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L’ORAZIONE FUNEBRE DELL’ONOREVOLE ANTONIO BERNARDI IN RICORDO DEL SENATORE UGO BENASSI UMANITÀ IN POLITICA - “Ugo Benassi espresse a pieno tutta la sua carica di umanità, anche nella sua vita politica – ha detto fra l’altro l’onorevole Bernardi – e nelle sue responsabilità pubbliche. Questa sua grande umanità lo ha portato a vivere con sofferenza profonda la fine del comunismo, il disvelarsi a pieno di regimi oppressivi, fino alla sua angosciata reazione ai fatti di piazza Tien An Men. Benassi è stato un dirigente politico del Pci a pieno titolo, con rilevanti responsabilità. E’ una storia e una militanza che ha sempre rivendicato, con orgoglio e con chiarezza”. IL PCI E UN PROGRAMMA ASSAI POCO IDEOLOGICO - “E’ stato anche rappresentativo di quella cultura, tipica del Pci, di un partito molto legato a un progetto politico, a un programma assai poco ideologico. Se c’era qualcosa di estraneo alla cultura di Ugo, era lo schematismo ideologico. Era assai fermo nei principi morali, in questo un berlingueriano assoluto, fino al midollo; poi era assai duttile e agile nelle relazioni politiche e sociali, senza mai farsi inchiodare e irrigidire in schemi troppo rigidi, ossificati. Non esitava a intrattenere rapporti diretti con la società civile, con il vescovo Baroni, con Achille Maramotti, con gli industriali, quando la dinamica dei rapporti politici irrigidiva le relazioni”. “Il meglio, Ugo lo espresse come pubblico amministratore. Ma di Benassi dirigente politico di partito si è sempre apprezzato l’equilibrio, la sensibilità, l’attenzione alle ragioni diverse tra i compagni, il rifiuto di ogni ideologismo, apprezzato non solo a Reggio, ma anche a livello regionale e nazionale. Nel suo equilibrio si aveva assoluta fiducia. Queste qualità politiche di Ugo furono all’origine della scelta del Pci a proporlo sindaco della città”. In vista delle elezioni politiche e amministrative di metà anni Settanta, ha spiegato Bernardi, il Pci propose candidature che erano “il meglio come capacità di governo dei sindaci e degli amministratori regionali: la classe dirigente nuova, che si era venuta formando. Fu l’operazione che portò Renzo Bonazzi in Parlamento e Ugo Benassi a sindaco della città”. UN SINDACO PER LA CITTÀ, NON PER IL PARTITO - “Era il tempo in cui i partiti erano comunità politico-culturali-organizzative complesse, ma

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L’ORAZIONE FUNEBRE DELL’ONOREVOLE ANTONIO BERNARDI IN RICORDO DEL SENATORE UGO BENASSIUMANITÀ IN POLITICA - “Ugo Benassi espresse a pieno tutta la sua carica di umanità, anche nella sua vita politica – ha detto fra l’altro l’onorevole Bernardi – e nelle sue responsabilità pubbliche. Questa sua grande umanità lo ha portato a vivere con sofferenza profonda la fine del comunismo, il disvelarsi a pieno di regimi oppressivi, fino alla sua angosciata reazione ai fatti di piazza Tien An Men. Benassi è stato un dirigente politico del Pci a pieno titolo, con rilevanti responsabilità. E’ una storia e una militanza che ha sempre rivendicato, con orgoglio e con chiarezza”.IL PCI E UN PROGRAMMA ASSAI POCO IDEOLOGICO - “E’ stato anche rappresentativo di quella cultura, tipica del Pci, di un partito molto legato a un progetto politico, a un programma assai poco ideologico. Se c’era qualcosa di estraneo alla cultura di Ugo, era lo schematismo ideologico. Era assai fermo nei principi morali, in questo un berlingueriano assoluto, fino al midollo; poi era assai duttile e agile nelle relazioni politiche e sociali, senza mai farsi inchiodare e irrigidire in schemi troppo rigidi, ossificati. Non esitava a intrattenere rapporti diretti con la società civile, con il vescovo Baroni, con Achille Maramotti, con gli industriali, quando la dinamica dei rapporti politici irrigidiva le relazioni”.

