204
AVANTI E INDIETRO ovvero la congiura dei sagrestani

Avanti e Indietro

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Nella Lomello medievale un intreccio di mistero e leggenda.

Citation preview

  • AVANTI E INDIETROovvero

    la congiura dei sagrestani

  • Gabriele Prinelli

    AVANTI E INDIETROovvero

    la congiura dei sagrestani

    Loquendo Tracce

  • Prima edizione giugno 2011

    Diritti letterari 2011 Gabriele Prinelli

    Tutti i diritti riservati 2011 Loquendo Editrice

    Loquendo EditriceInformagrafica srl, Piazza Silvabella 30, 27036 Mortara

    ISBN 978-88-96859-04-9

    www.loquendoeditrice.it

    Impaginazione: GrecaleProgetto grafico e copertina: Tina Alves

  • A Kisito.Con lui la Storia al sicuro.

  • Istruzioni per luso

    E tutta colpa di quindici righe inviatemi per posta elettronica. Si parlava di un organo positivo in comune tra due chiese, in un paese in cui si cerca ancora oggi un tesoro...

    La conseguenza stata inevitabile.

    P.S. La distribuzione dei nomi casuale. Ho attinto da uno studio statistico sui cognomi pi comuni di Lo-mello.

  • I personaggi

    Quelli di Santa Maria

    Cuniberto Piovera - sagrestanoGriselda - sua figliaDon Albenzio - canonicoLuigi Crivelli - feudatarioEulogio Bovolenta - marito di AncillaDionigi e Melchiorre - guardieGoffredo - cameriere di Luigi

    Quelli di San Michele

    Arduino Cardana - sagrestanoLaerte - suo figlioDon Barnaba - canonicoCarlo Antonio Crivelli - feudatarioAncilla Ghirelli - moglie di EulogioAntonio - guardiaPalmira - cameriera di Carlo Antonio

    I neutrali

    Plinio ed Eloisa - anziani tutori dei Crivelli

  • 11

    I

    A.D. 1649

    Sono Antonio di San Michelee tutto va a gonfie vele.

    Qui Aimoneogni cosa procede secondo lintenzione.

    Parla Ivonon c in giro nessuno che sia vivo.

    Risponde Bonaventura: non si muove creatura.

    Alla filastrocca che giungeva dalla parte destra della strada rispose la poesia proveniente dal lato sinistro.

    Da Santa Maria dice Dionigi:in paese sono tutti bigi.

    Conferma Eriberto: qui sembra un deserto.

  • 12

    Melchiorrenulla vede dalla torre.

    Infin Ezio: dalla mia parte un gran silenzio.

    Ultimo fu un tale che url da una via laterale: Sono Toni e ci avete rotto i coglioni.

    Un flebile applauso si lev dalle case circostanti.

    E che colpa ne abbiamo? Con questa maledetta nebbia nulla vediamoe il confine sorvegliare dobbiamorispose alla voce misteriosa un piccato Antonio.

    Non fosse cos fitta, faremmo segnali con le lanter-ne. Cos, per, non so nemmeno da che parte sto guar-dando url Eriberto, irritato dallanonima canzonatu-ra.

    Siamo a posto, allora! Figuratevi com ben difesa la frontiera... Smettetela di prendere umido e di rompe-re i maroni a noi poveracci che cerchiamo di dormire. Tornatevene a casa!.

    Il termine della breve arringa fu sottolineato dal tonfo di una porta sbattuta con forza.

    Agli otto guardiani della notte - quattro per ogni par-tito avverso - prudevano le mani.

  • 13

    Magari avessero potuto avere tra le grinfie quel sov-versivo che, celato dalla bruma, da giorni e giorni com-pletava a quel modo i loro richiami: lo avrebbero certa-mente castigato a dovere.

    Il furbacchione, nascosto dietro una voce falsettata e un nome fittizio, profittava della visibilit scarsa per compiere le sue scorrerie vocali, mentre loro, a stento, sapevano dove si trovavano in quel momento.

    Solo Melchiorre, in cima al torrione, aveva la con-sapevolezza di dove fosse esattamente, ma non era de-cisamente il pi sveglio della compagnia. Lavevano posto, infatti, di guardia lass proprio perch, gi pi di una volta, si era smarrito durante la ronda, varcando il confine e rimanendo prigioniero della parte nemica per alcune settimane.

    Al suo signore, riportarlo in servizio, erano costati non poca fatica e molti denari.

    ***Dopo un autunno fin troppo mite erano arrivati gior-

    ni di pioggia torrenziale. Il diluvio aveva abbassato la temperatura, impaludato per bene le campagne attorno a Lomello e ingrossato lAgogna che si era distesa alla-gando prati e boschi prossimi alle sue rive.

    Per fortuna il borgo sorgeva su unaltura, altrimenti gli abitanti si sarebbero ritrovati con i piedi ammollati.

    Quando finalmente le nubi si alzarono, a scendere, al posto dellacqua, fu una fitta foschia. Essa appann lorizzonte rendendo il mondo visibile assai pi piccolo

  • 14

    e fu presto sostituita da una spessa coltre di nebbia che cancell ogni cosa.

    Dal fossato del castello non si scorgeva nulla della chiesa di San Rocco posta l innanzi; dal lato della piaz-za appartenente a Santa Maria non si vedeva la fila di case site pochi passi pi in l nel territorio di San Mi-chele; da queste ultime non si distinguevano le impo-nenti mura del maniero di fronte.

    Succedeva pure che, dal basso, non si avvistasse la cima della torre e, da questa, non si riconoscesse nessu-no, se non a malapena delle pallide e anonime sagome.

    Era impossibile dare un nome a chi passasse allom-bra dei merli, a meno che non parlasse ad alta voce o fosse lAgostino Stort. Questi era talmente sciancato che, pur non vedendolo, si sarebbe riconosciuto dal ru-more del passo scoordinato e precario.

    Gli alberi, carichi dumido, gocciolavano come se stesse piovendo. Il viandante per strada, dopo poco tempo, aveva i capelli e i vestiti fradici, come se fosse stato sorpreso da uno scroscio improvviso. Sulle vie, si affondava nella melma con tutta la caviglia e si scivola-va alquanto. Pi di una volta, si era rischiato lincidente quando qualche intrepido, per non dire spericolato o disgraziato cavaliere, lanciato con la sua cavalcatura a velocit sostenuta, aveva scartato, per un pelo, il mal-capitato di turno, non visto lungo i sentieri che si dipar-tivano dal villaggio.

  • 15

    Procedendo cos, si diceva in borgo, si sarebbero di-menticati i visi delle persone amiche ed era diventato uso riconoscersi solo dalle ombre e dalle relative for-me.

    Era normale intravedersi solamente a pochi passi di distanza e chiedersi: Tu, chi sei?. E, dallaltra parte, sentirsi rispondere: Chi sei tu, piuttosto?. Ognuno timoroso di avere di fronte un abitante della parte av-versa e con il terrore di aver attraversato, involontaria-mente, il confine.

    Quando ci accadeva, addio giornata. Linterrogatorio proseguiva per ore e ore alla ricerca

    di presunte spie: ci si ripeteva anche quando il fermato era gi stato ospite, pi volte, della cella destinata agli invasori ed era assai noto agli inquisitori.

    Solo sul far della sera si veniva riaccompagnati al li-mite della propria porzione di paese e rispediti, mala-mente, ai propri affetti.

    Persino i suoni e i rumori avevano cambiato tono. Tutto giungeva alle orecchie ovattato, leggero, sus-

    surrato come accade durante le fitte nevicate. Le voci non parevano pi quelle consuete e le cam-

    pane delle chiese, che di solito spaccavano i timpani e non soltanto quelli, non riuscivano a spingere il loro richiamo fino alla campagna circostante.

    Cos capitava, a chi lavorava fuori dal borgo, non avendo a disposizione una meridiana e non potendo nemmeno ascoltare lAve Maria, di trovarsi a passare

  • 16

    dalla grigia aria del giorno a quella tetra del tardo cre-puscolo senza averne avuto sentore.

    Orientarsi con il buio e con la nebbia non era cosa semplice.

    Ci si affidava allora alle proprie bestie che la via di casa, o meglio della mangiatoia, la ritrovavano sempre.

    Si saltava sullasino o sul biroccio e si lasciavano andare le redini. Sempre sperando che lanimale, se comprato di seconda mano, non ritornasse dal vecchio padrone.

    Tutto ci avveniva di giorno. Figuriamoci la notte.

    ***Le filastrocche proseguirono fino a quando lorizzon-

    te non cominci a tingersi di uno stanco colore lattigi-noso.

    Fu allora che due drappelli di tre uomini - uno per fa-zione - marciando compatti fino allestremo della piaz-za appartenente alla propria contrada, presero posto e a turno annunciarono a gran voce:

    E giunta lalba: lora del cambio della guardia.

    Il sole si avvicina, tocca a noi della mattina.

    Come risposta, da entrambe le parti, si ebbero dei so-nori starnuti dai raffreddati guardiani.

  • 17

    Ammazza che fantasia, non si pu cambiare poesia? Non che, col chiarore, possiam mutare rimatore?e si ud ancora il tonfo della porta sbattuta. Sghignazzi, per niente sommessi, si levarono dalle

    abitazioni da cui erano partiti gli applausi notturni.

  • 18

  • 19

    II

    Prender quel volgare verseggiatore che ci prende in giro a tutte le oree, detto ci con uno sbadiglio capace di bloccargli la

    mandibola da quanto era ampio, Dionigi salut i suoi compagni di guardia e si diresse al castello per riferire al suo signore quanto accaduto.

    Certo che ha proprio la fissa per le rime disse Eri-berto, allontanandosi con gli altri compari.

    E che ci vuoi fare... Non gli andato ancora gi di aver perso il torneo degli stornellatori, a Breme, la scorsa estate osserv Ezio.

    Cos si tiene in allenamento durante i turni parl Melchiorre.

    Per lo meno, ci risparmi di dover rimare tutta notte facendoci prendere in giro da quel Toni ribatt colui che aveva intrapreso il discorso.

    Gi risposero in coro i suoi interlocutori, giunti fi-nalmente a casa.

    Buonanotte, a stanotte e, sbadigliando in coro, si salutarono con un gesto della mano.

  • 20

    Dionigi era nel frattempo giunto al maniero. Salita la scala ed entrato nella sala dove il suo signore stava sedu-to come fosse assiso in trono, rifer le traversie notturne.

    Sul confine tutto tranquillo, non si corso alcun periglio. Solo quel Toni che tutte le sere ci d dei coglioni,per la mia eloquenza, mi perdoni, continua a deridere i nostri segnali vocali visto che per la nebbia non possiamo usare i fanali. Si nasconde sullaltra sponda e io vorrei proporre che la ronda, cresciuta di numero per la notte, tentasse una sortita per riempirlo di botte....

    Fermo, fermo! Non ho mica capito cosa vuoi fare... intervenne Luigi Crivelli, dominus incontrastato del quartiere di Santa Maria.

    Se Lei, Vossignoria, mi consente, io col mio tenente,tenterei di varcare la frontiera e cercare la casa rea....

    Nonostante le rime, avevo inteso bene. Ma non potremmo, per una volta, parlare in una lingua meno colta? Ecco. Mannaggia a te. Una rima scappata pure a me.

  • 21

    La correggo subito, signor conte. Son due le assonanze che riecheggiano nelle stanze.

    Sparisci. Penser alla tua proposta e stasera ti dir concluse il nobile, divertito dal soldato.

    Scena pi o meno analoga avveniva nella villa di Car-lo Antonio Crivelli, fratello di Luigi e padrone assoluto del quartiere di San Michele.

    Unica variante - anche Antonio, il capo delle sue guardie, era un rimatore concorrente al concorso bre-mese - fu:

    Tenteranno unirruzione per cercare quel marpione che stornella a meraviglia e in giro di continuo li piglia. Proporrei di vigilare e cos salvare quel poeta che le notti ci allieta.

