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CREMS Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale Guida pratica alla stesura della tesi finale Master di 1° Livello per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie - CoPS Anno Accademico 2010/11 Dispensa didattica Dispensa a cura di: Emanuela Foglia, Anna Vanzago Università Carlo Cattaneo LIUC Castellanza 2011

2011-12-05 Dispensa - Guida alla stesura della tesi finale defmy.liuc.it/MatSup/2012/CPS009/Dispensa - Guida alla stesura della te… · La tesi finale, quale che sia il percorso

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CREMS Centro di Ricerca in Economia e

Management in Sanità e nel Sociale

Guida pratica alla stesura della tesi finale

Master di 1° Livello

per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie - CoPS

Anno Accademico 2010/11

Dispensa didattica

Dispensa a cura di: Emanuela Foglia, Anna Vanzago

Università Carlo Cattaneo LIUC

Castellanza 2011

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INDICE

Premessa 04

Introduzione 05

CAPITOLO 1: COME PROGETTARE LA TESI

1.1 Come scegliere il problema di ricerca 06

1.2 Gli obiettivi cognitivi 08

1.3 Le fonti 10

1.4 Gli strumenti di ricerca 10

1.4.1 Ricerca in biblioteca 11

1.4.2 Ricerca a partire da una bibliografia 11

1.4.3 Ricerca attraverso database 11

1.4.4 Ricerca sul web 12

1.5 L’indagine operativa 13

1.6 Analisi, elaborazione e presentazione dei risultati 14

CAPITOLO 2: COME SCRIVERE LA TESI

2.1 Indice 16

2.2 Introduzione 17

2.3 Capitoli e paragrafi 18

2.3.1 Grafici e tabelle 20

2.4 Le conclusioni 20

2.5 Citazioni e riferimenti bibliografici 21

2.5.1 Sistema Harvard 23

2.5.2 Sistema Vancouver 24

2.5.3 La bibliografia 25

2.6 Layout e stampa 26

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CAPITOLO 3: LA DISSERTAZIONE FINALE

3.1 La discussione finale 27

3.2 La presentazione in Power Point 28

3.3 La valutazione 30

CAPITOLO 4: CONSIGLI UTILI

4.1 Prima dell’invio al relatore 32

4.2 Cosa non scrivere 32

4.3 Il “copia e incolla” 33

Bibliografia 35

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Premessa

Nonostante il titolo possa trarre in inganno, questa dispensa non ha la pretesa di

insegnare come giungere a un prodotto di qualità: si limita a fornire poche indicazioni

pratiche, generalmente valide ogni qualvolta si affronti la stesura di una tesi finale,

quale che sia il percorso di studi, ma in questo caso contestualizzate specificatamente

all’ambito delle Professioni Sanitari, e in particolare alla redazione della tesi di Master

per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie.

In parte queste indicazioni potrebbero risultare ovvie e banali, ciò soprattutto nel caso in

cui il Corso di Metodologie della Ricerca sia riuscito a fornirvi basi solide; le materie

metodologiche dovrebbero infatti servire (anche) da guida per giungere alla stesura

della tesi di Master: saper lavorare con metodo e sapersi esprimere in maniera chiara e

sintetica sono competenze fondamentali che devono essere acquisite e/o migliorate

anche grazie ai corsi universitari. Inoltre il Corso di Metodologie della Ricerca vuole

assolvere alla finalità ultima di sensibilizzare il singolo al tema dell’evidence-based

practice e della ricerca. Quindi quale migliore occasione di affrontare la tesi come una

attività di ricerca, tentando di applicare le conoscenze acquisite?

Dobbiamo poi aggiungere che un libro intitolato “Come si fa una tesi di laurea” esiste,

lo ha scritto Umberto Eco (1977) più di trent’anni fa ed è una buona lettura, anche se di

stampo prettamente umanistico, consigliata a chiunque stia per intraprendere un

progetto di questo tipo (l’edizione originale è della Bompiani, ma esistono diverse

ristampe recenti, anche in versione “tascabile”).

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Introduzione

Per tesi di laurea si intende un elaborato scritto, originale, nel quale lo studente espone i

risultati di una ricerca su un tema prescelto; solitamente le tesi si distinguono in

compilative e sperimentali.

Una tesi si può definire compilativa quando si basa esclusivamente sulla ricerca

bibliografica, senza aggiungere i risultati di indagini personali sulle fonti. La tesi può

invece essere definita sperimentale – e questa, come avremo più volte modo di vedere, è

la modalità caldeggiata nel caso di tesi di Master – quando si affianca al lavoro

bibliografico anche un’esperienza pratica, a verifica e sostegno della tesi sostenuta, in

maniera tale da giungere a risultati originali.

Una tesi consiste nel sostenere, appunto, un’ipotesi di fondo, un costrutto di pensiero,

cioè consiste nell’argomentare il cammino che conduce da una serie di idee/ipotesi di

partenza a una serie di affermazioni/conclusioni di arrivo.

La tesi finale, quale che sia il percorso di studi che va a completare, ha una duplice

valenza: essa infatti rappresenta uno strumento di verifica da parte dell’ente formatore

sull’effettivo apprendimento da parte dello studente rispetto ai concetti trasmessi a

lezione, ma costituisce anche un’opportunità per il discente di applicare empiricamente i

concetti appresi durante il corso, proponendo soluzioni operative e analizzando

casi/teorie/fenomeni di interesse personale.

Non bisogna inoltre dimenticare il fattore di qualità che essa rappresenta, al fine di una

reale crescita professionale; per questo motivo è consigliabile tenere sempre in grande

considerazione sia il contesto lavorativo nel quale si opera, sia quello in cui si svolge il

progetto. Spesso, ad esempio, al termine di un tirocinio aziendale viene richiesto un

report delle attività svolte che, se ben contestualizzato alla realtà di riferimento e

strutturato applicando degli strumenti di indagine propri della metodologia della ricerca,

può costituire un argomento di tesi, o quanto meno un buon punto di partenza per la

progettazione e lo sviluppo iniziale, nonché un’opportunità per mettere in luce

nell’ambito lavorativo le propria qualità, competenze e potenzialità future.

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CAPITOLO 1: COME PROGETTARE LA TESI

1.1 Come scegliere il problema di ricerca

Come prima cosa cercate di capire il tipo di lavoro che desiderate fare e, soprattutto,

fate chiarezza sui motivi che vi spingono ad approfondire uno specifico argomento

nell’ambito di una determinata disciplina.

La ricerca (empirica) può perseguire molti scopi diversi (Bernardi, 2005), che sono di

seguito proposti.

• La descrizione: individuare, ordinare, classificare i fenomeni per poterli, ad

esempio, comparare;

• la spiegazione: studiare i meccanismi che legano fenomeni tra di loro;

• la generalizzazione: capire regole e condizioni che permettono di estendere i

risultati ad altri contesti;

• la previsione: immaginare la dinamica futura dei fenomeni.

All’inizio le domande possono essere anche molto generiche, ma è importante muovere

da esigenze cognitive e pragmatiche chiare, al fine di immaginare un progetto di ricerca

e individuare le soluzioni metodologiche più adeguate (tra le tante possibili) per

affrontare il problema. Attraverso il lavoro di tesi si potrà suggerire un modello

interpretativo per il fenomeno oggetto di studio, mettere alla prova ipotesi e/o teorie

vigenti, evidenziare aspetti ignoti, etc… Ad esempio si potrebbe voler indagare il livello

di motivazione dei colleghi di Unità Operativa e/o Servizio, partendo dall’ipotesi che si

hanno di fronte dei soggetti poco motivati e che tale fattore è riscontrabile anche

dall’elevato tasso di assenteismo proprio nell’Unità Operativa di riferimento. Quindi

quali strumenti potranno essere utilizzati al riguardo?

Il titolo della tesi di Master dovrebbe scaturire dalla carriera scolastica e universitaria,

dal bagaglio professionale, ripensando a quelle che tra le varie materie e tematiche sono

state di maggior stimolo e hanno rappresentato degli spunti professionali interessanti.

L'argomento della tesi deve essere qualcosa che vi appassiona e che incoraggia la vostra

propensione culturale e lavorativa, invogliandovi ad approfondire tutti gli aspetti.

