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A. a. Fair - Attenti Alle Curve

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IL GIALLO MONDADORI - SETTIMANALE

NUOVA SERIE - NUMERO 462 - 7 DICEMBRE 1957

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Titolo originale: BEWARE THE CURVESTraduazione di MARI LENA DAMIANI Copertina di CARLO JACONO PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

Nessuno potrà negare che Attenti alle curve sia un giallo perfetto. È persino sconcertante, tant'è originale. A un certo punto, la protago­nista dirà il nome del vero assassino di suo marito, e voi vedrete Donald Lam e la sua grassa socia Bertha Cool alla ricerca di una prova qualsiasi per incriminarlo. La polizia, invece, tende un discu­tibile tranello per accalappiare quello che ritiene l'uccisore: costui non riuscirà a sottrarsi alla terribile accusa. Ma dovrà proprio a tutti i costi pagare per un delitto che avrebbe commesso volentieri, ma di cui non si è macchiato? O c'è ancora una sottile sfumatura giuridica che lo salverà? A quell'altro, l'omicida autentico, ci penserà poi una ragazza astuta, dalle iniziative imprevedibili. È proprio il caso di dire che, se il delinquente ha pensato a tutto per mettere insieme un assassinio perfetto, e apparentemente c'è riuscito, avrebbe dovuto poi stare attentissimo alle curve ... perché lo san tutti che certe curve sono pericolose. Ma già, di quali « curve» si tratta?

Editore: ARNOLDO MONDADORl • Direttore respons. ALBERTO TEDESCHI - Pubblicazione autorizzata ..Redazione e amministrazione: ARNOLDO MONDADORI EDITORE, Via Bianca di Savoia, 20 - Milano STAMPATO IN ITALIA - PRINTED IN ITALY OFFICINE GRAFICHE ARNOLDO MONDADORI EDITORE VERONA

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ATTENTI ALLE CURVE

PERSONAGGI PRINCIPALI

JOHN DITTMAR ANSEL ricercato per omicidioDONALD LAMBERTHA COOL investigatori privati BARNEY QUINN avvocatoELIZABETH ENDICOTT vedova di un ricconeCOOPER HALE banchiereSTELLA KARIS una ragazza furbaHELEN MANNING ex-segretaria di Endicott

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Bertha Cool stava facendo del suo meglio per mostrarsi gentile, raggiungendo - grossa com'era - lo stesso comico effetto di un ippopotamo innamorato. - Donald - gorgheggiò - ti presento il signor Ansel, anzi, per essere più esatti, il signor John Dittmar Ansel. Questo è II mio socio Donald Lam, signor Ansel.John Dittmar Ansel era un tipo allampanato dagli occhi scuri e sognanti e dai tratti sottili; aveva una massa di capelli neri e folti, mani lunghe e sensibili; era vestito con sobria eleganza e sedeva compunto sulla poltrona. Si alzò per stringermi la mano. Era molto alto: mi superava di quasi tutta la testa. Aveva una voce piacevole e melodiosa. La sua stretta di mano era timida e delicata, tipica di chi ha un istintivo orrore per la violenza fisica. E' difficile immaginare due tipi più contrastanti tra loro di Bertha Cool e John Dittmar Ansel, Bertha, seduta alla sua scrivania, continuava a parlare e a gesticolare melliflua, facendo scintillare, ad ogni movimento, i brillanti. che le ornavano le grosse dita. - John Di ttmar Ansel - spiegò - è uno scrittore, Donald, Forse avrai letto qualcosa di suo.S'interruppe, tesa. Annuii. Bertha s'illuminò. Ansel intervenne, modesto: - Oh, non si tratta di libri, ma di articoli

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tecnici. Il mio pseudonimo è Dittmar. - Ha un problema da risolvere - continuò Bertha - e gli hanno consigliato di consultarci, Si è rivolto a me perché il nome B. Cool inciso sulla targhetta della porta gli ha fatto credere che io fossi un uomo. - Bertha sorrise incoraggiante ad Ansel e riprese:

Sebbene si sia comportato con molto tatto quando si è accorto del suo errore, ho capito che avrebbe preferito parlare con te e ho pen­sato bene di presentartelo. Faremo del nostro meglio per aiutare il signor Ansel, Donald, se possiamo; se no, amici come prima. Ansel ci guardava diffidente. Bertha, un donnone che pesava quasi un quintale, sui cinquantacin­que-sessant'anni, irta e spinosa come un'istrice, era adesso cosi esageratamente cordiale da allarmare Ansel, che manovrò in modo da trovarsi tra Bertha e la porta. Mi guardava esitando, come se cercasse la maniera per dirmi ciò che pensava senza offendermi.Bertha lo sommerse di nuovo con un fiume di parole, cercando d'impedirgli di raggiungere la porta. - Il mio socio Donald Lam è giovane, e non ha certo l'aspetto di un investigatore privato, Ma ha cervello, molto cervello, e sebbene sembri cosi... cosi Bertha annaspava alla ricerca di un termine appropriato, ma improvvisamente cambiò idea, pensando che non valesse la pena di fare sforzi per mostrarsi gentile, e ci rinunciò. - Oh, all'inferno! Ha un aspetto casi innocente, da riuscire ad ac­chiappare i merli senza che se ne accorgano. E' un dritto. Detto questo, volete rivolgervi a noi o no? Se non volete, ditelo subito e andate al diavolo, perché non abbiamo tempo da perdere; se invece volete, sedetevi qui: e vuotate il sacco. Mi fa venire il mal di mare parlare con un tizio che sta li imbambolato. Lo vinse. Ansel sorrise e sedette finalmente. - Credo proprio di aver bisogno del vostro aiuto. - Bene - disse Bertha, - Vi avverto però che ci vogliono quattrini.- Quanto? - Diteci il vostro problema e noi ve lo diremo. - Gli scrittori non nuotano nell' oro, signora Cool - disse Ansel. - Nemmeno gli investigatori - rispose secca Bertha. Lo sguardo di Ansel si posò sui brillanti di lei. - Tranne, s'intende, quelli veramente in gamba - ammise Bertha. - Di che si tratta? - Voglio trovare una persona. - Chi? - Si chiama Karl, Il cognome, l'ho dimenticato. - Avete voglia di scherzare? - domandò Bertha. - No.

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Bertha mi guardò. - E perché vorreste trovarlo? - domandai. Ansel si cacciò le dita scarne nella massa di capelli neri. Mi guardò e sorrise. - Mi diede l'idea per il soggetto di un romanzo - disse. - Quando? - domandai. - Sei anni fa. - Dove? - A Parigi. - Perché volete trovarlo? - Perché vorrei tentare di ottenere il diritto esclusivo di sfruttare il soggetto. - Romanzo o realtà? - Realtà, ma voglio trasformarla in romanzo. Un grossissimo romanzo. - Va bene - dissi. - Avete conosciuto Karl a Parigi. Ci sono milioni di Karl, a Parigi. Avete altro da dirci? - A quel tempo sapevo il suo cognome, naturalmente, ma ora mi è uscito di mente. Era di queste parti, di un posto che si chiama Citrus Grave, un sobborgo di Santa Ana, Stava benissimo ed era in luna di miele. Sua moglie si chiamava Elizabeth, ma lui la chiamava Betty, Era una bella ragazza. - Di che soggetto si trattava? - Be', era la storia di un matrimonio... La storia di un uomo che convince la ragazza di cui si è innamorato a sposarlo ... lei però ama un altro che ... - S'interruppe. - Non ho nessuna intenzione di ce­dervi il soggetto - concluse. - Benissimo. Dunque voi vorreste che trovassimo un uomo che si chiama Karl, di Citrus Grave, che sei anni fa andò a Parigi in viaggio di nozze, e che sa la trama del romanzo che voi non volete raccontarci, Volete descrivercelo? - domandai. - Alto, robusto, dai modi decisi come chi sa quello che vuole. - Età? - La mia, circa. - Sarebbe a dire? - Trentadue anni. - Come viveva? - Affari, credo. - Era ricco? - Pareva avere una buona situazione finanziaria. - Come li ha fatti, i quattrini? - Non so. - Tutto ciò è molto vago. - Non posso farei nulla. - Biondo o bruno?

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- Rosso. - Occhi? - Azzurri. Alto? - Più d'un metro e ottanta. - Corporatura? - Robusto, ma non grasso. Doveva pesare circa un quintale. Di ossatura pesante. - Ossessionato dal timore d'ingrassare? - Credo, per quanto, non lo dimostrasse. Mangiava quel che gli pareva. - Sapete in che albergo abitava? - No. - Aveva viaggiato per mare in aereo? - Credo per mare, ma non ne sono certo.

- In che mese? - In luglio, mi pare, ma non ne sono sicuro. - Cosa dovremmo fare, noi? - Cercarlo e sapere il suo nome. E' tutto. - Va bene. Lo faremo. - Quanto ci vuole per tutto questo? - Cinquanta dollari - dissi io. Bertha sobbalzò indignata. Fece per dire qualcosa, ma poi cambiò idea. - Dove possiamo trovarvi? domandai ad Ansel, - Vi ci vorrà molto tempo?- Non più d'un giorno, probabilmente. - E' impossibile trovarmi. Tornerò qui domani mattina a quest'ora. - Mi strinse la mano s'inchinò a Bertha, raggiunse la porta e scomparve. Bertha esplose infuriata. - Maledetto cretino bastardo! - Lui? - Macché lui! Tu! - E perché? - Nemmeno una caparra, gli hai chiesto! Manco un saldo per le spese! E per giunta niente indirizzo! Cinquanta miserabili dollari per scovare un tipo che si chiama Karl e che stava a Parigi sei anni fa Lasci che quell'individuo se ne vada senza chiedergli un anticipo per le spese. Cinquanta dollari, per un affare che ne costerà a noi un migliaio! - Calmati, Bertha. Quell'uomo è uno scrittore. Sei anni fa qualcuno gli ha dato l'idea per un romanzo. Non ha molti quattrini. E' naturale che voglia rintracciare quel tipo che gli ha raccontato la trama, e che si rivolga a un' agenzia di investigazioni. - Ma cosa credi che voglia, In realtà?

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- Domani pomeriggio lo sapremo. Non mi stupirebbe scoprire un suo articolo sui metodi delle agenzie d'investigazioni, che estorcono ai clienti cifre esorbitanti per incarichi da niente, Conosco i sistemi di alcuni giornali. Arrivano al punto di mandare i loro incaricati con radio in perfetto stato nei vari negozi in cui si riparano gli apparecchi, per vedere chi imbroglia il cliente cambiando tubi e valvole che funzionavano benissimo. - Accipicchia, non ci avevo pensato! - esclamò Bertha. Uscii.

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La redazione apriva alle otto e mezzo. Alle otto e trentacinque ero là. Dissi che volevo dare un'occhiata alla cronaca nera di sei anni prima. Nessuno mi domandò chi fossi. Mi consegnarono subito vecchi giornali che cercavo. Luna di miele in luglio a Parigi significava con tutta probabilità matrimonio in giugno. Consultai i numeri usciti in giugno, e alle otto e tre quarti avevo davanti a me la fotografia di un certo Karl Carver Endicott, con accanto quella di una certa Elizabeth Flanders. La sposa era stata impiegata come segretaria in un ufficio legale della, città. Karl Carver Endicott era uno dei migliori partiti locali: piantagioni d'aranci, compagnie petrolifere ... "Il giovane e popolare uomo d'affari. .." Presi i miei appunti e restituii i giornali alla ragazza che sedeva alla scrivania. Mi sorrise, poi premette un bottone per chiamare qualcuno. Una porta s'apri, e comparve un giovane con una lunga zazzera e gli occhi penetranti. Finse di cercare qualcosa, poi mi guardò. - Oh, salve! - Posso esservi utile? - Grazie, ho già fatto da me. - Se avete bisogno di qualche cosa, non fate complimenti, - insisté, - Ho finito. Evidentemente non voleva. mollare la preda. Il fatto che a qualcuno interessassero tanto i numeri del giornale di sei anni prima li inso­spettiva: doveva esserci sotto qualcosa, e loro volevano saperlo, prima che un giornale concorrente s'impadronisse della notizia. Nel caso contrario, non volevano perdere tempo. Decisi di fargli sapere che si trattava di cosa priva d'importanza. La ragazza che sedeva alla scrivania disse: - Voleva solo vedere dei numeri arretrati del giornale.

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- Davvero? - domandò il cronista. Sorrisi. - Sto facendo un piccolo lavoro di ricerca sull'aumento dei valori della proprietà. Sei anni fa erano in vendita terreni interessanti, e volevo sapere a quale prezzo. - Ci siete riuscito? Scossi il capo. - Ho saputo solo che sono stati venduti. Mi rivolgerò al mediatore per sapere a quale prezzo. Non sarà facile. - Credo anch'io - convenne il giovane. Se me ne fossi andato in quel preciso istante, nulla sarebbe accaduto, ma ormai sentivo in me uno strano senso di sicurezza. - Per caso, avete mai sentito parlare di un certo Endicott che a quell' epoca vendette dei terreni? - domandai. - Endicott? - Karl Carver Endicott - precisai. Il cronista inghiotti un paio di volte, cercando invano di nascondere la sua sorpresa, poi rispose: - Conoscevate Endicott? - Che c'entra? M'interesso di proprietà, io, non delle persone!- Naturalmente. - Potrei cercare il contratto. - D'accordo - rispose. Ma ormai era fatta: già che c'ero, sarei andato fino in fondo. - Be', ha fatto qualcosa di male, questo Endicott? - Dipende dai punti di vista. - Abita ancora qui? - A pochi chilometri dalla città. - I suoi occhi azzurri mi scrutavano con la stessa espressione del gatto che guata il topo. - Forse lo conosco. Molti anni fa ho incontrato un Endicott che era appunto di queste parti. Era all'estero, in luna di miele.

- Capisco - disse il cronista. - Sentite - continuai - ha fatto qualcosa di male, Karl Endicott? Ha dato noia a qualcuno, o roba del genere? - Karl Endicott è stato assassinato poco dopo il suo ritorno dal viaggio di nozze. Nel caso che v'interessasse, c'è un premio di venticinquemila dollari per chi riuscirà a scovare il colpevole. - Assassinato? - Precisamente. - Chi offre il compenso? - Il consiglio d'amministrazione della sua compagnia, l'impresa Endicott. - Bene, sono felice di avervi conosciuto. - Non mi avete ancora conosciuto! - E' vero, non so ancora il vostro nome - ringhiai. - Però so chi siete. - E aggiunsi: - Inoltre, non vedo che cos'abbia a vedere un accertamento di

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proprietà con un caso d'omicidio. E uscii. Salii in macchina, mi diressi verso Citrus Grove, poi parcheggiai l'auto proprio di fronte all' agenzia di compravendita. Entrai e parlai del più e del meno col mediatore, senza entrare in particolari. Poi uscii e andai a fare colazione. Quand'ebbi terminato, mi recai alla biblioteca pubblica, che però, fino alle dieci, era chiusa. Allora andai in un altro ufficio di compravendita, entrai in una cabina telefonica e sfogliai l'elenco. Il cronista era sempre alle mie calcagna. Vidi un poliziotto aggirarsi tra le macchine ferme. L'ultima cosa che avrei voluto affrontare era una multa, perciò entrai in un ristorante, ordinai una tazza di caffè, andai verso il retro ed entrai in cucina, chiudendomi dietro la porta. Il cuoco, che stava travasando le uova fritte col mestolo forato, disse: - Da questa parte, ragazzo. Sogghignai , attraversai la cucina ed uscii. Mi avviai. rapidamente verso il viale, girai intorno all'isolato, e raggiunsi la mia automobile più presto che potei, senza correre. Il poliziotto stava mettendomi il cartoncino della multa e il cronista era vicino a lui col taccuino in mano. - Mi dispiace, sergente - dissi. Stavo appunto arrivando. - Siete in ritardo. - Non credevo che il divieto incominciasse prima delle nove del mattino. Indicò il cartello: - Parcheggio per un'ora, dalle otto e mezzo a.m. fino alle sei p.m., tranne i giorni festivi.

Col migliore dei sorrisi, dissi: - Potreste chiudere un occhio per quelli che vengono da fuori. - E' vostra, questa macchina?- La guido. - Mostratemi la patente - disse. Gliela porsi. - Va bene. Andate pure, per questa volta. Il cronista era verde di bile. Salii in macchina e partii, lasciando alle mie spalle una storiella divertente. Mi pareva già di leggerne i titoli a caratteri cubitali: "Investigatore di Los Angeles indaga su un omicidio locale". E poi: "Donald Lam, il giovane socio della ditta Cool e Lam, agenzia privata d'investigazioni di Los Angeles, era in città stamattina, a consultare gli archivi del giornale per indagare sulla morte di Karl Carver Endicott. Lam si rifiutò di essere intervistato e non volle dire il suo nome a un cronista, parendo più ansioso di chiedere notizie,

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che darne, Tuttavia, il fatto che quest'agenzia privata stia indagan­do ... ". Oh, all'inferno! Se il nostro cliente avesse giocato a carte, scoperte, sarei stato certo più prudente. Pensai a Bertha, che mi aveva descritto come un tipo intelligente e acuto. Pensai al nostro cliente dalla voce melodiosa e dagli occhi sognanti: chissà come mi avrebbe guardato, dopo avere letto una copia del giornale di Citrus Grave. Ma io me ne infischiavo. Tutto sarebbe stato finito prima che quel dannato giornale uscisse. Voleva delle informazioni? Bene, io gliele avrei date!Raggiunsi la città e telefonai a Elsie Brand, la mia segretaria. - Salve, Elsie. C'è Bertha? - Si. - Irrequieta? - Piuttosto. - Bellicosa? - No. - Avete visto quel cliente di ieri, il signor Ansel? - No. - Arrivò ieri alle tre. Avrebbe dovuto tornare oggi, alla stessa ora. State bene a sentire: alle tre meno un quarto in punto sarò al bar di fronte. Il barista mi conosce: datemi un colpo di telefono appena arriva quel tipo. Non dite a Bertha che ci siamo messi d'accordo, né che mi sono fatto vivo. Intesi? - Intesi. Attaccai e mi recai alla Biblioteca pubblica. Là c'è un indice generale con i nomi di tutti gli autori che abbiano pubblicato qualcosa sui pertedici più importanti degli Stati Uniti. Mezz'ora dopo sapevo già che il nostro cliente John Dittmar Ansel non aveva mai pubblicato nulla sui giornali principali, né sotto il nome di John Dittmar , né con quello di Ansel, Sapevo inoltre che non aveva nemmeno pubblicato libri di nessun genere. Avevo un amico che si occupava della cronaca nera in uno dei giornali di Los Angeles. Andai da lui ed ottenni i ritagli dei giornali che parlavano dell'omicidio di Karl Carver Endicott, I giornali di Los Angeles avevano fatto del loro meglio, riportando i fatti noti: ma era sempre troppo poco. Raggiunsi il bar in tempo per dare un'occhiata alla televisione, che trasmetteva un interessante incontro di baseball, prima che la telefonata di Elsie giungesse a farmi sapere che Ansel era in ufficio e che Bertha stava impazzendo per cercarmi. Attesi che l'incontro terminasse, poi uscii.

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- Bertha sta cercandovi da un pezzo - mi disse la telefonista, appena entrai in ufficio. Detti un'occhiata all'orologio, inarcai le sopracciglia e risposi: - Sono qui. Attraversai la sala d'aspetto e aprii la porta dell'ufficio di Bertha senza dare alla ragazza il tempo di annunciarmi.Ansel sedeva rigido sulla poltrona, le lunghe gambe accavallate. Il suo sguardo era carico di rimprovero. Bertha mi guardò con un'espressione che non prometteva nulla di buono. - Dove diavolo ti eri cacciato? - domandò. Accennando ad Ansel risposi: - Ho lavorato intorno al caso del nostro cliente. - Perché? - Non riuscivo a trovarti. - Ero fuori. - Già. Dovresti avere il rapporto per il signor Ansel - Infatti, ce l'ho. Ansel inarcò le sopracciglia brune. - Davvero? - mormorò. Mi avvicinai a lui e gli strinsi la mano, poi raggiunsi lo scrittoio di Bertha e ripresi: - Ho trovato ciò che cercavate. - Siete in gamba! Volete dire che lo avete trovato? - So il suo nome - risposi. - L'uomo che cercate è Karl Carver Endicott, Abita a Citrus Grove. Ha sposato Elrzabeth Flanders sei anni fa. Tacqui. Lui si tirò sull'orlo della poltrona, stupito. Accesi una sigaretta. Il silenzio si fece pesante. Bertha fu per dire qualcosa, ma poi si accorse che, se tacevo, doveva esserci un motivo e strinse le labbra. Ansel si mosse, inquieto, e guardò me, poi il tappeto, poi ancora me. Io continuavo a fumare imperterrito. - Ebbene? - azzardò Ansel. - Non è questa l'informazione che volevate? - domandai, fingendomi sorpreso. - Il nome del vostro uomo è Karl Carver Endicott. Il suo indirizzo è Citrus Grave, non al centro della città, ma nei dintorni, in una piantagione d'aranci che si chiama Whippoorwill. Continuai a fumare Ansel sedeva sulla sua poltrona, irrequieto.

- Be' - dissi a Bertha - ora devo occuparmi delle mie faccende. Ho in

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ballo il caso Russett, e ... - E io, cosa faccio, allora? domandò Ansel, - Voi? Perché? - Il mio caso ... - E' chiuso. E' risolto. Volevate sapere il nome del vostro caro Karl, che conosceste a Parigi. Volevate sapere chi fosse. Ora lo sapete. - Ma dov'è, ora? - Santi numi! - esclamai. - Non ci avete mica incaricato di ciò. Non so dove si trovi ora. Si inumidì le labbra con la punta della lingua. - Darei non so che cosa, per scovarlo. - Sarebbe un'impresa vera e propria. - E perché? - proruppe Bertha. - Un uomo del genere non si sarà messo in viaggio senza lasciare un recapito. - Dipende dal genere di viaggio intrapreso - dissi allusivo. Bertha colse al volo la mia occhiata e restò zitta. - Vorrei saperlo - disse Ansel. - Non potevo immaginare che vi sare­ste informato solo del nome. - Ho eseguito il vostro incarico. - Forse non mi sono espresso chiaramente. - Appunto. - Be' - esplose Bertha - cosa diavolo volete da un poliziotto privato ora che sapete nome e indirizzo? Andate in una cabina telefonica e mettetevi in contatto con lui, oppure mandategli una lettera o un telegramma! - Appunto - soggiunsi. - Non era questo, che volevate? Il caro Karl, sapeva una storia, no? L'uomo si cacciò le lunghe dita tra i capelli e disse: Non posso credere che non sia saltato fuori dell'altro, quando vi siete informato sul suo nome. - Ah, già. Ma non mi pare abbia molta importanza. Abbiamo saputo ciò che ci aspettavamo di sapere. A voi interessava solo il suo nome ed ora lo sapete. - Forse, non mi sono espresso chiaramente - ripeté AnseI. - Proprio cosi. Nel caso che v'interessasse l'omicidio, vi siete espres­so in modo incompleto - buttai là. - Non m'interessa l'omicidio - rispose. - Volevo solo sapere ... - e la voce gli mori in gola.- Come fate a sapere che c'è stato un omicidio, Ansel? - dissi torvo. Apri la bocca per rispondere ma non ci riusci. Bertha Cool si protese in avanti, come un cane da caccia che fiuta la preda. - Nel caso v' interessasse sapere di questo delitto, Ansel ripresi - avete commesso alcuni errori grossolani, tra cui l'aver taciuto che il

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sospettato principale è un tipo alto e dinoccolato, coi capelli e gli occhi scuri, e mani d'artista. Si sa che c'è un conducente di tassi in grado d'identificare quest'uomo. Inoltre commetteste l'errore di non dirmi contro cosa avrei dovuto lottare, casi non ho potuto prendere le mie precauzioni, ed ora le autorità sanno che la ditta Cool e Lam s'interessa del caso Endicott. Quelli della polizia sono troppo furbi per credere che m'interessassi di cercare nome e indirizzo di Karl, solo perché a Parigi vi diede lo spunto per un romanzo. Penserebbero naturalmente che il delitto c'interessi molto da vicino, e in breve saprebbero perché. Il terzo errore che commetteste fu quello di non volerci dare il vostro indirizzo affinché noi potessimo, all'occorrenza, mettervi in guardia, impedendovi di venire oggi qui in ufficio. Ormai però questi sbagli sono stati commessi e non c'è più niente da fare. La prossima volta che vi rivolgerete a un investigatore, però, ditegli che cosa volete. Intanto, dateci cinquanta dollari. - Ma... ma... - balbettò Ansel - avete una fretta indiavolata, voi! - Accade - risposi. Si agitò sulla poltrona e infine rispose: - Scusate. - L'incidente è chiuso. Avete ottenuto l'informazione che dicevate di volere. Non siamo degli indovini. Consegnate alla mia socia i cin­quanta dollari che ci dovete. M'incamminai verso la porta. - Ehi, aspetta un attimo ! - gridò Bertha. - Dove vai? - Fuori - risposi. Ansel restò immobile, assai perplesso. Uscii dall'ufficio, raggiunsi il posteggio, saltai in macchina e attesi. Dopo circa un quarto d'ora Ansel usci. Si guardò attorno con appren­sione un paio di volte, ma parve rassicurato dal fatto che nessuno s'interessasse di lui. Aveva parcheggiato la macchina nel nostro stesso posteggio. Mentre la metteva in moto, notai che si trattava di una comoda Chevrolet, modello di quattro anni, targata AWY 421.Lo seguii. Lui si fece furbo. Appena si trovò fuori dal traffico del centro, prese a girare a zig-zag intorno a quattro blocchi di case, guardando nello specchietto per assicurarsi che nessuno lo seguisse. Smisi di seguirlo; mi diressi verso il viale principale e mi fermai, in attesa. Doveva avere fatto delle manovre lunghe e, complicate per fare perdere le sue piste, perché passarono più di venti minuti prima che vedessi la sua macchina infilare un viale. Adesso era finalmente sicuro che nessuno lo seguiva, cosi mi fu facilissimo stargli dietro. Lo seguii fino a una villetta a un piano fuori di Betwuard Drive.

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Là lasciò la macchina, ed io portai la mia al posteggio dell'isolato vicino. Lo vidi scendere ed entrare nella villetta. Dopo mezz'ora, non avendolo ancora visto riapparire, tornai in ufficio. Le ragazze erano andate a casa. Bertha era là sola, in attesa. - Dove diavolo sei stato? - Fuori. - Si può sapere cosa ti salta in mente di piantare in asso un cliente a quel modo? - Abbiamo trovato ciò che gli interessava sapere. - E allora? - scattò lei. - Se tu avessi metà del cervello che ti vanti di avere, ti saresti accorto che aver portato a termine un incarico, non significa che lui non abbia intenzione di darcene un altro. - Al contrario, ero certo che ce ne avrebbe dato un altro. - Che intendi dire? - Vuole che noi scopriamo se è prudente per lui tornare indietro. - Che significa questo discorso? - Un conducente di tassi che si chiama Nickerson, la notte del delitto, trasportò una persona a casa di Endicott. Nickerson descrisse questo passeggero come un individuo alto e smilzo con gli occhi scuri, sui ventotto-trent'anni; disse inoltre che aveva con sé una valigetta, che apri poco prima di arrivare a casa Endicott per trarne una rivoltella che si cacciò in tasca. L'autista che aveva visto la manovra attraverso lo specchietto, credette che si trattasse di una precauzione. Invece non lo era. Arrivato alla fattoria Endicott lo sconosciuto pagò e diede un dollaro di mancia al conducente che se ne andò per i fatti suoi. Il giorno appresso disse tutto ciò a la polizia. - Nickerson, eh? - domandò Bertha. Annuii. - E' lui, l'unico testimonio? - E' l'unico di cui la polizia abbia parlato. C'era un banchiere nel sog­giorno un tizio che si chiama Hale. Aveva un appuntamento d'affari con Endicott. - Che accadde? - domandò Bertha, - Quella notte, il personale di servizio era in libera uscita. Endicott aveva appena avuto una lite con sua moglie, che aveva fatto la vali­gia e se n'era andata. Fortunatamente per lei, si era fermata a un distributore di benzina in Citrus Greve, dov'era conosciuta. L'addetto al distributore ricorda di aver le fatto il pieno della benzi­na e dell'olio Si ricorda con precisione l'ora perché stava per chiude­re quando lei era arrivata. Hale disse che udi suonare il campanel­lo. Endicott si scusò e andò ad aprire. Hale senti una breve conver­sazione tra Endicott e uno sconosciuto; poi ci fu un rumore di passi

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nell'atrio, un rumore di voci e dopo un minuto o due si udi una deto­nazione provenire dal piano di sopra. "Hale corse su per le scale e gli ci volle un minuto per trovare Endicott, che era in una delle ca­mere da letto. Giaceva, sul pavimento in una pozza di sangue. Era morto stecchito, Una pallottola calibro 38 gli aveva fracassato la nu­ca." Gli, occhietti avidi di Bertha scintillavano per l'interesse - E l'autista? - domandò - L'autista sa che l'uomo raggnmse la casa un minuto o due. prima delle nove, perché usci di servizio alle nove. Sette minuti più tardi raggiunse col tassi la stazione. Il testimonio Hale invece sostiene che Il colpo fu sparato alle nove precise, e l'addetto al distributore di Citrus Grove dice che la signora Endicott arrivò fece benzina e si allontano alle nove in punto. Subito dopo, lui chiuse bottega. "La signora Endicott si diresse verso San Diego. Nessuno sa dove fosse. Più tardi, dichiarò alla polizia di avere appreso del delitto solo la mattina seguente, dalla radio: Tornò indietro per i funerali. Endicott era morto senza testamento. Sua moglie ereditò tutto. Non c'erano altri eredi. "Dopo alcuni mesi la signora Endicott s'installò a whippoorwill, la tenuta degli Endicott. Esce raramente e pare. che conduca una vita ritiratissima”"Hale ha detto ai suoi amici più intimi che qualche istante prima di morire Endicott gli confidò che sua moglie lo aveva lasciato e che Endicott era in preda a una crisi di nervi, La polizia ha il sospetto che Endicott subisse qualche ricatto e che l'assassino sia il suo ricattatore.” - Perché? - Endicott aveva prelevato ventimila dollari in contanti, quella mattina. Era la terza volta che prelevava forti somme di denaro, nello spazio di tre mesi. Le altre volte aveva prelevato diecimila dollari disse a Hale che aspettava una visita ma che se la sarebbe sbrigata in pochi minuti. . - Cribbio! Diecimila dollari al mese! - esclamò Bertha - E' chiaro che si tratta di un ricatto. - Ne sono convinto anch'io. Bertha rifletté un istante, poi disse: - Dunque, se non fosse per quel tassista, la polizia non avrebbe nessun indizio.- E' probabile - ammisi - ma non si sa mai. Sono maledettamente furbi. - E' vero. Sai anche il nome dell'autista? - Si, è comunissimo. - E quale? Trassi di tasca il taccuino.

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Drude. Si chiama Drude Nickerson.Un sorriso sollevo gli angoli della bocca di Bertha. - Uno di questi giorni, Donald riconoscerai che se tu hai cervello per risolvere un caso Bertha ha cervello quando è il momento di raccat­tar quattrini. - Che intendi dire? Bertha apri il cassetto del suo scrittoio e ne trasse cinque bigliettoni da cento dollari nuovi di zecca. - Un anticipo. - Per che cosa? - Per le informazioni che abbiamo già. - Che intendi dire? - Come hai ottenuto le in formazioni sul delitto? - Quando mi sono accorto che ci eravamo cacciati in un pasticcio, sono ricorso ai giornali per scoprire di che faccenda si trattava. - Bene, ora dà un'occhiata a questo. Mi porse il ritaglio di un giornale. Lessi: "Drude Nickerson, diletto consorte di Maria Nickerson. Morto in un incidente nei pressi di Susanville, California. Funerali privati. Impresa Funebre di Susanville. Si prega di non inviare fiori."

