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Collana psicoeducazionale

Anziani assisterli amarli

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Guida per assistere gli anziani

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Collana psicoeducazionale

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Pietro Spagnulo

Ansia e Panico

Superare il problemacon la terapia cognitivo comportamentaledi terza generazione

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Pietro Spagnulo

Ansia e Panico

Superare il problema

con la terapia cognitivo comportamentale

di terza generazione

Copyright © 2008 Ecomind Srl

Via Principessa Sichelgaita 48, Salerno

Prima ristampa

Anno della precedente pubblicazione: settembre 2008

Prima edizione: settembre 2008

ISBN 978-88-87795-37-0

Immagine grafi ca

Federica Marano

Proprietà letteraria riservata.

È vietata la riproduzione (anche parziale) con qualsiasi mezzo.

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Sommario

Prefazione 11

1. Breve storia della terapia cognitivo comportamentale 13 Il modello comportamentista 14 Il modello cognitivo 15 Integrazione dei modelli comportamentale e cognitivo 16 Un nuovo ABC 19

Cosa sono l’ansia e il panico e quali sono le loro cause

2. Ansia, paura e panico 273. I disturbi d’ansia 31 Il Disturbo d’Ansia Generalizzata 31 Il Disturbo di Panico 32

4. Perché mi accade questo? 37 La trappola delle spiegazioni 39

Gli eventi passati 50 Le intenzioni presenti 52

5. Che cos’è un attacco di panico? 57 La paura allo specchio 57

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Cosa fare – 1Apprendere a calmarsi

6. Creare la calma 67 Vivere il presente 76

Domande frequenti 79

7. Calmarsi ovunque ed in qualsiasi situazione 81 Calmarsi mentre si sta facendo qualcosa 81

8. Se calmarsi risulta diffi cile 83 Respirazione lenta volontaria e rilassamento corporeo 83

Cosa fare – 2Riconoscere e superare i pensieri catastrofi ci

9. Fatti esterni e processi interni 95

10. Pensieri, emozioni e sensazioni fi siche 99 Pensieri ed emozioni 99 Sensazioni fi siche 102

L’affetto ponte 103

11. I pensieri catastrofi ci 105 L’illusione del linguaggio 107

Cosa fare – 3Esporsi

12. Evitamento ed esposizione 115

13. Accettare, scegliere, fare 119 Noi non siamo la nostra mente 120

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14. Vivere il presente 127

15. Cosa fare quando siamo in “panico” 131 Affrontare i momenti diffi cili 136

16. Diario delle scelte 139 Assumere un impegno 142

17. Valori e obiettivi 147 Direzioni e mete 149

18. Esposizione 153 Ancora “ostacoli” della mente 154 Esposizione per l’Ansia Generalizzata 159 Esposizione per il Panico 160

Esposizione interocettiva 160 Rinunciare agli “amuleti” 163

Le “ricadute”

19. Cadere, ricadere, rialzarsi e camminare 169

Appendice 173

Bibliografi a 181

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Nel libro sono presenti numerosi esercizi.Alcuni esercizi si riferiscono alla pratica della mindfulness e sono contrassegnati dal logo Le guide audio che assistono il lettore passo dopo passo duran-te l’esecuzione degli esercizi di mindfulness sono scaricabili sul sito www.ecomind.it

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Prefazione

Sono trascorsi otto anni dalla pubblicazione della prima edizio-ne di Ansia e Attacchi di panico, un libro nato per aiutare chi soffre del disturbo in modo concreto ed effi cace, con strumen-ti scientifi camente fondati ed al passo con gli avanzamenti nel campo della psicoterapia e delle scienze del comportamento.

Migliaia di persone sono state aiutate concretamente a ca-pire meglio il proprio problema di ansia o di panico, mettendo in moto processi di cambiamento fondamentali per superarlo, ed indirizzandosi verso trattamenti effi caci. Il libro ha dunque contribuito a diffondere in Italia moderne strategie di interven-to basate sulla enorme esperienza di clinici e ricercatori di tutto il mondo nel campo delle scienze cognitive e comportamentali. E credo che il successo di quest’opera sia da attribuire ad una riuscita miscela di rigore scientifi co, semplicità di esposizione e concreta utilità.