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È sufficiente avere un’idea e da qui avviare una ricerca bibliografica appropriata, non

dimenticandosi di andare a reperire informazioni anche tra i testi consigliati dai docenti

del Modulo didattico a cui afferisce la tesi e negli appunti di studio. È il primo passo, e

il più importante, per ottimizzare le modalità di lavoro e per non rischiare di ritrovarsi a

metà strada con una tesi che non appaga da nessun punto di vista (professionale,

personale e anche aziendale).

Oltre all’interesse personale, infatti, dovrete fare i conti anche con il contesto lavorativo

che vi circonda, tenendo in forte considerazione ad esempio il periodo di tirocinio,

obbligatorio per il conseguimento del titolo di Master, e quelle che sono le reali e

concrete esigenze/carenze/problematiche del contesto lavorativo di riferimento.

Un buon progetto contiene almeno i seguenti elementi:

1. scelta e definizione del problema di ricerca;

2. formulazione dell’obiettivo cognitivo, ossia della finalità stessa del progetto di

tesi;

3. definizione della strategia operativa, ossia dello strumento o degli strumenti di

indagine da utilizzare;

4. raccolta dati, legata al fatto che si compie un periodo di osservazione e una

rielaborazione di informazioni reali connesse al contesto di riferimento;

5. analisi dei dati;

6. presentazione e interpretazione dei risultati.

All’inizio non sarete in grado di descrivere tutte queste dimensioni (che illustreremo più

avanti nel dettaglio), questo è ovvio, ma non è mai troppo presto per cominciare a

pensarci.

I possibili argomenti sui quali basare una tesi sono quindi innumerevoli, solo per citarne

alcuni: risk management, organizzazione aziendale, riorganizzazione di struttura

semplice o complessa, gestione delle risorse umane, comunicazione, Activity Based

Costing, marketing territoriale, CRM, customer satisfaction, analisi della domanda,

gestione sale operatorie, reingegnerizzazione dei processi organizzativi, HTA,

outsourcing dei servizi, etc…

L’aspetto però fondamentale è che, dopo un primo momento di analisi e raccolta delle

idee, si arrivi in breve tempo alla definizione precisa e puntuale dell’ipotesi di partenza

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e dell’obiettivo che rappresenta il centro del bersaglio che dobbiamo perseguire (e

raggiungere!).

1.2 Gli obiettivi cognitivi

All’inizio del vostro lavoro, individuata la materia, serve subito una domanda di ricerca:

qual è la vostra? Dopo aver scelto di studiare un determinato fenomeno vi siete chiesti

per quale motivo la vostra ricerca dovrebbe essere interessante o utile? Quali sono le

domande e quali le risposte che vorreste trovare attraverso la vostra analisi? Le

precedenti rappresentano alcune tra le variabili da considerare in base all’argomento

scelto (motivazione, resistenza al cambiamento, organizzazione di un nuovo servizio

ambulatoriale, analisi di produttività dell’U.O. di Riabilitazione Funzionale, etc…).

Una volta identificato l'argomento, è necessario porsi gli obiettivi da raggiungere, ossia

se si intende dimostrare oppure confutare una o più tesi scientifiche oggetto della

documentazione; una chiara definizione degli obiettivi rappresenta il primo passo per il

loro raggiungimento.

Come abbiamo già detto una tesi è compilativa quando prevede la stesura di una

rassegna storico-critica relativa a un argomento, una corrente di pensiero, etc… (ad

esempio si effettua una review della letteratura che ha trattato il tema della valutazione

del personale e le evoluzioni normative legate alla Legge Brunetta); una tesi è di ricerca

(detta anche sperimentale) quando prende le mosse da studi o da letteratura esistente per

analizzare autonomamente un campo d'indagine, è una creazione quasi esclusivamente

propria, che fa ricorso a tecniche operative di vario genere e natura, per scrivere

qualcosa che non è mai stato scritto o per applicare conoscenze già appannaggio del

mondo scientifico, ma in un contesto, in una sede, differenti (ad esempio affrontare il

tema della formazione nell’adulto, nel contesto specifico di una edizione del Master per

Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie).

Per il tipo di percorso di studi che vi accingete a terminare, è necessario che venga

svolta la seconda tipologia, ovvero ci si auspica che tutti possiate effettuare una tesi di

ricerca, in senso proprio, ossia in grado di mettere in luce non solo le conoscenze, ma

anche le competenze acquisite nel corso del Master.

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Attenzione poi a non confondere un obiettivo con ciò che volete ottenere (i risultati

supposti o risultati attesi), perché questo può rendere confuso il bersaglio da centrare;

tale bersaglio deve invece avere le giuste caratteristiche, deve quindi essere:

• concreto: il traguardo da raggiungere deve essere chiaro e oggettivo, non ci

devono essere interpretazioni sul suo raggiungimento; un obiettivo è centrato

oppure no, non ci sono vie di mezzo. Perché sia chiaro un obiettivo dovrebbe

essere il più possibile concreto e verificabile e ciò si verifica quando è possibile

stimare attraverso degli indici oggettivi i vari gradi di avvicinamento alla meta;

• definito nel tempo: un obiettivo senza scadenza non è un obiettivo, quando si

definisce un obiettivo bisogna sempre definire entro quando lo si vuole

raggiungere. Alcuni obiettivi potranno quindi essere classificati come

secondari1, qualora il tempo di raggiungimento previsto oltrepassi la scadenza

prevista per la consegna della tesi di Master (ad esempio se il progetto prevede

la strutturazione e l’applicazione di nuove job description, la seconda parte del

progetto potrebbe essere ultimata a tesi già discussa, quindi giacché non si potrà

avere certezza di vedere all’atto pratico implementate tali job, si porrà questo

elemento come obiettivo secondario);

• raggiungibile: mai porsi obiettivi impossibili, fissare un traguardo troppo

ambizioso porterà solo problemi (e frustrazione); gli obiettivi devono quindi

essere realistici, cioè concernenti qualcosa che è alla vostra portata;

• fisso: una volta stabilita l’importanza e la rilevanza dell’obiettivo, esso dovrà

essere necessariamente raggiunto. Differente è l’approccio con gli obiettivi

secondari, i quali potranno non essere raggiunti o essere raggiunti parzialmente,

o, addirittura modificati.

1 All’interno di un progetto di tesi gli obiettivi, analogamente a quanto accade nelle ricerche in generale,

si dividono in primari e secondari; i primi rappresentano il filo conduttore dell’elaborato, ovvero ciò che

deve essere necessariamente raggiunto al termine della trattazione della tesi; gli obiettivi secondari

rappresentano invece quelli accessori, cioè che verranno perseguiti solo qualora la bontà dei dati, le

risorse, il tempo a disposizione, etc. lo permettano.

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1.3 Le fonti

Leggere e raccogliere moltissimo materiale produce un arricchimento delle conoscenze

dell'argomento della tesi che presto potrebbe però ritorcersi contro di voi se non

monitorate sistematicamente l'esito delle varie letture. In altre parole, il rischio è quello

di ampliare troppo il raggio d'azione del vostro lavoro, facendosi magari entusiasmare

da ciò che si sta apprendendo: bisogna quindi fare sempre attenzione a rimanere in

tema. Le parole chiave in questo caso sono restringere, delimitare il campo di indagine

per passare da un argomento generale a uno più preciso.

Man mano che si leggono e consultano i libri o che si visitano siti web sull'argomento è

bene cominciare da subito l'opera di schedatura indicando per ogni testo autore, titolo,

rivista, numero, data, luogo di pubblicazione, edizione, capitolo, pagine. Nel caso dei

siti web il consiglio è di salvare le pagine visitate in una cartella dedicata (il

procedimento è simile quale che sia il browser in uso): menù File > Salva con Nome

(Save as) > Nella casella in basso alla voce Tipo File: indica Archivio web, file unico

(.mht); in questo modo si avrà a disposizione un file con tutte le immagini che potrà

essere consultato e stampato all’occorrenza.

Le fonti vanno citate direttamente nel testo (cfr. par. 2.5 della presente dispensa) ogni

qualvolta si riporti una definizione o un concetto elaborato da altri; per questo motivo è

consigliabile appuntarsi sempre il testo a cui si è fatto riferimento, già dalla primissima

fase di stesura della tesi, per non incorrere nel rischio, magari a distanza di mesi, di non

ricordare più con esattezza a quale fonte ci si è riferiti.

