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1 1.PROBLEMI DI METODO PER LA STORIA DI ROMA ARCAICA FONTI SULL’ETA’ MONARCHICA E REPPUBLICANA FONTI PRIMARIE: esprimono con immediatezza, un avvenimento e non sono manipolabili e pertanto si possono considerare obiettive. FONTI SECONDARIE O DOCUMENTARIE: frutto dell’interpretazione di qualcuno basata sulla loro cultura, idea. FONTI LETTERARIE: ANNALISTI (Fabio Pittore III a.C. fonti perdute) infatti lo conosciamo attraverso Tito Livio CICERONE (106 43 a.C. autore di numerose opere pervenute) VIRGILIO (70 19 a.C. scrive l’Eneide quando vi è Augusto, discendente di Enea, e pertanto allude all’età dell’oro) TITO LIVIO (59 a.C. 17 d.C. scrive le HISTORIAE AB URBE CONDITA in 142 libri) DIONIGI DI ALICARNASSO (60 a.C. 7 d.C. scrive in greco ANTICHITA’ ROMANE in 20 libri) DIODORO SICULO (90 a.C. 20 a.C. scrive in greco BIBLIOTECA STORICA in 40 libri) FONTI EPIGRAFICHE FIBULA D’ORO da PRENESTE (è discussa l’autenticità) VASO DI DUENOS LAPIS NIGES FONTI NUMANISTICHE FONTI ARCHEOLOGICHE FONTI PAPIROLOGICHE Il problema che pone la ricostruzione della storia di Roma è dovuto al fatto che le narrazioni che oggi possediamo risalgono a un’età tarda rispetto agli eventi narrati. La prima storiografia romana sorse verso la fine del III sec. a.C. secondo i principi della storiografia greca. Ne è un esempio Fabio Pittore che per raccontare la storia arcaica di Roma si serviva di fonti greche. La prima storiografia romana scritta in lingua latina è ORIGINES di Catone, che però si concentrano troppo sulla politica finendo per attualizzarla e di conseguenza manipolare la realtà arcaica. In tutta la storiografia romana, l’interesse è concentrato sulle origini e sull’età regia, mentre c’è buio sul V sec. È probabile che vi sia stato l’interesse a far rientrare le origini di Roma alla Grecia. Infatti Roma si affacciava in Campania e in Magna Grecia. Un esempio è il mito di Enea, il quale deve aver convissuto con il mito di Odisseo, infatti l’unione di queste 2 culture crebbe miti e leggende. Le origini di Roma vennero collegate con la fuga in Occidente di Enea in modo che Roma potesse stringere rapporti con i Greci e distaccarsi dal mondo etrusco. Per mettere in relazione questi 2 popoli , nello spazio che va dal 1200 all’VIII sec a.C., venne introdotta la dinastia dei re Albani. DATI DELL’ANTIQUARIA Sappiamo che tra il V e il IV sec a.C. ci fu una mobilità etrusco-laziale , inoltre ci fu un influenza greca su Roma e nonostante ciò Roma mantenne la sua identità e la sua lingua, infatti non vi fu il fenomeno del bilinguismo. 2. L’ETA’ ARCAICA Nel VIII sec a.C. Roma nacque dalla fusione di villaggi collinari. All’inizio del III sec a.C. vi era una struttura gentilizia che pian piano perse terreno a causa di forze sociali emergenti. Infatti vi fu la cosiddetta “Lotta degli Ordini”. Questi gruppi gentilizi erano legati da vincoli di parentela, controllavano le attività economiche, avevano dei culti propri e avevano i clienti come dipendenti. Le tribù territoriali prendevano il nome da gentes patrizi. La tradizione ricorda 7 re di Roma: 1. ROMOLO : secondo la tradizione fu il fondatore di Roma e creatore di un senato formato da 100 membri. Il senato era un organo con potere deliberante e rappresentava la roccaforte dell’aristocrazia 2. NUMA POMPILIO : secondo la tradizione fu il creatore degli Istituti religiosi ovvero i SACERDOZII. Vi furono diversi collegi: Flamini, Auguri, Vestali (collegio femminile. Vi dovevano rimanere fino a 35 anni. Tutta la vita nel tempio Vesta. Erano più libere di amministrare il loro patrimonio) e dei Pontefici (a capo vi era il Pontefice Massimo) 3. TULLIO OSTILIO 4. ANCO MARCIO : fondatore della colonia di Ostia alle foci del Tevere

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1.PROBLEMI DI METODO PER LA STORIA DI ROMA ARCAICA

FONTI SULL’ETA’ MONARCHICA E REPPUBLICANA

FONTI PRIMARIE: esprimono con immediatezza, un avvenimento e non sono manipolabili e pertanto si possono

considerare obiettive.

FONTI SECONDARIE O DOCUMENTARIE: frutto dell’interpretazione di qualcuno basata sulla loro cultura, idea.

FONTI LETTERARIE:

ANNALISTI (Fabio Pittore III a.C. fonti perdute) infatti lo conosciamo attraverso Tito Livio

CICERONE (106 – 43 a.C. autore di numerose opere pervenute)

VIRGILIO (70 – 19 a.C. scrive l’Eneide quando vi è Augusto, discendente di Enea, e pertanto allude all’età

dell’oro)

TITO LIVIO (59 a.C. – 17 d.C. scrive le HISTORIAE AB URBE CONDITA in 142 libri)

DIONIGI DI ALICARNASSO (60 a.C. – 7 d.C. scrive in greco ANTICHITA’ ROMANE in 20 libri)

DIODORO SICULO (90 a.C. – 20 a.C. scrive in greco BIBLIOTECA STORICA in 40 libri)

FONTI EPIGRAFICHE

FIBULA D’ORO da PRENESTE (è discussa l’autenticità)

VASO DI DUENOS

LAPIS NIGES

FONTI NUMANISTICHE

FONTI ARCHEOLOGICHE

FONTI PAPIROLOGICHE

Il problema che pone la ricostruzione della storia di Roma è dovuto al fatto che le narrazioni che oggi possediamo

risalgono a un’età tarda rispetto agli eventi narrati. La prima storiografia romana sorse verso la fine del III sec. a.C.

secondo i principi della storiografia greca. Ne è un esempio Fabio Pittore che per raccontare la storia arcaica di

Roma si serviva di fonti greche.

La prima storiografia romana scritta in lingua latina è ORIGINES di Catone, che però si concentrano troppo sulla

politica finendo per attualizzarla e di conseguenza manipolare la realtà arcaica.

In tutta la storiografia romana, l’interesse è concentrato sulle origini e sull’età regia, mentre c’è buio sul V sec.

È probabile che vi sia stato l’interesse a far rientrare le origini di Roma alla Grecia. Infatti Roma si affacciava in

Campania e in Magna Grecia. Un esempio è il mito di Enea, il quale deve aver convissuto con il mito di Odisseo,

infatti l’unione di queste 2 culture crebbe miti e leggende.

Le origini di Roma vennero collegate con la fuga in Occidente di Enea in modo che Roma potesse stringere rapporti

con i Greci e distaccarsi dal mondo etrusco. Per mettere in relazione questi 2 popoli , nello spazio che va dal 1200

all’VIII sec a.C., venne introdotta la dinastia dei re Albani.

DATI DELL’ANTIQUARIA

Sappiamo che tra il V e il IV sec a.C. ci fu una mobilità etrusco-laziale , inoltre ci fu un influenza greca su Roma e

nonostante ciò Roma mantenne la sua identità e la sua lingua, infatti non vi fu il fenomeno del bilinguismo.

2. L’ETA’ ARCAICA

Nel VIII sec a.C. Roma nacque dalla fusione di villaggi collinari. All’inizio del III sec a.C. vi era una struttura

gentilizia che pian piano perse terreno a causa di forze sociali emergenti. Infatti vi fu la cosiddetta “Lotta degli

Ordini”.

Questi gruppi gentilizi erano legati da vincoli di parentela, controllavano le attività economiche, avevano dei culti

propri e avevano i clienti come dipendenti.

Le tribù territoriali prendevano il nome da gentes patrizi.

La tradizione ricorda 7 re di Roma:

1. ROMOLO: secondo la tradizione fu il fondatore di Roma e creatore di un senato formato da 100 membri. Il

senato era un organo con potere deliberante e rappresentava la roccaforte dell’aristocrazia

2. NUMA POMPILIO: secondo la tradizione fu il creatore degli Istituti religiosi ovvero i SACERDOZII. Vi furono

diversi collegi: Flamini, Auguri, Vestali (collegio femminile. Vi dovevano rimanere fino a 35 anni. Tutta la vita

nel tempio Vesta. Erano più libere di amministrare il loro patrimonio) e dei Pontefici (a capo vi era il

Pontefice Massimo)

3. TULLIO OSTILIO

4. ANCO MARCIO: fondatore della colonia di Ostia alle foci del Tevere

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5. TARQUINIO PRISCO: secondo la tradizione fu il creatore di numerose opere pubbliche

6. SERVIO TULLIO: secondo la tradizione fu il creatore della 1° cinta muraria per proteggere Roma dai nemici

e istituì l’ORDINAMENTO CENTURIATO. Il suo nome etrusco è Materna, sodalis fidelissimus di un duce

etrusco, che aveva seguito in diverse imprese fino ad occupare il mons Caelius e conquistare il potere regio

7. TARQUINIO IL SUPERBO: tiranno perché esoso nella tassazione. Cercò di violentare la nobile Lucrezia, la

quale verrà vendicata dai familiari con un colpo di Stato nel 510-509 a.C. In realtà si tratta di una rivolta

dell’aristocrazia che vuole gestire Roma e non sottomettersi a un solo uomo.

I primi 4 re fanno parte dell’ VIII secolo e sono Latini e Sabini; gli ultimi 3 re fanno parte dell’ VI secolo e sono

Etruschi. Secondo il Pasquali, la Roma della monarchia etrusca era una città ampia e ricca e a causa della caduta

della monarchia conseguì un periodo di decadenza (VI e V sec a.C.)

Le strutture abitative antiche erano delle capanne che conosciamo dalle fondamenta che sono state rinvenute sul

Palatino e dalle urne funerarie a forma di capanna.

Roma divenne città con edifici e mura quando regnarono i sovrani etruschi, infatti nel VIII sec. a.C. in Etruria erano

già presenti le città-stato. Tito Livio mise in rilievo che Roma sorse in un luogo strategico e potenziale per diventare

un centro, infatti era situata vicino al Tevere, posizione ottima per gli scambi commerciali. Lo stesso Tevere

divideva Roma dagli Etruschi.

ETRUSCHI

La presenza etrusca a Roma fu notevole e lasciò una traccia nella cultura romana sul piano istituzionale, storico-

artistico e figurativo. Secondo alcuni fu una popolazione autoctona, stanziata in Etruria. Secondo altri studiosi tale

popolazione fu estranea all’origine di Roma e si stanziarono in Etruria in un 2° momento. Erano riuniti in una

confederazione di 12 città-stato: Arezzo, Cere, Chiusi, Cortona, Fiesole, Perugina, Roselle, Tarquinia, Veio,

Vetulonia, Volterre e Vulci. Era una civiltà assai evoluta che procedette alla bonifica dei terreni paludosi ed ebbero

una tecnica d’irrigazione evoluta. Influenzarono sul campo religioso romano, sulle istituzioni militari e civili e simboli

del potere, sul campo architettonico.

La lingua etrusca è molto simile alla lingua greca ma oggi si riesce a leggere ma non a capire.

MONARCHIA

In un 1° momento i cittadini sono divisi in 3 tribù: tizi, ramnemi, luceri. Ogni tribù era divisa in 10 curie che riunite in

assemblea dovevano riaffermare il potere e la scelta del re.

Il re veniva eletto dal popolo o senatori (il senato era formato da 100 persone che facevano parte dai patres ovvero

i capi della gens patrizia); aveva potere religioso, politico e militare; la sua carica non era ereditiera; era Sommo

Pontefice e poteva affidare i riti ai sacerdoti scelti tra i patrizi o alle Vestali le quali alimentavano il fuoco sacro della

dea Vesta; rappresentava il popolo nelle questioni interne; amministrava la giustizia penale per i reati gravi.

In un 2° momento si passa ad un nuovo ordinamento in cui le tribù erano territoriali in base alla residenza e vi

saranno 4 tribù urbane: Esquilina, Segurana, Collina e tribù rustiche.

ORDINAMENTO CENTURIATO

I comizi centuriati erano le assemblee del popolo riunite in centurie (100 uomini) in base alle loro ricchezze.

Avevano potere:

LEGISLATIVO: decidevano se approvare una legge ma non potevano discuterla in quanto veniva fatto dai

magistrati. Decidevano pace o guerra.

GIUDIZIARIO: si occupavano dei condannati a morte. Questi ultimi potevano chiedere appello al popolo e se si

accorgevano che il processo andava male potevano chiedere l’esilio.

Furono distinti in 5 classi

I CLASSE: 80 centurie + 18 cavalieri

II CLASSE: 20 centurie

III CLASSE: 20 centurie

IV CLASSE: 20 centurie

V CLASSE: 30 centurie

CAPITE SENSI: il loro unico bene era se stessi

Il voto era collettivo e non individuale

POLITICA INTERNA V E IV SEC a.C.

Roma divenuta Repubblica cambiò sistema di governo, non c’è più il re e si governava attraverso:

SENATO: organo repubblicano con potere deliberante;composto da 300 ex magistrati eletti senatori a vita; aveva

competenze politiche illimitate;designava il dittatore in carica per 6 mesi(magistratura straordinaria);all’interno del

senato vi era il principe del senato, colui che presiedeva e parlava per primo

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ASSEMBLE POPOLARI: vi erano 4 tipi di assemblee popolari le quali nacquerogradualmente:

Comizi curiati: formato da 30 curie divise in tribù; svolgevano rituali antichi; ratificavano le adozioni e i

testamenti. Per quanto riguarda le adozioni si sceglieva di adottare un uomo adulto anche con genitori per

diverse ragioni

Comizi centuriati: la riunione di tutti i cittadini- soldati. Eleggevano consoli, pretori e censori. Si votava per

centurie, il gruppo di cittadini più ricco aveva sempre la maggioranza

Comizi tributi: nati nella metà del V sec a.C. (447 a .C.). le 3 tribù in seguito all’espansione si moltiplicarono in

35 tribù (4 urbane + 31 rustiche). Eleggevano i questori, gli edili urbani e i magistrati inferiori. Erano formati da

patrizi e plebei

Consoli plebei: non ha che vedere con le altre 3 forme di assemblea, perché erano delle adunanze raggruppate

per tribù in cui vi potevano partecipare solo i plebei. Eleggevano i magistrati, i tribuni e gli edili plebei.

Emanavano leggi e plebisciti.

MAGISTRATURE SUPERIORI: sono dotate di imperium civile e militare. Sono 4:

1. Censura: erano eletti per 18 mesi. Redigevano il censimento dei cittadini e dei loro beni. Si occupavano

degli appalti e dell’affitto delle terre dello Stato

2. Consolato: i consoli venivano eletti ogni anno ed erano 2 con pari potere. Un console poteva bloccare l’atto

del collega imponendo l’INTERCESSIO, ovvero diritto di veto capace di annullare o impedire un’iniziativa

3. Pretura: si occupava delle controversie giudiziarie tra cittadini romani o tra cittadino romano e non. Infatti vi

era un pretore urbano e uno pellegrino

4. Dittatura: era un magistrato straordinario, dotato di summum imperium e summa potestas. Veniva nominato

da uno dei 2 consoli in carica. Durate di 6 mesi, limitazione dovuta al suo potere, non si voleva ricadere

nella monarchia. Veniva nominato in momenti di grave pericolo esterno e interno per la Repubblica.

MAGISTRATURE INFERIORI: avevano potere civile. Sono 3

1. Edili: magistratura mista patrizio-plebea. Gli edili plebei venivano eletti nei concili plebei; gli edili curuli

venivano eletti nei comitiva tributa. Il nome edile viene da “aedes” tempio. Avevano il compito di organizzare

i giochi festivi e di mantenere l’ordine pubblico. Durata 1 anno

2. Questura: controllavano il tesoro pubblico. Erano eletti dai comizi tributi. Durata 1 anno

3. Tribuni della plebe: difendevano gli interessi della plebe. Avevano 3 poteri fondamentali: SACRO SANCTAS

(erano inviolabili); IUS AUXILI (possibilità d’intervenire per difendere un cittadino che chiede protezione);

IUS INTRCESSIONIS (possibilità di opporre un divieto contro la decisione di una magistratura perché

ritenuta lesiva nei confronti della plebe)

La forza di Roma, dice Polibio, sta proprio sull’equilibrio della distribuzione dei poteri: Consoli (monarchia), Senato

(aristocrazia), Comizi (democrazia).

PATRIZI E PLEBEI (V E IV SEC a.C.)

Secondo la tradizione letteraria i Patrizi erano discendenti dai patres che avevano fatto parte del senato. I patrizi

erano i latini stabiliti sul colle Palatino e grandi proprietari terrieri. I Plebei erano i Sabini stabiliti sul colle Quirinale e

artigiani e commerciali. Si differenziavano per le loro situazioni economiche. I Plebei erano economicamente deboli

ed esposti all’abuso dei patrizi. La Plebe si riuniva sul Monte Sacro.

ASPIRAZIONE E RISULTATI DEI PLEBEI

DEBITI: se una persona non poteva pagare il debito, doveva lavorare senza ricompensa per la persona alla quale

era debitore. Con la LEX POETELIA questo sistema divenne illegale

AGER: secondo la tradizione Romolo fu il 1° a distribuire le terre. I territori conquistati da Roma diventavano

proprietà dello Stato, ovvero AGER PUBBLICUS, ma i patrizi d’impadronivano di essi abusivamente costringendo la

plebe a diventare loro dipendenti.

PARIFICAZIONE: la tradizione ricorda che poco prima della metà del V sec vi sia stata una pressione da parte dei

plebei per ottenere dai patrizi la pubblicazione delle leggi, la cui relazione fu affidata ad un collegio di 10 persone

(decmveri) che avrebbero sostituito i magistrati nell’anno in cui procedevano a questa operazione e in questo anno

non sarebbero stati eletti neanche i tribuni della Plebe. I frammenti delle 12 Tavole ci sono pervenute soprattutto

grazie alle citazioni degli antiquari e giuristi. I Frammenti superstiti ci mostrano norme che sono relative alla

famiglia, all’eredità, alla repressione di alcuni crimini e alla proprietà.

LEGGI VALERIE ORAZIE: l’anno successivo al decimverato vennero eletti consoli Valerio e Orazio, i quali

riuscirono a portare dalla loro parte, una parte della plebe attraverso alcune leggi che sembrarono essere

favorevole a questi ultimi: PARIFICAZIONE DEI PLEBISCITI ALLE LEGGI (le deliberazioni prese dal consiglio della

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plebe, ovvero i plebiscita, assumono un valore per tutti); ripristinano il diritto di appello per i cittadini che siano stati

accusati da 1 magistrato, LEX CANULEIA (viene eliminato il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei)

LEGGI LICINIO-SESTIO: (367-366 a.C. eliminazione della schiavitù, limitazione del possesso dei privati dell’ager

publicus e accesso al consolato, infatti uno dei 2 consoli doveva essere plebeo)

LEGGE ORTENSIA: nel 268 a.C. si riconosceva la validità dei plebisciti anche se non approvati dal senato

SISTEMA ONOMASTICO ROMANA

È composto da prenomen, nomen e cognome. Il Prenomen corrispondeva al nostro nome di battesimo; il Nomen

era il nome gentilizio della gens, ovvero un grande contenitore in cui più famiglie riconoscono un capostipite; il

Cognomen corrisponde ad un soprannome a poteva dipendere da caratteristiche fisiche, geografiche o da

riconoscimenti avuti in guerra. Es. Marco (prenomen) Tullio (nomen) Cicerone (cognomen).

Hanno i 3 nomina i maschi cittadini liberi. Le donne in genere hanno un solo nominativo, il Nomen. Lo schiavo si

chiamava con il suo nome d’origine e lo mantiene. Il liberto, ex schiavo che ha ottenuto la libertà, prendeva il nomen

e il prenomen del suo padrone e il suo nome originario diventava il cognomen.

ROMA E I LATINI

Dopo la cacciata dei Tarquini il potere a Roma passò nelle mani di una ristretta aristocrazia che dovette

fronteggiare il pericolo esterno latino. La comunità romana apparteneva al gruppo etnico latino. I Latini erano situati

dal Tevere ai Colli Albani, Roma dovette affrontare questi, i quali non accettavano più la sua supremazia, imposta al

tempo dei Tarquini. Lo scontro si concluse nella battaglia al lago Regillo. Non vi furono né vinti né vincitori, tra

questi venne stipulato il FOEDUS CASSIANUM che prevedeva pace tra i 2; nessun aiuto ai nemici dei 2; appoggi

militari; divisione dei bottini, clausole sui rapporti commerciali. Questo patto si sciolse nel 338 per tradimento da

parte dei Latini.

3.L’ETA’ MEDIO-REPUBBLICANA

M. FURIO CAMILLO

Fu il conquistatore di Veio; fu 6 volte tribuno militare con potestà consolare, fu dittatore e trionfatore. Egli si può

considerare come un politico capace di raccogliere consensi popolari grazie al suo valore e alla sua capacità

militare

SACCO DI ROMA

L’ascesa di Roma, nel IV sec a.C., venne temporaneamente interrotta dalla conquista gallica della città.

Successivamente i Galli si ritirarono o perché venne pagato un riscatto o perché furono minacciati nei loro territori

veneti. La tradizione parla di un incendio, di cui però non si sono riscontrate tracce archeologiche, probabilmente

serviva a spiegare una fase storica poco documentate e conosciuta. L’eventuale ricostruzione di Roma comportò la

costruzione di un’antica muraria (mura serviana), la quale aveva lo scopo di difendere la città da altre incursioni.

DOPO IL SACCO GALLICO

Successivamente i Romani combatterono contro i Volsci per stabilire il controllo della regione pontina. Con i Volsci

si schierarono, in alcuni casi, i Latini e gli Ernici (nonostante nello scorso secolo erano legato con i Romani dal

Foedus Cassianum):

L’abilità politica della nobilitas e del senato si manifestò soprattutto nel modo con cui vennero amministrati i territori

conquistati dalla metà del IV all’inizio del III sec (quando Roma si assicurò il dominio dell’intera penisola italica). I

popoli sottomessi, riuniti in una confederazione italica, ricevettero un trattamento diverso in base al comportamento

tenuto verso Roma. I Sabini e una larga parte di abitanti del Lazio furono considerati cittadini romani (diritto di voto).

Le prime città alleate di Roma furono chiamate MUNICIPI in cui vi era autonomia amministrativa e i loro abitanti

avevano i diritti e doveri dei cittadini romani ad eccezione del voto.

Appio Claudio fece costruire la via Appia a Roma in modo da non concentrare i libertini nelle 4 tribù urbane. Nello

stato romano vennero inseriti i cives sine suffragio ovvero coloro che non avevano diritto al voto, con obblighi del

servizio militare e pagamento del tributo, esclusi dalla vita politica.

DIFFERENZA TRA COMUNI E MUNICIPI

I comuni erano centri fondati da Roma che potevano essere abitati dai Romani con scopo difensivo. Erano abitati

dai Latini con struttura censitaria in base alla terra assegnata e dove la classe socialmente più alta aveva il

predominio. I Municipia erano centri preesistenti che avevano rapporti con Roma, erano autonomi anche se

dovevano render conto a Roma per la politica estera.

