60
BERGAMO FORMAZIONE 2008 - 2012 Bene Comune Percorsi di formazione delle ACLI di Bergamo 2008 - 2012

Bene comune

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Percorsi di formazione delle ACLI di Bergamo

Citation preview

Page 1: Bene comune

BERGAMO

FORMAZIONE2008 - 2012

Bene ComunePercorsi di formazione delle ACLI di Bergamo

2008 - 2012

Page 2: Bene comune
Page 3: Bene comune

BERGAMO

FORMAZIONE2008 - 2012

Bene ComunePercorsi di formazione delle ACLI di Bergamo

2008 - 2012

Page 4: Bene comune
Page 5: Bene comune

Il nostro Movimento ha deciso di tenere come strada maestra del proprio

cammino e del proprio impegno il tema e il valore del bene comune, conside-

rato il cardine fondamentale su cui giocare la credibilità della politica, del lavo-

ro e di molte altre questioni centrali nella nostra società.

È sembrato alle ACLI, a partire dal livello nazionale, che lavorare in termini di

riflessioni e progettualità sulle varie implicazioni cui il bene comune rimanda

fosse il modo migliore per dare un contributo alla quarantaseiesima settimana

sociale dei cattolici dal 14 ottobre al 17 ottobre 2010 che si è svolta a Reggio

Calabria sul tema “Cattolici nell'Italia di oggi: un'agenda di speranza per il

futuro del Paese”. Proprio nell'intento di rendere concretamente possibile

un'agenda di speranza nell'Italia di oggi e di domani, le ACLI di Bergamo hanno

ragionato sui significati, sugli stili, sulle risorse in cui si esprime il Bene Comu-

ne, si sono interrogate su come le tre fedeltà delle ACLI (al lavoro, alla demo-

crazia, alla Chiesa) possano concorrere al maggior Bene Comune possibile

nella società civile ed ecclesiale, si sono soffermate, infine, su due questioni

cruciali in cui il valore del Bene Comune può diventare determinante per una

convivenza sociale vissuta nel rispetto e nell'accoglienza delle differenze.

Le ACLI di Bergamo hanno così toccato il grande tema della laicità, ricercando

la possibilità di un'etica condivisa tra credenti, non credenti e diversamente

credenti e il lungo cammino dell'integrazione europea, con una riflessione sui

cambiamenti indotti dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. La Presiden-

za delle ACLI di Bergamo ha ritenuto opportuno continuare il lavoro intra-

preso aprendo un cantiere di proposte nei Circoli, per dare modo ai territori di

rendere ulteriormente fecondo quel messaggio che la ricerca del bene comu-

ne stimola, a cominciare dalla vita concreta che i nostri Circoli vivono ed incon-

trano. È stato predisposto un questionario che presentava alcune aree tema-

tiche e proposte guida per stimolare i Presidenti di Circolo a suggerire alcuni

progetti di intervento formativo e di azione che la Presidenza delle ACLI si è

1. Introduzione

3

Page 6: Bene comune

dichiarata disposta ad accompagnare, per far sì che il bene comune diventi un

valore e un criterio che contraddistingua in modo specifico la nostra presenza

di Movimento educativo e sociale tra la gente dei paesi e delle città che abitia-

mo. Il questionario ha incontrato il favore di molti Circoli che hanno tradotto il

valore del bene comune in alcune aree di interesse che, con il supporto della

commissione formazione, hanno dato l'avvio a percorsi educativi in parte già

conclusi, in parte programmati a breve o a medio termine.

Vorremmo in questa pubblicazione dare conto all'intero Movimento dei lavori

intrapresi nel cantiere aperto, nella consapevolezza che, com'è nello stile di

lavoro aclista, nessun cantiere che si apra possa mai definitivamente chiudersi,

ma dare vita a ulteriori iniziative che possano concorrere a rendere la cittadi-

nanza attiva, consapevole, responsabile e solidale.

4

Page 7: Bene comune

Gli Italiani sono famosi per la loro mancanza di senso dello Stato, per la loro

incapacità di ricomprendersi in grandi dimensioni. Più vocazione per la fami-

glia, per il clan, per il piccolo gruppo; fuori da queste piccole dimensioni sono

latitanti.

E invece oggi la grande sfida è quella di pensare non solo in termini personali e

familiari, ma soprattutto in termini comunitari. In un periodo come questo in

cui si cercano risposte individuali ai bisogni, occorre incontrarsi su ciò che c'è di

comune, un patrimonio di valori, ma prima di tutto di regole, che diventi uno

scrigno cui attingere quando si voglia trovare risorse, appagamento e senso di

comune appartenenza in ciò che insieme si è costruito.

Diventa, allora, fondamentale rimettere le comunità al centro, perché solo in

questo modo possono essere tutelati gli interessi dei singoli. La vera sicurezza

sono i legami, le reti, i rapporti, che costituiscono il nostro vero capitale. Siamo

consapevoli che non si tratti di una consapevolezza diffusa. Si sta facendo

avanti sempre più una cultura convinta che la vita sia un'avventura solitaria e

non un'avventura insieme agli altri. E, invece, oggi è tempo di scelte corali, non

2. Bene Comune: le motivazioni di una scelta

Siamo in una nuova fase di secolarizzazione, in cui si

registra l'emergenza del soggetto, dell'individuo, che si

percepisce come auto-referenziale, unicamente teso a

realizzare il proprio desiderio e incentrato sul proprio

interesse: i desideri di questo soggetto tendono ad essere

sentiti come diritti dell'individuo. È una società senza un

orizzonte comune, senza la preoccupazione della

solidarietà e della percezione dell'altro in vista di un bene

comune. E. Bianchi, Per un'etica condivisa

5

Page 8: Bene comune

di scelte piccole e individuali. È tempo di fare in modo di non essere solo delle

solitudini con tanti progetti personali che non riescono a farsi comunità.

Pierpaolo Pasolini affermava a ragione: «La verità non sta in un sogno, ma in

tanti sogni». Non ripieghiamoci allora sulle riflessioni personali o di gruppo,

ma uniamoci, facciamo sinergia. Ci aspetta la difficile arte di comporre le diffe-

renze superando la logica amico-nemico. Non disincantati, non rinunciatari,

ma con il sano realismo di chi ritiene che sia ancora possibile costruire un

sogno comune in nome dello spirito di fraternità. Come cristiani non possiamo

affermare: «Faccio ciò che voglio, l'importante è non fare male agli altri». Così

ci si distacca, si crea distanza dagli altri e si sfocia nell'indifferenza. La sfida è

costruire fraternità, legami, solidarietà.

Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, afferma che ogni comunità, a

cominciare da quella più ristretta in cui c'è una condivisione totale di vita, fino

a quella più grande che unisce l'intera umanità, è tenuta insieme non tanto da

un possesso, da una proprietà, da un “di più”, ma da un “di meno”, da un debito

che ciascuno vive verso l'altro. Questo debito, che è anche un dono, non è un

debito di qualcosa, bensì un debito che comporta dare se stessi: è un dare la

propria presenza fino a dare la propria vita.

Per entrare nella comunità occorre quindi innanzitutto sentire la propria vita,

la propria presenza tra gli altri come un debito e un dono allo stesso tempo. La

domanda da porre sull'architrave della porta di ogni comunità dovrebbe

essere: «Dov'è tuo fratello?» (Gen. 4,9), il che significa che sei custode dell'al-

tro, ne sei responsabile e, dovendo sapere dov'è l'altro, devi dare all'altro il tuo

volto, la tua presenza. È così che inizia il riconoscimento della fraternità, nella

consapevolezza che il prossimo è colui che decido di incontrare, e più lo avvi-

cino più lo rendo fratello.

6

Page 9: Bene comune

All'inizio del nostro percorso di formazione, ognuna delle cinque commissioni

(formazione, lavoro, politica, welfare e famiglia, coordinamento donne) ha

redatto un elenco di punti sotto forma di impegni, riflessioni e domande da

utilizzare come punto di partenza per i successivi approfondimenti in materia

di bene comune. Presentiamo qui di seguito tutte le riflessioni che sono emer-

se grazie a questo lavoro, suddivise per commissioni.

3.1 Commissione formazione

Promuovere un'azione formativa per educare i cittadini di oggi a leggere i

fatti contemporanei, affinché diventino pienamente attori sociali, parti di

una comunità, anche attraverso un'educazione alle relazioni sociali e al

lavoro, inteso come modalità attraverso la quale ciascuno si possa sentire

componente della collettività a pieno titolo e con pari opportunità.

Analizzare i fenomeni sociali, politici, ecclesiali e riflettere sulle dinamiche

contingenti, anche elaborando proposte culturali che orientino e guidino

lo sviluppo integrale delle persone, perché nessuna generazione sia data

per scontata, bensì coltivata e indagata costantemente al fine di essere

pienamente consapevoli del tempo che viviamo.

Proporre itinerari formativi che consentano di provare e di esercitarsi.

Riservare tempo al capire, al pensare, al ripensare e al rivedersi, per “usci-

re da sé” e costruire relazioni produttive con gli altri attori della comunità.

Porre, così, le basi per creare la classe dirigente di domani e definire un

contesto etico-normativo mutuamente accettato, dove ogni persona pos-

sa vivere la propria parte e viversi come parte.

Trasmettere l'importanza di un'ottica trasversale come modalità e stile

importante nella formazione e in tutte le azioni umane, perché solo attra-

verso uno sguardo inclusivo è possibile raggiungere il Bene Comune in ogni

3. Snodi essenziali per il ragionamento attorno al bene comune.

1.

2.

3.

4.

7

Page 10: Bene comune

azione umana (nella formazione, nel vivere insieme agli altri, nel lavoro,

nella preghiera…). Crediamo sia importante mantenere la stessa ottica

anche per sviluppare un'esperienza tesa a comprendere ed esser proposi-

tiva dentro i mutamenti che coinvolgono le prospettive e i destini delle

persone, e, quindi, realizzare un lavoro trasversale e condiviso di formazio-

ne per attrezzare e attrezzarci a lavorare per progetti complessi e integrati,

in cui imparare a pensare e decidere per il Bene Comune.

Investire su un'operosità attraversata dall'etica, un fare che si preoccupi

del senso, del fine e dei mezzi per raggiungerlo. Perché non tutti i mezzi

vanno bene.

Tentare, attraverso la formazione, di fornire occasioni di (ri)motivazione e

riferimenti di identità in adulti maturi, affinché ciascuno possa essere e

costruire luoghi di speranza. Attraverso la formazione divenire compagni

di viaggio unici, catalizzatori di stupore, riconoscimento e riconoscenza,

ma anche attrezzati a divenire competenti delle solitudini, delle sofferen-

ze, degli smarrimenti delle persone, facendosi luoghi di ospitalità in for-

mazione.

Esser profondamente convinti che nell'atto formativo si dà forma all'azio-

ne, cioè riconoscere come radice del formare la possibilità di trasformare

il mondo attraverso l'educazione e, in quanto orientata al Bene Comune,

l'azione formativa sia già di per sé foriera di speranza.

Alimentare educativamente riconoscenza nei confronti di ciò che abbiamo

ricevuto da chi ci ha preceduto ma anche da chi vive il nostro tempo. Ne

deriva un saper essere ospitali nei confronti delle differenze e delle diverse

generazioni.

Aprire spazi di opportunità, di confronto e di dialogo tra soggetti diversi,

per imparare a condividere in vera reciprocità parti di cammino con le per-

sone che si incontrano, valorizzate come risorse prima ancora di essere

vissute come vincoli. Fare in modo che le iniziative messe in atto possano

veicolare partecipazione, dibattito, sperimentazione, affinché non riman-

gano eventi isolati, ma premesse di ulteriore arricchimento del capitale

5.

6.

7.

8.

9.

8

Page 11: Bene comune

sociale delle comunità.

Educare alla cultura delle regole, riconosciuta fondamento del bene comu-

ne. Il rispetto delle regole è responsabilità di ognuno, in quanto membro di

una comunità, per assicurare una corretta e serena convivenza civile. Lad-

dove i cambiamenti lo richiedano, avere il coraggio di esigere regole nuove

perché i cambiamenti significativi implicano la formulazione di nuovi diritti

e di nuovi doveri.

3.2 Commissione lavoro

Per parlare di Bene Comune ci pare prima di tutto necessario partire

dall'idea della necessità di diffondere una Cultura dell'essere uomo nuovo,

di un cambiamento culturale e di consapevolezza, che ci permetta di ripar-

tire dalla crisi attuale per uscire più forti, e soprattutto indirizzati verso un

futuro diverso. La crisi attuale ha infatti dimostrato - ammesso che ce ne

fosse bisogno - che un modello economico e sociale, produttivo e alla fine

anche politico, basato esclusivamente sulla crescita economica fine a se

stessa, esclusivamente legata al profitto, non può reggere. Una società -

soprattutto quelle moderne - è più complessa della mera dimensione eco-

nomica, soprattutto quando essa è vissuta come ottenimento del massi-

mo profitto nel breve termine. Ci pare che solamente una cultura realmen-

te aperta, sociale, capace di cogliere le continue connessioni tra economi-

co, sociale, politico e le fondamentali categorie dell'uomo (la solidarietà, la

giustizia, la reciprocità) potrà garantirci un futuro migliore. Questo ci pare

l'insegnamento della crisi che stiamo attraversando, e ci chiediamo se la

lezione sia servita, se sapremo ripartire in modo diverso, oppure se - supe-

rate le fatiche, speriamo presto - si ricomincerà mettendo il profitto al cen-

tro, lasciando da parte relazioni, condivisioni, dialogo e capacità di ragio-

nare nell'interesse di tutti, non di pochi privilegiati. La crisi attuale rischia

di indebolirci ulteriormente perché nelle nostre categorie di riflessione - a

livello politico, personale, di mass media e di comunicazione - non sono

entrati parametri quali la sostenibilità dello sviluppo, l'iniquità di un siste-

10.

