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VENTIQUATTRO 36 VENTIQUATTRO 37 L e mani di Esperanza, che ha quattordi- ci anni, sono piccole e sporche. Come quelle di sua madre, Gloria, che di anni ne ha trentanove ma ne dimostra cento. Aspettano il pullman in un piazzale di Monroe, una piccola città del North Carolina. Uno di que- gli angoli di provincia americana che sembrano abitati solo da suv e fast food. Tutt’intorno non c’è niente, solo campagna. Qui vanno forte il tabac- co, il cotone, i cereali, il granturco. Anche se è quasi la fine di settembre e la scuola è cominciata da un pezzo, Esperanza non si è ancora presentata in classe. Lo farà, prima o poi. «Ma prima deve finire la stagione», e per stagione intende quella nella fattoria in cui lavo- ra. Lì c’è ancora da fare, almeno per un’altra set- timana. Il lavoro di Esperanza lo spiega Gloria, sua madre, con orgoglio, nella lingua smozzicata e obliqua che parlano i latinos da queste parti: un incrocio dello spagnolo strano dei messicani e di qualche briciola di inglese. «Mia figlia non è come gli altri bambini americani che d’estate si divertono e vanno al cinema. Lei sta in fattoria. Ha cominciato che non aveva ancora compiuto dodici anni. Raccoglie la frutta, rigoverna, mette a posto. Insomma fa quello che c’è da fare. È molto brava. Prima di lei, più o meno alla stessa età, hanno cominciato suo fratello e sua sorella grande, che però adesso ha diciotto anni e un buon lavoro da Burger King». Come Esperanza, sono in tanti gli adolescen- ti, o addirittura i bambini, che lavorano nei campi d’America. Quanti è difficile dirlo con certezza, poiché spesso seguono i genitori, a loro volta brac- cianti, che si spostano di stato in stato inseguendo i ritmi delle culture. Secondo Human Rights Watch, che ha pro- vato a tracciare un quadro della situazione nel rapporto Fields of Peril , pubblicato in maggio, i bambini e gli adolescenti impiegati nei campi degli Stati Uniti sarebbero poco meno del 10 per cento del totale dei lavoratori agricoli: 211mila su 2 milioni 600mila. Un numero che, secondo il rapporto stilato dall’organizzazione non gover- nativa, esclude i bambini e gli adolescenti che “danno una mano” nelle fattorie di famiglia e i lavoratori occasionali. Se si aggiungono anche questi il numero sale a 497mila. STATI UNITI BRACCIANTI BAMBINI Nell’America di Obama sono oltre 200mila i minori impegnati nei campi, quasi tutti latinos. Lavorano con paghe ridotte e senza vincoli d’orario. Lo permette una legge del 1938: un tentativo di riforma è fermo al Congresso da più di un anno NON HO L’ETÀ testo di Luciana Grosso foto di U. Roberto Romano

24 Ore: U Roberto Romano

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Le mani di Esperanza, che ha quattordi-ci anni, sono piccole e sporche. Come quelle di sua madre, Gloria, che di anni ne ha trentanove ma ne dimostra cento.

Aspettano il pullman in un piazzale di Monroe, una piccola città del North Carolina. Uno di que-gli angoli di provincia americana che sembrano abitati solo da suv e fast food. Tutt’intorno non c’è niente, solo campagna. Qui vanno forte il tabac-co, il cotone, i cereali, il granturco.

Anche se è quasi la fine di settembre e la scuola è cominciata da un pezzo, Esperanza non si è ancora presentata in classe. Lo farà, prima o poi. «Ma prima deve finire la stagione», e per stagione intende quella nella fattoria in cui lavo-ra. Lì c’è ancora da fare, almeno per un’altra set-timana. Il lavoro di Esperanza lo spiega Gloria, sua madre, con orgoglio, nella lingua smozzicata e obliqua che parlano i latinos da queste parti: un incrocio dello spagnolo strano dei messicani e di qualche briciola di inglese. «Mia figlia non è come gli altri bambini americani che d’estate si divertono e vanno al cinema. Lei sta in fattoria. Ha cominciato che non aveva ancora compiuto

dodici anni. Raccoglie la frutta, rigoverna, mette a posto. Insomma fa quello che c’è da fare. È molto brava. Prima di lei, più o meno alla stessa età, hanno cominciato suo fratello e sua sorella grande, che però adesso ha diciotto anni e un buon lavoro da Burger King».

