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Analisi dei bisogni emergenti nella
popolazione giovanile della provincia di Pisa
con particolare riferimento all’immagine
raccolta dal sistema degli Informagiovani
Febbraio 2008
a cura di Nadia von Jacobi
Il presente volume è stato realizzato da LARISS, Laboratorio di Ricerca
sullo Sviluppo Sociale del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di
Pisa, in collaborazione con Local Global s.a.s di Firenze, nell’ambito
dell’attività di ricerca promossa dall’U.O. Studi e Ricerche sulle Politiche
Sociali della Provincia di Pisa.
U.O. Studi e ricerche sulle politiche sociali
Claudio Rognini: Responsabile U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali”
Michela Casarosa: Funzionario U.O. “Studi e ricerche sulle politiche sociali”
La presente ricerca è stata realizzata in collaborazione con:
Local-Global S.a.s.
Piazza Brunelleschi, 2
50121-Firenze
Tel./Fax 055/215096
Staff del progetto:
Supervisione scientifica:
Gabriele Tomei
Coordinamento generale e cura del rapporto finale:
Nadia von Jacobi
Analisi e collaborazione alla redazione del rapporto:
Nadia von Jacobi, Paola Gisfredi e Barbara Bonciani
3
Si ringraziano tutti i responsabili e operatori dei punti informagiovani per la cortese collaborazione. In particolare corre l’obbligo di ringraziare personalmente Barbara Giorgi, Gloria Giuntinelli, Rossella Iorio, Monica Poggianti, Fabio Malossi, Chiara Cassioli, Michela Cecchetti, Cristina Canovai, Stefania Bigiotti, Paola Agostini, Sabrina Bessi, M. Chimenti, Roberta Cecconi, Valerio Ghirardino, Davide Cerri, Elena Tarchi, Nicoletta Costagli, Cristiana Novelli, M. G. Marchetti, Anna Galgani, Massimo Pistacchi, Avv. Fannelli, Dott. Nannipieri, Serena Carmignani, Antonella Strozzalupi, Alessandro Fattorini, Cristina Giovannini, Dott. Deri, Simona Morani, Tamara Tognoni e altri che potrebbero inavvertitamente non essere compresi in questa lista. Speciali ringraziamenti vanno anche ai partecipanti dei due Focus Group: Cristian Pardossi, Luigi Mangeri, Oriana Perrone, Giovanni Cioli, Andrea Bianchi, i redattori della trasmissione “Per l’appunto – Giovani a Progetto” Fabio De Marco e Andrea Romano e i ragazzi che vi hanno partecipato; Clarissa, Andrea, Walter, Giulia e Angela.
5
INDICE
Presentazione 7
Introduzione 9
Parte I: Rassegna della letteratura esistente 11
I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche 11
II. I bisogni della popolazione giovanile 14
II.1. La scuola 15
II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi 20
II.3. Il mercato del lavoro e i giovani 26
II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine 32
II.5. La giovane coppia 37
II.6. Il tempo libero 39
II.7. I sistemi di valore 42
II.8. Identità e trasgressione 46
II.9. Partecipazione politica e sociale 51
III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro 56
Conclusioni 61
Tabella riassuntiva dei bisogni della popolazione giovanile 64
Parte II: L’immagine raccolta dal sistema Informagiovani 65
Introduzione 67
6
IV. Note metodologiche 67
IV.1. Perchè gli Informagiovani 67
IV.2. Il metodo di analisi 70
IV.3. L’ampiezza del campione 71
V. I risultati 77
V.1. I bisogni della popolazione giovanile di Pisa 77
V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile 86
Giovani adulti e giovanissimi 87
Giovani uomini e donne 89
Giovani e l’appartenenza sociale 90
Giovani italiani e stranieri 91
V.3. Alcuni bisogni in particolare 93
Scuola e orientamento 93
Il mercato del lavoro 97
Il ruolo dei giovani nella società 100
Problemi di mobilità 103
VI. Le strategie di intervento 105
VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano i giovani 105
VI.2. Migliorare i servizi degli IG 107
Le strutture 108
La pubblicità 110
Networking istituzionale 110
VI.3. Il richiamo istituzionale 112
Conclusioni 117
Bibliografia 125
Questionario 129
7
Presentazione
Con questa pubblicazione l’Osservatorio per le politiche sociali
arricchisce ulteriormente il percorso di indagine sui giovani già avviato
con il Report “Essere giovani a Pisa – la cittadinanza sociale dei giovani”
realizzato nel 2003 in collaborazione con il Dipartimento di Scienze
Sociali.
Il carattere particolarmente fluido e complesso dei bisogni e delle
aspettative dei giovani, delle loro inquietudini, disagi ed idealità ha reso
necessario sviluppare una nuova indagine empirica, questa volta condotta
su testimoni qualificati che hanno un’esperienza diretta dei bisogni
giovanili, gli Informagiovani.
La realizzazione di due focus group a cui hanno partecipato molti
giovani rappresentativi di situazioni e contesti diversi è stata inoltre
un’importante occasione di confronto diretto sui temi più importanti.
I risultati confermano sostanzialmente, anche a livello locale, il
quadro complessivo delle problematiche e delle potenzialità dei giovani
quale emerge dalle indagini realizzate a livello nazionale (indagine IARD)
e a livello regionale (indagine IRPET) le cui principali tendenze sono
descritte ed analizzate nella prima parte del volume.
Le problematiche dei giovani sembrano essere fortemente legate
all’inadeguatezza del sistema formativo, in primo luogo di quello
scolastico, rispetto alle necessità del mondo del lavoro. In questo ambito
si rileva invece una generale soddisfazione nei confronti dei servizi
erogati dagli Informagiovani i cui responsabili esprimono tuttavia un
forte bisogno di essere maggiormente visibili ed accessibili per i giovani.
Emerge poi una scarsa fiducia nelle istituzioni e nella vita politica in
generale ma una buona partecipazione alla vita associativa, soprattutto
quella sportiva.
8
La sfida che si apre per le istituzioni dalla lettura di questo volume,
come emerge dalle considerazioni dei curatori dell’indagine, è dunque
quella di “riqualificare le modalità di ascolto dei bisogni dei giovani
attribuendo loro un peso maggiore all’interno dell’agenda politica”.
In tale prospettiva la Consulta Provinciale dei giovani rappresenta
uno strumento chiamato a svolgere un’azione sempre più importante ed
incisiva.
Un mio personale e vivo ringraziamento va ai responsabili degli
Informagiovani del territorio, ai rappresentanti della Consulta Provinciale
dei giovani, alla redazione del programma “Esplora risorse” che ha
partecipato al Focus group e a tutti i giovani che con il loro contributo
hanno permesso alla realizzazione di questo lavoro.
L’Assessora alle Politiche Sociali, Immigrazione,
Terzo Settore, Pari Opportunità
Dr.ssa Manola Guazzini
9
Introduzione
Essere giovani al giorno d’oggi è più semplice o più complicato di una
volta? Viviamo in un momento nel quale le passate conquiste sociali ed
economiche hanno posto i giovani nella spiacevole condizione della
“trappola di benessere”. Da un lato, le opportunità sono molte, troppe
forse per sceglierne una sola. Dall’altro l’assetto sociale richiede ai
giovani di essere efficienti, competitivi e di avere le idee chiare su come
indirizzare la propria vita. Questo soprattutto perché è proprio da queste
decisioni che dipenderà, alla fine, la direzione che la nostra società
prenderà in futuro.
“La crisi soggettiva, ed in particolare quella adolescenziale, dunque,
non può essere letta soltanto in termini individuali e psicologici, ma deve
essere ricondotta e collegata anche alla crisi della società contemporanea,
alla perdita di fiducia nel futuro e alla mancanza di risposte alle grandi
sfide che si prospettano all’umanità. Crisi individuale e crisi del sistema
sociale sono strettamente interdipendenti, e il disagio giovanile talvolta si
manifesta come incapacità di costruire un progetto di vita realistico e
soddisfacente in un contesto socio-culturale caratterizzato dalla
mancanza di riferimenti collettivi e valori condivisi, sottoposto al
continuo cambiamento e lacerato da vistose contraddizioni” (Gisfredi,
2003, pp. 74-75). Sono proprio la conciliazione del sé passato con quello
attuale e l’elaborazione di un progetto per il futuro i compiti evolutivi
fondamentali da assolvere nella fase adolescenziale.
La presente ricerca cerca di delineare i principali bisogni della
popolazione giovanile nella Provincia di Pisa. Dalle difficoltà durante il
percorso formativo, all’inserimento nel mondo del lavoro, alla difficoltà
di trovare un ruolo attivo e un percorso esistenziale dotato di senso
all’interno della società, i giovani mostrano punti di forza che vanno
incoraggiati, e debolezze che vanno ascoltate e comprese, per evitare che
10
queste si trasformino in ostacoli ad una felice realizzazione dei loro
progetti di vita.
La prima parte di questo rapporte sintetizza la letteratura nazionale,
regionale e locale che si è occupata di rilevare empiricamente i bisogni
dei giovani. Nella seconda parte, invece, vengono proposti i risultati di
un indagine che cerca di rilevare i bisogni emergenti della popolazione
giovanile nella Provincia di Pisa, avvalendosi soprattutto dell’immagine
raccolta dal sistema degli Informagiovani.
11
Parte I: Rassegna della letteratura esistente
I. La letteratura esistente: scopi e differenze metodologiche
Tra le varie ricerche empiriche che negli ultimi anni si sono
concentrate sulla condizione giovanile, il presente studio si è focalizzato
principalmente sulle indagini condotte a livello nazionale e regionale
dall’Istituto IARD (2002; 2003), dallo studio sulla regione Toscana
dell’IRPET (2007), e dall’Osservatorio Provinciale per le Politiche Sociali
(OPS) della Provincia di Pisa (Ruggeri, Salvini, 2003), allo scopo di
elaborare un ampio quadro interpretativo e di comparare le tendenze e i
dati rilevati a livello locale con quelli emergenti ai livelli superiori.
L’istituto IARD ha svolto periodicamente indagini sulla condizione
giovanile in Italia a partire dal 1983. In queste ricerche ha sempre
individuato la specificità della popolazione giovanile italiana ma anche le
differenze al suo interno dovute alle realtà locali. Lo scopo di tali indagini
è soprattutto l’accurata osservazione e descrizione della realtà dei giovani.
Parallelamente le ricerche tentano di valutare l’efficacia degli interventi
fino ad oggi realizzati, di dare un supporto conoscitivo alle azioni da
intraprendere, e quindi di fornire un contributo alle politiche sociali
attraverso l’interpretazione dei bisogni e delle aspirazioni giovanili. A tal
fine l’istituto monitora regolarmente la condizione giovanile nazionale e
regionale e mette in evidenza eventuali cambiamenti nel tempo rispetto
alle precedenti indagini.
L’istituto IARD è sicuramente il maggior punto di riferimento per le
indagini empiriche sulla popolazione giovanile in Italia. Altri istituti
statistici1 che svolgono ricerche a più vasto raggio includono anche la
1 Da istituti internazionali come OCSE, EUROSTAT a istituti nazionali come ISTAT, Istituto degli Innocenti di Firenze, ecc. Per maggiori dettagli si veda la bibliografia.
12
popolazione giovanile come uno dei tanti gruppi d’interesse sociale ma si
soffermano su un minor numero di aree tematiche. Per quanto i rapporti
nazionali e regionali dello IARD mantengono una natura
prevalentemente descrittiva della condizione giovanile, essi possono
risultare molto utili per comprendere i bisogni concreti dei giovani.2
A livello regionale e locale sono state effettuate anche altre ricerche
che emulano il quadro concettuale dei rapporti IARD. Per la regione
Toscana, il rapporto IRPET (2007) sui giovani rappresenta un
interessante complemento di informazioni. A livello Provinciale,
l’Osservatorio per le Politiche Sociali della Provincia di Pisa, così come
quelli delle altre province comprese nell’area vasta (Massa-Carrara,
Livorno e Lucca), ha dedicato molta attenzione alla rilevazione dei
bisogni dei giovani. I risultati empirici di quest’ultima indagine,
coordinata dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa
sono stati pubblicati nel 2003 e rappresentano una buona guida per
conoscere la situazione locale, dato che la survey si è rivolta ad un
campione di 1600 giovani tra 14 e 24 anni, in altre parole un quarto della
popolazione giovanile della Provincia di Pisa.
Lo strumento metodologico prevalente nelle indagini è quello del
questionario stratificato e strutturato. Conoscendo le proporzioni
dell’universo giovanile italiano, viene costruito un campione che
rispecchia alcune variabili di stratificazione.3 Per la selezione definitiva
dei giovani intervistati si procede attraverso la selezione casuale dei
2 Da notare è che la rappresentatività dei campioni di queste ricerche aumenta con il restringimento dell’area territoriale: Per l’indagine nazionale IARD del 2002 sono state svolte 3000 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. L’indagine regionale IARD invece si basa su 1601 interviste a giovani tra i 15 e i 34 anni. Sempre a livello regionale, l’indagine promossa dall’IRPET, ha incluso 4000 giovani tra i 18 e i 30 anni nel suo campione. Il campione regionale è dunque molto più rappresentativo di quello nazionale. 3 Queste in genere sono la regione, l’ampiezza demografica del comune di residenza, il sesso, l’anno di nascita ecc.
13
comuni e dei giovani residenti. Il questionario è generalmente strutturato
e comprende vari tipi di domande.4
Il questionario strutturato e precodificato presenta alcuni punti deboli,
fra i quali quello di costringere l’intervistato ad attenersi a risposte
prefissate che potrebbero non corrispondere a quelle che avrebbe
espresso spontaneamente in un’intervista libera. Tuttavia quest’ultimo
approccio richiede un complesso lavoro di analisi e codifica a posteriori
delle risposte o delle frasi spontaneamente prodotte. Questo è più adatto
ad esplorare in profondità un numero limitato di casi, a differenza delle
indagini condotte con questionari strutturati a domande chiuse, che
presentano il vantaggio di poter essere somministrati a campioni di
grandi dimensioni. Inoltre, questi sono adatti alla comparazione e
misurazione dei dati ricavati da procedure standardizzate.
Il dibattito attuale entro le scienze sociali propende comunque per la
complementarietà tra metodi di tipo qualitativo (interviste libere ed in
profondità, storie di vita, autodescrizioni, ecc.) e medodi di tipo
quantitativo (survey research), e pertanto anche nelle indagini sulla
popolazione giovanile si impiegano strumenti conoscitivi differenziati a
seconda degli aspetti del vissuto presi in considerazione e delle finalità
della ricerca.
Una volta deciso lo strumento di ricerca, occorre definire con più
precisione l’oggetto di studio, ovvero occorre stabilire quando ha inizio e
quando termina il periodo giovanile. Nella letteratura sociologica si
osserva che nella società contemporanea non c’è una chiara porta di
ingresso nel mondo degli adulti, per la mancanza di un rito riconoscitivo
di questo passaggio come avveniva invece nelle società premoderne
(Fabbrini e Melucci, 1992). Sfuma in generale la netta contrapposizione
tra adolescente e adulto, in passato rispettivamente contrassegnati dal
4 In particolare, il questionario prevede domande chiuse a risposta multipla con una o più possibilità di risposta, domande aperte e scale di tipo Likert.
14
divenire e dal raggiungimento di uno stabile equilibrio. Oggi entrambi
condividono le stesse condizioni esistenziali di incertezza e di
imprevedibilità (Bauman, 1999), che costringono continuamente a
rivedere e modificare i progetti personali nel corso del tempo.
Dinanzi a queste difficoltà le varie ricerche tendono ad estendere l’età
del campione preso in considerazione oltre i 30 anni. Questo
adattamento metodologico è necessario per cogliere le tendenze di
ritardo nella transizione all’età adulta relativa soprattutto alla formazione
di un proprio nuclei familiare e alle scelte procreative.
II. I bisogni della popolazione giovanile
Nei prossimi paragrafi cercheremo di riassumere i bisogni salienti
della popolazione giovanile nella Provincia di Pisa, basandoci sui risultati
che le ricerche empiriche hanno prodotto a livello nazionale, regionale e
locale. Per molti aspetti i giovani della Provincia di Pisa sono simili ai
loro coetanei italiani e toscani, per altri aspetti presentano delle
peculiarità. Nell’affrontare le diverse aree tematiche verranno presi in
considerazione tutti questi aspetti, cercando di sottolineare le differenze
che si delineano tra i diversi livelli territoriali.
Alcuni problemi che i giovani affrontano nella loro transizione verso
lo status adulto sono direttamente collegati all’età evolutiva e per certi
versi inevitabili, altri richiedono una particolare attenzione da parte della
società ed in particolare dalle amministrazioni pubbliche e degli adulti:. “I
ragazzi di oggi sembrano avere bisogno soprattutto di essere ascoltati e
di stabilire dei contatti con degli “adulti competenti” (Fabbrini e Melucci,
1992). Inoltre, molto può essere fatto per facilitare la transizione dei
giovani in termini di intervento pubblico: campagne di sensibilizzazione,
programmi che includono attivamente i giovani nella società, e interventi
15
per ridurre gli ostacoli strutturali possono tutti influire massicciamente
sulla qualità della della vita dei giovani.
II.1. La scuola
In primo luogo si osserva in tutti i paesi sviluppati una progressiva
estensione della scolarizzazione e del prolungamento degli studi, definita
in termini di democratizzazione dell’istruzione (Brint, 1999). Questa
affermazione si rivela valida anche per la nostra nazione, quantomeno tra
i giovani di provenienza italiana, mentre tra i figli d’immigrati rimane alta
la quota di ragazzi e adolescenti che non godono di un’adeguata
formazione scolastica e risulta più elevato il tasso di dispersione. Si
rivolge una maggiore attenzione alla valutazione della qualità
dell’esperienza scolastica, valutata da un lato in base alla soddisfazione
espressa dai ragazzi stessi, e dall’altro in base alla capacità della scuola di
garantire una formazione funzionale e un equo accesso al mondo del
lavoro.
La realtà nazionale
L’aumento della scolarità in Italia è totalmente in linea con le
tendenze europee. Ciononostante, l’Italia rimane uno dei paesi europei
meno istruiti: soltanto il 41% della popolazione adulta (in questo caso tra
i 25-64 anni) ha completato la scuola secondaria superiore, un valore che
sta venti punti percentuali al di sotto della media dei paesi OCSE (IARD,
16
2002). Anche i tassi di partecipazione scolastica si collocano al di sotto di
questa media (al 70% rispetto al 76% europeo).5
Permangono inoltre alcune forti disuguaglianze nell’accesso dei
giovani italiani alle opportunità educative. Le scelte scolastiche sono
tuttora influenzate dalle origini familiari, in particolare dalle risorse
materiali e culturali di cui i genitori dispongono (Dei, 1998), che risultano
generalmente anche correlate alla performance scolastica dei figli.
Diversa è anche l’esperienza scolastica per ragazzi e ragazze: queste
ultime mostrano livelli di superiorità in diversi ambiti dell’istruzione. In
tutte le indagini svolte a diversi livelli territoriali sono sempre le ragazze
ad avere risultati scolastici migliori, sono meno inclini a essere bocciate o
a interrompere gli studi prima della fine di un ciclo.
Il giudizio soggettivo sulla scuola sembra globalmente positivo. Le
femmine tendono ad essere più interessate allo studio e riscuotono
mediamente un successo maggiore (IARD, 2002). Per farsi un’idea più
oggettiva del disagio scolastico tra i giovani italiani, si può usare il tasso
di ripetenze e interruzioni scolastiche prima della fine di un ciclo
formativo. In Italia, la percentuale complessiva delle ripetenze degli anni
scolastici è el 29,2%.6 L’incidenza di interruzioni o abbandoni scolastici
invece ruota attorno al 20%7. Preoccupante risulta la continua
diminuzione di fiducia nutrita dai giovani nei confronti dei propri
insegnanti. La scuola e lo studio sembrano essere soggetti a una lenta
marginalizzazione all’interno della vita dei giovani italiani.
5 In questo caso, la “partecipazione scolastica” viene misurata come percentuale dei 15-19enni che si possono definire “studenti”. La definizione non è molto accurata, tenendo conto che in molti paesi OCSE (Austria, Belgio, Russia, ecc…) gli anni di scuola sono meno che in Italia. Questo aspetto però non fa che sottolineare la minore partecipazione scolastica in Italia. 6 Il dato si riferisce a tutti i tipi di istituti scolastici e rappresenta quinti un valore “medio” del disagio scolastico. 7 In questo dato sono inclusi gli episodi di “abbandono della scuola media inferiore o superiore” (7,2%), “Interruzione degli studi scolastici per almeno un anno” (7,2%), Trasferimento da un tipo di scuola secondaria superiore a un altro (5,6%).
17
Oggettivamente, si evidenzia un miglioramento della preparazione
scolastica in termini alfabetizzazione informatica e di apprendimento
delle lingue straniere: si è registrato, infatti, che tra le coorti più giovani
sono molto più numerosi coloro che durante i percorsi scolastici sono
entrati in contatto con tecnologie informatiche e multimediali e hanno
acquisito maggiori competenze linguistiche (soprattutto dell’inglese).
La realtà regionale
In generale anche in Toscana si è registrato un aumento della
permanenza all’interno del circuito scolastico. Rispetto ai dati nazionali la
tendenza alla continuazione degli studi secondari è maggiore. Nella fascia
d’età dai 21 ai 24 anni, un po’ meno della metà è ancora impegnato negli
studi, per le successive fasce (25-29) e (30-34) anni questa percentuale si
riduce a rispettivamente a 29% e 14% (IARD, 2003).
Il 99% dei giovani toscani consegue la terza media. Uno su dieci però
non si iscrive alla secondaria superiore. La selezione alle scuole medie
inferiori non è molto forte ma si accentua alle superiori: se l’88% dei
ragazzi frequenta la scuola secondaria superiore, non tutti riescono a
conseguire il diploma, infatti il 16% non riesce a concludere gli studi
superiori. L’insuccesso scolastico è molto diversificato per genere,
proprio come delineato dai dati OCSE (2002). Le ragazze non solo
hanno quasi il doppio delle chance di completare la secondaria superiore,
ma sono anche molto meno esposte al rischio di bocciatura.
Anche in Toscana il rendimento scolastico dipende ancora fortemente
dall’appartenenza sociale della famiglia di origine. Il fattore più
discriminante rimane il livello di istruzione dei genitori. I giovani
appartenenti alla borghesia e alla classe media impiegatizia hanno un 31%
di opportunità in più di completare gli studi rispetto ai giovani con
18
genitori operai o autonomi (IARD, 2003): le opportunità di
conseguimento del diploma risultano connesse con il rendimento
scolastico, e si correlano anche con i livelli di istruzione dei genitori. Di
fatto, il 28% dei giovani toscani non raggiunge il diploma della scuola
secondaria superiore. Anche l’incidenza delle bocciature – un altro
indicatore di disagio scolastico – risulta essere maggiore che a livello
nazionale: il 34% dei giovani toscani è stato bocciato almeno una volta.
Anche se ormai quasi tutti i giovani toscani si iscrivono alle scuole
superiori, questa rimane una fase durante la quale iniziano a divergere i
loro destini. La qualità dell’istruzione – in termini di tipologia di scuola
secondaria frequentata – e la soddisfazione personale del giovane – in
termini di successo e capacità di completare il percorso, viene influenzata
da fattori esterni come la provenienza sociale e il genere. La scelta del
tipo di studi secondari e le possibilità di portarli a termine con successo e
senza ripetenze sono direttamente collegati alle scelte riguardo ai percorsi
successivi e alle opportunità nel mercato del lavoro.
La realtà locale
I tassi di scolarizzazione nella Provincia di Pisa rispecchiano quelli
regionali. Per i giovani della Provincia, la scuola è importante in quanto
prima esperienza di socializzazione, per l’acquisizione di conoscenze,
come preparazione al mercato del lavoro. Rimane, in ogni caso, una
percentuale non irrisoria (10%) di ragazzi che se potessero,
smetterebbero di studiare (OPS, 2003).
Il livello di soddisfazione dei giovani varia in base alle diverse zone
Provinciali. In generale si delinea una scarsa soddisfazione per
l’istituzione scolastica nella Bassa Val di Cecina dove ci sono più
abbandoni, interruzioni, e i giovani dichiarano che l’aspetto più
19
interessante della scuola è l’incontro con gli amici. Diversa sembra la
situazione nella zona pisana, dove sono più frequenti le motivazioni
culturali e di ambizione professionale a stimolare il giovane nella scuola.
