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I.C. Jean Piaget - Ettore Majorana Piazza Minucciano 33 - 00139 Roma Biblioteca scolastica Michele Maronta Premio“Michele Maronta”2016 Accoglienza e dialogo Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre più importanti l’accoglienza e il dialogo. Essi sono realmente possibili solo se hanno come presupposti la libertà personale, la sincerità e il rispetto reciproco Esponi le tue riflessioni basandoti sulla lettura dei documenti proposti e sulla tua esperienza personale Raccolta degli elaborati premiati e finalisti a cura di Elisabetta Venerosi Pesciolini Referente della Biblioteca scolastica “Michele Maronta”

Accoglienza e dialogo · Biblioteca scolastica Michele Maronta Premio“Michele Maronta”2016 Accoglienza e dialogo Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre

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I.C. Jean Piaget - Ettore Majorana

Piazza Minucciano 33 - 00139 Roma

Biblioteca scolastica Michele Maronta

Premio“Michele Maronta”2016

Accoglienza e dialogo

Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre più importanti l’accoglienza e il

dialogo. Essi sono realmente possibili solo se hanno come presupposti la libertà personale, la

sincerità e il rispetto reciproco

Esponi le tue riflessioni basandoti sulla lettura dei documenti proposti e sulla tua esperienza

personale

Raccolta degli elaborati premiati e finalisti

a cura di

Elisabetta Venerosi Pesciolini

Referente della Biblioteca scolastica “Michele Maronta”

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I.C.Jean Piaget - Ettore Majorana

Piazza Minucciano 33 - 00139 Roma

Biblioteca scolastica Michele Maronta

Premio “Michele Maronta” 2016

Accoglienza e dialogo

Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre più importanti l’accoglienza e il

dialogo. Essi sono realmente possibili solo se hanno come presupposti la libertà personale, la

sincerità e il rispetto reciproco

Esponi le tue riflessioni basandoti sulla lettura dei documenti proposti e sulla tua esperienza

personale

Raccolta degli elaborati premiati e finalisti a cura di

Elisabetta Venerosi Pesciolini

Referente della Biblioteca scolastica “Michele Maronta”

Giuria

Dirigente scolastico Prof.ssa Marina Todini

Prof. Enzo Bellotti, docente di Lettere classi 1H, 3H

Prof. ssa Paola De Muro docente di Arte e Immagine corsi A-B-E

Prof.ssa Carmen Cirielli docente di Lettere classi 3A, 2C

Prof.ssa Emanuela Fiorelli, docente di Educazione Artistica, classe, corsi D-H

Prof.ssa Giuliana Piras, docente di Musica corsi E-F-H

Prof Annamaria Sulpizii, docente di religione corsi B-C-D-E-G-H

Elisabetta Venerosi Pesciolini, referente della Biblioteca

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Quando incontri un uomo non chiedergli da dove viene ma dove sta andando

Giovanni XXIII

Voglio che le culture di tutti i Paesi spazino per la mia casa con la maggiore libertà possibile

Gandhi

Introduzione

Per il Premio Michele Maronta 2016 è stato scelto seguente titolo:

“Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre più importanti l’accoglienza e il

dialogo. Essi sono realmente possibili solo se hanno come presupposti la libertà personale, la

sincerità e il rispetto reciproco. Esponi le tue riflessioni basandoti sulla lettura dei documenti

proposti e sulla tua esperienza personale”

L’argomento dell’accoglienza e del dialogo, di grande interesse e attualità è stato oggetto nel corso

dell’anno di approfondimento, in tutte le classi terze e al Centro della Festincontro 2015.

Gli alunni hanno avuto modo di incontrare presso il centro Astalli e a scuola rappresentanti di varie

religioni e diversi rifugiati che hanno raccontato loro le proprie esperienzee .

Agli alunni sono stati inoltre dati in lettura, per un ulteriore approfondimento, dei testi, allegati in

appendice : alcuni pensieri sull’importanza del dialogo espressi da personaggi famosi;

un estratto del documento “Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica - Vivere insieme

per una civiltà dell’amore” della Congregazione per l’Educazione Cattolica; una intervista al senatore

Marcello Pera a cura di Alberto Di Giglio

Il Premio come negli anni scorsi ha previsto una sezione di scrittura creativa e una di grafica

Hanno partecipato le classi 3A, 3B, 3D, 3G,3H ,3I

Gli elaborati finalisti, scelti dai docenti per la partecipazione al concorso, sono stati 15 per la sezione

di scrittura creativa e 11 per la sezione di grafica.

In tutti i temi sono presenti riflessioni molto belle che dimostrano una buona conoscenza del tema ,

maturità e grande sensibilità tanto da aver reso non facile il compito della giuria.

Grazie pertanto a tutti i gli studenti concorrenti, per il notevole impegno dimostrato, ai docenti delle

classiche hanno partecipato , al Dirigente scolastico e agli altri membri della giuria. Ttutta la nostra

gratitudine a Margherita e Francesco Maronta che da 16 anni, rendono possibile con la loro

generosità e presenza questo concorso

La Bibliotecaria

Elisabetta Venerosi Pesciolini

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Vincitori

Premio “Michele Maronta” 2016

sezione scrittura creativa

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Vincitore a pari merito

sezione scrittura creativa

Valeria Bombelli classe 3aI

Motivazione:

Ha affrontato con competenza, il tema proposto dimostrando

grande maturità e sensibilità anche nella riflessione personale

incentrata sull’importanza del dialogo e della comunicazione,

valori che sono alla base dell’armonia e della pace.

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“Siamo tutti uguali”, questa è una frase pronunciata spesso a bambini, ragazzi, studenti per dire che il

razzismo è ingiusto e che bisogna rispettare le persone con colori della pelle, religioni e idee diverse.

Però, questa frase, anche se ha un significato positivo, non mette in luce un aspetto molto importante e

cioè che in realtà siamo tutti diversi ed è proprio in questa diversità che risiede la ricchezza più grande.

Le persone che hanno storie, origini, tradizioni, feste, religioni, lingue diverse non sono certo uguali,

però tutte hanno un cuore per amare, delle orecchie per ascoltare, un cervello per pensare e una bocca

per parlare e tutto questo serve a dialogare.

Il dialogo e la comunicazione sono alla base dell’armonia e della pace.

L’uomo tende a diventare aggressivo appena qualcun altro ha una opinione diversa dalla sua. Se il

dialogo fra popoli o fra popoli e minoranze fosse maggiore le guerre e i conflitti non scoppierebbero.

Oggi, in un mondo dove le differenze religiose, culturali ed etniche sono tantissime dovrebbe esistere

maggiore comunicazione tra stati e governi. E’ fondamentale però che anche la società, cambi e si apra

di più al dialogo e all’accoglienza.

Ancora oggi le persone razziste o discriminatorie verso alcune religioni sono molte e gli stessi ragazzi

che oggi sui social network insultano e offendono le persone nere o di altre religioni possono

contribuire, in futuro, al fenomeno del fondamentalismo. Per questo motivo sono importanti la scuola e

la conoscenza; solo abbattendo l’ignoranza si possono abbattere anche i pregiudizi. Chi ha una cultura

diversa dalla nostra non è un delinquente o colpevole di qualche reato perciò non bisogna disprezzarlo

o averne paura. Solo quando esiste il rispetto reciproco e non la semplice tolleranza, può avvenire il

dialogo e il confronto.

Quando si ha un’idea è giusto confrontarsi con chi ne ha una diversa per poter conoscere punti di vista

diversi e per avere così una visione più completa dei problemi. Il dialogo serve proprio a questo: a

comprendersi meglio e ad arricchire le proprie conoscenze. Non si deve pensare che attraverso il

confronto si perda la propria identità.

Ogni Paese ha la propria cultura: storia, origine, tradizioni e religione; questo però non significa che la

multiculturalità, l’emigrazione e le differenze etniche e religiose danneggino l’identità di un Paese. La

multiculturalità o meglio l’interculturalità è un arricchimento nazionale, ma anche individuale. E’

meraviglioso che esistano famiglie “colorate” o amici con religioni diverse ma con gli stessi valori

morali. Io sono una ragazza aperta alla diversità, al confronto, all’accoglienza e all’integrazione. Trovo

assurdo che esistano ancora persone che pensano che la presenza di persone di nazionalità diversa

possa danneggiare l’economia e la società del proprio Stato. Questo è assurdo perché io so che molte

persone con culture diverse dalla nostra possono essere migliori di noi. Inoltre io ho vissuto

personalmente un’esperienza: l’adozione di mio fratello Sitotaw che è etiope. Andando in Etiopia e

con l’adozione di questo bambino la nostra conoscenza ma anche quella di altri è aumentata. Questo è

accaduto perché noi siamo stati in contatto con un’altra realtà e un’altra cultura. Anche altre persone ,

grazie ai nostri racconti, hanno potuto conoscere un’altra realtà. La nostra credo, sia una concreta

testimonianza di quanto sia importante, ovviamente insieme all’accoglienza, l’integrazione. Perciò la

multiculturalità e l’integrazione non devono essere represse con azioni o sentimenti ipocriti come la

tolleranza: la diversità non deve essere sopportata, deve essere accettata, rispettata e apprezzata.

Le ostilità tra popoli possono terminare solo attraverso il sincero dialogo e il confronto, così come ci

insegna Papa Francesco, perché la religione non può essere una giustificazione per combattersi a

vicenda. Bisogna essere coerenti: se si crede in un Dio, nella pace e nell’amore, non si può disprezzare

o uccidere chi crede in un Dio diverso perché in realtà , per chi crede, siamo tutti figli di un unico Dio.

Siamo tutti parte di una grande famiglia dove ogni componente è diverso, speciale e unico, dove esiste

il contrasto, ma anche la riconciliazione, dove dovrebbero esserci soprattutto l’amore e il dialogo…una

grande famiglia che fa di cognome Umanità

Valeria Bombelli 3aI

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Vincitore a pari merito

sezione scrittura creativa

Claudia Lasco classe 3aA

Motivazione:

Ha svolto con competenza il tema proposto individuando nei

pregiudizi, negli stereotipi, nei contatti oggi spesso solo virtuali

i maggiori ostacoli alla nascita di rapporti autentici,

indispensabili al vero dialogo.

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Accogliere vuol dire aprire le porte del nostro mondo a chi ancora non ne fa parte. Significa trattare gli

altri come vorremmo essere trattati in un contesto a noi sconosciuto. Il mezzo principale per accogliere

è il dialogo: comunicare in tutte le maniere esistenti.

Parlare, spesso mette a nudo lati di noi stessi, indispensabili a chi ci ascolta per conoscerci.

Papa Ratzinger affermava in una intervista che il dialogo presuppone uno scambio e una accoglienza

dell’opinione altrui ed è questo infatti il primo passo verso il raggiungimento della diffusione della

pluralità in tutto il mondo. Anche le incisive parole dell’autore Norberto Bobbio attestano la necessità

di un dialogo perché, dice lo scrittore, dove questo si spegne, la cultura stessa cessa di esistere.

Purtroppo nella nostra società al passo coi tempi e globalizzata, sempre più persone dimenticano questi

due termini nonostante abbiano un valore inestimabile.

I rapporti tra le persone sono “virtuali” ed il dialogo è basato sullo scambio di informazioni tramite

computer, cellulari e strumenti che ci allontanano dalla realtà. Sempre più chiusi e distratta, non ci

accorgiamo che, intorno a noi c’è chi ha bisogno di aiuto e semplicemente una società alla quale

appartenere. Basterebbe solo poca più attenzione per renderci conto di quante persone siano lasciate da

parte, di quanti non abbiano ricevuto accoglienza e, soprattutto, di chi è ignorato. Se quei pochi che lo

mettono in atto, cessassero definitivamente il processo di accettazione degli stranieri, ad esempio, si

andrebbe incontro alla formazione di una società estremamente nazionalista.

Un altro fatto che sembra non avere sufficiente considerazione in Italia, è l’emarginazione dei portatori

di handicap. Questi ultimi, nonostante entrino a contatto con noi quotidianamente, sono visti come

“extraterrestri” e da alcuni, purtroppo, come invasori del mondo dei “normali”. In molti tendono ad

isolarli, cambiando marciapiede quando si incontrano per strada ed evitando un dialogo con loro,

quindi un arricchimento reciproco.

La discriminazione ormai rappresenta un limite nell’apertura della nostra mentalità.

E’ il pregiudizio infatti, il primo ostacolo in un processo di accoglienza, è quello che ci blocca quando

tentiamo di parlare con qualcuno di diverso, è quello che ci fissa nella mente degli stereotipi e che ci

porta dunque ad escludere le persone dalla nostra vita a priori.