1.

9

Page 12: Bene comune

ma economico che è globale solo quando favorisce i ricchi e vergogno-

samente lascia ai margini miliardi di poveri, salvo poi rimandarli a casa loro

se non hanno lavoro qui da noi, l'idea di un uomo realmente planetario

nella consapevolezza, nella totalità del suo essere - dunque anche nella

spiritualità, nelle relazioni, nei rapporti con gli altri - nella capacità di svi-

luppare una dimensione complessiva di essere persona, cittadino, lavo-

ratore. Il Bene Comune passa attraverso questa consapevolezza, il resto -

pur importante - è strumento: uno strumento che possiamo utilizzare a

favore di una reale crescita della società se condividiamo la necessità di

partire da qui.

Andando su livelli più pratici e operativi, il Bene Comune passa dal tema

della fiscalità. Ci pare che, soprattutto a livello di dibattito culturale e di

reale interesse per il bene del paese, non ci si soffermi abbastanza sulle

implicazioni legate alle scelte di un Governo che propone il taglio delle

tasse. Come cambia la vita delle persone, al di là dell'averle sollecitate a

reazioni emotive e “di pancia”, di fronte alle grandi questioni del vivere

insieme? Più in generale, non serve un approccio più pragmatico, reali-

stico, culturalmente capace di cogliere le forti interdipendenze e la com-

plessità del sistema socio-economico, prima di assumere decisioni che

modificano fortemente il sostegno alle persone e alle famiglie? Ragionare

sul bene comune vuol dire sviscerare le motivazioni che stanno dietro alle

dichiarazioni di un governo che non vuole utilizzare il fisco per ridistribuire

le risorse, limitandosi a salvaguardare le marginalità, ma non a sostenere e

far crescere le fasce più basse della popolazione. Vuole dire soprattutto

porre la questione della comunità al centro del dibattito - oltre l'individua-

lismo imperante che in realtà ci rende tutti meno sicuri e liberi - per trovare

nella solidarietà tra le persone lo strumento e la via di uscita. Tutti condivi-

dono il bisogno di pagare le tasse, è doveroso in linea generale, anche se

tutti rilevano la necessità di “pagare quelle giuste”. Dovremmo dunque

fare proposte su quale politica fiscale adottare per una maggior giustizia.

2.

10

Page 13: Bene comune

Ad esempio, spostando la visione sulla famiglia e non sul singolo, curando

la progressività dell'imposizione delle tasse - come sostiene la Costitu-

zione - prestando maggior attenzione alla famiglia ed alla salvaguardia dei

minori soli, dei disabili e delle famiglie monoparentali. Un governo libe-

rista non vuole utilizzare il fisco per ridistribuire la qualità del fisco, ma non

è qui importante fare un discorso di mero schieramento politico: anche

amministrazioni di sinistra, nel recente passato, non hanno dato l'idea di

saper cogliere la chiave come una leva di giustizia e di reale condivisione

tra persone. Una visione a 360 gradi della questione fiscale è complessa. La

commissione lavoro ritiene di potere e di dovere progettare momenti di

formazione sulla questione fiscale affinché a tutti sia chiaro il meccanismo

di equità che deve accompagnare un progetto fiscale coerente. Da quanto

detto sopra, ci pare inevitabile il richiamo alla questione della lotta all'eva-

sione fiscale. Ci pare necessario tornare ad educare le persone alla respon-

sabilità etica della corretta dichiarazione delle tasse, anche se può appa-

rire sconveniente e poco furbo, almeno nel breve termine. Ritrovare l'etica

ed il coraggio di affermare che pagare le tasse è corretto, se non proprio

“bello”: è un modo per costruire e rafforzare una comunità, e i cristiani

dovrebbero avere a cuore tutto ciò che aiuta ad andare in questa dire-

zione.

Il lavoro nero è la vera piaga e causa della mancata crescita economica. Se è

vero che combattere l'evasione fiscale fa rotolare l'economia italiana, è

altresì vero che il lavoro nero appare a volte necessario e indispensabile. Si

impone, dunque, un ragionamento sulla possibilità di rendere il lavoro

flessibile - in modo comunque sicuro e tutelato per tutti - e visibile, corret-

tamente esercitato e remunerato.

Il miglioramento della burocrazia è parte fondamentale della costruzione

del bene comune. Ci pare necessario operare per dare al cittadino - lavora-

tore, imprenditore, pensionato, bimbo, diversamente abile - la possibilità

di non sprecare tempo ed energie in un sistema costoso e complicato

come è da sempre la burocrazia italiana. Da qui, dunque, la necessità di

3.

4.

11

Page 14: Bene comune

modernizzare, per risparmiare e rendere flessibile e trasparente la Pubbli-

ca Amministrazione.

Il Bene Comune che chiediamo è un welfare di giustizia e non di elemosina,

fatto di azioni sistematiche di lotta ai bisogni, non di bonus caritativi che

spariscono quando le casse sono vuote: non vogliamo bonus bebè che si

ricordano dei bebè per un solo compleanno! Il Bene Comune è la maggiore

attenzione ai bisogni delle fasce di età deboli: infanzia, vecchiaia, reale

integrazione dei cittadini stranieri con servizi facilmente fruibili, sostegno

alla disabilità e alle famiglie in difficoltà. Coinvolgendole, ingaggiandole in

impegni di restituzione - economica e sociale - per farli sentire parte cen-

trale e realmente riconosciuta dalla società.

La riforma degli ammortizzatori sociali, oggi, con la crisi economica che ha

messo in ginocchio il nostro sistema produttivo-manifatturiero, diventa un

must non più rimandabile. Si devono estendere gli ammortizzatori a tutti i

lavoratori. Ammortizzatori sociali ordinari e ammortizzatori in deroga,

nonostante la buona volontà, non coprono ancora i bisogni di tutti i lavora-

tori in difficoltà.

Maggiore protezione per il lavoro precario e giovanile, maggiori incentivi

al lavoro dei giovani e maggiori tutele (paracaduti) per permettere ai gio-

vani di progettare il futuro con maggiore ottimismo. Maggiore equità nel

sostegno del lavoro per i giovani.

Negli ultimi dieci anni il reddito si è spostato dal lavoro al capitale. È una

conferma della volontà di non redistribuzione del reddito, pagare meno il

lavoro e dare maggiorare riconoscimento alle rendite. Le rendite econo-

miche sono, infatti, più alte e meno tassate delle rendite economiche pro-

dotte dal lavoro. L'imprenditore spregiudicato non investe in azienda ma

sposta i capitali (soprattutto in periodi di crisi) investendoli in rendite da

capitale. Assistiamo alla trasformazione delle attività in speculazioni. Oggi,

con la scusa della crisi, c'è il concreto pericolo che si faccia un uso specu-

lativo delle CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) per ristruttu-

6.

7.

8.

5.

12

Page 15: Bene comune

rare l'azienda, anche se non ce n'è bisogno.

Cooperazione sociale: l'attenzione alle persone fragili. Obiettivo per il

Bene Comune è trasformare un disabile in un lavoratore che genera ric-

chezza, un lavoratore attivo che acquisisce un posto dignitoso nella socie-

tà. Il Bene Comune dovrebbe avere grande attenzione alla cooperazione

sociale. Grande attenzione dovrebbero avere l'imprenditore sociale ed il

lavoratore sociale per poter far crescere tale imprenditoria nel nostro ter-

ritorio. Maturazione dell'imprenditore sociale e del lavoratore sociale

anche attraverso la formazione ed il finanziamento della scuola per im-

prenditori sociali. Smascherare il lavoro delle cooperative che sfruttano i

lavoratori e che non danno dignità al lavoratore della cooperazione. Svi-

luppare pertanto il concetto di partecipazione come concetto positivo, che

raggruppa positivamente il lavoratore ed il datore di lavoro.

I migranti devono essere letti da noi come persone con pieni diritti, e gran-

de opportunità per il Bene Comune, integrazione di culture diverse, mano-

dopera anche qualificata a disposizione dei nostro sistema paese. Dobbia-

mo diffondere un clima di inclusione e coesione sociale, con particolare

attenzione a questi lavoratori che sono più fragili e in situazioni di diffi-

coltà, che per primi hanno sofferto la crisi economica.

3.3 Commissione welfare e famiglia

1. Politiche di welfare ripensate a favore della famiglia, non dell'individuo.

Centrale è la questione educativa. La famiglia è il soggetto primario della

società. Le politiche devono dare sostegno ai figli, la vera ricchezza del

Paese e del futuro, e conciliare i tempi di vita della famiglia con quelli del

lavoro, per permettere alle famiglia di svolgere il proprio ruolo educativo,

che non può essere delegato in toto alla società. Va promosso il protago-

nismo sociale della famiglia. Famiglia che deve però essere considerata e

tutelata in maniera globale, ossia in tutte le diverse condizioni e possibilità

di essere famiglia (es: conviventi, separati, persone single con figli a

9.

10.

13

Page 16: Bene comune

carico…), sempre nel rispetto della persona.

Perseguire politiche di coesione sociale e di integrazione. Non ci può esse-

re coesione sociale senza integrazione, da intendersi in senso lato e non

meramente legata solo all'inclusione delle fasce di immigrazione (con

particolare attenzione alle seconde generazioni), ma come integrazione

tra: fasce sociali, generazioni, categorie di lavoratori, centro e periferia,

pubblico e privato, laico e credente, etc.

La sussidiarietà non può significare solo essere il “tappabuchi” che conti-

nua a rispondere in una logica di emergenza. Si avverte la necessità di

ripensare la creazione della comunità sociale in cui promuovere il protago-

nismo sociale dei corpi intermedi (privato sociale, associazionismo e

imprese del terzo settore), che vanno riconosciuti. Devono poter entrare

nella società come protagonisti ed essere soggetti attivi delle politiche

sociali e non solo utilizzatori/fruitori degli spazi di azione offerti dalle poli-

tiche sociali.

L'individualismo porta spesso alla solitudine. Pensiamo alle numerose sto-

rie di sofferenza (vedi la crisi economica e la perdita del lavoro) che ci

mostrano persone sole di fronte alle fatiche di ogni giorno, che rimangono

addirittura invisibili nella società (non fanno notizia, e per attirare l'atten-

zione spesso devono ricorrere a gesti estremi). Si avverte il bisogno di

costruire socialità, di scoprire questi volti, di dare loro voce, per prevenire

queste forme di tragica solitudine. L'indifferenza è il male di oggi: non c'è

rete, non c'è comunità.

Passare dai diritti individuali ai diritti collettivi.

L'urgenza della laicità. Ciò significa essere capaci di dialogo e di confronto,

trovare mediazioni, possedere pensiero della diversità. Significa superare

il dogmatismo, per aprirci appunto al dialogo e al confronto, con l'obiettivo

di promuovere l'uomo. Il punto in comune che nessuno può mettere in

discussione è l'idea di uomo nella sua relazione con gli altri (per vivere

bene ciascuno di noi ha bisogno degli altri). In questo momento storico il

2.

3.

4.

5.

6.

14

Page 17: Bene comune

bene della comunità viene sottomesso al bene individuale. È necessario

quindi lavorare alla costruzione di legami sociali, di solidarietà, di cura, di

presa in carico dell'altro… che sono tutte le categorie della politica, intesa

come “la forma più alta della carità”.

7. C'è bisogno di cultura, di pensiero. Di formazione come presa di coscienza

della realtà. Di un pensiero laico socialmente connotato.

Fare associazione sia una “palestra” per poi relazionarsi nella vita di tutti i

giorni. Perché ciascuno impari a “fare un passo indietro per fare tutti un

passo avanti”, per dare spazio alle posizioni altrui. La sfida di ogni relazione

umana sta proprio nel superare la ricerca dell'uniformità e del personali-

smo, che portano all'individualismo e al fondamentalismo delle proprie

posizioni, per arrivare invece ad una sintesi delle posizioni, nella comples-

sità.

Responsabilità delle scelte che presuppone, innanzitutto, la coscienza del

dovere della scelta: si deve scegliere, si deve assumere una decisione, non

si può sempre rimandare o delegare responsabilità.

Le scelte devono poi avere come orizzonte il futuro: devono lasciare spazio

al futuro. Devono quindi essere sostenibili. Avere a cuore il bene comune

significa, quindi, pensare a delle proposte di sviluppo, pensare al domani, a

chi verrà dopo di noi, salvaguardando il creato che qualcuno a sua volta ci

ha consegnato. Etica di società del futuro.

3.4 Commissione coordinamento donne

Continuare a far crescere nelle donne la consapevolezza che possono e

devono essere protagoniste e assumere responsabilità.

Cogliere le differenze di genere con una tensione alla sintesi e alla crescita

nella reciprocità, anziché come limite oppositivo.

Di conseguenza, fare del valore della reciprocità il paradigma costante dei

nostri programmi e delle nostre scelte, non solo nei rapporti tra i generi,

ma anche nei rapporti con ogni altra identità e differenza.

9.

10.

8.

1.

2.

3.

15

Page 18: Bene comune

Ricercare e progettare un'alleanza con le associazioni di donne e non solo,

soprattutto con le nuove generazioni, in termini culturali e progettuali, sui

temi della condizione femminile, in particolare sullo sfruttamento del

corpo delle donne.