In cambio, qui i giovani sembrano affrontare anche problemi nella
relazione con i compagni, pur se in forma ridotta. In Valdarno, il 27%
dei ragazzi dichiara di essere “molto soddisfatto” della propria esperienza
scolastica. Nella Valdera, invece, si registra meno entusiasmo: solo l’8%
si ritiene “molto soddisfatto”, la maggioranza (67%) lo è solo “abbastanza”.
Complessivamente il 73% dei giovani della Provincia di Pisa esprime
soddisfazione verso la propria esperienza scolastica, anche se solo il 20%
dichiara di esserlo “molto” (OPS, 2003).
Uno sguardo ad altri indicatori può dare ulteriori informazioni sulla
valutazione soggettiva dell’esperienza scolastica. Nella Provincia, il 10%
dei ragazzi considera insufficiente il proprio rendimento scolastico e
soltanto il 5% lo ritiene ottimo (OPS, 2003). Circa un quarto dei giovani
della Provincia ha ripetuto almeno una volta un anno scolastico. Il dato è
inferiore a quello nazionale e a quello regionale. Ci sono però importanti
differenze all’interno della Provincia: si registra un maggior disagio nella
Bassa Val di Cecina, dove il 31,5% dei giovani ha ripetuto almeno una
volta un anno scolastico. La suddetta zona è interessata anche da un
numero più elevato di interruzioni prima della fine di un ciclo,
soprattutto durante la scuola media superiore. Nella zona pisana e nel
Valdarno va notato che tra coloro che interrompono gli studi, circa il
15% lo fa durante la scuola media inferiore. Questi dati però potrebbero
essere ragionevolmente interpretati come conseguenza dello
spostamento della famiglia in un altro comune. Nella Valdera gli
abbandoni durante la scuola media inferiore risultano nulli, ma sono più
frequenti all’università. Nell’alta Val di Cecina sono stati registrati
abbandoni sia nel corso della media inferiore, che durante gli studi
universitari.
20
Le interruzioni del percorso scolastico sono generalmente motivate da
difficoltà nello studio, inadeguatezza (rispetto ai propri interessi) della
scuola secondaria frequentata, e antipatia verso gli insegnanti. Le
ripetenze sono più marcate per i maschi (14.8%) che per le femmine
(9.8%), conformemente ai dati nazionali.
L’indagine nella Provincia di Pisa indica che i percorsi scolastici
vengono scelti soprattutto in base ai propri interessi e alle proprie abilità.
Non sembra incidere l’offerta contingente e la distanza dalle scuole.
Questo risultato potrebbe essere viziato dalla soggettività degli
intervistati. Da un lato vi può essere una sopravvalutazione della propria
soddisfazione delle scelte compiute. Dall’altro il giovane può
sottovalutare le conseguenze future delle proprie scelte. L’impostazione
dell’indagine non permette di valutare quanto le provenienze sociali
abbiano influito sulla scelta del percorso di istruzione superiore.
II.2. Formazione universitaria e percorsi integrativi
Una volta concluso il percorso educativo scolastico, quali sono i
percorsi che i giovani seguono? Quali alternative hanno? Quanto
influisce sulla quantità di opportunità l’appartenenza sociale?
La realtà nazionale
In Italia, tra chi ottiene il diploma della scuola secondaria superiore, il
58% sceglie di proseguire gli studi all’università. I principali motivi per
non iscriversi all’università sono i seguenti:
21
- Il cospicuo e crescente ammontare di contributi
economici richiesti agli iscritti. Questo riduce tra l’altro le
capacità di sostegno che il diritto allo studio può elargire agli
studenti maggiormente bisognosi. Nel periodo 1986-1996 la
contribuzione media per iscritto all’università è aumentata in
Italia del 74% (Stanchi, 2001), il finanziamento pubblico invece è
sceso del 10%.
- Il ridotto ritorno economico di una laurea per una
consistente area di professioni e occupazioni disponibili nel
mercato del lavoro
- La preoccupazione di non riuscire a portare a termine gli
studi, specialmente se l’esperienza scolastica precedente è stata
difficoltosa
- I giovani che escono da istituti tecnici e scuole
professionalizzanti sono meno inclini a proseguire gli studi per
via dell’impostazione più pragmatica adottata in questi istituti di
formazione secondaria.
Nel paragrafo precedente abbiamo visto che la provenienza sociale,
che è direttamente collegata con il livello di istruzione dei genitori del
giovane, influisce fortemente sulla scelta dell’istituto secondario e sulla
performance scolastica. Chiaramente i giovani appartenenti alla classe
media borghese o impiegatizia percepiscono come meno onerosi i tributi
universitari rispetto ai figli degli operai. Analogamente cambia la
percezione del ritorno economico dell’investimento negli studi terziari. I
vantaggi occupazionali derivanti da una laurea non sono equidistribuiti
tra le classi sociali: Per chi proviene da una classe sociale elevata, e aspira
22
a rimanerci, una laurea è strettamente funzionale a raggiungere il posto di
lavoro ambito. Infatti, un titolo di studio elevato è molto più attraente
per i figli di impiegati che per i figli di commercianti ed artigiani. Questo
aspetto va dunque oltre la disponibilità di risorse finanziarie per il
proseguimento degli studi. Contano le ambizioni dell’individuo stesso, se
ambisce a preservare la posizione lavorativa dei genitori o se punta ad
una qualifica più alta e alla conquista di una nuova posizione all’interno
della società, anche de le stesse motivazioni personali sono influenzate
dall’ambiente sociale di provenienza.
Riguardo alle differenze di genere, le giovani donne sono mediamente
più “brave” a scuola, in più tendono a scegliere un’istruzione secondaria
liceale. Questo spiega perchè si iscrivono molte più donne che uomini
all’università. In Italia, è il 35% delle giovani donne che frequenta un
corso universitario o che ha già conseguito una laurea. Il dato si
confronta con il 29% dei maschi (IARD, 2002).
Oltre all’università, vi sono altri percorsi formativi professionalizzanti.
Alcuni sono integrati con la formazione scolastica – i cosiddetti percorsi
di formazione integrativa - altri prevedono invece un proseguimento
degli studi dopo la scuola media superiore, ma a differenza
dell’Università puntano alla formazione funzionale per un’occupazione
ben precisa.
In Italia ci sono ancora grandi problemi nei percorsi formativi
successivi alla scuola. Da un lato, l’Università – come la Scuola – non
riesce a creare un raccordo con il mercato del lavoro attraverso il quale
rendere più fluido il passaggio e a migliorare il matching tra domanda e
offerta di lavoro (Vinante, 2002). Questo problema si ripropone anche
nell’offerta di stages e di tirocini formativi, che assumono spesso un
ruolo diverso rispetto alla “vera” formazione professionale. In molti casi
servono alle aziende e al lavoratore per conoscersi e per sopperire alla
23
mancanza istituzionale di incontro tra qualità della domanda e offerta di
lavoro (Reyneri, 2002).
Tutto questo comporta una serie di conseguenze negative per i
giovani che entrano nel mercato del lavoro. Infatti spesso si stipulano
contratti a brevissimo termine, sottopagati e con scarsi incrementi di
formazione. Per le imprese, l’impiego di stagisti con un elevata
formazione rappresenta un comodo taglio sui costi del lavoro che può
indurre meccanismi di sfruttamento e ridurre le assunzioni regolari.
La realtà regionale
Anche in Toscana sono in molti a proseguire gli studi dopo il
diploma. Secondo l’indagine svolta dall’IRPET (2007), solo il 21,5% dei
giovani che hanno concluso gli studi superiori sono sicuri di non voler
continuare a studiare. Anche se in prossimità del diploma, molti giovani
non sono ancora riusciti ad elaborare dei programmi per il loro futuro e i
piani a lungo termine sono largamente indeterminati, aperti e da definire
in relazione al presentarsi di nuovi stimoli, opportunità ed esperienze
(Gisfredi, 2004).
Il passaggio dalla scuola all’università avviene in modo analogo ai dati
nazionali. Considerando il fenomeno della “mortalità universitari”,
passiamo ad analizzare il successo degli iscritti: soltanto sei su dieci
giovani raggiungono la laurea. L’aspetto preoccupante di questo dato è la
perdita di tempo e di risorse in percorsi formativi che non saranno
completati. Se teniamo conto anche dei consistenti ritardi che vengono
accumulati, la situazione non migliora: all’interno della fascia d’età di 25-
29 anni, solo il 16% ha conseguito una laurea. Il 20% sta ancora
frequentando l’università (IARD, 2003).
24
All’università si ripropone un trade-off presente anche nella
formazione scolastica: riducendo il grado di selezione, il sistema
formativo si trova dinanzi a un obbligato abbassamento della qualità o
dinanzi a maggiori tassi di insuccesso. Mentre negli ultimi decenni si è
registrato un continuo aumento di iscrizioni universitarie, negli ultimi
anni sembra essersi stabilizzato attorno al 63% (Regione Toscana, 2001).
Il fenomeno dei drop-out e quello degli studenti che si laureano in
ritardo, invece, mostrano l’elevata consistenza di coloro che vivono
l’università come un percorso incidentato. Purtroppo, anche in Toscana,
le università hanno un ruolo marginale nel panorama della formazione
professionale e si dimostrano ancora una volta troppo scollegate dal
mondo imprenditoriale.
Per ciò che riguarda i percorsi di formazione integrativa durante gli
studi, si registrano elementi di miglioramento negli ultimi anni. Aumenta
tra i giovani toscani la partecipazione a stage e tirocini formativi. La
maggior parte degli stage avviene in Italia; solo il 7% dei giovani si
trasferisce all’estero per un’esperienza formativa. Nonostante il
miglioramento promosso dalle riforme degli ultimi anni che incoraggiano
le esperienze di raccordo tra la scuola e il settore della formazione
professionale (in particolare il d.p.r. 257/2000), questo riguarda soltanto
alcuni tipi di istituti secondari: in particolare sono gli studenti che
frequentano istituti tecnici o professionali che godono dell’offerta di
stage formativi. Tra i giovani liceali solo un quarto incontra questo tipo
di opportunità. Tra gli studenti dei licei è più frequente la possibilità di
avvalersi di borse di studio. Il 60% dei giovani, però, dichiara di non aver
mai partecipato a nessuna delle opzioni di formazione integrativa (IARD,
2003).
L’aspetto più negativo di questa diversificazione formativa è che
beneficiano maggiormente delle opportunità di formazione integrativa
quanti ottengono le credenziali educative più elevate nel sistema di
25
istruzione. Invece di compensare gli esiti dei percorsi scolastici, l’offerta
di formazione professionale tende a riprodurre ed amplificare le
differenze. Questa “accumulazione delle differenze” dipende non solo da
diverse caratteristiche degli individui – chi si impegna di più riesce meglio
in tutti gli ambiti – ma anche dal funzionamento delle Istituzioni
scolastiche ed universitarie.
La realtà locale
La realtà Provinciale è abbastanza conforme a quella regionale,
seppure internamente diversificata: nella zona Pisana è molto più alta la
percentuale di studenti tra i giovani di età compresa tra i 14 ed i 24 anni.
Le zone dove più giovani, invece, risultano lavoratori e quindi hanno
percorsi formativi più brevi sono la Bassa Val di Cecina e il Valdarno
(OPS, 2003).
I percorsi professionalizzanti sembrano riscontrare poco successo tra
i giovani pisani. Infatti, solo il 6.5% degli intervistati dall’indagine
dell’OPS dichiara di aver scelto la scuola/la facoltà tenendo conto del
lavoro che voleva fare “da grande”. Il 12.8% invece ha tenuto conto
delle opportunità lavorative che il percorso scelto gli offriva. Si potrebbe
affermare che i giovani preferiscono “scegliere per non dover scegliere”,
cioè prediligono quei percorsi formativi che lasciano aperte più
possibilità occupazionali future. Difficilmente intraprendono un
percorso che li porta a specializzarsi dall’inizio.
26
II.3. Il mercato del lavoro e i giovani
Sono molti gli aspetti da prendere in considerazione, di seguito ci
soffermeremo sui tassi di partecipazione lavorativa e di disoccupazione
dei giovani, nonché sulle difficoltà che hanno incontrato per trovare un
impiego e sui loro livelli di soddisfazione con l’occupazione attuale.
La realtà nazionale
Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia mostra tassi di disoccupazione
giovanile molto più alti, secondi solo a quelli della Grecia (IRPET, 2007),
considerata in termini di “disoccupazione da inserimento” (Gualmini,
1998). I dati ISTAT mostrano l’esistenza di una vera e propria
segmentazione generazionale del mercato del lavoro: all’aumento dell’età,
diminuisce l’incidenza della disoccupazione. Per la fascia d’età dai 15 ai
19 anni si aggira attorno al 35%, nonostante la partecipazione dei giovani
di questa età sia complessivamente ridotta (ca. 15%). Tra gli appartenenti
alla fascia d’età 25-34 anni invece, la disoccupazione scende al 12%. Il
primato negativo italiano del più elevato livello di discriminazione nei
confronti dei giovani, si manifesta con tassi di occupazione inferiori alla
media europea e tassi di disoccupazione molto più elevati, grazie ad un
sistema di protezione che privilegia la stabilità lavorativa dei maschi
adulti capofamiglia e penalizza donne e giovani (Reyneri, 2002).
Per trovare lavoro i giovani italiani seguono diverse strategie. I
meccanismi più frequenti sono l’iscrizione all’ufficio di collocamento e il
ricorso a canali informali (parenti, amici e conoscenti). Le indagini
nazionali mostrano che sempre più italiani sono alla ricerca di servizi più
specifici di informazione, di un orientamento professionale e di un
matching tra domanda e offerta.
27
Nella ricerca di aiuto per l’inserimento nel mercato del lavoro, le
Istituzioni formative italiane mostrano trasversalmente l’incapacità di
rispondere a questa domanda. Infatti, solo l’8.7% degli intervistati dalla
ricerca IARD si è basato su servizi offerti dalla scuola e dall’università
per trovare lavoro. Sono ancora molti (30%) i giovani italiani che
mostrano scarsa originalità ed attivazione personale nelle strategie di
ricerca del lavoro e si affidano quasi esclusivamente al collocamento
pubblico. Si tratta soprattutto di giovani nella fascia d’età 30-34 anni.
Mentre una parte di questo fenomeno può essere spiegata da un certo
effetto di scoraggiamento che investe i giovani adulti, è positivo il
rilevamento che le coorti più giovani ricorrono più frequentemente
anche ad altri meccanismi di ricerca.
Per ciò che riguarda la qualità del lavoro, si evidenzia a seguito delle
riforme del mercato del lavoro, uno spostamento della problematica del
lavoro giovanile dalla disoccupazione alla precarietà. Il rapporto IARD
(2002) mette in rilievo che il livello di soddisfazione soggettiva si è
stabilizzato attorno a livelli medi: sono diminuiti sia i giudizi
estremamente positivi, che quelli molto negativi.
I dati nazionali mostrano che la mobilità del mercato del lavoro
giovanile è aumentata, ma che ciò non toglie che la maggior parte dei
giovani italiani riesca, dopo alcuni anni, a stabilizzarsi, sebbene il 25% dei
giovani resta soggetto a rapporti di lavoro instabili. A livello nazionale
rimane fulcro delle preoccupazioni la forte segmentazione regionale del
mercato del lavoro, con un Meridione ancora nettamente svantaggiato.
La realtà regionale
Sono diminuiti negli ultimi anni, i giovani che prima della fine della
scuola media superiore o immediatamente dopo entrano nel mercato del
28
lavoro. Sempre più giovani toscani ritardano l’entrata nel mercato del
lavoro. Il ritardo però non sembra connotare un’entrata più difficoltosa,
infatti, i giovani appartenenti alle successive fasce d’età raggiungono un
ruolo professionale relativamente stabile.
Analogamente alla realtà nazionale, il mercato del lavoro regionale
risulta segmentato in base all’età. Anche in Toscana, infatti, è più alta la
disoccupazione tra i 15 e 19enni (21%) che tra coloro che si collocano
nella fascia tra i 25-34 anni (6,6%). I valori regionali sono comunque più
bassi rispetto a quelli nazionali. La performance toscana risulta migliore
di qualche punto percentuale rispetto ai dati riferiti complessivamente
alle regioni del centro (del 27,0% e 9,6%) (IARD, 2003). Un ulteriore
dato positivo è la maggiore partecipazione dei giovani alle attività
lavorative. Per la fascia 15-19 anni i dati regionali sono in linea con quelli
nazionali, per le fasce successive, invece, la partecipazione è
complessivamente più alta.
In Toscana, inoltre sono più frequenti i comportamenti esplorativi del
mercato del lavoro. È meno raro che la popolazione giovanile abbia già
avuto degli incontri con il mondo del lavoro durante gli anni di scuola e
successivi. Nella maggior parte dei casi, però, queste esperienze sono
saltuarie e con ridotto connotato formativo. Anche in Toscana si registra,
infatti, una scarsa integrazione tra scuola e mercato del lavoro,
soprattutto per le basse qualifiche, fatto che indica soprattutto
un’inadeguatezza dei contenuti dei percorsi scolastici.
Nel complesso però, la situazione regionale sembra migliore rispetto
alla situazione italiana in generale. Il mercato del lavoro toscano assorbe
complessivamente più giovani rispetto ad altri: da un lato coinvolge una
quota maggiore di popolazione, dall’altra ha tassi di disoccupazione
minori. La situazione inoltre sembra migliorare ulteriormente: tra i 15-
29enni la quota di soggetti che hanno avuto almeno un’occupazione a
tempo indeterminato è aumentata negli ultimi sei anni dal 38% al 47%
29
(IARD, 2003). Complessivamente quindi in Toscana si registra una
maggiore e migliore socializzazione al lavoro da parte dei giovani.
Un’ulteriore tendenza di segno positivo riguarda la limitata incidenza
del lavoro irregolare: il 6% dei dipendenti dichiara di essere privo di un
contratto, mentre a livello nazionale questo dato ammonta a 17%.
Analogamente, il grado di soddisfazione dei giovani per il proprio lavoro
è maggiore in quanto non solo hanno meno difficoltà ad inserirsi nel
mercato del lavoro, ma godono anche mediamente di stipendi più elevati
e stabili. Infatti, l’80% dei giovani reputa l’attuale attività lavorativa come
quella che occuperà anche in futuro. A livello nazionale questo dato si
aggira solo attorno al 60%. Anche il carico di lavoro non sembra
eccessivo, soltanto il 17% vorrebbe ridurlo.
La preparazione ricevuta a scuola è reputata adeguata dalla metà dei
giovani lavoratori. Un terzo invece la considera del tutto inutile. Tra
coloro che hanno una qualifica professionale è 4/5 volte più alta la
propensione a dichiarare inutile la propria preparazione, mentre i laureati
tendono a ritenerla molto adeguata (IARD, 2003). Ciò indica da un lato
ancora una volta la cattiva reputazione dei percorsi formativi
professionali, anche da parte di coloro che li hanno frequentati, dall’altro
che a un maggiore investimento formativo corrisponde una maggiore
utilità attribuita al proprio impegno negli studi.
I giovani toscani attribuiscono priorità alla retribuzione economica e
se possibile all’autonomia lavorativa. Meno importanti invece risultano
aspetti come l’orario di lavoro e la possibilità di viaggiare. Questa
soddisfazione generalizzata va letta con cautela e tenendo conto del fatto
che molti giovani toscani non sono particolarmente informati su forme
di lavoro e contratto alternative come il lavoro interinale o a distanza.
Forse si adeguano molto alla realtà lavorativa che trovano e non
percepiscono la mancanza di aspetti che non conoscono. D’altra parte la
30
scarsa propensione alla mobilità territoriale è una caratteristica spesso
riscontrata tra i giovani in cerca di lavoro.
La realtà locale
Nella Provincia di Pisa il tasso di scolarizzazione tra i giovani fino ai
18 anni è dell’ 88%, ma molti ragazzi svolgono attività lavorative anche
durante gli anni di scuola. Più di metà dei giovani nella fascia d’età tra i
14 e i 19 anni ha già lavorato. Nella bassa Val di Cecina è più frequente il
lavoro tra studenti delle superiori, infatti, solo il 34% non ha mai
lavorato. Meno attivi invece sono i giovani della zona della Valdera e
della zona Pisana, dove rispettivamente il 54% e il 61% non dichiara di
non aver mai svolto un “lavoretto” durante il percorso scolastico (OPS,
2003). Nell’alta Val di Cecina e nel Valdarno sono circa 40% i giovani
che non hanno mai partecipato al mercato del lavoro.
Nella fascia d’età successiva (20-24 anni) la percentuale di ragazzi che
hanno già avuto una prima esperienza sul mercato del lavoro sale al 75%.
I giovani della Provincia trovano varie motivazioni per questa scelta. A
ragioni di carattere prevalentemente strumentale - avere più soldi per le
spese (29%), rendersi autonomi dalla famiglia (18,4%), dare una mano
alla famiglia (12,3%) – si affiancano motivazioni legate alla sfera
espressiva, come il fare esperienza (23,5%) o l’interesse personale
(13,7%). Questo dimostra la pluralità delle concezioni del lavoro che i
giovani elaborano (OPS, 2003).
Dei giovani che cercano un lavoro, solo il 25% ha un atteggiamento
pessimista (IRPET, 2007). Più della metà si iscrive nelle liste di
collocamento, la maggioranza però si affida a canali informali come le
conoscenze di parenti e amici. I dati dell’indagine OPS indicano che solo
un terzo dei giovani si sente adeguatamente informato rispetto alle
31
attività di orientamento e di sostegno nel passaggio dal mondo della
scuola/università a quello del lavoro.
Nella Provincia di Pisa la soddisfazione con il proprio lavoro sembra
alta. Meno del 25% dichiara di essere poco o per niente soddisfatto con il
proprio lavoro. I più appagati sono i giovani nella zona Pisana (91%), i
meno soddisfatti quelli nella Valdera (69%)8. Ad un livello intermedio di
soddisfazione si collocano i giovani dell’Alta (74%) e Bassa Val di Cecina
(89%) e del Valdarno (76%).
I problemi segnalati dai rispondenti nell’indagine dell’ OPS sono in
primo luogo la retribuzione, giudicata troppo bassa dal 27%, in secondo
luogo il tempo libero disponibile (18%), e in misura minore, ma
significativa, aspetti quali gli orari o turni specifici, la fatica, la noia e la
ripetitività. La maggioranza dei giovani intervistati, dichiara di aver
cambiato lavoro. Sono meno (35%) invece quelli che hanno sempre
mantenuto lo stesso impiego. Ci sono alcune differenze all’interno della
Provincia per ciò che concerne gli aspetti che i giovani ritengono meno
soddisfacenti del proprio lavoro. In tutte le zone la paga troppo bassa
viene indicato da una parte dei giovani. La percentuale è però molto più
bassa nella zona pisana e molto più alta nella Valdera e nell’alta Val di
Cecina. In generale le zone si differenziano abbastanza: nella zona pisana
i disagi maggiori derivano dalla mancanza di tempo libero, lo
spostamento fisico e gli orari e i turni. L’immagine che ne possiamo
evincere è quella dei normali disagi dei lavoratori urbani. Quella pisana è
l’unica zona nella quale anche il rapporto con i compagni di lavoro risulta
un problema per una quota consistente di giovani.
Anche nelle caratteristiche dell’impiego giovanile, la bassa Val di
Cecina si contraddistingue: qui sono più alte le percentuali di giovani che
si lamentano per “la fatica”, per “la noia e la ripetitività”, e per la
8 Le percentuali degli “appagati” comprendono i giovani che dichiarano di essere “molto” o “abbastanza” soddisfatti della propria esperienza lavorativa.
32
mancanza di prospettive di carriera. Nella Valdera i giovani sono
insoddisfatti soprattutto per la noia e la ripetitività, per la fatica e per gli
orari e turni. Meno si lamentano per la mancanza di tempo libero. L’alta
Val di Cecina mostra dati simili seppur maggiormente distribuiti anche su
altre problematiche. Nel Valdarno una percentuale comparativamente
più elevata lamenta di non poter esprimere le proprie capacità, oltre che
per la mancanza di tempo libero, gli orari e la ripetitività.