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La morte di William Desmond Taylor fu un dramma di stile hollywoodiano. Taylor era stato un famoso regista, ai tempi del cinema muto. Quando, una mattina all'alba, nel 1921, il maggiordomo entrò nella camera di Taylor, e lo trovò morto, ebbe inizio una catena di avvenimenti che ebbero ripercussione inaspettate. Si scopri che William Desmond Taylor altri non era in realtà che William Deane Tanner , misteriosamente scomparso da New York alcuni anni addietro. La sua biografia era falsa come i soggetti dei film muti da lui diretti. A HoIlywood circolarono delle voci, subito intercettate e diffuse dai giornali, su una misteriosa camicia da notte femminile, che, secondo quanto dicevano queste voci, il maggiordomo trovava accuratamente piegata in uno dei cassetti della scrivania, al piano superiore. Il maggiordomo ripiegava delicatamente la camicia in un determinato modo e ciò gli permetteva di accorgersi che, a interval­li regolari, l'indumento di seta veniva ripiegato in tutt'altra maniera. I nomi di attrici del muto, nomi famosi di quell'epoca, scaturirono da quel caso accompagnati da notizie e commenti in armonia con l'at­

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mosfera cupa e drammatica tipica dei film dell'epoca, in cui i gesti e le espressioni esagerate supplivano alla mancanza del sonoro. Le indagini sulla morte di William Desmond furono eseguite con lo stesso sistema. Presi parecchi appunti. Quando la biblioteca chiuse, uscii nel buio della notte con due taccuini pieni di note. Il mercoledì mattina aprii di nuovo il giornale alla pagina del necro­logio. Quando entrai in ufficio, Bertha stava uscendo per andare a colazio­ne. - Sei stato a Susanville? - domandò. - Sto per andarci. - Stai per andarci? Ti credevo già sul posto! Il nostro cliente ha tele­fonato e io gli ho detto che eri già là. - Ottima idea. - Cosa diavolo hai fatto fino adesso? - tuonò Bertha. - Ho assicurato la nostra società. - Assicurato? Contro che cosa? - Contro la perdita della licenza. - Quando parti? - domandò lei, troppo esasperata per domandare spiegazioni. - Ora. Prendo l'aereo per Reno; là noleggerò una macchina e andrò a Susanville. Bertha mi guardò irritata. A che ora sarai a Susanville? - Dipende - risposi. - Il nostro cliente è sulle spine. Ha già telefonato due volte. Voleva sapere se eri già partito; io gli ho risposto di si. - Ottima idea. Almeno starà tranquillo. Il viso di Bertha si fece scuro. - A che serve un'assicurazione quando ci siamo impegolati in un caso privo di soluzione? - Appunto per questo, l'ho fatta. - Che intendi dire? - La polizia sarebbe felice di risolvere il caso Endicott. Conosce un unico testimonio: un conducente di tassi che si chiama Drude Nickerson. Improvvisamente sul giornale appare il necrologio di Drude Nickerson, in Susanville. E' privato. Niente fiori. Tu, natu­ralmente, crederai che la salma sarà trasportata qui a Citrus Grove e che i funerali avverranno qui. Bertha mi guardò inebetita. - Corpo di bacco! - esclamò tra i denti, mentre aprivo la porta.

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Nel tardo pomeriggio, quando giunsi a Susanville, mi sistemai in un albergo e mi feci registrare sotto il mio vero nome. Diedi inoltre l'indirizzo dell'agenzia. Mi recai all'impresa funebre di Susanville. - E' qui la salma di un certo Nickerson? - domandai. L'uomo che sedeva alla scrivania mi guardò attentamente, poi finse di consultare un registro. - Si, è qui, infatti. - Potete dirmi qual è il suo nome? - Drude - rispose. - Di, erre, u, di, e. - Sapete qualcosa sul suo conto? - E' un caso che riguarda la magistratura. Incidente stradale. - Quand'è il funerale? - Non si sa ancora. Sarà privato. - Potrei vedere la salma? - E' in una bara chiusa. Ma voi, chi siete? - Donald Lam, di Los Angeles. - Parente del morto? - No. M'interesso al caso. - In che veste? - Sto facendo delle indagini. Nickerson abitava a Citrus Grove. Perché il funerale non si svolge laggiù? - Non fate troppe domande! - Il caso è in mano del magistrato? - Precisamente. - Mi metterò in Contatto col magistrato. - Ve lo consiglio. - Che ne è degli abiti dell'uomo? - domandai. - Ho saputo che aveva con sé i documenti. Potrei dare un'occhiata alla patente? - Bisogna che domandi il permesso. - Quanto tempo ci vorrà? - Non molto. L'uomo sollevò il microfono fece un numero e disse: - Qui c'è un certo Donald Lam di Los Angeles, venuto a indagare sulla morte di Drude Nickerson. Vorrebbe dare un' occhiata alla patente e agli altri documenti del morto, per accertarsi dell'identificazione. Cosa devo fare? Restò in attesa un istante ad ascoltare la risposta, poi rispose: - D'accordo.

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Attaccò il microfono e disse: - Tra qualche minuto verrà qui un incaricato del magistrato. Vi mostrerà ciò che volete vedere, se gliene spiegherete il motivo. - Glielo spiegherò - dissi. Aspettai due minuti e mezzo. Tentai d'attaccar discorso con l'uomo che sedeva alla scrivania, ma invano sembrava troppo intento nel suo lavoro per occuparsi di me. La porta si apri ed entrarono tre uomini. Avevano la sigla LAW stampata sulle uniformi. L'uomo seduto alla scrivania puntò il dito verso di me. I tre mi s'avvicinarono. - Salve - disse uno di loro mostrandomi il distintivo. - Sono lo sceriffo. Perché v'interessate del caso Nickerson? - Sono un investigatore. - Fate vedere ... Gli mostrai le credenziali. Lo sceriffo, dopo aver lanciato un'occhiata al più alto dei due uomini, disse: - Ebbene, Lam, è la seconda volta che v'immischiate in questo caso. Questo signore è lo sceriffo di Orange County, - Felice di conoscervi dissi. Lo sceriffo tagliò corto e, ignorando la mano che gli porgevo, domandò: - Perché avete consultato l'archivio del giornale di Citrus Grove, interessandovi del caso Endicott, ieri? - Per ricostruire i fatti. - Sarà meglio che veniate con noi· - disse lo sceriffo. Uscii coi tre uomini che mi scortarono fino ad un' automobile. Mi accompagnarono ad una residenza privata, che immaginai fosse quella dello sceriffo. Costui passò subito all'attacco. Era un tipo piuttosto simpatico, ma in quel momento era furioso. - Siete un investigatore privato e cacciate il naso nelle faccende della polizia. Perché v'interessate del delitto Endicott? - Non mi occupo del delitto Endicott. - Ho ricevuto informazioni precise, in proposito. - Siete stato informato male. lo volevo solo avere notizie del matri­monio Endicott, i tre scambiarono rapide occhiate. - Telefonate al giornale - suggerii loro. - Pagherò io la telefonata. Potrete cosi sapere che non ho dimostrato il minimo interesse al delitto. Volevo solo sapere del matrimonio. Lo sceriffo sembrò convinto. - E va bene. Vi crederò sulla parola, senza controllare. Volevate indagare sul matrimonio. Perché? - Perché sapevo già del delitto. - Lo ammettete? - Certo che lo ammetto. - Avevate indagato sul delitto?

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- Ve l'ho detto. - Oh, finalmente si gioca a carte scoperte! Ora, volete dirmi perché avete indagato sul delitto? Cosa volete? Cosa sapete di questo caso? - So tutto quello che la polizia ha detto ai giornali - risposi. - La morte di Nickerson è un argomento interessante. Sto raccogliendo in un volume un' intera serie di delitti insoluti; sono incerto se intitolerò questo libro "Delitti della California del Sud" oppure ... - Balle. Non vi aspetterete che ci caschiamo, spero! - Non vedo che cosa ci sia di strano. C'è da far quattrini, pubblicandolo prima a puntate su un giornale, e in volume in un secondo tempo. Nel caso che v'interessi, ieri ho perso un mucchio di tempo a indagare sul delitto di William Desmond Taylor. Ora esiste finalmente una storia! - Già. Peccato che sia stata pubblicata un milione di volte - disse lo sceriffo di Orange County. - Ne darò una nuova versione. - E quale? - Non ho nessuna intenzione di darla in pasto agli indiscreti, in modo da farmi soffiare l'idea. - Avete già pubblicato qualche,cosa? - No. - Non fatemi ridere. - Bisogna pure incominciare! - Già, e voi. incominciate dalla fine, spendendo un mucchio di quattrini per il viaggio osservò sarcastico lo sceriffo. - Siete voi che avete incominciato dalla fine - ribattei. - Che intende­te dire? - Avete pubblicato tutta la storia del caso Endicott su un giornale. Avevate mai scritto nulla, prima? - Non sono stato io a scrivere quella storia. Hanno usato il mio nome. - Be' - dissi - credo di avere la stoffa dello scrittore, e la mia posizione d'investigatore privato mi permetterà di studiare uno di questi casi per farne emergere un buon personaggio. Aprii la valigetta e soggiunsi: - Se volete, date un'occhiata ai miei appunti sul caso Taylor. Non vi dirò il mio punto di contatto con questo caso e la ragione per cui me ne sto occupando; però potete ugualmente dare un'occhiata agli appunti. Dopo averli osservati attentamente si scambiarono una rapida occhiata. Erano perplessi e piuttosto seccati. - Perché siete venuto a Susanville? - domandò lo sceriffo. - Per fare delle indagini su Nickerson. - E perché?

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- Perché se Nickerson è morto, non troverete mai l'assassino di Endicott. - Mi sembrate un po' troppo sicuro - rispose lo sceriffo di Orange County. - Forse, se la coscienza gli rimorderà, spiattellerà tutto e voi lo potrete acciuffare. Ma non vedo altra possibilità. - Perché volete vedere la salma? - domandò lo sceriffo. - Per fotografarlo nella bara. - Allora, non potete. - D'accordo. Prenderò alcune fotografie del luogo dell' incidente. Voglio fare delle ricerche.Lo sceriffo scosse il capo. - Perché no? - Perché non ve lo permettiamo. - Oh bella, e per quale motivo? - Perché potreste pregiudicare il nostro lavoro. Non vi permettiamo di cacciare il naso nelle nostre faccende. Lo sceriffo locale aggiunse impulsivamente: - Abbiamo ancora in ballo questo caso, e non vogliamo intromissioni di estranei. - Mi limiterei a dare un'occhiata al verbale dell'incidente e a prendere qualche fotografia, per scrivere un racconto poliziesco. - Ho detto di no. Divenni insistente. - Ho buttato via un mucchio di denaro, per venire a fare qualche fotografia! - Dov'è la vostra macchina fotografica? - Ho intenzione di noleggiarne una. Finché non sarò un esperto fotografo, non acquisterò una macchina. Non posso permettermi il lusso di buttar via i soldi: sono solo agli inizi della mia carriera. - Andiamo a riparlarne di là, ragazzi - interruppe improvvisamente lo sceriffo di Susanville. E mentre si dirigevano verso la porta, soggiunse: - Voi resterete qui, Lam .. Aspettai cinque minuti circa. Quando ritornarono, lo sceriffo di Orange County disse. - Lavorate a Los Angeles? - Precisamente. - Conoscete qualcuno della polizia, laggiù? - Frank Seller, della Squadra Omicidi. - Restate qui. Faremo un telefonata. Chiamò il centralino, chiese la comunicazione e riattaccò Mentre aspettavano la telefonata, si guardavano immusoniti. Sentivo l'accusa in ogni loro gesto. Improvvisamente lo squillo del telefono ruppe il silenzio Lo sceriffo disse: - Sarà Frank Seller - Sollevò il microfono e quasi

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subito mutò espressione. Qualcosa era successo evidentemente. - Che nome? - domandò. Ditelo chiaramente, lettera per lettera. Come? Ripetete prego! Afferrò una matita e scrisse sulla carta assorbente, poi disse: - Va bene; e di nome come si chiama? ... Che macchina ha?... Targata come? .. In California? Potete bloccarla?... Oh, dieci minuti., . Siamo in attesa di una comunicazione con Los Angeles ... D'accordo, fate tutto quello che potete ... Se necessario, ritelefonate. Attaccò il microfono e lanciò un'occhiata significativa agli altri, prese il foglio di carta assorbente, lo ripiegò e se lo mise in tasca. Poi guardò l'orologio e fece per dire qualche cosa. Il telefono ricominciò a suonare. Afferrò il ricevitore, disse "pronto" e la sua espressione m'indicò che Seller era in linea. Lo sceriffo, dopo avere detto il suo nome, espose il caso. - E' arrivato qui un investigatore privato, si chiama Donald Lam. Sapete qualcosa sul suo conto? Dall'altro capo del filo giunsero a me solo dei suoni incomprensibili, - Sta interessandosi di un caso. Sostiene che vuole solo procurarsi del materiale per un articolo che ha intenzione. di scrivere. Si tratta di un caso di cui non vogliamo che nessuno s'impicci, per il momen­to Come dobbiamo regolarci, con lui? Di nuovo dal ricevitore uscirono dei suoni incomprensibili. - D'accordo - disse lo sceriffo. Riattaccò, I suoi modi erano più gentili, ora. - Seller dice che siete furbo come unavolpe, che proteggete un cliente. con astuzia diabolica, e che non dobbiamo credere a una parola di quel che ci avete raccontato. - Carino da parte sua - dissi. - Seller inoltre dice che se date la vostra parola, potete stare con noi. - Ammesso che la dia. .,.. d'accordo. Ci fu un breve silenzio. - Come siete venuto fin qui? - Ho noleggiato una macchina a Reno. - Ebbene, Lam, siete libero di tornare indietro. - Non ho nessuna intenzione di tornare indietro. - Seller mi ha incaricato di riferirvi un messaggio. Per fargli un favore personale, dovreste tornare indietro. Dice che se siete qui per incarico di un cliente come lui suppone, non vorrete tornare. Se invece siete venuto a procurarvi del materiale per un articolo, vi do­manda, come favore personale, di tornare subito indietro. Fingendomi distratto e assorto nelle mie faccende, manovrai in modo da andare a sedermi vicino al telefono. Nascondendola col

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mio corpo, armeggiai con la mano destra, strappando dal tampone il foglio di carta assorbente direttamente sotto a quello usato dallo sceriffo per scrivere il nome che gli avevano comunicato e ne feci una pallottola che mi cacciai rapidamente in tasca. Non si accorsero di nulla, troppo intenti a scrutare la mia espressione. - Ebbene? - domandò lo sceriffo. - Lasciatemi riflettere. - Avete riflettuto abbastanza. - Seller è un caro ragazzo. Non vorrei contrariarlo, - Dice che siete troppo furbo, perché ci si possa fidare di voi. - Gentile da parte sua. - Anch'io sono del suo parere. - E va bene. Detesto buttar via il denaro, ma me ne andrò - dissi, afferrando la valigia. - Tutto ciò non mi convince, ragazzi! - disse lo sceriffo. - Non convince nemmeno me - dichiarò il terzo uomo. - Potete sopportarmi ancora per un paio di giorni? Forse saranno sufficienti perché io possa mettere insieme una storia decente. - No. Abbiamo fretta di mandarvi al diavolo. Vi concediamo un'ora di tempo per andarvene fuori dai piedi. Vi mostreremo la strada giusta, nel caso che non sappiate trovarla. - Non credo che sia tanto difficile. - Potrebbe esserlo, per voi. - Non mi va d'andarmene sui due piedi. - Lo sappiamo; d'altra parte, è un favore personale che fate al sergente Seller. A meno che non siate qui per rappresentare un cliente ... Li salutai, uscii, balzai in macchina e trassi di tasca il pezzo di carta. Non c'erano che lievi impronte. Presi il temperino e tagliai, polveriz­zandola, la punta della matita, e con la grafite ottenuta riuscii a rendere più visibili le impronte dell'indirizzo che lo sceriffo aveva annotato. Lessi cosi: Stella Karis, 6825 Morehead Street, Los Angeles, Targa N. JYH 328. Andai all'albergo. Il portiere mi disse che lo sceriffo aveva telefonato dando ordine di sgomberare la mia camera e di restituirmi il denaro. Ne dedussi che la mia presenza doveva essere veramente preoccupante per lo sceriffo. Parcheggiai la macchina al secondo posteggio, del viale e attesi. Era già buio, ma le luci dei fanali mi permettevano di leggere le targhe delle automobili. Passò un'ora. Stavo ormai per andarmene quando mi sfrecciò accanto una Ford targata JYH 328.

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Al volante c'era una giovane donna, e solo quando mi lancai al suo inseguimento, mi accorsi che stava superando il limite della velocità. La seguii per un tratto; poi, improvvisamente, frenò. Uno sportello si aprì. Scorsi un paio di gambe perfette, il lembo di una sottana, ed infine la ragazza mi si parò davanti. Frenai anch'io. Lei non si mosse. Aprii lo sportello e scesi. - Volete per favore dirmi che intenzioni avete - domandò lei. - lo? Sto andando a Reno. - Già, e avete tanta paura di perdervi, da seguire una macrhina per venti miglia, perché vi faccia da guida. Sarà meglio che saliate subito sulla vostra automobile e filiate fino a Reno. Se invece, come credo, siete un angelo custode, che mi è stato messo alle calcagna perché la polizia possa accertarsi che sto lasciando la Contea, potete tornare a Susanville a dir loro che non voglio stare in chiesa a dispetto dei santi. - Non ho niente a che fare con la polizia di Susanville. Sto occupan­domi delle mie faccende. Inoltre, non offendetevi, se vi dico che una donna attraente come voi può cacciarsi nei pasticci, affrontando uno che l'ha inseguita per venti miglia! - D'accordo. Grazie per l'avviso! - rispose lei, tagliente. - Ora, però, andatevene per la vostra strada: voi, e tutti quelli che sono con voi. - Sono solo. Si avvicinò alla mia macchina e diede un' occhiata dentro. - Va bene. Ora andatevene. - Vorrei avere da voi qualche informazione. Il mio nome è Donald Lam. - Non m' interessa affatto sapere il vostro nome. Potete andare al diavolo. Balzai in macchina e mi spinsi avanti a lei. Dopo circa cinque miglia mi fermai, indietreggiai fino a un crocevia, spensi i fanali e attesi. Passarono poche macchine. Finalmente apparve quella della ragazza. Le lasciai qualche minuto di vantaggio, ed infine misi in moto. La raggiunsi, le passai davanti, poi, dopo aver superato una piccola salita, mi fermai. Quando vidi i fari della macchina di lei nel mio specchietto rimisi in moto l'automobile. Mi tenni davanti a lei per altre venti o trenta miglia prima che lei cambiasse parere. Finalmente mi raggiunse, costringendomi a fermarmi ad un lato della strada. Frenò anche lei. Balzò giù e si avvicinò al mio finestrino. - Come avete detto di chiamarvi? - Donald Lam, - Che cosa fate, signor Lam?

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- Sono un investigatore privato. - Interessante! Avete qualche documento da mostrarmi? Le porsi la patente. Lei la cacciò in borsetta.- Bene - disse - ora che so. chi siete, vi farò arrestare appena saremo arrivati a Reno, se mi molesterete ancora. Sorrisi e dissi: - La strada è di tutti, ed io non vi ho molestata affat­to. Voi andate a Reno, e io pure sto andandoci - Volete dire che non posso fare niente? - Niente, a meno che io non tenti di farvi la corte: cosa che non ho fatto. Non vi ho affatto dato noia. Non ho infranto le regole della disciplina stradale, inoltre ... Impulsivamente, con una mano si stracciò la camicetta, poi sollevò i lembi della sottana e tirò con tutta forza. Anche la sottana cedette. - Mai sentito parlare di tentativo di violenza? Annuii. - Ebbene, voi ne avete commesso uno. Sapete quale pena ci sia? Scossi il capo. - E nemmeno io; però so che esiste un grazioso, casalingo, piccolo penitenziario a Carson City, ed è là che andrete. Ve la siete voluta voi, signor Lam, Ho cercato di farvi ragionare con le buone, ma voi avete voluto fare il furbo. Mi avete seguita: mi sono fermata per protestare, e allora voi mi avete aggredita, trascinandomi a un lato della strada. Ho lottato per liberarmi. Finalmente i fanali di una macchina vi fecero smettere. Allora mi avete lasciata andare. Sono salita in macchina e ho cercato di tenermi davanti a voi fino a Reno. - Non siete nel Nevada. Siete ancora in California. Non si degnò di rispondere. Girò sui tacchi, raggiunse la sua macchina, vi balzò sopra, chiuse lo sportello e parti a tutta velocità. Tentai di superarla ma non ci riuscii. Guidava come un demonio, e appena tentavo di raggiungerla, si tirava al centro della strada. Andavamo a ottanta all'ora quando improvvisamente alle mie spalle brillò una luce rossa. Un agente mi costrinse a fermarmi al lato della strada. - Seguitemi a distanza - ordinò - e non cercate di raggiungermi. Vado a fermare quella macchina là davanti. Parti rombando. Vidi la luce rossa proiettarsi sulla macchina della ragazza, e udii il suono della sirena, attutito dalla distanza. La ragazza gli diede del filo da torcere. Dovetti mettercela tutta, per tener dietro a quei due. Finalmente, poco prima di uscire dal confine di Stato, a circa quindici miglia da Reno, la raggiunse e la costrinse a fermarsi. L'agente era furibondo. Fermai anch'io, balzai giù dalla macchina e mi avvicinai a lui.

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- Ho tentato di spiegarvi prima, ma non mi avete lasciato parlare - dissi a voce alta. Mi fulminò con un'occhiata. - Occupatevi dei fatti vostri, andate al diavolo! Vi avevo detto di rallentare! Andavo a novanta all'ora, per tener dietro a questa macchina, e voi mi stavate alle calcagna! - Si capisce, che vi stavo alle calcagna! - gridai di rimando. Volevo fermarvi. Cosa diavolo credevate che volessi fare? Il mio tono bellicoso lo sbalordì, facendogli vedere la situazione sotto un' altra luce. - Qualcuno ha aggredito questa ragazza - continuai - e stavamo andando avanti alla ricerca di un agente. Se voi vi foste fermato ad ascoltare ciò che tentavo di dirvi, forse sareste riuscito ad acciuffare la macchina di quei bruti, che andava verso Susanville! Ma ve ne siete guardato bene! Eravate troppo intento a dare ordini, per perder tempo ad ascoltare! Restò perplesso. - Di che state parlando? - Di una macchina di teppisti che ha bloccato l'automobile di questa ragazza, tentando di aggredirla. Dio sa che cosa sarebbe successo, se non fossi sopraggiunto io! Datele un'occhiata. Guardate in che stato è! L'agente rispose: - Credete di darmela a bere? E' sbronza, e guidava a tutta velocità. Voi avete tentato di superarla ... - Non vedete che è in preda a una crisi? Stava tentando di raggiungere un posto qualunque, per telefonare alla polizia stradale. - Ma se non ha neppure prestato attenzione al suono della sirena! Mi avvicinai alla macchina di lei. - Avete sentito la sirena, signorina? - domandai. - Si, l'ho sentita, ma ero troppo spaventata per fermarmi! rispose la ragazza, piangendo.- E' cosi che l'hanno costretta a fermarsi, quei bruti - spiegai all'agente. - Uno di loro ha imitato il suono della sirena. Lei si è portata al lato della strada e si è fermata; allora l'hanno trascinata fuori della macchina. - Dov'eravate, voi? - A circa cinque miglia di distanza. - Che macchina era? - Una Buick nera, modello del' 52, a quattro posti. - Quanti uomini? - Quattro, tutti giovanissimi. Uno aveva un camiciotto e una giacca di cuoio marrone; un altro una giacca a colori sgargianti, il terzo uno sweater abbottonato e il quarto un vestito sportivo senza cravatta, con la camicia aperta sul collo.

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- Avete guardato il numero delta targa? - Si, ma nel trambusto l'ho dimenticato. Non ho avuto nemmeno il tempo di scriverlo. La mia preoccupazione era di tener d'occhio questa signorina, perché non le succedesse nulla. Il poliziotto restò un attimo indeciso, poi disse: - Dalle descrizioni, mi pare di capire che sia stata un banda, a molestare la ragazza. Uno dei ragazzi era alto e biondo? - Già, quello dalla giacca variopinta. Pareva un giocatore di baseball. - Sui diciannove, vent'anni? Alto circa un metro e ottantacinque? - domandò. - Non ricordo. Sono scappati in un lampo, appena ho fermato la macchina ... - Possibile che abbiano avuto tanta paura di voi che eravate solo? - Non sapevano che fossi solo - dissi. - Inoltre, ho con me la rivoltella e avrei potuto usarla. - Avete una rivoltella? - Precisamente. - Fatemi vedere il porto d'armi. Gliela porsi. Rifletté un attimo, poi si rivolse alla ragazza - Mostratemi la paten­te. Lei obbedi. - Stella Karis, eh? Beh cosa volete fare? Sporgere denuncia? - Volevo, ma ora ho cambiato idea. Odio vedere il mio nome sui giornali. - Non è questa la migliore maniera di evitare che altre ragazze vengano aggredite, signorina Karis!- Se v'intervistassero signorina Karis - dissi - non avete bisogno di raccontare che l'agente ha dato la caccia a voi, invece d'inseguire la macchina di quei teppisti. - Una Buick modello '52 avete detto? - Già. - Una quattro posti, nera? - Nera o di colore cosi scuro da sembrare nera. Prima ha superato la macchina della ragazza, poi l'ha aspettata e l'ha lasciata passare avanti. Infine l'ha superata un'altra volta, accompagnando la manovra col suono della sirena. Quando la ragazza si è fermata, l'hanno tirata giù, e ... - Ho capito, ho capito - interruppe l'agente. Però, avreste dovuto tenere a mente Il numero della targa. - Se mi aveste ascoltato, quando vi chiamavo a perdifiato, avreste fatto in tempo a raggiungere la famigerata macchina! - Può darsi - borbottò ma ciò non giustifica la maniera di guidare della ragazza.

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Non vedete che è fuori di sé? - Va bene, va bene. Ora andrò a telefonare di mandare una pattuglia. Quei mascalzoni non devono essere molto lontani. E' una banda che ci ha dato del filo da torcere. Sareste in grado di riconoscere quella macchina? - Tutto quel che posso dirvi è che si tratta di una Buick nera a quattro posti con a bordo quattro ragazzini imberbi: forse potrei riconoscere quello alto e biondo, e il bruno con la giacca sgargiante. Il resto, l'ho visto in una nebulosa. - Va bene. Ora vado a telefonare. Saltò sulla moto e spari in un lampo. Mi avvicinai al finestrino della macchina di Stella Karis. Inaspettatamente, lei scoppiò in una risata. - Donald, avete creduto realmente che vi avrei mandato a finire in gattabuia? - I vestiti, ve li siete veramente conciati per le feste ... - Non volevo che cacciaste il naso nei miei affari. Mi sono accorta che questo è un ottimo sistema per liberarsi degli scocciatori, Li mette fuori combattimento. Ora pescherò in valigia qualcosa per cambiarmi. - Sarà meglio che aspettiate di varcare la linea di Stato - suggerii. - D'accordo. Fatemi strada. - Sentite, che ne direste di un pranzetto a Reno? Rise. - Andate per le spicce, voi. Dite: che gioco è, il vostro? - Sto facendo delle indagini su Drude Nickerson, conducente di tassi - risposi. - Mi hanno espulso dalla città. Mi guardò con tanto d'occhi. - Davvero? Annuii. - Via, fatemi strada. Quando passai, vidi che l'agente stava ancora telefonando dal posto di controllo. Gli feci un cenno di saluto, al quale rispose distrattamente. Ebbi l'impressione che non avesse molta voglia di farsi pubblicità. Proprio come noi. Inoltre temevo che ci ripensasse, il che non era certo un bene per noi. Superammo il confine di Stato, e dopo circa cinque miglia ci fermammo. Stella prese una valigia, l'aprì, scese dall'auto e si cambiò d'abito li sul ciglio della strada, nascosta dalla macchina. Poi venne verso la mia, e mi chiese: - Avete intenzione di scherzare o di far sul serio? - Di far sul serio, naturalmente. - Vi occupate di Drude Nickerson? - Si. - Perché?

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- Per motivi che non posso rivelare né a voi, né tantomeno alla poli­zia locale. Sono stato buttato fuori dalla città. - Qual è la vostra idea? - A proposito di che? - Non siate sciocco. A proposito di Nickerson, - Al momento non ne ho. - Perché? - Per molte ragioni. - Non ne avete veramente o non volete dirmela? - Non posso dirvela. - Siete utile, voi! - Lavoro - risposi. - E va bene. Mi avete invitato a pranzo. Accetto. Spero di ottenere da voi l'informazione che desidero. - In che modo? - Con l'astuzia. Con le mie armi. Alla peggio coi liquori. - Perché v'interessate di Nickerson? - Non me n'interesso affatto. - Non fatemi ridere! - Fatemi strada fino a un albergo - interruppe lei. Non fate scherzi, quando dovremo dare le generalità. Chiedete una camera singola per voi, ed io farò lo stesso. Spero che siano ben distanti l'una dal­l'altra. Datemi venti minuti di tempo per rinfrescarmi , poi venite a bussare alla mia porta, cosi andremo a pranzo insieme. - D'accordo. Tornai in macchina e guidai verso Reno, dove cercai un buon albergo. Era pieno zeppo. Andai a vedere in un altro, ma anche li le camere erano esaurite. Mi avvicinai alla macchina di Stella. - Non sarà tanto facile sistemarci come volete voi. - Fate del vostro meglio. - Ma se non ci fossero più camere singole, non potremmo... - No, che non potremmo interruppe lei. - Non potremmo scendere in alberghi diversi? - finii. Sorrise. - Vi avevo giudicato male, Donald. Finalmente fummo fortunati: trovammo due camere singole in un albergo moderno e comodo. Il portiere ci guardò diffidente; però ci consegnò le chiavi. - Tra venti minuti - disse lei. - Dovete fare qualche telefonata? - E' un'idea - disse ridendo. - E voi? - Devo spedire un telegramma. - A presto, allora. Arrivederci! Andai in camera e composi il telegramma per Bertha: Situazione attuale puramente orticulturale. Solo un'altra pianta.

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Nessun motivo di agitarsi ma non credere che nostro cliente voglia aggiungere una pianta di questa specie comune alla sua collezione. Saluti. Donald.

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Bussai un colpo leggero alla porta di Stella Karis. - Chi è? - domandò, - Donald - risposi. - Entrate. Aprii la porta. Lei era seduta davanti alla toeletta, Si volse lentamente a guardarmi al di sopra della spalla nuda, poi abbassò le lunghe ciglia. - Salve, Donald - disse languida. Sapevo che stava recitando, però lo faceva in modo mirabile. Si alzò lentamente e mi venne incontro. Indossava un abito elegante che le lasciava nude le spalle e le deli­neava il corpo perfetto. Notai le sue curve armoniose, il fascino del suo sguardo tra le ciglia socchiuse, e la grazia con cui le sue lunghe dita affusolate si posaro­no sul mio braccio. Donald, mi perdonerete? - Di che cosa? - Di avervi creduto un segugio messomi alle calcagna dalla polizia per assicurarsi che avrei passato il confine di Stato. Ero talmente arrabbiata da inscenare, per rappresaglia, un tentativo di violenza. Volevo costringervi a ritirarvi. - Volevate approfittare slealmente dei vantaggi che vi dà il vostro sesso. - Tutto ciò che riguarda il sesso è sleale. Ambedue i sessi godono di molti vantaggi: altrimenti, non sarei qui con voi, ora. - Credo che abbiate bisogno di bere qualcosa. - Lo credo anch'io. - Mi porse lo scialle, perché glielo tenessi. Uscimmo di città. Le offrii due aperitivi prima di pranzo, e lei insisté per prenderne un terzo, sperando che l'alcool mi allentasse i freni inibitori, Il pranzo era delizioso. Dopo, giocammo alla roulette, al tiro a segno e ci divertimmo con le macchine automatiche. Era l'una e mezzo quando la riaccompagnai all'albergo. - Entrate? - E' tardi - risposi. Di che avete paura? - Di voi. Come mai?