Si sono così succedute tre edizioni del libro con l’aiuto di Maurizio Falcone e Michele Giannantonio che hanno curato aspetti rilevanti. Eravamo animati dall’idea di aggiungere nuovi elementi al fi ne di curare tutti gli aspetti del problema del pani-co e di arricchirne i contenuti.

Oggi ci troviamo però in un momento cruciale dello svi-luppo della terapia cognitivo comportamentale del panico e mi sono chiesto se non fosse venuto il momento di una svolta radi-cale rispetto alle edizioni precedenti.

Nel corso degli ultimi anni, infatti, hanno avuto un grande sviluppo alcuni orientamenti che hanno aggiunto alla terapia cognitivo comportamentale signifi cativi avanzamenti, al punto da far ritenere a molti autori di trovarci di fronte ad una vera ri-

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voluzione, chiamata appunto terapia cognitivo comportamen-tale di terza generazione.

La presente opera, dunque, pur rimanendo saldamente an-corata allo stile precedente di rigore, semplicità e utilità, è stata completamente riscritta per stare al passo con i cambiamenti in atto nella concettualizzazione dei problemi e nelle strategie terapeutiche.

Spero dunque che questa nuova edizione non solo continui ad essere di grande aiuto a chi soffre di problemi di ansia e pa-nico, ma possa anche ampliare il ventaglio di opzioni in linea con i progressi in corso.

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Breve storia della terapiacognitivo comportamentale

La psicoterapia cognitivo comportamentale è considerata dalla comunità scientifi ca internazionale e dalle più autorevoli orga-nizzazioni sulla salute uno dei più affi dabili ed effi caci modelli per la comprensione ed il trattamento di un gran numero di disturbi e problemi psicologici e psichiatrici.

La sua buona reputazione dipende da una serie di elementi che la contraddistinguono:

• è fondata su basi empiriche ed è stata sottoposta a innume-revoli e rigorose ricerche cliniche in tutto il mondo;

• il suo linguaggio ed i suoi metodi sono ben defi niti ed è quindi molto apprezzata anche in altri ambiti scientifi ci: la neurofi siologia, l’etologia, la psicologia del comportamen-to, la psicobiologia;

• le sue basi teoriche sono relativamente intuitive ed imme-diatamente comprensibili anche dai pazienti;

• la durata del trattamento è in genere piuttosto breve;

• La terapia si svolge in un clima collaborativo, con uno stile di comunicazione diretto, concreto e orientato allo scopo.

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Nel corso degli ultimi anni, ci troviamo in una fase di ulteriori importanti avanzamenti. Stiamo in effetti attraversando la co-siddetta “terza generazione” della terapia cognitivo compor-tamentale grazie all’introduzione della mindfulness all’interno del già vasto repertorio tecnico. Ma sarebbe davvero limitativo pensare alla minfulness come ad una tecnica in più da utilizzare all’interno della terapia. È opinione di molti autori, infatti, che ci si trovi di fronte ad una nuova rivoluzione paradigmatica nell’ambito delle scienze del comportamento.

Per comprendere appieno la portata della novità, può essere utile seguire con attenzione le tappe precedenti della evoluzione della terapia cognitivo comportamentale.

Il modello comportamentista

Il primo paradigma era quello comportamentista che pose al centro del suo modello e della sua operatività la ricerca empiri-ca basata su dati osservabili di modifi cazioni del comportamen-to, per effetto degli stimoli e dei rinforzi.

Alla base del paradigma comportamentista vi sono gli studi di Pavlov sul “condizionamento classico” e di Thorndike, Tol-man, Guthrie e Skinner sul “condizionamento operante”.

Il condizionamento classico consiste nella creazione di un’as-sociazione tra uno stimolo, un evento ed una reazione compor-tamentale. È famoso l’esempio del suono del campanello che, se associato ripetutamente alla comparsa di cibo, può determinare salivazione nel cane anche in assenza di cibo.

