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Approfondimenti Numero 0/2010

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Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Matera.

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l’editoriale

di Angelo Tarantino

“E debbasi considerare come non è cosa più dif-fi cile a trattare, né più du-

bia a riuscire, né più pericolosa a ma-neggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defen-sori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene. La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, par-te dalla incredulità delli uomini; li quali non credano in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza.” (Niccolò Machiavelli - Il Principe – Cap. VI)Ogni volta che viene pubblicato un nuovo giornale, quotidiano o magazi-

ne che sia, ci si chiede sempre a cosa potrà servire e quale collocazione andrà ad occupare, considerato che un gran numero di pubblicazioni è già presente in edicola, e che – per di più

– tante produzioni cartacee stanno cedendo il passo alle omologhe onli-ne (secondo molti, ed anche secondo Rupert Murdoch, entro dieci anni non ci saranno più giornali).“Approfondimenti” è un magazine – per il momento cartaceo e online - che, a dispetto di un nome apparen-temente tronfi o e anacronistico, de-scrive esattamente ciò che il termine dichiara: l’intenzione di approfondire tematiche spesso poco conosciu-te, collegate all’innovazione in tutti i campi. Infatti sotto il titolo leggete “Il magazine delle idee nuove”. Cosa sono le idee? Sono “disegni della mente” che si trasformano in azioni. Oppure, possono defi nirsi raf-fi gurazioni in grado di interpretare gli impulsi esterni. E le idee nuove? Nuo-ve combinazioni di vecchi elementi. Al di là delle defi nizioni, che probabil-mente lasciano il tempo che trovano, l’approccio con le idee nuove sembra essere del tutto analogo a quello de-scritto da Machiavelli ai tempi del-la scoperta dell’America, qualcosa come cinquecento anni fa: diffi denza da parte dei tradizionalisti, tiepida di-fesa da parte dei riformatori. Pochis-simi sono disposti a prendere le parti

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delle idee nuove, se non ne “veggono nata una ferma esperienza”, come dice l’autore del “Principe”.Eppure, senza idee nuove, non ci sa-rebbe progresso, affrancamento dal passato, miglioramento delle condi-zioni intellettuali, fi siche, culturali, ci-vili, relazionali, vitali. Probabilmente, alla base della oggettiva incompren-sione che si instaura con l’avvento di “nuovi ordini”, c’è anche una rarefatta disponibilità di persone capaci di tra-durre le cose nuove in concetti intel-ligibili, sì da consentire un progressi-vo assorbimento dei concetti inediti: quante volte, ormai, ci imbattiamo in informazioni farcite di termini inglesi o di neologismi, elaborate da persone che danno per scontato il fatto che questi siano già ampiamente condi-visi? Tanto più grave è la cosa, se la notizia è inclusa in un telegiornale a larga diffusione: loro sfoggiano, gli al-tri semplicemente ignorano.Ecco, “Approfondimenti” intende rap-presentare un onesto tentativo di tra-

durre e interpretare con chiarezza le nuove idee meritevoli di una più con-vinta esplorazione, eccitando quella legittima curiosità che in ognuno di noi prelude alla comprensione ed alla conversione intellettuale. Nei numeri che seguiranno, cercheremo di chia-rire aspetti, teorie e contenuti com-plessi impegnandoci a trasformarli in concetti elementari, per favorire la mi-gliore empatia tra le idee nuove e chi è disponibile a comprenderle. Siete pronti per il nuovo viaggio?

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In “Thorough the looking-glass”, Lewis Carroll racconta come Ali-ce si rivolgesse alla Regina Rossa

per confi darle che, nonostante tutti i suoi sforzi per correre velocemente, i suoi progressi fossero minimi. La Re-gina Rossa rispose ad Alice che nel suo regno si doveva correre al massi-mo delle proprie possibilità per rima-nere allo stesso posto, perciò chi si voleva spostare doveva correre alme-

no al doppio del proprio massimo.Questa metafora è densa di consi-derazioni anche per il mondo del-le imprese e per i sistemi territoriali che attualmente devono operare in un’economia globalizzata spesso con regole, convenzioni, approcci e stru-menti ancora in fase di elaborazione e comprensione.Se la competizione tra le imprese è oggi entrata nel regno della Regina

Rossa, nel quale valgono regole e convenzioni diver-se da quelle del passato, signifi ca quindi che sempre più le imprese necessitano di comprendere, sviluppare ed adottare nuovi modelli organizzativo-gestionali che possano garantire loro dina-miche di innovazione e rag-giungimento di performance tali da farle essere competi-tive sui mercati. Ma quali sono le vie della competitività e dei processi innovativi delle imprese e più in generale delle orga-nizzazioni nell’attuale sce-nario economico? In che modo sistemi di imprese e sistemi territoriali possono garantirsi rinnovate traiet-

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Tradurre la conoscenza in profitto: le nuove sfide per imprenditori e manager del terzo millennio di Antonio Lerro