Se ogni tanto alzassimo la testa dagli schermi dei cellulari, soprattutto noi giovani, ci accorgeremmo

che per primi dobbiamo renderci partecipi di quello che accade e portare un cambiamento a livello

globale facendo sì che accoglienza e dialogo siano una parte immancabile del nostro bagaglio

quotidiano.

Solo rendendoci conto che un domani potremmo essere noi, ad essere discriminati per lingua, razza o

religione, saremmo in grado di costruire una società più inclusiva, capace di valorizzare le differenze

tra le persone ed il contributo di ognuno allo sviluppo della società.

Claudia Lasco 3aA

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Vincitore

Premio “Michele Maronta” 2016

sezione grafico pittorica

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Vincitore

sezione grafica

Alessandra Mollica classe 3aH

Motivazione:

La giuria ha ritenuto opportuno premiare l’elaborato per il

coinvolgimento emotivo che esso produce sullo spettatore e per

la portata del messaggio che esso diffonde di solidarietà,

amicizia e condivisione verso un futuro luminoso e pieno di

speranza

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Alessandra Mollica Classe 3aH

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Altri partecipanti

per la sezione

scrittura creativa

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In molte società moderne la tematica più importante per la convivenza civile è la multiculturalità, un

fenomeno che favorisce la presenza di più culture all’interno della società. A questa appartengono due

aspetti: uno positivo, l’arricchimento della società e della sua cultura, e uno negativo; molte volte

infatti l’intercultura è vista come una limitazione ai diritti della propria cultura.

Analizzando la storia ho potuto notare che la società multiculturale non è stata sempre presente, anzi a

partire dal diciassettesimo secolo si è diffuso un pensiero nazionalista, che poi ha portato alle guerre

mondiali.

Per creare una società pluralistica bisogna allontanarsi dalle idee assimilazioniste (ovvero “io ti

insegno ad essere come noi”) e dalle idee di chiusura (ognuno ha la propria cultura e questa non deve

essere assimilata ad altre) Difatti, per favorire lo sviluppo di una società interculturale si devono portare avanti i principi

dell’accoglienza e del dialogo basati sul rispetto, che nasce dall’osservanza della dignità. La dignità implica che siano rispettati i principi di base che riguardano la vita umana tra i quali il diritto alla vita

stessa, agli affetti e alla pace, in poche parole alla libertà personale. Tutti questi devono essere concetti che nascono dal rispetto di se stessi.

Allargando l’analisi alla visione del mondo, si può prendere in considerazione la globalizzazione, che favorisce la nascita delle società multiculturali, ma implica anche un grande rischio: è molto semplice

che la società più forte possa prevalere sulle altre, dettando le regole della globalizzazione e questo è il

caso del modello occidentale.

L’accoglienza e il dialogo si basano sul fatto che ognuno possa esprimere sinceramente se stesso e la

propria cultura scambiando idee differenti e questo implica l’ascolto e il rispetto reciproco. Inoltre

radicano ognuno alla verità, alla carità e all’amicizia .

Secondo me l’accoglienza non avviene solo quando fornisci un posto dove dormire, del cibo e vestiti a

chi ne ha bisogno ma avviene anche quando questa persona riceve un’identità nella società del nuovo

Paese. Per far sì che tutto questo accada bisogna avere atteggiamenti di curiosità, di piacere alla

scoperta e di apertura perché questi predispongono l’individuo all’incontro con diverse culture.

A Novembre io e la mia classe siamo andati a vedere una mostra fotografica intitolata “ I nuovi

pellegrini” che trattava il tema dell’accoglienza. In questi ultimi anni l’Italia ha dovuto accogliere

molte persone facendo fronte a molte situazioni di emergenza e accogliendo nei nostri ospedali chi ha

bisogno di cure. Mi ricordo ancora che in molte foto ho percepito la serenità dei volti di uomini che si sono sentiti accolti e curati ed ho potuto interpretare meglio il fatto che cio che per noi è un diritto

scontato, per loro è una grande conquista. Un altro ostacolo da superare molto di frequente fra noi giovani, è l’intolleranza. Le differenze fanno

paura a tutti, ciò che è sconosciuto può produrre preoccupazione e reazioni di prudenza, in casi estremi anche di violenza.

Un episodio che mi ha fatto particolarmente ragionare in quest’ambito, è stato lo spettacolo al teatro Quirino intitolato “The Others”, acrostico che introduce per ogni lettera un argomento a noi giovani

vicino, come quello dell’handicap, dei ritardati e degli “sfigati”. Mi ha fatto ragionare su ciò che molte

persone devono affrontare riguardo alla vita sociale, scolastica e affettiva. Il fatto che fosse stato

recitato da ragazzi non molto lontani dalla mia età, mi ha fatto ancor più interessare e coinvolgere

emotivamente. Ho capito che non bisogna discriminare le persone solo perché sono “diverse”, anche

perché oggi sono io a poter accogliere, ma un domani la situazione si potrebbe ribaltare e mi

piacerebbe molto che non ci fosse discriminazione nei miei confronti.

Un’ esperienza personale che mi ha colpito molto, riguardo il tema dell’accoglienza, del dialogo e

della tolleranza è stato il paragone fra due viaggi, uno in Giordania e uno a Istambul. In entrambi ho

potuto vedere la moschea principale della città, con molta differenza culturale l’una dall’altra.

Il fatto principale che distingue la Giordania da Istambul è che appena mia madre, mia sorella ed io

siamo entrate, un uomo ha cominciato ad assumere un atteggiamento di violenza e autoritarismo,

cacciandoci in malo modo dalla moschea. Questo è un esempio lampante dell’intolleranza verso la

donna e di non accoglienza. Uscendo dalla mosche ho provato un sentimento di paura e di rabbia. A Istambul invece ci hanno accolto e ovviamente, per rispetto, come fanno loro, ci siamo coperti il

capo e tolte le scarpe, ma abbiamo potuto visitare la moschea tranquillamente. Così ho potuto sperimentare personalmente la vera differenza tra un Paese che accoglie e un Paese con una mentalità

chiusa.

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La scorsa domenica, sono andata con tutti i gruppi scout di Roma al Circo Massimo, per festeggiare,

come tutti gli anni, il compleanno di Baden Powell, il fondatore degli scout. Ogni anno c’è un tema sul

quale costruiamo delle attività e quest’anno è stato proprio quello dell’accoglienza.

Questo giorno è stato semplicemente fantastico, i principi dell’accoglienza e della tolleranza sono alla

base dello scoutismo e quel giorno ho potuto vivere questi valori da un altro punto di vista perché li ho

analizzati insieme ai miei amici o comunque con persone non lontane dalla mia età. Io personalmente

posso ritenermi molto fortunata perché vivo in un ambiente dove la multiculturalità è un principio che

non fa paura , che viene sperimentato e studiato.

Irene Collia 3aA

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L’Italia come altri Paesi del nord del mondo: Stati Uniti, Francia, Inghilterra… sono società

multiculturali dove convivono più etnie con le proprie culture, tradizioni e costumi. Ma spesso verso

popoli differenti si ha un atteggiamento di indifferenza, ossia si tollerano i diversi ma non si prova a

conoscere di più della loro vita e a relazionarsi con loro; ci sono delle specie di “Barriere interne” che

non permettono ai vari popoli che hanno stili di vita diversi di accettarsi veramente.

L’Europa è stata culla di movimenti come l’Umanesimo, il Rinascimento, l’Illuminismo e tutti

avevano come punto in comune l’Uomo, la sua creatività e il suo intelletto.

L’Europa ha radici profonde basate sui diritti dell’uomo, sull’accoglienza e sulla solidarietà, purtroppo

questi valori si sono perduti nel tempo e hanno ceduto il posto ad una economia liquida basata sulla

corruzione, sull’egoismo e ad un approccio negativo verso gli stanieri. Papa Francesco in un suo discorso al Vaticano paragona l’Europa ad una vecchia sterile, “sterile” vuol dire non essere in grado

di riprodursi e quindi attribuendolo all’Europa indica come essa un tempo culla di movimenti di cui ancora oggi va fiera ha abbandonato i valori di solidarietà e accoglienza, si è venduta ai soldi ed è

diventata corrotta e incapace di svilupparsi culturalmente e socialmente. Tutto questo perché l’Europa è diventata schiava del denaro, ha preferito basare la propria economia

sulla speculazione privata e sulla corruzione e non su una economia sociale fondata sull’aiuto per i cittadini. Il Papa quindi con le sue parole auspica il ritorno a quell’Europa che abbiamo perduto dove

veniva valorizzato l’Uomo e il suo lavoro e non si chiuda in se stessa, perché dalla chiusura non si può

ottenere un mondo basato sul rapporto e il rispetto reciproco e ci incita ad accogliere le persone che

scappano dalle guerre e dalla povertà ed essere degni di accoglierli” come una madre che accoglie il

figlio”

Io e la mia classe abbiamo avuto l’occasione di conoscere le condizioni degli immigrati, non solo

grazie ai libri che abbiamo letto ma anche grazie all’incontro con un immigrato del Centro Astalli,

proveniente dalla Somalia.

Osmar è un Somalo che è dovuto scappare dalla Somalia perché un suo parente ha ucciso un uomo e

gli amici dell’assassinato volevano vendicarsi sudi lui. Già si può capire quanto siano forti le divisioni

tra etnie in Africa dove ogni giorno i bambini rischiano di essere uccisi per il solo fatto che

appartengono ad una etnia contrastante. Molti bambini sin da piccoli vengono arruolati negli eserciti e

vengono utilizzati per compiere lavori per i quali sono erroneamente ritenuti più adatti come

posizionare le bombe o spiare i nemici. I conflitti etnici sono stati la conseguenza della colonizzazione europea, quando le varie potenze imperialiste hanno diviso l’Africa con “matita e righello” e quando

hanno favorito i conflitti per i loro affari. Ma ciò non credo possa giustificare che gli uomini impieghino bambini e compiano assassini verso una popolazione innocente.

In Somalia Osmar non era libero di vivere in pace, infatti in molti paesi africani come anche in Somalia manca il governo, e i villaggi sono governati da gruppi militari. Questa cosa mi ha colpito

molto e non capisco come l’Europa e gli Stati Uniti non intervengano per cercare di riappacificare queste zone; forse il motivo è che questi paesi occidentali che sono interessati solo ai loro affari non

trovano nessun vantaggio nell’aiutare questi paesi e anzi stimolano alcuni conflitti per trarne

vantaggio.

Osmar per arrivare in Italia ha affrontato un viaggio che io credevo potesse esistere solo nei libri per le

condizioni del viaggio e le difficoltà che ha passato. Osmar e i suoi amici hanno pagato moltissimi

soldi per essere accompagnati con una jeep nel deserto e sono stati abbandonati a metà del tragitto e

ciò fa capire la mancanza di umanità che c’è tra abitanti dello stesso paese. Osmar e i suoi aici hanno

dovuto continuare il viaggio a piedi e sono arrivati in un paesino dove avevano persino paura di entrare

perché la polizia, se li avesse acciuffati, li avrebbe potuti rimpatriare. Per fortuna Osmar è riuscito a

passare ed è finito in Italia con una barchetta ed è stato accolto dal Centro Astalli. Questo viaggio

allucinante non è un episodio raro ma è un viaggio simile a quello di moltissimi altri immigrati che

giungono sulle coste italiane e molti dei quali vengono rimpatriati. Come si fa a non accettare un

profugo dopo che ha affrontato un viaggio del genere? L’incontro con Osmar, è stata una esperienza

bella che credo debbano fare anche altri ragazzi perché molte volte non si crede a ciò che viene detto, finchè non ne hai una dimostrazione. Donne, bambini e uomini muoiono in questi viaggi allucinanti e

noi per aiutarli cosa facciamo, …pochissimo! Per fortuna ci sono organizzazioni come il Centro Astalli che si mobilitano per aiutare i profughi. Viaggiano in vagoni chiusi, ammucchiati gli uni agli

altri e hanno, per bere, meno di un bicchiere di acqua, non vedono la luce per parecchie ore e quando

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respirano sentono solo polvere e sporcizia.Viaggiano in barchette che contengono più persone di

quanto dovrebbero e se il mare si fa mosso ed il peso della barca va diminuito qualcuno viene

sacrificato.

Madri che arrivano persino a desiderare la morte del figlio prima della loro perché esso non debba

soffrire la mancanza della mamma e non soffra più.

