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Analisi dei bisogni emergenti nella popolazione giovanile della provincia di Pisa con particolare riferimento all’immagine raccolta dal sistema degli Informagiovani Febbraio 2008 a cura di Nadia von Jacobi

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Analisi dei bisogni emergenti nella

popolazione giovanile della provincia di Pisa

con particolare riferimento all’immagine

raccolta dal sistema degli Informagiovani

Febbraio 2008

a cura di Nadia von Jacobi

Il presente volume è stato realizzato da LARISS, Laboratorio di Ricerca

sullo Sviluppo Sociale del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di

Pisa, in collaborazione con Local Global s.a.s di Firenze, nell’ambito

dell’attività di ricerca promossa dall’U.O. Studi e Ricerche sulle Politiche

Sociali della Provincia di Pisa.

U.O. Studi e ricerche sulle politiche sociali

Claudio Rognini: Responsabile U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali”

Michela Casarosa: Funzionario U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali”

La presente ricerca è stata realizzata in collaborazione con:

Local-Global S.a.s.

Piazza Brunelleschi, 2

50121-Firenze

Tel./Fax 055/215096

Staff del progetto:

Supervisione scientifica:

Gabriele Tomei

Coordinamento generale e cura del rapporto finale:

Nadia von Jacobi

Analisi e collaborazione alla redazione del rapporto:

Nadia von Jacobi, Paola Gisfredi e Barbara Bonciani

3

Si ringraziano tutti i responsabili e operatori dei punti informagiovani per la cortese collaborazione. In particolare corre l’obbligo di ringraziare personalmente Barbara Giorgi, Gloria Giuntinelli, Rossella Iorio, Monica Poggianti, Fabio Malossi, Chiara Cassioli, Michela Cecchetti, Cristina Canovai, Stefania Bigiotti, Paola Agostini, Sabrina Bessi, M. Chimenti, Roberta Cecconi, Valerio Ghirardino, Davide Cerri, Elena Tarchi, Nicoletta Costagli, Cristiana Novelli, M. G. Marchetti, Anna Galgani, Massimo Pistacchi, Avv. Fannelli, Dott. Nannipieri, Serena Carmignani, Antonella Strozzalupi, Alessandro Fattorini, Cristina Giovannini, Dott. Deri, Simona Morani, Tamara Tognoni e altri che potrebbero inavvertitamente non essere compresi in questa lista. Speciali ringraziamenti vanno anche ai partecipanti dei due Focus Group: Cristian Pardossi, Luigi Mangeri, Oriana Perrone, Giovanni Cioli, Andrea Bianchi, i redattori della trasmissione “Per l’appunto – Giovani a Progetto” Fabio De Marco e Andrea Romano e i ragazzi che vi hanno partecipato; Clarissa, Andrea, Walter, Giulia e Angela.

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INDICE

Presentazione 7

Introduzione 9

Parte I: Rassegna della letteratura esistente 11

I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche 11

II. I bisogni della popolazione giovanile 14

II.1. La scuola 15

II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi 20

II.3. Il mercato del lavoro e i giovani 26

II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine 32

II.5. La giovane coppia 37

II.6. Il tempo libero 39

II.7. I sistemi di valore 42

II.8. Identità e trasgressione 46

II.9. Partecipazione politica e sociale 51

III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro 56

Conclusioni 61

Tabella riassuntiva dei bisogni della popolazione giovanile 64

Parte II: L’immagine raccolta dal sistema Informagiovani 65

Introduzione 67

6

IV. Note metodologiche 67

IV.1. Perchè gli Informagiovani 67

IV.2. Il metodo di analisi 70

IV.3. L’ampiezza del campione 71

V. I risultati 77

V.1. I bisogni della popolazione giovanile di Pisa 77

V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile 86

Giovani adulti e giovanissimi 87

Giovani uomini e donne 89

Giovani e l’appartenenza sociale 90

Giovani italiani e stranieri 91

V.3. Alcuni bisogni in particolare 93

Scuola e orientamento 93

Il mercato del lavoro 97

Il ruolo dei giovani nella società 100

Problemi di mobilità 103

VI. Le strategie di intervento 105

VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano i giovani 105

VI.2. Migliorare i servizi degli IG 107

Le strutture 108

La pubblicità 110

Networking istituzionale 110

VI.3. Il richiamo istituzionale 112

Conclusioni 117

Bibliografia 125

Questionario 129

7

Presentazione

Con questa pubblicazione l’Osservatorio per le politiche sociali

arricchisce ulteriormente il percorso di indagine sui giovani già avviato

con il Report “Essere giovani a Pisa – la cittadinanza sociale dei giovani”

realizzato nel 2003 in collaborazione con il Dipartimento di Scienze

Sociali.

Il carattere particolarmente fluido e complesso dei bisogni e delle

aspettative dei giovani, delle loro inquietudini, disagi ed idealità ha reso

necessario sviluppare una nuova indagine empirica, questa volta condotta

su testimoni qualificati che hanno un’esperienza diretta dei bisogni

giovanili, gli Informagiovani.

La realizzazione di due focus group a cui hanno partecipato molti

giovani rappresentativi di situazioni e contesti diversi è stata inoltre

un’importante occasione di confronto diretto sui temi più importanti.

I risultati confermano sostanzialmente, anche a livello locale, il

quadro complessivo delle problematiche e delle potenzialità dei giovani

quale emerge dalle indagini realizzate a livello nazionale (indagine IARD)

e a livello regionale (indagine IRPET) le cui principali tendenze sono

descritte ed analizzate nella prima parte del volume.

Le problematiche dei giovani sembrano essere fortemente legate

all’inadeguatezza del sistema formativo, in primo luogo di quello

scolastico, rispetto alle necessità del mondo del lavoro. In questo ambito

si rileva invece una generale soddisfazione nei confronti dei servizi

erogati dagli Informagiovani i cui responsabili esprimono tuttavia un

forte bisogno di essere maggiormente visibili ed accessibili per i giovani.

Emerge poi una scarsa fiducia nelle istituzioni e nella vita politica in

generale ma una buona partecipazione alla vita associativa, soprattutto

quella sportiva.

8

La sfida che si apre per le istituzioni dalla lettura di questo volume,

come emerge dalle considerazioni dei curatori dell’indagine, è dunque

quella di “riqualificare le modalità di ascolto dei bisogni dei giovani

attribuendo loro un peso maggiore all’interno dell’agenda politica”.

In tale prospettiva la Consulta Provinciale dei giovani rappresenta

uno strumento chiamato a svolgere un’azione sempre più importante ed

incisiva.

Un mio personale e vivo ringraziamento va ai responsabili degli

Informagiovani del territorio, ai rappresentanti della Consulta Provinciale

dei giovani, alla redazione del programma “Esplora risorse” che ha

partecipato al Focus group e a tutti i giovani che con il loro contributo

hanno permesso alla realizzazione di questo lavoro.

L’Assessora alle Politiche Sociali, Immigrazione,

Terzo Settore, Pari Opportunità

Dr.ssa Manola Guazzini

9

Introduzione

Essere giovani al giorno d’oggi è più semplice o più complicato di una

volta? Viviamo in un momento nel quale le passate conquiste sociali ed

economiche hanno posto i giovani nella spiacevole condizione della

“trappola di benessere”. Da un lato, le opportunità sono molte, troppe

forse per sceglierne una sola. Dall’altro l’assetto sociale richiede ai

giovani di essere efficienti, competitivi e di avere le idee chiare su come

indirizzare la propria vita. Questo soprattutto perché è proprio da queste

decisioni che dipenderà, alla fine, la direzione che la nostra società

prenderà in futuro.

“La crisi soggettiva, ed in particolare quella adolescenziale, dunque,

non può essere letta soltanto in termini individuali e psicologici, ma deve

essere ricondotta e collegata anche alla crisi della società contemporanea,

alla perdita di fiducia nel futuro e alla mancanza di risposte alle grandi

sfide che si prospettano all’umanità. Crisi individuale e crisi del sistema

sociale sono strettamente interdipendenti, e il disagio giovanile talvolta si

manifesta come incapacità di costruire un progetto di vita realistico e

soddisfacente in un contesto socio-culturale caratterizzato dalla

mancanza di riferimenti collettivi e valori condivisi, sottoposto al

continuo cambiamento e lacerato da vistose contraddizioni” (Gisfredi,

2003, pp. 74-75). Sono proprio la conciliazione del sé passato con quello

attuale e l’elaborazione di un progetto per il futuro i compiti evolutivi

fondamentali da assolvere nella fase adolescenziale.

La presente ricerca cerca di delineare i principali bisogni della

popolazione giovanile nella Provincia di Pisa. Dalle difficoltà durante il

percorso formativo, all’inserimento nel mondo del lavoro, alla difficoltà

di trovare un ruolo attivo e un percorso esistenziale dotato di senso

all’interno della società, i giovani mostrano punti di forza che vanno

incoraggiati, e debolezze che vanno ascoltate e comprese, per evitare che

10

queste si trasformino in ostacoli ad una felice realizzazione dei loro

progetti di vita.

La prima parte di questo rapporte sintetizza la letteratura nazionale,

regionale e locale che si è occupata di rilevare empiricamente i bisogni

dei giovani. Nella seconda parte, invece, vengono proposti i risultati di

un indagine che cerca di rilevare i bisogni emergenti della popolazione

giovanile nella Provincia di Pisa, avvalendosi soprattutto dell’immagine

raccolta dal sistema degli Informagiovani.

11

Parte I: Rassegna della letteratura esistente

I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche

Tra le varie ricerche empiriche che negli ultimi anni si sono

concentrate sulla condizione giovanile, il presente studio si è focalizzato

principalmente sulle indagini condotte a livello nazionale e regionale

dall’Istituto IARD (2002; 2003), dallo studio sulla regione Toscana

dell’IRPET (2007), e dall’Osservatorio Provinciale per le Politiche Sociali

(OPS) della Provincia di Pisa (Ruggeri, Salvini, 2003), allo scopo di

elaborare un ampio quadro interpretativo e di comparare le tendenze e i

dati rilevati a livello locale con quelli emergenti ai livelli superiori.

L’istituto IARD ha svolto periodicamente indagini sulla condizione

giovanile in Italia a partire dal 1983. In queste ricerche ha sempre

individuato la specificità della popolazione giovanile italiana ma anche le

differenze al suo interno dovute alle realtà locali. Lo scopo di tali indagini

è soprattutto l’accurata osservazione e descrizione della realtà dei giovani.

Parallelamente le ricerche tentano di valutare l’efficacia degli interventi

fino ad oggi realizzati, di dare un supporto conoscitivo alle azioni da

intraprendere, e quindi di fornire un contributo alle politiche sociali

attraverso l’interpretazione dei bisogni e delle aspirazioni giovanili. A tal

fine l’istituto monitora regolarmente la condizione giovanile nazionale e

regionale e mette in evidenza eventuali cambiamenti nel tempo rispetto

alle precedenti indagini.

L’istituto IARD è sicuramente il maggior punto di riferimento per le

indagini empiriche sulla popolazione giovanile in Italia. Altri istituti

statistici1 che svolgono ricerche a più vasto raggio includono anche la

1 Da istituti internazionali come OCSE, EUROSTAT a istituti nazionali come ISTAT, Istituto degli Innocenti di Firenze, ecc. Per maggiori dettagli si veda la bibliografia.

12

popolazione giovanile come uno dei tanti gruppi d’interesse sociale ma si

soffermano su un minor numero di aree tematiche. Per quanto i rapporti

nazionali e regionali dello IARD mantengono una natura

prevalentemente descrittiva della condizione giovanile, essi possono

risultare molto utili per comprendere i bisogni concreti dei giovani.2

A livello regionale e locale sono state effettuate anche altre ricerche

che emulano il quadro concettuale dei rapporti IARD. Per la regione

Toscana, il rapporto IRPET (2007) sui giovani rappresenta un

interessante complemento di informazioni. A livello Provinciale,

l’Osservatorio per le Politiche Sociali della Provincia di Pisa, così come

quelli delle altre province comprese nell’area vasta (Massa-Carrara,

Livorno e Lucca), ha dedicato molta attenzione alla rilevazione dei

bisogni dei giovani. I risultati empirici di quest’ultima indagine,

coordinata dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa

sono stati pubblicati nel 2003 e rappresentano una buona guida per

conoscere la situazione locale, dato che la survey si è rivolta ad un

campione di 1600 giovani tra 14 e 24 anni, in altre parole un quarto della

popolazione giovanile della Provincia di Pisa.

Lo strumento metodologico prevalente nelle indagini è quello del

questionario stratificato e strutturato. Conoscendo le proporzioni

dell’universo giovanile italiano, viene costruito un campione che

rispecchia alcune variabili di stratificazione.3 Per la selezione definitiva

dei giovani intervistati si procede attraverso la selezione casuale dei

2 Da notare è che la rappresentatività dei campioni di queste ricerche aumenta con il restringimento dell’area territoriale: Per l’indagine nazionale IARD del 2002 sono state svolte 3000 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. L’indagine regionale IARD invece si basa su 1601 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. Sempre a livello regionale, l’indagine promossa dall’IRPET, ha incluso 4000 giovani tra i 18 e i 30 anni nel suo campione. Il campione regionale è dunque molto più rappresentativo di quello nazionale. 3 Queste in genere sono la regione, l’ampiezza demografica del comune di residenza, il sesso, l’anno di nascita ecc.

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comuni e dei giovani residenti. Il questionario è generalmente strutturato

e comprende vari tipi di domande.4

Il questionario strutturato e precodificato presenta alcuni punti deboli,

fra i quali quello di costringere l’intervistato ad attenersi a risposte

prefissate che potrebbero non corrispondere a quelle che avrebbe

espresso spontaneamente in un’intervista libera. Tuttavia quest’ultimo

approccio richiede un complesso lavoro di analisi e codifica a posteriori

delle risposte o delle frasi spontaneamente prodotte. Questo è più adatto

ad esplorare in profondità un numero limitato di casi, a differenza delle

indagini condotte con questionari strutturati a domande chiuse, che

presentano il vantaggio di poter essere somministrati a campioni di

grandi dimensioni. Inoltre, questi sono adatti alla comparazione e

misurazione dei dati ricavati da procedure standardizzate.

Il dibattito attuale entro le scienze sociali propende comunque per la

complementarietà tra metodi di tipo qualitativo (interviste libere ed in

profondità, storie di vita, autodescrizioni, ecc.) e medodi di tipo

quantitativo (survey research), e pertanto anche nelle indagini sulla

popolazione giovanile si impiegano strumenti conoscitivi differenziati a

seconda degli aspetti del vissuto presi in considerazione e delle finalità

della ricerca.

Una volta deciso lo strumento di ricerca, occorre definire con più

precisione l’oggetto di studio, ovvero occorre stabilire quando ha inizio e

quando termina il periodo giovanile. Nella letteratura sociologica si

osserva che nella società contemporanea non c’è una chiara porta di

ingresso nel mondo degli adulti, per la mancanza di un rito riconoscitivo

di questo passaggio come avveniva invece nelle società premoderne

(Fabbrini e Melucci, 1992). Sfuma in generale la netta contrapposizione

tra adolescente e adulto, in passato rispettivamente contrassegnati dal

4 In particolare, il questionario prevede domande chiuse a risposta multipla con una o più possibilità di risposta, domande aperte e scale di tipo Likert.

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divenire e dal raggiungimento di uno stabile equilibrio. Oggi entrambi

condividono le stesse condizioni esistenziali di incertezza e di

imprevedibilità (Bauman, 1999), che costringono continuamente a

rivedere e modificare i progetti personali nel corso del tempo.

Dinanzi a queste difficoltà le varie ricerche tendono ad estendere l’età

del campione preso in considerazione oltre i 30 anni. Questo

adattamento metodologico è necessario per cogliere le tendenze di

ritardo nella transizione all’età adulta relativa soprattutto alla formazione

di un proprio nuclei familiare e alle scelte procreative.

II. I bisogni della popolazione giovanile

Nei prossimi paragrafi cercheremo di riassumere i bisogni salienti

della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa, basandoci sui risultati

che le ricerche empiriche hanno prodotto a livello nazionale, regionale e

locale. Per molti aspetti i giovani della Provincia di Pisa sono simili ai

loro coetanei italiani e toscani, per altri aspetti presentano delle

peculiarità. Nell’affrontare le diverse aree tematiche verranno presi in

considerazione tutti questi aspetti, cercando di sottolineare le differenze

che si delineano tra i diversi livelli territoriali.

Alcuni problemi che i giovani affrontano nella loro transizione verso

lo status adulto sono direttamente collegati all’età evolutiva e per certi

versi inevitabili, altri richiedono una particolare attenzione da parte della

società ed in particolare dalle amministrazioni pubbliche e degli adulti:. “I

ragazzi di oggi sembrano avere bisogno soprattutto di essere ascoltati e

di stabilire dei contatti con degli “adulti competenti” (Fabbrini e Melucci,

1992). Inoltre, molto può essere fatto per facilitare la transizione dei

giovani in termini di intervento pubblico: campagne di sensibilizzazione,

programmi che includono attivamente i giovani nella società, e interventi

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per ridurre gli ostacoli strutturali possono tutti influire massicciamente

sulla qualità della della vita dei giovani.

II.1. La scuola

In primo luogo si osserva in tutti i paesi sviluppati una progressiva

estensione della scolarizzazione e del prolungamento degli studi, definita

in termini di democratizzazione dell’istruzione (Brint, 1999). Questa

affermazione si rivela valida anche per la nostra nazione, quantomeno tra

i giovani di provenienza italiana, mentre tra i figli d’immigrati rimane alta

la quota di ragazzi e adolescenti che non godono di un’adeguata

formazione scolastica e risulta più elevato il tasso di dispersione. Si

rivolge una maggiore attenzione alla valutazione della qualità

dell’esperienza scolastica, valutata da un lato in base alla soddisfazione

espressa dai ragazzi stessi, e dall’altro in base alla capacità della scuola di

garantire una formazione funzionale e un equo accesso al mondo del

lavoro.

La realtà nazionale

L’aumento della scolarità in Italia è totalmente in linea con le

tendenze europee. Ciononostante, l’Italia rimane uno dei paesi europei

meno istruiti: soltanto il 41% della popolazione adulta (in questo caso tra

i 25-64 anni) ha completato la scuola secondaria superiore, un valore che

sta venti punti percentuali al di sotto della media dei paesi OCSE (IARD,

16

2002). Anche i tassi di partecipazione scolastica si collocano al di sotto di

questa media (al 70% rispetto al 76% europeo).5

Permangono inoltre alcune forti disuguaglianze nell’accesso dei

giovani italiani alle opportunità educative. Le scelte scolastiche sono

tuttora influenzate dalle origini familiari, in particolare dalle risorse

materiali e culturali di cui i genitori dispongono (Dei, 1998), che risultano

generalmente anche correlate alla performance scolastica dei figli.

Diversa è anche l’esperienza scolastica per ragazzi e ragazze: queste

ultime mostrano livelli di superiorità in diversi ambiti dell’istruzione. In

tutte le indagini svolte a diversi livelli territoriali sono sempre le ragazze

ad avere risultati scolastici migliori, sono meno inclini a essere bocciate o

a interrompere gli studi prima della fine di un ciclo.

Il giudizio soggettivo sulla scuola sembra globalmente positivo. Le

femmine tendono ad essere più interessate allo studio e riscuotono

mediamente un successo maggiore (IARD, 2002). Per farsi un’idea più

oggettiva del disagio scolastico tra i giovani italiani, si può usare il tasso

di ripetenze e interruzioni scolastiche prima della fine di un ciclo

formativo. In Italia, la percentuale complessiva delle ripetenze degli anni

scolastici è el 29,2%.6 L’incidenza di interruzioni o abbandoni scolastici

invece ruota attorno al 20%7. Preoccupante risulta la continua

diminuzione di fiducia nutrita dai giovani nei confronti dei propri

insegnanti. La scuola e lo studio sembrano essere soggetti a una lenta

marginalizzazione all’interno della vita dei giovani italiani.

5 In questo caso, la “partecipazione scolastica” viene misurata come percentuale dei 15-19enni che si possono definire “studenti”. La definizione non è molto accurata, tenendo conto che in molti paesi OCSE (Austria, Belgio, Russia, ecc…) gli anni di scuola sono meno che in Italia. Questo aspetto però non fa che sottolineare la minore partecipazione scolastica in Italia. 6 Il dato si riferisce a tutti i tipi di istituti scolastici e rappresenta quinti un valore “medio” del disagio scolastico. 7 In questo dato sono inclusi gli episodi di “abbandono della scuola media inferiore o superiore” (7,2%), “Interruzione degli studi scolastici per almeno un anno” (7,2%), Trasferimento da un tipo di scuola secondaria superiore a un altro (5,6%).

17

Oggettivamente, si evidenzia un miglioramento della preparazione

scolastica in termini alfabetizzazione informatica e di apprendimento

delle lingue straniere: si è registrato, infatti, che tra le coorti più giovani

sono molto più numerosi coloro che durante i percorsi scolastici sono

entrati in contatto con tecnologie informatiche e multimediali e hanno

acquisito maggiori competenze linguistiche (soprattutto dell’inglese).

La realtà regionale

In generale anche in Toscana si è registrato un aumento della

permanenza all’interno del circuito scolastico. Rispetto ai dati nazionali la

tendenza alla continuazione degli studi secondari è maggiore. Nella fascia

d’età dai 21 ai 24 anni, un po’ meno della metà è ancora impegnato negli

studi, per le successive fasce (25-29) e (30-34) anni questa percentuale si

riduce a rispettivamente a 29% e 14% (IARD, 2003).

Il 99% dei giovani toscani consegue la terza media. Uno su dieci però

non si iscrive alla secondaria superiore. La selezione alle scuole medie

inferiori non è molto forte ma si accentua alle superiori: se l’88% dei

ragazzi frequenta la scuola secondaria superiore, non tutti riescono a

conseguire il diploma, infatti il 16% non riesce a concludere gli studi

superiori. L’insuccesso scolastico è molto diversificato per genere,

proprio come delineato dai dati OCSE (2002). Le ragazze non solo

hanno quasi il doppio delle chance di completare la secondaria superiore,

ma sono anche molto meno esposte al rischio di bocciatura.

Anche in Toscana il rendimento scolastico dipende ancora fortemente

dall’appartenenza sociale della famiglia di origine. Il fattore più

discriminante rimane il livello di istruzione dei genitori. I giovani

appartenenti alla borghesia e alla classe media impiegatizia hanno un 31%

di opportunità in più di completare gli studi rispetto ai giovani con

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genitori operai o autonomi (IARD, 2003): le opportunità di

conseguimento del diploma risultano connesse con il rendimento

scolastico, e si correlano anche con i livelli di istruzione dei genitori. Di

fatto, il 28% dei giovani toscani non raggiunge il diploma della scuola

secondaria superiore. Anche l’incidenza delle bocciature – un altro

indicatore di disagio scolastico – risulta essere maggiore che a livello

nazionale: il 34% dei giovani toscani è stato bocciato almeno una volta.

Anche se ormai quasi tutti i giovani toscani si iscrivono alle scuole

superiori, questa rimane una fase durante la quale iniziano a divergere i

loro destini. La qualità dell’istruzione – in termini di tipologia di scuola

secondaria frequentata – e la soddisfazione personale del giovane – in

termini di successo e capacità di completare il percorso, viene influenzata

da fattori esterni come la provenienza sociale e il genere. La scelta del

tipo di studi secondari e le possibilità di portarli a termine con successo e

senza ripetenze sono direttamente collegati alle scelte riguardo ai percorsi

successivi e alle opportunità nel mercato del lavoro.

La realtà locale

I tassi di scolarizzazione nella Provincia di Pisa rispecchiano quelli

regionali. Per i giovani della Provincia, la scuola è importante in quanto

prima esperienza di socializzazione, per l’acquisizione di conoscenze,

come preparazione al mercato del lavoro. Rimane, in ogni caso, una

percentuale non irrisoria (10%) di ragazzi che se potessero,

smetterebbero di studiare (OPS, 2003).