Il condizionamento operante, detto anche “Legge dell’ef-fetto”, consiste nella constatazione che se un certo comporta-mento è seguito da conseguenze gratifi canti tenderà ad essere ripetuto, mentre il comportamento che è seguito da conseguen-ze spiacevoli, tenderà a presentarsi meno frequentemente. Le conseguenze piacevoli e spiacevoli sono chiamate rispettiva-mente Rinforzi e Punizioni. Il rinforzo può essere positivo se è un evento gratifi cante, o negativo se consiste nella omissione di

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una punizione. La punizione può essere diretta, oppure consi-stere nella omissione di una gratifi cazione.

I primi tentativi di applicazione terapeutica di questi due principi hanno dato luogo alle tecniche ora note come Desensi-bilizzazione sistematica ed Esposizione che si sono dimostrate molto utili nel trattamento degli stati ansiosi, delle fobie, e del disturbo Ossessivo Compulsivo. I meccanismi che sono alla base della effi cacia di queste due tecniche non sono ancora conosciu-ti con certezza. Le ipotesi più accreditate sono le seguenti:

1. La presentazione simultanea di stimoli di effetto opposto determina la desensibilizzazione allo stimolo più debole. Se ne deduce che, ad esempio, se ci si espone a stimoli ansio-geni e, contemporaneamente, a stimoli rilassanti, alla fi ne si verrà desensibilizzati allo stimolo ansiogeno (purché si venga esposti inizialmente a lievi stimoli ansiogeni e poi a stimoli di intensità crescente).

2. L’esposizione a stimoli che determinano ansia, indipenden-temente dall’utilizzazione di stimoli rilassanti, determina desensibilizzazione in quanto non seguono gli eventi temu-ti.

Un altro fondamentale concetto che deriva dal modello com-portamentale è l’infl uenza che il corpo ha sugli stati mentali. In altri termini, se gli stati mentali infl uenzano le reazioni corpo-ree, è anche vero l’inverso: lo stato fi siologico infl uenza lo stato mentale. Di qui l’importanza assunta nel modello comporta-mentale delle tecniche di rilassamento.

Il modello cognitivo

Il primo modello cognitivo è stato probabilmente quello di Mei-chenbaum nel 1973 che con il suo “Training di autoistruzioni”, introdusse il concetto di comportamento operante mentale. Si

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deve comunque a Beck e ad Ellis la formulazione degli approcci terapeutici cognitivi così come sono conosciuti oggi. Il principio fondamentale della terapia cognitiva consiste nell’assunto che uno stimolo non genera automaticamente un comportamento, ma che tra uno stimolo ed un comportamento si frappone una interpretazione cognitiva dello stimolo identifi cabile come pen-siero automatico e che poggia le sue basi, a sua volta, su una rete di assunti (assumptions) e convinzioni (beliefs). Scopo della terapia cognitiva diventa, dunque, la trasformazione delle con-vinzioni disadattive in convinzioni adattive.

L’introduzione di questo principio all’interno delle tecniche comportamentali ha dato luogo ad un notevole potenziamento delle strategie terapeutiche.

Integrazione dei modelli comportamentalee cognitivo

Si può comprendere facilmente come si integrino i due modelli osservando due schemi che possono essere denominati rispetti-vamente ABC Comportamentale ed ABC Cognitivo.

Nel primo schema (fi gura 1) sono riassunte le tre compo-nenti del comportamento: l’antecedente (cioè lo stimolo), il comportamento (detto in inglese “Behaviour”) e le conseguenze (rinforzi). L’analisi del comportamento consiste in una valuta-zione dettagliata degli antecedenti (A) e delle conseguenze (C) di un comportamento disadattivo (B). La modifi ca degli ante-cedenti e delle conseguenze comporta dunque una modifi ca del comportamento.

Come si vede nel secondo schema (fi gura 2), l’ABC cognitivo pone al centro del suo interesse la componente cognitiva che si frappone tra un antecedente (evento/situazione) e le conseguen-ze emotive e comportamentali. L’analisi cognitiva consiste nella valutazione dettagliata dei pensieri automatici, degli assunti e delle convinzioni (B) che si frappongono tra un evento (A) e le conseguenze emotive e comportamentali disadattive (C).