Come Esperanza, sono in tanti gli adolescen-ti, o addirittura i bambini, che lavorano nei campi d’America. Quanti è difficile dirlo con certezza, poiché spesso seguono i genitori, a loro volta brac-cianti, che si spostano di stato in stato inseguendo i ritmi delle culture.

Secondo Human Rights Watch, che ha pro-vato a tracciare un quadro della situazione nel rapporto Fields of Peril, pubblicato in maggio, i bambini e gli adolescenti impiegati nei campi degli Stati Uniti sarebbero poco meno del 10 per cento del totale dei lavoratori agricoli: 211mila su 2 milioni 600mila. Un numero che, secondo il rapporto stilato dall’organizzazione non gover-nativa, esclude i bambini e gli adolescenti che “danno una mano” nelle fattorie di famiglia e i lavoratori occasionali. Se si aggiungono anche questi il numero sale a 497mila.

stati uniti braccianti bambini

Nell’America di Obama sono oltre 200mila i minori impegnati nei campi, quasi tutti latinos. Lavorano con paghe ridotte

e senza vincoli d’orario. Lo permette una legge del 1938: un tentativo di riforma è fermo al Congresso da più di un anno

NON HO L’ETÀ

testo di Luciana Grosso foto di U. Roberto Romano

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iL fotografo u. roberto romano, in coLLaborazione con L’ong Human rigHts watcH, Ha documentato iL Lavoro agricoLo minoriLe in diversi stati

americani, daLLa fLorida aL micHigan. in queste pagine, bambini impiegati neLLa raccoLta di pomodori o fragoLe, cHe risiedono

in baraccHe fatiscenti vicino ai campi.

stati uniti

Zama Coursen-Neff, responsabile delle ricer-che sull’infanzia di Human Rights Watch, ha redatto il rapporto tra il 2009 e il 2010, girando in lungo e in largo l’America e toccando, tra gli altri, stati come la Florida, il Michigan, il North Carolina e il Texas.

Dalle ricerche è emerso che in molti casi l’età media in cui si inizia il lavoro nei campi è di undi-ci, dodici anni, anche se a volte si comincia già a sette o otto anni. Ma ci sono casi ancor più cla-morosi: nell’autunno 2009, per esempio, suscitò grande scalpore un’inchiesta della rete televisiva Abc che mostrava una bambina di cinque anni riempire ceste di mirtilli che poi venivano portate dai suoi fratelli di sette e otto anni.

Le immagini, come è ovvio, ebbero vasta eco nell’opinione pubblica e portarono a una molto reclamizzata scissione dei contratti tra la Adkin Blue Ribbon Packing (l’industria agricola nei cui terreni erano state girate le immagini) e colossi della distribuzione come Wal-Mart. Nonostante

lo scandalo non ci fu praticamente alcuna con-seguenza legale, se si esclude una multa di 5.500 dollari che la Adkin dovette pagare per violazione delle norme sul lavoro.

Nulla di cui stupirsi, se si pensa che la falla che permette agli Stati Uniti di avere circa 200mila minorenni-braccianti si annida proprio nella legge federale. Il Fair Labor Standards Act (Flsa), una legge del 1938, prevede che, in tutti i settori tranne che in quello agricolo, l’età mini-ma per essere assunti sia di quattordici anni. Per entrare nei campi, invece, basta averne dodici ed essere autorizzati dai genitori.

Non solo. Se per gli altri lavori ci sono norme e tutele piuttosto rigide sulle mansioni e sull’orario, per i braccianti non esistono vincoli sulla quantità né sulla qualità del lavoro. «Questo - spiegano da Human Rights Watch - si traduce nel paradosso che un sedicenne impiegato in un negozio di fer-ramenta non possa manovrare un forcone, ma un dodicenne che lavora nei campi sì».