Nuove scienze

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torie di sviluppo? Quali sono i beni e le risorse che sono o diventeranno davvero strategici per i prossimi anni? In che modo la “new economy” può essere declinata in termini di strate-gie aziendali e di politiche di sviluppo locale? Quali sono i nuovi drivers nei vari settori industriali per garantire il successo dei nuovi posizionamenti competitivi delle imprese? Nell’ultimo decennio la complessi-tà, la turbolenza e il dinamismo dello scenario economico-produttivo e so-cio-culturale hanno evidenziato che il miglioramento delle prestazioni e la capacità competitiva da parte del-le imprese, dei sistemi di impresa e, più in generale, di qualunque sistema organizzativo, non si fonda solo sui tradizionali beni tangibili e sui capi-tali fi nanziari, ma grande rilevanza è giocata dalla risorsa “conoscenza”, ovvero dal capitale intellettuale qua-le insieme di risorse e beni cognitivi in grado di sviluppare competenze e capacità uniche e distintive tali da ga-rantire differenziali competitivi soste-nibili e duraturi. Ma cosa signifi cano conoscenza, beni cognitivi, capitale intellettuale in pratica? Come possiamo identifi carli operativamente nella nostra impresa? Non basta, infatti, affermare che la conoscenza è l’asset più importante di ogni impresa, se non siamo in gra-do di tradurre questa constatazione in strategie, piani ed azioni che la ponga-no al servizio del miglioramento della performance globale dell’impresa. Gestire effi cacemente il capitale intel-lettuale signifi ca praticamente identi-fi care il capitale umano, il capitale re-lazionale, il capitale strutturale di tipo tangibile ed intangibile presente o po-tenzialmente presente all’interno del-

la nostra impresa e riuscire a tradurre tali particolari capitali in competitività e profi tti per l’impresa.Questione fondamentale per l’impren-ditore ed il management è riuscire ad elaborare e quindi realizzare azioni gestionali che, facendo leva e valo-rizzando tali beni e risorse cognitive – presenti o potenzialmente sviluppa-bili nell’impresa - possano tradursi in miglioramenti di prestazioni e quindi in ritorni economici. Ma cosa signifi ca capitale umano, ca-pitale relazionale, capitale strutturale? Quando si parla di capitale umano si denotano essenzialmente le co-noscenze possedute dalle persone: comprende sia il know-how tecni-co, che caratterizza le diverse fi gure specialistiche operanti all’interno del sistema organizzativo, sia la cono-scenza ed il livello di cultura generale e sia le attitudini comportamentali Al-cuni possibili azioni gestionali sul ca-pitale umano potrebbero essere volte a migliorare il pensiero innovativo, la creatività, le esperienze, le abilità di lavorare in gruppo, la leadership, la

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fl essibilità, la motivazione, le capacità di apprendimento, l’impegno, le com-petenze tecniche, le abilità di problem solving, e così via. Il capitale relazionale denota invece l’insieme delle risorse cognitive legate alle relazioni che caratterizzano l’im-presa sia con riferimento al suo con-testo interno, sia relative all’ambiente esterno. L’assunto di base è che le relazioni rappresentano delle risorse cognitive per l’impresa da sfruttare per un migliore ritorno economico. Sfruttare il capitale relazionale signi-fi ca in maniera pragmatica costrui-

re accordi di licenza, di partnership, di condivisione di risorse, quali ad esempio canali di distribuzione, e così via, e coinvolge aspetti come i rapporti di fedeltà e la gestione della reputazione e dell’immagine dell’im-presa. Le azioni di valorizzazione del capitale relazionale possono essere orientate all’esterno o all’interno del sistema organizzativo. Alla prima ca-tegoria appartengono tutte quelle re-lazioni che l’impresa può creare con altre imprese fornitrici e clienti, con le communities, con le istituzioni e con gli investitori fi nanziari. Alla se-

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conda categoria appartengono tutte quelle risorse cognitive che caratte-rizzano le dinamiche relazionali che si instaurano all’interno dell’impresa e ne infl uenzano l’effi cienza di funzio-namento. Coinvolgono la capacità di operare in team, di attivare e soste-nere meccanismi di socializzazione, di coordinare ed integrare le attività e le competenze delle risorse umane dell’impresa.La categoria delle risorse cognitive denotata come capitale strutturale raccoglie tutte quelle risorse tangibili ed intangibili che rivestono un’impor-tanza strategica per lo svolgimento delle attività di impresa e supportano lo sviluppo, l’acquisizione, la gestione ed l’applicazione delle conoscenze nel sistema organizzativo. Si tratta di artefatti cognitivi la cui rilevanza nel-l’impresa è legata o alla conoscenza in essi incorporata, che attribuisce loro una funzionalità nell’effi cienza dei processi organizzativo-produttivi, o al ruolo che essi rivestono come fattori abilitanti nell’attivazione, sviluppo e gestione dei processi cognitivi. Tra le risorse tangibili particolare importanza rivestono sia le tecnologie di proces-so cioè tutte quelle risorse tecnologi-che che consentono lo svolgimento delle attività operativo-produttive, sia le tecnologie di comunicazione (ICT), che supportano il trasferimen-to e la gestione delle informazioni e dei rapporti di comunicazione interni ed esterni all’impresa. Tra le risorse strutturali di tipo intangibile si consi-derano invece tutto ciò che viene co-munemente identifi cato con la cultura aziendale. La cultura aziendale, soprattutto quando si manifesta in attaccamento e coinvolgimento alle attività lavora-