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Figura 1. L’ABC Comportamentale

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Figura 2. L’ABC Cognitivo(Inserisce le convinzioni tra le prima e la seconda colonna dell’ABC comporta-

mentale.)

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La modifi ca delle convinzioni profonde (ristrutturazione cogni-tiva) genera dunque una modifi ca degli assunti e dunque dei pensieri automatici, con conseguente cambiamento del com-portamento e delle emozioni.

In sintesi, i due ABC (comportamentale e cognitivo) non sono alternativi, ma si integrano in quanto introducono tra l’antecedente e la risposta emotiva e/o comportamentale, un livello cognitivo che corrisponde alla interpretazione dell’even-to. Ciò signifi ca che la nostra risposta agli eventi è mediata da un processo interno di tipo cognitivo che interpreta gli eventi esterni.

Ma ciò che è interessante, rispetto all’evoluzione della te-rapia cognitivo comportamentale, è che noi possiamo condi-zionarci non solo per semplice associazione (condizionamento classico), ma anche perché interpretiamo un certo evento come il segno di qualche altra cosa. Ad esempio, possiamo appren-dere a non attraversare la strada con il semaforo rosso, senza dover subire ripetuti investimenti da parte delle automobili. Il condizionamento passa attraverso una interpretazione cogniti-va, per cui semaforo rosso = pericolo.

Un nuovo ABC

La novità imposta dalla “terza generazione” della terapia co-gnitivo comportamentale può essere rappresentata con il se-guente schema che pur contenendo i punti fondamentali degli schemi precedenti, li supera introducendo il concetto di azione consapevole (fi gura 3).

Questo schema è solo apparentemente simile all’ABC co-gnitivo. In realtà è possibile identifi care una profondissima dif-ferenza. Se nell’ABC cognitivo la terza colonna include sia i comportamenti che le emozioni, in questo nuovo ABC la terza colonna comprende solo i comportamenti (anzi le azioni). Ciò signifi ca porre una linea di separazione tra emozioni e azioni, nel senso che l’emozione non può essere evocata in modo deli-berato, ma l’azione sì.

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Figura 3. Un nuovo ABC

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La differenza fondamentale in questo schema è che il compor-tamento (l’azione) non viene considerato una meccanica conse-guenza obbligata degli eventi interni, ma una possibile scelta.

Rispetto all’ABC comportamentale, invece, vi sono minori differenze, in quanto è possibile immaginare una quarta colon-na che descrive le conseguenze delle azioni. Tuttavia, nello sche-ma qui proposto, le conseguenze interne delle azioni possono essere riportate nella colonna centrale in una sorta di movi-mento a ritroso. Ciò rende molto bene l’idea di ricorsività di talune esperienze umane. Nel nostro caso, ad esempio, cioè nel caso del panico, i pensieri catastrofi ci, le emozioni ansiose e le sensazioni fi siche della colonna intermedia tendono a ridursi se la persona fugge dalla situazione (evitamento). In termini com-portamentali, sappiamo già che l’evitamento funziona come rinforzo positivo, in quanto fuggendo dalla situazione, l’ansia si riduce, ma in questo modo non si ottiene la desensibilizzazio-ne dallo stimolo. Questa situazione può essere rappresentata nel nuovo ABC registrando l’evitamento nella terza colonna, e la sua conseguenza (la riduzione dell’ansia), andando a ritroso, nella seconda. Ma nella seconda colonna si aggiungono anche altri pensieri ed altre emozioni correlati alla frustrazione di ri-nunciare a muoversi.

Un aspetto di grande rilevanza riguardante questo schema, è che nelle condizioni psicopatologiche, come descritto dagli ABC precedenti, il comportamento segue gli eventi interni in modo automatico (come se fosse una conseguenza obbligata). Il nuovo schema sottolinea invece che il comportamento pur essendo “automatico” non è una conseguenza obbligata, in quanto può essere sostituito da scelte comportamentali diverse e più funzionali.