1.4 Gli strumenti di indagine bibliografica2

Gli strumenti di ricerca sono tanti: testi cartacei e multimediali, internet, riviste,

indagini scientifiche; sicuramente non potrete fare a meno di andare nelle biblioteche e

di consultare la Rete, che rimangono le fonti primarie di informazione.

Vediamoli di seguito più nel dettaglio.

2 Per utilizzare al meglio gli strumenti di ricerca a disposizione si rimanda a una disanima del materiale

presentato dal Dott. Cavaleri e dalla Dott.ssa Ballestra (slide e dispensa) nel corso “La ricerca di

informazioni” svolto nell’ambito del modulo di Metodologie della Ricerca.

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1.4.1 Ricerca in biblioteca

Il primo posto dove cercare informazioni è senz’altro la biblioteca. Che sia una

biblioteca universitaria specialistica (la nostra ha un buon catalogo di testi di stampo

organizzativo-manageriale in ambito sanitario), una biblioteca comunale o una interna

all’Azienda nella quale lavorate, non ha alcuna importanza: una volta iniziata la ricerca,

le informazioni che si ricavano porteranno a muoversi verso altri testi e, quindi, verso

altre biblioteche.

Prendete la nostra biblioteca come punto di partenza e di riferimento; qui potete infatti

ottenere facilmente una consulenza per qualsiasi tipo di ricerca bibliografia,

rivolgendosi al banco dei prestiti, oppure prendendo appuntamento allo 0331-572.282, o

contattando direttamente la referente Dott.ssa Laura Ballestra all’indirizzo e-mail

[email protected].

1.4.2 Ricerca a partire da una bibliografia

I testi scientifici contengono sempre una bibliografia, cioè un elenco dei testi di cui

l’autore si è servito per fare la propria ricerca. Partendo da quelli che riuscite a trovare,

potete facilmente elaborare un’ampia bibliografia trascrivendo le informazioni

bibliografiche a cui i testi stessi fanno riferimento. Dopo questa prima fase, è necessario

procurarsi almeno quei testi che – a occhio – sembrano più importanti, e leggerli.

Tenete conto che in molti atenei e in molte aziende ospedaliere esistono

• numerosi abbonamenti a riviste specialistiche, sia in versione cartacea, sia in

versione informatica;

• appositi servizi bibliotecari di reperimento degli articoli scientifici;

• la possibilità di consultare i database scientifici a partire dai computer di

ateneo. Informatevi, caso per caso, su come accedere a questi servizi.

1.4.3 Ricerca attraverso database

Data la proliferazione della letteratura specialistica, esistono a livello internazionale

diversi servizi a pagamento (Current Contents, MedLine, Avery, ecc.), che organizzano

in database tutte le pubblicazioni scientifiche relative a una certa porzione dello scibile

umano. Questi database sono poi consultabili via Rete attraverso ricerche per autore,

titolo, rivista, parole chiave, etc…

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Di solito, come già detto, gli atenei e diverse aziende ospedaliere sono abbonate ad

almeno uno di questi servizi: per accedervi, occorre di solito connettersi alla Rete da

uno dei computer oppure farsi dare una login e una password. In alternativa, esistono in

Rete altri servizi dello stesso tipo gratuiti (ai quali, quindi, potete accedere anche dal

vostro computer di casa o dell’Azienda).

1.4.4 Ricerca sul web

In Rete sono presenti quantità inimmaginabili di informazioni, tali da rischiare di

confondere chi non sia pratico della “navigazione”. Tuttavia, l’unico modo per imparare

a navigare in Rete è andare in Rete. Qualche consiglio:

1. per cercare informazioni particolari dovete saper usare un motore di ricerca;

2. è bene non limitare la propria ricerca a una sola lingua, ma estenderla almeno a

una lingua straniera (la maggior parte delle pagine web sono in inglese e anche

dal punto di vista scientifico, la più parte degli articoli e delle informazioni di

stampo economico-sanitario sono di origine anglosassone);

3. nella massa di pagine web che, in qualsiasi misura, trattano di un argomento, il

90% contiene informazioni inutili, vecchie, o sbagliate. È quindi importante

imparare a distinguere rapidamente i siti che possono essere utili (e attendibili)

da quelli che non vale la pena di visitare;

4. a tal proposito, così come avviene anche nella bibliografia stampata, sono

solitamente più affidabili i siti web gestiti da Istituti di ricerca, Università, Enti

pubblici, Associazioni scientifiche, etc.

Una volta trovato un documento interessante, come abbiamo già detto prima, ci sono

due cose importanti da fare. La prima è quella di salvare la pagina web nella vostra

directory (menù File > Salva con Nome (o Save as) > Nella casella in basso alla voce

Tipo File: indica Archivio web, file unico (.mht)); la seconda, è quella di segnare

direttamente all’interno di un file Word la URL, ovvero l’indirizzo del sito, e la data in

cui avete effettuato l’accesso.

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1.5 L’indagine operativa

Dal momento che, come detto più volte, elemento distintivo di una tesi di Master in

Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie, è la natura operativa del

progetto, è necessario che vengano utilizzate delle strategie operative specifiche.

Così come i diversi argomenti valevoli per lo sviluppo di un progetto di tesi sono

innumerevoli, analogamente le metodiche di indagine possono essere le più svariate

(questionari, analisi dati, check list, interviste, etc…), proprio perché devono essere

coerenti e conformate in base agli obiettivi posti e ai risultati che si intendono

perseguire.

Una volta stabilito il quesito di ricerca e individuati con precisione gli obiettivi cognitivi

del progetto, gli strumenti operativi dovrebbero presentarsi a voi quasi come una

conseguenza logica; se così non dovesse essere, potete comunque confidare

nell’esperienza e nel supporto metodologico offerto dal relatore.

Il relatore può però solo indicarvi la strada più corretta da intraprendere per ottenere i

risultati prefissati; valutate quindi tempestivamente e con molta attenzione tutti gli

aspetti più propriamente operativi: disponibilità di strumenti, persone e tempistiche.

Non dimenticate, quindi, la dimensione della fattibilità (Neresini, 2005): valutando le

risorse di cui disponete, sia in termini di denaro, di tempo e, soprattutto, di competenze.

Inoltre, anche per quanto riguarda la definizione dell’indagine operativa da utilizzare, il

miglior punto di partenza è sempre rappresentato da un’approfondita analisi della

letteratura e da una valutazione adeguata del contesto di riferimento.

Considerate inoltre che la raccolta e la successiva analisi dei dati sono processi che

richiedono molto tempo; conseguentemente è fondamentale predisporre le tecniche di

indagine operativa con largo anticipo, e in accordo con il relatore. Ad esempio la

somministrazione di un questionario prevede molteplici fasi, la cui durata rappresenta

una variabile che non sempre dipende da voi: la stesura del questionario,

l’approvazione/correzioni dal parte del relatore, la richiesta di autorizzazione alla

somministrazione da parte dell’Autorità competente (generalmente la Direzione

Sanitaria), la consegna del questionario stesso, il ritiro, la raccolta dei dati,

l’elaborazione dei risultati.

14

L’importanza di una costruzione solida e coerente della metodologia operativa non è da

sottovalutare, perché una strategia non centrata potrebbe rivelarsi fuorviante rispetto al

raggiungimento degli obiettivi cognitivi prefissati. Le indagini operative però, a

differenza degli obiettivi primari, hanno il vantaggio di poter essere modificate o

rimodulate durante tutto il periodo di realizzazione del progetto, in base alle necessità

emerse e alle condizioni contingenti.

1.6 Analisi, elaborazione e presentazione dei risultati

Come organizzare in modo leggibile e sintetico la presentazione dei risultati dipende

fortemente dal tipo di progetto, non esistono quindi regole valide in generale.

Alcune indicazioni di massima però valgono sempre:

• organizzate i dati in tabelle in modo da far risaltare i confronti significativi;

• presentate i risultati tramite tabelle o figure che rendano più evidente ciò che si

intende affermare;

• se nell’intestazione delle tabelle vengono usate delle abbreviazioni o dei simboli,

questi vanno spiegati per esteso aggiungendo una nota;

I commenti ai risultati sono utili ma non devono essere né banali, né arbitrari.