tive, riveste grande rilevanza per la produttività di impresa. In quelle im-prese nella quali non si afferma una cultura dell’appartenenza ed i principi della partecipazione e dell’impegno individuale al raggiungimento degli obiettivi di impresa, si possono rileva-re comportamenti devianti, con effetti negativi sulle prestazioni di impresa, quali l’assenteismo, l’allontanamento dal posto di lavoro, uno scarso in-teresse nelle attività lavorative, una bassa partecipazione ai processi di miglioramento e del cambiamento or-ganizzativo, e complessivamente una non partecipazione alla vita dell’im-presa. Al contrario, in quelle imprese nella quali si afferma una cultura vir-tuosa dell’appartenenza e del coin-volgimento individuale è possibile riscontrare un’atmosfera organizzati-va creativa, orientata all’innovazione, alla riduzione dell’incertezza ed ambi-guità attraverso una circolazione delle informazioni ed una condivisione di conoscenza volta a stimolare e so-stenere la cooperazione attraverso la creazione di un sistema di relazioni di fi ducia tra gli individui. Come si può evincere, dunque, la gestione e la traduzione della cono-scenza in profi tti non è un compito propriamente facile, ma per le im-prese è sicuramente una delle sfi de più importanti da affrontare per poter pensare di competere negli scenarie-conomici attuali e soprattutto futuri.

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fortunati a vivere il tempo presente e ancora più fortunati saranno quelli che verranno dopo di noi.Cominciamo dai dati che riguardano

la durata della nostra vita. Un uomo nato ai primi del Novecento pote-va contare su un’aspettativa di vita media di circa 50 anni. Ben poco in confronto agli attuali 80 anni: 77 per

gli uomini e 83 per le donne. Questo è potuto accadere per tante ragioni concomitanti: una migliore situazione abitativa e alimentare, abitudini più sane e un certo benessere economico, ma anche lo sviluppo e la dispo-nibilità di nuovi farmaci. In que-sti 100 anni,dunque, migliaia di uomini e donne si sono impe-gnati nella ricerca di innovazioni per la costruzione di case più

Sono cominciati i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Ita-lia. La ricorrenza sarà celebrata

con conferenze, concerti, spettacoli, incontri dove sarà illustrato non solo il momento iniziale del Risorgimento, ma tutto il percorso che ha portato l’Italia di oggi a essere uno dei paesi tra i più potenti del mondo.Non potendo partecipare a tutti gli eventi, sarebbe opportuno che cia-scuno di noi rileggesse le pagine sa-lienti che ci hanno condotto alla situa-zione presente.La nostalgia del passato che molte volte ci prende, ritenendo che i tempi andati sono stati migliori dei presenti (si viveva meglio quando si stava peg-gio), scomparirebbe dalla nostra men-te e forse proveremmo orrore e dolore per la qualità della vita dei nostri pre-decessori. Se, poi, il salto nel passato andasse ancora più in là di 150 anni, ci renderemmo conto di quanto siamo

Stavamo meglio quando stavamo peggio? di Nicola Rizzi

Costume

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confortevoli, di sistemi di produzione e del consumo del cibo sempre più attenti alla qualità, alla scoperta di nuovi farmaci per debellare malattie che prima conducevano direttamente alla morte.Il 12 ottobre scorso, in un ospedale di Atlanta negli Stati Uniti, è partita una sperimentazione su un paziente semi paralizzato a cau-sa di una lesione al midollo spinale. La terapia, che consiste nell’iniettare milioni di cellule staminali nel punto del midol-lo danneggiato, no-nostante sia anche origine di forti con-troversie etiche, po-trebbe ridare la nor-malità a migliaia di persone che vivono su una sedia a rotelle. Vogliamo parlare di istruzione? Nel 1861 il 77,7% della popolazione ita-liana era analfabeta. Oggi siamo quasi a zero. Non è questo un risultato che dovrebbe esaltarci e allontanarci dal desiderio di un ritorno al passato? Nel 1865 solo l’1,9% degli Italiani aveva diritto al voto. Oggi addirittura eserci-tiamo il diritto al non voto. Non sono queste innovazioni della nostra vita civile e sociale che dovrebbero farci sorridere e, da un confronto con i no-stri predecessori, considerarci come dei veri e propri privilegiati? Sono centinaia i confronti tra il pre-sente e il passato che possiamo analizzare in tutti i settori della no-stra esistenza e più ci avviciniamo al momento contemporaneo più sono le innovazioni che ci consentono di vi-

vere in una agiatezza mai vista prima. Il passaggio dalla società contadina a quella industriale prima e a quella post industriale poi segna un percor-so esaltante del progresso civile e so-ciale dell’umanità, nonostante in mol-te parti del mondo i benefi ci non siano equamente usufruibili.