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- Avete una maniera cosi deliziosa di lacerarvi gli abiti e di chiamare la polizia.- Ma lo faccio solo coi vestiti da lavoro. Quando ho addosso abiti come questo, potete star tranquillo. Entrai. Sprofondò nel divano. Sedetti vicino a lei. - State a sentire - dissi - è inutile continuare a perdere tempo. So chi siete, Conosco il numero della vostra targa. Sono un investigatore. Potrei sorvegliarvi: ma ciò richiede tempo e denaro. Perché non cantate? - Anch'io so il vostro nome, Inoltre ho la vostra patente e conosco il vostro indirizzo, e il numero di telefono. Sentite, Donald, non stare­ste per caso indagando sull'assassinio di Karl Carver Endicott? - Vi ho già detto che non sono disposto a rivelarvi le ragioni per le quali mi trovo qui. Mi guardò pensosa, poi disse: - Drude Nickerson era un corrotto. - La città intera è corrotta- risposi. - Susanville? - Citrus Grave. - Donald, se v'interessate a caso Endicott; potremmo aiutarci a vicenda. - Nella mia professione, posso accettare aiuti, ma non posso offrir­ne. - Comodo. - Vero? - Si, ma per voi. Restammo in silenzio per un po'. - Lavorate per il caso Endicott, Donald? - Non posso rispondere. - Potrei esservi utile. - Su questo punto siamo perfettamente d'accordo. Abbassò le lunghe ciglia e tenne gli occhi chiusi per un attimo, poi li apri e fissò i miei. - E va bene, Donald. Giocherò a carte scoperte. Ho ventitré anni. Sono stata sposata. Sono un'astuta donna d'affari. Zia Martha mori, lasciandomi erede universale. Ora possiedo dei terreni a Citrus Grave. Ero un'artista: non un genio, ma solo una disegnatrice pubblicitaria, e altre cose del genere. "Citrus Grave ha bisogno di una fabbrica. Ho il terreno su cui potreb­be sorgere. Un tempo questa terra era proprietà privata. lo ho biso­gno di ottenere che il piano regolatore venga cambiato. In qualun­que altra città questo sarebbe un fatto di ordinaria amministrazione, ma a Citrus Grave le cose funzionano diversamente. - Come vanno le cose a Citrus Grave? - Citrus Grave è sotto il dominio del sindaco.

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- E chi è il sindaco? - Charles Franklin Taber. Prima, c'era un governo onesto. C'era un capo della polizia diritto e leale. Taber si è messo a far discorsi, a concedere interviste alla stampa. Qualcuno si nasconde dietro alle spalle di Taber. Non so chi sia, certo è che Taber è lo strumento di una o più persone. In ogni modo, il sindaco onesto fu sconfitto alle elezioni, e Charles Franklin Taber sali alla ribalta in quella che egli definì "un'ondata di riforma". Riusci a scovare le magagne di un po­liziotto, e ne approfittò per accusare di corruzione l'intero corpo di polizia. Il capo, onesto e leale, fu silurato, e fu sostituito da uno im­portato, in modo che "fosse libero da pressioni politiche e locali". - E Drude Nickerson? - Drude Nickerson era un conducente di tassi. Era cugino del sinda­co. Ora, Drude Nickerson diventa importante. Attenzione. Un giorno, venne da me. Era al corrente di un mucchio di cose. Sapeva tutto sulle trattative segrete per la fabbrica. Sapeva tutto sulla proprietà che avevo ereditato. lo dissi a Drude quanto sarebbe stata utile la fabbrica alla città , dell'incremento che avrebbe dato all'industria e al commercio. - E cosa rispose, Drude Nickerson? - Si mise a ridere, e mi disse di non fare l'ingenua, e che, se avessi aspettato che cambiassero il piano regolatore, avevo da aspettare per un pezzo. Concluse che gli affari non si potevano combinare su basi simili. - E quali erano le basi giuste? - Moneta sonante. - E voi, sborsaste? - Per forza. - Quanto? - Quindicimila dollari, in tre volte. Fischiai. - Sono stata stupida, vero, Donald? - E' stato cambiato il piano regolatore? - Non ancora. Gli ho dato il denaro solo due settimane fa. Disse che per sé avrebbe tenuto solo un migliaio di dollari, e che il resto sa­rebbe servito a esercitare le pressioni politiche. - Poi? - Poi Drude Nickerson mori in un incidente automobilistico. - E perché v'interessava il cadavere? - Non era il cadavere che m'interessava, ma gli abiti che indossava al momento dell'incidente. Mi aveva detto che non avrebbe conse­gnato il denaro finché non sarebbe stato ben certo che il decreto sa­rebbe passato, e per proteggermi, in caso che gli succedesse qual­cosa, disse che avrebbe lasciato il denaro in una cassetta di sicurez­

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za, di cui avrebbe tenuto nel portafogli la chiave e una dichiarazione scritta che il denaro era di mia proprietà. - E voi ci avete creduto? - In quel momento, si. - C'era veramente, la dichiarazione, nel suo portafogli?- Non so. Sono stata espulsa da Susanville. Mi dissero di fare i miei reclami con l'amministrazione della proprietà. - Avete visto il portafogli? - Non mi hanno neppure ascoltata. Ebbene, Donald, ora io ho messo le carte in tavola. Ho tentato di giocare d'astuzia. Ho tentato di se­durvi. Ma tutto è stato inutile. Ho avuto a che fare con persone diso­neste per tanto tempo, da credere che tutti fossero disonesti. Ma voi siete leale. Siete diverso dagli altri, voi. - Non posso aiutarvi - dissi. - Perché? - Perché sto lavorando intorno ad altre cose per certe persone. Pos­so chiedere informazioni, ma non posso darne. Vi dirò una cosa. - E quale? - Non sprecate lacrime per la sfortunata morte di Drude Nickerson. - Lacrime per quel manigoldo! - disse sprezzante. - Ciò che vorrei sapere, è se sarà eseguito un nuovo piano regolatore. Piangere per quel... Oh, ma non è lecito parlar male dei morti! - Potete continuare tranquillamente a parlar male di lui. - Che inten­dete dire? - Che non è morto affatto. Mi guardò con tanto d'occhi. Come fate a saperlo? - Non lo so. Lo immagino. Rifletté un istante. Ad un tratto mi guardò e disse: - Donald, siete un tesoro e vi permetto di darmi il bacio del­la buona notte. Voglio dimostrarvi, la mia gratitudine.

7

Presi l'aereo delle sei per Los Angeles e arrivai in ufficio quasi con­temporaneamente a Bertha. - Hai ricevuto il mio telegramma?- Si capisce che l'ho ricevuto! Dovevi essere ubriaco fradicio, quan­do l'hai fatto. - Ero lucidissimo. - A cosa diavolo alludevi? - Possibile che tu non abbia capito? dissi. - Volevo mettere in guar­

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dia il nostro cliente, con la storia della pianta. - Che significava? - Che Drude Nickerson è morto davvero. Bertha Cool mi fissò con gli occhietti aspri e acuti. - Perché non sei stato più esplicito? - Non era prudente. Bertha rifletté un attimo. Tanto, ormai è inutile.

- Che intendi dire? - Ho tentato in tutti i modi di metterrni in contatto con te. Ho chia­mato tutti gli alberghi e pensioni di Susanville. - Ma cosa succede? - E' finita. Il caso è chiuso. - Vuoi spiegarmi? - Il nostro cliente ha trovato su un giornale l'informazione che gli serviva. - Quale giornale? - Il "Citrus Grave Clarion". - Cosa diavolo dice, quel giornale? - Che Drude Nickerson è morto. C'è un articolo che dice che, con la morte di Nickerson, è finita l'ultima probabilità di scovare l'assas­sino di Karl Carver Endicott. Dice che Nickerson era l'unico testimo­nio. L'unico che avrebbe potuto trovare l'assassino. - Era soddisfatto, il nostro cliente? - Molto. - Che cos'ha detto? - Che ormai aveva l'informazione che gl'interessava, che è stato un piacere per lui averci incontrati, e che era certo che avremmo con­dotto la faccenda in modo soddisfacente, ma che ormai non aveva più bisogno della nostra opera. - Gentile da parte sua! - dissi. - E della vedova di Karl Carver, che ne è? - Che ce ne importa? - Ora vedremo. - Afferrai il microfono e dissi alla telefonista, di chie­dere una comunicazione con Elizabeth Endicott, a Citrus Grove; che si trattava di una prenotazione personale, e che se lei non ci fosse stata, non avremmo parlato con nessun altro, ma volevamo sapere dove si trovasse, per raggiungerla con una telefonata. Bertha mi fulminò con un'occhiataccia. - Sei impazzito?- disse, ap­pena ebbi riattaccato.- No. - Quelle telefonate costano un occhio della testa. - Abbiamo un deposito per le spese.- No che non lo abbiamo. Il caso è chiuso.- E' appena incominciato, le cose stanno come penso io.

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- O tu sei pazzo, o hai in mente un altro caso. Ti detto che il nostro cliente John Dittmar Ansel, ha detto che il suo caso è chiuso. Hai ca­pito? - Certo che ho capito. E' Ansel che non capisce.- Non capisce cosa? - Che sta per essere intrappolato. Il telefono squillò e la telefonista disse che la signora Endicott, era partita e che sarebbe stata assente per una quindicina di giorni. Non aveva lasciato nessun recapito. Riferii la notizia a Bertha- Be'? - domandò lei. - Potremmo telefonare nostri corrispondenti di Las Vegas, nel Neva­da, e di Yuma nell'Arizona, per incaricarli scovare Ansel, ma ci ver­rebbe a costare un occhio della testa non credo che sarebbe dispo­sto a pagare se gl'interrompessimo la luna di miele. - Non si può biasimarlo per questo - disse Bertha, - No. - Mi diressi verso porta. - Un momento! Non uscire di qui senza avermi prima detto che cos'è questa storia.- Non so ancora niente di certo. - Quando lo saprai? - Quando arresteranno John Dittmar Ansel e Elizabeth Endicott, al momento in cui si avvieranno verso l'altare per unirsi in matrimonio.- Hai voglia di scherzare? - No. - Ma allora, chi diavolo è Il nostro cliente John Dittmar Ansel? - Per tua norma, John Dittmar Ansel è l'individuo che Drude Nickerson portò in tassi a casa di Karl Carver Endicott, la notte del delitto. Bertha rifletté a lungo. - Potranno provarlo? - Certo che potranno. Altrimenti non si sarebbero cacciati in tutti questi guai per farlo abboccare all'amo, per avere le prove e il mo­vente. - Non riesco a credere alle mie orecchie! - esclamò Bertha, mentre io uscivo lasciandola addirittura sbalordita.

Mi svegliai all'una e non mi riuscì più di riaddormentarmi, Mille idee confuse mi riempivano la mente, ed io tentavo invano di riordinarle. Finalmente, verso le due e mezzo piombai in un sonno profondo: Fui destato dal suono del telefono.

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Afferrai il microfono. Era Bertha. - Donald - disse, col suo tono più gentile - sai che odio disturbarti di notte, ma è assolutamente necessario che tu ti precipiti qui. - Cosa succede? - Non posso spiegarti, ora. C'è una persona nei pasticci. - Di chi si tratta? Del tizio che è stato arrestato della donna che era con lui e di qualche avvocato? Della seconda - rispose lei. - Arrivo subito. Dove ti trovi? - In ufficio. Donald, questa è la storia più strana e inverosimile che io abbia mai sentita in vita mia. - La signora Endicott è li con te'? - Si. - A tra poco. Balzai giù dal letto, feci la doccia e mi rasai, poi infilai i vestiti e mi precipitai in macchina. Attraverso le strade deserte raggiunsi l'uffi­cio. Il portiere di notte era avvezzo al nostro andirivieni alle ore più paz­zesche; brontolò qualcosa come "gente senza orari" ma mi portò in ascensore fino al nostro piano. Aprii la porta ed entrai nell'ufficio privato di Bertha, La mia socia aveva un'espressione molto materna nei riguardi di una donna sulla trentina, dagli occhi tristi, che sedeva composta, torcendo i guanti con dita nervose. - Donald, ti presento la signora Endicott - disse Bertha, - Buona sera, signora Endicott. Mi tese la mano fredda con un tiepido sorriso. - Donald, questa è la storia più strana ch'io abbia mai sentito. Una storia dell'altro mondo. Te la dirà la signora Endicott stessa. La signora Endicott era bruna, con grandi occhi scuri, zigomi salienti e carnagione delicata. A parte la sua aria funerea, doveva essere una perfetta giocatrice di poker. Sapeva controllare le sue emozioni: il suo viso pareva di pietra. - Vi spiace parlarne, cara? - domandò Bertha. - Nient'affatto - rispose la signora Endicott, con voce bassa e fonda. - E' per questo che abbiamo tirato il signor Lam giù dal letto, dopo tutto: non può lavorare per il mio caso se non è al corrente dei fatti. - Se volete esporre i fatti, penserò poi io a dargliene i particolari - disse Bertha, - Va bene - mormorò la signora Endicott, continuando a torcere i guanti. - La faccenda risale a quasi sette anni fa. Fece una pausa ed io annuii. - John Ansel e io - riprese - eravamo innamorati, e dovevamo sposarci. John lavorava per Karl Carver En­dicott. Karl mandò John in Brasile, e quando John fu là, Karl lo inca­

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ricò di una spedizione, in Amazzonia. Era come spingerlo al suicidio. Karl voleva trovare dei pozzi di petrolio, e aveva incaricato, a questo scopo, due uomini, ad ognuno dei quali offriva un compenso di ven­timila dollari, se avesse portato a termine con successo la missione. Non avevano, beninteso, nessun obbligo di andarci, ma John aveva bisogno di quel denaro per crearsi una posizione indipendente e per potermi sposare. Quella missione era un vero crimine legalizzato. Era stata premeditata a questo scopo. Allora non lo capii, ma non vi era che una probabilità su mille perché non ci lasciassero la pelle, e Karl Carver Endicott aveva calcolato tutto questo. Dopo qualche tempo, un giorno Karl venne da me con le lacrime agli occhi, e mi disse di avere appena ricevuto la notizia che la spedizione era anda­ta a rotoli. Gli uomini erano dispersi, ed egli aveva già fatto iniziare le ricerche. Aveva anche inviato squadre di soccorso. Non aveva badato a spese, disse. "Per me, fu un colpo terribile. Karl fece del suo meglio per consolar­mi, ed infine mi offrì la sicurezza, e l'opportunità di rifarmi una vita." Fece una pausa. - Lo avete sposato? - domandai. - Si. - E dopo, cos'è successo? - Dopo, silurò una delle sue segretarie: fu lei, la prima che osò parlarmi, Non potevo credere alle mie orecchie. Eppure tutto coinci­deva. Questa segretaria mi disse che Karl Endicott aveva studiato in ogni particolare quella missione per eliminare John. Aveva spinto John Ansel a morte sicura, esattamente come se lo avesse mandato davanti al plotone di esecuzione. - E voi, avete affrontato vostro marito, quando avete saputo la veri­tà? - Non ne ebbi il tempo. Mi capitò un fatto terribile, inaspettato: il telefono squillò, e io risposi. Era John Ansel, Gli altri membri della spedizione erano periti, e lui solo era sopravvissuto a quell'infernale missione, e non appena aveva fatto ritorno al mondo civile; aveva appreso che mi ero sposata. - Che cosa avete fatto, allora? - Non riuscii più a controllare le mie emozioni: divenni completa­mente isterica. Dissi a John che gli appartenevo, che gli ero sempre appartenuta, che ero stata ingannata, turlupinata. Gli dissi inoltre che volevo vederlo subito, e che avrei lasciato Karl all'istante. "Poi feci qualcosa che non avrei dovuto fare. Ma voi dovete capire, signor Lam, in che condizioni io fossi: avevo i nervi a pezzi. Il colpo era stato terribile." - Che cosa avete fatto? - Dissi a John, per telefono, tutto quello che avevo saputo: che era

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stato mandato nella giungla perché non ne tornasse più. Gli dissi che Karl aveva architettato quel piano allo scopo di eliminarlo e spo­sarmi. - E lui, allora? - domandai. - Non rispose nulla. Silenzio assoluto, poi il "clic" del ricevitore appeso. Al momento non riuscii a capire se fosse stato lui a inter­rompere la comunicazione: oppure se ci fosse stato un guasto al­l'apparecchio. Infine mi decisi a domandarlo alla telefonista. Appresi cosi che la comunicazione era stata interrotta dal mio interlocutore. - Che giorno era, quello? - Quello - disse lei amaramente - era il giorno della morte di mio marito. - Dov'era John Ansel quando vi telefonò? - All'aeroporto di Los Angeles, - Va bene. Cosa è successo dopo? - Prima di dirvi cos'è successo, bisogna che vi descriva Karl. Era un essere duro, spietato, cinico e diabolico. Se voleva una cosa, anda­va dritto al suo scopo senza badare ai mezzi. Voleva me, forse an­che perché, sulle prime, gli resistetti. "Quando arrivò la telefonata di John, le cose andavano già male tra me e Karl. Ormai conoscevo abbastanza il suo carattere per capire che la sua infatuazione per me era passata. Dopo tutto, era una ma­gra soddisfazione per lui essere riuscito a sposare una donna che amava un altro uomo, e che continuava ad amarlo," - Affrontaste vostro marito? - Si, signor Lam, e lo feci con una violenza terribile. Non riuscii a controllare le mie emozioni, dopo averle represse per tanti mesi. Così quando esplosi, vuotai il sacco. Fu una scena spaventosa. - Cosa faceste? - Lo schiaffeggiai. Se avessi avuto un'arma, lo avrei ucciso. - E dopo, ve ne andaste - Me ne andai. - E cosa successe? - John Ansel mi aveva telefonato dall'aeroporto. C'era un elicottero che faceva. servizio per Citrus Grove. Lui lo prese, poi sali su un tassì e si recò a casa di Karl. Più tardi, seppi cosa successe. - Cosa successe? - John suonò il campanello Andò ad aprirgli Karl in persona. Naturalmente sapeva che John era vivo, perché nel mio scoppio d'ira glie l'avevo detto. John non aveva comunicato con l'ufficio, appena tornato, a causa di certe scoperte fatte durante la spedizio­ne Ancora leale verso Karl, aveva predisposto le cose in modo da comunicare direttamente con lui prima di rivelare mondo che era sopravvissuto alla spedizione nella giungla Tuttavia, sono convinta

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che prima ancora ch'io glie lo dicessi, Karl aveva già appreso in qualche modo la notizia. - Continuate. - Credo che Karl sperasse di farla franca. In fondo, John non aveva nessuna prova contro di lui, o almeno cosi Karl credette: ma un'oc­chiata al viso di John gli bastò per capire che John sapeva tutto. In­somma, il John Dittmar Ansel partito per l'Amazzonia non era il John Ansel che ne tornò. Aveva vissuto nella giungla. Aveva guardato in faccia la morte. Aveva lottato per salvarsi. - Andate avanti. - Karl dette un'occhiata a John e si sentì terrorizzato. Lo condusse in uno studio al piano di sopra, gli disse che lo avrebbe raggiunto subi­to, ed andò in una camera adiacente. "Voi avete conosciuto John, Signor Lam. Credo che siate abbastanza psicologo per capire che è un essere gentile e delicato, Come vi ho detto, aveva vissuto nella giungla, ed era passato attraverso le sof­ferenze e le privazioni più spaventose, era esasperato, odiava, ma aveva pur sempre la sua natura sensibile. "John mi disse che gli bastarono pochi minuti per capire quali fosse­ro le intenzioni di mio marito. Karl doveva assassinarlo, e fingere di averlo ucciso per legittima difesa. Aveva intenzione di collocare una rivoltella vicino al cadavere di John, e forse di sparare un colpo con quell'arma. Avrebbe detto che John lo aveva accusato di avergli soffiato la ragazza, di ... - Non dilungatevi nei particolari. Cosa fece John? dissi. - John tagliò la corda senza far rumore, e si precipitò giù dalle scale. Decise di affrontare Karl in tribunale, davanti a testimoni, in modo da non offrirgli l'opportunità di sparargli col pretesto della legittima difesa. - E allora? - John aveva appena aperta la porta principale per uscire dalla casa, quando udi la detonazione, - John sapeva che ve n'eravate andata? - Si. Un caso di telepatia. Sapete, John ha sempre avuto un sesto senso assai sviluppato. Appena messo piede in casa nostra, senti che me n'ero andata, mi disse poi. Forse lo capi dall'espressione di Karl, e forse fu un semplice presentimento. - Non fu per caso Karl a dirglielo? - domandai. - John dice di no. - Va bene. Cosa fece allora John? - Raggiunse l'autostrada, e con l'autostop ritornò a Los Angeles. Dai giornali apprese la notizia della morte di Karl e seppe inoltre di es­sere stato descritto dal conducente del tassi in modo cosi preciso, che chiunque avesse saputo che lui era vivo, avrebbe potuto accu­

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sarlo di avere assassinato Karl, e sarebbe stato perduto. "John aveva tutte le ragioni del mondo per uccidere Karl, ma ... Ebbene, voi stesso, signor Lam, potete rendervi conto, a meno che il vero assassino non saltasse fuori subito che per John non vi erano molte speranze." - E allora, cosa accadde? - Sapevo dove si trovava John - continuò - e lo raggiunsi quella notte stessa. Dopo aver discusso a lungo, decidemmo che John sarebbe stato nascosto finché la polizia non avesse trovato il vero assassino di Karl. Ciò non doveva essere difficile, dato che tutti credevano John morto. Incominciò cosi per noi una vita d'incubo. "John rimase nascosto. lo cercai di risolvere da sola il mistero della morte di Karl. Dovetti ritornare a casa, e occuparmi della proprietà. Ereditai il denaro di mio marito, perché non ebbe il tempo di disere­darmi, e mai soddisfazione fu per me così grande, che disporre libe­ramente della fortuna che Karl aveva lasciata. " - E chi avrebbe assassinato Karl Endicott, secondo voi? - Cooper Hale - rispose lei. - Ma non possiamo provarlo. Non saremo mai in grado di provarlo. Cooper Hale è troppo astuto. Dovette ren­dersi subito conto della situazione. Penso che abbia seguito Karl al piano superiore. Karl stava prendendo una rivoltella per uccidere John, Certo Karl aveva intenzione di chiamare Hale come testimo­nio, per dimostrare di aver sparato per legittima difesa. "Sono sicura che Hale entrò nella stanza, afferrò tranquillamente l'arma, sparò una pallottola in testa a Karl, poi tornò giù e telefonò alla polizia.- Qual'era il movente di Hale? - Lo ignoro. So soltanto che mio marito aveva prelevato dalla banca ventimila dollari quel giorno stesso. Forse sapeva che John era vivo, e credo che si preparasse a offrirgli ventimila dollari perché stesse buono. Doveva aver qualche motivo per pagare i contanti. Quei ventimila dollari sono spariti. "C'è un precedente: per due mesi mio marito aveva sborsato a Hale, che lo ricattava diecimila dollari al mese. Hale era un semplice impiegato. Improvvisamente diventò ricco. Dopo la morte di Karl, la sua fortuna andò gradatamente crescendo. Hale è oggi un solido banchiere." - Va bene. Torniamo ai fatti. Cosa accadde, dopo? - La polizia mi teneva d'occhio giorno e notte. Sospettava che io fossi in contatto con l'assassino. Io fui prudente, molto prudente. Mi adattai a vivere come una reclusa allo scopo di proteggere John. Lentamente, la polizia incominciò ad allentare la sua vigilanza. John ed io riuscimmo finalmente a vederci, ma casi di rado, e in tali circostanze da averne il cuore straziato. Come vi ho detto, tutti

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credevano che John Ansel fosse morto. "Drude Nickerson era, naturalmente, l'unico testimonio. Quando lessi sui giornali che Drude Nickerson era morto in un incidente stradale, non osai mostrare interesse per la notizia, ma sentii che per John era giunto il momento di mettersi in contatto con un' agen­zia d'investigazione. Stabilimmo di non comunicare all'agenzia l'in­dirizzo di John in modo che, qualunque cosa avvenisse, la polizia non potesse rintracciarlo e arrestarlo. "Infine scoprimmo che Nickerson era proprio morto, e che la polizia aveva rinunciato a risolvere il caso. Noi ne avevamo abbastanza d'incontrarci clandestinamente e di aver represso tanto a lungo i no­stri sentimenti, inoltre ci eravamo illusi che la polizia avesse archi­viato definitivamente il caso. Il pensiero di potere finalmente vivere insieme alla luce del sole, come marito e moglie, di affrontare aper­tamente il mondo, ci fece perdere la testa. Decidemmo cosi di af­frontare subito la situazione. " - Cosi - dissi - siete caduti in trappola. Lei riprese a torcere i guanti. - Si – mormorò siamo caduti in trappo­la. Prendemmo l'aereo per Yuma, andammo da un giudice di pace per sposarci. La polizia ci aspettava al varco. Oh, è stato terribile, spaventoso! Perché non hanno aspettato? Potevano almeno lasciare che prima ci sposassimo, e... - E allora non avrebbero potuto obbligarvi a testimoniare dissi. - Hanno mollato i freni perché voi arrivaste al matrimonio, in modo da avere il movente.- Ci hanno teso una trappola - ammise lei. - La polizia aveva archi­tettato un piano diabolico. Sapeva che Drude Nickerson era l'unico testimonio. Sapeva che, morto lui, il caso era chiuso. Cosi, ideò quel piano. Prese accordi con Nickerson. Domani i giornali diranno che la notizia della sua morte era erronea, e che era stato scambiato per lui un vagabondo che aveva in tasca le carte di Nickerson. Scossi il capo. - No, non lo diranno. - Che intendete dire? - domandò lei. - Ci hanno già detto che ... - Cambieranno idea. Diranno le cose come stanno: e cioè che si trattava di una trappola tesa dalla polizia per acchiappare un fug­giasco che si nascondeva da sei anni. Per la prima volta, il viso di lei si contrasse, ma gli occhi restarono asciutti, - Sono capace di uccidere, chi ci ha fatto questo - disse, con voce sorda. - Non servirebbe. - Cosa devo fare? - domandò lei. Toccava a Bertha parlare, ora. - La signora Endicott si è messa completamente nelle nostre mani, Donald, e non c'è bisogno di

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preoccuparsi per la questione finanziaria. Abbiamo già preso accor­di. La signora si è messa in contatto con me appena la polizia ha ar­restato John Ansel, Ora, Donald, ti chiediamo di metterti subito all'opera per risolvere questo caso. Presi l'elenco telefonico che era sulla scrivania di Bertha. - La prima cosa da farsi dissi - è di cercare un avvocato. - Ci ho già pensato - rispose lei. - A Los Angeles ci sono due celebri avvocati. lo ... - Non pensateci nemmeno! Il caso deve essere risolto a Orange County. Bisogna cercarne uno di Santa Ana. Avete bisogno di qual­cuno che si lasci persuadere. - Che intendete dire? - domandò. - Ora sentirete - dissi, afferrando il microfono. - Signorina, questa è una chiamata urgente. Voglio parlare con l'avvocato Barney Quinn, di Santa Ana, California. Il numero è: Sycamore x 3-9865. Continuate a chiamare finché vi rispondono.

9

Era l'alba, quando parcheggiammo le nostre automobili nella strada deserta, di fronte al palazzo in cui Barney Quinn aveva il suo ufficio. Quinn ci stava aspettando. Era un tipo massiccio che doveva avere molta esperienza. Avevamo studiato legge assieme. Lo mettemmo al corrente della situazione. Lui, naturalmente, cono­sceva già il caso Endicott attraverso i giornali. - Non hanno tentato di arrestare anche voi? - domandò alla signora Endicott, Lei scosse il capo, - Allora vi chiameranno a testimoniare. Il Procuratore Distrettuale sarà molto paterno e gentile con voi. Dirà che vi siete trovata coin­volta e che se gli farete una dichiarazione completa, non avrete nessuna noia. - Cosa devo fare? - domandò lei, stringendo le labbra. - Ditegli di andare al diavolo - disse Quinn. - Non in maniera così cruda, si capisce, ma con altre parole che abbiano questo significa­to, e che siano più utili per la difesa. Ditegli che lui, non conosce John Dittmar Ansel, che ci deve essere stato un errore terribile, che Ansel non sarebbe capace di far male a una mosca, che voi non sie­te mai stata soddisfatta delle indagini fatte, e che l' assassino di vostro marito in questo momento starà leggendo tranquillamente i giornali, ridendo alle spalle della polizia che ha preso un grosso

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granchio. "Fate la tragica! Lasciatevi trasportare dai sentimenti! Immedesima­tevi nella parte! Infine scoppiate in un pianto dirotto e rifiutatevi di fare qualsiasi dichiarazione. Dite che avete detto loro tutto ciò che avevate da dire e che non avete nulla da aggiungere. "Quando vi domanderanno se vi rifiutate di cooperare, fate l'indi­gnata e rispondete loro: - Certamente no! - e che da ora in poi, qua­lunque dichiarazione, la farete attraverso Barney Quinn, che è il le­gale di John Ansel." - Credete che potrò tarlo? - Si capisce. - Posso contare su voi? - Certo - disse Quinn. - Ora tenterò di vedere Ansel, Sapete se abbia rinunciato all'estradizione, signora Endicott? - Lo ignoro. Dopo che lo hanno arrestato, ho tentato di parlare con lui, ma non me lo hanno permesso. Tutto avvenne nella cappella. Lo spinsero fuori e lo caricarono su una macchina, poi se ne andarono in un lampo. Evidentemente avevano fatto sorvegliare sia Las Vegas che Yuma. Appena ottenuta la licenza, fummo bollati col marchio dell'infamia.Quinn disse: - Se non lo hanno persuaso a presentarsi spontanea­mente al tribunale di Citrus Grove dovranno estradarlo, e allora ci opporremo all'estradizione. Se invece ha deciso di affrontare il giu­dizio, mi metterò in contatto con lui non appena si troverà nel car­cere della contea. Poi soggiunse, rivolgendosi a me: - Lam, il tuo aiuto mi è stato pre­zioso in più di un caso che ho dovuto risolvere. Ti chiediamo la tua cooperazione anche per questo caso. - L'avrete - disse Bertha Cool. Quinn si rivolse alla signora Endicott: - E' indispensabile ch'io abbia un'assistenza come si deve per fare le indagini. Vi prego quindi di mettervi d'accordo con questi investigatori per ... - Abbiamo già preso i debiti accordi - interruppe Bertha con fermez­za. - Non avete bisogno di preoccuparvi di ciò, signor Quinn, Potete contare sulla nostra cooperazione e sulla nostra assistenza. Quinn rifletté un attimo, guardò Bertha Cool negli occhi chiari e freddi, si morse il labbro, giocherello un istante con la matita, poi disse alla . signora Endicott: Devo chiedervi un anticipo. - Quanto volete? - domandò lei. - In casi come questo, non si può economizzare. - Non vi ho chiesto di economizzare. - Ventimila dollari - sparò lui. Lei aprì la borsetta e ne trasse il libretto d'assegni.

- Colui che è responsabile di tutto questo - disse – è Cooper Hale.

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Quinn alzò una mano. - Attenta a non far nomi. Tutto quel che sape­te, è che John Ansel è innocente. Lasciate resto a me. - D'accordo - disse lei. Quinn mi guardò. - I vostri uomini si occupe­ranno di ricostruire i fatti. Bertha considerava sacro il momento in cui un cliente firmava l'as­segno. Il minimo rumore o commento, avrebbe potuto interrompere il rito. Sedeva là, trattenendo il fiato mentre la penna della signora Endicott scorreva sul rettangolino di carta colorata. Quando l'asse­gno fu firmato, finalmente Bertha respirò. Segui attentamente il passaggio del foglietto dalle mani della signora Endicott a quelle di Barney Quinn. Poi tirò un respiro di sollievo. - Quando si va a mangiare - domandò.

