31
55 3. Il controllo nel settore alimentare 3 Il controllo nel settore alimentare 3.1 Annona: origine e significato Il termine annona, pieno di fascino e di mistero per gli «iniziati» a tali e tanti controlli, è quello che piace riportare integralmente dal Grande dizionario enciclo- pedico UTET 1991, p. 883. « Annona (dal lat. annus, anno). Nel significato primitivo era, tra i romani, l’insieme della produzione agricola (cereali in particolare) di tutto un anno, per tutto lo Stato; da questa prima accezione passò ad avere parecchi significati: di provvigioni in generale e, in specie, del frumento, che negli ultimi tempi della Repubblica veniva ammassato nei granai dello Stato e venduto poi ai poveri, a buon mercato, negli anni di carestia e che all’epoca degli imperatori si distribuiva gratuitamente al popolo, o si dispensava a titolo di mercede e di ricompensa (A.civilis); — di vettovagliamento (A. militaris) dell’esercito in campagna, cioè quella data quantità di olio, sale, pane, carne, grano, vino, fieno e paglia, che annualmente era provveduta dagli appaltatori o fornitori dell’esercito; di razione corrisposta a un soldato per un dato tempo (ratio); i soldati dislocati ai confini dell’impero (limitanei ) la ricevevano in denaro; se la paga era doppia, era detta A. duplex ; di prezzo di viveri, specialmente se fissato dall’autorità. La voce A., al plurale, era adoperata talora nel senso di paga annua, o mensile, scontata in tanto grano, e allora si diceva annonae aerariae; senza questo aggettivo indicava viveri distribuiti ai braccianti a titolo di salario. Allorché la produzione della penisola non bastò più a nutrire la popolazione di Roma e delle regioni italiane, si ricorse alle province, e grandi centri annonari dell’impero furono la Spagna, la Sicilia, l’Egitto e l’Africa del Nord; questa doveva fornire un terzo del fabbisogno, l’Egitto un altro terzo, il resto gli altri paesi nominati. La distribuzione dei viveri alla plebe oziosa e sempre in subbuglio al grido di « Panem et circenses!» divenne però ben presto un gravissimo problema. Augusto creò il praefectus - annonae, incaricato di provvedere il grano e distribuirlo; si pensi che nel sec. I° a.C. si trattava di saziare 300.000 bocche, e che, sebbene Giulio Cesare avesse ridotto alla metà il numero degli iscritti, nei secoli successivi la prima cifra venne di molto superata. I prefetti dell’A. avevano facoltà di impedire l’esportazione, la circolazione o la vendita delle derrate per tutto l’impero; si aggiunga che la concorrenza dei grani africani e spagnoli rese assolutamente non remunerativa la coltivazione in Italia,

3 Il controllo nel settore alimentare - Sistemi Editoriali · terzo del fabbisogno, l’Egitto un altro terzo, il resto gli altri paesi nominati. ... le disposizioni per la lotta

  • Upload
    lynhu

  • View
    213

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

55

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

■ 3 Il controllo nel settore alimentare

3.1 Annona: origine e significato

Il termine annona, pieno di fascino e di mistero per gli «iniziati» a tali e tanticontrolli, è quello che piace riportare integralmente dal Grande dizionario enciclo-pedico UTET 1991, p. 883. «Annona (dal lat. annus, anno).Nel significato primitivo era, tra i romani, l’insieme della produzione agricola (cerealiin particolare) di tutto un anno, per tutto lo Stato; da questa prima accezione passòad avere parecchi significati:— di provvigioni in generale e, in specie, del frumento, che negli ultimi tempi della

Repubblica veniva ammassato nei granai dello Stato e venduto poi ai poveri, abuon mercato, negli anni di carestia e che all’epoca degli imperatori si distribuivagratuitamente al popolo, o si dispensava a titolo di mercede e di ricompensa(A.civilis);

— di vettovagliamento (A. militaris) dell’esercito in campagna, cioè quella dataquantità di olio, sale, pane, carne, grano, vino, fieno e paglia, che annualmenteera provveduta dagli appaltatori o fornitori dell’esercito;

— di razione corrisposta a un soldato per un dato tempo (ratio); i soldati dislocatiai confini dell’impero (limitanei) la ricevevano in denaro; se la paga era doppia,era detta A. duplex;

— di prezzo di viveri, specialmente se fissato dall’autorità.La voce A., al plurale, era adoperata talora nel senso di paga annua, o mensile,scontata in tanto grano, e allora si diceva annonae aerariae; senza questo aggettivoindicava viveri distribuiti ai braccianti a titolo di salario.Allorché la produzione della penisola non bastò più a nutrire la popolazione di Romae delle regioni italiane, si ricorse alle province, e grandi centri annonari dell’imperofurono la Spagna, la Sicilia, l’Egitto e l’Africa del Nord; questa doveva fornire unterzo del fabbisogno, l’Egitto un altro terzo, il resto gli altri paesi nominati.

La distribuzione dei viveri alla plebe oziosa e sempre in subbuglio al grido di «Panemet circenses!» divenne però ben presto un gravissimo problema.

Augusto creò il praefectus - annonae, incaricato di provvedere il grano e distribuirlo;si pensi che nel sec. I° a.C. si trattava di saziare 300.000 bocche, e che, sebbene GiulioCesare avesse ridotto alla metà il numero degli iscritti, nei secoli successivi la primacifra venne di molto superata.

I prefetti dell’A. avevano facoltà di impedire l’esportazione, la circolazione o lavendita delle derrate per tutto l’impero; si aggiunga che la concorrenza dei graniafricani e spagnoli rese assolutamente non remunerativa la coltivazione in Italia,

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

56cosicché, mentre i piccoli proprietari abbandonavano i campi per accorrere a Romaad aumentarvi il numero dei proletari da nutrire gratuitamente o quasi, i grandipossessori di terre non facevano più coltivare che viti, olivi o giardini o abbando-navano le terre al pascolo, contribuendo alla rovina completa dell’economia agricolaitaliana.

Per circondare di maggior rispetto l’istituzione dell’A., i romani ne fecero una divi-nità, erigendo statue alla dea A., un altare in Campidoglio e dedicandole annualifeste.

La si rappresentava in figura muliebre, nudi il braccio e la spalla sinistra, con spighenella destra e la cornucopia nella sinistra; se si riferiva alle derrate provenienti pervia di mare, si raffigurava con un timone; se venivano dal paese, con un vomere;se si trattava di elargizioni dello imperatore, la dea compariva sulle monete e sullemedaglie, in piedi, con una tavoletta su cui erano segnati tanti punti quante eranostate le distribuzioni; l’A. militare era contrassegnata da una picca.

Nelle epoche successive, il termine A. perse la molteplicità di significati che avevaavuto presso i romani ed assunse quello di intervento dei pubblici poteri nel campodel rifornimento alimentare e della distribuzione dei beni di prima necessità, inparticolare dei cereali (nell’antica Roma il «praefectus annonae» esercitava poteriamministrativi per delega dei magistrati superiori).

Nel Medioevo, l’instabilità politica, le guerre, le carestie, l’insicurezza dei traffici e ledifficoltà di trasporto delle merci resero molto spesso difficile il soddisfacimento delfabbisogno alimentare delle popolazioni, in particolare di quelle urbane; la politicaannonaria fu allora oggetto di legislazioni molto complesse, concretizzatesi in prov-vedimenti quali l’imposizione di calmieri, i divieti di esportazione, gli ammassiforzosi, etc.

Gli interventi dell’autorità in materia annonaria si protrassero in diverse forme in etàmoderna, venendo quindi gradualmente abbandonati con l’affermarsi delle dottrineeconomiche liberiste e con l’instaurarsi dell’economia industriale.

Nel secolo XX misure di politica annonaria furono introdotte durante i due conflittimondiali; nelle società contemporanee la politica sociale ed assistenziale svolta indiverse forme dai governi si realizza tra l’altro in interventi di regolamentazione econtrollo della produzione, della circolazione e della distribuzione dei beni alimen-tari».

57

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

3.2 Gli operatori di vigilanza

Con la denominazione di «operatori di vigilanza» si comprende tutto il personale divigilanza e ispezione, ora appartenente alle Aziende U.S.L. (All.1, tabella M, d.P.R.20 dicembre 1979, n. 761), che ivi è confluito da vari enti.In passato, gli organi esecutivi (vigili) e gli organi tecnici (laboratori provinciali)operavano sotto la direzione del medico provinciale (art. 83 T.U.L.S.), e dovevanopure soddisfare le richieste dell’ufficiale sanitario (art. 18 r.d. 16 gennaio 1927,n.155), pur sempre secondo le istruzioni impartite dal medico provinciale (art. 83 ult.comma T.U.L.S.). In sostanza, il medico provinciale e l’ufficiale sanitario erano l’au-torità sanitaria per eccellenza, dalla quale dipendeva il personale di vigilanza.Tutti gli organi che operavano e operano nel settore sanitario sono detti di vigilanzaperché devono vigilare al fine di evitare o reprimere possibili trasgressioni.Le trasgressioni, com’è noto, sono qualificate dalla legge:a) come reati:

— delitti, se puniti con la reclusione e/o la multa;— contravvenzioni, se puniti con l’arresto e/o l’ammenda;

b) come infrazioni amministrative.I reati possono essere perseguiti solo dalla polizia giudiziaria, all’interno della qualesi distinguono due gradi: l’ufficiale e l’agente di polizia giudiziaria. Il codice diprocedura penale stabilisce non solo chi è agente e chi è ufficiale di p.g., ma anchequali sono i poteri che la p.g. può esercitare nella ricerca dei colpevoli (artt. 57 e ss.c.p.p.), con l’avvertenza che, con l’entrata in vigore della legge 7 marzo 1986, n. 65,anche nei vigili urbani vi sono ora ufficiali di p.g.Non si deve, però, dimenticare che la vigilanza igienico-sanitaria, oltre che alleA.S.L., è affidata anche ad altri organismi.Basti, qui, ricordare:1. il nucleo antisofisticazioni (N.A.S.), nucleo speciale dell’Arma dei carabinieri, che

è stato alle dipendenze funzionali del Ministero della sanità, pur potendo sfruttarela preparazione di polizia giudiziaria propria dell’Arma, e potendo operare sull’in-tero territorio nazionale contando — in caso di necessità — sull’appoggio dell’in-tera Arma.I compiti di controllo e vigilanza, che all’inizio riguardavano soltanto l’igienedegli alimenti (d.m. 5 novembre 1963), sono stati ampliati col passare degli annie coprono ora l’intero campo igienico-sanitario per quanto riguarda la repressionedei reati; infatti, trattandosi pur sempre di sottufficiali e di carabinieri, questioperatori hanno sempre avuto funzioni di polizia giudiziaria; inoltre, ai sensidell’art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, essi possono anche perseguiretutte le infrazioni amministrative.Sostanzialmente, gli appartenenti al N.A.S. si distinguono dagli altri carabinieriperché si occupano a tempo pieno del campo sanitario.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

582. i vigili urbani, i quali, nell’ambito del territorio comunale, non sono soltanto

agenti di polizia giudiziaria, ma anche ufficiali (legge 7 marzo 1986, n. 65): neconsegue che essi possono perseguire — al pari dei carabinieri — sia tutti i reatiche tutte le infrazioni amministrative nel campo sanitario;

3. la Guardia di Finanza e il Corpo forestale dello Stato, i quali - come ufficiali eagenti di polizia giudiziaria — hanno una specifica competenza nel reprimere lefrodi agrarie (es. r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 — r.d. 1 luglio 1926, n. 361).