Tutti i beni di con-sumo del passato hanno subito modifi -cazioni oppure sono caduti in disuso per essere sostituiti da nuovi prodotti che rendono più confor-tevole la nostra vita quotidiana. Questo passaggio, comun-que, non è automa-tico. Non basta lo scorrere del tempo per passare dal car-retto all’automobile.

L’innovazione è frutto di istruzione e ricerca, di abnegazione e applicazio-ne, di sacrifi ci che portano, attraverso un positivo uso dell’immaginazione, alla creatività e conseguentemente allo sviluppo di nuove attività, non solo nella produzione di beni materia-li, ma anche immateriali.L’istruzione e la ricerca non danno vita solo alle automobili, ma sono elementi propulsivi per le creazioni senza tem-po che appartengono alla sfera cultu-rale e artistica. L’arte e la cultura sono il collante tra passato e futuro. L’unico settore che a volte vede soccombere il presente nei confronti del passa-to è quello della produzione artistica e culturale. Per non tornare indietro, dunque, ricordiamoci che alla base del nostro vivere “meglio di prima” vi sono l’istruzione e la ricerca.

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rating espresso, ad esempio, dai clienti nelle valutazioni degli alberghi rende giustizia a quelle organizzazio-ni ricettive maggiormente preparate sull’argomento della qualità e della varietà dei servizi; tuttavia, la lettura dei commenti dimostra come, il più delle volte, i pregi evidenziati dalla clientela non coincidano affatto con le aspettative di chi è incaricato dell’or-ganizzazione dell’offerta integrata di prestazioni: semplicemente, la qualità percepita diverge da quella erogata. Una delle ragioni per cui tale disparità ha luogo, può riferirsi all’aspetto for-male della prestazione standard: il professionista ritiene che il distacco dignitoso con cui i servizi sono ero-gati sia garanzia di competenza. A mio avviso, ciò non corrisponde al vero. Un ottimo servizio non dovreb-be prescindere da una buona consa-pevolezza nella fase di proposta ed erogazione. Facciamo un esempio: se entriamo in un grande albergo di Las Vegas, uno di quelli con 4.000 came-re, tra i più grandi del pianeta, perce-piremo immediatamente, anche con un po’ di disagio, il ruolo marginale che sappiamo di ricoprire, poiché gli addetti alla reception non ci possono riconoscere, ed ogni volta che chie-diamo informazioni è come se fosse

Accade sempre più di frequente che la standardizzazione delle prestazioni di servizi, pur nel

rispetto integrale delle norme stabili-te dalle varie leggi locali e nazionali e delle consuetudini in uso sul mercato, sia vista dalle aziende di accoglienza, e dagli alberghi in primo luogo, come un mero adempimento formale. Ne consegue che talune iniziative, che contribuiscono sicuramente a mante-nere elevato il tenore complessivo del ricevimento offerto alla clientela, non si traduce – come invece potrebbe – in una reale occasione di incremento del business potenziale delle strutture e dei servizi offerti. Fortunatamente,il

T u r i s m o

La percezione della qualità dei servizi di accoglienza, una grande occasione per i professionisti del turismo di Angelo Tarantino

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la prima volta. Addirittura, al cliente capita di domandarsi se una struttu-ra così grande sia effettivamente in grado di gestire e controllare i fl ussi di persone che liberamente accedono ai piani superiori, e si preoccupa per l’incolumità sua e della sua famiglia. E’ dimostrabile che tale inconveniente prescinde assolutamente dalla qualità oggettiva dei servizi erogati dall’alber-go. In alcuni casi, le strutture fanno in modo che soltanto i clienti dotati della chiave elettronica di accesso alla ca-mera possano attivare gli ascensori; questo è uno degli elementi di pre-gio (!) che ho letto su una valutazione di un cliente pubblicata su Booking.com. Ma un valore immateriale come la sicurezza, non è certamente mes-so in risalto dalla struttura alberghie-ra, che commette l’errore di dare per scontata l’erogazione del servizio, ma non la percezione positiva dello stes-so; eppure, la sicurezza è uno degli elementi di preferenza dell’hotel in funzione della località in cui andiamo a soggiornare. La meccanizzazione dello standard solleva l’albergo dall’onere di verifi ca della corretta percezione dello stesso:

l’importante è l’erogazione. Tra qual-che anno, allora, non ci sarà dunque più bisogno degli addetti alla recep-tion? Nulla di più sbagliato. I tempi moderni non implicano la spersona-lizzazione forzata dei ruoli; piuttosto, l’addetto al servizio, liberatosi dalle incombenze formali delle molteplici attività, può fi nalmente elaborare un programma di accoglienza più con-sono al suo ruolo di “ospitalità” che il cliente gli riconosce idealmente.Recentemente, mi è capitato di trovar-mi in un grande albergo di Montreal, in Canada, con una reception presi-diata in tutte le ore da due o tre addet-ti. Ebbene, in occasione di un piccolo infortunio occorso al mio bambino nella hall dell’albergo, i receptionist hanno dimostrato totale distacco ver-so l’accaduto ritenendo, come forse è stato loro insegnato, che la gestione dell’incidente, avvenuto in presen-za dei genitori, non rientrasse tra le loro mansioni professionali standard. La mia considerazione? “Un albergo senz’anima né cuore, un’esperienza da non ripetere”. Il “lato umano” di un servizio “ad personam”, è così dif-fi cile da comprendere?In un’era in cui la tecnologia permette davvero di fare qualsiasi cosa, sareb-

