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Biblioteche Oggi Investire in biblioteche Muscogiuri

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Perché e come investire in biblioteche pubbliche. Un articolo uscito nel 2007, ma ancora attuale e sempre valido.

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Orientamenti

Biblioteche oggi – settembre 2007

Investire in biblioteche pubbliche:servizi,architettura,comunicazione

Il punto di vista di un architetto impegnatoin un confronto quotidiano con il mondodelle biblioteche e della pubblica amministrazione

In occasione dei laboratori orga-nizzati per conto della Provincia diMilano nell’ambito del corso “Pro-grammare e progettare la bibliote-ca pubblica”1 ho avuto modo dianalizzare numerosi progetti incorso di realizzazione nei comuniintorno a Milano e di avere unquadro generale delle bibliotechedel territorio provinciale: è stataanche l’occasione per elaborare al-cune riflessioni.Le biblioteche dei sistemi dellaprovincia di Milano rappresentanosenza dubbio un’eccellenza a livellonazionale. Nonostante alcuni co-muni ancora piuttosto arretrati inquesto settore, il livello medio rag-giunto per efficienza ed efficacia èsenza dubbio notevole, soprattuttose comparato alla media nazionaleo anche a tanta parte del Centro eNord Italia.2

Si tratta sempre di indici di impattoche, nei casi migliori, si aggiranointorno al 15-20% e a 1,5-2 prestitiannui per abitante: siamo ancoramolto distanti dai livelli francesi, te-deschi, catalani, e ancora più lon-tani da quelli anglosassoni, ma ècertamente una posizione di eccel-lenza, se paragonata alla media ita-liana che arranca intorno al 10-13%di indice di impatto e a meno di unprestito annuo per abitante.Da un altro punto di vista, però, èforse proprio questo l’aspetto piùdeprimente: a fronte di una realtàbibliotecaria che rappresenta una

delle punte di diamante italiane, incui molti dei bibliotecari risaltanoper livello di impegno e compe-tenza tanto da essere diventati ri-ferimenti importanti nella discus-sione in atto sulle biblioteche, sulfuturo della professione e sull’in-novazione del servizio, dover con-statare che a tanto impegno, pas-sione e professionalità non corri-spondono né un adeguato ricono-scimento da parte delle ammini-

strazioni pubbliche e degli organipolitici, né un congruo riscontrosul territorio per indici di impattoe di efficacia, in un circolo viziosodifficile da spezzare.Non vorrei che queste mie parolesuonassero offensive alle orecchiedegli amici bibliotecari, che ormaiconoscono bene la passione che iostesso nutro per le biblioteche e lastima che ho verso la loro difficileprofessione. Più che altro la mia è

Marco Muscogiurialterstudio partners srl, Milano

Politecnico di [email protected]

Una delle sette nuove biblioteche pubbliche create dall’amministrazione diTower Hamlets (Londra), denominate “Idea Store”

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la constatazione amara di chi, nonbibliotecario bensì architetto, e for-se per questo con una naïveté cheal bibliotecario professionista delsettore non è più concessa, si do-manda che cosa si potrebbe fareper cercare di cambiare le cose.

Biblioteche in Italia:un’istituzione recente?

Ciò che oggi si intende per “biblio-teca pubblica” è un’istituzione rela-tivamente recente, che si è svilup-pata a partire dagli anni Settanta, aseguito del trasferimento da partedello Stato alle Regioni delle fun-zioni di coordinamento degli istitu-ti bibliotecari di interesse locale.3

In Lombardia la legge regionale n.41 del 1973 fu il detonatore cheportò in pochi anni moltissimi co-muni a dotarsi di una “biblioteca diente locale”, fosse anche una stan-za con qualche migliaio di libri.4

Erano anni di grande fermento.Nel 1982 la Provincia di Milano or-ganizzò per amministratori e bi-bliotecari un viaggio in Danimar-ca, per visitare le biblioteche delNord Europa. Del 1983 è il conve-gno “Abitare la biblioteca”, tenuto-si a Brugherio, in cui emergevamolto forte la necessità di (ri)pen-sare la biblioteca pubblica anchedal punto di vista dell’architetturadegli spazi.5 Uno degli eventi piùsignificativi che ebbero origine dalfervore culturale intorno a questitemi fu senza dubbio la decisione– era il 1985 – di realizzare unanuova biblioteca a Vimercate, de-cisione presa dall’amministrazionedi un comune che contava menodi 26.000 abitanti (ma con un ba-cino di utenza di quasi 100.000), eche voleva dotarsi di una strutturaall’avanguardia, con standard dipatrimonio, superficie, personaleall’altezza di quelli nordeuropei vi-sti in quel viaggio in Danimarca.6