L’indagine svolta dall’OPS mostra che un terzo degli intervistati
sarebbe disposto ad accettare qualsiasi lavoro, ciò testimonia le difficoltà
di avviamento e la preoccupazione per l’inserimento giovanile nel mondo
del lavoro. I motivi per il rifiuto di un posto di lavoro sono l’essere
pagati in nero (21,1%), e il trasferimento in un altro posto (21,1%). Il
10,5% degli intervistati non accetterebbe un lavoro con qualifiche
inferiori a quella posseduta, il 5,3% non accetterebbe un'attività troppo
limitativa del tempo libero (OPS, 2003).
Fra i giovani in condizione di disoccupazione, la maggioranza ha
svolto sempre lo stesso lavoro, mentre un terzo ha compiuto attività
diverse. La disaggregazione del dato per zone di residenza evidenzia due
situazioni particolari: quella dell'area pisana dove tutti gli intervistai
hanno svolto lavori diversi e quella della Bassa Val di Cecina dove
nessun soggetto ha cambiato lavoro. La mobilità giovanile tra professioni
diverse varia quindi nelle diverse zone della Provincia di Pisa.
II.4. L’autonomia dalla famiglia di origine
Il protrarsi della permanenza in famiglia, si spiega in parte con il
cambiamento dei rapporti intergenerazionali e la maggior libertà di cui
godono i giovani in ambito familiare, ed in parte con il frapporsi di
ostacoli strutturali, come la precarietà del mercato e la rigidità del
33
mercato immobiliare, che rendono difficilmente raggiungibili potenziali
desideri di indipendenza ed il conseguimento dell’autonomia rispetto alla
famiglia di origine.
Uno dei motivi principali del fenomeno della “famiglia lunga”, cioè
della convivenza di adulti di diverse generazioni entro la stessa famiglia, è
l’aumentata scolarità della popolazione, un altro sono le debolezze del
mercato del lavoro che non agevola le nuove entrate. Il Welfare state
potrebbe sensibilmente ridurre le difficoltà affrontate dai giovani che
intendono formare una nuova famiglia, ma purtroppo, in Italia e anche a
livello regionale questo non è ancora avvenuto. Laddove la famiglia si
sostituisce alla protezione sociale fornita dal Welfare, il rischio è di
rafforzare le disuguaglianze dovute alla classe sociale di origine dei
soggetti.
Un ulteriore fattore, di tipo culturale, come sopra accennato, è la
trasformazione del rapporto tra genitori e figli, per cui sono state
abbandonate le rigide gerarchie generazionali per dare spazio a nuove
forme relazionali. La pacifica convivenza tra genitori e figli o la
coabitazione tra famiglie appartenenti a generazioni diverse rafforza gli
aspetti positivi di sostegno reciproco all’interno del nucleo familiare
originario e riduce gli incentivi per la fuoriuscita di casa.
La realtà nazionale
In Italia, il fenomeno della “famiglia lunga”, sembra accentuarsi
ulteriormente negli ultimi anni (Buzzi, Cavalli, De Lillo, 1997). Anche se
molte ricerche indicano che i giovani sono contenti di permanere per
lungo tempo all’interno della famiglia d’origine, il fenomeno può anche
essere letto come una situazione obbligata: in alcuni casi il
prolungamento della fase adolescenziale e la dipendenza dalla famiglia di
34
origine deriva da impossibilità oggettive di compiere scelte diverse, ed in
questo caso rappresenta un problema dei giovani che va preso
seriamente in considerazione.
Per i giovani del Sud Europa l’indipendenza economica rappresenta
un fattore importante: in presenza di un sistema di welfare di tipo
familistico (Esping-Andersen, 2000), che esclude strumenti di sostegno al
reddito (sussidi per disoccupazione o sociali, ma anche per studio e
formazione), i giovani non possono contare su entrate che non siano
quelle del proprio lavoro o dei propri genitori.
La recente flessibilizzazione del mercato del lavoro certamente non
aiuta a risolvere il problema, ma aumenta i potenziali rischi da affrontare
una volta usciti dal nucleo di famiglia originaria. Ma i fattori strutturali
non bastano per spiegare il significativo ritardo d’uscita dei giovani
italiani. Tra i giovani lavoratori che vivono ancora a casa, il 40% dichiara
di avere uno stipendio sufficiente per rendersi indipendente. Solo il 23%
ci ha mai provato concretamente (IARD, 2002). Sono maggiori i
vantaggi degli oneri della convivenza con i genitori. Quasi tutti hanno la
possibilità di vivere la propria vita sociale (94%) e di avere momenti di
intimità con il partner (67%). La situazione di accordo e stretta relazione
affettiva e strumentale con i propri genitori fa si che l’aiuto e la
protezione trovata al suo interno vengano ritenute più soddisfacenti
dell’indipendenza.
La realtà regionale
La realtà regionale conferma pienamente quella nazionale: La quota di
coloro che vivono da soli cresce nel ventennio considerato, ma non in
maniera evidente, attestandosi al 9% tra i 30-34enni e al 7% tra i 25-
35
29enni (IRPET, 2007).9 Il ritardo di ingresso nel mondo adulto dei
giovani toscani è analogo a quello emersa a livello nazionale, ma i dati più
recenti mostrano una certa riduzione del tempi. Continua, invece la
scarsa prevedibilità del futuro da parte dei ragazzi, fatto che condiziona
la loro capacità di scegliere (IARD, 2003).
L’indipendenza abitativa arriva molto tardi in Toscana: prima dei 20
anni è un fatto eccezionale, mentre aumentano le fuoriuscite di casa dei
giovani di 21-24 anni e rimangono invece stazionarie (meno di un terzo)
quelle nella fascia d’età 25-29 e nella fascia dai 30-34 anni (due terzi).
All’interno di questo quadro è da notare che diminuiscono le convivenze
con i genitori dovute a esigenze economiche, mentre aumentano le
convivenze su base volontaria. Tra queste, la tipologia del giovane
lavoratore permanente nella famiglia di origine è maschile ed è distribuita
su tutte le classi sociali. I contributi economici dati alla famiglia sono
ridotti, più della metà dei permanenti non contribuisce affatto alle spese
familiari, un quinto contribuisce in modo poco rilevante.
Utilizzando alcuni indicatori costruiti appositamente10, Buzzi (2003)
arriva a calcolare che in Toscana non sono ancora adulti il 100% dei
giovani sotto i 18 anni, il 98% di quelli in età compresa tra i 18 e i 20
anni, il 93% dei 21-24enni, il 71% dei 25-29enni e il 33% degli
ultratrentenni. Allarmante è il dato rispetto alle ultime due fasce d’età che
tende ad essere spiegato più con motivi culturali e che sottende la
difficoltà dei giovani a prefigurare i propri percorsi futuri e a compiere
scelte forti.
9 Coloro che non vivono da soli stanno o a casa con la famiglia di origine, oppure hanno creato un nucleo familiare proprio. 10 Buzzi definisce delle tappe di transizione ai ruoli adulti per classi di età: l’uscita definitiva dalla scuola, trovare un lavoro stabile, lasciare la casa dei genitori, creare una nuova famiglia, generare un figlio. Gli indicatori si basano sul conseguimento di tutte o una parte di queste tappe.
36
La realtà locale
La maggioranza degli intervistati dichiara di avere dei buoni rapporti
con i propri genitori: circa il 30% ritiene che essi siano improntati sulla
concordia e sull’armonia, anche se la metà afferma di discutere talvolta
con i genitori a causa della divergenza dei punti di vista, mostrando
comunque una reciproca disponibilità al confronto. In particolare
risulta11 che i principali motivi di contrasto riguardano il contributo dei
figli al lavoro domestico (24%), il modo di gestire il denaro (21,7%) e i
risultati scolastici (14,2%). Invece i figli ai propri genitori vorrebbero
chiedere di poter partecipare maggiormente alle decisioni familiari (32%)
e di trascorrere più tempo tutti insieme (18%). Il quadro che risulta
sembra quello di una sana vita famigliare, dove non mancano momenti di
confronto, ascolto e affetto.
Quando i giovani vengono interrogati sui motivi della loro
permanenza della famiglia dei genitori, circa un terzo afferma di essere
ancora studente, una percentuale di poco inferiore risponde “sono
ancora troppo giovane” e un quinto dichiara “sto bene così e conservo
comunque la mia libertà”. Nel complesso i giovani intervistati si sentono
“molto” (37,7%) e “abbastanza” (55,6%) soddisfatti della propria
condizione all’interno della famiglia.
Come per i giovani toscani e italiani, tra quelli della Provincia di Pisa
si può notare una certa incapacità ad immaginare e pianificare il futuro e
a compiere scelte di vita adulte, e una propensione per scelte reversibili e
talvolta rischiose. Tali caratteristiche si possono in parte intravedere nella
tendenza a respingere l’idea di lasciare troppo presto la famiglia dei
genitori e a formarne una propria.
11 La domanda posta dal questionario è “Su quali argomenti ti capita di trovarti in disaccordo con i tuoi genitori?”
37
II.5. La giovane coppia
La realtà nazionale
Come già accennato, l’allungamento dei percorsi formativi, le
caratteristiche del mercato del lavoro sempre più precario e il mercato
rigido degli affitti determinano difficoltà nella costruzione di una nuova
famiglia e a volte addirittura ne impediscono la realizzazione. Per molti
giovani italiani, la condizione di indipendenza dalla famiglia ha un costo
superiore al beneficio. Questo anche perché i giovani sono sempre più
esigenti e mancano di capacità di adattamento e di propensione al
rischio: decideranno di fare il grande passo verso una propria famiglia
solo quando avranno le necessarie garanzie essendo troppo abituati a
vivere nella sicurezza della protezione famigliare (Mion, 1997). La
difficoltà della creazione di una vita di coppia stabile e duratura sembra
essere uno degli effetti del generalizzato “limbo dell’indecisione” al quale
i giovani sono così esposti.
Come si distribuiscono i ruoli tra donna e uomo, però, una volta che
la coppia è stata formata? All’interno della giovane coppia, si
contrappongono alcune tendenze innovative alla distinzione dei ruoli
tradizionale anche per la maggiore partecipazione femminile al mondo
del lavoro, sempre più frequente è infatti la condizione femminile di
“doppia presenza” (IARD, 2002). In Italia sono una minoranza le
giovani coppie all’interno delle quali i compiti casalinghi risultano ripartiti
equamente tra i due generi. Sicuramente però, le giovani donne che
sempre meno rinunciano al proprio lavoro per occuparsi delle faccende
familiari, tendono a chiedere una maggiore partecipazione al compagno.
Infatti l’indagine IARD (2002) mostra che la partecipazione al lavoro di
cura dei figli degli uomini va aumentando.
38
La realtà regionale
In Toscana, come in Italia, le convivenze more uxorio, pur in aumento
nel corso degli anni ’90, continuano a rappresentare un fenomeno
marginale tra i giovani toscani: il 4% tra i 25-29enni, il 5% tra i 30-
34enni. Seppure modesto, il dato toscano è maggiore di quello nazionale.
Sembra che invece sul versante procreativo, le giovani coppie toscane
siano più restie della media nazionale per la fascia d’età 30-34 anni,
mentre dai 25 ai 29 anni, invece il dato è leggermente superiore a quello
nazionale (IARD, 2003).
Come succede a livello nazionale, anche in Toscana sembra che
manchi la spinta a rendersi indipendenti e a costituire un proprio nucleo
familiare. Questo vale soprattutto per i maschi che rimanendo a casa
godono di libertà gestionale, benessere economico e di altri privilegi
generalmente garantiti dal ruolo protettivo e servizievole della madre. Il
valore dell’indipendenza è inferiore al valore attribuito all’agio e la
comodità.
Quando i giovani toscani si decidono a formare una propria famiglia
tendono a riprodurre il modello della famiglia di origine, che grava la
donna di compiti impegnativi soprattutto per ciò che riguarda la spesa
quotidiana, la cura dei figli e degli anziani. (IARD, 2003).
La realtà locale
Riferendoci ancora ai dati rilevati dall’ OPS, possiamo confermare
tendenze simili a quelle regionali nella Provincia di Pisa. Soltanto il 3%
degli intervistati esclude esplicitamente l’ipotesi di formare in futuro una
propria famiglia – con percentuali superiori nelle zone di Pisa e della
Valdera. L’1,3% dichiara di averlo già fatto e il 7,2% - con percentuali
39
inferiori nella zona pisana e in quella del Valdarno – di essere in procinto
di compiere questo progetto.
Il 13% non ha ancora le idee chiare in proposito, il 15,3% fa
dipendere tale scelta dall’incontro con la persona giusta e il 18,3% -
percentuale più elevata nell’Alta Val di Cecina – dal fatto di trovare una
casa e disporre di uno stipendio adeguato. La quota più consistente, pari
al 42% dichiara che “è ancora troppo presto per pensarci seriamente”.
Quest’ultima opzione è scelta in misura superiore dai maschi e dai
giovani tra i 14 e i 19 anni. Lo stesso avviene per coloro che non sono
intenzionati a formare una propria famiglia.
Si registrano invece delle percentuali superiori alla media per le
femmine e i giovani con più di 20 anni tra coloro che hanno già formato
la propria famiglia o che sono in procinto di farlo. Lo stesso sotto-
gruppo comprende anche coloro che lo farebbero volentieri se avessero
un lavoro con uno stipendio sufficiente.
II.6. Il tempo libero
L’analisi dell’uso del tempo libero implica la possibilità di esplorare
molti aspetti della condizione giovanile, come le relazioni con i pari, la
partecipazione alla vita sociale, i comportamenti di consumo, gli
atteggiamenti culturali, ecc. Il tempo libero di collega alla dimensione
temporale della quotidianità e del presente in cui le giovani generazioni
delle società post-moderne sono fortemente radicati, mostrando una
contrazione della prospettiva temporale verso il futuro.
Secondo un’ampia ricerca sul tempo dei giovani diretta da Alessandro
Cavalli (1985), ci sono due modalità di porsi al presente: si parla di
‘presentificazione’ e di ‘rivalutazione del presente’. “La ‘presentificazione’
corrisponde ad una sorta di appiattimento dell’orizzonte temporale e a
40
una chiusura progettuale. I giovani che esprimono questa tendenza
possiedono un’identità particolarmente problematica e sembrano
incapaci di gestire il tempo quotidiano: “la presentificazione, in sostanza,
toglie significatività al quotidiano, e lo rende simile ad una prigione”
(Cavalli, 1985). Per i giovani che esprimono una ‘rivalutazione del
presente’, invece, il quotidiano diviene “il terreno privilegiato al cui
interno sperimentare un nuovo modo di vivere il presente, non luogo
della routine e dell’alienazione ma, piuttosto, ambito prioritario della
ricerca di senso” (ivi, p. 102). Il futuro pertanto è concepito come
possibilità.” (Gisfredi, 2003).
La realtà nazionale
In Italia, i giovani passano il loro tempo libero prevalentemente con
gli amici, che ricoprono un ruolo assolutamente centrale nella vita
adolescenziale. Generalmente viene preferita la partecipazione a gruppi
informali, e l’incontro in spazi liberi e indipendenti.
La realtà regionale
Anche a livello regionale il tempo libero dei giovani viene soprattutto
dedicato alle amicizie e ai rapporti interpersonali. A differenza delle
generazioni passate, queste non si basano in primis su comunanze
valoriali o ideali. I giovani passano tempo con gli amici per il semplice
gusto dello stare insieme. Si conferma che il giovane toscano, come
quello italiano d’altronde, trae soddisfazione dalla socializzazione e
intende le amicizie in primo luogo come spazio di comunicazione, di
conforto e svago.
41
Rispetto alla media nazionale, i giovani toscani frequentano più spesso
musei o mostre d’arte, ma si occupano meno con attività legate alla
musica12. Negli ultimi anni sono aumentate le frequenze a concerti
pop/rock, mentre è diminuito l’utilizzo di biblioteche pubbliche e dei
cinema. L’uso delle nuove tecnologie è molto frequente e maggiore che a
livello nazionale. (IARD, 2003).
La realtà locale
I giovani nella Provincia di Pisa non si lamentano per la quantità di
tempo libero a disposizione. Dichiarano di avere circa 3-4 ore di tempo
libero al giorno, mentre il 18 % dispone di meno di 2 ore e il 33 % di più
di 5 ore. Dal confronto dei dati per sesso, emerge che le femmine in
media hanno una minore quantità di tempo libero rispetto ai maschi
(OPS, 2003).
Gli amici sono le persone con cui si preferisce trascorrere il proprio
tempo: infatti, la metà degli intervistati nell’indagine dell’OPS sceglie
questa modalità, quasi un quarto preferisce passarlo con il proprio
partner, poco meno di un quinto con il partner e gli amici insieme. La
prima modalità è scelta in misura superiore dai maschi e dai ragazzi più
giovani (14-19 anni), mentre per le altre due si rilevano delle percentuali
superiori per le femmine e per i ragazzi con venti anni e più. Residuale
risulta invece il tempo passato da soli (3,2 %) o con i familiari (3,3 %) e
nelle associazioni (0,7%).
L’indagine conferma i risultati regionali per i quali la stragrande
maggioranza dei giovani appartiene a un gruppo amicale e passa il suo
tempo libero con loro, privilegiando spazi aperti come parchi, altri luoghi
12 Nel rapporto IARD (2003), le attività legate alla musica comprendono la frequentazione di discoteche e la pratica di strumenti musicali.
42
pubblici o le case private degli amici. Riguardo al luogo di ritrovo si può
dire che hanno connotati di inclusione diversi: lo spazio aperto non pone
per definizione barriere all’entrata dovute all’origine sociale, mentre la
casa privata lo fa potenzialmente molto di più. A tale proposito si
riscontrano alcune differenze in base alle zone di residenza: la casa di
amici è il luogo privilegiato nella zona di Pisa (29%). Nella Bassa Val di
Cecina si preferiscono gli spazi aperti (40%) e in Alta Val di Cecina ci si
incontra soprattutto nei bar (46%). Questi ultimi sono più frequentati dai
maschi e i luoghi all’aperto vengono indicati maggiormente dagli
intervistati più giovani.
Tra gli aspetti negativi del passare tempo con i propri amici i giovani
della Provincia indicano il fatto di “fare sempre le stesse cose, annoiarsi”
(21,3%), da cui emerge in particolare l’insofferenza dei più giovani verso
la ripetitività e il bisogno di esperienze nuove e stimolanti.
Complessivamente i giovani intervistati sembrano soddisfatti dei propri
rapporti di amicizia: “molto” nel 31% dei casi e “abbastanza” per il 61%.
I ragazzi lo sono più delle ragazze (OPS, 2003).
Le attività svolte nel tempo libero sono varie: sport, musica, lettura,
televisione, volontariato o impegno politico, ma in generale prevalgono
la comunicazione e il divertimento. In generale dai dati disponibili si
evince che il tempo libero è dedicato soprattutto ad attività individuali o
che si svolgono all’interno del gruppo di amici. Ci sono invece pochi
indizi per un utilizzo del tempo libero che comporti un vero
coinvolgimento dei giovani nella società più ampia.
II.7. I sistemi di valore
I valori vengono qui interpretati come principi che orientano sia i
giudizi che le azioni sociali dei soggetti (IARD, 2002). Attraverso i
43
sistemi di valori possiamo comprendere meglio la situazione dei giovani,
gli eventuali limiti delle loro situazioni di benessere e forse anche i
bisogni che non riescono a esprimere.
La realtà nazionale
I valori dei giovani italiani si accentrano attorno a caratteristiche e
mete individuali, ma non solo. Il netto aumento della partecipazione ad
attività di volontariato mostra che anche la coscienza collettiva ha il suo
spazio tra i valori dei giovani. L’impegno politico è stato abbandonato
generalmente soprattutto per rifiuto di una modalità di “fare politica”
partitocratica obsoleta. È forte invece, tra i giovani l’impegno per
questioni globali e il desiderio di partecipare attraverso nuovi canali di
espressione. Non si può quindi parlare solo di apatia e insofferenza che i
giovani nutrono per la politica (IARD, 2002).
Le ultime indagini IARD e IRPET mostrano che tra i giovani c’è poca
capacità di aprirsi al di là del ristretto ambito sociale costituito
prevalentemente da relazioni familiari e amicali. Parallelamente tra i
giovani si diffonde sempre di più la sfiducia nelle Istituzioni e nella
politica. Queste tendenze sono state riscontrate anche in un’indagine
recentemente condotta da Amerio e colleghi (2001) su 3000 giovani
universitari, tra i 22 e i 30 anni, in cui si evidenzia la devalorizzazione
delle Istituzioni sociali e della vita pubblica, e la dominanza della sfera
privata. Il pericolo che questa tendenza comporta è il lento scollegarsi di
una generazione dai meccanismi tradizionali di espressione democratica.
Se i giovani non si identificano con l’espressione democratica e
istituzionale, come si esprimono? E come sarà possibile per le Istituzioni
percepire i bisogni di coloro che si auto-escludono dalla sfera politica
della società?
44
I giovani italiani tendono ad attribuire più valore a tutto ciò che si
svolge all’interno della “socialità a corto raggio”. Anche valori universali
come la libertà e la democrazia vengono interpretati più come una parte
costitutiva della propria identità che come virtù civiche o riconoscimenti
di diritti generalizzati. Tali valori sono ritenuti importanti soprattutto per
difendere la propria cerchia ristretta di affettività. Parallelamente, le
dimensioni del collettivo e dell’impegno pubblico si spostano sempre più
sul fondo della scala valoriale dei giovani. Le certezze derivano solo dallo
stare insieme, dal sostenersi a vicenda tra chi condivide gli stessi criteri di
giudizio, i medesimi modi di vita, lo stesso ambiente sociale. La società di
per sé viene sempre più relegata nel retroscena, e le Istituzioni sociali
stentano ad avvicinare i giovani.
La realtà regionale
Per ciò che riguarda il mondo del lavoro, in Toscana il valore della
carriera è importante per il 28% dei giovani, il 40% attribuisce molta
importanza al lavoro ma non alla carriera, ed 32% invece non attribuisce
molta importanza al lavoro. Questi sono generalmente anche i soggetti
più inclini a rimanere inattivi (IARD, 2003).
I giovani toscani – più del resto dei giovani italiani – si distinguono
per un atteggiamento di prudenza nei confronti delle relazioni con altri e
per le scelte per il proprio percorso di vita. Paradossalmente, la cautela si
associa alla convinzione che le scelte siano reversibili. Da un lato, quindi,
i giovani toscani fanno parte di una gioventù “globalizzata e privilegiata”,
in un mondo nel quale le opportunità sono molte e niente sembra dover
più essere definitivo. Nonostante ciò, i giovani toscani non sembrano
propensi a “giocarsi le loro carte”, ma assumono invece un
atteggiamento avverso al rischio e di tipo difensivo.
45
Si potrebbe pensare che mancano strumenti intermedi tra la realtà
globale e il contesto locale, che permettano ai giovani toscani di
realizzare i propri progetti. In assenza di Istituzioni capaci di coinvolgere
i giovani, questi si rifugiano nell’ambito familiare posticipando dunque
l’inserimento attivo all’interno della società. I segnali di allargamento del
proprio orizzonte a una dimensione sociale e collettiva sono molto
timidi. Nessun passo avviene senza garanzie e tutele.
Questi atteggiamenti indicano da un lato una “trappola del
benessere”. D’altro canto sono sintomi di un’incapacità istituzionale di
reinventarsi e di capire le difficoltà delle nuove generazioni per poter
aiutare i giovani ad uscire da questi comportamenti di insicurezza.
Tra i giovani toscani è cresciuto negli ultimi anni l’interesse per la
politica, fatto che può essere letto come una nuova apprensione verso
quanto accade a livello collettivo: cresce infatti la preoccupazione per la
tutela ambientale, ma anche le perplessità dinanzi all’aumento della
presenza degli immigrati (IARD, 2003; IRPET, 2007). Dinanzi a questi
timori condivisi sembra importante promuovere una maggiore
sensibilizzazione dei giovani per favorire la costruzione di una futura
società inclusiva.