ORGANIZZAZIONE POLITICA DELL’ITALIA ROMANA

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Per garantire la sicurezza delle zone conquistate vennero fondate delle colonie, formate da nuclei di cittadini di

armi, in modo da avere più basi per proseguire l’espansione. Le colonie latine erano delle zone interne, legate a

Roma da vincoli di sangue e da rapporti politici privilegiati; avevano una struttura fondata su classi censitarie. I

coloni erano tutti cittadini romani che perdevano la cittadinanza originaria e conquistavano quella nuova colonia.

Le colonie avevano uno scopo politico-militare. Roma così controllava che i popoli sottomessi non si ribellassero.

Le colonie risolvevano anche il problema sociale costituito da molti soldati-piccoli terrieri, che dopo guerre

prolungate si ritrovarono indebitati per aver lasciato i loro campi in abbandono. Impoveritisi in patria, essi venivano

inviati con le loro famiglie nei territori di recente conquista a organizzare nuovi centri, a ciascuno era affidata una

porzione di terra da coltivare.

TRATTATI CON GLI ALLEATI ITALICI

Con le popolazioni italiche sottomesse si stabilirono dei trattati diseguali: si vincola l’altra parte ad una serie di

prestazioni, la privava di una politica estera, Roma privilegiava all’interno degli stati alleati i regimi aristocratici, gli

stati alleati dovevano fornire truppe. Questi trattati erano bilaterali e coinvolgevano le città greche della Magna

Grecia, città etrusche a regime aristocratico e le comunità tribali sannitiche.

RIFORMA DELL’ORDINAMENTO MILITARE

Intorno al 340 a.C. venne introdotto l’ordinamento manipolare probabilmente influenzato dalla presenza sannitica.

Le centurie di 50-60 legioni erano formati da manipoli di 120 uomini in modo che vi fosse uno schiarimento più

articolato. Infatti la fanteria venne divisa in 3 raggruppamenti. Il terzo scaglione interveniva quando fallivano i primi

2. L’armamento difensivo era graduato secondo il censo, in seguito vennero sostituiti dal criterio di anzianità dei

militari. Nel 281-280 a.C. vi fu il primo arruolamento dei proletari.

ROMA E IL MONDO GRECO NEL II SEC a.C.

Polibio, Dionigi d’Alicarnasso e Flavio Giuseppe furono concordi nell’affermare le scarse conoscenze che si

avevano di Roma nel mondo greco. Roma venne scoperta da Timeo da Touromenio, il quale trattò della guerra tra

Roma e Pirro. L’esigenza primaria del mondo politico greco fu quella di capire le ragioni e le radici della potenza di

Roma. Roma si presentava come uno stato repubblicano dominato da monarchia. Per i greci era strano che gli

schiavi liberati acquisissero la cittadinanza.

INFERIORITA’ CULTURALE

Durante il III sec. Roma riconobbe la sua inferiorità culturale rispetto al mondo greco e cercò di colmare questa

lacuna per giustificare la propria posizione politica di fronte al resto del mondo. Roma cercò di connettersi al mondo

greco. L’ampliarsi dei traffici commerciali, i contatti con l’oriente, lo stesso spostamento di masse dei militari romani

ed italici facilitarono l’assimilazione dei modi di vita e di pensiero greco.

4.LA CONQUISTA DELL’EGEMONIA IN ITALIA

Roma bisognosa di nuove colonie e vogliosa d’intrecciare nuove reti commerciali per imporre la sua egemonia

cominciò la sua avanzata nell’Italia Meridionale.

SANNITI

Il primo scoglio che Roma trovò furono i Sanniti, confederazione di popoli situati nella Campania. Parlavano la

lingua Osca. Le loro attività prevalenti erano l’agricoltura e l’allevamento. Dal punto di vista politico i Sanniti o

Sabelli erano organizzati in TOUTO, raggruppamento di tribù al cui interno vi erano i PAGI, distretti funzionali per il

reclutamento militare, per l’organizzazione agricola e per le pratiche religiose. Il potere era gestito in modo

oligarchico dal Senato e magistrati, a capo dei quali stava il CAPO DELLA TOTUTO che aveva potere di tipo regale

e la sua carica era annuale. Strabone ci tramanda che la loro usanza era quella di selezionare ogni anno le 10

vergini migliori e farle sposare con i 10 giovani migliori per promuovere una qualità migliore. Se qualcuno compieva

disonore gli veniva tolta la moglie.

3° GUERRA SANNITICA (298-290)

I popoli italici ancora liberi (etruschi, umbri e galli senoni) si sentivano minacciati dalla costante espansione romana.

Sui loro timori fanno leva i sanniti, formando un fronte unico contro Roma. Il fronte di guerra si estese dalla Puglia

alla Toscana. La resa dei conti ci fu con la BATTAGLIA DI SENTINO, nella pianura umbra dove i sanniti e i suoi

alleati furono sconfitti anche per il tradimento di 3 abitanti di Chiusi che svelarono i piani della coalizione sannita.

Dopo questa battaglia il sistema di alleanze tra sanniti e romani s’infranse. In seguito alcune popolazioni sannitiche

si allearono a Pirro, il quale aveva organizzato una spedizione antiromana in Italia.

PIRRO IN ITALIA (III SEC a.C.)

Pochi anni dopo la vittoria su Sanniti, Roma dovette combattere con una potenza straniera extra-italica, quella della

monarchia ellenistica dell’Epiro, retta dal re Pirro. Obiettivo di Pirro era di bloccare il progetto egemonico romano e

di creare un potente regno ellenistico in Occidente. Egli sarà sostenuto da diverse monarchie ellenistiche quali:

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Macedonia, Siria ed Egitto. Il casus belli fu dovuto alla penetrazione romana nel golfo di Taranto. Il popolo di

Taranto sentitosi minacciato marciò contro Turi (Bari) costringendo alla fuga gli aristocratici e la guarnigione

romana che ne costituiva il supporto. La città di Taranto chiese aiuto a Pirro. La città di Turi chiese aiuto a Roma.

Pirro vinse sull’esercito romano, il quale fu terrorizzato dagli elefanti, ma nonostante la sua vittoria Pirro perse molti

uomini. Dopo la battaglia molte città greche della Magna Grecia e popoli italici centro-meridionali si schierarono

dalla parte di Pirro, fornendogli aiuti militari e finanziari. Nonostante ciò Pirro cercò di firmare un accordo con Roma,

ma tale offerta fu respinta da Appio Claudio e venne ripresa la guerra. Ancora una volta Pirro vinse e nello stesso

anno riprese la guerra. Ancora una volta Pirro vinse e nello stesso anno giunse a Taranto un’ambasceria di

Siracusa per chiedere a Pirro di combattere la presenza dei cartaginesi in Sicilia. I cartaginesi e i romani stipularono

un’alleanza anti-Pirro. In un primo momento i greci ebbero la meglio, ma ciò cambiò nel momento in cui Pirro fu

costretto a tornare in Italia per portare aiuto ai suoi alleati Sanniti, Lucani e Bruzzi, i quali si erano stati attaccati dai

Romani. L’esercito di Pirro fu sconfitto e lo stesso fu costretto a tornare in Grecia dove morirà 3 anni dopo. Il 1°

esito economico della guerra vittoriosa fu la grande espansione del territorio romano e sulle tenute agricole in cui

vennero impiegate le masse degli schiavi catturati in guerra

1° MONETAZIONE

In conseguenza degli scambi commerciali in Italia, Spagna, Gallia…. vi fu la necessità di adottare la moneta, che

già era stata inventata in Grecia attorno al VI sec a.C.

AES GRAVE: barre di rame indistinte, senza iconografia. Il loro valore era dato dal peso

AES SIGNATUM: lingotti di rame fuso, contraddistinti da immagini diverse: maiale, elefanti, ancora navale ….

DIDRAMMI: prima moneta argentea di Roma

FRONTIERA SETTENTRIONALE: I GALLI E LE PRIME COLONIE (FINE III SEC a.C.)

Contemporaneamente all’espansione meridionale Roma dovette affrontare il problema di nuove minacce dei Galli

Cisalpini. La cultura di questi ultimi è diversa dalla cultura romana. Si dedicavano al pastoralismo e la caccia. I

Drudi, sacerdoti, praticavano dei sacrifici umani per entrare in contatto con le divinità.

Roma prevedendo il pericolo fondò nuove colonie (Seningallia, Rimini e Fermo) presediate dai contadini-soldati.

Quando i Galli attaccarono, i romani risposero sia cercando di dividere le loro forze tramite nuove alleanze a suo

favore sia procedendo con estrema violenza. Nel 225 le tribù galliche dei Boi e degli Insubri stipularono delle

alleanze che comprendevano anche le tribù della Gallia Transalpina, anche se i Veneti e i Cenomani (Galli) si

schierarono con i romani. Queste tribù penetrarono in Italia e a Telamone furono sconfitti dai romani. In seguito gli

Insubri tentarono un nuovo attacco ma furono nuovamente sconfitti a Casteggio, dove il loro capo venne ucciso e la

loro capitale venne occupata. Il senato capì che per evitare nuovi scontri era necessario conquistare tutta la

Cisalpina, così fondò nuove colonie (Piacenza e Cremona) in modo di assicurarsi il dominio dell’Italia settentrionale.

Ma il problema si presenterà nel 218, quando Annibale attaccherà Roma, questo evento riaccenderà nei Galli la

speranza di evitare l’imperialismo romano, infatti si allearono con Annibale contro Roma. Anche dopo la sconfitta di

Annibale, i Galli continuarono ad attaccare, finchè nel 191 anche i Boi vennero definitivamente sconfitti. Da questo

momento in poi l’Italia settentrionale era aperta alla colonizzazione romana e i romani rimasero meravigliati dalla

ricchezza di queste terre e dall’abbondanza dei cereali. I Romani bonificarono alcune terre e procedettero alle

divisioni agrarie, fatte in modo geometrico.

5.L’ETA’ DELL’IMPERIALISMO

Cartagine era una colonia fenicia (Africa) nel IX sec a.C. Era una potenza marittima. A capo di Cartagine vi erano i

suffetti che corrispondevano ai consoli romani però avevano solo potere politico. Il loro incarico era annuale ed

erano eletti dal consiglio degli anziani. Vi erano i strategoi che avevano potere militare.L’economia punica era

commerciale ed era basata sui traffici sul Mediterraneo.

1° TRATTATO ROMANO-CARTAGINESE

Il testo è stato tramandato da Polibio. Era un accordo di tipo militare e commerciale

2° TRATTATO ROMANO-CARTAGINESE

Trattato anti-Pirro. Nessuna dei 2 privilegiava sull’altro e s’impegnavano ad un aiuto reciproco.

3° TRATTATO ROMANO-CARTAGINESE

I Cartaginesi non dovevano espandersi al di là del fiume Ebro (Nord). Questo trattato venne stipulato perché

Cartagine continuava ad espandersi in Spagna. Roma però saldò un patto di alleanza con Sagunto (città spagnola

al sud del fiume). Sagunto era situata nell’area di azione dei Cartaginesi ma allo stesso tempo era alleata dei

Romani

1° GUERRA PUNICA

Casus belli: episodio dei Mamertini

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Dopo il fallimento della spedizione di Pirro contro Roma e Cartagine, i Mamertini occuparono Messina. Questi

adoravano Mamers (dio della guerra) erano dei soldati mercenari campanari. I mamertini per mantenere il controllo

della città in un 1° momento chiesero aiuto ai Cartaginesi e in un 2° momento ai romani per liberarsi dei cartaginesi.

L’interesse di Roma era soprattutto economico (Sicilia). La guerra durò circa un ventennio ci furono molte perdite

economiche e umane e lo scontro venne concentrato in Sicilia. La guerra tra Roma e Cartagine scoppiò perché

Roma voleva rispettare la promessa fatta ai Mamertini contro Siracusa che si era alleata con Cartagine.Il teatro

bellico si spostò rapidamente dal mare alla terra, dalla Sicilia in Africa. Per la 1° volta Roma si trovò a costruire una

flotta da guerra e inventarono i corvi, delle tavole da agganciare alle navi puniche. La 1° vittoria fu dei romani a

Milazzo. A Trapani i risultati sembravano essere favorevoli per i Cartaginesi, ma Roma costruì una flotta con 200

quinquiremi, la quale le permise di vincere definitivamente nel 241 a.C. durante la battaglia delle isole Egadi.

Conseguenza 1° guerra punica: Roma diventa anche una forza navale; nel 241 a.C. viene istituita la 1° provincia

romana in Sicilia; Cartagine fu costretta a pagare un tributo a Roma. Roma s’impadronì della Sardegna e della

Corsica le quali divennero le province. Roma occupò le coste dell’Illiria per scacciare i pirati che danneggiavano i

traffici marittimi tra Grecia e Italia.

N.B. : PROVINCIA ROMANA: originariamente significava sfera di competenza di un magistrato.

2° GUERRA PUNICA (FINE III SEC)

La 2° guerra punica venne provocata volutamente da Annibale, il quale violò il trattato dell’Ebro che prevedeva che

i Cartaginesi non potevano oltrepassare a nord del fiume Ebro (Spagna). Annibale assalì Sagunto. Tale città aveva

stretto un’alleanza con Roma e sentendosi minacciata le chiese aiuto. Da qui iniziò una guerra che durò 16 anni.

Scopo di queste 2 grandi potenze era la supremazia sul Mediterraneo occidentale. Dopo aver conquistato Sagunto,

Annibale, attraversò i Pirenei e la Gallia meridionale e sconfisse l’esercito romano nella battaglia del Ticino, nella

battaglia del Trebbia e assediò le colonie romane di Piacenza e Cremona. Annibale pur essendo vincitore, non

approfittò della situazione per assediare Roma, ma preferì recarsi a Canne nel 216 a.C. A Canne Annibale davanti

all’assalto della fanteria romana, fece arretrare la parte centrale del suo schieramento, i romani commisero un

errore fatale perché l’esercitò si gettò in avanti per sfondare la linea nemica ma in realtà si trovò circondato da

quello cartaginesi e di conseguenza vennero sconfitti. Quando i Romani guidati da Scipione l’Africano, spostarono

la guerra in Africa, Cartagine fu costretta a richiamare in patria Annibale, il quale nella battaglia a Zama venne

sconfitto. L’errore di Annibale fu di natura politica perché pensò che gli alleati di Roma l’avrebbero abbandonata e

che i Celti l’avrebbero aggredita. Invece i Celti erano già stati sconfitti e si erano indeboliti.

Conseguenza della 2°guerra punica: nel 201 venne stipulata la pace che prevedeva conseguenze e sanzioni

pesanti per Cartagine la quale dovette consegnare tutte le navi da guerra tranne 10; dovette consegnare i suoi

elefanti da guerra; dovette pagare 10.000 talenti; non poteva intraprendere una guerra senza il permesso di Roma;

dovette rinunciare ai suoi possedimenti fuori dall’Africa, soprattutto in Spagna. Quest’ultima nel 197 a.C. venne

ridotta in 2 province romane. La guerra comportò anche perdite umane; perdite finanziarie, infatti Roma fu costretta

ad adottare una moneta più leggera per agevolare le transizioni; il senato assunse grande prestigio in età

repubblica, perché fu sempre a favore della guerra contro Cartagine; spiccarono nuove personalità per es. Publio

Cornelio Scipione

CATONE IL CENSORE 234 a.C.

Era un homo novus ovvero di famiglia non nobile e nonostante ciò grazie all’amico Valerio Flacco, arrivò al

consolato e alla censura. Era un intellettuale e parlava il greco. Compose opere storiche, oratorie, giuridiche, militari

e mediche e un trattato di agricoltura. Comandò in Sardegna dove per la 1° volta mostrò la sua rigida moralità

pubblica. Si oppose al diffondersi della cultura ellenistica perché minacciosa per i costumi romani. Revisionò la lista

dei senatori e degli equites, cacciando da ogni ordine coloro che riteneva indegni, sia per la moralità sia per la

mancanza dei requisiti economici previsti. Fece riparare acquedotti, pulire le fogne, impedì a soggetti privati di

deviare le acque pubbliche per il loro uso personale.

IMPERIALISMO: POSSIBILI INTERPRETAZIONI

IMPERIALISMO MILITARISTA, PREMEDITATO, OFFENSVO (Bossuet, De Sanctis, Harris): Roma attacca senza

aspettare un pretesto

IMPERIALISMO DIFENSIVO (Mommsen, Holleaux, Badian): Roma non vuole espandersi ma agisce per legittima

difesa

IMPERIALISMO ECONOMICO, DI RAPINA (Guiraud): Roma conquistò per il bottino

TESI CONCILIATIVA QUANTO AGLI INTENTI (Gianelli): vi è un pizzico di verità nelle 3 tesi precedenti, quindi non

vede una causa unica

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TESI CONCILIATIVA NEL TEMPO (Le Glay): l’imperialismo cambia nel tempo. Questa tesi è quella più

convincente e recente.

CATONE IL GIOVANE

Era un uomo incorruttibile e imparziale. Si oppose all’illegalità. Fu tribuno militare (guerra servile e macedone);

questore; tribuno della plebe; pretore; senatore.

Si scagliò contro Pompeo Magno perché costui nel conquistare la nuova provincia d’Oriente andò oltre il suo

mandato, violando la legge che prevedeva l’intervento del senato nel caso in cui un governato di provincia si fosse

spinto oltre i limiti territoriali di sua competenza. Rimproverò Cesare per essersi arricchito in Gallia a tal punto da

poter pagare i debiti dei suoi amici a fiancheggiatori residenti a Roma.

1° GUERRA ILLIRICA

A partire dal III sec. a.C. (229) Roma cominciò la sua espansione in Adriatico su richiesta dei mercenari preoccupati

per l’aumento dei pirati in Illiria. La regione Teuta che regnava dall’Illiria all’Epiro fu sconfitta perché supportava le

attività corsare. Demetrio di Faro, l’altro principe illirico, divenne cliente di Roma

2° GUERRA ILLIRICA (220-219 a.C.)

Roma dichiarò guerra a Demetrio , con il pretesto di alcune infrazioni e quest’ultimò si alleò con Filippo II, re di

Macedonia. Roma strinse alleanze con città greche in modo da poter giustificare la guerra come aiuto agli alleati.

Roma, in questo modo riuscì a conquistare Grecia e Macedonia senza apparire una potenza aggressiva.

1° GUERRA MACEDONICA (FINE III SEC)

Durante la guerra di Roma contro Annibale, Filippo V si alleò con quest’ultimo preoccupato per l’espansione di

Roma. Roma per non dimezzare le forze si alleò con la lega Etolica e inviò una flotta per bloccare Filippo V. La

guerra si concluderà nel 205 a.C. con la pace di Fenice non ci sarà nessun vincitore.

2° GUERRA MACEDONICA

In seguito Filippo continuò ad espandersi in Asia Minore fino ad arrivare in Palestina e in Egitto. A questo punto

Rodi e Pergamo chiesero aiuto a Roma, control l’espansionismo macedonico. Ma Roma voterà SI solo in un 2°

momento in modo da poter prevenire uno sbarco di Filippo in Italia con effetti devastanti. Quando a Roma Flaminio

fu eletto console, la guerra subì una svolta decisiva perché vi fu un’alleanza con Atene, Sparta, Etoli, Beoti e Argo e

obiettivo di tale alleanza era di eliminare l’egemonia macedone; le legioni romane vinsero sulla falange macedone a

Cinocefale in Tessaglia. Filippo accettò di combattere in un ambiente collinoso sfavorevole alla tattica della falange;

tutte le città greche furono dichiarate libere; i prigionieri e i disertori dovevano essere restituiti a Roma; Filippo

dovette pagare un’indennità di 1000 talenti. Flaminio rimase per qualche anno in Grecia per riorganizzare la

Tessaglia in 4 Stati federali e nel 194 tornò a Roma con il suo esercito.

L’ORIENTE E LA GUERRA SIRIACA (INIZIO II SEC a.C.)

Il ritiro dei romani dalla Grecia fu interpretato da Antioco III, re di Siria, come un segno di debolezza e ne approfittò

per continuare l’espansione in Asia.

Nel 191 scoppiò la guerra siriana con la vittoria romana che comporterà l’estensione del dominio romano su buona

parte dell’Asia. Antioco dovette impegnarsi a non avere una flotta superiore a 10 navi e dovette pagare 15.000

talenti. Nel 168 a.C. Antioco invase e occupò l’Egitto ma le forze romane lo fecero ritirare, secondo Livio in modo

umiliante.

3° GUERRA MACEDONICA

Intanto in Macedonia, il figlio di Filippo V, Perseo iniziò una risposta militare con la lega Etolica (tradisce Roma) per

una rivincita contro Roma. Nella battaglia di Pidna l’esercito romano vinse e ciò rappresentò la fine del regno

macedone. Le condizione che vennero imposte alla Macedonia furono: divisione in 4 distretti e confisca delle

proprietà del re. Atene alleata di Roma ottenne l’isola di Delo che era porto franco, libero da tasse.

Andrisico, che si spacciava per figlio di Perseo suscitò una rivolta in Macedonia che venne calmata dai romani e

comportò la conquista di Corinto e nello stesso anno acquistarono Cartagine. Ormai Roma era una potenza

invincibile che si faceva rispettare con il terrore, infatti i suoi alleati non cercarono mai di conformarsi alla sua

cultura e ottenere uguaglianza con i romani.

6.LA RIVOLUZIONE DEL SECONDO SECOLO a.C.

REGNO DI PERGAMO

Il re di Pergamo, Attalo III, morì senza figli e lasciò in eredità il suo regno ai romani chiedendo però che venisse

garantita la libertà di Pergamo e che il suo territorio fosse ampliato. Aristonico, fratellastro del re, scatenò una rivolta

ma Roma inviò le truppe e si impossessò del regno. Diventerà quindi una nuova provincia romana d’asia.

LE RIVOLTE DEGLI SCHIAVI

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Per quanto riguarda la situazione interna di Roma con le sue nuove conquiste, aumentò anche il numero degli

schiavi che venivano trattati in modo disumano tanto da provocare numerose rivolte.

EUNO: fu il capo della prima rivolta scoppiata in Sicilia. La rivolta si ingrandì rapidamente fino all’intervento

dell’esercito umano che vinse l’assedio a Taormina. Catturarono Euno e ripulirono l’isola.

SPARTACO: fu il capo di un’altra rivolta in Sicilia. Vi fu un progetto utopico: Comunismo primitivo perché il bottino

veniva diviso in parti uguali. Inseguiti dalle legioni di Crasso, gli schiavi vennero sconfitti a Lucania e a Brindisi,

dove morì il loro capo.

CONTADINI-GUERRIERI

Quando le porte del tempio di Giano venivano chiuse significava che non c’erano guerre in corso. I contadini

soldato in autunno seminavano e vendemmiavano e in primavera combattevano. Con le guerre transcontinentali

non era possibile rispettare questi ritmi. Con la riforma di Mario anche i ricchi andavano in battaglia e i soldati

professionisti ricevevano uno stipendium.

3° GUERRA PUNICA

CASUS BELLI: alcuni sostengono che la guerra contro Cartagine fosse un avvertimento contro il regno di Numidia,

re Massinissa (alleato di Roma) che si stava espandendo sulle coste dell’Africa. A Roma elessero console in via

straordinaria Scipione Emiliano. Roma era divisa in due fazioni pro e anti guerra. Per ingannare i cartaginesi Roma

avviò trattative di pace facendosi consegnare 300 ostaggi e le armi. Alla richiesta che i cartaginesi dovessero

abbandonare la città, fu dichiarata guerra. I cartaginesi persero e quelli che non erano morti in battaglia vennero

fatti prigionieri e la città di Cartagine divenne provincia d’Africa.

