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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2012 + …PRIMAVERA, lieve e indolente…” questi sono gli aggettivi che usa Ron nella sua canzone “Cambio stagione”, e forse è davvero così l’aria nuova che ci accoglie in questo passaggio di stagione. Arrivata, facendosi attendere a lungo, la primavera raddolcisce l’animo, l’aria e la natura ma allo stesso tempo provoca quella sorta di “spossatezza” che fa sentire un po’ fiacchi e stanchi; le giornate si allungano, c’è più luce, più tempo per fare tante cose, ma si deve riprendere il ritmo che tanti mesi è andato in letargo. Sensazioni contrastanti che colpiscono la nostra mente e di conseguenza anche il nostro corpo, rendendo, a volte, questo passaggio faticoso e stancante. Ma è un passaggio che apre ad una nuova vita, e comporta un periodo di adattamento, come i tanti cambiamenti che si incontrano ogni giorno; passaggio che per noi significa anche cammino di Quaresima, cammino di pentimento, di privazione, di astinenza in vista della nuova vita vera, quella della Pasqua e della Resurrezione. Cammino che fa faticare, che trattiene dal superfluo, che provoca sofferenza forse, ma che diventerà dolce quando Cristo scenderà dalla croce regalandoci il dono più bello, quello della vita che non finisce ma dopo la morte vive e ri-vive con Lui e in Lui. Un’attesa obbligata in vista della gioia, come quando si aspetta un regalo e si è impazienti, ma poi lo si riceve e apre con ancora più sorpresa e gratitudine. In questo numero vi raccontiamo alcune piccole e grandi scelte che nascono dai cammini che la pastorale giovanile propone, perché per alcuni giovani non sono rimaste solo esperienze, ma si sono concretizzate in scelte di vita; e abbiamo deciso di dedicare spazio anche all’arte, quella della musica e della poesia, perché la fede racconta e si racconta anche con questi mezzi, che alcuni animi più portati riescono a usare per scandagliare le profondità del mistero di Cristo, e per comunicarlo con una peculiarità che colpisce e affascina. Un numero ricco, come è ricca questa primavera che torna e porterà nuovi frutti… buona lettura! Francesca Vici Buoni motivi. Sono quelli che andiamo cercando quando dobbiamo fare qualcosa, portarlo avanti, intraprenderlo. Sono loro che ci portano a fare determinate scelte, e se non hai un buon motivo è difficile che porterai a termine qualcosa. Met- tendo in fila i nostri “buoni motivi”, andando a vedere cosa si nasconde dietro ciascuno di loro, i pensieri e i sentimenti su cui si basano, possia- mo risalire al senso che diamo alla nostra vita. Il senso è quel Motivo con la “M” maiuscola. Ci vuole coraggio ad averlo perché poi per rimane- re fedele occorre costanza, pazienza, caparbietà. Ma è anche vero che il senso che custodisci ti permette di vedere tanta bellezza in più, quel- la bellezza sparsa nelle giornate che non è solo frutto di caso e coincidenze. Il senso ti fa forte: se hai una direzione sai da dove sei venuto e dove stai andando così che, se ti rialzi dopo una PG news caduta, puoi riprendere con decisione il cammi- no. Il senso dà significato, è l’unica motivazione che rimane, quella cosa che ti fa alzare la mattina. Un verso del Salmo 3 dice: “mi sveglio perché il Signore mi sostiene”. Quanta libertà in queste parole. Il salmista era così impregnato del suo senso, del suo appartenere al Signore che ne af- ferma la sua essenzialità in ogni azione: l’unico motivo per alzarmi è la certezza che il Signore è con me, senza questa certezza non potrei nem- meno pensare di uscire dalle coperte. La qua- resima è tempo propizio per (ri)darci il senso, quello buono che non mette al centro noi stes- si. Il silenzio, la preghiera, il digiuno, la carità… viviamo questo perché poi c’è la Pasqua. Una scuola per imparare ad abbracciare la croce, ma per amore e senza paura perché dopo, anche se rimarranno i segni dei chiodi, la pietra del sepol- Buoni motivi cro rotolerà via. Una delle cose che sempre mi stupiscono della Parola è il suo ripetersi nella vita dell’uomo. Come se a proseguirne la scrit- tura ci fosse la vita di ognuno dinoi, o come se la Parola fosse viva per la grazia di persone che le danno carne. Quest’ultima settimana di qua- resima possiamo viverla accanto a Gesù. Il farci frequentatori della Parola e poi suoi abitatori, ci fa essere di quegli amici fedeli che aprono la porta, si mettono a tavola e stanno con Colui che passa per restare; ci fa essere,come diceva padre Spidlik, alberi rovesciati: con le radici nel cielo e i rami qui sulla terra. Se togli la certezza del Paradiso perdi ciò che sta alla base. Ma avere i rami sulla terra vuol dire che qui, nei luoghi della tua vita, devono essere sparsi i frutti. Parla il tuo stile di vita, come ti vesti, cosa pensi la sera prima di addormentarti, che relazioni hai con i vicini di casa, con i colleghi. Se siamo veramen- te alberi rovesciati possiamo parlare di politica senza tralasciare nessuna priorità perché sappia- mo bene dove siamo ancorati. A staccarsi ci si secca e, soprattutto, ci si stanca.A pensare la vita come una lotta contro gli altri, contro un mondo che non va, come una lotta alla sopravvivenza, viene naturale staccare la spina. La lotta c’è, ma è dentro di noi per lasciare scorrere quella linfa che, dalle radici, non aspetta altro che scorrere libera per tutto l’albero. È una lotta che vale la pena fare perché poi ti cambia la vita, ne vale la pena solo per il “Compagno” che hai accanto. E penso che per affrontare questa battaglia ogni cristiano custodisca nel segreto del cuore i suoi “buoni motivi”. Maria Savini Benedetto XVI «Prestiamo attenzione gli uni agli altri per sti- molarci a vicenda nella carità e nelle opere buone.» (Eb 10,24). Il primo elemento è l’invi- to a fare attenzione, fissare lo sguardo sull’al- tro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Anche oggi Dio ci chiede di essere custodi dei nostri fratelli di instaurare relazioni carat- terizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene. Il gran- de comandamento dell’amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è cre- atura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell’altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. L’attenzione all’al- tro comporta desiderare per lui il bene, oc- corre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è buono e fa il bene. Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. pillole di Dom. 1 aprile Giornata Mondiale della Gioventù Ore 15 in piazza del Duomo Ven. 6 aprile Silenzio e preghiera nelle ore dell’agonia di Gesù. Dalle 12 alle 15 in Cattedrale. Sacerdoti disponibili per le confessioni Ven. 20 aprile Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni Sab. 21 aprile Consacrazione di Chiara Pongetti secondo il rito dell’Ordo Virginum ore 21:00 in Cattedrale giov. 3 maggio preghiera degli amici a san Paolino ore 19:00 in Cattedrale sab. 2 giugno S.cool Party: festa di fine anno per tutte le classi che hanno fatto la settimana di condivisione