    Compiacendosi per la scioltezza di parola del suo campione, il conte conged il suo sottoposto con il proposito di meditare circa la sua idea. Se ne andasse, intanto, a dormire.

    ***Al termine della celebrazione del mattino don Al-

  • 22

    benzio, canonico della chiesa di Santa Maria, mand a chiamare il Piovera, il sagrestano. La donna incaricata dal curato di cercarlo lo trov nello sgabuzzino degli attrezzi. Frugava, nel buio pi assoluto, alla ricerca di qualcosa che non scorgeva. La stanza era infatti priva di finestre e la luce, assai scarsa per via della nebbia, a fatica entrava dalla porta.

    Cosa c? rispose, sgarbatamente, alla povera ma-trona foriera dellambasciata.

    Don Albenzio chiede di te, subito!.Senza ringraziare - la gentilezza, quando fu distribui-

    ta nel mondo, lo vide assente - chiuse con cura luscio, assicurandosi che la megera, cos laveva subito ribat-tezzata, si allontanasse senza curiosare. Invocando infine un santo diverso a ogni passo, si diresse verso la chiesa.

    Ecco, lo sapevo io! Non c disse ad alta voce il sa-grista. Per farmi perdere tempo quelluomo specia-lizzato.

    Lo rinvenne infine, nel giardino della casa canonica mentre fissava, dal basso verso lalto, il castagno.

    Chi va l? chiese don Albenzio, stringendo gli occhi e tentando di capire chi si muoveva in quella fitta cali-gine.

    Cuniberto rispose bruscamente il Piovera.Stavo guardando se, sullalbero, ci fossero ancora

    delle castagne da far arrostire, ma, con questa cappa, non si vede nulla. Marciranno se....

    Mi ha fatto cercare? tagli corto il sagrestano, ben

  • 23

    sapendo che, se si dava corda al prete, quello era capace di raccontargli la storia del frutto dal Paradiso Terrestre fino a quel giorno.

    ***La divisione aveva causato un deciso svantaggio agli

    abitanti di Santa Maria. Non potevano infatti pi sce-gliere dove udire la messa. O si decideva di emigrare verso i paesi vicini, soluzione non molto pratica viste le distanze, oppure si doveva sopportare don Albenzio: un vero disastro di eloquenza, noioso e lungo come la fame nel predicare. Nei giorni di festa il celebrante vedeva la chiesa svuotarsi un poco alla volta, ma solo quando si accorgeva che il fuggi fuggi diventava gene-rale, terminava il sermone e si avviava a concludere la funzione.

    I maligni di San Michele sostenevano che molte del-le vecchie di Santa Maria erano, in realt, delle belle ventenni precocemente incanutite ascoltando il loro sacerdote. La fama del canonico era tanto grama che, quando si incontrava, dopo parecchio tempo, un amico particolarmente invecchiato, si diceva l stai dal don Albenzio.

    ***Ti ho mandato a chiamare perch stamane stato

    qui il Signore.A me pare di averlo visto al suo posto.Ah! Dove?.Sulla croce sghignazz il sagrestano.

  • 24

    Finirai allinferno Cuniberto. Lo sai gi. Ti ho detto tante volte che....

    Fiutando il pericolo di avere unomelia personaliz-zata sulla teologia degli inferi, il Piovera lo interruppe immediatamente: Cosa voleva il conte Luigi?.

    Domenica avr ospiti degli illustrissimi milanesi e vorrebbe alla messa il suono dellorgano.

    Eh no! Mi tocca buttar via tutta la giornata. Chiedi il permesso a questo, spiega a quello....

    Sei un lamentoso. Il conte mi ha gi dato la carta per autorizzarti a varcare il confine e quindi... Su vai, e non metterci molto. Vorrei, nel pomeriggio, lustrare un paio di calici da mostrare agli invitati. Sai quali? Quelli che furono donati dal Vescovo... come si chiamava... Dai! Era quel Vescovo di Savona originario di qui... Ma s? Ti ricordi senzaltro....

    Mentre don Albenzio pontificava sui tesori della chie-sa, Cuniberto scivol via in silenzio e, in men che non si dica, si dilegu nella nebbia. Meglio le noiose trafile burocratiche per andare di l, piuttosto che ascoltare il reverendo di qua.

    Uno dei pochi vantaggi del suo mestiere era quello di poter sparire durante la messa, riapparendo soltanto alla raccolta delle offerte e allIte missa est, al contrario di tutti gli altri che, occupando panche e sedie, con il passare del tempo le sentivano sempre pi scomode.

    Cuniberto si present alle guardie.Dopo aver verificato lautorizzazione del conte e in-

  • 25

    terrogatolo sul perch del passaggio dallaltra parte, lo lasciarono proseguire fino alle sentinelle di San Miche-le poste tre passi pi in l.

    Nonostante avessero gi sentito tutto - il sagrestano aveva parlato ad alta voce proprio nella speranza di es-sere udito ed evitare una seconda raffica di domande - gli posero le stesse questioni e lo fecero accomodare su una panca presso San Rocco: Cuniberto si mise cos in paziente attesa della licenza di Carlo Antonio per poter-si recare dal collega sagrestano della fazione avversa.

  • 26

  • 27

    III

    Eccolo il Piovera. Qual buon vento? chiese don Barnaba, quando finalmente riconobbe nella bruma co-lui che lo aveva salutato. Qui per la solita storia? Che cosa si sono inventati questa volta?.

    Degli illustrissimi milanesi....Ma... Sar vero o la consueta mania del don Alben-

    zio di fare le cose in grande? Comunque, io, non voglio sapere niente. Limposizione del vescovado di dover, per forza, dividere con voi il nostro organetto, non lho mai capita e mai la capir. Per cui, mettiti daccordo con Arduino. Per, per il Cristo Re lo rivoglio indietro.

    Il prete torn a occuparsi del suo giardino. Stava infat-ti sarchiando la terra attorno ad alcune rose. A giudicare dal secchio fumante l a lato, che aggiungeva nebbia a nebbia, e dal deciso odore di stalla, stava concimando il suo amato roseto.

    Vedendo Cuniberto immobile, chiese: Emb?.Dove lo trovo il Cardana? Con sta cappa, potrei gi-

    rare ore e ore senza vederlo passare a tre passi da me.Dove vuoi che sia il tuo socio, se non a santificare la

    giornata?.

  • 28

    Solito posto?.Solito posto e, preso il rastrello in mano, comin-

    ci ad appianare il terreno.

    Santificare la giornata, per Arduino, non significava essere in chiesa a cantare le lodi o lora terza, il ve-spro o la compieta: voleva dire stare allosteria con una bella ciotola di rosso innanzi e un mazzo di carte tra le mani; e gi rosari e litanie quando la partita si metteva male.

    La locanda frequentata dal Cardana era quella de-nominata Il Sole pallido. Alle origini, in realt, era chiamata Il Sole per via di un bellaffresco nella lu-netta sopra la porta dingresso. Poi, un po perch da l si usciva sempre con la vista annebbiata dal vino, un po perch il trascorrere del tempo aveva sciupato i colori della graziosa pittura, lastro raggiante dellin-segna si era spento ed era diventato scolorito. Da l lepiteto che si era aggiunto al nome autentico.

    In paese, bene o male, ci si conosceva tutti, nono-stante la divisione in due regni. Del resto si era cre-sciuti insieme. Per cui la faccia di Cuniberto fu subito riconosciuta non appena entr nella fmr del locale. Il camino, infatti, tirava male e un denso fumo grava-va nella stanza. Larrivo di un forestiero era sempre oggetto di curiosit, ma, quando in sala entrava uno dellabitato avverso, era un vero e proprio evento.

  • 29

    Una gomitata avvert Arduino dellarrivo del suo collega.

    *** santi tutti.Pregate per noi fu lunanime risposta dei giocatori,

    quando il sagrestano di San Michele gett le carte sul tavolo per andare incontro a Cuniberto.

    ***Siamo intesi?.Daccordo. Appena ho lautorizzazione del conte, ti

    faccio sapere. Intanto, fai come al solito.

    ***I due, come si diceva, erano in eterna rivalit: ga-

    reggiavano nel rendere le liturgie pi maestose e pi belle del proprio collega; facevano inoltre campagna di proselitismo, luno nella parrocchia dellaltro, per ac-caparrarsi i fedeli e aumentare gli introiti delle offerte potendo cos acquistare paramenti e arredi sempre pi sfarzosi.

    I loro rapporti, gi tesi, vennero incrinati definitiva-mente per colpa di un organo.

    Il 15 di ottobre di qualche anno prima, in memoria della fine della grande pestilenza del 1630, dovevano tenersi funzioni in entrambe le chiese.

    Si preannunciava una festa particolarmente munifica: vista lannata grama appena trascorsa, gli agricoltori avrebbero fatto generose elargizioni per ingraziarsi la Madonna, sperando in abbondanti raccolti futuri.

    I preti comunicarono in anticipo come avrebbero uti-

  • 30

    lizzato gli oboli: ambedue avevano deciso di comprare un organo per rendere pi sontuose le festivit.

    Uno strano incidente, per, un principio dincendio alla chiesa di Santa Maria, imped la celebrazione del sacro uffizio, costringendo il popolo a riversarsi in San Michele: qui vi fu una grande raccolta di denaro grazie alla quale divenne possibile acquistare un organo con cantoria. Don Barnaba, incredulo nella bont della Prov-videnza, fece subito fare il progetto a uno dei pi noti costruttori dorgano del pavese.

    Voci di popolo, giunte ben presto alle orecchie del Piovera, dicevano che lincendio non fosse partito da un cero, bens da una mano interessata a far convergere tutti i fittabili in una sola chiesa.

    Malignit raccolta dal sagrestano e spifferata al suo prete che, a sua volta, la rifer al Vescovo che, cercando di sopire i mugugni crescenti a Lomello, convoc i sa-cerdoti in Curia.

    Per farla breve, Sua Eccellenza decret: con i fondi raccolti - era evidente che i fedeli di Santa Maria si erano recati a San Michele - venisse, s, comprato uno stru-mento, ma questo non fosse posto in cantoria, bens lo si costruisse positivo in maniera da poterlo spostare da una chiesa allaltra secondo le esigenze, previo accordo tra i canonici.

    Codicillo ultimo, a quella pace forzata, fu limpedi-mento ai due sagrestani - sospettati l'uno dellincendio, laltro dei pettegolezzi e che ambivano a diventare orga-

  • 31

    nisti delle loro chiese - di suonare lorgano stesso duran-te le celebrazioni. Ci comportava pertanto che si chia-massero di volta in volta musicisti dai paesi limitrofi.

    ***Senza un cenno di cortesia, i due si lasciarono. Ardui-

    no, invocando un paio di santi minori, torn a sedersi al tavolo e Cuniberto, voltate le spalle a San Michele, fece ritorno al proprio quartiere.

    La risposta sarebbe arrivata in serata e sicuramente non tramite il collega. Piuttosto che sobbarcarsi perso-nalmente la trafila del varco del confine, Arduino avreb-be incaricato uno dei nove figli di recarsi a Santa Maria per confermare lo spostamento dello strumento. Il mes-saggio sarebbe stato vocale, perch far penetrare un bi-glietto scritto tra le sentinelle avrebbe creato problemi insormontabili.

    Riconquistata la sua parte di piazza, lora del desinare era gi passata. Rimaneva tuttavia da avvertire lorgani-sta di Mede.

    Lindecisione di Cuniberto, in quel momento, era du-plice: egli infatti avrebbe potuto pulire gli arredi sacri subendo il relativo sproloquio di don Albenzio, oppure andare in cerca dellorganista Cesare Zucca, detto, con poca fantasia, sca per via della testa sproporzionata ri-spetto al resto del corpo.

    In questultimo caso, il fegato gli rodeva per via di quel capestro decreto di cui era vittima.