I GRACCHI

Tiberio Gracco fu eletto tribuno della plebe nel 133 a.c. . Il suo obiettivo era quello di recuperare i terreni

illegalmente occupati in modo che l’ager publicus venisse recuperato dallo stato e venisse distribuito ai proletari. La

finalità della legge fu di costituire il ceto di piccoli proprietari proletari e soldati in modo da poter contare su reclute.

L’esercito romano era formato da circoscritti che avevano un determinato patrimonio per tale motivo vi era la

necessità di incrementare questo ceto in modo da poter difendere la res pubblica. Tiberio stabilì che nessuno

potesse possedere più di 500 iugeri di terra pubblica più altri 250 iugeri per ogni figlio maschio e incaricò una

commissione di 3 uomini per assegnare il terreno. Questo progetto era finanziato con il tesoro di Attalo III. Gli

obiettivi di Tiberio Gracco erano di risolvere attraverso le assegnazioni il dramma sociale dei piccoli contadini; di

insediare nelle campagne spopolate questi contadini che si erano inurbati; aumentare la popolazione e quindi la

leva militare degli adsidui. Questo progetto di riforma non era ben accetto da tutti e si scontrò con l’intercessione di

un altro tribuno della plebe, Marco Ottavio, il quale oppose il veto. Tiberio riuscì a fare abrogare i poteri di Marco

Ottavio e a farlo deporre. Anche Scipione Emiliano era contrario a tale progetto, Tiberio Gracco per garantire il

successo della sua politica, si ricandidò come tribuno della plebe nonostante vi fosse una legge che vietasse di

ricoprire la stessa magistratura prima di un intervallo di 10 anni. Per tale motivo venne assassinato in quanto

aspirava al potere personale. Il suo progetto verrà ripreso dal fratello Gaio Gracco tribuno della plebe.

GAIO GRACCO

Ampliò i progetti politici non limitandosi alla priorità della legge agraria. Fa votare la lex sempronia frumentari a

favore del proletariato di Roma. Ogni cittadino residente a Roma ricevette una quantità di grano a prezzo ridotto e

per tale motivo vennero costruiti dei magazzini (sempronia Horrea). Con una legge giudiziaria introdusse nei

tribunali un numero di cavalieri pari a quello dei senatori in modo da poter garantire maggiore trasparenza nelle

sentenze. Si fa rieleggere tribuno della plebe approfittando della modifica di una legge. Fa approvare la lex de

provincia asia la quale stabiliva la maniera in cui dovesse essere organizzata la nuova provincia. Fa approvare la

lex theatralis per riservare dei posti d’onore che in passato erano riservati solo per i senatori. Propone di fondare tre

nuove colonie romane sia per assegnare terre sia per promuovere attività commerciali. Le colonie erano Iunonia a

Cartagine, Minerva a Squillace e Neptuno a Taranto. Propone di concedere il diritto di voto a tutti gli alleati italici ma

ciò rimase solo una proposta perché Marco Livio Druso si oppose.

Gaio Gracco si fece uccidere da un suo schiavo e i suoi sostenitori vennero uccisi. 10 anni dopo una legge abolisce

l’affitto per gli aristocratici che occupavano le terre pubbliche e permise ai contadini di vendere le terre per inurbarsi.

La piccola proprietà contadina che tende a produrre di tutto per essere autosufficiente entra in crisi. Si affermano le

ville agricole schiavistiche a monocoltura che vengono dirette da schiavi-manager che fanno lavorare schiavi-

operai. Adesso non si lavora più per il proprio sostentamento ma per incrementare le produzioni specializzate sui

mercati della città. Per essere arruolati non era necessario possedere una ricchezza ma voglia di fare una

professione militare retribuita, pronti a combattere in nome del loro capo.

L’ORDINE DEI CAVALIERI

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Per poter essere inserito nelle liste dei cavalieri bisognava possedere un patrimonio. Vi erano gli equites romani

equo publico e i semplici equites. Dovevano possedere una prestanza fisica, saper addestrare il cavallo e aver

militato nell’esercito per 10 anni.

7.L’ETA’ DELLA TARDA REPUBBLICA

Alla morte di Caio Gracco segue un decennio di stabilità politica durante la quale il senato tenta di ristabilire la

propria supremazia. Nel 111 a.c. viene dichiarata guerra a Giucurta, re della Numidia,

GAIO MARIO

Era un homo novus ovvero il primo della sua famiglia a raggiungere il consolato. Era un cavaliere originario di

Arpino (Lazio). Aveva fatto carriera politica perché ottimo condottiero e perché ebbe l’appoggio dei Cecili Metalli

grazie ai quali potè intraprendere il consolato. Sposò Giulia, la zia di Cesare, e ciò significava entrare a far parte di

una famiglia di alto lignaggio . A Numidia (guerra giugurtina) Mario diede dimostrazione della sua grande abilità

militare. Divenne console nel 107 e nel suo caso assistiamo ad una iterazione del suo consolato: 104-103-102-101-

100. Nel 86 fu eletto di nuovo console, anche se per un brevissimo periodo in quanto morì il 17 gennaio (i consoli

entravano in carica l’1 gennaio) Questa iterazione è un fatto eccezionale perché il consolato era caratterizzato

dall’annualità e dalla collegialità. Cominciarono così a ricostruire delle forme di potere personale basato soprattutto

sulla disponibilità di un esercito. Ed è proprio l’esercito che subisce dei mutamenti in seguito ad una riforma di Mario

RIFORMA DELL’ESERCITO

Prima della riforma: Nazionale (combattevano i cittadini romani); Censitario (chi non aveva soldi non combatteva);

Non permanente (finita la guerra l’esercito si scioglieva). Con la riforma: Volontario (non è più un obbligo);

Proletario (vengono arruolati tutti); Mercenario (i soldati vengono retribuiti. Ricevevano un soldo, hanno diritto alla

spartizione del bottino, dei lotti terreni). Un’altra innovazione è che la legione non è più articolata in manipoli ma i 10

coorti ciascuna circa di 600 uomini. Inoltre l’esercito non è più uno strumento di lotta con il nemico, ma diviene un

gruppo di uomini fedelissimi alla causa del loro comandante, ci credevano fino alla morte, ed è per questo che si

aspettavano da lui delle gratificazioni.

LA QUESTIONE DEGLI ALLEATI ITALICI

Nel momento in cui Gaio Gracco usò le divergenze tra senato e classe equestre queste si ampliarono soprattutto a

causa delle trasformazioni avvenute a causa della politica espansionistica condotta dal senato che causò un

progressivo allontanamento ed estraniamento del popolo dalla vita politica. Esempio di ciò fu lo scontro politico

durante i tribunati di Saturnino (aveva fatto approvare una legge per distribuire le terre ai veterani di Mario

provenienti dalla plebe rurale. Svolse una politica antinobiliare) e Glauca.

Saturnino, Glaucia e i suoi sostenitori verranno eliminati dalla reazione senatoria. Durante il secondo secolo a.C. il

controllo della politica romana e italiana era concentrato completamente nelle mani di pochi senatori anche in

seguito alla lex calpurnia.

G. Gracco aveva iniziato il processo di decentramento del potere partendo dalle corti dei processi di corruzione che

prima erano composti dai senatori e di conseguenza si giudicavano da soli, ora invece erano sostituiti da elementi

provenienti dal ceto equestre.

Il grande sviluppo commerciale di Roma coinvolse anche molti negotiatores italici. Il problema sorse quando Roma

si occupò del recupero dell’ager publicus occupato illegalmente. Si avanzò in questo periodo la proposta di dare la

cittadinanza come compenso per le perdite economiche dovute alla legge agraria proposta che interessava le classi

alte. Nel periodo dei tribunati di Apuleio, alcuni alleati italici riuscirono ad introdursi tra i cives ma nel 95 venne

promulgata la lex mucia che permetteva di depennare dai registri dei cittadini romani coloro che illegittimamente si

erano inseriti pur non avendo la cittadinanza romana.

LIVIO DRUSO

Con lui avvenne una svolta, si presentò come sostenitore della nobiltà e propose un programma di riforme che

comprendeva la proposta di concedere la cittadinanza a tutti gli italici. Tale programma suscitò delle reazioni sia a

Roma (gli avversari di druso si preoccupavano della posizione di preminenza che avrebbe assunto) sia in Italia

(venivano a mancare le distanze sociali e politiche all’interno delle loro comunità).

Alla morte di Licinio Crasso, principale sostenitore in senato di Druso, Marcio Filippo riuscì a convincere

l’assemblea ad annullare le leggi Liviane. Poco dopo Druso ancora tribuno della plebe venne assassinato.

GUERRE SOCIALI

Guerra degli alleati italici che combattono contro i romani. Alle soglie della guerra sociale, inizio I secolo a.C., i

cittadini romani avevano potere elettorale attivo e passivo e potevano partecipare all’assegnazione dei bottini di

guerra. Invece gli alleati italici che vivevano in città federate legate da patti bilaterali avevano solo obblighi e doveri.

Erano esclusi dalla vita politica attiva e contribuivano a far diventare grande Roma senza nessun vantaggio. Alla

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morte di Druso tutta l’Italia centro.meridionale insorse dando vita alla guerra sociale. L’obiettivo degli insorti non era

distruggere Roma ma di sfruttare un suo momento di debolezza per costringerla ad arrivare a un compromesso. Gli

italici avevano militato nella file dell’esercito romano e di conseguenza conoscevano le loro tecniche, quindi

sconfiggere gli alleati era impossibile. Vi furono delle conseguenze per es ad Ascoli le donne romane vennero

mutilate e uccise e i Marsi e i Sanniti diedero 2 stati indipendenti con la loro capitale.

SCOPI DELLA RIVOLTA: ci sono 2 interpretazioni

1. quella più condivisa: gli italici volevano l’equiparazione dei diritti politici e civili

2. gli italici volevano l’indipendenza da Roma e una nuova organizzazione politica dell’Italia

I romani approvavano diverse leggi:LEX IULIA: inizialmente la cittadinanza viene data alle comunità rimaste fedeli e

a coloro che depongono le armi entro un determinato tempo; LEX PLAUTIA PAPIRIA; LEX POMPEIA: concedeva

alle comunità la IUS LATTI ovvero trasformazione in colonie latine e di conseguenza dei vantaggi, ad es.

acquisizione della cittadinanza romana per i loro cittadini. La concessione della cittadinanza non era automatica ma

veniva approvata attraverso assemblee. Cicerone ci informa che le comunità Neapolis e Heraclea non erano

disposte a rinunciare alla libertas del foedus per ottenere la civitas.

STATO MUNICIPALE

Dopo la concessione della cittadinanza romana l’Italia diventa tutta fatta di municipi, fatta di comunità autonome,

ma con un corpo civico inserito nel corpo civico romano. Il centro del potere rimase a Roma con le istituzioni

fondamentali: Senato, Magistrati, Assemblee popolari.

Nel I° sec. a.c. assistiamo al delinearsi di 2 fazioni, entrambe scaturite dalla nobiltas, ovvero gli OPTIMATES e i

POPULARES e assistiamo a 3 guerre civile combattute tra concittadini romani.

1° GUERRA CIVILE: tra MARIO (esponente populares, cercavano l’appoggio di proletari, cavalieri e alleati italici) e

SILLA (esponente optimates, parte più conservativa della nobilitas)

CASUS BELLI: guerra contro Mitridate, re del Ponto.

Mitridate invase la provincia romana d’Asia e incitò i Greci alla rivolta in nome dell’odio anti-romano. Per tale motivo

Roma decise di muovergli contro e affidò a Silla il comando della guerra. Nel frattempo Mitridate aveva massacrato

i negotiatores romani e italici. Il comando affidato a Silla non piacque al ceto equestre e Rupo per togliere il

comando a Silla fece distribuire i nuovi cittadini in 35 tribù in modo tale che attraverso una votazione popolare il

comando venisse trasferito/affidato a Mario. Silla vide in ciò una provocazione e decise di marciare su Roma e

impadronitosi di questa dichiarò nemici pubblici Mario, Sulpicio e i suoi seguaci. Silla vinse ripetutamente Mitridate

e i suoi generali in Grecia e in Asia e lo costrinse alla PACE DI DARDANOS in cui Miriade doveva rientrare nei suoi

confini, pagare un’indennità di guerra e consegnare la flotta.

Tornato a Roma, Silla instaura le liste di proscrizione ovvero lunghi elenchi di nomi, esposti pubblicamente, dei

nemici di Silla. I beni degli uomini che venivano uccisi venivano messi all’asta e i figli di questi non potevano

intraprendere la carriera politica. Inoltre in quell’anno i consoli erano morti, così venne nominato un INTEREX il

quale propone una LEX VALERIA che attribuisce a Silla una dittatura per un tempo indeterminato. Alla fine Silla

abdica e si ritira a vita privata e scrive le sue memorie. Egli si presentava come “prediletto di Venere”

RIFORME DI SILLA

RAFFORZO’ L’AUTORITA’ DEL SENATO: se da un lato aveva fatto prescrivere alcuni senatori a lui ostili, dal’altro

lato decise di aumentare il numero da 300 a 600; DIMEZZA IL POTERE DEI CAVALIERI: li estromette dai tribunali

permanenti. Infatti Silla è a favore dei senatori; chi era stato tribuno della plebe non poteva ricoprire altre cariche;

istituisce una regolamentazione molto rigida di successione alle magistrature. Silla cerca di evitare le carriere molto

veloci regolamentando l’ordine delle carriere e l’età minima. Questori non prima dei 30 anni; edili non prima dei 36

anni; pretori non prima dei 39 anni, consoli non prima dei 42 anni.

CATILINA

Lucio Sergio Catilina apparteneva ad una famiglia aristocratica decaduta ed era stato seguace di Silla durante la

guerra civile. Aveva cercato più volte di diventare console con l’appoggio dei popolari, incontrando l’opposizione del

Senato che diffidava della sua ambizione, delle sue manovre e dei suoi debiti. Nel 63 a.C. fallito un ultimo tentativo

di ottenere la nomina per vie legali, con un programma che prevedeva una riforma agraria (legge del tribuno della

plebe Servilio Rufo) e la cancellazione dei debiti. Catilina progettò una cospirazione che prevedeva un’insurrezione

armata contro il governo. Il console Cicerone nel 63 a.C. scoprì la congiura e attaccò Catilina in senato,

costringendolo a fuggire in Etruria e venne disfatto a Fiesole in Tessaglia. In seguito Cicerone venne accusato dal

tribuno Clodio Pulcro per quella condanna senza appello. In un 1° momento Cicerone fu costretto ad anadare in

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esilio e in un 2° momento gli furono confiscati i beni. Nel 57 a..C. venne richiamato dal console Lentulo e dai tribuni

Milone e Sestio per organizzare bande anti-clodiane.

POMPEO MAGNO: GENERALE E POLITICO DELLA REPUBLICA ROMANA

Così nel 75 a..C. a Pompeo venne affidato il comando militare illimitato maggiore in virtù del quale gli venne data

carta bianca per la Spagna. Pompeo annientò Sartorio. Pompeo fu un grande condottiero quando si trattò di sedare

la rivolta degli schiavi guidati da Spartaco. Pompeo nel 70 si presenta con Crasso al consolato e la loro prima

intenzione fu quella di demolire le leggi silliane che ripristinano i diritti dei tribuni della plebe, ripristinano le

distribuzioni di grano, i cavalieri riacquistano il loro ruolo all’interno dei tribunali.

La LEX GABINA conferì a Pompeo l’imperium infinitum su tutto il Mediterraneo e riuscì ad eliminare la pirateria.

LEX MANILIA gli conferì l’imperum illimitato per combattere Mitridate VI e riconquistare e riorganizzare l’intero

Mediterraneo Orientale. Prima di rientrare a Roma licenzia il suo esercito per evitare le sensazioni di voler fare

guerra a Roma

Riuscì a sconfiggere anche Mitridate e il Ponto divenne provincia romana. Conquistò la Siria (provincia romana) e

Gerusalemme, quasi tutto l’Oriente.

I TRIUMVIRATO

Fu un accordo segreto tra Cesare, Pompeo e Crasso nel 60 a.C. Da questo accordo avrebbero ottenuto:

CESARE: consolato per l’anno 99 e il comando della Gallia

POMPEO: Cesare avrebbe varato legge agrarie a favore dei veterani di Pompeo

CRASSO: appalto delle imposte

Durante il consolato in Gallia, Cesare sconfisse gli Elvezi e gli Svevi e in 2 anni riuscì ad occupare l’intera Gallia

fino al Reno. La LEX VATINIA attribuì a Cesare per 5 anni il proconsolato della Gallia Cisalpina con 3 legioni e il

proconsolato della Gallia Transalpina con 1 legione

Nel 56 a.C. nell’incontro di Lucca venne rinnovato l’accordo tra i 3:

CESARE: proconsolato venne promulgato per altri 5 anni

POMPEO: per 5 anni il proconsolato in Spagna

CRASSO: comando in Siria. Organizzò una spedizione per conquistare il regno dei Parti. Durante la battaglia di

Carre, le legioni romane furono annientate e Crasso venne catturato e ucciso,

Nel 52 a.C. vi fu un insurrezione gallica guidata da Vercingetoringe che proclamò l’indipendenza della Gallia. In un

1° momento Cesare venne sconfitto a Gergovia, in un 2° momento riuscì a bloccare l’avversario ad Alesia il quale

venne usato come trionfo di Cesare e barbaramente ucciso. La Gallia nel 51 a.c. divenne provincia romana. Gli

accordi del triumvirato avevano messo in luce la crisi delle istituzioni romane. Infatti la carriera politica dipendeva

dalle clientele su cui i candidati potevano contare, dal denaro usato per la propaganda e corruzione. Dopo la morte

di Crasso, Pompeo si trovò a fronteggiare da solo Cesare che aveva conquistato prestigio in Gallia. Anche il senato

era preoccupato di ciò e cercò di togliergli il comando romano riducendolo a cittadino privato. Il senato elesse

Pompeo console senza collega. Cesare giunto al termine del suo mandato avrebbe dovuto abbandonare l’esercito

e rientrare a Roma come cittadino privato. Cesare consapevole della sua posizione cercò di trovare un accordo con

Pompeo e con i suoi avversari a Roma. Ma il senato ordinò a Cesare di rinunciare al comando ed emanò un

senatusconsultum ultimus con il quale affidava a Pompeo la difesa della repubblica. Per tale motivo Cesare varcò

con l’esercito il Rubicone, il confine tra Gallia Cisalpina e stato romano. Quando ciò accadde gran parte del senato

abbandonò la città e si rifugiò prima a Capua e poi a Brindisi dove Pompeo stava radunando un esercito per

passare in Grecia. Pompeo voleva intrappolare Cesare nella penisola costringendolo a combattere su due fronti: in

Spagna con sette legioni fedeli e in Oriente con la clientela che Pompeo aveva acquistato nelle spedizioni

precedenti che garantivano aiuti militari. Cesare evitò l’accerchiamento, in Spagna sconfisse le truppe di Pompeo.

Cesare rientrato a Roma venne a conoscenza che Pompeo stava riunendo truppe in Oriente. Allora si recò a

Farsalo dove vinse. Pompeo cercò rifugio in Egitto ma venne tradito dal re il quale sperava un riconoscimento da

Cesare. Ciò non avvenne perché lo fece uccidere e fece riconoscere come unica e legittima erede al trono,

Cleopatra. Successivamente in Africa e in Spagna eliminò i militari pompeiani con una spedizione. Cesare quando

torna da Zela costruisce la propria immagine di signore assoluto e si fa nominare dittatore per un anno. L’anno

successivo si fa nominare dittatore per 10 anni. Quando nel 44 a.C. si fa nominare dittatore a vita, cominciò ad

assumere un determinato comportamento, portava una corona, vestiva color porpora e fece costruire una statua nel

campidoglio accanto ai sette re leggendari di Roma. Quando diventa dittatore fa una serie di riforme: concede il

perdono agli esuli politici, concede la cittadinanza romana ai transpadani; aumenta il numero dei senatori da 600 a

900, il numero dei questori da 20 a 40, il numero degli edili da 4 a 6, il numero dei pretori da 8 a 16; distribuzione

gratuita del grano a 150mila cittadini romani; calendario in 365 giorni alternato da anni ordinari e bisestili e si fa

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aiutare da un astronomo alessandrino. A causa dell’eccessiva concentrazione di potere, alle idi (15) di marzo

dell’anno 44 a.C. un gruppo di congiurati lo trafisse con 25 pugnalate e tra questi vi erano: Gaio Cassio Longino,

Marco Giulio Bruto, Decimo Bruto forse figlio illegittimo di Cesare. I cesaricidi erano convinti che in questo modo

ritornasse il regime repubblicano e decisero di fare un accordo con i cesariani i quali erano sotto la guida di Marco

Antonio: i cesariani non dovevano vendicarsi e in cambio sarebbe stato ritenuto valido il testamento di Cesare che

talaltro lasciava come suo erede un nipote adottivo, Gaio Ottavio.

SECONDO TRIUMVIRATO

OTTAVIANO per sottolineare la discendenza dal dittatore aveva assunto il nome di Gaio Giulio Cesare Ottaviano.

Intanto Antonio che aveva assunto la guida dei seguaci di Cesare e del movimento popolare pretese il governo

della Gallia Cisalpina che era stato assegnato da Cesare a Decimo Bruto. Decimo Bruto rifiutò di cedere la

provincia nel frattempo Cicerone accusò Antonio di congiurare contro lo stato. Il senato pensò che fosse giunto il

momento di liberarsi di Marco Antonio e inviò l’esercito in soccorso di Decimo Bruto. Lo scontro avvenne a Modena

dove Antonio venne sconfitto. Antonio si unì a Lepido. Ottaviano marciò su Roma e ottenuto il consolato proclamò

pubblica vendetta sugli assassini di Cesare. Il senato sperava di poter ricostruire la repubblica sfruttando la rivalità

degli eredi di Cesare e contava sull’appoggio militare di Ottaviano ma questi con un voltafaccia strinse una alleanza

con Antonio e Lepido. Il secondo triumvirato è un atto pubblico ratificato da una legge dello stato, che prevedeva

che i triumviri governassero la repubblica per 5 anni. Vennero pubblicate le liste di proscrizione in cui c’era anche

Cicerone e vennero confiscati terre e beni all’aristocrazia senatoria ostile ai cesariani. Nel frattempo Bruto e Cassio

con l’approvazione del senato raccolsero un esercito in Grecia e in Siria, preparandosi a resistere ai cesariani. Lo

scontro avvenne a Filippi in Macedonia dove vennero sconfitti dagli eserciti di Antonio e Ottaviano. Lepido ottenne il

governo dell’Africa; Antonio le Gallie e le province orientali; Ottaviano ottenne Spagna e Italia. Il patto che univa i tre

rischiò di rompersi quando Lucio, fratello di Antonio, fu il capo di una rivolta dei proprietari terrieri che temevano la

confisca delle terre a favore dei veterani di Ottaviano. Lucio e i ribelli vennero sconfitti. Ottaviano sconfisse a

Nauloco la flotta di Sesto Pompeo che praticava la pirateria come forma di opposizione armata ai cesariani,

rendendo incerti i rifornimenti di grano e provocando tumulti popolari a Roma. Dopo aver eliminato tutti gli avversari

Ottaviano emarginò Lepido, dandogli solo la carica di Pontefice Massimo. Antonio nel frattempo strinse con

Cleopatra una alleanza politica e militare e nonostante fosse sposato con la sorella di Ottaviano, sposa Cleopatra

dando vita ad una dinastia romano-egizia che mirava al governo dell’intero Oriente ellenistico. Organizzò una

spedizione contro i Parti ma fallì e conquistò solo l’Armenia e attribuì le province asiatiche ai tre figli avuti da

Cleopatra. Il comportamento di Antonio suscitò scandalo a Roma perché si pensava che potesse creare un impero

orientale indipendente. Ciò venne sfruttato dalla propaganda di Ottaviano che lo dipinse come un uomo ambizioso

con tendenze monarchiche capace di preferire l’Egitto e l’oriente a Roma e conquistò così l’appoggio delle città

principali. La guerra venne dichiarata a Cleopatra. Antonio venne sconfitto ad Azio e seguì Cleopatra in Egitto.