21 grammi PG Senigallia marzo 2012

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21 grammi Pastorale Giovanile Senigallia marzo 2012

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2012

+…PRIMAVERA, lieve e indolente…” questi sono gli aggettivi che usa Ron nella sua canzone “Cambio stagione”, e forse è davvero così l’aria

nuova che ci accoglie in questo passaggio di stagione.Arrivata, facendosi attendere a lungo, la primavera raddolcisce l’animo, l’aria e la natura ma allo stesso tempo provoca quella sorta di “spossatezza” che fa sentire un po’ fiacchi e stanchi; le giornate si allungano, c’è più luce, più tempo per fare tante cose, ma si deve riprendere il ritmo che tanti mesi è andato in letargo.Sensazioni contrastanti che colpiscono la nostra mente e di conseguenza anche il nostro corpo, rendendo, a volte, questo passaggio faticoso e stancante.Ma è un passaggio che apre ad una nuova vita, e comporta un periodo di adattamento, come i tanti cambiamenti che si incontrano ogni giorno; passaggio che per noi significa anche cammino di Quaresima, cammino di pentimento, di privazione, di astinenza in vista della nuova vita vera, quella della Pasqua e della Resurrezione.Cammino che fa faticare, che trattiene dal superfluo, che provoca sofferenza forse, ma che diventerà dolce quando Cristo scenderà dalla croce regalandoci il dono più bello, quello della vita che non finisce ma dopo la morte vive e ri-vive con Lui e in Lui.Un’attesa obbligata in vista della gioia, come quando si aspetta un regalo e si è impazienti, ma poi lo si riceve e apre con ancora più sorpresa e gratitudine.In questo numero vi raccontiamo alcune piccole e grandi scelte che nascono dai cammini che la pastorale giovanile propone, perché per alcuni giovani non sono rimaste solo esperienze, ma si sono concretizzate in scelte di vita; e abbiamo deciso di dedicare spazio anche all’arte, quella della musica e della poesia, perché la fede racconta e si racconta anche con questi mezzi, che alcuni animi più portati riescono a usare per scandagliare le profondità del mistero di Cristo, e per comunicarlo con una peculiarità che colpisce e affascina.Un numero ricco, come è ricca questa primavera che torna e porterà nuovi frutti…buona lettura!

Francesca Vici

Buoni motivi. Sono quelli che andiamo cercando quando dobbiamo fare qualcosa, portarlo avanti, intraprenderlo. Sono loro che ci portano a fare determinate scelte, e se non hai un buon motivo è difficile che porterai a termine qualcosa. Met-tendo in fila i nostri “buoni motivi”, andando a vedere cosa si nasconde dietro ciascuno di loro, i pensieri e i sentimenti su cui si basano, possia-mo risalire al senso che diamo alla nostra vita. Il senso è quel Motivo con la “M” maiuscola. Ci vuole coraggio ad averlo perché poi per rimane-re fedele occorre costanza, pazienza, caparbietà. Ma è anche vero che il senso che custodisci ti permette di vedere tanta bellezza in più, quel-la bellezza sparsa nelle giornate che non è solo frutto di caso e coincidenze. Il senso ti fa forte: se hai una direzione sai da dove sei venuto e dove stai andando così che, se ti rialzi dopo una

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caduta, puoi riprendere con decisione il cammi-no. Il senso dà significato, è l’unica motivazione che rimane, quella cosa che ti fa alzare la mattina. Un verso del Salmo 3 dice: “mi sveglio perché il Signore mi sostiene”. Quanta libertà in queste parole. Il salmista era così impregnato del suo senso, del suo appartenere al Signore che ne af-ferma la sua essenzialità in ogni azione: l’unico motivo per alzarmi è la certezza che il Signore è con me, senza questa certezza non potrei nem-meno pensare di uscire dalle coperte. La qua-resima è tempo propizio per (ri)darci il senso, quello buono che non mette al centro noi stes-si. Il silenzio, la preghiera, il digiuno, la carità… viviamo questo perché poi c’è la Pasqua. Una scuola per imparare ad abbracciare la croce, ma per amore e senza paura perché dopo, anche se rimarranno i segni dei chiodi, la pietra del sepol-