Il livello di soddisfazione dei giovani varia in base alle diverse zone

Provinciali. In generale si delinea una scarsa soddisfazione per

l’istituzione scolastica nella Bassa Val di Cecina dove ci sono più

abbandoni, interruzioni, e i giovani dichiarano che l’aspetto più

19

interessante della scuola è l’incontro con gli amici. Diversa sembra la

situazione nella zona pisana, dove sono più frequenti le motivazioni

culturali e di ambizione professionale a stimolare il giovane nella scuola.

In cambio, qui i giovani sembrano affrontare anche problemi nella

relazione con i compagni, pur se in forma ridotta. In Valdarno, il 27%

dei ragazzi dichiara di essere “molto soddisfatto” della propria esperienza

scolastica. Nella Valdera, invece, si registra meno entusiasmo: solo l’8%

si ritiene “molto soddisfatto”, la maggioranza (67%) lo è solo “abbastanza”.

Complessivamente il 73% dei giovani della Provincia di Pisa esprime

soddisfazione verso la propria esperienza scolastica, anche se solo il 20%

dichiara di esserlo “molto” (OPS, 2003).

Uno sguardo ad altri indicatori può dare ulteriori informazioni sulla

valutazione soggettiva dell’esperienza scolastica. Nella Provincia, il 10%

dei ragazzi considera insufficiente il proprio rendimento scolastico e

soltanto il 5% lo ritiene ottimo (OPS, 2003). Circa un quarto dei giovani

della Provincia ha ripetuto almeno una volta un anno scolastico. Il dato è

inferiore a quello nazionale e a quello regionale. Ci sono però importanti

differenze all’interno della Provincia: si registra un maggior disagio nella

Bassa Val di Cecina, dove il 31,5% dei giovani ha ripetuto almeno una

volta un anno scolastico. La suddetta zona è interessata anche da un

numero più elevato di interruzioni prima della fine di un ciclo,

soprattutto durante la scuola media superiore. Nella zona pisana e nel

Valdarno va notato che tra coloro che interrompono gli studi, circa il

15% lo fa durante la scuola media inferiore. Questi dati però potrebbero

essere ragionevolmente interpretati come conseguenza dello

spostamento della famiglia in un altro comune. Nella Valdera gli

abbandoni durante la scuola media inferiore risultano nulli, ma sono più

frequenti all’università. Nell’alta Val di Cecina sono stati registrati

abbandoni sia nel corso della media inferiore, che durante gli studi

universitari.

20

Le interruzioni del percorso scolastico sono generalmente motivate da

difficoltà nello studio, inadeguatezza (rispetto ai propri interessi) della

scuola secondaria frequentata, e antipatia verso gli insegnanti. Le

ripetenze sono più marcate per i maschi (14.8%) che per le femmine

(9.8%), conformemente ai dati nazionali.

L’indagine nella Provincia di Pisa indica che i percorsi scolastici

vengono scelti soprattutto in base ai propri interessi e alle proprie abilità.

Non sembra incidere l’offerta contingente e la distanza dalle scuole.

Questo risultato potrebbe essere viziato dalla soggettività degli

intervistati. Da un lato vi può essere una sopravvalutazione della propria

soddisfazione delle scelte compiute. Dall’altro il giovane può

sottovalutare le conseguenze future delle proprie scelte. L’impostazione

dell’indagine non permette di valutare quanto le provenienze sociali

abbiano influito sulla scelta del percorso di istruzione superiore.

II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi

Una volta concluso il percorso educativo scolastico, quali sono i

percorsi che i giovani seguono? Quali alternative hanno? Quanto

influisce sulla quantità di opportunità l’appartenenza sociale?

La realtà nazionale

In Italia, tra chi ottiene il diploma della scuola secondaria superiore, il

58% sceglie di proseguire gli studi all’università. I principali motivi per

non iscriversi all’università sono i seguenti:

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- Il cospicuo e crescente ammontare di contributi

economici richiesti agli iscritti. Questo riduce tra l’altro le

capacità di sostegno che il diritto allo studio può elargire agli

studenti maggiormente bisognosi. Nel periodo 1986-1996 la

contribuzione media per iscritto all’università è aumentata in

Italia del 74% (Stanchi, 2001), il finanziamento pubblico invece è

sceso del 10%.

- Il ridotto ritorno economico di una laurea per una

consistente area di professioni e occupazioni disponibili nel

mercato del lavoro

- La preoccupazione di non riuscire a portare a termine gli

studi, specialmente se l’esperienza scolastica precedente è stata

difficoltosa

- I giovani che escono da istituti tecnici e scuole

professionalizzanti sono meno inclini a proseguire gli studi per

via dell’impostazione più pragmatica adottata in questi istituti di

formazione secondaria.

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che la provenienza sociale,

che è direttamente collegata con il livello di istruzione dei genitori del

giovane, influisce fortemente sulla scelta dell’istituto secondario e sulla

performance scolastica. Chiaramente i giovani appartenenti alla classe

media borghese o impiegatizia percepiscono come meno onerosi i tributi

universitari rispetto ai figli degli operai. Analogamente cambia la

percezione del ritorno economico dell’investimento negli studi terziari. I

vantaggi occupazionali derivanti da una laurea non sono equidistribuiti

tra le classi sociali: Per chi proviene da una classe sociale elevata, e aspira

22

a rimanerci, una laurea è strettamente funzionale a raggiungere il posto di

lavoro ambito. Infatti, un titolo di studio elevato è molto più attraente

per i figli di impiegati che per i figli di commercianti ed artigiani. Questo

aspetto va dunque oltre la disponibilità di risorse finanziarie per il

proseguimento degli studi. Contano le ambizioni dell’individuo stesso, se

ambisce a preservare la posizione lavorativa dei genitori o se punta ad

una qualifica più alta e alla conquista di una nuova posizione all’interno

della società, anche de le stesse motivazioni personali sono influenzate

dall’ambiente sociale di provenienza.

Riguardo alle differenze di genere, le giovani donne sono mediamente

più “brave” a scuola, in più tendono a scegliere un’istruzione secondaria

liceale. Questo spiega perchè si iscrivono molte più donne che uomini

all’università. In Italia, è il 35% delle giovani donne che frequenta un

corso universitario o che ha già conseguito una laurea. Il dato si

confronta con il 29% dei maschi (IARD, 2002).

Oltre all’università, vi sono altri percorsi formativi professionalizzanti.

Alcuni sono integrati con la formazione scolastica – i cosiddetti percorsi

di formazione integrativa - altri prevedono invece un proseguimento

degli studi dopo la scuola media superiore, ma a differenza

dell’Università puntano alla formazione funzionale per un’occupazione

ben precisa.

In Italia ci sono ancora grandi problemi nei percorsi formativi

successivi alla scuola. Da un lato, l’Università – come la Scuola – non

riesce a creare un raccordo con il mercato del lavoro attraverso il quale

rendere più fluido il passaggio e a migliorare il matching tra domanda e

offerta di lavoro (Vinante, 2002). Questo problema si ripropone anche

nell’offerta di stages e di tirocini formativi, che assumono spesso un

ruolo diverso rispetto alla “vera” formazione professionale. In molti casi

servono alle aziende e al lavoratore per conoscersi e per sopperire alla

23

mancanza istituzionale di incontro tra qualità della domanda e offerta di

lavoro (Reyneri, 2002).

Tutto questo comporta una serie di conseguenze negative per i

giovani che entrano nel mercato del lavoro. Infatti spesso si stipulano

contratti a brevissimo termine, sottopagati e con scarsi incrementi di

formazione. Per le imprese, l’impiego di stagisti con un elevata

formazione rappresenta un comodo taglio sui costi del lavoro che può

indurre meccanismi di sfruttamento e ridurre le assunzioni regolari.

La realtà regionale

Anche in Toscana sono in molti a proseguire gli studi dopo il

diploma. Secondo l’indagine svolta dall’IRPET (2007), solo il 21,5% dei

giovani che hanno concluso gli studi superiori sono sicuri di non voler

continuare a studiare. Anche se in prossimità del diploma, molti giovani

non sono ancora riusciti ad elaborare dei programmi per il loro futuro e i

piani a lungo termine sono largamente indeterminati, aperti e da definire

in relazione al presentarsi di nuovi stimoli, opportunità ed esperienze

(Gisfredi, 2004).

Il passaggio dalla scuola all’università avviene in modo analogo ai dati

nazionali. Considerando il fenomeno della “mortalità universitari”,

passiamo ad analizzare il successo degli iscritti: soltanto sei su dieci

giovani raggiungono la laurea. L’aspetto preoccupante di questo dato è la

perdita di tempo e di risorse in percorsi formativi che non saranno

completati. Se teniamo conto anche dei consistenti ritardi che vengono

accumulati, la situazione non migliora: all’interno della fascia d’età di 25-

29 anni, solo il 16% ha conseguito una laurea. Il 20% sta ancora

frequentando l’università (IARD, 2003).

24

All’università si ripropone un trade-off presente anche nella

formazione scolastica: riducendo il grado di selezione, il sistema

formativo si trova dinanzi a un obbligato abbassamento della qualità o

dinanzi a maggiori tassi di insuccesso. Mentre negli ultimi decenni si è

registrato un continuo aumento di iscrizioni universitarie, negli ultimi

anni sembra essersi stabilizzato attorno al 63% (Regione Toscana, 2001).

Il fenomeno dei drop-out e quello degli studenti che si laureano in

ritardo, invece, mostrano l’elevata consistenza di coloro che vivono

l’università come un percorso incidentato. Purtroppo, anche in Toscana,

le università hanno un ruolo marginale nel panorama della formazione

professionale e si dimostrano ancora una volta troppo scollegate dal

mondo imprenditoriale.

Per ciò che riguarda i percorsi di formazione integrativa durante gli

studi, si registrano elementi di miglioramento negli ultimi anni. Aumenta

tra i giovani toscani la partecipazione a stage e tirocini formativi. La

maggior parte degli stage avviene in Italia; solo il 7% dei giovani si

trasferisce all’estero per un’esperienza formativa. Nonostante il

miglioramento promosso dalle riforme degli ultimi anni che incoraggiano

le esperienze di raccordo tra la scuola e il settore della formazione

professionale (in particolare il d.p.r. 257/2000), questo riguarda soltanto

alcuni tipi di istituti secondari: in particolare sono gli studenti che

frequentano istituti tecnici o professionali che godono dell’offerta di

stage formativi. Tra i giovani liceali solo un quarto incontra questo tipo

di opportunità. Tra gli studenti dei licei è più frequente la possibilità di

avvalersi di borse di studio. Il 60% dei giovani, però, dichiara di non aver

mai partecipato a nessuna delle opzioni di formazione integrativa (IARD,

2003).

L’aspetto più negativo di questa diversificazione formativa è che

beneficiano maggiormente delle opportunità di formazione integrativa

quanti ottengono le credenziali educative più elevate nel sistema di

25

istruzione. Invece di compensare gli esiti dei percorsi scolastici, l’offerta

di formazione professionale tende a riprodurre ed amplificare le

differenze. Questa “accumulazione delle differenze” dipende non solo da

diverse caratteristiche degli individui – chi si impegna di più riesce meglio

in tutti gli ambiti – ma anche dal funzionamento delle Istituzioni

scolastiche ed universitarie.

La realtà locale

La realtà Provinciale è abbastanza conforme a quella regionale,

seppure internamente diversificata: nella zona Pisana è molto più alta la

percentuale di studenti tra i giovani di età compresa tra i 14 ed i 24 anni.

Le zone dove più giovani, invece, risultano lavoratori e quindi hanno

percorsi formativi più brevi sono la Bassa Val di Cecina e il Valdarno

(OPS, 2003).

I percorsi professionalizzanti sembrano riscontrare poco successo tra

i giovani pisani. Infatti, solo il 6.5% degli intervistati dall’indagine

dell’OPS dichiara di aver scelto la scuola/la facoltà tenendo conto del

lavoro che voleva fare “da grande”. Il 12.8% invece ha tenuto conto

delle opportunità lavorative che il percorso scelto gli offriva. Si potrebbe

affermare che i giovani preferiscono “scegliere per non dover scegliere”,

cioè prediligono quei percorsi formativi che lasciano aperte più

possibilità occupazionali future. Difficilmente intraprendono un

percorso che li porta a specializzarsi dall’inizio.

26

II.3. Il mercato del lavoro e i giovani

Sono molti gli aspetti da prendere in considerazione, di seguito ci

soffermeremo sui tassi di partecipazione lavorativa e di disoccupazione

dei giovani, nonché sulle difficoltà che hanno incontrato per trovare un

impiego e sui loro livelli di soddisfazione con l’occupazione attuale.

La realtà nazionale

Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia mostra tassi di disoccupazione

giovanile molto più alti, secondi solo a quelli della Grecia (IRPET, 2007),

considerata in termini di “disoccupazione da inserimento” (Gualmini,

1998). I dati ISTAT mostrano l’esistenza di una vera e propria

segmentazione generazionale del mercato del lavoro: all’aumento dell’età,

diminuisce l’incidenza della disoccupazione. Per la fascia d’età dai 15 ai

19 anni si aggira attorno al 35%, nonostante la partecipazione dei giovani

di questa età sia complessivamente ridotta (ca. 15%). Tra gli appartenenti

alla fascia d’età 25-34 anni invece, la disoccupazione scende al 12%. Il

primato negativo italiano del più elevato livello di discriminazione nei

confronti dei giovani, si manifesta con tassi di occupazione inferiori alla

media europea e tassi di disoccupazione molto più elevati, grazie ad un

sistema di protezione che privilegia la stabilità lavorativa dei maschi

adulti capofamiglia e penalizza donne e giovani (Reyneri, 2002).

Per trovare lavoro i giovani italiani seguono diverse strategie. I

meccanismi più frequenti sono l’iscrizione all’ufficio di collocamento e il

ricorso a canali informali (parenti, amici e conoscenti). Le indagini

nazionali mostrano che sempre più italiani sono alla ricerca di servizi più

specifici di informazione, di un orientamento professionale e di un

matching tra domanda e offerta.

27

Nella ricerca di aiuto per l’inserimento nel mercato del lavoro, le

Istituzioni formative italiane mostrano trasversalmente l’incapacità di

rispondere a questa domanda. Infatti, solo l’8.7% degli intervistati dalla

ricerca IARD si è basato su servizi offerti dalla scuola e dall’università

per trovare lavoro. Sono ancora molti (30%) i giovani italiani che

mostrano scarsa originalità ed attivazione personale nelle strategie di

ricerca del lavoro e si affidano quasi esclusivamente al collocamento

pubblico. Si tratta soprattutto di giovani nella fascia d’età 30-34 anni.

Mentre una parte di questo fenomeno può essere spiegata da un certo

effetto di scoraggiamento che investe i giovani adulti, è positivo il

rilevamento che le coorti più giovani ricorrono più frequentemente

anche ad altri meccanismi di ricerca.

Per ciò che riguarda la qualità del lavoro, si evidenzia a seguito delle

riforme del mercato del lavoro, uno spostamento della problematica del

lavoro giovanile dalla disoccupazione alla precarietà. Il rapporto IARD

(2002) mette in rilievo che il livello di soddisfazione soggettiva si è

stabilizzato attorno a livelli medi: sono diminuiti sia i giudizi

estremamente positivi, che quelli molto negativi.

I dati nazionali mostrano che la mobilità del mercato del lavoro

giovanile è aumentata, ma che ciò non toglie che la maggior parte dei

giovani italiani riesca, dopo alcuni anni, a stabilizzarsi, sebbene il 25% dei

giovani resta soggetto a rapporti di lavoro instabili. A livello nazionale

rimane fulcro delle preoccupazioni la forte segmentazione regionale del

mercato del lavoro, con un Meridione ancora nettamente svantaggiato.

La realtà regionale

Sono diminuiti negli ultimi anni, i giovani che prima della fine della

scuola media superiore o immediatamente dopo entrano nel mercato del

28

lavoro. Sempre più giovani toscani ritardano l’entrata nel mercato del

lavoro. Il ritardo però non sembra connotare un’entrata più difficoltosa,

infatti, i giovani appartenenti alle successive fasce d’età raggiungono un

ruolo professionale relativamente stabile.

Analogamente alla realtà nazionale, il mercato del lavoro regionale

risulta segmentato in base all’età. Anche in Toscana, infatti, è più alta la

disoccupazione tra i 15 e 19enni (21%) che tra coloro che si collocano

nella fascia tra i 25-34 anni (6,6%). I valori regionali sono comunque più

bassi rispetto a quelli nazionali. La performance toscana risulta migliore

di qualche punto percentuale rispetto ai dati riferiti complessivamente

alle regioni del centro (del 27,0% e 9,6%) (IARD, 2003). Un ulteriore

dato positivo è la maggiore partecipazione dei giovani alle attività

lavorative. Per la fascia 15-19 anni i dati regionali sono in linea con quelli

nazionali, per le fasce successive, invece, la partecipazione è

complessivamente più alta.

In Toscana, inoltre sono più frequenti i comportamenti esplorativi del

mercato del lavoro. È meno raro che la popolazione giovanile abbia già

avuto degli incontri con il mondo del lavoro durante gli anni di scuola e

successivi. Nella maggior parte dei casi, però, queste esperienze sono

saltuarie e con ridotto connotato formativo. Anche in Toscana si registra,

infatti, una scarsa integrazione tra scuola e mercato del lavoro,

soprattutto per le basse qualifiche, fatto che indica soprattutto

un’inadeguatezza dei contenuti dei percorsi scolastici.

Nel complesso però, la situazione regionale sembra migliore rispetto

alla situazione italiana in generale. Il mercato del lavoro toscano assorbe

complessivamente più giovani rispetto ad altri: da un lato coinvolge una

quota maggiore di popolazione, dall’altra ha tassi di disoccupazione

minori. La situazione inoltre sembra migliorare ulteriormente: tra i 15-

29enni la quota di soggetti che hanno avuto almeno un’occupazione a

tempo indeterminato è aumentata negli ultimi sei anni dal 38% al 47%

29

(IARD, 2003). Complessivamente quindi in Toscana si registra una

maggiore e migliore socializzazione al lavoro da parte dei giovani.

Un’ulteriore tendenza di segno positivo riguarda la limitata incidenza

del lavoro irregolare: il 6% dei dipendenti dichiara di essere privo di un

contratto, mentre a livello nazionale questo dato ammonta a 17%.

Analogamente, il grado di soddisfazione dei giovani per il proprio lavoro

è maggiore in quanto non solo hanno meno difficoltà ad inserirsi nel

mercato del lavoro, ma godono anche mediamente di stipendi più elevati

e stabili. Infatti, l’80% dei giovani reputa l’attuale attività lavorativa come

quella che occuperà anche in futuro. A livello nazionale questo dato si

aggira solo attorno al 60%. Anche il carico di lavoro non sembra

eccessivo, soltanto il 17% vorrebbe ridurlo.

La preparazione ricevuta a scuola è reputata adeguata dalla metà dei

giovani lavoratori. Un terzo invece la considera del tutto inutile. Tra

coloro che hanno una qualifica professionale è 4/5 volte più alta la

propensione a dichiarare inutile la propria preparazione, mentre i laureati

tendono a ritenerla molto adeguata (IARD, 2003). Ciò indica da un lato

ancora una volta la cattiva reputazione dei percorsi formativi

professionali, anche da parte di coloro che li hanno frequentati, dall’altro

che a un maggiore investimento formativo corrisponde una maggiore

utilità attribuita al proprio impegno negli studi.

I giovani toscani attribuiscono priorità alla retribuzione economica e

se possibile all’autonomia lavorativa. Meno importanti invece risultano

aspetti come l’orario di lavoro e la possibilità di viaggiare. Questa

soddisfazione generalizzata va letta con cautela e tenendo conto del fatto

che molti giovani toscani non sono particolarmente informati su forme

di lavoro e contratto alternative come il lavoro interinale o a distanza.

Forse si adeguano molto alla realtà lavorativa che trovano e non

percepiscono la mancanza di aspetti che non conoscono. D’altra parte la

30

scarsa propensione alla mobilità territoriale è una caratteristica spesso

riscontrata tra i giovani in cerca di lavoro.

La realtà locale

Nella Provincia di Pisa il tasso di scolarizzazione tra i giovani fino ai

18 anni è dell’ 88%, ma molti ragazzi svolgono attività lavorative anche

durante gli anni di scuola. Più di metà dei giovani nella fascia d’età tra i

14 e i 19 anni ha già lavorato. Nella bassa Val di Cecina è più frequente il

lavoro tra studenti delle superiori, infatti, solo il 34% non ha mai

lavorato. Meno attivi invece sono i giovani della zona della Valdera e

della zona Pisana, dove rispettivamente il 54% e il 61% non dichiara di

non aver mai svolto un “lavoretto” durante il percorso scolastico (OPS,

2003). Nell’alta Val di Cecina e nel Valdarno sono circa 40% i giovani

che non hanno mai partecipato al mercato del lavoro.

Nella fascia d’età successiva (20-24 anni) la percentuale di ragazzi che

hanno già avuto una prima esperienza sul mercato del lavoro sale al 75%.

I giovani della Provincia trovano varie motivazioni per questa scelta. A

ragioni di carattere prevalentemente strumentale - avere più soldi per le

spese (29%), rendersi autonomi dalla famiglia (18,4%), dare una mano

alla famiglia (12,3%) – si affiancano motivazioni legate alla sfera

espressiva, come il fare esperienza (23,5%) o l’interesse personale

(13,7%). Questo dimostra la pluralità delle concezioni del lavoro che i

giovani elaborano (OPS, 2003).

Dei giovani che cercano un lavoro, solo il 25% ha un atteggiamento

pessimista (IRPET, 2007). Più della metà si iscrive nelle liste di

collocamento, la maggioranza però si affida a canali informali come le

conoscenze di parenti e amici. I dati dell’indagine OPS indicano che solo

un terzo dei giovani si sente adeguatamente informato rispetto alle

31

attività di orientamento e di sostegno nel passaggio dal mondo della

scuola/università a quello del lavoro.

Nella Provincia di Pisa la soddisfazione con il proprio lavoro sembra

alta. Meno del 25% dichiara di essere poco o per niente soddisfatto con il

proprio lavoro. I più appagati sono i giovani nella zona Pisana (91%), i

meno soddisfatti quelli nella Valdera (69%)8. Ad un livello intermedio di

soddisfazione si collocano i giovani dell’Alta (74%) e Bassa Val di Cecina

(89%) e del Valdarno (76%).

I problemi segnalati dai rispondenti nell’indagine dell’ OPS sono in

primo luogo la retribuzione, giudicata troppo bassa dal 27%, in secondo

luogo il tempo libero disponibile (18%), e in misura minore, ma

significativa, aspetti quali gli orari o turni specifici, la fatica, la noia e la

ripetitività. La maggioranza dei giovani intervistati, dichiara di aver

cambiato lavoro. Sono meno (35%) invece quelli che hanno sempre

mantenuto lo stesso impiego. Ci sono alcune differenze all’interno della

Provincia per ciò che concerne gli aspetti che i giovani ritengono meno

soddisfacenti del proprio lavoro. In tutte le zone la paga troppo bassa

viene indicato da una parte dei giovani. La percentuale è però molto più

bassa nella zona pisana e molto più alta nella Valdera e nell’alta Val di

Cecina. In generale le zone si differenziano abbastanza: nella zona pisana

i disagi maggiori derivano dalla mancanza di tempo libero, lo

spostamento fisico e gli orari e i turni. L’immagine che ne possiamo

evincere è quella dei normali disagi dei lavoratori urbani. Quella pisana è

l’unica zona nella quale anche il rapporto con i compagni di lavoro risulta

un problema per una quota consistente di giovani.

Anche nelle caratteristiche dell’impiego giovanile, la bassa Val di

Cecina si contraddistingue: qui sono più alte le percentuali di giovani che

si lamentano per “la fatica”, per “la noia e la ripetitività”, e per la

8 Le percentuali degli “appagati” comprendono i giovani che dichiarano di essere “molto” o “abbastanza” soddisfatti della propria esperienza lavorativa.

