici CANTON FRIBOURG (2011), Diversi-té religieuse et culturelle à l'école.FOSSION, A. (2001), Cours de reli-gion en question. Débat politiqueet enjeu démocratique, Lumen Vi-tae 56 (200 I) 2,125-137. GENERALIT A T de Catalunya.GRIMMITT, M. (ed.) (2010), Reli-gious education and social andcommunity cohesion.KEAST, J. (2007), Diversité religieu-se et éducation interculturelle.PAJER, F. (2006), Nuovi profili del-l'istruzione religiosa in un 'Europapluralista.PAJER, F. (2008), Educacion religio-sa y educacion para la ciudadaniaen Europa, instrumentalizacion re-ciproca o papeles especijìcos? PAJER, F. (2011), Da Toledo a Ro-ma via Strasburgo: per una culturareligiosa pubblica secondo Costitu-zione.ROVERSELLI, G. (2006), L'integra-zione di studenti musulmani nellascuola in alcune nazioni europee:problemi e riflessioni.SCHREINER, P. (2005), Educationand Religion for a Pluriconfessionaland Pluricultural Europe,SCHWEITZER, F., BIESINGER, u.a.(2002). Gemeins amkeiten starken- Lnterschieden gerecht werdcn. VERHACK, E. (2008), L'insegna-mento religioso nella scuole catto-liche dell'Europa.ZANI, V. (2011), Insegnamento del-la religione cattolica o insegna-mento delle religioni?

Venerdì 7 giugno 2013 Pegaso IX

Riconoscimenti

Un premio meritatoL’Ufficio federale della cultura ha assegnato a Fabio Pusterlal’importante “Premio svizzero di letteratura”Nel maggio di quest’anno, l’Ufficio

federale della cultura ha assegnatol’importante Premio svizzero di lette-ratura a Fabio Pusterla. Gioisco an-ch’io, uno fra i suoi (spero molti) let-tori. Il meritato riconoscimento va auno scrittore attivo in diversi ambiti:la poesia, la critica letteraria, le rifles-sioni sulla scuola e non da ultimo letraduzioni dei testi di Philippe Jaccot-tet. Vorrei festeggiare qui, con pocheannotazioni, il poeta. A partire dallapromettente opera giovanile Conces-sione all’inverno, del 1985, la suaopera è consegnata a numerose rac-colte uscite a intervalli regolari, a te-stimonianza di una vena costante eproficua. Il lettore può attingere oraanche a un’antologia, Le terre emer-se, curata dallo stesso autore e pub-blicata da Einaudi nel 2009, mentreun’eccellente guida alla lettura è rap-presentata da Il poeta ammutolito,una monografia di Mattia Cavadini,oltre che da numerose recensioni.Sapendo di semplificare troppo, attri-buisco alla poesia di Pusterla una de-finizione che lo stesso autore ha da-to del lavoro di un valido poeta emer-gente, Fabiano Alborghetti: “un belcocktail di ottime letture e di profon-da disperazione”. A dire il vero la di-sperazione di Pusterla si esprime conuna sua variante, forse meno doloro-sa, ma più incisiva: “la rabbia ine-spressa, covata in sentina”.Ma rabbia per che cosa? Per un mon-do imbruttito, per esempio, costrettoa subire lo scempio dell’untumeovunque diffuso, fisico e morale, del-lo sfascio, delle distruzioni provocatee condotte in nome del denaro. Nedà una raffigurazione pregnante L’ar-rocco, dove si parla di “fanghiglia fit-ta verdastra”, di “linee (…) stravol-te”, di ”un turbine che travolge uo-mini e cose”; il discorso è riferito auna scacchiera, ma, come nelle Nuo-ve stanze di Eugenio Montale, proba-bile fonte ispiratrice, le pedine sonoumanizzate, e vivono le tragedie del-la modernità (catastrofi di vario gene-re, non solo, come primariamentepuò apparire, ecologiche).La rabbia nasce anche per il massacrodei deboli, nel complice silenzio deiforti. A cominciare dagli uomini, comel’operaio precipitato a cui è intitolato