Sui giornali del mattino i titoli a caratteri cubitali dicevano: "Sospetto d'omicidio casca in trappola". C'era tutta la storia. Il caso Endicott stava per essere risolto. Il multimilionario Karl Carver Endicott, uno dei magnati del petrolio, e proprietario di ragguardevoli piantagioni d'agrumi, era stato ucciso in circostanze misteriose sei anni prima. La polizia aveva ricevuto una dettagliata descrizione dell'ultima persona che aveva visto Endicott vivo: un conducente di tassi, che da allora si era arricchito con la compravendita ed altri affari. La polizia aveva sempre avuto la convinzione che l'assassino fosse spinto da motivi passionali, Inoltre sapeva che la difficoltà di risolvere il caso dipendeva dal fat­to che Drude Nickerson, il tassista defunto era l'unico testimonio oculare.Tuttavia, l'ultima disperata risorsa della polizia era un tranello ordito con la complicità della stampa. Un vagabondo non meglio identifica­to era stato investito nei pressi di Susanville, e la polizia aveva provveduto a togliere dalla circolazione Drude Nickerson per qual­che giorno, e con l'aiuto della stampa aveva sparso la notizia che lui fosse la vittima dell'incidente stradale. Ciò diede al sospettato quel senso di sicurezza che doveva farlo cadere nella trappola. Dopo anni di latitanza John Dittmar, che tutti credevano morto in una spedizione in Amazzonia, saltò fuori dal suo nascondiglio. Poche ore dopo l'annuncio che la polizia aveva archiviato il caso Endicott in seguito alla morte dell'unico testimonio oculare, John Dittmar Ansel e Elizabeth Endicott, la facoltosa vedova di Karl Carver Endicott, comparvero a Yuma nell'Arizona chiesero il permesso di

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contrarre matrimonio ed erano sul punto di diventar marito e mo­glie, quando la polizia, che stava aspettandoli al varco, piombò tra i due, dividendoli, e trascinando Ansel in prigione. Contro Elizabeth Endicott non c'era nessuna accusa, ma il Procura­tore Distrettuale di Orange County aveva annunciato di volerla al processo come testimone. Il suo interrogatorio avrebbe avuto lo scopo di stabilire se la signora Endicott fosse o meno al corrente del fatto che John era vivo, dove si fosse nascosto durante i sei anni, quante volte si erano incontrati, quali passi avesse fatto per assi­sterlo durante la sua segregazione, e se sapesse qualcosa a pro­posito dell'assassinio di suo marito, che non avesse ancora comuni­cato alla polizia. Il giornale inoltre metteva in evidenza il fatto che la signora Endicott aveva lasciato la casa poco prima del delitto, del quale era stata ac­certata l'ora. La signora Endicott aveva un alibi sicuro: aveva fatto il pieno della benzina ad una stazione di servizio a due miglia da casa Endicott, esattamente alla stessa ora in cui avveniva il delitto.

Il Procuratore Distrettuale tuttavia dichiarava che l'inchiesta stava per essere riaperta, e che il caso sarebbe stato studiato radicalmen­te. Facemmo colazione e tornammo a Los Angeles, lo entrai nella botte­ga di un barbiere, mi feci sbarbare, massaggiare e fare degli impac­chi caldi. Quando arrivai in ufficio EIsie Brand, la mia segretaria, mi porse un biglietto con un numero che avrei dovuto chiamare. - Che nome? - Non lo ha detto, La voce era affascinante. Disse di avervi incontra­to a Reno, e di ricordarvi di telefonarle. Telefonai, infatti. Stella Karis disse: - Potreste far colazione con me? - Sono un lavoratore - risposi. - Ho fatto colazione da un pezzo. - Quando? - Alcune ore fa. - Dunque, potreste fare una seconda colazione. - Dove siete? - Nel mio appartamento. - Come avete fatto a tornare indietro? - Con la macchina. - Quando? - Ieri sera, verso le undici - Avete letto i giornali? - No. - Vi sono delle notizie collegate con Citrus Grove - dissi. - Forse v'in­teresserebbe darvi un'occhiata.

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- Li leggerò. Dunque, venite a far colazione con me? - Quando? Ora. - Dove? - Alla casa - albergo Monaster. - Arrivo subito - dissi. Elsie Brand, che aveva ascoltato la conversa­zione aveva il viso impassibile. Volete dettarmi la corrispondenza, Donald? - domandò. - Non ora - risposi. - Sono occupato. - A quanto pare. - Ora state a sentire, Elsie se Bertha mi cercasse, ditele che sono entrato e uscito subito, e che non sapete dove sia andato. Conosce­te Bertha abbastanza per capire se mi cerchi per una questione im­portante o semplicemente per cacciare il naso nei miei affari. "Se si trattasse di cosa veramente importante, chiamatemi a questo numero, non comunicatelo a nessuno. Ma solo in questo caso. Intesi?" Annuì. - Brava - dissi, e battendole un colpetto amichevole sulla spalla, uscii. La casa-albergo Monaster era veramente lussuosa, e l'appartamen­to di Stella era delizioso e pieno di sole. Lei indossava una vestaglia fluttuante, generosamente scollata, e si muoveva con grazia e disinvoltura tra le tazze, il caffè e le uova frit­te. lo la guardavo affascinato. Fu una colazione deliziosa, che gustai molto, pur non avendo particolarmente fame. - Donald - disse lei, dopo ch'ebbi lavato il mio piatto. Sapete qual­che cosa? - Cosa? - A proposito di Nickerson, - Ah! - Non è morto. - Vi avevo detto di leggere l giornali. - Non ce n'era bisogno. Mi ha telefonato lui stamattina, alle sette. - Sorpresa di sentire la sua voce? - E' stato un colpo terribile. lo... be, io speravo di non avere più nulla a che fare con lui. - Volete dire che speravate fosse morto. - E va bene. Speravo fosse morto. - Questo si chiama parlar chiaro. - Dunque, mi ha chiamato per dirmi che voleva altri diecimila dolla­ri. Ha detto che gli altri membri del Consiglio comunale erano stati più ostinati del previsto, che erano in cinque, ognuno dei quali pretendeva cinquemila dollari. Disse che lui non avrebbe intascato

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neppure un soldo, e che era seccato di non essere riuscito a sbloc­care i terreni come aveva promesso, e che quindi agiva da semplice intermediario. Disse inoltre che tutto questo lo faceva per farmi un piacere, e che non voleva un soldo da me. - Filantropo, eh? - Cosi ha detto. - Che intendete fare? - Gli ho detto che ci avrei pensato. - E poi mi avete attirato qui per la colazione - ghignai. Tacque un momento, poi sorrise e disse: - E va bene, poi vi ho attirato qui per la colazione. - Sono un professionista. Ho una socia. Dobbiamo vendere le nostre prestazioni. - E io voglio comprarle. - Non posso accettare. Non posso avere voi come cliente. - Perché no? - Potrebbe esservi un cozzo d'interessi. - Nemmeno se fossi disposta a sborsare qualsiasi cifra? - Non per quel che riguarda Nickerson. - Non potreste darmi un consiglio amichevole? - Amichevole, si. - Cosa devo fare? - Ditegli di andare al diavolo - suggerii. Ditegli che volete indietro i vostri soldi.- Credete che un uomo come Nickerson mi restituisca il mio denaro? Siete impazzito? - Non ho detto che lo riavrete. Ho detto di chiederglielo indietro. - E poi? - Ditegli che avete dei piani che ridurranno Citrus Orove in vostro potere. - Poi, cosa devo fare? - Riattaccate il microfono. - E cosa succederà? - Il piano regolatore sarà cambiato e voi potrete costruire la vostra fattoria. - Ne siete certo? - Cribbio, no che non ne sono certo. Non so fino a che punto i mem­bri del Consiglio siano implicati nella faccenda. Non so fino a che punto Nickerson vi abbia menato per il naso. Ignoro se abbia mai dato uno solo dei quindicimila dollari a qualcun altro. - Certo, io non ho nessuna prova. - Avete pagato in contanti, quei quindicimila dollari? - Si. In tre rate di cinquemila ciascuna. - Dove avete prelevato quel denaro?

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- Dalla banca, naturalmente. - In che modo? - Ho emesso degli assegni pagabili in contanti. - A cinquemila alla volta? - Precisamente. - Perché in tre rate? - Nickerson scelse questo sistema. - Tra una rata e l'altra, che intervallo c'è stato? - Di un giorno. Nickerson ne volle cinquemila il lunedì, cinquemila il martedì e cinquemila il mercoledì. - Dove avvenne il pagamento? - Qui. - In quest'appartamento? - Si. - Ed ora parlatemi della fabbrica - dissi. Esitò. - Naturalmente, se ne avete voglia. Non siete mica obbligata - sog­giunsi. - Inoltre, vi consiglio di non farmi confidenze: sto occupando­mi di un altro caso, il vostro potrebbe essere la briscola da giocare al momento opportuno. - Alludete al caso Endicott? - Può darsi. - Dopo tutto, ho tenuto per me stessa delle cose che avrei dovuto rendere pubbliche. Detti un'occhiata all'orologio. - E va bene. Vi dirò - disse. - Si tratta di una fabbrica di gelatine d'arancio e limone, che imitano a perfezione in miniatura gli agrumi, e che imballate in cassette vengono inviate all'est, come ricordo della California. Su ogni scatola viene stampato l'indirizzo di Citrus Grove. La direzione è convinta che "Cirrus Grove, California" possa essere un buon marchio di fabbrica.- L'intenzione è di farlo su larga scala? - Si. La vendita si farà direttamente per posta. I prodotti saranno piazzati nei vari posti in cui s'acquistano i regali-ricordo: negli aero­porti, nelle stazioni ferroviarie, nei punti più strategici. - Di quanto terreno hanno bisogno, questi industriali? - Dieci acri. - Dieci acri! - Precisamente. - Ma che diavolo vogliono farne, di dieci acri?- Un terreno di dieci acri ha diritto a un raccordo ferroviario. - Un raccordo ferroviario! Annui. Riflettei un istante. - Trattate direttamente con la compagnia, oppu­re con un intermediario di compravendita?

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- Sto trattando direttamente con la compagnia. Il presidente si chia­ma Seward, Jed C. Seward. Riflettei ancora. - Non tutti questi dieci acri fanno parte del piano regolatore - osservai. - Parte è designata come quartiere residenziale. Parte come zona d'affari. - Come mai ci sono dieci acri senza costruzioni? - Si che ci sono costruzioni, ma sono delle vere bicocche a buon mercato. - Com'è che li possedete tutti? Come mai la proprietà non è divisa? - Perché mia zia era furba. Diceva che questo pezzo di proprietà sa­rebbe diventato di un valore eccezionale, crescendo la città, e per anni ha continuato a comprare pezzetti di terreno, man mano che venivano messi in vendita. Alla fine non le andò più cosi liscia e dovette pagare prezzi molto alti per l'acquisto di alcuni di questi lotti. - E voi, li avete ereditati tutti? Annuì. - Ero l'unica parente. Ho ereditato una proprietà di cui non so cosa fare. Non sono una donna d'affari. Sono un' arti­sta. Mi piace disegnare e dipingere. Ora sono vergognosamen­te ricca. Mi guardò significativamente. - Ho bisogno di un amministra­tore un tipo abile e astuto che mi capisca ... - Volete un consiglio? - Da voi, si. - Andate alla vostra banca dissi. - Consegnate tutto al reparto fiduciario. Dite loro che volete un reddito; e lasciate che trasformino la vostra proprietà in cartelle fondiarie. - Non voglio. Sarebbe come dichiararmi incompetente, e avere la banca che mi fa da custode. - Avete bisogno di un custode, se andate in giro a cercare un' anima gemella che vi amministri la proprietà. - Mi fido del mio istinto. - E' la prova migliore che avete bisogno di un custode. - So quel che faccio. - E va bene. Arrangiatevi. Quand'è che Nickerson si metterà in contatto con voi? - Nel pomeriggio. - Mandatelo al diavolo. - Donald, se ottenessi questo decreto, sarebbe un affare ... Scossi il capo. - Perché no? - Non otterrete nulla. - Ma perché?

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- Bambina - dissi. - Una fabbrica di dolci non ha bisogno di die­ci acri di terreno con un raccordo ferroviario - Ma sì. invece! Mi hanno offerto un grosso anticipo in contan­ti. - Inoltre - continuai - Nickerson è furbo. I quindicimila dollari non sono che l'inizio - Ma ora non posso ritirarmi ... - E' su questo che punta Nickerson. Quando avrete versato gli altri diecimila sarà ancora più difficile ritirarvi. Poi ce ne saran­no altri venti... Alla fine, diventerà lui il vostro amministratore!- Ma, Donald, sarebbe un follia rinunciare a una cosa che mi sta tanto a cuore.- State a sentire. Avete che fare con un'amministrazione cor­rotta. State trattando con un tipo corrotto. Ora diventato l'uni­co testimonio oculare in un caso d'omicidio. Potrebbero farlo a pezzi, prima che arrivi sul banco dei testimoni. Lasciatelo per­dere. Mandatelo al diavolo. Mi avete domandato un consiglio, e ve l'ho dato. Forse non varrà molto: però vale due uova fritte e una tazza di caffè. Arrossì. -. Non era questo che... Insomma, non avete capito. Mi piacete. Ho bisogno di qualcuno che ... - Scordatevene! Andate alla vostra banca, e fate quel che vi ho detto, Era furiosa. - Credete che non ci si possa fidare del mio istinto, vero? Credete che sarei incappata in un tipo senza scrupoli. Siete senza scrupoli, voi? Vi propongo un affare, e voi rifiutate, proponendomi di rivolgermi a una banca! Il telefono squillò. Con un'esclamazione di noia, lei afferrò il microfono, disse "pronto", e infine me lo porse, accigliata. - E' per voi, Donald. Era Elsie, - La bomba è scoppiata, Donald. Barney ha fatto una specie di annuncio da Santa Ana. Ne abbiamo fin sopra i capel­li, Donald, e Bertha Cool è in preda all'Isterismo. In ufficio ci sono due cronisti. - Tratteneteli. Tra poco sarò lì.- Che significa, tra poco? - Che mi muovo subito. Afferrai il cappello e dissi: - Grazie per la colazione, tesoro - e con un balzo raggiunsi la porta.

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Bertha Cool s'illuminò tutta, vedendomi entrare in ufficio. I giornalisti le stavano dando del filo da torcere. C'erano due cronisti e un fotografo. Strinsi la mano a tutti. - Cosa volete sapere, ragazzi? - domandai. Fui letteralmente assalito. - State lavorando per la difesa, in questo caso Endicott? - la prima domanda. - Sarebbero forse due, i casi? - fu la seconda. - Probabilmente - risposi alla seconda e - lavoriamo per Barney Quinn - fu la risposta che diedi alla prima domanda. - Come mai hanno pescato proprio Quinn, come legale? - Perché, non è forse un avvocato in gamba? - Non so. Ci domandiamo come mai abbiano scelto proprio lui. - Sarà meglio che lo domandiate ad Ansel, - State a sentire, Lam. Ci occupiamo di questo caso da tanti giorni. Siete andato a Citrus Grove, avete cacciato il naso nel­l'archivio del giornale, e vi siete interessato del caso Endicott. - Infatti. Bertha era addirittura boccheggiante. - Avevo smentito tutto, Donald! Sedetti sull'orlo della scrivania e sogghignai. - Non conviene mai mentire ai giornalisti, Bertha. Di loro la verità, se vuoi te­nerli a bada. - Allora, qual è la verità? Lavorate per questo caso Endicott? - Non ho detto questo. - Cos'avete detto? - Sono andato per lavoro a Citrus Grove. Ho consultato i vecchi numeri del "Citrus Grove Clarton", Mi sono interessato di Endicott: - E dunque, non è la stessa cosa? - Nient' affatto. - Perché? - Perché m'interessava qualcosa che non aveva niente a che vedere col delitto. Ho saputo che Endicott è stato assassinato, parlando con quelli del giornale.- Bum! - E' così, ragazzi. Vi ho detto la verità. - Perché siete andato laggiù?- Per un' altra faccenda. - E quale?

- Dovevo prendere delle informazioni per un cliente cui non

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posso rivelare il nome. Se v'interessa, Citrus Grove sta diven­tando uno dei più importanti centri industriali della zona. Una grande industria d'automobili del nord sta cercando il luogo adatto per costruirvi una fabbrica con ferrovia propria, e con grandi possibilità di sviluppo "Citrus Grove è il luogo adatto. Per ottenere il terreno di cui la compagnia, ha bisogno, si rese necessario far modificare il piano regolatore in un pezzo della proprietà. Nell'interesse del­l'espansione della comunità, allo scopo d'incrementare l'indu­stria della California del Sud, il piano regolatore avrebbe dovu­to essere cambiato come fatto di ordinaria amministrazione. Invece c'è un ostacolo a questo progetto, e la compagnia ha voluto risalire alle origini di questo ostacolo. Pare che alcune persone influenti abbiano tentato di ottenere "bustarelle". La compagnia ha voluto andarci a fondo. Non vuole fare degl'in­vestimenti in una città in cui regni la corruzione. - E' una notizia attendibile domandarono i giornalisti- Potete fidarvi di me. - C'è veramente una compagnia che sta per stabilirsi nella California del Sud? - Sì. - Di che compagnia si tratta? - Non posso divulgare questa notizia. - Avete detto che si tratta di una fabbrica di automobili del nord? - Infatti. Potete fidarvi di me, ma non siate troppo sorpresi se si trattasse invece di uno stabilimento di eguale importanza, in un altro genere d'industria.Le matite scorrevano freneticamente sui taccuini. Bertha mi guardava sbalordita. - Cosa cercavate allora sui vecchi numeri del giornale di Citrus Grove? - Alcune informazioni di carattere personale. - Andaste successivamente a Susanville? - Sì. - Incontraste laggiù lo sceriffo di Orange County, che vi buttò fuori dalla città? - Ciò mi fu fatto chiedere, come un favore personale, da qual­cuno del dipartimento di polizia di qui. - Perché? - Perché, come ho appreso dopo, la polizia stava preparando una trappola per la persona che credevano fosse l'assassino di Karl Carver Endicott. Allora, non me ne spiegai la ragione. Mi fu chiesto di andarmene, come favore personale, e siccome io

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stesso ero convinto di seguire una pista sbagliata, tagliai la corda. - E' vero che la persona che avete interrogato è coinvolta nel caso di corruzione di cui avete parlato? - Se lo pubblicate, Io farete a vostro rischio e pericolo. Potreste essere querelati per diffamazione. Dopo aver riflettuto, mi domandarono: - Come mai siete coin­volto nel caso Endicott?- Quinn ci ha incaricati di occuparcene.- Quando? - Stamattina presto. - Vi ha telefonato lui? - Sì, abbiamo discusso per telefono. - Dove vi siete incontrati? - Nel suo ufficio. - Non è una strana coincidenza che a distanza di pochi giorni dobbiate, interessarvi di due casi a Citrus Grove? - Dipende dai punti di vista. Credo piuttosto che bisognerebbe ringraziare il "Citrus Grove Clarton", per avere pubblicato la notizia che mi stavo occu­pando del caso Endicott. Non mi sorprenderebbe che l'idea d'ingaggiarci sia venuta a Barney Quinn leggendo questa notizia. - Cosa farà la signora Endicott? Ha intenzione di collaborare con la polizia? - E' a Quinn, che dovete domandarlo. - Perché John Ansel, che tutti credevano perito nella spedizio­ne in Amazzonia molti anni fa, non ha mai fatto sapere che era vivo? - Domandate a Quinn anche questo. - E' vero che la signora Endicott apprese che John Ansel era vivo, prima che il marito fosse assassinato? - Sentite, ragazzi - dissi. State perdendo un mucchio di tem­po. Per oggi, potete essere soddisfatti! Andate a pubblicare la storia che vi ho raccontato. Sapete bene che non possiamo dirvi quello che faranno i personaggi principali di questo ca­so. L'unica persona che possa darvi notizie di qualunque ge­nere è Barney Quinn, lo vi ho fornito del materiale nuovo per i vostri articoli. Di più, non posso dirvi. Scambiarono rapide occhiate d'intesa tra loro, poi annuirono.. Il fotografo mi ritrasse seduto sull'orlo della scrivania di Bertha. Poi fotografò me e Bertha, mentre ci stringevamo la mano.

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Si congedarono e uscirono. - Sei un asino! - disse Bertha. - Te la faranno pagare, vedrai! - Pagare? Perché? - Per quell'indiscrezione. - Aspetta e vedrai - risposi.

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La notizia che avevo dato comparve sulla prima pagine del giornale, col titolo a caratteri cubitali. L'edizione della sera del "Citrus Grove Clarton" portava una smentita di Bailey Crosset, uno dei consiglieri comunali di Citrus Grove. Crosset sosteneva che l'accusa calunniosa era stata fatta da un investigatore irresponsabile di Los Angeles, che tutti i membri del Consiglio comunale di Citrus Grove lavoravano onestamente per il progresso della città. C'era stata, lo ammetteva, una discussione di carattere priva­to a proposito di una modifica del piano regolatore per un ter­reno. Il Consiglio non se n'era ancora occupato ufficialmente. Crosset dichiarava inoltre di non aver mai ricevuto "bustarel­le", né voleva riceverne per quel che concerneva i suoi doveri di consigliere comunale. Tuttavia, come uomo politico, era autorizzato ad accettare il denaro necessario alla propaganda elettorale. Aveva accettato un contributo da Drude Nicker­son. La cifra ammontava a duemila dollari. Quando l'aveva ricevuta, non aveva pensato a fare indagini sull'origine di quella somma, ma era pronto a farlo ora. Se fosse risultato che Nickerson era in qualche modo interessato nella questio­ne del piano regolatore, ciò avrebbe sorpreso lui, Crosset, nella sua buona fede e, per questione di principi, avrebbe votato contro qualsiasi modifica del piano regolatore, così nessuno avrebbe potuto accusarlo di avere ricevuto denaro perché venisse cambiato il piano regolatore. Sul giornale vi era poi la notizia che il Drude Nickerson, di cui parlava Crosset, era lo stesso Drude Nickerson che era testi­monio nel caso Endicott e, a causa degli sviluppi del caso, non poteva per il momento essere sottoposto a nessun inter­rogatorio. I giornali di Santa Ana parlavano di un' importante industria del nord in cerca di un terreno adatto a costruirvi una fab­brica e dichiaravano che, sebbene si fosse diffusa la notizia che la scelta fosse caduta su Citrus Grove, c'era motivo di

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credere che il terreno adiacente a Santa Ana fosse più adatto a questa colossale impresa. Stella Karis mi telefonò. Era così furiosa da non riuscire neppure a parlare. Cosa dia­volo mi avete fatto? - domandò. - Lurido bugiardo! Vile tradi­tore! Voi. .. - Calmatevi. Vi avevo pur detto che nessuna informazione che mi avreste data, sarebbe stata per me di carattere confi­denziale. - Non credevo diceste sul serio! Il vostro tono era così... così... - State a sentire - dissi. - Calmate i vostri nervi! L'ultima volta che vi vidi, stavate per aggiungere diecimila dollari ai quin­dici che avevate già sborsati. Ne avete più sentito parlare? - No - ammise lei. - E non ne sentirete parlare più. Tenete duro: Non fate colpi di testa. Andate in una banca. Fate trasformare la vostra pro­prietà in cartelle fondiarie, e ricominciate a dipingere! Dopo di che riattaccai il microfono. Quasi subito, giunse un' altra telefonata. Era una voce garbata, soave.- Il signor Lam? - In persona. - Sono Homer Garfield, presidente della Camera di commercio di Citrus Grave. - Come va, signor Garfield? - Benissimo, grazie, signor Lam. Ho letto molte dichiarazioni della stampa a proposito di una prossima espansione di Citrus Grave. Pare che siate stato voi ad autorizzare quelle dichia­razioni. - Infatti.- Potrei domandarvi qualche informazione? - Certo che potete. - Davvero? - Davvero. - Potete dirmi di che si tratta? - No. - Perché? - Non posso dirvi una parola di più di quel che ho detto alla stampa. Tuttavia, posso darvi un consiglio. Il vostro giornale della sera. portava una dichiarazione di Bailey Crosset a proposito di un contributo dato da Drude Nickerson alla cam­pagna elettorale. Perché non vi mettete in contatto con Drude Nickerson per andare a fondo della questione? Perché non

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interrogate gli altri membri del Consiglio per controllare se hanno veramente ricevuto i fondi per la campagna elettorale? - Nickerson non può essere interrogato. - E chi ve lo dice? Voi rappresentate la Camera di commercio, Lasciate che un importante complesso, che metterebbe in circolazione venti milioni di dollari all'anno, sorga Santa Ana perché la vostra città è casì corrotta, che un'azienda non può ottenere una più che ragionevole modifica del piano regolato­re? Lasciate che un pugno di politicanti da strapazzo tirino fuo­ri di tasca venti milioni di dollari ai vostri commercianti per avere un contributo alle spese per la campagna elettorale? Si schiarì la gola. - Su questo punto, ci sarà da discutere, signor Lam. Voglio sapere di più. - Allora, avete sbagliato indirizzo. Avete un vostro Procuratore Distrettuale, Ma voi state là imbambolato, mentre Santa Ana vi soffia via il progetto di una fabbrica. Di muovo si schiarì la gola. - Posso sapere chi è stato parlarvi di venti milioni annui di denaro circolante, signor Lam? - Me l'ha detto un uccellino. - E riattaccai. Uscii per cercare la segretaria che Karl Carver Endicott aveva silurata, quella che aveva rivelato alla signora Endicott che John Ansel era stato mandato in una missione mortale. Mi fu facile trovarla. Si chiamava Helen Manning. Era tutt'altro che brutta; bionda, con gli occhi chiari, un po' pesante, ma certamente in gamba. Lavorava in un ufficio in cui non erano permesse le chiacchie­re, e dato che era ligia al dovere, fissammo un appuntamento per l'ora di pranzo. Tornai in ufficio. - C'è un telegramma - disse Elsie Brand. Era di Barney Quinn, Diceva semplicemente: "Bene. Tenete duro". Un cronista del "Citrus Grove Clarion" telefonò. Voleva un'inter­vista. - Non posso parlare del caso Endicott - dissi. - Mettetevi in con­tatto col signor Quinn e ... Aveva una voce acuta, tesa. Al diavolo il caso Endicott. E' della fabbrica, che voglio sapere!- Avete parlato col presidente della vostra Camera di commer­cio? - E' lui che ha parlato con noi!- Avete intervistato Drude Nickerson? - Volete dirmi cos'è questa faccenda di Nickerson? - Vi ho chiesto se lo avete intervistato.

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- No - disse lui. - Vi consiglio di farlo. - State a sentire: qualcosa sta succedendo. Un altro membro del Consiglio ha dichiarato di aver ricevuto un contributo di duemila dollari da Nickerson per la campagna elettorale. Sostiene che ciò non ha niente a che vedere con la questione del piano regolatore. Dice che andrà a fondo della faccenda e che se salterà fuori che lo scopo di quel denaro era di convin­cere lui a votare per la modifica del piano regolatore, voterà contro. - Un pugno di dritti, i vostri consiglieri!- State facendo dell'ironia? - Ironia! - esclamai. - Quei tipi hanno accettato dei contributi per la campagna elettorale. Ora dichiarano che se scopriranno che quei contributi avevano lo scopo di far modificare il piano regolatore, voteranno contro questa legge. - Aspettate un momento disse il giornalista. - Credete che sia giusto? - Giusto che cosa? - Che votino contro un piano regolatore, che porterebbe un incremento di prosperità alle loro comunità? - Questo significa ragionare a suon di dollari - dissi. - Questi consiglieri vogliono difendere la loro integrità. Mi meraviglio che non lo abbiate capito. E con ciò, non ho più niente da dire. Riattaccai. Attesi dieci minuti, poi chiamai Homer Garfield, presidente della Camera di commercio di Citrus Grove. - Apprendo che un altro membro del Consiglio ha ammesso di aver ricevuto un contributo di duemila dollari da Nickerson per la campagna elettorale. Il suo tono era prudente, ora. - Si - ammise - è vero. - Avete intervistato Nickerson? - Come vi avevo già detto, non si può interrogare Nickerson. - Insistete, eh? Perché darebbe continui contributi alla campa­gna elettorale, allora? - Un contributo di duemila dollari è piuttosto lauto, per il Consi­glio comunale - disse seccamente. - Infatti. Potreste domandare a Nickerson quali altri finanzia­menti siano stati fatti. - Posso domandarvi perché v'interessi tanto questa faccenda, Signor Lam? - E' semplice. Amo difendere gl'ideali del mio paese. Vorrei che gli onesti commercianti di Citrus Grove non vedessero in voi un capo debole che permette a Nickerson di farsi spalleggiare dal

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Procuratore Distrettuale semplicemente perché è testimonio in un caso d'omicidio. - Il Procuratore Distrettuale dice che vi state occupando attiva­mente del caso Endicott. - Vi ha detto la verità. - E che volete screditare Nickerson - continuò. - Voglio scoprire i fatti. - Dice inoltre che non permetterà mai che i suoi uomini levino le castagne dal fuoco per voi. - In altre parole, vorreste dire che vi rifiutate d'Intervistare Nickerson? - Già. - E che non ci sarà nessuna inchiesta? - Non se n'è parlato. - Posso domandarvi di che cosa vi occupate, signor Garfield? - Ho un negozio di ferramenta qui. - Avete delle proprietà Santa Ana? - No. - Nessun appezzamento di terreno? - Be', io ... ho qualche modesto terreno a Santa Ana, - Capisco. - Che intendete dire? - Era una domanda, pura e semplice. Non vorrei essere nei vostri panni! Se la fabbrica sorgesse a Citrus Grove, non avrete nessun riconoscimento; se invece dovesse spuntarla Santa Ana, tutti direbbero che vi siete lasciato comprare. Difficile posizio­ne, la vostra. - L'unica fabbrica di automobili che avrebbe qualche interesse di svolgere un'attività da queste parti, ha smentito di essere in trattative con Citrus Grove o con Santa Ana - Vi ricordate di quei funzionari inglesi che dichiaravano ostina­tamente che l'Inghilterra non avrebbe mai abbandonato la pari­tà aurea? Parve riflettere. - Per quale ragione, dunque, a due dei vostri consiglieri, e forse a tutti, sono stati sganciati duemila dollari per la campagna elettorale?- Vorrei scoprirlo anch'io ... - balbettò. - Sarebbe ora! Permettetemi di farvi un'altra domanda. Se in­terrogaste Nickerson a proposito di questi contributi alla cam­pagna elettorale, credete che modificherebbe la sua testimo­nianza nel caso Endicott? - Non ne vedo la ragione. - Nemmeno io - risposi.-

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E allora, volete dirmi perché diavolo il Procuratore Distrettuale ha sequestrato Nickerson? E ora devo interrompere la comuni­cazione, signor Garfield. Ho un appuntamento per l'ora di pranzo. Arrivederci

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Helen Manning si era bardata per l'occasione. Sapeva vestire con gusto. Era stata dal parrucchiere, e aveva quel certo non so che, che permette a certe donne d'indossare qualsiasi abito facendolo sembrare un autentico modello parigino. Prendemmo un paio d'aperitivi. Pareva fortemente decisa a cal­colare le calorie, scegliendo i cibi, ma poi si lasciò docilmente influenzare dal cameriere e da me. Scelse quindi un piatto di scampi, un'insalata di pompelmi, crema. di pomodoro, filetto alla Rossini con patatine fritte e torta di frutta. Poi andammo a casa sua, dove mi offri una menta al seltz, Abbassò le luci, col pretesto di riposare la vista dopo una gior­nata di lavoro intenso. Accavallò le gambe. Notai ch'erano belle. Nella penombra favo­revole del suo appartamento, non pareva avere più di ventidue anni; inoltre, aveva classe. Invece, quando l'avevo vista di pomeriggio, in piena luce del giorno, ne dimostrava trentacinque, e aveva l'aria stanca. - Cosa volete sapere? - domandò. - Avete lavorato alle dipendenze di Karl Carver Endicott? - Si. - In che veste? - Come segretaria privata. - Com'era, nei rapporti di lavoro? - Perfetto. - Gentiluomo? - Nel vero senso della parola. - Eravate in rapporti confidenziali con lui? - Assolutamente no. Solo rapporti di lavoro. Se non fosse stato abbastanza gentiluomo da rispettarmi, avrei pensato io a met­terlo a posto. Eravate al corrente del suoi affari? - Si. - Che ne dite delle sua onestà?