32

mancanza di prospettive di carriera. Nella Valdera i giovani sono

insoddisfatti soprattutto per la noia e la ripetitività, per la fatica e per gli

orari e turni. Meno si lamentano per la mancanza di tempo libero. L’alta

Val di Cecina mostra dati simili seppur maggiormente distribuiti anche su

altre problematiche. Nel Valdarno una percentuale comparativamente

più elevata lamenta di non poter esprimere le proprie capacità, oltre che

per la mancanza di tempo libero, gli orari e la ripetitività.

L’indagine svolta dall’OPS mostra che un terzo degli intervistati

sarebbe disposto ad accettare qualsiasi lavoro, ciò testimonia le difficoltà

di avviamento e la preoccupazione per l’inserimento giovanile nel mondo

del lavoro. I motivi per il rifiuto di un posto di lavoro sono l’essere

pagati in nero (21,1%), e il trasferimento in un altro posto (21,1%). Il

10,5% degli intervistati non accetterebbe un lavoro con qualifiche

inferiori a quella posseduta, il 5,3% non accetterebbe un'attività troppo

limitativa del tempo libero (OPS, 2003).

Fra i giovani in condizione di disoccupazione, la maggioranza ha

svolto sempre lo stesso lavoro, mentre un terzo ha compiuto attività

diverse. La disaggregazione del dato per zone di residenza evidenzia due

situazioni particolari: quella dell'area pisana dove tutti gli intervistai

hanno svolto lavori diversi e quella della Bassa Val di Cecina dove

nessun soggetto ha cambiato lavoro. La mobilità giovanile tra professioni

diverse varia quindi nelle diverse zone della Provincia di Pisa.

II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine

Il protrarsi della permanenza in famiglia, si spiega in parte con il

cambiamento dei rapporti intergenerazionali e la maggior libertà di cui

godono i giovani in ambito familiare, ed in parte con il frapporsi di

ostacoli strutturali, come la precarietà del mercato e la rigidità del

33

mercato immobiliare, che rendono difficilmente raggiungibili potenziali

desideri di indipendenza ed il conseguimento dell’autonomia rispetto alla

famiglia di origine.

Uno dei motivi principali del fenomeno della “famiglia lunga”, cioè

della convivenza di adulti di diverse generazioni entro la stessa famiglia, è

l’aumentata scolarità della popolazione, un altro sono le debolezze del

mercato del lavoro che non agevola le nuove entrate. Il Welfare state

potrebbe sensibilmente ridurre le difficoltà affrontate dai giovani che

intendono formare una nuova famiglia, ma purtroppo, in Italia e anche a

livello regionale questo non è ancora avvenuto. Laddove la famiglia si

sostituisce alla protezione sociale fornita dal Welfare, il rischio è di

rafforzare le disuguaglianze dovute alla classe sociale di origine dei

soggetti.

Un ulteriore fattore, di tipo culturale, come sopra accennato, è la

trasformazione del rapporto tra genitori e figli, per cui sono state

abbandonate le rigide gerarchie generazionali per dare spazio a nuove

forme relazionali. La pacifica convivenza tra genitori e figli o la

coabitazione tra famiglie appartenenti a generazioni diverse rafforza gli

aspetti positivi di sostegno reciproco all’interno del nucleo familiare

originario e riduce gli incentivi per la fuoriuscita di casa.

La realtà nazionale

In Italia, il fenomeno della “famiglia lunga”, sembra accentuarsi

ulteriormente negli ultimi anni (Buzzi, Cavalli, De Lillo, 1997). Anche se

molte ricerche indicano che i giovani sono contenti di permanere per

lungo tempo all’interno della famiglia d’origine, il fenomeno può anche

essere letto come una situazione obbligata: in alcuni casi il

prolungamento della fase adolescenziale e la dipendenza dalla famiglia di

34

origine deriva da impossibilità oggettive di compiere scelte diverse, ed in

questo caso rappresenta un problema dei giovani che va preso

seriamente in considerazione.

Per i giovani del Sud Europa l’indipendenza economica rappresenta

un fattore importante: in presenza di un sistema di welfare di tipo

familistico (Esping-Andersen, 2000), che esclude strumenti di sostegno al

reddito (sussidi per disoccupazione o sociali, ma anche per studio e

formazione), i giovani non possono contare su entrate che non siano

quelle del proprio lavoro o dei propri genitori.

La recente flessibilizzazione del mercato del lavoro certamente non

aiuta a risolvere il problema, ma aumenta i potenziali rischi da affrontare

una volta usciti dal nucleo di famiglia originaria. Ma i fattori strutturali

non bastano per spiegare il significativo ritardo d’uscita dei giovani

italiani. Tra i giovani lavoratori che vivono ancora a casa, il 40% dichiara

di avere uno stipendio sufficiente per rendersi indipendente. Solo il 23%

ci ha mai provato concretamente (IARD, 2002). Sono maggiori i

vantaggi degli oneri della convivenza con i genitori. Quasi tutti hanno la

possibilità di vivere la propria vita sociale (94%) e di avere momenti di

intimità con il partner (67%). La situazione di accordo e stretta relazione

affettiva e strumentale con i propri genitori fa si che l’aiuto e la

protezione trovata al suo interno vengano ritenute più soddisfacenti

dell’indipendenza.

La realtà regionale

La realtà regionale conferma pienamente quella nazionale: La quota di

coloro che vivono da soli cresce nel ventennio considerato, ma non in

maniera evidente, attestandosi al 9% tra i 30-34enni e al 7% tra i 25-

35

29enni (IRPET, 2007).9 Il ritardo di ingresso nel mondo adulto dei

giovani toscani è analogo a quello emersa a livello nazionale, ma i dati più

recenti mostrano una certa riduzione del tempi. Continua, invece la

scarsa prevedibilità del futuro da parte dei ragazzi, fatto che condiziona

la loro capacità di scegliere (IARD, 2003).

L’indipendenza abitativa arriva molto tardi in Toscana: prima dei 20

anni è un fatto eccezionale, mentre aumentano le fuoriuscite di casa dei

giovani di 21-24 anni e rimangono invece stazionarie (meno di un terzo)

quelle nella fascia d’età 25-29 e nella fascia dai 30-34 anni (due terzi).

All’interno di questo quadro è da notare che diminuiscono le convivenze

con i genitori dovute a esigenze economiche, mentre aumentano le

convivenze su base volontaria. Tra queste, la tipologia del giovane

lavoratore permanente nella famiglia di origine è maschile ed è distribuita

su tutte le classi sociali. I contributi economici dati alla famiglia sono

ridotti, più della metà dei permanenti non contribuisce affatto alle spese

familiari, un quinto contribuisce in modo poco rilevante.

Utilizzando alcuni indicatori costruiti appositamente10, Buzzi (2003)

arriva a calcolare che in Toscana non sono ancora adulti il 100% dei

giovani sotto i 18 anni, il 98% di quelli in età compresa tra i 18 e i 20

anni, il 93% dei 21-24enni, il 71% dei 25-29enni e il 33% degli

ultratrentenni. Allarmante è il dato rispetto alle ultime due fasce d’età che

tende ad essere spiegato più con motivi culturali e che sottende la

difficoltà dei giovani a prefigurare i propri percorsi futuri e a compiere

scelte forti.

9 Coloro che non vivono da soli stanno o a casa con la famiglia di origine, oppure hanno creato un nucleo familiare proprio. 10 Buzzi definisce delle tappe di transizione ai ruoli adulti per classi di età: l’uscita definitiva dalla scuola, trovare un lavoro stabile, lasciare la casa dei genitori, creare una nuova famiglia, generare un figlio. Gli indicatori si basano sul conseguimento di tutte o una parte di queste tappe.

36

La realtà locale

La maggioranza degli intervistati dichiara di avere dei buoni rapporti

con i propri genitori: circa il 30% ritiene che essi siano improntati sulla

concordia e sull’armonia, anche se la metà afferma di discutere talvolta

con i genitori a causa della divergenza dei punti di vista, mostrando

comunque una reciproca disponibilità al confronto. In particolare

risulta11 che i principali motivi di contrasto riguardano il contributo dei

figli al lavoro domestico (24%), il modo di gestire il denaro (21,7%) e i

risultati scolastici (14,2%). Invece i figli ai propri genitori vorrebbero

chiedere di poter partecipare maggiormente alle decisioni familiari (32%)

e di trascorrere più tempo tutti insieme (18%). Il quadro che risulta

sembra quello di una sana vita famigliare, dove non mancano momenti di

confronto, ascolto e affetto.

Quando i giovani vengono interrogati sui motivi della loro

permanenza della famiglia dei genitori, circa un terzo afferma di essere

ancora studente, una percentuale di poco inferiore risponde “sono

ancora troppo giovane” e un quinto dichiara “sto bene così e conservo

comunque la mia libertà”. Nel complesso i giovani intervistati si sentono

“molto” (37,7%) e “abbastanza” (55,6%) soddisfatti della propria

condizione all’interno della famiglia.

Come per i giovani toscani e italiani, tra quelli della Provincia di Pisa

si può notare una certa incapacità ad immaginare e pianificare il futuro e

a compiere scelte di vita adulte, e una propensione per scelte reversibili e

talvolta rischiose. Tali caratteristiche si possono in parte intravedere nella

tendenza a respingere l’idea di lasciare troppo presto la famiglia dei

genitori e a formarne una propria.

11 La domanda posta dal questionario è “Su quali argomenti ti capita di trovarti in disaccordo con i tuoi genitori?”

37

II.5. La giovane coppia

La realtà nazionale

Come già accennato, l’allungamento dei percorsi formativi, le

caratteristiche del mercato del lavoro sempre più precario e il mercato

rigido degli affitti determinano difficoltà nella costruzione di una nuova

famiglia e a volte addirittura ne impediscono la realizzazione. Per molti

giovani italiani, la condizione di indipendenza dalla famiglia ha un costo

superiore al beneficio. Questo anche perché i giovani sono sempre più

esigenti e mancano di capacità di adattamento e di propensione al

rischio: decideranno di fare il grande passo verso una propria famiglia

solo quando avranno le necessarie garanzie essendo troppo abituati a

vivere nella sicurezza della protezione famigliare (Mion, 1997). La

difficoltà della creazione di una vita di coppia stabile e duratura sembra

essere uno degli effetti del generalizzato “limbo dell’indecisione” al quale

i giovani sono così esposti.

Come si distribuiscono i ruoli tra donna e uomo, però, una volta che

la coppia è stata formata? All’interno della giovane coppia, si

contrappongono alcune tendenze innovative alla distinzione dei ruoli

tradizionale anche per la maggiore partecipazione femminile al mondo

del lavoro, sempre più frequente è infatti la condizione femminile di

“doppia presenza” (IARD, 2002). In Italia sono una minoranza le

giovani coppie all’interno delle quali i compiti casalinghi risultano ripartiti

equamente tra i due generi. Sicuramente però, le giovani donne che

sempre meno rinunciano al proprio lavoro per occuparsi delle faccende

familiari, tendono a chiedere una maggiore partecipazione al compagno.

Infatti l’indagine IARD (2002) mostra che la partecipazione al lavoro di

cura dei figli degli uomini va aumentando.

38

La realtà regionale

In Toscana, come in Italia, le convivenze more uxorio, pur in aumento

nel corso degli anni ’90, continuano a rappresentare un fenomeno

marginale tra i giovani toscani: il 4% tra i 25-29enni, il 5% tra i 30-

34enni. Seppure modesto, il dato toscano è maggiore di quello nazionale.

Sembra che invece sul versante procreativo, le giovani coppie toscane

siano più restie della media nazionale per la fascia d’età 30-34 anni,

mentre dai 25 ai 29 anni, invece il dato è leggermente superiore a quello

nazionale (IARD, 2003).

Come succede a livello nazionale, anche in Toscana sembra che

manchi la spinta a rendersi indipendenti e a costituire un proprio nucleo

familiare. Questo vale soprattutto per i maschi che rimanendo a casa

godono di libertà gestionale, benessere economico e di altri privilegi

generalmente garantiti dal ruolo protettivo e servizievole della madre. Il

valore dell’indipendenza è inferiore al valore attribuito all’agio e la

comodità.

Quando i giovani toscani si decidono a formare una propria famiglia

tendono a riprodurre il modello della famiglia di origine, che grava la

donna di compiti impegnativi soprattutto per ciò che riguarda la spesa

quotidiana, la cura dei figli e degli anziani. (IARD, 2003).

La realtà locale

Riferendoci ancora ai dati rilevati dall’ OPS, possiamo confermare

tendenze simili a quelle regionali nella Provincia di Pisa. Soltanto il 3%

degli intervistati esclude esplicitamente l’ipotesi di formare in futuro una

propria famiglia – con percentuali superiori nelle zone di Pisa e della

Valdera. L’1,3% dichiara di averlo già fatto e il 7,2% - con percentuali

39

inferiori nella zona pisana e in quella del Valdarno – di essere in procinto

di compiere questo progetto.

Il 13% non ha ancora le idee chiare in proposito, il 15,3% fa

dipendere tale scelta dall’incontro con la persona giusta e il 18,3% -

percentuale più elevata nell’Alta Val di Cecina – dal fatto di trovare una

casa e disporre di uno stipendio adeguato. La quota più consistente, pari

al 42% dichiara che “è ancora troppo presto per pensarci seriamente”.

Quest’ultima opzione è scelta in misura superiore dai maschi e dai

giovani tra i 14 e i 19 anni. Lo stesso avviene per coloro che non sono

intenzionati a formare una propria famiglia.

Si registrano invece delle percentuali superiori alla media per le

femmine e i giovani con più di 20 anni tra coloro che hanno già formato

la propria famiglia o che sono in procinto di farlo. Lo stesso sotto-

gruppo comprende anche coloro che lo farebbero volentieri se avessero

un lavoro con uno stipendio sufficiente.

II.6. Il tempo libero

L’analisi dell’uso del tempo libero implica la possibilità di esplorare

molti aspetti della condizione giovanile, come le relazioni con i pari, la

partecipazione alla vita sociale, i comportamenti di consumo, gli

atteggiamenti culturali, ecc. Il tempo libero di collega alla dimensione

temporale della quotidianità e del presente in cui le giovani generazioni

delle società post-moderne sono fortemente radicati, mostrando una

contrazione della prospettiva temporale verso il futuro.

Secondo un’ampia ricerca sul tempo dei giovani diretta da Alessandro

Cavalli (1985), ci sono due modalità di porsi al presente: si parla di

‘presentificazione’ e di ‘rivalutazione del presente’. “La ‘presentificazione’

corrisponde ad una sorta di appiattimento dell’orizzonte temporale e a

40

una chiusura progettuale. I giovani che esprimono questa tendenza

possiedono un’identità particolarmente problematica e sembrano

incapaci di gestire il tempo quotidiano: “la presentificazione, in sostanza,

toglie significatività al quotidiano, e lo rende simile ad una prigione”

(Cavalli, 1985). Per i giovani che esprimono una ‘rivalutazione del

presente’, invece, il quotidiano diviene “il terreno privilegiato al cui

interno sperimentare un nuovo modo di vivere il presente, non luogo

della routine e dell’alienazione ma, piuttosto, ambito prioritario della

ricerca di senso” (ivi, p. 102). Il futuro pertanto è concepito come

possibilità.” (Gisfredi, 2003).

La realtà nazionale

In Italia, i giovani passano il loro tempo libero prevalentemente con

gli amici, che ricoprono un ruolo assolutamente centrale nella vita

adolescenziale. Generalmente viene preferita la partecipazione a gruppi

informali, e l’incontro in spazi liberi e indipendenti.

La realtà regionale

Anche a livello regionale il tempo libero dei giovani viene soprattutto

dedicato alle amicizie e ai rapporti interpersonali. A differenza delle

generazioni passate, queste non si basano in primis su comunanze

valoriali o ideali. I giovani passano tempo con gli amici per il semplice

gusto dello stare insieme. Si conferma che il giovane toscano, come

quello italiano d’altronde, trae soddisfazione dalla socializzazione e

intende le amicizie in primo luogo come spazio di comunicazione, di

conforto e svago.

41

Rispetto alla media nazionale, i giovani toscani frequentano più spesso

musei o mostre d’arte, ma si occupano meno con attività legate alla

musica12. Negli ultimi anni sono aumentate le frequenze a concerti

pop/rock, mentre è diminuito l’utilizzo di biblioteche pubbliche e dei

cinema. L’uso delle nuove tecnologie è molto frequente e maggiore che a

livello nazionale. (IARD, 2003).

La realtà locale

I giovani nella Provincia di Pisa non si lamentano per la quantità di

tempo libero a disposizione. Dichiarano di avere circa 3-4 ore di tempo

libero al giorno, mentre il 18 % dispone di meno di 2 ore e il 33 % di più

di 5 ore. Dal confronto dei dati per sesso, emerge che le femmine in

media hanno una minore quantità di tempo libero rispetto ai maschi

(OPS, 2003).

Gli amici sono le persone con cui si preferisce trascorrere il proprio

tempo: infatti, la metà degli intervistati nell’indagine dell’OPS sceglie

questa modalità, quasi un quarto preferisce passarlo con il proprio

partner, poco meno di un quinto con il partner e gli amici insieme. La

prima modalità è scelta in misura superiore dai maschi e dai ragazzi più

giovani (14-19 anni), mentre per le altre due si rilevano delle percentuali

superiori per le femmine e per i ragazzi con venti anni e più. Residuale

risulta invece il tempo passato da soli (3,2 %) o con i familiari (3,3 %) e

nelle associazioni (0,7%).

L’indagine conferma i risultati regionali per i quali la stragrande

maggioranza dei giovani appartiene a un gruppo amicale e passa il suo

tempo libero con loro, privilegiando spazi aperti come parchi, altri luoghi

12 Nel rapporto IARD (2003), le attività legate alla musica comprendono la frequentazione di discoteche e la pratica di strumenti musicali.

42

pubblici o le case private degli amici. Riguardo al luogo di ritrovo si può

dire che hanno connotati di inclusione diversi: lo spazio aperto non pone

per definizione barriere all’entrata dovute all’origine sociale, mentre la

casa privata lo fa potenzialmente molto di più. A tale proposito si

riscontrano alcune differenze in base alle zone di residenza: la casa di

amici è il luogo privilegiato nella zona di Pisa (29%). Nella Bassa Val di

Cecina si preferiscono gli spazi aperti (40%) e in Alta Val di Cecina ci si

incontra soprattutto nei bar (46%). Questi ultimi sono più frequentati dai

maschi e i luoghi all’aperto vengono indicati maggiormente dagli

intervistati più giovani.

Tra gli aspetti negativi del passare tempo con i propri amici i giovani

della Provincia indicano il fatto di “fare sempre le stesse cose, annoiarsi”

(21,3%), da cui emerge in particolare l’insofferenza dei più giovani verso

la ripetitività e il bisogno di esperienze nuove e stimolanti.

Complessivamente i giovani intervistati sembrano soddisfatti dei propri

rapporti di amicizia: “molto” nel 31% dei casi e “abbastanza” per il 61%.

I ragazzi lo sono più delle ragazze (OPS, 2003).

Le attività svolte nel tempo libero sono varie: sport, musica, lettura,

televisione, volontariato o impegno politico, ma in generale prevalgono

la comunicazione e il divertimento. In generale dai dati disponibili si

evince che il tempo libero è dedicato soprattutto ad attività individuali o

che si svolgono all’interno del gruppo di amici. Ci sono invece pochi

indizi per un utilizzo del tempo libero che comporti un vero

coinvolgimento dei giovani nella società più ampia.

II.7. I sistemi di valore

I valori vengono qui interpretati come principi che orientano sia i

giudizi che le azioni sociali dei soggetti (IARD, 2002). Attraverso i

43

sistemi di valori possiamo comprendere meglio la situazione dei giovani,

gli eventuali limiti delle loro situazioni di benessere e forse anche i

bisogni che non riescono a esprimere.

La realtà nazionale

I valori dei giovani italiani si accentrano attorno a caratteristiche e

mete individuali, ma non solo. Il netto aumento della partecipazione ad

attività di volontariato mostra che anche la coscienza collettiva ha il suo

spazio tra i valori dei giovani. L’impegno politico è stato abbandonato

generalmente soprattutto per rifiuto di una modalità di “fare politica”

partitocratica obsoleta. È forte invece, tra i giovani l’impegno per

questioni globali e il desiderio di partecipare attraverso nuovi canali di

espressione. Non si può quindi parlare solo di apatia e insofferenza che i

giovani nutrono per la politica (IARD, 2002).

Le ultime indagini IARD e IRPET mostrano che tra i giovani c’è poca

capacità di aprirsi al di là del ristretto ambito sociale costituito

prevalentemente da relazioni familiari e amicali. Parallelamente tra i

giovani si diffonde sempre di più la sfiducia nelle Istituzioni e nella

politica. Queste tendenze sono state riscontrate anche in un’indagine

recentemente condotta da Amerio e colleghi (2001) su 3000 giovani

universitari, tra i 22 e i 30 anni, in cui si evidenzia la devalorizzazione

delle Istituzioni sociali e della vita pubblica, e la dominanza della sfera

privata. Il pericolo che questa tendenza comporta è il lento scollegarsi di

una generazione dai meccanismi tradizionali di espressione democratica.

Se i giovani non si identificano con l’espressione democratica e

istituzionale, come si esprimono? E come sarà possibile per le Istituzioni

percepire i bisogni di coloro che si auto-escludono dalla sfera politica

della società?

44

I giovani italiani tendono ad attribuire più valore a tutto ciò che si

svolge all’interno della “socialità a corto raggio”. Anche valori universali

come la libertà e la democrazia vengono interpretati più come una parte

costitutiva della propria identità che come virtù civiche o riconoscimenti

di diritti generalizzati. Tali valori sono ritenuti importanti soprattutto per

difendere la propria cerchia ristretta di affettività. Parallelamente, le

dimensioni del collettivo e dell’impegno pubblico si spostano sempre più

sul fondo della scala valoriale dei giovani. Le certezze derivano solo dallo

stare insieme, dal sostenersi a vicenda tra chi condivide gli stessi criteri di

giudizio, i medesimi modi di vita, lo stesso ambiente sociale. La società di

per sé viene sempre più relegata nel retroscena, e le Istituzioni sociali

stentano ad avvicinare i giovani.

La realtà regionale

Per ciò che riguarda il mondo del lavoro, in Toscana il valore della

carriera è importante per il 28% dei giovani, il 40% attribuisce molta

importanza al lavoro ma non alla carriera, ed 32% invece non attribuisce

molta importanza al lavoro. Questi sono generalmente anche i soggetti

più inclini a rimanere inattivi (IARD, 2003).

I giovani toscani – più del resto dei giovani italiani – si distinguono

per un atteggiamento di prudenza nei confronti delle relazioni con altri e

per le scelte per il proprio percorso di vita. Paradossalmente, la cautela si

associa alla convinzione che le scelte siano reversibili. Da un lato, quindi,

i giovani toscani fanno parte di una gioventù “globalizzata e privilegiata”,

in un mondo nel quale le opportunità sono molte e niente sembra dover

più essere definitivo. Nonostante ciò, i giovani toscani non sembrano

propensi a “giocarsi le loro carte”, ma assumono invece un

atteggiamento avverso al rischio e di tipo difensivo.

45

Si potrebbe pensare che mancano strumenti intermedi tra la realtà

globale e il contesto locale, che permettano ai giovani toscani di

realizzare i propri progetti. In assenza di Istituzioni capaci di coinvolgere

i giovani, questi si rifugiano nell’ambito familiare posticipando dunque

l’inserimento attivo all’interno della società. I segnali di allargamento del

proprio orizzonte a una dimensione sociale e collettiva sono molto

timidi. Nessun passo avviene senza garanzie e tutele.

Questi atteggiamenti indicano da un lato una “trappola del

benessere”. D’altro canto sono sintomi di un’incapacità istituzionale di

reinventarsi e di capire le difficoltà delle nuove generazioni per poter

aiutare i giovani ad uscire da questi comportamenti di insicurezza.