Dopo aver tentato di resistere all’esercito di Ottaviano, i due si tolsero la vita. Di conseguenza Ottaviano rimase

l’unico signore di Roma.

9. IL DIRITTO E LA COSTITUZIONE IN ETA’ REPUBBLICANA

LA COSTITUZIONE

Dal II sec a.C. i romani impararono a distinguere la costituzione in 3 tipi: monarchia, oligarchia e democrazia. Fu il

greco Polibio, che conosceva dall’interno i meccanismi della res publica ad applicarlo a Roma. Polibio nel VI libro

delle sue “Storie” racconta l’interesse dei greci a conoscere la forma di governo romano per capire il motivo della

sua enorme espansione. Polibio definì quella romana una COSTITUZIONE MISTA ovvero il risultato dell’unione

delle 3 forme di potere e da ciò faceva derivare la superiorità romana. Si deve sottolineare come la diversità

d’intenti nel narrare la realtà politica di Roma, possa condizionare i contenuti. Va quindi fatta una distinzione tra

Polibio e Cicerone.

POLIBIO: il suo intento è politico. Individua 3 parti in tutte le costituzioni così suddivise:

* DELIBRAZIONE SU AFFARI COMUNI: affidati alle assemblee popolari

* POTERE ESECUTIVO: affidato ai magistrati

* COMPETENZA FINANZIARIA RIGUARDO POLITICA ESTERA E GIUDIZIO: affidato al Senato.

In un 2° momento Polibio cambia metodo d’analisi perché compara il regime di Roma con quella di Cartagine

affermando che: a Roma decide il Senato, quindi il potere è ai migliori e per questo motivo Roma è all’apice; invece

a Cartagine decide il popolo, quindi il potere è ai molti e per questo motivo Cartagiine è in decadimento. Questo

giudizio sembra contraddire con il precedente perché attribuisce funzione deliberativa al Senato e non al popolo, e

questo accade perché cambia il suo livello d’analisi: guarda ai contenuti e nota che spesso il popolo veniva

chiamato per confermare le scelte già prese dal senato.

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CICERONE: il suo intento è ideologico. Egli propone un modello d’azione aristocratico.

Le caratteristiche comuni della magistratura sono: onorietà, elettorato passivo, insegne, elettività, temporaneità,

interregno, proroga, responsabilità, pluriresponsabilità, auspicia.

Le principali cariche della magistratura sono: dittatori, consoli, pretori, censori, edili e questori.

Le assemblee popolari legittime romane sono: contio, comitum ,comitia curiata, comitia calata, comitia centuriata.

LE FONTI SULL’Età IMPERIALE (I-II d.C)

FONTI LETTERARIE

Strabone: scrive in greco Geografia in 17 libri. Età tiberiana,legato e condizionato dal potere. Nato in Asia Minore,

estrazione elevata ed ebbe successo alle biblioteche del luogo. Viaggiò e raccolse testimonianze.

Tacito: (metà I d.C.-II d.C.) scrive: Vita di Agricola, governatore della Britannia; Germania; Storie; Annali, dalla

morte di Augusto a quella di Nerone e sono molto lacunosi.

Flavio Giuseppe: (I d.C.) scrive in greco la Guerra Giudaica in 7 libri: tratta della storia degli Ebrei e dell’opposizione

a Roma dal 166 a.C. alla conquista di Gerusalemme nel 70 a.C Infatti sotto i Flavi vi fu una spedizione contro

Gerusalemme. Flavio Giuseppe fu un difensore e venne deportato a Roma. Entrò nella corte dei Flavi e scrisse la

Guerra Giudaica. Alla fine si rassegnò ed entrò a far parte della società romana.

Sventonio: scrive la Vita dei 12 Cesari, da Cesare a Domiziano. Precedentemente era stato considerato più un

biografo che uno storiografo. Successivamente è stato rivalutato.

Plinio il Giovane: scrive Epistolario a Traiano in cui gli chiede come comportarsi con i cristiani e Panegyricus per

l’imperatore. Fu governatore della Bitinia. Fu nipote di Plinio il Vecchio.

Cassio Dione: (160 d.C.-235 d.C.) scrive la storia romana ma è molto lacunosa. Non è del tutto originale la sua

opera, perché non ci è pervenuta tutta e perché fu ricostruita da chi l’aveva precedentemente letta.

Erudiano: (175 d.C.-250 d.C.)scrive la storia degli imperatori romani dal 180 al 238 d.C.

Historia Augusta: comprende 39 biografie da Adriano al 285 con un interruzione da 244 al 259. Sarebbero state

scritte da 6 autori tra la fine del III e l’inizio del IV. In realtà è opera di un solo scrittore della fine del IV d.C. o del V

d.C.

FONTI EPIGRAFICHE

Res Gestae Divi Augusti: racconta le imprese del divino Augusto. Testamento politico di Augusto. Autobiografia

incisa sulle pietre fatta affiggere in varie città dell’Impero, nella quale il Principe ripercorre le tappe della sua vita.

Tavola di Lione: discorso pronunciato da Claudio nel 48 d.C. in senato a favore dell’ammissione nello stesso

senato di alcuni illustri abitanti della Gallia. Lione: località della Gallia.

Tabula Hebana: iscrizione su supporto metallico. Heba→ Etruria meridionale.

Lex De Imperio Vespasiani: decreto del senato che elenca tutti i poteri e le prerogative del Senato.

Tabula di Veleia: documenta le Istituzuiones Alimentariae di Traiano. Veleia: vicino Piacenza.

FONTI NUMISMATICHE

La moneta ha 2 facce: DRITTO: rappresenta l’effige del sovrano con la sua titolatura e ROVESCIO: 1 concetto o

idea o dio o provincia o monumento. La moneta andava nelle mani di tutti e anche l’analfabeta avrebbe riconosciuto

la moneta. Nell’età imperiale la moneta non è della repubblica ma dell’imperatore.

FONTI PAPIROLOGICHE

Provengono sia dall’Egitto che da Ercolano e da Dura Europos (parte orientale dell’impero). Sono scritte in greco,

latino e aramaico.

FONTI ARCHEOLOGICHE

Colonna di Marco Aurelio; Archi di Trionfo

FONTI SUBACQUE

Importanti per capire le rotte delle navi. Es: Bronzi di Riace.

10. LA CREZIONE DEL PRINCIPATO E L’ETA’ AUGUSTEALE FASI DELLA FORMAZIONE DEL NUOVO

REGIME 13

GENNAIO 27 a. C. : davanti al senato Ottaviano “restituisce” la res publica al senato e al popolo romano. Conserva

il consolato che riveste in quell’anno e che ha già rivestito l’anno precedente. 16 GENNAIO

27 a .C. : ottiene il comando delle truppe e della gestione di una parte delle province per 10 anni. Gli viene attribuito

il nome Augustus 23 a. C. : Augusto

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depone il consolato e gli viene attribuito un imperium maius rispetto agli altri e senza limiti territoriali.

19 a.C. : gli viene attribuita la cura legum et morum e la potestas censoria per 5 anni. 12 a.

C. : divenne Pontefice Massimo. Augusto

esercitava il potere valendosi di un IMPERIUM e di una POTESTAS. Egli aveva poteri magistrali nonostante non

fosse tecnicamente un magistrato e senza i vincoli che erano stati caratteristici della magistratura a Roma:

TEMPORANEITà ed EFFICACE COLLEGIALITà. Egli aveva sempre un di più di auctoritas rispetto ai colleghi delle

singole magistrature. Il nuovo regime era organizzato in città (al centro vi è la comunità, il

corpo civico) e in stato (vi è un monarca e gli abitanti sono sudditi e non cittadini).

NUOVA PROCEDURA PER L’ELEZIONE DI CONSOLI E PRETORI

Il voto dei comizi veniva preceduto oltre che dalla COMMENDATIO anche dalla DESTINATIO. Per quanto riguarda

la destinatio, i candidati da far votare dovevano corrispondere al numero dei posti da coprire. Vi erano 10 centurie

composte da senatori e da cavalieri. Questi venivano ripartiti nelle centurie attraverso il sorteggio. (Di questo non ne

sono sicura: queste 10 centurie furono istituite per onorare la memoria dei nipoti di Augusto). Ai senatori più fedeli

vennero affidati importanti compiti di governo, tra i quali dovevano rendere conto non più al senato ma a Augusto.

IL PRINICIPE E ROMA

Nella città di Roma, Augusto diede avvio a una nuova riorganizzazione amministrativa. Mentre in età repubblicana

gli incarichi pubblici erano affidati a magistrati eletti, che restavano in carica per un tempo limitato e non ricevevano

alcun ricompenso, invece con Augusto molti compiti furono svolti da funzionari che agivano su incarico del Principe

e dietro retribuzione.

Le difficoltà del reperimento e del trasporto dei beni alimentari fu risolto con la creazione della PREFETTURA

DELL’ANNONA. Il problema idrico, invece, venne risolto con la costruzione di nuovi acquedotti e con la

riorganizzazione del servizio di manutenzione affidata a dei tecnici. Per mantenere l’ordine pubblico e garantire la

manutenzione di strade, templi, edifici pubblici vi era la PREFETTURA URBANA.

Poi vi era la PREFETTURA DEI VIGILI che aveva il compito di spegnere gli incendi e di controllare, durante la

notte, le strade della città.

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE

Augusto delegò l’amministrazione delle province nel seguente modo:

PROVINCAE CESARIS:

Per se stesso, tenne le province pacate, che necessitavano ancora del presidio dell’esercito. Tali province

furono affidate ai legati Augusti pro pretore di rango senatorio, scelti tra ex consoli ed ex pretori.

Faceva eccezione l’Egitto in cui vi era il PRAEFECTUS ALEXANDRAE et AEGYPTI, un membro del ceto

equestre munito di imperium

PROVINCAE POPULI

Province pacate, prive di stanziamenti legionari. Erano affidate a PROCONSULES, estratti a sorte secondo

il costume repubblicano, tra ex consoli o ex pretoria, in base all’importanza della provincia. I tributi venivano

raccolti dai quaestores e confluivano nell’aerarium, antica cassa dello Stato Romano.

ROMANIZZAZIONE

Le colonie rappresentano uno degli strumenti più efficaci di omogeneizzazione delle istituzioni locali, della vita

associata, della diffusione della lingua latina e della cultura metropolitana.

FISCALITA’

Accanto all’AERARIUM tradizionale, in cui vi erano i redditi del popolo romano e le imposte riscosse nelle province

del popolo, Augusto introdusse una cassa centrale, il FISCUS CESARIS: in cui vi era il reddito del principe e i

tributi delle province imperiali. La gestione del fiscus era affidata ai servi e ai liberti dell’imperatore, in quanto vi

erano entrate di natura privata.

Augusto creò anche l’AERARIUM MILITARE per i compensi da dare ai veterani. Compensi che gravavano sulle

imposte dei cittadini romani. Furono introdotte nuove imposte :

TRIBUTUM SOLI: imposta fondiaria

TRIBUTUM CAPITIS: imposta personale che gravava sui provinciali che non erano cittadini romani

VICESIMA HEREDITATIUM: imposta del 5% sui passaggi ereditari dei patrimoni al di sopra di un certo

limite

CENTESIMA RERUM VANALIUM: imposta dell’1% sulle vendite dell’asta.

RIORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO

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16

In conseguenza del ristabilimento della pace, Augusto, diminuì le legioni, la durata del servizio fu elevata a 2 anni e

fu concesso un congedo in denaro fornito dall’aerarium militare

I GRUPPI DIRIGENTI

Si creò una gerarchia di funzionari:

ESERCIZIO DELLE MAGISTRATURE REPUBBLICANE

ESRECIZIO DELLA PRETURA

ESERCIZO DEL CONSOLATO

SENATORE che veniva investito dal governatore di una provincia del popolus o del principes

EQUITES

Oltre ad essere appaltatori, uomini di affari e ad occuparsi dalla gestione economico-finanziaria dell’impero, adesso

si occupavano ai mansioni giuridiche dopo che fu introdotto il sistema delle quaestiones.

DINAMICA SOCIALE

La peculiarità del fenomeno della schiavitù a Roma era nel fatto che era sempre più comune che un padrone

liberasse il proprio schiavo: bastava pagare il 5% del valore dello schiavo, e una volta liberi, questi divenivano

cittadini romani e ciò comportò l’aumento della migrazione che portò al cambiamento della composizione etnica

della società romana e ciò poteva comportare l’estinzione delle famiglie d’elite.

Augusto allora provvide con delle leggi:

LEX IULIA: puniva l’adulterio promuovendo la moralità delle famiglie e pone vincoli matrimoniale tra gli ordines.

Incentiva a fare figli.

LEX PAPIA POPPAEA: nella successione testamentaria penalizzava i celibi e anche i coniugi privi di figli.

LA SUCCESSIONE

Il successore designato veniva adottato come figlio dell’imperatore e avrebbe ricevuto quelle prerogative che lo

stesso Augusto aveva ricevuto. Vi furono diverse fasi e momenti perché i successori che di volta in volta venivano

scelti non riuscivano a sopravvivere. Infine venne adottato Tiberio, figlio di Druso e marito di Giulia, unica figlia di

Augusto.

Augusto morì nel 14 d.C. durante un viaggio in Campania, a Nola.

11.DA TIBERIO ALLA FINE DELLA DINASTIA GIULIO-CLAUDIA

TIBERIO

Tiberio regnò dal 14 al 37 d.C.

Rifiutò ogni tipo di carica religiosa accettando solo quelle costituzionali: TRIBUNICIA POTESTAS, IMPERIUM

PROCONSOLARE.

Quando Tiberio salì al potere, le legioni di Pannoia e di Germania reclamavano l’aumento del soldo militare e

migliori condizioni di vita. Tale ribellione venne domata da Druso e Germanico. Tiberio affidò a Germanico le

province orientali, perché i Parti avevano cacciato dall’Armenia il re designato dai Romani. Inoltre gli venne

attribuito un IMPERIUM MAIUS e gli venne affiancato Pisone. Germanico riuscì a porre nuovamente sul trono un re

filo romano. Successivamente Germanico morì e Pisone venne accusato di averlo avvelenato e venne processato

dal senato. Pisone si uccise prima della sentenza.

Tiberio si recò a Capri e lasciò la gestione dell’impero a Seiano. Durante la sua assenza Seiano avviò processi di

lesa maestà contro nobili e senatori, accusati di offese alla dignità e alla sicurezza del principe. Tiberio spinto dai

suoi familiari fece incarcerare e giustiziare Seiano.

Nella sua azione di governo, Tiberio, si rivelò un buon amministratore ma i limiti posti dalle spese, lo esposero

all’accusa di avarizia.

Nel 33 d .C. scoppiò una crisi del credito a Roma in quanto venne messa in vigore una legge di Cesare dittatore

che imponeva un limite d’interesse sui prestiti. Quindi molti creditori fecero restituire le somme prestate e ciò

comportò la vendita di terreni a prezzi bassi e la rovina di molti. La crisi si risolse quando Tiberio mise a

disposizione di banche pubbliche una cospicua somma di denaro da prestare, senza interessi, ai debitori.

CALIGOLA

Alla morte di Tiberio successe, Gaio Cesare, soprannominato Caligola.

Caligola non era stato adottato da Tiberio, ma era stato nominato da lui erede privato assieme a Tiberio Gemello.

Iniziò così la successione privata. La pressione esercita sulla plebe fece in modo che i plebei fossero conferiti solo

a Caligola. Per tale motivo il senato annullò il testamento e Tiberio Gemello venne eliminato.

Presto Caligola cominciò a dare segni di squilibrio, dovuti ai frequenti matrimoni tra consanguinei.

Caligola invertì la politica di Tiberio in quanto spese in pochissimo tempo tutto il denaro proveniente dall’oculata

gestione finanziaria di Tiberio. Le continue spese richiedevano nuove entrate che Caligola ottenne moltiplicando i

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processi di lesa maestà e confische dei beni conto l’aristocrazia e il ceto equestre. Caligola terrorizzò il senato, la

plebe e i pretoriani con assurde pretese. Nel gennaio del 41 d.C. fu ucciso in una congiura.

CLAUDIO

Claudio, zio di Caligola, uomo anziano che non mostrava alcun interesse per il potere.

Creò una nuova burocrazia: pur garantendo molte prerogative al senato, egli affidò ai liberti imperiali la gestione

delle segreterie centrali, le quali si occuparono degli aspetti finanziari e amministrativi dell’impero. Questo destò lo

scandalo del senato dato che negli anni di Tiberio era stata emanata una legge che impediva ai liberti di coprire

cariche pubbliche.

Fece costruire un porto artificiale per risolvere i problemi di approvvigionamento, ma non si rivelò una soluzione

definitiva a causa di problemi tecnici. Risolse il problema dell’approvvigionamento idrico per Roma con la

costruzione di un acquedotto. Fa generose concessioni della cittadinanza per l’integrazione. Tra il 43 e il 44

conquista la Britannia (1° annessione di una regione al di là dell’Oceano) e creò nuove province tra cui la

Mauretania.

Gli intrighi di corte segnarono la fine di Claudio. Fu probabilmente la 4° moglie Agrippina ad avvelenare l’imperatore

nel 54, dopo averlo convinto a nominare erede Lucio Domizio Enoarbo (Nerone), figlio 17enne di un precedente

matrimonio di Agrippina. Costei era la bisnipote di Augusto.

NERONE (54-68 d.C)

Inizialmente il giovane Nerone, consigliato dal prefetto del pretorio Afranio Burro e dal filosofo Seneca, suo

precettore, parve seriamente intenzionato a seguire una politica di rispetto verso il senato. Il primo periodo fu di

splendore, finché Nerone s’innamorò di Poppea Sabina scontrandosi con il dissenso della madre, la quale non

voleva farlo divorziare da Ottavia. Nerone, allora, uccise la madre, Burro e Ottavia (dopo aver divorziato) e sposò

Poppea. Successivamente venne scoperta una congiura contro Nerone.

Nerone era interessato alle gare sportive e artistiche e soprattutto voleva vincerle, per tale motivo si recò in Grecia.

Questa sua passione lo sollecitò a creare dei giochi d’impronta ellenistica, i NEROIA. Quest’ultimi si svolgevano

ogni 5 anni e i senatori dovevano partecipare.

Nel 58 propose al senato di voler abolire le IMPOSTE INDIRETTE, le quali venivano prelevate nel momento dello

scambio delle merci e incidevano sul prezzo delle merci stesse, aumentandolo. Lo scopo di Nerone era di

stimolare gli scambi commerciali favorendo i commercianti, ma diminuendo le entrate della cassa del senato. La

decisione creò fortissime proteste tanto che il principe dovette ritirare il suo progetto. Nel 64 fa la riforma monetaria.

La carenza di fondi lo spinse ad accentuare la pressione fiscale e a moltiplicare le confische per lesa maestà.

Sempre nel 64 vi fu un incendio che accentuò la spesa pubblica. L’incendio distrusse gran parte dei quartieri

centrali di Roma consentendo a Nerone la costruzione di un enorme residenza imperiale: la Domus Aurea. Per tale

motivo si sparse la voce che fosse stato Nerone stesso a provocare l’incendio. Nerone per liberarsi di tali sospetti

accusò i cristiani e ne conseguì la I° PERSECUZIONE CRISTIANA.

Nel 68 le legioni della Gallia, della Spagna Tarraconese e della Lusitania si sollevarono contro Nerone.

Nerone venne dichiarato “nemico pubblico” dal senato, abbandonato anche dai pretoriani, Nerone cercò rifugio fuori

Roma, dove si fece uccidere da un liberto. Dopo la sua morte il senato condannò Nerone alla DAMNATIO

MEMORIAE (condanna alla memoria): un provvedimento gravissimo che imponeva di cancellare ogni atto e ricordo

dell’imperatore.

12. DAI FLAVI AGLI ANTONINI: IL CONSOLIDAMENTO DEL REGIME IMPERIALE

La morte di Nerone aprì una fase di acuta instabilità politica e militare, poiché varie legioni provinciali acclamarono

imperatore il proprio comandante e cercarono d’imporlo con le armi. La lotta per potere fu tra Galba, Vitellio e

Vespasiano.

Galba venne ucciso. L’esercito di Vitellio prevalse su quello di Ottone e quest’ultimo si suicidò. Nel frattempo

emergeva una nuova figura quella di Vespasiano. Le truppe di Vespasiano entrarono in Italia e si scontrarono con

le truppe di Vitello, quest’ultime vennero schiacciate.

VESPASIANO

T. Flavio Vespasiano, uomo “nuovo” proveniente dagli equestri dall’Italia e acclamato imperatore a luglio dalle truppe di Egitto, Giudea e Siria.

Nuovo scontro a Bedriaco nell’ottobre del 69 e sconfitta di Vitello

Solo nell’estate del 70 d.C. arriva a Roma

LEX DE IMPERIO (legge sul potere di Vespasiano): fonte epigrafica. Ci è pervenuta parzialmente da una tabula bronzea incisa, conservata nei musei capitolinei. Il testo contiene un decreto del senato nel quale si elencano tutti i poteri del Princips e si fa riferimento ai poteri già posseduti da Augusto, Tiberio e Claudio,

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non si fa riferimento a Caligola e Nerone perché non degni. Questa legge venne fatta quando Vespasiano ancore non aveva raggiunto Roma. L’imperatore può:

- concludere trattati a suo piacimento - convocare il senato - far votare un senato consultu - essere svincolato da leggi precedenti - fare tutto ciò che ritiene utile allo Stato.

Ricambio della classe dirigente . con l’integrazione dell’elites provinciali nella cittadinanza. In particolare

dona la IUS LATII alle comunità della Spagna. Infatti prima coloro che erano al di fuori dell’Italia erano

considerati stranieri. Ora vi è un allargamento.

Inserì tra i senatori e cavalieri i migliori candidati italici e provinciali

Vi furono inasprimenti fiscali e per tale motivo Vespasiano introdusse nuove tasse o le raddoppiò. Tra le nuove tasse il FISCO GIUDAICO: il didrachom, la somma che gli Ebrei versavano nel loro tempio a Gerusalemme, doveva essere versata al tempio di Giove a Roma

Furono rigidamente ridotte le spese evitando gli sprechi ma senza rinunciare alla costruzione di opere pubbliche. Ad es. il Colosseo

Problema dei SUBSECIVA, cioè terre del demonio pubblico che non erano state ripartite in lotti secondo la centuriazione. Le terre fuori dalla centuriazione venivano date in affitto

Svilimento della moneta argentea, venne aumentata la percentuale di rame in essa contenuta. In tal modo vi era una più cospicua emissione di denari

Nuova strategia di difesa, di tipo “preclusivo”. In precedenza Augusto aveva impiegato le legioni nelle province non pacificate, ora però queste erano state romanizzate quindi c’era bisogno di una nuova politica che non si occupasse di difendere solo Roma e l’Italia ma anche le province dagli attacchi dei nemici. Questa nuova strategia si basava su una linea continua di difesa, il LIMES ovvero linea che segnava la separazione tra 2 aree e delimitava un territorio.