La realtà locale
Anche tra i giovani della Provincia di Pisa prevalgono valori fondati
sull’ auto-espressione che tendono cioè ad accrescere gli spazi della
libertà individuale, enfatizzando l’autorealizzazione, la qualità della vita,
ma anche la crescente domanda di intervento diretto nelle decisioni
economiche e politiche. Come un po’ in tutta l’Italia, anche i giovani
pisani non depongono fiducia nelle Istituzioni ma si sentono attratti da
grandi ideali di solidarietà, di pace e giustizia sociale. In questo contesto,
46
è l’associazionismo che sembra cogliere il desiderio di applicarsi senza
doversi per forza adattare ad un sistema politico-istituzionale che, dalla
maggior parte dei giovani, viene considerato assai negativamente.
II.8. Identità e trasgressione
“La ‘moratoria psico-sociale’ è definita da Erikson (1974) come “un
periodo durante il quale le decisioni vengono sospese”. Si tratta cioè di
una sorta di ‘parentesi’ di riflessione e di sperimentazione che viene
concessa ai giovani prima di assumere stabilmente responsabilità e ruoli
adulti. Attualmente questo periodo di sospensione tra l’infanzia e l’età
adulta si sta protraendo notevolmente e rischia di generare nei giovani
sentimenti di frustrazione ed un senso di impotenza e marginalità, ma più
frequentemente esso è vissuto come un fatto normale prodotto dai
mutamenti strutturali e culturali” (Gisfredi, 2003).
I momenti cruciali e definitori dell’identità del giovane avvengono
attorno all’età 18-20 (il cosiddetto “ponte verso l’età adulta”) circa e
attorno ai 25 anni. Il primo snodo implica uno scontro con se stessi, ma
anche le prime percezioni della solitudine che deriva semplicemente dal
prendere delle decisioni. Nel secondo snodo, i giovani adulti si scontrano
più con il mondo esterno. È qui che sopraggiunge una certa disillusione e
incertezza. In termini psicologici la scarsa fiducia in sé e la paura della
solitudine sono frequenti in quest’età, e possono rappresentare dei freni
rispetto a nuovi sforzi di emancipazione. “Per percepirsi attori a pieno
titolo è importante sentire di aver compiuto alcuni passi verso la nascita
sociale come l’inserirsi nel mondo del lavoro e l’uscire di casa” (Gilardi,
2002).
47
La realtà nazionale
In Italia, il ritardo nell’uscita dalla casa paterna e nell’entrata del
mercato del lavoro rappresentano delle difficoltà anche psicologiche per i
giovani adulti. In un momento di passaggio verso un’identità adulta si
trovano ancora ancorati alle vecchie certezze dell’infanzia (i genitori, la
propria casa) privi di aiuto istituzionale per facilitare il passaggio positivo
di questa soglia.
Allargando la dimensione dell’identità entra in gioco anche
l’appartenenza territoriale: il 28% dei giovani italiani si sente
appartenente al territorio nazionale, il 4,5% all’Europa, il 15% circa al
mondo in generale. La maggioranza (43,4%) dichiara di sentirsi
appartenente alla propria città. Il 44,4% si dichiara insoddisfatto con la
vita nella propria regione/in Italia (IARD, 2003).
Per capire i problemi dei giovani in questa fase di formazione della
loro identità è di grande importanza anche la sfera della trasgressione. In
particolare, le indagini sulla popolazione giovanile si sono concentrate
sull’uso di droghe. Altri abusi come la prostituzione o la violenza sono
stati investigati poco.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una riformulazione della
percezione di diversi tipi di droghe. L’eroina è sempre meno accettata e
rimane dunque una droga legata al mondo dell’emarginazione che fa
paura ai giovani. La cocaina e LSD hanno visto un netto aumento del
numero di consumatori occasionali ed abituali. Queste droghe però non
coincidono generalmente con situazioni di esclusione sociale, ma anzi
sono frequenti tra giovani socialmente ben inseriti sia nel mondo del
lavoro che della scuola o dell’università. Hashish e marijuana sono
ugualmente frequenti in contesti sociali normali e assumono un
connotato gruppale.
48
In netto aumento sono le droghe sintetiche come ecstasy e
metamfetamine, che rappresentano il prodotto perfetto per uno dei
maggiori bisogni dei giovani: potenziare la prestazione fisica, saper
rischiare e superare quelle barriere che fermano gli altri. I giovani più
contigui a queste droghe paiono essere i più fragili dal punto di vista
psicologico e progettuale. Per alcuni sono proprio gli stupefacenti lo
strumento con cui compensare l’incapacità di organizzare la propria
identità e il futuro, e per “ridurre” il gap tra le promesse di vita
avventurosa, e la più triste e normale realtà.
La realtà regionale
La percezione del sé dei giovani toscani sembra abbastanza positiva.
Permangono i tipici motivi di insoddisfazione adolescenziali a livello
esistenziale e psicologico, mentre più contenute sono invece le
insoddisfazioni per le relazioni con gli altri. Tra i più giovani (15-19)
sono soprattutto le ragazze ad essere insoddisfatte con il proprio aspetto
fisico. Questo è naturale in una società con modelli estetici di riferimento
molto rigidi. Con il passare degli anni, le giovani toscane sviluppano una
maggiore fiducia in sé stesse e di conseguenza soffrono meno per motivi
estetici.
In una classifica dei tipi di insoddisfazione proposta dall’indagine
IARD (2003), la incapacità di prendere decisioni risulta al secondo posto
delle fonti di insoddisfazione personale tra i giovani toscani, al primo
posto vi è l’incapacità di memoria e concentrazione, al terzo la mancanza
di una tranquillità psicologica.
In Toscana l’appartenenza territoriale è molto forte e anche i giovani
non smentiscono un forte legame con il proprio territorio. Il 40% si
identifica fortemente solo con la propria Provincia, il 66% sente di
49
appartenere alla regione. In Toscana, quindi vige un forte localismo, ma
rispetto all’appartenenza nazionale i giovani toscani si differenziano
sensibilmente. Infatti, solo il 18,5% si sente appartenente alla nazione,
ben dieci punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale. Più di
metà dei giovani inoltre si sente orgogliosa di essere toscana.
Analogamente, sono pochissimi (7%) che dichiarano di essere
insoddisfatti con la vita nella propria regione. I giovani più soddisfatti
sono i maschi che vivono nei centri con meno di 50.000 abitanti.
Gli alti livelli di soddisfazione derivano soprattutto dalle possibilità di
svago e di divertimento, dalla sicurezza sociale (IARD, 2003). In
aumento, inoltre, è la soddisfazione per le opportunità lavorative, per il
funzionamento dei servizi pubblici e per l’offerta di formazione. Rimane,
invece, una certa insoddisfazione per via dei timori per il proprio futuro
e per la pubblica amministrazione che viene ancora vista come poco
efficiente.
Secondo il Rapporto IARD sulla Toscana (1999) bere alcolici e
fumare spinelli sono da tempo comportamenti piuttosto diffusi tra i
giovani della Toscana. Lo sono maggiormente rispetto al campione
nazionale e si tratta di comportamenti prevalentemente maschili; questi
portamenti sono generalmente interpretati come tipici della cultura
giovanile che non sottendono necessariamente condizioni di malessere o
di contestazione.
È avvenuto il passaggio dalla droga – simbolo di marginalità e del
disagio – al concetto di addiction, cioè il consumo di droghe e sostanze
che danno dipendenza all’interno di una realtà normale e di benessere. I
giovani toscani consumano soprattutto droghe leggere come hashish e
marijuana. Di fatto, l’idea di liceità delle droghe leggere si sta
diffondendo sempre di più, cosa che permette anche alle analisi
empiriche di trovare più informazioni su questo aspetto della vita
giovanile.
50
Parallelamente a questo aumento, si è registrato una diminuzione del
consumo di droghe sintetiche. Cresce, invece, la diffusione delle droghe
“legittimate” con particolare riferimento all’alcool, il cui consumo tra
giovani è aumentato del 10% negli ultimi sette anni. Per ciò che riguarda
il tabacco, non ci sono segnali di differenze sostanziali. I giovani più
contigui al mondo della droga sono coloro che risiedono nei centri di
maggior ampiezza, i maschi, provenienti da un background culturale
elevato, all’interno della fascia dai 21 ai 24 anni, quelli che consumano
anche sostanze lecite come alcool e tabacco.
Il diffondersi del consumo di droghe leggere può risultare
preoccupante, ma indica anche la ricerca di una strategia alternativa che
un soggetto che si sta sviluppando adotta per affrontare e risolvere i
compiti richiesti da una fase di vita piuttosto complessa (Ravenna, 1993).
Confortante è sicuramente la scarsa vicinanza dei più giovani tra i 15 e i
20 anni a cocaina ed eroina. Le droghe pesanti mantengono infatti un
ruolo marginale nella realtà giovanile toscana, legate a situazioni di
disagio vero e proprio, dovute soprattutto all’insoddisfazione generale
per la propria vita e a delusioni vissute nei rapporti familiari e lavorativi.
In generale in Toscana non si può però parlare di una correlazione tra
droga e disagio.
La realtà locale
Nella Provincia di Pisa non ci sono indicazioni per differenze
sostanziali dalla realtà regionale. Quando interrogati, i giovani mostrano
insoddisfazione per la scarsa disponibilità di denaro (11,2%),
l’andamento della scuola e del lavoro (8%) e per il modo di trascorrere il
tempo libero (6,8%). Problemi relazionali tra coetanei e all’interno della
51
famiglia appaiono più accentuati tra i ragazzi più giovani (14-19), così
come l’insoddisfazione sul modo di trascorrere il proprio tempo libero.
Per quanto riguarda il consumo di droghe leggere, nella Provincia
riguarda solo il 6,3% dei giovani ed è più frequente tra i maschi e nella
zona di Pisa. Quello di alcolici è pari al 3,4%. Queste ultime percentuali
risultano inferiori a quelle rilevate nelle indagini sui giovani svolte nelle
province di Livorno e Massa Carrara, ma le differenza potrebbe essere
ricondotta ad una diversa formulazione della domanda.13 Ancora più
ridotta è la percentuale di coloro che ritengono di esagerare con il
consumo di stupefacenti (0.9%) e di alcolici (3,1%).
II.9. Partecipazione politica e sociale
La partecipazione alla sfera politica è strettamente collegata con il
valore che i giovani le attribuiscono. In linea con il paragrafo
antecedente, la diminuita importanza della politica nel sistema dei valori
dei ragazzi italiani, si riflette in un minore protagonismo giovanile.
La realtà nazionale
In tutta Italia diminuisce la partecipazione politica dei giovani e
aumenta il loro disinteresse rispetto a quanto rilevato nelle precedenti
indagini. Infatti, nel 2000 il 44,6% dei giovani dichiarano di provare
disgusto per la politica (IARD, 2002). Tra i giovani c’è inoltre una ridotta
identificazione con il sistema partitico. Solo il 57% esprime una
preferenza verso un partito di centro-sinistra o di centro-destra. Il 13 Nell’indagine dell’OPS nella Provincia di Pisa, la domanda era formulata “cosa ti capita di fare con il tuo gruppo di amici”, tra le risposte multiple ci stiamo riferendo a quella “andiamo a farci uno spinello”.
52
restante 43% comprende diversi atteggiamenti politici: quelli che “non
sanno”, quelli che non votano, e quelli che si identificano con il partito
dei Radicali. Questo dato ci indica che la contrapposizione fra sinistra e
destra, così importante in Italia, risulta incapace di “rappresentare”
l’intero spazio delle possibili scelte etiche giovanili.
In una classifica proposta all’interno del rapporto IARD, Ricolfi
(2002) mostra che la maggioranza dei giovani rifiuta il bipolarismo per
rigore morale: i giovani trovano che entrambi i poli siano portatori di una
moralità parziale. Una minoranza dei giovani invece rifiuta i partiti
maggiori perché pongono eccessivi limiti alla domanda di libertà
dell’individuo. Questi giovani possono essere classificati come permissivi.
Questa ultima categoria probabilmente riversa il proprio voto sul partito
dei Radicali, i giovani “rigoristi” invece tendono ad astenersi dal voto.
Sembra palese che i giovani necessitano nuove figure politiche che
sappiano soprattutto convincere per la propria integrità personale ed
proporre un concetto di cultura civica nuovo e integrato.
Come spiegato bene da Beck (2000), la mancata partecipazione
politica non dimostra una caduta dei valori. I giovani sembrano attuare
invece una doppia strategia: “sono una generazione impolitica, in quanto
negano la loro vitalità a Istituzioni troppo chiuse in sé stesse, ma nello
stesso tempo praticano un’antipolitica, ovvero una forma di impegno che
coniuga autorealizzazione e impegno per gli altri, e impegno per gli altri
come auto-realizzazione”. Piuttosto che di una crisi di valori della
politica nei giovani è opportuno parlare di un modo più articolato di
concepire i valori politici, che mette al centro la soggettività, ovvero la
scelta individuale, e che sposta l’impegno in nuove direzioni.
Quanto si integrano i giovani italiani in una società multietnica?
Quanto cioè riescono a contribuire alla formazione di una nuova società
con appartenenze culturali molto diverse? Gli atteggiamenti dei giovani
appaiono ambivalenti. Da un lato sottolineano l’eccessiva presenza di
53
immigrati e percepiscono soprattutto la loro propensione a delinquere,
negando ogni contributo di arricchimento culturale che la diversità porta
con sé. Nonostante questi atteggiamenti diffidenti che si basano anche
sul timore che la presenza degli immigrati possa sottrarre posti di lavoro
e risorse pubbliche agli italiani, sono frequenti anche le dimostrazioni di
solidarietà. La maggioranza, infatti, non vuole negare il proprio aiuto e si
dimostra aperta verso il conferimento dei diritti di cittadinanza, almeno
per coloro, che vivono e lavorano in condizioni regolari.
Non si riscontra, quindi tra i giovani italiani una marcata xenofobia.
Piuttosto sembra che – ricalcando i messaggi mediatici forse – vengano
dirottati sulla questione dell’immigrazione paure e insicurezze attinenti ad
altri aspetti della propria vita, come l’incertezza sullo sviluppo futuro
della società e l’incertezza di poter assumere un ruolo significativo al suo
interno.
Visti gli atteggiamenti verso la politica consolidata, come si dispiegano
le forme alternative di partecipazione alla società? In Italia, i livelli di
partecipazione giovanile ad associazioni volontarie è simile ai livelli
europei. Quasi la metà dei giovani compresi nella fascia dei 15-29 anni
partecipa ad una associazione. Il 54.2% non appartiene ad alcuna forma
associativa. Le attività associative a maggiore partecipazione per i giovani
italiani sono quelle culturali, ricreative o sportive. Quasi il 30% dei
giovani occupa il proprio tempo con attività di questo genere. Subito
dopo troviamo qualche forma di impegno sociale nelle associazioni di
volontariato, di stampo politico sindacale o civico. Ultime in classifica le
associazioni di stampo religioso che però raccolgono ancora l’11% dei
giovani italiani. Positivo sembra il tendenziale aumento della
partecipazione giovanile ad associazioni con qualche connotato di
impegno sociale, a scapito delle attività ricreative e religiose.
Per quanto la partecipazione non sia irrisoria, rimane il dubbio se le
associazioni anche oggi riescono a svolgere il loro ruolo di proiezione
54
dell’individuo all’interno di una società più ampia e di una solidarietà più
lunga. Purtroppo in Italia sembra che anche le attività associative
servono spesso alla chiusura egoistica nel piccolo gruppo e come la
politica, d’altronde, non riescono a raccogliere i frutti del protagonismo
giovanile per la costruzione di una nuova collettività.
La realtà regionale
Anche in Toscana è abbastanza marcata la sfiducia nelle
Istituzioni. Quelle che riscontrano ancora maggior fiducia da parte dei
giovani sono la ricerca scientifica, le associazioni di volontariato, subito
seguiti dall’Unione Europea (IRPET, 2007). La maggioranza però
(28,4%) dichiara di non fidarsi di nessuna istituzione. Per le Istituzioni
politiche, lo scenario è molto simile. La maggioranza dei giovani toscani
non si fida né del Governo, né delle amministrazioni pubbliche.
La disaffezione nei confronti della sfera istituzionale è confermata
anche in Toscana dall’indagine regionale La condizione giovanile in Toscana
(IARD, 2003): la maggioranza dei giovani intervistati esprime un
atteggiamento di distacco, confermato sia dal favore verso la delega,
ovvero ritiene che la politica vada lasciata ai competenti (31%), sia da un
netto rifiuto (21%). I politicamente impegnati rappresentano un'esigua
minoranza (3%). La restante parte (45%), pur dimostrando interesse e
dichiarando di tenersi al corrente della politica, afferma di non
partecipare attivamente.
Per quanto concerne l’attività associativa, la Toscana si allinea
abbastanza alle tendenze nazionali, con qualche differenza, però. Fanno
parte di almeno una associazione in Toscana un po’ meno di metà dei
giovani. La quota dei non associati inoltre è in aumento. Questa tendenza
è dovuta da un lato all’invecchiamento all’interno della popolazione
55
giovanile: aumentano infatti i giovani appartenenti alla fascia d’età 30-34
che tendenzialmente partecipano meno alla vita associativa. Dall’altra
parte diminuisce proprio l’attrazione che le associazioni esercitano anche
sulle fasce d’età inferiori.
I giovani toscani partecipano a diverse tipologie di associazioni come
quelle sportive e culturali, ma anche a quelle con connotati di impegno
sociale, politico e sindacale. Le preferenze variano soprattutto in base al
genere. I più attivi sono i ventenni (20-29) rispetto ai teenager (13-19) e
agli adulti giovani (30-34). Per ciò che riguarda le associazioni religiose
invece, la partecipazione è inferiore ai livelli nazionali. Solo gli scout
riescono ad attirare i giovani toscani con la stessa intensità misurata a
livello nazionale.
Permangono nell’intero paesaggio associativo alcune tendenze di
esclusione abbastanza forti: soprattutto le femmine e i provenienti da
famiglie di basso livello culturale sono meno rappresentati all’interno
delle associazioni, tra questi ultimi sono due terzi coloro che non
partecipano a nessuna attività associativa. Ancora una volta troviamo che
il sistema non riesce pienamente a includere i giovani svantaggiati.
Questa differenza in termini di appartenenza sociale è meno marcata per
le associazioni sportive, dove è più forte invece il divario tra ragazzi e
ragazze a vantaggio dei primi.
La realtà locale
Nel territorio della Provincia di Pisa, nessuna indagine si è soffermata
più di tanto sull’impegno politico dei giovani. Lo scarso interesse per
l’universo politico dei giovani è però confermato da alcune modalità di
risposte che rientrano in altre aree tematiche. Ad esempio l’OPS rileva
che rispetto ad una serie di cose che si fanno con il proprio gruppo di
56
amici, la maggior parte dei giovani afferma che non si discute per nulla di
politica. Questo testimonia che il confronto politico non rientra quasi per
nulla tra le priorità: non solo non si fa esperienza di militanza politica,
dunque, ma se ne parla anche pochissimo con i propri coetanei.
Anche la partecipazione ai sindacati, che connotano la difesa dei
propri interessi attraverso i canali democratici consolidati, è abbastanza
ridotta. Nella Provincia di Pisa, solo il 14,1% dichiara di essere iscritto ad
un sindacato o un’associazione di categoria (OPS, 2003). Le
partecipazioni più alte si registrano nell’Alta Val di Cecina (24,1%) e nella
Valdera (23,5%). Molto più ridotta è l’iscrizione a sindacati ed
associazioni di categoria in Valdarno (9,5%), la Bassa Val di Cecina
(5,6%). Nella zona di Pisa la quota di giovani iscritti risulta addirittura
essere nulla.
Nonostante la ridotta partecipazione politica ufficiale, fra i giovani di
Pisa si nota una maggiore inclinazione all’associazionismo di impegno
sociale. Infatti il 38,2% dei giovani che partecipa ad una attività
associativa lo fa in campo politico, ambientale o civile. Quasi la stessa
attrazione hanno le associazioni sportive e culturali (35,9%). Il 13,5%
degli associati invece svolgono attività religiose. Questo dato è maggiore
rispetto a quelli registrati a livello regionale e nazionale.
Il problema del quadro partecipativo della Provincia di Pisa rimane
quello dell’incapacità di farsi sentire dal mondo degli adulti e di creare
una voce collettiva. Gli sforzi si consumano in un impegno personale
all’interno del terzo settore. I giovani sono attori attivi ma invisibili.
III. I servizi offerti ai giovani e il loro riscontro
Diversi servizi sono stati offerti ai giovani a vari livelli territoriali. Da
un lato vi sono tutte le attività culturali, di svago e ricreative. Qui ci
57
concentreremo sui servizi di orientamento che rappresentano un
importante risorsa per i giovani in alcuni momenti decisivi del loro
percorso formativo e professionale.
Vengono classificate come servizi di “orientamento specialistico”
tutte le attività prodotte da un esplicito sforzo organizzativo volto a
coinvolgere persone dotate di competenze specifiche in merito alle scelte
che gli studenti devono compiere, come incontri promossi dalle scuole
superiori e dalle università, i campus, le fiere di orientamento organizzate
da enti pubblici o privati, i servizi di orientamento (IARD, 2003).
I servizi offerti dalle Istituzioni scolastiche e universitarie rivolgono
preferenzialmente le informazioni e le attività di orientamento agli
studenti che restano all’interno del sistema scolastico. Permangono però
grave carenze:
- nel recuperare i giovani che sono usciti dal sistema
scolastico,
- nell’istituire una rete di informazione formale che
compensi le carenze delle reti informali, soprattutto per coloro
che provengono da un background instabile e caratterizzato da
bassi livelli di istruzione,
- nel compensare le carenze di formazione scolastica con
una maggiore varietà di offerta di percorsi professionalizzanti,
- nel raggiungere i giovani provenienti dalle famiglie
“svantaggiate”
In Toscana, solo una scuola su quattro promuove incontri di
orientamento. Le università raggiungono solo il 16% di coloro che
giungono a termine della scuola secondaria superiore. Mentre
l’orientamento formale può sempre essere integrato con quello
informale, è preoccupante che un terzo dei diplomati si avvalgono solo
58
di consigli di amici e genitori (IARD, 2003). Nell’accesso a servizi di
orientamento ancora una volta l’influenza delle origini sociali risulta
decisiva.
I servizi offerti sul territorio regionale, risultano scarsamente
conosciuti, soprattutto quelli a carattere socio-assistenziale. I servizi più
noti sono le biblioteche, gli inform@giovani e i corsi di formazione di
tipo informatico e linguistico. I giovani con minori possibilità di
conoscenza dei servizi sono quelli dei piccoli centri, provenienti da
background culturale basso, e i giovani lavoratori. Un’eccezione è
rappresentata dai centri di collocamento che sono mediamente più
conosciuti dai giovani lavoratori, piuttosto che dagli studenti. Rimane
però preoccupante il fatto che coloro che si trovano in una situazione di
potenziale difficoltà siano anche quelli che possiedono meno
informazioni sui servizi che potrebbero aiutare loro (IARD, 2003).
Anche se i centri inform@giovani sono conosciuti ed apprezzati, solo
il 26,3% dei giovani toscani li ha utilizzati almeno una volta. L’indagine
IARD (2003) mostra che il margine di miglioramento di questo servizio,
che può vantare un ottima reputazione tra i giovani, sta principalmente in
una maggiore pubblicità del servizio, soprattutto a livello istituzionale, in
modo da facilitarne l’accesso e la fruizione.
La soddisfazione dei giovani toscani per i servizi offerti varia in
relazione al tipo di servizi. Gli inform@giovani, come precedentemente
sottolineato, riportano un giudizio molto complessivo da parte di tutti
coloro che ne hanno usufruito. Riguardo ai centri per l’impiego il
giudizio dei giovani, invece, è complessivamente negativo. Per ciò che
riguarda gli altri servizi come le attività culturali, di svago e ricreative i
giovani non sembrano insoddisfatti dell’offerta del territorio: il livello di
soddisfazione è alto per i cinema, le biblioteche e le manifestazioni
sportive. Pochissimi dichiarano di aver utilizzato altre strutture come i
59
CAG (8%)14 o il SERT (1,7%). Più conosciuti (il 28% dichiara di
conoscerli) rimangono i consultori per adolescenti, ma solo il 15% dei
giovani che ne hanno usufruito (IARD, 2003).