“Il meglio, Ugo lo espresse come pubblico amministratore. Ma di Benassi dirigente politico di partito si è sempre apprezzato l’equilibrio, la sensibilità, l’attenzione alle ragioni diverse tra i compagni, il rifiuto di ogni ideologismo, apprezzato non solo a Reggio, ma anche a livello regionale e nazionale. Nel suo equilibrio si aveva assoluta fiducia. Queste qualità politiche di Ugo furono all’origine della scelta del Pci a proporlo sindaco della città”.

In vista delle elezioni politiche e amministrative di metà anni Settanta, ha spiegato Bernardi, il Pci propose candidature che erano “il meglio come capacità di governo dei sindaci e degli amministratori regionali: la classe dirigente nuova, che si era venuta formando. Fu l’operazione che portò Renzo Bonazzi in Parlamento e Ugo Benassi a sindaco della città”.UN SINDACO PER LA CITTÀ, NON PER IL PARTITO - “Era il tempo in cui i partiti erano comunità politico-culturali-organizzative complesse, ma con rapporti reali e forti nella società, con la gente, con capacità progettuali in cui si riusciva a pensare non all’immediato domani, ma al tempo che sarebbe venuto. Si scelse Beassi proprio per questa sua carica umana, questo suo rapporto con la gente, questo suo rifiuto dell’ideologia. Un sindaco per la città, non per il partito. Capace di colloquiare con il mondo politico e con l’intera società. Un sindaco per la città, non per il partito, come aveva indicato l’esperienza del primo sindaco del dopo Liberazione, Cesare Campioli”.TRE GRANDI SINDACI – “Cesare Campioli, Renzo Bonazzi, Ugo Benassi: tre grandi sindaci. Hanno governato Reggio nella democrazia, verso la modernità, assicurandone sviluppo, cultura, solidarietà. Rappresentano l’espressione più alta di una fase storica ormai compiuta, caratterizzata nella nostra provincia e regione dal grande consenso popolare e dall’egemonia politico-culturale che il Pci aveva nella nostra terra. Con l’ambizione dichiarata, allora, di rinnovare l’antica esperienza prampoliniana di inizi Novecento. Benassi ha partecipato poi, fino in fondo, convinto, alla svolta di Achille Occhetto, di ritenere conclusa

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l’esperienza del Pci e di dare vita a una nuova forza politica. Lo ha sempre fatto con questa sua attenzione umana verso quelli che non condividevano, che soffrivano questa scelta”.UNA SOCIETÀ SOLIDA – “I tre sindaci hanno costruito una società solida. Una società che non era e non è fatta si sole strutture e servizi, ma di una civiltà della politica che è il lascito maggiore, che consente a chi oggi ha responsabilità di poter operare. Non solo una somma di scuole, strade, strutture, servizi: è stato un modo di interpretare, di fare la politica, anche in questa Sala del Tricolore, che non era scontato dati gli anni che si attraversavano. C’è stata capacità di ascolto. Penso al Piano regolatore approvato all’unanimità; alle questione delle scuole materne, quando di fronte agli schematismi e alle resistenze della politica, trovò una soluzione direttamente con il vescovo, poi la riportò nel dibattito politico. Questo è il valore che ci è stato lasciato dalla tradizione e dal lavoro di questi uomini: una civiltà della politica, delle relazioni politiche e umane. Un valore per tutti: per chi ha le responsabilità di governare e amministrare, per chi ha il dovere di opporsi”.IL SALUTO E IL RIMPIANTO - “Caro Ugo – ha concluso l’onorevole Bernardi - ti salutiamo con grande rimpianto. Con l’orgoglio di esserti stati amici, aver lavorato, discusso, anche litigato con te e con Renzo, e di aver compiuto appieno il compito che vi era stato affidato. Ugo, Renzo e prima ancora Cesare: siete stati esempi della politica come servizio alla società. Ve ne saremo per sempre grati. Chi vorrà costruire il futuro, non potrà prescindere da ciò che da voi è stato lasciato. Grazie”.