In sintesi, una delle funzioni fondamentali della psicotera-pia consiste proprio nel riconoscere alcuni automatismi disfun-zionali e nel sostituirli con risposte consapevoli e funzionali. Ciò implica anche una maggiore apertura ed accettazione della esperienza interiore e dunque una maggiore possibilità di esplo-razione ed elaborazione.

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22 ANSIA E PANICO

Ad esempio, se in autostrada (antecedente) avverto il bi-sogno di fuggire in quanto temo di avere un attacco di panico (evento interno), posso anche decidere di proseguire nella gui-da (esposizione come azione consapevole), con la conseguenza benefi ca di espormi alla situazione temuta e dunque iniziare un processo di desensibilizzazione, ma anche con l’effetto di assu-mere un atteggiamento più aperto e accettante nei confronti dei miei pensieri spontanei, delle mie emozioni e sensazioni fi siche, favorendo in questo modo una conoscenza più profonda di me stesso.

Come si vede, dunque, non vengono messi in discussione i principi fondamentali della terapia cognitivo comportamentale, ma viene attribuita una importanza cruciale alla scelta consape-vole delle proprie azioni.

Un altro aspetto che rappresenta una novità importante nel-la “terza generazione” della terapia cognitivo comportamentale è l’ampliamento del concetto di ristrutturazione cognitiva.

Se nel modello cognitivo standard, la ristrutturazione cogni-tiva consiste in un insieme di procedure che consentono di met-tere in discussione delle convinzioni disfunzionali e di sostituirle con convinzioni più adeguate, con la pratica della mindfulness si apprende a riconoscere gli eventi interni (pensieri, emozioni e sensazioni) come esperienze soggettive che vanno e vengono, come eventi fl uttuanti, impermanenti.

Si tratta dunque di una esperienza che mette in discussione il mondo della soggettività in modo più radicale della ristruttu-razione cognitiva tradizionale.

Se l’obiettivo della ristrutturazione cognitiva è la sostituzio-ne di una convinzione con un’altra, l’esperienza della mindful-ness insegna invece che le cognizioni sono tutte, in un certo sen-so, inaffi dabili, in quanto la loro natura è soggettiva e legata ad associazioni spesso del tutto arbitrarie. Questo cambiamento di prospettiva è più radicale del precedente e giustifi ca l’idea di “terza generazione” della terapia cognitivo comportamentale.

Tale spostamento di attenzione, infl uenzato principalmente dalla mindfulness, ha consentito di riposizionare ancora una volta l’impianto terapeutico. Allo stesso modo in cui il cogni-

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tivismo ha consentito di superare un approccio troppo “ogget-tivizzante” del comportamentismo, le terapie della terza onda consentono ora di superare l’idea di curare contrapponendo dei contenuti cognitivi ad altri contenuti. La consapevolezza dei processi mentali consente, infatti, di sviluppare un atteg-giamento di de-identifi cazione dai loro contenuti e di liberarsi dalle trappole della mente e dunque seguire il proprio percorso vitale.

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24 ANSIA E PANICO

La terapia cognitivo comportamentale di terza generazione introduce due concetti fondamen-tali:

La possibilità di scegliere

che supera una concezione piuttosto meccanica di se-quenze di eventi-pensieri-emozioni-comportamenti, ed introduce la possibilità di scegliere le proprie azioni indi-pendentemente dai nostri pensieri e dalla nostre reazioni emotive.

Il riconoscimento dei pensieri come pensieri

La possibilità di riconoscere i pensieri in quanto tali non solo è una precondizione della ristrutturazione cognitiva (non si possono cambiare le convinzioni se non si con-siderano impermanenti), ma può essere una esperienza terapeutica in se stessa in quanto consente di non essere completamente coinvolti dai pensieri e consente anche di poterli osservare in quanto oggetti della nostra consape-volezza.

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COSA SONO L’ANSIA E IL PANICO

E QUALI SONO LE LORO CAUSE

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Ansia, paura e panico

L’ansia eccessiva o incongrua è uno dei problemi psicologici più diffusi nel mondo.