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dipendenti dei singoli alberghi.E’ bene che i gestori dei grandi hotel da più di mille camere imparino dai proprietari dei bed & breakfast da non più di quattro camere: nulla può ripa-gare le aspettative di un cliente, più della sensazione di sentirsi a casa; spesso, a prescindere dalla oggettiva qualità standard delle prestazioni of-ferte.

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be piacevole parlare al telefono con la reception sentendosi risponde-re “Buongiorno Signor Rossi, in che modo posso esserle utile?”, oppure giungere in hotel e fare la conoscenza di un addetto che ci dice “Caro Signor Bianchi, la stavamo aspettando”. Del resto, gli sforzi di fi delizzazione, at-tuati dalle grandi catene alberghiere specie verso i “frequent travellers”, vanno proprio in questa direzione, ma sembra che non interessino molto i

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La parola che caratterizza il ter-zo millennio è sicuramente “In-novazione”.

Innovazione che, come recita l’en-ciclopedia libera di Wikipedia (che, a proposito di innovazione, ha oggi soppiantato il classico Zingarelli) “è un’attività di pensiero che, elevando il livello di conoscenza attuale, perfe-ziona un processo migliorando quindi il tenore di vita dell’uomo”.Innovazione, dunque, come cambia-

mento che genera progresso umano da non confondere, come spesso ac-cade, con tutto ciò che è legato allo sviluppo di nuovi prodotti. Innovazio-ne, infatti, è un concetto molto più ampio e molto più complesso. E’ un fatto che cambia la vita, che modifi ca

le abitudini, che cuce un nuovo abi-to mentale. Così come ha cambiato i comportamenti di quelli che, da un certo momento in poi, si sono coperti con il piumone al posto della coper-ta di lana, o di quelli che, dovendo telefonare per strada, hanno usato il cellulare invece di cercare una ca-bina telefonica, solo per citare alcuni esempi. Ma chi può, essere conside-rato innovatore? Intanto chi ha fanta-sia, creatività ma altrettanta “pratici-tà”. Perché è di questo che abbiamo bisogno nella frenetica quotidianità. Innovare signifi ca pensare per primi, sperimentare, sdoganare, testare e…. facilitare.Autentico innovatore, dunque, non è solo colui che ha le idee o possiede le tecniche, ma chi le traduce in fat-ti concreti e utili e soprattutto le dif-fonde - e quindi in un certo senso le comunica. Ma come si comunica l’in-novazione? E come l’innovazione ha cambiato il mondo della comunicazione?La comunicazione dell’innovazio-ne non è separabile dall’innovazione stessa, ma anzi ne rappresenta un aspetto assolutamente costitutivo. Uno scenario come quello attuale, caratterizzato dallo straordinario svi-luppo della tecnologia digitale e dalle trasformazioni in tutta la società, ha determinato obiettivi e prassi com-

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Innovazione parola chiave del terzo millennio di Anna Giammetta

Comunicazione

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sé valore aggiunto. Per queste ragioni, la comunicazione è costretta, oggi a vivere una nuo-va primavera; modellandosi ai nuovi mercati, esigenze e tecnologie.Comunicare con le tradizionali tec-niche, oggi, non basta più. Occorre innovarsi perché la mancanza di mo-dernizzazione è oggi il fattore che determina maggiormente la perdita di competitività. E non basta neanche essere solo in-novativi, bisogna anche comunicarlo in maniera effi cace. Per questo è in-dispensabile che, chi comunica, deve avere necessariamente uno sguardo complessivo, trasversale, sensibile alle trasformazioni e agli umori della società che costituisce il mercato di riferimento. L’innovazione è dunque un processo complessivo, in cui la comunicazione, diviene sempre più una risorsa strategica attraverso un linguaggio adeguato, articolato, com-prensibile, che si modelli attraverso le tecnologie disponibili e faccia fronte alla domanda interpretativa che arriva dalla società.A questo sforzo va aggiunta una scel-ta di metodo che porti la comunica-zione ad essere innovativa non solo nei contenuti, nel linguaggio e negli strumenti utilizzati ma anche nei pro-cedimenti. In questo caso la tecnolo-gia, ovvero la possibilità di operare in un ambiente digitale che permetta il sovrapporsi dei linguaggi, dei forma-ti e dei media, può contribuire a ren-dere la comunicazione pertinente ad una realtà così fl uida e complessa. Occorre riformulare la comunicazione dell’innovazione. Rivederla costante-mente. Occorre giungere a costruire una vera e propria cultura dell’innova-zione.