Un commento è banale quando non dà alcuna informazione significativa che non possa

essere ricavata a prima vista dalla figura o dalle tabelle dei dati (ad esempio evitare

commenti come: “Dal grafico notiamo come la maggioranza delle ostetriche che hanno

compilato il questionario sia di sesso femminile”).

Un commento è arbitrario quando usa i risultati per trarre conclusioni non dimostrate.

Di solito i commenti di questo tipo contengono espressioni fumose e mal definite:

“Questi risultati, paragonati a quelli ottenuti in precedenti studi, sono da ritenersi

soddisfacenti” (chi l’ha detto? Sono state prese in considerazione tutte le variabili?),

“Scartando i valori meno significativi,…” (meno significativi in base a cosa?),

“…Quindi dando più spazio alla formazione si otterrebbe un più alto livello di

motivazione e un maggior rendimento in termini di efficienza” (probabilmente è vero,

ma siamo sicuri di poterlo affermare sulla base della ricerca condotta?).

Prendere in considerazione solamente i risultati più significativi della ricerca non

significa sminuire il lavoro svolto, anzi al contrario permette di dare maggiore evidenza

alle peculiarità e alle connotazioni interessanti del progetto stesso. Inoltre, una volta

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stabilito che alcuni risultati non risultano essere particolarmente significativi, essi

possono essere inseriti come allegato, al fine di dare testimonianza della completezza

del lavoro svolto, senza però appesantire o rendere ridondante il corpo del testo.

L’interpretazione dei risultati è poi un’operazione tanto delicata quanto lo è quella di

definizione della strategia operativa. In effetti sono le due facce di una stessa medaglia:

quanto più è accurato il procedimento metodologico - sia esso un questionario,

un’intervista, o una raccolta dati - tanto più significativi sono i risultati.

16

CAPITOLO 2: COME SCRIVERE LA TESI

2.1 Indice

Dopo aver delineato l'argomento e il titolo (anche provvisorio) della tesi, grazie alla

compilazione della Scheda Progetto, l'indice è sicuramente la prima parte da stilare.

La stesura dell'indice ha una doppia funzione: da un lato permette di chiarire sia allo

scrivente, sia al relatore la struttura del lavoro da realizzare, dall’altro consente alle due

parti di cominciare un dialogo costruttivo che si protrarrà fino alle fine del lavoro.

Per questo motivo è necessario informare tempestivamente il relatore ogni qual volta

vengano apportate modifiche all'indice; tenete infatti presente che, nel corso del lavoro,

l'indice sarà in diverse occasioni modificato sia dall'autore sia dal relatore e, sovente,

l'indice finale risulterà poco o per niente somigliante alla sua prima stesura.

Quindi, e questo vale in generale, non affezionatevi troppo ai documenti che create e

siate estremamente flessibili.

Una domanda che può sorgere da questa considerazione è: allora se lo modifico, perché

devo perdere tempo nella costruzione dell’indice?

Beh, indubbiamente questa attività ha una valenza di tipo logico: l’indice serve per

strutturare il pensiero, per capire quali sono i punti critici da affrontare e per sviluppare

in maniera sensata tutti gli argomenti necessari come supporto per raggiungere

l’obiettivo cognitivo.

Nella stesura dell'indice, procedete per approfondimenti successivi: conviene definire

anzitutto lo schema complessivo dei capitoli, in seguito a ciò, occupatevi di definire la

loro struttura interna (soprattutto dando importanza ai paragrafi, senza esagerare con le

sottostrutture e quindi con i sotto paragrafi).

La costruzione dell'indice dovrà seguire uno schema prefissato, che in una tesi a

carattere sperimentale come quella richiesta in questa sede, è analogo alla strutturazione

di base degli articoli scientifici: si comincia generalmente con un capitolo introduttivo a

carattere teorico, quindi si presentano materiali e metodi utilizzati nella realizzazione

concreta del progetto e la sua contestualizzazione, dando informazioni anche di natura

organizzativa in merito alla realtà o alle realtà all’interno delle quali quel tema si

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sperimenta (serve proprio per comprendere la particolarità dell’applicazione della tesi),

a seguire si illustrano i risultati conseguiti, per finire con una discussione dei risultati

stessi.

In ogni caso, anche quando si decida, in accordo con il relatore, di non seguire uno

schema prefissato di questo tipo, conviene tenere presente che l'indice deve seguire un

percorso logico, partendo da un inquadramento del tema di tesi, a cui segue

l'esposizione di teorie, dati e osservazioni pertinenti all'approfondimento che si intende

svolgere e chiudendosi con una sintesi personale.

2.2 Introduzione

L'introduzione di una tesi è molto differente da quelle a cui siamo abituati nella

letteratura non scientifica. Se queste ultime hanno lo scopo di invogliare a proseguire la

lettura del testo, fornendo sì qualche anticipazione, ma senza eccedere nello svelarne il

contenuto, l'introduzione di una tesi deve descrivere nel modo più chiaro e completo,

sebbene sintetico, il lavoro compiuto.

Partendo dalle motivazioni che hanno portato alla scelta dell'argomento della tesi,

l'autore deve illustrare con chiarezza la tesi o le ipotesi che intende dimostrare e

soprattutto indicare gli obiettivi che si prefigge di raggiungere e presentare gli strumenti

utilizzati.

Tutti gli obiettivi e le ipotesi che qui vengono descritti saranno poi ripresi nelle

conclusioni della tesi, a dimostrazione che quanto ci si prefiggeva (documentato e

dimostrato nel corso dei vari capitoli) è stato raggiunto.

È consigliabile scrivere l’introduzione al termine del lavoro perché solo alla fine si ha

una visione globale del proprio percorso e lo si può quindi illustrare con lucidità. Se si

vuole si può scrivere comunque da subito una prima versione, nella forma di progetto,

indicando a grandi linee: i motivi per cui il lavoro è stato intrapreso, una breve

descrizione del contesto, le aspettative, il percorso ipotizzato, i risultati attesi. Tale

introduzione conoscerà comunque la sua versione definitiva solo a lavoro ultimato o

quasi, dal momento che inevitabilmente il lavoro di redazione della tesi condurrà a

cambiamenti anche profondi rispetto al progetto iniziale.

18

2.3 Capitoli e paragrafi

Il corpo centrale della tesi deve essere suddiviso in parti, ossia in capitoli e paragrafi,

che dovranno essere dotati di numeri progressivi (1.1, 1.2, 1.3 ad esempio) per facilitare

i rinvii interni ed esterni al testo. Sarà indispensabile corredare sia i capitoli sia i

paragrafi di titoli (per esempio 1.1 Inquadramento generale del tema, oppure Capitolo 2

– Analisi organizzativa della Diagnostica per Immagini), generalmente riportati in

grassetto, di tipo descrittivo/informativo. Rinunciate alla ricerca dell'effetto nella scelta

dei titoli di capitoli e paragrafi: la loro funzione è quella di rendere il più possibile

chiaro quale sia il contenuto a cui si riferiscono, e non quella di colpire o incuriosire il

lettore (detto ciò, anche se si utilizza un po’ di inventiva e non si è troppo noiosi, certo

non guasta).

In questa fase di redazione è bene compiere una verifica approfondita delle informazioni

raccolte e della loro credibilità, confrontando tutte le fonti a disposizione. Nel caso in

cui si trovino elementi in contrasto con le asserzioni riportate nella tesi, si possono

fornire argomentazioni efficaci ai propri enunciati, motivandone la scelta.

Generalmente per una tesi di Master è prevista la stesura di circa 3 o 4 capitoli, costituiti

da almeno una ventina di pagine l’uno; in base alle considerazioni svolte nel capitolo e

nel paragrafo precedente, proponiamo di seguito una strutturazione di indice-tipo:

19

Figura 1: format di indice base

INDICE INTRODUZIONE (2-3 pp.)

CAP. 1 - Introduttivo con definizione del problema di ricerca/ambito di interesse (20 pp.)