un brano di Corpo stellare: un dram-ma che si svolge con la sola testimo-nianza di un ragazzo e perciò la vitti-ma perde consistenza, diventa imma-teriale, poco più di “un’ombra cinese”e addirittura si scorpora (nella memo-ria che rimuove il triste episodio?) in“un garbato disegno serale”. Ma nonsono esclusi gli animali “così triste-mente simili a noi nella loro afflizio-ne”, come i cani, oppure i maiali con-dotti al macello, il toro sacrificato allospettacolo (?) della corrida. Ma qui,partendo dagli animali visti fraterna-mente, si innesta la riflessione moralesu un tempo in cui la violenza è la nor-ma (“Ala mozzata è legge” dice un’i-castica sentenza) e la colpa “ha can-cellato se stessa, cancellando/ l’ogget-to della propria violenza”. Di fronte a questi terribili scenari, allarabbia si aggiunge lo smarrimento,che nasce dal disaccordo morale conil proprio tempo ed è in primo luogostorico, ma poi si fa cosmico, ancheperché la distruzione sembra la leggestessa che anima la Natura, se è veroche “arretrano/ i ghiacciai, s’inghiot-te il mare/ lo stretto” con il risultatoche “tutto è più vuoto”. Ma allora il poeta è solo un cantore dimacerie, un evocatore di apocalissiprovocate più dall’uomo che da unamaligna forza naturale? No, il poeta èanche altro. È l’occhio che capta lecreature tenaci che riescono a sfuggi-re alla distruzione (e all’altrettanto de-vastante disattenzione di chi non vuo-le vedere) e, resistendo silenti nei se-coli, ricompaiono e sorprendono tutticon la forza della loro presenza. Di tale natura è Bocksten, al quale èdedicato un intenso poemetto: un uo-mo linciato nel Trecento, rimasto som-merso, e poi riaffiorato in una torbie-ra della Svezia nel 1936. Oggi è più vi-vo dei vivi, ci interroga tutti e tutti inqualche modo ci rappresenta. Daquesta reliquia-relitto si può partireper diversi approdi. Si arriva per esem-pio al contemptus mundi, a vederecioè come tutto viene cancellato dal-l’erosione. Ma soprattutto, proficua-mente, si arriva a svolgere il compitoprimario della poesia: decifrare il sen-so della vita (l’Altro dentro il mondo?),tanto di quella magmatica che siesprime in energie nascoste dentro la

materia (“brulicante di zampe, di ver-mi, di bave”), quanto di quella, ridot-ta al suo nucleo, che si manifesta nelbiancore di poche ossa. La semplicesopravvivenza può così diventare, an-che se non sembra, una forma di lot-ta, l’unica consentita agli inermi: una“muta protesta”, vale a dire l’eco diun urlo che nei secoli si è fatto tenue,ma non si è spento.Insieme agli uomini ridotti a oggettiesposti in un museo, come è il caso diBocksten, ci sono anche le cose vere eproprie, redivive e marginali. Nell’unocome nell’altro caso il poeta si assumeil compito di dare loro una storia, cioèdi inserirle in un contesto di vicendeuniche e irripetibili. È un’opera analo-ga a chi in un terreno compatto vuolescandagliare il sottosuolo, e perciò de-ve aprire “nuove fessure (…) attraver-so le quali la luce/ irrompe a fasci”, co-me suonano i versi di Herzen citati inapertura a Le cose senza storia.Dopo queste minime parole sui temi,altre, ancora più scarne, sulla fisio-nomia formale. Per capire la qualesono illuminanti due brevi brani chesembrano dichiarazioni di poetica:“Tutto è così meravigliosamente ra-