  • 32

    Cera, per, speranza che accadesse...Un tintinnio di monete nella tasca gli ricord di non

    aver ancora consegnato a don Albenzio le offerte rac-colte in mattinata.

    La soluzione al dilemma fu presto trovata. Vide Melchiorre, appena svegliatosi, vagare svoglia-

    tamente nella nebbia e lo chiam a s.Vieni con me.Dove?.Seguimi, e non ti pentirai.I due uscirono dal paese e sinfilarono nella prima

    osteria, che si trovava presso una cascina diroccata.Poco dopo, si vide Melchiorre svoltare verso Mede.

    Di Cuniberto, invece, si perse ogni traccia. La pensata era stata di quelle giuste: lui sarebbe rima-

    sto al caldo a bere vino fin quando lamico non fosse tornato dalla missione. Non avrebbe cos dovuto andare a Mede, ma nemmeno sopportare quel noioso del suo prete.

  • 33

    IV

    Chi si vede....Cuniberto scorse nellangolo pi buio della sala Eulogio,

    uno dei cantori di Santa Maria. Il Bovolenta, questo il suo cognome, non era un frequentatore delle bettole del paese, tanto meno quelle fuori dal borgo.

    Ci risiamo? chiese il sagrestano.Luomo alz un sopracciglio.Unaltra volta?.Allarg le braccia.Tremenda, come al solito?.Il gesto della mano mulinante nellaria fece capire un

    Peggio! Peggio!.Dai, vieni qua. Offro io. Almeno stiamo in compagnia.

    ***Il Bovolenta in questione era sposato da un ventennio

    con Ancilla Ghirelli, una donna che, a dispetto del nome angelico, foriero di dolci pensieri, era un vulcano eruttante cattiveria a fiumi.

    Non era sempre stata cos, sia beninteso. Da giovane era graziosa, gentile, amorevole. Con let,

    poi, era andata inacidendosi.

  • 34

    Gli amici maritati da tempo avevano spiegato a Eu-logio che era cosa normale in tutti i matrimoni, quindi egli non si era preoccupato pi di tanto.

    Cresciuto allombra del campanile di Santa Maria, laveva conosciuta in un giorno di festa nel quartiere di San Michele ai bei tempi del paese unito.

    Lamore era sbocciato immediatamente nonostante la tenera et.

    I genitori di lei non avevano accolto benevolmente quella simpatia della ragazza, essendo ella lunica ere-de della loro fortuna. Erano, infatti, unantica famiglia di possidenti: tra campagne, bestie e risparmi, lAncilla era decisamente un buon partito e i suoi speravano di piazzarla a uno dei Crivelli signori del borgo. Il giovane Carlo Antonio le lanciava certe occhiate...

    Prim rob: qul l l d Snt Mria mariti e buoi dei paesi tuoi l disiv sempr to nonu. Sicond: m tl gurd ben? l par un sntntoni brt. Ters: l un povr fi e ti t un siur fu il commento lapi-dario della madre.

    Quando una cosa vien detta dai genitori, si sa per che i figli fanno bene il contrario, salvo dire dopo qual-che anno: Ah! Se ti avessi ascoltato, cara mamma.

    I due continuarono a frequentare la propria chiesa e i propri amici, senza mai mescolare le compagnie. Cresciuti come due margherite solitarie in un campo di viole, decisero di sposarsi.

    Fu per necessario aspettare fino al tempo in cui lAn-

  • 35

    cilla rimase orfana, perch sua madre si oppose fino al suo ultimo respiro; solo in punto di morte, vedendo la figlia determinata a rimanere zitella piuttosto che ad ac-casarsi con un altro, si lasci scappare un: Fa mic d v, m ven no insim d l tomb romp i bal.

    E, detto ci, spir.

    Quellultima frase fu interpretata, dalla fanciulla e dagli altri presenti al trapasso della buonanima, come un estremo assenso e, dopo un lungo periodo di lutto, finalmente i due convolarono a nozze.

    Il matrimonio avvenne nella chiesa di San Rocco e a celebrare il rito fu un sacerdote forestiero imparentato con la bella ragazza.

    Presero una dimora di confine: in tal maniera, nessu-no dei due si sarebbe sentito emigrato.

    Unica concessione fu lingresso sito dal lato di San Michele.

    Lamore debordava dalla casa e i novelli sposi pareva-no eterni fidanzatini.

    Eulogio, che gi da ragazzo cantava nel coro di San-ta Maria, continu il suo servizio e lAncilla, per non essere da meno, entr nel sodalizio canoro della sua chiesa.

    Primo duro colpo alla loro unione fu la questione dellorgano. I coristi di don Barnaba gi si vantavano di avere cantoria e strumento, mentre quei poveretti di don Albenzio rosicavano dinvidia.

  • 36

    Tra le due corali correva, gi da tempo, una forte riva-lit: a ogni uscita pubblica si cimentavano in pezzi assai complessi e al di sopra delle loro capacit.

    I risultati erano grandi stonature e molto buon umore tra i fedeli presenti alle loro esibizioni.

    Quando arriv la disposizione vescovile, quelli di don Albenzio non persero occasione per schernire co-loro che, a loro volta, si erano pavoneggiati.

    In casa fu tempesta. Ancilla accus il marito e i suoi compagni di essere in combutta con Cuniberto e di aver messo in giro maldicenze; si chiuse, dopo lennesima discussione, in un silenzio minaccioso e, una sera, ri-entrando dalle prove, Eulogio scopr che in casa sua si erano raddoppiate le camere da letto e che a lui sarebbe toccata la seconda.

    La divisione del paese tra i fedeli di Luigi e di Carlo Antonio scaten la tragedia.

    Eulogio si schier decisamente dalla parte del primo e Ancilla, per tutta risposta, divenne partigiana del se-condo.

    Carlo Antonio, ricordando i begli occhioni della donna e non avendola dimenticata, laccolse a braccia aperte nello stuolo degli intimi, facendo cos infuriare il marito.

    Il Bovolenta, per non sporcarsi le scarpe con la pol-vere del suolo dellaltra parte, decise addirittura di far aprire nella loro abitazione una seconda porta che desse direttamente sul territorio di Santa Maria. Breccia nel

  • 37

    muro che ricevette gli anatemi della moglie che si ri-fiut, a quel punto, di avvicinarsi alla stanza del marito per il timore di contaminarsi con del terriccio prove-niente dalla fazione avversa.

    I due vissero esiliati nella loro casa, ma mai avrebbero minimamente pensato alla possibilit di dividersi: non era lo scandalo a impedire la loro separazione, quanto una questione di principio. Volevano infatti dimostrare di essere entrambi dalla parte della ragione.

    ***Ben conoscendo la storia, il Piovera azzard un:Cosa pu essere successo di cos grave? non riu-

    scendo a immaginare quale altra disgrazia potesse es-sere accaduta.

    Ieri sera son tornato a casa dopo le prove... Cerco la chiave che tengo in tasca... Dai, non farmici pensa-re....

    Eh no, caro mio. Non vorrai mica piantarmi sul pi bello. Bevi un sorso e racconta.

    Ma non c niente da raccontare: apro la porta, fac-cio un passo e pum... picchio una nasata che ancora adesso mi fa male.

    Non ho capito. Contro cosa hai sbattuto il naso?.Contro il muro.Quale muro?.Il muro che quella *** di Ancilla ha fatto costruire

    dietro la porta.Incredulo, Cuniberto non riusc nemmeno a ridere.

  • 38

    Cos ho dormito da don Albenzio.E ora?.Sto aspettando che si svegli Dionigi per buttare gi

    il muro e rientrare in casa.Ma non era di turno stanotte?.S.Quindi? Non potevate abbatterlo ieri sera?.No! Perch ha detto che avremmo disturbato.Lui, con le sue poesie notturne, non rompe lanima

    a nessuno?.Ho provato a dirglielo, ma....Ma?.E arte la sua. Cos mi ha detto.

  • 39

    V

    Sul far della sera, quando anche quei deboli contor-ni visibili durante il giorno sbiadirono avvolti dalla nebbia notturna, in paese risuonarono colpi di martel-lo e di piccone.

    Dionigi ed Eulogio erano intenti ad abbattere il muro. Luno demoliva, laltro riempiva una carretta con le macerie.

    Due giorni con il camino spento. Sperando che non mi abbia fatto chiudere anche quello bofonchi il Bovolenta, entrando nella sua dimora e rabbrividen-do di freddo. Sudato comera e con unumidit che sembrava pi intensa in casa che fuori, rischiava di buscarsi un accidente e gi sentiva un certo prurito al naso.

    Per fortuna, alla luce delle torce, la sala pareva in ordine e il camino libero da ostacoli.

    Quattro frasche belle secche, un colpo con la torcia, due tronchetti di legno: una fiamma sfrigolante prese vigore.

    Ti offro da bere. Aspetta, vado a prendere un rosso dalla credenza....

  • 40

    Dopo pochi attimi, Eulogio torn sconsolato: Pure i viveri mi ha tagliato... Non c pi niente.

    Mentre i due sacramentavano contro lAncilla, po-chi passi pi in l, ma perfettamente mimetizzato nella bruma pi fitta, un ragazzone di ventanni stava litigan-do con le sentinelle di Santa Maria.

    Tu non me la racconti giusta.Te lho gi ripetuto non so quante volte.Cosa?.Cuniberto non forse andato da mio padre, oggi?.Certo.Ecco, io devo portare la risposta alla sua richiesta.E dov, ragazzo, questa risposta?.Sulla mia lingua.Tiriamola fuori questa lingua.E perch dovrei?.Cos posso leggere il responso e vedere se non mi

    stai prendendo in giro.Ma... Non siete mai contenti? Se il messaggio

    scritto, non va bene perch scritto. Se a voce, non va bene lo stesso....

    Lo scritto lo posso leggere, la tua mente no. Chiss poi quali pensieri ti circolano in quella testa... Per di pi, ultimamente, mi pare che tu stia passando un po troppo spesso da queste parti. Ti teniamo docchio.

    Il dibattito prosegu fino a quando non si fece buio: poi, vedendo lostinazione del ragazzo, stufi del passa-tempo e avvicinandosi lora del cambio della guardia, le sentinelle lo fecero passare.

  • 41

    Il canto di un fringuello echeggi nellaria. Per tutta risposta, il tubare di una colomba attravers la nebbia.

    Persino gli uccelli hanno smarrito il senso del tempo con sto clima infame.

    E gi passato da un pezzo il tramonto e non se ne sono nemmeno accorti.

    Continuano a cantare imperterriti. Secondo me, non rie-scono pi nemmeno a trovare i loro nidi....

    I due conversatori, presi dal loro discorso e intenti a cer-care la via di casa in quella cappa bagnata, non si accorsero di quanto accadeva poco dietro le loro spalle.

    Al canto del primo passerotto una sagoma nera, con un ciuffo biondo sfuggito al cappuccio, usc dal cantone in cui era rifugiata.

    Avevo perso ogni speranza.Quegli ottusi dei tuoi guardiani. Ho paura che sospettino

    qualcosa. Mi han detto che mi sorvegliano... Ma se becco uno che mi spia, gli faccio vedere io... Sono capace di....

    Abbassa la voce e quelli non sono miei. Quante volte ti ho gi detto cosa penso di tutta questa situazione? Forse meglio... .

    Non litighiamo, dai. Dobbiamo rimanere uniti....

    A casa di Cuniberto, intanto:Griselda dov?.Dalla Piera a prendere le misure per un vestito... Hai ri-

    solto la questione con quello di l?.S, passato il suo figlio pi grande... Come si chiama?.

  • 42

    Chi? Laerte?.Proprio lui. Mi ha detto Non ci sono problemi, lo spo-

    stamento lo faremo venerd.Griselda era la figlia maggiore del Piovera e la prima di

    cinque sorelle. Per alcuni anni, lui e Arduino avevano gareggiato anche

    sul numero della prole. Alla nascita di un figlio delluno rispondeva nel giro di poche settimane la nascita di una fi-glia dellaltro. Arrivati sul cinque a cinque - manco a farlo apposta, tutti maschi per San Michele e tutte femmine per Santa Maria -, la moglie di Cuniberto decise che era tempo o di smettere di procreare o di praticare la castit assoluta.