Probabilmente non esiste problema di salute che non com-porti anche una certa quota d’ansia, ma vi sono alcuni disturbi che sono caratterizzati in modo specifi co o prevalente da mani-festazioni ansiose. Le classifi cazioni moderne chiamano queste condizioni “disturbi d’ansia”.

In questo libro ci occuperemo dei due disturbi d’ansia più diffusi: il Disturbo d’Ansia Generalizzata ed il Disturbo di Pa-nico.

Ma prima di descrivere i due disturbi, cerchiamo di capire cosa signifi chi la parola “ansia” e cosa la distingue da altri ter-mini simili e vicini, la “paura” ed il “panico”.

Se nel corso di una escursione in montagna si incontra un branco di cani randagi aggressivi, si ha paura.

Se durante l’escursione si teme di incontrare un branco di cani randagi aggressivi, questa è ansia.

L’ansia è uno stato di attivazione fi siologica e cognitiva in previsione di un pericolo futuro.

Da questo punto di vista, l’ansia deve essere distinta dalla paura in cui la medesima attivazione avviene per una situazione pericolosa attualizzata.

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28 ANSIA E PANICO

Il panico non è altro che uno stato di ansia particolarmente intenso, che può durare anche alcuni minuti, in assenza di un pericolo reale, e caratterizzato dalla presenza di pensieri cata-strofi ci, di cui i più frequenti sono: la paura di morire, di impaz-zire, di perdere il controllo di se stessi, di comportarsi in modo estremamente imbarazzante davanti agli altri, di non essere soc-corsi, di non avere “vie di fuga”, di svenire.

I tre termini sono dunque accomunati dalla percezione di un pericolo ed esprimono una condizione di attivazione più o meno intensa dello stesso meccanismo chiamato attacco-fuga.

Tutti i sintomi dell’ansia e del panico sono espressione di questo meccanismo e, come si può facilmente intuire, hanno una precisa funzione: preparare il corpo e la mente ad una in-tensa reazione di attacco o di fuga: aumento del ritmo cardiaco e del ritmo respiratorio (per fornire più ossigeno al corpo), ten-sione muscolare (per prepararsi all’impegno fi sico), dilatazione pupillare (per aumentare l’acutezza visiva), attenzione focaliz-zata sul pericolo (per eliminare tutti gli stimoli irrilevanti rispet-to alla priorità di identifi care la fonte del pericolo).

Il meccanismo attacco-fuga ha dunque un ruolo fondamen-tale in molte specie per la preservazione della vita.

Questo signifi ca che l’ansia, la paura e persino il panico non sono fenomeni psicopatologici in se stessi. Sono esperienze emo-tive assolutamente normali in quanto tali, esattamente come lo sono la tristezza, la rabbia, il disgusto, la sorpresa o la gioia.

È molto importante tener presente questa considerazione preliminare. La convinzione purtroppo diffusa che l’ansia sia una emozione patologica in se stessa è purtroppo uno dei mo-tivi per cui i disturbi d’ansia si cronicizzano. Come vedremo nel prossimo capitolo, i disturbi d’ansia sono caratterizzati da una serie di comportamenti e scelte di vita che vengono fatte in funzione dell’ansia. In altri termini, non è l’ansia in se stessa a defi nire una condizione psicopatologica, ma la risposta della persona all’ansia.

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ANSIA, PAURA E PANICO 29

Ansia, paura e panico

Si attivano in circostanze di pericolo.

Il pericolo può essere esterno e reale, ma può essere an-che interno. In tal caso è rappresentato da pensieri cata-strofi ci come: la paura di morire, di impazzire, di perdere il controllo, di comportarsi in modo imbarazzante davanti agli altri, di non essere soccorsi, di svenire.

Qualsiasi sia la fonte del pericolo, si attiva il medesimo meccanismo chiamato attacco-fuga che ha la funzione di preparare il corpo e la mente ad affrontare un pericolo.

L’attivazione di questo meccanismo a causa di pericoli in-terni (pensieri catastrofi ci) può non essere pertinente, ma non è mai in se stessa una condizione patologica.