pletamente nuovi rispetto al recente passato.Il più delle volte ci si sofferma sul-l’importanza, quando si comunica un messaggio, della velocità, dell’ar-rivare prima. I manuali di strategia comunicativa ci hanno sempre racco-mandato di essere i primi a lanciare un nuovo prodotto, per pubblicizzare un evento, per consolidare una pre-senza sul mercato o un brand. Ma non sempre essere “fi rst mover” è la strategia migliore. Quando si devono cambiare le abitudini dei consumatori occorre soprattutto essere effi caci e spiegare chiaramente le nuove op-portunità, talvolta sapendo persino di andare contro credenze consolidate. La paura del “nuovo”, infatti, è molto presente nella gente. L’uomo è abitu-dinario e guarda sempre con sospet-to i cambiamenti, soprattutto quelli complessi. E poi con il termine “in-novazione” si defi nisce, spesso, tutto e niente confondendolo, magari, con “creatività”. I due termini, invece sono tutt’altro che simili; rappresentano, piuttosto una sommatoria che reca in

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Chi di voi non si è sentito dire dai professori, a scuola du-rante le lezioni, “hai la testa

tra le nuvole”? Oggi quegli stessi pro-fessori farebbero fatica a comprende-re di aver fatto un complimento. Infatti il “cloud computing”, che testualmen-te si potrebbe tradurre “l’utilizzo del computer tra le nuvole”, è il più mo-derno modello di tecnologia applicata disponibile su internet. Si tratta di una fi losofi a che permette di utilizzare le applicazioni, normalmente accessibi-li su un computer, su un sito internet e ovunque nel mondo. Traduciamo:

per applicazioni si intendono quegli strumenti che utilizziamo sul compu-ter: gli editori di testo (come Word), i fogli elettronici (come Excel), la posta elettronica (come Outlook). Queste applicazioni funzionano sul compu-ter grazie al sistema operativo (come Windows 7, Linux, Vista, ecc.). Ora, mentre fi nora per utilizzare questi importanti strumenti della nostra vita quotidiana, era necessario disporre di un computer, sul quale si doveva in-stallare il programma delle applicazio-ni (come la suite “Microsoft Offi ce”), oggi le cose sono cambiate radical-

mente: la maggior parte di que-sti strumenti è accessibile su in-ternet con un semplice browser (come Mozilla o Internet Explo-rer). Se desiderate consultare la posta elettronica, potreste accedere a Google Gmail, e leggeree scrivere direttamente le email che desiderate. In qual-siasi momento, e da qualsiasi computer collegato alla rete, potrete sempre accedere allo stesso servizio che trattiene per voi le informazioni che vi riguar-dano. E fi n qui, probabilmente avete già avuto modo di ap-prezzare le qualità della posta “cloud”, considerato che provi-der come Alice, Libero e Yahoo,

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Con la testa tra le nuvole conosciamo il “cloud computing” di Angelo Tarantino

Tecnologia

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già consentono da tempo di accedere via web alla propria casella di posta elettronica. Tutto, gratuitamente.La novità del “cloud computing“ sta nella possibilità di creare dei nuovi documenti che fi nora potevamo ge-nerare soltanto sul computer dotato dei programmi, come i documenti di Word, Excel, Powerpoint. Infatti, già da alcuni mesi, Google permette di utilizzare – sempre gratuitamente – una suite (insieme di applicazioni) completamente gratuita, denomina-ta “Google Documenti”, che vi con-sente di redigere un lavoro essendo connessi alla rete da qualsiasi com-puter. Una volta terminato, il docu-

mento sarà salvato nello spazio di memoria che il provider (in questo caso, Google) mette gratuitamen-te a vostra disposizione (parliamo di un bel numero di Gigabytes!). Il bello è che l’interfaccia delle applicazioni (che corrisponde all’aspetto grafi co e funzionale dell’applicazione) è mol-to simile a quella che normalmente si utilizza su un computer offl ine, quindi l’approccio con il nuovo strumento si rivelerà particolarmente semplice ed