Vivere il corpo come possibilità di relazione arricchente, riscattandolo da

tutte quelle insidie che ne fanno di volta in volta uno strumento di dominio

e di asservimento, ma anche da quell'idolatria narcisistica della corporeità

e della fisicità che esaspera il proprio ego a danno di un'autentica comuni-

cazione.

Investire nella continuità generazionale per permettere la trasmissione di

vite e la comunicazione di storie, e spezzare la spirale di individualismo e di

autoreferenzialità che ci ingessa nel presente.

Vivere la questione dell'insufficiente rappresentanza femminile e delle

pari opportunità - in parte disattese - più come un deficit di democrazia

(che evoca il significato di un Bene Comune inattuato), piuttosto che come

una rivendicazione da lobby, pur se legittima (che evoca soprattutto l'im-

magine di una contesa di spazi e di visibilità).

Far emergere e valorizzare le dimensioni educative dell'impegno familiare,

lavorativo, sociale, e del lavoro di cura.

Sperimentare modalità di lavoro e di confronto con altri, per promuovere

la capacità di fare rete.

Promuovere dialogo tra le differenze, siano quelle tra donne, o tra culture

e provenienze diverse. Farsi promotrici di incontri tra donne native ed

immigrate.

3.5 Commissione politica

È appena stata inaugurata la nuova “Casa dello studente” che ospiterà

duecento studenti fuori sede. Il complesso, di proprietà comunale, senza

barriere architettoniche, comprende anche una sala per gli incontri spiri-

tuali, una palestra, una biblioteca e accesso ad internet gratuito. Il Comune

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

1.

16

Page 19: Bene comune

ha fatto una scelta per il Bene Comune? Perché?

La Giunta Comunale ha respinto il registro delle unioni civili affermando

che con questa scelta si tutela la famiglia vera. Gli amministratori comunali

hanno fatto una scelta per il Bene Comune? Perché?

Nel quartiere periferico che costituisce il confine ovest della nostra città

c'era un campetto d'erba dove gli immigrati si ritrovavano a tirare due calci

al pallone nel tempo libero. Il Comune ha deciso di ricoprire d'asfalto l'area

verde per tutelare la quiete pubblica. Il Comune ha fatto una scelta per il

Bene Comune? Perché?

Il Comune di Villa d'Almè (giunta di centrosinistra) ha recentemente posto

alcuni vincoli ad un bar affidato e gestito da una cooperativa di giovani

(che, alla fine, ha rinunciato alla gestione). Motivo: gli orari di apertura fino

a tarda notte e le continue lamentele di chi abita nelle case vicine. Gli

amministratori comunali hanno fatto una scelta per il Bene Comune?

Perché?

Il Comune di Bergamo ha recentemente negato il terreno per la costru-

zione di una nuova moschea. Qualcuno ha esultato in nome della neces-

saria difesa dell'identità cristiana. La maggioranza dei bergamaschi sono

cristiani. I mussulmani sono una minoranza anche all'interno del variegato

mondo dell'immigrazione. Il Comune ha fatto una scelta per il Bene Comu-

ne? Perché?

Recentemente molti Consigli Comunali, per la valorizzazione della nostra

identità culturale, hanno approvato mozioni in cui si invitano gli uffici pub-

blici ad esibire il crocifisso, simbolo per i cristiani, segno importante per

tutti coloro che vivono nell'Occidente. Gli amministratori comunali hanno

fatto una scelta per il Bene Comune? Perché?

Moltissime Amministrazioni Comunali della nostra provincia hanno deciso

di potenziare la sicurezza dei loro territori installando telecamere. A loro

dire, questo è ciò che viene chiesto dai cittadini e quindi con tale scelta

assecondano l'idea di Bene Comune della stragrande maggioranza della

popolazione.

2.

3.

5.

4.

6.

7.

17

Page 20: Bene comune

Dopo che le singole commissioni delle ACLI di Bergamo hanno stilato i dieci

punti ritenuti da ciascuna commissione prioritari in ordine al bene comune e

da perseguire nel presente e nel futuro immediato, queste riflessioni sono

state inviate a Emanuela Plebani, formatrice di professione, ma anche amica e

compagna di viaggio delle ACLI, alle quali ha dato un contributo prezioso e

convincente in buona parte della sua vita. Emanuela ha utilizzato questi punti

per costruire delle provocazioni e per aprire varchi di ulteriore approfondi-

mento e impegno, suddividendo il lavoro futuro in tre gruppi, che hanno ragio-

nato separatamente su tre punti:

a) la definizione di Bene Comune;

b) le risorse di cui si dispone per realizzare il maggior Bene Comune possibile;

c) gli stili attraverso cui possono inverarsi il concetto e il valore del Bene Comu-

ne.

Questo lavoro ha richiesto un notevole impegno riflessivo all'interno del Movi-

mento, che ha dato modo di riflettere e interrogarsi in merito a come le defini-

zioni, gli stili, le risorse in termini di bene comune, interpellino in modo esi-

gente ed attuale le tre fedeltà delle ACLI. La volontà è stata quella di dare una

traccia articolata del concetto di Bene Comune, perché in mezzo a tanta sem-

plificazione è la complessità che occorre indagare per giungere a delle defi-

nizioni che tengano conto delle varie facce del reale. Stanno anche qui la fatica

e la bellezza del pensiero aclista. È stato, però, poi necessario chiedersi come le

tre fedeltà acliste vengano costantemente interrogate dalla stella polare del

Bene Comune? Occorre una riflessione più mirata, più puntuale, più aggior-

nata, perché nulla è dato per scontato, e anche le nostre tradizioni, pur se

portanti e importanti, rischiano di cristallizzarsi e quindi di morire se non

vengono continuamente vivificate. Fedeltà quindi in movimento, a metà tra

4. Approfondimenti Relazione degli incontri con Emanuela Plebani.

18

Page 21: Bene comune

passato, presente e futuro, con l'obiettivo di riflettere sull'idea di Bene Comu-

ne che ogni fedeltà persegue: è un modo impegnativo e coraggioso di renderle

vitali ed esigenti nell'oggi della storia.

È importante, nel leggere la complessità, avere sguardi divergenti, creativi,

così come avviene nelle espressioni artistiche, anziché fermarsi solo a sguardi

ordinati, razionali, che non sempre rendono in modo fedele tutta l'articola-

zione della complessità. In questa direzione Emanuela Plebani ha consigliato

un testo ricco di spunti di riflessione, di cui si potrebbe far tesoro: Organizzare

l'altruismo, scritto a quattro mani da Mauro Ceruti e Tiziano Treu.

Le individualità non devono mai essere ignorate se desideriamo comunità

animate e vitali, ed è fondamentale tenere aperto un dialogo con le individua-

lità presenti nelle comunità se crediamo che la questione della complessità

non vada elusa, bensì districata con pazienza e coraggio. Ci può, ci deve essere

quindi sempre un di più di apertura, sforzi, stimoli, stratagemmi, per valorizza-

re le individualità che esprimono bisogni e valenze, che vanno in parte accolti

se vogliamo procedere in avanti attraverso sempre nuove sintesi. Diversamen-

te, sacrificando, coartando, semplificando troppo le diversità, si rischierebbe

di aprire il varco a soluzioni regressive, che rappresentano sempre uno scacco

e un impoverimento nella vita delle comunità.

Ricordiamo, inoltre, che un patto è qualcosa di più di una mediazione; in un

patto vi è maggiore attenzione alla qualità e all'impegno a coltivare terre di

mezzo, che vengono ritenute patrimonio di tutte le parti che stringono il

patto. Il rispetto e l'accoglienza devono diventare le parole d'ordine per chi si

accinge ad accompagnare e gestire le diversità e la complessità, ma il vigilare e

il saper attendere dovrebbero comunque precedere la nostra volontà di

rispetto e accoglienza.

Quali problemi, oggi, le tre fedeltà alle ACLI comportano in ordine al valore e

all'obiettivo del Bene Comune che intendiamo perseguire? Quali strategie,

quali risorse e quali stili attivare perché il Bene Comune si espliciti in ogni

campo affidato all'impegno delle tre fedeltà storiche delle ACLI?

19

Page 22: Bene comune

4.1 Appunti dai lavori sugli spunti di Emanuela Plebani

Seriate 10 Marzo 2010

Il Bene Comune deve contemplare sia l'esigenza del singolo individuo di veder

soddisfatti i propri i bisogni materiali e riconosciuta la propria dignità perso-

nale, sia l'esigenza più generale di vivere in una comunità in cui le persone

stiano bene insieme. Termini quali relazione, condivisione, servizio, cittadi-

nanza, responsabilità, consapevolezza sono sembrati i più adatti a definire il

suo significato.

Rispetto agli stili, in tutti i gruppi si è convenuto che per costruire Bene Comu-

ne, e quindi comunità, sia fondamentale da un lato valorizzare ciò che unisce,

ma dall'altro occorre evitare il pericolo di appiattire le diversità. Ne discende

allora la necessità di imparare l'arte dell'ascolto, che apre lo spazio all'altro e

rende significativo l'incontro. Mettere in comune se stessi è il primo passo per

andare in libera uscita dalle proprie nicchie culturali, rompendo quelle identità

cristallizzate che diventano vere e proprie prigioni.

Infine, le risorse da attivare per agire il Bene Comune sono state individuate

nella cultura, nelle grandi fonti della spiritualità - il Vangelo innanzitutto - e

nella valorizzazione della memoria storica.

Bergamo 14 Maggio 2010

L'obiettivo di questo secondo incontro è stato quello di approfondire il rap-

porto tra le tre Fedeltà storiche delle ACLI (Fedeltà alla chiesa, alla democrazia

e al lavoro) e il Bene Comune. Si sono formati tre gruppi ed ognuno ha appro-

fondito una delle tre Fedeltà.

Fedeltà alla Chiesa

I pastori faticano a leggere i segni dei tempi e ricorrono a prescrizioni desunte

dai principi piuttosto che offrire strumenti di discernimento. Hanno difficoltà

a riconoscere e valorizzare le competenze e il vissuto dei laici che, a loro volta,

20

Page 23: Bene comune

mostrano di essere troppo sottomessi nel rapporto con la gerarchia. Per fare

fronte a questa deriva, si deve investire in modo prioritario sull'educazione

delle coscienze, offrendo strumenti di discernimento e dando vita a percorsi di

valorizzazione delle competenze laicali.

La Chiesa deve collaborare con le istituzioni, le associazioni e la comunità civile

nel suo insieme. Rispetto agli ardui problemi che l'epoca moderna presenta,

le soluzioni pratiche non possono esser desunte immediatamente dal Vange-

lo, ma occorre un cammino il più possibile partecipato con altri soggetti, per

trovare risposte adeguate alla complessità dell'umanità e delle questioni. Alla

Chiesa, ma in generale a tutti i credenti si chiede una maggiore capacità di

ascolto, di misericordia e di silenzio di fronte alla fragilità umana e una mag-

giore umiltà nell'offrire risposte.

Fedeltà alla democrazia

Assenza di partecipazione, individualismo esasperato, fuga dalla responsa-

bilità e mancanza di progetti di ampio respiro sono individuati come i mali che

affliggono la vita politica delle nostre comunità.

I partiti devono recuperare il ruolo di collante tra cittadini e istituzioni tornan-

do ad essere luoghi di elaborazione delle idee. Per questa ragione va recupera-

to il legame tra i candidati e il territorio, condizione essenziale per un reale

atteggiamento di ascolto dei bisogni delle persone e di condivisione delle

scelte politiche.

Fedeltà al lavoro

La riforma Biagi sulla flessibilità nel lavoro, introducendo anche altre modalità

di rapporto lavorativo (contratti a progetto, a tempo determinato, assunzione

tramite cooperative, figure atipiche di lavoratori) oltre alla delocalizzazione

delle aziende e quindi del personale, ha frantumato la comunità di fabbrica e

diversificato obiettivi, aspettative ed esigenze dei differenti gruppi di lavo-

ratori, ed ha prodotto di fatto un approccio più individualista alla contratta-

21

Page 24: Bene comune

zione e ai problemi del lavoro dipendente in genere.

Il contesto di crisi attuale non ha fatto altro che accentuare questo difetto di

fondo ed ha paradossalmente accentuato la chiusura egoistica in un momento

in cui la solidarietà avrebbe potuto dare sostegno e tutela.

22

Page 25: Bene comune

Dopo aver posto lo sguardo sul Movimento, si è deciso di estendere lo sguardo

al Paese nel suo complesso, prendendo spunto dal libro di Enzo Bianchi Per

un'etica condivisa, che tanto dice e suggerisce a questo nostro tempo, attra-

versato da animi, spiriti, intelligenze, cuori armati anche su quei temi, definiti

eticamente sensibili, che forse esigerebbero un supplemento d'anima, di

volontà, di comprensione e anche di compassione, nel senso di “patire con”,

piuttosto che di quel vociare schierato e scontato che tanto ci assorda. L'esito

inevitabile è la crescente insofferenza e il crescente distacco, anziché quel tra-

mestio di coscienze che si vorrebbe provocare.

Abbiamo affrontato questi temi mettendo in dialogo Monsignor Lino Casati,

nostro maestro e compagno di viaggio da tanti anni, e la professoressa Barba-

ra Pezzini, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di

Bergamo. Di seguito la relazione dell'incontro.