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I disturbi d’ansia

I disturbi d’ansia sono delle condizioni in cui l’ansia è incongrua o esagerata rispetto alle circostanze ed interferisce in modo si-gnifi cativo con la vita di una persona, con le sue scelte, con i suoi comportamenti quotidiani. A seconda che l’ansia si mani-festi frequentemente nel corso della giornata, oppure si caratte-rizzi per la presenza di distinti episodi di attacchi di panico, si parla di ansia generalizzata oppure di disturbo di panico.

Il Disturbo d’Ansia Generalizzata

Consiste nella persistenza di preoccupazioni ingiustifi cate o ec-cessive per buona parte del tempo, e per una gran quantità di si-tuazioni e circostanze che non sono considerate particolarmen-te pericolose o preoccupanti dalla maggior parte delle persone.

Chi soffre di questo disturbo trascorre molto tempo do-minato dall’ansia, oppure a cercare rassicurazioni. Per questa ragione si instaura rapidamente un comportamento di evita-mento, cioè la tendenza a rinunciare a compiere azioni e a fare cose che il soggetto riconosce come possibile fonte di preoccu-pazioni.

Gli aspetti della vita che suscitano in genere ansia possono essere infi niti e vanno dall’area della salute, a quella del lavo-

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ro e delle relazioni. L’ansia è collegata a pensieri preoccupati riguardanti ad esempio l’incolumità fi sica propria o dei propri cari, oppure aspetti economici o relazionali. Molto frequente-mente non vi sono delle aree specifi che di preoccupazioni, ma la persona sembra estremamente sensibile a qualsiasi tema a cui possa essere in qualche modo appiccicata una preoccupazione.

Il Disturbo d’Ansia Generalizzata deve essere distinto dal Disturbo Ossessivo Compulsivo in cui l’ansia e le preoccupa-zioni sono seguite da una serie di azioni spesso senza senso chiamate rituali o compulsioni oppure da una incessante attivi-tà del pensiero teso a risolvere dubbi ed incertezze.

Il Disturbo di Panico

Come abbiamo già accennato, nel Disturbo di Panico, l’ansia si manifesta con intensi episodi distinti chiamati attacchi di pani-co accompagnati da pensieri catastrofi ci relativi alla salute (gra-vi malori, svenimento, morte), oppure alla perdita di controllo (paura di impazzire, di assumere comportamenti pericolosi o imbarazzanti, di non essere soccorsi).

Più avanti comprenderemo meglio le cause degli attacchi di panico. Per ora è importante ricordare che perché si possa parlare di Disturbo di Panico, non è suffi ciente che vi siano degli attacchi di panico, ma è necessario che si associ anche un cambiamento dello stile di vita caratterizzato da evitamento.

Moltissime persone, infatti, hanno occasione nella loro vita di sperimentare uno o più episodi di intensa ansia (attacchi di panico). Ma soltanto uno o due ogni cento sviluppano un Di-sturbo di Panico.

La differenza consiste appunto nella presenza di compor-tamenti di evitamento, cioè nella tendenza ad evitare azioni, situazioni o circostanze in seguito alle quali il soggetto teme che possa avere un ulteriore attacco di panico.

Riassumendo, dunque, il Disturbo di Panico si caratterizza per la presenza delle seguenti manifestazioni:

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I DISTURBI D’ANSIA 33

1. La presenza di episodi di attacchi di panico.

2. La modifi cazione dello stile di vita per timore di avere ulte-riori attacchi e che può assumere due modalità: l’evitamen-to delle situazioni in cui si teme di star male, oppure una condizione di frequente ansia all’idea di dover affrontare quelle situazioni. Questa ultima condizione si chiama ansia anticipatoria.

In altri termini, chi soffre di questo disturbo tende a limitare in modo signifi cativo la propria vita per evitare di trovarsi in quelle situazioni che potrebbero scatenare un attacco di panico, oppure vive tutto in uno stato di costante tensione.