Rivolta sul Reno: all’inizio dell’anno ’70 diverse tribù galliche e i Germani si ribellarono. Tacito nelle storie scrive che i Galli si ribellarono per la libertà mentre i Germani per il saccheggio. Questa rivolta venne sedata

Rivolta in Giudea: nel 70 Tito espugnò Gerusalemme e distrusse il tempio. Gli ebrei opposero resistenza e fu necessario un impegno supplementare delle forze militari.

TITO

Nel 79 d.C. Tito succede al padre Vespasiano ripristinando per breve tempo la successione dinastica. Governerà

per 3 anni. Il padre gli affidò la PREFECTURA AL PRETORIO: assegnata abitualmente a una classe equestre.

Quest’ultima si sentì onorata che il figlio dell’Imperatore occupasse tale posto.

Il senato apprezzava l’opera di Tito soprattutto quando questo s’innamorò di Bernice (principessa giudaica). I

Romani in lei vedevano una nuova Cleopatra e Tito considerando il suo dovere rinunciò al suo amore.

Quando vi fu l’eruzione del Vesuvio, Tito nominò una commissione di Curatores Restituendae Campanie scelti fra

gli ex consoli, in modo che avvenisse la ricostruzione.

DOMIZIANO (81-96 d.C)

A Tito successe Domiziano nell’anno 81. Il suo regnò fu l’opposto del fratello. Oltre alle cariche costituzionali,

rivendicò anche quelle religiose facendo ritorno all’autarchia. Egli voleva essere considerato DOMINUS et DEUS

(Signore e Dio). Raddoppiò lo stipendio ai militari e aumentò gli spettacoli che erano diminuiti in età Flavia per

attenuare il malcontento. Guidò inoltre personalmente numerose battaglie finchè non ricevette una sconfitta in

Dacia (I Romani dovettero pagare un sussidio ai Daci).

I cristiani e il senato (pur essendo pagano) si allearono in una congiura che portò all’uccisione di Domiziano.

NERVA

Dopo la morte di Domiziano, il senato nominò come suo successore Marco Cocceio Nerva, un senatore anziano.

Venne così nuovamente interrotta la continuità dinastica però con l’assenza di guerre civili. In poche parole Nerva

serviva solo per perdere tempo, per scegliere un imperatore più duraturo.

Nerva alleggerì le tasse e ridusse le spese. Venne soppressa l’imposta speciale che pagavano gli Ebrei. Per evitare

una nuova lotta civile per la successione alla sua morte, adottò Traiano che lo affiancò nella gestione dell’Impero.

TRAIANO

Traiano era un senatore della Spagna e di famiglia italica. La scelta di un principe di origine provinciale fu la più

importante innovazione introdotta da Nerva. Molte famiglie dell’antica nobilitas si erano estinte e nel senato sedeva

da tempo una nuova aristocrazia proveniente dalle province o dalle carriere imperiali.

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Quando Nerva morì, Traiano decise di trattenersi per qualche tempo in Germania. Traiano si dedicò

all’ampliamento territoriale dell’impero. Tra il 101 il 106 con una serie di campagne militari varcò il Danubio e

sconfisse ripetutamente i Daci, creando una nuova provincia romana, la Dacia.

Traiano celebrò a Roma il trionfo con giochi e spettacoli gladiatori. Per celebrare la sua vittoria venne eretta la

Colonna Traiana in cui è narrata l’impresa attraverso bassorilievi. La conclusione vittoriosa del conflitto con la Dacia

permise di risolvere finanziari dell’impero. Roma s’impossessò di bottino soprattutto costituito da oro e argento. La

creazione della provincia permise lo sfruttamento delle risorse minerarie (miniere d’oro). Crebbe così l’emissione di

moneta aurea.

Vennero costruite diverse opere: Foro di Traiano, Colonna, Basilica, Mercati Traianei.

Inoltre Traiano fa dei prestiti alle persone indebitate e con i soldi scaturiti dagli interesse crea le prime forme di

assistenza sociale: ALIMENTA: cassa per sostenere i fanciulli/e poveri fino a età adulta. Questo programma era

rivolto solo all’Italia. Quest’attenzione per l’Italia si manifestò anche nelle opere pubbliche. Inoltre chi voleva

ricoprire una magistratura a Roma e entrare in senato doveva investire una parte dei propri patrimoni in terreni in

Italia, in modo che considerassero Roma e l’Italia la loro patria.

Nel 105 conquistò il Regno nabateo che venne trasformato nella provincia d’Arabia. L’Armenia, stato cuscinetto tra Roma e Partia, venne trasformata in provincia. Conquistò la capitale del regno partico: Ctesifonte. Vennero create 2 nuove province la Mesopotamia e l’Assiria e vista l’impossibilità di controllare queste province la loro gestione dovette essere affidata a re clienti, tra i quali i re dei Parti. Sulla religione abbiamo un importante testimonianza di lettere scambiate tra Plinio Il Giovane e Traiano. Plinio Il

Giovane si rendeva conto che i cristiani che venivano accusati non avevano compiuto reati gravi, per questo motivo

gli dà la possibilità di essere liberati se avessero fatto un sacrificio agli dei, altrimenti sarebbero stati condannati a

morte. Non essendo convinto di ciò Plinio Il Giovane chiese consiglio a Traiano, il quale gli risponde che era stato

bravo e che doveva continuare così perché i cristiani non andavano ricercati o perseguitati, ma nel caso in cui

fossero stati denunciati e non facessero il sacrificio agli dei, dovevano essere condannati. Vi è una sorta di politica

di tolleranza.

Alla fine Traiano, malato dovette ritornare dal fronte e in punto di morte nomina suo erede Adriano.

ADRIANO

Adriano, cugino di Traiano e suo successore, rinunciò alla politica espansionistica perché non vi era la possibilità di

mantenere le conquiste orientali. Quindi abbandonò le nuove province conquistate da Traiano e potenziò i confini.

In Britannia fece costruire un nuovo limes fortificato: il VALLO DI ADRIANO, un largo fossato, che separava la linea

di frontiera dal territorio provinciale.

Garantì un migliore status giuridico e migliori condizioni di vita ai militari. Incentivò il reclutamento legionario nelle

stesse aree dove le legioni servivano e al momento del reclutamento ricevevano la cittadinanza romana.

Anche se Adriano non intraprese attività belliche, dovette affrontare una nuova e violenta rivolta ebraica che lo

costrinse ad intervenire militarmente in Oriente. La repressione romana fu durissima e costò migliaia di morti. A

causare la rivolta fu il progetto della creazione, a Gerusalemme, di un tempio di Giove sul sito del tempio degli

Ebrei. Vennero distrutti molti villaggi e agli Ebrei venne vietato avvicinarsi a Gerusalemme. Tuttavia Adriano fu

molto popolare tra i provinciali e ciò viene testimoniato dai suoi numerosi viaggi. Adriano fu l’artefice del BOOM

EDILIZIO che avvenne sia a Roma che nelle province. Costruì nuove città e molte opere pubbliche. A Tivoli fece

costruire la Villa Adriana la quale custodiva importante opere artistiche. Fece costruire la cupola del Pantheon.

Tutto ciò lo potè realizzare grazie a fondi provenienti dalla precedente conquista della Dacia.

Adriano incentivò l’agricoltura stabilendo privilegi per chi avesse deciso di coltivare terreni incolti o da dissodare in

Africa. Infatti Roma, in larga misura, era approvvigionata con grano e olio proveniente dai latifondi imperiali africani.

Proseguì l’opera di Domiziano di sostituire i liberti imperiali con funzionari tratti dall’ordine equestre.

Fa una revisione dell’Editto Perpetuo, il quale conteneva norme a cui dovevano rifarsi i pretori.

Per rendere più facile l’amministrazione della giustizia in Italia, dipesa finora dai magistrati di Roma, vennero creati

4 distretti giudiziari affidati ai consolari. Adriano adottò Antonino Pio.

ANTONINO PIO (138-168 d.C.)

Chiamato Pio per il rispetto verso la religione e per la venerazione verso il padre adottivo Adriano. Al contrario di

Adriano non si spostò da Roma, e il fatto che non si ricordino eventi importanti durante il suo regno è la prova della

serenità che lo contraddistinse. Si dedicò poco alla costruzione di opere pubbliche e contenne la spesa pubblica.

Per arginare la pressione delle tribù settentrionali fece costruire in Britannica una nuova linea fortificata a nord del

vallo di Adriano: VALLO DI ANTONINO. Adottò Marco Aurelio e Lucio Vero.

13. L’IMPERO NEL SECONDO SECOLO

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Il secolo degli Antonimi viene considerato quello della massima fioritura della civiltà cittadina del mondo antico: il

“secolo d’oro” dell’impero.

Ciò che differenzia l’impero romano da altri imperi è il venir meno la differenza tra conquistatori e conquistati, tra un

centro dominante e una periferia subalterna. Quest’ultimo punto si è verificato soprattutto nell’età degli Antonini

soprattutto sul piano economico, etnico-sociale, linguistico-culturale e tutto questo grazie al sistema politico-

amministrativo, ovvero con la costruzione di strutture uniformi: ORGANIZZAZIONE PROVINCIALE e

URBANIZZAZIONE.

CRESCITA ECONOMICA NELL’ITALIA

La prosperità economica dipendeva dall’agricoltura. Per questo motivo i possidenti, ed anche il principe, che era il

più grande proprietario dell’impero, cercavano di ottenere la maggiore produzione possibile dalle loro terre con il

lavoro dei contadini, liberi o schiavi.

CRESCITA ECONOMICA DELLE PROVINCE

Con la fine delle conquiste venne abbandonato lo sfruttamento delle province. Mentre Roma godeva del privilegio

dell’immunità fiscale, in Italia non si pagava né l’imposta fondiaria né l’imposta personale cui erano soggette le

popolazioni provinciali.

L’esistenza di un grande impero che si estendeva attorno al Mediterraneo incentivò il commercio tra le varie regioni

e integrò le economie locali. A Roma e in Italia la domanda di beni era più forte e i prezzi e la enumerazione del

lavoro erano più alti. Quindi conveniva produrre fuori d’Italia e vendere prezzi maggiori a Roma e in Italia tutte

quelle merci che si potevano produrre comunque in Italia. Anche lo sviluppo economico delle province permetteva

uno sviluppo dell’urbanizzazione.

EQUILIBRI ETNICI E SOCIALI

Ciò che distinse l’impero romano dagli altri imperi fu il fatto che le province siano andate sempre più ad identificarsi

con l’Italia e quindi con i loro conquistatori (età Antonina è dove si realizza meglio questo equilibrio tra centro e

periferia)

Con l’arrivo di nuovi schiavi in Italia, soprattutto dall’Oriente, non ci furono problemi d’integrazione perché a Roma

non esisteva razzismo. Piuttosto la loro integrazione portò alla formazione di diverse politiche culturali. Nel

processo di integrazione, un ruolo essenziale fu svolto dagli eserciti, che stazionavano nelle province, i quali

inizialmente erano italici, e che furono il più potente veicolo di romanizzazione.

Più importante fu l’integrazione delle classi dirigenti dell’impero: all’ascesa sociale dell’elites delle città provinciali

contribuì l’ascesa economica delle province.

Furono proprio questi gradini della gerarchia a diventare il limite dell’integrazione. Paradossalmente, il ceto che

aveva maggiori possibilità per un’ascesa sociale era quello dei liberti soprattutto se avevano ricevuto in eredità i

beni del loro ex padroni. Infatti questi si trovarono in possesso di beni impensati per i poveri nati liberi, ed inoltre i

liberti,i quali non avevano le costrizioni ideologiche dei liberi ricchi, erano più in grado di arricchirsi.

La discriminazione tra ricchi e poveri venne ad aggravarsi quando il giudizio dei reati più gravi venne affidato alle

questiones, le quali cominciarono a discriminare la gravità delle pene in base alla personalità dell’imputato. Ben

presto questo si trasformò in discriminazione sociale: agli HOSTERIOS (appartenenti ai ceti più alti) spesso

venivano annullate le pene, oppure in caso fosse condannato a morte veniva ucciso con l’impiccagione e non con

la crocifissione o l’esposizione alle belve feroci; agli HUMILIORES (appartenenti ai ceti più bassi) non avveniva

nulla di quanto detto prima.

DUPLICITA’ LINGUISTICA

La molteplicità culturale a Roma portò problemi nel campo linguistico. Infatti l’integrazione non avvenne del tutto sul

piano della lingua. Si creò il fenomeno del bilinguismo:in Occidente la lingua era il Latino; in Oriente la lingua era il

Greco. Entrambe erano considerate lingue ufficiali.

Questo fenomeno ritardò l’integrazione dei ceti più alti della Grecia con quelli Romani, perché:

GRECI: ritenevano Roma superiore militarmente ma inferiore per civiltà e cultura

ROMANI: disprezzavano la debolezza dei Greci ma furono affascinati dalla loro cultura

Le altre culture non riuscirono a restare intatte, ma determinarono le differenze regionali nell’impero. La cultura

della lingua greca divenne un requisito essenziale per far parte della buona società.

AMMINISTRAZIONE

L’apparato amministrativo romano era molto rudimentale perché pochi erano i compiti dell’impero viste le scarse

possibilità economiche e la lentezza della trasmissione delle informazioni. Infatti l’impero si preoccupa della difesa

dell’ordine pubblico, del campo giuridico. Per il resto se ne occupavano le amministrazioni cittadine. Da qui su

comprende perché l’apparato amministrativo dell’impero era così rudimentale: per svolgere quei pochi compiti

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bastava quella struttura che era nata per gestire gli affari privati del princeps. Di conseguenza, visto il rapporto

quasi privato con il princeps, portava all’utilizzo, anche per ruoli di gran rilievo, di schiavi imperiali e liberti, ma

anche di cavalieri con il nome di procuratores (in età repubblicana erano agenti privati, persone che curano

interesse di altre persone). In questo modo i costi erano molti ridotti, tranne per i cavalieri che ricevevano stipendi

molto alti.

Le conseguenza negative di ciò furono che il reclutamento e l’avanzamento di carriera, avveniva non in base alle

competenze o all’anzianità ma dal princeps (raccomandazioni). Comunque non per questo il sistema amministrativo

era inefficiente. Come già detto, gran parte del lavoro era svolto dalle amministrazioni cittadine, attraverso le quali

gli abitanti potevano far sentire la loro voce e potevano veder soddisfatte le loro richieste. La vita nelle diverse città

non era differente, infatti godevano degli stessi servizi.

In particolare le mansioni erano così distribuite:

PROCURATORES: cavalieri con funzioni dirigenziali

FAMILIA CAESARIS: schiavi e liberti con mansioni esecutive

Infine non va sottovalutato il contributo dei ricchi che, per obbligo sociale, dovevano costruire edifici pubblici, templi,

offrire banchetti pubblici, distribuire grano in caso di carestia, ecc. per allentare la tensione nella città.

INTELLETTUALI

L’adesione all’impero si manifesta anche nell’Oriente. I Greci avevano accettato la supremazia dell’impero romano

con la convinzione che l’impero era romano di nome, ma greco di civiltà.

In questo periodo la figura dell’intellettuale è quella del retore-filosofo che vuole promuovere la rinascita classicista

della letteratura greca e l’oratoria. Infatti è proprio grazie all’oratoria che il retore svolgeva il compito di promulgare il

consenso (per l’optimus princeps).

Il dissenso nei confronti dell’impero romano, veniva invece dai giudei, i quali denunciavano l’impero di basarsi sulla

violenza e sopraffazione. Questo dissenso era dimostrato attraverso il distacco e l’individualità causato dalla perdita

del patriottismo locale.

FORME DELLA SPIRITUALITA’ PAGANA

La religione romana aveva un carattere prevalentemente sociale e politico: la pace degli dei garantiva la fortuna di

Roma e si realizzava quando il cittadino uniformava il proprio comportamento ai valori della pietas ( rispetto per gli

dei, rispetto per i genitori, fedeltà verso lo Stato) e della fides ( fedeltà verso le divinità e rispetto dei riti).

I romani furono sempre aperti e tolleranti in tema di religione. Il politeismo tradizionale favorì l’integrazione di nuove

divinità e l’importazione di culti stranieri a Roma. Nell’età augustea si promosse il culto dell’imperatore morto e

divinizzato attraverso una deliberazione del senato e con il consenso del suo successore. Questo non significò il

declino degli dei tradizionali: se un tempio veniva rimedicato all’imperatore, la divinità precedente non veniva

rimossa.

Iniziarono ad esserci anche concezioni monoteistiche. Il monoteismo implicava la trasformazione degli dei pagani in

demoni, esseri intermediari tra Dio e l’uomo. Per spiegare il male nel mondo vennero divisi in buoni e cattivi. Quelli

cattivi venivano tenuti lontani dall’uomo attraverso pratiche esorcistiche.

CULTO DI MITRA

Dava ai fedeli la speranza di una vita nell’oltretomba, assicurava la cancellazione delle colpe attraverso le pratiche

di purificazione, prometteva una resurrezione nel momento in cui il Bene trionfava sul Male.

14. I CARATTERI DELL’ECONOMIA IMPERIALE

Negli ultimi 2 secoli dell’età repubblicana, Roma si era enormemente arricchita: entravano enormi quantità di

schiavi, metalli preziosi, opere d’arte, tributi.

L’economia in Italia era cresciuta notevolmente con aziende coltivate intensamente, mentre nel centro su era

diffuso l’allevamento favorito dalla disponibilità di schiavi pastori. Inoltre la popolazione era enormemente

aumentata.

Paradossalmente, il momento più alto dello sfruttamento imperialistico si ebbe quando l’Italia cominciò ad esportare

i suoi prodotti nelle province. Quando finirono le conquiste, le forme più estreme di sfruttamento vengono

abbandonate nelle province. Comunque Roma rimaneva privilegiata anche in Italia: godeva dell’immunità fiscale.

Le province si distinguevano in:

IMPERIALI: dove c’era l’esercito e necessitavano di più spese fornite da quelle popolari

POPOLARI: pacificate. Coprivano i costi dell’impero con i loro tributi Paradossalmente, l’egemonia di Roma sulle provincia comporta l’arricchimento delle province a discapito dell’Italia.

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Un elemento che differenzia la crescita delle province con quelle dell’Italia è che in Italia c’erano gli schiavi che

permettevano di disporre di un’unità produttiva a costi minimi; mentre nelle province questo lavoro era svolto dai

liberti. Inoltre, come testimonia Plinio il Giovane, era molto in Italia l’affitto agrario.

ECONOMIA ROMANA IN ETA’ IMPERIALE: PRIMITIVISTI E MODERNISTI

Riguardo l’economia romana in età imperiale vi sono 2 diverse teorie:

1. PRIMITIVISTI: Bucher definisce l’economia di Roma chiusa in quanto prevaleva l’autoconsumo che identifica i produttori con i consumatori

2. MODERNISTI: Meyer compara l’economia antica a quella moderna affermando l’esistenza di una produzione di massa. È una concezione ciclica, dopo i secolo bui del Medioevo, l’età moderna torna ai tempi di Roma.

Sono state riscontrate analogie tra l’economia romana e le altre economie dell’età preindustriale:

PREVALENZA DELLA PRODUZIONE DEI BENI PRIMARI: i prodotti dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca

COMPRESENZA DELL’AUTOCONSUMO E DEGLI SCAMBI COMMERCIALE: ma in proporzioni non costanti né eque. Infatti si verificherà l’aumento dello scambio commerciale a discapito dell’autoconsumo

LIMITI DELLA PRODUZIONE: le produzioni potevano essere anche molto grandi, ma i singoli produttori producevano quantità molto piccole.

DIFFICOLTA’ E COSTI DEI TRASPORTI: il trasporto via terra era molto più costoso di quello via mare, per questo le maggiori città crebbero nei pressi dei fiumi.

Le caratteristiche principali dell’economia imperiale sono:

URBANIZZAZIONE: era molto elevata e composta soprattutto nei centri urbani di piccole dimensioni, ma anche da grandi città come Roma, Cartagine, ecc. e in particolare da una miriade di città medio-grandi

POPOLAMENTO: è causa ed effetto dell’urbanizzazione. Non si hanno fonti sicure riguardo al numero degli abitanti, perché in età repubblicana i dati riferiti alla popolazione riguardano solo i maschi adulti atti alle armi, ed inoltre si pensa che, nonostante le dure misure riservate a coloro che non si facevano registrare, molte persone continuavano a non farlo. Una svolta avvenne con Cesare, il quale stabilì che la registrazione non doveva più avvenire per forza a Roma, ma nel municipio o nella colonia dove si era domiciliati. Di conseguenza nel censimento fatto da Ottaviano, la popolazione risulta 4 volte più numerosa. Bisogna sottolineare che l’Occidente era molto meno popolato dell’Oriente.

PRODUZIONE E PROGRESSO TECNICO

IMMOBILISMO: la presenza degli schiavi non ha incentivato scoperte scientifiche. Nel campo agricolo è stata

utilizzata solo la tecnica della rotazione biennale

OGGI: innovazioni documentate dall’archeologia e dalla letteratura e dagli scritti degli agronomi.

LA VILLA

L’organizzazione della produzione si basava sulle ville che erano fattorie centrali dove c’era sia la lussuosa

residenza dei proprietari, sia l’ergastula cioè gli alloggi degli schiavi che lavoravano in questa villa, con attorno i

terreni da coltivare. Nella villa si producevano vari prodotti agricoli per sfamare i lavoratori ed erano specializzate

nella produzione di un solo prodotto che sarebbe stato commercializzato.

Il CONTADINAME LIBERO era costituito da piccoli proprietari e affittuari, che per poter pagare il canone dell’affitto,

il COLUNUS (tarda età repubblicana: l’affittuario di un terreno agricolo) vendeva in parte i prodotti del suo podere.

Lo sfruttamento degli schiavi per la produzione era un elemento peculiare nell’economia romana, ma era usato solo

in particolari zone. Infatti nelle province la maggior parte del lavoro veniva svolto dai liberti. Per es. in Egitto la

schiavitù era servitù domestica, mentre il grosso della forza-lavoro nella campagna era rappresentata dai liberti.

A giudicare dalla documentazione epigrafica, soprattutto delle iscrizioni funerarie in alcune aree urbane il numero

dei liberti sarebbe stato elevatissimo e avrebbe superato addirittura quello degli indigeni.

Quando finirono le grandi conquiste di Roma, man mano diminuì anche l’uso del lavoro degli schiavi.

È difficile rilevare la rilevanza nelle manifatture dell’economia romana sia perché le fonti non si occupano molto

delle attività commerciali sia perché i resti archeologici che ci sono pervenuti riguardano solo le manifatture meno

deperibili, e di conseguenza la distanza temporale influenza notevolmente le nostre valutazioni.

Comunque la circolazione di merci doveva essere ampia soprattutto a Roma. Infatti il grano necessario a Roma,

proveniva in gran parte dalle province, mentre i suoi consumi erano garantiti dalle produzioni italiche, in rapporto ai

differenti costi di trasporto e deperibilità dei prodotti.