Tra i giovani toscani è cresciuto negli ultimi anni l’interesse per la

politica, fatto che può essere letto come una nuova apprensione verso

quanto accade a livello collettivo: cresce infatti la preoccupazione per la

tutela ambientale, ma anche le perplessità dinanzi all’aumento della

presenza degli immigrati (IARD, 2003; IRPET, 2007). Dinanzi a questi

timori condivisi sembra importante promuovere una maggiore

sensibilizzazione dei giovani per favorire la costruzione di una futura

società inclusiva.

La realtà locale

Anche tra i giovani della Provincia di Pisa prevalgono valori fondati

sull’ auto-espressione che tendono cioè ad accrescere gli spazi della

libertà individuale, enfatizzando l’autorealizzazione, la qualità della vita,

ma anche la crescente domanda di intervento diretto nelle decisioni

economiche e politiche. Come un po’ in tutta l’Italia, anche i giovani

pisani non depongono fiducia nelle Istituzioni ma si sentono attratti da

grandi ideali di solidarietà, di pace e giustizia sociale. In questo contesto,

46

è l’associazionismo che sembra cogliere il desiderio di applicarsi senza

doversi per forza adattare ad un sistema politico-istituzionale che, dalla

maggior parte dei giovani, viene considerato assai negativamente.

II.8. Identità e trasgressione

“La ‘moratoria psico-sociale’ è definita da Erikson (1974) come “un

periodo durante il quale le decisioni vengono sospese”. Si tratta cioè di

una sorta di ‘parentesi’ di riflessione e di sperimentazione che viene

concessa ai giovani prima di assumere stabilmente responsabilità e ruoli

adulti. Attualmente questo periodo di sospensione tra l’infanzia e l’età

adulta si sta protraendo notevolmente e rischia di generare nei giovani

sentimenti di frustrazione ed un senso di impotenza e marginalità, ma più

frequentemente esso è vissuto come un fatto normale prodotto dai

mutamenti strutturali e culturali” (Gisfredi, 2003).

I momenti cruciali e definitori dell’identità del giovane avvengono

attorno all’età 18-20 (il cosiddetto “ponte verso l’età adulta”) circa e

attorno ai 25 anni. Il primo snodo implica uno scontro con se stessi, ma

anche le prime percezioni della solitudine che deriva semplicemente dal

prendere delle decisioni. Nel secondo snodo, i giovani adulti si scontrano

più con il mondo esterno. È qui che sopraggiunge una certa disillusione e

incertezza. In termini psicologici la scarsa fiducia in sé e la paura della

solitudine sono frequenti in quest’età, e possono rappresentare dei freni

rispetto a nuovi sforzi di emancipazione. “Per percepirsi attori a pieno

titolo è importante sentire di aver compiuto alcuni passi verso la nascita

sociale come l’inserirsi nel mondo del lavoro e l’uscire di casa” (Gilardi,

2002).

47

La realtà nazionale

In Italia, il ritardo nell’uscita dalla casa paterna e nell’entrata del

mercato del lavoro rappresentano delle difficoltà anche psicologiche per i

giovani adulti. In un momento di passaggio verso un’identità adulta si

trovano ancora ancorati alle vecchie certezze dell’infanzia (i genitori, la

propria casa) privi di aiuto istituzionale per facilitare il passaggio positivo

di questa soglia.

Allargando la dimensione dell’identità entra in gioco anche

l’appartenenza territoriale: il 28% dei giovani italiani si sente

appartenente al territorio nazionale, il 4,5% all’Europa, il 15% circa al

mondo in generale. La maggioranza (43,4%) dichiara di sentirsi

appartenente alla propria città. Il 44,4% si dichiara insoddisfatto con la

vita nella propria regione/in Italia (IARD, 2003).

Per capire i problemi dei giovani in questa fase di formazione della

loro identità è di grande importanza anche la sfera della trasgressione. In

particolare, le indagini sulla popolazione giovanile si sono concentrate

sull’uso di droghe. Altri abusi come la prostituzione o la violenza sono

stati investigati poco.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una riformulazione della

percezione di diversi tipi di droghe. L’eroina è sempre meno accettata e

rimane dunque una droga legata al mondo dell’emarginazione che fa

paura ai giovani. La cocaina e LSD hanno visto un netto aumento del

numero di consumatori occasionali ed abituali. Queste droghe però non

coincidono generalmente con situazioni di esclusione sociale, ma anzi

sono frequenti tra giovani socialmente ben inseriti sia nel mondo del

lavoro che della scuola o dell’università. Hashish e marijuana sono

ugualmente frequenti in contesti sociali normali e assumono un

connotato gruppale.

48

In netto aumento sono le droghe sintetiche come ecstasy e

metamfetamine, che rappresentano il prodotto perfetto per uno dei

maggiori bisogni dei giovani: potenziare la prestazione fisica, saper

rischiare e superare quelle barriere che fermano gli altri. I giovani più

contigui a queste droghe paiono essere i più fragili dal punto di vista

psicologico e progettuale. Per alcuni sono proprio gli stupefacenti lo

strumento con cui compensare l’incapacità di organizzare la propria

identità e il futuro, e per “ridurre” il gap tra le promesse di vita

avventurosa, e la più triste e normale realtà.

La realtà regionale

La percezione del sé dei giovani toscani sembra abbastanza positiva.

Permangono i tipici motivi di insoddisfazione adolescenziali a livello

esistenziale e psicologico, mentre più contenute sono invece le

insoddisfazioni per le relazioni con gli altri. Tra i più giovani (15-19)

sono soprattutto le ragazze ad essere insoddisfatte con il proprio aspetto

fisico. Questo è naturale in una società con modelli estetici di riferimento

molto rigidi. Con il passare degli anni, le giovani toscane sviluppano una

maggiore fiducia in sé stesse e di conseguenza soffrono meno per motivi

estetici.

In una classifica dei tipi di insoddisfazione proposta dall’indagine

IARD (2003), la incapacità di prendere decisioni risulta al secondo posto

delle fonti di insoddisfazione personale tra i giovani toscani, al primo

posto vi è l’incapacità di memoria e concentrazione, al terzo la mancanza

di una tranquillità psicologica.

In Toscana l’appartenenza territoriale è molto forte e anche i giovani

non smentiscono un forte legame con il proprio territorio. Il 40% si

identifica fortemente solo con la propria Provincia, il 66% sente di

49

appartenere alla regione. In Toscana, quindi vige un forte localismo, ma

rispetto all’appartenenza nazionale i giovani toscani si differenziano

sensibilmente. Infatti, solo il 18,5% si sente appartenente alla nazione,

ben dieci punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale. Più di

metà dei giovani inoltre si sente orgogliosa di essere toscana.

Analogamente, sono pochissimi (7%) che dichiarano di essere

insoddisfatti con la vita nella propria regione. I giovani più soddisfatti

sono i maschi che vivono nei centri con meno di 50.000 abitanti.

Gli alti livelli di soddisfazione derivano soprattutto dalle possibilità di

svago e di divertimento, dalla sicurezza sociale (IARD, 2003). In

aumento, inoltre, è la soddisfazione per le opportunità lavorative, per il

funzionamento dei servizi pubblici e per l’offerta di formazione. Rimane,

invece, una certa insoddisfazione per via dei timori per il proprio futuro

e per la pubblica amministrazione che viene ancora vista come poco

efficiente.

Secondo il Rapporto IARD sulla Toscana (1999) bere alcolici e

fumare spinelli sono da tempo comportamenti piuttosto diffusi tra i

giovani della Toscana. Lo sono maggiormente rispetto al campione

nazionale e si tratta di comportamenti prevalentemente maschili; questi

portamenti sono generalmente interpretati come tipici della cultura

giovanile che non sottendono necessariamente condizioni di malessere o

di contestazione.

È avvenuto il passaggio dalla droga – simbolo di marginalità e del

disagio – al concetto di addiction, cioè il consumo di droghe e sostanze

che danno dipendenza all’interno di una realtà normale e di benessere. I

giovani toscani consumano soprattutto droghe leggere come hashish e

marijuana. Di fatto, l’idea di liceità delle droghe leggere si sta

diffondendo sempre di più, cosa che permette anche alle analisi

empiriche di trovare più informazioni su questo aspetto della vita

giovanile.

50

Parallelamente a questo aumento, si è registrato una diminuzione del

consumo di droghe sintetiche. Cresce, invece, la diffusione delle droghe

“legittimate” con particolare riferimento all’alcool, il cui consumo tra

giovani è aumentato del 10% negli ultimi sette anni. Per ciò che riguarda

il tabacco, non ci sono segnali di differenze sostanziali. I giovani più

contigui al mondo della droga sono coloro che risiedono nei centri di

maggior ampiezza, i maschi, provenienti da un background culturale

elevato, all’interno della fascia dai 21 ai 24 anni, quelli che consumano

anche sostanze lecite come alcool e tabacco.

Il diffondersi del consumo di droghe leggere può risultare

preoccupante, ma indica anche la ricerca di una strategia alternativa che

un soggetto che si sta sviluppando adotta per affrontare e risolvere i

compiti richiesti da una fase di vita piuttosto complessa (Ravenna, 1993).

Confortante è sicuramente la scarsa vicinanza dei più giovani tra i 15 e i

20 anni a cocaina ed eroina. Le droghe pesanti mantengono infatti un

ruolo marginale nella realtà giovanile toscana, legate a situazioni di

disagio vero e proprio, dovute soprattutto all’insoddisfazione generale

per la propria vita e a delusioni vissute nei rapporti familiari e lavorativi.

In generale in Toscana non si può però parlare di una correlazione tra

droga e disagio.

La realtà locale

Nella Provincia di Pisa non ci sono indicazioni per differenze

sostanziali dalla realtà regionale. Quando interrogati, i giovani mostrano

insoddisfazione per la scarsa disponibilità di denaro (11,2%),

l’andamento della scuola e del lavoro (8%) e per il modo di trascorrere il

tempo libero (6,8%). Problemi relazionali tra coetanei e all’interno della

51

famiglia appaiono più accentuati tra i ragazzi più giovani (14-19), così

come l’insoddisfazione sul modo di trascorrere il proprio tempo libero.

Per quanto riguarda il consumo di droghe leggere, nella Provincia

riguarda solo il 6,3% dei giovani ed è più frequente tra i maschi e nella

zona di Pisa. Quello di alcolici è pari al 3,4%. Queste ultime percentuali

risultano inferiori a quelle rilevate nelle indagini sui giovani svolte nelle

province di Livorno e Massa Carrara, ma le differenza potrebbe essere

ricondotta ad una diversa formulazione della domanda.13 Ancora più

ridotta è la percentuale di coloro che ritengono di esagerare con il

consumo di stupefacenti (0.9%) e di alcolici (3,1%).

II.9. Partecipazione politica e sociale

La partecipazione alla sfera politica è strettamente collegata con il

valore che i giovani le attribuiscono. In linea con il paragrafo

antecedente, la diminuita importanza della politica nel sistema dei valori

dei ragazzi italiani, si riflette in un minore protagonismo giovanile.

La realtà nazionale

In tutta Italia diminuisce la partecipazione politica dei giovani e

aumenta il loro disinteresse rispetto a quanto rilevato nelle precedenti

indagini. Infatti, nel 2000 il 44,6% dei giovani dichiarano di provare

disgusto per la politica (IARD, 2002). Tra i giovani c’è inoltre una ridotta

identificazione con il sistema partitico. Solo il 57% esprime una

preferenza verso un partito di centro-sinistra o di centro-destra. Il 13 Nell’indagine dell’OPS nella Provincia di Pisa, la domanda era formulata “cosa ti capita di fare con il tuo gruppo di amici”, tra le risposte multiple ci stiamo riferendo a quella “andiamo a farci uno spinello”.

52

restante 43% comprende diversi atteggiamenti politici: quelli che “non

sanno”, quelli che non votano, e quelli che si identificano con il partito

dei Radicali. Questo dato ci indica che la contrapposizione fra sinistra e

destra, così importante in Italia, risulta incapace di “rappresentare”

l’intero spazio delle possibili scelte etiche giovanili.

In una classifica proposta all’interno del rapporto IARD, Ricolfi

(2002) mostra che la maggioranza dei giovani rifiuta il bipolarismo per

rigore morale: i giovani trovano che entrambi i poli siano portatori di una

moralità parziale. Una minoranza dei giovani invece rifiuta i partiti

maggiori perché pongono eccessivi limiti alla domanda di libertà

dell’individuo. Questi giovani possono essere classificati come permissivi.

Questa ultima categoria probabilmente riversa il proprio voto sul partito

dei Radicali, i giovani “rigoristi” invece tendono ad astenersi dal voto.

Sembra palese che i giovani necessitano nuove figure politiche che

sappiano soprattutto convincere per la propria integrità personale ed

proporre un concetto di cultura civica nuovo e integrato.

Come spiegato bene da Beck (2000), la mancata partecipazione

politica non dimostra una caduta dei valori. I giovani sembrano attuare

invece una doppia strategia: “sono una generazione impolitica, in quanto

negano la loro vitalità a Istituzioni troppo chiuse in sé stesse, ma nello

stesso tempo praticano un’antipolitica, ovvero una forma di impegno che

coniuga autorealizzazione e impegno per gli altri, e impegno per gli altri

come auto-realizzazione”. Piuttosto che di una crisi di valori della

politica nei giovani è opportuno parlare di un modo più articolato di

concepire i valori politici, che mette al centro la soggettività, ovvero la

scelta individuale, e che sposta l’impegno in nuove direzioni.

Quanto si integrano i giovani italiani in una società multietnica?

Quanto cioè riescono a contribuire alla formazione di una nuova società

con appartenenze culturali molto diverse? Gli atteggiamenti dei giovani

appaiono ambivalenti. Da un lato sottolineano l’eccessiva presenza di

53

immigrati e percepiscono soprattutto la loro propensione a delinquere,

negando ogni contributo di arricchimento culturale che la diversità porta

con sé. Nonostante questi atteggiamenti diffidenti che si basano anche

sul timore che la presenza degli immigrati possa sottrarre posti di lavoro

e risorse pubbliche agli italiani, sono frequenti anche le dimostrazioni di

solidarietà. La maggioranza, infatti, non vuole negare il proprio aiuto e si

dimostra aperta verso il conferimento dei diritti di cittadinanza, almeno

per coloro, che vivono e lavorano in condizioni regolari.

Non si riscontra, quindi tra i giovani italiani una marcata xenofobia.

Piuttosto sembra che – ricalcando i messaggi mediatici forse – vengano

dirottati sulla questione dell’immigrazione paure e insicurezze attinenti ad

altri aspetti della propria vita, come l’incertezza sullo sviluppo futuro

della società e l’incertezza di poter assumere un ruolo significativo al suo

interno.

Visti gli atteggiamenti verso la politica consolidata, come si dispiegano

le forme alternative di partecipazione alla società? In Italia, i livelli di

partecipazione giovanile ad associazioni volontarie è simile ai livelli

europei. Quasi la metà dei giovani compresi nella fascia dei 15-29 anni

partecipa ad una associazione. Il 54.2% non appartiene ad alcuna forma

associativa. Le attività associative a maggiore partecipazione per i giovani

italiani sono quelle culturali, ricreative o sportive. Quasi il 30% dei

giovani occupa il proprio tempo con attività di questo genere. Subito

dopo troviamo qualche forma di impegno sociale nelle associazioni di

volontariato, di stampo politico sindacale o civico. Ultime in classifica le

associazioni di stampo religioso che però raccolgono ancora l’11% dei

giovani italiani. Positivo sembra il tendenziale aumento della

partecipazione giovanile ad associazioni con qualche connotato di

impegno sociale, a scapito delle attività ricreative e religiose.

Per quanto la partecipazione non sia irrisoria, rimane il dubbio se le

associazioni anche oggi riescono a svolgere il loro ruolo di proiezione

54

dell’individuo all’interno di una società più ampia e di una solidarietà più

lunga. Purtroppo in Italia sembra che anche le attività associative

servono spesso alla chiusura egoistica nel piccolo gruppo e come la

politica, d’altronde, non riescono a raccogliere i frutti del protagonismo

giovanile per la costruzione di una nuova collettività.

La realtà regionale

Anche in Toscana è abbastanza marcata la sfiducia nelle

Istituzioni. Quelle che riscontrano ancora maggior fiducia da parte dei

giovani sono la ricerca scientifica, le associazioni di volontariato, subito

seguiti dall’Unione Europea (IRPET, 2007). La maggioranza però

(28,4%) dichiara di non fidarsi di nessuna istituzione. Per le Istituzioni

politiche, lo scenario è molto simile. La maggioranza dei giovani toscani

non si fida né del Governo, né delle amministrazioni pubbliche.

La disaffezione nei confronti della sfera istituzionale è confermata

anche in Toscana dall’indagine regionale La condizione giovanile in Toscana

(IARD, 2003): la maggioranza dei giovani intervistati esprime un

atteggiamento di distacco, confermato sia dal favore verso la delega,

ovvero ritiene che la politica vada lasciata ai competenti (31%), sia da un

netto rifiuto (21%). I politicamente impegnati rappresentano un'esigua

minoranza (3%). La restante parte (45%), pur dimostrando interesse e

dichiarando di tenersi al corrente della politica, afferma di non

partecipare attivamente.

Per quanto concerne l’attività associativa, la Toscana si allinea

abbastanza alle tendenze nazionali, con qualche differenza, però. Fanno

parte di almeno una associazione in Toscana un po’ meno di metà dei

giovani. La quota dei non associati inoltre è in aumento. Questa tendenza

è dovuta da un lato all’invecchiamento all’interno della popolazione

55

giovanile: aumentano infatti i giovani appartenenti alla fascia d’età 30-34

che tendenzialmente partecipano meno alla vita associativa. Dall’altra

parte diminuisce proprio l’attrazione che le associazioni esercitano anche

sulle fasce d’età inferiori.

I giovani toscani partecipano a diverse tipologie di associazioni come

quelle sportive e culturali, ma anche a quelle con connotati di impegno

sociale, politico e sindacale. Le preferenze variano soprattutto in base al

genere. I più attivi sono i ventenni (20-29) rispetto ai teenager (13-19) e

agli adulti giovani (30-34). Per ciò che riguarda le associazioni religiose

invece, la partecipazione è inferiore ai livelli nazionali. Solo gli scout

riescono ad attirare i giovani toscani con la stessa intensità misurata a

livello nazionale.

Permangono nell’intero paesaggio associativo alcune tendenze di

esclusione abbastanza forti: soprattutto le femmine e i provenienti da

famiglie di basso livello culturale sono meno rappresentati all’interno

delle associazioni, tra questi ultimi sono due terzi coloro che non

partecipano a nessuna attività associativa. Ancora una volta troviamo che

il sistema non riesce pienamente a includere i giovani svantaggiati.

Questa differenza in termini di appartenenza sociale è meno marcata per

le associazioni sportive, dove è più forte invece il divario tra ragazzi e

ragazze a vantaggio dei primi.

La realtà locale

Nel territorio della Provincia di Pisa, nessuna indagine si è soffermata

più di tanto sull’impegno politico dei giovani. Lo scarso interesse per

l’universo politico dei giovani è però confermato da alcune modalità di

risposte che rientrano in altre aree tematiche. Ad esempio l’OPS rileva

che rispetto ad una serie di cose che si fanno con il proprio gruppo di

56

amici, la maggior parte dei giovani afferma che non si discute per nulla di

politica. Questo testimonia che il confronto politico non rientra quasi per

nulla tra le priorità: non solo non si fa esperienza di militanza politica,

dunque, ma se ne parla anche pochissimo con i propri coetanei.

Anche la partecipazione ai sindacati, che connotano la difesa dei

propri interessi attraverso i canali democratici consolidati, è abbastanza

ridotta. Nella Provincia di Pisa, solo il 14,1% dichiara di essere iscritto ad

un sindacato o un’associazione di categoria (OPS, 2003). Le

partecipazioni più alte si registrano nell’Alta Val di Cecina (24,1%) e nella

Valdera (23,5%). Molto più ridotta è l’iscrizione a sindacati ed

associazioni di categoria in Valdarno (9,5%), la Bassa Val di Cecina

(5,6%). Nella zona di Pisa la quota di giovani iscritti risulta addirittura

essere nulla.

Nonostante la ridotta partecipazione politica ufficiale, fra i giovani di

Pisa si nota una maggiore inclinazione all’associazionismo di impegno

sociale. Infatti il 38,2% dei giovani che partecipa ad una attività

associativa lo fa in campo politico, ambientale o civile. Quasi la stessa

attrazione hanno le associazioni sportive e culturali (35,9%). Il 13,5%

degli associati invece svolgono attività religiose. Questo dato è maggiore

rispetto a quelli registrati a livello regionale e nazionale.

Il problema del quadro partecipativo della Provincia di Pisa rimane

quello dell’incapacità di farsi sentire dal mondo degli adulti e di creare

una voce collettiva. Gli sforzi si consumano in un impegno personale

all’interno del terzo settore. I giovani sono attori attivi ma invisibili.

III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro

Diversi servizi sono stati offerti ai giovani a vari livelli territoriali. Da

un lato vi sono tutte le attività culturali, di svago e ricreative. Qui ci

57

concentreremo sui servizi di orientamento che rappresentano un

importante risorsa per i giovani in alcuni momenti decisivi del loro

percorso formativo e professionale.

Vengono classificate come servizi di “orientamento specialistico”

tutte le attività prodotte da un esplicito sforzo organizzativo volto a

coinvolgere persone dotate di competenze specifiche in merito alle scelte

che gli studenti devono compiere, come incontri promossi dalle scuole

superiori e dalle università, i campus, le fiere di orientamento organizzate

da enti pubblici o privati, i servizi di orientamento (IARD, 2003).

I servizi offerti dalle Istituzioni scolastiche e universitarie rivolgono

preferenzialmente le informazioni e le attività di orientamento agli

studenti che restano all’interno del sistema scolastico. Permangono però

grave carenze:

- nel recuperare i giovani che sono usciti dal sistema

scolastico,

- nell’istituire una rete di informazione formale che

compensi le carenze delle reti informali, soprattutto per coloro

che provengono da un background instabile e caratterizzato da

bassi livelli di istruzione,

- nel compensare le carenze di formazione scolastica con

una maggiore varietà di offerta di percorsi professionalizzanti,

- nel raggiungere i giovani provenienti dalle famiglie

“svantaggiate”

In Toscana, solo una scuola su quattro promuove incontri di

orientamento. Le università raggiungono solo il 16% di coloro che

giungono a termine della scuola secondaria superiore. Mentre

l’orientamento formale può sempre essere integrato con quello

informale, è preoccupante che un terzo dei diplomati si avvalgono solo

58

di consigli di amici e genitori (IARD, 2003). Nell’accesso a servizi di

orientamento ancora una volta l’influenza delle origini sociali risulta

decisiva.

I servizi offerti sul territorio regionale, risultano scarsamente

conosciuti, soprattutto quelli a carattere socio-assistenziale. I servizi più

noti sono le biblioteche, gli inform@giovani e i corsi di formazione di

tipo informatico e linguistico. I giovani con minori possibilità di

conoscenza dei servizi sono quelli dei piccoli centri, provenienti da

background culturale basso, e i giovani lavoratori. Un’eccezione è

rappresentata dai centri di collocamento che sono mediamente più

conosciuti dai giovani lavoratori, piuttosto che dagli studenti. Rimane

però preoccupante il fatto che coloro che si trovano in una situazione di

potenziale difficoltà siano anche quelli che possiedono meno

informazioni sui servizi che potrebbero aiutare loro (IARD, 2003).

Anche se i centri inform@giovani sono conosciuti ed apprezzati, solo

il 26,3% dei giovani toscani li ha utilizzati almeno una volta. L’indagine

IARD (2003) mostra che il margine di miglioramento di questo servizio,

che può vantare un ottima reputazione tra i giovani, sta principalmente in

una maggiore pubblicità del servizio, soprattutto a livello istituzionale, in

modo da facilitarne l’accesso e la fruizione.