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- Era assolutamente, scrupolosamente onesto. Si lavorava bene, con lui. - Perché ve ne andaste, allora? , - Per ragioni personali. - Quali erano? - L'atmosfera dell'ufficio era cambiata.- In che senso? - E' difficile a dirsi. Non mi piaceva più l'ambiente, e siccome potevo trovare un impiego quando volevo, mi licenziai. - Vi lasciaste in buona armonia?- Si, certo. Il signor EndIcott mi lasciò una bella lettera di racco­mandazione, che vi posso mostrare quando volete. - Mi, piacerebbe vederla. Andò nella sua camera tornò dopo qualche minuto con una let­tera con l'intestazione "Impresa Endicott”. Era una lettera inappuntabile, in cui Endicott raccomandava Helen Manning, che era stata sua segretaria particolare per molti anni. Se ne andava di sua spontanea volontà, e a lui dispiaceva molto perderla. - Dopo di che - dissi io - andaste a parlare con la signora Endi­cott, vero?- lo? - Si, proprio voi. - Nemmeno per sogno! Ho visto la signora Endicott una volta o due, in ufficio. La conoscevo appena, e credo aver scambiato con lei solo qualche parola. - Non avete avuto nessun colloquio con lei, dopo che lasciaste il posto?- Le avrò detto "buongiorno" incontrandola per strada forse.- Non le avete telefonato per chiederle un appuntamento, perché avevate qualcosa da riferirle? - Assolutamente no. - Siete disposta a firmare una dichiarazione scritta?- Per quale ragione? - Per far smentire una voce Insistente. - Non mi pare il caso di fare una dichiarazione. - Avete detto la verità? - Naturalmente. Non ho l'abitudine di mentire, io. - Allora, fatemi una dichiarazione scritta. Restò silenziosa per un attimo, poi mi domandò bruscamente: - Quando lo avete saputo? - Saputo che cosa? - Del mio colloquio con la Signora Endicott,

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- Non fate la sciocca. Voi non avete avuto nessun colloquio con lei. Dunque, fatemi quella dichiarazione scritta. - E va bene - disse lei inferocita ci andai! Dovevo metterla al corrente di alcuni fatti. - C'era qualcosa che non andava con Karl Endicott? - Tutto. Dopo quel che avevo fatto per lui! Gli ho dedicato gli anni più belli della mia vita. Gli sono stata devota, fedele fino all'abnegazione. Ho chiuso un occhio su cose che... Insomma, gli ho sacrificato tutto. E lui sul più bello mi pianta per quella stupida! Non avrei trovato nulla da ridire, se almeno avesse saputo fare il suo lavoro. Ma non era neppure capace di adope­rare la macchina da scrivere! Non sapeva far nulla. Non era che una sgualdrina, che lo aveva preso per i sensi, e ... - Gli faceste una scenata? - Nient' affatto. Mi limitai a dirgli che, se voleva mantenere un'amante, poteva regalarle un appartamento dove andare a trovarla, e non imporla a tutti in ufficio. Gli dissi inoltre che, se io ero la segretaria particolare, volevo che ciò fosse ben chiaro, e che non ero disposta a obbedire a quella piccola vipera dalla graziosa testolina priva di cervello. - Foste licenziata?Si mise a piangere. - Foste licenziata? ripetei. - Si, che la sua anima sia dannata! - disse tra i singhiozzi. - Finalmente siete ragionevole. Dopo di che andaste dalla signora Endicott. Cosa le avete detto? - Le ho raccontato tutto quello che era successo. Karl Carver Endicott mandò John Ansel e un altro uomo in Amazzonia. Sapeva di mandarli a morte. Voleva liberarsi di tutt'e due, - Quando lo avete saputo? - Poco prima di rivelarlo alla signora Endicott. - Perché non lo avete saputo prima? - Perché ... perché non glielo domandai. - Come faceva Endicott a sapere a quali pericoli sarebbero andati incontro in Amazzonia? - Lo aveva saputo da altre persone che c'erano state. Una disgraziata spedizione. L'equipaggio era perito. Endicott lo sapeva. - Come faceva, a saperlo? - La spedizione era stata organizzata da una compagnia pe­trolifera, da cui Endicott prese le informazioni. - Come? - Per lettera. - Dov'è questa lettera?

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- Nei suoi archivi, credo. - Non l'avete presa, quando ve ne andaste? - No, e me ne pento. - Non ne avete nessuna copia fotografica?- No. - Avete modo di provare quello che sapete? - Posso provare solo di aver visto la lettera. Ho battuto io stes­sa alcune delle lettere che Endicott scrisse per chiedere infor­mazioni.- Endicott vi sistemò finanziariamente, quando ve ne anda­ste?- Perché avrebbe dovuto farlo?- Lo fece? - No. - Vivete del vostro stipendio? - Sapete bene che sono una ragazza che lavora. La guardai con occhio critico. Sei anni prima doveva essere deliziosa. Era ancora una bella donna. Allora aveva ventinove anni: ora ne aveva trentacinque ... - Sarebbe una disgrazia se tutto questo saltasse fuori dissi.- In che modo? - Be', sapete, ai datori di lavoro non garbano affatto le segre­tarie che hanno temperamento, che vanno dalle mogli a spiattellare gli affari dei mariti! Parve riflettere. Guardai l'orologio. - Perdinci, Helen! Devo scappare, ora. Sto lavorando per questo caso Endicott, ho un milione di cose da fare. E' stato carino da par vostra, dedicar­mi una sera intera. - Grazie per il pranzo squisito, Donald - disse lei. Mi accompagnò alla porta. Le diedi il bacio della buona notte. Pareva assorta nei suoi pensieri: evidentemente aveva paura. Il sindaco Taber era un uomo sui cinquantacinque anni dalla mascella prominente, le labbra spesse, gli occhi metallici, ed aveva una sua maniera particolare di parlare a scatti che faceva pensare a una mitragliatrice. Cooper Hale era basso, grasso e placido. Mi guardò, distolse gli occhi, poi riprese a guardarmi, e infine tornò a distogliere lo sguardo. Bertha fece le presentazioni, ed entrambi mi strinsero la mano. Taber attaccò l'argomento. - Una pubblicità veramente spiacevole, quella che è stata diffusa dal vostro ufficio! Ignoro quale sia la vostra fonte d'in­formazioni, Lam, e d'altronde non m'interessa nemmeno .. So solo che è stato insinuato che l'amministrazione comunale di

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Citrus Grave dorme, e che il Consiglio ha dormito di fronte a questo cambiamento e che abbiamo permesso che uno stupi­do piano regolatore ostacolasse lo sviluppo della città. S'interruppe per un attimo, tirò il fiato, riprese a parlare viva­cemente. - Sono cose che non posso digerire. Non è questo, il modo di combattere. Se avete qualcosa da dire contro la nostra città, venite a Citrus Grave e parlate apertamente. Non so a cosa miriate. So che v'interessate del caso Endicott e sebbene non abbia intenzione di farvi un' accusa diretta in pubblico, nessuno mi toglie dalla mente che ci debba essere un nesso tra le due faccende- Volete dire che ho ricevuto delle informazioni false? - doman­dai. - E' chiaro. - Che ne dite delle dichiarazioni di Crosset, a proposito dei fondi per la campagna elettorale? - E' un tasto delicato. Sono molto amico di Crosset, lo rispetto e lo ammiro per la sua Integrità. Ha dei principi talmente rigi­di, un tale concetto dell'onore, da non tollerare la minima ombra. Mi dispiace di quel che è successo. - Questo è Crosset - commentai. - Il fatto ch'egli abbia ammesso di avere ricevuto dei contri­buti per la campagna elettorale prova la sua assoluta buona fede. - Già. - Dunque, perché far tanto chiasso? - Ha dato le dimissioni vero?- Si. - Perché? - Perché, come vi ho spiegato, il suo onore non deve essere neppure sfiorato dall'ombra del dubbio. - E gli altri? - Quali altri? - Quelli a cui furono sganciati duemila dollari per la campagna elettorale. - Vi risulta che altri abbiano ricevuto dei fondi? - So che un altro consigliere ha dichiarato di aver ricevuto lo stesso contributo. - Ebbene, che c'è di male? - Nulla. - Quindi, perché far tanto chiasso? - Non l'ho fatto io. - Ma l'avete suscitato. - Ho tentato di rendermi conto della situazione.

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Hale cambiò posizione e alzò gli occhi per fissarmi. - Dopo tutto - disse - anche la vostra è una situazione delicata, Lam! - In che senso? - In molti sensi. - E quali? - Non sono obbligato a rispondervi. - Ditemene uno. - Sto facendo una semplice dichiarazione. - Va bene. Ora l'avete fatta; Provatela! - Non siamo venuti qui lottare - disse Taber. - Perché siete venuti? - Per chiedere la collaborazione della vostra società - In che modo? - Voi avete parlato con la stampa. - Avete qualcosa in contrario? - Alcune delle dichiarazioni da voi fatte ci sono sembrate in­fondate. - Vi piacerebbe che Santa Ana soffiasse via la fabbrica a Citrus Grove? - No, certo! Per vostra norma, sappiate che è assolutamente improbabile che accada qualcosa del genere. - Volete scommettere? - Detesto le scommesse. Non sono un giocatore, io. Sono un uomo d'affari! - Siete un politicante? - Un tempo, lo ero. - E vorreste tornare a esserlo? - Possibilmente. - Questa compagnia - dissi - vuole installarsi a Citrus Greve, dove ha trovato il terreno adatto. Chiede una collaborazione più che ragionevole all'amministrazione della città. Natural­mente, non so nulla di quel che i giornali hanno intenzione di dire: penso che un cronista ha in mente un'idea. - E quale? - L'idea che qualcuno, che ha delle influenti relazioni politiche, che possiede degli appezzamenti di terreno a Citrus Grove, voglia che la fabbrica sorga altrove, e tenti d'impedire che il piano regolatore venga cambiato, sperando di sapere che industria sia, per soffiare l'affare. - E' assurdo! E' assolutamente falso! - protestò Hale. - Mi sono limitato a riferire il sospetto di un cronista - dissi. - Se mi dite chi è, gli romperò il naso! - Perché? - domandai. - Perché non c'è niente di vero, in quel che dice.

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- Perché gli rompereste il naso, allora? Hale non rispose. Taber disse: - Il signor Hale intende dire che una notizia del genere, corredata da allusioni e insinuazioni, potrebbe dan­neggiarlo personalmente. - Volete dire che ha dei terreni a Citrus Grove? - Ho sempre creduto nel futuro di Citrus Grove - disse Hale compunto. - Ho fatto denaro con una serie di fortunati inve­stimenti, che hanno aumentato la mia fede nel benessere della comunità, per il quale mi sono sempre adoperato, a costo di sacrifici considerevoli. - Questo è spirito di abnegazione! - esclamai. - Proprio così - convenne Taber.- Ebbene - intervenne Bertha. -. Veniamo al sodo. Cosa vole­te? - Il signor Nickerson è testimonio nel caso Endicott - disse Taber. - E con questo? - domandai.- E voi vi state interessando del caso Endicott – continuò.- Ce ne stiamo occupando precisai. - Non ci sono speranze per Ansel! La sua è una causa persa in partenza! - Indubbiamente, il Procuratore Distrettuale la pensa così - dissi. - Però il signor Quinn, che è il legale di Ansel, è di diverso parere. - I cittadini di Citrus Grove sono indignati, e vogliono giustizia. L'opinione pubblica si manifesterà nel processo: infatti, alcuni giurati sono di Citrus Grove. Il Procuratore Distrettuale chiede­rà la pena di morte, e credo che Ansel non abbia nessuna pro­babilità di sfuggire alla camera a gas. Non risposi nulla. - Ora - proseguì Taber - noi siamo pronti a collaborare. Se, come sospetto, lo scopo recondito di tutte queste voci diffuse dalla stampa, è quello di distrarre l'attenzione dal caso Endicott, coinvolgendo certi testimoni, forse avete scelto una tattica sbagliata. Otterreste maggior successo cercando di concordare, che prendendo di petto la questione! - In che modo? - Il Procuratore Distrettuale non è un essere irragionevole. Si dà il caso che sia un mio grande amico. Sono certo che potrà venire a miti consigli. - In che modo? ripeté Lam. - Sono certo che se Ansel si dichiarerà colpevole, il Procuratore Distrettuale prenderà in considerazione il fatto che una gran

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parte delle spese sarà risparmiata, e quindi non verranno fatte pressioni sul giudice perché Ansel sia condannato a morte. E' probabile infatti che il Procuratore Distrettuale stesso chieda l'ergastolo. Naturalmente, non sto facendo delle dichiarazioni: non sono nella posizione per poterne fare. Sto solo analizzan­do la situazione. - Vedo. - Potrebbe anche succedere che Ansel si dichiari colpevole di omicidio di secondo grado, o di omicidio non premeditato.- Non credo che l'avvocato Quinn sia disposto a venire a patti. E' convinto dell'innocenza di Ansel" - La sua posizione è assurda! E' voler negare l'evidenza dei fatti. - Non sono ancora al corrente dei fatti. Sto occupandomi solo ora, di questo caso. - Bene, appena sarete al corrente dei fatti - disse Taber, alzandosi - potete mettervi in contatto con me. Mi troverete nel mio ufficio, a Citrus Greve. Sono sempre lieto, quando posso fare qualcosa per difendere gl'interessi economici della mia amata città. - Allora, farete meglio a occuparvi del piano regolatore - dissi. - Che intendete dire? - Se cinque membri del Consiglio hanno ricevuto duemila dol­lari ciascuno da Drude Nickerson, è chiaro che ciò interessi a qualcuno. "Ora – continuai - una teoria personale. I membri del Consiglio hanno ricevuto duemila dollari ciascuno come contributo alla campagna elettorale, e non perché votino in favore della mo­difica del piano regolatore. lo credo che abbiano ricevuto quel denaro sapendo che il signor Nickerson sarebbe stato molto, molto felice di vedere che il piano regolatore sarebbe rimasto immutato, in modo che la nuova fabbrica sorgesse in un altro terreno, di proprietà di un suo amico. Non posso ancora far nomi, ma spero di poterveli comunicare domani." - State facendo delle indagini? - Naturalmente. - In veste professionale? - Non certo da dilettante: - Potreste avere delle noie, sapete. - Certo che posso. E così pure molte altre persone. Mi doman­do se il signor Crosset abbia denunciato sulla cartella fiscale i duemila dollari ricevuti. - Non è obbligatorio denunciare i contributi ricevuti per la campagna elettorale - disse Taber.

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Sogghignai. - Lo ammetterete anche voi, no? Sogghignai di nuovo. Hale disse: - Abbiamo fatto tutto quel che si poteva fare qui, Charles. Ci siamo offerti di collaborare. Il Procuratore Distret­tuale è mio amico. Sono pieno di buona volontà , ma pretendo che mi si venga incontro. Taber annui. - Ebbene - disse - vi abbiamo fatto una visitina per fare amicizia con voi. Credevamo che avreste apprezzato le nostre intenzioni. - Voi,.dovreste apprezzare le nostre - dissi. - Ci faremo vivi ancora. - Così dicendo, si avviarono verso la porta tutt'e due, senza stringerci la mano. Appena restammo soli, Bertha mi fissò con gli occhietti freddi e duri come i diamanti che le ornavano le dita. - Donald, vuoi dirmi cosa diavolo stai tentando di fare? Tu li hai insultati. Li hai praticamente accusati di fare il doppio gioco. - Hai proprio avuto quest'impressione? - Certo. - Dunque, è probabile che anche loro abbiano avuto la stessa impressione. - Hai un'idea ben chiara, di questo caso? - Certo che l'ho. Nickerson ha ricevuto quindicimila dollari da una certa Stella Karis, che voleva far cambiare il piano regola­tore affinché nei suoi terreni sorgesse una fabbrica. Fu Nickerson che scoprì le intenzioni di Stella Karis e lo disse a Hale, E siccome Hale aveva dei terreni da affittare, voleva soffiare l'affare a Stella. "Perciò Hale decise di corrompere i membri del Consiglio e di non cambiare il piano regolatore, 'Tuttavia, siccome Hale non voleva tirar fuori il denaro necessario, organizzò, insieme a Nickerson, un doppio gioco per ottenere che Stella Karis sborsasse i quindicimila dollari, col pretesto di far pressione sui consiglieri e farli votare in favore della modifica del piano regolatore. In realtà, compravano i loro voti contro questa mo­difica. "Da allora, la notizia che sarebbe sorta una grande fabbrica che offrisse lavoro a tutti, si diffuse tra i cittadini di Citrus Grove, fomentata da alcuni politicanti che volevano sfruttarla per ... " Bertha m'interruppe per dire: - Spero che tu sappia quello che stai facendo, - Certo. Hai un'idea di quanto conti l'opinione pubblica? - Ebbene, puoi essere soddisfatto del risultato che hai ottenu­

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to! Pare che a Citrus Grave la gente non parli che del delitto e della fabbrica. Alle tre e trentacinque del pomeriggio vi fu una riunione straordinaria del Consiglio di Citrus Grave; programma, la modifica del piano regolatore, affinché nel terreno di proprietà di Stella Karis potesse sorgere la fabbrica.Il "Citrus Grave ClarIon" dichiarava ai suoi lettori che, con l'approvazione del nuovo piano regolatore, l'espansione indu­striale della città, per la quale le previdenti autorità s'erano adoperate, era assicurata. Drude Nickerson non poteva subire nessun interrogatorio Stella Karis telefonò due volte, mentre ero fuori. Lasciò a Elsie Brand un messaggio per me. Elsie prese nota e me lo riferì. La signorina Karis desiderava vedermi. Non aveva parole per esprimermi la sua gratitudine.

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Il compito principale per un investigatore privato in un proces­so per omicidio consiste nell'indagare sui retroscena dei giura­ti. Appena il caso passò al tribunale, Bertha ed incominciammo il nostro lavoro di ricerca. Bertha si occupava degli uomini e delle donne anziane; io dei giovani. Certo, non era del tutto corretto, e sarebbe stato considerato irriverente verso la Corte aver parlato del caso con tutta que­sta gente, averli pedinati in modo che se ne accorgessero, o di aver fatto qualsiasi altra cosa che potesse influenzarli. Tuttavia non esisteva nessuna legge che proibisse di parlare coi loro amici, di cercare negli archivi, di scoprire in quali altri casi erano stati giurati, di che cosa si occupavano e come avessero votato. Fu un lavoro lungo e noioso, ma alla fine avevamo raccolto una collezione utile di biografie condensate, che portammo a Barney Quinn. Quinn le riassunse, segnandone i punti più salienti. Un trattino di penna in un quadretto a fianco del nome del giurato signifi­cava che era onesto e integro, ma utile. Se il tratto era a sini­stra, significava che era così onesto da rasentare la stupidità; se invece il trattino era sotto il quadretto, significava che l'uo­

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mo era ostinato, pigro e ipocrita. Se il segno era orizzontale, voleva dire che era pronto a seguire la corrente. lo intanto continuavo le mie indagini. Il giorno prima del processo, Stella Karis mi diede un colpo di telefono. - Non venite mai a trovarmi, Donald! - Sono molto occupato. - Dovrete pur mangiare! - Non mangio. Inghiotto qualche boccone. - Potrei guardarvi mentre inghiottite! Ho qualcosa da dirvi. - A proposito di che? - A proposito del caso di cui vi state occupando. - Di che si tratta? - Hale è venuto a trovarmi. - Cosa voleva? Rise maliziosa. - Ve lo dirò, ma non per telefono. - Sinceramente, Stella, ora non ho tempo per ... - E' un fatto che riguarda uno dei testimoni del caso. - Va bene. Vediamoci. - Quando? - Se ci vedessimo stasera? Per pranzo? - No. Sono occupato. Facciamo dopo pranzo. E' troppo tardi, alle nove? - No. Venite pure. Vi aspetterò. Trascorsi la giornata sistemando la lista dei giurati. Alle nove meno cinque ero da Stella. Quando mi aprì la porta e mi venne incontro, la sua scollatura generosa rivelò le curve provocanti, e mentre mi precedeva verso il suo appartamento, intravidi le sue gambe perfette attraverso uno spacco della sottana attillata. Prendemmo il caffè, poi il liquore. Infine disse: - Donald, il signor Hale vuole amministrare la mia proprietà. - Gentile da parte sua! - Voi mi avevate consigliato di rivolgermi a una banca ... - State a sentire: siete diventata pazza, a incaricare Hale di amministrare i vostri beni? - Sta organizzando una compagnia finanziaria. - Magnifico... per Hale! - E' molto gentile. Vi detesta. - Posso sopravvivere a questa notizia. - Crede che anch'io vi odii. - Davvero? - Già. Gli ho detto che non siete più venuto a trovarmi. Voleva che mi diventaste antipatico.

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- Avanti. - Inoltre mi disse qualcosa che, secondo lui, nessuno sa. - Cosa? - A proposito di un certo Thomas Victor , proprietario di una fattoria, - disse. - Vi ricordate della notte in cui Endicott fu assassinato? - Sì. - Come voi saprete, pare che la signora Endicott sia stata a far benzina a una stazione di servizio proprio alle nove, ora in cui veniva sparato il colpo fatale. Ebbene, Thomas Victor arrivò alle nove meno sette minuti allo stesso distributore per far benzina, e lo trovò chiuso. O l'addetto al distributore chiu­se prima, o il suo orologio era avanti. - Oppure quello di Victor camminava troppo veloce. - Victor sostiene di no. Ho pensato bene di dirvelo, Donald.- Grazie. - E' importante? - domandò lei. - E' più importante il fatto che Hale ve l'abbia detto. - Perché? - Così dovrò occuparmi di voi. - Vi dispiace? - Sì. Non mi piace essere menato per il guinzaglio. Al diavolo questa faccenda. Sono già sulla strada giusta. - Temevo una risposta del genere. - Restò pensierosa un attimo, poi continuò: - Cooper Hale non la pensa cosi. - Non vuole pensarla così! - Credete che, se organizzasse una compagnia finanziaria, potrei affidargli i miei beni da amministrare? Mi garantisce una cospicua rendita!Risposi: - L'unico consiglio che possa darvi, è di consegnar tutto al reparto fiduciario di una banca rispettabile. Lasciate che vi diano un reddito basso ma sicuro. Liberatevi dei vostri terreni, che richiedono il vostro costante interessamento. Mettete i quattrini in una cassetta di sicurezza. Poi riprendete a dipingere. Andate in Europa a studiare pittura, se vi piace, Tentate di far qualcosa che valga la pena di fare. - Forse avete ragione. - Siete stata sposata? - Sì. Ve lo dissi la prima volta che v'incontrai, a Reno.- Cosa successe, del vostro matrimonio? - L'ho rotto. Sono divorziata. - Come mai non è riuscito? - Non mi piace che mi si comandi. Credo che la gente che ha un temperamento creativo non sopporti l'idea di essere domi­

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nata. - Vorreste sposarvi di nuovo? - E' una proposta? - No, è una domanda. - Non particolarmente. Però credo che ci siano degli uomini che ... Insomma, sento che potrei innamorarmi. - Voi siete una preda desiderabile per un cacciatore di dote. A quanto ammontano, i vostri beni? - Non vi riguarda. - Continuate a pensarla cosi! - Cosa volete dire? - Non è affare che riguardi nessuno, il vostro patrimonio. Se volete il mio consiglio, mettete al sicuro i vostri beni, tornate a New York e accontentatevi di duecento dollari al mese. - Ci ho già pensato, lo sapete. - Pensateci su ancora- dissi. - Ed ora me ne devo andare: ho molto da fare. - Non si riesce mai a vedervi - protestò lei. - Nemmeno io riesco a vedermi, se si eccettuano i pochi minuti in cui sono obbligato a guardarmi nello specchio per farmi la barba!- Quando questo caso sarà risolto, potrò vedervi di più, Donald? - Non so. - Siete peggio di me - disse ridendo. - Non volete essere dominato. Non tollerate le briglie! - Forse avete ragione - risposi. - Ora però devo andarmene perché ho avuto una giornata veramente faticosa.Sbadigliai un paio di volte, le diedi il bacio della buonanotte, e mi precipitai fuori a telefonare a Barney Quinn, La voce di Quinn era tesa e ansiosa. Cercai di comunicargli che avevo trovato un filo da seguire, ma non mi lasciò parlare. - Senti, Donald - disse - ti ho cercato tutto il pomeriggio. Quan­do puoi venire qui? - Subito. Bertha ed io abbiamo fatto indagini sui giurati tutto il giorno.- Va bene. Venite da me tutt'e due.- Qualcosa che non va? - Va tutto malissimo. - Posso dirti qualcosa che riguarda l'altro lato del caso, Stanno facendo delle indagini sul conto dell'addetto al distributore di benzina. - Quale distributore? Ah, capisco. Be, questo è un fatto secon­dario, ora. Vieni subito.

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- Prima bisogna che trovi Bertha. - Allora è meglio che tu venga subito. Bertha ci raggiungerà. E' molto importante. Non c'è tempo da perdere.

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Bertha gemette, sbuffò, grugni e bestemmiò quando la chia­mai al telefono, però si vestì subito e insieme filammo a Santa Ana. Quinn si era chiuso nel suo ufficio. Aveva gli occhi cerchiati, ed era addirittura verde. La stanza era piena di fumo, e i por­tacenere colmi di mozziconi di sigarette. Bertha si lasciò andare pesantemente in una poltrona, e disse: - Giovanotto, state diventando rapidamente un rudere! - Per forza! - gemette Quinn. - Ho mandato a chiamare Elizabeth Endicott. Può arrivare da un momento all'altro. Se non vi dispiace, preferirei darvi le notizie funeste quando ci sarà anche lei, per evitare di ripeterle. - Sono davvero così brutte? domandai. - Si - rispose, schiacciando mezza sigaretta nel portacenere. - Nemmeno le mie, sono allegre - dissi. - Alla buonora! Vuotate il sacco, così... Il campanello squillò. Quinn andò ad aprire la porta - Buonasera, Barney - disse la signora Endicott. - Entrate, Betty, Mi dispiace di avervi convocata ad una confe­renza notturna, ma la pentola bolle. - Quale pentola? - domandò lei. - Sedete - disse Quinn. Elizabeth sprofondò in una poltrona. Quinn l'affrontò subito. - Mi avete raccontato un mucchio di storie - disse. - Che John Ansel è un essere sensibile, che quando arrivò a casa vostra voi non c'eravate, che avevate il sospetto che Karl Endicott volesse ucciderlo. Mi avete detto che quando Karl entrò nell'al­tra stanza, John Ansel ebbe il presentimento che Karl volesse ucciderlo, e poi mettergli l'arma accanto. - E' la verità - disse lei. - La verità, o la storia che meditaste di

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raccontare, e che avete inculcata a John Ansel affinché le due versioni fossero uguali? Il viso della donna era di pietra. - E' la verità - disse. - No, che non è la verità. - E' la storia che Ansel mi raccontò le prime due volte. Ma ora, basta con le chiacchiere! Sono i fatti che contano. Sta per salire sul banco degl'imputati, dove lo prenderanno di mira con una filza di domande a trabocchetto - ringhiò Quinn. - John Ansel è sincero. La sua versione è fondata sui fatti. - Un corno, sui fatti! - tuonò Quinn. - John si precipitò a Citrus Grove per affrontare Karl Endicott. Aveva intenzione di ucci­derlo: era armato. Fu Karl, ad avere un presentimento. Gli ba­stò un'occhiata a John per capire. Lo fece entrare, poi si assen­tò per un momento ed andò nell'altra stanza. Era una camera da letto. Dentro, c'eravate voi. - lo? Quinn annuì. - Avete detto una cosa vera, nella storia che ave­te raccontato. John era stato nella giungla. Era vissuto lontano dalla civiltà. Aveva combattuto contro la morte e i suoi sensi si erano acuiti. "Voi eravate in quella stanza. Quando Karl aprì la porta, John sentì il vostro profumo. Poi Karl chiuse la porta. Mentre faceva ciò, vi disse qualcosa a bassa voce. "Improvvisamente, John si rese conto ch'eravate la moglie di Karl Endicott, che appartenevate a lui. Un senso di repulsione s'impadronì di lui e un ondata di nausea lo travolse. Gettò dalla finestra l'arma, che cadde nella siepe. Si sentiva male. Si precipitò fuori dalla porta, corse giù dalle scale, ed uscì all'aria aperta." Quinn tacque e si piantò davanti a lei a gambe divaricate, du­ro, aggressivo. Lei non pianse, ma sembrò vinta. - Gli avevo detto di non rivelare mai questi fatti - disse. - Ansel non è capace di mentire. Ci vuole poco, a farlo canta­re! Domani sarà sul banco degl'imputati, e lo tartasseranno a forza di domande doppio taglio. Così stamattina ho deciso di fargli un esame io stesso, per stabilire fino che punto arrivi la sua resistenza, Ci fu un attimo di silenzi pieno di tensione. - L'ho smascherato - concluse amaramente Quinn. - Mi dispiace - disse Elizabeth Endicott con voce incolore - Spero bene! - sibilò Quinn- C'eravate, in quella stanza? - domandai io. - No - rispose lei rapidamente, ma senza enfasi.