Buoni motivi

cro rotolerà via. Una delle cose che sempre mi stupiscono della Parola è il suo ripetersi nella vita dell’uomo. Come se a proseguirne la scrit-tura ci fosse la vita di ognuno dinoi, o come se la Parola fosse viva per la grazia di persone che le danno carne. Quest’ultima settimana di qua-resima possiamo viverla accanto a Gesù. Il farci frequentatori della Parola e poi suoi abitatori, ci fa essere di quegli amici fedeli che aprono la porta, si mettono a tavola e stanno con Colui che passa per restare; ci fa essere,come diceva padre Spidlik, alberi rovesciati: con le radici nel cielo e i rami qui sulla terra. Se togli la certezza del Paradiso perdi ciò che sta alla base. Ma avere i rami sulla terra vuol dire che qui, nei luoghi della tua vita, devono essere sparsi i frutti. Parla il tuo stile di vita, come ti vesti, cosa pensi la sera prima di addormentarti, che relazioni hai con i vicini di casa, con i colleghi. Se siamo veramen-te alberi rovesciati possiamo parlare di politica senza tralasciare nessuna priorità perché sappia-mo bene dove siamo ancorati. A staccarsi ci si secca e, soprattutto, ci si stanca. A pensare la vita come una lotta contro gli altri, contro un mondo che non va, come una lotta alla sopravvivenza, viene naturale staccare la spina. La lotta c’è, ma è dentro di noi per lasciare scorrere quella linfa che, dalle radici, non aspetta altro che scorrere libera per tutto l’albero. È una lotta che vale la pena fare perché poi ti cambia la vita, ne vale la pena solo per il “Compagno” che hai accanto. E penso che per affrontare questa battaglia ogni cristiano custodisca nel segreto del cuore i suoi “buoni motivi”.

Maria Savini

Benedetto XVI«Prestiamo attenzione gli uni agli altri per sti-molarci a vicenda nella carità e nelle opere buone.» (Eb 10,24). Il primo elemento è l’invi-to a fare attenzione, fissare lo sguardo sull’al-tro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Anche oggi Dio ci chiede di essere custodi dei nostri fratelli di instaurare relazioni carat-terizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene. Il gran-de comandamento dell’amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è cre-atura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell’altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. L’attenzione all’al-tro comporta desiderare per lui il bene, oc-corre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è buono e fa il bene. Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione.

pillole diDom. 1 aprile Giornata Mondiale della Gioventù Ore 15 in piazza del Duomo

Ven. 6 aprile Silenzio e preghiera nelle ore dell’agonia di Gesù. Dalle 12 alle 15 in Cattedrale. Sacerdoti disponibili per le confessioni

Ven. 20 aprile Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni

Sab. 21 aprile Consacrazione di Chiara Pongetti secondo il rito dell’Ordo Virginum ore 21:00 in Cattedrale

giov. 3 maggio preghiera degli amici a san Paolino ore 19:00 in Cattedrale

sab. 2 giugno S.cool Party: festa di fine anno per tutte le classi che hanno fatto la settimana di condivisione

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2012

Carissimo Francesco,è andata male. O meglio, tu dici in giro che è andata male. Siete usciti insieme un paio di vol-te, tu pensavi che questo fosse già segno che lei era in qualche modo interessata, perché tu non andresti mai a fare un aperitivo da soli con una che non ti interessa per niente. Ed invece, ecco che lei si fa un po’ scontrosa, non ti risponde più subito agli sms, dice che sei un caro amico, ma di non essere troppo oppressivo… e voilà: quando tu con un lungo giro di parole gli fai capire che per te lei ormai è più di una amica, lei sembra “cadere dal pero”, dicendo che non ha mai pensato che potesse esserci qualcosa di più tra voi, che non può sapere se nel futuro le cose cambieranno, che però rimani per lei una persona importante. Ho indovinato vero? Ora tu hai un grande dubbio: piangere e disperarti perché hai perso un gioiello (morto un papa..),

andare con la prima ragazza che ti capita perché tante le donne son tutte così (tranne che con te..), tentare di buttarti nel fiume (possibilmente però quando non è in secca..), farti bocciare a scuola per rendere pubblico il tuo dolore (e non dover recuperare matematica che non ne puoi più),… e tante altre varie possibilità che ondeg-giano tra il depresso andante, la visione apoca-littica o la soluzione chimica! Sai che, scherzi a parte, c’è qualcuno che in questi casi veramente smette di credere, si fa bocciare a forza di non studiare, decide di cominciare a farsi qualche canna o altre simili baggianate? La delusione in amore, non nascondiamolo, ci fa tanta paura. Ac-cettiamo meglio il dolore fisico, i primi piccoli fallimenti scolastici o lavorativi piuttosto che il sentirci rifiutati quando abbiamo aperto il cuore e le speranze per amore di un’altra persona. Ep-pure penso che senza l’esperienza lieve o forte

Lettere ad un giovane amico sull’amore / 5di questo dolore non si diventa uomini. Essere rifiutati e non permettere che il mondo ci caschi addosso; accettare che non siamo noi il centro del mondo e che non ha fatto peccato di “lesa maestà” chi ha un poco giocato con noi; che non sono i sentimenti la bussola del nostro agire e la verità della nostra persona, ma che a nessuno essere umano dobbiamo delegare quella forza che deve abitare solo in noi e che ha la sorgente in Dio. Né la superbia né il vittimismo sono la risposta adeguata, soprattutto in queste vicende.Non dimenticare, che la maggioranza di danni agli altri e di autolesionismo sentimentale nasce proprio dalle prime grandi delusioni che non siamo riusciti ad elaborare nell’ottica matura di una capacità di soffrire e di crescere che libera in realtà energie creative, coraggio, forza e fanta-sia che non pensavamo di avere. Siamo dunque sfortunati o, peggio, Dio non ci

vuole bene? No, al contrario. Nella sua Provvi-denza non sarà mai permesso che noi portiamo pesi più forti delle nostre spalle o che i dolo-ri non si trasformino in opportunità. La vita è misteriosamente regolata da una meravigliosa armonia e ritrovarsi avvolti da questo “amor che muove il sole e le altre stelle” ci permette anche di sorridere del nostro sentirci al centro del mondo o abbandonati da un destino avverso. Non temere, è già lì che ti attende quella ragazza la cui venuta è “certa come l’aurora”: ogni no-stro desiderio d’amore sarà esaudito, anche se non immaginiamo come. Non esistono destino e sfortuna, e tutto si volgerà al nostro bene. Si, si soffre tanto per amore, e va bene così; ma è anche vero che sono “beati coloro che sanno ridere di se stessi, perché non finiranno mai di divertirsi”.Con amicizia, don Andrea Franceschini