Oggi purtroppo ci sono forti divisioni e la frontiera di cristallo tra Messico e Stati Uniti, le frontiere

erette in alcuni paesi europei come l’Ungheria rappresentano degli ostacoli agli immigrati. Però è

anche vero che un paese non può accettare tutte le masse degli immigrati e quindi per limitarle va

affrontato il problema alla base: vanno aiutati i paesi affinché terminino i conflitti e si sviluppi

l’economia che non sia solo puntata sull’investimento di capitali stranieri ma sia sostenibile e sia a vantaggio di tutti e non solo a favore di una minoranza.

Un altro problema che affligge i paesi dell’Asia occidentale sono i conflitti tra Ebrei e Palestinesi. Questi popoli non cercano di relazionarsi tra loro mentre se cercassero di conoscersi e dialogare tra

loro riuscirebbero a vivere in pace. Non è un’utopia: un esempio è il villaggio di Neve Shalom. In questo villaggio che si trova in Palestina vivono insieme Musulmani ed Ebrei. Questo villaggio è un

esempio che questi due popoli riuscirebbero a coesistere se basassero il loro rapporto su valori quali la solidarietà, il rispetto reciproco, l’accettazione e l’amore. Penso che il primo passo verso la pace e

l’accettazione degli altri sia la conoscenza: solo conoscendosi i due popoli potranno capire quante

cose li accomunano e li distinguono e far divenire la diversità un motivo di arricchimento.

L’intercultura quindi non è solo un concetto secondo il quale si tollerano le diverse culture ma si

accettano e si cercano di inserirle rimuovendo gli ostacoli all’inserimento.

La scuola è uno dei luoghi principali del dialogo interculturale, è grazie all’apprendimento che forse in

futuro le nuove generazioni vedranno con occhi diversi gli immigrati che sbarcano sulle loro coste.

Rachele Carlaccini 3a

G

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20

Il mondo è ormai “connesso” è interdipendente!

Ma noi siamo connessi l’uno con l’altro? Viviamo in un pianeta globalizzato dove esiste un unico

ampio mercato capace di coinvolgere tutti i suoi abitanti.

Siamo “pezzi”di un grande computer dove, apparentemente, con un click possiamo sentirci collegati

con il resto del mondo. Tutto questo è stato possibile grazie alle innovazioni tecnologiche, alle

comunicazioni, ad internet. Abbiamo la possibilità di confrontarci con culture diverse ma spesso

abbiamo paura dell’altro, abbiamo paura di aprirci con lui.

La diversità può essere fonte di arricchimento personale, un bene finalizzato a comprendere e

conoscere gli altri e noi stessi. Nella nostra società, una società basata su un unico mito comune: il denaro, il dialogo e l’accoglienza

passano spesso in secondo piano. Tutto gira intorno ai soldi, al nostro “io” e al nostro personale arricchimento.

Abbiamo mai pensato prima al bene degli altri e poi al nostro arricchimento personale? Il dialogo è un modo per comprendere l’altro, ma è anche un’arma molto potente per acquisire

esperienza e per migliorare la propria visione del mondo. Quest’anno ho avuto l’opportunità di confrontarmi con ragazzi di culture e religione diverse. Ho

conosciuto Ohmar Ahmed e Mohamed Kenavi., due uomini apparentemente come gli altri ma

ascoltandoli e parlando con loro ho avuto modo di conoscere le loro storie e riflettere su di me e sui

valori dell’accoglienza e del dialogo.

Osmar è un ragazzo somalo, emigrato in Italia clandestinamente. Mi ha colpito del suo racconto il fatto

che il nostro paese non si sia impegnato per accoglierlo.

Le istituzioni non hanno aiutato quanto avrebbero dovuto. Fortunatamente Oshmar ha ricevuto

accoglienza dall’associazione gesuita del centro Astalli che lo ha aiutato ad inserirsi nel nostro paese.

Grazie a lui ho capito il vero significato dell’accoglienza e della solidarietà. Durante questi mesi ho

avuto modo di conoscere Mohamed Kenavi, un ragazzo semplice, di religione musulmana. Parlando

con lui ho scoperto moltissime cose nuove. Mi sono resa conto che l’ignoranza è alla base del

pregiudizio e della paura dell’altro. Ho capito che il dialogo è la via per superare la diffidenza ed il

timore. Questi due incontri mi hanno cambiata profondamente. Sono diventata più aperta ed

accogliente. Mi sono arricchita, ho compreso meglio il valore del dialogo e del rispetto reciproco. Queste esperienze rimarranno per sempre nel mio cuore.

Quando, da grande, ci ripenserò mi ricorderò che il dialogo è frutto della conoscenza e deve essere coltivato per vivere insieme e per costruire una civiltà basata sull’amore. Anche Papa Francesco ha

parlato di dialogo nel suo discorso del 6 maggio 2016. Il Vescovo di Roma ci ha invitato a promuovere una cultura fondata sul confronto, cercando di aprire istanze affinché questo sia possibile.

Ha anche detto che la cultura del dialogo dovrebbe essere inserita in tutti i curricoli scolastici per aiutare i giovani di oggi a trovare un modo per risolvere i conflitti che stiamo vivendo in questo

periodo.

Concordo con il Vescovo quando dice che l’unico modo per risolvere i conflitti è il dialogo .

Sarebbe bello inserire nell’orario scolastico delle ore dedicate all’ascolto reciproco ed al confronto.

Sarebbe un modo per imparare sin da bambini l’importanza dell’ascoltare piuttosto che parlare. Forse

il Signore ci ha dato due orecchie una sola bocca proprio perché dovremmo ascoltare il doppio di

quanto parliamo. così da comprendere meglio l’altro, i suoi motivi e il suo punto di vista in modo da

evitare le guerre.

Credo che il dialogo e l’accoglienza siano i valori su cui fondare un pianeta solidale e rispettoso.

Sogno un mondo aperto al confronto e curioso di scoprire cose nuove. Sogno un mondo fondato sui

valori della solidarietà e del rispetto reciproco, non dell’odio e della violenza. Sogno un mondo ricco

di ponti sia fisici sia mentali non di muri e di barriere. Sogno un mondo pacifico dove le guerre ed i

conflitti lascino il posto al dialogo ed al confronto.

Alessia Corti 3a

G

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Il futuro. Ognuno possiede una concezione differente di ciò che potrebbe accadere un domani, poiché

qualsiasi previsione circa il mondo prossimo a venire rappresenta solo un dato approssimativo e

talvolta infondato.

Alcuni nutrono una profonda fiducia nello sviluppo delle tecnologie e del progresso scientifico, altri

invece ipotizzano un futuro buio e cupo, segnato da morte e distruzione. Anche io sono consapevole

del fatto che, in un mondo in cui discriminazioni, guerre, carestie, povertà, indifferenza,

menefreghismo ed egoismo costituiscono l’ordine del giorno, sia necessario un immediato

cambiamento. La crudele mentalità umana, pervasa da continui sentimenti di odio, purtroppo non

permette ciò. Allora è compito di noi giovani rendere la terra un posto più adatto allo scambio di idee e

punti di vista. “…Di questo sono certo. Se apriamo una lite tra il presente e il passato, rischiamo di perdere il futuro”affermò Churchill, che aveva già previsto in quale baratro sarebbe crollata la società.

Certamente non si può pretendere un cambiamento tramite qualche parola impressa su un foglio stampato, ma almeno una riflessione.

Il multiculturalismo è un fenomeno che interessa ormai vari stati nel mondo. In essi la società presenta la convivenza di culture, religioni, usi e costumi differenti. E’ sicuramente un’opportunità di

confronto, di dialogo e di reciproco arricchimento, ma spesso viene accompagnato da un diffuso razzismo che ostacola i rapporti interculturali. Assistiamo a discriminazioni e pregiudizi infondati

verso coloro che vengono considerati diversi, a volte semplicemente per il colore della pelle, o per le

tradizioni che non rispecchiano gli ideali di qualcuno. Per quale motivo? Voglia di dimostrarsi

superiori? Timore di tutto ciò che è diverso? Potrebbe essere. Incute inquietudine un mondo in cui

l’unico modo per convivere serenamente è racchiuso nella completa e più totale uniformità. Il motto

europeo “uguaglianza nella diversità” rappresenta infatti ancora una speranza in cui confidare fino a

quando ognuno continuerà ad avere un punto di vista negativo nei confronti dell’altro. Ma non tutto è

perduto. Il mondo di domani è alle porte, dunque è necessario un cambiamento. Una grande svolta

potrebbe essere costituita dall’accoglienza. Questo termine presenta innumerevoli significati differenti,

ma uno tra questi è particolarmente importante. Accoglienza è apertura. Apertura sociale verso coloro

che non possiedono le stesse tradizioni. Apertura verso le idee altrui. Apertura verso il dialogo, l’unica

via per un mondo più pacifico.

Il dialogo accomuna ogni cultura: senza di esso, non esisterebbero le tradizioni di un popolo.

Lentamente però, l’avanzare di questo mondo sempre più tecnologico e globalizzato uniforma e appiattisce le peculiarità. Le multinazionali ormai sono penetrate nel nostro stile di vita, influenzando

le nostre abitudini. Coca-Cola, Mac Donald, Kraft, Toyota, Nike sono solo alcune delle case produttrici più vaste ed economicamente più potenti. I giovani di oggi, compreso me, possiedono la

voglia irrefrenabile di indossare abiti firmati e “di marca” soltanto con lo scopo di mostrarsi superiori e talvolta per essere accettati dagli altri; ma si è a conoscenza di chi lavori quegli indumenti tanto

preziosi e di valore che vengono sfoggiati di fronte alla gente? Immaginiamo: se fossero dei bambini a soddisfare una parte dei bisogni economici di una multinazionale? Purtroppo non c’è nulla da

immaginare, poiché un fatto talmente raccapricciante è avvenuto e continua a essere presente nel

mondo. Si tratta di una vera e propria schiavitù, in cui i punti di vista di un essere umano vengono

repressi: il dialogo è impossibile in queste situazioni, così come l’accoglienza. Può essere definita

accoglienza il maltrattamento dei minori? Al riguardo sono sorti vari movimenti di protesta, tra i quali

il più importante e sicuramente il “No-Global”, attivo specialmente negli Stati Uniti, considerato da

molti il Paese in cui avviene la convivenza pacifica tra le varie culture, senza distinzioni. Purtroppo

ciò non è del tutto vero. Tempo fa compiendo qualche ricerca su Youtube, mi sono imbattuto in un

commento molto spiacevole da parte di un uomo bianco, che sosteneva con estrema fierezza di vivere

in un paese dell’Alabama in cui non sono accettati cittadini neri e musulmani. I commenti degli altri

utenti sono stati caratterizzati da altrettanta aggressività. Ho compreso la chiusura mentale di molta

gente nel mondo, che si basa su pregiudizi privi di fondamento, semplici e assurdi pensieri. E’ qui che

il dialogo gioca il suo ruolo fondamentale: si potrebbe infatti indurre l’altro a ragionare, a spiegare le

motivazioni dei suoi atti di discriminazione che, sfortunatamente, all’interno di una società sempre più chiusa e non disposta ad accogliere, è messa in atto dagli Stati stessi.

L’Austria ne rappresenta un esempio: ha infatti, per lungo tempo, rispedito circa trenta migranti ogni giorno in Italia.

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L’umanità non è fatta per erigere muri, ma per costruire ponti. Il linguaggio ne costituisce i pilastri; “se

un leone parlasse, noi non lo capiremmo comunque”. Il linguaggio è ciò che ci rende umani, è

espressione della nostra evoluzione e del nostro intelletto, per questo ogni lingua umana può essere

tradotta in una’altra.

In conclusione, la società di oggi presenta vari problemi, ognuno dei quali non ha una facile soluzione.

Possediamo gli strumenti adatti, ma ne usufruiamo in modo sbagliato. Il dialogo potrebbe essere la

carta vincente. Non sarò certo io a cambiare le sorti del mondo. Saremo tutti noi , uniti nel

riconoscimento della comune umanità

Luca Teratone 3a D

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L’accoglienza reciproca tra popoli non è una cosa da niente, bensì un valore essenziale che, stando al

passo delle innovazioni moderne, dovrebbe essere già considerato normale e quasi scontato.