I cristiani devono riconoscere e valorizzare l'appartenenza ad un'unica uma-

nità piuttosto che ricercare maggioranze e visibilità, altrimenti rischiano di

arrivare tardi ai vari appuntamenti della storia e rischiano, inoltre, di perdere

la compagnia degli uomini e delle donne del loro tempo, vero obiettivo e

sostanza del loro impegno. Obiettivo e sostanza del loro impegno infatti è

l'essere vicinanza significativa e propositiva di percorsi, con umiltà e speranza,

nell'accoglienza dell'esperienza e dell'umanità che i compagni di viaggio pro-

pongono ai cristiani con altrettanta ricchezza, aggiungendo ulteriori elementi

alle loro direzioni di marcia. Diventa allora centrale il peso delle parole e dello

stile, tenendo presenti alcune puntualizzazioni, ovvero che l'arte del dialogo

non coincide con la retorica raffinata, anzi, potremmo definire il dialogo quasi

un cammino sacro, e che lo stile importa quanto il messaggio. Al cristianesimo

servono testimoni, non testimonial. Non bisogna confondere la Buona Novella

con lo scoop. Fatte queste doverose premesse, iniziamo il nostro dialogo con la

5. Per un'etica condivisa in nome del bene comune

23

Page 26: Bene comune

seguente domanda: È ancora possibile un confronto nella mitezza?

Pezzini: Ci vuole l'ottimismo della volontà per credere possibile un confronto

nella mitezza nel presente o nell'immediato futuro. Accettando il vostro invito

(e mi è piaciuta molto l'espressione usata nella lettera di invito, rivolto a

“soggetti pensanti che hanno percorsi culturali differenti”) ho implicitamente

accettato di entrare in questo dialogo con l'identità di “non credente”, anche

se, da questo punto di vista, non avendo mai fatto pubbliche professioni di

ateismo, mi sento definita “per sottrazione”, vale a dire per il fatto che non

agisco (da credente) nella sfera pubblica. Mi riconosco, comunque, in questa

definizione, sia pure, per così dire “provvisoriamente”, per quanto è necessa-

rio ad accettare il dialogo oggi proposto. Vorrei aggiungere, tuttavia, che più

che di precisare “identità”, avverto il bisogno di intraprendere percorsi di

“identificazione”, che presuppongono identità non statiche, ma in movimen-

to, continuamente ridefinite in un processo dinamico. In questo contesto, il

peso delle parole e dello stile diventa fondamentale.

Casati: È vero, occorre avere coscienza che ogni identità è sempre in divenire,

prima di intraprendere percorsi di questo tipo. E il criterio dell'etica condivisa

non trova oggi sicuramente immediato pubblico e plauso. Il fatto che ci si inter-

roghi su una questione, tuttavia, sta a significare che in qualche forma tale

questione è già presente nella sensibilità e negli interessi di alcune persone.

Certamente in molte parti del mondo gli uomini non si rispettano, non si parla-

no, non si incontrano, addirittura si uccidono, ma ancora in altre parti del

mondo continuano a parlarsi, ad ascoltarsi, a operare confronti e comunicazio-

ne di idee, cose, esperienze. “Beati i miti perché erediteranno la terra”, leggia-

mo nel Vangelo. Sta a significare che i miti non si procurano la terra solo con i

loro meriti e con il loro sforzo. I miti hanno la pazienza e la sapienza di saper

aspettare e rispettare, e vivono questa attesa nell'operosità. Il dialogo è la

ricerca della verità attraverso la relazione, nella convinzione e nella tensione

24

Page 27: Bene comune

che quello che si dice tocchi l'altro, anche la verità dell'altro. Pertanto il dialogo

è anche ricerca di ciò che è comune a due o più interlocutori. Il cristianesimo

propone uno stile, un particolare modo di essere in relazione, anzi, potremmo

dire che il Vangelo sia la storia di una relazione. L'attenzione all'umano è costi-

tutiva del Vangelo. Pertanto l'uomo che abbraccia il Vangelo non può che

intendere il dialogo come cammino e confronto mite, un essere “con” per

essere “per”. Infine c'è da porre attenzione all'importanza delle regole, fonda-

mentali nella convivenza umana, e avere consapevolezza che nessun tema

forte ci tocca solo singolarmente, ma investe nel contempo i rapporti tra le

persone.

Nella stagione del disincanto della politica, analogo al disincanto della religio-

ne, la religione risorge soprattutto come forza identitaria ed etica, che la rende

più facile preda di forze politiche che vogliono sfruttarla a proprio vantaggio.

Due allora le grandi tentazioni: una l'apoditticità della fede, cioè il desumere

direttamente dal Vangelo le traduzioni pratiche sia nella vita personale che

comunitaria, con l'esito inevitabile dell'integralismo e del clericalismo (a tale

proposito va con forza sottolineato che l'altra faccia della religione dialogante

è l'integralismo e il clericalismo, entrambi da combattere in quanto virus della

religione), l'altra la fede declinata come religione civile, cioè come un tutt'uno

con la cultura e con le leggi di un Paese, con l'esito inevitabile dello scambio e

del compenso politico. A tale proposito, ci viene in soccorso un ammonimento

del Vangelo: ”Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso

modo agivano i loro padri con i falsi profeti”. Ma per un'etica condivisa, non è

allora auspicabile il ritorno ad un ruolo profetico della Chiesa, quindi pre-

politico, pre-giuridico, pre-economico, lasciando al confronto democratico tra

credenti e non credenti le soluzioni tecniche ai vari problemi che si esprimono

nelle leggi di uno Stato?

Casati: La religione va pensata come preziosa opportunità in quanto strumen-

25

Page 28: Bene comune

to efficace per dare ricomposizione e unità alla vita delle persone. Certamente

diviene meno preziosa quando si circoscrive in una logica di mera privatizza-

zione dell'esistenza umana. La laicità è lo spazio della ricerca di ciò che è

comune, non tanto prescindendo dalle proprie convinzioni e radici, astraen-

dosi da ciò che si è, ma cercando di fare intrecciare le varie identità. Il compito

della Chiesa è di annunciare Cristo morto e risorto, tenendo vivo il significato

cristallino di una relazione originaria. Ci deve essere tensione continua tra il

piano della profezia e il piano sapienziale, dove si colloca la ricerca del maggior

bene comune possibile. Da qui discende la possibilità di compromesso, ma

anche la volontà di rispetto, la capacità di pazienza, l'attenzione a leggere

l'esperienza antropologica dell'uomo nelle sue molteplici espressioni. Ma nel

contempo ci deve accompagnare la consapevolezza di essere sempre figli del

tempo in cui si vive, quindi culturalmente collocati, e la consapevolezza che sia

già Vangelo l'interpretazione di ciò che l'uomo sta vivendo in un preciso con-

testo e lo sforzo per compiere gesti personali e sociali, di autentica umanità e

servizio all'uomo.

Pezzini: Personalmente condivido la suggestione a preferire un ruolo profetico

della Chiesa, rispetto ad un ruolo direttamente politico (giuridico o econo-

mico), ma già nella traccia proposta mi sembra una prospettiva ampiamente

condivisa, su cui non è necessario insistere. Preferisco, allora, sottolineare che

l'auspicio di incontrare una Chiesa che sia capace di provocazioni profetiche è

ciò che rende per me interessante il dialogo tra credenti e non credenti. Avver-

to la necessità di una Chiesa che indichi un orizzonte ulteriore, capace di spin-

gersi più in là in ogni tempo della storia, capace di radicalismo (la Chiesa e la

dimensione religiosa, per fare un esempio, che emergono nella lettera di Don

Milani a Pipetta). Siamo troppo immersi nel presente ed è una grande sfida la

possibilità di incontro con chi ci provoca a guardare sempre oltre. Si avverte

profondamente il bisogno di stimoli e provocazioni che ci conducano oltre i

confini già delineati.

26

Page 29: Bene comune

Contemporaneamente, sul piano del confronto, avverto anche il bisogno di

risorse indirizzate all'esercizio di un “diritto mite” (nel senso in cui ne parla

Zagrebelsky); spazi di confronto democratico, secondo la logica istituzionale

che prevede la centralità del Parlamento, sede massima in cui si discute e ci si

confronta, ci si divide, si argomentano le posizioni culturali e politiche espresse

dai partiti, piuttosto che secondo la logica istituzionale del Governo decisio-

nista maggioritario, che risolve le questioni controverse imponendo un

“comando”. Il confronto democratico e la logica della centralità del Parlamen-

to sono le dimensioni istituzionali in cui non si scontrano identità (per stabilire

chi vince e comanda), ma si svolgono processi di identificazione, in cui pezzi di

identità si ricompongono e si ridefiniscono. Se prendiamo a riferimento la que-

stione del crocifisso (della esposizione nei luoghi pubblici, come le scuole o le

aule di tribunale), di cui oggi si dibatte, l'imposizione per atto dell'autorità, che

ha come prezzo di ridurli a mero simbolo culturale, è il contrario del diritto

mite. Senza contare che l'imposizione di un simbolo così fortemente connota-

to ribadisce continuamente la minorità sociale di chi lo subisce, impedendo di

prendere sul serio la pari dignità sociale (se sono minoranza, forse non conto

oppure ho un minor valore).

Ciò di cui avremmo davvero bisogno è la costruzione di un contesto in cui sia

possibile un approdo condiviso, qualsiasi esso sia, maturato attraverso un vero

confronto culturale, senza esiti prefigurati, senza identità predefinite. Al con-

trario, ci è ben presente il rischio della cristallizzazione della logica amico/ne-

mico e della strumentalizzazione, della doppia morale degli “atei devoti”. Si

assiste oggi ad un eccessivo dibattito sulle radici. Ma è soprattutto sui frutti

che si verrà giudicati. Ci chiediamo allora se anche questa affermazione possa

costituire una strada maestra o comunque una strada possibile per pacificare

animi e cuori delle persone in ricerca. Certamente l'enfasi sulle radici allontana

il dialogo. Sui frutti, al contrario, è più facile il confronto. Puntare quindi su una

messa in comune dei frutti per un dialogo fecondo, a cominciare dai frutti della

nostra Carta Costituzionale. La dignità sociale di cui parla la Costituzione

27

Page 30: Bene comune

all'art. 3 è il “frutto” che ha già comparato gli esseri umani rifiutando ogni

eccedenza e gerarchia di valori tra di loro, conducendoci all'uguaglianza come

principio che agisce contro ogni stigmatizzazione, contro ogni subordinazione,

contro ogni discriminazione. È quindi opportuno partire dalle persone, capaci

con le loro idee e le loro esperienze, di tessere incontri creativi e proficui attor-

no ad una mensa comune.

Casati: La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, pur essendo univer-

sale, è particolare. Ma può essere accolta anche da culture che hanno radici e

forme diverse. Questo vuol dire che si può dialogare e riconoscere possibilità

comuni sui frutti pur partendo da radici diverse. Saranno i frutti dunque a rea-

lizzare una possibile etica condivisa, anche se non bisogna ridurre le radici ad

oggetti discriminanti. Le radici ci rimandano ad un orizzonte culturale di inter-

pretazione del senso della vita e sono fondamentali; si sbaglia, però, quando vi

si mette troppa enfasi. Le radici, su cui poggiano le varie culture, cercano di

rispondere ai vari e profondi interrogativi dell'umano, ad esempio, come si

cresce, come si ama, come si soffre. Il tema delle radici ci rimanda al tema dei

legami, che sempre dobbiamo riconoscere presenti nella nostra vita. Innanzi-

tutto siamo debitori di un legame in quanto persone, in assenza del quale

saremmo solo individui costretti a continue pattuizioni, perché non allenati a

riconoscere ciò che ci lega insieme da sempre e in ogni momento della nostra

storia.

Non è sufficiente, inoltre, relegare i grandi problemi al dibattito parlamentare;

essi esigono anche un discernimento personale e comunitario per indagarne il

senso e questo cammino di ricerca deve contribuire ad accompagnare e ali-

mentare il dibattito parlamentare, cui spettano le decisioni che si esprimono

nelle leggi. Oggi più di ieri siamo chiamati alla scelta di imparare ad incontrarci

a partire dalla vita quotidiana. Ricominciare a conoscersi, ri-conoscersi, par-

larsi, cercando il più possibile di condividere: è questa la precondizione per

fondare su basi sufficientemente solide percorsi come quello su cui oggi stia-

28

Page 31: Bene comune

mo dibattendo.

Quali avvertimenti (consigli fraterni) vi sentite di offrire come cristiano a un

non credente? E viceversa, quali avvertimenti (consigli fraterni) vi sentite di

offrire come non credente a un cristiano?

Casati: Occorre più che mai cogliere l'opportunità di lasciarci provocare dalle

persone che vivono il nostro tempo, consapevoli che ci può essere anche il

momento in cui sia preferibile il silenzio delle parole, ma non l'assenza della

carità, la quale può operare anche nel silenzio come dice Benedetto XVI nella

Deus Caritas est al n.31. La vita delle persone non può essere ridotta solo a una

lotta incessante per il denaro e il potere; spesso la ricerca, il dibattito sulle

questioni di senso sono centrali nella vita delle persone.

Oggi presso molte persone prevale la tendenza a concepirsi come singole indi-

vidualità che solo successivamente contraggono legami e creano rapporti.

Invece va ribadito in ogni occasione possibile che il legame ci costituisce fin

dall'inizio della nostra individualità e ciò che abbiamo ricevuto fin dall'inizio

della vita entra a far parte importante della nostra identità. In questo all'origi-

ne di noi c'è il dono e la relazione che altri hanno avuto (e continuano ad avere

con noi). Tale realtà non possiamo ignorare o eludere. Va coltivato il ruolo pro-

fetico dei cristiani, ma nel contempo anche il ruolo sapienziale, che li induce a

perseguire in ogni tempo e in ogni situazione il maggior bene comune possi-

bile. Nondimeno va riconosciuta e apprezzata la concretezza di quanto già c'è,

che anche qualora avesse un grande valore non potrebbe mai avere la presun-

zione di un traguardo raggiunto, perché nella logica del Vangelo ogni realtà

umana terrena è sempre fragile e bisognosa di continua conversione.