UNA PAROLA TRA LE ALTRE

SPAZIO SINODO

Tutto nasce da questa breve riflessione e da qui si sviluppa un motore in continuo movi-mento. Iniziammo nell’estate del 2010, quando in occasione del Tempestate, una settimana di attività ludiche per bambini, alcuni ragazzi provarono a vivere una settimana di servizio tutti insieme agli occhi di Dio. Un’esperienza davvero entusiasmante e coinvolgente che è arrivata alle orecchie di molti altri e che si è deciso di protrarre nel tempo. E così è stato: a Gennaio del 2011, dopo l’inaugurazione degli spazi adibiti a queste particolari esperienze, abbiamo cominciato un vero e proprio cammi-no che ancora oggi continua ad andare avanti e a evolversi.Prendendo spunto dalle convivenze senigalliesi abbiamo strutturato la settimana di convivenza tramite tre capisaldi che non possono mancare: condivisione, quotidianità, re-lazione. Tramite la preghiera si vive alla luce del Vangelo, a partire dalle lodi mattutine, partecipando alla S.Messa di ogni giorno fino ad arrivare alla condivisione serale della propria giornata e delle proprie esperienze; tutto questo è vissuto per mezzo di semplici gesti che ci aiutano a com-prendere noi stessi per poter comprendere gli altri e re-lazionarci agli occhi di Dio, con loro. Molti e molti ragazzi hanno partecipato a questa breve avventura di condivisione e altrettanti hanno avuto l’op-portunità di ripetere l’esperienza: ogni volta si vive in modo differente, se ci si lascia stupire è un po’ come per il Vangelo, sempre lo stesso ma sempre diverso!Lo stile rimane lo stesso per ogni convivenza ma le persone cambiano; infatti partendo dalle settimane di convivenza ideate per le diverse realtà parrocchiali, quali Oratorio, Azione Cattolica, Scout e Pit-Stop, siamo arrivati alla nuova proposta ancora più entusiasmante in cui queste realtà si mescolano in un’unica figura: Dio. Quel motore che ci ha portati fino qui è ancora in movimento, sempre più veloce e sempre pieno di “benzina”, pronto per partire nuovamente, chissà verso che cosa?

Alessandro Dolciotti

PUNTO GIOVANE

Il Punto, scuola dI vocazIonI

GMG 2012: CONCORSinodOCONCORSinodO… il concorso rivolto ai gruppi di giovani di tutte le associazioni e i movi-menti della diocesi, indetto dalla pastorale giovanile, in occasione della GMG Diocesana, che si terrà domenica 1 aprile in Piazza del Duca a Senigallia.I gruppi partecipanti dovranno esibirsi dal vivo, con una performance della durata massima di 7 minuti, su una canzone e un testo (letterario, poesia, articolo) che abbiano come tema uno dei cinque ambiti di discussione del Sinodo: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza.VITA AFFETTIVA è da leggersi nell’accezione della cura delle relazioni e di educazione all’af-fettività;LAVORO E FESTA vivere da cristiani il tempo del lavoro che impegna la maggior parte del tempo delle nostre giornate e di come gustare il riposo nel giorno della festa, in famiglia e col-tivando quei legami che fanno bene al cuore;FRAGILITA’ sapersi confrontare quotidianamente con realtà di disagio sociale, emarginazione, povertà, solitudine che sempre più spesso purtroppo ci chiamano in causa in prima persona;TRADIZIONE nel senso di recuperare e valorizzare quegli aspetti legati alla trasmissione della fede, all’educazione che ci hanno formato e che si stanno rapidamente evolvendo e rinnovando alla luce dei nuovi mezzi tecnologici e di comunicazione;CITTADINANZA essere cioè dei giovani cristiani veri cittadini del mondo, consapevoli e critici su ciò che accade nella realtà, in continua ricerca del bene comune e che adottano stili di vita attenti al prossimo e al creato.

L’iniziativa vuole essere prima ancora che una sfida canora tra giovani talenti, un’occasione per coinvolgere in modo diverso e divertente i gruppi di giovanili ed invitarli alla riflessione su quegli stessi temi su cui tutta la Chiesa locale si trova, in questo ultimo anno di Sinodo, a confrontarsi e ad interrogarsi in modo particolare.Quindi buona preparazione e buon divertimento a tutti, spazio alla fantasia e alla creatività; ricchi premi alla migliore esibizione in termini di originalità e attinenza al tema scelto!!!

Giulia Vichi

Punto Giovane fabbrica di vocazioni? Si. Perché tutti avete pensato ai seminaristi? C’è confusio-ne, perché se per vocazioni intendiamo quelle

alla vita consacrata, sia-mo messi male. Voca-zione, è la risposta alla volontà di Dio. Ritor-nando alla domanda ini-ziale: il Punto Giovane è scuola di vocazione? Si, la risposta rimane tale. Al Punto si impara a ri-conoscere la volontà di Dio, con i modi e i tem-pi di ognuno. Quest’an-no è particolarmente chiaro quanto il Punto sia una scuola in cui ci si “sintonizza” sulla lun-ghezza d’onda di Dio, e spia ne sono i numerosi

matrimoni che stanno per essere celebrati, la consacrazione all’Ordo Virginum e le scelte più o meno definitive di alcuni seminaristi. Ma cosa