Con ciò voglio denunciare e sottolineare la profonda disparità che si è venuta a creare fra il progresso

dell’uomo in campo tecnologico, ad esempio, a confronto con quello compiuto in termini di

“umanità”, qualità che comprende civiltà, rispetto, ma soprattutto dialogo. Cosa ce ne facciamo di

tanta tecnologia, se poi non siamo in grado di rapportarci e scendere a compromessi per una pace

condivisa in un pianeta condiviso con i nostri simili? Infatti, per quanto lo si possa negare, è evidente

che, nonostante la nostra pelle non sia proprio dello stesso colore e i nostri occhi possano assumere

sfumature della natura, siamo tutti fratelli nelle nostre diversità come nelle nostre uguaglianze, nelle

nostre divergenze come nelle idee condivise. E’ proprio questo che ci rende unici ed insostituibili, che ci contraddistingue l’uno dall’altro ma allo stesso tempo ci unisce nella fratellanza, e alla fine ognuno

di noi potrà contare sull’aiuto e sul sostegno dell’altro. Il modo migliore per dimostrarci disponibili ed entusiasti di fare del bene è accogliere coloro che si trovano in una difficoltà tale da non avere avuto

altra scelta che abbandonare la propria terra. Questi fratelli si chiamano immigrati. Questo termine spaventa le autorità che farebbero di tutto per rispedirli a casa, arrivando persino a costruire recinzioni

per non ascoltare il loro grido di sofferenza. Ma la verità è che la casa dalla quale sono fuggiti li ha rinnegati ed umiliati ed è nostro dovere accoglierli per aiutarli a costruire una nuova vita, per farli

sentire amati e parte di una grande famiglia chiamata “Umanità”. Ovviamente, questa convivenza

dovrà rispettare le tradizioni, il culto e le usanze reciproche e non fermarsi alla tolleranza nei confronti

dei “nuovi arrivati” ma dovrà sfociare nel rispetto e nel dialogo che, permettendo lo scambio di idee,

sarà motivo di arricchimento per entrambe le culture che così si fonderanno in un unico popolo.

In tutto ciò, l’accoglienza e il sostegno solidale offerto dal Paese ospitante, non deve essere sfruttato a

proprio favore per scopi disonesti da chi lo riceve. Nel mio modo di pensare, vige il principio del “ Sei

a casa mia. Rispetta le mie leggi”. Non leggi che invadano la libertà di culto e di pensiero, ma valori di

convivenza che tutti devono avere a cuore. Infatti, se si vuole essere considerato cittadino e parte di

una società, ci si deve dimostrare tale, e contribuire al mantenimento dell’equilibrio della comunità.

Il Paese ospitante però, è il primo che deve far presente ai nuovi arrivati questo loro impegno, deve

considerarli cittadini effettivi senza fare eccezioni perché in questo caso danneggerebbe dall’interno il

normale andamento della società ed evidenzierebbe la differenza tra i due popoli, rendendo sempre più

lontana ed irrealizzabile l’idea di una vera convivenza, basata sul dialogo. Ed è solo quest’ultimo che permette di conoscerci a vicenda in modo che possiamo costruire un mondo fatto di fiducia, amore,

pace e fratellanza

Marta Ferrera 3a I

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L’umanità, dopo un lungo cammino, il superamento di grandi ostacoli ed i progressi in tutti i campi, è

riuscita a fondare una società multiculturale, piena di colori e piccole sfumature, dove sono in circolo

tante idee, valori e principi differenti. Questo tipo di società dovrebbe rappresentare un grande

arricchimento per tutti noi, grazie ad esso dovremmo essere predisposti al confronto e all’ascolto

reciproco ma purtroppo, nel mondo, questa presenza di tante diversità rappresenta una minaccia e una

contrapposizione, che sfocia spesso in conflitti.

La nascita di una società multiculturale negli ultimi anni, è stata favorita dal fenomeno della

globalizzazione, in cui tramite le nuove tecnologie nel campo della comunicazione, è stato favorito il

confronto, la conoscenza di altri tipi di culture e religioni,che in passato erano difficili da incontrare.

Questa società si può intendere come risorsa soltanto se basata su due grandi valori, a cui tutti dovrebbero cercare di ispirarsi di più: quelli del dialogo e dell’accoglienza.

Spesso il significato di dialogo viene inteso come semplice confronto con un’altra persona, ma in realtà il suo obiettivo è quello di trovare l’unità perduta.

Il dialogo non si può basare semplicemente su uno scambio di idee passivo, esso deve sempre essere accompagnato da un rispetto dell’altro e dei suoi pensieri, bisogna sempre considerare il proprio

interlocutore una persona da apprezzare e soprattutto deve sempre essere presente il desiderio, di conoscere l’altro, di ascoltarlo e vedere in lui tutto il meglio della sua persona.. Questo è il vero

significato di dialogare, vedere nell’altro sempre un arricchimento, sia nel caso del dialogo

interculturale sia di quello interreligioso.

Il secondo principio sul quale si dovrebbe basare la civiltà attuale, è quello dell’accoglinza. Anche in

questo caso il significato del valore viene sminuito e applicato in modo incompleto. Spesso le persone

riconoscono le differenze culturali e religiose altrui, ma senza interessarsi veramente ad esse e senza

vederle come un arricchimento ma comunque tollerandole. Il valore dell’accoglienza non si può basare

solo sulla tolleranza ma anche sul rispetto dell’altro, grazie ad esso oltre al riconoscimento delle

differenze si può aspirare ad un dialogo vero e sincero.

Un altro modo di intendere l’accoglienza, è quello di pensare che la persona diversa da noi, nel proprio

gruppo sociale o paese debba adattarsi alla nostra cultura e ai nostri stili di vita. Questo pensiero,

favorito dalla globalizzazione, sta portando piano pano ad un appiattimento culturale; col tempo molte

parti del mondo stanno avendo un processo di “occidentalizzazione”, favorevole alla nascita di un

mondo grigio, di fotocopie tutte uguali, non più di tanti colori e sfumature diverse. Il desiderio che il diverso debba rinunciare ai propri valori e alla propria cultura è uno dei primi pensieri che viene in

mente a molti, all’arrivo di uno straniero nella propria patria. Spesso siamo pronti ad accoglierlo e a tollerarlo, ma poi concretamente cosa pensiamo o facciamo per

lui? Pretendiamo che esso diventi come noi, se vuole stare nel nostro Paese ma soprattutto non siamo mai disposti ad iniziare un dialogo. Ho avuto modo di avere un confronto con un immigrato somalo nel

Centro Astalli, un centro di accoglienza di migranti con sede a Roma. Il suo nome era Osman, ha raccontato a me e alla mia classe, la sua storia e il suo duro e pericoloso viaggio per arrivare in Italia.

Ci ha spiegato che non ha sentito una vera e sincera accoglienza da parte degli Italiani ed all’inizio per

lui fu difficile integrarsi nella società. Mentre Osman ci parlava lo vedevo come una persona con una

cultura e una religione completamente diversa dalla mia, ma riuscii a trovare qualcosa in comune: i

valori umani della pace, giustizia e libertà. Nonostante venisse da un paese con una grande instabilità

politica, senza un governo, nella più totale povertà, i valori universali perseguiti sono gli stessi. Grazie

a questo incontro ed alle molte letture fatte, ho compreso un altro aspetto dell’ emigrazione, quello

emotivo ed umano, e soltanto grazie a queste conoscenze ognuno di noi può comprendere il vero e

profondo significato di dialogo ed accoglienza. Sono a conoscenza del fatto che spesso può sembrare

difficile essere accoglienti in particolare verso le persone che vengono da paesi dove tutti i giorni

vediamo e sentiamo tragedie di instabilità politica, ma non bisognerebbe mai avere una prevenzione

nella conoscenza di una persona diversa. Spesso il dialogo più difficile da intraprendere è quello

interreligioso, ma già chiedendoci l’origine delle religioni, le nostre paure e prevenzioni dovrebbero

scomparire. La religione è nata dal desiderio dell’Uomo di darsi delle risposte, sia in quelle politeiste che in quelle monoteiste. Ovviamente tutte le religioni hanno credenze differenti su cui basarsi, ma il

Dio a cui ci rivolgiamo è sempre lo stesso. Per questo semplice motivo non dovremmo avere una repulsione verso le altre religioni, in particolare quella musulmana, a cui spesso ricolleghiamo tragedie

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ed attentati terroristici. La maggior parte dei conflitti, non hanno solo origini culturali e religiose,

spesso hanno radici molto più antiche, ricollegate alla storia passata e a motivi economici.

Questo è quello che ci ha spiegato un signore egiziano, Mohamed Kenavi, in una lezione nella nostra

classe, sulla religione musulmana, una religione come un’altra con valori e credenze e senza nemmeno

un punto in comune con l’estremismo islamico.

La Chiesa Cattolica, negli ultimi anni, in particolare Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco sono

intervenuti nel tema del dialogo e dell’accoglienza tra religioni e culture. Questi valori sono stati

esposti, poco tempo fa da Papa Francesco in un dicorso tenuto in occasione del ricevimento del premio

Carlo Magno.

Nel suo discorso il Papa ha ricordato a tutti che l’Europa non è più fertile e predisposta all’accettazione e al dialogo dell’altro come una volta, non più basata sui grandi valori umanistici, rinascimentali, e

illuministi e anche gli Europei non ricordano quell’Europa terra di poeti, artisti e pittori che ormai è diventata una terra spenta e non più animata dai valori del passato, che ha non ha più un’anima nata

dall’incontro di civiltà e popoli. Il Papa ha esortato anche a costruire il nostro paese sull’integrazione, basata sul rispetto e soprattutto

sul dialogo, l’unica soluzione per risolvere ogni tipo di conflitto, spesso animato dalle differenze culturali e religiose.

Nella fondazione dell’Unione Europea e nella Costituzione italiana, questi valori erano presenti, fu un

grande passo per l’Umanità, viste le guerre e le tragedie che hanno insanguinato tutto il novecento.

L’Europa, compresa l’Italia, è riuscita a superare questo secolo di crisi ed a risollevarsi intraprendendo

un percorso di ripresa e dialogo. Attualmente però alcuni interessi economici europei, superano i valori

su cui si dovrebbe basare la sua ripresa, interessi che coinvolgono soprattutto i paesi più poveri ed in

difficoltà, sfruttati per le loro grandi risorse, interessi che sovrastano i valori universali, interessi che si

possono superare solo con un confronto sincero e un modello economico più equo non solo al servizio

di pochi.

Penso che questo discorso del Papa abbia aperto gli occhi su cosa l’Europa ma anche tutto il resto del

mondo dovrebbe intraprendere ovvero una cultura del dialogo e del confronto basata sulla costruzione

di ponti, sull’abbattimento di muri e sul possesso di una forte identità, per essere ospitali anche verso

coloro che consideriamo “diversi”, una cultura che aiuterà le generazioni future a risolvere i conflitti,

una cultura che permetta la presenza di una società multiculturale ma che viva nell’armonia e nel rispetto reciproco, aperta ad ogni tipo di diversità, che faccia capire che noi siamo un’unica famiglia,

fondata sulla solidarietà, pace, giustizia e che i conflitti attuali sono solo una causa della mancanza di un confronto concreto e di un’unità

Alice Catizone 3aG

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La nostra splendida penisola, l’Italia è un paese ormai globalizzato e in continua evoluzione in vari

campi, soprattutto nell’area economica del settore terziario e secondario.

Ogni anno assistiamo a vari cambiamenti, talvolta superflui come le mode tra ragazzi ispirate a quelle

presenti negli Stati Uniti e altri Paesi.

La globalizzazione è avvenuta in varie parti del mondo, soprattutto in Oriente, causa delle

telecomunicazioni e dell’influenza degli Stati Uniti.

Hanno avuto un ruolo importante le multinazionali e le catene di Fast Food, come Mc Donald’s,

presente in più di cento Paesi nel mondo.

Le multinazionali però, con la loro enorme ricchezza e potenza economica, sfruttano i paesi in via di

sviluppo utilizzando manodopera a basso costo e depredando materie prime. In questo modo, in Italia, c’è una situazione diversa dagli anni precedenti. Il motivo di questa

”situazione”è l’ondata di immigrati che fugge dalle tirannie dei loro Paesi. Queste persone, spesso, sono vittime di dittature e quindi di regimi totalitari ferocissimi e delle gravi e precarie situazioni

economiche, soprattutto in molti Paesi dell’Africa e dell’Asia; inoltre molti di essi sono rifugiati politici, cioè fuggono da eventi pericolosi che per loro potrebbero essere fatali.

Per entrare in contatto con queste persone, bisogna ricorrere al dialogo, garantendo rispetto, sincerità e libertà personale. Soprattutto, bisogna sapere se hanno “cattive intenzioni”nei confronti del loro nuovo

Paese, come nel caso dei terroristi e delle cellule dell’ISIS.