Secondo il campione dell’indagine IARD (2003), la popolazione
giovanile toscana reclama maggiori opportunità di manifestazioni
culturali e di svago. Richiede, inoltre, più agevolazioni per favorire
l’ingresso nel mondo del lavoro, più centri da dedicare ad attività
polivalenti e una maggiore offerta di corsi di lingue e di informatica.
Anche la richiesta di nuovi impianti sportivi è consistente, soprattutto tra
i più giovani, per i quali le attività sportive occupano un posto centrale
nella fruizione del tempo libero. Poco richiesti sono i centri per i giovani
a scopo informativo e orientativo. Lo stesso campione però, dichiara
anche di desiderare maggiori informazioni sugli stessi centri
informagiovani e sulle loro funzioni ed attività. Questa contraddizione fa
pensare che i giovani stessi non hanno le idee molto chiare sulle proprie
esigenze di assistenza.
Nella Provincia di Pisa, il 43,7% degli intervistati è poco informato sui
servizi di orientamento esistenti, il 29,9% lo è “abbastanza” e il 9,4% ne
ignora l'esistenza. I più informati sono i soggetti residenti nell'area Pisana
(OPS, 2003). Nonostante negli ultimi anni ci sia stata una crescita degli
strumenti di orientamento al mondo del lavoro, la stragrande
maggioranza degli intervistati ha ricevuto aiuto ricorrendo ai canali
informali. Le reti di prossimità parentali (60%) e amicali (33,1%) sono
quelle che hanno offerto il maggior sostegno. Solo circa il 3% dei
soggetti ha ottenuto un aiuto rivolgendosi alle agenzie – private o
pubbliche – di formazione e informazione.
14 Centro di Aggregazione Giovanile
61
Conclusioni
Dal quadro conoscitivo finora ricostruito, emerge che per quanto la
popolazione giovanile abbia negli ultimi anni costituito uno dei target
prioritari dell’azione politica (tanto a livello nazionale che locale) ci sono
ancora margini di miglioramento rispetto all’obiettivo della soddisfazione
dei bisogni della popolazione giovanile. È così ad esempio per tutti i
servizi di orientamento che dovrebbero migliorare nell’attività di
matching qualitativo tra offerta e domanda di lavoro. Si profila anche
l’esigenza di garantire una maggiore sicurezza sui ritorni
dell’investimento nell’istruzione in termini occupazionali. Questo
richiederà soprattutto interventi sul mercato del lavoro, come per
esempio sui differenziali retributivi in base al titolo di studio e sui lunghi
periodi di inserimento nel mercato del lavoro.
Un altro ambito cruciale concerne il rafforzamento del raccordo tra
sistema formativo e occupazionale, tra i percorsi scolastici tradizionali e il
settore della formazione professionale. Rimane da affrontare anche
l’equilibrio tra l’offerta di opportunità di formazione integrativa per
coloro che hanno un percorso formativo debole, incompleto e
connotato da problemi di dispersione. Attualmente sono ancora coloro
che giungono al termine dell’istruzione terziaria ad avere più opportunità
di formazione rispetto a coloro che invece si sono fermati ad
un’istruzione secondaria o che hanno interrotto gli studi in precedenza.
Servono inoltre più interventi di sensibilizzazione, sia per fronteggiare
i timori dei giovani suscitati dalla crescente presenza degli immigrati, sia
per facilitare la fuoriuscita dalla “cerchia ristretta” di relazioni
interpersonali all’interno della quale molti giovani sembrano rinchiudersi.
Pertanto sarebbe utile predisporre specifici spazi destinati ai giovani e
allo svolgimento delle loro attività - senza comunque farne degli spazi
separati dalla società o dei luoghi di “segregazione generazionale”, e
62
soprattutto offrire loro delle possibilità per realizzare i propri progetti, e
rafforzare le opportunità per ampliare i propri interessi e “riempire” in
modo significativo e soddisfacente il proprio tempo, stimolando peraltro
anche l’autonoma progettazione di queste nuove iniziative. Questo
aiuterebbe a prevenire la solitudine e la noia che incombe
pericolosamente su una parte dei giovani, e ad avvicinarli a quelle
Istituzioni sociali che sembrano così lontane ed estranee rispetto alle loro
esperienze di vita.
Occorre anche dare delle risposte adeguate al disagio che potrebbe
insorgere dall’eccessivo prolungamento della condizione adolescenziale e
al bisogno di orientamento dei giovani. Sarebbe opportuno rinnovare
l’impegno educativo ed incentivare delle politiche sociali in grado di
facilitare l’accesso dei giovani al mondo adulto e di promuovere la
capacità di scelta entro una società estremamente complessa. Si tratta
quindi di agire su diversi piani, anche in questo caso una valida strategia,
seppure parziale rispetto alla globalità del problema considerato,
potrebbe essere quella di “(…)coinvolgere direttamente i giovani nella
progettazione e nella gestione di servizi sociali che li riguardano in prima
persona, e più in generale accogliere la loro domanda di una maggiore
partecipazione alle Istituzioni di cui fanno parte, dalla famiglia alla scuola,
[questo] potrebbe essere un modo di aiutarli a crescere, e di considerarli
come soggetti attivi e titolari di una piena cittadinanza” (Gisfredi, 2003).
Questi sono i possibili interventi per offrire un numero maggiore e
migliore di servizi ai giovani da parte delle Istituzioni in generale. Anche
nella Provincia di Pisa questi interventi sarebbero adeguati. In generale i
giovani della Provincia non sembrano particolarmente a disagio, ma anzi
presentano per certi verso una “performance” migliore dei coetanei
toscani e italiani: consumano meno droghe leggere e legittimate e sono
più attivi in associazioni d’impegno sociale. Una zona alla quale prestare
particolare attenzione è la Bassa Val di Cecina, dove si registrano livelli
63
più alti di insoddisfazione con riferimento sia ai percorsi formativi – che
sono anche più corti – che al mercato di lavoro – che è caratterizzato da
livelli di mobilità molto inferiori al resto della Provincia. Anche in
Valdarno e in Valdera i giovani dimostrano insoddisfazione per alcuni
aspetti della propria vita, rispettivamente per i percorsi scolastici e per la
situazione lavorativa. Nella zona pisana i giovani sembrano più
soddisfatti in generale: il disagio scolastico misurato in termini di
ripetenze e interruzioni è inferiore e il mercato del lavoro è più mobile. I
giovani, infatti, si dichiarano più soddisfatti.
Occorre anche “tenere in considerazione la richiesta di molti ragazzi
della Provincia di Pisa di passare più tempo con i propri genitori, il loro
bisogno di essere ascoltati dagli adulti e compresi dai loro insegnanti.
Dunque accanto alla predisposizione di servizi e interventi volti a
soddisfare direttamente le aspettative ed i bisogni dei giovani, sarebbe
opportuno predisporre anche servizi e interventi rivolti agli adulti, in
primo luogo genitori e educatori, per facilitare la comunicazione con i
ragazzi ed aiutarli a compiere scelte autonome” (Gisfredi, 2003).
67
Introduzione
La letteratura nazionale, regionale e locale ha evidenziato gli aspetti
critici della condizione giovanile. La seconda parte della presente
indagine intende verificare nel dettaglio i risultati ottenuti dalla
letteratura, comparandoli con l’immagine raccolta dal sistema degli
Informagiovani della Provincia di Pisa. Questa seconda parte è
strutturata nel modo seguente: le note metodologiche spiegano limiti e
punti di forza dell’impostazione dell’indagine. Seguono i risultati che in
primis descrivono il panorama dei bisogni della popolazione giovanile
della Provincia, e successivamente cerca di approfondire quegli aspetti
per i quali l’indagine è riusita a raccogliere informazioni più qualificate e
strutturate. L’ultima parte suggerisce poi una serie di strategie da adottare
per migliorare la condizione giovanile nel territorio provinciale.
IV. Note metodologiche
IV.1. Perchè gli Informagiovani
L’analisi empirica dei bisogni giovanili pone sempre alcuni problemi
di ordine metodologico che, anche nel caso della nostra ricerca, è
necessario esplicitare al fine di consentire una migliore comprensione
delle scelte che il gruppo di lavoro ha dovuto fare sugli strumenti e sulle
tecniche di indagine.
L’intervista diretta ai giovani in prima battuta potrebbe sembrare il
metodo in linea di principio più immediato ed esaustivo per la
rilevazione del “bisogno”. Tuttavia il carattere fluido ed estremamente
soggettivo del “bisogno”, consiglia di non poggiare l’analisi di questo
concetto-obiettivo solamente su quanto rilevabile attraverso il solo
68
“punto di vista del giovane”. Oltre ad essere molto costosa (in termini di
risorse e tempi necessari) questa metodologia presenterebbe, infatti,
alcuni limiti derivanti dall’accentuazione di una sola prospettiva
interpretativa, a meno che non si voglia indagare proprio questo aspetto.
Per questo motivo generalmente le ricerche di terreno sui “bisogni
giovanili” affiancano alle rilevazioni del punto di vista dei giovani quelle
di alcuni “testimoni qualificati”, che abbiano esperienza diretta dei
bisogni giovanili per motivi di studio (ricercatori), professionali
(insegnanti, educatori, operatori socio-sanitari, etc.) o di forte adesione
empatica ( ad es. familiari). Consapevoli di questa necessità
metodologica, la ricerca in oggetto ha voluto contribuire alla conoscenza
dei bisogni dei giovani in Provincia di Pisa (rilevata nel 2003
dall’Osservatorio per le Politiche Sociali attraverso una importante survey)
attraverso la realizzazione di una nuova indagine empirica questa volta
condotta “dal punto di vista esterno”.
Quando si ricorre al punto di vista “esterno”, è necessario rivolgersi a
soggetti a stretto contatto con i giovani, e con molti giovani diversi. Il
sistema degli Informagiovani della Provincia di Pisa effettivamente gode
di una posizione privilegiata: I servizi offerti sono vari, dalla mera
divulgazione di materiale informativo per percorsi formativi e offerte di
lavoro all’orientamento attivo e l’organizzazione di eventi aggregativi e
culturali. La distribuzione sul territorio è estremamente capillare (33
punti Informagiovani sul territorio dell’intera Provincia). L’esperienza
degli Informagiovani – attivi da circa otto anni – mostra che queste
strutture entrano in contatto con giovani appartenenti a diverse realtà
territoriali e sociali che si rivolgono a loro per i più svariati motivi. Il
sistema degli Informagiovani, dunque può offrire una buona immagine
complessiva dei bisogni della popolazione giovanile della Provincia. Un
ulteriore punto a favore della scelta di coinvolgere gli Informagiovani sta
nella loro posizione istituzionale: hanno il vantaggio di essere un punto
69
di snodo tra giovani, le Istituzioni e la politica locale. Questo è rilevante
perchè possono sottolineare eventuali difetti strutturali che si riflettono
in un gap tra domanda e offerta nei servizi per i giovani.
La scelta di coinvolgere attivamente i punti Informagiovani deriva
dunque dal fatto che si tratta di un servizio nato per ascoltare e
soddisfare i bisogni dei giovani, ed è una esperienza istituzionale valutata
come molto positiva sia dai giovani che dai livelli politici locali. La
performance positiva degli Informagiovani è legata al fatto che in una
realtà locale piccola gli operatori hanno modo di seguire i singoli utenti
con una ricerca costante e approfondita. Gli utenti poi risultano
generalmente soddisfatti visto che i punti Informagiovani riescono
spesso – se attrezzati – a fornire una risposta immediata ai bisogni degli
utenti. In alcune realtà molto piccole, il punto Informagiovani diventa un
luogo di ritrovo per i ragazzi che ne approfittano soprattutto per
utilizzare internet.
Il ruolo importante degli Informagiovani nel rilevare i bisogni
giovanili ha chiaramente anche degli svantaggi: in primis, gli
Informagiovani non possono percepire tutti i bisogni giovanili. Essendo
soprattutto un’istituzione che fornisce servizi di orientamento e di
divulgazione di informazione per il lavoro e gli studi, entra
principalmente in contatto con le esigenze legate alla ricerca del lavoro e
l’insoddisfazione con gli studi. Altre dimensioni della condizione
giovanile come la formazione dell’identità e il ruolo sociale sono
tematiche meno frequenti all’interno dei punti Informagiovani.
Un secondo limite metodologico sta nella rappresentatività del
campione (indiretto) dei giovani. Di fatto, gli Informagiovani entrano in
contatto con una parte dei giovani, quelli che effettivamente vanno alla
ricerca di un servizio. Non sono compresi nella popolazione giovanile
“osservata” tutti coloro che non si rivolgono al servizio.
70
IV.2. Il metodo di analisi
Per la raccolta di informazioni è stato scelto di utilizzare lo strumento
del questionario strutturato, che è stato somministrato a tutti i
responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale. Nel
disegno del questionario si è cercato di tenerlo il più aperto possibile per
lasciare spazio alle opinioni soggettive dei responsabili.15 Il metodo
presenta indubbiamente alcuni potenziali limiti ai quali si è cercato di
ovviare nel modo seguente:
Il responsabile del punto Informagiovani potrebbe non essere a
diretto contatto con l’utenza del Centro. Per evitare questo errore, ai
responsabili è stato chiesto di collaborare con o eventualmente di
delegare il compito agli operatori attivi nel Centro. Si è, infatti, preferito
raccogliere le opinioni di coloro che sono a maggior contatto con i
giovani piuttosto che quelle dei refenti istituzionali.
Un secondo problema è che molti punti Informagiovani della
Provincia sono gestiti dalle stesse persone. Chiaramente un’ analisi che si
basa sulla somministrazione di un questionario che rileva le opinioni
soggettive perde rilevanza se gli intervistati sono gli stessi individui: per
evitare parzialmente questo errore, nell’analisi dei dati è stato tenuto
conto della ripetizioni di opinioni espresse dalla medesima persona.
Per integrare l’opinione rilevata interrogando il Sistema
Informagiovani, sono stati condotti due Focus Group con altri soggetti
per raccogliere ulteriori stimoli interpretativi e suggerimenti da parte di
altri attori in contatto con i giovani e da parte dei giovani stessi. Il primo
Focus Group ha raccolto le opinioni degli operatori sociali e le
considerazioni del Presidente della Consulta Giovani di Pisa su alcuni dei
bisogni più salienti della popolazione giovanile. Il Focus si è svolto nel
giorno 13 Novembre 2007 presso la Provincia di Pisa. Il secondo Focus
15 Il questionario è allegato nell’appendice.
71
si è svolto all’interno della trasmissione radio “Giovani a Progetto” sulla
frequenza PUNTORADIO in data 7 Dicembre 2007. A questo secondo
Focus, hanno partecipato sei giovani della Valdera tra i 17 e i 24 anni.16 I
temi trattati si sono concentrati sulla necessità di orientamento scolastico,
le paure legate al mondo del lavoro, e il ruolo dei giovani all’interno della
società. I due Focus Group sono stati utili per integrare aspetti di quei
bisogni dei giovani che vanno al di là della formazione, e il mondo del
lavoro.
IV.3. L’ampiezza del campione
L’indagine ha coinvolto tutti i punti Informagiovani sul territorio della
Provincia. Sono stati raccolti questionari da 30 punti Informagiovani
distribuiti tra le quattro zone della Provincia. Il grafico 4.1 mostra la
distribuzione degli Informagiovani nell’Area Pisana, la Valdera, il
Valdarno Inferiore e la Val di Cecina interna.
16 In particolare hanno partecipato due ragazzi e due ragazze di 17 anni (che frequentano diverse Scuole Medie Superiori), un ragazzo di 20 anni (che lavora), una ragazza di 24 anni (iscritta ad un dottorato di ingegneria nucleare).
72
4.1.: Distribuzione (percentuale) dei punti Informagiovani per
Sistemi Economici Locali17
16,7
40,013,3
30,0
Valdarno Valdera Area Pisana Val di Cecina
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
Nella Provincia di Pisa il servizio fornito dai punti Informagiovani
non viene utilizzato esclusivamente dai giovani. In molti casi l’aiuto
pratico che questo serivizio fornisce nella ricerca di un lavoro adeguato,
viene richiesto anche da individui adulti che sono ugualmente esposti alla
precarietà del mercato del lavoro e al difficile matching qualitativo tra
domanda e offerta di lavoro. Soprattutto nelle realtà dei Comuni più
piccoli questo fenomeno è rilevante, dato che altre strutture come il
Centro d’Impiego non sono geograficamente vicini o facilmente
raggiungibili. Il grafico 4.2. mostra la distribuzione per fasce d’età
dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio della Provincia di Pisa.
17 In totale, l’indagine riporta le opinioni dei referenti di 29 punti Informagiovani del territorio della Provincia di Pisa: 5 nel Valdarno, 12 nella Valdera, 4 nell’area Pisana e 9 nella Val di Cecina Interna. Il numero di soggetti che hanno espresso la propria opinione è 19.
73
É facile notare che quasi tre quarti degli utenti ha più di 25 anni. Di
aspetto rilevante è che è soprattutto la fascia d’età maggiore (dai 30 ai 35
anni) ad utilizzare di più i servizi degli Informagiovani. Molti Punti
hanno inoltre dichiarato di fornire servizi anche e soprattutto ad un’
utenza caratterizzata da persone con più di 35 anni. In media il 34%
dell’utenza dei punti Informagiovani della Provincia supera i 35 anni.
Ridotta è la frequenza di giovani in età scolastica, invece, che si aggira
attorno il 12,5%.
74
4.2.: L’utenza dei punti Informagiovani della Provincia di Pisa, per
fasce d’età18
2,8 9,7
18,7
24,9
43,8
0-14 15-19 20-24 25-29 30-35
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
18 I dati si riferiscono alla domanda 3 del questionario nella quale viene chiesto al punto Informagiovani di indicare la distribuzione per fasce d’età della propria utenza. Nel grafico, l’ultima fascia d’età (30-35 anni) comprende anche tutti gli utenti con più di 35 anni.
75
4.3: L’utenza dei punti Informagiovani nei quattro SEL (Sistemi
Economici Locali)19
Valdera
3,9 9,8
18,5
27,8
40,0
0-14 15-19 20-24 25-29 30-35
Valdarno Inferiore
2,818,4
18,6
23,8
36,4
0-14 15-19 20-24 25-29 30-35
19 Per i diversi SEL sono stati inclusi i dati dei punti IG dei seguenti comuni: i. Per la Valdera: Bientina, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Lari, Palaia, Ponsacco, Pontedera, Terriciola; ii. Per il Valdarno: Castelfranco di Sotto, Orentano, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte; iii. Per la Val di Cecina: Casale Marittimo, Castellina Marittima, Castelnuovo di Val di Cecina, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Riparbella, Santa Luce, Volterra; iv. Per l’area Pisana: Buti, Cascina, Pisa, San Giuliano Terme.
76
Area Pisana
2,5 4,0
25,0
36,3
32,3
0-14 15-19 20-24 25-29 30-35
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
Nella valutazione delle risposte date dai responsabili degli
Informagiovani va quindi tenuto conto del fatto che queste strutture
tendono ad entrare in contatto soprattutto con ventenni e trentenni alla
ricerca di lavoro o altre opportunità formative. I bisogni dei
giovanissimi – ragazzi delle Scuole Medie Inferiori e Superiori – ,
risultano quindi meno rilevabili all’interno dei punti Informagiovani.
Questo è risultato nelle opinioni dei responsabili, che infatti hanno
sottolineato soprattutto i bisogni dei giovani legati alle difficoltà di
entrata (e permanenza) nel mercato del lavoro. Altre tipologie di
bisogni e le necessità dei ragazzi più giovani sono invece stati trattati
con maggiore profondità durante i due Focus Group svolti per
l’indagine.20 Soprattutto il secondo Focus ha coinvolto diversi ragazzi
20 Al primo Focus Group hanno partecipato: Christian Pardossi – Assessore Politiche giovanili Castelfranco di Sotto, Luigi Mangeri – Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno Inferiore relativamente alle politiche per i giovani San Miniato, Oriana Perrone – Presidente Consulta giovani di Pisa, Giovanni Cioli – Fondazione Charlie Pontedera, Andrea Bianchi Segretario Associazione Avis di Pisa. Al secondo Focus Group hanno partecipato: Clarissa (17 anni) di Madonna dell’Acqua – frequenta la Scuola Superiore Magistrale a Pisa, Andrea (17 anni) di San Giuliano Terme – frequenta il Liceo Artistico a Lucca, Andrea (20 anni) di Pontedera – Lavora in una ditta informatica e fa parte della redazione della trasmissione „Per l’apppunto –
77
delle Scuole Medie Superiori che hanno saputo esprimere bene i
propri bisogni.
V. I risultati
V.1. I bisogni della popolazione giovanile della Provincia
di Pisa
Il grafico 5.1 mostra l’elenco dei bisogni più salienti dei giovani della
Provincia di Pisa secondo l’immagine raccolta dal Sistema
Informagiovani. Nel questionario somministrato ai responsabili sono
stati elencati 16 bisogni (Domanda N. 9), raggruppati per le seguenti
tematiche: studi, lavoro, identità e società. Come si denota chiaramente
dal grafico, il maggior numero di segnalazioni si concentra all’interno del
gruppo di bisogni legati al lavoro.
parliamone“, Walter (17 anni) di Santa Maria a Monte – frequenta il Liceo Scientifico a Pontedera, Angela (24 anni) di Chieti – iscritta al Dottorato di Ricerca in Ingegneria Nucleare a Pisa, Giulia (17 anni) di Pisa – frequenta il Liceo Linguistico a Pisa, Fabio De Marco nelle vesti di redattore e conduttore radiofonico.
78
5.1.: I bisogni dei giovani della Provincia di Pisa, suddivisi per ambito
tematico
Suddivisione dei bisogni emergenti della popolazione giovanile, per
ambito tematico
15,3 54,6 15,3 14,7
0% 20% 40% 60% 80% 100%
studi lavoro identità società
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
79
5.2.: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate al mondo del
lavoro – Provincia di Pisa
30,3
2,2
30,3
10,1
13,5
10,13,4
disoccupazione sottoccupazione instabilità
spostamento guadagno abitazione
scelte riproduttive
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
Tra i problemi legati al mondo del lavoro, quelli che i rispondenti
hanno segnalato come maggiori per i giovani sono soprattutto la
disoccupazione e la precarietà. La maggiore preoccupazione dei giovani
sta nell’ incertezza e nell’instabilità del posto di lavoro. I giovani
sembrano meno intimoriti dal fenomeno della sottoccupazione.
Connesse all’inaffidabilità del mondo del lavoro sono tutte le
preoccupazioni legate all’insufficienza della retribuzione: molti
responsabili hanno infatti indicato lo stesso compenso economico come
80
una delle principali preoccupazioni dei giovani. Collegata a questo
aspetto sembra essere la necessità di trovare una sistemazione abitativa
non eccessivamente costosa, soprattutto tra i giovani con più di 25 anni.
Una ulteriore problematica affrontata dai giovani della Provincia, è legata
allo spostamento per motivi di lavoro. Come si vedrà nei paragrafi di
approfondimento, lo spostamento per motivi di lavoro è strettamente
legato all’offerta di lavoro nel contesto locale, l’offerta disponibile in
contesti vicini, le infrastrutture di trasporto presenti sul territorio – che
svolgono un importante ruolo nell’abbattimento dei costi, e la
disponibilità economica e mentale del soggetto giovane a spostarsi. I
grafici 5.3-5.6 mostrano le differenze tra i diversi sistemi economici locali
per ciò che riguarda le preoccupazioni legate al mondo del lavoro:
81
5.3-5.6: Le maggiori preoccupazioni dei giovani legate
al mondo del lavoro nei diversi SEL
Valdarno Inferiore
27,3
9,1
27,3
0,0
18,2
9,1
9,1
Valdera
33,3
0,0
30,6
8,3
11,1
16,7
0,0
82
Val di Cecina
25,0
3,1
28,1
15,6
18,8
6,33,1
Area Pisana
0,0
0,0
10,0
40,0 0,0
40,0
10,0
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
83
In tutto il territorio della Provincia le preoccupazioni dei giovani
legate al mondo del lavoro si concentrano soprattutto nel timore di
rimanere disoccupati e nell’instabilità dell’impiego. Queste
preoccupazioni “generali” coprono più del 50% delle segnalazioni in
tutte le aree dei SEL. Ci sono però alcune differenze sostanziali tra i
diversi sistemi economici locali:
Nell’area pisana l’80% delle preoccupazioni dei giovani derivano dalle
caratteristiche del mercato del lavoro (eccesso di offerta e precarietà
dell’impiego). Oltre a queste, i giovani dell’ area pisana incontrano
difficoltà a congiungere le scelte lavorative con quelle di crearsi una
famiglia. Anche il “doversi spostare per il lavoro” viene segnalato come
problematico – questo almeno nel comune di Buti.