    Ehm... fu la risposta del sagrestano alla moglie quando lei gli present la risoluzione; ma non volle aggiungere al-tro, timoroso di quali danni sarebbero potuti derivare da una vibrante protesta.

    Il Cardana, non sapendo di questo sciopero familiare, su-per il Piovera con il sesto pargolo - una femmina finalmen-te - e poi decise di mettere al sicuro il risultato con altri tre figlioli, calcolando che a quota nove, per via dellet ormai avanzata della Maria del Cuniberto, era ormai irraggiungi-bile.

    Almeno in questo campo il trionfo era stato totale.

    Dicevamo di Griselda. La fanciulla primeggiava per bel-lezza e intelligenza nel suo quartiere ed era ovviamente molto corteggiata. Lei, per, non aveva mai dato peso ai suoi pretendenti e, a uno a uno, li aveva respinti con buone maniere, ma in modo categorico.

  • 43

    Cominci ad avere una certa et Gris le diceva sua madre Il figlio dello speziale ti guarda con certi oc-chi... Facci un pensiero.

    La ragazza si limitava a un alzar di spalle: Mandate-lo da me e gli dir cosa penso di lui.

    La madre, quindi, rincarava: Possibile che tu non abbia mai trovato uno che ti vada bene? Guarda che, avanti cos, tuo padre ti piazzer con uno scelto da lui e mi pare labbia gi individuato. Sta bene! Ma bello proprio non ....

    Se cos sar, scapper di casa o mi butter nellAgo-gna rispondeva con lardore tipico dei giovani, co-munque, se trover qualcuno di mio gradimento, ve lo dir.

    Il proposito, per, era rimasto tale.Quando quel qualcuno lo trov, lamore nato era in-

    confessabile. Ora che nel torrente non voleva pi but-tarsi, il pericolo era che, se la notizia fosse diventata di dominio pubblico, nellacqua lavrebbe scaraventata il padre.

    Devo andare, tardi. Meno domande mi fanno, me-glio per tutti.

    Anchio, mi sono gi fermato troppo. Addio.Non dire cos. Diciamoci arrivederci.Cos sia.Lombra si divise in due sagome scure e ognuna prese

    una strada diversa.Tu! Da che parti arrivi? chiese Dionigi a Laerte.

  • 44

    Non ti han detto nulla quelli di prima?.Pu darsi, ma io voglio sentire con le mie orecchie.E tardi, devo rientrare a casa....Noi, di tempo, ne abbiamo. C da aspettare il sor-

    gere del sole, se mai sorger.Siediti e dicci un po....Il povero ragazzo dovette sopportare il lungo interro-

    gatorio e, solo quando la madre lo venne a cercare, le sentinelle di Santa Maria lo lasciarono passare.

    Non avessero avuto altro da fare, erano capaci di te-nerlo con loro fino allalba. Ma...

  • 45

    VI

    Capo, s spento anche il secondo cero.Bene soldati. Prepariamoci.Per misurare lo scorrere della notte, le sentinelle di

    Santa Maria avevano pensato e creato un orologio fatto di moccoli.

    Dal tramonto allalba dovevano consumarsi cinque candeloni: il fatto che si fosse spento il secondo e acce-so il terzo indicava lentrata nel cuore della notte stessa.

    Orario confermato dal silenzio tombale sceso in pa-ese.

    Per capire lora, comunque, sarebbe bastato ascoltare il sonoro russare dellAdalgisa.

    Una vera sega da bosco. La donna viveva in casa da sola perch vedova. Ironia

    della sorte, il marito era morto nel sonno, nonostante tutti pensassero, viste le profonde occhiaie, che il po-vero Adolfo soffrisse dinsonnia a causa della moglie.

    Insomma, in quel frastuono assordante se nera anda-to in silenzio.

    In passato, avevano anche tentato con una clessidra, orologio sicuramente pi economico e pratico di quello

  • 46

    in uso, ma la fitta nebbia e la necessit di battere il con-fine avanti e indietro impedivano loro di tener docchio e di raggiungere e girare per tempo il marchingegno. Con i ceri, invece, si accendevano gli stoppini a inizio servizio e anche da lontano, si fa per dire, si poteva vedere pi o meno che ore fossero.

    Ci siamo?Tra poco andiamo.Tre di guardia, come dusanza,Ezio e Melchiorre con me pronti alla danzadecret Dionigi.

    E mezzanotte e tutto va beneeeeeeee.Anche di quiiiiiii.Non c anima vivaaaaaaaaa gridarono quelli ri-

    masti di guardia.Quelli di San Michele risposero con:Non passa nessunooooooo.Tutto tranquilloooooooo.Non succede nullaaaaaaa.

    Quando i richiami si spensero, dopo aver attraversato le vie silenti del borgo e svegliato quei poveracci con il sonno leggero, arriv la protesta di Toni:

    Oh! Che poca fantasia, avete finito la poesia? Dionigi non rima pi. Forse finalmente fa etci?.

  • 47

    E la filastrocca fu seguita dal solito sbattito della por-ta.

    Avete sentito? La voce seguiamo, al simpaticone ci appropinquiamo.Soprattutto non facciamoci beccare da Antonio o da un suo compare. Quando lo troviamo, diamogliele di santa ragione,e sia questa la soluzione,ma, taciturni, mi raccomando,quando lo stiamo catturandosussurr Dionigi ai suoi compagni di spedizione.

    Pratici del confine, avevano individuato la posizione esatta delle sentinelle avversarie e, silenziosi come gat-ti, varcarono la frontiera.

    Non c stata risposta. Quindi, come pensavo, pre-parano una sortita. Dobbiamo intercettarli e ributtarli di l, dopo averli calcati per bene. Cogliamoli di sorpresa. Andiamo! fu lesortazione data alla truppa di San Mi-chele. Anche loro si diressero quindi verso la casa da dove pareva provenire la voce offensiva.

    I tre di Santa Maria a un certo punto non riuscirono pi a capire dove fossero. Nessuno di loro, dalla divi-sione del paese, era pi entrato nel quartiere avverso e i lavori fatti ad alcune costruzioni avevano mutato

  • 48

    laspetto del borgo, eliminando gli antichi punti di rife-rimento e disorientando il manipolo.

    Questa la casa della vedova Farina.Ma no! Non vedi? Siamo vicino a SantAgata!.Non capite nulla... Quella l linsegna del Gallo

    nero.Per fortuna, nellaria riecheggi flebile - dovevano

    essersi ben addentrati nel quartiere nemico - il richiamo dei guardiani e, ultimo, quello offensivo del ricercato:

    Stanotte non c proprio Dionigi, sar a casa a fare i suffumigi? e la solita porta chiu-

    dersi violentemente.

    Di l. E i tre, ritrovato laccordo sulla strada da fare, si diressero verso il luogo da cui proveniva la voce. Stavolta lavrebbero preso.

    Stessa intenzione avevano avuto Antonio e i suoi. Gli pareva, oltretutto, di aver sentito lo scalpiccio degli in-vasori.

    E questa la casa, sono sicuro. Niente pi offese in futuro.Tu di qui e tu di l. Prendiamoloe bastoniamolo.

    In nome di Luigi Crivelli, fermi tutti. Chi va l?.Scemo! Non gridare!.Chi osa darmi dello scemo?.

  • 49

    Sssssssst... Imbecille! Ci vuoi far scoprire?.Imbecille, a me? Ora ti faccio vedere io. Accorrete

    uomini: invasori, traditori, cospiratori.Ma va sulla forca... Sono....Ancora prima di poter proferire il proprio nome, Dio-

    nigi, Ezio e Melchiorre furono raggiunti da una gra-gnolata di colpi ben assestati sulle loro schiene: non rest loro che arrendersi e farsi arrestare.

    Quando la situazione si calm e, soprattutto, si ebbe un lume a disposizione, fu finalmente tempo per le spiegazioni.

    Sei un idiota, Artemio.Capo, che ne sapevo io che eravate voi? Pensavo....Tu non dovresti pensare mai. Ohi, ohi lo rimprove-

    r Dionigi, massaggiandosi le terga e sperando di non avere segni visibili sul volto.

    Se la voce si forse sparsa, sarebbero diventati lo zim-bello di tutto il paese: non serano accorti di essere or-mai prossimi al confine e di essere rientrati clandestina-mente nel proprio territorio.

    E non facciamone parola con il signor conte. Avete capito, branco dincapaci?.

    La cosa che pi gli rugava lanima era la grassa ri-sata udita alle sue spalle, mentre veniva preso a ran-dellate dai suoi. Il dubbio era se a sghignazzare fosse stato quel maledetto Toni, oppure Antonio con la sua combriccola. Unica consolazione fu la certezza di aver individuato la casa dello stornellatore malefico: il gior-

  • 50

    no dopo sarebbe andato a prenderlo alla luce del sole, visto che lingresso era nel territorio di sua competenza e non dallaltra parte, come pensava.

    Un insospettabile. O meglio, avrebbe dovuto sospettare di lui da subito. Quella casa era un sicuro covo di rivoluzionari. Si meravigli di non averci pensato prima.Era la sola, del resto, a essere tagliata esattamente a

    met dal confine e accessibile a tutti.

    Riportato lordine, ripresero anche gli avvisi dai posti di blocco.

    Dionigi tornato, entro domani sera si sar vendicato.

    Chi ci prova stanotte,le prender a frotte.

    Rider bene chi infligger le pene.

    Toni parve non rispondere e Dionigi, soddisfatto, im-maginandolo in preda al terrore, si lasci sfuggire un:

    Ora taci, maledetto rimatore? Conta che, tra poco, verran le tue ore.

    Istigato, il poeta nottambulo non resistette e replic:In paese c un illuso

  • 51

    che stanotte ha fatto lintruso. Ma il risultato son state tante botte e domani conter le ossa rotte.

    Mentre i due verseggiatori si davano battaglia, la not-te andava movimentandosi anche in altri luoghi. Alle grida di Artemio su presunti invasori, Cuniberto si alz dal letto e usc di casa. Alla domanda della moglie: Dove te ne vai, a questora di notte? rispose con un laconico: Ho sentito le guardie gridare. Vado a dare un occhio se in chiesa tutto a posto e, passato di sotto, usc munito di pala, rastrello e piccone.

    Anzich dirigersi verso lingresso, da cui era solito entrare, si incammin verso il lato settentrionale. Quel-la notte agitata poteva essere loccasione per togliersi un dubbio che, da qualche giorno, gli arrovellava il cer-vello. Con quella confusione in giro e i guardiani di-stratti, qualche rumore in pi sarebbe passato inascol-tato o, per lo meno, avrebbe attirato meno attenzione. E lui voleva essere solo nel fare quello che si apprestava a compiere.

  • 52

  • 53

    VII

    Il sospetto gli era sorto qualche giorno prima, quan-do don Albenzio gli aveva ordinato di estirpare il fico cresciuto a ridosso del muro della chiesa rivolto a oc-cidente.

    Era, forse, nato spontaneamente da un frutto traspor-tato e lasciato cadere in quel punto da un colombo mal-destro. Lavevano guardato, dapprima, con curiosit, poi, crescendo, ne avevano gustato il raccolto: ora per che le radici minacciavano dintaccare la parete e il pa-vimento della chiesa, andava tolto.

    Adesso? aveva chiesto Cuniberto, guardando fuori dalla finestra e ascoltando lo scrosciare della pioggia.

    Subito, in questo momento, no! Ma prima di Natale deve sparire. Se gli lasciamo fare unaltra primavera, quello capace di....

    Vado a chiederlo al... cerc di tagliare corto il sa-grestano, ben sapendo che quella pianta era gi citata nella Bibbia e che, quindi, rischiava lennesimo ponti-ficale.