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Anche la paga è generalmente inferiore a quella degli altri lavoratori. «Non è raro che i datori registrino un numero di ore inferiore a quelle effettivamente lavorate, o che spetti agli stessi bambini sobbarcarsi le spese per compra-re gli attrezzi, i guanti e l’acqua potabile, che dovrebbe essere fornita per legge dai padroni ma che spesso non lo è». Così, se nel luglio 2009 la paga oraria minima era stabilita per legge in 7,25 dollari, in molti casi i giovanissimi braccianti non ci si avvicinavano neppure: nel Panhandle, per esempio, la regione più setten-trionale del Texas, i ragazzi non guadagnano più di 45-50 dollari per una giornata di dieci ore passata a raccogliere cotone, il che significa

al massimo cinque dollari l’ora. Dove il lavoro è pagato a cottimo la situazione è ancora peg-giore: Antonio, un ragazzino di dodici anni che ha passato l’estate a raccogliere mirtilli in North Carolina, ha raccontato di essere pagato tre dollari a cassa.

«Il problema del lavoro minorile non è solo la fine dell’infanzia - spiega Coursen-Neff - ma il costante pericolo cui la salute di questi giovani e giovanissimi è sottoposta: i ragazzi lavorano con attrezzi affilati, con macchinari, sono esposti a agenti chimici, salgono su alte scale, portano pesi, si fanno male». Qualcuno muore. Dal 2005 al 2008, secondo il Niosh, l’istituto nazionale per la sicurezza e la salute sul lavoro, 43 braccianti

stati uniti

spesso vengono impiegati i bambini di sette-otto anni che devono sobbarcarsi anche il costo degli attrezzi. preoccupante il tasso di morti bianche

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minorenni sono morti, pari al 27 per cento del totale per quanto riguarda chi ha meno di 18 anni. Esiste poi il pericolo legato all’esposizione prolungata a pesticidi e prodotti chimici, i cui danni sono meno evidenti nell’immediato, ma duraturi nel tempo.

«Tutti quelli che lavorano nei campi sono soggetti al contatto con pesticidi e agenti chimici - spiega Steve Davis del Greene County Health Care in North Carolina, che si occupa, tra le altre cose, di bambini con patologie dovute a antipa-rassitari - ma il problema è che gli effetti di queste sostanze sono più profondi ed evidenti negli orga-nismi, ancora in fase di sviluppo, dei giovani e degli adolescenti. Alcuni di loro poi, come conse-guenza indiretta del lavoro nei campi, sviluppano problemi di apprendimento e relazione. Quando il periodo del raccolto finisce e devono tornare a scuola fanno molta fatica: non riescono a entrare nella logica di una classe o di un gruppo di studio

e stentano ad avere un rapporto costruttivo con i loro coetanei, che percepiscono diversi, o con gli adulti, che non riescono a vedere come insegnanti, ma solo come capi».

Una situazione che appare paradossale, se si pensa che nel solo 2009 gli Stati Uniti hanno speso 26 milioni di dollari per programmi di tutela dei diritti dei lavoratori nel mondo, ma che soprattutto stenta a trovare una soluzione poli-tica. Dal settembre 2009 è fermo al Congresso il Children’s Act for Responsible Employment, un provvedimento di cui è relatrice la deputata democratica Lucille Roybal-Allard e che equipa-ra le condizioni del lavoro in campagna a tutti gli altri settori, inasprendo le pene per le aziende o le fattorie che dovessero violare le nuove norme sul lavoro minorile. È una legge che risolverebbe la situazione ma che, a oggi, ha l’appoggio di appe-na 107 parlamentari in una Camera, quella dei rappresentanti, la cui maggioranza è di 218. l

l’organismo dei bambini è particolarmente sensibile alle sostanze chimiche usate nei campi. chi non rinuncia

a studiare sviluppa difficoltà di apprendimento e relazione

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