Esistono molti centri che vanno in aiuto di di queste persone, come il Centro Astalli, nella città di

Roma e altri, per bambini ed anziani, ma non sono sufficienti.

Ho avuto modo di conoscere il Centro Astalli, grazie a due visite, svolte a scuola, nell’arco di

quest’anno scolastico ormai concluso. In una in particolare, i miei compagni di classe ed io, abbiamo

dialogato con un rifugiato politico somalo, Osman, ci ha raccontato la sua esperienza personale con il

viaggio per arrivare in Italia.

In Italia, dal 1990, grazie alla Convenzione di Shengen sono aboliti i controlli alle frontiere, dei quali

si parla molto, in quest’ultimo periodo, nei telegiornali.

Alcuni Paesi dell’Unione europea hanno però, a differenza dell’Italia, chiuso le frontiere a causa delle

nuove ondate di immigrati. Non lo ritengo un bene per varie motivazioni. Queste “frontiere”

ostacolano il dialogo interculturale e facilitano la diffusione di regimi politici di estrema destra. Inoltre,

alcuni dei Paesi in questione, come gli Stati dell’Europa orientale, sono stati i primi ad essere accolti nell’Unione Europea, quando si dissolsero i regimi comunisti, però ora non intendono accogliere chi

ha bisogno di aiuto. Infine, nel dialogo interculturale, possono esistere due approcci molto dannosi: l’approccio relativista e

l’approccio assimilazionista. Sul piano sociale, un approccio relativista può far sì che i gruppi culturali, convivano separatamente,

quindi senza una vera integrazione. Invece l’approccio assimilazionista cerca di imporre i propri valori culturali sfruttando la propria

potenza economica e militare.

Le chiavi del dialogo sono il rispetto reciproco, e la capacità di immedesimarsi nell’altro, altrimenti

esisterebbero solo conflitti e guerre sanguinose e non si sperimenterebbero la pace e la fratellanza fra i

vari Paesi.

La strada della pace, come afferma Papa Francesco è il rispetto per il prossimo, che discende dal

riconoscimento dei diritti umani.

Penso che sia importante dialogare perché così ci si accoglie e si vive serenamente, come anche nel

rapporto tra genitori e figli e tra professori e alunni.

Alessandra Galari 3aD

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La nostra società è una società multiculturale nella quale convivono quindi insieme più culture.

La multiculturalità ha un aspetto positivo e uno negativo: quello positivo è l’arricchimento reciproco e

quello negativo è la limitazione dei diritti culturali come le tradizioni, le feste…

Con la globalizzazione si è diffuso il modello occidentale e si è quindi sviluppata l’occidentalizazione

dei costumi, che è andata a discapito del pluralismo, cioè il prendere da ogni cultura qualcosa che ti

possa arricchire.

Per avere una società multiculturale e globalizzata è necessario che ci siano l’accoglienza e il dialogo.

Per accogliere bisogna accettare le “differenze” tra le verie persone, ma bisogna anche “ospitare” le

idee degli altri.

Il dialogo invece invita tutti a irrobustire l’amicizia e permette di imparare cose nuove e di risolvere tanti problemi.

Come esposto anche nei documenti, questi due concetti possono essere realizzabili solo se c’è libertà personale, rispetto reciproco e sincerità.

La libertà personale è il diritto di professare la propria religione, di esprimere delle idee…Se non fosse così, le persone più potenti potrebbero privare altri individui di libertà fondamentali come quella di

pensiero. Il rispetto reciproco è la stima che una persona deve avere di un’altra e viceversa, in modo che tutti

siano trattati in modo uguale.

Per avere rispetto bisogna conoscere la storia di quella persona. Se non ci fosse rispetto alcune persone

si sentirebbero più potenti di altre, non ci sarebbe quindi accoglienza e dialogo da parte di quelle

persone “superiori”.

Infine la sincerità; essere sicuri che di una persona ci si possa fidare e che ti possa aiutare, anche ad

essere accolto, per esempio. Senza il dialogo non può esserci sincerità ma quest’ultima può avvenire

solo grazie all’accoglienza.

Quindi senza questi tre valori ci sarebbero conflitti, abusi di potere, che non favoriscono né

l’accoglienza né il dialogo.

Accogliere è, a parer mio, un sinonimo di integrare, parola della quale negli ultimi anni sempre più

spesso sentiamo parlare. Integrazione, infatti, vuol dire inserire una persona all’interno della società,

da cui prima, per vari motivi era molto distaccata. L’integrazione dovrebbe essere realizzata, per

esempio, per gli immigrati, persone che scappano dalle proprie terre natali per cercare più fortuna nei paesi democratici, dove dovrebbero essere accolti e quindi integrati.

Purtroppo per vari pregiudizi, queste persone non sono ritenute uguali a noi e quindi sono respinte. Per far spazio alla società multiculturale purtroppo si tiene poco in considerazione l’integrazione:

infatti entrambi gli approcci della nostra società, quello assimilazionista e quello relativista sono incompleti e non fanno sì che in uno stesso paese possano vivere persone che appartengono a culture

diverse senza farsi la guerra. Dopo aver consultato idee e documenti diversi, faccio mia l’affermazione di Papa Francesco: “Un

popolo deve mantenere la sua identità e nel contempo, integrarsi armoniosamente con gli altri”.

In conclusione, secondo me, noi parliamo troppo ma agiamo poco. So che accogliere non è facile ma

dovremmo cominciare con il pensare che gli immigrati, i disabili, non sono diversi da noi e che

accogliendoli non diamo una mano solo a loro; spesso, infatti, stare in contatto con persone portatrici

di handicap o persone che scappano dai propri paese, ci può aiutare e soprattutto ci può far riflettere e

maturare.

Flavia Goio 3aA

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Guerre, donne bambini che scappano, terrore del diverso, dell’estraneo.

Queste sono le notizie che ormai da troppo tempo vengono annunciate sulle televisioni di tutto il

mondo, parole e notizie riferite e poi lasciate sospese.

Per un po’di tempo è andata avanti così, ma oggi la situazione sta diventando instabile e ormai è

evidente agli occhi di tutti noi.

E’ assurdo, nonostante tutte le immagini di guerre e sofferenze che ci bombardano, cercare di rimanere

indifferenti tutti i giorni e, peggio ancora, rinchiudersi all’interno di muri e frontiere costruiti con il filo

spinato.

Ormai quasi tutta l’Europa sta edificando un grande muro intorno a sé che si sta costruendo oltre che

con cemento armato e filo spinato con l’odio, i pregiudizi, l’ignoranza che, sotto sotto, accomunano tutti noi. Sta diventando una vera e propria “guerra” contro gli immigrati, stiamo fortificando i nostri

confini come se loro fossero un nemico da combattere e da allontanare il prima possibile. In realtà questa guerra è contro l’intera umanità, perché nessun essere umano dovrebbe vivere nella

miseria e morire senza aver commesso alcun crimine, ma semplicemente per essere fuggito da una situazione che noi non abbiamo mai vissuto sulla nostra pelle e che ancora oggi facciamo fatica a

comprendere, nonostante la vediamo riflessa nella nostra quotidianità. Basta pensare alle persone che frugano ancora nei cassonetti per sopravvivere, o ai barboni ed altre

persone che vivono in condizioni di miseria, che ci chiedono l’elemosina per le strade quando

passeggiamo e ogni volta che ci fermiamo ad un semaforo.

Queste persone vengono sfruttate dalle organizzazioni criminali che da sempre combattiamo come

mafia, camorra, ‘ndrangheta, e noi invece che preservarli da esse, che all’inizio rappresentano la loro

unica speranza di vita, li lasciamo diventare definitivamente dei nostri nemici da combattere perché

hanno capito che lo Stato non è stato in grado di inserirli nella società e quindi di conseguenza iniziano

a rubare e si schierano contro di esso.

Molti cittadini disprezzano queste persone perchè credono che sia colpa loro se ora rubano e non

rispettano le nostre città e le nostre leggi, quando dovrebbero dare la colpa solo alle persone che stanno

a capo del nostro Paese e che rubano e non rispettano le leggi pur non essendo in condizione di miseria

e di disperazione.

Le persone disprezzano tutti quelli che si trovano in condizioni di miseria anche perché ci sbattono

davanti agli occhi tutta la loro sofferenza e povertà e questo li fa sentire in colpa e ci ricorda quanta miseria c’è nel mondo, creandoci fastidio.

Molti cittadini però la pensano in modo differente e si allontanano da tutti quei pregiudizi presenti nella società, credendo ancora fortemente, nei diritti dell’Uomo, rispettandoli e combattendo per essi.

Proprio per questo motivo, oggi sono presenti molte associazioni composte da volontari, che si occupano di accogliere e di aiutare gli immigrati.

Una di queste associazioni è il Centro Astalli, che offre alle persone che si trovano in queste situazioni vari servizi, che sono l’accesso alle docce, un posto letto temporaneo, un pasto caldo, la possibilità di

ricevere della posta, oltre che l’aiuto per ottenere i documenti per restare in Italia e la ricerca di un

lavoro.

Quest’anno con la nostra classe ci siamo recati presso la sua sede a Roma e abbiamo avuto modo di

ascoltare una testimonianza riguardante un immigrato ed il viaggio, molto pericoloso, che ha dovuto

affrontare.

Si chiamava Osman ed è un Somalo che è scappato dal suo Paese perché rischiava di essere ucciso; ora

ha un lavoro e i documenti per restare in Italia. Questo mi ha fatto capire che la possibilità di far

diventare queste persone un profitto per l’intero paese c’è, solo che purtroppo un’organizzazione da

sola non ce la può fare ed è per questo che lo Stato deve intervenire su un problema che lo riguarda in

modo particolare.

Chi parte e lascia tutto, viene dai paesi che conosciamo perché al loro interno ci sono gravi conflitti,

soprattutto per motivi religiosi. Questi conflitti sono riflessi all’interno della nostra società per mezzo

del terrorismo, effettuato dagli estremisti islamici. Questo ha portato ad un odio da parte del mondo occidentale verso qualsiasi persona che professi

l’Islam o che semplicemente provenga da un paese dove questa religione è la religione ufficiale dello Stato. Anche questo è uno dei motivi di base per cui l’Europa non vuole più accogliere questi

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immigrati, per paura che possano cadere nelle mani del terrorismo o che siano già dei terroristi, e

questo è un pregiudizio che assale ognuno di noi al vedere queste persone.

Come risposta a questo, sempre quest’anno, abbiamo incontrato un musulmano egiziano che si

chiamava Mohamed Kenavi, il quale ci ha spiegato che non dobbiamo assolutamente vedere l’Islam

come lo conosciamo, ovvero come lo vediamo attraverso il terrorismo, proprio perché chi compie

questi atti terrificanti non è considerato un vero Islamico.Essi infatti hanno interpretato male i valori

dati dal Corano.

Mohamed ci ha spiegato, a questo punto, cosa professa veramente l’Islam e ci ha detto che avere

pregiudizi contro i Musulmani è ingiusto, perché non tutti sono terroristi, anzi la maggioranza non lo è;

il problema è che ci proiettano davanti solo immagini distorte di guerre e terrore, per cui è difficile andare oltre i pregiudizi e l’odio che esse ci suscitano.

Il Centro Astalli è un’associazione gesuita si occupa anche del problema interreligioso, e ho avuto modo, insieme ad una mia compagna di classe, di incontrare il suo presidente ovvero Padre Camillo

Ripamonti, il quale ci ha accolto dicendo che la scorsa estate lo scenario dell’Europa era cambiato, perché gli immigrati hanno incominciato a fare pressione alle nostre frontiere e ci hanno spinto ad

aprirci e ad essere solidali. Li ha chiamati infatti, gli eroi dei nostri tempi proprio perché con la loro forza di vivere ci stanno

spingendo a non rimanere indifferenti riguardo la loro situazione.

Anche Papa Francesco, recentemente, ha fatto un discorso nel quale ha esordito dicendo che c’è una

parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci, è questa: dialogo; ci ha invitato a promuovere una

cultura del dialogo cercando con ogni mezzo di aprire istanze affinché questo sia possibile e ci

permetta di ricostruire il tessuto sociale.

Dobbiamo vedere lo straniero, il migrante, l’appartenente ad un’altra cultura come qualcuno da

ascoltare e da apprezzare. Inoltre ha detto che vede l’Europa come una nonna stanca e invecchiata, non

fertile e vitale, dove i grandi ideali che l’hanno ispirata ad essere una democrazia, sembrano aver perso

attrattiva generatrice e creatrice.