    Per carit, siamo senza soldi! Siamo nella stagio-ne fredda e i contadini lavorano meno; le paghe sono

  • 54

    quello che sono, e anche le offerte. Quindi, fai tu! Negli ultimi giorni, ma questo lo sai, nella questua abbiamo raccolto....

    Il sagrestano, smesso di ascoltare don Albenzio alla parola offerte, stava pensando al significato della locu-zione essere senza soldi.

    Voleva dire che il prete - abbiamo gi detto come avesse la mania degli arredi sacri - aveva acquistato o si era impegnato a comprare una nuova veste finemen-te ricamata, oppure un calice laboriosamente cesellato, ovvero una patena di finissimo oro.

    Non indovin proprio in pieno, ma, una settimana dopo, arriv in canonica un candeliere tanto imprezio-sito da lasciare a bocca aperta persino il nobile Crivelli.

    La lumiera fu assurta a portatrice di ceri per occa-sioni speciali, con candele che costavano una fortuna.

    Fu posta allaltare di Giuda Taddeo, protettore delle cause perse e disperate.

    Cappella, dove ardevano gi decine di lumi. Del resto, chi non aveva in quella porzione di paese

    una causa senza speranza da raccomandare a Dio? Don Albenzio, per gli affari, aveva un certo intuito.

    Il giorno che il Piovera si decise a estirpare il fico, si arm di tutto punto per affrontare limpresa ed era anche piuttosto arrabbiato. Odiava la nebbia, lumido, la pioggia che, da parecchio tempo, il cielo scaricava sulla terra in grande quantit e ci influiva, non poco, sul suo umore. Confidava nellarrivo del sole, ma anco-

  • 55

    ra non sapeva che, da l a breve, sarebbe arrivata quella caligine spaventosa di cui ora stiamo raccontando la storia.

    Quel pomeriggio non pioveva, ma una cappa di nubi basse avvolgeva Lomello.

    Cominci a scavare intorno al tronco e, sorprenden-temente, pareva che la pianta avesse radici poco pro-fonde a dispetto delle dimensioni.

    Gi dopo pochi minuti, il fico dondolava ampiamen-te.

    Recise con la pala le radici che sinfilavano sotto il muro, si attacc ai rami e lalbero cedette docilmente.

    Nel tirare un colpo pi potente degli altri, ud il filo della vanga picchiare contro un sasso, e, per togliersi la curiosit, scav ancora un poco.

    Sotto il fico vi era una lastra di pietra rettangolare, simile ai coperchi delle tombe antiche, ed era a causa di ci che lalbero non aveva radicato a fondo.

    In principio, fu tentato di parlarne al don Albenzio, poi, riflettendo circa la taccagneria del reverendo, ci ripens.

    Qualcosa in pi, tuttavia, voleva saperla e, quindi, con il prete doveva parlarci, senza per farlo insospettire.

    Rimaneva il problema del come.Avrebbe dovuto far finta di niente e piazzare una do-

    manda qua e una l. Intanto, ricopr per bene il buco con del fieno.Bravo, Cuniberto. Bel lavoro. Ti sei finalmente deci-

  • 56

    so a spostare anche il fieno. Gi sei settimane fa....Tanto che cero... Cos domenica, se qualche signore

    venisse a cavallo, pu lasciarlo qua....Ottima idea, il mio caro Piovera.Che tempo infame.Gi.Chiss se il tempo, intendo quello antico, era cos o

    era pi bello.Non saprei cosa dirti.Beh, le cose non devono essere cambiate molto, se

    sono tutti morti....In che senso?.Se il clima fosse stato migliore, magari avrebbero vis-

    suto pi a lungo e non sarebbe stato necessario fare i ci-miteri. Qui a volte si trova qualche tomba....

    Il giro non era stato proprio logico e lineare, ma il sa-grestano era riuscito a portare il sacerdote sullargomento che gli stava tanto a cuore.

    Quante ne saranno state scoperte qui in paese?.Non lo so, ma mi pare che, ogni tanto, scavando qua

    e l, qualcosa salti fuori. Ricordo, nel '42, ai piedi della torre....

    Cosa si trov?.Ossa e qualche prezioso.Prezioso?.Monete, frammenti di vasellame, orecchini, un paio di

    spade. Ma, il vero tesoro, quello della leggenda dei Lon-gobardi, non mai stato rinvenuto. La conosci la storia, no? Quella della regina Teodolinda che nellanno 590 o

  • 57

    forse il 92... Non rammento e non importa. Stavo dicen-do: la regina....

    Ah! Meglio che vada a casa. Sono tutto sudato e non ho voglia di buscarmi un raffreddore e, detto ci, salut il prete, recuper gli attrezzi e si diresse verso la sua abi-tazione.

    Il discorso era meglio tagliarlo in quel punto, prima che a don Albenzio potesse sopravvenire qualche sospetto. Quelluomo, quando cera in giro delloro o della mone-ta, era meglio di un segugio di Diana.

    Mentre il canonico celebrava la vespertina, nel momen-to in cui cominciava a calare la bruma, Cuniberto piaz-z sulla sua lastra di granito un altro abbondante strato di fieno, nel tentativo di nasconderla meglio. Nei giorni successivi - ma quando? - avrebbe provato a darle unoc-chiata.

    Non ci sar niente, ma stai a vedere....

    Cos, mentre Artemio, Dionigi e Toni se le davano a suon di rima dopo averle prese a suon di bastone, il Piove-ra si decise a sollevare, se vi fosse riuscito, quella tavola.

    Munito di una lanterna cieca, scost la paglia e, pi si-lenziosamente che poteva, cominci il lavoro.

    Fu proprio fortunato perch la lastra di granito non era di quelle lunghe e pesanti, ma piuttosto un quadrotto di sei spanne per lato.

    Non copriva una tomba, bens un cunicolo che, per mezzo di una gradinata ripida, scendeva sotto la chiesa.

  • 58

    Lasci fuori pala e piccone - nel caso non fosse riu-scito a risalire, qualcuno, notando gli attrezzi, avrebbe potuto cercarlo il giorno appresso - e, con il cuore in gola, appoggi il piede sul primo gradino.

    La scala risult essere scivolosissima, per cui la pru-denza dovette essere raddoppiata.

    In men che non si dica, spar dalla faccia della terra e fu inghiottito dallo stretto passaggio segreto.

  • 59

    VIII

    Dionigi si svegli, come al solito, a met del pome-riggio.

    Si vest in fretta e, quando usc di casa, not che nulla era cambiato.

    Il consueto spesso velo nebbioso impediva di vedere qualche passo pi in l della punta del proprio naso. Con laggravante, per, di un freddo sempre pi pungente.

    Le ragnatele sugli alberi, quelle pendenti dai balconi, quelle incastonate tra i rami delle rose e delle siepi, erano puntellate di minuscole gocce a guisa di piccole perle e, cos elegantemente rivestite, mostravano la loro com-plessa tessitura; lattento osservatore poteva apprezzarne il fine ordito, frutto di un paziente e operoso lavoro.

    I ciuffi derba del giardino, invece, piegati sotto il gre-ve peso dellumidit, parevano rassegnati a non rivedere mai pi il sole.

    Un vento leggiadro muoveva la bruma e, facendola av-volgere su se stessa come fumo uscito dal camino, spo-stava i densi banchi da un luogo allaltro.

    Qua e l, nei siti a tramontana, si aveva la sensazione che prendesse corpo un lieve strato di brina.

  • 60

    Pi che in terra pareva di stare in cielo tra le nuvole.Dionigi, giunto al castello, volle con s Artemio ed

    Eriberto.Andiamo ad arrestare quel mariuolo e, con passo

    marziale, si diressero entrambi verso la casa incriminata.Pervenuti nei pressi dellabitazione del presunto mal-

    fattore, si fermarono per un attimo a contemplarla.Nonostante il freddo aspro e quel clima infausto, il bal-

    cone era un pout-pourri di piante in fiore di uno splendi-do rosso: finalmente uno sprazzo di colore in quel mon-do bianco e grigio da giorni e giorni.

    I muri non erano scrostati e malmessi come quelli del-le altre case del villaggio; erano anzi ben curati, come lo erano gli infissi, cosa unica in quel di Lomello, muniti di tende ricamate.

    A lasciare di stucco era anche l'eccellente profumo di soffritto che si diffondeva dal camino, insieme a un leg-gerissimo filo di fumo azzurrognolo.

    Capo, sei sicuro? Toni sta in questa meraviglia? chiese un dubbioso Artemio.

    Non forse qui che, ieri sera, ci hai randellato per bene? gli rispose con tono polemico Dionigi, ponendo-gli a sua volta un quesito.

    Eh s! E proprio qui disse con un filo di voce il sol-dato, sentendosi ancora in colpa per quanto accaduto.

    Per, sembrano due vecchietti cos pacifici... sinse-r nel discorso Eriberto, anche lui basito.

    Sono le acque chete a demolire i ponti. E, poi, non

  • 61

    detto che sia stato lui. Potrebbe essere stato un suo nipote o un ospite della casa. A loro insaputa, magari... ma basta indugiare. Muoviamoci.

    La dimora in questione era quella dei Volpi-Pastorini ed era anche la sola in paese divisa esattamente a met dalla linea di confine.

    Eloisa e Plinio, rispettivamente la Volpi e il Pastorini, erano una coppia di simpatici vecchierelli che vivevano tra la Lomello di Luigi e quella di Carlo Antonio.

    La loro abitazione era chirurgicamente tagliata a met tra le due fazioni, a differenza della casa dei Bovolenta-Ghirelli che era tutta nel territorio di San Michele e con una sola porta verso Santa Maria.

    I Bovolenta, insomma, erano separati in famiglia, i Volpi-Pastorini nella casa stessa.

    I due vegliardi erano rimasti al servizio, per tutta la vita, del conte Amedeo Crivelli. Si erano quindi occu-pati dei due nobili rampolli dai loro primi vagiti fino a quando essi erano subentrati al padre nella gestione del contado.

    I due ragazzi ne avevano combinate di tutti i colori ai loro tutori, tuttavia questi li avevano sempre difesi proprio come se fossero figli loro.

    Cos quando si trovarono a ripartirsi il feudo, non ebbero cuore di mettersi a discutere anche per i Volpi-Pastorini.

  • 62

    Su di loro si accordarono dividendo a met la loro propriet, senza costringere i due a scegliere da che parte stare.

    Eloisa e Plinio cucinavano e mangiavano in territo-rio di Carlo Antonio, soggiornavano in una stanza con doppia cittadinanza e dormivano infine sotto la prote-zione di Luigi.

    Andando i coniugi damore e daccordo e non es-sendo partigiani militanti quali i Bovolenta-Ghirelli, le sentinelle credevano che i due non avrebbero mai tra-mato contro i fratelli. Nonostante quindi la peculiarit della loro abitazione, che si sarebbe prestata altrimenti a loschi traffici, giravano alla larga da quella casa.

    Almeno, cos era stato fino a quella notte, quando Dionigi si convinse che Toni vivesse proprio sotto quel tetto.

    Uscite con le buone o entriamo noi con le cattive intim Dionigi, dimenticandosi per una volta le rime.

    Nessuna risposta.Ehi! Voi della casa chiam, a gran voce, il capo

    della spedizione di Santa Maria.Eloisa si affacci al balcone. Lanziana donna era

    ormai debole di vista e, certamente non aiutata dalla fitta nebbia, guard di sotto cercando di capire chi mai urlasse.

    Dallaltra parte della strada, nel frattempo, attirato dal tono imperante di Dionigi, si avvicin un drappello della fazione avversa, capitanato da Antonio.

  • 63

    Che c?.E in casa Plinio?.Sta riposando in camera.C qualcun altro, oltre a lei?.No! Siamo soli.Ottimo! sussurr Dionigi ai suoi Salite, stando dal-

    la parte destra della scala. Ricordate sempre: la sinistra loro indicando con la testa i nemici.