Pezzini: Interpreto questo invito a dare consigli fraterni come sollecitazione ad

individuare alcuni temi che più di altri potrebbero costruire condizioni favore-

voli al dialogo; in questi termini, non mi sottraggo alla richiesta.

29

Page 32: Bene comune

Il primo invito è a sfuggire la tentazione del comunitarismo: non etichettare e

non etichettarsi, che non significa affatto dover rinunciare all'esperienza della

propria comunità, tutt'altro, richiede di viverla pienamente ricordando però

che è solo un sotto-insieme; il vero dialogo avviene non tra comunità, ma tra

esseri umani. Il secondo invito è a centrare l'impegno sull'etica delle relazioni,

che potrebbe essere un terreno fecondo comune per cristiani e non credenti.

A patto di cogliere la sfida portata dal femminismo, la sfida della cultura di

genere (un territorio mobile per definizione, in cui la risposta non può che

essere il dialogo), con una rinnovata attenzione alle dinamiche della sessualità

e della corporeità, che, dando alla dimensione relazionale una concretezza

non disincarnata, potrebbe rivelarsi un'opportunità preziosa. Il terzo invito è

alla rinuncia ai “privilegi” di una tradizione (penso alla messa in discussione

dell'insegnamento confessionale nella scuola pubblica, al matrimonio concor-

datario e, come già detto, ai simboli religiosi nei luoghi pubblici).

Considerazioni finali.

Pezzini: La consapevolezza della fragilità dell'uomo ci deve costantemente

accompagnare anche nelle riflessioni che proponiamo, se vogliamo che siano

il più possibile aderenti alla realtà delle persone in ogni tempo. Ma anche il

tema del lavoro deve essere assunto come prioritario, con l'attenzione a ride-

finirne ad ogni cambio d'epoca gli aspetti antropologici e di scenario. È impor-

tante tenere alimentata in modo costante la critica alle logiche individuali-

stiche, mercificanti e mercantilistiche che soffocano la nostra società. Collega-

to a questo tema vi è quello della domenica, che per nessuna ragione dobbia-

mo accettare diventi uno spazio mercificato o mercificabile alla stregua degli

altri giorni della settimana.

Questi sono alcuni degli argomenti di portata capitale, che possono favorire

l'incontro tra persone con idee e sensibilità diverse nella comune impresa di

un'etica condivisa. La direzione deve essere quella di non precostituire sintesi,

30

Page 33: Bene comune

bensì quella di uno sforzo costante al dialogo, accompagnato dal sano realismo

di prevedere anche solitudini come inevitabili passaggi intermedi.

Casati: La fede spesso è tentata di ridursi a pratica religiosa o morale. Invece,

deve esserci tensione continua fra la fede e le pratiche religiose e morali nelle

quali la fede pure necessariamente si esprime. Se viene meno questa tensione

si affaccia il rischio di una pratica religiosa senza fede, cioè di una paradossale

“idolatria religiosa”. La tensione continua non appiattisce, ma alimenta l'ascol-

to e la comunicazione.

I quattro Vangeli sono già testimonianza di una verità su Dio e sull'uomo resa in

forme diverse, e questa consapevolezza dovrebbe anche esortarci a chiedere,

stimolare, alimentare un'opinione pubblica nella Chiesa come primo passo di

un confronto più ampio. Già Pio XII auspicava il ricrearsi di un'opinione pubbli-

ca all'interno della Chiesa, dove sarebbe salutare una dose maggiore di dialet-

tica, di confronto a servizio di una crescita pienamente umana del popolo di

Dio. Pure all'interno della grande fatica della comunicazione sarebbe un gran-

de segno di speranza se tra credenti, non credenti e persone con credo diversi

ci fosse la volontà di ricercare insieme, a partire dal quotidiano, ciò che è vero,

buono, giusto, meritevole pertanto di rispetto e di promozione dell'uomo. Ma

anche il saper valorizzare i luoghi in cui si discute o si può discutere darebbe

l'idea immediata di una volontà di cammino comune che favorirebbe l'incon-

tro.

Già l'intenzione di interrogarsi insieme sul perché dare la vita, perché valga la

pena di vivere e di accogliere la vita, potrebbe costituire uno dei primi passi di

un percorso scelto nell'obiettivo di un'etica condivisa. Ricordiamoci che in un

cammino di ricerca è importante avere coscienza che spesso da un frammento

si coglie la totalità. Pertanto il frammento va indagato per percepire la totalità

cui il frammento rimanda. Impariamo quindi ad osservare e ad ascoltare i

segni, i gesti, le parole, le storie, gli eventi, che singolarmente e in relazione tra

loro alludono già a una verità più piena.

31

Page 34: Bene comune

Nel corso del suo intervento al Congresso Provinciale delle ACLI di Bergamo nel

2008, Luca Jahier ci invitava a migrare dal Novecento non come nomadi senza

meta, ma come pellegrini con una bisaccia leggera. E questa bisaccia avrebbe

dovuto contenere alcuni strumenti essenziali per segnare la rotta: la Dichiara-

zione Universale dei Diritti dell'Uomo, la Costituzione Italiana, il tema del lavo-

ro e, infine, il tema dell'Europa, ovvero il più grande progetto di pace che si sia

mai potuto realizzare. L'Europa, forse, non fa ancora parte in modo chiaro

dell'identità che ci riconosciamo, eppure non dimentichiamolo, tutti noi siamo

titolari di una doppia cittadinanza: siamo cittadini italiani e siamo cittadini

europei. Anzi, sarebbe bello poterlo dire così: siamo cittadini europei e siamo

cittadini italiani, anche se è comprensibile che prioritariamente venga percepi-

ta l'identità nazionale. Noi non siamo chiamati ad accompagnare le persone

solo lungo la via dell'oggi, ma anche ad intravedere scenari, altrimenti man-

cheremmo al nobile compito di prenderci cura delle persone e soprattutto

perderemmo la grande sfida educativa di trasportare il futuro nel presente.

Tornando al tema dell'Europa, è bene sottolineare che da questa crisi si uscirà

solo a condizione che si investa in più Europa, non in meno Europa. L'Europa è

in crisi perché qualcuno lavora per farla percepire come un rischio, piuttosto

che come un vantaggio. E il nostro impegno deve essere proteso a farla sentire

come l'unico vantaggio oggi possibile per l'Italia e per i Paesi europei che

hanno stretto quell'alleanza di pace che si chiama Unione Europea.

Nel nostro lavoro in preparazione della settimana sociale dei cattolici di otto-

bre a Reggio Calabria, dal tema “Cattolici nell'Italia di oggi - Un'agenda di spe-

ranza per il futuro del Paese”, che per le ACLI comporta l'impegno ad approfon-

dire le ragioni, le risorse, le prospettive del Bene Comune in Italia, abbiamo

opportunamente pensato che oggi, pensare al destino dell'Italia sganciato dal

6. Il bene comune in Europa: la scommessa del trattato di Lisbona.

32

Page 35: Bene comune

contesto europeo, se non proprio mondiale, rappresenti un anacronismo

inconcepibile. «I veri illusi sono coloro che si illudono che lo Stato resti sovrano

assoluto» immaginava nel secolo scorso Carl Schmidt. Eppure i fatti sono

chiari: più della metà delle decisioni che determinano la nostra vita quotidiana

non sono più assunte nello spazio nazionale, ma in quello europeo e l'Europa

è imprescindibile non solo dove vi è stato trasferimento di sovranità (moneta,

commercio, frontiere), ma anche in materie gelosamente custodite dagli Stati,

come clima, energia, immigrazione, politica estera.

Luca Jahier ci aiuta a capire quale importanza ha avuto l'entrata in vigore del

Trattato di Lisbona, tappa fondamentale nel cammino di integrazione dell'U-

nione Europea.

6.1 Relazione di Luca Jahier

Sono sempre onorato di ritornare a Bergamo, e soprattutto, sono riconoscente

perché mi avete fatto un grande regalo. Siamo in un tempo in cui molte parole

vengono sprecate, vengono urlate, non contano nulla e allora a volte uno si

chiede se vale la spesa di prepararsi, non tanto per fare colpo con le parole che

si dicono, ma per cercare di lasciare qualche traccia del proprio incontro alle

altre persone. Quando uno si rende conto che, a distanza di qualche anno,

qualcuno che aveva preso appunti ricorda le cose che sono state dette, credo

che questo sia uno dei ringraziamenti sostanziali più grossi, è per questo che vi

sono riconoscente.

Mi avete chiesto di riflettere sull'Europa e di cercare di collegare questa parola

con un'altra parola impegnativa - Bene Comune - collocando il tutto in due sce-

nari. Il primo, quello concreto che tocca anche molte delle nostre famiglie ed è

quello della crisi, e quindi, del passaggio che stiamo vivendo e che tutti siamo

portati a leggere come “sacrificio, fatica, disoccupazione, caduta dei redditi,

debito pubblico, finanziarie di lacrime e sangue, macelleria sociale” per usare

alcuni termini. L'altro scenario é quello della preparazione, come cattolici, alle

prossime settimane sociali di Reggio Calabria, tenendo conto che il comitato

33

Page 36: Bene comune

scientifico preparatorio ha reso pubblico un documento che, a differenza del

passato, é stato scritto dopo un lungo itinerario fatto di incontri sul territorio a

livello nazionale, nelle diocesi, con i movimenti e le organizzazioni, tra cui

anche le Acli.

La prima domanda a cui vorrei provare a rispondere è se l'Europa é di per sé un

Bene Comune. La seconda é se questa Europa é percepita dall'opinione pub-

blica e custodita dai politici come tale, e quali siano le sfide in questo tempo di

crisi.

Veniamo al primo quesito. L'Europa é un Bene Comune, é un bene da ricono-

scere come tale. Credo che la prima considerazione da fare sia che i maggiori

benefici di questa costruzione - che noi chiamiamo Unione Europea - siano di

fatto invisibili. Molti ricordano ancora come esperienza concreta quando alle

frontiere si passava esibendo i documenti. Oggi non ci rendiamo nemmeno più

conto di questa difficoltà, ma pensiamo a quanto siamo infastiditi dalle barrie-

re che dobbiamo superare negli aeroporti, non per ragioni di frontiera ma di

sicurezza.

In generale si può dire che la pace, la prosperità, l'abbattimento delle frontie-

re, la scomparsa del nemico sono ormai beni scontati. Non lo erano ses-

sant’anni fa e sessant’anni sono un periodo piuttosto breve nei cicli storici. Ci

sono zone in Europa che hanno vissuto molti conflitti e i loro abitanti hanno

cambiato più volte cittadinanza nel corso della loro esistenza: ancora oggi se si

va in alcuni punti caldi d'Europa, per esempio a Strasburgo, o a Saarbruchen in

Germania, nell'Alsazia, nella Lorena ci si rende conto ancora del peso dell'odio

che le persone hanno ereditato dal passato. È morto, l'altro ieri, il leader del

Süd Tiroler Volkspartei. Forse questa morte lascia alcuni di noi indifferenti ma

per altri il suo partito ha rappresentato bombe e terrorismo in nome delle

rivendicazioni autonomiste.

Altri esempi sono la zona di frontiera della Bosnia con la Croazia e la Serbia,

Belfast, Bilbao.

L'Europa negli ultimi decenni ha costruito un cammino di pace, di prosperità,

34

Page 37: Bene comune

di assenza di guerra, di abbattimento delle frontiere. Per non parlare della

ricomposizione tra le due Europe divise da un muro e da una cortina di ferro,

che ha visto l'Europa lavorare a favore della democrazia nei paesi dell'Est ma

se riuscissimo a leggere i giornali ungheresi o slovacchi, sembra di ripiombare

nel Quaranta, perché è chiaro che i vecchi conflitti non sono superati in questi

due stati membri. Lungo è stato il cammino percorso ma i benefici di questa

Europa in fondo sono invisibili: la pace, la prosperità, il benessere, la libertà di

movimento, l'uniformazione degli standard dei diritti sociali, di protezione, di

tutela dei lavoratori, della famiglia, delle persone, dei minori… Questo vale

dalla Svezia a Malta, dal Portogallo a Danzica, e vale nei tre paesi che sono stati

rasi al suolo sotto l'Unione Sovietica e cioè la Lettonia, l'Estonia, la Lituania.

Tutto questo é frutto di una costruzione lenta e faticosa. È frutto di un processo

che spesso ci fa discutere ed esprimere preoccupazione perché la democrazia

é caotica, disordinata, ma sappiamo anche che a nessuno di noi piacerebbe

tornare sotto l'ordine delle dittature che pure hanno caratterizzato e costituito

per lunghissimo tempo la realtà di alcuni grandi paesi oggi parte dell'Unione

Europea e, prima ancora di pensare a quelli di oltre cortina, pensiamo alla

Spagna, al Portogallo, alla Grecia dei colonnelli. Questa Europa senza imbrac-

ciare le armi é riuscita a costruire un percorso di pace, di integrazione e di pro-

gresso quasi unico nella storia del mondo basato su tre grandi direttrici: la

libertà “di” (parola, riunione, stampa, professione religiosa, voto), la libertà

“da” (dalla povertà, dalla paura) e la libertà “per”. Tutta la costruzione euro-

pea, dall'atto fondativo nella dichiarazione di Schumann al trattato di Lisbona,

costituisce una libertà “per”: per un progetto, un progetto che immagina di

estendere la libertà agli altri, alle generazioni future includendo anche chi sta

fuori dai nostri confini.