mificato e disperso che, sotto la vista,risplendono i segreti accumulati daun’osservazione paziente, e si deli-neano le possibilità di una ricchezzamodesta e comune”; “dietro le cosesi avverte la complessità.Da queste convinzioni derivano alcunescelte formali. Innanzitutto “la ten-denza a concepire non per componi-menti singoli, ma per serie testuali”(Mengaldo), vale a dire ad aggregare ibrani in poemetti per uno scandaglioapprofondito. A questa caratteristicadell’intera raccolta corrisponde, sulpiano del brano singolo, la propensio-ne agli accumuli: non solo elenchi no-minali, come vuole il puntiglio di unocchio che indaga, ma anche apposi-zioni, cioè tentativi di definire a fondoil referente, pur sempre nella coscien-za critica di sfiorare soltanto la sua es-senza. Non da ultimo, un procedereper interrogativi, per dubbi (si rilevanospesso sintagmi disgiuntivi, non man-cano gli avverbi dell’incertezza, come“forse”), accentuati dalle parentesi,usate spesso sia per gusto del detta-glio che per amore della rettifica.

Flavio Medici

Pegaso Venerdì 7 giugno 2013X

A cosa serve insegnarele religioni a scuola?Alcuni spunti sull’importanza dell’educazione scolasticaPer lungo tempo si è pensato, in

Europa, che la religione fosse emar-ginata o addirittura estromessa dal-la vita pubblica per via di una cre-scente secolarizzazione. È vero ilcontrario. Nelle società europee inmutamento, l’importanza delle reli-gioni non cessa di aumentare. Lo sivede sia attraverso i dialoghi trapersone di concezioni religiose dif-ferenti sia attraverso conflitti e ten-sioni di natura sociale. In questi die-ci ultimi anni, tutti i Paesi d’Europahanno conosciuto lo sviluppo cre-scente di una pluralità di lingue, diorigini etniche e religiose all'internodella propria popolazione. Questicambiamenti richiedono nuove ri-sposte affinché la diversità sia unasso nella manica per la coabitazio-ne umana e non un motivo di ma-lintesi, di esclusione e di ostilità. La scuola è ovviamente al centro diquesta problematica. Questo tantopiù per il fatto che esiste una correla-zione tra l'insegnamento delle religio-ni e l’atteggiamento politico. A livellodella ricerca è evidente: meno le si in-segnano, più è probabile che le diffe-renze religiose vengano sfruttate perfini di mobilitazione politica. La coesi-stenza pacifica tra individui di culture eorigini religiose differenti suppone al-meno due condizioni: prima di tutto,una conoscenza di questa diversità e,su questa base, un riconoscimento de-gli uni da parte degli altri. Ecco un do-vere di una società civile che deve es-sere radicato nell’educazione. Per que-sto motivo, !'insegnamento sulle reli-gioni è più che mai importante in Eu-ropa. Come altri Paesi, la Francia hapreso l’iniziativa di sviluppare un inse-gnamento dei fatti religiosi nella scuo-la laica. La scelta del cantone di Gine-vra, nel quale l’insegnamento di gran-di testi prende in considerazione la di-versità religiosa e culturale dei suoialunni, è anch’essa un buon modo ditrattare questioni di religioni nellascuola laica. È un buon esempio di lai-cità e di intelligenza che non vuole piùessere ignorante dei fatti religiosi.

Affrontare il fatto religioso a livello europeoIn questi ultimi anni, la formazionein materia di religioni ha avuto

un’attenzione crescente a livelloeuropeo. I risultati del grande pro-getto europeo Redco (Religion ineducation. A contribution to dialo-gue or a factor of conflict in trans-forming societies of european co-untries) che ho avuto il privilegiodi coordinare, ci aiutano, significa-tivamente, a capire come affronta-re, a scuola, questioni elementaridi religione e di religiosità allo sco-po di rafforzare il rispetto delle dif-ferenze e dei valori comuni fra ibambini e i giovani. Il nostro obiet-tivo era di sapere meglio ciò chegli alunni conoscono dei fatti reli-giosi, se ritengono che il fatto diparlarne sia piuttosto suscettibile dimigliorare il dialogo o, al contra-rio, di favorire i conflitti. Volevamoraccogliere le loro idee sul modo ditrattare temi religiosi a scuola. Ilfatto che abbiamo ottenuto rispo-ste differenti non deve stupire, vi-sto che la nostra ricerca si svolge-va sia in Estonia sia in Russia, inFrancia o in Spagna. Ma ciò che i risultati hanno in co-mune, nonostante i pregiudizi, è,in generale, la grande consapevo-lezza delle differenze culturali e re-ligiose che hanno i giovani. Que-sto è incoraggiante perché indicache i giovani europei sono capacidi seguire il cammino del dialogo,piuttosto che quello della chiusurae del ripiegamento su se stessi.Anche se ritengono che le religionipossano essere fonte di conflitto,essi sono comunque del parere chesarebbe del tutto possibile vivere inpace con uomini e donne di diffe-renti religioni in Europa.