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- E' una spudorata bugia disse Quinn. - Ricordatevi che state per essere interrogata; - Il vostro alibi dipende da un uomo che si chiama Walden, che chiuse la stazione di servizio alle nove - dissi io. - E' un alibi di ferro - rispose lei.- Il Procuratore Distrettuale - continuai - ha la testimonianza di un possidente che si chiama Thomas Victor, che dice di esser­si recato a quel distributore alle nove meno sette minuti. Il distributore era chiuso. Elizabeth si inumidì le labbra aride con la punta della lingua. - L'orologio di quel Victor funzionava male. Barney disse: - Buon Dio, Lam! Non c'è niente di sbagliato, in quell'alibi. Walden ha deposto in istruttoria. Victor, dei due, è quello che si è sbagliato. Diedi un'occhiata a Elizabeth Endicott, - Sta giocando a poker con noi - dissi a Quinn. Quinn l'affrontò di nuovo. - Betty, domani incomincerà il processo. Non vi conviene men­tirci. Siamo vostri amici. Siamo coloro che si sono presi la responsabilità di salvare ciò che desiderate di più al mondo. Se mentite a noi, vi darete la zappa sui piedi. Diteci la verità. - Ve l'ho detta - rispose lei. Quinn si rivolse a me. - Che ne dici, Donald? - Credo che stia mentendo. - Bertha Cool intervenne: - Donald, non puoi...- Un corno, non posso! - interruppi. - Leggetele l'articolo 258 del codice, Barney. Elizabeth mi guardò. - Siete avvocato, voi? - domandò.- Un tempo, lo era - disse Bertha. - Ha studiato legge. E' un dritto! Non gliela date a bere, cara. Quinn voltò le pagine del codice. - Trovato? - domandai. - Si - rispose. - Leggeteglielo. Quinn lesse l'articolo. "Nessuno, accusato di omicidio volontario del deceduto, avrà diritto a ereditare una parte della sua proprietà; ma questa parte a cui altrimenti avrebbe diritto va alle altre persone che abbiano diritto, giusta le deliberazioni di questo articolo." Quinn guardò prima la signora Endicott, poi me. Era pallido. - Mio Dio! - esclamò, - Avanti! - disse imperioso a Elizabeth. - Dite la verità! Lei mi fissò negli occhi. - Voi lavorate per me, ma non avete il diritto di accusarmi di

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mentire! - Un corno, non posso! E' proprio perché sto lavorando per voi, che voglio salvarvi prima che sia troppo tardi! - Non ero in casa, quando fu sparato il colpo – rispose.- E dov'eravate? - Sulla strada che porta a San Diego. - Ricominciate daccapo la storia – dissi.Va bene - rispose. - Ero sulla strada che porta a San Diego, ma non posso provarlo. Walden, che lavora al distributore di benzi­na, si sbagliò. Credette di aver chiuso alle nove. Non avrà caricato l'orologio, quel giorno. L'orologio si fermò alle sette. Lui aprì la radio per sapere l'ora giusta. Il programma termina­va alle sette e un quarto. Credette che terminasse alle sette e mezzo, così mise l'orologio avanti di quindici minuti. Non se ne rese conto, finché non testimoniò in istruttoria. Era assoluta­mente certo che il suo orologio fosse giusto. In istruttoria disse che aveva regolato il suo orologio con la radio, meno di due ore prima di chiudere. Tutti credettero che avesse regolato l'orologio col segnale orario. Invece lo aveva regolato col pro­gramma. Aveva sbagliato di quindici minuti. - Se ne accorse? - Si. Se ne rese conto dopo l'istruttoria. Tuttavia, Bruce Walden aveva fiducia in me. Gli dissi che non aveva nessuna importan­za, che io stavo andando a San Diego, e lui mi credette. Così non disse mai niente. - Dov'è Bruce, ora? - domandai. - A quel tempo gestiva una stazione di servizio. Ora fornisce benzina a tutta la contea - Quinn mi guardò. - Hanno la testimonianza di Victor - dissi io. - Victor dichiara che alle nove meno sette minuti la stazione di servizio era chiusa. - Se vogliono andare a fondo della questione, la signora Wal­den potrebbe testimoniare che suo marito si è sbagliato. Giunse a casa alle nove e cinque. Ciò non sarebbe stato possi­bile, se avesse veramente chiuso alle nove. Accettò come sicu­ro che suo marito avesse chiuso la stazione più presto del soli­to. Non se ne parlò più. Fu solo dopo l'inchiesta, che lei comin­ciò a voler mettere i puntini sugli i. Domandò al marito se era certo che il suo orologio funzionasse bene. Allora lui le disse ciò che era successo. Fu lei, quella che dimostrò al marito che era in anticipo di quindici minuti. Quinn tornò a guardarmi. Bertha Cool era addirittura inebetita. - Ebbene - dissi a Quinn - cominceremo da qui. Una delle prime cose da fare è di scovare l'arma prima che la trovi il Procu­

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ratore Distrettuale. Tenete bene a mente questo: il Procuratore Distrettuale è un osso duro. Vuole condannare John Ansel per assassinio di primo grado. Non vuole cedere le armi. Anche se riuscisse a provare che Walden chiuse la stazione di servizio quindici minuti prima, finora non è riuscito a provare che Elizabeth Endicott è colpevole di avere assassinato il marito. E' ciò che lo preoccupa maggiormente. Noi ora usciremo per sco­prire se quell'arma è ancora là. - Ma non hai ancora capito - disse Barney Quinn - che quando Ansel sarà sul banco degl'imputati dovrà dire la verità? Non è capace di mentire, e ora che so la sua storia, non posso per­mettere che menta. Deve dire cosa fece di quell'arma. - Non deve andare sul banco degl'imputati - dissi. - Se non ce lo facciamo andare, siamo battuti - rispose Barney. - No. Avremo in pugno il Procuratore Distrettuale.- In che modo? - Produrremo un testimonio. - E quale? - Helen Manning. - E chi è? - E' una segretaria licenziata che andò da Elizabeth Endicott per dirle che razza di farabutto fosse suo marito. Fu lei a rive­lare a Elizabeth che Karl aveva mandato deliberatamente John a morte. E' lei che fece desiderare a Elizabeth Endicott di ucci­dere il marito. Fu la prima a insinuare l'idea in mente a Eliza­beth. Elizabeth Endicott sedeva immobile come una statua, il viso ermetico. - Cosa state cercando di fare? Volete spedirmi nella camera a gas? - Stiamo escogitando la maniera di costringere il Procuratore Distrettuale a mettere il piede in due staffe - dissi. - Sarà difficile. E' troppo furbo! - osservò Quinn. - D'accordo. Che avete intenzione di fare con lui? - domandai. Quinn non rispose. - Non vi resta che una cosa, da fare - dissi, rivolto a Elizabeth Endicott. - Non possiamo fare le indagini alla luce del sole, altrimenti la polizia se ne accorgerebbe. La proprietà di Cooper Hale confina con la vostra, perciò noi aspetteremo a incomin­ciare le nostre ricerche dopo mezzanotte. Andremo a casa vo­stra. Usciremo dalla porta di servizio. Poi, carponi, perlustre­remo palmo a palmo la siepe. - Ma cosa diavolo ne faremo, ammesso che la troviamo? - do­mandò Barney Quinn.- La terremo - risposi.

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- Ma è un crimine, nascondere una prova - scattò Quinn. - Potrebbero radiarmi dall'albo degli avvocati! - Tu non ci verrai, Barney - ringhiai. - Domani ci domanderai se abbiamo trovato un'arma nella siepe. Su, Bertha, andiamo. Saremo da voi tra un paio d'ore, signora Endicott. Lasciate aperta la porta per noi. Ci preparerete un caffè per animarci.

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Era una notte buia. Una nebbia densa si diffondeva dall'ocea­no, impregnando l'aria di umidità. Bertha Cool ed io strisciando carponi nell'erba umida, tastava­mo meticolosamente palmo a palmo il terreno della siepe. - Perché hai detto a Elizabeth Endicott di restare dentro? - domandò Bertha. - Prima di tutto, perché non possiamo fidarci di lei - risposi. - Inoltre, perché se venisse qualcuno, potrebbe darci un segna­le. - Mi sono rovinata un vestito, un paio di calze nailon e le un­ghie di due dita - si lamentò Bertha. - Questo non è niente. Potresti rovinarti la carriera. - Perché diavolo stiamo facendo tutto questo?- Stiamo lavorando per la nostra cliente. - Non ho mai fatto niente del genere, prima. Ci volevi tu, per cacciarmi nei guai - Prima non hai fatto quattrini, però - la rimbeccai - Ora sta zitta e datti da fare. Non limitarti a cercar superficialmente. Devi scavare il terreno con le dita. Quella "cosa" è qui da anni, e sarà coperta, ormai. - Possibile che nessuno l'abbia trovata? - Nessuno si è preoccupato di cercarla. Il giardiniere si limita a innaffiare la siepe, lo fa di rado. E' una siepe così fitta, da non permettere di strappare decentemente le erbacce che vi cre­scono sotto, perciò l'arma sarà ormai sepolta. Bertha imprecò. - Cosa succede? - Mi sono lacerata il vestito e graffiata la faccia, Donald Perché

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diavolo non possiamo adoperare una lampadina tascabile? - Non possiamo correre il rischio di essere visti mentre faccia­mo questo lavoro. Forse la polizia sta sorvegliando la zona. Nella casa accanto, ci abita Hale! Bertha grugni, bestemmiò riprese a strisciare carponi Fu allora che le mie dita urtarono contro qualcosa di duro. - Bertha, credo di avercela fatta! - esclamai. - A meno che non sia un sasso, è ... Evviva! E' proprio l'arma! - Dio sia lodato! Era ora! - e Bertha si alzò in piedi. - Non so come farò a rientrare in albergo, in queste condizioni. Il portie­re mi scambierà per una ladra di polli! - E tu digli che ti sottovaluta. Digli che sei rea di fellonia. Ruba­re polli è solo cattiva condotta. - Bene. Andiamo ad avvertire Elizabeth. Poi sarà bene telefo­nare a Quinn. - No. - No che cosa? - Diremo a Elizabeth che abbiamo perlustrato la siepe e non abbiamo trovato niente - risposi. - Diremo la stessa cosa a Barney, - Qualche volta mi fai desiderare di non averti mai incontrato - disse Bertha con convinzione.

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C'era un errore nella storia che John Dittmar Ansel aveva rac­contato a Quinn. L'arma era completamente arrugginita. Non era possibile apri­re la canna senza avere prima sottoposto l'arma a un procedi­mento che ne eliminasse in parte la ruggine. Ma, alla luce del­la lampadina tascabile, dopo avere tolto un po' di polvere dal­la canna, potei notare, ad onta della ruggine, che il bossolo che era in linea con la canna, era stato sparato. Alla luce della lampadina tascabile potevo distinguere chiaramente che era vuoto. Gli altri cinque bossoli avevano la pallottola. Era una faccenda maledettamente complicata. Il caso cominciò come previsto. Si procedette alla stesura del­l'elenco dei giurati. Barney Quinn era in possesso dei nostri appunti. C'eravamo anche noi in tribunale, in modo che potesse consultarci quan­

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do voleva, e tuttavia era avvilito, demoralizzato. Pareva condannato a morte. Evitò accuratamente di domandarci del­l'arma. Durante la sospensione di mezzogiorno lo presi in disparte, in modo che i giornalisti non potessero sentirci, e lo afferrai per un braccio. - Ti stai comportando come un bambino - dissi. - Ricordati che sei un legale che rappresenta un cliente imputato di assassi­nio. C'è la pena di morte, per l'assassinio. I giurati tengono d'occhio il Procuratore Distrettuale e te. Hai l'aria di uno che deve difendere un cliente colpevole. Non è giusto né leale, nei confronti del tuo cliente. Svegliati e combatti, non perché hai le spalle al muro, ma perché difendi un cliente innocente. - Non sono un bravo attore - rispose Quinn, - Be', allora è tempo di diventarlo. Nel pomeriggio andò un po' meglio. Grazie alle informazioni che avevamo raccolte per lui, Quinn sapeva tutto quello che c'era da sapere sul conto dei giurati. Il pericolo, naturalmente, consisteva nel fatto che la giuria si stancasse. In quel caso il giudice avrebbe dovuto nominare dei sostituti, e Quinn avrebbe avuto una lista di nomi di cui non sapeva nulla. Mortimer Irvine, il Procuratore Distretruale, era un uomo alto, dignitoso e piacente, coi folti capelli scuri, le spalle larghe e la vita sottile.Era scapolo, ed era considerato uno dei migliori partiti del posto, e amava far colpo sulle giovani donne della giuria. Però gli piaceva impressionare favorevolmente anche le ma­trone. di una certa età. Erano i vecchi fattori nerboruti e dalle mani callose, che non gli garbavano. Le donne giovani lo. consideravano il loro idolo. Avrebbero ascoltato la sua requisitoria guardandolo con occhi adoranti, e sarebbero usciti dall'aula mormorando: - Non è stato mera­viglioso? Le più anziane vedevano in lui l'eroe romantico dei loro sogni di gioventù. La maggior parte dei fattori dalle mani callose, invece dopo aver guardato i capelli accuratamente pettinati di Irvine, e dopo aver fissato i su occhi sognanti, avrebbero pronunciato il verdetto in favore dell'imputato. Barney Quinn aveva compilato la sua lista con lo scopo preci­so di eliminare dalla giuria il maggior numero di donne possi­bile. Irvine, al contrario, avrebbe voluto una giuria di sole donne.

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Appena mi resi conto come stavano le cose, trassi Barney in disparte e gli dissi: - Fa' il suo gioco, Barney - Che intendi dire? - Lascia che le donne vadano nella giuria. - Cribbio, no! - protestò Quinn. - Ce ne sono troppe. Le donne, fanno il tifo per lui. Ha una voce profonda, affascinante. Le guarda negli occhi con quel suo sguardo sognante. Spende un mucchio denaro per vestirsi, e si cambia d'abito tutti i giorni. E' un attore consumato. Vuole ad ogni costo essere adulato e incensato, ed è un uomo assai ambizioso: mira a farsi, eleggere sceriffo, senatore e governatore. - Ciò nonostante - insistei fa' il suo gioco. Lascia che la giuria sia composta quasi esclusivamente di donne. Quinn sbuffò. - Tanto, sarà tutto inutile. Ansel si dichiarerà colpevole. - Hai bisogno urgente di una bottiglia di liquore, di una gra­ziosa donnina e di una bella dormita. Questo caso è decisivo per te: o la va, o la spacca. - Ebbene, sono certo che non andrà - disse cupamente. - Ah, puoi esserne più che certo, se continui così!Dopo che anche Bertha se ne fu andata, telefonai a Stella e le diedi appuntamento per l'ora di pranzo. Prendemmo l'aperitivo, pranzammo, poi andammo nel suo appartamento a bere un liquore. Lei non sedette sul divano, ma sulla poltrona. Era un po' sostenuta. - Come va col vostro corteggiatore? - Quale corteggiatore? - Il banchiere. - Ah, volete dire Cooper Hale - disse. - Sapete, Donald, ho l'impressione che stiate diventando geloso. - E mi guardò maliziosamente. - Può darsi - ammisi. - Cooper è un brav'uomo, inoltre s'interessa molto a me. Voi, invece, siete l'essere più indifferente e riservato ch'io abbia mai incontrato. - Sono riservato perché sto occupandomi del caso Endicott, e anche molto preoccupato. - Perché? - Vi dirò, in tutta confidenza: c'è un testimonio che il Procura­tore Distrettuale riuscirà forse a scoprire, un testimonio che può fornire il movente. Lei abbassò le lunghe ciglia e fissò con interesse la punta della sigaretta. - Chi è? - domandò evitando di guardarmi.

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- Una donna che si chiama Helen Manning, Un'ex segretaria di Endicott, che lui licenziò. Quasi nessuno sa che questa donna andò dalla signora Endicott e le disse che Endicott era un farabutto, che aveva mandato John Ansel nella giungla per liberarsi di lui. E' una storia spaventosa. - Immagino la reazione della signora Endicott - osservò Stella. Rimasi silenzioso. Anche Stella tacque e parve riflettere.- Sapete, Donald - disse - io credo che abbiate ragione voi. Trasformerò la mia proprietà in cartelle fondiarie che mi diano un reddito, e riprenderò a fare la disegnatrice. - Attenzione a chi terrà le cartelle - dissi. Si morse le labbra. - So giudicare la gente a prima vista, e di solito non sbaglio mai: ma se mi accorgo che qualcuno cerca di fregarmi, divento spietata. - Quasi tutte le donne lo sono, ma non vogliono ammetterlo. - Io, invece, non solo lo ammetto, ma ne sono fiera. Vi consiglio di non tentare mai di tendermi un tranello, Donald, - Non ne ho alcuna intenzione. - Tirerei fuori le unghie. Mi versò dell'altro liquore, vuotando la bottiglia. Indossava una vestaglia trasparente, e quando aprì la porta della cucina per andare a prendere un'altra bottiglia di liquore, ebbi agio di ammirare, contro luce, ogni curva del suo corpo perfetto. Restò un attimo sulla soglia, come se pensasse a qualche cosa, poi si voltò e disse; Preferite brandy e Benedectine o menta al seltz, Donald? Restai un istante indeciso. - Li avete tutti e due? - domandai.- Sì. - Cambiò posizione con leggerezza. Era in piena luce, ora. - Brandy e Benedectine, Stella - dissi infine - ma solo un sorso. Devo lavorare per questo maledetto caso. - Voi e il vostro caso! sbuffò lei.- Quando sarà risolto, mi vedrete più spesso.- Staremo a vedere se io vorrò vedervi, allora! Entrò in cucina e prese le bottiglie, poi spense la luce ritornò. Dopo aver preso il liquore le diedi il bacio della buona notte e me ne andai. L'indomani mattina, alle otto il telefono squillò. Afferrai il microfono. La voce che rispose al mio "pronto" era piuttosto isterica. - Signor Lam? - Si. - Sono Helen Manning. - Salve, Helen. Cosa c'è? - Ho appena ricevuto un ordine di comparizione in tribunale, C'è

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un ufficiale giudiziario qui. Dice che il Procuratore Distrettuale di Orange County vuole parlarmi. - Dov'è, l'ufficiale, adesso? - Nell'altra stanza. Gli ho detto che sarei andata in camera da letto a cambiar d'abito. Cosa devo fare?- Cosa potete fare? Tacque un attimo. - Nulla temo - disse infine. - Potreste consultare un legale - suggerii. - Ma forse, farebbe una brutta impressione. Sembrerebbe che aveste qualcosa da nascondere. Potete rifiutarvi di parlare, ma ciò non servirebbe che ad attirare l'attenzione su di voi. Credo proprio che l'unica cosa che vi resti da fare, sia di dirgli la verità. - Non posso dir loro la verità. - E nemmeno mentire. V'imbottiglierebbero con un mucchio di domande. Posso darvi un solo consiglio. - E quale?

- Mortimer Irvine, il Procuratore Distrettuale di Orange County, è alto, bruno e aitante: un tipo sensazionale, e scapolo per giun­ta. Fatevi furba, quindi! - Dite davvero, Donald? domandò lusingata. - Sì. E voi avete fascino personalità ed eleganza.- Oh, Donald!- Non parlate con nessuno. Non perdetevi in chiacchiere. Serba­te la vostra storia per le orecchie del Procuratore Distrettuale. Intesi? Per lui solo. Dal tono della sua voce si capiva che si era rincuorata. - Donald, siete meraviglioso! Mi avete tirata su di morale!- Arrivederci - e riattaccai.

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Alle undici della mattina, si arrivò al dunque. Il giudice Lawton disse: - Il Pubblico Ministero può sollevare eccezioni. Mortimer Irvine, in piedi, si inchinò, sorrise alla Corte e volse gli occhi sognanti a guardare la giuria. - L'accusa è completamente soddisfatta della giuria. Non si sollevano eccezioni.

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Il giudice Lawton guardò Barney Quinn. Quinn si volse per incontrare il mio sguardo. Gli risposi con un'occhiata incoraggiante. Quinn si alzò e, con un forzato sorriso convenzionale disse rivolgendosi ai giurati; - Se la Corte lo permette, il mio cliente confida nella giustizia e nell'imparzialità di questo tribunale. Il giudice Lawton non gradì molto il discorso, ma disse: Benis­simo. La giuria dovrà ora prestare il giuramento. I supplenti, che sono in attesa, sono dispensati. Appena la giuria avrà prestato il giuramento, la Corte si ritirerà per dieci minuti, dopo i quali il Procuratore Distrettuale inizierà il dibattimento. Vi fu un certo fermento nell'aula. I giornalisti si precipitarono fuori per telefonare la notizia che la giuria era stata accettata, e per comunicare i nomi dei giurati. Barney Quinn mi raggiunse, e appena il tumulto si fu un po' calmato, disse: - Meglio così. Almeno sapremo subito contro cosa dobbiamo lottare. - Forse - ammisi. - Ciò non esclude che ci possano essere delle sorprese, però. - Come mi trovi, oggi? - Meglio. Cerca di non dimenticare che la giuria tiene d'occhio gli avvocati. Il minimo gesto può tradirti. La giuria osserva tutto: il modo di dimenarsi sulla sedia, il modo di guardare l'orologio, o di passare le dita tra i capelli, o di prendere in ma­no la matita. Nulla sfugge, ai giurati. Questa è la tua grande occasione. Devi mettercela tutta. - Questa è la grande occasione di Irvine - disse Quinn cupo. - La grande occasione per diventare Procuratore Generale. E' gentile, sorridente, comunicativo: inoltre, Lam, non dimenti­care che nella giuria ci sono ben otto donne, maledizione!- E con ciò? Cosa ottiene quando si arrabbia? - Non so. - Cerca di scoprirlo, allora Quinn mi guardò con un debole sorriso. - Questo caso mi fa perdere le staffe, Lam Hai trovato l'arma? Sostenni il suo sguardo. - No. - Davvero? - disse, illuminandosi. - No, diamine! Sei l'avvocato difensore: se l'avessi trovata, te lo direi! Non stiamo lavorando per te? - Intendi dire che non ho soppresso nessuna prova? - Nella maniera più assoIuta. Sembrò acquistare coraggio Perché non me l'hai detto subito? - Non me l'hai domandato

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- Non avevo il coraggio di farti questa domanda. Credevo... Ansel era così sicuro aver gettato la rivoltella nel cespuglio... - Dubito che abbia mai posseduto un'arma. Sai qual è la mia idea?- Qual è? - Credo. che quel povero ingenuo sia convinto che Elizabeth Endicott abbia ucciso il marito, e che stia tentando addossar­sene la colpa. Quinn sembrò riflettere. Vidi la porta della sala dei giudici aprirsi. Ammiccai a Quinn - Suvvia, va', e fa' perdere le staffe al Procuratore Distrettuale. Il giudice Lawton dichiarò aperta l'udienza. Mortimer Irvine cominciò a parlare con voce ben modulata di chi ha eseguito un corso di recitazione, La sua fu una deposizione brillante, che però si mantenne sulle generali. Disse che da tempo aspettava di provare che tra Elizabeth Endicott , la vedova di Karl Carver Endicott, e l'im­putato John Dittmar Ansel, vi era un legame. Si riservava di di­mostrare che, non appena Elizabeth Endicott accettò di sposare il defunto Karl Carver Endicott. L'imputato Ansel non si era rassegnato a far buon viso a cattiva sorte, ma aveva continuato a sperare di buttare all'aria quel matrimonio, nono­stante fosse un dipendente di Karl Endicott, e nonostante Endicott gli avesse dato la sua fiducia; mandandolo In una missione così delicata , importante. Ansel, vera serpe covata in seno, aspettava in agguato il momento propizio ... Barney Quinn balzò in piedi, interrompendo. Disse che non avrebbe voluto interrompere, ma che non era questo il mo­mento di declamare. Quella avrebbe dovuto essere semplice­mente una deposizione iniziale, in cui il Procuratore Distret­tuale era autorizzato a elencare dei fatti che s'impegnava a provare, e non un discorso drammatico fatto per fare colpo sui giurati. Il giudice Lawton divenne furioso. Mortimer Irvine era addirittu­ra fuori dei gangheri. Il giudice rimproverò aspramente Barney per il modo in cui aveva sollevato l'eccezione e ammoni Irvine per aver abusato del privilegio d'iniziare la deposizione. Però accettò l'eccezione. Irvine non era altrettanto efficace, quand'era fuori di sé. Perdeva la sua tranquilla sicurezza. Lasciava trapelare il suo temperamento violento, sarcastico. In quel momento capii che non era un nemico pericoloso, e che era incapace di attaccare efficacemente l'avversario. Girava intorno alle questioni, sen­za affrontarle.

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Quando riprese a parlare, Irvine disse che si riservava di dimo­strare che Ansel era tornato da una spedizione cui aveva par­tecipato volontariamente e per la quale aveva ricevuto un as­segno di ventimila dollari. Inoltre avrebbe dimostrato che, po­chi minuti dopo il suo arrivo all'aeroporto, Ansel aveva fatto una telefonata, che era stata registrata. Questa telefonata era diretta alla residenza di Karl Carver Endicott, ma, come il nastro magnetico avrebbe dimostrato, si era svolta tra la signora Endicott e John Ansel, Irvine dichiarò che avrebbe dimostrato come Ansel si fosse recato a casa Endicott. Con grande sorpresa dell'imputato, la persona che aveva aperto la porta, era Stato Karl Carver Endicott. Endicott aveva invitato Ansel a seguirlo in una came­ra al piano superiore. Pochi minuti dopo, Karl Carver Endicott era stato trovato morto, ed Elizabeth Endicott era vedova. Dopo di che, Ansel si era deciso a sparire. Si era nascosto, ed era rimasto nell'ombra tutto quel tempo, riuscendo a sfuggire alla legge, favorito dal fatto che tutti lo credevano morto. Durante quel lungo periodo di attesa aveva continuato a in­contrarsi clandestinamente con Elizabeth Endicott. Infine la polizia, avendo dei sospetti, aveva ordito un tranello per acchiappare la coppia colpevole: Elizabeth Endicott, la vedova, che si era unita all'assassino del marito quando il cor­po della vittima era ancora caldo, e John Dittmar Ansel, l'impu­tato, che aveva ripagato il suo capo per l'occasione di far car­riera che questi gli aveva offerta, infilandogli nella nuca una pallottola calibro 38. Irvine sedette tra il fermento generale. Uno o due dei membri femminili della giuria guardò John Ansel con orrore. L'udienza fu interrotta per la pausa di mezzogiorno. - E' nelle tue mani, ora - dissi a Barney Quinn. - E' incapace di combattere. La lotta non si addice al suo tipo sognante. Trasci­nalo nella mischia e costringilo a reagire. Non permettergli di continuare con quella solfa del dipendente che tradisce il suo benefattore. Fa' la deposizione d'apertura, che ti compete, ap­pena la Corte lo permette. Di ai giurati che Ansel fu deliberata­mente mandato in una spedizione-suicidio, allettato dal com­penso di ventimila dollari, che non gli furono pagati nemmeno in anticipo, che gli sarebbero stati pagati al ritorno da quella missione infernale. - Ma l'avvocato difensore non può fare la sua arringa finché non è pronto a concludere il suo caso - disse Quinn - Allora non ci sarà più nessun caso. Devo deciderti a mettere il tuo cliente sul banco degl'imputati! Di quello che ti riservi di

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provare, e supera tutti gli ostacoli! Irvine ha parlato della fedeltà che un dipendente deve al suo padrone. Dimostra loro il rovescio della medaglia. Parla del tiranno che, abusando del suo potere, manda un uomo incontro a morte certa per soffiar­gli la ragazza.- La Corte mi rimprovererà aspramente per questo- obiettò Quinn. - Niente paura: la Corte ha rimproverato anche Irvine. Quinn fece un lavoro soddisfacente. Irvine perse le staffe. Balzò in piedi, interrompendolo. Man mano che la storia usciva dalle labbra di Quinn, qualcuna tra le donne cominciò a guardare con una certa simpatia John Ansel, Molte di loro presero a fissare con insistenza il volto impenetrabile di Elizabeth Endicott. Presi un appunto per Quinn, affinché si ricordasse di dire ai giurati che davanti a loro c'era una donna che aveva sofferto al punto di non avere più lacrime per sfogarsi. Una donna che per anni era rimasta chiusa nel suo dolore. Una donna affran­ta. Quinn prese l'aire. Aveva ormai acquistato una certa sicurez­za, e cominciava a sfoggiare quelle qualità che gli avevano fatto acquistare la fama di penalista acuto e brillante. Dal momento in cui s'incominciarono ad interrogare i testimoni, gran parte dell'effetto raggiunto dal discorso iniziale di Irvine cominciò a dileguarsi. I giurati ascoltavano con interesse e curiosità. I loro sguardi andavano dagli avvocati ai testimoni, dai giudici all'imputato; ma soprattutto si fissavano su Elizabeth Endicott.Era lei, il personaggio principale, dopo tutto: la facoltosa erede del magnate del petrolio, la donna che dopo la morte del marito si era circondata di mistero, vivendo come una reclusa, e che ora era coinvolta nel caso d'omicidio per avere continuato a incontrarsi clandestinamente, per tutto quel tempo, con un uomo che da anni sfuggiva al giudizio della legge. I giurati si preparavano a godere dei particolari più scabrosi. Irvine elencò brevemente le testimonianze: un ispettore aveva fatto un rapporto sui fatti; alcune fotografie lo completavano; un chirurgo aveva fatto l'autopsia del cadavere, dimostrando così che Karl Carver Endicott era stato ucciso da una pallottola calibro 38, che gli aveva trapassato la nuca, uscendogli quasi dalla fronte. Fu mostrato il proiettile. Il colpo era stato sparato da una distanza tale che non vi erano tracce di bruciatura causata dalla polvere. Era opinione del testimonio che il colpo

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era partito da circa un metro di distanza dalla vittima, al mo­mento in cui questa aveva voltato le spalle all'assassino. Mortimer Irvine dette un'occhiata all'orologio, poi disse in tono solenne: - Chiamate Helen Manning sul banco dei testimoni. Helen si era parata a festa. A parte qualche chilo di troppo, era una ragazza carina e lo sapeva. Tuttavia, non era certo lei a esercitare il suo fascino: si vedeva benissimo che stava subendo quello di Mortimer Irvine. Disse esattamente ciò che tutti si aspettavano che di­cesse. Aveva lavorato molti anni per Endicott, ma aveva de­ciso di dare le dimissioni perché il lavoro era troppo pesante per lei. Inoltre nell'ufficio si era creata una situazione insoste­nibile, di cui non aveva voluto informare Endicott, ma che d'altronde non aveva più potuto sopportare. Lei era una se­gretaria competente, ed era in grado di crearsi una buona posizione quando e dove volesse. Il signor Endicott rimase male, e tentò di dissuaderla dal suo proposito, offrendosi di fare tutto quello che poteva per migliorare la situazione, ma invano: lei si rifiutò ostinatamente di rivelargli che in realtà se ne andava perché non andava d'accordo con una giovane collega, cui non voleva nuocere, perché sapeva che aveva a carico la madre ammalata. Non era una segretaria in gamba, e quindi avrebbe faticato non poco a trovare un'altra sistema­zione: mentre lei Helen, era in grado di trovare un impiego quando voleva. Era in possesso di una lettera autografa del signor Endicott, che dimostrava che s'erano lasciati in buoni rapporti. Le refe­renze erano ottime All'epoca in cui lasciò l'ufficio, aveva sentito dire che l'imputa­to John Dittmar Ansel era stato mandato in Amazzonia in una spedizione mortale. Sfortunatamente, aveva creduto a questa storia e l'aveva comunicata alla signora Endicott. - E cosa disse, la signor Endicott? - domandò Irvine. Quinn riacquistò la sua sicurezza. Balzò in piedi come un fulmine. Accusò il Procuratore Distrettuale di condotta pregiu­dizievole, e sollevò delle eccezioni alla sua domanda. Poi prese a smantellare, una a una tutte le prove prodotte dai testimoni. Qualunque notizia fosse stata comunicata a Eliza­beth Endicott, non poteva essere una prova contro l'imputato, e il Procuratore Distrettuale doveva saperlo. Il suo era un ten­tativo insidioso d'influenzare la giuria. Costituiva reato. Quinn domandò alla Corte di considerare nulle le testimonianze, e di ammonire il Procuratore Distrettuale.