1.1 1.2 1.3 1.4

CAP. 2 - Spiegazione del progetto (20 pp.) 2.1 Obiettivi 2.2 Contesto 2.3 Strumento operativo o l'attività svolta 2.4 Spiegazione

CAP. 3 - Presentazione dei risultati (20pp.) 3.1 Analisi dei dati 3.2 I principali risultati a cui si è arrivati 3.3 Valutazione degli elementi di forza e di criticità 3.4

CONCLUSIONI (3-8 pp.) BIBLIOGRAFIA

20

2.3.1 Grafici e tabelle

Grafici e tabelle devono sempre avere un titolo e l’indicazione della fonte (si possono

porre insieme immediatamente prima o dopo l’immagine stessa, tendenzialmente in

grassetto, ma la fonte, tra parentesi). Se si tratta di vostre elaborazioni potete mettere la

dicitura “Rielaborazione personale” seguita dalla fonte, (siano essi dati aziendali, dati

di altra natura - ad esempio ISTAT o Ministero della Salute - o il testo di un autore),

oppure non scrivere nulla se dal testo risulta evidente che si presentano solo vostre

elaborazioni sugli stessi dati (all’inizio del lavoro avrete citato la fonte delle vostre

informazioni e gli eventuali accorgimenti adottati nel loro utilizzo ai fini della tesi,

pertanto non vi è necessariamente il bisogno di segnalare sempre come fonte

“Elaborazione propria di dati tratti dalla ricerca”).

Nel caso di grafici e figure pensate anche alla resa finale: se la tesi verrà stampata in

bianco e nero sarà possibile leggerle correttamente? Il carattere utilizzato risulta

adeguato? Ad esempio, utilizzare un corpo del testo diverso e/o più piccolo spesso ne

aumenta la leggibilità e ne migliora l’impaginazione.

Prestate molta attenzione anche alla corretta denominazione e numerazione di tabelle,

grafici e immagini: se si perde la coerenza con la numerazione usata nei rimandi

all'interno del testo, la consultazione della vostra tesi può diventare molto complicata.

Per non incorrere in errori è consigliabile all’interno del testo della tesi fare riferimento

a tabelle e figure non con il numero progressivo, che potrebbe cambiare nel corso

dell’elaborazione, ma con la dicitura “seguente” o “precedente” (ad esempio “come

illustrato nella tabella seguente” anziché “come illustrato nella tabella 3”).

Si consiglia inoltre nelle didascalie di non inserire manualmente i numeri, bensì

utilizzare la funzione di Microsoft Word: Riferimenti > Inserisci didascalia, oppure

Inserisci > Riferimento > Didascalia.

2.4 Le conclusioni

Sono l'ultimo capitolo della tesi e rappresentano la summa del lavoro svolto. Con le

conclusioni il lavoro ha termine e tutte le ipotesi e gli obiettivi che ci si era prefissati

nell'introduzione devono trovare compimento.

È un momento di verifica in cui tutte le argomentazioni e le informazioni riportate nel

corso dei vari capitoli trovano la giusta collocazione in un discorso organico, chiaro e

21

scientificamente corretto. Non si tratta però di un riassunto, le conclusioni devono

evidenziare gli elementi specifici e originali della tesi, che sono appunto quelli che ne

costituiscono l'esito.

Questa è altresì la sede adatta per segnalare eventuali lacune che le conclusioni stesse

del lavoro potrebbero avere evidenziato, e dunque per riesaminare criticamente le

proprie scelte metodologiche.

Oltre a “tirare le fila” del lavoro svolto, evidenziando i principali risultati emersi, le

conclusioni (che infatti a volte sono denominate Conclusioni e sviluppi futuri) possono

fornire suggerimenti su nuove indagini e ricerche, di cui la vostra tesi abbia dimostrato

l'interesse, oppure delineato gli aspetti metodologici, oppure ancora quali potranno

essere i risvolti organizzativi e pratici di proseguimento delle attività nel prossimo

futuro.

In sintesi, dovete scrivere le conclusioni in modo che possano, se lette immediatamente

dopo l'introduzione, fornire un compendio chiaro e completo dell'intero lavoro svolto;

esse infatti riprendono il discorso su quelli che erano all’inizio della ricerca gli obiettivi

e le aspettative, proponendo un bilancio di quanto è stato fatto e di quanto, invece,

rimane da fare. Nelle conclusioni si devono sottolineare le aspettative soddisfatte e

quelle non soddisfatte, gli obiettivi raggiunti e quelli non raggiunti, etc. evidenziando i

dati più interessanti e lasciando aperta la possibilità di proseguire la ricerca, dando

altresì indicazioni per potenziali sviluppi futuri.

2.5 Citazioni e riferimenti bibliografici

Dal momento che uno studente che si accinge a discutere una tesi di Master non può

fondare la validità di quanto scrive su una propria riconosciuta autorità in materia, è

necessario che argomenti diffusamente le proprie affermazioni. Le citazioni, in questo

caso, sono uno strumento indispensabile per fornire le necessarie argomentazioni, senza

appropriarsi indebitamente di conoscenze altrui.

Oltre a una questione di onestà intellettuale, l’utilizzo in maniera corretta dei riferimenti

bibliografici ha una duplice funzione: da un lato permette di riconoscere l’apporto dato

al vostro lavoro dalle fonti da voi studiate, dimostrando altresì il corpus di conoscenze

su cui si basa il progetto, dall’altro rende agevole a chi legge l’identificazione delle

fonti. La vostra tesi deve perciò riportare i riferimenti bibliografici di tutti i documenti

22

utilizzati o ai quali si è fatto riferimento, compresi gli indirizzi dei siti consultati, senza

esagerare però! Inserire 8 pagine di bibliografia con 100 citazioni potrebbe non

sembrare verosimile agli occhi della commissione. Si devono inserire comunque quei

testi che, anche se solo parzialmente, sono stati consultati. Utilizzare citazioni e fornire

indicazioni bibliografiche in modo omogeneo e accurato in un lavoro scritto ne aumenta

l’autorevolezza e la chiarezza.

Si dovrebbe sempre accedere direttamente a ogni articolo o testo citato, ma a volte non è

possibile; ciò accade nel caso in cui ci si riferisce a fonti secondarie, ad esempio quando

si utilizza un libro di testo generale, un manuale o un’enciclopedia che a sua volta cita il

lavoro di altri. È ad ogni modo importante far capire a chi legge qual è la fonte primaria

e, se questa non è facilmente reperibile, è in un’altra lingua o è molto datata, lasciare già

nel corpo del testo la fonte dalla quale si è preso spunto per il concetto descritto (fonte

secondaria).

Il processo di redazione dei riferimenti bibliografici consiste di 2 parti correlate tra loro:

1. citare le fonti nel testo principale del vostro documento (citazione);

2. scrivere il riferimento bibliografico corrispondente, in forma estesa, alla fine del

documento (bibliografia).

Ci sono 2 sistemi di citazione/riferimenti bibliografici riconosciuti a livello

internazionale: il sistema Harvard (altrimenti conosciuto come il sistema nome-anno, o

approccio alfabetico) e il sistema Vancouver (noto come sistema numerico, o citazioni

in sequenza).

Qualsiasi sia la scelta attuata per fornire riferimenti bibliografici in elaborati scritti, si

raccomandano tre regole fondamentali: uniformity, consistency and accuracy (King’s

college London, 2008). Queste sono l’omogeneità e fedeltà ad un unico stile dalla prima

all’ultima pagina del lavoro, nonché l'accuratezza, intesa quale precisione massima.

Prendete nota nel dettaglio di tutte le fonti alle quali vi riferite nel lavoro, annotate

sempre le informazioni sull'autore (cognome e almeno le iniziali del nome), il titolo

completo e la prima e ultima pagina dello scritto che consultate.

23

2.5.1 Sistema Harvard

Tutte le affermazioni, opinioni, teorie, etc… prese dal lavoro di un altro scrittore

dovrebbero essere indicate, sia che il lavoro sia stato citato direttamente sia nel caso in

cui vengano semplicemente rielaborate le parole o riassunti i concetti.

Nel sistema Harvard si fa riferimento alle pubblicazioni citate nel testo fornendo il

cognome dell’autore e l’anno di pubblicazione in una delle modalità che seguono:

1. Se il nome dell’autore è riportato nella frase, l’anno è indicato tra parentesi:

«In un manuale di recente pubblicazione, Jefferson (2011) afferma che…»

2. Se il nome non compare nella frase, sia il nome dell’autore sia l’anno vengono

riportati nelle parentesi:

«Il carcinoma epatocellulare è uno dei tumori più diffusi nel mondo (Cook,

2005), ma la sua incidenza varia notevolmente (Bassendine, 2007; Vitale et al.,

2006).»