Gli illeciti amministrativi possono essere sempre perseguiti da coloro che rivestonola qualifica di ufficiali e di agenti di p.g. (art. 13, comma 4, legge 689/1981), edanche dal personale espressamente addetto per legge al controllo sull’osservanzadelle disposizioni per la violazione delle quali è prevista, appunto, la sanzioneamministrativa (art. 13, comma 1, legge 689/1981).I poteri esercitabili dagli organi di vigilanza al fine di ricercare i colpevoli di questotipo di violazioni sono solo quelli previsti dall’art. 13 della legge 689/1981.Appare allora che è essenziale distinguere innanzitutto se ci si trova di fonte a unreato oppure a un illecito amministrativo, perché diversi sono i poteri a disposizionedell’autorità per ricercare i colpevoli di un tipo di illecito o dell’altro; e mentre la p.g.può sempre perseguire anche le infrazioni amministrative, non è affatto vero ilcontrario. Inoltre, è indispensabile stabilire se l’operatore è un agente oppure unufficiale di p.g., posto che, in un caso, ha determinati poteri; nell’altro, ha poterinettamente superiori.Risulta, a questo punto, agevole dare, in sintesi, il concetto di «Polizia Sanitaria».La polizia sanitaria riguarda tutte le norme contenute nel Testo Unico delle leggisanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, che, nel tempo, ha subitonumerose modifiche sino alla legge 30 aprile 1962, n. 283, modificata dalle leggi 26febbraio 1983, n. 441, e nel relativo regolamento di esecuzione, approvato con d.P.R.26 marzo 1980, n. 327, modificato con decreto del Ministero della Sanità 1 aprile1988, n.178 (G.U. — Serie Generale — 3 giugno 1988, n. 129) e nel regolamento perl’esecuzione della legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica, approvato conr.d. 3 febbraio 1901, n. 45; le disposizioni riguardanti la produzione e la vendita dellesostanze alimentari e delle bevande; le disposizioni per la lotta contro le mosche,previste dal decreto del Commissario di Governo 20 maggio 1928, contenente normeobbligatorie per l’attuazione della legge 29 marzo 1928, n. 858, riguardante dispo-sizioni per la lotta contro le mosche (G.U. 21 maggio 1928, n. 118), e quellesull’inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque.Il concetto di Polizia Sanitaria riguarda, altresì, le norme sul prelevamento deicampioni, attuando gli scopi a mezzo della vigilanza sanitaria.Essa è esercitata dai Comuni, attraverso le Aziende Unità Sanitarie Locali, che nedettano le direttive in conformità di legge, ed è affidata ad agenti che ne hanno unaspecifica competenza, denominati vigili sanitari, i quali agiscono, principalmente, alledipendenze degli organi preposti al servizio sanitario delle Aziende Unità SanitarieLocali.

59

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

La vigilanza sanitaria è affidata anche alla Polizia Municipale e agli altri organiprima citati, i quali:a) vigilano sulle condizioni igieniche del suolo, degli aggregati urbani e rurali e delle

abitazioni, sulla salubrità delle bevande e delle sostanze alimentari, sui mercati esui pubblici esercizi;

b) compiono ispezioni che vengono disposte dagli organi preposti al servizio sanitario delleAziende Unità Sanitarie Locali o dal direttore di reparto del Laboratorio provinciale diIgiene e Profilassi, inserito nel servizio di Igiene e Ambiente dell’Azienda U.S.L.;

c) vigilano sulla esecuzione delle misure disposte per la profilassi delle malattieinfettive;

d) esercitano tutte le altre attribuzioni di vigilanza igienico-sanitaria che sono pre-scritte dalle leggi.

3.3 Ambito ed autorità di vigilanza

I quesiti posti dalle pubbliche amministrazioni e dalle associazioni di categoriainteressate all’applicazione del d.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 hanno avuto ad oggettoanche gli articoli 3 e 4, rispetto ai quali puntuale è stato l’intervento chiarificatoredel Ministero della Sanità.In merito all’art. 3, rubricato Individuazione delle autorità sanitarie competenti, lagià citata circolare n. 46 del 21 luglio 1982 precisa che:

Si deve, in primo luogo, rilevare che ai sensi della legge e del regolamento ed in baseai principi generali di diritto, per vigilanza si deve intendere ogni atto della com-petente autorità preventivo o successivo all’espletamento dell’attività del cittadino.Nel caso che rileva, quindi, vigilanza è l’ispezione preventiva ai laboratori di pro-duzione di sostanze alimentari, come anche l’ispezione durante le fasi della produ-zione, come anche il prelievo dei campioni; è vigilanza preventiva il rilascio dellibretto di idoneità sanitaria, mentre è successiva la vigilanza diretta ad appurare chegli addetti alla lavorazione di sostanze alimentari siano in possesso del librettosummenzionato. È vigilanza anche l’ordine di sequestro cautelativo di sostanze ali-mentari emesso, quando ne ricorrano le condizioni, dall’autorità competente.Per quanto riguarda l’ultimo comma dell’articolo, si deve far presente che, ai sensidella legge 23 dicembre 1978, n. 833, in particolare per quanto disposto dall’articolo32, comma 2, spetta alla legge regionale l’incombenza di organizzazione delle fun-zioni amministrative in materia di igiene e sanità pubblica, anche per individuare conesattezza il personale addetto alla vigilanza igienico-sanitaria degli alimenti.

Ai sensi dell’art. 5, Ambito della vigilanza operativa, la circolare si esprime come segue:

La legge, come d’altra parte il regolamento, prevede che l’autorità sanitaria può procederein qualunque momento ad operazioni di vigilanza in materia di igiene degli alimenti.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

60Ciò in quanto l’attività di che trattasi non si concreta in atti di polizia giudiziaria(ricerca delle prove di responsabilità penale a seguito dell’insorgenza di un indiziodi reato) bensì di in atti di polizia sanitaria, liberi, come tali, dalla forma e dai vincolidel codice di procedura penale.Sembra tuttavia ovvio ritenere che le suddette operazioni vengano normalmenteespletate durante l’orario di lavoro degli stabilimenti, laboratori, esercizi pubblici,ecc., e che solo circostanze eccezionali, discrezionalmente valutabili dall’autoritàpreposta alla vigilanza, possano indurre ad intervenire in orari diversi affinché icontrolli risultino efficaci.

3.4 Vigilanza e controllo

Il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 1231, di attuazione della direttiva n. 89/397/CEE, che disciplina in forma completa le modalità da seguire per l’effettuazione deicontrolli ufficiali destinati ad assicurare la conformità dei prodotti alimentari alledisposizioni dirette a prevenire i rischi per la pubblica salute, si pone l’obiettivo diproteggere gli interessi dei consumatori e di assicurare la lealtà delle transazionicommerciali.Il controllo deve riguardare tutte le fasi della produzione, della fabbricazione, dellalavorazione, del magazzinaggio, del trasporto, della distribuzione, del commercio edell’importazione e consiste:— nell’ispezione degli impianti, delle attrezzature, degli utensili, dei locali e delle

strutture, ivi compresi gli uffici ed i terreni, i mezzi di trasporto, le materie prime,gli ingredienti, i prodotti semilavorati, i prodotto finiti, i contenitori, i procedi-menti di disinfezione, di pulizia e di manutenzione, i presidi chimici, i detergentie gli antiparassitari, i processi tecnologici, l’etichettatura, i mezzi e le modalità diconservazione;

— nel prelievo dei campioni;— nel controllo dell’igiene del personale;— nell’esame del materiale scritto e di documenti di vario genere;— nell’esame dei sistemi di verifica installati nell’impresa e dei relativi risultati

(HACCP: Hazard Analysis Critical Control Point).

Gli organi incaricati del controllo possono prendere conoscenza del materialescritto e di ogni altro documento in possesso delle persone fisiche e giuridichenonché acquisire copia o estratto del materiale e dei documenti sottoposti al loroesame.Le persone fisiche e giuridiche soggette a controllo ufficiale sono tenute a sottoporsialla verifica esercitata conformemente alle modalità previste e ad assicurare la ne-

1 In G.U. del 27 aprile 1993, n. 97.

61

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

cessaria assistenza al personale incaricato del controllo nell’esercizio delle propriefunzioni.Si ritiene opportuno, preliminarmente, richiamare l’attenzione sul d.m. 16 dicembre1993 (G.U. del 28 dicembre 1993, n. 303) in relazione al contenuto dell’articolo 4,comma 1, del decreto legislativo n. 123/1993, in forza del quale, per i controllimicrobiologici dei prodotti alimentari deteriorabili individuati con decreto ministe-riale, il responsabile del laboratorio provvede ai relativi accertamenti su una aliquotadel campione e, in caso di non conformità, a darne avviso all’interessato tempesti-vamente, specificando il parametro difforme e la metodica di analisi e comunicandoil luogo, il giorno e l’ora in cui le analisi saranno ripetute, limitatamente ai parametrinon conformi.I prodotti alimentari deteriorabili sono stati individuati all’articolo 1 del d.m. 16dicembre 1993, mentre, nell’articolo 4, si indicano le modalità di prelevamento, lemodalità di comunicazione agli interessati da parte del laboratorio competente, del-l’ora e del luogo della seconda analisi in caso di difformità, la possibilità per gliinteressati di presenziare alle operazioni personalmente o mediante persone di fidu-cia, nonché l’obbligo del laboratorio di dare la priorità all’effettuazione delle analisisui prodotti in parola.Il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 123 fissa, inoltre, le linee guida per le modalitàdi effettuazione dei controlli ufficiali, che devono svolgersi sia in modo sistematicosia nei casi in cui esiste il sospetto che i prodotti non siano conformi alle disposizionidi cui all’art. 1, comma 2.Il controllo regolare dovrà svolgersi secondo un programma preordinato con carat-tere sistematico, che fissa, durante un periodo di tempo determinato, la natura e lafrequenza degli interventi in modo tale da assicurare il perseguimento degli obiettivivoluti dalla normativa vigente.In applicazione del decreto legislativo in esame è stato emanato il d.P.R. 14 luglio1995 (G.U. del 7 novembre 1995, n. 260, S.O.) atto di indirizzo e coordinamento alleRegioni e Province autonome sui criteri uniformi per la elaborazione dei programmidi controllo ufficiale degli alimenti e bevande.Per i prodotti di origine animale indicati nella tabella 1) si applicano, di norma, ledisposizioni e le procedure di controllo inserite nelle norme di settore nonché, inquanto applicabili, le norme del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 123.Per quanto riguarda gli esercizi di commercializzazione, le frequenze sono quellefissate dalle tabelle annesse allo stesso d.P.R. 14 luglio 1995, citato.Per gli esercizi di somministrazione e per gli esercizi di commercializzazione diprodotti non esclusivamente di origine animale appare utile che il programma, ondeevitare duplicazione di interventi, venga stabilito d’intesa con il competente Serviziodi Igiene alimenti e nutrizione.L’articolo 6 del citato d.P.R. 14 luglio 1995 fissa i principi per l’effettuazione deicontrolli negli esercizi di commercializzazione, le cui frequenze sono indicate nellatabella 5.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

62Le frequenze minime raccomandate di ispezione a esercizi di somministrazione sonostabilite come segue:

TABELLA 3 (prevista dall’articolo 5 comma 1)Frequenze minime raccomandate (a) di ispezione a esercizi di somministrazione

Esercizi di somministrazione Frequenze minime

Istituti di ricovero e assistenza a lunga degenza, collegi, istituti di assi-stenza per l’infanzia Ogni sei mesi

Mense scolastiche, ospedaliere e mense di solidarietà Ogni nove mesi

Alberghi, ristoranti, snack- bar, mense aziendali, trattorie, rosticcerie,pizzerie, birrerie, enotoche e altri esercizi similari. Ogni dodici mesi

Ambulanti, esercizi stagionali ed altri esercizi. Da definirsi a cura delle regioni

(a) le frequenze minime raccomandate sono da verificarsi sulla base delle attivitàispettive relative ad un periodo di tre anni.