SCAMBI

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Gli scambi dell’impero romano inizialmente riguardavano solo brevi distanze, poi si ampliarono fino ad arrivare a

livello intermediterraneo. Per molto tempo si è pensato a Roma come una città consumatrice, teoria rafforzata

dall’atteggiamento dei ceti ricchi che preferivano accontentarsi di un reddito minore ma sicuro dato dallo

sfruttamento della terra piuttosto che correre il rischio di aprire un attività commerciale, anche perché era diffuso trai

i ricchi il pensiero che era disonorevole intraprendere attività che comportassero un loro diretto coinvolgimento. Il

problema poi si risolverà con l’arrivo di agenti di solito schiavi o liberti che facevano da intermediari, oppure con il

prestito ad interesse esercitato da banchieri di professione.

Oggi, invece, la concezione consumistica di Roma è stata rivisitata, pur riconoscendo l’attività fondiaria come la più

usata.

“STATO” E MERCATO

Sui rapporti tra “Stato” e mercato ci sono teorie opposte. Sappiamo per certo che lo “Stato” doveva preoccuparsi di

rifornire adeguatamente e regolarmente le città di alimenti.

C’è chi afferma che questo abbia rappresentato un intromissione da parte dello “Stato” nel mercato, che avrebbe causato il ritardo del libero mercato.

Oggi non la pensiamo più così. Infatti i compiti dello “Stato” erano distribuire il grano proveniente dalle province come tributo, soddisfare i bisogni dei Romani e garantire il trasferimento a Roma di privati trasportatori marittimi.

Per quanto riguarda gli scambi, lo “Stato”, interveniva solo indirettamente in quanto i costi di transizione diminuirono

notevolmente con la formazione di un’organizzazione politica unitaria nel mediterraneo: soppressione della pirateria

da parte di Pompeo, regolamentazione del mercato, affermazione di un sistema monetario comune.

POLITICA MONETARIA

La produzione di monete era monopolio dello “Stato” (uno dei pochissimi casi), quindi lo “Stato” doveva garantire il

peso, la purezza e quindi il valore della moneta. In questo modo lo “Stato” aveva anche la possibilità di manipolare

la moneta (riduzione del peso e/o del contenuto di metallo) senza far maturare il suo prezzo. L’emissione di una tale

moneta era possibile grazie ad una legge introdotta da Silla che stabiliva che fosse reato non accettare una moneta

con sopra il volto dell’imperatore. Inizialmente la produzione si moneta aveva lo scopo di far fronte alle spese e

soprattutto a quelle militari, e non d’influenzare l’andamento economico dell’impero.

C’è chi ha affermato che l’insufficienza economica dell’impero romano fosse dovuta all’insufficienza della moneta in

circolazione mentre altri sostengono che il numero di monete bastasse all’economia di quei tempi, considerato che

c’erano altre forme di credito. Naturalmente vi era l’acquisizione di enormi bottini e la presa di possesso di nuove

aree minerarie che determinavano un’accrescersi delle possibilità di coniazione e dunque di utilizzazione del nuovo

numerario per ampliare la spesa pubblica.

Il problema era che la maggior parte della spesa avveniva dove c’erano eserciti e a Roma, luoghi quindi dove si

formava una concentrazione di una certa moneta che di conseguenza era meno presente in altri luoghi.

FISCALITA’

Il problema venne risolto con la fiscalità: la moneta concentrata nel Limes e in Italia era quella con la quale le

province pagavano i tributi. Era ovvio che si dovesse procedere a riesportare queste monete nelle province in modo

che si potessero pagare i tributi, e per tale motivo vi fu incremento degli scambi. Ma la spesa pubblica e i tributi

erano diversi da regione a regione, per questo l’impatto politico del sistema unitario era stato diverso nelle varie

aree. Comunque è stato valutato che il livello della traslazione fosse basso. Questo fatto unito alla sempre più

usuale pratica di imporre il tributo in denaro e non più in natura contribuì a migliorare la quantità e la qualità della

produzione perché:

Il grosso proprietario terriero: non lasciava incollti i suoi fondi perché doveva pagare l’imposta fondiaria

Il piccolo coltivatore: era incentivato a produrre di più, perché doveva vendere una quantità di merce sufficiente per acquisire la moneta con la quale pagare il tributo.

L’imperatore Pertinace adoperò la leva fiscale per ottenere gli stessi effetti dando in uso i terreni non coltivati a chi

volesse intraprendere la coltivazione e su questi terreni vi era l’immunità dal tributo per 10 anni.

Infine l’ultimo modo attraverso il quale lo “Stato” interveniva nel mercato era lo sfruttamento della proprietà fondiaria

imperiale. Questo sfruttamento era basato sui contadini che coltivavano la terra e sui ricchi locali che attraverso

affitti, si assumevano la responsabilità di pagare le rendite al fisco attraverso le quote pagate dai contadini.

In questo modo:

Il fisco otteneva il massimo del surplus produttivo

I contadini erano incentivati a produrre il più possibile perché il posto di lavoro era trasmissibile ereditariamente.

I ricchi erano incentivati il più possibile i contadini

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15. LA CRISI DELL’ORGANISMO IMPERIALE

MARCO AURELIO E LUCIO VERO: GUERRA E PESTILENZA

Come previsto il successore di Antonino fu Marco Aurelio che però durante i primi anni governò assieme al fratello

Lucio Vero.

Volgese III, sovrano partico, approfittò della morte dell’imperatore per invadere l’Armenia. Tale attività bellica venne

affidata a Lucio Vero, il quale condusse con successo le diverse spedizioni. Però il vaiolo, una malattia infettiva,

colpì le truppe che avevano partecipato alla spedizione, le quali diffusero la malattia nell’impero. Quest’epidemia si

rivelò disastrosa e durò per circa 25 anni.

L’epidemia causò lo sconvolgimento della linea difensiva data la mancanza dei soldati. Di ciò se ne approfittarono i

popoli germanici che sfondarono il limes e invasero i territori provinciali. Nel frattempo Lucio Vero morì. I Barbari

invasero l’Italia settentrionale e assediarono l’Aquileia (città più popolosa importante dal punto di vista strategico e

logistico per i collegamenti con il limes.

L’epidemia ridusse drasticamente la popolazione causando l’impossibilità dei contribuenti di pagare le imposte.

Infatti l’autorità imperiale fu costretta a fare un condono cosa che gravò sulle finanza statale. Ne seguì : riduzione

di spese, vendita di beni imperiali, manipolazione monetaria.

COMMODO

Marco, morto di pestilenza, lasciò come erede Comodo. Il principio dell’adozione del migliore fu abbandonato per la

prima volta dopo tanti anni. Per prima cosa conclude la battaglia con i barbari.

Probabilmente, come Nerone, Comodo cercò di instaurare una forma di monarchia divina, presentandosi come

”L’Ercole Romano”, figlio di Giove. La sua politica, che suscito forti opposizioni fu stroncata da una congiura di

Palazzo.

PERTINACE

Dopo Comodo, nel 193 fu eletto imperatore Pertinace, un vecchio senatore di umili origini, ma con grande

esperienza militare. Il suo intento era risanare le finanza statali e incentivare la produzione agricola, ma venne

ucciso dopo 3 mesi.

GUERRA CIVILE

Il successore di Pertinace fu DIDIO GIULIANO, anche lui un anziano senatore che fu riconosciuto dal senato ma

non dalle legioni. Si ripetè la situazione della guerra del 68-69 in cui le truppe acclamavano i propri comandanti. Tra

i contendenti vi erano

LUCIO SETTIMO SEVERIO: governatore della provincia della Pannoia Superiore. Era di origine africana.

CLODIO ALBINO: (in Occidente) governatore della Britannia che possedeva l’appoggio delle popolazioni germaniche.

GAIO PESCENNIO NIGRO: (in Oriente) governatore della Siria. Era sostenuto dalle plebe urbana di Roma. LUCIO SETTIMIO SEVERIO

Settimio si accordò con Albino designandolo come suo successore, ed in seguito marciò verso Roma dove il

Senato aveva già condannato a morte Giuliano, il quale governò meno di Pertinace.

Arrivato a Roma Settimio si sbarazzò delle coorti pretorie, che vennero sciolte e ricostruite con i suoi legionari.

Nella primavera del 194 Settimio sconfigge Nigro e suoi seguaci vennero condannati a morte. Successivamente

durante una breve campagna orientale, Settimio, sconfigge Albino, il quale si uccise.

La parte del senato e delle classi dirigenti delle province occidentali che avevano parteggiato per Albino venne

punita e i loro beni vennero confiscati dal fisco imperiale.

Settimio iniziò la DINASTIA SEVERIANA e ribadì il principio dinastico, nominando successore il figlio Caracolla.

Settimio si autoadotta nella famiglia degli Antonini.

Fa una campagna orientale e conquista Ctesifonte (capitale partica che fruttò un enorme bottino e alleviò in parte i

problemi finanziari) e crea la provincia di Mesopotamia che viene affidata ad un cavaliere con il titolo di prefetto, e i

prefetti tratti dall’ordine equestre furono posti a capo delle 3 legioni. Si verifica un incremento delle proprietà

imperiali con la conseguente creazione di un dipartimento autonomo, la RES PRIVATA che si affianca al

PATRIMONIUM. L’imperatore adesso controlla anche le associazioni di mestieri, i COLEEGIA.

D’ora in poi divenne chiaro che l’imperatore per mantenere il suo potere dovesse occuparsi dei soldati, per questo

motivo aumentò gli stipendi e gli consentì di sposarsi legittimamente, abolizione delle ritenute. Settimio introdusse

l’ANNONA MILITARIS la quale era un imposta fondiaria aggiuntiva, gravante anche sui territori che avevano goduto

dell’immunità come l’Italia. Essa consisteva nell’intensificarsi delle requisizioni in natura, ovvero requisizioni per

approvvigionare l’esercito.

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Questa serie di provvedimenti portò una ripresa economica seguita da un drastico svilimento della moneta

d’argento che arrivò a contenere 50% argento e 50% bronzo.

Dopo aver fatto le sue conquiste e averle organizzate, Settimio distribuì un congiuro con l’oro del bottino di

Ctesifonte ai militari e alla plebe urbana.

Infine Settimio fu costretto a riprendere una politica espansiva in Britannia, la quale stava subendo delle scorrerie

dalla popolazione della Scozia. Ma Settimio morì e i suoi intenti vennero abbandonati. Sul letto di morte disse ai

propri figli di arricchire e di non preoccuparsi d’altro. I suoi successori furono i 2 figli Geta e Caracolla, il quale fa

uccidere il fratello fra le braccia della madre.

CARACALLA

Era un soprannome datogli perché indossava una sorte di mantello con un capello incorporato. Il suo vero nome

era Antonino.

Regnò per 6 anni. Desideroso di consolidare il suo potere con grandi successi militari, preparò una grande

spedizione militare contro i Parti (in Partia vi era un conflitto interno tra Volgese e il fratello Artabano). La guerra tra

Romani e Parti riprese dopo che Artabano negò all’imperatore dei Romani la mano della figlia. Scopo

dell’imperatore era di unire attraverso un vincolo dinastico i 2 grandi imperi. Ma improvvisamente Caracolla, fu

assassinato nel 217 da un gruppo di ufficiali.

Il capo dei congiurati, il prefetto del pretorio Macrino fu proclamato imperatore nel 217.

L’editto più famoso di Caracolla fu la Constitutio Antoniana, con la quale nel 212 fu concesso il diritto di cittadinanza

romana a tutti gli abitanti dell’impero.

MACRINO

Sale al potere nel 217 e muore nel 218. Egli non era un senatore e per questo non andò d’accordo con il senato.

Abbandonò la politica a favore dei soldati, i quali nominarono imperatore Avito Bassiniano: Eliogabalo.

ELIOGABALO (218)

Era un nipote della sorella della moglie di Severio. Il suo nome deriva dal dio del quale era sacerdote. Anche il suo

regno durò poco. Infatti la sua estraneità alla tradizione romana e per il suo scarso rispetto, provenendo egli da una

cultura orientale e le sue sfrenatezze sessuali, portarono alla sua eliminazione nel 222

ALESSANDRO SEVERO

Dopo gli ultimi 2 imperatori negativi, successe al trono il cugino di Eliogabalo nel 222 con il nome di Alessandro

Severo. Egli sarà ricordato come u imperatore mite, preoccupato di non pesare troppo sulle tasche del popolo e

rispettoso del senato. Durante il suo regno, i Sasinidi, una nuova dinastia persiana, approfittando della dissoluzione

del potere degli Arsicidi, fondarono sul territorio dell’impero partico, un nuovo impero persiano, minacciando anche

l’impero romano. I persiani attaccarono l’Armenia e invasero la Cappadocia, la Mesopotamia e la Siria ( attaccarono

il limes orientale dell’impero). Alessandro rispose alle offese dei persiani riportando però numerose sconfitte che lo

resero impopolare tra i soldati. In seguito la ripresa del contrattacco fu interrotta da nuove invasioni germaniche sul

fronte renano e danubiano. Alessandro venne assassinato nel 235 e ciò comportò la fine della dinastia Severiana.

POTERE IMPERIALE IN ETA’ SEVERIANA

I 2 cugini Eliogabalo e Alessandro erano accomunati da diverse cose:

Non riuscirono a garantirsi l’appoggio dei militari

La loro giovane età, determinando lo strapotere delle donne della Domus Augusta. In questo periodo hanno un ruolo importante le donne, infatti Giulia Domna e sua sorella assunsero il titolo di

MATER CASTRORUM ET SENATUS.

Un ruolo importante lo hanno anche i giuristi in quanto membri del concilium principis. Quest’ultimo Alessandro lo

trasformò in un organo che doveva rappresentare gli ordini dei cavalieri e del senato.

LA CONSTITUTIO ANTONINIANA

Nel 212 Caracalla concesse il diritto di cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero. Tale concessione ebbe

alcune conseguenze importanti:

1. tutti dovettero pagare, oltre alle imposte in natura, anche le tasse sull’eredità che pagavano tutti i cittadini romani

2. venne perseguita la politica di equiparazione delle province a Roma, avviata da Settimio Severo 3. venne resa più semplice l’amministrazione dello Stato e la riscossione delle imposte 4. l’eliminazione di questa differenza non significò che tutti gli abitanti dell’impero fossero diventati uguali di

fronte alla legge: rimasero e divennero sempre più rigide le distinzione basate sulla ricchezza e sulla condizione sociale. Non vi erano più né vinti né vincitori

5. da un documento papiraceo si conosce l’esistenza di una clausola che escludeva dalla cittadinanza romana i Dedicitii ( barbari che vivevano all’interno dell’imperono, ma ancora non si erano romanizzati)

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6. la Constitutio venne probabilmente emanata o per ragioni di carattere fiscare o per ragioni di ordine religioso (Caracolla viene paragonato al sole, perché il sole brilla uguale su tutti)

MASSIMINO E I GIORDANI

Successore di Alessandro Severo fu Massimino, il quale venne proclamato imperatore dalle truppe. Era un

cavaliere. Massimino fu il 1° barbaro romanizzato a diventare imperatore e fu anche il 1° imperatore che durante il

suo governo (235-238) non mise piede a Roma.

Massimino fu un imperatore militare che privilegiava i soldati per questo le elite delle città e del popolo gli furono

ostili. Le rivolte non tardarono a venire. Ne partì una dall’Africa da parte dei coloni dei latifondi privati per

spodestare Massimino e per proclamare imperatore Giordano, proconsole dell’Africa, che associò al potere il figlio e

il senato lo riconobbe

La rivolta però fu domata dalle truppe di Massimo che uccisero il figlio di Giordano e quest’ultimo si suicidò.

A questo punto il senato nominò un collegio di 20 consolari per provvedere alla res publica e tra questi Pupieno e

Balbino vennero nominato Augusti (imperatori).

Su pressione della plebe di Roma, Giordano III (nipote di Giordano I) venne nominato Cesare. Nel frattempo

Massimino scese in Italia, ma mentre tentava di prendere l’Aquileia, venne ucciso daa soldati della legione partica.

Presto i 2 imperatori eletti dal senato s’innemicarono i pretoriani. I pretoriani li uccisero e acclamarono Giordano III

GIORDANO III

Nel 238, l’imperatore è Giordano III. Egli era molto giovane, ma stavolta per lui non c’erano le donne della Domus

Augusta a consigliarlo, ma Timisiteo ( suocero e prefetto al pretorio).

Giordano III continuò l’offensiva in Oriente contro i persiani ( che erano arrivati in Siria) nel tentativo di riprendersi la

Mesopotamia. Come sappiamo dalle RES GESTAE DIVI SAPORIS, Giordano III morì in battaglia e così Roma fu

costretta a ritirarsi nel 244.

Come suo successore venne nominato Filippo, il quale aveva sostituito Timisiteo nella carica di prefetto al pretorio.

FILIPPO E DECIO

Filippo fece pace con Shahpur (persiani) pagando loro una somma. In seguito andò a Roma per mantenere dei

buoni rapporti con il senato in modo da poter legittimare il proprio potere. Suo figlio venne fatto Cesare.

Decio venne eletto capo dalle truppe e dalle stesse si fece eleggere imperatore e uccise Filippo nel 249.

In Europa le tribù dei Goti cominciarono a spostarsi verso sud in direzione del Mar Nero. Decio morì combattendo

contro i Goti

SUCCESSORI DI DECIO

Dopo Decio ci fu Treboniano Gallo il quale si associò il figlio Volusiano e adottò Ostiliano (figlio di Decio). Allo

stesso tempo le truppe elessero Emiliano che era il governatore della Mesa Inferiore. Si ebbe un conflitto civile e

Gallo e Volusiano vennero sconfitti. Emiliano durò poco perché venne ucciso dalle truppe di Valeriano. Il senato

nominò Gallieno (figlio di Valeriano) Cesare.

VALERIANO E GALLIENO

Da 250 al 270 vi fu un periodo di grande crisi: guerre, difficoltà politiche ed economiche e la peste.

La guerra procedeva su 2 fronti:

1. GOTI: insieme ad altre popolazioni germaniche erano arrivati in Spagna, Italia Settentrionale e Asia Minore 2. PERSIANI: avevano preso Antiochia, una delle maggiori città dell’impero.

Gallieno costituisce un esercito di manovra dando un ruolo cruciale alla cavalleria, la quale era stanziata alle spalle

della prima linea di difesa in modo da poter piombare rapidamente sugli invasori. Ne conseguirono alcuni successi:

VALERIANO: si occupò della situazione in Oriente e riconquisto Antiochia, ma cadde in un agguato e venne catturato da Shahpur. Ciò fu un fatto inaudito che non aveva precedenti, i persiani invasero e presero per la 2° volta Antiochia.

GALLIENO: spettò l’Occidente. Gallieno rinunciò a liberare il padre, perché nel frattempo emergevano una serie di usurpatori sia in Oriente che in

Occidente.

Nacquero 2 entità differenti nel centro dell’impero e in un 1° momento Gallieno le dovette tollerare:

1. IMPERIUM GALLORIUM: Postumo a capo delle truppe del Reno 2. CITTA’ CAROVANIERA: Odenato a capo, il quale nel 262 venne nominato CORRECTUR TOTIUS

ORIENTIS. Effettuò 2 spedizioni contro la Persia e riconquistò la Mesopotamia. Quando venne ucciso, prese il potere suo figlio Vaballato, sotto la tutela della vedova di Odenato, Zenobia.

Comunque a Gallieno si debbono alcune riforme amministrative e militari che concedono ai cavalieri importanti

comandi militari, escludendo così il senato dal predominio politico ( cosa già iniziata da Settimio Severo).

TRACOLLO DEL SISTEMA MONETARIO

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Durante il regno di Gallieno, ci fu un crollo monetario dovuto all’impossibilità di far fronte alle spese accresciute e

all’impossibilità di riscuotere regolarmente le imposte.

L’antininano, la moneta di Cavalla, che non era più stata coniata, era rimasto l’unico nominale argenteo a essere

emesso. Tale moneta venne talmente svilita che arrivò a contenere solo il 2%-3% d’argento.

ALTRE CRISI

Diminuiscono i lavoratori agricoli e di conseguenza aumenta il loro costo che grava sui proprietari terrieri.

Inoltre vi era la pressione esercitata sulle masse contadine e ciò causò molte ribellioni.

RELIGIONE

La religione divenne sempre più un fatto individuale, emotivo. Si affermarono le figure dei Santi e dei taumaturghi

pagani del passato di cui si raccontavano i miracoli.

Vi è la diffusione del cristianesimo, rafforzata dall’organizzazione ecclesiastica. A Roma si afferma la supremazia

del Vescovo. Tale organizzazione era economicamente importante infatti vi erano delle banche cristiane che

svolgevano attività di deposito e prestito, i cui profitti erano destinati ad opere di carità.

Si ebbe una persecuzione con Marco Aurelio

Periodo pacifico con Comodo

Persecuzione con Decio. Egli impose a tutti i cittadini dell’impero di sacrificare agli dei pagani e che impose che ognuno acquisisse un documento come prova dell’avvenuto sacrificio. In questo periodo i cristiani erano numerosi e a differenza degli ebrei non erano identificabili con una nazione ma erano presenti in tutto l’impero

Persecuzione di Valeriano prima della sua cattura, dovuta soprattutto alla volontà d’impossessarsi delle ricchezze dei cristiani. Venne colpita anche la Chiesa come istituzione. Le Chiese vennero chiuse, i cimiteri e gli altri edifici di culto vennero confiscati e gli esponenti del clero vennero giustiziati

Gallieno introdusse una nuova epoca di tolleranza che durerà fino alla persecuzione domiziana. Gallieno revocò le norme anticristiane del padre subito dopo la cattura di quest’ultimo.

CLAUDIO II

Alla morte di Gallieno, successe Claudio II detto il gotico. Fu il 1° di una serie di soldati il lirici che cercarono di

risanare l’impero partendo dal piano militare.

Egli combatté in Gallia e contro i Goti, i quali vennero sconfitti. Egli morì successivamente a causa della peste.

AURELIANO

Successore di Claudio II fu Aureliano, un generali il lirico che salì al trono nel 270. Egli avviò una ripresa dell’impero

e ristabilì l’unità con 2 spedizioni:

1. conquista l’Egitto, che era stato preso dai persiani 2. nel 273 dissolve l’impero gallico

Dovette abbandonare la Dacia perché era impossibile da difendere.

Dopo una rivolta dei monetari a Roma, Aureliano fece una RIFORMA MONETARIA sostituendo la vecchia moneta

con una di qualità migliore.

Ristabilì l’interesse dell’impero verso Roma costruendo delle mura difensiva e procedendo con la distribuzione

gratuita, per risanare la crisi, del pane e carne di maiale.

Fece erigere il Tempio del Sole per instaurare una nuova religione imperiale con l’adorazione del dio Sole.

Aureliano venne ucciso nel 275 da una congiura.

IMPERATORI SUCCESSIVI

Quando Aureliano venne ucciso, i Franchi e gli Alemanni dilagarono in tutto il territorio della Gallia sino ai Pirenei.

I soldati di Aureliano acclamarono Tacito, un senatore, ma venne ucciso dai suoi stessi soldati

Il suo successore fu Floriano anch’egli ucciso dai suoi stessi soldati.