Ora una grande idea di libertà è rimasta come matrice nelle lotte di liberazione

nei paesi dell'Est. Potremmo quasi definire l'Europa come un grande “progetto

di libertà responsabile e sostenibile”. Libertà responsabile, nel senso che si é

35

Page 38: Bene comune

fatta carico della responsabilità del futuro, per governarlo insieme, per ren-

derlo compatibile, per garantire il processo; libertà sostenibile nella progres-

sività delle politiche attuate. L'Europa non ha mai cercato la rivoluzione glo-

bale, costruendo delle solidarietà di fatto intorno a problemi molto concreti e

applicando, ancor prima di teorizzarlo, il principio della sussidiarietà. Vorrei

ricordare il primo atto istituzionale di questa grande costruzione europea che

fu la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio), istituzione che oggi,

avendo concluso il suo compito, si é dissolta e gli impegni restanti sono entrati

nei compiti ordinari dell'Unione Europea. La CECA fu istituita per costruire la

pace intorno alle due grandi produzioni industriali per cui ci si era combattuti:

il carbone e l'acciaio. Le grandi industrie del carbone dovevano essere ristrut-

turate e soprattutto tutto il grande sistema della siderurgia legata alla produ-

zione dell'acciaio con finalità bellica presente nel bacino della Ruhr, sia di parte

francese che tedesca, andava riconvertito. Tutto questo avrebbe avuto dei

costi industriali e dei costi sociali enormi, in termini di disoccupazione. L'intui-

zione fu quella di far diventare la grande riconversione un'opera comune, da

gestire insieme facendola diventare la prima pietra di una riconciliazione. Il

processo politico accompagnò questa grande riconversione. Furono investiti

soldi e fu istituito il Comitato consultivo della CECA, da cui trae origine, tra

l'altro, il comitato economico sociale europeo che era costituito dai padroni

delle acciaierie e delle industrie del carbone, e rappresentante dei lavoratori

che partecipavano alle discussioni nei progetti di riconversione industriale

sociale.

Nel 1950 fu una straordinaria intuizione la progressività delle politiche e la

sussidiarietà. Anche la politica agricola comune ha accompagnato la fondazio-

ne dell'Europa. L'atto fondativo della PAC fu una grande intuizione del Gene-

rale De Gaulle, il quale affermò che non era dato a nessuno di essere autono-

mo e indipendente se non controllava ciò che mangiava. L'Europa di allora

mangiava ciò che gli stati Uniti ci fornivano secondo il piano Marshall. Occorre-

va ricostruire l'autosufficienza alimentare e la sicurezza alimentare nel conti-

36

Page 39: Bene comune

nente. Su questo presupposto nacque la PAC, non per difendere interessi cor-

rotti di qualche produttore ma per riaffermare un'indipendenza europea. Si

potrebbe ricordare anche un'altra straordinaria operazione politica: il fondo

sociale europeo é stato un importante strumento di solidarietà del continente

che ha permesso di accompagnare i processi di trasformazione, di solidarietà

di fatto, di integrazione che é stata tutta la negoziazione dell'integrazione dei

paesi ex comunisti all'interno dell'Unione Europea.

Di fronte a queste considerazioni non si può che rispondere in senso affermati-

vo al quesito se l'Europa sia o no un Bene Comune. L'Europa è un bene che va

riconosciuto, raccontato e difeso perché prezioso.

Oggi molti capi di Stato europei imputano all'Europa tutte le colpe della crisi

internazionale perché non ha controllato e vegliato, confermando la pessima

abitudine di scaricare le responsabilità. Questo mi introduce nel problema più

ampio del ragionare su quali siano oggi le sfide di fronte alla crisi e di risponde-

re al secondo quesito posto all'inizio della serata.

Il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo dell'insieme dei Paesi della zona

euro, oggi é superiore al doppio del parametro che era stato definito nel tratta-

to di Maastricht: siamo al 6% e l'Italia non é tra i paesi meno virtuosi col suo

5,3%. La Finlandia, la Germania, l'Italia, l'Austria, Malta e Belgio hanno un

parametro intorno al 5%, altri paesi hanno un parametro molto superiore. La

Francia é all'8%, il Portogallo all'8,5%, la Spagna al 9,8%, l'Irlanda all'11,2%, la

Grecia al 9,3%, la Gran Bretagna al 12% .

A fianco di questo vi é un altro parametro che è la crescita smisurata del debito

pubblico. Un caso che pensavamo solo italiano e belga, invece la media del

debito pubblico in tutta Europa supera l' 80% del Pil: siamo 20-25 punti sopra il

parametro del 60%. La Germania, la Francia, si avvicinano al 100%.

In termini di crescita con la crisi abbiamo avuto in due anni una perdita di 6-7

punti di prodotto interno lordo. La stima, anche la più alta in sede OCSE e cioè

in sede monetaria di crescita dell'Europa é inferiore all'1%. Questo vuol dire

che solo per ritornare alla condizione di benessere, o più precisamente alla

37

Page 40: Bene comune

crescita del PIL che avevamo 2 anni fa ci vorranno dieci anni.

In un periodo in cui il debito pubblico e la spesa corrente annua crescono

rispetto alle entrate è necessaria una crescita economica reale, non drogata

dagli incentivi e dai sussidi, che faccia da contraltare. Il mercato è additato

come il grande nemico, ma io non so se i mercati abbiano realmente l'obiettivo

politico di abbattere l'Europa sociale. Chi opera sui mercati ha l'obiettivo di

fare quanti più soldi possibile con il minor costo. Credo piuttosto che la respon-

sabilità sia della politica nella sua incapacità di dare delle regole, ponendo dei

vincoli che impediscano gli abusi.

Oggi i mercati attaccano la Grecia perché è oggettivamente più debole a causa

delle distorsioni strutturali del suo sistema e i mercati non fanno altro che

metter in luce che il suo sistema non è in grado di sostenersi: non si può spen-

dere più di quanto si guadagna, non si può vivere al di sopra delle proprie pos-

sibilità. In particolare, non si può vivere sul debito, nemmeno immaginando,

come si è verificato nel caso dei prodotti finanziari di scommessa, che il prezzo

degli immobili avrebbe continuato a crescere senza sosta, che le borse avreb-

bero continuato a crescere all'infinito. Un esempio da citare relativo a 10 anni

fa: il valore di ogni azione della compagnia telefonica Tiscali passò da 46 a 900

euro nel giro di poche settimane portando il valore delle azioni di una compa-

gnia telefonica che neppure possiede le infrastrutture a superare il valore com-

plessivo delle azioni Fiat.

Che la Grecia fosse un problema lo si sa da tre anni, i mercati hanno capito che

nessuno sarebbe intervenuto e si sono lanciati nella speculazione facendo

“saltare il banco”. Resta il fatto che siamo di fronte ad un'esplosione della

spesa a fronte di una forte riduzione delle entrate che porta con sè una crescita

smisurata del debito pubblico. Questo é un problema che riguarda non solo le

future generazioni ma anche noi oggi.

Siamo di fronte ad una crisi economica che ha comportato una caduta della

crescita reale e prospettive di crescita bassissime per tutti paesi europei. La

Cina in questo stesso periodo sta addirittura contenendo la crescita entro il

38

Page 41: Bene comune

13% per evitare l'aumento dell'inflazione e tutti gli altri paesi emergenti quali

l'India, il Brasile e la Russia hanno percentuali di crescita superiori al 5%. A

tutto questo si aggiunge una disoccupazione che sta diventando drammatica e

pesante in molti paesi. Si calcola, secondo le fonti dell'ILO (Organizzazione

Internazionale del Lavoro), agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di lavoro,

che a due anni dall'esplosione della crisi a livello mondiale si siano generati 50

milioni di nuovi disoccupati. Questo significa meno produzione, meno ricchez-

za da tassare, meno ricchezza privata per il consumo, con il rischio di recessio-

ne, di deflazione e di una crisi strutturale.

Tutta questa situazione comporta almeno due conseguenze di straordinaria

pesantezza: la prima è l'esplosione del debito pubblico. Abbiamo fatto saltare

tutti i parametri di Maastricht, tutti i parametri del buon governo finanziario e

fiscale senza che nessuno abbia decretato l'allarme.

Ci siamo illusi che questa esplosione del debito pubblico potesse essere gestita

con piani di rientro ma il mondo dei mercati finanziari ci ha fatto capire che il

tempo della dilazione era finito e ci ha costretto ad invertire drammaticamen-

te la rotta. Il caso Grecia, dopo i casi Argentina o di altri Paesi cosiddetti del Sud,

dimostra che anche gli Stati possono fallire: questa ipotesi deve essere presa in

considerazione e, al di là delle misure anti-speculative che pure vanno prese, é

necessario mettere mano alla radici strutturali che consentono la speculazio-

ne.

L'aumento spaventoso del debito non può reggere a lungo. Immaginavamo

tutti che si potesse contenere un po' di più e che si potesse ragionare a bocce

ferme su un piano di rientro più ponderato. Lo shock della Grecia ha costretto

tutti i Paesi europei a varare una serie di manovre di correzione della finanza

pubblica imperniate sostanzialmente su tre cose: nuove tasse, taglio su educa-

zione, investimento e ricerca, taglio sulla spesa sociale.

La seconda conseguenza è appunto la messa in discussione del modello socia-

le europeo. I ministri dell'economia, delle finanze, i governatori delle banche

centrali, hanno preso possesso della cabina di regia della politica europea

39

Page 42: Bene comune

mettendo ai margini i Ministri del Lavoro e i Ministri del Welfare europei, ma

l'Unione Europea rappresenta un'àncora di salvezza per un modello sociale

che se non può essere incrementato, certo può essere difeso.

Nell'Unione Europea, qualche anno fa, una straordinaria commissaria donna,

oggi Ministro della Repubblica in Grecia, la signora Diamantopoulou, fece pub-

blicare un lavoro molto interessante che si intitolava: “Il costo dell'assenza di

politiche sociali”. Se vogliamo possiamo parafrasare il titolo dicendo: il costo

dell'assenza di Europa. Il libro documentava come l'assenza dell'applicazione

di uno standard sociale nelle scelte politiche avrebbe generato dei costi.

Ormai tutti sono convinti che prevenire costi meno del curare, ma era la prima

volta che a livello di Unione Europea si faceva un'analisi dettagliata attingendo

a numerose banche dati nazionali e comunitarie sull'argomento.

Una delle grandi novità introdotte dal Trattato di Lisbona è che le politiche

sociali non sono materia esclusiva degli Stati Membri ma anche l'Unione Euro-

pea può, a sua volta, emanare delle norme in materia. La normativa sociale

dell'Unione Europea finora si occupava di garantire la libertà di spostamento

dei lavoratori e combattere la discriminazione. Ora nell'agenda sociale dell'U-

nione Europea sono entrate due nuovi principi: mantenere una protezione

sociale per tutti, e non solo per i più poveri e introdurre una logica di efficienza

ed efficacia nella gestione della spesa sociale. Questi due nuovi criteri sono

stati inseriti in una strategia di lungo termine che si è posta cinque obiettivi da

raggiungere.

Primo: definire un livello di qualità più elevata del lavoro e degli impieghi utiliz-

zando la cosiddetta formazione permanente, per tutto il corso della vita, come

una delle chiavi fondamentali.

Secondo: procedere ad una universalità dell'accesso alle cure per i bambini.

Dobbiamo tenere conto che oggi il 20% dei bambini dell'Unione Europea é in

condizione di povertà: è un dato drammatico. Un modello che si definisce

sociale e che non riesce a garantire coloro che sono il futuro é un modello che

ha qualche problema. L'Unione Europea definisce oggi come uno degli obietti-

40

Page 43: Bene comune

vi su cui lavorare a medio termine quello di procedere alla definizione di un

accesso di qualità universale per la cura, per la tutela e per il sostegno dei

minori.

Terzo: combattere le ineguaglianze nell'accesso alle cure sanitarie tuttora esi-

stenti per fasce di età, per regioni, per aree, per fasce di popolazione dell'U-

nione Europea, al fine di alzare le speranze di buona vita. Qui si tocca tutto

l'enorme problema di una società che invecchia e che vede alzarsi il numero

degli anziani non-autosufficienti con il conseguente aumento della spesa sani-

taria. È necessario ripensare radicalmente la spesa, soprattutto sanitaria, per

l'assistenza di questa parte di popolazione.

Quarto: stabilire a livello di Unione Europea alcuni standard di qualità globali

per l'accesso ai servizi sociali, sia in termini di servizi sociali di base del mondo

del lavoro, sia in termini di servizi offerti sul territorio, sulla loro distribuzione,

la loro accessibilità, definendo i modi di partecipazione alla gestione e alla

produzione di questi servizi sociali da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati

che compongono la rete della governance locale.

Quinto ed ultimo: arrivare a definire una soglia di reddito minimo a livello

europeo.

Volevo infine semplicemente toccare ancora un argomento. Per reagire alla

crisi greca l'Europa ha impiegato due, forse tre mesi. Gli Stati Uniti per reagire

alla crisi del 1929 ci misero tre anni, e il ritardo della loro reazione fu in parte

una delle cause della recessione mondiale e delle tensioni che ne conseguiro-

no con l'ascesa del nazismo e la seconda guerra mondiale. È vero che se l'Unio-

ne Europea avesse vinto prima la resistenza della Germania oggi avremmo

pagato un prezzo meno alto rispetto ai 700 miliardi messi sul tavolo per ferma-

re la speculazione, ma tre mesi non sono tre anni, vorrei ricordare.