Nel Valdarno Inferiore, lo spostamento invece non viene segnalato
come una delle preoccupazioni salienti dei giovani. Qui le
preoccupazioni “generali” del lavoro sono leggermente inferiori (54,4%)
ma anche più sfaccettate: qui il fenomeno della sottoccupazione è
maggiormente percepito (9,1%), così come la preoccupazione per la
bassa retribuzione (18,2%). I referenti della zona segnalano inoltre come
preoccupazioni rilevanti dei giovani, quelle di riuscire a trovare
un’abitazione propria e di riuscire a congiungere le scelte matrimoniali e
di filiazione con quelle lavorative (entrambi il 9,1%).
Più simili sono i profili dei bisogni legati al mondo del lavoro della
Valdera e della Val di Cecina Interna. In quest’ultima i bisogni risultano
più diversificati. Di particolare rilevanza sembrano essere i bisogni legati
alla mancanza di infrastrutture per il trasporto. Infatti, il 15,6% delle
preoccupazioni dei giovani vertono attorno allo spostamento per motivi
di lavoro. Anche la preoccupazione per il guadagno economico (18,8%)
risulta rilevante. Secondarie sembrano essere le preoccupazioni per
trovare un’abitazione propria (6,3%) e la difficoltà di congiungere le
scelte riproduttive e matrimoniali con quelle lavorative (3,1%). La
84
Valdera si distingue per una maggiore rilevanza del bisogno di trovare
un’abitazione propria (16,7%). Le difficoltà di spostamento e il ridotto
stipendio sono aspetti rilevanti per rispettivamenti l’8,3% e l’11,1% dei
referenti della zona.
Per quanto riguarda i bisogni dei giovani legati all’ambito degli studi,
anche qui si manifestano preoccupazioni che si ricollegano al mercato del
lavoro. Il 75% dei punti Informagiovani segnalano che l’inadeguatezza
degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro è una delle
preoccupazioni più grandi dei giovani.
Nonostante la preponderanza dei bisogni legati al lavoro, i punti
Informagiovani hanno segnalato come prioritari anche altre
problematiche legate all’ambito dello sviluppo dell’identità dei giovani e il
loro rapporto con la società in generale. Più della metà dei Punti
Informagiovani del territorio Provinciale (61%) segnala come prioritaria
la preoccupazione di “trovare un ruolo all’interno della Società”. Il 29%
suggerisce inoltre che i giovani non sanno come impegnare il proprio
tempo libero. I giovani della Provincia di Pisa non sembrano, invece
avere alcuna difficoltà a socializzare con altri giovani. Per quanto
riguarda il rapporto che i giovani mantengono con il resto della società, il
sistema Informagiovani indica che la preoccupazione più sentita da parte
dei giovani è l’inaffidabilità delle Istituzioni – il 57% la indica come una
delle preoccupazioni prioritarie – seguita dalla paura per la crescente
immigrazione (18%) e da aspetti più esistenziali e di crisi di valori (11%).
Il grafico 5.7 riassume le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo
al proprio futuro come percepite dal sistema Informagiovani del
territorio della Provincia.
85
5.7.: I bisogni emergenti della popolazione giovanile della Provincia di
Pisa – la percezione dei punti IG riguardo alle principali preoccupazioni:
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
% di punti IG che
segnalano il
bisogno come
prioritario
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
N. del bisogno
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
86
Per l’ambiente tematico STUDI: 1. La mancanza di un adeguata
offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. Doversi
spostare per gli studi; 3. L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze
del mercato del lavoro
Per l’ambiente tematico LAVORO: 4. La disoccupazione; 5. La
sottoccupazione; 6. L’instabilità dell’impiego; 7. Doversi spostare per il
lavoro; 8. Il guadagno economico; 9. Trovare una sistemazione abitativa;
10. Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative
Per l’ambiente tematico IDENTITÀ: 11. Trovare un ruolo all’interno
della società; 12. Socializzare con altri giovani; 13. Come impegnare il
proprio tempo libero
Per l’ambiente tematico SOCIETÀ: 14. La crescente immigrazione;
15. L’inaffidabilità delle Istituzioni; 16. Esistenziali e di crisi di valori
V.2. Differenze all’interno della popolazione giovanile
Una volta delineati i bisogni più salienti della popolazione
giovanile in generale, è giusto cercare di identificare le differenze
qualitative tra giovani con caratteristiche diverse. A questo scopo, il
questionario ha cercato di rilevare le opinioni dei responsabili riguardo a
differenze sostanziali nell’incidenza dei bisogni tra diverse tipologie di
giovani. Non tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato delle
differenze sostanziali, ciononostante sono emersi alcuni aspetti
interessanti.
87
Giovani adulti (oltre i 25 anni) e i giovanissimi (14-25 anni)
Le differenze tra i giovani appartenenti a diverse fasce d’età variano in
base all’età di entrata nel mondo del lavoro, ma anche dalle possibilità di
accedere agli studi, di spostarsi e di fare esperienze diverse nella vita.
Tenendo conto che la maggioranza dei giovani oltre i 25 anni sia già
entrata nel mercato del lavoro, e che i giovanissimi invece non lo siano,
questo comporta una serie di differenze nella percezione dei propri
bisogni rispetto agli studi e il lavoro stesso. I Punti Informagiovani
segnalano che i giovanissimi hanno grande difficoltà ad associare lo
studio con il mondo del lavoro, perchè sono consapevoli che al termine
del ciclo di studi difficilmente troveranno un tipo di impiego attinente al
titolo di studio conseguito. Infatti, i giovanissimi sono maggiormente
disponibili a svolgere lavori saltuari e precari: se attivi, effettuano tirocini
oppure hanno guadagni medio-bassi.
Tra i giovani oltre i 25 anni sono diverse le esigenze e i bisogni:
sentono maggiormente la precarietà del lavoro come un problema che
crea disagio a livello personale e sociale. Per i giovani adulti, la situazione
lavorativa crea molta più sofferenza: In primis hanno meno possibilità
perchè sono già oltre l’età dell’apprendistato. Questo rappresenta un
problema dato che la domanda di lavoro richiede frequentemente
apprendisti con esperienza. Chi sorpassa l’età dell’apprendistato
mantenendo una figura generica ha poco riscontro dal mercato del
lavoro.
Questa empasse sul mercato del lavoro fa si che siano soprattutto i
giovani adulti a percepire l’inadeguatezza dei propri studi rispetto alla
domanda di lavoro. Il bisogno di un’ adeguata offerta didattica locale a
livello di Istituti Superiori emerge appunto solo in età più adulta. Sono i
ragazzi oltre i 25 anni a rammaricarsi del fatto di avere scelto un indirizzo
(tra i pochi disponibili) non in base alle eventuali possibilità di sbocco
88
lavorativo, ma bensì in base alla collocazione geografica dell’Istituto
rispetto al luogo di residenza.21
Oltre i 25 anni, i giovani sono anche più preoccupati di trovare una
sistemazione abitativa adeguata, nonchè di conciliare la vita privata e
familiare con quella lavorativa. Questi sono infatti aspetti che diventano
rilevanti soprattutto dopo la conclusione degli studi, e anche
successivamente all’entrata nel mercato del lavoro.
Viste le maggiori difficoltà che i giovani adulti sembrano affrontare
soprattutto nell’ambito del lavoro, è naturale che affrontino anche più
preoccupazioni di tipo esistenzale e di crisi di valori. I punti IG
segnalano che tra i giovani oltre i 25 anni è maggiore il pessimismo
generalizzato che spazia dalle difficoltà di inserimento nel mercato del
lavoro fino alla mancanza di fiducia nelle Istituzioni. Oltre i 25 anni i
giovani diventano meno tolleranti e più insofferenti, ed è molto più
frequente il pregiudizio e la diffidenza nei confronti degli extracomunitari
che vengono visti come coloro che “rubano il lavoro”.
21 La segnalazione è stata fatta da tre punti IG della Val di Cecina per i quali la referente è la stessa.
89
Giovani uomini e donne
Due sono le principali differenze segnalate dai punti Informagiovani.
In termini di approccio e atteggiamento, le giovani donne sono più
determinate, più combattive e consapevoli di ciò che vogliono per il
proprio futuro. Nonostante questa maggiore determinazione, però, le
giovani donne della Provincia di Pisa incontrano maggiori difficoltà a
trovare un lavoro adeguato alla propria formazione e le proprie esigenze:
queste sono soprattutto legate alla necessità di coniugare il lavoro con le
scelte matrimoniali e riproduttive. Le donne incontrano difficoltà a
trovare un lavoro con impegno part-time, che permetterebbe loro di
organizzare lavoro e famiglia. La risposta del mercato del lavoro per
questi tipi di impiego infatti è carente. In base alle mansioni casalinghe, le
donne hanno anche maggiore difficoltà a spostarsi dal luogo di residenza
e hanno meno flessibilità negli orari di lavoro. Questo fa sì, che a parità
di qualifica, le giovani donne hanno di fatto più difficoltà a trovare un’
occupazione.
La referente di un punto Informagiovani nella Val di Cecina riassume
bene: “Le occupazioni sul nostro territorio sono prevalentemente
indicate per gli uomini, più portati a spostamenti rispetto alle donne che
non sempre possiedono un mezzo proprio e devono inoltre occuparsi
della famiglia; la donna tende a rifiutare eventuali proposte che si
riferiscono a centri distanti dalla loro abitazione, preferiscono
“accontentarsi” di occupazioni più modeste anche rispetto alle loro
potenzialità.” Questa problematica è stata indicata anche nel Valdarno,
dove si riscontra che il lavoro è prettamente maschile, soprattutto per i
profili di basso livello – e che le donne dunque hanno spesso difficoltà a
trovare lavori adeguati.
90
Giovani e appartenenza sociale
Quanto incide l’appartenenza a una o l’altra classe sociale
nell’incidenza dei bisogni dei giovani? Molti punti IG non notano
nessuna differenza dovuta alla classe sociale. Molti responsabili però
(50%) hanno sottolineato alcuni aspetti: chiaramente, un punto di
partenza di agio economico cambia il grado di apprensione generale con
la quale l’individuo giovane affronta i temi legati all’ occupazione stabile.
Laddove la famiglia sottostà a seri limiti di risorse, è anche molto più
frequente la precoce uscita dal sistema scolastico per entrare nel mondo
del lavoro. Vari punti IG hanno indicato che c’è una evidente
correlazione tra abbandono/proseguimento degli studi e le condizioni
economiche della famiglia. Di fatto, le opportunità di scelta stesse
dipendono da quanto siano impellenti le necessità economiche.
Delineata la ovvia differenza dei punti di partenza dei giovani
appartenenti a classi sociali diverse, rimane soprattutto l’atteggiamento
che cambia in base all’appartenenza sociale: Da un lato, i responsabili
notano che l’appartenenza ad una classe sociale “più elevata” porta i
giovani ad avere un atteggiamento più superficiale e meno concreto
riguardo le difficoltà dell’esistenza. Coloro che invece appartengono a
classi sociali più basse si ingegnano un po’ di più vista l’urgenza. Questo
li porta – a volte – a superare meglio anche i problemi esistenziali. “I
giovani appartenenti alle classi sociali meno abbienti sono più inclini e
predisposti ad adattarsi alla richieste del mondo del lavoro.”22
Altri intervistati sostengono che i bisogni sostanziali non cambiano,
ma che sono diverse le modalità di ricerca del lavoro: i giovani
appartenenti a classi sociali medio-basse sono molto più passivi nella
ricerca del lavoro e si affidano alle Istituzioni. La rete sociale conta molto
nel trovare lavoro, dunque chi appartiene a classi sociali elevate ha più
22 La referente del punto IG di Vicopisano, Simona Morani.
91
possibilità di coloro che non hanno accesso a contatti di un certo tipo.
Infatti, tra i giovani stessi è diffusa l’idea che l’appartenenza ad una classe
sociale più elevata offre più opportunità per l’inserimento nel mondo del
lavoro.
Il responsabile del punto Informagiovani di Castellina riassume bene:
“In linea di massima (perché esistono eccezioni), i giovani appartenenti a
classi medio alte, con genitori a medio/alto livello di istruzione, sono più
propensi a continuare gli studi e a verificare le opportunità di fare
esperienze all’estero. Sono più informati sulle modalità di ricerca del
lavoro, e più sicuri delle attività lavorative che desiderano intraprendere;
inoltre, richiedono frequentemente informazioni sull’associazione del
territorio e sugli eventi culturali.”
Giovani italiani e stranieri
Un ulteriore divisione all’interno della popolazione giovanile è da fare
tra giovani italiani e stranieri. In alcuni comuni nei quali è stata svolta
l’indagine non sono presenti molti immigrati, o comunque non sono
state registrate differenze tra italiani e stranieri – forse anche per la
mancata frequenza dei giovani immigrati ai Centri Informagiovani.
Tra i punti rilevati con il questionario ci sono aspetti che si ricollegano
allo status sociale relativamente basso al quale i giovani stranieri
generalemente appartengono, e altri legati alla natura stessa
dell’immigrazione come i problemi legati alla lingua, il riconoscimento di
titoli esteri (che spesso non vengono riconosciuti o equiparati!) e la
questione stessa dei permessi. I giovani stranieri fanno comunque i conti
con le difficoltà di una cultura diversa dalla loro e sanno che dovranno
essere pronti a “fronteggiare” gli eventuali pregiudizi nei loro confronti.
92
Oltre a questi problemi, si delineano poi altre differenze rispetto ai
giovani italiani:
Sul versante della formazione, gli stranieri la valutano come meno
importante, spesso non rispettano neppure l’obbligo scolastico. Sono più
inclini a cercare subito un lavoro. Anche dopo la scuola, gli immigrati si
fermano, mentre i giovani italiani cercano ulteriori corsi di formazione
che possano portare a maggiori opportunità di lavoro e a livelli
specialistici più alti. Gli Italiani comprendono anche meglio l’importanza
di conoscere le nuove tecnologie. I livelli di istruzione generalmente più
bassi sono spesso dovuti a “difficoltà economiche e minori aspirazioni e
aspettative personali.”23
Queste differenze portano soprattutto a diversi atteggiamenti da parte
dei giovani stranieri soprattutto nei confronti del mondo del lavoro. In
primis è diversa la percezione stessa della situazione del mercato del
lavoro: gli italiani cercano impieghi stabili, gli immigrati si accontentano
di qualsiasi modalità di lavoro. Nella ricerca del lavoro, poi, la mancanza
di reti sociali adeguate rende più svantaggiati gli stranieri. Un po’ per
queste restrizioni, e un po’ per una dovuta maggiore auto-
consapevolezza, gli stranieri che si presentano ai punti Informagiovani
hanno di fatto un approccio molto più diretto, mentre gli italiani sono
più confusi rispetto a cosa vogliono fare (nell’ambito sia della
formazione che del lavoro). In generale i ragazzi stranieri dimostrano
anche di avere un maggiore spirito di adattamento, che sembra mancare,
invece a molti dei giovani italiani.
Riassumendo, le differenze tra italiani e stranieri dipendono dal paese
di provenienza e da quanto tempo i giovani sono già in Italia. Le
problematiche esistenziali sono le stesse, tolte le difficoltà legate
all’immigrazione stessa. Un problema che rimane da risolvere è che i
23 La responsabile dei punti IG dei comuni di Pomarance e Castelnuovo di Val di Cecina.
93
giovani stranieri nella Provincia di Pisa hanno meno opportunità dei
giovani italiani perchè hanno meno possibilità di usufruire dei servizi e di
altre iniziative, dato che queste sono spesso disegnate per bisogni ed
esigenze economiche diverse dalle loro (orari dei servizi, costi delle
offerte, spostamenti che richiedono il possesso di una macchina, ecc...)
V.3. Alcuni bisogni in particolare
Il paragrafo precedente ha ricostruito il panorama dei bisogni della
popolazione giovanile nella Provincia di Pisa così come questi sono
emersi dalle rappresentazioni che ne hanno fatto i responsabili e gli
operatori degli Informagiovani del territorio. Attraverso i due focus group
organizzati a Pisa e a Cascina, è stato possibile stimolare ed osservare la
discussione dei partecipanti (giovani ed altri testimoni qualificati
appositamente selezionati) intorno ad alcuni dei nodi che necessitavano
di maggiore approfondimento.
Scuola e orientamento
Il focus group del 13 novembre a Pisa (al quale hanno partecipato
prevalentemente operatori del settore) ha evidenziato una sfera del
bisogno dei giovani legata all’orientamento allo studio e al lavoro. In
sostanza ha messo in evidenza, da un lato, una situazione di deficit di
capacità soggettiva (legata ad una carenza generale di competenze
emotive, sociali e cognitive) nell’individuazione degli strumenti e dei
comportamenti da seguire al fine di aiutarsi nella scelta del proprio
percorso formativo e lavorativo, dall’altro lato una situazione di carenza
94
istituzionale per ciò che attiene alla capacità di offerta di orientamento
presente sul territorio.
Nel secondo focus group (Cascina) i giovani partecipanti hanno
individuato la sfera dell’orientamento allo studio e al lavoro come ambito
del ‘bisogno’, in particolare mettendo in risalto alcune problematiche,
sentite come più significative rispetto ad altre. In primo luogo si è fatto
riferimento alla difficoltà da parte della scuola (Istituti di istruzione
secondaria) di offrire competenze utili da spendere nell’ambito del
mondo del lavoro. In sostanza i giovani sottolineano come la scuola si
limiti a fornire conoscenze di tipo teorico, senza offrire alcuna
conoscenza legata all’acquisizione di competenze in grado di agevolarli
nella scelta nell’ambito del proseguimento degli studi e del lavoro.
Esisterebbe quindi, a loro avviso, un’incapacità da parte
dell’Istituzione scolastica di fornire tutta una serie di conoscenze e
competenze che i giovani ritengono necessarie al fine di orientarsi meglio
nelle proprie scelte formative e professionali. Ciò risulta interessante per
il fatto che nonostante siano presenti sul territorio altri servizi di
orientamento, i nostri interlocutori riconoscono nella scuola lo spazio
istituzionale principale in cui si deve integrare questa offerta di
orientamento. Ciò, possiamo pensare sia dovuto principalmente al fatto
che la scuola rappresenta lo spazio di tempo e di vita più presente nella
vita dei giovani intervistati, in cui si esprime in gran parte la propria sfera
emotiva e relazionale. Non a caso quando si è chiesto a loro: “chi
dovrebbe orientarvi nella scelta? Dove, a vostro avviso, dovrebbe
realizzarsi questa offerta informativa e di competenze?” La risposta è
stata ‘nella/la scuola’. In questo ambito è significativa la risposta di
Andrea che dice: “Le informazioni ce le deve dare lo Stato comunque! Sì,
è la scuola che deve trasmetterle ma perché la scuola è lo specchio della
società”.
95
I giovani non sono gli unici a responsabilizzare le Istituzioni
formative per l’offerta di orientamento. Anche i partecipanti del primo
focus group delineano le deficienze di competenze soggettive nei giovani
come derivanti da cause micro e macro: a livello micro incide molto
l’eventuale svantaggio sociale della famiglia e le stesse relazioni familiari.
A livello macro l’acquisizione di competenze dipende dall’economia
(nelle zone con buone performance economiche e del mercato del
lavoro, riescono ad essere fornite anche migliori competenze
emotive/sociali/cognitive), ma anche dall’organizzazione delle struttre
scolastiche che in particolare includono la tipologia di curriculum offerto
e la competenza del corpo degli insegnanti.
Ad avviso dei ragazzi intervistati durante il secondo focus group, le
informazioni strategiche dovrebbero essere date ai giovani con un certo
anticipo in ambito scolastico, a partire quindi dalla scuola media. In
qualche modo si avverte una situazione di ritardo con cui il giovane si
trova a confrontarsi con una serie di scelte sul proprio futuro formativo e
lavorativo che non è stato in grado di maturare precedentemente a causa
di un deficit informativo. Le conseguenze delle carenze nell’offerta di
orientamento sono state efficacemente delineate da Oriana Perrone
durante il primo focus group: Il presidente della Consulta dei giovani di
Pisa suggerisce che “la mancanza di orientamento e di assistenza ai
giovani nel realizzare le proprie aspirazioni porta ad alti livelli di
frustrazione e vanifica i risultati ottenuti dall’aumento della formazione
generale della popolazione.” Riferendosi alle sue esperienze di
rappresentanza riporta che “chi ha studiato e si trova a svolgere una
mansione che richiede un minor livello di qualifica, è più infelice di colui
che non ha studiato.”
Analizzando le carenze della scuola nell’offerta di informazioni utili
per l’orientamento formativo e lavorativo, si fa riferimento, in primo
luogo alla necessità di ricevere informazioni utili sul mercato del lavoro
96
regionale e Provinciale, in particolare sulle richieste in termini di offerta e
domanda di lavoro. Ciò denota una volontà, da parte dei giovani di
capire le dinamiche del mercato del lavoro Provinciale e regionale in
modo da definire anche scelte formative e lavorative che siano in grado
di agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro. In secondo luogo, si
fa riferimento alla necessità di ottenere informazioni utili anche riguardo
all’offerta dei percorsi di laurea presenti negli Atenei del territorio. Anche
in questo caso ci si lamenta per il fatto che la scuola dedica poco o
nessun tempo all’offerta di informazioni utili relative alla comprensione
dell’offerta universitaria, in termini di percorsi di Laurea presenti sul
territorio.
Riguardo invece alla necessità di acquisire competenze anche durante
il percorso scolastico, in grado di agevolare l’ingresso nel mondo del
lavoro, si fa riferimento al fatto che la scuola non dà alcuna informazione
agli studenti sul come compilare un curriculum e presentarsi per un
colloquio di lavoro. Anche in questo caso, si ritiene che proprio la scuola
dovrebbe dedicare alcune ore alla promozione di certe competenze, in
modo che una volta usciti dal percorso scolastico si sia in grado di
affrontare in modo migliore il mondo del lavoro.
Una migliore preparazione e informazione su norme, modalità e
offerta reale potrebbe aumentare la fiducia dei giovani che affrontano
l’entrata nel mercato del lavoro. Oggi, la carenza di competenze li rende
vulnerabili ed esposti a delusioni e frustrazioni. Loro stessi si
percepiscono spesso come vittime della società, del datore del lavoro e
delle convenzioni sociali in atto. Questo crea un disagio emotivo che va
al di là dell’incertezza su come affrontare il proprio futuro e che si riflette
in pessimismo e sfiducia verso le Istituzioni.
97
Il mercato del lavoro
Le difficoltà che i giovani vivono nell’incontro/scontro con il mercato
del lavoro sono strettamente legate alla carenza di orientamento e di
strumenti delineata nel paragrafo precedente. Nel primo focus group si era
infatti evidenziata la presenza di una difficoltà di accesso al lavoro
dettata, soprattutto da carenze di tipo cognitivo e da un’incapacità e/o
non volontà di appoggiarsi ai canali istituzionali, in termini di servizi
offerti. Un partecipante del primo Focus spiega chiaramente che la
ricerca per un impiego (anche di bassa qualifica/basso reddito) avviene
per canali informali: “I giovani cercano l’aggancio politico. Solo gli
immigrati e quelli che non conoscono nessuno vanno al centro
dell’impiego. Quando è disponibile è sempre preferito il contatto
personale.” Il commento sottolinea che i giovani non sono abituati a
rivolgersi alle Istituzioni. Anche il semplice contatto con un’ istituzione
pubblica viene percepito come più promettente se qualche persona
importante lo ha suggerito.