intuitivo. Quindi, se sto scrivendo un documento di testo sulla mia pagina di Google Documenti, posso salvar-lo nel mio spazio online, riaprirlo da qualsiasi altro computer collegato a internet (nel mondo!), salvarlo in loca-le sul mio computer che ho in uffi cio o a casa per stamparlo, sincronizzare l’archivio dei documenti online con quello dei documenti offl ine, autoriz-zare la condivisione del documento con altri utenti e mantenere traccia delle revisioni del documento. Tutto, gratuitamente.Abbiamo parlato diffusamente di Google; naturalmente, Microsoft non sta a guardare, e proporrà, nei prossi-mi mesi, una “cloud suite” (sappiamo già cosa signifi ca, non è vero?) ac-cessibile via internet e del tutto simile a Microsoft Offi ce che utilizziamo nor-malmente sui nostri computer offl ine. Non è detto che tutte queste applica-zioni possano essere offerte gratuita-mente agli utenti (anche se Google lo fa), comunque presto sarà possibile pagare il software limitatamente alla durata del suo utilizzo, a prezzi mol-to competitivi: esattamente quanto avviene nel noleggio di un fi lm, costa meno ed ha una durata limitata rispet-to all’acquisto.Allora, direte voi, se possiamo uti-lizzare le applicazioni su internet, e salvare i documenti nel nostro spazio online, non dobbiamo più acquistare i programmi ed i computer particolar-mente capaci di memoria: è proprio così. Infatti, l’ultima generazione di computer portatili, i “netbook”, si ca-ratterizza proprio per una semplifi ca-zione delle funzioni a vantaggio della mobilità: peso ridotto, durata delle batterie prolungata (fi no a 11 ore su alcuni modelli!), grande attenzione

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per l’accesso a internet, tramite chia-vette degli operatori telefonici, wi-fi , lan. Per non parlare dei telefonini di nuova generazione (come I-Phone o Blackberry) o dei tablet pc (come I-pad) che incorporano l’accesso a in-ternet a banda larga e che accedono con facilità a tutte queste risorse, in particolare alla posta elettronica.Riepilogando, oggi è possibile andare in giro per il mondo con un semplice pc portatile, leggero e adatto ad un uso prolungato, collegarsi con la chia-vetta o tramite hot-spot wi-fi a internet, e leggere la posta, scrivere un docu-mento, mantenendo la memoria diret-tamente nel proprio spazio internet.Gli alberghi si sono già attrezzati per questa necessità, infatti offrono il cosiddetto “business center” che è una stanza in cui c’è un pc collega-to ad internet, sul quale possono la-vorare gli ospiti che non dispongono di un proprio compu-ter portatile. C’è da scommettere che, considerato che oggi un netbook costa anche molto meno di 300 Euro, alcuni alberghi pro-porranno a breve un computer in ogni ca-mera, come servizio gratuito a disposizio-ne della clientela. E il vecchio compu-ter con l’unità cen-trale a cui eravamo tanto affezionati? Probabilmente sarà sostituito da un di-sco fi sso che, colle-

gato stabilmente a internet, preleverà periodicamente i dati salvati sul no-stro spazio virtuale per mantenerne una copia di backup (non si sa mai): esistono già tanti modelli, dotati di un software proprio di gestione delle ap-plicazioni. D’accordo, mi sono quasi convinto. Ma la sicurezza? Questa è la nota do-lente dell’intero sistema. Dobbiamo premettere che in informatica la totale sicurezza semplicemente non esiste, perché esiste sempre una probabilità, per quanto ridotta, che le nostre in-formazioni siano accessibili a perso-ne indesiderate. Occorre anche chia-rire che già ora, se utilizzate la posta elettronica senza sistemi di cifratura (come avviene nella stragrande mag-gioranza dei casi), le vostre informa-zioni viaggiano per la rete in modo

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assolutamente leggibile, insieme alle vostre foto, ai dati sensibili, e ad ogni altra notizia incorporata nel messag-gio di posta elettronica. Gli spammer lo sanno molto bene, ed infatti cattu-rano il vostro indirizzo di posta elettro-nica utilizzando programmi che “fi uta-no” (i cosiddetti “sniffer”) gli indirizzi all’interno dei messaggi. Per quanto i provider come Google e Microsoft ga-rantiscano la più totale attenzione al-l’argomento, non possiamo escludere che i nostri archivi, un giorno, possa-no essere violati da pirati informatici. Qui ci viene incontro il caro, vecchio computer locale, che probabilmente continueremo ad utilizzare in maniera isolata, rispetto ad internet, per quel-le informazioni che non desideriamo sottoporre al rischio di accesso inde-siderato (sempreché dotiamo il com-puter di un ottimo programma antivi-rus, antimalware e fi rewall). In conclusione, benvenuti sistemi di

gestione online (“cloud computing”), con un occhio però alla sicurezza in-formatica. Se non siete dotati di un buon programma di controllo degli accessi, passeranno mediamente quindici minuti dal momento in cui vi connettete per la prima volta a in-ternet, fi no a quando il primo ospite sgradito si affaccerà ai dati che pen-sate di custodire gelosamente sul vo-stro computer. Non è per spaventare, ma è meglio sapere queste cose per scongiurare il più possibile che acca-dano. Fare come gli struzzi, in questo caso, è il comportamento peggiore, non credete?Se desiderate formulare le vostre do-mande sulla tecnologia e su internet, scrivete a:[email protected]