Uscire dalla chiusura o dall’ignoranza Perché una tale possibilità possa es-sere colta, la scuola deve offrire unospazio per conoscere meglio il ruo-lo delle religioni. Senza entrare neidettagli, posso dire che - lo dimo-strano i risultati della nostra ricerca- gli alunni europei sono interessatiai fatti religiosi, a condizioni che lascuola offra una possibilità di ap-prendere e di discuterne. Questo ri-guarda sia alunni senza legami reli-giosi, per i quali la scuola è l'unicoluogo in cui possono imparare qual-

che cosa sull'argomento, sia glialunni legati a tale o tal'altra reli-gione, per i quali la scuola costitui-sce spesso l'unico luogo in cui pos-sono paragonare tra loro diversi fat-ti religiosi. Non si tratta di un salva-condotto per (re)introdurre organiz-zazioni religiose nelle scuole. Anzi, èl'esatto contrario. Questo può fun-zionare solo alla condizione di unaseparazione tra Stato e religioni.“Parlare di religioni a scuola, a cheserve?”. A cogliere meglio la diversi-tà culturale e religiosa che esiste nel-le nostre società, a conoscere megliol’origine delle nostre tradizioni purinteressandoci ad altri modi di pen-siero, a favorire l'apprendimento deldialogo e del rispetto tra individui,nella scuola così come nella società.Questo serve chiaramente a raffor-zare la coesione sociale all'interno diuna società europea sempre più di-

versificata. Non si tratta di imporreun sistema unico di insegnamentorelativo alle religioni in Europa. Ma èimportante che, qualunque siano levie seguite dai sistemi educativi deidiversi Paesi, gli alunni e i giovani ac-quisiscano una conoscenza e un ri-conoscimento delle differenze. L’ap-proccio del cantone di Ginevra haaperto una via del tutto notevole sulmodo di raggiungere questo obietti-vo in una scuola pubblica laica: nel-l’ambito di una democrazia in pienocuore dell’Europa.

Wolfram Weiss, docente all'Università

di Amburgo

Articolo di Protestinfo, pubblicatoin italiano dal settimanale Rifor-ma, Torino, del 3 maggio 2013.

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Riviste

Rivista delle rivisteAGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ispirazione cristiana, redatto daun gruppo di gesuiti e di laici, Piazza S. Fedele 4, 20121 Milano.Nel n.5-2013 (maggio), padre Sorge presenta la figura di don Pino Puglisi, assassina-to dalla mafia il 15 settembre 1993 e proclamato beato il 24 maggio scorso.

APPUNTI DI CULTURA E DI POLITICA, mensile, Largo Corsia dei Servi 4,20122 Milano.Il secondo fascicolo del 2013 (marzo - aprile) si apre col “Saluto affettuoso e com-mosso a papa Francesco”, di Luciano Caimi, docente a Brescia e presidente della laz-zatiana “Città dell’Uomo”; segue un ampio ricordo di Giuseppe Dossetti, “cristianoe costituente”, steso da Enzo Balboni dell’università cattolica di Milano; il “focus” èdedicato alla Cina e le sue “sfide, tra passato e presente”, con tre qualificati contri-buti, mentre sulle elezioni italiane, riflette il rieletto parlamentare Franco Monaco (au-guroni) e il sindacalista Sandro Antoniazzi.