Nel secondo focus group emergono questioni legate alle difficoltà di
acquisizione di competenze finalizzate all’inserimento lavorativo durante
il percorso scolastico e di orientamento, già trattate in questo testo. Ad
emergere sono anche considerazioni circa la difficoltà di attendere le
proprie aspettative e di seguire i propri sogni professionali in una società
caratterizzata da forti elementi di complessità e da una situazione di crisi
economica che incidono sul percorso. In questo ambito sono interessanti
le parole di Walter, il quale sottolinea: “Siamo molto indecisi su cosa fare,
ma qualsiasi strada intraprenderemo ci sembra difficile – per trovare
lavoro dovrò essere tra i migliori, dovrò dare tutto me stesso e sarò
comunque sotto pressione...non è proprio la vita che tutti vorrebbero
avere”.
98
In particolare si rileva una situazione di insicurezza e di ansia relativa
al proprio futuro professionale che incide anche sulle scelte formative.
Ad esempio, di fronte ad una società in cui il numero dei laureati
occupati è inferiore rispetto a quello dei diplomati ci si chiede se sia
opportuno proseguire il percorso formativo ottenendo la laurea. A
questo proposito, sempre Walter ci dice: “molte persone laureate
rimangono senza lavoro, e quelli che non studiano uguale, o se si trova
lavoro è precario. Tutti questi ostacoli che abbiamo davanti ci
scoraggiano e si pensa che l’università non convenga! Ho già provato a
fare un po’ di lavoretti d’estate di tipo manuale – muratore – penso che
tutti abbiamo molta preoccupazione al riguardo”.24
Sembra dunque che spesso i giovani sanno cosa vogliono fare ma non
sanno come realizzarlo, quali siano gli step da fare per arrivare al
traguardo e per non perdersi per strada. Proprio per questi casi è
fondamentale un buon orientamento. Un partecipante del primo Focus
spiega che “le carenze di autonomia economica portano spesso ad
abbandonare le proprie ambizioni: I giovani iniziano a lavorare per
mantenersi agli studi e iniziano ad allontanarsi dal loro obiettivo
principale. Spesso si adagiano e finiscono con un lavoro per il quale non
nutrono passione, si demoralizzano e si scoraggiano, sono meno
produttivi e poco propositivi per migliorare il processo produttivo o
l’ambiente del lavoro.”
Un ulteriore problema segnalato soprattutto dagli addetti ai lavori
durante il primo focus group è la mancanza di formazione all’interno del
mercato del lavoro. Questo deficit riprende e risulta da vari aspetti già
delineati nei paragrafi precedenti: da un lato mancano oggi delle 24 Questo è stato notato anche dal referente del punto IG di San Giuliano Terme per il quale ha segnalato un consistente abbandono scolastico e dunque livelli di scolarizzazione più bassi (rilevata anche nei comuni circostanti). I giovani preferiscono entrare presto nel mondo del lavoro piuttosto che seguire un percorso scolastico percepito come difficoltoso da molti.
99
connessioni efficaci tra le realtà della formazione e del lavoro, che si
riflettono nell’inadeguatezza della preparazione scolastica e
nell’insufficiente offerta formativa per chi è già entrato nel mercato del
lavoro. Questo deficit è dovuto soprattutto alla mancanza di co-
responsabilità che portano Istituzioni diverse a collaborare per un fine
comune. Ciò che prima spettava ai Sindacati, oggi sembra non essere più
competenza di nessuno. La scomparsa delle agenzie ideologiche ha
lasciato un vuoto di responsabilità per molti aspetti di prevenzione e di
formazione sul lavoro.
D’altro canto le carenze di competenze soggettive, di cui sopra, si
riflettono anche dopo essere entrati nel mondo del lavoro. Luigi Mangeri
del Coordinamento area giovani della Conferenza zonale del Valdarno,
spiega che “manca la percezione dei propri diritti sul lavoro, dalla
prevenzione da infortuni a norme e stardard qualitativi minimi, alla
formazione stessa. Il lavoratore che oggi è sganciato dai sindacati – e
quindi la maggioranza dei giovani – non conosce i suoi primari diritti”.
Anche le esperienze di stage all’interno delle aziende che dovrebbero
essere un importante momento di formazione e arricchimento personale,
vengono oggigiorno usati per sfruttare manodopera qualificata a basso
prezzo. I giovani impegnati in degli stage presso aziende investono
tempo e energie e spesso non vengono retribuiti o vengono retribuiti
molto meno di quello che sarebbe loro dovuto. La conseguenza è che
l’esperienza formativa perde significato per il giovane, e di conseguenza
non avviene l’acquisizione di capacità e competenze nuove e funzionali
per affrontare meglio la questione del proprio collocamento all’interno
del mondo del lavoro. Riguardo a questa tendenza, un partecipante del
primo Focus suggerisce che “basterebbe conformarsi alle prassi
burocratiche europee. Manca un controllo e coordinamento tra enti
pubblici e le aziende private che ospitano i tirocinanti: alcuni dei fondi
europei potrebbero essere dirottati verso queste esperienze formative,
100
sovvenzionando gli stage dei giovani presso le aziende. Questo
renderebbe più attraente l’esperienza stessa dello stage e aiuterebbe i
giovani a mantenere la propria rotta verso l’impiego ambito.”
Il ruolo dei giovani nella società
Quale è il ruolo che i giovani ricoprono all’interno della società nella
Provinica di Pisa? Come gestiscono il loro tempo? Sentono di
appartenere a una collettività e a una società? Credono di poter
contribuire al miglioramento di questa? Il ruolo dei giovani all’interno
della società è fondamentale, essendo la loro vita la naturale proiezione
nel futuro della società stessa. Le interviste fatte ai responsabili dei punti
Informagiovani non hanno potuto rilevare molti aspetti legati a questa
tematica. Il tema è stato però trattato in profondità durante i due focus
group. Nel seguente paragrafo sono stati incrociati i risultati ottenuti dai
due momenti di discussione sui bisogni dei giovani.
Nel primo focus group si richiamava, da parte degli ‘addetti ai lavori’ alla
necessità di definire nuovi spazi di relazione e di espressione e
partecipazione per i giovani, indicando in particolare l’utilità degli spazi
politici, quali ad esempio le Consulte dei giovani delle Province. Il
secondo focus group ha messo invece in evidenza una difficoltà espressa da
parte dei giovani stessi circa l’utilizzo di tali spazi.
In generale, i giovani avvertono di avere un ruolo importante nella
società e sostengono di avere molta ‘voglia di fare’ e di esprimere la
propria personalità. Tuttavia, si riscontra una tendenza ad esprimere tale
personalità più in senso individuale che collettivo. L’espressione della
propria personalità e del proprio ruolo nella società passa attraverso i
propri interessi personali e i propri sogni. In questo ambito Clarissa ci
spiega : “nella società mi sento una persona con tanta voglia di fare, con
101
mille cose dentro che vorrei tirare fuori, amo la musica e il canto –
potessi fare delle serate e esprimermi lo farei volentieri”. Anche Giulia ci
dice: “ anche io nutro interessi per la musica, ma principalmente per le
lingue e la comunicazione con gli altri; per imparare le lingue bisogna
parlarle con qualcuno, abbiamo poche possibilità di fare scambi estivi o
incontri con persone di altre culture, se si potesse fornire più possibilità
per finanziare progetti di scambio e comunicazione con ragazzi di altre
culture e lingue...”.
Le opinioni dei ragazzi si conciliano con quello che suggerisce un
partecipante del primo Focus; “I giovani hanno un identità ben definita.
Il problema di molte delle politiche che si indirizzano verso i giovani è il
punto di partenza: si presume che i giovani non abbiano un’identità,
quando invece il problema è che non hanno gli strumenti necessari per
affermarla. I giovani stessi rifiutano di essere visti come una classe
emarginata, diversa dalle altre della società.” Non è dunque la mancanza
di un’identità a rappresentare un problema saliente per la popolazione
giovanile della Provincia.
Ciò che manca è una dimensione più collettiva del proprio ruolo,
come giovani, nella società. Quando durante il focus si fanno notare
questi aspetti, i giovani mettono in rilievo una certa difficoltà nell’utilizzo
di spazi collettivi di partecipazione. Un aspetto interessante che emerge
in questo ambito tematico di riferimento è la necessità, da parte dei
giovani, di essere ‘stimolati’ e di ricevere buoni esempi dall’alto. Clarissa
stessa sostiene: “tutti i giovani hanno voglia di vivere perché è proprio
l’età, se veniamo spronati non passeremo più le giornate al computer”,
tuttavia risulta difficile individuare quegli strumenti o quelle attività in
grado di sollecitare i giovani in attività collettive. Clarissa, in particolare,
come rappresentante degli studenti nell’Istituto magistrale non nasconde
la difficoltà nel pensare ad attività da realizzare in ambito scolastico per
coinvolgere i giovani in momenti di relazionalità collettiva.
102
Ciò che ne possiamo dedurre è che i giovani sono chiusi in un certo
individualismo e in determinate routines quotidiane che ne segnano i
tempi in modo strutturato. Ognuno appare impegnato in mille cose
nell’arco della giornata (fare i compiti, fare sport etc..) ed è difficile
coinvolgere persone in attività collettive. Ciò è confermato da Angela che
tocca anche l’argomento della partecipazione politica dei giovani
sostenendo: “alle riunioni politiche non viene più nessuno, ci sono più
momenti di aggregazione, ma i giovani non si sentono responsabilizzati
all’interno della società, quando invece potrebbe essere possibile e
importante farlo”. In questo ambito Andrea risponde: “per
l’aggregazione contano anche i valori, quando bisognava impegnarsi per
aggregarsi era diverso. Ora l’aggregazione è abitudine e quindi ha perso
valore”. Durante il primo focus la cosidetta assenza di valori è stata
attribuita dalla mancanza di nodi di significato importanti. Un
partecipante del primo focus sottolinea che “le diverse forme di
partecipazione avvengono su base individuale. Le associazioni devono
intercettare l’individuo che si trova all’interno di molte reti sociali, ma
che non fa parte di nessuna – nel senso di parte attiva e ricettiva.” Un
altro partecipante ricorda che “non è vero che i giovani sono apatici o
che non si manifestano in modo collettivo. I giovani si manifestano
molto ma non vengono intercettati. La partecipazione ad eventi infatti è
grossa, ma non si tratta quasi mai dei canali tradizionali. Ai Rave Party e
nei club dei tifosi sportivi i ragazzi ci sono e sono propositivi. Queste
strutture si contraddistinguono generalmente per un’ottima
organizzazione.”
In sostanza, ad emergere non è tanto la necessità di definire nuovi
spazi di partecipazione per i giovani, quanto quella della definizione di
interventi ‘innovativi’ in grado di favorire la partecipazioni collettiva degli
stessi. I giovani stessi non riescono tuttavia a dare indicazione circa quali
103
interventi si dovrebbero realizzare per facilitare la loro partecipazione
collettiva.
Problemi di mobilità
Un grande problema che l’indagine ha rivelato riguarda la ridotta
mobilità dei giovani. Questa deriva da un lato dall mancanza reale di
opportunità nell’ambito locale: ci sono deficienze sia a livello
infrastrutturale che a livello di trasversalità dei servizi,25 un fattore che
invece aiuterebbe molto ad ampliare gli orizzonti percettivi. D’altro canto
i giovani stessi sono incapaci di muoversi un po’ per mancanza di un
determinato tipo di capitale sociale, un po’ perchè l’esigenza di spostarsi
non è mai troppo forte per via della generale condizione di benessere.
Una ridotta mobilità si riflette in diversi aspetti: chi si muove poco ha
meno opportunità di scambio, di stimolo e di incontro. Questo è vero
soprattutto nei Comuni più piccoli, ed è un aspetto grave nella fase di
crescita e di formazione della personalità del giovane. Inoltre, chi ha
difficoltà a muoversi e a spostarsi sottostà a un maggior numero di
vincoli nella ricerca di un impiego che lo soddisfa e lo stimola e
corrisponde alle sue esigenze di organizzazione della propria vita.
La questione della mobilità è stata sollevata durante il primo focus group
durante il quale gli addetti ai lavori hanno soprattutto evidenziato la
mancanza di incentivi alla mobilità. Le rilevazioni presso i referenti dei
punti Informagiovani invece hanno soprattutto denunciato le carenze del
sistema di trasporto provinciale. É soprattutto nei Comuni della Valdera
e della Val di Cecina che le infrastrutture di trasporto vengono percepite
come insufficienti. Questa carenza è stata segnalata come bisogno
25 Per esempio, un partecipante del primo Focus ha fatto notare che la Carta Giovani vale solo nel Sistema Economico Locale di riferimento.
104
specifico che connota il contesto locale (domanda 14 del questionario)
dai punti Informagiovani dei Comuni di Lari, Ponsacco, Santa Luce,
Terricciola, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di
Cecina e Volterra. Di fatto, gli ostacoli alla mobilità rappresentano la
tematica maggiormente segnalata dai responsabili dei punti
Informagiovani.
Sabrina Bessi, la responsabile di tre punti Informagiovani della Val di
Cecina riassume bene: “Doversi spostare per il lavoro è un aspetto
dolente del nostro territorio, così vasto e mal collegato con i mezzi
pubblici con quello circostante, quindi molto oneroso da affrontare con
mezzi propri, che non tutti peraltro possiedono. Queste condizioni
limitano alquanto la possibilità di aderire ad offerte di lavoro part-time, o
contratti a progetto, che nei centri sopracitati26 sono presenti in buon
numero rispetto al territorio del Comune.” La mancanza di un sistema di
trasporto capillare ed affidabile influisce negativamente sulla ricerca di un
impiego, per esempio, visto che i costi in termini di denaro (necessità di
avere una patente e un mezzo proprio) e di tempo (poche corse durante
un orario limitato della giornata) aumentano, fatto che rende più
difficoltosa la ricerca stessa di un impiego e limita la disponibilità del
giovane ad accettare lavori che lo obbligano a spostarsi.
I problemi legati alla mobilità si trasformano dunque in primo luogo
in fenomeni di insoddisfazione dovuta alla sottoccupazione – in
particolare tra le donne che sono maggiormente legate al luogo di
residenza per motivi di cura dei bambini e di gestione della casa – se non
addirittura di disoccupazione.
26 La responsabile si riferisce ai centri di Volterra, Pisa, Firenze e Siena.
105
VI. Le strategie di intervento
VI.1. I servizi offerti dagli IG – e quanto soddisfano
i giovani
I punti Informagiovani della Provincia di Pisa offrono una varietà di
servizi alla propria utenza, dall’orientamento scolastico e per successivi
percorsi formativi – sia universitari che professionali – alla divulgazione di
informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione, elementi di formazione
minima come assistenza per la stesura del CV, per la consultazione in
internet, ecc. In alcuni casi le strutture offrono anche l’accesso gratuito a
internet, informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo e con connotato
di inclusione sociale (per i disabili, riguardo all’associazionismo, volontariato,
servizio civile). Con meno frequenza i punti Informagiovani offrono anche
servizi di assistenza sociale/psico-sanitaria, nell’organizzazione di gruppi
anti-fumo/anti-droga. Il grafico 6.1. riassume la domanda di servizi e il
livello di soddisfazione dell’utenza dei punti Informagiovani sul territorio
Provinciale. Il grafico riporta i risultati rilevati tramite il questionario
(domanda 6 e domanda 16). Ai responsabili è stato chiesto di attribuire un
ordine secondo il quale 1 corrisponde al servizio maggiormente
richiesto/servizio per il quale l’utenza è maggiormente soddisfatta.27 Per
facilitare la lettura del grafico, è stato attribuito un punteggio alle priorità
indicate dai responsabili.28 É facile notare che la domanda e la soddisfazione
per il servizio vanno di pari passo. Inoltre, i livelli di soddisfazione sono
generalmente alti, almeno per quanto viene percepito dai punti
Informagiovani stessi. Le uniche due tipologie di servizi per i quali la
soddisfazione sembra essere inferiore alla domanda effettiva sono la
27 Si veda il questionario allegato al rapporto. 28 I dati del grafico sono stati ottenuti dalla seguente trasformazione lineare:
punteggio medio = 10 - priorità media. Per il calcolo della priorità media sono state
prese in considerazione tutte le segnalazioni non-nulle per il servizio.
106
divulgazione di informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione (il
servizio più richiesto) e l’assistenza (il servizio meno richiesto).
6.1.: Domanda e livello di soddisfazione per i servizi offerti dai punti
IG della Provincia di Pisa
0,00
1,00
2,00
3,00
4,005,00
6,00
7,00in
fofo
rmaz
ione
orie
ntam
ento
d.
inte
rnet
orie
ntam
ento
sco
l.
info
turi
info
soc
ioas
site
nza
Domanda di servizi
Soddisfazione
Elaborazione sulla base dei dati rilevati tramite questionario, 2007
Quando i responsabili degli Informagiovani sono stati interrogati
direttamente e nello specifico, alcuni hanno segnalato di non riuscire a
soddisfare i bisogni dei giovani negli ambiti della formazione e della
gestione del tempo libero. In minor misura viene indicata la mancata
soddisfazione di tutti i bisogni nell’ambito del lavoro e dell’inserimento
sociale. Due punti Informagiovani (Cascina, Santa Maria a Monte)
segnalano di non riuscire a soddisfare i bisogni dei giovani nell’ambito
dell’assistenza. Tolti alcuni limiti metodologici,29 i risultati dell’indagine
sembrano suggerire che il sistema degli Informagiovani riesce a
29 I responsabili dei punti Informagiovani potrebbero sopravalutare il livello di soddisfazione della propria utenza.
107
soddisfare bene i bisogni della popolazione giovanile della Provincia di
Pisa. Questo rilevamento è in linea con la letteratura nazionale e locale,
che sottolinea da anni l’efficienza e l’utilità di questo tipo di servizio.
VI.2. Migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani
Nonostante l’ottima performance del sistema Informagiovani sul
territorio della Provincia di Pisa, i responsabili dei vari punti hanno
segnalato una serie di difficoltà che limitano ancora il miglioramento del
servizio offerto. Alcuni punti Informagiovani hanno segnalato veri e
propri servizi mancanti, tra cui: una postazioni di accesso gratuito (o
semi-gratuito) ad internet e altri spazi dedicati alla multimedialità, una
maggiore offerta di servizi attinenti all’inclusione sociale e la gestione del
tempo libero, informazioni più qualificate sulle possibilità e il diritto alla
formazione professionale, l’offerta di più materiale e informazioni di tipo
turistico. L’Informagiovani di Pisa ha sottolineato l’importanza di
migliorare il matching qualitativo tra domanda e offerta di lavoro: in
particolare l’incontro tra domanda e offerta per studenti nell’ambito di
lavori part-time e nel settore dei servizi (turismo, ristorazione, baby-
sitting) sembra debba essere rafforzato.
In generale l’indagine suggerisce la necessità di istituire nuovi servizi
con maggior richiamo tra le fasce d’età più giovani (14-19, 20-24 e 25-
29anni), che promuovano il coinvolgimento dei ragazzi anche in attività e
iniziative locali. Questi potrebbero prendere la forma di attività di
sostegno alla progettazione giovanile, e dovrebbero promuovere la
collaborazione con le associazioni presenti sul territorio per aumentare
l’offerta di servizi nell’ambito della gestione del tempo libero. Molto
importante sembra anche il rafforzamento della collaborazione con le
Scuole Medie Superiori. Questi provvedimenti finalizzati al
108
coinvolgimento dei più giovani sono importanti per aumentare il loro
peso all’interno dell’utenza dei servizi offerti, e per ovviare alla generale
mancanza di orientamento tra i giovani di queste fasce d’età. Oltre alla
mera tipologia di servizi, il questionario ha interrogato i responsabili dei
Punti Informagiovani su quali interventi strutturali sarebbero necessari
per migliorare la qualità dei servizi offerti dal sistema. I temi segnalati
come i più salienti vertono attorno la miglioria delle strutture stesse dei
punti Informagiovani, una maggiore pubblicità per il servizio e il
rafforzamento della sua reticolazione istituzionale.
Le strutture
Alcuni responsabili hanno sottolineato la necessità di migliorare la
struttura stessa del proprio Punto Informagiovani. A questo scopo
sembrano rilevanti sia interventi sulla struttura fisica e la logistica del
servizio, che sull’utilizzo di strumenti (pc, stampanti, ecc.) adeguati e
funzionanti e un controllo della formazione/prestazione degli operatori
stessi.
In particolare è stata segnalata la necessità di creare degli ambienti
accoglienti e nel rispetto della privacy, per mettere il giovane utente a suo
agio affinchè si possa sentire accolto dalla struttura e possa meglio
esprimere i propri bisogni. Una forma di controllo sul lavoro degli
operatori dovrebbe poi garantire da un lato la gentilezza e la disponibilità
nell’ascoltare i giovani e i loro bisogni, d’altro canto la professionalità e
competenza per soddisfare le richieste dei giovani.
Per quanto riguarda la logistica del servizio stesso all’interno della
realtà dei Comuni di riferimento si suggerisce di collocare i Punti
direttamente all’interno di ogni Comune e non in sedi distaccate che lo
rendono dispersivo. Nel caso di alcuni piccoli centri, è stato inoltre
109
suggerito di unificare di più i servizi con quelli della biblioteca e
dell’Ufficio Turistico. Il responsabile del Punto IG di Castellina
Marittima propone delle strutture più capillari sotto forma di “antenne”,
stands e bacheche nei luoghi frequentati dai ragazzi, in particolare le
scuole, le associazioni, i saloni orientativi e eventi indirizzati ai giovani.
Anche gli strumenti utilizzati dagli Informagiovani sono stati segnalati
come importanti per il buon funzionamento del servizio. I punti IG
devono disporre di pc funzionanti, un accesso garantito a internet,
stampanti e altri strumenti funzionali al servizio. Gli addetti devono poi
saper utilizzare software e programmi. L’indagine ha anche rilevato la
necessità di periodici aggiornamenti e incontri di valutazione anche
sull’attività dell’operatore per conoscere i suoi bisogni di tipo formativo e
operativo. In tal senso si suggerisce anche l’utilizzo di canali informativi
alternativi come lo snodo telematico IDOL (informati) per inserire i dati
e facilitare lo scambio di informazioni necessarie per l’inserimento dei
giovani nel mercato del lavoro.
Data l’importanza del servizio Informagiovani, che in molte realtà locali
ha assunto una funzione di punto di riferimento per i giovani (e non solo),
e considerando gli aspetti delineati, questo tipo di servizio dovrebbe avere
più risorse economiche per poter svolgere meglio tutte le attività. I
responsabili stessi suggeriscono che un aumento di finanziamento
potrebbe garantire più ore di apertura, un maggior numero di servizi
offerti, e anche più modalità di valutazione dell’attività dell’operatore per
garantire le sue competenze operative. Il potenziamento dei servizi è stato
identificato come rilevante per migliorare il ruolo e l’impatto degli
Informagiovani anche dal Punto di Pisa.
110
La pubblicità
Quasi tutti i Punti Informagiovani hanno segnalato come esigenza
prioritaria l’aumento della visibilità del servizio. Sabrina Bessi dichiara:
“Dopo nove anni non tutti sanno dell’esistenza di un Informagiovani nel
proprio comune!” Questo aspetto era già emerso come punto di
debolezza anche nella letteratura nazionale e regionale più recente. I
responsabili propongono di agire soprattutto a livello comunale e oltre,
con incontri e eventi partecipativi, l’istituzione di un vero servizio
pubblicitario e anche con iniziative proprie con il patrocinio del Comune.
L’istituzione di un servizio pubblicitario in grado di attrarre i giovani
verso l’utilizzo del servizio fornito dagli Informagiovani è di particolare
importanza: infatti, l’indagine ha rilevato che uno dei fattori di maggior
scollegamento tra giovani e il resto della società è la loro sfiducia verso le
Istituzioni, e l’incapacità di queste di rivolgersi a loro in modo fresco e
adeguato. Sicuramente il canale pubblicitario è uno degli strumenti
attraverso il quale si può provvedere a una educazione all’utilizzo delle
strutture pubbliche.
Networking istituzionale
Un terzo aspetto prioritario tra le possibili strategie di intervento per
migliorare il servizio offerto dagli Informagiovani rappresenta proprio la
connessione del servizio con altre Istituzioni e organizzazioni rilevanti
nella vita della popolazione giovanile. Molti responsabili hanno suggerito
di rafforzare i legami e le collaborazioni già esistenti, in particolare è stato
indicato come necessario il miglioramento della collaborazione con i
Centri per l’Impiego della Provincia e della zona di riferimento.