La soddisfazione dei giovani toscani per i servizi offerti varia in

relazione al tipo di servizi. Gli inform@giovani, come precedentemente

sottolineato, riportano un giudizio molto complessivo da parte di tutti

coloro che ne hanno usufruito. Riguardo ai centri per l’impiego il

giudizio dei giovani, invece, è complessivamente negativo. Per ciò che

riguarda gli altri servizi come le attività culturali, di svago e ricreative i

giovani non sembrano insoddisfatti dell’offerta del territorio: il livello di

soddisfazione è alto per i cinema, le biblioteche e le manifestazioni

sportive. Pochissimi dichiarano di aver utilizzato altre strutture come i

59

CAG (8%)14 o il SERT (1,7%). Più conosciuti (il 28% dichiara di

conoscerli) rimangono i consultori per adolescenti, ma solo il 15% dei

giovani che ne hanno usufruito (IARD, 2003).

Secondo il campione dell’indagine IARD (2003), la popolazione

giovanile toscana reclama maggiori opportunità di manifestazioni

culturali e di svago. Richiede, inoltre, più agevolazioni per favorire

l’ingresso nel mondo del lavoro, più centri da dedicare ad attività

polivalenti e una maggiore offerta di corsi di lingue e di informatica.

Anche la richiesta di nuovi impianti sportivi è consistente, soprattutto tra

i più giovani, per i quali le attività sportive occupano un posto centrale

nella fruizione del tempo libero. Poco richiesti sono i centri per i giovani

a scopo informativo e orientativo. Lo stesso campione però, dichiara

anche di desiderare maggiori informazioni sugli stessi centri

informagiovani e sulle loro funzioni ed attività. Questa contraddizione fa

pensare che i giovani stessi non hanno le idee molto chiare sulle proprie

esigenze di assistenza.

Nella Provincia di Pisa, il 43,7% degli intervistati è poco informato sui

servizi di orientamento esistenti, il 29,9% lo è “abbastanza” e il 9,4% ne

ignora l'esistenza. I più informati sono i soggetti residenti nell'area Pisana

(OPS, 2003). Nonostante negli ultimi anni ci sia stata una crescita degli

strumenti di orientamento al mondo del lavoro, la stragrande

maggioranza degli intervistati ha ricevuto aiuto ricorrendo ai canali

informali. Le reti di prossimità parentali (60%) e amicali (33,1%) sono

quelle che hanno offerto il maggior sostegno. Solo circa il 3% dei

soggetti ha ottenuto un aiuto rivolgendosi alle agenzie – private o

pubbliche – di formazione e informazione.

14 Centro di Aggregazione Giovanile

61

Conclusioni

Dal quadro conoscitivo finora ricostruito, emerge che per quanto la

popolazione giovanile abbia negli ultimi anni costituito uno dei target

prioritari dell’azione politica (tanto a livello nazionale che locale) ci sono

ancora margini di miglioramento rispetto all’obiettivo della soddisfazione

dei bisogni della popolazione giovanile. È così ad esempio per tutti i

servizi di orientamento che dovrebbero migliorare nell’attività di

matching qualitativo tra offerta e domanda di lavoro. Si profila anche

l’esigenza di garantire una maggiore sicurezza sui ritorni

dell’investimento nell’istruzione in termini occupazionali. Questo

richiederà soprattutto interventi sul mercato del lavoro, come per

esempio sui differenziali retributivi in base al titolo di studio e sui lunghi

periodi di inserimento nel mercato del lavoro.

Un altro ambito cruciale concerne il rafforzamento del raccordo tra

sistema formativo e occupazionale, tra i percorsi scolastici tradizionali e il

settore della formazione professionale. Rimane da affrontare anche

l’equilibrio tra l’offerta di opportunità di formazione integrativa per

coloro che hanno un percorso formativo debole, incompleto e

connotato da problemi di dispersione. Attualmente sono ancora coloro

che giungono al termine dell’istruzione terziaria ad avere più opportunità

di formazione rispetto a coloro che invece si sono fermati ad

un’istruzione secondaria o che hanno interrotto gli studi in precedenza.

Servono inoltre più interventi di sensibilizzazione, sia per fronteggiare

i timori dei giovani suscitati dalla crescente presenza degli immigrati, sia

per facilitare la fuoriuscita dalla “cerchia ristretta” di relazioni

interpersonali all’interno della quale molti giovani sembrano rinchiudersi.

Pertanto sarebbe utile predisporre specifici spazi destinati ai giovani e

allo svolgimento delle loro attività - senza comunque farne degli spazi

separati dalla società o dei luoghi di “segregazione generazionale”, e

62

soprattutto offrire loro delle possibilità per realizzare i propri progetti, e

rafforzare le opportunità per ampliare i propri interessi e “riempire” in

modo significativo e soddisfacente il proprio tempo, stimolando peraltro

anche l’autonoma progettazione di queste nuove iniziative. Questo

aiuterebbe a prevenire la solitudine e la noia che incombe

pericolosamente su una parte dei giovani, e ad avvicinarli a quelle

Istituzioni sociali che sembrano così lontane ed estranee rispetto alle loro

esperienze di vita.

Occorre anche dare delle risposte adeguate al disagio che potrebbe

insorgere dall’eccessivo prolungamento della condizione adolescenziale e

al bisogno di orientamento dei giovani. Sarebbe opportuno rinnovare

l’impegno educativo ed incentivare delle politiche sociali in grado di

facilitare l’accesso dei giovani al mondo adulto e di promuovere la

capacità di scelta entro una società estremamente complessa. Si tratta

quindi di agire su diversi piani, anche in questo caso una valida strategia,

seppure parziale rispetto alla globalità del problema considerato,

potrebbe essere quella di “(…)coinvolgere direttamente i giovani nella

progettazione e nella gestione di servizi sociali che li riguardano in prima

persona, e più in generale accogliere la loro domanda di una maggiore

partecipazione alle Istituzioni di cui fanno parte, dalla famiglia alla scuola,

[questo] potrebbe essere un modo di aiutarli a crescere, e di considerarli

come soggetti attivi e titolari di una piena cittadinanza” (Gisfredi, 2003).

Questi sono i possibili interventi per offrire un numero maggiore e

migliore di servizi ai giovani da parte delle Istituzioni in generale. Anche

nella Provincia di Pisa questi interventi sarebbero adeguati. In generale i

giovani della Provincia non sembrano particolarmente a disagio, ma anzi

presentano per certi verso una “performance” migliore dei coetanei

toscani e italiani: consumano meno droghe leggere e legittimate e sono

più attivi in associazioni d’impegno sociale. Una zona alla quale prestare

particolare attenzione è la Bassa Val di Cecina, dove si registrano livelli

63

più alti di insoddisfazione con riferimento sia ai percorsi formativi – che

sono anche più corti – che al mercato di lavoro – che è caratterizzato da

livelli di mobilità molto inferiori al resto della Provincia. Anche in

Valdarno e in Valdera i giovani dimostrano insoddisfazione per alcuni

aspetti della propria vita, rispettivamente per i percorsi scolastici e per la

situazione lavorativa. Nella zona pisana i giovani sembrano più

soddisfatti in generale: il disagio scolastico misurato in termini di

ripetenze e interruzioni è inferiore e il mercato del lavoro è più mobile. I

giovani, infatti, si dichiarano più soddisfatti.

Occorre anche “tenere in considerazione la richiesta di molti ragazzi

della Provincia di Pisa di passare più tempo con i propri genitori, il loro

bisogno di essere ascoltati dagli adulti e compresi dai loro insegnanti.

Dunque accanto alla predisposizione di servizi e interventi volti a

soddisfare direttamente le aspettative ed i bisogni dei giovani, sarebbe

opportuno predisporre anche servizi e interventi rivolti agli adulti, in

primo luogo genitori e educatori, per facilitare la comunicazione con i

ragazzi ed aiutarli a compiere scelte autonome” (Gisfredi, 2003).

64

Parte II: L’immagine raccolta dal sistema Informagiovani

67

Introduzione

La letteratura nazionale, regionale e locale ha evidenziato gli aspetti

critici della condizione giovanile. La seconda parte della presente

indagine intende verificare nel dettaglio i risultati ottenuti dalla

letteratura, comparandoli con l’immagine raccolta dal sistema degli

Informagiovani della Provincia di Pisa. Questa seconda parte è

strutturata nel modo seguente: le note metodologiche spiegano limiti e

punti di forza dell’impostazione dell’indagine. Seguono i risultati che in

primis descrivono il panorama dei bisogni della popolazione giovanile

della Provincia, e successivamente cerca di approfondire quegli aspetti

per i quali l’indagine è riusita a raccogliere informazioni più qualificate e

strutturate. L’ultima parte suggerisce poi una serie di strategie da adottare

per migliorare la condizione giovanile nel territorio provinciale.

IV. Note metodologiche

IV.1. Perchè gli Informagiovani

L’analisi empirica dei bisogni giovanili pone sempre alcuni problemi

di ordine metodologico che, anche nel caso della nostra ricerca, è

necessario esplicitare al fine di consentire una migliore comprensione

delle scelte che il gruppo di lavoro ha dovuto fare sugli strumenti e sulle

tecniche di indagine.

L’intervista diretta ai giovani in prima battuta potrebbe sembrare il

metodo in linea di principio più immediato ed esaustivo per la

rilevazione del “bisogno”. Tuttavia il carattere fluido ed estremamente

soggettivo del “bisogno”, consiglia di non poggiare l’analisi di questo

concetto-obiettivo solamente su quanto rilevabile attraverso il solo

68

“punto di vista del giovane”. Oltre ad essere molto costosa (in termini di

risorse e tempi necessari) questa metodologia presenterebbe, infatti,

alcuni limiti derivanti dall’accentuazione di una sola prospettiva

interpretativa, a meno che non si voglia indagare proprio questo aspetto.

Per questo motivo generalmente le ricerche di terreno sui “bisogni

giovanili” affiancano alle rilevazioni del punto di vista dei giovani quelle

di alcuni “testimoni qualificati”, che abbiano esperienza diretta dei

bisogni giovanili per motivi di studio (ricercatori), professionali

(insegnanti, educatori, operatori socio-sanitari, etc.) o di forte adesione

empatica ( ad es. familiari). Consapevoli di questa necessità

metodologica, la ricerca in oggetto ha voluto contribuire alla conoscenza

dei bisogni dei giovani in Provincia di Pisa (rilevata nel 2003

dall’Osservatorio per le Politiche Sociali attraverso una importante survey)

attraverso la realizzazione di una nuova indagine empirica questa volta

condotta “dal punto di vista esterno”.

Quando si ricorre al punto di vista “esterno”, è necessario rivolgersi a

soggetti a stretto contatto con i giovani, e con molti giovani diversi. Il

sistema degli Informagiovani della Provincia di Pisa effettivamente gode

di una posizione privilegiata: I servizi offerti sono vari, dalla mera

divulgazione di materiale informativo per percorsi formativi e offerte di

lavoro all’orientamento attivo e l’organizzazione di eventi aggregativi e

culturali. La distribuzione sul territorio è estremamente capillare (33

punti Informagiovani sul territorio dell’intera Provincia). L’esperienza

degli Informagiovani – attivi da circa otto anni – mostra che queste

strutture entrano in contatto con giovani appartenenti a diverse realtà

territoriali e sociali che si rivolgono a loro per i più svariati motivi. Il

sistema degli Informagiovani, dunque può offrire una buona immagine

complessiva dei bisogni della popolazione giovanile della Provincia. Un

ulteriore punto a favore della scelta di coinvolgere gli Informagiovani sta

nella loro posizione istituzionale: hanno il vantaggio di essere un punto

69

di snodo tra giovani, le Istituzioni e la politica locale. Questo è rilevante

perchè possono sottolineare eventuali difetti strutturali che si riflettono

in un gap tra domanda e offerta nei servizi per i giovani.

La scelta di coinvolgere attivamente i punti Informagiovani deriva

dunque dal fatto che si tratta di un servizio nato per ascoltare e

soddisfare i bisogni dei giovani, ed è una esperienza istituzionale valutata

come molto positiva sia dai giovani che dai livelli politici locali. La

performance positiva degli Informagiovani è legata al fatto che in una

realtà locale piccola gli operatori hanno modo di seguire i singoli utenti

con una ricerca costante e approfondita. Gli utenti poi risultano

generalmente soddisfatti visto che i punti Informagiovani riescono

spesso – se attrezzati – a fornire una risposta immediata ai bisogni degli

utenti. In alcune realtà molto piccole, il punto Informagiovani diventa un

luogo di ritrovo per i ragazzi che ne approfittano soprattutto per

utilizzare internet.

Il ruolo importante degli Informagiovani nel rilevare i bisogni

giovanili ha chiaramente anche degli svantaggi: in primis, gli

Informagiovani non possono percepire tutti i bisogni giovanili. Essendo

soprattutto un’istituzione che fornisce servizi di orientamento e di

divulgazione di informazione per il lavoro e gli studi, entra

principalmente in contatto con le esigenze legate alla ricerca del lavoro e

l’insoddisfazione con gli studi. Altre dimensioni della condizione

giovanile come la formazione dell’identità e il ruolo sociale sono

tematiche meno frequenti all’interno dei punti Informagiovani.

Un secondo limite metodologico sta nella rappresentatività del

campione (indiretto) dei giovani. Di fatto, gli Informagiovani entrano in

contatto con una parte dei giovani, quelli che effettivamente vanno alla

ricerca di un servizio. Non sono compresi nella popolazione giovanile

“osservata” tutti coloro che non si rivolgono al servizio.

70

IV.2. Il metodo di analisi

Per la raccolta di informazioni è stato scelto di utilizzare lo strumento

del questionario strutturato, che è stato somministrato a tutti i

responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale. Nel

disegno del questionario si è cercato di tenerlo il più aperto possibile per

lasciare spazio alle opinioni soggettive dei responsabili.15 Il metodo

presenta indubbiamente alcuni potenziali limiti ai quali si è cercato di

ovviare nel modo seguente:

Il responsabile del punto Informagiovani potrebbe non essere a

diretto contatto con l’utenza del Centro. Per evitare questo errore, ai

responsabili è stato chiesto di collaborare con o eventualmente di

delegare il compito agli operatori attivi nel Centro. Si è, infatti, preferito

raccogliere le opinioni di coloro che sono a maggior contatto con i

giovani piuttosto che quelle dei refenti istituzionali.

Un secondo problema è che molti punti Informagiovani della

Provincia sono gestiti dalle stesse persone. Chiaramente un’ analisi che si

basa sulla somministrazione di un questionario che rileva le opinioni

soggettive perde rilevanza se gli intervistati sono gli stessi individui: per

evitare parzialmente questo errore, nell’analisi dei dati è stato tenuto

conto della ripetizioni di opinioni espresse dalla medesima persona.

Per integrare l’opinione rilevata interrogando il Sistema

Informagiovani, sono stati condotti due Focus Group con altri soggetti

per raccogliere ulteriori stimoli interpretativi e suggerimenti da parte di

altri attori in contatto con i giovani e da parte dei giovani stessi. Il primo

Focus Group ha raccolto le opinioni degli operatori sociali e le

considerazioni del Presidente della Consulta Giovani di Pisa su alcuni dei

bisogni più salienti della popolazione giovanile. Il Focus si è svolto nel

giorno 13 Novembre 2007 presso la Provincia di Pisa. Il secondo Focus

15 Il questionario è allegato nell’appendice.

71

si è svolto all’interno della trasmissione radio “Giovani a Progetto” sulla

frequenza PUNTORADIO in data 7 Dicembre 2007. A questo secondo

Focus, hanno partecipato sei giovani della Valdera tra i 17 e i 24 anni.16 I

temi trattati si sono concentrati sulla necessità di orientamento scolastico,

le paure legate al mondo del lavoro, e il ruolo dei giovani all’interno della

società. I due Focus Group sono stati utili per integrare aspetti di quei

bisogni dei giovani che vanno al di là della formazione, e il mondo del

lavoro.

IV.3. L’ampiezza del campione

L’indagine ha coinvolto tutti i punti Informagiovani sul territorio della

Provincia. Sono stati raccolti questionari da 30 punti Informagiovani

distribuiti tra le quattro zone della Provincia. Il grafico 4.1 mostra la

distribuzione degli Informagiovani nell’Area Pisana, la Valdera, il

Valdarno Inferiore e la Val di Cecina interna.

16 In particolare hanno partecipato due ragazzi e due ragazze di 17 anni (che frequentano diverse Scuole Medie Superiori), un ragazzo di 20 anni (che lavora), una ragazza di 24 anni (iscritta ad un dottorato di ingegneria nucleare).

72

4.1.: Distribuzione (percentuale) dei punti Informagiovani per

Sistemi Economici Locali17

16,7

40,013,3

30,0

Valdarno Valdera Area Pisana Val di Cecina

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

Nella Provincia di Pisa il servizio fornito dai punti Informagiovani

non viene utilizzato esclusivamente dai giovani. In molti casi l’aiuto

pratico che questo serivizio fornisce nella ricerca di un lavoro adeguato,

viene richiesto anche da individui adulti che sono ugualmente esposti alla

precarietà del mercato del lavoro e al difficile matching qualitativo tra

domanda e offerta di lavoro. Soprattutto nelle realtà dei Comuni più

piccoli questo fenomeno è rilevante, dato che altre strutture come il

Centro d’Impiego non sono geograficamente vicini o facilmente

raggiungibili. Il grafico 4.2. mostra la distribuzione per fasce d’età

dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio della Provincia di Pisa.

17 In totale, l’indagine riporta le opinioni dei referenti di 29 punti Informagiovani del territorio della Provincia di Pisa: 5 nel Valdarno, 12 nella Valdera, 4 nell’area Pisana e 9 nella Val di Cecina Interna. Il numero di soggetti che hanno espresso la propria opinione è 19.

73

É facile notare che quasi tre quarti degli utenti ha più di 25 anni. Di

aspetto rilevante è che è soprattutto la fascia d’età maggiore (dai 30 ai 35

anni) ad utilizzare di più i servizi degli Informagiovani. Molti Punti

hanno inoltre dichiarato di fornire servizi anche e soprattutto ad un’

utenza caratterizzata da persone con più di 35 anni. In media il 34%

dell’utenza dei punti Informagiovani della Provincia supera i 35 anni.

Ridotta è la frequenza di giovani in età scolastica, invece, che si aggira

attorno il 12,5%.

74

4.2.: L’utenza dei punti Informagiovani della Provincia di Pisa, per

fasce d’età18

2,8 9,7

18,7

24,9

43,8

0-14 15-19 20-24 25-29 30-35

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

18 I dati si riferiscono alla domanda 3 del questionario nella quale viene chiesto al punto Informagiovani di indicare la distribuzione per fasce d’età della propria utenza. Nel grafico, l’ultima fascia d’età (30-35 anni) comprende anche tutti gli utenti con più di 35 anni.

75

4.3: L’utenza dei punti Informagiovani nei quattro SEL (Sistemi

Economici Locali)19

Valdera

3,9 9,8

18,5

27,8

40,0

0-14 15-19 20-24 25-29 30-35

Valdarno Inferiore

2,818,4

18,6

23,8

36,4

0-14 15-19 20-24 25-29 30-35

19 Per i diversi SEL sono stati inclusi i dati dei punti IG dei seguenti comuni: i. Per la Valdera: Bientina, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Lari, Palaia, Ponsacco, Pontedera, Terriciola; ii. Per il Valdarno: Castelfranco di Sotto, Orentano, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte; iii. Per la Val di Cecina: Casale Marittimo, Castellina Marittima, Castelnuovo di Val di Cecina, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Riparbella, Santa Luce, Volterra; iv. Per l’area Pisana: Buti, Cascina, Pisa, San Giuliano Terme.

76

Area Pisana

2,5 4,0

25,0

36,3

32,3

0-14 15-19 20-24 25-29 30-35

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

Nella valutazione delle risposte date dai responsabili degli

Informagiovani va quindi tenuto conto del fatto che queste strutture

tendono ad entrare in contatto soprattutto con ventenni e trentenni alla

ricerca di lavoro o altre opportunità formative. I bisogni dei

giovanissimi – ragazzi delle Scuole Medie Inferiori e Superiori – ,

risultano quindi meno rilevabili all’interno dei punti Informagiovani.

Questo è risultato nelle opinioni dei responsabili, che infatti hanno

sottolineato soprattutto i bisogni dei giovani legati alle difficoltà di

entrata (e permanenza) nel mercato del lavoro. Altre tipologie di

bisogni e le necessità dei ragazzi più giovani sono invece stati trattati

con maggiore profondità durante i due Focus Group svolti per

l’indagine.20 Soprattutto il secondo Focus ha coinvolto diversi ragazzi

20 Al primo Focus Group hanno partecipato: Christian Pardossi – Assessore Politiche giovanili Castelfranco di Sotto, Luigi Mangeri – Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno Inferiore relativamente alle politiche per i giovani San Miniato, Oriana Perrone – Presidente Consulta giovani di Pisa, Giovanni Cioli – Fondazione Charlie Pontedera, Andrea Bianchi Segretario Associazione Avis di Pisa. Al secondo Focus Group hanno partecipato: Clarissa (17 anni) di Madonna dell’Acqua – frequenta la Scuola Superiore Magistrale a Pisa, Andrea (17 anni) di San Giuliano Terme – frequenta il Liceo Artistico a Lucca, Andrea (20 anni) di Pontedera – Lavora in una ditta informatica e fa parte della redazione della trasmissione „Per l’apppunto –

77

delle Scuole Medie Superiori che hanno saputo esprimere bene i

propri bisogni.

V. I risultati

V.1. I bisogni della popolazione giovanile della Provincia

di Pisa

Il grafico 5.1 mostra l’elenco dei bisogni più salienti dei giovani della

Provincia di Pisa secondo l’immagine raccolta dal Sistema

Informagiovani. Nel questionario somministrato ai responsabili sono

stati elencati 16 bisogni (Domanda N. 9), raggruppati per le seguenti

tematiche: studi, lavoro, identità e società. Come si denota chiaramente

dal grafico, il maggior numero di segnalazioni si concentra all’interno del

gruppo di bisogni legati al lavoro.

parliamone“, Walter (17 anni) di Santa Maria a Monte – frequenta il Liceo Scientifico a Pontedera, Angela (24 anni) di Chieti – iscritta al Dottorato di Ricerca in Ingegneria Nucleare a Pisa, Giulia (17 anni) di Pisa – frequenta il Liceo Linguistico a Pisa, Fabio De Marco nelle vesti di redattore e conduttore radiofonico.

78

5.1.: I bisogni dei giovani della Provincia di Pisa, suddivisi per ambito

tematico

Suddivisione dei bisogni emergenti della popolazione giovanile, per

ambito tematico

15,3 54,6 15,3 14,7

0% 20% 40% 60% 80% 100%

studi lavoro identità società

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

79

5.2.: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate al mondo del

lavoro – Provincia di Pisa

30,3

2,2

30,3

10,1

13,5

10,13,4

disoccupazione sottoccupazione instabilità

spostamento guadagno abitazione

scelte riproduttive

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

Tra i problemi legati al mondo del lavoro, quelli che i rispondenti

hanno segnalato come maggiori per i giovani sono soprattutto la

disoccupazione e la precarietà. La maggiore preoccupazione dei giovani

sta nell’ incertezza e nell’instabilità del posto di lavoro. I giovani

sembrano meno intimoriti dal fenomeno della sottoccupazione.

Connesse all’inaffidabilità del mondo del lavoro sono tutte le

preoccupazioni legate all’insufficienza della retribuzione: molti

responsabili hanno infatti indicato lo stesso compenso economico come

80

una delle principali preoccupazioni dei giovani. Collegata a questo

aspetto sembra essere la necessità di trovare una sistemazione abitativa

non eccessivamente costosa, soprattutto tra i giovani con più di 25 anni.