    Pigliatelo e scendete sempre tenendo la nostra mano. Rivolgendosi, poi, a Eloisa: Saliamo un attimo.Anche noi esclam Antonio.Entrate pure rispose la donna, non immaginando

    quanto stava per avvenire.

    Nel buio dellandrone i due manipoli salirono spalla a spalla, calcagno a calcagno e, nelloscurit, furono quin-di scambiati colpi proibiti.

    Per fortuna o sfortuna che fosse, Plinio dormiva nel territorio di Santa Maria: cos quelli di San Michele, dinanzi a unesterrefatta Eloisa, non poterono far altro che guardare Dionigi e i suoi portare via il povero uomo, sempre rasentando il muro di destra.

    Si fosse addormentato sul pagliericcio, non gli sarebbe accaduto niente.

    Rimasta sola, sedette sbalordita con le mani appog-giate al tavolo, come se fosse assorta in preghiera; poi, illuminata da unidea, prese la palandrana, la mise sulle spalle e, con piglio deciso, discese le scale e si diresse al palazzo di Luigi.

  • 64

    Me ne hanno fatte tante quei due monelli. Ma ora mi sente....

    Cosa? chiese Carlo Antonio al suo capo delle guar-die, convinto di non aver capito bene. Ma vera sta storia? disse, guardandosi attorno e vedendo i suoi sottoposti ciondolare la testa in segno di assenso.

    Non possibile. Va ben tutto, ma quello deve essere impazzito. Si prepari la portantina. Anzi no! Ci vuole troppo tempo. Seguitemi.

    Vedere uscire Carlo Antonio senza portantina e privo di corteo - proprio lui amante della mollezza e tanto sofisticato nellabito che spesso inciampava nei suoi stessi panni - era un evento.

    Vederlo poi diretto verso il confine, senza indugio e con passo bellicoso, era qualcosa di irreale.

    Allo spargersi della notizia, i clienti del "Sole Pal-lido" si riversarono in strada, in molti uscirono dalle loro abitazioni e Arduino, allarmato dallavvenimento, si aggrapp alla campana.

  • 65

    IX

    Nonostante il clima rigido, Cuniberto sudava abbon-dantemente: un po per paura, ed erano sudori freddi, un po per il caldo allinterno del cunicolo, ed erano sudori bollenti.

    La lucerna illuminava le pareti di mattoni rossi, spo-glie e macchiate di umido.

    Lodore di muffa era insopportabile.Un leggero venticello - proveniente dallapertura del-

    la botola - gli accarezzava la faccia e mescolava, al for-te tanfo, correnti daria respirabile.

    Alzata la luce verso il soffitto, non molto alto, gli par-ve di individuare la sua posizione rispetto alla superfi-cie: si trovava sotto il pavimento della sua chiesa.

    Dopo una cinquantina di passi, trov il cunicolo sbar-rato da una porta di legno.

    Pareva massiccia ed era fasciata con spranghe di me-tallo borchiato.

    Indeciso sul da farsi e giusto per misurarne la resi-stenza, prov dapprima a tirare, poi a spingere con for-za.

  • 66

    Dopo un lievissimo scricchiolio il legno si spezz, o meglio, si sbriciol.

    Esso era marcio e cedette sotto la prima spinta. Dalla fessura usciva aria ancora pi calda, se possibi-

    le, di quella gi presente nel sotterraneo. Che conducesse allinferno, quella strada?

    Si trov allingresso di un piccolo cubicolo: al centro vi era un avello in granito, coperto da una lastra del medesimo materiale.

    Era una tomba grande: dovevano esservi inumate al-meno due persone, se non tre. Forse, unintera famiglia.

    Dovevano essere personaggi importanti per essere fi-niti sotto la chiesa.

    Ripensando, tuttavia, a quello che abitualmente vede-va spazzando il pavimento, non ricordava alcuna lapide indicante una sepoltura allinterno di Santa Maria.

    Probabilmente, riflett il sagrestano, doveva essere un sepolcro antecedente alla costruzione e dimenticato da tempo.

    Avr trovato una di quelle tombe del don Alben-zio? rimugin ad alta voce il Piovera, pi per darsi coraggio che per necessit di ragionamento.

    Cerc, muovendo la lucerna sopra, sotto, a dritta e a manca, qualche iscrizione nella pietra per capire chi potessero essere quegli illustri.

    Del resto, gente di umili natali non aveva certamente una sepoltura di quella foggia.

    A furia di frequentare la chiesa, Cuniberto un poco

  • 67

    di latino lo masticava e lo sapeva anche leggere, seppur con difficolt.

    Riusciva a decifrare persino le date. Don Albenzio era rimasto stupito quando lui gli ave-

    va chiesto di insegnargli a decifrare quelle strane let-tere capitali, incise negli altari: non vedendoci nulla di sconveniente, laveva quindi accontentato.

    Apro o non apro?.Ho diritto di disturbarli, dopo tanto tempo?.E se ci fosse un tesoro, come dice don Albenzio?

    Cuniberto, vuoi lasciare un tesoro per uno stupido scru-polo?.

    Gi proprio a te, Piovera, doveva capitare una cosa simile?.

    Perch no? Hai ascoltato un mucchio di storie del genere... A esempio, quel tale sparito da Mede dopo aver trovato....

    Ma su, sveglia. Esci di qui fin che sei in tempo. Mica che, oltretutto, ci sia una maledizione su questo luogo.

    Apri Cuniberto, apri.Vai via, Piovera, vai via.

    Laudace Cuniberto trionf sul timoroso Piovera: appoggiata la lanterna sul pavimento, tent con tutte le sue forze di spostare la tavola di granito posta sulla tomba.

    Nulla da fare.Te lho detto Cuniberto. Non da fare.

  • 68

    Vedrai, Piovera, se non ci riesco e, mentre ancora parlava tra s e s, torn in superficie a recuperare il piccone.

    Sporta la testa dal cunicolo, si arrest ad ascoltare quanto stava succedendo in paese.

    La situazione pareva essersi calmata e, nellaria im-mobile, non si udiva pi nulla. Doveva affrettarsi prima che sua moglie si preoccupasse per la sua assenza.

    Tornato innanzi allavello, us la punta del piccone stesso per fare leva e la pietra scivol docile per mezzo braccio.

    Cuniberto afferr immediatamente la lanterna e sbir-ci allinterno.

    Per poco, il lume non gli cadde a terra. Non poteva credere ai suoi occhi.Dopo lunghi momenti pieni di tormento - dire? Non

    dire? Far finta di nulla? Fuggire? - decise di ricoprire il tutto e di tornarsene a letto. Di dormire, sapeva gi, non sarebbe stata notte, ma almeno lapparenza andava salvata.

    Che faccia stravolta.Non ho chiuso occhio stanotte.Mangiato pesante?.Ma no! Colpa di quei cancheri che continuavano a

    urlare.Pare anche a me di averli sentiti. Cambiando discor-

    so, per stasera tutto pronto?.Stasera?.

  • 69

    E venerd!.Quindi? Non siamo in Quaresima....Lorgano, Cuniberto, lorgano.E vero... disse il sagrestano, picchiandosi una pac-

    ca sulla fronte. E il giorno del trasporto... La nottata insonne... Sto tempo infame mi mette addosso un ma-lumore, certi pensieri... Ma lei lo sa....

    Oh! Come siamo loquaci oggi, il mio Piovera disse il prete, notando luomo pi propenso del solito alle chiacchiere. Starei volentieri a fare due parole, ma devo scappare a Tromello. Sar di ritorno per sera: confido di vedere lo strumento al suo posto e pronto per luso.

    Sar fatto rispose Cuniberto.Tir in cuor suo un sospiro di sollievo, vedendo don

    Albenzio andare via. Quello era capace dintortarlo e lui, parlando troppo, di tradire il suo segreto.

    Una sorta di febbre si era impossessata di lui con il trascorrere delle ore.

    Doveva tornare gi nel cunicolo e il pi rapidamente possibile. Voleva accertarsi di non avere avuto un mi-raggio. E se si fosse sbagliato? Magari, in quella stan-za, erano contenute erbe che causavano visioni... Aveva sentito certe storie sugli antichi e sulle loro abilit con le droghe...

    Durante il giorno non avrebbe potuto scendere, in quanto lavrebbero scorto troppo facilmente.

    Doveva aspettare le tenebre, ma quella sera arrivava

  • 70

    lorgano, per di pi accompagnato dalla nefasta pre-senza di Arduino.

    Di notte, non sarebbe riuscito a uscire senza un mo-tivo pi che valido.

    Sua moglie si sarebbe insospettita e confidare in un altro incidente di confine avrebbe significato lasciare la cosa troppo al caso. Sarebbero potuti passare giorni prima di trovare unaltra occasione...

    Cominci a passeggiare nervosamente avanti e in-dietro per la navata centrale della chiesa, quando ud provenire dallesterno delle grida.

    Si chiami il conte Luigi.Presto, presto, la portantina.No! Esce a piedi.Eccolo, subito la scorta, il corteo.

    Uscito a curiosare quanto accadeva sulla piazza, Cuniberto dovette avvicinarsi parecchio alla linea di confine per capire cosa stesse succedendo.

    La nebbia faceva passare soltanto le voci e da quel-le, spezzate e una sovrapposta allaltra, non si capiva nulla.

    Non appena giunse a una decina di passi dal limes, not immediatamente lo schieramento imponente di-sposto dallaltra parte.

    Carlo Antonio era dinanzi alle sue sentinelle e, ap-pena dietro di queste, vi era una folla di ficcanaso.

    Batteva nervosamente il piede sinistro a terra, in-

  • 71

    sofferente del fatto di dover attendere il fratello che ancora non si faceva vedere.

    Messi cos, quelli di San Michele parevano un eserci-to maltrainsem pronto allassalto.

    Dalla parte di Santa Maria il disordine era invece to-tale. In attesa dellarrivo del conte e senza ordini preci-si, la truppa era allo sbando.

    Non appena Luigi apparve nella bruma, le truppe an-darono compattandosi e al sagrestano fu tolta la visua-le.

    Non potendo far altro, si mise in ascolto.

  • 72

  • 73

    X

    Luigi e Carlo Antonio si trovarono luno di fronte allaltro. Dovettero avvicinarsi a pi riprese perch la nebbia impediva loro di vedersi. In quella caligine non avevano ben chiaro a chi si stessero rivolgendo: al loro interlocutore, a uno dei sottoposti o, peggio ancora, al muro?

    Quando ebbero la certezza di essere innanzi a chi di dovere, cominciarono la discussione.

    Voi, dovete essere impazzito attacc il signore di San Michele.

    Chi siete Voi, per darmi del matto? rispose laltro.

    I due fratelli, in guerra ormai da tempo tra loro, si davano del: quello, qull, despota, ladro, de-genere, diseredato, debosciato e chi pi ne ha pi ne metta.

    Le poche volte che erano stati costretti a parlarsi in pubblico, dopo la separazione, avevano stabilito di dar-si del Voi come due perfetti sconosciuti.

    Per comunicare, solitamente usavano degli interme-diari, ma questa volta il casus belli era davvero grave.

  • 74

    Sono Carlo Antonio Crivelli, figlio di Amedeo feu-datario e signore incontrastato di questa terra replic il primo.

    La risposta sconcert per un attimo il secondo che avrebbe voluto dire altrettanto.

    La cosa gli sembr alquanto stupida, ma lui, come rango e discendenza, non era certamente e naturalmen-te da meno.

    E io sono Luigi, nipote di quel grande signore Luigi, padre del vostro e aggiunse sottovoce mio Ame-deo, illustrissimo di Lomello. Ora, fatte le presentazio-ni, ditemi quale grave motivo vi sia per scomodare un gentiluomo in una giornata cos infelice. I boccoli della parrucca si appesantiscono e la cipria raggruma con co-testa bruma.