Le frequenze minime raccomandate di ispezione a esercizi di commercializzazionerisultano stabilite come segue:

TABELLA 5 (prevista dall’articolo 6 comma 1)Frequenze minime raccomandate (b) di ispezione a esercizi di commercializzazione

Esercizi di commercializzazione Frequenze minime

Mercati generali; Ogni nove mesiSupermercati, ipermercati, superette;2

Depositi all’ingrosso;

Esercizi di vendita al dettaglio Ogni dodici mesi

Esercizi stagionali ed ambulanti Da definirsi a cura delle regioni

(b) le frequenze minime raccomandate sono da verificarsi sulla base delle attivitàispettive relative ad un periodo di tre anni.

Nel corso delle ispezioni, come detto, si dovrà procedere anche al prelevamento dicampioni secondo le indicazioni globali indicate nella tabella 6.

2 Superette = Minimarket.

63

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Tale campionamento va effettuato preferibilmente presso la grande distribuzione e,per quanto possibile, in proporzione alle percentuali dei consumi medi nazionali perciascun prodotto.

3.5 Il controllo degli esercizi commerciali

Nell’analizzare i compiti demandati alla Polizia Municipale per quanto concerne icontrolli e gli interventi nell’ambito delle attività commerciali, si ritiene non sia deltutto fuor di luogo una considerazione di carattere generale.Il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, attuativo della legge 22 luglio 1975, n. 382, precisa,all’art. 18, sotto il titolo polizia locale urbana e rurale, che le funzioni amministrativerelative alla materia polizia locale urbana e rurale concernono le attività di poliziache si svolgono esclusivamente nell’ambito comunale e che non siano proprie dellecompetenti autorità statali.La legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge quadro sull’ordinamento della polizia munici-pale) ha precisato, a sua volta, all’art. 5, che il personale che svolge servizio di PoliziaMunicipale, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprieattribuzioni, esercita anche funzioni di polizia giudiziaria.La polizia di sicurezza e la polizia amministrativa hanno compiti precipui di preven-zione, cioè compiti di evitare che determinate turbative possano verificarsi; la poliziagiudiziaria, intervenendo quando determinati fatti (reati) si sono già verificati, hafunzione repressiva.Nel settore commerciale e della vigilanza igienico-sanitaria vanno svolte funzioni dipolizia amministrativa e di polizia giudiziaria, potendovisi verificare anche ipotesidelittuose.I controlli commerciali e di vigilanza igienico-sanitaria sono di natura particolarmen-te delicata; è bene, pertanto, che gli stessi siano sempre svolti da una pattuglia dialmeno due unità.Occorre tenere presente che i commercianti appartengono a categoria certamente bene-merita; tuttavia, come ogni essere umano, anche il commerciante è soggetto a particolarisituazioni contingenti, che possono influire pesantemente sul suo stato d’animo.Nell’accedere in un esercizio commerciale, ragioni di opportunità suggeriscono dimantenere un contegno austero anche se improntato alla massima cortesia. Unabattuta di scherzo, anche se banale ed ammissibile, può portare, se rivolta a personacon stato d’animo particolarmente esacerbato, a conseguenze drammatiche.Viene consigliato di iniziare il controllo chiedendo l’esibizione della relativa autoriz-zazione.Il controllo deve tendere alla verifica che i prodotti posti in vendita rientrino traquelli per i quali è stata autorizzata la vendita, senza trascurare l’osservanza dellenorme sulla pubblicità dei prezzi.Va anche accertato che gli strumenti per pesare e misurare siano conformi a quellivoluti dalle norme di legge, che siano stati sottoposti alle verifiche, se e quando

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

64prescritte, che le bilance siano collocate in modo da renderne visibili le indicazioniall’acquirente.Nell’effettuare un controllo tendente alla repressione delle frodi in commercio, ènecessario fermare l’acquirente nel momento in cui si appresta ad uscire dall’eserciziocommerciale; se non si indossa l’uniforme, è necessario qualificarsi subito medianteesibizione della tessera di riconoscimento. Si procede chiedendo all’acquirente cosaha comprato, il peso richiesto, il prezzo pagato e se la merce si trova nello stato incui è stata consegnata.Insieme con l’acquirente, all’interno dell’esercizio, si procede al controllo del peso,prima sulla stessa bilancia con la quale la merce è stata pesata, quindi su altrabilancia anche presso altro esercizio vicino; nel caso in cui vi sia differenza fra ledue pesate, va verificato se la bilancia abbia subito manomissioni.Rilevato in modo inequivocabile che la merce è di peso inferiore a quello pattuito epagato, si contesta all’esercente il reato di frode in commercio, avendo cura di rilevareanche le generalità dell’acquirente; se l’esercente, per carpire la buona fede di quest’ul-timo, ha messo in atto artifici o raggiri, ricorre il delitto di truffa e non quello di frodein commercio (Cassazione 29 maggio 1952 - Cassazione 23 giugno 1958).È da tenere presente che, nell’accertamento di un reato, qual è appunto la frode incommercio, si evidenzia l’attività della polizia giudiziaria intesa come indagine ten-dente alla raccolta delle prove e di ogni indizio che possa essere utile al giudice nellavalutazione degli elementi e quindi nell’applicazione della legge penale.Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria devono curare che non vadano disperse letracce del reato e, se vi è fondato motivo di ritenere che tali tracce possano esserealterate o disperse, procedono al sequestro dei corpi di reato (ad esempio bilancealterate), da porre immediatamente a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.È buona norma estendere i controlli alla vigilanza igienico - sanitaria quando trattasidi esercizi di vendita e/o di somministrazione di alimenti e bevande.Quindi, per i negozi di generi alimentari, si potrà accertare che siano soddisfatti gliobblighi inerenti alla igienicità del locale e delle attrezzature e che il personaleaddetto alla vendita sia munito di regolare tessera sanitaria, debitamente vidimataalle scadenze, e indossi tuta o sopraveste di colore chiaro e copricapo. Sono daesperirsi accertamenti anche per quanto concerne l’obbligo, per gli operatori com-merciali, di «curare la pulizia della propria persona e in particolare delle mani e dieseguire il proprio lavoro in modo igienicamente corretto».E corretto non appare il modo di servire un piatto con il pollice all’interno, in mododa intingervi anche l’unghia così nera che più nera non si può.Corretto non risulta il prendere il pane o altri alimenti con l’indice e il pollice chepoco prima erano stati impiegati per sostituire il fazzoletto.Corretto non è il modo di operare di quel cameriere di trattoria che spruzza l’acetodalla bocca sull’insalata per assicurarne lo spargimento uniforme.Va ispezionato il frigorifero, per constatare che non vi siano merci in incipiente statodi putrefazione: nel caso ve ne siano, si procede a sequestro cautelare avvolgendo

65

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

le merci in sacchetto di plastica chiuso con legacci, ai margini dei quali va applicatosigillo di piombo con impressa sigla di riconoscimento. Le merci vanno depositatenello stesso frigorifero, nominando custode giudiziario lo stesso esercente, dopoaverlo reso edotto delle responsabilità che incombono sul custode giudiziario, dan-done immediata comunicazione, per gli ulteriori adempimenti, ai funzionari del-l’Azienda Unità Sanitaria Locale competente per territorio.Per tutti gli esercizi commerciali vanno esperiti accertamenti in relazione al paga-mento della tassa sulle insegne, se poste in opera; analoghi accertamenti vannocondotti per T.O.S.A.P. o C.O.S.A.P.È da accertare ancora che il prezzo di vendita sia indicato per unità di misura e chenon vi siano maggiorazioni sui prodotti per i quali il prezzo di vendita è stato fissatodal produttore.Nel caso di vendite straordinarie, va chiesta in visione copia della comunicazioneinoltrata al Comune e, per le vendite con sconti o ribassi, va chiesta sempre copiadelle fatture di acquisto delle merci interessate, sia per accertare che non siano messein vendita, a prezzi scontati, merci introdotte in data successiva a quella dellacomunicazione di inizio della vendita straordinaria, sia per controllare che, nel casodi vendita a prezzi di costo o sottocosto, il prezzo di vendita sia rispettivamenteuguale o inferiore a quello di acquisto3.Si tratta di attivare, anche, vigilanza igienico-sanitaria-annonaria, quando si verificail caso di manovre speculative, tendenti a sottrarre al mercato rilevanti quantità diprodotti di prima necessità per procurarne aumento ingiustificato dei prezzi (aggio-taggio, art. 501 bis c.p.).È capitato con la pasta, nel 1983.È capitato con lo zucchero e col latte.È capitato con i generi alimentari e di vestiario in occasione dei conflitti mondiali.Nasce, in tali circostanze, la borsa nera.Si attiva la vigilanza annonaria, anche per prevenire e reprimere le frodi sanitarie,consistenti nell’annacquare latte e vino, nell’aggiungere olio di semi e di sansaall’olio vergine di oliva oppure nel vendere olio di semi per olio di oliva anche adanalisti di alto livello.