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Un Museo con un’offerta inte-rattiva, un’attività di forma-zione, il coinvolgimento del

conservatorio musicale ‘’E.R. Duni’’ e, sopratutto, un progetto che inten-de coinvolgere istituzioni e privati per esaltare le potenzialità di “set naturale” della “Citta’ dei Sassi’’ nel program-ma della neonata associazione “Ma-tera città del cinema”, presieduta dal giornalista Luigi Di Lauro e presentato all’Hotel Hilton Garden nel corso de-gli appuntamenti per la retrospettiva “Un grande avvenire dietro le spalle” dedicata a Vittorio Gassman a dieci anni dalla sua scomparsa. Il progetto, illustrato dalla ideatrice e direttrice ar-tistica Imma Battista, riguarderà l’isti-tuzione a Matera di un museo del ci-nema, realizzato, utilizzando tecniche e professionalità avanzate della tec-nologia virtuale. Il museo sarà conce-pito non come un’entità statica, in cui sono depositate opere, ma come un sistema dinamico che continuamente riceva e distribuisca informazioni ed esperienze. Sarà istituito un incuba-tore per la creazione e lo sviluppo di nuove attività legate alla cinematogra-fi a e alle produzioni cinematografi che che offrirà ad organizzazioni culturali e giovanili la possibilità di utilizzare servizi e strutture. Sul territorio provinciale di Matera il partenariato svilupperà un’attività di

“cluster” con e a favore delle imprese e delle associazioni artigiane, capace di creare dinamiche di rete, svilup-pando competenze e promuovendo attività economiche. In tale laborato-rio si prevede la produzione di ope-re cinematografi che, affi nché Matera sviluppi una vocazione nell’industria del cinema. Sono previsti, inoltre, la realizzazione di un sistema locale in grado di sviluppare profi li professio-nali di alto livello qualitativo nel cam-po della cinematografi a che possano offrire a livello internazionale servizi e competenze con l’obiettivo di attiva-re laboratori di ricerca per studiare il materiale cinematografi co disponibi-le e dare un supporto indispensabile alla realizzazione di attività formative

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Un museo del cinema virtuale nella città dei Sassi di Mariangela Lisanti

C u l t u r a

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con corsi anche a livello universitario in cinematografi a; la creazione di con-dizioni per la nascita di nuove realtà economiche e produttive di settore e consolidare quelle esistenti sia nel campo del turismo che dei servizi le-gati alle imprese del settore audiovi-sivo. Il dato di fondo è che l’avvento del vir-tuale nella produzione cinematografi -ca ha rappresentato e rappresenta uno spartiacque tra due mondi e modi di concepire il cinema, tra loro diver-si. Rimane il fatto che il mezzo attra-verso il digitale è importante. Così ha permesso l’accesso anche al sistema produttivo di molti giovani autori, fa-vorendo la rinascita del genere docu-mentario, permettendo l’abbattimento dei costi delle attrezzature, la possibi-lità di usare diversi formati e supporti, passando in poco tempo al MiniDv, al Dvd andando per gradi e per fasce di esigenza professionale. L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo di nuove professionalità e imprenditoria-lità in ambito multimediale, rafforzan-do le dotazioni tecnologiche, le infra-

strutture e i servizi così da creare un contesto più favorevole allo sviluppo delle imprese multimediali e, di con-seguenza, rafforzare la capacità di attrazione del territorio per le produ-zioni cinematografi che e audiovisive. Le azioni mirano in particolare ad ac-crescere il livello d’informazione sulle tecnologie disponibili, sulla loro utilità e sfruttabilità, a rafforzare la capacità imprenditoriale della creatività, a faci-litare l’utilizzo dei risultati della ricerca e la trasmissione delle esperienze po-sitive e a valorizzare reciprocamente percorsi creativi, tecnologici, impren-ditoriali. Le attività puntano a struttu-rare un polo nell’ambito dell’audiovi-sivo e del multimediale con fulcro sul territorio materano. Il coinvolgimento del conservatorio “Duni” di Matera mette in evidenza l’importanza dei rapporti fra la musica e il cinema, che considerati nella loro natura essenzia-le di “linguaggio artistico”, mostrano delle peculiari ed evidenti affi nità, in particolar modo, nella loro natura in-trinsecamente progressiva e ritmica.Per un cineasta la musica può essere l’irrinunciabile collante di scene che si susseguono, il “leitmotiv” adatto ad

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una visione organica del lavoro cine-matografi co; talvolta è il mezzo prin-cipale che riesce a rendere visibili le profonde relazioni che si possono na-scondere fra le diverse inquadrature, in altri momenti quell’elemento atto a creare interessanti e dinamici con-trasti che possono dare spessore al-l’immagine. In defi nitiva, la musica si presenta non come una forma d’arte utilizzata per sublimare una “pellico-la”, ma, diventa una parte integrante dell’opera. Il rapporto, infi ne, del-la musica con il pubblico rimane, di fatto, un complesso linguaggio che, principalmente, veicola informazioni di natura temporale ed emozionale. “E importante iniziare bene questo percorso – ha detto Di Lauro – e l’aver ricevuto un soggetto dallo sceneggia-tore Tonino Guerra rappresenta uno dei primi passaggi per lavorare bene; sono convinto che si possa realizzare il sogno di far diventare Matera la città del cinema”.

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