del Punto aiuta il discernimento vocazionale? Di certo la Parola “ruminata” ogni giorno, come le mucche che di continuo masticano il fieno: noi al Punto abbiamo imparato a “masticare” la Parola, che non è solo Bibbia, è Cristo stesso nell’euca-ristia in modo reale, nei fratelli, nel creato. Que-sta Parola ci siamo allenati a portarla nel cuore tutto il giorno, fino a sera, quando diviene anello di una catena di Parole masticate che ogni gior-no di più lega, liberandoli, i credenti in Cristo: cos’è questa se non la Chiesa? uomini e donne liberati e “incatenati” da Cristo tra loro e in Lui, e fatti passare dalla morte alla vita per l’ascolto della Parola e la fede nel Figlio mandato dal Pa-dre. Una volta nella catena, più o meno consa-pevolmente ci s’incammina nella vocazione a cui si è chiamati, e non esistono vocazioni di serie A o B, ma tutte le vocazioni salvano la vita, non dall’inferno, ma da noi stessi, dal richiuderci su di noi, sul nostro ombelico. Credo sia bella, in que-sto senso, la canzone di Jovanotti, 30 modi per salvare il mondo, in cui l’autore dice che sono 30 i modi per salvare il mondo, ma uno solo è l’unico che mi salva. Così mi piace pensare la

Il sacerdozio comune dei fedeli (col batte-simo) e il sacerdozio ministeriale, quantunque differiscano di essenza e non soltanto di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro; ambedue infatti, ognuno nel suo modo proprio, parteci-pano all’unico sacerdo-zio di Cristo. (Lumen Gentium n.10 testo del Concilio Vaticano II sulla Chiesa)

Vivere l’esperienza della convivenza è molto più semplice che ritrovarsi a descriverla.Alcuni ragazzi di Chiaravalle ave-vano già provato l’esperienza della convivenza per classi della diocesi di Senigallia ma al loro ritorno qual-cosa li turbava: perché non provare a viverla al di fuori della propria classe di scuola? Perché non poter dare la possibilità a tutti di provare un’esperienza di condivisione cosi bella?

SETTIMANE DI CONDIVISIONE

MettI In cIrcolo Il tuo aMore!

vocazione: l’unica via, che nella Sua sapienza Dio prepara per me e che salva la mia vita dalla mor-te, oggi. E a questo il Punto aiuta, perché base di ciò è riconoscere come Dio agisce nella mia vita, per non perdere l’occasione, che non è un treno

perso per sempre, ma una delle mille occasioni che Dio ci da, venendoci dietro e cambiando il tragitto dietro ai nostri no, per raggiungere la stessa meta.

Paolo Vagni

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2012

Chiara Pongetti,

ciao chiara, innanzitutto spiegaci in cosa consiste questa forma di consacrazione.La consacrazione secondo il rito dell’Ordo Virginum è una delle più antiche forme di consacrazione, riscoperta dopo il Concilio Vaticano II. Le donne chiamate a questa scelta si consacrano a Dio nella Chiesa diocesana, e vivono nel mondo a servizio della Chiesa: continuano il loro lavoro, vivono nella loro casa, secondo una forma di vita che ciascuna discerne secondo il proprio carisma personale.Questa consacrazione ha un forte carattere sponsale, è immagine della Chiesa sposa di Cristo, chiamata a vivere con Lui e in Lui. Chi si consacra anticipa su di sé ciò che ogni battezzato è chiamato a essere e che tutti saremo nel Regno dei Cieli.Hai avuto la possibilità di studiare per un anno a roma, al centro aletti. cosa ti ha lasciato questa esperienza? Riassumendolo in poche parole, l’anno al Centro Aletti è stato prezioso per due motivi.Innanzitutto aver studiato un anno di Teologia

LA MUSICA COME ARTE PER L’INTEGRAZIONE CULTURALE

ha contribuito a dare parole alla mia fede. La Teologia è “parlare di Dio”, è un continuo vivere quello che si studia, e uno studiare quello che si vive, in una profonda unità di vita.Inoltre, vivere al Centro Aletti è stato prezioso nell’aspetto della partecipazione alla vita comunitaria. Condividere il cammino con tante persone già consacrate, secondo diverse forme, è stata un’occasione per “immaginare” la mia vita, e avere testimonianza viva.Hai un forte legame con la tua comunità parrocchiale del cesano, ma sei anche partecipe della vita diocesana tramite il tuo servizio in Pastorale Giovanile. Per cosa sono state importanti nel tuo cammino?In parrocchia ho ricevuto la fede che mi ha accompagnato nei primi passi del cammino. Ho imparato ad amare la chiesa nella sua concretezza, nelle persone più o meno avanti nel cammino, ad amarla così com’è. E ho imparato ad amarla nella quotidianità, mano a mano, nello scorrere degli anni.L’esperienza in diocesi invece è un dono di Dio per imparare ad amare tutta la chiesa, nella sua varietà, nelle sue povertà e nelle sue ricchezze.Questo servizio alla chiesa diocesana ha per me l’immagine del Pellegrinaggio diocesano dei giovani: andare di parrocchia in parrocchia,

“L’arte per eccellenza libera e spontanea, diviene l’occasione ideale per l’incontro con altri modi di essere facendosi linguaggio universale, strumento di civiltà e di integrazione tra i popoli”. Questa citazione è di Yehudi Menuhin, anglo-americano di origini ebraiche, uno dei più grandi violinisti e direttori d’orchestra del XX° secolo, conosciuto non solo per le sue interpretazioni musicali, ma anche per il suo attivismo umanitario che gli è valso nel 1991 il premio Wolf nella categoria “arti”, premio che viene assegnato dall’omonima fondazione a scienziati ed artisti che si sono distinti per il bene dell’umanità e dei rapporti tra i popoli. Come Menuhin, tantissime altre persone ogni giorno nel mondo si prodigano per diffondere attraverso la musica e le più disparate forme artistiche, un messaggio di uguaglianza, di pari dignità e di fratellanza tra tutti gli uomini, messaggio che deve impetuosamente oltrepassare le barriere linguistiche, culturali, religiose e politiche. Un altro esempio che si può citare in queste righe (solamente uno tra i tanti ma a cuore di chi scrive l’articolo) è quello dell’istituto musicale Magnificat, situato nei locali seminterrati del convento di San Salvatore a Gerusalemme. L’istituto è attivo dal 1995 per decisione del Capitolo della Custodia Francescana di Terra Santa e per iniziativa di Padre Armando Pierucci OFM, frate francescano natio di Maiolati Spontini, che dal 1988 opera a Gerusalemme come Maestro Organista presso il Santo Sepolcro. In quel luogo, l’attività e l’educazione musicale extrascolastica rappresentano una grande opportunità e speranza per i ragazzi (e le rispettive famiglie) che sempre più numerosi chiedono di poter partecipare