CHOISIR, rivista culturale dei gesuiti, rue Jacques-Dalphin 18, 1227 Ca-rouge - Ginevra. Il numero di maggio 2013 (641 ) , dopo una introduzione su “morale, diritto e legge”,discute della omosessualità in relazione al “matrimonio per tutti” deciso in Francia ealla benedizione, proposta dalla Chiesa evangelica vodese, per le coppie in partena-riato alla svizzera. Il direttore padre Longchamp ricorda il ticinese Sergio Regazzoni(1943 - 2009) , cresciuto nella JOC e attivo nell’aiuto umanitario francese, dirigenteper una decina di anni del Centro Lebret di Parigi, alla cui benemerita opera è statodedicato un volume collettivo (François Bellec, Sergio Regazzoni, la solidarité n’a pasfrontières, Beaune, 2011).

DIALOGHI di riflessione cristiana, Tipografia Offset Stazione S.A.,LocarnoIl numero di aprile (226) dà il benvenuto a papa Francesco (che saluta da una bellafoto), apprezzando la sua scelta di povertà e indicando le molte aspettative dei cri-stiani, per una riforma della curia e una maggiore comprensione per i temi propostidalla postmodernità. Viene ricordato il 50.mo anniversario della “Pacem in terris” diGiovanni XXIII e pubblicata una intervista allo storico Paolo Pombeni sui rapporti traDe Gasperi e Dossetti. La Valle commenta la politica italiana, Masina la solitudine diBenedetto XVI, Campanini la vicenda de “Il Gallo”, Colella gli scritti di Alimonta(1925-2011), e viene proposta la riabilitazione di Ernesto Bonaiuti, mentre i “Vian-danti” interpellano la Chiesa italiana. Sempre folta la segnalazione di notizie, belle ebuone, svizzere ed estere.

FOGLI, Rivista dell’Associazione Biblioteca Salita dei Frati, Salita dei Fra-ti 4, 6900 LuganoIl fascicolo 34-2013 è dedicato all’arte del restauro e della conservazione di libri e do-cumenti, con testi di Carlo Federici, già direttore dell’Istituto di patologia del libro aRoma e attualmente docente a Ca’ Foscari di Venezia, e di Giulio Zaccarelli, inse-gnante alla SUPSI. Vengono illustrate le attività dell’Archivio di Stato di Bellinzona,del laboratorio di restauro delle Benedettine di Santa Maria sopra Claro e dell’Archi-vio del Festival del film di Locarno. Fernando Lepori e Fabio Soldini riferiscono del-l’attività culturale svolta nella Biblioteca dei Frati, della quale viene presentata la Cro-naca sociale nella relazione del comitato per l’anno sociale 2012-2013. L’elenco del-le Nuove accessioni, entrate in Biblioteca, occupa 11 fitte pagine, divise per grandi te-mi; la biblioteca all’inizio di gennaio 2013 presentava 57.414 notizie bibliografichenel catalogo del Sistema bibliografico ticinese.

KOINONIA, periodico mensile Piazza S.Domenico 1, 51100 Pistoia.Il numero di aprile è dedicato principalmente ai 50 anni dell’enciclica “Pacem in ter-ris” di Giovanni XXIII, con testi di Congar, Chenu e Peyretti. Raniero La Valle e Frei Bet-to commentano l’elezione di papa Francesco e Arnaldo De Vidi lo presenta né con-servatore né progressista, con “la regola della sua vita, fatta di timidezza, sobrietà, diprevalenza del gesto sulla parola, dell’agire sul dire”. E conclude: “Non fare la qua-dratura del cerchio, ma, per certo, fare la cerchiatura della piramide”.

IMPEGNO, Rassegna di religione, attualità e cultura, rivista della Fonda-zione don Primo Mazzolari, 46012 Bozzolo (Mantova).Il numero 1-2013 (aprile) pubblica le relazioni tenute al convegno di studi intitolato

Venerdì 7 giugno 2013 Pegaso XI

Segnalazioni

“ Don Primo Mazzolari, parroco ed educatore” (Verolanuova, 14 aprile 2012), con unaintroduzione di Giorgio Campanini.