Queste parole dovrebbero essere d’ispirazione all’Europa per ritornare a riscoprire quei valori che

prima la caratterizzavano e la distinguevano, come un paese giusto, aperto al dialogo e al confronto

etnico, culturale e religioso.

Maria Baltera 3aG

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In Italia oggi sono presenti milioni di immigrati che hanno lasciato il loro Paese alla ricerca di un

futuro migliore.

In molti dei Paesi in cui emigrano, sono gli stranieri a svolgere i lavori più umili ai quali nessun altro si

vuole dedicare. In molti casi però i ragazzi provenienti da altri Paesi, che cercano lavoro, in Paesi del

nord del mondo, come l’Italia, sono pregiudicati e per questo motivo non ottengono il loro posto nella

società e sono costretti a chiedere l’elemosina per vivere.

Molti degli immigrati inoltre non hanno il permesso di soggiorno e vivono nel Paese che li ospita,

clandestinamente e per questo sono costretti a vivere come ladri, nascosti alle autorità e senza una

casa. L’unico modo che hanno, per sopravvivere, è il lavoro in nero.

Coloro che lavorano in nero sono inevitabilmente sfruttati dai datori di lavoro; non hanno un’assicurazione in caso di incidente sul lavoro, lavorano molte più ore di quante dovrebbero e non

ricevono un giusto compenso per il lavoro che svolgono. Molti Paesi del nord del mondo come Europa occidentale e America del Nord stanno chiudendo le

frontiere per impedire agli emigranti di entrare nel loro Paese. A questo proposito Papa Francesco ha fatto un discorso davanti ai capi degli stati europei, nel quale

paragona l’Europa ad una vecchia sterile perché si chiude in sé stessa e non dimostra i valori di accoglienza, dialogo e rispetto reciproco.

In quest’anno scolastico abbiamo affrontato molto il tema del dialogo e dell’incontro tra popoli.

Qualche mese fa siamo andati in visita al Centro Astalli, un centro di accoglienza per i rifugiati politici

che hanno ottenuto il permesso di soggiorno ma non hanno ancora trovato una casa e un lavoro. In

questo centro di accoglienza abbiamo incontrato un giovane profugo somalo di nome Osman che per

arrivare in Italia ha viaggiato diversi anni senza famiglia e senza niente. Il ragazzo ha detto di essere

stato costretto a fuggire dalla Somalia non per problemi economici ma perché, a causa di suo cugino,

dei ragazzi volevano ucciderlo.

Più recentemente abbiamo incontrato un Egiziano di nome Mohammed Kenavi, che ci ha parlato

dell’Islam, la sua religione.

Ultimamente chi professa la religione islamica è vittima di molti pregiudizi, a causa degli atti di

terrorismo, compiuti da estremisti della loro stessa religione.

Gli atti di estremismo sono però spesso dovuti all’occidentalizzazione forzata, che ha violato le leggi

dei paesi che hanno una diversa cultura e tradizione che quindi sono spinti ad odiare gli occidentali, senza distinzioni.

Credo che l’accoglienza sia fondamentale, per il rapporto tra i diversi popoli anche perché l’Italia non è sempre stato un Paese ricco e meta degli immigranti. Nel ventennio successivo alla seconda guerra

mondiale, l’Italia era un Paese molto povero e la maggioranza della popolazione cercò un futuro all’estero, soprattutto in America, in Paesi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Argentina.

Oggi sembra che molti Italiani abbiano dimenticato cosa significhi lasciare la propria terra e non sentirsi accolti e integrati nel Paese che li ospita.

Come dice il Papa dobbiamo accogliere e non dividerci per mezzo di muri.

Lucrezia Cippone 3aG

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Io mi ritengo una ragazza fortunata perché appartengo alla generazione del ventunesimo secolo e ho

dietro di me generazioni che si sono battute per ottenere quello che oggi quasi tutti noi abbiamo.

Viviamo in un periodo di pace e di tranquillità, abbiamo dei diritti che ci difendono e che dobbiamo

difendere:la pace, la casa, la famiglia, il nome, il diritto allo studio che so che è molto importante ma

spesso, come tutti, me lo dimentico.

L’Europa ha fatto un lungo cammino per diventare luogo di pace e accoglienza, per garantire gli

elementi fondamentali a tutti gli uomini che ne fanno parte, cercando di invitare altri Paesi a fare

altrettanto; si è data una Costituzione per permettere che ciò avvenga e per mantenere un governo

stabile, ma sinceramente non mi sembra una cosa che possa durare per sempre:tutto troppo tranquillo

come la quiete prima della bufera, sento che qualcosa accadrà prima o poi, perché come dice la mia professoressa, nella storia tutto si ripete, è un ciclo che non ha fine.

L’idea molto simile di Repubblica la cui sovranità appartiene al popolo si è avuta per la prima volta in grecia; l’Impero romano ha tentato di seguire questo modello ideologico, ma essendo troppo vasto,

l’Impero si è diviso, a occidente si cercava di sopravvivere alla disfatta, a Oriente invece Teodosio ha dato inizio al progresso e con un editto ha ordinato di fermare la persecuzione cristiana, cosa diffusa

durante l’Impero. Ed ecco la prima ideologia di sterminio. Nel 1300 l’Italia dei Comuni, le crociate, la caccia alle streghe, agli eretici, proclamate dalla Chiesa

che era al culmine del suo potere e compì per orgoglio crimini orribili. Poi il susseguirsi di epoche

relativamente felici e di apertura: l’Umanesimo, dove l’Uomo era posto al centro dell’universo; il

Rinascimento, grande secolo, insieme al Barocco e al metodo scientifico, di sfarzo e lusso; la scoperta

dell’America e la nascita sul piano politico ed economico di questo magnifico continente, che è

diventato sempre più potente nel tempo. L’Illuminismo, uomini che hanno dato la vita per battersi per

valori e ideali opposti a quelli della Chiesa: essi seguivano la ragione e non la fede; Il periodo buio

delle tre guerre di Indipendenza, Mazzini, Garibaldi, Anita e l’Italia unita sotto il regno della casata

Savoia; la Bella Epoque e le grandi scoperte nel campo della medicina e della tecnologia; la prima

guerra mondiale, le vittorie e le sconfitte, territori perduti e conquistati, il biennio rosso negli USA, il

boom demografico e la crisi economica; la seconda guerra mondiale che ha visto tanti Ebrei caduti,

torturati, massacrati, privati della loro libertà e della propria persona, nudi al freddo nei campi di

sterminio di Auschwitz e Mathausen, il terrore dei civili, testimoni dei rastrellamenti. Lo sbarco alleato

americano dopo il tradimento del Re Savoia alla Germania, il suicidio di Hitler, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e la tragedia di milioni di persone straziate dalla bomba, la liberazione, la

Repubblica Italiana, la Costituzione, la gioia, la ripresa, il piano Marshall, la memoria dei sopravvissuti. Il periodo di pace ha visto anche i sopravvissuti ai campi di concentramento, suicidarsi

perché non riuscivano a tornare alla vita normale, scossi dai traumi vissuti. La guerra fredda, la spartizione del mondo tra USA e URSS, altro terrore, i deceduti in Vietnam e Corea; gli anni ’60 e ’70,

anni di movimenti femministi e giovanili; i diritti delle donne, i desaparecidos e le dittature in Argentina, Cile e Bolivia; L’Unione Europea, l’euro introdotto nel 2000, la mia nascita, Gheddafi, le

torri gemelle, lo sviluppo tecnologico e oggi l’ISIS e i barconi di immigrati.

Dopo questa vita l’Europa è stanca, invecchiata, sterile, come dice Papa Francesco, ma si è sempre

battuta per la libertà, per un futuro migliore.

Si è ripresa, ha lottato dopo il grave episodio dell’Olocausto e della seconda guerra mondiale, ha

continuato ad andare avanti, ha tentato di continuare a vivere cercando di agire seguendo il passato per

evitare un ritorno ad esso. Nel frattempo però si è arricchita di esperienze, di culture, di tradizioni di

ritorni alle origini, ha toccato tutti i poli del mondo. Si è spinta da nord a sud, da oriente a occidente,

ha capito che vivere significa non imparare ad avere una mentalità chiusa, ma decidere insieme,

ascoltarsi, accettarsi, accogliere, dialogare, con le persone che hanno avuto un vissuto differente dal

nostro, capirlo e insieme decidere. E’ quello che hanno fatto i grandi padri Illuministi, Voltaire,

Russeau e molti altri nel loro salottino d’incontro.

Ovviamente questo non si può fare solo nelle grandi comunità o nelle grandi conferenze ma anche nel

nostro piccolo ovvero nelle scuole, insegnando ai ragazzi questi valori, organizzando degli incontri con persone di altri luoghi, con altre culture, altre religioni.

Noi abbiamo incontrato al centro Astalli un rifugiato della Somalia, Osman grazie alla nostra mitica prof. Ci ha parlato del suo viaggio, il perché della fuga (volevano ucciderlo) e ci ha spiegato come ha

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ottenuto il permesso di soggiorno. Oggi si occupa di aiutare gli altri rifugiati che hanno più o meno la

stessa storia.

In classe abbiamo incontrato Mohamed Kenavi, un musulmano e lo abbiamo incontrato per capire che

intenzione aveva l’ISIS, dopo la strage di Parigi. Lui ci ha spiegato che la religione Musulmana è

divisa in praticanti normali e praticanti fanatici; questo gruppo terroristico fa le stragi solo per far sì

che l’occidente diffidi dei musulmani soprattutto di quelli “normali”che saranno così costretti a

sottomettersi al fanatismo. E’ stato un bellissimo incontro di confronto e di chiarimenti.

L’ultimo incontro lo abbiamo fatto con un buddista, Guglielmo che ci ha spiegato il Buddismo e come

religione l’ho trovata molto bella, profonda e sincera, ricca di valori ideali.

C’è un’altra cosa molto importante che ha detto Papa Francesco: il dialogo tra popoli o religioni contrastanti è il miglior modo per risolvere i conflitti. Purtroppo però quando si è accecati dall’odio e

dalla vendetta non si trova altra via che la guerra.

Eleonora Piroux 3aG

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“Accoglienza e dialogo”. Questi sono i problemi che dobbiamo risolvere insieme, persone che sono

pronte a raccontare l’orrore delle guerre, dei maltrattamenti e culture che raccontano lontani passati

che si vivono anche oggi.

Due di queste persone io ho incontrato, due persone con la speranza e la voglia di raccontare il loro

punto di vista e il loro passato, due donne angelo che ci hanno permesso di conoscere le loro vite e

facendoci entrare nei loro cuori gelati.

La prima anima, al Centro Astalli: Felicitè, ha vissuto di maltrattamenti da parte di uomini senza

speranza che credevano di essere superiori ad un angelo, di non pensare che essa era anche meglio di

loro.

La seconda anima nobile è stata Flora T. Lei ha vissuto abbastanza bene ma per mancanza di lavoro ha dovuto cambiare posto e vita arrivando da noi con le lacrime ghiacciate sulle guance; ha dovuto

lasciare la sua casa, la sua famiglia ma sua anima ancora viaggia in quel corpo gelido. Grazie al centro Astalli alcune di queste persone riescono a continuare la propria vita e la propria

religione e ad avere la libertà personale di vivere secondo la propria cultura, non avendo paura di essere fermate

Questo accade solo se la persona europea con cui essa parla sa mantenere un rispetto reciproco e continuare a far sognare e imparare la persona a cui sta davanti, parlarle e pensare come lei, cercare di

capire il suo stato d’animo in quel momento e la sua sicurezza, per evitare di offenderla o di farle

paura.

Si deve stare attenti a non offendere o a far ricordare a chi hai davanti brutti ricordi, che lei ha vissuto

o prenderla in giro per il proprio aspetto. “Dialogare significa una accoglienza cordiale e non una

condanna preventiva”.

Ma purtroppo questo è stato fermato da alcune comunità che non vogliono fare passare queste persone

con dentro un’anima da angelo, che hanno passato il mare con paura di essere travolte da esso come

nel libro “Vicky che voleva andare a scuola”e che amano quello che forse le potrà accogliere in una

nuova vita sociale.

Io stessa ho aderito a questo concorso per far capire e sentire questo e poter pensare di donare mille

euro, a bambini che vivono in “ospedali baracche”, che sono magri come degli stecchini e che

darebbero il loro cuore quasi spento per averne almeno un po’.