Una ulteriore problematica affrontata dai giovani della Provincia, è legata

allo spostamento per motivi di lavoro. Come si vedrà nei paragrafi di

approfondimento, lo spostamento per motivi di lavoro è strettamente

legato all’offerta di lavoro nel contesto locale, l’offerta disponibile in

contesti vicini, le infrastrutture di trasporto presenti sul territorio – che

svolgono un importante ruolo nell’abbattimento dei costi, e la

disponibilità economica e mentale del soggetto giovane a spostarsi. I

grafici 5.3-5.6 mostrano le differenze tra i diversi sistemi economici locali

per ciò che riguarda le preoccupazioni legate al mondo del lavoro:

81

5.3-5.6: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate

al mondo del lavoro nei diversi SEL

Valdarno Inferiore

27,3

9,1

27,3

0,0

18,2

9,1

9,1

Valdera

33,3

0,0

30,6

8,3

11,1

16,7

0,0

82

Val di Cecina

25,0

3,1

28,1

15,6

18,8

6,33,1

Area Pisana

0,0

0,0

10,0

40,0 0,0

40,0

10,0

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

83

In tutto il territorio della Provincia le preoccupazioni dei giovani

legate al mondo del lavoro si concentrano soprattutto nel timore di

rimanere disoccupati e nell’instabilità dell’impiego. Queste

preoccupazioni “generali” coprono più del 50% delle segnalazioni in

tutte le aree dei SEL. Ci sono però alcune differenze sostanziali tra i

diversi sistemi economici locali:

Nell’area pisana l’80% delle preoccupazioni dei giovani derivano dalle

caratteristiche del mercato del lavoro (eccesso di offerta e precarietà

dell’impiego). Oltre a queste, i giovani dell’ area pisana incontrano

difficoltà a congiungere le scelte lavorative con quelle di crearsi una

famiglia. Anche il “doversi spostare per il lavoro” viene segnalato come

problematico – questo almeno nel comune di Buti.

Nel Valdarno Inferiore, lo spostamento invece non viene segnalato

come una delle preoccupazioni salienti dei giovani. Qui le

preoccupazioni “generali” del lavoro sono leggermente inferiori (54,4%)

ma anche più sfaccettate: qui il fenomeno della sottoccupazione è

maggiormente percepito (9,1%), così come la preoccupazione per la

bassa retribuzione (18,2%). I referenti della zona segnalano inoltre come

preoccupazioni rilevanti dei giovani, quelle di riuscire a trovare

un’abitazione propria e di riuscire a congiungere le scelte matrimoniali e

di filiazione con quelle lavorative (entrambi il 9,1%).

Più simili sono i profili dei bisogni legati al mondo del lavoro della

Valdera e della Val di Cecina Interna. In quest’ultima i bisogni risultano

più diversificati. Di particolare rilevanza sembrano essere i bisogni legati

alla mancanza di infrastrutture per il trasporto. Infatti, il 15,6% delle

preoccupazioni dei giovani vertono attorno allo spostamento per motivi

di lavoro. Anche la preoccupazione per il guadagno economico (18,8%)

risulta rilevante. Secondarie sembrano essere le preoccupazioni per

trovare un’abitazione propria (6,3%) e la difficoltà di congiungere le

scelte riproduttive e matrimoniali con quelle lavorative (3,1%). La

84

Valdera si distingue per una maggiore rilevanza del bisogno di trovare

un’abitazione propria (16,7%). Le difficoltà di spostamento e il ridotto

stipendio sono aspetti rilevanti per rispettivamenti l’8,3% e l’11,1% dei

referenti della zona.

Per quanto riguarda i bisogni dei giovani legati all’ambito degli studi,

anche qui si manifestano preoccupazioni che si ricollegano al mercato del

lavoro. Il 75% dei punti Informagiovani segnalano che l’inadeguatezza

degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro è una delle

preoccupazioni più grandi dei giovani.

Nonostante la preponderanza dei bisogni legati al lavoro, i punti

Informagiovani hanno segnalato come prioritari anche altre

problematiche legate all’ambito dello sviluppo dell’identità dei giovani e il

loro rapporto con la società in generale. Più della metà dei Punti

Informagiovani del territorio Provinciale (61%) segnala come prioritaria

la preoccupazione di “trovare un ruolo all’interno della Società”. Il 29%

suggerisce inoltre che i giovani non sanno come impegnare il proprio

tempo libero. I giovani della Provincia di Pisa non sembrano, invece

avere alcuna difficoltà a socializzare con altri giovani. Per quanto

riguarda il rapporto che i giovani mantengono con il resto della società, il

sistema Informagiovani indica che la preoccupazione più sentita da parte

dei giovani è l’inaffidabilità delle Istituzioni – il 57% la indica come una

delle preoccupazioni prioritarie – seguita dalla paura per la crescente

immigrazione (18%) e da aspetti più esistenziali e di crisi di valori (11%).

Il grafico 5.7 riassume le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo

al proprio futuro come percepite dal sistema Informagiovani del

territorio della Provincia.

85

5.7.: I bisogni emergenti della popolazione giovanile della Provincia di

Pisa – la percezione dei punti IG riguardo alle principali preoccupazioni:

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

% di punti IG che

segnalano il

bisogno come

prioritario

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

N. del bisogno

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

86

Per l’ambiente tematico STUDI: 1. La mancanza di un adeguata

offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. Doversi

spostare per gli studi; 3. L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze

del mercato del lavoro

Per l’ambiente tematico LAVORO: 4. La disoccupazione; 5. La

sottoccupazione; 6. L’instabilità dell’impiego; 7. Doversi spostare per il

lavoro; 8. Il guadagno economico; 9. Trovare una sistemazione abitativa;

10. Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative

Per l’ambiente tematico IDENTITÀ: 11. Trovare un ruolo all’interno

della società; 12. Socializzare con altri giovani; 13. Come impegnare il

proprio tempo libero

Per l’ambiente tematico SOCIETÀ: 14. La crescente immigrazione;

15. L’inaffidabilità delle Istituzioni; 16. Esistenziali e di crisi di valori

V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile

Una volta delineati i bisogni più salienti della popolazione

giovanile in generale, è giusto cercare di identificare le differenze

qualitative tra giovani con caratteristiche diverse. A questo scopo, il

questionario ha cercato di rilevare le opinioni dei responsabili riguardo a

differenze sostanziali nell’incidenza dei bisogni tra diverse tipologie di

giovani. Non tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato delle

differenze sostanziali, ciononostante sono emersi alcuni aspetti

interessanti.

87

Giovani adulti (oltre i 25 anni) e i giovanissimi (14-25 anni)

Le differenze tra i giovani appartenenti a diverse fasce d’età variano in

base all’età di entrata nel mondo del lavoro, ma anche dalle possibilità di

accedere agli studi, di spostarsi e di fare esperienze diverse nella vita.

Tenendo conto che la maggioranza dei giovani oltre i 25 anni sia già

entrata nel mercato del lavoro, e che i giovanissimi invece non lo siano,

questo comporta una serie di differenze nella percezione dei propri

bisogni rispetto agli studi e il lavoro stesso. I Punti Informagiovani

segnalano che i giovanissimi hanno grande difficoltà ad associare lo

studio con il mondo del lavoro, perchè sono consapevoli che al termine

del ciclo di studi difficilmente troveranno un tipo di impiego attinente al

titolo di studio conseguito. Infatti, i giovanissimi sono maggiormente

disponibili a svolgere lavori saltuari e precari: se attivi, effettuano tirocini

oppure hanno guadagni medio-bassi.

Tra i giovani oltre i 25 anni sono diverse le esigenze e i bisogni:

sentono maggiormente la precarietà del lavoro come un problema che

crea disagio a livello personale e sociale. Per i giovani adulti, la situazione

lavorativa crea molta più sofferenza: In primis hanno meno possibilità

perchè sono già oltre l’età dell’apprendistato. Questo rappresenta un

problema dato che la domanda di lavoro richiede frequentemente

apprendisti con esperienza. Chi sorpassa l’età dell’apprendistato

mantenendo una figura generica ha poco riscontro dal mercato del

lavoro.

Questa empasse sul mercato del lavoro fa si che siano soprattutto i

giovani adulti a percepire l’inadeguatezza dei propri studi rispetto alla

domanda di lavoro. Il bisogno di un’ adeguata offerta didattica locale a

livello di Istituti Superiori emerge appunto solo in età più adulta. Sono i

ragazzi oltre i 25 anni a rammaricarsi del fatto di avere scelto un indirizzo

(tra i pochi disponibili) non in base alle eventuali possibilità di sbocco

88

lavorativo, ma bensì in base alla collocazione geografica dell’Istituto

rispetto al luogo di residenza.21

Oltre i 25 anni, i giovani sono anche più preoccupati di trovare una

sistemazione abitativa adeguata, nonchè di conciliare la vita privata e

familiare con quella lavorativa. Questi sono infatti aspetti che diventano

rilevanti soprattutto dopo la conclusione degli studi, e anche

successivamente all’entrata nel mercato del lavoro.

Viste le maggiori difficoltà che i giovani adulti sembrano affrontare

soprattutto nell’ambito del lavoro, è naturale che affrontino anche più

preoccupazioni di tipo esistenzale e di crisi di valori. I punti IG

segnalano che tra i giovani oltre i 25 anni è maggiore il pessimismo

generalizzato che spazia dalle difficoltà di inserimento nel mercato del

lavoro fino alla mancanza di fiducia nelle Istituzioni. Oltre i 25 anni i

giovani diventano meno tolleranti e più insofferenti, ed è molto più

frequente il pregiudizio e la diffidenza nei confronti degli extracomunitari

che vengono visti come coloro che “rubano il lavoro”.

21 La segnalazione è stata fatta da tre punti IG della Val di Cecina per i quali la referente è la stessa.

89

Giovani uomini e donne

Due sono le principali differenze segnalate dai punti Informagiovani.

In termini di approccio e atteggiamento, le giovani donne sono più

determinate, più combattive e consapevoli di ciò che vogliono per il

proprio futuro. Nonostante questa maggiore determinazione, però, le

giovani donne della Provincia di Pisa incontrano maggiori difficoltà a

trovare un lavoro adeguato alla propria formazione e le proprie esigenze:

queste sono soprattutto legate alla necessità di coniugare il lavoro con le

scelte matrimoniali e riproduttive. Le donne incontrano difficoltà a

trovare un lavoro con impegno part-time, che permetterebbe loro di

organizzare lavoro e famiglia. La risposta del mercato del lavoro per

questi tipi di impiego infatti è carente. In base alle mansioni casalinghe, le

donne hanno anche maggiore difficoltà a spostarsi dal luogo di residenza

e hanno meno flessibilità negli orari di lavoro. Questo fa sì, che a parità

di qualifica, le giovani donne hanno di fatto più difficoltà a trovare un’

occupazione.

La referente di un punto Informagiovani nella Val di Cecina riassume

bene: “Le occupazioni sul nostro territorio sono prevalentemente

indicate per gli uomini, più portati a spostamenti rispetto alle donne che

non sempre possiedono un mezzo proprio e devono inoltre occuparsi

della famiglia; la donna tende a rifiutare eventuali proposte che si

riferiscono a centri distanti dalla loro abitazione, preferiscono

“accontentarsi” di occupazioni più modeste anche rispetto alle loro

potenzialità.” Questa problematica è stata indicata anche nel Valdarno,

dove si riscontra che il lavoro è prettamente maschile, soprattutto per i

profili di basso livello – e che le donne dunque hanno spesso difficoltà a

trovare lavori adeguati.

90

Giovani e appartenenza sociale

Quanto incide l’appartenenza a una o l’altra classe sociale

nell’incidenza dei bisogni dei giovani? Molti punti IG non notano

nessuna differenza dovuta alla classe sociale. Molti responsabili però

(50%) hanno sottolineato alcuni aspetti: chiaramente, un punto di

partenza di agio economico cambia il grado di apprensione generale con

la quale l’individuo giovane affronta i temi legati all’ occupazione stabile.

Laddove la famiglia sottostà a seri limiti di risorse, è anche molto più

frequente la precoce uscita dal sistema scolastico per entrare nel mondo

del lavoro. Vari punti IG hanno indicato che c’è una evidente

correlazione tra abbandono/proseguimento degli studi e le condizioni

economiche della famiglia. Di fatto, le opportunità di scelta stesse

dipendono da quanto siano impellenti le necessità economiche.

Delineata la ovvia differenza dei punti di partenza dei giovani

appartenenti a classi sociali diverse, rimane soprattutto l’atteggiamento

che cambia in base all’appartenenza sociale: Da un lato, i responsabili

notano che l’appartenenza ad una classe sociale “più elevata” porta i

giovani ad avere un atteggiamento più superficiale e meno concreto

riguardo le difficoltà dell’esistenza. Coloro che invece appartengono a

classi sociali più basse si ingegnano un po’ di più vista l’urgenza. Questo

li porta – a volte – a superare meglio anche i problemi esistenziali. “I

giovani appartenenti alle classi sociali meno abbienti sono più inclini e

predisposti ad adattarsi alla richieste del mondo del lavoro.”22

Altri intervistati sostengono che i bisogni sostanziali non cambiano,

ma che sono diverse le modalità di ricerca del lavoro: i giovani

appartenenti a classi sociali medio-basse sono molto più passivi nella

ricerca del lavoro e si affidano alle Istituzioni. La rete sociale conta molto

nel trovare lavoro, dunque chi appartiene a classi sociali elevate ha più

22 La referente del punto IG di Vicopisano, Simona Morani.

91

possibilità di coloro che non hanno accesso a contatti di un certo tipo.

Infatti, tra i giovani stessi è diffusa l’idea che l’appartenenza ad una classe

sociale più elevata offre più opportunità per l’inserimento nel mondo del

lavoro.

Il responsabile del punto Informagiovani di Castellina riassume bene:

“In linea di massima (perché esistono eccezioni), i giovani appartenenti a

classi medio alte, con genitori a medio/alto livello di istruzione, sono più

propensi a continuare gli studi e a verificare le opportunità di fare

esperienze all’estero. Sono più informati sulle modalità di ricerca del

lavoro, e più sicuri delle attività lavorative che desiderano intraprendere;

inoltre, richiedono frequentemente informazioni sull’associazione del

territorio e sugli eventi culturali.”

Giovani italiani e stranieri

Un ulteriore divisione all’interno della popolazione giovanile è da fare

tra giovani italiani e stranieri. In alcuni comuni nei quali è stata svolta

l’indagine non sono presenti molti immigrati, o comunque non sono

state registrate differenze tra italiani e stranieri – forse anche per la

mancata frequenza dei giovani immigrati ai Centri Informagiovani.

Tra i punti rilevati con il questionario ci sono aspetti che si ricollegano

allo status sociale relativamente basso al quale i giovani stranieri

generalemente appartengono, e altri legati alla natura stessa

dell’immigrazione come i problemi legati alla lingua, il riconoscimento di

titoli esteri (che spesso non vengono riconosciuti o equiparati!) e la

questione stessa dei permessi. I giovani stranieri fanno comunque i conti

con le difficoltà di una cultura diversa dalla loro e sanno che dovranno

essere pronti a “fronteggiare” gli eventuali pregiudizi nei loro confronti.

92

Oltre a questi problemi, si delineano poi altre differenze rispetto ai

giovani italiani:

Sul versante della formazione, gli stranieri la valutano come meno

importante, spesso non rispettano neppure l’obbligo scolastico. Sono più

inclini a cercare subito un lavoro. Anche dopo la scuola, gli immigrati si

fermano, mentre i giovani italiani cercano ulteriori corsi di formazione

che possano portare a maggiori opportunità di lavoro e a livelli

specialistici più alti. Gli Italiani comprendono anche meglio l’importanza

di conoscere le nuove tecnologie. I livelli di istruzione generalmente più

bassi sono spesso dovuti a “difficoltà economiche e minori aspirazioni e

aspettative personali.”23

Queste differenze portano soprattutto a diversi atteggiamenti da parte

dei giovani stranieri soprattutto nei confronti del mondo del lavoro. In

primis è diversa la percezione stessa della situazione del mercato del

lavoro: gli italiani cercano impieghi stabili, gli immigrati si accontentano

di qualsiasi modalità di lavoro. Nella ricerca del lavoro, poi, la mancanza

di reti sociali adeguate rende più svantaggiati gli stranieri. Un po’ per

queste restrizioni, e un po’ per una dovuta maggiore auto-

consapevolezza, gli stranieri che si presentano ai punti Informagiovani

hanno di fatto un approccio molto più diretto, mentre gli italiani sono

più confusi rispetto a cosa vogliono fare (nell’ambito sia della

formazione che del lavoro). In generale i ragazzi stranieri dimostrano

anche di avere un maggiore spirito di adattamento, che sembra mancare,

invece a molti dei giovani italiani.

Riassumendo, le differenze tra italiani e stranieri dipendono dal paese

di provenienza e da quanto tempo i giovani sono già in Italia. Le

problematiche esistenziali sono le stesse, tolte le difficoltà legate

all’immigrazione stessa. Un problema che rimane da risolvere è che i

23 La responsabile dei punti IG dei comuni di Pomarance e Castelnuovo di Val di Cecina.

93

giovani stranieri nella Provincia di Pisa hanno meno opportunità dei

giovani italiani perchè hanno meno possibilità di usufruire dei servizi e di

altre iniziative, dato che queste sono spesso disegnate per bisogni ed

esigenze economiche diverse dalle loro (orari dei servizi, costi delle

offerte, spostamenti che richiedono il possesso di una macchina, ecc...)

V.3. Alcuni bisogni in particolare

Il paragrafo precedente ha ricostruito il panorama dei bisogni della

popolazione giovanile nella Provincia di Pisa così come questi sono

emersi dalle rappresentazioni che ne hanno fatto i responsabili e gli

operatori degli Informagiovani del territorio. Attraverso i due focus group

organizzati a Pisa e a Cascina, è stato possibile stimolare ed osservare la

discussione dei partecipanti (giovani ed altri testimoni qualificati

appositamente selezionati) intorno ad alcuni dei nodi che necessitavano

di maggiore approfondimento.

Scuola e orientamento

Il focus group del 13 novembre a Pisa (al quale hanno partecipato

prevalentemente operatori del settore) ha evidenziato una sfera del

bisogno dei giovani legata all’orientamento allo studio e al lavoro. In

sostanza ha messo in evidenza, da un lato, una situazione di deficit di

capacità soggettiva (legata ad una carenza generale di competenze

emotive, sociali e cognitive) nell’individuazione degli strumenti e dei

comportamenti da seguire al fine di aiutarsi nella scelta del proprio

percorso formativo e lavorativo, dall’altro lato una situazione di carenza

94

istituzionale per ciò che attiene alla capacità di offerta di orientamento

presente sul territorio.

Nel secondo focus group (Cascina) i giovani partecipanti hanno

individuato la sfera dell’orientamento allo studio e al lavoro come ambito

del ‘bisogno’, in particolare mettendo in risalto alcune problematiche,

sentite come più significative rispetto ad altre. In primo luogo si è fatto

riferimento alla difficoltà da parte della scuola (Istituti di istruzione

secondaria) di offrire competenze utili da spendere nell’ambito del

mondo del lavoro. In sostanza i giovani sottolineano come la scuola si

limiti a fornire conoscenze di tipo teorico, senza offrire alcuna

conoscenza legata all’acquisizione di competenze in grado di agevolarli

nella scelta nell’ambito del proseguimento degli studi e del lavoro.

Esisterebbe quindi, a loro avviso, un’incapacità da parte

dell’Istituzione scolastica di fornire tutta una serie di conoscenze e

competenze che i giovani ritengono necessarie al fine di orientarsi meglio

nelle proprie scelte formative e professionali. Ciò risulta interessante per

il fatto che nonostante siano presenti sul territorio altri servizi di

orientamento, i nostri interlocutori riconoscono nella scuola lo spazio

istituzionale principale in cui si deve integrare questa offerta di

orientamento. Ciò, possiamo pensare sia dovuto principalmente al fatto

che la scuola rappresenta lo spazio di tempo e di vita più presente nella

vita dei giovani intervistati, in cui si esprime in gran parte la propria sfera

emotiva e relazionale. Non a caso quando si è chiesto a loro: “chi

dovrebbe orientarvi nella scelta? Dove, a vostro avviso, dovrebbe

realizzarsi questa offerta informativa e di competenze?” La risposta è

stata ‘nella/la scuola’. In questo ambito è significativa la risposta di

Andrea che dice: “Le informazioni ce le deve dare lo Stato comunque! Sì,

è la scuola che deve trasmetterle ma perché la scuola è lo specchio della

società”.

95

I giovani non sono gli unici a responsabilizzare le Istituzioni

formative per l’offerta di orientamento. Anche i partecipanti del primo

focus group delineano le deficienze di competenze soggettive nei giovani

come derivanti da cause micro e macro: a livello micro incide molto

l’eventuale svantaggio sociale della famiglia e le stesse relazioni familiari.

A livello macro l’acquisizione di competenze dipende dall’economia

(nelle zone con buone performance economiche e del mercato del

lavoro, riescono ad essere fornite anche migliori competenze

emotive/sociali/cognitive), ma anche dall’organizzazione delle struttre

scolastiche che in particolare includono la tipologia di curriculum offerto

e la competenza del corpo degli insegnanti.

Ad avviso dei ragazzi intervistati durante il secondo focus group, le

informazioni strategiche dovrebbero essere date ai giovani con un certo

anticipo in ambito scolastico, a partire quindi dalla scuola media. In

qualche modo si avverte una situazione di ritardo con cui il giovane si

trova a confrontarsi con una serie di scelte sul proprio futuro formativo e

lavorativo che non è stato in grado di maturare precedentemente a causa

di un deficit informativo. Le conseguenze delle carenze nell’offerta di

orientamento sono state efficacemente delineate da Oriana Perrone

durante il primo focus group: Il presidente della Consulta dei giovani di

Pisa suggerisce che “la mancanza di orientamento e di assistenza ai

giovani nel realizzare le proprie aspirazioni porta ad alti livelli di

frustrazione e vanifica i risultati ottenuti dall’aumento della formazione

generale della popolazione.” Riferendosi alle sue esperienze di

rappresentanza riporta che “chi ha studiato e si trova a svolgere una

mansione che richiede un minor livello di qualifica, è più infelice di colui

che non ha studiato.”

Analizzando le carenze della scuola nell’offerta di informazioni utili

per l’orientamento formativo e lavorativo, si fa riferimento, in primo

luogo alla necessità di ricevere informazioni utili sul mercato del lavoro

96

regionale e Provinciale, in particolare sulle richieste in termini di offerta e

domanda di lavoro. Ciò denota una volontà, da parte dei giovani di

capire le dinamiche del mercato del lavoro Provinciale e regionale in

modo da definire anche scelte formative e lavorative che siano in grado

di agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro. In secondo luogo, si

fa riferimento alla necessità di ottenere informazioni utili anche riguardo

all’offerta dei percorsi di laurea presenti negli Atenei del territorio. Anche

in questo caso ci si lamenta per il fatto che la scuola dedica poco o

nessun tempo all’offerta di informazioni utili relative alla comprensione

dell’offerta universitaria, in termini di percorsi di Laurea presenti sul

territorio.

Riguardo invece alla necessità di acquisire competenze anche durante

il percorso scolastico, in grado di agevolare l’ingresso nel mondo del

lavoro, si fa riferimento al fatto che la scuola non dà alcuna informazione

agli studenti sul come compilare un curriculum e presentarsi per un

colloquio di lavoro. Anche in questo caso, si ritiene che proprio la scuola

dovrebbe dedicare alcune ore alla promozione di certe competenze, in

modo che una volta usciti dal percorso scolastico si sia in grado di

affrontare in modo migliore il mondo del lavoro.

Una migliore preparazione e informazione su norme, modalità e

offerta reale potrebbe aumentare la fiducia dei giovani che affrontano

l’entrata nel mercato del lavoro. Oggi, la carenza di competenze li rende

vulnerabili ed esposti a delusioni e frustrazioni. Loro stessi si

percepiscono spesso come vittime della società, del datore del lavoro e

delle convenzioni sociali in atto. Questo crea un disagio emotivo che va

al di là dell’incertezza su come affrontare il proprio futuro e che si riflette

in pessimismo e sfiducia verso le Istituzioni.