Quando un autore ha pubblicato più di un documento citato nello stesso anno, questi

devono essere distinti aggiungendo delle lettere minuscole (a, b, c, etc.) dopo l’anno

all’interno delle parentesi:

«Cantarelli (1996a) discusse l’argomento…»

Quando un autore ha pubblicato più documenti in diversi anni, questi devono essere

citati in ordine cronologico di data di pubblicazione:

«Brown (1991, 1994, 1996) ha pubblicato in merito a…»

Spesso però nei testi o articoli scientifici si riscontra l’ordine cronologico inverso,

ovvero si privilegia la fonte più recente e la si elenca per prima. In ogni caso

l’importante è seguire un criterio di omogeneità, ovvero utilizzare sempre lo stesso

criterio: o in ordine cronologico dalla più datata alla più recente, o al contrario dalla più

recente alla più datata.

Se ci sono due autori, devono essere indicati entrambi i cognomi:

«Cantarelli e Pontello (1985) hanno proposto di …»

Se ci sono tre o più autori deve essere riportato solo il cognome del primo autore,

seguito da et al. (che significa “e altri”, dal latino et alii) in corsivo:

«Cantarelli et al. (1993) conclusero che …»

Non è insolito comunque che venga segnalato, per brevità, solo il primo autore anche

nel caso in cui siano solo due.

24

Nel sistema Harvard tutti i riferimenti bibliografici presenti nella tesi sono poi elencati

alla fine del testo in ordine alfabetico per cognome degli autori. In bibliografia tutti gli

autori devono comparire: non si utilizza mai et al. e tanto meno AA.VV. Se viene citata

più di una pubblicazione dello stesso autore, dovrebbero comparire in ordine

cronologico; se più di una pubblicazione fra quelle citate è stata pubblicata nello stesso

anno, queste dovrebbero essere elencate cronologicamente e associate a una lettera

minuscola affinché possano essere contraddistinte (1997a, 1997b).

2.5.2 Sistema Vancouver

Questo stile è simile alle “note a piè di pagina” ed è spesso utilizzato nelle scienze, in

medicina e in salute pubblica. Utilizza i numeri all’interno del testo, i quali vengono

messi fra parentesi o sono scritti con carattere più piccolo e in alto come le note. Questi

numeri corrispondono alle fonti che vengono poste al termine del lavoro (e non alla fine

di ogni pagina). È lo stile più semplice dal punto di vista del formato perché non usa né

corsivo né abbreviazioni latine, ma richiede molta attenzione perché la progressione

numerica può cambiare molto spesso, parallelamente alle modifiche che subisce il testo.

Dal punto di vista metodologico è quindi importante cambiare i riferimenti bibliografici

nel testo solo quando si è sicuri di aver concluso l’elaborato scritto, per evitare errori e

perdita di tempo (si corre il rischio di dover rinumerare tutto) se si dovessero

aggiungere altre citazioni.

Nel corpo della tesi è quindi assegnato a ciascun riferimento bibliografico un numero

consecutivo posto fra parentesi la prima volta a cui vi si fa riferimento. Se la stessa

fonte è citata anche successivamente, viene riportato lo stesso numero assegnato alla sua

prima citazione.

«È stato dimostrato (1) che questa teoria ha alcuni meriti. Comunque, scritti successivi

(2, 3) riportano (…) per interviste strutturate. Murray (4) dimostrò che attraverso (…)

potrebbero essere eliminate. È stato inoltre riportato nella letteratura che questa teoria

(5, 6, 2)»

Se si ricorre al metodo Vancouver, l’elenco di tutti i riferimenti bibliografici e fonti

impiegate al termine dello scritto è redatta in ordine numerico, cioè seguendo l’ordine

nel quale le fonti sono state citate nel testo.

25

2.5.3 La bibliografia

Come abbiamo già detto, e quale che sia il metodo citazionale scelto, è necessario

riportare in bibliografia l’indicazione completa di tutti i testi a cui avete fatto

riferimento all’interno dello scritto. Se si è deciso di utilizzare il metodo Harvard, essi

verranno elencati in ordine alfabetico in base al cognome dell’autore, se si è fatto

ricorso al metodo Vancouver, essi verranno elencati in base al numero progressivo con

cui sono stati indicati all’interno del testo.

Dal momento che in bibliografia è necessario riportare il riferimento completo, le regole

citazionali sono le stesse; una sintesi viene offerta nella tabella seguente.

Tabella 1: regole citazionali per la costruzione della bibliografia

Tipo di fonte Elementi da indicare Esempio

Articoli e riviste

• Cognome e Nome dell’autore (abbreviato)

• Titolo dell’articolo e della rivista • Numero del fascicolo e pagine in cui

appare l’articolo • Giorno, mese e soprattutto anno di

pubblicazione

Thorpe K.E., Inside the Black Box of Administrative Costs, Health Affairs, Pages 42-55, Summer, 1992

Libri (quando si è letto interamente)

• Cognome e Nome dell’Autore • Titolo del Libro ed eventuale

sottotitolo • Editore, Luogo e Data di Edizione • Numero di pagine ed eventuale

numero di Volumi

Berlanda E. et al, Strumenti derivati. Il mercato dei futures, Roma, Bancaria, 1994

Capitoli di libri o saggi in opere collettive

• Cognome e Nome dell’Autore • Titolo del Capitolo o del Saggio • Nome del curatore dell’opera

collettiva • Numero del volume (se più di uno) in

cui è inserito il capitolo o saggio • Editore, Luogo e data di edizione • Numero di pagina del capitolo o

saggio in oggetto

Mannucci M., Le ulcere da decubito, in Giglioli L. e De Alfieri W., Manuale di Geriatria, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1993, pp. 88-94

Atti e congressi

• Cognome e Nome dell’Autore • Titolo della presentazione ed

eventuale sottotitolo • Tipologia congresso e titolo • Luogo e data

Di Mola G., La famiglia del malato terminale di cancro: luogo di cura ed elaborazione del lutto, in III Congresso Nazionale S.I.P.O., La crisi di identità del paziente oncologico, Torino, 2004.

Leggi e decreti

• Abbreviazione del tipo di atto • Data dell’atto per esteso

(giorno/mese/anno) • Numero dell’atto • Titolo dell’atto

D.Lgs. 30 Marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche

26

2.6 Layout e stampa

La copertina del vostro elaborato, potrà essere rilegata con qualsiasi materiale (seta,

pelle, finta pelle, etc...), purché esclusivamente di colore blu o verde e con una

rilegatura a libro, e non in cartone o spiralata.

Considerate che le tempistiche per la stampa vanno dai 3 ai 5 giorni lavorativi.

Vi suggeriamo, pertanto, di consegnare il frontespizio due settimane prima della

consegna della tesi per la rilegatura, calcolando un tempo di almeno una settimana per

la chiusura e stampa del documento cartaceo.

Ricordiamo di seguito brevemente le regole per la compilazione da un punto di vista

formale dell’elaborato.

• Formato della pagina: dimensione: A4 (21x29,7 cm); margine superiore: 3 cm;

margine inferiore: 3 cm; margine interno o sinistro: 3,5 cm; margine esterno o

destro: 3,5 cm; interlinea 2 linee.

• Battitura pagine: da 26 a 30 righe.

• Font consigliato per il testo: Times New Roman, 11 punti, con rientro di 0,5 cm

nella prima linea, giustificato; Font consigliato per le note a piè pagina: Times

New Roman, 9 punti.

• Stampa: su una sola facciata o su entrambe le facciate a seconda del numero di

pagine dell’elaborato.

• Copertina e frontespizio: devono recare indicazione di: “Università Carlo

Cattaneo – LIUC”, titolo dell’elaborato, nome e cognome, numero di matricola,

relatore e anno accademico (vi verrà fornito il format a tempo debito).

Vi consigliamo inoltre di impostare fin da subito il file secondo le indicazioni date, in

modo da non dover perdere tempo prezioso prima della consegna per sistemare la

grafica e l’impaginazione.