Io concluderei tutto questo dicendo una sola, singola, gelida frase: Gli immigrati per noi sono come un nastro trasparente che c’è ma noi cerchiamo di non vederlo per non crearci impicci, cercando anche di

strapparlo.

Laura Crescenzi 3aB

Laura Crescenzi

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Altri partecipanti

per la sezione

grafico pittorica

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Marco Pane, Thiago Panunzi, Alessio Rita, Francesco Russo 3

aH

Corinne Bucci, Giorgia Caprini, Gloria Di Paolantonio 3

aH

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Valeria Calvitti, Andrea Manieri, Valerio Menichetti, Letizia Valentinotti 3

aH

Mattia Amelia 3

aA

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Alessandra Galari 3aD

Claudia Lasco 3aA

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Francesco Carradori 3

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Giulia Micozzi 3aA

Sara Lanciotti 3

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Flavia Goio 3

aA

Mattia Spalmach 3

aA

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La Premiazione

Roma 7 giugno 2016 Aula Magna

Foto 1 Da sinistra : il Signor Francesco Maronta, il Dirigente scolastico Prof.ssa Marina Todini, Valeria Bombelli 3aI,

Veronica Lasco 3a A, vincitrici del Premio Michele Maronta 2016 per la sezione di scrittura creativa, il Prof. Enzo

Bellotti

Foto 1 Da sinistra : il Signor Francesco Maronta, Il Dirigente scolastico Prof.. Marina Todini, Alessandra Mollica 3a H

vincitrice del Premio Maronta 2016 per la sezione di grafica,

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ALLEGATI

Comunicazione della Biblioteca del 4 febbraio 2016 : Bando del Concorso Michele Maronta 2016 OGGETTO : XVI EDIZIONE PREMIO “MICHELE MARONTA” DESTINATARI: TUTTI I DOCENTI DELLE CLASSI TERZE Anche quest’anno, come di consuetudine, la nostra scuola propone agli alunni delle classi terze il “Premio Michele Maronta”, giunto alla XVI edizione. La prova, che prevede una sezione di scrittura creativa :articolo, saggio, pagina di diario e una artistico -grafica ( Disegno, elaborato pittorico, fotografia , filmato..) è indirizzata alle classi terze al fine di premiare, a conclusione del triennio di scuola secondaria di primo grado, gli alunni e le alunne che abbiano raggiunto un alto livello di conoscenze, competenze e mezzi espressivi. La traccia scelta per il Premio di quest’anno è la seguente:

Accoglienza e dialogo

Nella nostra società, multiculturale e globalizzata sono sempre piu importanti l’accoglienza e il dialogo. Essi sono realmente possibili solo se hanno come presupposti la libertà personale, la

sincerità e il rispetto reciproco

Esponi le tue riflessioni basandoti sulla lettura dei documenti proposti e sulla tua esperienza

personale Gli elaborati saranno il frutto delle riflessioni degli alunni alla luce delle conoscenze acquisite nell’arco del triennio, e di approfondimenti personali. I docenti di Lettere e di Arte e Immagine potranno autonomamente decidere i tempi per l’esecuzione dell’elaborato, secondo le proprie esigenze didattiche, facendosi garanti che esso venga comunque svolto in classe senza l’aiuto degli adulti. I docenti interessati dovranno poi consegnare alla Commissione (in Biblioteca) gli elaborati selezionati, in formato sia cartaceo che digitale, entro il giorno 15 aprile 2016. La Commissione, formata dal Dirigente scolastico, dai proff . Bellotti, Cirielli, Fiorelli, De Muro, Piras, Sulpizii , Venerosi Pesciolini), si riunirà tra la seconda meta di aprile e i primi di Maggio per scegliere i tre elaborati da premiare secondo i seguenti criteri : 1- Aderenza alla traccia 2-Chiarezza e correttezza espressiva o /nell’uso della tecnica pittorica ; 3) competenza e maturità nell’esposizione I vincitori ai quali verrà data comunicazione scritta saranno premiati, alla presenza dei signori Maronta, durante una breve cerimonia che si svolgerà nella mattinata del maggio 2016, in occasione della Festa di fine anno della scuola Si allegano alcuni testi utili per la riflessione

La Commissione Dir.scolastico Prof Marina Todini

Prof. Enzo Bellotti, Prof. Carmen Cirielli, Prof. Emanuela Fiorelli Maria Paola De Muro, Prof Giuliana Piras, Prof. Annamaria Sulpizii

La Bibliotecaria Elisabetta Venerosi Pesciolini Roma 4 febbraio 2016

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Documento allegato nr. 1

Dal documento “Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica - Vivere insieme per

una civiltà dell’amore” / Congregazione per l’Educazione Cattolica

………. La composizione multiculturale delle odierne società, favorita dalla globalizzazione, è divenuta un dato di fatto. La presenza simultanea di culture diverse rappresenta una grande risorsa quando l’incontro tra differenti culture viene vissuto come fonte di reciproco arricchimento. Può anche costituire un problema rilevante, quando la multiculturalità viene vissuta come minaccia alla coesione sociale, alla salvaguardia e all’esercizio dei diritti dei singoli o dei gruppi. Non è facile la realizzazione di un rapporto equilibrato e pacifico tra culture preesistenti e nuove culture, spesso caratterizzate da usi e costumi che sono in contrasto. La società multiculturale è da tempo oggetto delle preoccupazioni dei governi e delle organizzazioni internazionali. Anche la Chiesa, istituzioni ed organizzazioni educative ed accademiche, sia in ambito internazionale che nazionale e locale, si sono interessate allo studio del fenomeno ed hanno avviato specifici progetti….

Cultura e pluralità di culture

I/2. Uno dei fenomeni epocali del nostro tempo, che particolarmente investe l’ambito della cultura, è quello della globalizzazione. Facilitando la comunicazione tra le varie aree del mondo e coinvolgendo tutti i settori dell’esistenza, essa ha manifestato la pluralità di culture che caratterizza l’esperienza umana. Non si tratta però solo di un aspetto teorico o generale: ogni singola persona, infatti, ha continuamente a che fare con informazioni e relazioni che provengono, in tempo reale, da ogni parte del mondo e incontra, nella sua quotidianità, una varietà di culture, confermando così il sentimento di far sempre più parte di una sorta di “villaggio globale”…

.I/4… L’attuale fenomeno della multiculturalità, legato all’avvento della globalizzazione, rischia ora di accentuare in termini problematici tale “diversità nell’unità”, che caratterizza l’orizzonte culturale dell’essere umano……. Sotto la pressione della mobilità umana, delle comunicazioni di massa, di Internet, di social network e soprattutto dell’enorme diffusione dei consumi e dei prodotti che hanno condotto ad una “occidentalizzazione” del mondo, è legittimo interrogarsi circa la sorte che spetta alla differenza di ogni cultura. Nello stesso tempo, però, pur restando forte questa inesorabile tendenza all’uniformità culturale, sono vivi e attivi molti elementi di varietà e distinzione tra i gruppi, che non di rado accentuano reazioni di fondamentalismo e di chiusura autoreferenziale. In tale modo il pluralismo e la varietà di tradizioni, di costumi e di lingue, che costituiscono di per sé motivo di arricchimento reciproco e di sviluppo, possono condurre ad una esasperazione del dato identitario che sfocia in scontri e conflitti.

I/5. Sarebbe, però, sbagliato ritenere che siano le differenze etniche e culturali la causa dei tanti conflitti che agitano il mondo. Questi ultimi, in verità, hanno radici politiche, economiche, etniche, religiose, territoriali, non certo esclusivamente o prioritariamente culturali. L’elemento culturale, storico e simbolico, viene invece utilizzato per mobilitare le persone, fino al punto di stimolare la violenza che si radica in elementi di competitività economica, scontro sociale, assolutismo politico.

I/6. La crescente caratterizzazione multiculturale della società e il rischio che, contro la loro vera natura, le stesse culture vengano utilizzate come elemento di contrapposizione e conflitto, sono fattori che spingono ancor più al compito di costruire relazioni interculturali profonde tra le persone e i gruppi, e contribuiscono a fare della scuola uno dei luoghi privilegiati del dialogo interculturale.

Cultura e religione

I/8. La religione si offre in generale quale risposta di senso alle domande fondamentali dell’uomo e della donna: «Gli uomini attendono dalle religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo». Tale statuto mette

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necessariamente le religioni non solo in dialogo tra loro, ma anche con le diverse forme di interpretazione atea o non religiosa della persona umana e della storia, che si trovano ad affrontare le stesse domande di senso. L’esigenza del dialogo interreligioso nell’accezione più ampia di confronto tra soggetti e comunità portatrici di diverse visioni oggi è avvertita come fondamentale anche dagli Stati e dalla società civile. Onde evitare in questo delicato ambito di riflessione facili riduzionismi e strumentalizzazioni, riteniamo opportuno richiamare alcune indicazioni…..

Religione cattolica e le altre religioni

I/13. In tale contesto, il dialogo tra le diverse religioni assume un rilievo particolare. Esso ha un profilo proprio e rileva innanzitutto la competenza delle autorità di ciascuna religione. Naturalmente il dialogo interreligioso, ponendosi nella dimensione religiosa della cultura, interseca gli aspetti dell’educazione interculturale, pur non esaurendosi e non identificandosi totalmente in essa.

Il dialogo con persone e comunità di altre religioni è motivato dal fatto che siamo tutti creature di Dio….Il dialogo, che la Chiesa cattolica coltiva con le altre Chiese e Comunità cristiane, non si ferma a ciò che abbiamo in comune, ma tende verso il più alto obbiettivo di ritrovare l’unità perduta

I/14. Le modalità del dialogo tra i credenti possono essere diverse: c’è il dialogo della vita con la condivisione delle gioie e dei dolori; il dialogo delle opere con la collaborazione in vista della promozione dello sviluppo dell’uomo e della donna; il dialogo teologico, quando è possibile, con lo studio delle rispettive eredità religiose; il dialogo dell’esperienza religiosa.

I/15. Questo dialogo, però, non è un compromesso, è invece uno spazio per la testimonianza reciproca tra credenti appartenenti a religioni diverse, per conoscere di più e meglio la religione dell’altro e i comportamenti etici che ne scaturiscono….. «Per essere vero, questo dialogo deve essere chiaro, evitando relativismi e sincretismi, ma animato da un sincero rispetto per gli altri e da uno spirito di riconciliazione e di fraternità»

I/16. La chiarezza del dialogo comporta anzitutto la fedeltà alla propria identità cristiana. «I cristiani propongono Gesù di Nazareth…

Pertanto, se questa è la condizione indispensabile per il dialogo interreligioso, lo è anche per un’adeguata educazione interculturale che non prescinda dall’identità religiosa.

I/19…... Più è ricca la conoscenza più si è in grado di sostenere il dialogo e di vivere insieme con chi professa altre religioni. Le differenti religioni, nel contesto di un dialogo aperto tra le culture, possono e devono portare un contributo decisivo alla formazione della coscienza dei valori comuni.

I/20. A sua volta il dialogo, frutto della conoscenza, deve essere coltivato per vivere insieme e

costruire una civiltà dell’amore…

CAPITOLO II – APPROCCI AL PLURALISMO

Diverse interpretazioni

II/21… La scelta del dialogo interculturale, resa necessaria nella situazione del mondo attuale … diventa possibile e fruttuosa quando si fonda sulla consapevolezza della dignità di ogni persona e sull’unità di tutti in una comune umanità per condividere e costruire insieme un medesimo destino….

Due sono i principali approcci alla realtà del pluralismo che sono stati messi in atto nel tentativo di dare una risposta, quello relativista e quello assimilazionista, pur presentando aspetti positivi, sono entrambi incompleti.

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Approccio relativista

II/22. Coscienza della relatività delle culture e scelta del relativismo sono due opzioni profondamente diverse… Riconoscere che la realtà è storica e mutevole, non porta necessariamente all’approccio relativista. Il relativismo, invece, rispetta le differenze ma nel contempo le separa nel loro mondo autonomo, considerandole come isolate ed impermeabili e rendendo impossibile il dialogo. La “neutralità” relativista, infatti, sancisce l’assolutezza di ogni cultura nel proprio ambito, impedisce di esercitare un criterio di giudizio metaculturale e di giungere a interpretazioni universalistiche. Tale modello si fonda sul valore della tolleranza, che si limita ad accettare l’altro senza implicare uno scambio e un riconoscimento nella reciproca trasformazione. Una simile idea di tolleranza veicola infatti un significato sostanzialmente passivo del rapporto con chi ha una diversa cultura; non richiede necessariamente che ci si prenda cura dei bisogni e delle sofferenze dell’altro, che si ascoltino le sue ragioni, che ci si confronti con i suoi valori, e, meno ancora, che si sviluppi l’amore per l’altro.