97

Il mercato del lavoro

Le difficoltà che i giovani vivono nell’incontro/scontro con il mercato

del lavoro sono strettamente legate alla carenza di orientamento e di

strumenti delineata nel paragrafo precedente. Nel primo focus group si era

infatti evidenziata la presenza di una difficoltà di accesso al lavoro

dettata, soprattutto da carenze di tipo cognitivo e da un’incapacità e/o

non volontà di appoggiarsi ai canali istituzionali, in termini di servizi

offerti. Un partecipante del primo Focus spiega chiaramente che la

ricerca per un impiego (anche di bassa qualifica/basso reddito) avviene

per canali informali: “I giovani cercano l’aggancio politico. Solo gli

immigrati e quelli che non conoscono nessuno vanno al centro

dell’impiego. Quando è disponibile è sempre preferito il contatto

personale.” Il commento sottolinea che i giovani non sono abituati a

rivolgersi alle Istituzioni. Anche il semplice contatto con un’ istituzione

pubblica viene percepito come più promettente se qualche persona

importante lo ha suggerito.

Nel secondo focus group emergono questioni legate alle difficoltà di

acquisizione di competenze finalizzate all’inserimento lavorativo durante

il percorso scolastico e di orientamento, già trattate in questo testo. Ad

emergere sono anche considerazioni circa la difficoltà di attendere le

proprie aspettative e di seguire i propri sogni professionali in una società

caratterizzata da forti elementi di complessità e da una situazione di crisi

economica che incidono sul percorso. In questo ambito sono interessanti

le parole di Walter, il quale sottolinea: “Siamo molto indecisi su cosa fare,

ma qualsiasi strada intraprenderemo ci sembra difficile – per trovare

lavoro dovrò essere tra i migliori, dovrò dare tutto me stesso e sarò

comunque sotto pressione...non è proprio la vita che tutti vorrebbero

avere”.

98

In particolare si rileva una situazione di insicurezza e di ansia relativa

al proprio futuro professionale che incide anche sulle scelte formative.

Ad esempio, di fronte ad una società in cui il numero dei laureati

occupati è inferiore rispetto a quello dei diplomati ci si chiede se sia

opportuno proseguire il percorso formativo ottenendo la laurea. A

questo proposito, sempre Walter ci dice: “molte persone laureate

rimangono senza lavoro, e quelli che non studiano uguale, o se si trova

lavoro è precario. Tutti questi ostacoli che abbiamo davanti ci

scoraggiano e si pensa che l’università non convenga! Ho già provato a

fare un po’ di lavoretti d’estate di tipo manuale – muratore – penso che

tutti abbiamo molta preoccupazione al riguardo”.24

Sembra dunque che spesso i giovani sanno cosa vogliono fare ma non

sanno come realizzarlo, quali siano gli step da fare per arrivare al

traguardo e per non perdersi per strada. Proprio per questi casi è

fondamentale un buon orientamento. Un partecipante del primo Focus

spiega che “le carenze di autonomia economica portano spesso ad

abbandonare le proprie ambizioni: I giovani iniziano a lavorare per

mantenersi agli studi e iniziano ad allontanarsi dal loro obiettivo

principale. Spesso si adagiano e finiscono con un lavoro per il quale non

nutrono passione, si demoralizzano e si scoraggiano, sono meno

produttivi e poco propositivi per migliorare il processo produttivo o

l’ambiente del lavoro.”

Un ulteriore problema segnalato soprattutto dagli addetti ai lavori

durante il primo focus group è la mancanza di formazione all’interno del

mercato del lavoro. Questo deficit riprende e risulta da vari aspetti già

delineati nei paragrafi precedenti: da un lato mancano oggi delle 24 Questo è stato notato anche dal referente del punto IG di San Giuliano Terme per il quale ha segnalato un consistente abbandono scolastico e dunque livelli di scolarizzazione più bassi (rilevata anche nei comuni circostanti). I giovani preferiscono entrare presto nel mondo del lavoro piuttosto che seguire un percorso scolastico percepito come difficoltoso da molti.

99

connessioni efficaci tra le realtà della formazione e del lavoro, che si

riflettono nell’inadeguatezza della preparazione scolastica e

nell’insufficiente offerta formativa per chi è già entrato nel mercato del

lavoro. Questo deficit è dovuto soprattutto alla mancanza di co-

responsabilità che portano Istituzioni diverse a collaborare per un fine

comune. Ciò che prima spettava ai Sindacati, oggi sembra non essere più

competenza di nessuno. La scomparsa delle agenzie ideologiche ha

lasciato un vuoto di responsabilità per molti aspetti di prevenzione e di

formazione sul lavoro.

D’altro canto le carenze di competenze soggettive, di cui sopra, si

riflettono anche dopo essere entrati nel mondo del lavoro. Luigi Mangeri

del Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno,

spiega che “manca la percezione dei propri diritti sul lavoro, dalla

prevenzione da infortuni a norme e stardard qualitativi minimi, alla

formazione stessa. Il lavoratore che oggi è sganciato dai sindacati – e

quindi la maggioranza dei giovani – non conosce i suoi primari diritti”.

Anche le esperienze di stage all’interno delle aziende che dovrebbero

essere un importante momento di formazione e arricchimento personale,

vengono oggigiorno usati per sfruttare manodopera qualificata a basso

prezzo. I giovani impegnati in degli stage presso aziende investono

tempo e energie e spesso non vengono retribuiti o vengono retribuiti

molto meno di quello che sarebbe loro dovuto. La conseguenza è che

l’esperienza formativa perde significato per il giovane, e di conseguenza

non avviene l’acquisizione di capacità e competenze nuove e funzionali

per affrontare meglio la questione del proprio collocamento all’interno

del mondo del lavoro. Riguardo a questa tendenza, un partecipante del

primo Focus suggerisce che “basterebbe conformarsi alle prassi

burocratiche europee. Manca un controllo e coordinamento tra enti

pubblici e le aziende private che ospitano i tirocinanti: alcuni dei fondi

europei potrebbero essere dirottati verso queste esperienze formative,

100

sovvenzionando gli stage dei giovani presso le aziende. Questo

renderebbe più attraente l’esperienza stessa dello stage e aiuterebbe i

giovani a mantenere la propria rotta verso l’impiego ambito.”

Il ruolo dei giovani nella società

Quale è il ruolo che i giovani ricoprono all’interno della società nella

Provinica di Pisa? Come gestiscono il loro tempo? Sentono di

appartenere a una collettività e a una società? Credono di poter

contribuire al miglioramento di questa? Il ruolo dei giovani all’interno

della società è fondamentale, essendo la loro vita la naturale proiezione

nel futuro della società stessa. Le interviste fatte ai responsabili dei punti

Informagiovani non hanno potuto rilevare molti aspetti legati a questa

tematica. Il tema è stato però trattato in profondità durante i due focus

group. Nel seguente paragrafo sono stati incrociati i risultati ottenuti dai

due momenti di discussione sui bisogni dei giovani.

Nel primo focus group si richiamava, da parte degli ‘addetti ai lavori’ alla

necessità di definire nuovi spazi di relazione e di espressione e

partecipazione per i giovani, indicando in particolare l’utilità degli spazi

politici, quali ad esempio le Consulte dei giovani delle Province. Il

secondo focus group ha messo invece in evidenza una difficoltà espressa da

parte dei giovani stessi circa l’utilizzo di tali spazi.

In generale, i giovani avvertono di avere un ruolo importante nella

società e sostengono di avere molta ‘voglia di fare’ e di esprimere la

propria personalità. Tuttavia, si riscontra una tendenza ad esprimere tale

personalità più in senso individuale che collettivo. L’espressione della

propria personalità e del proprio ruolo nella società passa attraverso i

propri interessi personali e i propri sogni. In questo ambito Clarissa ci

spiega : “nella società mi sento una persona con tanta voglia di fare, con

101

mille cose dentro che vorrei tirare fuori, amo la musica e il canto –

potessi fare delle serate e esprimermi lo farei volentieri”. Anche Giulia ci

dice: “ anche io nutro interessi per la musica, ma principalmente per le

lingue e la comunicazione con gli altri; per imparare le lingue bisogna

parlarle con qualcuno, abbiamo poche possibilità di fare scambi estivi o

incontri con persone di altre culture, se si potesse fornire più possibilità

per finanziare progetti di scambio e comunicazione con ragazzi di altre

culture e lingue...”.

Le opinioni dei ragazzi si conciliano con quello che suggerisce un

partecipante del primo Focus; “I giovani hanno un identità ben definita.

Il problema di molte delle politiche che si indirizzano verso i giovani è il

punto di partenza: si presume che i giovani non abbiano un’identità,

quando invece il problema è che non hanno gli strumenti necessari per

affermarla. I giovani stessi rifiutano di essere visti come una classe

emarginata, diversa dalle altre della società.” Non è dunque la mancanza

di un’identità a rappresentare un problema saliente per la popolazione

giovanile della Provincia.

Ciò che manca è una dimensione più collettiva del proprio ruolo,

come giovani, nella società. Quando durante il focus si fanno notare

questi aspetti, i giovani mettono in rilievo una certa difficoltà nell’utilizzo

di spazi collettivi di partecipazione. Un aspetto interessante che emerge

in questo ambito tematico di riferimento è la necessità, da parte dei

giovani, di essere ‘stimolati’ e di ricevere buoni esempi dall’alto. Clarissa

stessa sostiene: “tutti i giovani hanno voglia di vivere perché è proprio

l’età, se veniamo spronati non passeremo più le giornate al computer”,

tuttavia risulta difficile individuare quegli strumenti o quelle attività in

grado di sollecitare i giovani in attività collettive. Clarissa, in particolare,

come rappresentante degli studenti nell’Istituto magistrale non nasconde

la difficoltà nel pensare ad attività da realizzare in ambito scolastico per

coinvolgere i giovani in momenti di relazionalità collettiva.

102

Ciò che ne possiamo dedurre è che i giovani sono chiusi in un certo

individualismo e in determinate routines quotidiane che ne segnano i

tempi in modo strutturato. Ognuno appare impegnato in mille cose

nell’arco della giornata (fare i compiti, fare sport etc..) ed è difficile

coinvolgere persone in attività collettive. Ciò è confermato da Angela che

tocca anche l’argomento della partecipazione politica dei giovani

sostenendo: “alle riunioni politiche non viene più nessuno, ci sono più

momenti di aggregazione, ma i giovani non si sentono responsabilizzati

all’interno della società, quando invece potrebbe essere possibile e

importante farlo”. In questo ambito Andrea risponde: “per

l’aggregazione contano anche i valori, quando bisognava impegnarsi per

aggregarsi era diverso. Ora l’aggregazione è abitudine e quindi ha perso

valore”. Durante il primo focus la cosidetta assenza di valori è stata

attribuita dalla mancanza di nodi di significato importanti. Un

partecipante del primo focus sottolinea che “le diverse forme di

partecipazione avvengono su base individuale. Le associazioni devono

intercettare l’individuo che si trova all’interno di molte reti sociali, ma

che non fa parte di nessuna – nel senso di parte attiva e ricettiva.” Un

altro partecipante ricorda che “non è vero che i giovani sono apatici o

che non si manifestano in modo collettivo. I giovani si manifestano

molto ma non vengono intercettati. La partecipazione ad eventi infatti è

grossa, ma non si tratta quasi mai dei canali tradizionali. Ai Rave Party e

nei club dei tifosi sportivi i ragazzi ci sono e sono propositivi. Queste

strutture si contraddistinguono generalmente per un’ottima

organizzazione.”

In sostanza, ad emergere non è tanto la necessità di definire nuovi

spazi di partecipazione per i giovani, quanto quella della definizione di

interventi ‘innovativi’ in grado di favorire la partecipazioni collettiva degli

stessi. I giovani stessi non riescono tuttavia a dare indicazione circa quali

103

interventi si dovrebbero realizzare per facilitare la loro partecipazione

collettiva.

Problemi di mobilità

Un grande problema che l’indagine ha rivelato riguarda la ridotta

mobilità dei giovani. Questa deriva da un lato dall mancanza reale di

opportunità nell’ambito locale: ci sono deficienze sia a livello

infrastrutturale che a livello di trasversalità dei servizi,25 un fattore che

invece aiuterebbe molto ad ampliare gli orizzonti percettivi. D’altro canto

i giovani stessi sono incapaci di muoversi un po’ per mancanza di un

determinato tipo di capitale sociale, un po’ perchè l’esigenza di spostarsi

non è mai troppo forte per via della generale condizione di benessere.

Una ridotta mobilità si riflette in diversi aspetti: chi si muove poco ha

meno opportunità di scambio, di stimolo e di incontro. Questo è vero

soprattutto nei Comuni più piccoli, ed è un aspetto grave nella fase di

crescita e di formazione della personalità del giovane. Inoltre, chi ha

difficoltà a muoversi e a spostarsi sottostà a un maggior numero di

vincoli nella ricerca di un impiego che lo soddisfa e lo stimola e

corrisponde alle sue esigenze di organizzazione della propria vita.

La questione della mobilità è stata sollevata durante il primo focus group

durante il quale gli addetti ai lavori hanno soprattutto evidenziato la

mancanza di incentivi alla mobilità. Le rilevazioni presso i referenti dei

punti Informagiovani invece hanno soprattutto denunciato le carenze del

sistema di trasporto provinciale. É soprattutto nei Comuni della Valdera

e della Val di Cecina che le infrastrutture di trasporto vengono percepite

come insufficienti. Questa carenza è stata segnalata come bisogno

25 Per esempio, un partecipante del primo Focus ha fatto notare che la Carta Giovani vale solo nel Sistema Economico Locale di riferimento.

104

specifico che connota il contesto locale (domanda 14 del questionario)

dai punti Informagiovani dei Comuni di Lari, Ponsacco, Santa Luce,

Terricciola, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di

Cecina e Volterra. Di fatto, gli ostacoli alla mobilità rappresentano la

tematica maggiormente segnalata dai responsabili dei punti

Informagiovani.

Sabrina Bessi, la responsabile di tre punti Informagiovani della Val di

Cecina riassume bene: “Doversi spostare per il lavoro è un aspetto

dolente del nostro territorio, così vasto e mal collegato con i mezzi

pubblici con quello circostante, quindi molto oneroso da affrontare con

mezzi propri, che non tutti peraltro possiedono. Queste condizioni

limitano alquanto la possibilità di aderire ad offerte di lavoro part-time, o

contratti a progetto, che nei centri sopracitati26 sono presenti in buon

numero rispetto al territorio del Comune.” La mancanza di un sistema di

trasporto capillare ed affidabile influisce negativamente sulla ricerca di un

impiego, per esempio, visto che i costi in termini di denaro (necessità di

avere una patente e un mezzo proprio) e di tempo (poche corse durante

un orario limitato della giornata) aumentano, fatto che rende più

difficoltosa la ricerca stessa di un impiego e limita la disponibilità del

giovane ad accettare lavori che lo obbligano a spostarsi.

I problemi legati alla mobilità si trasformano dunque in primo luogo

in fenomeni di insoddisfazione dovuta alla sottoccupazione – in

particolare tra le donne che sono maggiormente legate al luogo di

residenza per motivi di cura dei bambini e di gestione della casa – se non

addirittura di disoccupazione.

26 La responsabile si riferisce ai centri di Volterra, Pisa, Firenze e Siena.

105

VI. Le strategie di intervento

VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano

i giovani

I punti Informagiovani della Provincia di Pisa offrono una varietà di

servizi alla propria utenza, dall’orientamento scolastico e per successivi

percorsi formativi – sia universitari che professionali – alla divulgazione di

informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione, elementi di formazione

minima come assistenza per la stesura del CV, per la consultazione in

internet, ecc. In alcuni casi le strutture offrono anche l’accesso gratuito a

internet, informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo e con connotato

di inclusione sociale (per i disabili, riguardo all’associazionismo, volontariato,

servizio civile). Con meno frequenza i punti Informagiovani offrono anche

servizi di assistenza sociale/psico-sanitaria, nell’organizzazione di gruppi

anti-fumo/anti-droga. Il grafico 6.1. riassume la domanda di servizi e il

livello di soddisfazione dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio

Provinciale. Il grafico riporta i risultati rilevati tramite il questionario

(domanda 6 e domanda 16). Ai responsabili è stato chiesto di attribuire un

ordine secondo il quale 1 corrisponde al servizio maggiormente

richiesto/servizio per il quale l’utenza è maggiormente soddisfatta.27 Per

facilitare la lettura del grafico, è stato attribuito un punteggio alle priorità

indicate dai responsabili.28 É facile notare che la domanda e la soddisfazione

per il servizio vanno di pari passo. Inoltre, i livelli di soddisfazione sono

generalmente alti, almeno per quanto viene percepito dai punti

Informagiovani stessi. Le uniche due tipologie di servizi per i quali la

soddisfazione sembra essere inferiore alla domanda effettiva sono la

27 Si veda il questionario allegato al rapporto. 28 I dati del grafico sono stati ottenuti dalla seguente trasformazione lineare:

punteggio medio = 10 - priorità media. Per il calcolo della priorità media sono state

prese in considerazione tutte le segnalazioni non-nulle per il servizio.

106

divulgazione di informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione (il

servizio più richiesto) e l’assistenza (il servizio meno richiesto).

6.1.: Domanda e livello di soddisfazione per i servizi offerti dai punti

IG della Provincia di Pisa

0,00

1,00

2,00

3,00

4,005,00

6,00

7,00in

fofo

rmaz

ione

orie

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ento

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ento

sco

l.

info

turi

info

soc

ioas

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nza

Domanda di servizi

Soddisfazione

Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007

Quando i responsabili degli Informagiovani sono stati interrogati

direttamente e nello specifico, alcuni hanno segnalato di non riuscire a

soddisfare i bisogni dei giovani negli ambiti della formazione e della

gestione del tempo libero. In minor misura viene indicata la mancata

soddisfazione di tutti i bisogni nell’ambito del lavoro e dell’inserimento

sociale. Due punti Informagiovani (Cascina, Santa Maria a Monte)

segnalano di non riuscire a soddisfare i bisogni dei giovani nell’ambito

dell’assistenza. Tolti alcuni limiti metodologici,29 i risultati dell’indagine

sembrano suggerire che il sistema degli Informagiovani riesce a

29 I responsabili dei punti Informagiovani potrebbero sopravalutare il livello di soddisfazione della propria utenza.

107

soddisfare bene i bisogni della popolazione giovanile della Provincia di

Pisa. Questo rilevamento è in linea con la letteratura nazionale e locale,

che sottolinea da anni l’efficienza e l’utilità di questo tipo di servizio.

VI.2. Migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani

Nonostante l’ottima performance del sistema Informagiovani sul

territorio della Provincia di Pisa, i responsabili dei vari punti hanno

segnalato una serie di difficoltà che limitano ancora il miglioramento del

servizio offerto. Alcuni punti Informagiovani hanno segnalato veri e

propri servizi mancanti, tra cui: una postazioni di accesso gratuito (o

semi-gratuito) ad internet e altri spazi dedicati alla multimedialità, una

maggiore offerta di servizi attinenti all’inclusione sociale e la gestione del

tempo libero, informazioni più qualificate sulle possibilità e il diritto alla

formazione professionale, l’offerta di più materiale e informazioni di tipo

turistico. L’Informagiovani di Pisa ha sottolineato l’importanza di

migliorare il matching qualitativo tra domanda e offerta di lavoro: in

particolare l’incontro tra domanda e offerta per studenti nell’ambito di

lavori part-time e nel settore dei servizi (turismo, ristorazione, baby-

sitting) sembra debba essere rafforzato.

In generale l’indagine suggerisce la necessità di istituire nuovi servizi

con maggior richiamo tra le fasce d’età più giovani (14-19, 20-24 e 25-

29anni), che promuovano il coinvolgimento dei ragazzi anche in attività e

iniziative locali. Questi potrebbero prendere la forma di attività di

sostegno alla progettazione giovanile, e dovrebbero promuovere la

collaborazione con le associazioni presenti sul territorio per aumentare

l’offerta di servizi nell’ambito della gestione del tempo libero. Molto

importante sembra anche il rafforzamento della collaborazione con le

Scuole Medie Superiori. Questi provvedimenti finalizzati al

108

coinvolgimento dei più giovani sono importanti per aumentare il loro

peso all’interno dell’utenza dei servizi offerti, e per ovviare alla generale

mancanza di orientamento tra i giovani di queste fasce d’età. Oltre alla

mera tipologia di servizi, il questionario ha interrogato i responsabili dei

Punti Informagiovani su quali interventi strutturali sarebbero necessari

per migliorare la qualità dei servizi offerti dal sistema. I temi segnalati

come i più salienti vertono attorno la miglioria delle strutture stesse dei

punti Informagiovani, una maggiore pubblicità per il servizio e il

rafforzamento della sua reticolazione istituzionale.

Le strutture

Alcuni responsabili hanno sottolineato la necessità di migliorare la

struttura stessa del proprio Punto Informagiovani. A questo scopo

sembrano rilevanti sia interventi sulla struttura fisica e la logistica del

servizio, che sull’utilizzo di strumenti (pc, stampanti, ecc.) adeguati e

funzionanti e un controllo della formazione/prestazione degli operatori

stessi.

In particolare è stata segnalata la necessità di creare degli ambienti

accoglienti e nel rispetto della privacy, per mettere il giovane utente a suo

agio affinchè si possa sentire accolto dalla struttura e possa meglio

esprimere i propri bisogni. Una forma di controllo sul lavoro degli

operatori dovrebbe poi garantire da un lato la gentilezza e la disponibilità

nell’ascoltare i giovani e i loro bisogni, d’altro canto la professionalità e

competenza per soddisfare le richieste dei giovani.

Per quanto riguarda la logistica del servizio stesso all’interno della

realtà dei Comuni di riferimento si suggerisce di collocare i Punti

direttamente all’interno di ogni Comune e non in sedi distaccate che lo

rendono dispersivo. Nel caso di alcuni piccoli centri, è stato inoltre

109

suggerito di unificare di più i servizi con quelli della biblioteca e

dell’Ufficio Turistico. Il responsabile del Punto IG di Castellina

Marittima propone delle strutture più capillari sotto forma di “antenne”,

stands e bacheche nei luoghi frequentati dai ragazzi, in particolare le

scuole, le associazioni, i saloni orientativi e eventi indirizzati ai giovani.

Anche gli strumenti utilizzati dagli Informagiovani sono stati segnalati

come importanti per il buon funzionamento del servizio. I punti IG

devono disporre di pc funzionanti, un accesso garantito a internet,

stampanti e altri strumenti funzionali al servizio. Gli addetti devono poi

saper utilizzare software e programmi. L’indagine ha anche rilevato la

necessità di periodici aggiornamenti e incontri di valutazione anche

sull’attività dell’operatore per conoscere i suoi bisogni di tipo formativo e

operativo. In tal senso si suggerisce anche l’utilizzo di canali informativi

alternativi come lo snodo telematico IDOL (informati) per inserire i dati

e facilitare lo scambio di informazioni necessarie per l’inserimento dei

giovani nel mercato del lavoro.

Data l’importanza del servizio Informagiovani, che in molte realtà locali

ha assunto una funzione di punto di riferimento per i giovani (e non solo),

e considerando gli aspetti delineati, questo tipo di servizio dovrebbe avere

più risorse economiche per poter svolgere meglio tutte le attività. I

responsabili stessi suggeriscono che un aumento di finanziamento

potrebbe garantire più ore di apertura, un maggior numero di servizi

offerti, e anche più modalità di valutazione dell’attività dell’operatore per

garantire le sue competenze operative. Il potenziamento dei servizi è stato

identificato come rilevante per migliorare il ruolo e l’impatto degli

Informagiovani anche dal Punto di Pisa.

110

La pubblicità

Quasi tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato come esigenza

prioritaria l’aumento della visibilità del servizio. Sabrina Bessi dichiara:

“Dopo nove anni non tutti sanno dell’esistenza di un Informagiovani nel

proprio comune!” Questo aspetto era già emerso come punto di

debolezza anche nella letteratura nazionale e regionale più recente. I

responsabili propongono di agire soprattutto a livello comunale e oltre,

con incontri e eventi partecipativi, l’istituzione di un vero servizio

pubblicitario e anche con iniziative proprie con il patrocinio del Comune.