3.6 Il controllo ufficiale dei prodotti alimentari

Il già citato d.lgs. 3 marzo 1993, n. 123 in attuazione della direttiva CEE 89/397 haprofondamente innovato relativamente alle procedure di controllo sui prodotti ali-mentari.Ha specificato, anzitutto, che il controllo deve essere esteso ricomprendendo neglialimenti anche gli additivi alimentari, le vitamine, i sali minerali — inclusi i sali deglioligoelementi — i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con gli

3 D’Orsi, S., Le vendite straordinarie e di liquidazione in Sicilia, Rimini, Maggioli Editore 1999.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

66alimenti; ed ha sottolineato l’importanza di tutta l’attività di ispezione, che riguardalo stato, le condizioni igieniche ed i relativi impieghi degli impianti, delle attrezza-ture, degli utensili, dei locali e delle strutture, ivi compresi gli uffici ed i terreni, deimezzi di trasporto. Sono da valutare attentamente, durante l’ispezione, le materieprime, gli ingredienti, i coadiuvanti tecnologici e gli altri prodotti utilizzati per lapreparazione e la produzione dei prodotti alimentari, i prodotti semilavorati; i pro-dotti finiti; i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti; iprocedimenti di disinfezione, di pulizia e di manutenzione ed i relativi presidi chimicied i detergenti, nonché gli antiparassitari impiegati per la disinfestazione; i processitecnologici per produrre o lavorare i prodotti alimentari; l’etichettatura e la presen-tazione dei prodotti alimentari; i mezzi e le modalità di conservazione.Durante l’ispezione è possibile chiedere informazioni al responsabile dell’impresaispezionata e alle persone che vi lavorano; rilevare i valori dagli strumenti di mi-surazione e verificarli con i propri; valutare le procedure di valutazione per assicurarela qualità igienica degli alimenti e delle bevande, attraverso un processo che consentedi analizzare i vari punti, denominato H.A.C.C.P.Ampi poteri godono gli organi di vigilanza in sede ispettiva, potendo visionare tuttii documenti inerenti all’attività, senza preventiva autorizzazione, acquisendo anchecopia dei documenti medesimi.La legge istituisce il sistema di allerta con il quale, in caso di riscontro di frodetossica o di prodotti alimentari nocivi, o pericolosi per la salute pubblica, il respon-sabile del laboratorio che ha eseguito l’accertamento analitico, oppure l’organo dicontrollo che ha eseguito l’ispezione, ferma restando l’immediata comunicazioneall’autorità giudiziaria, provvede a comunicare (entro le 24 ore, alle Regioni ed alleProvince autonome, al Sindaco ed al Prefetto territorialmente competenti, nonché aiMinisteri della Salute e dell’agricoltura e delle foreste4, le informazioni che permet-tono di identificare il prodotto, il numero di lotto, il fabbricante o il distributoreoppure entrambi) i risultati di qualsiasi accertamento di laboratorio o di altra infor-mazione che consentono di valutare l’entità del rischio per la salute; le misureadottate o predisposte, al fine di fronteggiare il rischio per la salute pubblica, me-diante l’eventuale segnalazione ad altra Regione o Provincia autonoma interessata,con ogni utile informazione anche ai Paesi comunitari ed ai Paesi terzi.Ai fini dell’attività di prelevamento dei campioni, in attuazione dell’art. 4 del d.lgs.123/1993, è stato emanato il decreto del Ministro della Sanità in data 16 dicembre1993 (G.U. 28 dicembre 1993, n. 303), con il quale vengono individuate le sostanzealimentari deteriorabili, alle quali si applica il regime di controlli microbiologici.I prodotti alimentari deteriorabili sono:a) i prodotti alimentari preconfezionati, destinati come tali al consumatore, il cui

periodo di vita commerciale, inferiore a 90 giorni, risulti dalla data di scadenza

4 Si tenga presente che a far data dal maggio 2001 quest’ultimo Ministero di riferimento è il Ministero dellePolitiche agricole e forestali.

67

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

indicata in etichetta, con la dicitura “da consumarsi entro...”, ai sensi dell’art. l0,comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109;

b) i prodotti a base di carne che non abbiano subito un trattamento completo epresentino pertanto caratteristiche fisico-chimiche particolari;

c) i prodotti alimentari sfusi e quelli posti in involucro protettivo destinati allavendita previo frazionamento ai sensi dell’art. 1, comma 3, del decreto legislativo27 gennaio 1992, n. 109, non sottoposti a congelazione o a trattamenti atti adeterminarne la conservazione allo stato sfuso per periodi superiori a tre mesi(sterilizzazione, disidratazione, affumicatura), costituiti in parte da:— latte, ivi compreso quello parzialmente concentrato;— derivati del latte quali: crema di latte, formaggi freschi spalmabili, formaggi

freschi a pasta filata preincartati di cui all’art. 1, comma 1, del d.l. 11 aprile1986, n. 98, convertito nella legge 11 giugno 1986, n. 252, modificato dall’art.23 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109; e latticini freschi, formaggimolli senza crosta, formaggi molli con crosta a stagionatura non superiore asessanta giorni;

— carni fresche e preparazioni gastronomiche fresche a base di carni fresche;— prodotti della pesca freschi, nonché alimenti compositi freschi e preparazioni

gastronomiche a base di prodotti della pesca;— prodotti d’uovo, freschi o pastorizzati, nonché alimenti compositi e di pastic-

ceria e preparazioni gastronomiche a base di prodotti d’uovo;— prodotti ortofrutticoli freschi, refrigerati e non;— paste fresche con ripieno, destinate ad essere vendute allo stato sfuso ai sensi

dell’art. 16, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109.

Lo stesso decreto legislativo n. 123/1993, all’articolo 5, obblighi, recita: “1. Le personefisiche e giuridiche soggette a controllo ufficiale sono tenute a sottoporsi alle veri-fiche esercitate conformemente alle modalità previste e ad assicurare agli incaricatila necessaria assistenza nell’esercizio delle loro funzioni. 2. Fatti salvi gli obblighiprevisti da leggi o da regolamenti speciali, il personale incaricato del controllo ètenuto all’osservanza del segreto professionale.”A seguito della verifica periodica il servizio rilascerà alla ditta un attestato sulperdurare dei requisiti igienico-sanitari, che la ditta interessata dovrà produrre incaso di ulteriore ispezione. Va sempre rilasciato, redatto nei modi di legge, da partedel personale di vigilanza e ispezione, copia del verbale dell’ispezione effettuata altitolare dell’esercizio controllato, raffigurandosi la mancata consegna del verbalecome omissione (cfr. articolo 2, comma 8, del d.lgs. n. 123 del 1993 e punto 4.4,secondo periodo, dell’allegato 1 del citato D.A. Sanità della Regione Siciliana del 20maggio 1996, n. 19372).Nel caso di mancata eliminazione delle carenze entro i termini previsti, e quindi direcidiva, il sindaco o il rappresentante legale dell’Azienda unità sanitaria locale, suproposta del capo settore competente, adotterà il provvedimento di chiusura dell’eser-

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

68cizio. L’attivazione di un esercizio, laboratorio, deposito industriale o la prosecuzionedi attività in difetto degli originari requisiti di impianto e/o funzionali comporta, inaggiunta alla sanzione pecuniaria di cui all’articolo 2, comma 3, della legge n. 283/1962 (sanzione da euro 154 a euro 775), la chiusura dell’esercizio stesso. Il provve-dimento di chiusura deve essere emesso, in base alle rispettive competenze, dalsindaco o dal legale rappresentante dell’A.U.S.L., entro cinque giorni dalla ricezionedella comunicazione del pubblico ufficiale (il quale deve riferire senza ritardo – cfr.art. 17 ter del Testo unico delle leggi di P.S.) e immediatamente notificato ed eseguitotramite il personale di vigilanza con affissione di un cartello indicante il motivo dellachiusura (cfr. artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 507/1999). Sarà compito del personale divigilanza verificare il rispetto dell’ordinanza di chiusura. (cfr. artt. 12bis e 15 dellalegge n. 283/1962; articolo 22 d.P.R. n. 327/1980; articolo 8 d.lgs. n. 507/1999; perla Sicilia: D.A. sanità n. 19372/ 20 maggio 1996). Il provvedimento di chiusuradell’esercizio, adottato nei casi di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessariai fini del rilascio dell’autorizzazione sanitaria, è immediatamente revocato se lasituazione viene regolarizzata (cfr. art. 8, comma 2, d.lgs. n. 507/1999).Occorre tener conto del fatto che la legislazione in subiecta materia è percorsa, oltreche da pene principali, anche da pene accessorie, prevalentemente riconducibili alloschema della chiusura temporanea dello stabilimento o dell’esercizio, secondo un moduloricorrente che prevede, quali presupposti applicativi, la recidiva specifica o la partico-lare gravità del fatto concretamente posto in essere. Ed è proprio sull’incisività di taliultime sanzioni che attualmente poggia buona parte dell’efficacia deterrente delleprevisioni punitive. L’articolo 7 del decreto legislativo n. 507/1999 stabilisce, infatti, chenei casi in cui venga irrogata, per le violazioni di settore, una sanzione amministrativapecuniaria non inferiore a euro 7.746, possa altresì disporsi la pubblicazione o l’affis-sione del provvedimento che accerta la violazione, quasi in sintonia con la chiusuratemporanea di cui tratta l’articolo 15 della legge n. 283 del 1962, della quale deveessere data «pubblicità a mezzo di avviso da apporre all’esterno dello stabilimento odell’esercizio per l’intero periodo di chiusura (temporanea fino a sei mesi), con l’indi-cazione del motivo del provvedimento». La pubblicazione, l’affissione e l’avviso daapporre all’esterno dello stabilimento o dell’esercizio sono misure idonee, per il loroeffetto di stigma; una significativa azione preventiva, collocandosi, così, a buon titolo,nel solco del recupero di deterrenza attraverso le sanzioni accessorie, ritenute di rangoinferiore quando è venuto meno il carattere penale degli illeciti.La chiusura dello stabilimento in caso di insussistenza dei requisiti igienico-sanitariappare caratterizzata da una funzione «preventivo- cautelare», invece che tipicamentesanzionatoria. Essa non consegue, infatti, all’accertamento di specifici illeciti, bensìalla verifica dell’insussistenza dei requisiti igienico-sanitari previsti per il rilasciodell’autorizzazione sanitaria; in questa prospettiva, ne è dunque prevista la revocaimmediata non appena la situazione di irregolarità venga eliminata (cfr. art. 8,comma 2, d.lgs. 507/1999). Comunque, per evitare ogni possibile dubbio interpreta-tivo, è fatta espressamente salva l’applicabilità delle disposizioni che prevedono, a

69

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

qualunque titolo, l’adozione del provvedimento di chiusura, rispetto alle quali l’ar-ticolo in esame viene pertanto ad atteggiarsi come norma residuale (cfr. stralcio dellarelazione al decreto n. 507/1999, pp. 11-14).

3.7 Accertamenti sui prodotti alimentari

Gli accertamenti più elementari, perché puramente visivi, che l’operatore di vigilanzapuò effettuare sui prodotti alimentari, possono riguardare soltanto la contaminazionee l’igiene in generale; solo il laboratorio può, invece, accertare le sofisticazioni.Visivamente si può accertare il cattivo stato di conservazione delle sostanze alimen-tari impiegate nella preparazione di alimenti e bevande, detenute per la vendita,somministrate o comunque distribuite (art. 5, lett. b, della legge 283/1962).Il verduriere che vende frutta marcia, il salumiere che vende insaccati color verdastro,l’alimentarista che vende surgelati non conservati a –18°C, rispondono penalmentedi questa grave contravvenzione.Questa contravvenzione si applica anche qualora, ad esempio, in una bottiglia diacqua minerale sigillata si trovino corpi estranei in sospensione, perché le previsionicontemplate nell’art. 5 della legge 283/1962 si applicano anche alle acque minerali,in quanto quelle particolari in materia sono norme regolamentari e, come tali,subordinate alla legge.Si può, altresì, accertare l’impiego, nella preparazione di alimenti o bevande o nelladetenzione per la vendita, somministrazione o distribuzione per il consumo, di so-stanze alimentari nocive ovvero sottoposte a trattamenti diretti a mascherare unpreesistente stato di alterazione (art. 5, lett. d, della legge 283/1962).Il panettiere che rovescia per strada un cesta di pane, lo raccoglie e lo vende;l’alimentarista che vende pasta invasa da camole; il pasticciere che vende cioccolatoavariato, il barista che vende cestini da viaggio con carne invasa da vermi, rispon-dono di questa grave contravvenzione.Occorre anche distinguere fra prodotto confezionato e prodotto sfuso: il legislatore(vedasi, ad esempio, articolo 1, lett. b, d.P.R. 18 maggio 1982, n. 322, decretoabrogato dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109) ha accettato ladefinizione elaborata dalla giurisprudenza secondo la quale per prodotto confezionatodeve intendersi quello racchiuso in un involucro fornito di un sistema di chiusuraermetica tale che non consenta manomissioni o intromissioni dall’esterno senza cheesse lascino tracce evidenti e ineliminabili sulla confezione o sul sigillo e sia destinatoa non essere rimosso che una sola volta dal futuro consumatore del prodotto, sì dagarantire l’acquirente che il contenuto della confezione non abbia potuto subirealcuna manomissione.Non sono confezionati quei prodotti alimentari preparati e posti in commercio informe o pezzi, destinati normalmente alla vendita sfusa e relativamente ai quali ilrecipiente o involucro, in cui sono contenuti, ha solo la funzione di permetterne iltrasporto o la conservazione in modo da evitarne lo spargimento o l’inquinamento.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