Quando Floriano era ancora vivo, Probo venne fatto imperatore, costui era di origine il lirica. Probo combattè in Oriente, riprese la guerra contro i barbari che furono inseguiti oltre il limes e utilizzò l’esercito per grandi opere civili, con l’intento di migliorare le coltivazioni, ma una parte delle truppe si ribellò ed elesse Caro come imperatore. Probo venne ucciso

Caro designò come eredi i suoi figli Carino che lo inviò in Gallia e Numeriano. Caro insieme a Numeriano avviò un offessiva in Oriente contro i Persiani e conquistò Ctesifonte

Successore di Numeriano fu Diocleziano che venne proclamato imperatore dai soldati.

FONTI SULL’ETA’ IMPERIALE (III-V d.C.)

FONTI LETTERARIE

Anmiano Marcellino (330-400) scrive REYUM GESTARUM libri di Nerva (96) alla morte di Valente ad Adrianopoli (378) sono pervenuti libri dal 350 al 378 d.C.

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HISTORIA AUGUSTA

CRONOGRAFO dell’anno 354

Libanio (IV) scrive in greco DISCORSI

Temistio (IV) scrive in greco DISCORSI

Giuliano (361-363) scrive lettere e orazioni in greco

Aurelio Simmaco (340-342 circa) scrive un copioso epistolario

Sant’Agostino (350-430) scrive un epistolario FONTI GIURIDICHE

CODICE TEODOSIANO, raccolta di leggi imperiali (emanate da Diocleziano in poi) promulgate nel 438 da Teodosio II

CORPUS IURIS CIVILIS di Giustiniano e costituito da: 1. Codex Iustinianus (raccolta di costituzioni imperiali) 2. Digesto Dige Pandette ( scelte degli scritti dei più illustri giureconsulti) 3. Istituzioni (manuale ad uso degli studenti)

16. IL GOVERNO DELL’IMPERO E LA SOCIETA’ NEL IV SECOLO

DIOCLEZIANO E LA TETRARCHIA

Nel 284 salì al potere Diocleziano, ultimo imperatore il lirico, il quale si sbarazzò di Carino e dopo poco nominò

Massimiano prima Cesare e poi Augusto e gli venne affidata la gestione dell’Occidente. In questo modo il sistema

di governo era DIARCHICO.

Successivamente nel 293 nominò Cesari: Costanzo Cloro e Massimino Galerio, formando una TETRARCHIA

(governo di 4), tale esigenza nasce dal tentativo di evitare lotte dinastiche per la successione.

Il sistema tetrarchico doveva funzionare così: gli Augusti (collegio superiore) nominano i 2 Cesari (collegio minore).

Gli Augusti dovevano volontariamente abdicare e nel momento in cui cessavano la carica i Cesari diventavano

Augusti e così gli ex Cesari nominavano i nuovi Cesari.

Questo sistema non durò a lungo perché vi erano troppi interessi dinastici.

I rapporti fra i tetrarchi vennero rafforzati dai vincoli matrimoniali: Galerio sposò la figlia di Diocleziano e Costanzo la

figlia di Massimiano.

L’impero fu diviso in 4 aree:

1. DIOCLEZIANO: province orientali e l’Egitto 2. MASSIMIANO: Italia e Africa 3. GALERIO: province balcaniche e danubiane 4. CLORO: Gallia e Britannia

Le nuove residenza imperiali furono 4:

1. DIOCLEZIANO: Egitto 2. MASSIMIANO: Milano (il centro del potere da Roma si spostò a Milano) 3. GALERIO: Tessalonica in Tracia 4. CLORO: Treviri in Gallia

La tetrarchia si rivelò molto efficace. Furono ripresi gli scontri con l’Oriente e nel 298 con la pace di Nisibi, Roma

inglobò l’Alta Mesopotamia e L’Armenia. Inoltre soffocò rivolte in Britannia e in Egitto.

RELIGIONE

Uno dei cambiamenti di questo governo fu la formazione dell’idea del sovrano collegato al divino. Infatti Diocleziano

e Massimiano si fecero chiamare Giovio ed Erculeo con riferimento a Giove ed Ercole. Vi era l’obbligo di trattare gli

imperatori come semi-divinità ad esempio salutandoli con l’Adoratio (inchinandosi e baciando il bordo della loro

veste) e tutti dovevano mostrarsi in atto di obbedienza verso loro.

FISCALITA’

L’aumento dei soldati richiedeva grosse spese. Fu così necessaria una Riforma Fiscale in modo da poter

aumentare le entrate, anche perché dopo le lotte del III sec, la popolazione era diminuita e di conseguenza anche

la produzione agricola. Era difficile anche mantenere ad un giusto livello le 2 imposte principali:

1. TRIBUTUM SOLI: imposta fondiaria 2. TRIBUTUM CAPITIS: imposta personale

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Ad aggravare la situazione contribuirono le manipolazioni degli anni precedenti. Bisognava eguagliare le entrate alle uscite. Le soluzioni furono:

La regolarizzazione delle requisizioni per l’esercito, instaurando un criterio di pagamento in natura, eliminando così il problema della moneta. Maggiore entrata di vivere e munizioni per i soldati

Per ripartire le imposte fiscali fu fatto un censimento tenendo conto la quantità e la qualità del terreno posseduto

Venivano individuate 2 unità teoriche di imposizione collegate tra loro: 1. CAPUT 2. IUGUM: unità di superficie lavorata da un lavoratore colono

RIFORMA AMMINISTRATIVA

Le province vennero divise in territori più piccoli, da 50 divennero 100. vennero separati i poteri: quello civile venne

dato ai governatori, quello militare ai duces. Questa divisine di potere venne fatta per evitare un potere eccessivo

nelle mani di una sola persona, in modo da evitare pericolose ambizioni.

I governatori delle province erano reclutati dall’ordine del senato ed equestre.

Non vi era più distinzione tre province del populus e province imperiali e la denominazione dei loro governatori era

in base al rango: PROCONSOLI: Africa, Asia, Acacia e poi vi erano i Consolari, Correttori e Praesides.

Le province a loro volta vennero raggruppate in 12 diocesi, a capo delle quali vi erano i Vicari tratti dall’ordine

equestre. Questi dovevano amministrare la giustizia e riscuotere le tasse.

La moltiplicazione delle province e la creazione delle diocesi incrementò il numero dei burocrati aggravando i costi

dell’organizzazione imperiale.

RIFORME ECONOMICHE

Il governo tetrarchico decise di rimediare con ulteriori riforme monetarie. Viene emessa una nuova moneta

cercando di ricreare quella fatta da Nerone. La vecchia moneta argentea è accompagnata da altra con la funzione

di spiccioli. Talle riforma non fu in grado di abbassare i prezzi e così fecero coniare monete che contenevano

quantità minore di argento. Ciò non servì e venne fatta una 2° riforma in cui venne fatto un editto dei prezzi in modo

da congelarli, minacciando chi avrebbe venduto/comprato a prezzi superiori. Il calmiere comportò la sparizione

delle merci che misero al mercato a prezzi più alti di quelli stabiliti dall’editto. Il governo tetrarchico non aveva a

disposizione un apparato coercitivo idoneo per impedire la speculazione e molto probabilmente l’editto venne

abbandonato.

PERSECUZIONE CRISTIANA

Nel 303 e 304 vennero fatti degli editti contro i cristiani che comportavano: la consegna dei libri sacri, divieto di

riunione dei cristiani, obbligo di fare sacrifici agli dei. Le conseguenze delle persecuzioni furono differenti nelle aree

controllate dai singoli tetrarchi. Molto probabilmente Cloro fu moderato. Lo scopo era quello di rafforzare il

tradizionalismo dell’ideologia imperiale con il suo cerimoniale (adoratio dell’imperatore).

Inoltre vi era il timore che il cristianesimo si diffondesse nell’esercito e che quindi rappresentasse una minaccia al

rigore della disciplina militare, in quanto vi era un’incompatibilità totale tra fede e vita violenta dei militari.

DISSOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO TETRARCHICO

Nel 305 i 2 Augusti, sotto spinta di Diocleziano abdicarono . Cloro e Galerio divennero Augusti e nominarono Cesari

Massimino e Severo.

Però Massenzio (figlio di Massiminiano) e Costantino (figlio di Cloro) aspiravano a diventare imperatori. Quando

Costanzo Cloro morì, durante una campagna contro i Pitti, i suoi soldati acclamarono il figlio Costantino imperatore,

coerentemente al principio dinastico e gli venne affidato l’Occidente.

Galerio però nominò Augusto:Severo e Cesare:Costantino.

Intanto Massenzio si era autoproclamato imperatore a Roma e Augusto. Severo intervenne ma venne ucciso.

Galerio minacciò d’intervenire contro Massenzio e il padre Massimiano il quale chiese aiuto a Costantino.

Massimiano e Costantino sigillarono l’accordo con un matrimonio. Massimiano entrò in conflitto con il figlio e

Massimiano e Costantino si nominarono Augusti.

Nel 308 in un convegno a Carnuntum in cui intervenne anche Diocleziano cercando di riformare la tetrarchia venne

nominato Augusto: Licinio e Cesari: Costantino (in Occidente) e Massimino (in Oriente).

Massimiano per la 2° volta si ritirò dal potere e Massenzio rimaneva padrone dell’Italia

Costantino uccise Massimino e venne proclamato Augusto assieme a Massimino Daia.

Così vi erano 3 Augusti:

1. LICINO: successivamente i 2 emanarono un editto con il quale si affermava la tolleranza nei confronti di tutte le religioni

2. COSTANTINO: nella battaglia del Ponte Milvo sconfisse Massenzio e divenne padrone di Roma

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3. MASSIMINO DAIA Licino e Costantino si allearono e alla morte di Massino rimasero solo 2 Augusti Licino (in Oriente) e Costantino (in

Occidente)

CRISTIANESIMO E IMPERO

Vi sono diverse tesi sul perché Costantino abbia aderito al Cristianesimo:

1. i cristiani erano ormai numerosi nelle zone più popolose e ricche dell’impero e quindi egli consolidò l’impero e il proprio potere

2. però la fede al credo cristiano non può mettere in discussione perché si fece battezzare negli ultimi momenti di vita

Nonostante fosse divenuto cristiano, per ragioni di convenienza politica, non assunse un atteggiamento di ostilità

nei confronti del culto imperiale. A proposito di ciò un documento ritrovato in Umbria, testimonia che Costantino

assieme ai figli, dettarono le direttive per l’esecuzione dei ludi scenici e gladiatori e inoltre permise che le città di

Hispellum venisse chiamata Flavia Costans, con all’interno un tempio dedicato alla gens Flavia (famiglia imperiale).

Le tappe per l’affermazione del Cristianesimo furono:

311: Galerio afferma che il cristianesimo è una religione lecita

313: incontro tra Costantino e Licino in cui viene affermata l’uguaglianza di tutte le religioni

Ai cristiani venne consentito la ricostruzione delle chiese e i beni di queste vennero restituiti

La chiesa e il clero acquisiscono dei privilegi, nonostante il cristianesimo non fosse una religione di Stato. Venne abolita la norma contro il celibato

Il clero viene esentato dalle imposte. La chiesa viene messa in condizioni di arricchirsi notevolmente

Alla chiesa viene riconosciuto il potere giuridico nel caso in cui contendenti richiedessero il suo intervento Costantino pur riconoscendo l’autonomia della Chiesa dallo Stato, intervenne negli affari interni di queste,

assumendo posizione contro i Donatisti.

Nel 314 iniziarono i primi scontri tra Costantino e Licinio.

I° SCONTRO: finisce con la riappacificazione e riaffermazione del principio dinastico. Vengono proclamati Cesari: Crisippo Costantino II (figlio di Costantino) e Licino Iunore (figlio di Licino)

II° SCONTRO: 321. Causato dall’ostilità di Licino nei confronti dei cristiani. Nella battaglia di Adrianopoli e Crispoli, Costantino vince e riunifica l’impero sotto di sé e fonda una nuova Roma sulle rive del Bosforo.

Al Concilio di Nicea (325) partecipa anche Costantino. In tale Concilio vi erano delle controversie tra Ariani e

Atasiani. I primi affermavano l’interiorità del Figlio rispetto al Padre mentre i secondi affermano l’uguaglianza dei 2.

Tale Concilio si concluse con la condanna delle teorie ariane.

LA NUOVA ROMA E IL NUOVO IMPERO

Durante il impero Costantino fu creata una nuova Roma destinata ad essere la 2° capitale dell’impero. La sua

posizione fu decisa dalla vittoria contro Licinio a Bisanzio. Questa divenne la città di Costantino, organizzata sul

modello di Roma.

Bisanzio venne divisa in 14 regioni, gli abitanti avevano gli stessi privilegi di Roma, ad esempio distribuzione

gratuita di pane anche per incentivare l’immigrazione in questa città che divenne popolata da ricchi proprietari

terrieri. Venne creato il senato, anche se non era ricco e dignitoso come quello romano. Fu costruito un palazzo

imperiale accanto all’Ippodromo che corrispondeva all’anfiteatro di Roma. Questo era un luogo d’incontro tra

imperatore e popolo.

RIORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Fu modificata la prefettura al pretorio. Infatti i compiti dei prefetti erano molti aumentati soprattutto in età tetrarchia,

tanto che erano diventati i gestori delle finanze e i loro vicari i riscossori dell’annona.

Con Costantino i prefetti erano diventati vicerè che dovevano gestire più diocesi. In questo modo Costantino

rispondeva all’esigenza di decentramento.

Inoltre il Consiglio Imperiale fu formato da 4 ministri:

1. ministro che si occupava della redazione dei testi normativi imperiali 2. ministro delle finanze che si occupava delle entrate fiscali in denaro 3. ministro che si occupava di gestire il patrimonio imperiale 4. ministro che rioccupava di gestire tutto l’apparato burocratico

Inoltre si fecero sentire anche le influenze orientali come dimostra per es. il PRAEPOSITUS SACRI CUBICULI che

era il capo degli inservienti dell’imperatore. Ruolo che ora comprendeva anche la gestione del palazzo imperiale.

Molto importante è stato il ritrovamento della notizia DIGNITATUM che prevedeva la divisione dei ruoli civili e

militari, assieme alle illustrazioni delle insegne delle varie cariche.

RIFORMA DELL’ESERCITO

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31

L’esercito venne diviso in LIMITANEI (l’esercito posto ai confini) e COMITANSES (esercito mobile che venne

rafforzato e rappresentava la parte migliore delle armate imperiali).

È da notare che in questo periodo le minacce esterne erano state quasi del tutto risolte.

RIFORMA MONETARIA

Costantino per rimediare ai problemi causati dalle passate riforme monetarie, decise di liberalizzare il prezzo

dell’oro. Di conseguenza il prezzo dell’oro salì favorendo i ceti più ricchi a sfavore di quelli più poveri. Inoltre egli

decise di produrre la moneta aurea che rappresentava appunto la base del nuovo sistema monetario di Costantino.

Però come sappiamo dallo scritto De rebus bellicis, il cui autore è anonimo, nonostante vi sia stata una generale

ripresa dell’economia monetaria, questa costò la rovina ai ceti più poveri. Le imposte in natura vennero convertite in

oro.

Infatti si determinò l’acquisizione del divario tra ricchi e poveri e la formazione di una struttura gerarchica

piramidale:

1. PROPRIETARI TERRIERI 2. POPOLO CITTADINO, PICCOLA BORGHESIA, LE ELITE CITTADINE 3. MASSE CONTADINE

Ciò portò anche all’aumento della corruzione.

IL VINCOLO DEI COLONI

I coloni (piccoli contadini affittuari) furono vincolati alla terra nella quale lavoravano e non potevano allontanarsi. Di

conseguenza i coloni divennero sempre più una sorta i schiavi.

CAUSA: fu l’esigenza dell’amministrazione imperiale, di garantirsi la presenza dei lavoratori nei fondi, in quanto la

condizione dei coloni era ereditaria. In questo modo veniva anche garantito il pagamento dei tributi personali e

fondiari.

In realtà questo è quello che avrebbe voluto il governo perché vi erano altri modi per aggirare il problema.

CRESCITA DELLA BUROCRAZIA E DELLA CORRUZIONE

La burocrazia imperiale aumentò di numero e i criteri di selezione di questo personale accentuarono i fenomeni di

malcostume, si arrivò addirittura a una regolamentazione dell’acquisto delle cariche.

Le opportunità di speculazione per i burocratici e i militari erano legate soprattutto alla riscossione fiscale e

all’approvvigionamento delle armate. L’annona militare poteva essere convertita in oro con cui l’intendenza doveva

comprare ciò di cui le truppe avevano bisogno. Il problema consisteva nella conversione che veniva stabilita in

modo arbitrario a un livello molto elevato. In questo modo i militari così potevano intascare la differenza tra quel che

i contribuenti avevano pagato a quel che l’intendenza aveva speso per acquistare le derrate. Questo sistema venne

fatto per chi non si potesse procurare facilmente derrate da fornire.

I SUCCESSORI DI AUGUSTO

Quando nel 337 Costantino morì, si ripropose il problema della successione che comportò nuove lotte. Costantino

verrà sepolto come 13° apostolo nel Mausoleo a Costantinopoli.

I suoi successori furono i suoi figli e i nipoti:

1. COSTANTINO II: posizione di preminenza perché anziano e governa l’Occidente 2. COSTANZO II: l’Oriente e la Tracia 3. COSTANTE: l’Italia, l’Africa e la Macedonia 4. NIPOTI: vennero eliminati assieme al fratellastro di Costantino. Di quest’ultimo sopravvissero i suoi figli:

Gallio e Giuliano Dopo 3 anni Costantino II attacca Costante ma venne ucciso e gli lascia la gestione dell’Occidente.

Le difficoltà economiche aggravate dal peso fiscale determinarono una sollevazione militare in Gallia. Costante si

uccise e venne proclamato imperatore Magnenzio. Anche altri usurpatori vennero elevati alla porpora in Il lirico e a

Roma.

MAGNENZIO

Era un soldato di origine barbarica. Magnenzio riuscì a ottenere il controllo dell’Occidente, finchè Costanzo II nel

353 lo sconfisse, ristabilendo l’unità dell’impero . da questo momento in poi gli eventi di nostra conoscenza sono più

dettagliati grazie ai racconti di Ammiano Marcellino. Nel frattempo Costanzo II aveva nominato Cesare: il cugino

Gallo.

GALLO

Lo stesso Costanzo II lo dovette deporre e condannare per la violenza con cui aveva condotto alcune rivolte

popolari scoppiate per le difficoltà annonarie in Palestina, dove nominò Cesare Giuliano l’altro cugino e gli furono

affidate le Gallie più la campagna contro i Franchi ed Alemanni.

COSTANZO II E GIULIANO

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Negli anni successivi Costanzo fu impegnato sul fronte danubiano e persiano mentre Giuliano si distinse come

ottimo amministratore e generale e riuscì a diminuire le tasse in Gallia sostenendo che non erano necessarie

imposte supplementari e non venne concesso alcuna facilitazione per i più ricchi possessori che avevano ottenuto

in passato una dilazione che poi si risolveva in un mancato pagamento.

Inoltre Giuliano restituì ai susceptores cittadini il compito di effettuare la riscossione e tentò di risolvere il problema

monetario introducendo una moneta di maggiore qualità.

Costanzo II, sospettoso dei successi di Giuliano, gli chiese un contributo di truppe per la campagna persiana, lui

aderì, ma le truppe si ribellarono ed elessero Augusto : Giuliano.

Giuliano accettò ma prima chiese l’approvazione di Costanzo II, il quale rifiutò. Allora Giuliano gli mosse contro ma

nel 361 Costanzo II morì, prima che avvenisse lo scontro.

GIULIANO

Rimase l’unico imperatore e potè attuare la sua controrivoluzione religiosa. Le fonti primarie di questo periodo sono

stati gli scritti di Giuliano stesso. Giuliano si era formato con la letteratura letteraria, artistica e filosofica greca e si

pensa che è da questa che provengono le sue ostilità verso il cristianesimo. Egli voleva difendere la tradizione

culturale.

Giuliano voleva usare il culto pagano per soppiantare quello cristiano e a questo scopo procedette con:

Dichiarazione della tolleranza verso i paganesi, cristiani ed Ebrei

Riapre i templi pagani

Elimina i privilegi al clero cattolico

Vieta ai cristiani di insegnare, sperando che l’educazione pagana potesse allontanare i giovani, appartenenti ai ceti più alti, dal cristianesimo

Comunque il piano di Giuliano fallì per i suoi modi esagerati e soprattutto perché il cristianesimo era troppo diffuso

CAMPO FISCALE E AMMINISTRATIVO

Giuliano diminuì le tasse, lottò contro la corruzione, cercò di favorire i ceti più disagiati e aumentò la qualità del

personale amministrativo. Affrontò le difficoltà annonarie di Antiochia attraverso l’imposizione di un calmiere del

prezzo del frumento, ciò gli suscitò l’ostilità dei proprietari.

CONFLITTO CON L’IMPERO PERSIANO

In seguito Giuliano decise di attaccare i Persiani da Antiochia, vi è l’inizio della ripresa espansionistica che aveva

caratterizzato l’impero pagano. Nonostante i numerosi successi, l’esercito persiano era sfuggente e bruciava le

terre al loro passaggio, lasciando l’esercito di Giuliano senza approvvigionamenti. Infine durante lo scontro Giuliano

fu ucciso da una lancia. In questo modo finì la Dinastia Costantiniana (306-363)

L’ERA DEI VALENTINIANI

Dopo la morte di Giuliano fu eletto imperatore Gioviano il quale era cristiano, concluse un umiliante pace con la

Persia concedendogli Nisibi e territori aldilà del Tigri e morì prima di tornare dal fronte.

Successivamente fu eletto imperatore Valentiniano (364-375). Egli era di origine pannonica, governa insieme al

fratello Valente e con l’aiuto del figlio Graziano.

I Valentiniano non condividevano il piano religioso di Giuliano, in quanto cristiani, ma condividevano il suo piano

militare, amministrativo e fiscale ( per es. per quanto riguarda gli abusi nell’adorazione). Inoltre provvidero ad una

ulteriore RIFORMA MONETARIA la quale prevedeva un sistema monetario composto da nominali: aurei, argentei

enei. Abbandonano la moneta argentea non pura e con tale riforma riuscirono a fermare l’incremento dei prezzi.

I VALENTINIANI E I GOTI

In seguito i Valente si occupa di contenere i Goti mentre Valentiniano rafforzava il confine del Reno e dell’alto

Danubio. Quando quest’ultimo morì le truppe elessero Augusto suo figlio Valentiniano II, il qual aveva 4 anni infatti

dietro a lui c’era la madre Giustina.

Nel 377 scoppiò una nuova crisi militare, sul fronte danubiano, perché gli Unni (popolazione dell’Asia centrale)

avevano battuto gli Ostrogoti (Goti dell’est) e spinto i Visigoti (Goti del nord) verso il Danubio.

Valente ritenne opportuno accogliere i Goti in Tracia per affidare loro la difesa, ma la popolazione delle province

non fu d’accordo così la Tracia fu razziata dai Goti e Valente morì nello scontro di Adrianopoli.

Graziano nominò Teodosio (ufficiale spagnolo) come imperatore, quest’ultimo stipulò un FOEDUS con i Goti (gli fu

permesso di stabilirsi nell’Illirico). Nel frattempo Graziano a Roma aveva portato avanti una reazione antipagana

Intanto una rivolta in Britannia aveva portato Magno Massimo alla cattura e alla uccisione di Graziano, ed in seguito

avanzò verso l’Italia e Milano e Valentiniano II scappò. Fu Teodosio a sconfiggere Magno Massimo.