L’istituzione di un servizio pubblicitario in grado di attrarre i giovani

verso l’utilizzo del servizio fornito dagli Informagiovani è di particolare

importanza: infatti, l’indagine ha rilevato che uno dei fattori di maggior

scollegamento tra giovani e il resto della società è la loro sfiducia verso le

Istituzioni, e l’incapacità di queste di rivolgersi a loro in modo fresco e

adeguato. Sicuramente il canale pubblicitario è uno degli strumenti

attraverso il quale si può provvedere a una educazione all’utilizzo delle

strutture pubbliche.

Networking istituzionale

Un terzo aspetto prioritario tra le possibili strategie di intervento per

migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani rappresenta proprio la

connessione del servizio con altre Istituzioni e organizzazioni rilevanti

nella vita della popolazione giovanile. Molti responsabili hanno suggerito

di rafforzare i legami e le collaborazioni già esistenti, in particolare è stato

indicato come necessario il miglioramento della collaborazione con i

Centri per l’Impiego della Provincia e della zona di riferimento.

Attraverso anche “informazioni più organizzate sui corsi di formazione”.

111

L’operatrice dei Punti IG di Ponsacco e Lari riassume bene le

segnalazioni di molti altri intervistati: “In particolare sarebbe necessario

fornire migliori strumenti informativi ai punti Informagiovani: più

dettagli sulle offerte di lavoro. Un ulteriore problema sono ostacoli

burocratici che rallentano l’erogazione del servizio; in molti casi i

Comuni della Provincia di Pisa sono piccole realtà dislocate sulla vasta

area del territorio, chi si rivolge all’Informagiovani molto spesso è

impossibilitato a recarsi direttamente ai Centri per l’Impiego. Per noi è

un ottimo metodo di collaborazione inviare il cv dell’utente per poterlo

segnalare ad una determinata offerta, senza, però che questo debba

comunque recarsi presso il Centro per l’Impiego per confermarla!”.

Oltre ai collegamenti con i Centri per l’Impiego, i responsabili

segnalano la necessità di creare una rete tra Informagiovani, giovani e

associazioni per offrire più servizi aggiornati e comprensivi per il tempo

libero. Si ribadisce l’importanza di collaborazioni per attività organizzate

congiuntamente da tutti gli enti che si occupano dei bisogni dei giovani,

soprattutto per la progettazione di azioni volte alla formazione e la

ricerca del lavoro.

Come fondamentale viene anche percepito il sostegno delle Istituzioni

politiche. In particolare il legame con i Comuni e l’Assessorato per le

Politiche Giovanili deve essere rafforzato e strutturato: I responsabili

suggeriscono che le Amministrazioni devono sentire come proprio il

servizio offerto dagli Informagiovani e investire per il suo

miglioramento. In particolare, mancano iniziative formative e culturali

promosse attivamente dagli Informagiovani stessi.30 Queste attività

potrebbero contribuire ad aumentare l’offerta di opportunità di

formazione e di partecipazione giovanile. Alcuni responsabili poi

suggeriscono che gli Informagiovani dovrebbero essere coinvolti in

forma di una compartecipazione alle iniziative delle politiche giovanili –

30 Segnalato da Bessi, Chimenti, Strozzalupi

112

cioè essere presenti e attivi nelle organizzazioni di eventi o progetti sui

giovani.

Infine, la rete stessa tra i punti Informagiovani viene ancora percepita

come insufficiente da alcuni intervistati. Nonostante l’esperienza dei

network della Valdera e del Valdarno sembra essere positiva, alcuni

comuni suggeriscono comunque un miglioramento dei collegamenti tra i

vari punti IG del territorio Provinciale. Il punto IG di Riparbella segnala

la necessità di far condividere strumenti ed esperienze tra i vari sportelli.

Altri operatori indicano che la messa in rete non ha ancora portato ai

massimi livelli di collaborazione e condivisione che sarebbero ottenibili.

VI.3. Il richiamo alle Istituzioni

L’ultima domanda del questionario cerca di rilevare l’opinione dei

responsabili rispetto a cosa dovrebbero fare le Istituzioni

comunali/provinciali/regionali per soddisfare meglio i bisogni della

popolazione giovanile. In termini generali i responsabili richiedono da un

lato un intervento istituzionale per migliorare il servizio stesso offerto dai

punti IG, dall’altro suggeriscono alle Istituzioni di ritagliare uno spazio

maggiore per i giovani all’interno della propria agenda politica.

In collegamento con i punti sopra menzionati, i responsabili

intervistati richiedono dalle Istituzioni un maggiore riconoscimento

pubblico del valore del servizio che il sistema degli Informagiovani offre

sul territorio provinciale. Chiaramente, lo stanziamento di più fondi per

gli Informagiovani e per le politiche giovanili in generale si rivolge

direttamente alle Istituzioni politiche dei vari livelli territoriali addetti. I

responsabili ritengono inoltre fondamentale l’intervento delle Istituzioni

per migliorare la reticolazione tra servizi e soggetti diversi impegnati con

il mondo giovanile. La promozione di una condivisione vera nella forma

113

di comunicazione e interscambio secondo loro deve passare anche

attraverso provvedimenti istituzionali. Sono le Istituzioni che devono

creare un ambiente nel quale vi sia un coinvolgimento attivo di vari attori

che contribuiscono a migliorare la condizione giovanile sul territorio

della Provincia.

Oltre alle richieste dirette, i responsabili dei punti Informagiovani

suggeriscono poi alcune azioni attraverso le quali le Istituzioni

potrebbero rammendare la distanza che si è creata nel tempo tra le fasce

d’età più giovani della popolazioni e le Istituzioni stesse. In particolare,

tutti gli intervistati richiamano i livelli decisionali ad investire energie e

risorse nell’ascolto diretto dei giovani per aumentare la percezione delle

esigenze reali ed emergenti in termini quantitativi e qualitativi. A tale

scopo i responsabili richiamano le Istituzioni a coinvolgere

maggiormente i giovani, e a collaborare ai vari livelli territoriali per

garantire una maggiore visibilità alle iniziative e dunque coinvolgere più

soggetti giovani possibili.

L’indagine rileva che bisogna poi dare più spazio all’espressione

diretta giovanile, in particolare aumentare il rilievo dei rappresentanti

portavoce dei reali bisogni, e quello della Consulta Giovanile. “Bisogna

creare dei veri e propri “momenti di ascolto” durante i quali i giovani

possano manifestare apertamente i propri bisogni e fare richieste reali e

pragmatiche.” I responsabili dunque propongono alle Istituzioni di

investire in un ascolto che dovrebbe essere strutturato in forma bottom-

up. In seguito all’ascolto e quindi la migliore comprensione dei bisogni

della popolazione giovanile, le Istituzioni dovrebbero dare più spazio ai

giovani stessi, cercando di non pilotare e organizzare esternamente le

azioni dei giovani, ma mettendo a loro disposizione gli strumenti per

“lavorare” da soli, sostenendoli ed evitando di criticarli. Questo

suggerimento in pratica richiama all’isituzione di un welfare per i giovani,

affinchè possano affrontare le sfide della vita con un maggior numero di

114

strumenti come informazioni e opportunità di accesso, senza però essere

oberati da preoccuzioni troppo grandi in caso di insuccesso. Questo

richiede la costruzione di “safety nets” che evitano che la perdita

dell’impiego o altri eventi sfavorevoli compromettano tutto il progetto di

vita dei giovani.

Come già menzionato in paragrafi precedenti, una delle caratteristiche

più salienti della popolazione giovanile rilevata da quest’indagine è la

scarsa fiducia generale che questa nutre per le Istituzioni. Questo

risultato è in linea con la letteratura nazionale e regionale. Riguardo a

questo problema di “comunicazione” tra le Istituzioni e i giovani, i

responsabili dei punti Informagiovani richiamano le prime ad agire. I

versanti di azione sono da un lato la promozione di politiche attive per i

giovani, dall’altro di campagne di sensibilizzazione e di educazione per

rafforzare la fiducia che i giovani possono nutrire nelle Istituzioni e i

servizi pubblici in generale. In particolare, i responsabili incitano le

Istituzioni a promuovere politiche attive per i giovani che li coinvolgano

in una partecipazione diretta su più versanti, di promuovere la

sensibilizzazione rispetto ai loro disagi da un lato ma anche delle loro

idee stesse. Alle Istituzioni viene chiesto di rendere i giovani

maggiormente responsabili e consapevoli all’interno del proprio

territorio. Questo argomento si ricollega anche alla necessità di

valorizzare la condizione giovanile stessa. Tutte le fonti di rilevamento di

questa indagine (i questionari compilati dai responsabili dei Punti

Informagiovani e i due focus group) sottolineano che i giovani sono la

maggior risorsa – e non il maggior problema – della Società. Le politiche

pubbliche dovrebbero trasmettere a loro e alla società che sono

l’opportunità per un paese intero.

“Tra di noi c’è molta voglia di fare ma non ci viene dato molto spazio

a fare, e noi siamo il Futuro! Non siamo proprio come ci descrivono i

telegiornali che abbiamo tutto ma siamo depressi – noi abbiamo

115

tantissime risorse e capacità, ma dovremmo trovare cose che ci

interessano: diverse situazioni, diverse esperienze, più interattività, sono

convinta che noi giovani di oggi abbiano molte più capacità di quelli di

20 anni fa, ma dobbiamo essere spronati a tirare fuori queste capacità e

diventeremo dei bravi adulti con molta voglia di lavorare!”31

31 Citazione di Clarissa durante il secondo focus group.

117

Conclusioni

Riassumendo, rispetto alla letteratura esistente, l’indagine conferma

alcuni bisogni salienti all’interno della popolazione giovanile della

Provincia di Pisa. I risultati si sono concentrati soprattutto sui bisogni dei

giovani legati alla formazione, il lavoro e l’inserimento sociale. Questo è

dovuto agli obiettivi del committente ed alle conseguenti scelte

metodologiche dell’indagine che hanno coinvolto soggetti specializzati

soprattutto in queste tematiche.

L’indagine ha confermato la letteratura locale che segnala una più

rapida uscita dal circuito scolastico nel Valdarno e un maggior disagio tra

i giovani della Val di Cecina per ciò che riguarda le problematiche

dell’entrata e la permanenza nel mercato del lavoro. I responsabili degli

Informagiovani suggeriscono che il problema maggiore della Val di

Cecina è legato all’insufficienza di infrastrutture di trasporto che rende

più difficoltoso l’incontro tra domanda e offerta di lavoro dei giovani. Al

di là di queste problematiche, i risultati indicano comunque una buona

condizione dei giovani della Provincia, in linea con la letteratura

regionale e locale. L’indagine conferma poi pienamente la letteratura

nazionale e regionale che sottolinea la carenza delle strutture di

orientamento scolastico e per percorsi formativi successivi alla scuola. Il

servizio degli Informagiovani stesso non sembra ancora essere

sufficiente per soddisfare l’intera domanda di orientamento dei giovani

della Provincia di Pisa. Questo, anche perchè non tutti i Punti di fatto

offrono questo tipo di servizio, e perchè non sempre il personale addetto

è formato appositamente per questo scopo. Inoltre, i giovani stessi

reclamano l’offerta di servizi di orientamento anche all’interno delle

strutture scolastiche, ovvero già durante la Scuola Media Inferiore.

Un ulteriore risultato dei diversi momenti dell’indagine sottolinea la

situazione di scarsa fiducia da parte dei giovani verso le Istituzioni e le

118

strutture pubbliche in generale. I vari soggetti coinvolti hanno segnalato

la necessità di campagne di sensibilizzazione al fine di promuovere una

vera e propria educazione all’utilizzo dei servizi pubblici. Meno grave

rispetto alla letteratura esistente, sembra essere invece l’ostilità e la

sfiducia dei giovani verso gli immigrati. Solo nei comuni di Buti,

Capannoli, Cascina Terme, Castelfranco di Sotto e Castellina Marina i

responsabili hanno segnalato l’immigrazione come una delle

preoccupazioni maggiori dei giovani.

Considerando questi risultati che mappano i bisogni della popolazione

giovanile, è possibile sottolineare alcuni obiettivi che potrebbero guidare

future strategie di intervento per migliorare la condizione giovanile nel

territorio della Provincia. Nel paragrafo precedente sono già state delineate

alcune azioni rivolte al sistema degli Informagiovani stesso, altre invece

chiamano le istituzioni provinciali a riqualificare le modalità di “ascolto”

dei bisogni dei giovani e ad attribuire loro un peso maggiore all’interno

dell’agenda politica. Oltre a questi preziosi suggerimenti segnalati dai

responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale, i risultati

dell’indagine nel suo complesso sottolineano alcuni altri aspetti che

potrebbero risultare rilevanti per le future strategie d’intervento atte a

migliorare la condizione giovanile nella Provincia di Pisa.

Di primaria importanza risultano tutti quegli interventi volti a

rafforzare il raccordo tra il mondo degli studi e il mercato del lavoro. In

particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono tre obiettivi sintetizzati

nello schema che segue: in primis, un’azione sostanziale all’interno

dell’Istituzione Scolastica affinchè gli studenti possano acquisire

competenze più funzionali alla realtà del mondo del lavoro. In

particolare sarebbero necessari ulteriori interventi sui piani di studio,

nonchè di controllo delle competenze del corpo degli insegnanti, e la

garanzia che la scuola provveda a dare competenze pratiche come quelle

119

legate alla ricerca del lavoro stesso. Si tratta, in tutti questi casi, di

interventi a livello ministeriale e nazionale.

Raccordo STUDI-LAVORO

Formazione Scolastica

-Piani di studio

- competenze insegnanti

- capacità pratiche Orientamento e incontro D/O di lavoro

-Best-practices- più collegamenti istituzionali

- eventi informativi

-Più info per il Centro d’Impiego

Formazione sul Lavoro

- Più controllo e coordinamento- aumentare l’offerta

- monitoraggio e valutazione

- più risorse

Il secondo fronte di azione è quello del rafforzamento

dell’orientamento. Recentemente a livello ministeriale è stato deciso un

incremento di questo servizio anche nelle scuole. A livello provinciale

sarebbe utile rafforzare la raccolta di Informazioni sulle modalità di

orientamento attualmente in corso: questa indagine rivela che gli

Informagiovani stessi non soddisfano l’intera domanda di orientamento

dei giovani, e che dovrebbero essere aiutati e guidati a collaborare ancora

di più con le strutture scolastiche (soprattutto le Scuole Medie). La

Provincia potrebbe sfruttare al massimo il proprio ruolo di facilitatore

per raccogliere informazioni su best-practices, coinvolgere tutti gli attori

interessati e promuovere eventi informativi per rafforzare le capacità

esistenti e ampliare quelle potenziali per incrementare l’offerta di

orientamento sul territorio. Inoltre, sarebbe adeguato migliorare

ulteriormente le informazioni a disposizione dei Centri per l’Impiego e il

120

loro collegamento con altre strutture addette all’orientamento. Quanto

più sarà strutturata l’informazione disponibile sull’incontro tra domanda

e offerta di lavoro, tanto migliore potrà essere il servizio offerto dai

Centri per l’Impiego nonchè di tutti gli attori coinvolti in altri servizi di

orientamento.

Il terzo fronte di azione propone di intervenire all’interno del mercato

del lavoro per garantire migliori livelli di formazione sul lavoro. In

particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono di incrementare le attività

di controllo e di coordinamento tra enti pubblici e le aziende locali

nell’ambito degli stage formativi e altre attività di formazione sul lavoro.

La Provincia potrebbe agire su due versanti: da un lato aumentando

l’offerta di opportunità formative all’interno del mercato del lavoro

attraverso attività di scouting e un attenta ricerca di nuove strutture

ospitanti. D’altro canto potrebbe migliorare le attività di monitoraggio e

di valutazione dei momenti formativi, affinchè vengano effettivamente

garantiti qualità e spendibilità dell’esperienza formativa. Inoltre, la

Provincia potrebbe considerare di indirizzare maggiori risorse di fondi

strutturali verso le esperienze lavorative e formative dei giovani.

L’indagine ha infatti mostrato che queste sono di grande importanza per

i giovani: un esperienza di stage integra le conoscenze teoriche del

percorso formativo e se retribuita in modo adeguato evita che il giovane

perda tempo in attività lavorative che lo portano lontano dall’impiego

ambito.

Oltre al rafforzamento del legame tra gli studi e il lavoro, vi sono altri

possibili interventi diretti a migliorare l’accesso al mercato del lavoro. A

livello ministeriale sarebbe opportuno eliminare le barriere che rendono

ancora difficile la conversione di titoli di studio stranieri – un fatto che

limita un accesso adeguato alle persone immigrate con una formazione.

Di particolare importanza, sembra inoltre il problema affrontato dalle

giovani donne che hanno difficoltà a trovare impieghi part-time, più

121

facilmente abbinabili a impegni di tipo famigliare. Interventi fiscali e altri

tipi di incentivi potrebbero fare sì, che gli impieghi part-time non

risultino più onerosi per le aziende. A livello locale invece, i risultati

dell’indagine suggeriscono l’importanza di rafforzare l’intero sistema di

trasporto, soprattutto nella Val di Cecina, affinchè i costi di spostamento

vengano abbattutti. Questi infatti incidono sull’accessibilità di molti

lavori e sulla disponibilità dei giovani a spostarsi per un impiego. Le

carenze di mobilità tra i giovani segnalate da questa indagine potrebbero

inoltre essere ridotte attraverso un maggior numero di servizi

trasversali.32

AccessoMKT LAVORO

Riconoscimentotitoli esteri

Aumentare offertaLavori part-time

Aumentare mobilitàDei giovani

-INF trasporto- servizi trasversali

Per quanto riguarda le difficoltà dei giovani a trovare una

sistemazione abitativa, va segnalata una generale carenza in termini di

politica abitativa a livello nazionale. Ai livelli decisionali più alti sarebbe

opportuno disegnare ulteriori elementi di politica fiscale e monetaria per

ridurre le barriere economiche che i giovani e le giovani coppie

32 Promozioni come “la Carta Giovani” per esempio potrebbero estendersi all’intero

territorio della Provincia e non solo a quello dei SEL.

122

affrontano per trovare una sistemazione abitativa di proprietà o in affitto.

In particolare dovrebbero essere rafforzate le misure atte a favorire

l’acquisto e le agevolazioni per il credito per l’accesso a “prime case”. A

livello locale le difficoltà a trovare una sistemazione abitativa sembra

essere di particolare importanza per i giovani nel Valdarno e la Valdera.

Sistemazione

abitativa

Ridurre barriereeconomicheper l’affitto

Favorire l’acquistoe meccanismi di credito per

L’accesso a “prime case

Concludendo, rimane come problema di base la scarsa fiducia che i

giovani ripongono nelle istituzioni pubbliche. Tra gli obiettivi per

migliorare il rapporto giovani-istituzioni si possono indicare: il

miglioramento stesso dei servizi attraverso: una più adeguata gestione dei

servizi per i giovani e una più efficace comunicazione con questi per

aumentare l’utenza e la loro soddisfazione. In seconda istanza, rimane

importante aumentare la visibilità stessa di alcuni servizi – come quello

offerto dagli informagiovani stessi, per garantire che gli sforzi vengano

anche registrati dai diretti interessati. La Provincia potrebbe poi

indirizzare sforzi e risorse verso campagne ed eventi di sensibilizzazione

che portino i giovani ad un maggiore e più “naturale” utilizzo delle

istituzioni pubbliche.

123

Migliorare la

Percezione

delle istituzioni

Migliorare

I servizi

Comunicazione

E VisibilitàSensibilizzazione

Questi che sono stati delineati negli schemi riassuntivi, sono obiettivi

che potrebbero indirizzare le strategie di intervento per migliorare la

condizione giovanile della popolazione della Provincia di Pisa, in base ai

bisogni dei giovani rilevati tramite questa indagine.

125

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129

Analisi dei bisogni emergenti nella popolazione giovanile: l’immagine raccolta dal sistema degli

inform@giovani nella Provincia di Pisa

Questionario

(Si prega di contrassegnare con una “X” l’opzione scelta, o di scrivere sulle righe dove predisposte)

Parte 1 : Utenza degli Inform@giovani 1) Quanti giovani assiste al mese? ( ) Meno di 10 ( ) Tra i 10 e 29 ( ) Tra i 30 e 59 ( ) Tra i 60 e 99 ( ) Più di 100 2) Il numero di giovani assistiti è aumentato, secondo Lei, negli ultimi due anni? ( ) Sì, molto ( ) Sì, lievemente ( ) No ( ) No, anzi è diminuito

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3) Può stimare come si distribuiscono in percentuale i giovani assistiti per classi d’età? (Formare un totale del 100%) ( ) Fascia 0-14 anni ( ) Fascia 15-19 anni ( ) Fascia 20-24 anni ( ) Fascia 25-29 anni ( ) Fascia 30-35 anni 4) Il suo centro assiste anche persone più anziane di 35 anni? Se sì, può stimare la percentuale sull’utenza totale?

5) Quali servizi offre il centro? ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale

(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)

( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 6) Quali sono i servizi più richiesti? (numerare i servizi, attribuendo 1 al servizio richiesto più comunemente) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale

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(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)

( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 7) Che tipo di rapporto mantiene il centro con altre strutture/associazioni che offrono servizi ai giovani? ( ) Nessun rapporto ( ) Vicinanza fisica ( ) Incontri occasionali ( ) Scambio di informazioni ( ) Collaborazione occasionale per progetti e iniziative – Quali? ( ) Rapporto stabile di collaborazione nell’offerta di alcuni servizi – Quali? 8) Quali sono le strutture/associazioni con le quali mantiene un rapporto più stabile?

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Parte II: Indagine sui bisogni della popolazione giovanile 9) Quali sono, secondo Lei, le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo al proprio futuro? (si prega di contrassegnare al massimo quattro opzioni) STUDI 1. ( ) La mancanza di un adeguata offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. ( ) Doversi spostare per gli studi 3. ( ) L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro LAVORO 4. ( ) La disoccupazione 5. ( ) La sottoccupazione 6. ( ) L’instabilità dell’impiego 7. ( ) Doversi spostare per il lavoro 8. ( ) Il guadagno economico 9. ( ) Trovare una sistemazione abitativa 10. ( ) Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative IDENTITÀ 11. ( ) Trovare un ruolo all’interno della società 12. ( ) Socializzare con altri giovani 13. ( ) Come impegnare il proprio tempo libero SOCIETÀ 14. ( ) La crescente immigrazione 15. ( ) L’inaffidabilità delle istituzioni 16. ( ) Esistenziali e di crisi di valori 17. ( ) Altro (specificare)

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10) Trova che ci siano differenze sostanziali nell’incidenza di questi bisogni tra i più giovani e quelli oltre i 25 anni? (segnare il numero della preoccupazione per la quale ci sono differenze, specificare brevemente in che senso esiste una differenza) ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 11) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani uomini e donne? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 12) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani appartenenti a classi sociali diverse? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:

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13) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani italiani e stranieri? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 14) Ci sono dei bisogni specifici che connotano il contesto locale in cui il suo inform@giovani opera?

( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 14) Se sì, questi bisogni vengono espressi dai giovani stessi? ( ) Sì ( ) No

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Parte III – Strategie di intervento per la popolazione giovanile 15) In generale crede che i servizi offerti rispondano ai bisogni dei giovani? ( ) Molto ( ) Abbastanza ( ) Poco ( ) Per niente 16) Di quali servizi la vostra utenza è più soddisfatta? (attribuire un ordine con 1 = massima soddisfazione) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale

(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)

( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) Perché crede che questi servizi siano più soddisfacenti?

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17) In quale area trova che il suo inform@giovane non riesce a soddisfare i bisogni dei giovani? ( ) Formazione/ Istruzione ( ) Lavoro ( ) Gestione del tempo libero ( ) Ambito/Inserimento sociale ( ) Assistenza ( ) Altro – specificare: 18) Quali servizi dovrebbero essere aggiunti all’offerta del suo centro, secondo Lei?

19) Come crede che si possa migliorare il ruolo e l’impatto degli inform@giovani?

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20) Secondo Lei, cosa dovrebbero fare le istituzioni (comunali/provinciali/regionali) per soddisfare meglio i bisogni della popolazione giovanile?

Stampa febbraio 2008 Tipografia Editrice Pisana snc

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