70Pertanto, mentre il commerciante di qualsiasi prodotto alimentare sfuso ha il doveredi porlo in vendita solo se conforme alle prescrizioni della legge, sì che è tenuto adeseguire opportuni controlli e a prendere precauzioni idonee ad evitare l’immissionein commercio di prodotti non regolamentari5, il commerciante di prodotti confezio-nati non è responsabile del contenuto, sempre che la confezione originale nonpresenti segni di alterazione (ad esempio scatola bombata o arrugginita) o sempre cheegli non sia comunque a conoscenza della eventuale violazione delle prescrizioni dilegge (art. 19 della legge 283/1962).In particolare, si è molto discusso per stabilire se la vendita di un prodotto scadutointegra di per sé sola il reato di cui all’art. 5, lett. a) o b), della legge 283/1962, o meno.È noto che, ai sensi dell’art. l0 del d.P.R. 18 maggio 1982, n. 3226, ora art. 10 deld.lgs. 109/1992, sui prodotti alimentari deve esser normalmente indicato il cosiddettoTMC, ossia il termine minimo7 fino al quale il prodotto mantiene le sue qualità, seadeguatamente conservato.Il termine minimo di conservazione, di norma, è scelto discrezionalmente dal pro-duttore (o dall’importatore, nel caso previsto dall’art. 72 del d.P.R. 327/1980, sosti-tuito dall’art. 11 del d.P.R. 8 maggio 1985, n. 254), il quale sceglierà, per maggiorsicurezza, una data sicuramente anteriore a quella reale di scadenza.Pertanto, sui prodotti, si possono leggere alternativamente due formule:a) da consumarsi entro…;b) da consumarsi preferibilmente entro….Conseguentemente, la data indicata con la formula sub a) — che è obbligatoria soloper gli alimenti altamente deperibili sotto l’aspetto microbiologico e della validitàdietetica (art. 15, comma 4, d.P.R. 322/1982), cioè per quegli alimenti che debbonoessere normalmente conservati a una temperatura di + 4°C — é una vera e propriadata di scadenza, sì che la vendita del prodotto dopo tale data potrebbe integrare gliestremi della contravvenzione di cui all’art. 5, lett. b), della legge 283/1962 (reato dipericolo presunto per sostanza alimentare in cattivo stato di conservazione).Per una corretta interpretazione funzionale della “data di scadenza” apposta sullaconfezione di prodotti alimentari, occorre ricordare che essa produce effetti giuridiciesclusivamente in materia di commercializzazione al pubblico, escludendo la presun-zione assoluta per la quale il superamento della data di scadenza comporta neces-sariamente l’alterazione del prodotto8.

5 In questo caso, la responsabilità del commerciante può essere esclusa solo dalla assoluta buona fede:quando cioè risulti provato che l’agente ha compiuto tutto quanto era necessario per l’osservanza delle norme, sì che laviolazione appaia determinata da inevitabile errore che si identifica con la forza maggiore o il caso fortuito (fattispecierelativa al controllo da parte del dettagliante su prodotti alimentari già trattati con additivi chimici dal grossista. Cass., Sez.VI, 9 gennaio 1976 - Volpe).

6 In G.U. 9 giugno 1982, n. 156.7 Il termine massimo di conservazione è imposto dalla legge solo per pochissimi prodotti, tipo camomilla

(art. 6 legge 30 ottobre 1940, n. 1724).8 Correra, C., I prodotti alimentari non «scadono», «scadono» le confezioni, in «COMMERCIO & SERVIZI», n. 1, 1998,

pp. 18-22.

71

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

L’introduzione — con il d.lgs. n. 109/1992 — dello sdoppiamento tra «termine minimodi conservazione» e «data di scadenza» tra le indicazioni obbligatorie per l’etichetta-tura dei prodotti alimentari non ha purtroppo soddisfatto la generale attesa di undefinitivo chiarimento sui molti dubbi che da sempre accompagnano la formulazionedi una «data di garanzia» sulle qualità e sulla commestibilità di un prodotto alimen-tare.

Un primo equivoco ha investito i due istituti sotto il profilo della individuazione dellasanzione da comminare a chi persista nel porre in vendita un alimento fuori terminee oltre la data di scadenza.La giurisprudenza per anni ha dato la prevalenza alla sanzione penale di cui all’art.6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in relazione all’ipotesi di reato contravvenzio-nale di cui alla lettera b) dell’art. 5 della stessa legge: «prodotto in cattivo stato diconservazione».Una soluzione, questa, ampiamente criticabile in quanto dava per scontato che unprodotto fuori «termine» o fuori «scadenza» fosse per ciò stesso un prodotto o «ma-lamente conservato o in stato di alterazione»: in pratica si fondava su di una«presunzione assoluta» di alterazione della sostanza alimentare.Presunzione, questa, palesemente irreale per tutti i prodotti «fuori termine» (ovequesto il fabbricante lo abbia predeterminato con un minimo di discernimento), maanche — non è azzardato sostenere — per quelli oltre «scadenza» nei primissimi giornidi superamento della fatidica «data». Anche per questi, infatti, il fabbricante/confe-zionatore, dotato di un minimo di diligenza professionale, ben si guarda dal deter-minare una «data» eccessivamente risicata.In altre parole: «termine» e «data» non sono un timer di un prodotto esplosivo, bensìil primo un «termine di garanzia qualitativa» (superato il quale ogni responsabilitàpassa al rivenditore) ed il secondo una «data di commerciabilità» che impone la finedelle operazioni di «vendita» riguardanti la «confezione» con «data di scadenza»superata.Arbitrario, appare, pertanto, ritenere — senza averne fatto concreto riscontro analiticood anche solo organolettico — che all’interno della confezione scaduta (o fuoritermine) vi sia già un prodotto alterato.Arbitrarie, conseguentemente, sono da ritenersi le decisioni giudiziarie che, sulla basedi questa indimostrata ed inverosimile coincidenza, hanno ravvisato, in tale ipotesi,il caso di infrazione all’art. 5, lett. b), della legge n. 283/1962.L’indirizzo giurisprudenziale citato subisce riforma dalla Corte di Cassazione9, laquale approda alla conclusione di ravvisare — in caso di «vendita» di prodotto«scaduto» — soltanto l’illecito amministrativo di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 109/199210.

9 Cass., sez. unite pen., 27 settembre 1995, n. 1; Pres. Guasco, Rel. Pisanti, Ric. Timpanaro.10 In G.U. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

72«Produzione e commercio - Prodotti alimentari in confezioni e prodotti sfusi -Indicazioni e denominazioni - Prodotti “scaduti” di data - Illecito amministrativo -Sussistenza.

Il cattivo stato di conservazione delle sostanze alimentari riguarda quelle situazioniin cui le sostanze stesse, pur potendo essere ancora perfettamente genuine e sane,si presentano mal conservate, e cioè preparate o confezionate o messe in venditasenza l’osservazione di quelle prescrizioni — di leggi, di regolamenti, di atti ammi-nistrativi generali — che sono dettate a garanzia della loro buona conservazione sottoil profilo igienico-sanitario e che mirano a prevenire i pericoli della loro precocedegradazione o contaminazione o alterazione.

A tali situazioni si riferisce la previsione normativa di cui alla lettera b) dell’art. 5della legge n. 283/1962 che ha il ruolo di completare, in armonia con le differentiipotesi previste dallo stesso articolo, il quadro di protezione a tutela delle sostanzealimentari dal momento della produzione a quello della distribuzione sul mercato e,quindi, anche a quello, rilevante, della loro conservazione.In tale prospettiva la data di scadenza del prodotto, là dove ne è prevista l’indica-zione obbligatoria, non ha nulla a che vedere con le modalità di conservazione deiprodotti alimentari.Ne consegue che l’impiego per la preparazione di alimenti, la detenzione per lavendita o la distribuzione al consumo di prodotti confezionati, per i quali — essendoprescritta l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro il…” o quella diversa “daconsumarsi entro il…” — la data indicata sia stata superata, non integra alcuna ipotesidi reato, ma solo l’illecito amministrativo di cui agli artt. 10, comma settimo, e 18d.lgs. n. 109 del 1992».

Passando al fulcro di questa ricerca, appare opportuno prendere le mosse dallespecifiche disposizioni attinenti alla figura giuridica della scadenza delle confezionialimentari.L’istituto della data di scadenza per i prodotti alimentari è previsto e disciplinato dald.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, in sede di art. 10, nei seguenti termini:… 2. La data di scadenza è la data entro la quale il prodotto alimentare va consu-mato; essa va indicata con la dicitura «da consumarsi entro» seguita dalla dataoppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essa figura.… 7. È vietata la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenza a partire dalgiorno successivo a quello indicato sulla confezione.Due considerazioni immediate:— la data di scadenza viene formulata in termini tali (si veda l’espressione sulla

confezione di cui al comma 7) da far nettamente intendere come la stessa siariferita ai prodotti preconfezionati;

73

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

— il divieto di cui al comma 7 riguarda la vendita, espressione che deve far circo-scrivere la portata della disposizione negativa (qual è quella contenente un divieto)alla sola fase della commercializzazione della confezione di un prodotto alimentarepreconfezionato che sia oltre la data di scadenza.