alle attività proposte, sia che essi siano Israeliani, Palestinesi, Cristiani di ogni confessione, Giudei o Musulmani. La Fondazione Migrantes, organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per assicurare l’assistenza religiosa ai migranti e per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi, individua proprio nella musica e nelle emozioni che è in grado di suscitare in chi l’ascolta, le vie basilari per costruire dialogo e confronto affinché si possa raggiungere una migliore armonia tra i popoli attraverso una sinfonica ricerca della pace. La musica è, infatti, ritenuta come il mezzo più efficace per favorire la comunicazione, l’aggregazione e l’integrazione fra le persone, perché valorizza le identità e le differenti caratteristiche di ogni popolo. Nell’antica Grecia, così come per tutti i popoli orientali e per tutti i popoli primitivi, la musica rappresentava un’espressione artistica trascendente, con la funzione religiosa di collegare gli uomini a Dio e con una funzione relazionale che permettesse di superare le tante barriere esistenti tra gli stessi uomini e costruire ponti piuttosto che muri; la parola armonia deriva proprio dal greco “harmonia” e significa unione. La musica è pertanto in grado di generare emozioni intense facendo crollare, come per incanto, discriminazioni e pregiudizi generando, di conseguenza, un senso condiviso di fratellanza e di comunione, sentimenti che hanno una profonda necessità di essere continuamente riscoperti.

Diego Bossoletti

IN DIALOGO CON

POLITICALLY (UN)CORRECT

mettersi a servizio dove ci sono delle difficoltà, e unire le ricchezze di ogni comunità che s’incontrano lungo la strada.cosa vorresti che non mancasse la sera del 21 aprile?Di getto ti rispondo: il Signore. Questa è, tuttavia, l’unica certezza: il Signore quella sera si presenterà, perché è Lui “l’ispiratore di tutto”.Vorrei che non mancasse la disponibilità ad avere il mio cuore e le mie mani il più accoglienti possibili.Vorrei che ci fosse la Chiesa, così come si è rivelata nel mio cammino: una compagnia, fatta di volti e persone concrete e precise, una Chiesa che sostiene, accompagna e spinge. Una Chiesa fatta di persone vicine, ma anche di quelle un po’ più lontane, che si sentano partecipi e coinvolte, anche per il solo fatto di vivere nella stessa Diocesi.Puoi cogliere questa occasione per invitarci tutti a partecipare alla tua festa.Venite, perché è un dono fatto a me, ma che ricade su tutti. È come una fontana: provocherà gocce che ricadranno su tutti i presenti.Venite, perché sarà un momento di grazia, perché il Signore non mancherà all’appuntamento.

È quasi impossibile accostarsi ad una figura di tale spessore ed intensità di vita senza incappare nel rischio di renderla banale: per riuscire ad avvicinarsi appena alla grandezza di questa donna è necessario prima leggere ciò che le sue parole dicono della sua esistenza e della pienezza con cui l’ha trascorsa.Alda Merini si presenta così, volto da donna vissuta, sigaretta sempre accesa e un sorriso gioioso e grato per tutto quello che la vita le ha donato.Nasce a Milano nel 1931, insieme alla primavera, il 21 marzo. Muore nel 2009, il giorno di tutti i santi, il 1 novembre. Nel mezzo 78 anni di poesia e di vita: le quattro figlie, l’esperienza del manicomio che l’ha vista rinchiusa in questi luoghi per 15 anni, hanno profondamente inciso la personalità della poetessa.Lei dice che: “Il poeta crea di notte, quando tutto tace e annaspando nell’angoscia trova qualcosa di chiaro. Il poeta non è mai solo, è sempre accompagnato dalla meraviglia del suo pensiero” e forse è proprio nei lunghi giorni senza tempo trascorsi negli ospedali psichiatrici che Alda Merini ha conosciuto la profondità del dolore e la grazia di alzarsi ogni mattino e ringraziare Dio per il dono della vita che le faceva ogni giorno. E’ da qui che nasce la sua poesia ricca e viva proprio perché ha come fonte le esperienze vissute sulla sua stessa pelle. Poesia che è opera salvifica, è lei stessa ad affermare che: ”Forse è grazie alla poesia che nella mia vita, pur avendo molto sofferto, non sono mai stata disperata. Quando ho incontrato il dolore, anziché farmene annientare, ho deciso di cantarlo”. Alda Merini, infatti, riesce a trasformare in canto anche la brutalità della non personificazione del manicomio così come la consapevolezza della speranza e il mistero di Cristo. Ci sono innumerevoli pagine in cui la poetessa intesse dialoghi con questo Dio fatto di carne e voce. Così lei dice che: “e così nascono i libri, nell’amore, e così nascono i libri che nessuno legge mai, e così il libro prima di nascere Dio lo deposita in te come una manciata di fango che diventa luce. Domandano tutti come si fa a scrivere un libro. Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi. Così nascono i libri, così nascono i poeti”.Così è Alda Merini, la sua poesia rispecchia a pieno la sua persona, semplice e schietta, colorata, vispa, versi che si rincorrono in continue immagini.Gianfranco Ravasi dice di lei: “sacra scrittura e poesia spesso s’intrecciano e la fede è sorella della poesia perché entrambe tendono all’Altro e all’Oltre. Alda Merini è certa di questa verità.”