27

CAPITOLO 3: LA DISSERTAZIONE FINALE

3.1 La discussione finale

La discussione della tesi è una circostanza piuttosto formale (anche se il tono può essere

abbastanza disteso, a seconda della composizione della commissione e

dell’impostazione data dal suo Presidente), in cui il candidato ha modo di illustrare

molto sinteticamente il suo lavoro e il relatore esprime le impressioni e il giudizio

complessivo sul lavoro presentato; tutto ciò per mettere in grado la commissione di

giudicare la tesi ai fini dell’approvazione e in termini di punteggio finale.

Strutturalmente, la “cerimonia” consta di quattro momenti:

1. la presentazione della tesi da parte del candidato;

2. la discussione del lavoro con eventuali domande da parte della commissione;

3. la discussione in commissione a porte chiuse;

4. la proclamazione del risultato.

La presentazione della tesi viene fatta a una commissione di docenti ed esperti che di

regola si occupano di ambiti diversi del settore economico ed organizzativo sanitario.

Proprio perché la commissione è eterogenea, spesso è opportuno fare una rapida

introduzione (una o due slide, non di più) per consentire a tutti di inquadrare il progetto

cogliendone il valore (e non i dettagli).

Durante la discussione il candidato illustra quindi alla commissione il percorso seguito

nell’organizzazione del proprio lavoro: il motivo della scelta dell’argomento, gli

strumenti dell’analisi, le metodologie utilizzate, i risultati raggiunti. Lo studente è

tenuto a preparare una presentazione di circa 8-9 minuti in cui si riassumono i contenuti

principali del lavoro svolto; si sottolinea pertanto l’importanza di non dilungarsi in

aspetti introduttivi e di carattere generale, ma di concentrare la propria attenzione sul

lavoro critico e originale svolto.

Non soffermatevi troppo sulle premesse, ricordatevi che citare la letteratura o la

normativa vigente è importante ma non è l’aspetto innovativo del vostro lavoro; vi

trovate inoltre di fronte a persone competenti e mediamente esperte del settore sanitario,

che conoscono l’argomento generale che andate a trattare.

28

Considerando di avere 9 minuti a disposizione per la presentazione della tesi di laurea,

in linea di massima vi consigliamo di ripartire il tempo a vostra disposizione, secondo

queste indicazioni:

• 1 min.: introduzione all’elaborato;

• 2 min.: presentazione generale del progetto (obiettivi e contesto letterario di

riferimento);

• 4 min.: descrizione della ricerca (il vostro contributo chiave);

• 2 min.: conclusioni e sviluppi futuri.

Cercate poi di evidenziare i punti di forza della ricerca, senza però esagerare e senza

mostrarvi troppo sicuri: durante la presentazione della tesi è meglio dire “ho cercato di

dimostrare” piuttosto che “ho dimostrato”.

Pensate, i giorni precedenti la discussione, a risposte plausibili sui punti deboli del

vostro lavoro, l’importante è non fare mai scena muta; piuttosto girate intorno al

problema, ma rispondete sempre; in fondo non c’è nessuno che conosce il progetto

meglio di voi. Se venite interrotti fate quindi attenzione alla domanda che vi viene

posta, e non abbiate fretta di riprendere la vostra scaletta.

Se infine, come spesso accade, durante la presentazione del progetto, vi è richiesto di

stringere i tempi e arrivare alle conclusioni, fate come vi chiedono; anzi, fatevi trovare

pronti nello scorrere velocemente alla slide conclusiva, ed esponete in maniera sintetica,

ma chiara le vostre ultime considerazioni. Stabilite già a priori, durante le prove di

discussione che effettuerete a casa, qual è la slide più rilevante e quindi quella

necessariamente da proiettare nel caso di interruzioni o di richiesta di arrivare subito al

sodo, in modo tale da essere pronti a ogni evenienza.

3.2 La presentazione in Power Point

Esponete chiaramente (scrivendolo esplicitamente su una slide) l’obiettivo del lavoro e

l’idea che lo rende interessante, il valore aggiunto, il contributo originale, senza

addentrarvi in nessuna spiegazione prima di aver comunicato a chi ascolta dove state

andando. Attenzione però: non inserite nella slide il discorso già verbale che intendete

fare, le slide sono un supporto e in quanto tali devono rimanere sintetiche e

rappresentative, ricche di disegni piuttosto che di concetti, per non dare l’idea di leggere

qualcosa di già scritto all’interno del supporto Power Point.

29

Se la tesi rappresenta qualcosa di realmente originale, per facilitare la comprensione del

valore aggiunto del vostro lavoro, è buona norma fare inizialmente una sintetica

descrizione dello stato dell’arte: spiegando ciò che è stato fatto finora, in cosa consiste il

contributo dato dal progetto e perché è importante (1 slide).

È utile richiamare poi questi aspetti in una slide di conclusioni, in cui si metta in

evidenza se e come i risultati della tesi siano davvero coerenti con gli obiettivi dichiarati

all’inizio e quali possono essere gli sviluppi futuri del lavoro.

Una figura esprime più di mille parole, in particolare nell’ambito di una presentazione

in Power Point; sostenete quindi le vostre affermazioni mostrando i risultati,

preferibilmente sotto forma di grafici, non di tabelle zeppe di numeri. Se si presentano

tabelle, risulta utile evidenziare graficamente (neretto, colore, frecce, animazione, etc…)

i numeri che danno un’informazione davvero importante: chi ascolta deve essere

guidato alla comprensione del significato dei risultati mostrati.

Scrivete nelle slide frasi corte (come i titoli su un giornale); se scrivete tutto ciò che si

vuole dire, finirete con il leggere le slide, annoiando tutti.

Non ponetevi il problema di quante slide preparare (indicativamente dieci, ma anche se

sono 12 o 13 non ci sono problemi), ma piuttosto preoccupatevi di quanto tempo

impiegherete per mostrarle; la capacità di sintesi è segno di maturità e la capacità di

rispettare i tempi stabiliti è segno di rispetto verso gli altri. Non cercate di sintetizzare la

descrizione di dieci mesi di lavoro in dieci minuti, perché sarebbe impossibile o quanto

meno riduttivo, ma riflettete su quali sono le cose più importanti che potete presentare

in dieci minuti, e concentratevi su quelle. Meglio presentare bene poche idee e risultati

interessanti (lasciando intendere che c’è molto altro lavoro alle loro spalle), che risultare

incomprensibili.

Se una slide richiede più di tre minuti di commento, probabilmente o necessita di essere

suddivisa in più slide o devono essere ridotti i commenti.

Se avete dei dubbi, chiedete consiglio al relatore (non all’ultimo momento, però), e non

abbiate paura della commissione: una presentazione ben curata si ascolta sempre

volentieri!

Attenzione: potrebbe risultare di supporto, una volta predisposte le slide, la creazione di

un discorso, scritto in word, che serva come filo conduttore della vostra spiegazione

delle slide. Fissare i concetti per iscritto, preparandosi il discorso che sarà fatto poi

30

verbalmente, è sicuramente utile per il rispetto dei tempi. Se rileggendo i vostri

commenti impiegherete 20 minuti, ci saranno troppe informazioni e quindi risulterà non

corretto.

3.3 La valutazione

Il relatore giudica la tesi durante tutto il percorso che ha contraddistinto la sua

elaborazione, tenendo conto dell’impegno dimostrato dallo studente, dell’originalità del

lavoro prodotto, della puntualità e del rispetto delle scadenze previste; inoltre spetta al

solo relatore la decisione di ritenere l’elaborato pronto per la discussione finale.

La commissione, nella persona del Presidente, valuta invece solitamente il risultato

finale. La discussione della tesi avviene al cospetto di una commissione appunto

(comprensiva del relatore e di docenti/esperti del settore economico, manageriale e

sanitario) che basa il suo giudizio finale sulle impressioni ricavate dalla prestazione

dello studente e sulla proposta di voto del relatore.

Il voto finale è quindi condizionato da tre fattori:

1. la media dei voti degli esami sostenuti;

2. il voto proposto dal relatore;

3. il voto relativo alla dissertazione finale.