II/23. Un approccio di questo tipo è alla base del modello politico e sociale del multiculturalismo, che non presenta soluzioni adeguate alla convivenza e non aiuta il vero dialogo interculturale. «Si nota, in primo luogo, un eclettismo culturale assunto spesso acriticamente: le culture vengono semplicemente accostate e considerate come sostanzialmente equivalenti e tra loro interscambiabili. Ciò favorisce il cedimento ad un relativismo che non aiuta il vero dialogo interculturale; sul piano sociale il relativismo culturale fa sì che i gruppi culturali si accostino o convivano, ma separati, senza dialogo autentico e, quindi, senza vera integrazione»

Approccio assimilazionista

II/24. Non è certamente più soddisfacente quello che viene chiamato approccio assimilazionista, caratterizzato non dall’indifferenza verso l’altra cultura, ma dalla pretesa di adattamento. Un esempio di questo approccio si ha quando, in un Paese a forte immigrazione, si accetta la presenza dello straniero solo a condizione che rinunci alla propria identità, alle proprie radici culturali per abbracciare quelle del Paese ospitante. Nei modelli educativi basati sull’assimilazione, l’altro deve abbandonare i suoi riferimenti culturali facendo propri quelli di un altro gruppo o del paese di accoglienza; lo scambio si riduce a mero inserimento delle culture minoritarie con assente o scarsa attenzione alla loro cultura d’origine.

II/25. A livello più generale l’approccio assimilazionista è messo in atto da parte di una cultura con ambizioni universalistiche che cerca di imporre i propri valori culturali attraverso la propria influenza economica, commerciale, militare, culturale. È qui evidente il pericolo «costituito dall’appiattimento culturale e dall’omologazione dei comportamenti e degli stili di vita

Approccio interculturale

II/26. Anche la comunità internazionale riconosce che i tradizionali approcci alla gestione delle differenze culturali nelle nostre società non si sono dimostrati adatti. Ma come superare le barriere di posizioni incapaci di interpretare positivamente la dimensione multiculturale? ….

II/28. …Le strategie interculturali sono efficaci quando evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare gli eventuali conflitti. In definitiva, si tratta di costruire un nuovo approccio interculturale orientato a realizzare l’integrazione delle culture nel reciproco riconoscimento.

CAPITOLO III - ALCUNI FONDAMENTI DELL’INTERCULTURA

L’insegnamento della Chiesa

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III/29…La prospettiva interculturale, nella tradizione della Chiesa, non si limita a valorizzare le differenze, ma collabora alla costruzione della umana convivenza. Ciò diviene particolarmente necessario all’interno delle società complesse nelle quali occorre superare il rischio del relativismo e dell’appiattimento culturale.

III/33... L’interculturalità nasce, quindi, non da un’idea statica della cultura, bensì dalla sua apertura. …L’apertura ai valori superiori comuni all’intero genere umano - fondati sulla verità e, comunque, universali, quali giustizia, pace, dignità della persona umana, apertura al trascendente, libertà di coscienza e religione

Fondamenti teologici

III/34. «Ogni essere umano è chiamato alla comunione in forza della sua natura creata a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1, 26-27)…

III/35. La dimensione verticale della comunione della persona con Dio si realizza in modo autentico, seguendo la via che è Gesù Cristo.

III/36. La dimensione orizzontale della comunione, alla quale l’uomo e la donna sono chiamati, si attua nelle relazioni interpersonali

III/37. L’esperienza dell’intercultura, al pari dello sviluppo umano, si comprende profondamente solo alla luce dell’inclusione delle persone e dei popoli nell’unica famiglia umana, fondata nella solidarietà e nei fondamentali valori della giustizia e della pace.

Fondamenti antropologici

III/38. … Uscire da se stessi e considerare il mondo da un diverso punto di vista non è negazione di sé, ma, al contrario, un necessario processo di valorizzazione della propria identità. In altri termini, l’interdipendenza e la globalizzazione tra popoli e culture devono essere centrate sulla persona…. Oggi l’umanità appare molto più interattiva di ieri: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in vera comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l’uno accanto all’altro»

CAPITOLO IV - L’EDUCAZIONE CATTOLICA NELLA PROSPETTIVA DEL DIALOGO INTERCULTURALE

Il contributo dell’educazione cattolica

IV/45. …necessità di un comune sforzo per superare la frammentazione….“scontro/incontro”, “chiusura/apertura”, “monologo/dialogo”…), in un’ottica di mutuo apprendimento.

CONCLUSIONE

Rifuggendo da ogni fondamentalismo, come da ogni relativismo omologante… percorrere i sentieri dell’incontro, educandosi ed educando al dialogo, che consiste nel parlare con tutti e con tutti relazionarsi con rispetto, stima, sincerità d’ascolto; nell’esprimersi con autenticità, senza offuscare o mitigare la propria visione per suscitare un maggiore consenso; nel testimoniare con le modalità della propria presenza, la coerenza tra le parole e la vita……..

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Documento allegato nr.2 - Pensieri “ Contraddizione e adulazione guastano il dialogo” Wolfgang Goethe/Le affinità elettive

“Guardarsi negli occhi senza sfidarsi. Avvicinarsi gli uni agli altri senza incutersi paura; aiutarsi scambievolmente senza compromessi; cercare il dialogo tenendo presente le differenze tra errore ed errante Papa Giovanni XXIII

“Là dove si lascia che il colloquio si spenga, ivi la cultura stessa ha cessato di esistere” Norberto Bobbio

“Il dialogo non ignora le reali differenze ma neppure cancella la comune condizioni di pellegrini verso nuove terre e nuovi cieli. Il dialogo invita tutti altresì a irrobustire quell’amicizia che non separa e non confonde. Dobbiamo tutti essere più audaci in questo cammino, perché gli uomini e le donne di questo nostro mondo, a qualsiasi popolo e credenza appartengano, possano scoprirsi figli dell’unico Dio e fratelli e sorelle tra loro.” Giovanni Paolo II nel suo messaggio all’incontro di Lisbona del settembre 2000

DALL’APPELLO FINALE DELL’INCONTRO DI LISBONA, 26 SETTEMBRE 2000 Siamo stati raggiunti dalle domande dei poveri, dei prigionieri della guerra, della paura e dell’odio. Abbiamo negli occhi e nel cuore le sofferenze dell’Africa e dei popoli poveri della Terra. Abbiamo visto da vicino le conseguenze inumane dello sfruttamento insensato del pianeta. Sappiamo le possibilità immense e i rischi della globalizzazione, se senza anima. Siamo scesi nel profondo delle nostre tradizioni religiose e della memoria. Per questo, con forza, affermiamo ancora piu solennemente di ieri: le religioni non giustificano mai l’odio e la violenza. (…) La via per superare la diffidenza e i conflitti è il dialogo. Il dialogo non indebolisce l’identità di nessuno, ma provoca ogni uomo e ogni donna a vedere il meglio dell’altro e a radicarsi nel meglio di sé. Nulla è mai perduto con il dialogo. Tutto è possibile con il dialogo – lo ripetiamo – è la medicina che cura le ferite della divisione e rigenera in profondità la nostra vita, mentre radica ognuno nella verità, nella testimonianza reciproca, nella carità nell’ amicizia. Siamo venuti a Lisbona come cercatori di pace e abbiamo visto crescere in questi giorni una comunità di cui il mondo ha bisogno, la comunità dei cercatori di pace. E una comunità fatta di religioni, di storie, lingue, sensibilità diverse. E’ la nostra ricchezza e il nostro futuro. In questa comunità di cercatori di pace, è depositato il seme che aiuta ad essere più umani e più credenti. Questa è la strada della pace: il dialogo Papa Francesco

“ Il dialogo nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; presuppone fare spazio, nel nostro cuore, al suo punto di vista, alla sua opinione, alle sue proposte. Dialogare significa una accoglienza cordiale e non una condanna preventiva” Papa Francesco

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A COLLOQUIO CON MARCELLO PERA a cura di Alberto Di Giglio

Nella lettera, contenuta nella seconda parte del libro Senza Radici, scritta all’allora cardinale

Ratzinger asserisce: «Per integrare qualcuno bisogna prima avere ben chiaro e fermo ciò entro cui lo

si vuole integrare. Non lo si può integrare dicendogli che la nostra casa è tanto ospitale, tanto larga,

tanto priva di insegne proprie (a cominciare dal crocifisso), che può accogliere lui come qualunque

altro e lasciarlo libero di fare qualunque cosa» (p. 81).

Su questo punto insisto molto. Noi non possiamo vivere senza una identità. E l’Europa sta andando nella direzione sbagliata proprio perché cerca, affannosamente, precipitosamente, quasi con voluttà, di negare la propria identità. Senza una identità non è possibile un vero e proprio dialogo con gli altri. Un dialogo presuppone, infatti, che ciascuno degli interlocutori abbia una propria identità e cerchi di entrare in contatto con colui che gli è di fronte. E senza una identità nemmeno l’integrazione è possibile: se non conosco la mia identità, se non conosco la cornice di princìpi e di valori in cui questa identità agisce, non riesco neanche a indicare all’altro, l’immigrato, in che cosa egli dovrebbe integrarsi. Ecco il paradosso: si crede o si fa credere che il massimo della tolleranza, il massimo dell’apertura, il massimo della laicità coincida con il massimo dell’ospitalità. È esattamente vero il contrario: senza identità non è possibile nemmeno ospitalità. …………………………….. Alcuni interlocutori cercano con un certo coraggio di dare diritto di cittadinanza al dialogo con

l’altro, con il diverso, alla dimensione della reciprocità: noi accogliamo e facciamo costruire

moschee. Ma questa parola, la parola reciprocità, non trova un riconoscimento reale e concreto nei

paesi islamici a cominciare dalla Turchia, con una intolleranza molto evidente, sotto i nostri occhi.

Da diverso tempo insisto nel dire che nel dialogo il concetto di cui abbiamo bisogno non è tanto il concetto di tolleranza, ormai svilito in Europa, ma quello di rispetto. Il rispetto è molto di più della tolleranza: mentre tolleranza è finita col significare accondiscendenza o atteggiamento semplicemente passivo, rispetto è invece qualcosa di più. Il rispetto è considerare l’altro come un vero e proprio interlocutore nel dialogo, rispettarlo come interlocutore. Scendendo per questi rami concettuali agli aspetti di carattere politico, rispetto vuol dire reciprocità anche di trattamento: se da noi è concesso, come giustamente deve essere, il diritto di culto, la libertà di culto e la libertà religiosa a coloro, come i seguaci dell’Islam e dell’Ebraismo, che hanno una fede diversa da quella prevalente in Italia ed Europa, se da noi sono concessi i diritti conseguenti, ivi compreso quello di costruire una moschea o di aprire una scuola, allora, se dialogo deve esserci e deve essere genuino, altrettanto deve essere concesso anche dall’altra parte. Quindi mi aspetto dai paesi arabi e dai paesi islamici altrettanta libertà di culto, altrettanta libertà religiosa. E questo, se non vogliamo essere ipocriti o comunque insinceri, dobbiamo dire che in quei paesi non sta accadendo o sta accadendo molto poco. E l’Europa, insincera e timorosa e paurosa, perde ogni occasione per far marcare queste caratteristiche, questa disparità. Ed è per questo che, quando si parla di Turchia in Europa, si cercano molti cavilli, si aprono molti dossier per creare ostacoli, si parla dei porti, si parla del codice penale, del codice civile o di altro, ma non si vuole affrontare questo che è il problema fondamentale.

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INDICE

Introduzione____________________________________________________ pag. 4

Vincitori Premio Michele Maronta 2016 ______________________________pag. 5

Altri partecipanti per la sezione scrittura creativa ______________________pag. 15

Altri partecipanti per la sezione grafico pittorica______________________ _pag. 35

Foto della Premiazione____________________________________________pag. 49

Allegati_________________________________________________________pag. 50

Comunicazione da Biblioteca del 4 febbraio 2016 _____________________ pag. 50

Documento nr. 1 Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica ____pag. 51 Documento nr. 2 Pensieri__________________________________________pag. 55

Documento nr. 3 A colloquio con Marcello Pera________________________pag. 56

Indice__________________________________________________________pag. 57

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I.C. Jean Piaget – Ettore Majorana Piazza Minucciano 33 – 00139Roma

http://www.icpiazzaminucciano.gov.it/

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Roma 21 giugno 2016