Appare, a questo punto, di tutta evidenza che il concetto e l’istituto della data discadenza riguardano la confezione (ovvero: quel complesso composto da sostanzaalimentare e materiale di preconfezionamento) e non la sostanza alimentare in sé eper sé.In termini più semplici: gli alimenti non scadono, ma si alterano; invece scadono leconfezioni di alimenti (ovvero: gli alimenti preconfezionati).Appare dunque evidente che una confezione scaduta in senso stretto (ovvero: oltrela data di scadenza, ed a maggior ragione una fuori termine minimo di conserva-zione) non comporta automaticamente una collocazione della sostanza alimentarefuori da una lecita possibilità di impiego ad uso alimentare umano, ma semplicemen-te — come unica conseguenza giuridica — quella di una impossibilità di commercia-lizzazione della confezione medesima al pubblico dei consumatori11.Assolutamente apodittico è pretendere di ridurre una confezione scaduta al rangogiuridico di rifiuto, dal momento che il mero fatto della scadenza — per le ragioniesposte — non equivale a preclusione giuridica di ulteriore impiego della sostanzaalimentare in ciclo di lavorazione con destinazione finale l’alimentazione umana (sipensi, ad esempio, al caso di latte pastorizzato scaduto, che ben può essere ancoratrasformato in latte sterilizzato).Rifiuto potrà semmai divenire la sostanza contenuta nella confezione scaduta quandose ne sia verificata in concreto l’attuale incommestibilità e quando se ne sia esclusala possibilità — per scelta dell’imprenditore o per difficoltà tecnica — di un recuperoin un nuovo ciclo di fabbricazione alimentare.Sembra evidente che i resi dal circuito di distribuzione commerciale, anche ove sitratti di «confezioni» scadute, non possono giuridicamente essere ricondotti allacategoria dei «rifiuti».Conclusione giuridica, questa, che significativamente coincide con principi di econo-micità delle attività imprenditoriali in genere e con principi di non spreco dellerisorse, che la più recente normativa di ispirazione Cee nel settore alimentare (vedasid.P.R. n. 541/1997, art. 13, comma 2, punto g) sembra pienamente condividere edapplicare, persino rispetto a prodotti che devono essere ritirati dal mercato in quantopresentano un rischio immediato per la salute.I due aspetti esaminati hanno un regime sanzionatorio diverso, perché diverse sonole norme che disciplinano la materia e diversi sono gli interessi ed i beni giuridiciche tali norme intendono tutelare. Infatti, mentre la legge 283/1962 tutela l’igiene

11 Correra, C., Termine minimo di conservazione e data di scadenza. Prodotti alimentari. Sicurezza, igiene e qualità,Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore 1998, pp. 329-340.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

74e la salubrità degli alimenti, il d.lgs. 109/1992 detta norme tecniche per il correttoconfezionamento dei prodotti, che solo indirettamente hanno finalità igieniche.Le violazioni alle norme relative alla etichettatura degli alimenti sono perseguite consanzioni amministrative; quelle relative alla qualità della conservazione costituisconoreati contravvenzionali.Chiarito il concetto di cattivo stato di conservazione dei prodotti alimentari precon-fezionati che, sulla base delle argomentazioni effettuate, inerisce al mancato rispettodelle disposizioni che regolano la materia del confezionamento, appare evidente cheil superamento della data di scadenza costituisce violazione del precetto dell’art. 10,comma 7, del d.lgs. n. 109/1992 e non violazione dei precetti inerenti alla conser-vazione.La suddetta violazione, come la violazione degli altri precetti contenuti nel d.lgs. inprecedenza riferito, viene sanzionata dall’art. 18 dello stesso provvedimento delegato,quando prevede che, qualora non costituiscano più grave reato, la confezione, ladetenzione per vendere o la vendita di prodotti alimentari non conformi alle normedel decreto, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.549 aeuro 9.296. La sanzione liberatoria è di euro 3.098, da introitarsi dallo Stato in forzadel disposto dell’art. 18, comma 3, del decreto legislativo n. 109 del 1992.Il d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, ha previsto di indicare, nel caso di prodottialimentari altamente deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza,la cui nozione è fornita dal comma 2 dell’art. 10 del citato decreto legislativo n. 109del 1992: «La data di scadenza è la data entro la quale il prodotto alimentare vaconsumato». L’enunciato induce a rilevare che la data di scadenza è strutturata comedata di consumabilità del prodotto alimentare, fondata sulla presenzione assoluta dinon edibilità del prodotto oltre la data di scadenza. Conseguenza della non consu-mabilità, cioè della non edibilità del prodotto alimentare, è la non commerciabilità.Il che trova riscontro al comma 7 dell’art.10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992,n.109, che recita: «È vietata la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenzaa partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione». Ecco perché ladata di scadenza non è solo data oltre la quale insorge la non edibilità, ma è anchela data oltre la quale insorge la non commerciabilità.Diversa appare la nozione di termine minimo di conservazione, come definita alcomma 1 dell’art. 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109: «Il termineminimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare conservale sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione». In questa de-finizione non si rileva alcuna previsione di non consumabilità e di non commercia-bilità oltre la data del termine minimo di conservazione.A sopperire alle diverse interpretazioni interviene opportunamente la Sentenza delleSezioni Unite della Corte di Cassazione del 27 settembre 1995, Timpanaro, in Cass.Pen., 1996, 1399,12 nella cui parte conclusiva si legge che, in caso di superamento

12 Correra, C., Termine minimo di conservazione, cit., pp. 329-340.

75

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

o della data di scadenza o del termine minimo di conservazione, tale fattispecie «nonintegra alcuna ipotesi di reato, ma solo l’illecito amministrativo di cui agli artt. 10comma 7 e 18 d.lgs. n. 109 del 1992».

3.7.1 Etichettatura delle sostanze alimentari

L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari rimangonodisciplinate dal decreto legislativo n. 109 del 27 gennaio 1992 in attuazione delledirettive CEE n. 89/395 e n. 89/396.Per etichettatura s’intende l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi difabbrica o di commercio, delle immagini e dei simboli che si riferiscono al prodottoalimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appostavio sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati sul prodotto o, inmancanza ed in quanto permesso, sui documenti di accompagnamento.Il prodotto alimentare preconfezionato è l’unità di vendita destinata ad essere pre-sentata come tale al consumatore, costituita da un prodotto alimentare in modo cheil contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta oalterata.Il prodotto alimentare preincartato è unità di vendita costituita dal prodotto alimen-tare e dall’involucro nel quale è stato posto o avvolto negli esercizi di vendita.La legge definisce anche che i consumatori sono i consumatori finali diretti e,insieme, i ristoranti, gli ospedali, le mense e le collettività analoghe.L’etichettatura non deve indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodot-to circa: la natura, la identità, la qualità, la composizione, la quantità, la durabilità,il luogo d’origine o di provenienza, il modo di ottenimento o di fabbricazione delprodotto stesso.Non si devono attribuire al prodotto proprietà atte a prevenire, curare o guariremalattie umane, né accennare a proprietà che non possiede; ed inoltre non si devonoevidenziare caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghipossiedono le stesse caratteristiche.Nell’etichettatura devono essere riportate obbligatoriamente alcune indicazioni:a) denominazione di vendita;b) elenco degli ingredienti;c) quantità netta, o nel caso di prodotti preconfezionati, quantità nominale;d) termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal

punto di vista microbiologico, la data di scadenza;e) il nome, la ragione sociale o il marchio del fabbricante o del confezionatore o del

venditore;f) la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, intesa come

località ove è ubicata l’azienda o lo stabilimento;g) per le bevande alcoliche aventi un contenuto di alcole superiore a 1,2% in volume

il titolo alcolometrico volumico;

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

76h) il lotto di appartenenza del prodotto;i) le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria l’adozione

di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto;j) le istruzioni per l’uso, ove necessario.

Le indicazioni devono essere riportate in lingua italiana; è consentito riportarle anchein più lingue; solo nel caso di menzioni che non abbiano corrispondenti termini initaliano, è consentito riportare le menzioni originarie.

La denominazione di vendita di un prodotto è la denominazione prevista dalledisposizioni che disciplinano il prodotto stesso, ovvero il nome derivante da usi econsuetudini, oppure da una descrizione del prodotto, accompagnata, se necessario,da informazioni sulla sua natura e utilizzazione, in modo da consentire all’acquirentedi distinguerlo da altri prodotti.

Per ingrediente, s’intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nellafabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, ancora presente nelprodotto finito, anche se in forma modificata.

Il termine minimo di conservazione è la data alla quale il prodotto alimentareconserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione; esso vaindicato con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro», seguita dalla dataoppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essa figura.

La data di scadenza è la data entro la quale il prodotto alimentare va consumato;essa va indicata con la dicitura «da consumarsi entro», seguita dalla data oppure dallaindicazione del punto della confezione in cui essa figura.

Il decreto poi definisce il lotto come l’insieme di unità di vendita di una derrataalimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.L’etichettatura, la denominazione di vendita, la quantità, il termine minimo di con-servazione o la data di scadenza, nonché il titolo alcolometrico volumico effettivo,devono figurare nello stesso campo visivo.Anche i prodotti alimentari preconfezionati, posti in vendita attraverso distributori au-tomatici o semiautomatici, devono riportare le indicazioni obbligatorie sopra indicate.I prodotti sfusi, o più correttamente i prodotti alimentari non preconfezionati ogeneralmente venduti previo frazionamento, anche se originariamente preconfezio-nati, devono essere muniti di apposito cartello, applicato ai recipienti che li conten-gono ovvero applicato nei comparti in cui sono esposti e riportante le indicazioniobbligatorie prima menzionate.Per i prodotti della pasticceria, della panetteria e della gelateria, l’elenco degli ingre-dienti può essere riportato su unico apposito cartello tenuto bene in vista.

77

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Per i prodotti della gastronomia, ivi comprese le preparazioni alimentari pronte percuocere, l’elenco degli ingredienti può essere riportato su apposito registro o altrosistema equivalente da tenersi a disposizione dell’acquirente, in prossimità dei banchidi esposizione dei prodotti alimentari.I prodotti alimentari destinati all’industria, agli utilizzatori commerciali intermedi edagli artigiani per i loro usi professionali, ovvero per essere sottoposti ad ulteriorilavorazioni, nonché i semilavorati non destinati al consumatore, devono riportare leindicazioni obbligatorie sull’imballaggio o sul recipiente o sulla confezione o sull’eti-chetta appostavi o sui documenti commerciali.

3.7.2 Prodotti alimentari in commercio: l’etichettatura

Le modalità di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari postiin commercio trovano disciplina nel decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109,concernente l’attuazione delle obiettive n. 89/395/CEE e n. 89/396/CEE, relativeall’etichettatura, alla presentazione e alla pubblicità dei prodotti alimentari.Al decreto legislativo n. 109/1992, citato, si accede anche con le modifiche recate daidecreti legislativi n. 68/2000, n. 84/2000, n. 259/2000, nonché con le modificheintrodotte dal decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sulla depenalizzazione deireati minori e sulla riforma del sistema sanzionatorio.Il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 84, introduce l’obbligo di indicare il prezzodei prodotti posti in vendita nell’esercizio dell’attività commerciale sia per unità dimisura che per prezzo confezionato: in un supermercato, ad esempio, ci sono salumiin confezioni nella quali vanno indicati il tipo di salume, gli ingredienti, il peso, ilprezzo unitario e il prezzo al chilogrammo.Lo stesso decreto insiste nella definizione del consumatore: egli è qualsiasi personache acquisti un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della suaattività commerciale o professionale.«Etichettatura» è il termine che comprende l’indicazione, sul prodotto destinato, al con-sumatore, delle menzioni di fabbricazione e di commercio che lo riguardano: quantità,qualità, ingredienti, peso netto, tara, fabbricante, distributore, etc., giusta quanto evincesidal disposto dell’articolo 1 del ripetuto decreto legislativo del 25 febbraio 2000, n. 84.Si sente dire di «prodotto preconfezionato» e «prodotto preincartato». Quale differenza?Il prodotto preconfezionato è un prodotto alimentare imballato dopo la preparazionee prima della immissione al consumo: esso non può essere modificato o comunquemanomesso senza che la sua confezione sia aperta o alterata.Il prodotto preincartato è quello contenuto in un involucro nel quale è stato avvoltonell’esercizio di vendita, prima della vendita oppure al momento della vendita (art.1, c. 2, d.lgs. 109/1992 e art. 1, lett. f) d.lgs. 84/2000).In fatto di pubblicità, di presentazione e di etichettatura del prodotto ci sono regoleprecise che vengono ribadite e chiarite dai decreti legislativi n. 109/1992, n. 68/2000e n. 84/2000.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