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Il giudice richiamò Irvine severamente. - Come potete dimo­strare che una comunicazione fatta alla signora Endicott pos­sa essere giunta alle orecchie dell'imputato? - Ci riserviamo di dimostrare che la signora Endicott comunicò all'imputato ciò che aveva appreso - disse Irvine. - Siete pronto a dimostrarlo? - Si.. Per induzione - rispose Irvine. Il volto di Lawton si fece paonazzo. - Avete testimonianze dirette per sostenere questi fatti, signor Procuratore Di­strettuale? Irvine s'inchinò. - Vostro Onore, sono convinto che i fatti par­lino da soli. Credo che ai giurati dovrebbe essere permesso di trarre delle deduzioni. - Vi ho rivolto una domanda precisa - interruppe il giudice Lawton. - Siete in possesso di prove e testimonianze, per di­mostrare ciò che avete affermato, non con una vaga speran­za, ma in termini legalmente ammessi? Irvine si tormentò nervosamente il colletto. - Mi dispiace sco­prire la mia impostazione, ma se la Corte lo permette, sono certo di poterla sostenere. - Come? - domandò seccamente Lawton.- Date le circostanze, e con l'ammissione dell'imputato stesso - rispose Irvine. Il giudice Lawton disse: - E' compito del tribunale di controlla­re la legittimità delle prove. Credo che questa testimonianza sia pregiudizievole a meno che non sia sostenuta da prove. Prima che siano fatte altre domande in proposito, propongo che voi ci informiate circa le prove che potete avere, dimo­strandoci come proponete di provare questa dichiarazione, e come vi proponete di farla pesare contro l'imputato. - Se la Corte lo permette, ci sono altri testimoni da interrogare - disse Irvine.- La Corte non vi permette di procedere all'interrogatorio, fin­ché non avrete dimostrato la fondatezza delle vostre accuse. E' compito della Corte di controllare la validità delle prove, e di tutelare i diritti dell'imputato. La Corte ritiene che al Procuratore Distrettuale si richieda ben altro che un'opinione personale, per dimostrare la fondatezza di un'accusa. - Va bene - disse Irvine, - Posso sospendere l'interrogatorio della teste, e procedere all'interrogatorio del prossimo teste? - L'altro testimone renderebbe più valida la deposizione di questo teste? - Sì, Vostro Onore. - Va bene - disse il giudice Lawton. - Non ci devono essere

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malintesi nei verbali circa ciò che sta avvenendo. Esiste un'eccezione per indurre la Corte a stralciare l'intera dichiara­zione di questo testimone dai verbali. C'è un'eccezione presso la Corte affinché la giuria sia istruita di non prendere in consi­derazione domande e risposte di questo testimone, e di am­monire il Procuratore Distrettuale. La Corte si riserva di deci­dere circa questa eccezione fino a dopo avere udita la testi­monianza del prossimo teste. "Voi, signorina Manning, potete per il momento abbandonare il banco dei testimoni. Però non lasciate il tribunale. La vostra testimonianza non è ancora conclusa, Dovete ancora essere sottoposta al contro-interro­gatorio. Siete temporaneamente sospesa, in modo. che il Pro­curatore Distrettuale possa interrogare. un altro testimonio. Ed ora, signor Procuratore Distrettuale, potete procedere al­l'interrogatorio di quel teste che ritenete possa confermare la fondatezza delle vostre accuse. - Va bene, Vostro Onore - disse Irvine, sforzandosi di essere disinvolto. - Venga il teste John Small Ormsby, Ormsby era tutto vestito a nuovo: scarpe, vestito, camicia nuovi di zecca, e taglio di capelli recente. Pareva a disagio. Ormsby, saltò fuori; stava scontando una condanna nella prigione della contea. Era stato accusato dì essere in posses­so di sigarette alla marijuana. Doveva scontare sei mesi di reclusione. Si era ingraziato i poliziotti: era diventato uno spione ed era stato messo nella cella di John Ansel, con cui aveva avuto una conversazione. - Come si svolse la conversazione? - domandò Irvine. Ormsby si assestò sul banco dei testimoni, incrociò le gambe, e le sue scarpe nuove luccicarono, - Be', pare che Ansel fosse appena rientrato dopo il colloquio col suo avvocato, e che questi lo avesse trattato molto bruscamente. - Un attimo - interruppe il giudice Lawton. - Non vi abbiamo chiesto la vostra opinione personale. Vogliamo sapere ciò che fu detto. - Proprio così – disse Irvine mellifluo. - Cosa fu detto? Il signor Ansel vi confidò che l'avvocato lo aveva trattato bruscamente? - Queste furono le sue parole precise - rispose Ormsby. - Disse che l'avvocato lo aveva trattato bruscamente. - E poi, cosa disse? - Disse di avere capitolato e di aver confessato all'avvocato di essere uscito armato, la notte in cui andò da Endicott. Disse di avere gettato l'arma dalla finestra, in una siepe. - Che altro disse? - domandò Irvine. - Be'; disse che credeva di avere commesso un errore a confes­

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sare tutto ciò all'avvocato, e che temeva di avergli fatto perde­re la sicurezza. Gli occhi dei giurati si posarono su Barney Quinn. Quinn ebbe la presenza di spirito di voltare il capo e di ridere silenziosamente.- E poi? - domandò Irvine.- Be', disse che la signora Endicott gli aveva parlato di una cer­ta segretaria licenziata che le aveva rivelato come Endicott lo avesse mandato... - Dunque è Ansel che ve lo disse? - Infatti. Ansel disse che questa segretaria aveva spiattellato alla signora Endicott la verità a proposito della spedizione mor­tale in cui Endicott aveva mandato Ansel, affinché questi fosse messo fuori combattimento. - Che altro disse? - E' tutto qui. Ne parlò con me due o tre volte. Mi domandò se ritenevo che avesse commesso un errore, a parlare dell'arma all'avvocato. - Contro-interrogatorio disse Irvine a Quinn, - Dunque, vi disse di aver gettato l'arma dalla finestra - doman­dò Quinn, con un sorrisetto sprezzante. - Infatti. - Disse che l'arma era sua? - Sì. Mi disse proprio così - Che l'aveva presa con sé quand'era andato da Endicott? - Sissignore. - Vi disse la ragione per cui la gettò dalla finestra? - Be', disse che aveva avuto un senso di nausea. - Provocato da che cosa? Ve lo disse? - Dal pensiero che la sua donna appartenesse a un uomo come Endicott. - State bene a sentire, ora - e Quinn puntò l'indice contro il teste - disse di avere sparato? - Nossignore. - Disse di non avere sparato? - Disse proprio così. Che non era stato lui a sparare. - Vi disse quando la signora Endicott gli rivelò ciò che la segreta­ria le aveva spiattellato? - Nossignore. - Ma avete avuto l'impressione che ciò sia avvenuto molto tempo dopo la morte di Endicott, vero? - Mi oppongo - protestò Irvine. - La sua impressione non conta. La domanda non è pertinente. - Accettata l'eccezione disse Lawton, - Non vi disse di aver visto la signora Endicott dopo la morte del

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marito? - Sissignore. Disse proprio così. - Quindi, lei non poté dirgli niente prima d'allora? - Mi oppongo a questa domanda! - esclamò Irvine. - Accettata l'eccezione disse Lawton. - Però vi disse chiaramente che, dacché parti per la giungla, non rivide la signora Endicott.: fin dopo la morte del marito? - Sì. Disse così. - Voi siete uno spacciatore di stupefacenti, è vero? - domandò Quinn. - Mi oppongo! - gridò Irvine. - Il teste non è tenuto a rispondere!- La domanda, tuttavia, può essere preliminare e collegarsi ad altra domanda riguardo l'imparzialità del teste - dichiarò il giu­dice Lawton. - Allora, prima si faccia l'altra domanda - disse Irvine, - Siete in prigione in seguito a una condanna? - Sissignore .. - Da quanto tempo? - Da più di quattro mesi. - E, quanto tempo vi resta ancora da scontare? - Circa dieci giorni. - Perché siete stato arrestato? - Ero in possesso di sigarette alla marijuana. - Le fumavate voi? - Sissignore. - Le spacciavate? - Mi oppongo a questo contro-interrogatorio! La domanda non è pertinente! - gridò Irvine. - Sostengo l'eccezione - sentenziò Lawton. - Avete avuto un colloquio con qualche funzionario che vi ha promesso di lasciar cadere l'accusa a vostro carico per spaccio di sigarette alla marijuana, purché accettaste di fungere da testimonio in questo processo? - Be' ... no. - Avete avuto un colloquio con qualche funzionario, in cui vi si prometteva che se vi foste recato nella cella di John Dittmar Ansel, per farlo cantare, onde poter usare la sua confessione come testimonianza, sareste stato rilasciato, senza dover su­bire un secondo giudizio per spaccio di sigarette alla marijuana? - Nossignore. Non in questi termini. Quinn lo guardò con disprezzo. - Da quanto tempo possedete queste scarpe?

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- Le ho comperate ieri. - Dove? - In un negozio. - A quanto pare, dovreste essere in prigione. Come avete fatto a uscirne? - Lo sceriffo mi diede il permesso. - Dove avete comperato questi pantaloni? - In un magazzino. - Quando? - Ieri. - Dove avete comperato questa giacca? - In un magazzino. - Quando? - Ieri.- Chi ha pagato questa roba?- Lo sceriffo.-E le scarpe? - Lo sceriffo . - Quando vi siete fatto tagliare i capelli?- Ieri. - Chi ha pagato il parrucchiere? - Lo sceriffo. - Dove siete andato a tagliarvi i capelli? - Da un parrucchiere, in città. - Non c'è un barbiere, nella prigione? - Non so. - Da quanto tempo siete qui?- Da quattro mesi e mezzo. - Immagino che vi sarete tagliati i capelli, in tutto questo tempo!- Sissignore. - Chi ve li ha tagliati? - Un barbiere, in prigione. - Ma ieri, dopo che voi vi precipitaste a spiattellare le notizie ai poliziotti, dopo aver fatto loro la spia, il barbiere del carcere non era abbastanza, per voi. Affinché impressionaste favore­volmente la giuria, foste condotto da un parrucchiere di clas­se, non è vero? - Be', mi accompagnarono in città. - E' nuova, questa camicia?- Si. - Chi l'ha pagata? - Lo sceriffo. Barney Quinn distolse con disgusto gli occhi dal viso dell'uo­

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mo. - Non c'è più niente da dire. Il teste lasciò il banco. - Ed ora, Vostro Onore continuò Quinn - rinnovo la mia richie­sta di annullare la deposizione di Helen Manning, perché ri­sulta evidente che, qualunque cosa abbia rivelata alla signora Endicott, non può essere stata da questa comunicata all'im­putato prima della morte della vittima. Rinnovo la mia richie­sta di ammonire il Procuratore Distrettuale per condotta pre­giudizievole e che la giuria sia avvisata di non prendere in considerazione tutto ciò che il Procuratore Distrettuale ha detto fino ad ora, né la deposizione di Helen Manning. Il giudice Lawton si sporse in avanti sul seggio e disse, scan­dendo le parole: - La richiesta di annullare la testimonianza di Helen Manning è accettata. La giuria è avvisata di non pren­dere in considerazione la deposizione della teste. "La, Corte riconosce l'esistenza di condotta pregiudizievole da parte del Procuratore Distrettuale. I giurati sono avvisati di non porre attenzione alle dichiarazioni fatte dal Procuratore Distrettuale, o dichiarazioni di legali di ambo le parti, ad ecce­zione di quelle dichiarazioni che sono confortate da evidenza concreta che sia ammessa alla considerazione della giuria. La Corte avvisa i giurati di considerare nulla qualsiasi dichiarazio­ne fatta dal Procuratore Distrettuale a proposito della deposi­zione di Helen Manning. Ed ora, signor Procuratore Distrettua­le procedete all'interrogatorio del prossimo testimonio." - Il mio prossimo testimonio, se la Corte permette - disse Irvine - è uno che si riferisce alla testimonianza che ... - Quella testimonianza è stata stralciata - rimbeccò aspro il giudice Lawton, - Potete richiedere che sia reintegrata, se ad un certo punto potrete fornir prove. La Corte ritiene che la prova era stata procurata in modo scorretto. La Corte ritiene che il Procuratore Distrettuale avrebbe dovuto produrre ogni testimonianza che si riferisse alla deposizione della teste Man­ning prima di detta deposizione. "La Corte ritiene che ogni ulteriore. riferimento da parte del­l'accusa a testimonianze che non sono state ammesse a ver­bale può costituire condotta pregiudizievole, Ed ora, procedia­mo. - Va bene - disse Irvine con forzata disinvoltura. - Venga il te­ste Steven Beardsley.Beardsley, un tipo alto e stravagante, salì sul banco e prestò il giuramento. - Di che cosa vi occupate, signor Beardsley? - Sono il vice-sceriffo di questa contea.

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- Siete specializzato in qualche campo, in materia legale? - Sissignore. - E in quale campo? - Sono esperto in balistica. Identificazione di armi da fuoco. - Volete direi che esperienza avete in materia? - Ho studiato parecchi anni con i principali esperti dello Stato. Posso vantare un'esperienza decennale, in materia. - Conoscete bene Citrus Grove?- Sissignore. - Conoscete la tenuta di Whippoorwill, che apparteneva a Karl Carver Endicott? - Sissignore. - Conoscete la pianta di questo edificio, con terreno annesso, allegato N. 1? - Sissignore. - Avete mai esplorato la siepe segnata nel documento numero uno? - Sì. - Avete con voi l'arma? - Sissignore. - Producetela, per favore. Il testimonio produsse un' arma arrugginita di acciaio azzurra­to, - Che arma è? - E' una Colt calibro 38. - Quanti bossoli ci sono in questa rivoltella? - Cinque bossoli, con la pallottola, ed uno vuoto nella canna. - Siete stato in grado di sparare altri colpi con quell'arma? - Ho trovato una certa resistenza a rimettere l'arma in condi­zioni di sparare, ma sono riuscito a eliminare abbastanza rug­gine per ripristinare il meccanismo. Di proposito non ho elimi­nato tutta la ruggine, in modo da dimostrare in quali condizio­ni sia stata trovata l'arma. - In base a questo criterio, siete in grado di dichiarare se que­sta sia l'arma dalla quale partì la pallottola che uccise Karl Endicott? - Be', vi dirò che la canna è molto arrugginita. Le impronte so­no tali da non permettere nessuna identificazione. Tutto ciò che io posso dichiarare è che si tratta di una Colt calibro 38, i cui proiettili sono dello stesso tipo, dello stesso calibro e delle stesse caratteristiche di quello trovato nella testa del signor Endicott, Entrambe le pallottole furono sparate da una Colt calibro 38. - In altre parole volete dire che non ci sono motivi, dal punto

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di vista della scienza balistica, per escludere che la pallottola estratta dalla testa di Karl Carver Endicott siano stati sparati da questa rivoltella, non è così? - Esatto. Questa rivoltella può avere sparato il colpo fatale. - Avete rintracciato il possessore di quest'arma? - Sissignore. - A chi appartiene? - Mi oppongo a questa domanda perché non è la prova miglio­re, perché richiede dichiarazioni per sentito dire, perché sug­gerisce la conclusione al testimone ed invade la pertinenza della giuria. Irvine parve seccato. - Se la Corte permette, arriveremo alla conclusione in altro modo, ma si tratta di procedura costosa e richiede la chiamata di un testimonio che dovrà prendere l'ae­reo per venire qui. - Ciò nonostante - sentenziò il giudice Lawton - questa è una delle garanzie costituzionali dovute ad un uomo accusato di omicidio. Egli ha il diritto di affrontare i testimoni che ha con­tro di lui, e di contro-interrogarli. Il teste che è ora sul banco non può sapere a chi appartenga l'arma; ha solo fatto delle indagini, e un poliziotto lo ha convinto che l'arma è di proprie­tà di una certa persona. - Esatto, Vostro Onore. - Approvata l'eccezione - disse il giudice Lawton, - E ora, pare che sia giunto il momento di chiudere l'udienza. Si riprenderà domani mattina. Nel frattempo l'imputato è affidato alla cu­stodia dello sceriffo e i giurati sono avvisati di non discutere il caso tra loro, né di permettere a chiunque di discuterne in lo­ro presenza. Non è permesso esprimere giudizi ed opinioni finché il caso non sarà definitivamente sottomesso alla loro decisione. L'udienza si riaprirà domani mattina alle dieci. Quinn mi precedette verso l'uscita. - Ti aspetto nel mio ufficio - disse, passandomi accanto. Lo raggiunsi. - Cosa vuoi? - domandai. - Discutere a proposito delle prove. - Al diavolo! Ho altro da fare, io. Sta vicino al telefono, in mo­do che io possa chiamarti a qualsiasi ora della notte. Cerca di dormirci su. Sarà una notte infernale! Feci un cenno a Bertha, e insieme ci aprimmo un varco tra la folla. - Ed ora, che succede? domandò Bertha. - Ora - risposi - andremo dal nostro esperto di balistica a Pasa­dena, per scoprire cosa diavolo abbiamo scovato nel giardino. - E' una Colt calibro 38 - disse Bertha.

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- Probabilmente, è l'arma del delitto. Ciò significa che uno di noi sarà chiamato come testimonio. - Oh, Dio mio! - esclamò lei. Salimmo in macchina e andammo a Pasadena , dove c'era lo studio di uno dei migliori fisici legali. In meno di mezz'ora cono­scevamo il numero dell'arma, e in un'ora avevamo la risposta. L'arma era stata acquistata da Helen Manning sei anni addietro.Riattaccai il microfono e dissi rivolto a Bertha: - Ora è affar tuo, Bertha, Devi parlare a quattr'occhi a una certa donnina ... - Che donnina? - Helen Manning. - Quella cagna! - Ti senti di parlarle?Va bene, le parlerò - promise Bertha. - Così farò finalmente uscire tutta la segatura di quella stupida bambola.- Via, andiamo - dissi.

20

Premetti il campanello dell'appartamento di Helen Manning. - Chi è? - domandò lei con voce melodiosa, prima d'aprire. - Donald Lam - dissi. - Un attimo, Donald. Attese un minuto, poi disse ridendo: - Stavo facendo la doccia. Vado a mettermi qualcosa addosso. Bertha ed io attendemmo cinque minuti circa; poi finalmente la porta s'aprì e apparve Helen in una vestaglia fluttuante e tras­parente, che le stava molto bene, a dir la verità. Alzò gli occhi e disse trepidante: - Vi prego di non badare al mio - abbiglia­mento, Donald. Stavo facendo la doccia e ... Oh, ma chi è? - do­mandò, guardando Bertha. Bertha Cool irruppe nella stanza come un carro armato che sta per muovere all'attacco. - Sono Bertha Cool. Faccio l'investigatrice. Smettetela con le chiacchiere e parliamo d'affari. Sedete in modo che io possa guardarvi in faccia. Cosi dicendo, Bertha chiuse la porta con un calcio. - Cosa vi è venuto in mente di uccidere Karl Endicott - doman­dò. Helen Manning cadde a sedere sul divano, portandosi una ma­no alla gola. - Che diavolo andate dicendo? - disse, con gli occhi sbarrati. - Avete capito benissimo. Voi andaste da Endicott la notte in cui

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fu ucciso. Prendeste l'arma con voi, non è vero, tesoro? Stamattina, quando facevate la bella sul banco dei testimoni, quando tubavate col vostro romantico Procuratore Distrettuale, non gli avete certo raccontata tutta la storia! Vi siete ben guar­data dal dirgli che avevate comperato un'arma, vero? Bene, ora ve lo dirò io, tesoro. Voi avete comperato da un armaiuolo di Santa Ana una Colt calibro 38. L'avete acquistata esattamente due giorni prima che Karl Endicott fosse assassinato. Ora, vole­te essere così carina da dirlo anche al Procuratore Distrettuale?Helen Manning disse: - Ma voi, come... Io non... Non ho mai... - E' inutile che neghiate con me! - urlò Bertha. - Non state mostrando le gambe a uno dei vostri ammiratori. State parlan­do a una donna che è rotta a tutte le astuzie. E non azzardate­vi a recitare la parte della damina con me: non attacca. Siete andata a letto con Karl Eridicott e non v' importava che vi spo­sasse, finché eravate l'amica n. 1 del suo cuore. Quando però foste soppiantata da un' altra, perdeste le staffe. - lo ... lo ... - Helen Manning incominciò a singhiozzare. - Brava, mettetevi a piangere, ora, così eviterete di guardarmi negli occhi. Ma ciò non servirà a niente, vi avverto. Quando vi sarete asciugata le lacrime non sarà Donald Lam, che dovrete affrontare, ma Bertha Cool. Ora smettetela di piangere se non volete che perda la pazienza. - Cosa ... cosa volete da me? - Cosa accadde la notte in cui Endicott fu assassinato? - lo ... lo non lo so. - Lo sapete benissimo, invece. Siete stata voi a spiattellare alla signora Endicott che Karl mandò John Ansel in quella spedizio­ne mortale in Amazzonia. Toccaste veramente il fondo, in quel momento! Naturalmente, lei si precipitò dal marito, per dirgli che sapeva la verità. Dopo di che, il marito vi telefonò. Ho indovinato, vero? Voi eravate là, la notte in cui fu assassinato. Eravate là quando entrò John Ansel. Eravate voi la donna che si trovava nella camera al piano superiore. E dopo averlo ucci­so, faceste in modo che la vostra rivoltella sparisse. Ebbene, cara, noi abbiamo trovato quell'arma e l'esperto di balistica testimonierà che la pallottola fatale è partita da quella rivoltel­la, che avete acquistato da un armaiuolo di Santa Ana. Ora, vo­lete decidervi a cantare o volete che io vada alla polizia, e che i giornalisti si mettano a frugare nel vostro passato? Bertha si parò davanti a Helen Manning, guardandola minac­ciosamente. Quando Bertha voleva fare la dura, ci riusciva per­fettamente. Non c'erano dubbi in proposito. Helen Manning disse: - Non l'ho ucciso io. Dovete credermi, non

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sono stata io. - E chi è stato? - Non può essere stato altri che Cooper Hale. - Oh, finalmente vi siete decisa a cantare. Avanti! Che accad­de? - Avevo detto tutto a sua moglie - riprese Helen. Lei glie l'ha riferito. Era furibondo. Mi mandò a dire che voleva vedermi. Ebbi paura. Avevo comperato l'arma ... Non so nemmeno io quello che volevo fare ... Ero stata innamorata di Karl Endicott, e... Gli avevo dato molto di più di quello che lui mi aveva dato. Gli avevo dato il mio cuore. Gli avevo dedicato gli anni più belli della mia vita. lo... - Basta con le chiacchiere gridò spazientita Bertha - I fatti, vo­glio! Non c'è tempo da perdere! - Quando arrivai a casa di Endicott - riprese Helen – Karl mi disse che il signor Hale poteva giungere da un momento all'al­tro. Mi condusse in una stanza al piano superiore: una camera da letto. Fu molto carino con me. Mi disse che sua moglie lo aveva lasciato. Fu... fu terribilmente carino. Mi prese tra le braccia, e... Be' accarezzandomi trovò l'arma. - E allora? - Me la prese ridendo, e la posò sul cassettone. In quel momen­to suonò il campanello. Era Hale. Karl mi disse di aspettarlo: disse che sarebbe tornato subito, che Hale non si sarebbe trat­tenuto molto. Io ero così confusa e sconvolta da non sapere nemmeno cosa fare. Infine il campanello squillò di nuovo: era John Ansel. Lo avevo creduto morto. Mi sbalordì, sentire la sua voce. Karl condusse Ansel piano superiore, e lo pregò di atten­derlo un minuto. Venne nella camera in cui mi trovavo io e mi disse, in un sussurro: “E' meglio che tu tagli la corda, tesoro. La situazione sta complicandosi. Torna in città:più tardi ti telefonerò". Poi mi diede una carezza e un bacio e soggiunse: "Scendi le scale senza far rumore, e squagliatela". - E cosa faceste, allora? - Scesi le scale. Appena uscita, sentii il colpo di rivoltella giun­gere dal piano superiore. - E poi? - chiese Bertha.- Esitai un attimo, poi me la diedi a gambe. Girai l'angolo e camminai, camminai senza meta finché non ne potei più: allora saltai sul primo autobus diretto in città. Sapevo... Oh il cuore me lo diceva, che lui era morto. Bertha mi guardò. - Scrivetelo - dissi io. La guidammo verso il tavolino e le porgemmo la carta.

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Lei obbedi. - Firmate! - dissi. Firmò. - La data! La scrisse. Bertha ed io firmammo come testimoni. - Vi rendete conto che stavate mandando un innocente nella camera a gas? - domandai. - Non sapevo cosa fare ... Ho tentato di non immischiarmi nella faccenda ... Forse voi non capite cosa significhi per me tutto questo, Donald. Potrebbe rovinarmi la carriera. Ho un ottimo impiego. Sono una segretaria molto quotata, e guada­gno bene. Se la minima ombra di scandalo mi sfiorasse, mi butterebbero fuori... Sapete, non sono più giovane ... - Cosa diavolo andate dicendo? - interruppe Bertha. - Non veni­te a dirmi che non siete giovane. Non avete che trentacinque anni, ed è l'età migliore, per una donna. Inoltre conoscete ab­bastanza bene gli uomini, per sapere che con la solfa che non siete più giovane, li farete scappare peggio che se foste appe­stata, Piantatela di mangiare troppi dolci, e cercatevi un buon marito. L'età più bella deve ancora arrivare, per voi. - Quasi tutti gli uomini che conosco sono già sposati - piagnu­colò Helen. - A quanto pare, non è stato un ostacolo per voi! Date retta a me. Cercate di smaltire un paio di chili, e fate come vi ho detto. E ora, andiamo, Donald, Lasciammo Helen in lacrime. - Allora? - domandò Bertha Cool. - Va' a dormire. lo vado a raccontare tutto questo a Barney Quinn. - Spero che ne sia soddisfatto - disse lei. - Ti pare soddisfacente, avere un cliente che ha mentito, parti­colarmente se si è fondata la sua difesa basandosi sulla sua dichiarazione falsa? - Hai ragione. Come mi sono comportata? Sono stata abbastan­za dura? - Si. Lo sei stata. - Deve avere accumulato abbastanza denaro, nel corso della sua carriera, per far fronte ai momenti più duri. - Come vuoi che sapesse di doverli affrontare? - domandai. - Ingenuo! Con un tipo come Karl Endicott, prima o poi si finisce nei pasticci. Figurati se quella maledetta bionda crede vera­mente di esser fuori combattimento a trentacinque anni! Ha appena incominciato! E ora, Donald, mentre tu vai da Barney, Bertha va a divorarsi una succulenta bistecca. Grazie a Dio, non mi preoccupo di mantenere la linea io!

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Barney Quinn, nel suo studio, camminava su e giù come un leone in gabbia. - Incomincio a credere che la spunteremo, Donald - disse - La giuria è ormai favorevole: l'abbiamo conquistata in pieno. - Bene. Domani Irvine termina con l'esperto di balistica. Col pretesto di aver trovato la rivoltella di Ansel nella siepe, tenta di reintegrare la testimonianza di Helen Manning. Quinn rise. - Non ci riuscirà. Il giudice Lawton l'ha stralciata, e ... - Non farti illusioni! - interruppi. -Quando chiederà di reintegra­re la deposizione di Helen Manning col pretesto della prova fornita dal ritrovamento dell'arma tu dirai alla Corte che, date le circostanze, ritieni giusta richiesta di Irvine e ritiri la tua richiesta di stralciare la deposizione di Helen Manning- Cosa? - disse Barney sbalordito. - Sei impazzito - In questo modo, Irvine cade nella trappola. Dovrà scoprire le sue carte, che si chiamano Nickerson e Cooper Hale. Hale rac­conterà una storia convincente. Dopo di che il Procuratore Distrettuale si fermerà, mettendo il caso nelle tue mani. A questo punto tu richiamerai l'attenzione della Corte sul fatto che la testimonianza di Helen Manning è stata stralciata, senza che tu avessi la possibilità di contro-interrogarla. - Ma questo è un suicidio bello e buono! - disse Quinn. - Dopo di che - continuai imperturbabile - Helen Manning tor­nerà sul banco dei testimoni, per il contro-interrogatorio. Così potrai far fesso il Procuratore Distrettuale. - Cosa vuoi dire? Posai la dichiarazione scritta di Helen Manning sulla sua scriva­nia. Barney Quinn sedette per leggerla. Dopo aver scorso le prime righe diede un balzo. Sorvolando il resto, i suoi occhi si posaro­no sulla firma e sulla data. Poi mi guardò con rispettosa ammi­razione, si alzò e mi strinse la mano. Dopo di che si avvicinò al­la biblioteca, dov'era inserito il mobile-bar, e ne trasse una bot­tiglia e due bicchieri. - No, grazie. Devo guidare, io.

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Barney si versò un bicchiere di whisky. - Finalmente passerò una notte tranquilla: la prima, dacché mi occupo di questo dannato caso. Non vedo l'ora di far fesso Irvine! Mi par già di vedere la sua faccia! - Non illuderti troppo - avvisai. - Irvine è furbo, e la Manning è addirittura fanatica dei suoi occhi sognanti, delle sue spalle larghe e delle sue anche sottili. Quinn prese in mano la dichiarazione firmata. - Me ne infischio, se va a letto con lui! Aspetta che le sventoli sotto il naso que­sto, e vedrai! - E soggiunse, ingollando un grosso sorso di whisky: - Non mi ero mai accorto che fosse tanto buono!

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L'udienza del mattino si aprì con la deposizione di un testimo­nio che Irvine aveva fatto venire da New Orleans. Il teste di­chiarò che gestiva un negozio laggiù, e che aveva venduto l'ar­ma, posta in evidenza dal Procuratore Distrettuale, all'imputa­to John Dittmar Ansel, alcuni anni addietro. Produsse il registro di vendita delle armi da fuoco, in cui si leggeva la firma dell'im­putato' poi identificò l'imputato. Non ci fu contro interrogatorio. - Ed ora, se la Corte permette - Irvine disse in tono distaccato, come se la cosa non lo riguardasse affatto - io chiedo di reinte­grare la deposizione di Helen Manning. Il giudice Lawton apri la bocca per opporsi, ma Barney Quinn balzò in piedi, interrompendolo. - Domando la parola, Vostro Onore. - E' inutile - rispose Lawton. - Vi ringrazio, Vostro Onore. L'imputato ritiene che, con l'iden­tificazione dell'arma in questione, la testimonianza di Helen Manning è avvalorata, e quindi l'imputato ritira la sua richie­sta di stralciare la dichiarazione della teste. - Cosa? - Ritiriamo la nostra richiesta di stralciare quella dichiarazio­ne. L'imputato ritiene che la testimonianza sia valida. - Ebbene, la Corte non la pensa cosi - tuonò il giudice Lawton, Irvine fu svelto ad acchiappare la palla al balzo. - L' imputato ha ritirato la sua richiesta di stralciare la deposizione della teste Manning?

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- Precisamente - disse Quinn.Irvine esitò a lungo, poi riprese: - Date le circostanze ritengo che non occorra il benestare della Corte per reintegrare la deposizione della teste Manning. - Va bene - disse Lawton, lanciando un'occhiataccia a Quinn. Subito dopo fu chiamato Drude Nickerson. Nickerson, un individuo grasso e spiacevole, si riferì, con la sua deposizione, alla notte lontana del delitto. Identificò Ansel per l'uomo che era salito in tassi all'aeroporto, poco dopo le otto di sera l'uomo che era nervoso e inquieto: l'uomo che lui aveva condotto col tassi alla residenza di Karl Carver Endi­cott.Quinn contro-interrogò solo pro-forma Nickerson. Dopo di che il Procuratore Distrettuale chiamò Cooper Frank­lin Hale. Hale si diresse con calma verso il banco, prestò il giuramento, diede nome e indirizzo, poi sedette guardingo sul banco dei testimoni, quasi a volersi assicurare che non ci fossero perico­li o tranelli nascosti. Hale dichiarò di essersi recato a casa Endicott la notte del delitto, che Endicott aveva ricevuto un visitatore, si era scu­sato ed era andato al piano superiore, mentre lui Hale, aveva aspettato al piano terreno che Endicott concludesse l'affare con l'uomo che aveva interrotto la loro conversazione. Mentre aspettava, aveva sentito il colpo di rivoltella giungere dal piano superiore, e subito dopo aveva visto una figura maschi­le precipitarsi giù dalle scale. Identificò l'uomo per l'imputato John Dittmar Ansel, Di nuovo Quinn fece un paio di domande pro-forma. - Questo è quanto riguardava l'accusa, Vostro Onore - dichia­rò Irvine a mo' di conclusione. - Se la Corte permette intervenne subito Quinn, balzando in piedi - non ci è stata data l'opportunità di contro-interrogare la teste Manning, prima che la sua deposizione fosse stralcia­ta, e ... - La sua testimonianza è stata stralciata, e successivamente reintegrata, senza nessuna richiesta da parte della difesa al diritto di contro interrogarla. - Non fa nessuna differenza - sentenziò il giudice Lawton - E' diritto dell'imputato di contro interrogare la teste. Helen si era parata a festa per i fotografi. Barney Quinn prese a interrogarla con modi gentili. Non era forse vero che era stata lei a rivelare alla signora Endicott che John Ansel era stato mandato a morte certa, in

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quella spedizione? La teste ammise che era vero. - E non è forse vero prosegui - che Karl Carver Endicott vi aveva telefonato il giorno della sua morte, dicendovi che quanto avevate comunicato a sua moglie era falso, e che de­siderava avere una spiegazione con voi per farvi sapere come stavano le cose, e che era molto dispiaciuto che voi aveste creduto a un pettegolezzo, senza nemmeno dargli modo di difendersi? - Si. - E voi accettaste di recarvi a casa sua, il giorno della sua morte? - Si. - E - incalzò. Quinn, puntando l'indice accusatore verso di lei - portaste una Colt calibro 38 nella vostra borsetta, quella notte? - Non in borsetta, ma in seno. - Non è lecito parlare in quel tono alla teste! - interruppe Irvine seccato. - Non è il caso di fare un melodramma! Il giudice Lawton restò perplesso un attimo: i suoi occhi anda­vano dall'affascinante Procuratore Distrettuale all'avvocato difensore e alla teste. Infine disse: - Si continui. - E non è forse vero che quella notte, quando arrivaste a casa Endicott, il vostro ex principale vi disse che stava aspettando la visita di Cooper Hale, e che vi propose di attenderlo al piano superiore, dove vi avrebbe raggiunta non appena avesse liquidato Hale? - Si. - Saliste con lui al piano superiore?- Si. - In una camera da letto? - Si. - E fu là, che Endicott scopri l'arma che portavate addosso? - Si. - Che cosa disse, allora? - Mi prese l'arma, rimproverandomi per averla portata.- Poi, cosa accadde? - Si udì lo squillo del campanello; il signor Endicott mi disse che doveva essere Hale , e mi pregò di attenderlo, - E poi? - Poi scese al pianterreno, e dopo circa un quarto d'ora il campanello squillò di nuovo. Karl Endicott andò ad aprire la porta. Era John Ansel. - Come fate a saper lo?

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- L'ho riconosciuto dalla voce. - Conoscevate l'imputato? - Sì. - Conoscevate la sua voce? - Si. - Cosa fece, il signor Endicott? - Condusse il signor AnseI... voglio dire, l'imputato, nello studio al piano superiore. - Lo studio era comunicante con la camera in cui vi trovavate?