    Sar presto detto: pretendo la libert immediata di Plinio.

    Bravo, Carlo Antonio si sent dire da una esile voce proveniente, per, dalla parte di Luigi.

    Era, infatti, Eloisa.Non avendo trovato il suo antico protetto al castello,

    aveva raggiunto la folla seguendo nella foschia le prime battute che volavano nellaria.

    Chi osa dare ragione a quel.... Lunica parola che gli veniva in mente in quel momento era vile.

    Se lavesse per pronunciata, sarebbe nata una gran-de rissa.

    Si salv allultimo con: ... quel mio interlocutore.

  • 75

    Come chi sono? Figlio ingrato. Sono Eloisa disse la donna, comparendo nella nebbia.

    Segu un attimo di imbarazzato silenzio. Non capendo pi nulla, Luigi chiese sottovoce a una

    delle sue sentinelle, l accanto: Si pu sapere di cosa stiamo parlando? Che centrano i miei anziani tutori?.

    Prima che questi potesse replicare, Carlo Antonio riattacc: Orbene, cosa mi rispondete, Voi di quella parte?.

    Plinio stato arrestato sussurr la guardia inter-rogata.

    Da chi? chiese Luigi, perplesso e con il viso deci-samente contrariato. I Volpi-Pastorini erano considerati due personaggi sacri e inviolabili a Lomello, lultimo baluardo di unit in quel borgo diviso, lunico trait dunion tra i due fratelli.

    Da noi.Noi, chi?.Dionigi e i nostri.E perch?.Plinio Toni.Toni, chi?.Lo stornellatore che ci prende in giro.Eh? Ah!.Finalmente Luigi ebbe unilluminazione e cap. Gri-

    d: Dionigi fatti avanti.

    Finalmente una parola. Pensavo di essere diventa-

  • 76

    to sordo o che Voi Vi foste ammutolito esclam Carlo Antonio, cercando dintuire cosa stesse facendo il suo rivale.

    Eccomi.Cosa hai da dire a proposito di Plinio?.

    Abbiamo finalmente arrestato colui che di rime offensive ci ha appestato.

    Ma non possibile. Lui, sarebbe il colpevole?.

    Non c alcun dubbio mio Signore che sia lui lo stornellatore. La voce abbiam seguito questa notte e ci siamo presi un fracco di botte, ma, col tenente, del rio delle rime abbiam trovato la sorgente.

    Quindi? Il povero Plinio dov? chiese un Luigi sempre pi adirato per la figuraccia che stava facendo su quel confine nebbioso e ancor pi irritato per quei versi fuori luogo.

    Luomo colpevole al sicuro, dietro uno spesso muro.

    Possiamo smetterla di parlare in tal modo? Quindi in galera?.

  • 77

    Ci vorrei, signore, provare, ma mi vien naturale cos parlare. E nelle prigioni a pagar lo scotto delle sue canzoni.

    Sappiate Voi di l, stornellatori grid Carlo Antonio, facendosi sentire da tutti gli astanti e non senza un filo malcelato dironia che fino a quando Plinio non sar messo in libert, sar sospesa ogni collaborazione tra Noi e la Vostra parte, trasbordo dellorgano compreso.

    Bravo! si sent strillare. Lurlo proveniva dalla parte di Luigi. Chi fu ad alzare

    cos il tono rimase un mistero perch, coperto dalla neb-bia, il marrano non manc di camuffare la voce.

    Grazie rispose un compiaciuto Carlo Antonio ag-giungendo infine e ora, Eloisa, abbandona quel terreno sacrilego e vieni ospite nella mia casa in attesa che quei mariuoli facciano giudizio.

    La donna non si fece pregare e attravers il confine.Giunta dallaltra parte, il nobile e la sua truppa volta-

    rono le spalle a quelli di Santa Maria e rientrarono nel loro quartiere.

    Che figura! continuava a ripetere Luigi, tornando a palazzo, e in quel mentre tirando per un orecchio Dio-nigi.

    Vossignoria continua a tirare, ma a me duole il padiglione auricolare....

  • 78

    Non me ne importa. Ora faremo uno scambio.Il capo delle guardie non disse pi nulla. Ogni volta

    che tentava di parlare, il suo padrone stringeva ancor di pi la presa.

    Quanto tempo pensavi di tenere imprigionato il po-vero Plinio?.

    Due, tre giorni di condanna esemplare.Per poter insegnareche, nel Vostro regno,i furbi pagano pegno.

    Cos sia.

    Dionigi guard basito il Crivelli e pens:

    Ma come? Brontola una stagione e, poi, mi d ragione?.

    Non aveva ancora terminato di formulare il suo ra-gionamento, che Luigi sentenzi: Plinio sia restituito alla sua casa e Dionigi prenda il suo posto in cella per tre giorni. Ezio, recati immediatamente dal stamegna di l e avvertilo del provvedimento. Cerchiamo almeno di salvare la faccia. Intanto, liberate il vecchio e mandate-melo. Vedr di scusarmi.

    Ma, signore....Taci! A meno che tu non voglia raddoppiare il tuo

    soggiorno al piano di sotto nelle segrete. E sia chiaro...

  • 79

    Non voglio pi che qualcuno si avvicini alla casa del Pastorini. Capito? Adesso fate sparire dalla mia vista questinfame. Ritieniti fortunato del fatto che, per ora, ho deciso di non degradarti.

    Unico di Santa Maria soddisfatto della situazione fu Cuniberto.

    Senza lincombente arrivo dellorgano, poteva dedi-carsi a ci che gli riempiva i pensieri.

    Doveva solo attendere il calare della sera e sperare che il nebbione proseguisse imperterrito ad avvolgere il borgo.

  • 80

  • 81

    XI

    Al Piovera quel pomeriggio pareva infinito. Nono-stante tutto ci che era successo e malgrado le poche ore di luce del giorno - era infatti pieno autunno - a lui il tempo sembrava non passare mai. Oppure, se trascor-reva, lo faceva in modo alquanto lento, come se la sua clessidra, se mai ne avesse avuta una, facesse cadere un singolo granello di sabbia alla volta.

    Decise di tenersi impegnato e, per non dare nelloc-chio, prepar la chiesa proprio come se fosse immi-nente larrivo dellorgano, fingendo dignorare quanto era accaduto. A tal proposito, sperava che il prete non rientrasse troppo tardi dal suo viaggio a Tromello. Vo-leva scendere di sotto allorario di cena, e non dopo: sarebbero occorse troppe spiegazioni in casa. Le sue figliole non erano infatti propriamente riservate e tutto ci che udivano tra le mura domestiche lo raccontavano a destra e a sinistra.

    Sistemata la chiesa, bisognava ora pensare a una scu-sa per saltare la cena. Fu presto trovata, non essendo ancora rientrato il sacerdote al vespro: lui doveva atten-

  • 82

    derlo per raccontargli le ultime novit e, soprattutto, il mancato arrivo dello strumento.

    Trov don Albenzio in casa canonica, proprio mentre ritornava dopo aver annunciato alla moglie il salto del desco serale. Si sarebbe arrangiato pi tardi: ella avreb-be dovuto soltanto lasciargli del pane e del formaggio sul tavolo della cucina.

    Mb? Lorgano?.Nulla.Eh?.Carlo Antonio ha detto di no.Ah!.Silenzio.Mi spieghi, o vogliamo andare avanti a ripassare le

    vocali?.Cuniberto aveva fretta e voleva tagliar corto quella

    discussione. Cos facendo, per, rischiava di far inalbe-rare il canonico.

    Dionigi, il capo....So chi .Ecco, ha fatto arrestare Plinio che....Avanti.Pensava fosse quel Toni che di notte....So tutto! Stringi.Insomma, don Albenzio, prima si lamenta perch

    non parlo, ora perch racconto troppo... Si decida per una buona volta!.

    Va bene, va bene, Cuniberto, ma tu sii giusto nel ri-

  • 83

    ferirmi le cose. Voglio sapere le novit, non quello che gi conosco. Tu hai la mania di perderti nel riportarmi quello che accade. Ricordo che, ai primi tempi, quando ero qui da poco, per narrarmi la storia di questa chiesa ci hai messo giorni e giorni....

    Stavo dicendo lo interruppe il Piovera, temendo che il tempo, dal non passare per niente, trascorresse ora troppo velocemente, che Carlo Antonio, fin quan-do non sar liberato Plinio, non mander di qui lo stru-mento.

    Adesso ho capito. E il Nostro Crivelli, che dice?.Questo non lo so.Andr a sentire. Del resto, lorgano serviva per i

    suoi illustrissimi... Chiss cosa penser il signore mila-nese che ascolta solitamente la messa in Duomo. L, mi hanno detto, c un grande organo. Ho sentito dire che, quando suona il tutti, tremano persino le vetrate. Verr nella nostra chiesa e sentir cantare il pessimo grego-riano dei nostri fedeli che il latino lo sanno come....

    Posso andare? Buona sera don Albenzio. Senza aspettare il congedo, che avrebbe potuto tardare assai, il Piovera sgattaiol fuori dalla porta.

    Anzich dirigersi verso casa, si nascose nella penom-bra crescente e attese di intravedere - scorgere nitida-mente era impossibile - la sagoma del prete avanzare verso il castello. Quel clima nebbioso, che lo celava, cominciava a piacergli.

  • 84

    Mentre don Albenzio saliva le scale verso lapparta-mento del nobile Crivelli, Ezio attraversava il ponte leva-toio con il messaggio di Carlo Antonio. Lambasciatore aveva avuto via libera da entrambi gli schieramenti, per cui la missione si era svolta senza intoppi e abbastanza velocemente.

    ... Come faremo con lorgano? Gli illustrissimi po-trebbero averne a male....

    Ecco, don Albenzio, il nostro nunzio. Sentiamo le novit.

    Non me ne voglia, signor conte, ma riferisco quanto mi stato detto. Posso?.

    Ambasciator non porta pena.Ecco... Dunque....Ezio andava cercando di ricordare le esatte parole: Mi

    felicito per il ravvedimento, accetto le scuse nei Miei confronti e anche quelle rivolte a Plinio ed Eloisa. Con-cedo il trasferimento dellorgano.

    Quali scuse? Ezio, hai forse detto a quello l che mi scusavo?.

    No! signor conte.Sar stata una sua invenzione per farsi bello con quel-

    la sua specie di corte. Comunque sia, abbiamo il nostro organo. Il tempo stringe. Non ti han detto quando?.

    Arduino si recher subito da Cuniberto, qualora Lei faccia pervenire lordine di lasciarlo passare senza fare troppe beghe al confine.

  • 85

    Cos sia. Questa sera, assente Dionigi, sarai il co-mandante della pattuglia notturna. Gestisci come me-glio credi la faccenda, purch sia cosa rapida. Entro domani a mezzogiorno, voglio vedere quel benedetto organo in chiesa. Don Albenzio... Tutto bene ci che finisce bene. Detto ci, fu avvertito che la cena stava per essere servita.

    Reverendo, vuole farmi compagnia?.Volentieri, signor conte rispose il prete, sentendo

    lo stomaco vuoto ruggire.

    Quando la volont cera, le informazioni volavano da una parte allaltra del paese ancor pi celermente di quando Lomello era unito e in pace. Cos, mentre al ca-stello veniva servita una prima portata a base di caccia-gione, per di pi cucinata secondo unantica tradizione longobarda, il sagrestano di San Michele attraversava la nebbia sacramentando: infatti, quando sarebbe tornato a casa, la minestra sarebbe infatti stata fredda, sempre che ne fosse avanzata.

    Chi ? chiese Griselda, vedendo nellombra della sera solo due sagome sbiadite.

    Arduino e Laerte.Scendo subito.

    Mio padre non c. Ha detto che si sarebbe fermato in chiesa ad aspettare don Albenzio.