78Si tratta di indicazioni da effettuarsi in modo che l’acquirente non sia indotto inerrore, non sia «ingannato» sulle caratteristiche del prodotto, sulla sua natura, sullacomposizione, sull’origine, sulla quantità, sulla qualità, sul prezzo unitario e sulprezzo per unità di misura.Sulla carta, tutto a posto.Di fatto, però, in materia di controlli per l’accertamento delle infrazioni, le difficoltàinterpretative ed applicative non sono poche, perché agevole non risulta individuaree stabilire la linea di demarcazione tra la pubblicità ingannevole, da una parte, e lapubblicità corretta e lecita dall’altra parte.La disciplina legislativa in esame prevede una serie di informazioni da inserireobbligatoriamente sulle etichette dei prodotti alimentari:1. denominazione;2. ingredienti: categorie e quantità;3. modalità di conservazione;4. stabilimento di produzione o di confezionamento;5. marchio;6. termine minino di conservazione (è la data «giorno, mese, anno» di scadenza fino

a cui il prodotto conserva le proprie qualità specifiche: «da consumarsi preferi-bilmente entro…»);

7. termine massimo di conservazione dei prodotti deperibili, cioè data di scadenzadei prodotti deperibili (= prodotti da mantenere a temperatura controllata): questaè la data (giorno, mese, anno) entro la quale il prodotto deve essere consumato(«da consumarsi entro…»);

8. coloranti, conservanti, addensanti, zucchero;9. peso lordo e peso netto;10.prodotto sgocciolato: peso netto, quando si tratta di prodotto immerso in un

liquido (olio, aceto, acqua).

3.7.3 La vendita di prodotti alimentari scaduti: le autorità competenti ele sanzioni amministrative

Le sanzioni per i prodotti «scaduti» sono quelle previste dall’articolo 18 del decretolegislativo 27 gennaio 1992, n. 109, come inasprite dal decreto legislativo n. 68/2000:pagamento di una somma di denaro da euro 1.549 ad euro 9.296.La procedura sanzionatoria approda alla legge 24 novembre 1981, n. 689, comemodificata dal decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999.In materia di pubblicità ingannevole è prevista la sanzione pecuniaria da euro 3.098ad euro 18.592 nonché la sanzione accessoria del sequestro cautelare delle cose chepossono formare oggetto di confisca amministrativa di cui all’articolo 13 della leggen. 689/1981.

79

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Il comma 7 dell’art. 10 della legge n. 109/1992 stabilisce che è vietata la vendita deiprodotti che riportano la data di scadenza a partire dal giorno successivo a quelloindicato sulla confezione.La sanzione pecuniaria è quella comminata dall’articolo 18, comma 1, del decretolegislativo 27 gennaio 1992, n. 109: pagamento di una somma di euro 1.549 a euro9.269; il pagamento in misura ridotta ascende a euro 3.098. I proventi sono devolutiallo Stato tramite il concessionario del servizio di riscossione tributi.Come già accennato, l’autorità competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Camera di commercio, industria, artigia-nato e agricoltura, giusta comma 3 dell’art. 18 del d.lgs. n. 109/1992 e circolare delMinistero dell’Industria13 27 aprile 1993, n. 140/1993.Sempre ai sensi dell’art. 18, comma 3, del d.lgs. 109/1992 le somme delle sanzioniamministrative da pagare sono versate all’erario. Il decreto legislativo 9 luglio 1997,n. 237 (G.U. del 26 luglio 1997, n.173) ha soppresso, dal 1 gennaio 1998, i serviziautonomi di cassa degli uffici dipendenti dal Dipartimento delle Entrate e dal Dipar-timento del territorio: gli uffici del registro non effettuano, pertanto, il servizio dicassa di introitare i proventi destinati allo Stato a far tempo dal 1 gennaio 1998. Trale entrate, le sanzioni inflitte dalle autorità giudiziarie e amministrative.Sembra potersi affermare, anche per quanto previsto dal d.P.R. 571/1992, che l’au-torità competente a ricevere il rapporto è la Camera di commercio competente perterritorio, a seguito dell’intervenuta soppressione degli U.P.I.C.A. dal 1 settembre2000, giusta d.P.C.M. 26 maggio 2000 (in G.U. del 7 agosto 2000, n. 183) e giustadecreto dell’Assessore Regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianatoe della pesca 31 maggio 2000 (in G.U.R.S. del 4 agosto 2000, n. 36).La previsione di cui all’art. 18 del d.lgs. 109/1992, menzionato, ha richiesto l’inter-vento della Corte costituzionale perché la Regione Toscana aveva sollevato questionedi legittimità costituzionale per il fatto che la materia della tutela igienica deglialimenti rientra tra le competenze regionali.Tale organo, con decisione 19-26 ottobre 1992, n. 401/R, ha dichiarato non fondatala questione sollevata con la seguente motivazione:«La nuova normativa, abrogando la disciplina precedente in tema di etichettatura,si inserisce, invece, come si è già rilevato, in un contesto del tutto diverso che,anche se di riflesso coinvolge aspetti attinenti all’igiene ed alla sanità (non piùseparatamente considerati in tema di etichettatura), dà attuazione a direttive co-munitarie riguardanti una materia, come quella del commercio, in funzione pre-cipua della protezione del consumatore, una materia cioè di spettanza dello Stato.Legittimamente pertanto la norma impugnata attribuisce agli uffici statali, impli-citamente, la competenza a ricevere il rapporto per le relative infrazioni ed, espli-citamente, quella di ricevere il versamento degli importi, per cui viene meno anche

13 Si tenga presente che a far data dal maggio 2001 l’attuale Ministero di riferimento è il Ministero delleAttività produttive.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

80il presupposto su cui si fonda la censura facente riferimento all’art.119 dellaCostituzione».Il Ministero del commercio industria ed artigianato ha diramato, nel merito, lacircolare 27 aprile 1993, n. 140/93, con la quale, dopo aver richiamato la propriaprecedente circolare 3303/c del 23 febbraio1993, che aveva fatto luce, a seguito dellariferita sentenza, sulla natura tecnico-commerciale delle norme in materia di etichet-tatura e pubblicità dei prodotti alimentari, ha chiarito che l’autorità preposta aricevere i rapporti sulle infrazioni è l’U.P.I.C.A. (Camera di commercio dal 1 settembre2000) competente per territorio, impartendo istruzioni agli organi interessati al finedi evitare comportamenti difformi.La suddetta circolare, relativamente alla disciplina sanzionatoria, ha precisato che:— i rapporti in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimen-

tari ed altre normative concernenti la materia, oltre che ai diretti interessati, vannotrasmessi anche agli U.P.I.C.A. (Camere di Commercio dal 1 settembre 2000);

— gli operatori interessati, oltre che agli U.P.I.C.A. (Camere di Commercio dal 1settembre 2000), possono inviare gli scritti difensivi ed i documenti anche alMinistero dell’industria, commercio ed artigianato — Direzione generale produzio-ne industriale — per le conseguenti valutazioni al riguardo; alla strega di recentegiurisprudenza, avverso il verbale di accertamento della violazione è ammesso chel’interessato possa proporre direttamente l’opposizione davanti all’A.G.O. (AutoritàGiudiziaria Ordinaria) con «atto depositato, a pena di inammissibilità, nella can-celleria del Giudice nel termine di sessanta giorni dalla contestazione o dallanotifica» Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n.10768 del 4 giugno/29 settembre1999, in Ministero dell’Interno, nota prot. M/ 2413/11/20 ottobre 2000);

— contro l’ingiunzione gli interessati possono proporre opposizione, ai sensi dell’art.22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, direttamente dinanzi al Pretore (oraAutorità Giudiziaria Ordinaria) del luogo dove è stata commessa la violazione;

— gli U.P.I.C.A. (Camere di Commercio dal 1 settembre 2000) si avvalgono, nel-l’espletamento dei compiti di cui sopra, della collaborazione del Ministero dell’In-dustria, del Commercio e dell’Artigianato per una corretta ed uniforme applica-zione della normativa in materia14.

Giova, al riguardo, tenere presente che il M.I.C.A., con circolare n. 3446 del 15giugno 1998, ha precisato che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 «opera iltrasferimento delle competenze alle regioni, le quali a loro volta adotteranno gli atticoncernenti l’attribuzione delle competenze medesime agli enti locali.Inoltre, come dispone l’art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, richiamato dall’art.7, comma 1, del decreto legislativo n. 112/1998, i previsti decreti del Presidente delConsiglio dei Ministri determinano la decorrenza dell’esercizio delle funzioni da partedelle regioni e degli enti locali delle funzioni conferite.

14 Cfr. Fontanella, G., I prodotti alimentari preconfezionati in cattivo stato di conservazione, il superamento delledate di consumazione e la frode in commercio, in «Commercio & Servizi», n. 4 1997, pp. 527 e sgg.

81

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Pertanto gli U.P.I.C.A., fino all’adozione dei predetti dd.P.C.M., (sono rimasti) gliorgani competenti per l’irrogazione delle sanzioni in parola».

3.7.4 Sequestro delle merci alimentari

Come già detto in precedenza la produzione ed il commercio delle sostanze destinatealla alimentazione sono soggetti a vigilanza per la tutela della pubblica salute. L’art.1 della legge n. 283/1962, a tale scopo, dispone che l’autorità sanitaria può proce-dere, in qualunque momento ed a mezzo dei competenti organi ed uffici, ad ispe-zione e prelievo di campioni negli stabilimenti ed esercizi pubblici, dove si produ-cono, si conservano in deposito, si smerciano o si consumano le predette sostanze,nonché sugli scali e sui mezzi di trasporto. Lo stesso articolo prevede la possibilitàdi procedere al sequestro delle merci e, ove dagli accertamenti eseguiti risulti neces-sario per la tutela della pubblica salute, alla loro distruzione.Il sequestro viene disposto, ove risulti necessario per la tutela della salute pubblica,dall’autorità sanitaria, ma, in caso di necessità ed urgenza, può procedere al sequestroanche il personale che presta la propria opera alle dipendenze della stessa autoritàsanitaria o di altre amministrazioni, salvo conferma, nel termine di 48 ore, da partedella autorità sanitaria.Quando sussista grave ed imminente pericolo di danno alla salute pubblica, la mercesequestrata deve essere immediatamente distrutta, dopo che dalla stessa merce siastato effettuato il prelevamento dei campioni. La distruzione, salvo quanto stabilitoda norme particolari, viene disposta dall’autorità sanitaria.Se l’autorità sanitaria non dispone diversamente, la merce sequestrata è affidata incustodia, in quanto possibile, al proprietario o detentore, che è anche responsabiledella sua corretta conservazione.Dell’operazione di sequestro deve essere compilato motivato e circostanziato verbale,da redigersi in più copie, delle quali una viene trattenuta dall’autorità sanitaria, unaviene rilasciata al detentore, le altre vengono trasmesse, con raccomandata a carico,al produttore della merce e ad altri eventuali corresponsabili.I soggetti interessati, entro dieci giorni dalla data di ricezione del verbale di seque-stro, possono far pervenire le proprie deduzioni scritte oppure eventuali istanze didissequestro all’autorità sanitaria competente.Trascorso tale termine ed acquisito il referto d’analisi sui campioni prelevati, l’auto-rità sanitaria competente ordina il dissequestro della merce che sia risultata conformealle norme vigenti.In caso contrario, l’autorità sanitaria ne accerta la commestibilità, facendo ricorso, oveoccorra, ad ulteriori specifiche indagini di laboratorio. Dell’esito dell’indagine è imme-diatamente informato il procuratore della Repubblica per i successivi provvedimenti.Il verbale di sequestro deve essere inviato, come disposto dall’art. 20, comma 1, deld.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, alla competente autorità sanitaria (sindaco) per laconferma nel termine di 48 ore.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

82Dalla merce sequestrata deve essere prelevato apposito campione per trasmetterlo allaboratorio provinciale di igiene e profilassi per gli esami e le analisi di competenzaper verificarne l’eventuale tossicità.Per il prelevamento dei campioni appare opportuno fare intervenire il personaledell’A.S.L., perché, per eseguire l’intervento, bisogna attenersi, con specifica profes-sionalità, alle disposizioni contenute nel d.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, recante ilregolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283.