Il comportamento di limitazione si chiama “evitamento” ed è una caratteristica piuttosto diffusa del problema. L’evita-mento può essere limitato ad alcune specifi che circostanze o situazioni, ma può essere anche talmente esteso da interferire pesantemente sulle scelte importanti di una persona (affetti, fa-miglia, lavoro).

Lo stato di tensione derivante dal fatto di non poter evitare certe situazioni si chiama ansia anticipatoria.

Nella maggioranza dei casi vi sono entrambe le manifesta-zioni, ma le persone che soffrono di Disturbo di Panico ten-dono a distribuirsi tra coloro che prediligono l’evitamento e coloro che evitano di meno, ma vivono una condizione di ansia anticipatoria.

Esistono casi non infrequenti di Disturbo di Panico in cui i veri e propri episodi di attacchi di panico sono pochissimi, persino uno o due in tutta la vita. Ma l’aspetto dominante del problema può essere caratterizzato da una signifi cativa limita-zione del proprio spazio vitale e relazionale (assenza di viaggi, riduzione delle relazioni sociali, limitazioni nelle scelte lavorati-ve, scelta di partner molto accudenti ma non stimolanti).

Infi ne, e sono le situazioni più diffi cili da curare, alcune per-sone sono persino ignare delle limitazioni che si impongono, al

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34 ANSIA E PANICO

punto da convincere se stesse di non essere per nulla interessate a vivere una vita più piena.

Di seguito sono elencati i più frequenti sintomi che accom-pagnano gli attacchi di panico.

Sintomi degli episodi di panico

• Percezione soggettiva di paura o allarme in assenza di pericolo oggettivo imminente

• Presenza di pensieri catastrofi ci relativi a se stessi: pau-ra di avere un grave malore, di svenire, di impazzire, di perdere il controllo, di commettere atti inconsulti, etc.

• Senso di confusione

• Senso di stordimento

• Senso di vertigine o giramento di testa

• Irrequietezza

• Tremori

• Appannamento della vista

• La realtà non sembra più la stessa

• Non ci si sente più gli stessi

• “Sentire” il proprio cuore o avvertire palpitazioni

• Mancanza di respiro

• Senso di costrizione o dolori al torace

• Sudore freddo

• Bocca secca

• Nodo alla gola

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I DISTURBI D’ANSIA 35

• Gambe molli

• Tensione e/o rigidità muscolare

• Crampi

• Formicolii alle dita

• Mal di testa

Questi sintomi, come si è accennato, sono l’espressione dell’at-tivazione del meccanismo attacco-fuga.

Di seguito, invece, sono elencati alcuni esempi tipici di si-tuazioni evitate.

Evitamenti tipici

• Ascensori

• Autostrade

• Gallerie

• Traffi co

• Mezzi pubblici

• Aereo

• Folla

• Supermercati

• Ristorante, teatro, cinema

• Piazze e strade

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36 ANSIA E PANICO

• Viaggi

• Allontanamento da casa o dalla città

• Essere lontani da ospedali o medici

• Rimanere da soli

• Andare in giro senza una meta

• Andare a divertirsi con gli amici

Ciò che accomuna tutte queste situazioni è la sensazione di non avere vie di fuga nel caso in cui ci si sentisse male. L’idea di non avere vie di fuga non è necessariamente collegata ad una situa-zione fi sica, ma può essere simbolica e relazionale. Ad esem-pio, se esco a cena con amici, non posso permettermi di andar via altrimenti “cosa direbbero?”, “cosa penserebbero di me?”. Questa situazione relazionale viene percepita come “non avere vie di fuga” proprio come se si rimanesse chiusi in ascensore.

L’evitamento viene percepito dal soggetto come una ovvia conseguenza del problema: “Il mio problema è che ho gli attac-chi di panico e dunque non posso fare questo o quello”.

Insomma, viene considerato una soluzione indesiderata, ma necessaria. Cioè come l’unico modo per non stare in ansia.

Questa idea è tipica e centrale nel disturbo di panico. Prati-camente tutti coloro che ne soffrono ne sono convinti oppure si comportano come se lo fossero. In realtà, come vedremo bene nel prossimo capitolo, l’evitamento non è una conseguenza del problema, ma una delle sue cause.