Claudia Castaldola

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«Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’ e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò» così recitava uno dei successi più famosi del cantautore bolognese Lucio Dalla scomparso meno di un mese fa. Tante cose sono state scritte su di lui, e tante se ne scriveranno ancora, visto l’impronta indelebile lasciata dall’artista nella musica italiana e non solo. A noi piace ricordarlo in particolare per la sua fede cristiana, trasparente e sincera, che egli non ostentava con vanto, ma coltivava con discrezione e impegno.«Dalla» ricordava il suo amico Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose «era un cristiano con una fede simile a quella dei “piccoli”, una fede piena di speranza che lo rendeva buono, generoso e umanissimo». Egli nei suoi lunghi cinquant’anni di attività musicale aveva cantato dell’amore, dell’amicizia, del futuro, delle speranze del mondo, e nel cantare di questo si rifaceva all’amore di Dio e alla sua fede genuina e semplice. La musica, infatti, come tutte le espressioni dell’arte, non può che avvicinarci a Dio se vissuta con onestà intellettuale e con passione. Poter cogliere un istante dell’esistenza nostra o altrui e farlo diventare musica ci permette di rendere quell’istante o quell’attimo quasi eterno, o per lo meno ci fa desiderare l’eternità, una felicità che supera i confini del tempo e dello spazio. La musica, infatti, infrange barriere, confini, pregiudizi e arriva alle profondità del cuore e lì si trasforma in canto e si fa preghiera. «Tra miglia e mondi te ne vai e splendi o appeso in croce in un garage. Io non ho dubbi Tu esisti e splendi con quel viso da ragazzo con la barba senza età. Ci guardi e splendi, di cercarti io non smetterò, abbiamo tutti voglia di parlarti mi senti: Sono Tuo figlio anch’io Dio»: queste le prime parole di “INRI”, una canzone di Lucio Dalla che come si comprende già dal titolo parla proprio di Gesù e del suo essere

Caro amico ti scrivopresente in mezzo a noi; una musica che si fa preghiera, o meglio una preghiera che assume la melodia di una musica. E se questa fede attribuita a Dalla a molti potrebbe risultare solo come slancio artistico o facciata mediatica, la provvidenza mi ha dato il modo di verificare il contrario. Più di un anno fa mi trovano in cattedrale, qui a Senigallia ed era domenica mattina; ero in sacrestia quando sento un trambusto in chiesa, un quarto d’ora prima della S. Messa e affacciandomi vedo seduto sulla prima panca un piccolo ometto con in testa una cuffia di lana, era Lucio Dalla, in città per presentare il suo tour insieme a De Gregori. Se ne stava lì raccolto in preghiera, con un viso sereno; partecipò alla S. Messa dopo essersi confessato e poi finita la celebrazione se ne andò con delicatezza e riserbo: un uomo come tutti, un cristiano, un cantante con una grande voce e con un grande cuore, un amico a cui ci piacerebbe che arrivassero queste semplici parole, che non hanno bisogno di essere scritte con più forza sapendolo vicino nelle braccia di Dio.

Don Davide Barazzoni

RIEMPI IL VUOTO QUELLI CHE...

giovane della parrocchia del cesano e della segreteria della Pastorale Giovanile diocesana, che il 21 aprile sarà consacrata secondo il rito dell’Ordo Virginum nelle mani del Vescovo

Page 4: 21 grammi PG Senigallia marzo 2012

Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2012

SPAZIO VICARIE

PUNTO GIOVANE CALCIO

Un’iniziativa che nasce nove anni fa: la Via Crucis della vicaria di Corinaldo. Venerdì 16 marzo è stato il turno della parrocchia di Ripe, che ha ospitato tutti i giovanissimi e gio-vani della vicaria.Ogni anno si sceglie un tema che fa da filo conduttore. Quest’anno è stato: “Via Crucis…via d’Amo-re”. In ogni stazione è stata approfondita una sfera dell’amore che appartiene alla nostra vita di uo-mini e quindi di giovani: l’amore verso Dio; l’amore verso noi stessi; l’amore filiale; i gesti dell’amore e l’affettività; l’amore fraterno. Non si tratta di una Via Crucis tradizionale come la si può immaginare. Viene utilizzato un linguaggio diverso, a misura di giovane, dando spazio alla fantasia e creatività con la premura di non cadere nel ridicolo e nel banale. Credo che quest’appuntamento sia diventato importante momento d’incontro, di confronto e di crescita.Dobbiamo dire un “grazie” alla Via Crucis vicariale. Ha creato un gruppo di ragazzi desiderosi di camminare insieme, di condividere esperienze e d’incontrarsi per parlare di Cristo. Non si può negare che difficoltà, stanchezze e fatiche ci sono, ma ogni anno a tutto questo si sosti-tuisce tanta gioia nel cuore.

Elisabetta Terzoni

alessandro dolciotti, Paolo Vagni, don davide Ba-razzoni, Giulia Vichi, silvia stimilli, elisabetta terzo-ni, Marco Fulgenzi, david cianci, don andrea Fran-ceschini, diego Bossoletti, claudia castaldo, chiara canonici, Francesca Vici, Maria savini, chiara Pon-getti, letizia Prezzemoli

VIA CRUCIS…VIA D’AMORE!

SORRIDENDO...Tra due bignè:

“Come mai sei così allegro oggi?”

“Sono diventato babà!”

Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo,sulle tue labbra è diffusa la grazia,ti ha benedetto Dio per sempre.(Salmo 44)

SPAZIO MISSIONARIO

Ai lettori non più giovanissimi il titolo di questo articolo porterà alla mente quasi sicuramente il ricordo di quelle ragazze che nella nostra dio-cesi, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, ad un certo punto della propria vita decisero di donare un anno del proprio tempo agli altri in modo gratuito, unendo al servizio l’opportunità di viverlo insieme attraverso la vita comunita-ria e di arricchirlo con un costante percorso di formazione.L’anno di volontariato sociale nasceva come un’opportunità da offrire ai giovani: donare un anno a chi vive una difficoltà è un’occasione per fermarsi a riflettere su quali valori basare la propria vita, una “palestra” per imparare a con-dividere con gli altri le proprie idee e risorse, costruendo relazioni buone e significative. Ecco perché la Caritas diocesana di Senigallia, insieme alla Pastorale Giovanile, intende riproporre oggi con forza questa esperienza: non un ritorno nostalgico al passato, né una ricerca di risorse concrete per i servizi, ma un mettersi al servizio dei giovani che gettano le basi per il loro futuro, consapevoli che è “sporcandosi” le mani che si educa.Servizio, formazione e vita comunitaria: questi sono i tre pilastri si cui si basa il progetto che presto verrà proposto ai giovani tra i 18 e i 28 anni di tutto il territorio diocesano.Durante il servizio, che si potrà svolgere in di-versi centri operativi della Caritas o non, i ra-gazzi sperimenteranno l’accoglienza di persone

in difficoltà stimolandole ad aiutarsi e a ritrovare una propria dignità e autonomia. Considerata la valenza educativa dell’esperienza, la formazione assume un’importanza rilevan-te ed accompagnerà i ragazzi per tutto il cor-so dell’esperienza, attraverso tirocini formativi, incontri di verifica, momenti di riflessione ed esperienze forti anche extra-diocesi. Tra gli ar-gomenti previsti si darà rilievo agli aspetti umani, relazionali e tecnici del servizio, spiritualità, pace e non violenza, diritti civili, forme di disagio e povertà presenti sul territorio con particolare attenzione al disagio giovanile, stili di vita e rap-porto con il mondo.La vita comunitaria è il “valore aggiunto” che qualifica tutta l’esperienza: è una palestra nella quale sperimentare nella quotidianità la fraterni-tà, il confronto, l’aiuto reciproco, dove imparare a gestire i conflitti e a condividere i momenti più semplici. La coeducazione al vivere insieme è un valore che la comunità deve impegnarsi a vivere e a promuovere ogni giorno. Per questo è im-portante avere momenti di accoglienza e condi-visione con famiglia, amici e con coloro che de-siderano conoscere e condividere l’esperienza. Il progetto avrà inizio tra i prossimi mesi di set-tembre e di ottobre e avrà durata di un anno. I giovani interessati possono fin da ora chiedere maggiori informazioni ai responsabili della Cari-tas Diocesana, i cui contatti si possono trovare nel sito: www.caritassenigallia.it

Silvia Stimilli

Anno di volontariato sociale

Hai presente quando da piccolo provi a far volare un aquilone? Quel momento che passa tra la gioia di vederlo staccarsi dal suolo, e lo stupore di vederlo lì in alto, sorretto da una forza magica che dal cuore attraverso il filo lo tiene lì. Questo è un po’ ciò che succede il sabato, prima di una partita, durante e dopo, quando una squadra vestita di viola incontra il mondo in un abbraccio che ha il suono di un Padre Nostro. Ci sarebbero mille volti, mille nomi da ricordare, ma il Pun-to Giovane Calcio è un’unica squadra. Un insieme che vive l’amore per il calcio. Siamo ormai arrivati al momento più importante della stagione; due vittorie di fila ci hanno dato morale e rimesso in corsa per il passaggio del turno. Per farlo però,abbiamo bisogno del nostro pubblico. Di quell’amore che fino ad oggi ci ha sorretto lì in cielo. Sabato serve tutto il fiato per non far scendere giù l’aquilone viola. E se alla fine dovesse comunque toccare il suolo, niente paura, insieme possiamo sempre farlo volare nuovamente.

David Cianci

In volo con il PGCScrivere una recensione obiettiva in questo momento è molto difficile: Lucio Dalla rappre-senta uno dei passaggi fondamentali nel mio cammino formativo musicale. Semplicemente impressionante la sequenza di capolavori che si incontrano nel cammino artistico del cantauto-re bolognese. Non solo cantante ma scrittore, attore, regista…istrionico,sempre alla ricerca del nuovo, sempre rivolto verso il futuro, non quello che guarda tra 200 anni, ma inteso come l’istante successivo a quello appena trascorso. Un uomo curioso, che stava dalla parte dei fra-gili e dei deboli, li osservava e si immedesimava in loro: il barbone in Piazza Grande, l’orfano Ge-sùBambino di 04/03/1943, i ragazzi adolescenti Anna e Marco… E ancora BallaBallaBallerino, Il parco della luna e la filosofica Com’è profondo il mare ne sono un’ulteriore dimostrazione.

Nella raccolta 12000lune si trovano molti dei suoi più bei brani, ma non tutti, e questo la dice lunga sul bagaglio che ci lascia questo piccolo grande uomo. Da sottolineare inoltre la mera-vigliosa Le rondini (“Vorrei seguire ogni battito del mio cuore/per capire cosa succede dentro/e cos’è che lo muove,/da dove viene ogni tanto questo strano dolore/vorrei capire insomma che cos’è l’amore, dov’è che si prende dov’è che si dà”), la sottovalutata Henna, e la mia preferita: Futura. Opere di questo genere dovrebbero es-sere studiate a scuola, perché frutto di un uomo che sapeva leggere nel cuore degli uomini con una sensibilità degna dei migliori poeti: “Ecco il mistero, sotto un cielo di ferro e di gesso, l’uo-mo può amare lo stesso, e ama davvero, nessuna certezza, che commozione, che tenerezza.”

Marco Fulgenzi

ASCOLTANDO...

12000 lune: il futuro nel passato di LucioDalla