- Si. - Che accadde, allora? - Il signor Endicott pregò l'imputato di attenderlo un attimo, poi mi raggiunse nella camera da letto e mi disse che essen­dosi complicata la situazione, sarebbe stato meglio che io an­dassi a casa, dove mi avrebbe telefonato più tardi per darmi un appuntamento. - E voi, cosa faceste? domandò Quinn, ostentando la più per­fetta sorpresa. Avevamo davanti a noi una teste che avrebbe dovuto essere in lacrime, che avrebbe dovuto mostrarsi riluttante a fare certe ammissioni scabrose, e invece Helen sedeva sul banco dei te­stimoni calma e composta, e rispondeva alle domande di Quinn senza il minimo imbarazzo. Ci trovavamo di fronte ad un Procuratore Distrettuale, che invece di essere in preda al panico vedendo smantellare la roccaforte che si era paziente­mente costruita, era rimasto tranquillo, freddo e sarcastico, appena un po' annoiato dall'irruenza della difesa. Un incaricato venne a consegnarmi un foglietto piegato. Era un messaggio del nostro esperto di Pasadena, Diceva di avere ricevuto un ordine di comparizione in tribunale, Con l'arma. Eravamo giocati. Cercai freneticamente d'incontrare lo sguar­do di Quinn, prima che rivolgesse a Helen l'ultima, fatale do­manda. - E voi, allora, cosa faceste? - Allora - rispose lei - me ne andai, lasciando l'arma sul casset­tone, nella camera da letto. - Chi c'era, nella camera da letto? - Karl Carver Endicott,- E dove si trovava l'imputato?- Nello studio comunicante. - Basta così - disse Quinn. Pareva uno che si è accorto di avere sfondato una porta aper­ta

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Il Procuratore Distrettuale sorrise con indulgenza. - Grazie, signorina Manning, per la vostra deposizione obiettiva.La teste fece per andarsene. - Un attimo ancora, signorina. Ho un'ultima domanda da farvi. Esiste una vostra dichiarazione scritta di quanto avete asserito ora? - Si. - Quando l'avete firmata? - La scorsa notte. - Da chi vi è stata richiesta, questa dichiarazione?- Da due investigatori che lavorano per l'imputato: Donald Lam e Bertha Cool, - Grazie mille. Basta così disse Irvine. La teste lasciò il banco. Irvine disse: - Ed ora, Vostro Onore, per sostenere questa deposizione, devo chiamare un altro testimonio. Chiamò il nostro esperto di Pasadena, L'esperto ammise di aver ricevuto da noi l'arma in questione. Dichiarò di averla ripulita, in modo da poterla usare per spara­re un colpo. Non aveva visto la pallottola fatale e quindi non era in grado di stabilire se si trattasse dell'arma dalla quale era partito il proiettile mortale. - Credete di poter raggiungere una conclusione, se vi si offris­se la possibilità di parlare con l'esperto dell'accusa e di esami­nare la pallottola fatale? L'esperto annui. L'ineffabile Irvine propose che il teste lasciasse il banco affin­ché venisse eseguito questo esperimento, e disse che Steven Beardsley, l'esperto di balistica dell'accusa, sarebbe stato onorato di offrire la sua cooperazione a un professionista di così chiara fama.Successivamente Irvine chiese di richiamare Cooper Hale sul banco dei testimoni per breve tempo. La sua richiesta fu accettata.Cooper Hale dichiarò che, dopo aver udito lo sparo, si era pre­cipitato al piano superiore, dove aveva trovato Endicott diste­so sul pavimento, con la nuca trapassata da un colpo e che sul cassettone non c'era nessuna arma. - Permettete ora - disse Irvine - che vi rivolga alcune domande a proposito degli ultimi avvenimenti, signor Hale. Dove abita­te, attualmente? Hale gli disse il suo indirizzo. - Vicino o lontano alla tenuta di Whippoorwill, che apparteneva a Karl Carver Endicott? - Porta a porta.

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- Volete dire che eravate vicini di casa? - Precisamente. - Vi risulta che la notte precedente all'inizio di questo proces­so, qualcuno. si sia recato a casa Endicott? - Sissignore. - E chi, in particolare? Due persone che perlustrarono la siepe che circonda casa Endicott.- Sareste in grado di riconoscerle? - Si. Le ho riconosciute dalla voce. - Volete dirci cosa accadde?- La mia casa era buia, io mi ero ritirato. Mezzanotte era ormai passata. Vidi vagamente due persone in mezzo alla siepe, e m'incuriosii. Così indossai un abito scuro e scivolai fuori attra­verso la porta di servizio. Dalla loro conversazione, capii che stavano cercando qualche cosa. - Poi cosa accadde?- Ho udito uno di loro dire: - L'ho trovata!- Sapete chi fosse, quella persona?- Sissignore. - Chi era?- Donald Lam, l'investigatore ingaggiato dalla difesa.- Avevate mai sentito la sua voce, prima?- Si - Riconosceste la sua voce?- Sissignore- Prima d'allora, avete visto qualcuno seppellire qualcosa in quella siepe?- Sissignore.- Chi?- La signora Endicott.- Volete dire la vedova di Karl Carver Endicott? - Sissignore. - Avete visto cosa - Non ho. potuto distinguere. Si tratta di qualcosa che trasse da un involto. Scavò una piccola fossa nel terreno, e vi collocò l'oggetto, poi lo ricopri con la terra. - Quando avvenne questo fatto? - In quella stessa notte. - A che ora? - Circa un'ora prima che Donald Lam e Bertha Cool dissotter­rassero l'arma. - Li avete uditi parlare dell'arma?

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- Sì. - Ora, potete dirmi in che luogo fu trovata l'arma, tenendo co­me punto di riferimento il posto in cui fu trovata? Sapreste indicarci il punto preciso, sulla mappa? Il teste indicò un punto sulla mappa. - Ora marcatelo con una "X" e segnatevi le vostre iniziali ac­canto. Il testimonio obbedì. - Sapreste identificare il punto in cui fu dissotterrata l'arma, ora? - Sissignore. - Volete indicarmelo? - E' esattamente lo stesso punto in cui l'arma fu sepolta - rispose il teste.Irvine si rivolse a Quinn con un sorrisetto di trionfo. Potete contro interrogarlo - disse. Fortunatamente Quinn ebbe la prontezza di spirito di far nota­re alla Corte che, essendo mezzogiorno, era tempo di chiudere l'udienza. Durante la pausa Quinn mi raggiunse. - Va tutto bene - gli dissi io. - Li stiamo battendo in astuzia! - Ma cosa diavolo è successo? - domandò Quinn. - Mi pare sia abbastanza ovvio, ciò che è successo! Quel male­detto Procuratore Distrettuale, con la sua aria romantica e il suo sguardo sognante, ha completamente soggiogata Helen Manning, che pende dalle sue labbra. Deve avergli telefonato non appena abbiamo lasciato il suo appartamento, per dirgli ciò che era successo. Naturalmente noi non potevamo preve­derlo; ma anche se avessimo potuto sospettarlo, non poteva­mo far nulla per impedire che lei comunicasse con la parte av­versa. Dopo di che il Procuratore Distrettuale si è messo in contatto con Hale per comunicargli le spiacevoli notizie: al che Hale si è fatte grasse risate dicendo che ormai stavamo per cascare nella trappola, e per la prima volta ha rivelato al Pro­curatore Distrettuale di avere visto la signora Endicott seppel­lire un oggetto nella siepe, e di avere visto noi disseppellirla. - Credi che Irvine gli abbia domandato la ragione per cui non avesse raccontato prima questa storia? - Naturalmente si, ma Hale gli avrà risposto d'esser convinto che l'arma fosse in possesso delle autorità, che non sapeva con esattezza cosa avessimo trovato, e che era in attesa di scoprire cosa diavolo stessimo architettando, prima di scoprire le sue carte. - Irvine non è poi tanto stupido - osservò Quinn, - Hale sta men­

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tendo: - Non possiamo provarlo, e Irvine è così infervorato nella sua idea, da vedere tutto dal suo punto di vista. Vuole spuntarla a tutti i costi. - Ma cosa diavolo facciamo noi, allora? - Adesso - risposi - è giunto il momento di smascherare il teste Hale, Gli domanderai se si ricorda di essere venuto nel mio ufficio a offrirmi di modificare la sua deposizione, in modo da fare assolvere l'imputato, se io, in cambio, gli avessi offerto la possibilità di affittare una parte della sua proprietà ad un'indu­stria settentrionale. - Come? - esclamò Quinn, sbalordito. - Vuoi dire che ti ha fatto una simile proposta? - Domandaglielo. - Ma non posso fargli una domanda del genere, a meno che tu non mi garantisca che ti ha fatto realmente una proposta simi­le! - Domandaglielo e vedrai che pandemonio succederà!- Mi garantisci che salirai anche tu sul banco dei testimoni, per sostenere ciò che dico? - No, non salirò sul banco io. Ad ogni modo, questo era lo scopo che Hale si prefiggeva; e non sarà in grado ricordare esatta­mente quel che mi disse. Fagli la domanda, e vedrai. - No, a meno che tu non decida a testimoniare in questo senso. - Domandagli perché è venuto nel mio ufficio. Domandagli se si ricorda di avermi rivelato di essere amico intimo del Procura­tore Distrettuale, che avrebbe potuto intercedere in favore del­l'imputato, se avessi accettato di collaborar con lui. - Puoi testimoniarlo? - Posso dire che quest'offerta mi fu fatta in sua presenza, e con la sua approvazione. L'udienza incominciò. Hale sorridente e sicuro di se aspettava di essere contro-interrogato. Quinn disse: - E' vero che conoscete da parecchio tempo Donald Lam e Bertha Cool, i due investigatori? - Non da "parecchio tempo", ma da pochissimo tempo. - E' vero che diceste al signor Lam e alla sua socia Bertha Cool che eravate amico del Procuratore Distrettuale? - Può darsi, poiché lo considero veramente mio amico. Conosco molte personalità di questa contea, e le considero amiche. - E' vero che vi offriste di intercedere in favore dell'imputato, qualora il signor Lam vi avesse offerto in cambio la sua colla­borazione per una questione di carattere privato? - No.

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- Non è vero che vi offriste d'intercedere presso il Procuratore Distrettuale affinché questi vi appianasse le cose per l'impu­tato, se la Cool e Lam vi avessero offerto in cambio la loro col­laborazione in una questione che riguardava della proprietà ter­riera, e che li minacciaste, essendosi essi rifiutati? - Assolutamente no! - Non si svolse nel loro ufficio, questa conversazione?- Nossignore. - Non siete entrato mai nel loro ufficio? Il teste esitò.- Ci siete andato? - incalzò Quinn, - Ebbene, si. - Prima dell'inizio di questo processo?- Si. - Dopo l'arresto dell'imputato? - Credo. Non posso ricordare la data precisa. - Avete discusso il caso col signor Lam e con la signora Cool, quando andaste nel loro ufficio? - Abbiamo discusso di un mucchio di cose. - Rispondete alla domandai Avete discusso del caso, con loro? - Posso avervi accennato. - E fu in quell'occasione, che vantaste la vostra amicizia col Procuratore Distrettuale? - Può darsi. - Proponeste loro di collaborare con voi?- "Collaborare" è un termine un po' vago, signor Quinn.- Conosco la nostra lingua - disse Quinn - Vi offriste di collabo­rare? - Posso avere usato questo termine, ma ciò che intendevo dire è molto diverso da ciò che hanno capito i due investigatori. - Ma siete andato nel loro ufficio? - Si. - Quando il caso era già in corso? - Sì. - E parlaste della vostra amicizia col Procuratore Distrettuale? - Sì. Ne abbiamo parlato io il mio compagno. - E offriste la vostra intercessione presso il Procuratore Distret­tuale, in cambio della loro collaborazione? - Può essere, come può darsi ch'io abbia offerto qualcosa del genere. Non ricordo.- Bene. Fu rifiutata, la vostra offerta? - Non ci fu nessuna offerta definita, e quindi non c'era nulla da rifiutare. - Lasciaste l'ufficio, dopo avere fatto delle minacce?

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- lo ... No. - Ve ne andaste con gli stessi sentimenti amichevoli con cui eravate entrato? - Sì. - Stringeste la mano a Donald Lam, prima di andarvene? - Non ricordo. - Stringeste la mano a Bertha Cool? - Non ricordo. - Ammettete di non avergliela stretta? - Non ricordo. - Perché andaste nel loro ufficio? - incalzò Quinn.- Be', io ... io …- Vostro Onore, mi oppongo! - disse Irvine. - Si sta esagerando! - L'eccezione è respinta - scattò il giudice Lawton.- Perché andaste nel loro ufficio?- Volevo avere delle informazioni,- A proposito di che? - A proposito di certe voci che parlavano di una fabbrica che sarebbe sorta a Citrus Grove. - In quell'occasione, parlaste dei terreni che possedete Citrus Grove?- Può darsi. - Proponeste di approfittare della vostra amicizia col Procura­tore Distrettuale, se Cool e Lam avessero collaborato con voi? - Non in questi termini. - Ma questo era lo scopo della vostra visita, vero?- Nossignore. - E qual era, allora, lo scopo della vostra visita?- Ottenere l'informazione che desideravo. - E buttare là, nel medesimo tempo, il fatto che eravate amico del Procuratore Distrettuale, offrendovi di intercedere in favore dell'imputato John Dittmar Ansel, in cambio della collaborazio­ne della Cool e di Lam? Sì o no? - tuonò Quinn, - Non esattamente. Quinn distolse gli occhi da Hale con profondo disgusto. - Ho finito - disse. Irvine annunciò che il lavoro degli esperti si sarebbe prolun­gato e propose che la Corte si ritirasse fino alle due. Il giudice Lawton acconsenti. - Ti aspetto nel tuo ufficio - dissi a Quinn, mentre lasciava l'aula. - Non posso parlarti qui.Lasciai l'aula anch'io. Fui investito dai lampi di magnesio dei giornalisti. Uno di loro domandò a Bertha Cool se aveva da far commenti a, proposito

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della testimonianza di Hale. - Ah, potete dirlo! - fu la risposta di Bertha, - E quali sono, questi commenti? - Vi autorizzo a dichiarare - disse lei - che Hale si offrì di sfruttare a nostro favore le sue aderenze, in cambio di certe informazioni. Potete inoltre dire che sono pronta a testimonia­re tutto questo, e che se il Procuratore Distrettuale tentasse di contro-interrogarmi, gli romperò le uova nel paniere. Mi recai nell'ufficio di Quinn. La signora Endicott eralà con lui. - Ebbene? - domandò Quinn. - Voglio una cosa da te, Quinn, Se tu eseguirai esattamente quello che ti dirò, la spunteremo. - Cosa vuoi? - Fa' salire gli esperti sul banco dei testimoni. Dimostra che Endicott fu ucciso con la rivoltella della Manning e non con quella di Ansel, Lascia perdere il resto. Punta tutto su questo fatto. Mi rivolsi alla signora Endicott, - Seppelliste veramente l'ar­ma? Scosse il capo. - Quella testimonianza è spudoratamente falsa.- Ma - obiettò Quinn come diavolo posso provarlo, Lam? Se la mando sul banco dei testimoni, corre il rischio di essere inter­rogata a proposito di ciò che fece la notte del delitto. Distruggeranno il suo alibi. - Ma è Ansel, che accusa noi - dissi. - Lo so, ma se riuscissero a screditare la signora Endicott, Ansel ne risentirebbe. Risulterebbe che i due hanno ordito un piano. - Se farai quello che ti dico, non dovrai mandare nessuno sul banco dei testimoni.- Cosa devo fare?- Dimostrare che il delitto fu commesso con l'arma che por­tammo a esaminare all'esperto la notte scorsa. Parve dubbioso. - So quello che faccio, perdio! - scattai. .. Fa' quello che ti dico, e la spunterai, con la giuria. - Lo condanneranno per qualche cosa - rispose lui. - E va bene - dissi io.- Non è una domanda da farsi davanti alla tua cliente, ma quale meta ti sei prefissato? Vuoi man­dare la signora Endicott sul banco? - No. - Oseresti mandarci l'imputato? - No. - Cosa succederà, se difenderai la causa senza mandare nes­

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suno dei due sul banco? Fece una smorfia. - Ansel sarà condannato per assassinio di primo grado. - Precisamente. Ora farai quello che ti dico, che tu voglia o non voglia. Dimentica tutto. Punta tutto sull'arma, e sfida il Procuratore Distrettuale a dire alla giuria esattamente quello che l'accusa sostiene. Sfidalo a ricostruire il delitto per la giuria. Quinn restò dubbioso. - Ma lui è furbo! - disse infine. - Se io lo sfido, ricostruirà il delitto in modo tale che ai giurati sem­brerà di avere visto coi loro occhi Ansel sparare a Endicott nella nuca.- Con la rivoltella di Helen Manning? - dissi io. Parve riflettere.

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L'udienza riprese nel pomeriggio. Il Procuratore Distrettuale richiamò Steven Beardsley sul banco dei testimoni. Beardsley dichiarò che lui e l'esperto incaricato della difesa avevano esaminato l'arma in questione, ed erano entrambi giunti alla conclusione che ambedue le armi avrebbero po­tuto, teoricamente, sparare il colpo fatale. Beardsley dichia­rò inoltre che, siccome il nostro esperto aveva rimosso so­lamente parte del terriccio dalla seconda arma, vi rimaneva attaccato abbastanza terriccio da permettere di esaminarlo. Questo terriccio era di qualità totalmente diversa da quella che si trovava nella siepe, e dal terriccio che era incrostato sulla prima arma, quella di Ansel. La seconda arma a cui si riferiva era quella della Manning. Era chiaro dunque che l' arma della Manning era stata se­polta per qualche tempo altrove, e che qualcuno l'aveva dis­sotterrata di recente per seppellirla in quella siepe. Dichiarò che non era in grado di stabilire chi lo avesse fatto, ma che qualcuno lo aveva fatto. Il testimonio guardò la signora Endicott, che sostenne quello sguardo senza contrarre il volto di pietra. - Siete convinto che l'arma alla quale vi riferite ora, e preci­samente l'arma della Manning, sia quella dalla quale partì la pallottola fatale? - Sissignore. Questa è la mia opinione. Correndo il rischio di essere rimproverato dalla Corte, scrissi

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una nota e la feci consegnare a Barney Quinn, La nota diceva: - Niente contro interrogatorio, e concludi subito il caso! Quinn la lesse, si volse a guardarmi, sembrò riflettere un istante poi lanciò una rapida occhiata a Irvine. Irvine s'inchinò con sarcasmo. - Potete contro interrogarlo - disse a Quinn. Non ho nulla da domandargli. - L'accusa dichiara di non avere altro da produrre - dichiarò Irvine. - La difesa neppure - ribatté Quinn a sua volta. Irvine restò sbalordito. - Vostro Onore - balbettò sono ... sono esterrefatto per la pie­ga che hanno preso gli avvenimenti. - Non ne vedo la ragione - disse il giudice Lawton. - Un Pro­curatore Distrettuale dovrebbe essere in grado di prevedere una mossa del genere. Volete procedere con la vostra requi­sitoria? - Va bene, Vostro Onore. Irvine fece una requisitoria in gran­de stile. Quinn lo segui a ruota, parlando delle particolari circostanze del caso. L'arma del delitto era stata portata a casa dalla te­ste Manning, e mentre c'era stato un tentativo di dimostrare che la signora Endicott aveva seppellito qualcosa nella sie­pe, l'accusa non aveva dimostrato di che oggetto si trattas­se. L'accusa, rilevò Quinn, era fondata esclusivamente su dubbi: il fatto che la signora Endicott avesse seppellito un oggetto, e che qualcuno avesse dissepolto qualcosa, non provava nulla. Inoltre, come poteva la signora Endicott essere in possesso dell'arma? Lei non era a casa, mentre era avvenuto il delitto. Se Ansel avesse voluto uccidere Endicott, avrebbe usato la sua rivoltella, e non quella della Manning. Non avrebbe get­tato la sua arma dalla finestra, per poi andare nella camera da letto nella speranza di trovarne un'altra. Quinn sfidò il Procuratore Distrettuale a ricostruire il delitto. Irvine afferrò una matita e prese degli appunti. Era addirittura torvo. Quinn si sedette. Irvine si alzò lentamente, con dignità. Dichiarò di accettare la sfida che la difesa gli aveva lanciata in modo così provocante. Disse che avrebbe ricostruito i fatti con esattezza. Dipinse un John Ansel turbato e sconvolto che medita in un

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primo tempo di uccidere Endicott, ma che poi rinunzia e getta via l'arma, deciso ad andarsene. Mentre sta per lasciare la ca­sa, l'occasione gli si presenta: scorge la rivoltella sul casset­tone e con quella fredda Endicott. Irvine era in piedi vicino al banco della giuria. I suoi occhi pro­fondi si fissavano in quelli delle donne della giuria. Voleva affascinarle, si capiva benissimo. Il giudice Lawton istruì la giuria sulle varie possibilità di ver­detto: assoluzione dell'imputato, assassinio di primo e di secondo grado, e omicidio. Definì assassinio di primo grado l'assassinio perpetrato me­diante veleno e torture, o con altri mezzi, commesso volonta­riamente allo scopo di rapina, d'incendio, di furto o di violenza o con altri atti punibili nell'articolo 288 del Codice Penale. Istruì la giuria che tutte le altre forme di assassinio, erano as­sassinii di secondo grado. Istruì la giuria che omicidio era la soppressione volontaria e illecita di un essere umano, commessa per motivi passionali, o durante una colluttazione, o in preda all'ira. Istruì la giuria di eleggere un presidente non appena si fosse ritirata, affinché questi avvertisse la Corte quando il verdetto fosse stato deciso. La giuria si ritirò alle quattro e un quarto. Quinn mi raggiunse per consultarmi. - Non. capisco la tua tattica, Lam. - Il cancelliere della Corte ha riportato la requisitoria finale di Irvine - dissi - così Irvine è cascato in trappola. Ha detto che Ansel, quali che fossero le sue intenzioni, ha gettato l'arma dalla finestra, escludendo così l'assassinio premeditato. Se il delitto è stato commesso con l'arma abbandonata sul casset­tone, l'arma della Manning, si tratta di omicidio. - Be', anch'io la penso così - disse Quinn - e ho una paura ter­ribile, a dispetto del tuo ottimismo, che anche la giuria sarà di questo parere. - E con ciò? Se la giuria lo accusa di assassinio di primo grado, tu puoi appellarti affinché l'accusa sia ridotta a omicidio. - E se la giuria lo riconoscesse colpevole di omicidio? - Allora - dissi io - aspetta - che la giuria sia prosciolta e preci­pitati a consulto da me. - Spero che tu sia sicuro di quello che fai. lo avrei voluto en­trare in quella stanza dopo Hale, Nessuno mi toglie dalla testa che Hale salì le scale dopo che l'imputato se ne fu andato, vide Endicott, scorse l'arma sul cassettone, sparò un colpo nella nuca di Endicott, poi afferrò la grossa somma di denaro

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che la vittima aveva addosso, destinata a pagare Ansel per la spedizione in Amazzonia, come stabilito. - E' chiaro, che è successo così - dissi. - Ma come fare a pro­varlo? Hale ha ucciso Endicott. Probabilmente sapeva che tradiva la moglie, e ricattava Endicott per questo. Ma poi Helen Manning sputò fuori la verità, e Endicott non avrebbe più sborsato quattrini per far tacere Hale. "Hale sali in punta di piedi per spiare Endicott. Dopo che Helen Manning se ne fu andata, e dopo che anche Ansel ebbe la­sciata la casa, Hale entrò nella stanza, afferrò l'arma della Manning, uccise Endicott e intascò i ventimila dollari. "Hale seppellì la rivoltella in un angolo. Quando seppe che Ansel aveva ammesso di avere gettata la rivoltella dalla fine­stra, Hale dissotterrò l'arma del delitto e la seppellì nella sie­pe, dove poi fu trovata. Poi disse che era stata la signora En­dicott, a seppellirla. "Ma noi non possiamo provare tutto questo., ed è inutile ten­tarlo. Hale è ora un banchiere rispettabile: ha usato il capitale per sistemarsi, ed è oggi un pezzo grosso. Il Procuratore Di­strettuale lo ha avvolto in un manto di rispettabilità, facen­done il testimonio più importante in favore dell'accusa. Se tu ti azzardassi a provare che è lui l'assassino, la giuria pronun­cerebbe un verdetto di assassinio di primo grado contro Ansel. Sarebbe la fine. Combattendo invece la battaglia con l'altro sistema, il peggio che possa capitare ad Ansel, è di es­sere accusato di omicidio. - Può buscarsi dieci anni, per omicidio - disse cupo Quinn, - Può darsi - ammisi. Erano le otto e venticinque, quando la giuria annunciò di avere preso una decisione. Uno a uno, i membri entrarono in aula. Qualche donna aveva gli occhi gonfi di pianto. Il presidente della giuria, un fattore dal viso duro e segnato, annunziò alla Corte che il verdetto era stato deciso. Dopo le formalità d'uso, il verdetto fu letto. L'imputato era riconosciuto colpevole di omicidio. Il presidente della giuria si schiarì la gola. - Domando la parola, Vostro Onore.- Di che si tratta? - domandò la Corte. - I giurati hanno espresso ad unanimità la loro simpatia per l'imputato, ma sono convinti che, data la legge; è necessario dichiararlo colpevole di omicidio.- Va bene - disse la Corte. - Il verdetto della giuria è accettato, e i giurati sono prosciolti. Vuole l'avvocato stabilire una data

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per la condanna? - Un attimo, Vostro Onore - disse Quinn, E si avvicinò a me per consultarmi. - Hai qui il Codice Penale? domandai. - Si. - Benissimo. Leggi questo alla Corte - dissi, porgendogli un foglietto. Quinn gli gettò una rapida occhiata, poi inarcò le sopracciglia. - La Corte sta aspettando, signor Quinn - ammonì il giudice Lawton. Quinn tornò lentamente al suo posto. - Se la Corte permette, ritengo sia mio dovere dichiarare che in questa causa sono stato assistito e consigliato da Donald Lam, che è un esperto in materia legale. Ho appena ricevuto una comunicazione da lui, ed è così sconcertante, che mi ci vorrà del tempo per assimilarla. In ogni modo, il nocciolo della questione è questo: l'assassinio è un delitto che non incorre mai nella prescrizione. In altre parole, un'accusa di assassinio può essere sostenuta in qualsiasi momento. - Su questo non ci sono dubbi, e non vedo che cosa ci sia di sconcertante brontolò Lawton. - Il reato d'assassinio - proseguì Quinn, con un inchino alla Corte - include l'assassinio di primo grado, e di secondo gra­do. Poi c'è l'omicidio. "Tuttavia, noi ci troviamo ora in una particolare situazione giu­ridica. L'imputato, è stato perseguito per accusa di assas­sinio, e l'accusa poteva ritenersi valida, poiché l'assassinio non cade in prescrizione. Ma ora è stato dato un verdetto di omicidio. Il reato di omicidio va in prescrizione dopo tre anni. In altre parole, non può esservi accusa e condanna per omici­dio, quando è trascorso un periodo di tre anni dalla data del delitto. La giurisprudenza è d'accordo su questo punto, e poi­ché l'imputato è stato ora condannato per un omicidio com­messo più di tre anni fa, la Corte non ha altra alternativa che quella di rilasciarlo. "E' risaputo che con un verdetto di omicidio si proscioglie automaticamente l'imputato dall'accusa di assassinio di pri­mo e di secondo grado." Il giudice Lawton guardò il Procuratore Distrettuale, poi sbirciò Quinn. Infine i suoi occhi si posarono su di me. Aveva la fronte corrugata, ma a me parve intravedere un accenno di sorriso agli angoli della sua bocca. - Mostratemi il pro-memoria che vi è stato dato, signor Quinn - disse.

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Quinn glielo porse. Il giudice Lawton si grattò un' orecchia, poi consultò il Codice. Infine disse: - Vuole il Procuratore Distrettuale esprimere la sua opinione in materia? - Il Procuratore Distrettuale è assolutamente impreparato ad affrontare questo argomento adesso, Vostro Onore - rispose Irvine. - Ebbene - dichiarò Lawton - non sembra che il caso si presti a discussioni. Nel suo pro-memoria, il signor Lam si riferisce al famoso caso dell'Uomo-Ragno, che visse per anni nell'attico della vittima. L'imputato di quel caso era Seely Wakeman. Si verificò la stessa situazione. Ora che l'attenzione della Corte è stata richiamata su quel caso, la Corte rammenta ciò che av­venne in quella circostanza. La tesi della difesa appare valida. Posso dichiarare che, date le circostanze, il giudizio che la Corte sta per formulare, è concordante con le simpatie della Corte stessa e presumibilmente, con quelle della giuria. La Corte è dell'opinione che non tutte le testimonianze deposte in questa causa possono essere considerate attendibili. "In considerazione del fatto che l'imputato è stato accusato di assassinio di primo grado, o di secondo grado, secondo gli svi­luppi processuali, e poiché il limite di tempo entro cui egli avrebbe potuto essere condannato per omicidio è ormai supe­rato, il verdetto della giuria è annullato, e l'imputato è libero."Ciò che accadde nell'aula assomigliava assai da vicino ad un pandemonio. Il pubblico gridava di gioia. I reporter saltavano sui banchi, per fotografare tutto ciò che capitava loro a tiro.Avevo definita Elizabeth Endicott "volto di pietra", ma quel giorno la vidi dar libero sfogo alle sue emozioni. Gli occhi splendenti di felicità, si precipitò tra le braccia di John Ansel, Si strinse a lui e lo baciò, mentre grosse lacrime le rigavano le gote, Poi, prima che potessi rendermene conto, buttò le braccia al collo anche a me, balbettando parole di gratitudine tra le lacrime. Il giudice Lawton ce la mise tutta per stabilire l'ordine; poi, sorridendo, lasciò l'aula. La signora Endicott abbracciò Bertha, poi Barney Quinn. Bertha Cool mi si avvicinò. - Piccolo bastardo geniale - mi disse.

L'ASSASSINIO RESTO' DUNQUE IMPUNITO?

Per quel che riguarda Bertha, il caso fu concluso due giorni

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dopo la fine del processo, vale a dire quando la signora Eli­zabeth Endicott firmò l'assegno di quindicimila dollari. Per me, il caso poté considerarsi definitivamente chiuso solo quando ricevetti una certa busta. Non c'era il nome del mittente, su quella busta. L'indirizzo era stato scritto in una calligrafia tipicamente femminile, e la carta emanava un profumo delizioso. L'aprii. Conteneva un ri­taglio di giornale, con queste parole: "Banchiere arrestato sot­to accusa di ratto e violenza". L' articolo parlava di Franklin Cooper Hale, noto banchiere di Citrus Grove, e presidente della Compagnia Finanziaria Hale, che era stato arrestato in seguito a denunzia sporta dalla signorina Stella Karis. Hale, a quanto pareva, amministrava le sostanze della signo­rina Karis. I due ebbero un contrasto di opinioni. La signorina Karis accusò Hale di avere usato il denaro che lei gli aveva affidato, per farne delle speculazioni per conto proprio. Hale, che si era recato a casa della sua cliente le propose di fare una corsa in macchina "per riparlarne". Due ore più tardi, un automobilista aveva raccolto la signorina Karis con le vesti lacerate, seminuda, e segni evidenti di lotta. Dichiarò che Hale aveva fermato la macchina in un posto solitario, nel tentativo di ristabilire le loro relazioni finanziarie con un "interludio romantico". Al rifiuto di lei, si era acceso di furore e l'aveva trascinata fuori dell'automobile, nella siepe che costeggiava la strada. Là l'aveva assalita. A quanto diceva la signorina Karis, era riuscita a sfuggire alle grinfie del bruto solo dopo essere stata sopraffatta da lui. Hale giurava che era tutta una messinscena. Dichiarò che non aveva avuto bisogno di ricorrere alla violenza. Fin qui l'arti­colo. lo, poi, seguii la faccenda con interesse. Al processo, la giuria credette a Stella Karis, che fece una terribile impres­sione alla Corte. A quest'ora, Hale sta scontando un periodo di reclusione nelle carceri di San Quentin, senza possibilità di ottenere la libertà condizionata.

FINE