A fronte di tutto questo, molti dei commentatori e dei commenti ci disegnano

un'Europa incapace di raccogliere le sfide, un'Europa che é in crisi profonda,

un'Europa che manca di prospettiva.

Vorrei ricordare che l'Europa é sempre stata sull'orlo dell'abisso, ma tutte le

41

Page 44: Bene comune

volte che è stata scossa nelle sue fondamenta da una crisi ha anche trovato le

risorse per rinascere e per fare passi straordinari.

Tutti ricordiamo il grande statista europeo Jacques Delors, cattolico socialista

che inventò gli strumenti per arrivare al mercato unico. Egli capì che per fare il

mercato unico bisognava anche investire sulla politica sociale, quindi si inven-

tò la Carta sociale dei lavoratori e, con le politiche di lotta contro la discrimina-

zione e le politiche per la mobilità dei lavoratori, mise le basi per la politica

sociale e avviò il cammino che portò all'unione monetaria.

Tutto questo ha preso forma tra gli anni Settanta e Ottanta quando l'Europa

era sull'orlo del tracollo per la profonda crisi del settore industriale che la stava

percorrendo. In un momento “drammatico” fu elaborato un progetto che

avrebbe generato ricchezza e integrazione nei successivi venti anni, portando

con se anche un effetto imprevisto: la caduta del muro di Berlino.

Oggi, malgrado le cassandre che ci disegnano un futuro a tinte fosche, noi

stiamo vivendo un periodo di profonde trasformazioni. Questo é l'altro volto

della crisi (krisis in greco vuol dire cambiamento): pensiamo alla dichiarazione

di Schumann, alle grandi trasformazioni del dopoguerra, alle grandi attese di

ricostruire, di riconciliare, di progredire in parte vissute a metà degli anni

ottanta.

I progetti oggi in gestazione non sono inferiori come portata al mercato unico

di Delors. Ne cito sei.

Primo. Riguarda il trasferimento di potere sulla governance economica e fisca-

le in sede di Unione Europea.

Secondo. Sono venticinque anni che il progetto di integrazione delle autorità

che presiedono al governo del traffico aereo europeo, é fermo. Attualmente ci

sono ventisette autorità che governano i cieli europei e Euro-control - che

dovrebbe assicurare il coordinamento, ma al massimo riesce a far circolare le

informazioni su ciò che ha deciso ciascuno - non funziona. Credo che si arriverà

in tempi rapidissimi ad istituire una forma completamente diversa, ad avere un

unico governo del traffico aereo europeo.

42

Page 45: Bene comune

Terzo. Il cosiddetto “piano di Stoccolma”, stilato sotto la presidenza svedese,

che fa fare degli enormi passi avanti in materia di sicurezza, di giustizia e di

affari interni.

Quarto. L'Unione Europea sta mettendo a punto in questi ultimi mesi una nuo-

va fase, in merito a politiche di integrazione degli immigrati in campo sociale,

di cittadinanza, di mercato del lavoro .

Quinto. Si sta lavorando ad una politica energetica comune più forte, che

garantisca l'accesso all'energia ad un prezzo stabile e ragionevole e che man-

tenga la nostra competitività industriale promuovendo uno sviluppo durevole

e il passaggio ad una società povera in carbone. Questa sfida ci offre oggi anche

delle opportunità: lo sviluppo di fonti di energia durevoli e abbordabili è la

chiave di una nuova rivoluzione industriale che contribuirà a fare uscire l'Euro-

pa dalla sua crisi economica.

Sesto. Nel Trattato di Lisbona c'è l'istituzione della figura di una Vice-presiden-

te della commissione e alto rappresentante della politica estera e Presidente

del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'Unione Europea, con l'obiettivo di

creare le premesse per una politica estera comune.

Aggiungo un settimo punto che al momento è allo stato di proposta ed è con-

tenuto nel rapporto che l'ex commissario europeo Mario Monti ha presentato

a Barroso sei mesi fa. Questo rapporto un'analisi efficacissima dei vincoli che

ancora si oppongono alla circolazione di merci e servizi nell'Unione e contiene

un piano strategico su come risolverli

Questi sei capitoli, più un settimo ancora in fase di elaborazione, sono il segno

di un'Europa che continua a lavorare per il bene comune e continua ad avere

persone che si curano di svilupparlo. In un tempo in cui tutto sembra al tra-

collo, l'Europa sta vivendo fasi di accelerazione e di progettazione straordina-

ria pari almeno a tre volte quelle vissute in passato.

Un'ultima considerazione: in verità, quello che manca in questo sforzo di

costruzione è la partecipazione dei cittadini. Le organizzazioni dei cittadini, i

sindacati, le organizzazioni d'impresa mi paiono molto ripiegate sui problemi

è

.

43

Page 46: Bene comune

interni, incapaci di capire la portata delle sfide, di entrare negli spazi che oggi

sono molto più ampi di quelli di ieri: la partecipazione alle politiche europee.

Mi sembra che anche noi, come la gran parte delle organizzazioni sociali, civili,

economiche in Europa siamo ripiegati su disegni di corto respiro.

C'è un grande cantiere da aprire o altrimenti queste grandi trasformazioni

avranno delle gambe di argilla. È necessario che le nostre popolazioni capisca-

no l'importanza di sostenere politiche di così grande portata, che forse nel bre-

ve periodo potranno comportare qualche sacrificio, ma che sono fatte per una

costruzione più a lungo termine.

44

Page 47: Bene comune

7.1 Circolo ACLI di Bonate Sotto

Il Bene Comune: ruolo e responsabilità dei laici.

Incontro con Monsignor Lino Casati

Il Bene Comune va pensato a partire dalla modernità e dai suoi cambiamenti:

non è definito una volta per tutte, ma va rapportato alle diverse condizioni che

si verificano lungo il cammino della storia. Soprattutto esso va riferito al valore

della persona. Non c'è Bene Comune senza rispetto di ogni persona e dei diritti

umani.

Primo compito dei laici è quello di sollecitare la Chiesa e il proprio ambiente, a

tutti i livelli, a porre attenzione alla storia ed ai cambiamenti in atto per coglier-

vi i segni dei tempi. I cambiamenti di oggi mettono in discussione il concetto di

Bene Comune: esso viene considerato più come un interesse generale della

società, un benessere collettivo, intendendo in tal modo un benessere fisico,

psicologico, una capacità di realizzarsi personalmente. Ma si può davvero par-

lare oggi di Bene Comune? Ed è proprio vero che mi realizzo quando sto bene

io?

Il Bene, oggi, sembra sia solo un fatto privato. Tutti invochiamo la giustizia, ma

poi ognuno la intende un po' a modo suo. C'è molto individualismo: l'impor-

tante è che stia bene io. Ognuno ha le sue idee, il suo carattere, ognuno vuole

sentirsi libero di fare ciò che gli pare e piace, ma allora come si fa a realizzare il

Bene Comune se ciò che è bene per me può non esserlo per altri?

Occorre allora capire che cosa intendiamo per Bene Comune. Esso nasce dal

confronto con gli altri sulle esperienze che si fanno nelle diverse situazioni di

vita in cui ci si trova e nelle relazioni umane che man mano si intrecciano.

Per fare ciò, è bene considerare innanzitutto i rapporti sociali, così come si

verificano oggi tra le persone singole o tra le diverse categorie di persone a

seconda delle prestazioni, ruoli professionali e istituzionali che esse ricoprono.

7. Tradurre il bene comune sul territorio e nella quotidianità: cosa è stato fatto.

45

Page 48: Bene comune

È proprio dentro tali realtà che dobbiamo domandarci che cos'è il Bene

Comune. Esso ci appare spesso come un equilibrio di interessi e di poteri. Ma

ciò ci può bastare? Non cerchiamo forse un riconoscimento della nostra per-

sona più che delle prestazioni che esercitiamo? In fondo cerchiamo un'allean-

za reciproca, un'intesa umana, un'uguaglianza di dignità pur nelle differenze

che ci contraddistinguono. A maggior ragione in una società multiculturale e

plurilingue com'è quella attuale dobbiamo cercare di comunicare, di capirci da

persona a persona perché solo così si può anche capire che cos'è il Bene Comu-

ne. Dobbiamo considerare, poi, che la globalizzazione ci porta ad essere inter-

dipendenti e a far sì che ogni evento che succede al di là dei nostri confini ci

coinvolga. Il rapportarci con lo straniero, con differenti culture e religioni pre-

senti sullo stesso territorio, non ci richiede qualcosa di più di un equilibrio tra

poteri? Ci richiede un equilibrio che preluda ad una convivenza pacifica e che si

raggiunge attraverso le relazioni interpersonali, nel contatto con chi è nel

bisogno: i poveri, gli immigrati possono essere davvero uno strumento di

riconciliazione e di ricerca di qualcosa che faccia incontrare le persone per

conoscersi e volere il bene reciproco. Questo è il Bene Comune. Occorre allora

tenere sveglia la coscienza e accesa la lampada della speranza, la speranza che

ci fa dire che vale la pena impegnarsi, gettare un seme di umanità, come ha

fatto Cristo che è venuto a portare e a condividere la sua umanità in mezzo agli

uomini. Anche se i risultati sono limitati e precari o lenti a venire, occorre resi-

stere alla tentazione della paura e dello scoraggiamento e credere che è possi-

bile realizzare insieme segni, gesti, esperienze di vita finalizzate al bene di tutti

anche delle minoranze.

Un secondo compito dei laici è allora quello di coltivare un sogno, pur se diffi-

cile in questo mondo individualista e allo stesso tempo pluralista: occorre pun-

tare a far emergere la dimensione relazionale tra le persone, di ogni età, cultu-

ra, etnia e religione. È la dimensione insita in ogni essere umano che ci fa dire:

ogni cosa che abbiamo o che abbiamo realizzato in fondo l'abbiamo ricevuta

perché tutto ci viene donato, dall'aria che respiriamo agli alberi che altri hanno

46

Page 49: Bene comune

piantato.

Il Bene Comune è quindi un insieme di valori da riscoprire con gli altri, più che

da applicare così come ci sono stati tramandati. Come? Attraverso la media-

zione, da non intendersi come una contrattazione di interessi, ma come ricer-

ca faticosa di ciò che rende possibile l'incontro vero con l'altro, diverso da me,

ma con i miei stessi diritti e doveri. È un mettersi coraggiosamente in gioco

nella ricerca e nella condivisione dei valori in cui ciascuno crede, attraverso

l'ascolto l'uno dell'altro. Il valore dell'alterità ci porta a scoprire il primato

dell'Altro e la presenza dell'azione di Dio nella storia degli uomini, che si rico-

noscono fratelli in quanto figli dello stesso Padre.

La difficoltà odierna di ricercare e di attuare il Bene Comune sta nella perma-

nente contrapposizione tra le persone e tra i gruppi, che è causa di tanta inco-

municabilità. Se noi abbiamo un'idea del cristianesimo e ci fermiamo a quella

soltanto, essa ci impedisce di capire che cosa sia veramente il cristianesimo

all'interno della condizione storica in cui ci troviamo. Il Bene Comune si basa

perciò sulla qualità dei rapporti: esso è essenzialmente un modo di essere più

che un modo di fare, un processo, una tensione continua e mai completamen-

te raggiunta verso quel bene a cui ogni essere umano aspira.

7.2 Circolo ACLI di Scanzorosciate

L'Italia unita compie 150 anni. Le attese degli italiani tra memorie e

speranze.

Il percorso formativo di ogni sessione del progetto prevedeva una serata con

uno o più relatori e alcuni film che con altro linguaggio affrontassero la temati-

ca di interesse. Con la prima serata del ciclo di appuntamenti dedicati all'Unità

d'Italia si è aperto un dibattito su luci ed ombre del federalismo, chiamando a

confrontarsi Daniele Belotti (Lega Nord), assessore alla Regione Lombardia,

Gianluigi Della Valentina (Lista civica di centro sinistra), vicesindaco al Comune

di Villa di Serio, Giangabriele Vertova (Centro-sinistra), ex consigliere comuna-

le a Bergamo, e Claudio Sessa (Lega Nord), sindaco di Torre Boldone. La pre-

47

Page 50: Bene comune

messa alla serata partiva dal presupposto che la struttura federale dello Stato

non mina l'unità, se i pilastri su cui si fonda poggiano su principi chiari e larga-

mente condivisi.

Celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia può costituire quindi una preziosa occa-

sione per ridirci i grandi valori dell'Unità attraverso le differenze, della coope-

razione tra comunità territoriali pur nell'autonomia e nella fierezza delle pro-

prie radici, delle interdipendenze che legano le diverse storie a destini comuni,

anche laddove sembrano prevalere le separatezze.

Di seguito diamo spazio ai principali concetti emersi nella serata, che si è carat-

terizzata per il confronto civile, a tratti persino cordiale tra i relatori.

Il federalismo dovrebbe essere espressione di rinnovato senso di respon-

sabilità e di volontà autentica di eliminazione di tanti sprechi, oggi non più

tollerabili.

Le Regioni a Statuto speciale sono da considerare un anacronismo perché

creano Regioni di serie A e Regioni di serie B.

È serio il pericolo di un federalismo raffazzonato, non costruito su solide

basi culturali ed istituzionali, ma anche il pericolo di un uso strumentale

del federalismo, finalizzato a una delegittimazione vicendevole. Rischio

quindi di un federalismo demagogico e di un'opposizione demagogica.