3.8 Il sistema di autocontrollo per i negozietti di ortofrutticoli

Il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, pubblicato nel supplemento ordinarioalla Gazzetta Ufficiale n. 118/L del 13 giugno 1997, stabilisce le «norme generali diigiene dei prodotti alimentari e le modalità di verifica dell’osservanza di tali norme».La nuova legislazione pone a carico delle aziende del settore — dalla produzione allavendita o fornitura al consumatore finale — alcuni adempimenti di carattere docu-mentale e gestionale, imponendo un sistema di analisi dei rischi e di controllo deipunti critici del processo, che interessa anche le fasi successive alla produzioneprimaria, la quale include, tra l’altro, la raccolta, la macellazione e la mungitura.Il controllo costante riguarda, pertanto, la preparazione, la trasformazione, la fabbri-cazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipola-zione, la vendita o la fornitura, compresa la somministrazione, di prodotti alimentari.La nuova normativa sposta l’attenzione dal controllo a valle del prodotto finito alcontrollo costante del processo produttivo attraverso la verifica dell’adozione e dellacorretta esecuzione, da parte del produttore, di specifiche procedure di autocontrollo.La convinzione è che, in campo alimentare, date le specificità del settore, ciò cheoccorre tenere sotto controllo è il ciclo produttivo: solo in tal modo si può tendereall’obiettivo finale di avere dei prodotti alimentari sicuri.Il legislatore, nel disciplinare il controllo degli alimenti, ha inteso dare maggioreimportanza alla componente preventiva, piuttosto che a quella repressiva. L’applica-zione della normativa riguarda l’industria alimentare.In base all’articolo 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 155/1997, si considera tale«ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che esercita una o piùdelle seguenti attività: la preparazione, la trasformazione, il confezionamento, lamanipolazione, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la venditao la fornitura, compresa la somministrazione, di prodotti alimentari».Tale definizione annovera, tra i soggetti coinvolti, più attori, a partire dalla grandeindustria alimentare fino ad arrivare alla più modesta attività artigianale del settorealimentare (gastronomie, pizzerie al trancio, pasticcerie, pasta fresca, gelaterie, pani-fici...) e al più periferico e piccolo esercizio commerciale. Proprio per questi ultimisoggetti occorrerà un grande sforzo per istituire un sistema di autocontrollo docu-mentato, in cui ognuno sia sempre in grado di dimostrare di aver operato in mododa minimizzare il rischio, nel limite del possibile.

83

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Questo sistema di autocontrollo consiste nell’applicare il cosiddetto sistema HACCP,di cui è cenno all’articolo 3, comma 2, del d.lgs. n. 155/1997.Partendo dalla descrizione dettagliata delle fasi di lavorazione, occorre definire qualisono i fattori di rischio gravi, cioè gli agenti che hanno la potenzialità di causareun danno alla salute del consumatore. La gravità del rischio è data dal prodotto dellagravità del danno (cioè della gravità della patologia sul consumatore) per la proba-bilità che tale evento dannoso si verifichi.Attraverso l’analisi del ciclo produttivo occorre poi individuare i punti di rischiocritici (Ccp - Critical Control Points), cioè i punti da cui dipende in misura decisivao critica la contaminazione del prodotto, di cui tratta il comma 2 dell’articolo 3 deld.lgs. n. 155/1997.In questa fase delicata è necessario, oltre che avere conoscenze specifiche sui fattoridi rischi (biologici, chimici, fisici), applicare buone dosi di competenza e di esperien-za. I punti di rischio critici sono punti che necessitano di esperta azione di controlloper prevenire o eliminare o ridurre a un livello accettabile un fattore di rischio; laloro corretta identificazione risulta, pertanto, di primaria importanza al fine di avereun efficace sistema di autocontrollo.Appare evidente, già da questa sommaria descrizione delle fasi applicative del siste-ma HACCP di autocontrollo, che per le aziende artigianali di piccole dimensioni comeper le industrie alimentari che vendono o somministrano prodotti alimentari su areepubbliche, la normativa, che qui occupa, si ritiene di non facile applicazione con-creta. In queste aziende vanno almeno identificate le fasi generali di lavorazione,raggruppando le produzioni ottenute in condizioni omogenee.Per ogni singola fase è opportuno indicare i tempi di lavorazione, i locali e leattrezzature utilizzate, secondo le indicazioni dell’ALLEGATO al d.lgs n. 155/1997 edell’ALLEGATO II al d.lgs 3 marzo 1993, n. 123.Sono fasi comuni tutti i processi che rivestono le caratteristiche del punto critico:— ricevimento delle merci;— stoccaggio delle materie prime;— trattamenti termici;— raffreddamento del prodotto;— stoccaggio dei prodotti finiti.

Tali punti critici non hanno le caratteristiche dei CCP veri e propri, che sono specificiper processo e per linee di produzione, ma possono essere comunque un punto dipartenza per le piccole realtà produttive. Le principali procedure di controllo delprocesso produttivo riguardano:— la pulizia e la disinfezione;— la selezione e la verifica dei fornitori;— la derattizzazione e la disinfestazione;— la formazione del personale;— il controllo di potabilità dell’acqua.

Part

e Pr

ima

- La

no

rmat

iva

84Per un’efficace riduzione del rischio è necessario definire dei limiti di accettabilità.Le operazioni soggette a queste regole sono:— analisi microbiologiche;— analisi di superfici (corretta applicazione della procedura di pulizia, assenza di

germi patogeni) con registrazione e conservazione dei dati;— verifiche fisico-chimiche sul processo (in genere verifiche termiche);— verifiche al ricevimento delle merci.Molti possono ritenere che l’autocontrollo sia solo un adempimento burocratico perrassicurare gli organi di vigilanza e limitare i controlli ufficiali, riducendo il tuttoall’esecuzione di esami di laboratorio, svolti su campioni prelevati secondo criteri nonscritti.Occorre, invece, un sistema compatibile e quindi gestibile per l’azienda, orientato alcambiamento della cultura aziendale e del metodo di lavoro che possa coinvolgerein modo attivo tutti gli addetti.Il monitoraggio del corretto andamento dell’attività produttiva si avvale, nella mag-gior parte dei casi, di controlli ispettivi interni diretti e della rilevazione, più o menofrequente, di parametri quali la temperatura, la pulizia e la integrità delle strutture.Tutta l’impalcatura dell’HACCP dà per scontato il rispetto della normativa igienicavigente, che regola gli aspetti specifici di ogni singola produzione del settore alimen-tare.Il d.lgs. 155/1997 si inserisce in via trasversale, configurandosi come rispetto di unsistema di gestioni delle prescrizioni igieniche (sistema che va documentato), attra-verso procedure e istruzioni di cui l’azienda ritiene opportunamente di dotarsi, purchésiano garantite la sicurezza e la salubrità finale del prodotto.In allegato al decreto legislativo 26 marzo 1997, n. 155, sono riportati i principigenerali di igiene del “Codex Alimentarius”. Dall’allegato si desume l’opportunità chele aziende interessate tengano sotto controllo la conformità alle prescrizioni generalidi igiene, mediante le seguenti procedure:— manutenzione delle strutture edilizie:— detergenza e disinfezione delle strutture edilizie:— manutenzione degli impianti:— detergenza e disinfezione degli impianti;— disinfestazione da insetti e animali infestanti;— rifornimento idrico;— igiene del personale;— formazione del personale.

Sarebbero state necessarie indicazioni ministeriali applicative, che potessero dareuniformità a una serie di iniziative territoriali sviluppate dalle associazioni di cate-goria e dai servizi competenti delle A.S.L per sensibilizzare le aziende nell’attivazionedi questo sistema di autocontrollo.

85

3. I

l co

ntr

ollo

nel

set

tore

alim

enta

re

Si deve iniziare un confronto che, in assenza di chiarimenti applicativi, potrà esseredi ausilio alle aziende, specialmente quelle artigiane e i piccoli laboratori, per rea-lizzare un sistema di autocontrollo snello ma efficace, senza lasciare gli imprenditoriin balia dei propri dubbi, ma anche di uno stuolo di improvvisati consulenti, nonsempre affidabili.Controllo dai competenti organi ed autocontrollo da parte delle aziende di produzio-ne e di distribuzione, con la finalità di assicurare, come chiarisce il secondo commadell’articolo 1 del d.lgs. 3 marzo 1993, n. 123, la conformità dei prodotti e degliadditivi alimentari, come dei materiali e degli oggetti destinati a venirne a contatto,alle disposizioni dirette a prevenire i rischi per la pubblica salute e a proteggere gliinteressi dei consumatori, tra cui quelli inerenti la corretta informazione, onde as-sicurare anche la lealtà delle transazioni commerciali.Un nuovo modo di concepire la tutela della salute dell’uomo, il cui avvenire presenta,tuttavia, luci e ombre, forse perché non poche congreghe stanno in agguato perghermire e arraffare a danno dei più deboli, i quali, per cause molteplici, non sannocosa fare, quando farlo e come farlo.Informazione? Formazione?Gli interrogativi sono tanti. Non ultimo quello relativo a dubbi sulla congruità e sullaapplicabilità delle sanzioni per i piccoli pescivendoli e fruttivendoli, in aree privatee in aree pubbliche, ai quali incombe l’obbligo di adeguarsi alle statuizioni del d.lgs.n. 155/1977.Si tratta di svolta epocale, che implica impegno comune per tenere lontane le ombredell’insuccesso15.Parlare soltanto di autocontrollo sarebbe alquanto riduttivo. Proverò a parlare diquello che riguarda la quotidianità del servizio della Polizia Municipale in fatto divigilanza igienico-sanitaria-annonaria per la tutela della vita umana, scopo primariodi ogni controllo. Di ogni controllo e di ogni verifica da porre in essere con altaprofessionalità e al di sopra delle parti, in sintonia con Pericle: Sapere quello che vafatto ed essere capace di spiegarlo, amare il proprio paese ed essere incorruttibilesono le qualità necessarie ad un uomo che vuole governare la propria città.

15 Cfr. D’Orsi, S., L’Attività di vigilanza in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita dellesostanze alimentari e delle bevande, Marciano di Romagna, Casa Editrice E. Gaspari 2000.