La media dei voti degli esami sostenuti non è data da una semplice media aritmetica,

bensì ponderata, dove per calcolo ponderato si intende la sommatoria del prodotto tra il

voto di ciascun esame e i crediti formativi (CFU) a esso associato, diviso il totale dei

crediti conseguiti (non vengono prese in considerazione le lodi):

Figura 2: formula per il calcolo della media ponderata

(Esame1 x Crediti1) + (Esame2 x Crediti2) + (Esamen x Creditin)

Totale crediti

= Media ponderata

31

Nell’esempio sottostante viene preso in considerazione un ipotetico titolo conseguito

con 3 esami.

Tabella 2: esempio di calcolo della media ponderata

Esame Voto Crediti Esame 1 18 6 Esame 2 20 4 Esame 3 25 12

Totale Crediti: 22

(18x6) + (20x4) + (25x12)

22

Il relatore propone un punteggio da assegnare all’elaborato che va da un minimo di 0

a un massimo di 6, in considerazione di tutto quello che è stato il percorso del discente,

dalla progettazione alla stesura vera e propria; rappresentano quindi componenti in

grado di incidere sulla valutazione anche l’originalità dell’ideazione dell’elaborato, il

rispetto delle tempistiche assegnate, il corretto layout, il reale contributo personale,

etc…

Come anticipato, anche la conduzione della dissertazione finale comporta una

valutazione, che va da un minimo di zero a un massimo di due punti.

In questo caso sono diversi i fattori che condizionano la valutazione: l’utilizzo di un

linguaggio appropriato, la capacità di esporre in maniera efficace ma sintetica gli aspetti

più interessanti del progetto, il rispetto del tempo assegnato, la prontezza e

l’adeguatezza delle eventuali risposte offerte, etc…

= 22,18

32

CAPITOLO 4: CONSIGLI UTILI

4.1 Prima dell’invio al relatore

Anzitutto, fin dalle prime pagine che si mostrano al relatore, è necessario badare alla

forma: non sono ammessi errori di ortografia, grammatica, sintassi e tanto meno

punteggiatura. Attenzione anche alla consecutio temporum: aiuta ad evitare continui

passaggi dal tempo passato, al presente, al futuro. Lo stile deve mantenersi il più

possibile sobrio e i periodi devono avere una loro complessità: non si va a capo ad ogni

punto.

Vanno evitate affermazioni esagerate o gratuite: ogni affermazione va motivata e

giustificata, come deduzione di ragionamenti precedenti o sulla base di riferimenti

bibliografici da citare per correttezza.

Il discorso deve essere tendenzialmente strutturato in terza persona perché bisogna

avere un approccio scientifico. È molto importante cercare di scrivere in maniera chiara

senza dimenticare che una tesi è un esercizio scientifico che richiede esattezza e non

approssimazione.

È molto facile scrivere dei testi sbrodolati che non vogliono dire nulla, molto più

difficile è avere tesi innovative con spiegazioni brevi; nell’indecisione scegliere quindi

sempre di scrivere poco ma con precisione scientifica.

È assolutamente controproducente inviare la tesi solo al termine della stesura; essa va

infatti inviata al relatore per ricevere le dovute correzioni capitolo per capitolo, in modo

che questi possa farsi un’idea dello sviluppo del progetto man mano che lo state

percorrendo, correggendovi quindi in itinere e prima che sia troppo tardi.

4.2 Cosa non scrivere

In linea di principio, è possibile scrivere tutto quello che ritenete utile per sostenere la

vostra tesi, ma prima di fare un’affermazione o scrivere un commento cercate di capire

se rientra in uno dei seguenti casi:

1) opinioni, pareri, teorie, etc... tratte dalla letteratura (deve essere sempre citata la

fonte e la fonte deve essere presente in bibliografia);

2) dati, informazioni (deve essere sempre citata la fonte, aggiungendo

eventualmente la dicitura “elaborazione personale da …”);

33

3) opinioni personali (argomentate alla luce di riflessioni che muovono dalla teoria

o dai dati ottenuti con la vostra ricerca empirica).

Se quello che state per scrivere non rientra in uno di questi casi riflettete sui vostri

appunti: state scrivendo una tesi di Master che si presuppone abbia un fondamento

metodologico, non un report né tantomeno un diario. Indipendentemente dal fatto che

desideriate (o meno) parlare anche di impressioni ed emozioni (eventualità non

inconsueta qual ora si parli di motivazione, competenze o leadership), siete in grado di

argomentare efficacemente quanto avete scritto?

Se la vostra è una tesi sperimentale, siete naturalmente autorizzati a proporre le vostre

aspettative tra le ipotesi di ricerca e le vostre chiavi di lettura nella fase di

interpretazione dei dati e nelle conclusioni. Ma attenzione, non si tratta di visioni giunte

da chissà dove o pure considerazioni personali: sono osservazioni ottenute applicando la

vostra capacità di comparare e mettere in relazione informazioni, fenomeni e teorie in

maniera sensata e, possibilmente, originale.

Nella parte teorica della tesi, cioè quella dedicata alla rassegna della bibliografia, dovete

cercare di usare le idee trovate nella letteratura e di farle “dialogare tra di loro” in

maniera critica, integrandole con i vostri commenti quando sono utili alla comprensione

globale o quando aggiungono qualcosa di illuminante a quanto detto da altri (attenzione

però: dovete attribuire le opinioni alle diverse voci e rendere esplicito lo spazio dedicato

alle vostre considerazioni).

4.3 Il “copia e incolla”

Inutile fare finta che non adotterete nella fase di stesura, o non penserete almeno una

volta di farlo, la classica tecnica basata sul “copia e incolla" dalla letteratura.

È quindi utopistico pensare che vietare tale tecnica sia un deterrente sufficiente; diviene

quindi importante che venga fatto con intelligenza e, soprattutto, con spirito critico. Il

"copia-incolla" va bene per una prima stesura e per vincere il panico da pagina bianca:

cominciate dalla lettura di un numero limitato di contributi (libri o articoli fondamentali

del settore) e prendete in esame, anche riportandole sulle pagine della tesi, le parti che

vi sembrano più significative perché esprimono in una forma chiara le idee e i concetti

che anche voi avete in mente. Per non perdere preziose informazioni ricordatevi di

mettere sempre quello che copiate fra virgolette e di annotare il libro e la pagina da cui

34

state riprendendo il passo (vi servirà per affrontare il problema della citazione in

maniera corretta).

Dopo aver messo in ordine i materiali, rileggete tutto attentamente e cercate di riscrivere

il testo usando le vostre parole. Nella stesura finale è meglio usare le citazioni “tra

virgolette” (quelle riportate fedelmente parola per parola) con parsimonia e, soprattutto,

quando la porzione di testo che volete citare costituisce un sunto particolarmente

efficace. Ma non dimenticate di citare le fonti anche per tutto il resto (il discorso è già

stato ampiamente affrontato nel paragrafo 2.5).

Giunti alla fine del vostro percorso di studi avete già trascorso all'interno delle

istituzioni scolastiche almeno 16 anni della vostra vita, ma questo non significa che

siate capaci di scrivere una tesi di laurea; anzi, per la stragrande maggioranza di voi è la

prima volta.

Uno degli aspetti complessi è riuscire ad adeguarsi allo “stile”, al linguaggio e al lessico

tecnico della disciplina in cui si inserisce la vostra tesi. L’unico aiuto su questo fronte

può arrivare da un’analisi attenta della bibliografia, dalla quale dovete riuscire a estrarre

sia indicazioni di contenuto sia indicazioni in termini di linguaggio della comunità

scientifica di riferimento. Da questo punto di vista il “copia-incolla” può essere una

buona palestra per l’addestramento.

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BIBLIOGRAFIA

Eco U., Come si fa una tesi di laurea, ed. Bompiani, 1977.

Bernardi L., La ricerca per conoscere, in: Bernardi L. (a cura di), Percorsi di ricerca

sociale, Carocci, Roma, 17-26, (2005).

King’s college London, Citing references Advice on the consistent acknowledgement of

print and electronic resources, 2008. Disponibile al link: www.kcl.ac.uk/iss

Neresini F., La ricerca per lo sviluppo della conoscenza, in: Bernardi L. (a cura di),

Percorsi di ricerca sociale, Carocci, Roma, 41-49, (2005).