Attraverso anche “informazioni più organizzate sui corsi di formazione”.
111
L’operatrice dei Punti IG di Ponsacco e Lari riassume bene le
segnalazioni di molti altri intervistati: “In particolare sarebbe necessario
fornire migliori strumenti informativi ai punti Informagiovani: più
dettagli sulle offerte di lavoro. Un ulteriore problema sono ostacoli
burocratici che rallentano l’erogazione del servizio; in molti casi i
Comuni della Provincia di Pisa sono piccole realtà dislocate sulla vasta
area del territorio, chi si rivolge all’Informagiovani molto spesso è
impossibilitato a recarsi direttamente ai Centri per l’Impiego. Per noi è
un ottimo metodo di collaborazione inviare il cv dell’utente per poterlo
segnalare ad una determinata offerta, senza, però che questo debba
comunque recarsi presso il Centro per l’Impiego per confermarla!”.
Oltre ai collegamenti con i Centri per l’Impiego, i responsabili
segnalano la necessità di creare una rete tra Informagiovani, giovani e
associazioni per offrire più servizi aggiornati e comprensivi per il tempo
libero. Si ribadisce l’importanza di collaborazioni per attività organizzate
congiuntamente da tutti gli enti che si occupano dei bisogni dei giovani,
soprattutto per la progettazione di azioni volte alla formazione e la
ricerca del lavoro.
Come fondamentale viene anche percepito il sostegno delle Istituzioni
politiche. In particolare il legame con i Comuni e l’Assessorato per le
Politiche Giovanili deve essere rafforzato e strutturato: I responsabili
suggeriscono che le Amministrazioni devono sentire come proprio il
servizio offerto dagli Informagiovani e investire per il suo
miglioramento. In particolare, mancano iniziative formative e culturali
promosse attivamente dagli Informagiovani stessi.30 Queste attività
potrebbero contribuire ad aumentare l’offerta di opportunità di
formazione e di partecipazione giovanile. Alcuni responsabili poi
suggeriscono che gli Informagiovani dovrebbero essere coinvolti in
forma di una compartecipazione alle iniziative delle politiche giovanili –
30 Segnalato da Bessi, Chimenti, Strozzalupi
112
cioè essere presenti e attivi nelle organizzazioni di eventi o progetti sui
giovani.
Infine, la rete stessa tra i punti Informagiovani viene ancora percepita
come insufficiente da alcuni intervistati. Nonostante l’esperienza dei
network della Valdera e del Valdarno sembra essere positiva, alcuni
comuni suggeriscono comunque un miglioramento dei collegamenti tra i
vari punti IG del territorio Provinciale. Il punto IG di Riparbella segnala
la necessità di far condividere strumenti ed esperienze tra i vari sportelli.
Altri operatori indicano che la messa in rete non ha ancora portato ai
massimi livelli di collaborazione e condivisione che sarebbero ottenibili.
VI.3. Il richiamo alle Istituzioni
L’ultima domanda del questionario cerca di rilevare l’opinione dei
responsabili rispetto a cosa dovrebbero fare le Istituzioni
comunali/provinciali/regionali per soddisfare meglio i bisogni della
popolazione giovanile. In termini generali i responsabili richiedono da un
lato un intervento istituzionale per migliorare il servizio stesso offerto dai
punti IG, dall’altro suggeriscono alle Istituzioni di ritagliare uno spazio
maggiore per i giovani all’interno della propria agenda politica.
In collegamento con i punti sopra menzionati, i responsabili
intervistati richiedono dalle Istituzioni un maggiore riconoscimento
pubblico del valore del servizio che il sistema degli Informagiovani offre
sul territorio provinciale. Chiaramente, lo stanziamento di più fondi per
gli Informagiovani e per le politiche giovanili in generale si rivolge
direttamente alle Istituzioni politiche dei vari livelli territoriali addetti. I
responsabili ritengono inoltre fondamentale l’intervento delle Istituzioni
per migliorare la reticolazione tra servizi e soggetti diversi impegnati con
il mondo giovanile. La promozione di una condivisione vera nella forma
113
di comunicazione e interscambio secondo loro deve passare anche
attraverso provvedimenti istituzionali. Sono le Istituzioni che devono
creare un ambiente nel quale vi sia un coinvolgimento attivo di vari attori
che contribuiscono a migliorare la condizione giovanile sul territorio
della Provincia.
Oltre alle richieste dirette, i responsabili dei punti Informagiovani
suggeriscono poi alcune azioni attraverso le quali le Istituzioni
potrebbero rammendare la distanza che si è creata nel tempo tra le fasce
d’età più giovani della popolazioni e le Istituzioni stesse. In particolare,
tutti gli intervistati richiamano i livelli decisionali ad investire energie e
risorse nell’ascolto diretto dei giovani per aumentare la percezione delle
esigenze reali ed emergenti in termini quantitativi e qualitativi. A tale
scopo i responsabili richiamano le Istituzioni a coinvolgere
maggiormente i giovani, e a collaborare ai vari livelli territoriali per
garantire una maggiore visibilità alle iniziative e dunque coinvolgere più
soggetti giovani possibili.
L’indagine rileva che bisogna poi dare più spazio all’espressione
diretta giovanile, in particolare aumentare il rilievo dei rappresentanti
portavoce dei reali bisogni, e quello della Consulta Giovanile. “Bisogna
creare dei veri e propri “momenti di ascolto” durante i quali i giovani
possano manifestare apertamente i propri bisogni e fare richieste reali e
pragmatiche.” I responsabili dunque propongono alle Istituzioni di
investire in un ascolto che dovrebbe essere strutturato in forma bottom-
up. In seguito all’ascolto e quindi la migliore comprensione dei bisogni
della popolazione giovanile, le Istituzioni dovrebbero dare più spazio ai
giovani stessi, cercando di non pilotare e organizzare esternamente le
azioni dei giovani, ma mettendo a loro disposizione gli strumenti per
“lavorare” da soli, sostenendoli ed evitando di criticarli. Questo
suggerimento in pratica richiama all’isituzione di un welfare per i giovani,
affinchè possano affrontare le sfide della vita con un maggior numero di
114
strumenti come informazioni e opportunità di accesso, senza però essere
oberati da preoccuzioni troppo grandi in caso di insuccesso. Questo
richiede la costruzione di “safety nets” che evitano che la perdita
dell’impiego o altri eventi sfavorevoli compromettano tutto il progetto di
vita dei giovani.
Come già menzionato in paragrafi precedenti, una delle caratteristiche
più salienti della popolazione giovanile rilevata da quest’indagine è la
scarsa fiducia generale che questa nutre per le Istituzioni. Questo
risultato è in linea con la letteratura nazionale e regionale. Riguardo a
questo problema di “comunicazione” tra le Istituzioni e i giovani, i
responsabili dei punti Informagiovani richiamano le prime ad agire. I
versanti di azione sono da un lato la promozione di politiche attive per i
giovani, dall’altro di campagne di sensibilizzazione e di educazione per
rafforzare la fiducia che i giovani possono nutrire nelle Istituzioni e i
servizi pubblici in generale. In particolare, i responsabili incitano le
Istituzioni a promuovere politiche attive per i giovani che li coinvolgano
in una partecipazione diretta su più versanti, di promuovere la
sensibilizzazione rispetto ai loro disagi da un lato ma anche delle loro
idee stesse. Alle Istituzioni viene chiesto di rendere i giovani
maggiormente responsabili e consapevoli all’interno del proprio
territorio. Questo argomento si ricollega anche alla necessità di
valorizzare la condizione giovanile stessa. Tutte le fonti di rilevamento di
questa indagine (i questionari compilati dai responsabili dei Punti
Informagiovani e i due focus group) sottolineano che i giovani sono la
maggior risorsa – e non il maggior problema – della Società. Le politiche
pubbliche dovrebbero trasmettere a loro e alla società che sono
l’opportunità per un paese intero.
“Tra di noi c’è molta voglia di fare ma non ci viene dato molto spazio
a fare, e noi siamo il Futuro! Non siamo proprio come ci descrivono i
telegiornali che abbiamo tutto ma siamo depressi – noi abbiamo
115
tantissime risorse e capacità, ma dovremmo trovare cose che ci
interessano: diverse situazioni, diverse esperienze, più interattività, sono
convinta che noi giovani di oggi abbiano molte più capacità di quelli di
20 anni fa, ma dobbiamo essere spronati a tirare fuori queste capacità e
diventeremo dei bravi adulti con molta voglia di lavorare!”31
31 Citazione di Clarissa durante il secondo focus group.
117
Conclusioni
Riassumendo, rispetto alla letteratura esistente, l’indagine conferma
alcuni bisogni salienti all’interno della popolazione giovanile della
Provincia di Pisa. I risultati si sono concentrati soprattutto sui bisogni dei
giovani legati alla formazione, il lavoro e l’inserimento sociale. Questo è
dovuto agli obiettivi del committente ed alle conseguenti scelte
metodologiche dell’indagine che hanno coinvolto soggetti specializzati
soprattutto in queste tematiche.
L’indagine ha confermato la letteratura locale che segnala una più
rapida uscita dal circuito scolastico nel Valdarno e un maggior disagio tra
i giovani della Val di Cecina per ciò che riguarda le problematiche
dell’entrata e la permanenza nel mercato del lavoro. I responsabili degli
Informagiovani suggeriscono che il problema maggiore della Val di
Cecina è legato all’insufficienza di infrastrutture di trasporto che rende
più difficoltoso l’incontro tra domanda e offerta di lavoro dei giovani. Al
di là di queste problematiche, i risultati indicano comunque una buona
condizione dei giovani della Provincia, in linea con la letteratura
regionale e locale. L’indagine conferma poi pienamente la letteratura
nazionale e regionale che sottolinea la carenza delle strutture di
orientamento scolastico e per percorsi formativi successivi alla scuola. Il
servizio degli Informagiovani stesso non sembra ancora essere
sufficiente per soddisfare l’intera domanda di orientamento dei giovani
della Provincia di Pisa. Questo, anche perchè non tutti i Punti di fatto
offrono questo tipo di servizio, e perchè non sempre il personale addetto
è formato appositamente per questo scopo. Inoltre, i giovani stessi
reclamano l’offerta di servizi di orientamento anche all’interno delle
strutture scolastiche, ovvero già durante la Scuola Media Inferiore.
Un ulteriore risultato dei diversi momenti dell’indagine sottolinea la
situazione di scarsa fiducia da parte dei giovani verso le Istituzioni e le
118
strutture pubbliche in generale. I vari soggetti coinvolti hanno segnalato
la necessità di campagne di sensibilizzazione al fine di promuovere una
vera e propria educazione all’utilizzo dei servizi pubblici. Meno grave
rispetto alla letteratura esistente, sembra essere invece l’ostilità e la
sfiducia dei giovani verso gli immigrati. Solo nei comuni di Buti,
Capannoli, Cascina Terme, Castelfranco di Sotto e Castellina Marina i
responsabili hanno segnalato l’immigrazione come una delle
preoccupazioni maggiori dei giovani.
Considerando questi risultati che mappano i bisogni della popolazione
giovanile, è possibile sottolineare alcuni obiettivi che potrebbero guidare
future strategie di intervento per migliorare la condizione giovanile nel
territorio della Provincia. Nel paragrafo precedente sono già state delineate
alcune azioni rivolte al sistema degli Informagiovani stesso, altre invece
chiamano le istituzioni provinciali a riqualificare le modalità di “ascolto”
dei bisogni dei giovani e ad attribuire loro un peso maggiore all’interno
dell’agenda politica. Oltre a questi preziosi suggerimenti segnalati dai
responsabili dei punti Informagiovani del territorio provinciale, i risultati
dell’indagine nel suo complesso sottolineano alcuni altri aspetti che
potrebbero risultare rilevanti per le future strategie d’intervento atte a
migliorare la condizione giovanile nella Provincia di Pisa.
Di primaria importanza risultano tutti quegli interventi volti a
rafforzare il raccordo tra il mondo degli studi e il mercato del lavoro. In
particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono tre obiettivi sintetizzati
nello schema che segue: in primis, un’azione sostanziale all’interno
dell’Istituzione Scolastica affinchè gli studenti possano acquisire
competenze più funzionali alla realtà del mondo del lavoro. In
particolare sarebbero necessari ulteriori interventi sui piani di studio,
nonchè di controllo delle competenze del corpo degli insegnanti, e la
garanzia che la scuola provveda a dare competenze pratiche come quelle
119
legate alla ricerca del lavoro stesso. Si tratta, in tutti questi casi, di
interventi a livello ministeriale e nazionale.
Raccordo STUDI-LAVORO
Formazione Scolastica
-Piani di studio
- competenze insegnanti
- capacità pratiche Orientamento e incontro D/O di lavoro
-Best-practices- più collegamenti istituzionali
- eventi informativi
-Più info per il Centro d’Impiego
Formazione sul Lavoro
- Più controllo e coordinamento- aumentare l’offerta
- monitoraggio e valutazione
- più risorse
Il secondo fronte di azione è quello del rafforzamento
dell’orientamento. Recentemente a livello ministeriale è stato deciso un
incremento di questo servizio anche nelle scuole. A livello provinciale
sarebbe utile rafforzare la raccolta di Informazioni sulle modalità di
orientamento attualmente in corso: questa indagine rivela che gli
Informagiovani stessi non soddisfano l’intera domanda di orientamento
dei giovani, e che dovrebbero essere aiutati e guidati a collaborare ancora
di più con le strutture scolastiche (soprattutto le Scuole Medie). La
Provincia potrebbe sfruttare al massimo il proprio ruolo di facilitatore
per raccogliere informazioni su best-practices, coinvolgere tutti gli attori
interessati e promuovere eventi informativi per rafforzare le capacità
esistenti e ampliare quelle potenziali per incrementare l’offerta di
orientamento sul territorio. Inoltre, sarebbe adeguato migliorare
ulteriormente le informazioni a disposizione dei Centri per l’Impiego e il
120
loro collegamento con altre strutture addette all’orientamento. Quanto
più sarà strutturata l’informazione disponibile sull’incontro tra domanda
e offerta di lavoro, tanto migliore potrà essere il servizio offerto dai
Centri per l’Impiego nonchè di tutti gli attori coinvolti in altri servizi di
orientamento.
Il terzo fronte di azione propone di intervenire all’interno del mercato
del lavoro per garantire migliori livelli di formazione sul lavoro. In
particolare, i risultati dell’indagine suggeriscono di incrementare le attività
di controllo e di coordinamento tra enti pubblici e le aziende locali
nell’ambito degli stage formativi e altre attività di formazione sul lavoro.
La Provincia potrebbe agire su due versanti: da un lato aumentando
l’offerta di opportunità formative all’interno del mercato del lavoro
attraverso attività di scouting e un attenta ricerca di nuove strutture
ospitanti. D’altro canto potrebbe migliorare le attività di monitoraggio e
di valutazione dei momenti formativi, affinchè vengano effettivamente
garantiti qualità e spendibilità dell’esperienza formativa. Inoltre, la
Provincia potrebbe considerare di indirizzare maggiori risorse di fondi
strutturali verso le esperienze lavorative e formative dei giovani.
L’indagine ha infatti mostrato che queste sono di grande importanza per
i giovani: un esperienza di stage integra le conoscenze teoriche del
percorso formativo e se retribuita in modo adeguato evita che il giovane
perda tempo in attività lavorative che lo portano lontano dall’impiego
ambito.
Oltre al rafforzamento del legame tra gli studi e il lavoro, vi sono altri
possibili interventi diretti a migliorare l’accesso al mercato del lavoro. A
livello ministeriale sarebbe opportuno eliminare le barriere che rendono
ancora difficile la conversione di titoli di studio stranieri – un fatto che
limita un accesso adeguato alle persone immigrate con una formazione.
Di particolare importanza, sembra inoltre il problema affrontato dalle
giovani donne che hanno difficoltà a trovare impieghi part-time, più
121
facilmente abbinabili a impegni di tipo famigliare. Interventi fiscali e altri
tipi di incentivi potrebbero fare sì, che gli impieghi part-time non
risultino più onerosi per le aziende. A livello locale invece, i risultati
dell’indagine suggeriscono l’importanza di rafforzare l’intero sistema di
trasporto, soprattutto nella Val di Cecina, affinchè i costi di spostamento
vengano abbattutti. Questi infatti incidono sull’accessibilità di molti
lavori e sulla disponibilità dei giovani a spostarsi per un impiego. Le
carenze di mobilità tra i giovani segnalate da questa indagine potrebbero
inoltre essere ridotte attraverso un maggior numero di servizi
trasversali.32
AccessoMKT LAVORO
Riconoscimentotitoli esteri
Aumentare offertaLavori part-time
Aumentare mobilitàDei giovani
-INF trasporto- servizi trasversali
Per quanto riguarda le difficoltà dei giovani a trovare una
sistemazione abitativa, va segnalata una generale carenza in termini di
politica abitativa a livello nazionale. Ai livelli decisionali più alti sarebbe
opportuno disegnare ulteriori elementi di politica fiscale e monetaria per
ridurre le barriere economiche che i giovani e le giovani coppie
32 Promozioni come “la Carta Giovani” per esempio potrebbero estendersi all’intero
territorio della Provincia e non solo a quello dei SEL.
122
affrontano per trovare una sistemazione abitativa di proprietà o in affitto.
In particolare dovrebbero essere rafforzate le misure atte a favorire
l’acquisto e le agevolazioni per il credito per l’accesso a “prime case”. A
livello locale le difficoltà a trovare una sistemazione abitativa sembra
essere di particolare importanza per i giovani nel Valdarno e la Valdera.
Sistemazione
abitativa
Ridurre barriereeconomicheper l’affitto
Favorire l’acquistoe meccanismi di credito per
L’accesso a “prime case
Concludendo, rimane come problema di base la scarsa fiducia che i
giovani ripongono nelle istituzioni pubbliche. Tra gli obiettivi per
migliorare il rapporto giovani-istituzioni si possono indicare: il
miglioramento stesso dei servizi attraverso: una più adeguata gestione dei
servizi per i giovani e una più efficace comunicazione con questi per
aumentare l’utenza e la loro soddisfazione. In seconda istanza, rimane
importante aumentare la visibilità stessa di alcuni servizi – come quello
offerto dagli informagiovani stessi, per garantire che gli sforzi vengano
anche registrati dai diretti interessati. La Provincia potrebbe poi
indirizzare sforzi e risorse verso campagne ed eventi di sensibilizzazione
che portino i giovani ad un maggiore e più “naturale” utilizzo delle
istituzioni pubbliche.
123
Migliorare la
Percezione
delle istituzioni
Migliorare
I servizi
Comunicazione
E VisibilitàSensibilizzazione
Questi che sono stati delineati negli schemi riassuntivi, sono obiettivi
che potrebbero indirizzare le strategie di intervento per migliorare la
condizione giovanile della popolazione della Provincia di Pisa, in base ai
bisogni dei giovani rilevati tramite questa indagine.
125
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Analisi dei bisogni emergenti nella popolazione giovanile: l’immagine raccolta dal sistema degli
inform@giovani nella Provincia di Pisa
Questionario
(Si prega di contrassegnare con una “X” l’opzione scelta, o di scrivere sulle righe dove predisposte)
Parte 1 : Utenza degli Inform@giovani 1) Quanti giovani assiste al mese? ( ) Meno di 10 ( ) Tra i 10 e 29 ( ) Tra i 30 e 59 ( ) Tra i 60 e 99 ( ) Più di 100 2) Il numero di giovani assistiti è aumentato, secondo Lei, negli ultimi due anni? ( ) Sì, molto ( ) Sì, lievemente ( ) No ( ) No, anzi è diminuito
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3) Può stimare come si distribuiscono in percentuale i giovani assistiti per classi d’età? (Formare un totale del 100%) ( ) Fascia 0-14 anni ( ) Fascia 15-19 anni ( ) Fascia 20-24 anni ( ) Fascia 25-29 anni ( ) Fascia 30-35 anni 4) Il suo centro assiste anche persone più anziane di 35 anni? Se sì, può stimare la percentuale sull’utenza totale?
5) Quali servizi offre il centro? ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale
(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)
( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 6) Quali sono i servizi più richiesti? (numerare i servizi, attribuendo 1 al servizio richiesto più comunemente) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale
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(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)
( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) 7) Che tipo di rapporto mantiene il centro con altre strutture/associazioni che offrono servizi ai giovani? ( ) Nessun rapporto ( ) Vicinanza fisica ( ) Incontri occasionali ( ) Scambio di informazioni ( ) Collaborazione occasionale per progetti e iniziative – Quali? ( ) Rapporto stabile di collaborazione nell’offerta di alcuni servizi – Quali? 8) Quali sono le strutture/associazioni con le quali mantiene un rapporto più stabile?
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Parte II: Indagine sui bisogni della popolazione giovanile 9) Quali sono, secondo Lei, le più grandi preoccupazioni dei giovani riguardo al proprio futuro? (si prega di contrassegnare al massimo quattro opzioni) STUDI 1. ( ) La mancanza di un adeguata offerta didattica locale (a livello di istituti superiori/università) 2. ( ) Doversi spostare per gli studi 3. ( ) L’inadeguatezza degli studi rispetto alle esigenze del mercato del lavoro LAVORO 4. ( ) La disoccupazione 5. ( ) La sottoccupazione 6. ( ) L’instabilità dell’impiego 7. ( ) Doversi spostare per il lavoro 8. ( ) Il guadagno economico 9. ( ) Trovare una sistemazione abitativa 10. ( ) Combinare le scelte matrimoniali e riproduttive con quelle lavorative IDENTITÀ 11. ( ) Trovare un ruolo all’interno della società 12. ( ) Socializzare con altri giovani 13. ( ) Come impegnare il proprio tempo libero SOCIETÀ 14. ( ) La crescente immigrazione 15. ( ) L’inaffidabilità delle istituzioni 16. ( ) Esistenziali e di crisi di valori 17. ( ) Altro (specificare)
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10) Trova che ci siano differenze sostanziali nell’incidenza di questi bisogni tra i più giovani e quelli oltre i 25 anni? (segnare il numero della preoccupazione per la quale ci sono differenze, specificare brevemente in che senso esiste una differenza) ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 11) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani uomini e donne? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 12) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani appartenenti a classi sociali diverse? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali:
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13) Trova che ci siano differenze sostanziali tra giovani italiani e stranieri? ( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 14) Ci sono dei bisogni specifici che connotano il contesto locale in cui il suo inform@giovani opera?
( ) Sì ( ) No Se sì, quali: 14) Se sì, questi bisogni vengono espressi dai giovani stessi? ( ) Sì ( ) No
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Parte III – Strategie di intervento per la popolazione giovanile 15) In generale crede che i servizi offerti rispondano ai bisogni dei giovani? ( ) Molto ( ) Abbastanza ( ) Poco ( ) Per niente 16) Di quali servizi la vostra utenza è più soddisfatta? (attribuire un ordine con 1 = massima soddisfazione) ( ) Orientamento scolastico ( ) Orientamento per successivi percorsi formativi (universitario/ professionale) ( ) Divulgazione di Informazioni per il lavoro/lo studio/la formazione ( ) Formazione minima (stesura CV, consultazione internet, ecc…) ( ) Accesso gratuito a internet/PASS ( ) Informazioni di tipo turistico/culturale/sportivo ( ) Informazioni con connotato di inclusione sociale
(per i disabili, associazionismo, volontariato, indirizzati ai giovani immigrati…)
( ) Assistenza (sociale, psico-sanitaria, gruppi anti-fumo/anti-droga) Perché crede che questi servizi siano più soddisfacenti?
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17) In quale area trova che il suo inform@giovane non riesce a soddisfare i bisogni dei giovani? ( ) Formazione/ Istruzione ( ) Lavoro ( ) Gestione del tempo libero ( ) Ambito/Inserimento sociale ( ) Assistenza ( ) Altro – specificare: 18) Quali servizi dovrebbero essere aggiunti all’offerta del suo centro, secondo Lei?
19) Come crede che si possa migliorare il ruolo e l’impatto degli inform@giovani?
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20) Secondo Lei, cosa dovrebbero fare le istituzioni (comunali/provinciali/regionali) per soddisfare meglio i bisogni della popolazione giovanile?
Stampa febbraio 2008 Tipografia Editrice Pisana snc
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