L’apice della reazione antipagana avvenne con l’ECCIDIO DI TESSALONICA in cui la reazione di Teodosio fu

terribile, quando il popolo si riunì nell’Ippodromo per assistere ai giochi, ordinò all’esercito di sterminarli tutti. Questa

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sua reazione scaturì dal fatto che un comandante goto aveva arrestato un auriga, che non liberò per farlo

partecipare ai giochi dell’ippodromo. La folla si ribellò e il comandante venne ucciso. Quando Ambrogio (vescovo di

Milano) lo seppe scomunicò Teodosio e lo ricattò di non ammetterlo a ricevere i sacramenti finchè non si fosse

pubblicamente pentito.

Teodosio fu costretto a sottomettersi ad Ambrogio e ciò rappresenta un episodio significativo perché si nota che la

Chiesa aveva acquisito un ruolo determinante nei confronti del potere politico quando si metteva in discussione

l’impegno religioso degli imperatori.

In seguito la rivolta dei Visigoti fu definitivamente domata dal generale Silicone.

Valentiniano II venne ucciso dal franco Arbogaste che nominò imperatore Eugenio, un cristiano con simpatie

pagane.

Teodosio sconfisse Eugenio al Frigido e nominò imperatore Onorio (suo figlio).

Teodosio morì nel 395 affidando i suoi figli a silicone (comandante a capo dell’esercito).

17. DALLA DIVISIONE IN DUE PARTI ALLA DISSOLUZIONE DELL’ORGANISMO IMPERIALE IN OCCIDENTE

Alla morte di Teodosio, l’impero venne diviso tra i figli: Arcadio (Oriente) e Onorio (Occidente), affiancati nella

gestione dell’impero dall’abile comandante Silicone. Per la prima volta vi erano 2 principes pueri senza un collega

anziano. Le linee della politica di Silicone seguirono quelle di Teodosio, soprattutto nell’accettazione della necessità

di un esercito barbarizzato. Di conseguenza ci furono degli accordi coi capi barbari, tra cui Alarico, re dei Goti, che

aveva combattuto con Teodosio al Frigido.

Stilicone nei confronti della nobiltà senatoria pagana in Occidente fu più moderato rispetto a Teodosio.

Arcadio dimostrava ostilità nei confronti di Stilicone perché era 18enne non accettava la tutela.

Nel frattempo in Oriente era forte la pressione degli Unni che erano penetrati in Tracia e in Asia Minore. Quest’ultimi

approfittarono che Teodosio era impegnato nella lotta contro Eugenio.

Alarico alla morte di Teodosio si era ribellato e aveva occupato le diocesi di Macedonia e Tracia. In seguito

saccheggiò la Grecia, Stilicone con le truppe orientali venne fermato da Arcadio. Arcadio gli intimò di abbandonare

le 2 diocesi e dichiarò nemico pubblico Stilicone. Alarico rimase padrone della Grecia e ottenne il titolo di magister

militum per Illyricum.

Nel frattempo in Africa vi era una rivolta guidata da Gildone. Gildone era un principe mauro, non riconosceva

l’autorità di Onorio e interruppe il flusso degli approviggionamenti di grano africano a Roma e in Italia.

Stilicone ottenne dalla curia di Roma la dichiarazione di nemico pubblico per Gildone e oppresse la rivolta.

Alarico invase l’Italia settentrionale ma venne sconfitto da Stilicone.

Quando Arcadio morì, Onorio manifesto l’intenzione di andare in Oriente dove Teodosio II (figlio di Arcadio) era

stato nominato Augusto.

Stilicone dissuase Onorio ma a Pavia vi fu un massacro dei suoi funzionali più fedeli. Quando Stilicone seppe che

Onorio non aveva condannato l’accaduto, le truppe federate massacrarono la sua guardia.

Quando Stilicone si rifugiò in una Chiesa a Ravenna, fu fatto uscire con un pretesto e ucciso.

LE VITTORIE DI ALARICO

I° VITTORIA: Alarico voleva stabilirsi in Pannoia ma morto Arcadio , Onorio glielo impedisce rifiutandolo. Alarico invade l’Italia e assedia Roma costringendo il senato a pagare una somma cospicua per liberare la città. Alarico si stabilisce in Etruria.

II° VITTORIA: In seguito Alarico attacca nuovamente Roma, ma anche stavolta si giunse ad un accordo col il senato: Attilo venne riconosciuto imperatore. Attilo era un uomo di Alarico e quest’ultimo divenne comandante dell’esercito romano

III° VITTORIA: 410 Sacco di Roma in cui la popolazione si dimezzò. Alarico apre la porta salaria e fa penetrare i suoi Visigoti. Roma venne saccheggiata per 3 giorni. Attalo venne destituito.

Alarico morirà lo stesso anno ma prima di morire si portò come ostaggi Galla Placida (sorella di Onorio) e Attalo.

Il successore di Alarico fu Ataulfo che si diresse assieme ai suoi Goti verso la Gallliain cui vi era confusione a causa

dell’usurpazione di Costantino.

Flavio Costanzo era comandante dell’esercito di Onorio. Ad Ataulfo fu consentito di stabilirsi in aquitania e gli fu

promesso un rifornimento annuo di grano africano. L’anno successivo, 414 il rifornimento fu interrotto perché

eracliano invase l’Italia ma fu fermato sulla via di Ravenna. In questo modo tra Flavio Costanzo ed Ataulfo crebbe

una forte ostilità accresciuta dal fatto che Galla placida non era stata riconsegnata e Flavio Costanzo non la poteva

sposare. Poco dopo Ataulfo fu ucciso da una congiura e il suo successore fu Vallia. Vallia fece una patto con

Onorio e restituì Galla Placida che si potè sposare con Flavio Costanzo. Poco dopo morì sia Flavio Costanzo che

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Onorio. Alla morte di Onorio gli succedette il figlio di Galla Placida e Flavio Costanzo: Valentiniano III che data la

sua giovane età fu guidato dalla madre e dal generale Ezio. Durante il regno di Valentiniano III, Cartagine fu

conquistata dai vandali i quali si impadronirono anche della Mauretania e Numidia. Valentiniano III stipulò un foedus

con Gens Serico che stabiliva ai vandali di stabilirsi nelle due regioni. Successivamente i vandali sbarcarono in

Sicilia minacciando di proseguire la loro marcia nella penisola italica, per questo venne stipulato un nuovo patto in

cui ottennero l’Africa proconsolare con la byzacena in cambio della Mauretania e Numidia.

TEODOSIO II

Morto Arcadio il nuovo imperatore di oriente fu suo figlio Teodosio II il quale data la sua giovane età e il suo

carattere debole fu affiancato dalla sorella e dalla moglie. Egli non intraprese guerre ma si dedicò alla prima

raccolta ufficiale di costituzioni imperiali: codex teodosianus che comprendeva norme di diritto pubblico. In oriente

gli unni rappresentavano un pericolo maggiore in quanto Attila era riuscito ad ottenere dalla parte orientale un

tributo.

MARCIANO E SUCCESSORI

Successore di Teodosio fu Marciano il quale si rifiutò di pagare il tributo agli unni e li attaccò nel momento in cui

Attila invase l’Italia. Suo successore fu leone che cercò di riprendere l’africa ai vandali ma venne condannato a

morte. Suo successore fu Leone II figlio di Zenone, quest’ultimo fu subito associato all’impero come Augusto.

Leone II morì prematuramente e lasciò Zenone unico imperatore.

DISSOLUZIONE DEL POTERE IMPERIALE IN OCCIDENTE

Nella parte occidentale soprattutto nelle province galliche vi erano dei movimenti di ribellione sociale. Di ciò se ne

approfittarono i visigoti che volevano ampliare il loro stato. Ezio attaccò i barbari sul reno e le forze unne alleate

annientarono i Burgundi. Il pericolo era rappresentato dagli unni (i quali avevano avuto un buon rapporto con i

romani perché gli avevano riconosciuto lo stanziamento in Pannonia) nel momento in cui si allearono con attila

perché cominciarono a condurre una politica aggressiva ed espansiva contro l’occidente. Nel 451 Ezio ai campi

catalaunici riuscì a sconfiggere Attila che si ritirò al di la del Reno. Successivamente Attila invase l’Italia

saccheggiando Aquileia e la pianura padana. Attila venne dissuaso a marciare su Roma da papa leone. Attila poco

dopo morirà e con se il suo impero. Ezio fu ucciso da Valentiniano III che successivamente sarà ucciso dai seguaci

di Ezio. L’imperatore successivo fu Petronio massimo che sposò Eudossia la vedova di Valentiniano III. Poco dopo

Genserico che guidava i vandali reclamò la mano di Eudossia e minacciava la città. Petronio venne ucciso dalla

folla e i vandali entrarono a Roma saccheggiandola. Successivamente venne eletto imperatore Avito dopo venne

eletto Maiorano e quest’ultimo si fece riconoscere dalle truppe, dal senato e da leone e fu importante dal punto di

vista legislativo. Suo successore fu livio severo il quale controllava solo l’Italia in cui vi erano le scorrerie dei

vandali. Suo successore fu Antemio contro di lui si schierarono Olibrio e Recimero che successivamente

scomparvero e nel frattempo e il re Eurico occuparono la gallia. Successivamente venne eletto Romolo Augustolo il

quale fu deposto da Odoacre.

CONTROVERSIE RELIGIOSE

Negli ultimi decenni dell’impero d’occidente nella parte orientale vi erano delle dispute religiose tra monofisiti

(riconoscevano solo la natura divina di cristo) e nestoriani (si rifiutavano di riconoscere la vergine maria). Le

controversie religiose furono molto accese in africa perché i seguaci di pelagio davano importanza alla volontà e al

libero arbitrio invece gli antipelagiani sostenevano la necessità della grazia divina.

CRESCITA DELL’ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA

I vescovi avevano un incarico a vita e non potevano essere deposti dalla comunità. La loro consacrazione veniva

effettuata dai vescovi vicini. Il vescovo di Roma aveva il primato perché successore di Pietro e gli spettava la

giurisdizione d’appello nelle controversie tra esponenti del clero. Al di là degli affari religiosi la chiesa assumeva una

serie di funzioni civili.

REGNI ROMANO BARBARICI

DAL 476 l’impero romano d’occidente non esisteva più come stato. Al suo posto si formarono dei regni romano

barbarici: regno dei visigoti in gallia; regno dei burgundi; regno svevo in spagna; regno dei vandali in africa e regno

di Odoacre in Italia. Nella seconda metà del V secolo i Visigoti con il re Eurico estesero il loro dominio in buona

parte della Gallia meridionale. Mentre Teodorico, re degli Ostrogoti, ricevette l’incarico da Zenone di riconquistare

l’Italia. In questi regni i barbari: venivano accolti dentro i confini dell’impero e s’insediavano; ricevevano 1/3 delle

terre o 1/3 dei redditi di queste terre; i regni conservarono le strutture amministrative che trovarono; utilizzarono il

personale romano per continuare e garantirsi l’esazione dei tributi.

CAUSE DELLA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE (476)

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Disintegrazione (cause interne); debolezze economiche, sociali, culturali dell’impero (cause esterne); invasioni

barbariche; spopolamento e crisi democratica; alcuni hanno insistito su fattori culturali come che la rivoluzione

cristiana aveva messo a repentaglio le idealità sulle quasi si era basata la civiltà antica.

In realtà vi furono 2 processi/eventi:

1. CADUTA DELL’IMPERO ROMANO OCCIDENTE: viene meno un organizzazione politica centralizzata unitaria e ciò produce esiti diversi nelle varie aree

2. CADULTA DELLA CIVILTA’ DEL MONDO ANTICO: fu un processo più graduale perché non si ebbe nello stesso tempo.

Si dissolve nel momento in cui le capacità finanziarie vennero meno.

18. IL DIRITTO DA AUGUSTO AL THEODOSIANUS

CONSTITUTIO ANTONIANA

È importante il suo ruolo perché riunificò tutto l’impero sotto il diritto romano. Venne fatta da Caracalla nel 278. A

Roma la pluralità delle forme organizzative si rifletteva sul diritto:

CITTA’ DI DIRITTO ROMANO: era applicato in Italia e nelle province. La giurisdizione spettava a organi delle città

stesse ma nel caso in cui si oltrepassavano dei limiti di competenza, il processo veniva trasferito o al pretore di

Roma o al governatore della provincia o a diverse istanze tra cui l’imperatore.

CITTA’ DI DIRITTO LATINO: il diritto romano veniva utilizzato come ordinamento generale ad esclusione di alcune

materie che venivano disciplinate dagli statuti di ciascun municipio e colonia latina.

CITTA’ STRANIERE: avevano un ordinamento proprio. Ciò non toglie che il diritto romano poteva introdursi nel loro

pano giurisdizionale. Si sa che nel I sec d.C. i cittadini delle poleis greche si rivolgevano al governatore romano per

risolvere le controversie anche se potevano farlo davanti ai tribunali locali.

TERRITORI: non appartenenti a nessuna civica, rispondevano al diritto romano.

Con la constitutio antoniana venne concessa la cittadinanza romana a tutti gli abitanti del mondo romano, con

alcune eccezioni. Quindi il diritto romano divenne l’unico diritto. Ciò non vuol dire che tutte le tradizioni giuridiche

locali vennero immediatamente abbandonate ma poterono mantenersi solo grazie alla tolleranza dei romani. Nel

periodo tra Severo Alessandro e Diocleziano, abbiamo un vuoto per quanto riguarda la letteratura giuridica che

coincide con l’anarchia di quegli anni e la crisi sociale che segue la morte di Severo Alessandro. Nel momento in

cui Diocleziano e Massiminiano diventano Augusti, ricominciano gli scritti sul diritto ed appare immutato. Infatti gli

editti in età tetrarchica dimostrano che Diocleziano provvide ad una restaurazione piuttosto che ad una riforma.

Comunque la letteratura giurisprudenziale in eà tetrarchica è completamente diversa dalla letteratura classica. Ciò

è dimostrato anche dal fatto che le 2 opere più significative del tempo siano raccolta di costituzioni imperiali:

1. CODEX GREGORIANUS: venne pubblicato a Roma nel 291. È diviso in 14 libri articolati in titoli. È una

silloge di rescritti imperiali da Adriano a Diocleziano. I temi trattati sono i rescritti imperiali del I e II sec. e

contengono brevi regole formulate in base a casi concreti risolti.

2. CODEX HERMOGENIANIANUS: è diviso in 100 libri. Fu scritto da Ermoginiano. Egli scrisse anche gli

epitomi del diritto, un’opera pensata per presentare l’ordinamento in modo chiaro e coinciso.

PAULI SENTENTIAE: scritte dal giurista Paolo, il quale si ispira agli epitomi del diritto. Un’opera scritta in 5 libri per

il figlio, per tale motivo è scritto in modo semplice. Altri invece sostengono che fu scritta per trasformare il diritto in

dottrina.

ARCADIO CARISI: è colui che si mantenne più fedele alla giurisprudenza classica. Egli, sotto Diocleziano, fu

responsabile dell’ufficio centrale preposto all’emissione dei rescritti dell’imperatore. Di conseguenza fu responsabile

di molte costituzioni emesse dai tetrarchi. Nel suo trattato sui Munera parla delle prestazioni personali e patrimoniali

imposte ai privati.

ETA’ COSTANTINIANA

Secondo molti Costantino ha privilegiato l’emissione di costituzioni d’efficacia generale piuttosto che i rescritti

casistici.

COSTITUZIONI GENERALI: è stato molto difficile ricercare i temi trattati anche perché le norme venivano inviate in

forme diverse a diverse persone. Sono delle leggi che dovevano essere ugualmente osservate da tutti. Venivano

preparate dal questor sacri palatii e venivano comunicate in 3 modi:

1. Invio di un discorso scritto al senato di Roma o di Costantinopoli

2. Editto indirizzato a tutti i cittadini

3. Lettera spedita ai funzionari con l’incarico di divulgarla alla popolazione

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RSCRIPTA: si tratta di sentenze giudiziarie sui singoli casi concreti o risposte alle richieste sia dei magistrati che

dei privati. Ai magistrati s’inviavano epistulae mentre ai privati s’inviavano subscriptiones o adnotatio. I Rescripta

contengono: enunciazioni di norme giuridiche e disposizioni di carattere politico-amministrativo. Importante fu anche

la lotta ai rescritti di favore che andavano contro il diritto generale. Infatti Costantino dichiarò apertamente che non

si dovevano fare richieste dannose o contrarie al diritto generale. Per controllare questo fenomeno vietò di

interpretare i rescritti, ovvero di applicarli per analogia a situazioni e a persone diverse.

FRAGMENTA VATICANA

È un opera giuridica del 320. Questo testo è una successione di estratti di varie dimensioni e generi letterari.

Contengono estratti giurisprudenziali e costituzioni imperiali. A differenza degli altri testi, questo testo riporta le

divergenze d’opinione e doveva servire per aiutare i giudici nel loro compito, riducendo i costi per la consulta dei

manoscritti.

Le tendenze a giudicare Costantino come il distruttore della tradizione casistica e classica viene smentito dalla

prova che negli scritti vi è il tipo del rescritto, perciò si pensa che la diversità di tipo dei leges generales dipenda da

criteri seguiti dai compilatori delle varie norme. Ne sono una prova i Fragmenta Vaticana.

Infine va sottolineato il valore normativo riconosciuto dagli imperatori ai responsa dei giuristi. Infatti l’attività

normativa di Costantino presenta una rivoluzione perché l’imperatore era l’unica fonte del diritto unico e garante di

equità. Il popolo non emetteva più leggi e il senato perde la sua autonomia.

Nelle costituzioni generali furono abolite la Lex Iulia et Papia d’eta augustea; furono ristrette le accuse criminali;

annullò la validità dei patti che prevedevano che il creditore, in caso di inadempimento, avrebbe acquistato in

proprietà il bene pignorato.

Per quanto riguardo queste norme, nasce poi il problema di quanto abbia inciso la conversione di Costantino al

cristianesimo. Comunque possiamo affermare che attualmente si tende a non considerare influente la sua

conversione.

LEGES: OCCIDENTE E ORIENTE FINO A VALENTINIANO III E TEODOSIO II

Per quanto riguarda il diritto in Oriente e Occidente fino a Valentiniano III e Teodosio II, bisogna analizzare le

conseguenze della divisione dell’impero in 2 parti. In realtà questa divisione fu meno traumatica di quanto si possa

pensare perché risale già alla diarchia di Diocleziano e Massimiano. Infatti questa divisione non infranse l’unità

dell’impero, e gli stessi imperatori usavano riferirsi con il termine “partes” alle varie regione dell’mpero e non alla

distinzione tra Occidente e Oriente.

Il problema sull’efficacia delle costituzioni presenta 2 teorie:

1. Secondo alcuni studiosi si può ipotizzare che la ripartizione dell’impero oltre che burocratica fosse anche

legislativa, quindi le leggi approvate in Occidente non erano valide in Oriente e viceversa. Oggi sappiamo

che non è così.

2. Ipotesi più attendibile. È vero che a volte gli imperatori formulavano leggi che venivano attuate localmente

ma possiamo generalmente affermare la prevalenza dell’unità legislativa. Teodosio II affermò che se si

promulgasse qualcosa doveva essere inviata con la dichiarazione imperiale.

ISTRUZIONE E SCUOLE

Con l’aumentare dell’importanza del diritto, in età tardo-romana, nacquero delle scuole a Berito e a Roma. Infatti la

trasmissione del sapere non avvenne più attraverso l’educazione familiare aristocratica o accessibile a pochi in

circoli elitari. La scuola di Roma registrò un aumentò di iscritti. In seguito in Italia a differenza delle altre regioni, si

registrò una diminuzione di avvocati e giudici in conseguenza dell’invasione dei nemici. Chi usciva da queste scuole

attendeva i Pragmia, ovvero dei sbocchi lavorativi. In seguito s’introdusse un esame di stato per accertare la

conoscenza del diritto e per essere iscritti all’albo degli avvocati. I veri giuristi non erano coloro che intraprendevano

la carriera pubblica ma erano coloro che lavoravano negli uffici centrali e fra i funzionari più elevati che avevano

l’incarico di preparare le costituzioni imperiali. Emerge, nei confronti di questi giuristi, la loro contraddittorietà dovuta

agli inconvenienti del mestiere. Infatti costoro erano spesso accusati di sfruttare la letteratura classica sconosciuta

quasi a tutti per sostenere le loro tesi; quindi invece di ricorrere all’interpretazione critica usavano le opinioni dei

predecessori da citare in tribunale.

LEGGE DELLE CITAZIONI

La legge delle citazioni fu emessa nel 426 da Valentiniano III e dimostra la circolazione di numerosi scritti

giurisprudenziali almeno nella parte dell’Occidente. Con questa legge si voleva affermare la validità normativa di

tutti gli scritti dei seguenti autori: Gaio, Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino e di tutti quelli citati nei loro scritti a

patto che fossero presentati i loro manoscritti come garanzia data la loro antichità. Nel caso in cui le opinioni dei

giuristi portate in causa dalle 2 parti fossero discordi, si sarebbe dovuto tener conto del parere della maggioranza.

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Page 37: 1.PROBLEMI DI METODO PER LA STORIA DI ROMA ARCAICA FONTI ... · 1.PROBLEMI DI METODO PER LA STORIA DI ROMA ARCAICA FONTI SULL’ETA’ MONARCHICA E REPPUBLICANA ... Ne è un esempio

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Se la situazione era di parità, si doveva tener conto dell’opinione di Papiniano. Se Papiniano non si fosse espresso

a riguardo, toccava al giudice decidere. Lo scopo di questa legge era di legittimare la letteratura giuridica. Inoltre si

preoccupava del problema dello ius controversium, problema sorto da quando i giuristi avevano cominciato a rifarsi

ai predecessori nelle aringhe, senza sperimentarsi nell’elaborazione creativa dei testi ma accumulando opinion già

date. Per tale motivo Valentiniano III aveva usato il metodo della maggioranza per risolvere tale problema dando

pari auctoritas ad ogni opinione facendo applicare quella maggiormente sostenuta.

CODEX THEODOSIANUS

Questa legge delle citazioni faceva parte di un progetto più ampio che teneva conto anche delle costituzioni

imperiali, stabilendo dei criteri per riconoscere le norme con validità generale delle altre. L’urgenza del problema

spinse Teodosio II a progettare il Codex nel 429, cioè un consolidamento della legislazione imperiale. Il modello era

il Gregoriano e l’Ermogeriano, ma era una raccolta di leges generales. Il Codex avrebbe dovuto raccogliere tutte le

norme generali, anche quelle non più in vigore, da Costantino a Teodosio. Ognuna doveva essere distinta da un

titolo e messe in ordine cronologico. Lo scopo era quello di formare un altro codex contenuto tutte le norme che

avrebbero dovuto dirigere la vita, mostrando ciò che si doveva o non doveva fare. Questo progetto venne iniziato

da Teodosio II e finito da Giustiniano. Il Codex uscì nel 437, diviso in 16 libri e distribuito a Valentiniano che lo

approvò e agli esponenti maggiori del potere in modo che venisse accettato e riconosciuto da tutti e soprattutto

sarebbe stato promulgato dal popolo. L’1 gennaio del 439 fu reso pubblico e da questo momento non fu più

possibile esibire in giudizio costituzioni imperiali diverse da questa versione. Questo manoscritto fu conservato nei

sacri archivi.

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