    Andr a cercarlo. Tu, Laerte, aspettami pure qui e

  • 86

    riferiscile il messaggio che ti ha affidato tua sorella, circa quel ricamo che vuol fare per lImmacolata.... Terminando di dire ci, spar lestamente nella bruma diretto verso la chiesa.

    Dove si sar cacciato? mormorava tra i denti il Cardana, infreddolito e bagnato, non scorgendo il suo collega in chiesa.

    Stava per uscire dal portone, quando gli parve di sentire un rumore provenire dal basso: da sotto il pa-vimento, per la precisione. Cerc di orientarsi. Pi lui si spostava verso la navata di destra, pi il ticchettio si accresceva e si trasformava in colpi decisi.

    Che sia il Diavolo della leggenda? Io non ci crede-vo....

    Un cigolio sinistro rimbomb nel sacro edificio.Oddio, ma questo il gridare delle anime dellin-

    ferno.Un brivido gli percorse la schiena. Dubbioso sul da

    farsi, decise di andarsene. I colpi andavano aumentan-do dintensit e lui cominciava a temere seriamente che il pavimento potesse aprirsi sotto i suoi piedi, inghiot-tendolo nelle viscere della terra dove vi erano le fornaci eterne.

    Scapp di corsa, svolt langolo alla sua sinistra e, fatti pochi passi, la terra gli manc davvero sotto un piede: quello destro.

  • 87

    XII

    Prima di capire se Arduino fosse o meno caduto nella voragine infernale, ci dilunghiamo un attimo per spie-garti meglio, o caro lettore, perch il Cardana fosse cos preoccupato dai rumori che aveva sentito provenire dal sottosuolo. E riferiamo questa deliziosa storiella come labbiamo trovata in uno sdrucito libretto nella biblio-teca di Lomello.

    Anno 590

    Al suono del corno i villani levarono gli occhi al cielo. Una nuvola candida andava gonfiandosi velocemente

    verso lalto. Come in una colonna di denso fumo bian-co, le volute di vapore si spandevano, piegandosi su se stesse e moltiplicandosi.

    Al lugubre allarme, partito da una delle alte torri, ri-spose, in eco, un altrettanto cupo segnale proveniente dalla vedetta oltre il torrente Agogna.

    Al risuonare degli strumenti un rimbombo lontano ri-emp laria immobile.

  • 88

    Era stato, fino a quel momento, un autunno generoso, prosieguo di unestate altrettanto felice. Le messi nei campi erano state abbondanti e in quel mese di novembre le foglie sattardavano sugli alberi. La stagione clemente permetteva ancora di raccogliere legna e paglia per lin-verno imminente e di far pascolare le bestie nei boschi e nei prati.

    Gli armigeri al servizio della regina e del suo promes-so sposo godevano di una giornata di riposo prima delle grandi nozze nelloppidum di Laumellum. Essi avevano approfittato del bel tempo per svagarsi nelle boscaglie limitrofe alla rocca: chi pescando nel torrente, chi cac-ciando nella selva, chi ancora, i pi focosi, improvvisan-do duelli con i compagni darme. Tutti per vigilavano, tenendo accanto a s armature e scramasax.

    Il sole, varcato lo zenit, prosegu la sua discesa veloce in quel pomeriggio breve, prossimo al volgere dellanno. Sembrava un giorno come tanti altri, quando quel suono squarci il silenzio.

    Le vacche e i maiali, liberi al pascolo, si arrestarono, spaventati da tanto strepito.

    I corni continuavano a suonare e il brontolio delle nubi andava crescendo come il rullo di un tamburo annuncian-te lavvicinarsi di un esercito ostile.

    Il nemico, per, questa volta non veniva da terra, bens dal cielo.

  • 89

    Cavalli, cavalieri e fanti, dirigendosi verso la fortez-za, attraversarono speditamente lalbereto, facendo fru-sciare le foglie del sottobosco e liberando il passaggio, a colpi di spatha, l dove i rami bassi impedivano loro di muoversi agilmente.

    I contadini, radunati gli animali, si diressero anches-si alla volta del borgo, rallentati dai pesanti carichi.

    Le bestie selvatiche, atterrite dal gran movimento e dal forte suono, fuggirono nel fitto della foresta, mentre gli uccelli abbandonarono i rami pi alti spiccando un volo disordinato.

    Un colpo di vento improvviso pieg le cime degli al-beri e strapp loro con forza le bronzee foglie. La stessa folata daria, infilandosi tra i tronchi e le frasche, sur-class il suono dei corni.

    Tra le mura di Laumellum la tempesta cominci a ululare passando nelle anguste vie. Per le strade si sol-levavano suppellettili di ogni sorta; la paglia, avelta dai tetti delle case, turbinava in mulinelli.

    Le tende dellaccampamento non ressero allirruenza delle folate e, a una a una, si piegarono sotto lo sferza-re delle raffiche; ormai sfilacciate, ondeggiavano nella bufera come vele strappate dagli alberi maestri di una nave in balia delle onde.

    Il cielo divent buio ben prima dellora stabilita dal normale corso della natura.

    Fulmini cadevano dalle alte nubi verso terra. Altri

  • 90

    sbucavano dai nembi e ai nembi ritornavano, crepando il manto nero con cicatrici di luce che si rimarginavano in un baleno.

    Un rumore, simile a quello di un timpano suonato freneticamente, and avvicinandosi e in pochi attimi la grandine cadde ovunque.

    I tuoni potenti scuotevano la terra e gli animi.

    Unici rifugi sicuri erano la rocca con le sue torri massicce e la grande chiesa in pietra. Chi era riuscito a trovare ricovero in esse pregava per coloro che un ripa-ro non lavevano rimediato e invocava la protezione di Dio sui malcapitati alla merc del fortunale.

    Una luce abbagliante penetr nella chiesa, illuminan-do le facce terrorizzate di coloro che erano stipati nella navata.

    Quattro colpi secchi, preceduti dal crepitio del fulmi-ne vicinissimo, fecero tremare le mura.

    Si levarono grida di orrore. Le persone ivi celate uscirono nella bufera correndo

    alla rinfusa, scontrandosi tra loro, calpestando chi era stramazzato a terra.

    Il soffitto cominci a rovinare, mentre le fiamme, nonostante il nubifragio, andavano prendendo vigore come alimentate da una forza arcana.

    Scintille e tizzoni ardenti cadevano nel sacro edificio insieme ai chicchi di grandine e alla pioggia battente.

    Al cedere delle travi, frane di pietra precipitavano su-

  • 91

    gli sventurati che ancora non erano riusciti a fuggire.Il rumore fragoroso del crollo si mescol al mugghio

    della tempesta.

    Dimprovviso, poi, tutto tacque e lorizzonte and schiarendosi.

    Agilulfo, promesso sposo di Teodolinda, con i suoi uomini pi fedeli, usc sotto lultima pioggia per pre-stare soccorso ai feriti. Giunto allingresso di quella che era stata la chiesa, vide, nei pressi dellaltare, un uomo vestito di nero con una lunga e incolta barba e con fluenti capelli corvini che, sogghignando, oltrag-giava il nome di Dio. Aveva gli occhi scuri fiammeg-gianti dodio e un riso maligno che, aprendosi, mostra-va denti candidi e increspava ulteriormente il viso gi rugoso.

    Lessere blasfemo, non appena scorse i guerrieri farsi spazio tra le macerie, si present con voce malefica.

    Sono il Diavolo.I militi si arrestarono spaventati. Allordine del duca, tuttavia, tentarono di sfoderare

    le armi per attaccare il diabolico nemico, ma, con un gesto della mano, Satana blocc le spade nei foderi.

    Agilulfo si fece avanti e coraggiosamente chiese: E opera tua questa. Perch?.

    Tu, ariano, non sposerai mai Teodolinda la cattoli-ca....

  • 92

    La pia regina, nel frattempo, avvertita di quanto era ac-caduto, si era raccolta in preghiera e invocava il soccorso di Dio. Inginocchiata nella sua cappella, la si sent so-spirare e ringraziare il Signore come se questi le avesse parlato: Sia fatta la tua volont.

    Mentre il Diavolo demoliva anche laltare, bestem-miando di fronte agli impotenti armati longobardi, una luce abbagliante discese dal cielo.

    Agilulfo e i suoi fedeli guerrieri dovettero coprirsi gli occhi per non essere accecati e, quando poterono riaprir-li, Satana era sparito.

    Dobbiamo rimandare le nozze disse il duca, rientra-to nella rocca, a Teodolinda.

    No! rispose decisa la regina.Ma la chiesa....Il Signore provveder prima dellalba.Incredulo, luomo si ritir nelle sue stanze stupito dalle

    parole della sua promessa sposa.

    Alla tempesta segu un tramonto radioso, un vero trion-fo di luce. Le nubi nere si allontanavano verso oriente, mentre un arcobaleno dai vividi colori disegnava un arco perfetto, separando il cielo sereno dal temporale.

    Mentre, in chiesa, si cercavano di rimuovere le mace-rie per estrarre coloro che giacevano feriti sotto di esse, dal bosco uscivano contadini malridotti e animali colpiti dalla grossa grandine.

  • 93

    Quando il sole tocc la cima di un monte lontano, comparve, a una delle porte del borgo, un uomo vestito di pelle di lupo, con il capo ricoperto dalla testa dello stesso.

    Picchiando rumorosamente il bastone sul selciato, at-tir lattenzione dei presenti e cominci a gridare: Se non volete morire, chiudetevi in casa e non uscite fin quando non vedrete il primo raggio di sole. Detto que-sto, si allontan verso una densa coltre di nebbia che avanzava dalla campagna.

    Spaventati dagli eventi del giorno e dalla diceria della comparsa del Diavolo, gli abitanti del borgo non volle-ro sfidare ulteriormente i poteri soprannaturali che si erano abbattuti sul loro oppidum e, non appena lultima ombra fece tuttuno con la notte in arrivo, si serrarono nelle loro case come era stato loro intimato.

    Con le tenebre si ud la terra sussultare e il frastuo-no di una frana. Nel contempo, cal il gelo che, in quellautunno, non si era ancora manifestato.

    Una fitta bruma, la pi spessa mai vista da quelle par-ti nonostante si fosse usi a quel tipo di clima, ricopr ogni cosa.

    In un profondo silenzio si cominci a udire lo smuo-vere di pietre e voci di uomini che disputavano in strani dialetti.

    Martelli iniziarono a picchiare, tonfi risuonavano

  • 94

    nellaria e il rumore regolare delle pulegge rompeva la quiete notturna.

    Il Diavolo, per ordine di Dio, aveva intrapreso la rico-struzione della chiesa e avrebbe dovuto terminarla prima del sopraggiungere delle prime luci dellalba.

    Satana, per poter riuscire nella prova, convoc a s tutti i grandi architetti presenti allinferno.

    Ed ecco comparire Imothep costruttore di piramidi, Dedalo autore del labirinto di Creta, Iktinos che eresse il Partenone e, poi, ancora Mandrocle e i progettisti della torre di Babele.

    Ognuno di essi, esprimendosi nel proprio idioma, si occup di una porzione del nuovo edificio. Frotte di dan-nati uscirono dalla terra squarciatasi per innalzare colon-ne e muri.

    Nella chiesa sventrata, il Diavolo in nero e un uomo completamente vestito di bianco, con capelli e barba candida, si fronteggiavano a distanza: Satana, sotto loc-chio vigile di Dio, sferzava i reprobi costretti a erigere la nuova chiesa; soltanto per una volta, gli eterni castigati alla pena di Sisifo videro un muro, da loro innalzato, non crollare.

    Gli abitanti, impauriti dal misterioso strepito e dalle tante lingue mai udite prima, rimasero chiusi nelle loro case; alla rocca la regina radun in preghiera gli ospiti. Spieg loro con vera fede che, allalba dellindomani, si sarebbero recati tutti in chiesa per la celebrazione del suo matrimonio.

  • 95

    Agilulfo scuoteva la testa, non credendo a quanto la sua promessa sposa andava dicendo e, incurio