MESSAGGERO, rivista trimestrale di cultura ed informazione religiosa,Convento dei cappuccini, 6900 LuganoIl n.21 (gennaio-marzo ) saluta il nuovo papa Francesco e presenta il documento con-ciliare sulla liturgia, con commenti pratici indicati da don Vitalini. Gino Driussi espo-ne un bilancio in chiaroscuro sull’ecumenismo di Benedetto XVI e segnala la crisi deldialogo cristiano in Svizzera. Mario Corti ricorda il contributo di san Francesco all’o-rigine del rinascimento italiano. Vengono segnalati i Corsi previsti al convento del Bi-gorio per il 2013.

LA POLITIQUE, Magazine d’opinion , c. p.5835, 3001 Berna.Il numero 2 (aprile 2013) è dedicato all’innovazione : articoli sul la politica energeti-ca, su tecnica ed ecologia ; sul sistema fiscale ; sulla riforma del sistema pensionisti-co; sul futuro dei media cartacei; sulla ricerca e sulla politica agricola ecc. ecc. FabioRegazzi presenta la Fondazione AGIRE, al servizio dell’innovazione in Ticino.

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6, Bo-logna.Il fascicolo 1141 del 15 marzo, presenta diversi contributi per delineare la personali-tà di papa Francesco, con informazioni sulla sua attività in Argentina e nell’Americalatina e la sua “teologia”, intervistando padre Juan Carlos Scannone, un ottantennegesuita, riconosciuto maestro tra i teologi argentini. Nel n. 1149 gli ultimi discorsi diBenedetto XV e i primi di Francesco, nuovo vescovo di Roma. Quattro testi elencanole “questioni aperte” per la Chiesa cattolica: i rapporti con Pechino, il ruolo delle don-ne, la Chiesa in America latina. Nel n.7-2013 del 1. Aprile, i primi discorsi di papa Fran-cesco e il testo della Intesa tra lo Stato italiano e l’Unione induista italiana, la dodi-cesima (!) e la seconda (dopo quella coi buddisti) con una religione orientale, firma-ta nel 2007 e approvata con legge del 31.12.2012. Resta ancora in sofferenza parla-mentare l’intesa coi testimoni di Geova, già stipulata nel 2007 col governo Prodi.

BALERNA, 12 giugno alle ore 20,30, il centro culturale l'Incontro organizzanella sala della Nunziatura di Balerna una serata dedicata all’enciclica Pacem inTerris, nel cinquantenario della sua pubblicazione. Relatore, Mons. GiuseppeGrampa, professore di filosofia delle religioni all'Università di Parma; moderato-re, Claudio Mésoniat, direttore del Giornale del Popolo.

MASSAGNO, 13 giugno, Sala Pasquee (via Madonna della salute), ore 18 : ilprof. Marco Ostinelli e don Rolando Leo informano sulla sperimentazione con-clusa in materia di insegnamento religioso nella scuola pubblica.

MILANO, 22 giugno, ore 11, inaugurazione del giardino intitolato a Giusep-pe Lazzati (1909 – 1986) , “Umanista e Padre costituente”, significativamente at-tiguo a Via Leone XIII e Piazza Giovanni XXIII, in un quartiere dove numerosi so-no i ricordi lazzatiani. Raggiungibile col Tram 27, fermata Monti/Reggimento Sa-voia.

PADERNO DEL GRAPPA (TV), dal 28 luglio al 3 agosto, 50ma. SessioneSegretariato Attività Ecumeniche (SAE), “Condividere e annunciare la parola”,meditazioni, relazioni, gruppo di studio, con Amos Luzzato, Enzo Pace, Piero Ste-fani, Brunetto Salvarani, Carlo Molari, Paolo Ricca, Mario Gnocchi, Giovanni Ce-retti, Traian Valdman ecc. Iscrizioni : sessione.estivaQsaenotizie.it , oppuretel.373.5100524 , ore 16-17 e 19-21, entro il 20 luglio.

GAZZADA (Varese). Dal 3 al 7 settembre 2013, Settimana di storia religiosa,“Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo”; organizza la Fondazione Am-brosiana Paolo VI, Villa Cagnola (tel.0332,462.104; fax: 0332.463.463).