Il federalismo dovrebbe essere un patto tra soggetti che non si delegitti-

mino reciprocamente, ma anzi si stimino cercando sempre maggiori intese

e convergenze. Dovrebbe, nelle intenzioni, garantire una più larga demo-

crazia in quanto avvicinerebbe le istituzioni ai cittadini. Ma se il modello di

federalismo attuato non coinvolge i cittadini e non riequilibra i poteri in

modo che le istituzioni si riconoscano vicendevolmente rischia il fallimen-

to. È auspicabile quindi un federalismo che contribuisca ad aumentare i

livelli di democrazia in pieno ossequio ai principi della nostra Costituzione

repubblicana, che riconosce e promuove nel Paese un'articolazione di

formazioni autonome e nello stesso tempo in preziosa interazione.

1.

2.

3.

4.

48

Page 51: Bene comune

Il modello federale va considerato nei due aspetti di federalismo verso

l'alto e di federalismo verso il basso. Il federalismo verso l'alto dovrebbe

puntare su una cittadinanza europea che in merito alle questioni sociali

abbia lo stesso sentire, avverta il vincolo del medesimo patto. Quando si fa

una grande riforma in senso federale occorrerebbe rafforzare entrambi i

livelli, sia il livello alto che il livello basso.

Va considerato, in ordine all'opportunità da molti sostenuta di una svolta

federale, che, nei casi in cui permanga la spinta all'accentramento, si mor-

tificherebbero ulteriormente le libertà della periferia, non si incremente-

rebbero le responsabilità, ma nei casi in cui si decentri in modo eccessivo il

rischio sarebbe quello dello sgretolamento, del blocco istituzionale e

sociale. Il dibattito quindi non deve consistere in “federalismo sì, federali-

smo no”, ma in “quale federalismo?” Con l'accortezza di non svuotare il

centro, bensì di rafforzare il centro, altrimenti perderemmo tutti, federali-

sti convinti e non. Un altro problema da considerare è quello delle fun-

zioni. In un modello federalista cosa fa lo Stato? Cosa fanno le Regioni, le

Province, i Comuni?

La Lega Nord persegue un modello federale di tipo spagnolo-catalano, altri

partiti, specialmente quelli che si rifanno al centro-sinistra, puntano su un

modello di tipo tedesco. Occorre tuttavia considerare che il modello fede-

rale della Germania ha tenuto perché la nazione ha una forte identità.

L'Italia, al contrario, è il Paese dei campanili. Partiamo da noi allora, dai

nostri limiti e dalle nostre risorse per porre mano a un federalismo con basi

solide.

Innanzitutto va recuperata la volontà di costruire insieme la casa comune,

che presuppone la decisione di ri-conoscersi e di ri-legittimarsi reciproca-

mente da parte delle parti politiche, la sola chiave che può rimettere in

marcia un Paese che da troppo tempo è bloccato.

6.

7.

8.

49

5.

Page 52: Bene comune

7.3 Circolo ACLI di Bariano

Le cinque giornate di Bariano: 150 anni dell'Unità d'Italia.

«Viva l'Italia, l'Italia liberata, l'Italia del valzer, l'Italia del caffè. L'Italia derubata

e colpita al cuore, viva l'Italia, l'Italia che non muore». Con questa canzone di

De Gregori si sono aperte le cinque serate dedicate ai temi dell'unità d'Italia, a

chi sono e da dove vengono gli italiani.

Nato dalla stretta collaborazione tra le Associazioni di Bariano, questo ciclo di

cinque serate ha coperto un arco temporale di tre mesi. È stata una scom-

messa impegnativa nei confronti della quale però tutte le Associazioni si sono

sentite coinvolte e chiamate ad investire tempo ed energie, condividendo pro-

poste e modalità organizzative.

Le tematiche trattate e la partecipazione della cittadinanza agli incontri hanno

confermato che è davvero necessario un "risorgimento", una riscoperta di

valori comuni di partecipazione per rifondare la società in cui viviamo, all'in-

terno della quale spesso si riveste un ruolo di spettatori e non di protagonisti.

Chi sono gli italiani di oggi? Quali aspetti e problemi ha lasciato aperto il movi-

mento di costruzione dell'Italia lungo questi 150 anni? Sono queste alcune

delle provocazioni, delle domande che hanno rappresentato il filo conduttore

delle cinque serate.

Durante il primo incontro, attraverso l'intervista ad uno storico, è stato inte-

ressante scoprire le proprie radici. Ripercorrere le tappe principali che hanno

condotto l'Italia al processo di unificazione, ha significato scoprire che l'Unità

si colloca all'interno di un contesto geo-politico delicato, in trasformazione e di

ampio respiro “europeo”. La situazione italiana era condivisa e sostenuta

anche ad altre potenze europee, in un periodo dove l'Europa ancora non esi-

steva.

Anche il riflettere su chi sono gli italiani di oggi nel secondo incontro ha ripor-

tato alla luce i problemi dell'integrazione con quelle persone che provengono

da altre realtà e si trovano a vivere nel nostro territorio sentendosi piena-

50

Page 53: Bene comune

mente italiani, ma non riconosciuti con tutti i diritti di cittadinanza, che tutta-

via la nostra Costituzione afferma e riconosce.

La riflessione, nata proprio prima che iniziassero gli sbarchi di profughi

dall'Africa, ha permesso di riflettere “a freddo” sui modelli di integrazione pre-

senti in Europa e nel nostro Paese e sulle problematiche che possono scaturire

da questi modelli. Si è trattato di un'apertura a questioni che dopo poche

settimane sono ritornate prepotentemente alla cronaca costringendoci ad

interrogarci sulla nostra capacità di accogliere e riconoscere come a noi pros-

sime le persone che vivono e lavorano nel nostro territorio, anche se prove-

nienti da altre realtà.

Il terzo incontro è stata un'appassionante riflessione su come la famiglia possa

diventare luogo di cittadinanza attiva: il ruolo della famiglia diventa sempre

più determinante nella costruzione della società e dei cittadini. Per questo

motivo è importante creare nuovi modi di vivere il rapporto famiglia e Istitu-

zioni proprio per creare "laboratori di cittadinanza attiva" con logiche diverse,

di rete, di collaborazione che permettano di uscire dai recinti che ci costruiamo

per sentirci al sicuro.

Il tema del lavoro affrontato durante il quarto incontro ha evidenziato i difficili

cambiamenti in atto e quelli previsti per il futuro, l'idea di bene comune pre-

sente nel lavoro e il tema del diritto al lavoro, garanzia per poter progettare il

proprio futuro. Sembra che ci sia ancora molta strada da fare rispetto all'Italia

sognata e voluta dai nostri padri che si sono battuti per tenere unita questa

nazione nel nome della Costituzione.

Il primo passo che ognuno è chiamato a compiere è quello di diventare prota-

gonista attivo della realtà in cui vive, attento a ciò che sta avvenendo attorno a

lui.

Nella nostra patria, la Costituzione, così come tanti altri simboli che vanno

dalla bandiera all'inno, è ben presente ed è un valore che accomuna tutti e che

ci rende più uniti, e proprio per questo motivo andrebbe riscoperta e difesa.

Spesso le forze centrifughe presenti nella società e nella politica tentano di

51

Page 54: Bene comune

offuscare un messaggio importante: la nostra Costituzione ci ricorda che ognu-

no di noi è partecipe e costruttore dell'Italia in cui vive!

7.4 Circolo Acli di Casnigo

Legalità: un bene comune?

La legalità è stato il filo conduttore dei due incontri organizzati dal circolo ACLI

di Casnigo in collaborazione con i Biblioboys, un gruppo di giovani del paese

che sta cercando modi alternativi per vivere la politica, con il patrocinio del

Comune di Casnigo.

Il primo incontro, dal titolo “Educare alla legalità: problemi e opportunità”, è

stato coordinato da Giorgio Lanzi, Vicepresidente provinciale delle ACLI. Due

brevi filmati di Bruno Bozzetto sul tema del rispetto delle regole sono stati il

punto di partenza della serata, che è poi proseguita con le testimonianze di un

genitore, di un allenatore sportivo, di un'insegnante, del curato dell'oratorio e

infine di una giovane impegnata come assessore nell'attuale Amministrazio-

ne. I loro racconti sono serviti a disegnare un panorama ampio e articolato di

quelli che sono elementi di opportunità e di criticità nell'educazione alla lega-

lità dei ragazzi e dei giovani. Il dibattito successivo è stato molto partecipato, e

ha fatto emergere le fatiche e gli scontri che si debbono affrontate anche all'in-

terno della comunità dei cosiddetti 'adulti' per riuscire promuovere atteggia-

menti che favoriscano la scelta del bene comune. Tutti hanno sottolineato

come l'intera comunità deve sentirsi coinvolta nel compito educativo e deve

sostenere gruppi e associazioni che quotidianamente sono a contatto con

ragazzi.

Nella seconda serata è stato proiettato il film “Fortapàsc” del regista Marco

Risi, con la presentazione e il commento di Gianmario Vitali, referente dell'as-

sociazione Libera a Bergamo. Il film racconta la vita e la tragica morte del gior-

52

Page 55: Bene comune

nalista Giancarlo Siani, cronista del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, ucciso

dalla Camorra a causa delle sue inchieste su corruzione e connivenze tra poli-

tica e criminalità organizzata. La proiezione è stata l'occasione per riflettere

sull'importanza della legalità nella lotta contro le mafie. Nel corso della serata

è stata anche inaugurata la mostra “AAA Senso civico cercasi”, organizzata e

gestita dal gruppo Biblioboys. In questa mostra sono state presentate imma-

gini relative ad alcuni ambienti del territorio comunale deturpati, oltre che

articoli e frasi che mettevano in evidenza la necessità del rispetto delle regole.

7.5 Circolo ACLI di Seriate

Vivere insieme nel tempo della prova. Quando fare porta frutti!

Il circolo ACLI di Seriate, supportato dalla Commissione formazione della Sede

provinciale, si sta adoperando per la promozione di un progetto che possa uni-

re Chiesa locale e società civile di Seriate in un impegno condiviso per l'edifi-

cazione della polis. Provvidenziale è stato il programma pastorale diocesano

dal titolo “Famiglia, lavoro e festa” che la Parrocchia in Seriate ha scelto di fare

proprio.

I contenuti e il metodo del progetto sono stati abbozzati in collaborazione con

la Commissione formazione. Il punto di partenza è stato il desiderio di capire la

crisi e le cause che l'hanno innescata con in mente la ricerca di azioni da intra-

prendere come comunità cristiana. Successivamente, il confronto interno al

Circolo ha contribuito a modellare ed arricchire la bozza. Il risultato di questo

lavoro preparatorio è stato presentato a Monsignor Luigi Rossoni, parroco in

Seriate, che ha subito preso a cuore l'iniziativa e l'ha inserita nella pastorale

sociale parrocchiale. I successivi incontri con il Consiglio parrocchiale Caritas e

con il Consiglio Pastorale Parrocchiale hanno permesso di arrivare alla stesura

definitiva del progetto e alla proposta di assumerlo come impegno per tutte le

famiglie ed i gruppi della parrocchia.

Il percorso si snoderà lungo tutto l'anno liturgico attraverso momenti di con-

53

Page 56: Bene comune

fronto (sullo stile del Sinodo parrocchiale) sui temi del lavoro, della famiglia e

della festa. Si comincerà con un confronto iniziale interno ad ogni famiglia e ad

ogni gruppo sulla base di alcuni spunti di riflessione. I resoconti che risulteran-

no da questi confronti verranno raccolti ed elaborati all'interno di una tavola

rotonda aperta. Sulla base dei contenuti dei confronti e della tavola rotonda

verrà organizzato, per la chiusura dell'Anno Liturgico, un convegno parrocchia-

le a tema, che avrà il compito di fare la sintesi e “preparare il terreno” per l'an-

no a venire.

Il Consiglio parrocchiale Caritas ha assunto la responsabilità del percorso e il

Circolo ACLI di Seriate si è impegnato ad organizzare il convegno conclusivo.

54

Page 57: Bene comune

Sarebbe molto interessante e proficuo per l'intero Movimento se la formazio-

ne, almeno una volta l'anno, così come si è scelto di fare con un altro tema

cardine, quello dell'Europa, tenesse la barra anche sulle questioni così cruciali

per la realizzazione del Bene Comune nella nostra società, favorendo un'ope-

razione di discernimento tra i nostri associati e perché no, anche all'interno del

mondo cattolico su un tema che laceri le coscienze.

Tenere in una mano il Vangelo e nell'altra l'ascolto degli uomini e delle donne

del nostro tempo: è questa la direzione che vogliamo additare. Potrebbe esse-

re questo nello stesso tempo un tentativo di laboratorio che ci eserciterebbe a

dialogare e dall'altro un piccolo ma importante esercizio di democrazia.

E allora, per concludere, vorrei augurarmi e augurarci che ci siano sempre di

più cristiani capaci di parole cordiali di speranza per gli uomini e le donne che

incontrano, non credenti o diversamente credenti. Capaci di dire le ragioni

antropologiche delle proprie scelte. Capaci di compassione e di silenzio nei

confronti dell'altro che non comprendono immediatamente, ma che neppure

immediatamente possono giudicare perché non ne possiedono il cuore. Non

profeti di sventura, ma tessitori di grammatiche nuove, che dicano in modo

creativo e sempre nuovo l'incontro tra la Buona Novella e la società contempo-

ranea. Non angosciati, non apocalittici, ma visionari, che sappiano guadare

con gli altri, insieme agli altri, il tempo presente verso un futuro possibile e

sperabile.

8. Conclusioni

55

Page 58: Bene comune

56

Page 59: Bene comune
Page 60: Bene comune

BERGAMO

FEBBRAIO 2012