Sarebbero passati alcuni anni enon poche traversie prima che la

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biblioteca aprisse (nel 1993), ma ladecisione fu tanto straordinariaquanto felice e lungimirante.Nel contempo, tra la fine degli an-ni Settanta e la metà degli anniOttanta, nascevano e cominciava-no a organizzarsi i primi sistemi bi-bliotecari, i primi progetti di infor-matizzazione, i primi cataloghi col-lettivi di sistema, fino all’istituzio-ne del prestito interbibliotecario.Ma, se l’istituto della biblioteca pub-blica così come lo conosciamo og-gi ha poco più di trent’anni, a benvedere è persino molto più giova-ne, in quanto negli anni Settanta labiblioteca era più che altro uncentro culturale polivalente, le cuiattività non erano necessariamenteconnesse a servizi legati alla lettu-ra o all’informazione. Solo moltianni dopo, ormai nel pieno deglianni Novanta, la biblioteca pubbli-ca ha acquisito e consolidato unasua identità, radicandosi nel terri-torio come servizio per la comuni-tà, legato soprattutto alla lettura eal supporto delle attività scolasti-che e parascolastiche. Parallela-mente, sono cresciuti il dibattito ela riflessione interna al mondo deibibliotecari sulla missione e sul fu-turo della professione e della bi-blioteca stessa, anche e soprattuttoalla luce dei mutamenti indotti dal-la diffusione delle nuove tecnolo-gie di comunicazione.A partire dalla fine degli anni No-vanta si è poi assistito a un rinno-vato fermento di edilizia bibliote-caria, che ha portato alla realizza-zione di nuovi edifici, allo sviluppoe all’accorpamento dei sistemi bi-bliotecari e a un rinnovato interes-se per le biblioteche da parte delleamministrazioni pubbliche. A que-sto hanno contribuito anche la for-te ripresa nel campo dell’ediliziaprivata residenziale e terziaria, cheha consentito ai comuni di investi-re nuovamente in opere pubbliche(dopo il riflusso dovuto a “tangen-topoli”) coprendo i costi attraversogli oneri di urbanizzazione, anche

mediante nuovi strumenti di con-certazione urbanistica.Da quanto detto, emerge con evi-denza che la “biblioteca di pubbli-ca lettura”, nonostante la secolaretradizione italiana in ambito biblio-tecario, nonostante le bibliotechepopolari diffuse già all’inizio delNovecento, nonostante il percorsotrentennale già compiuto, resta an-cora un’istituzione giovane, tutt’al-tro che consolidata e soggetta at-tualmente a cambiamenti epocali ea sfide che dovrà essere in grado diaffrontare, se intende sopravvivere.

Biblioteche, statistichee bilancio sociale

Si parla sempre di più e sempre piùspesso di “bilancio sociale” dellabiblioteca, uno strumento atto a mi-surare l’impatto che la biblioteca hasulla comunità locale e a valutarequanto “rende” (in senso lato, intermini di sviluppo sociale, cultura-le, economico ecc.) l’investimentocompiuto dall’amministrazione.Ho già accennato ai bassi indici diimpatto delle biblioteche italiane,che arrancano verso un 10% fatico-samente conquistato in buona par-te grazie al pubblico di bambini estudenti. Vorrei però provare a os-servare la cosa da un altro punto divista, a partire da alcune riflessioni.Secondo le statistiche correnti, unapercentuale che oscilla intorno al55% della popolazione non com-pra e non legge libri (esclusi i testiscolastici); circa il 43% compra dauno a tre libri l’anno; circa il 9%della popolazione acquista più dicinque libri l’anno.7 Secondo ilCensis, i libri sono al terzo posto,dopo televisione e radio, per livel-lo d’uso a scopo di intrattenimen-to. In particolare, nel Rapporto an-nuale 2006 si legge che:

non riesce a sfondare nel pubblicoitaliano l’idea che il libro sia unmezzo attraverso il quale acquisire

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informazioni utili, da sfruttare co-me uno strumento, anche senza ve-nerarlo come una reliquia. Infatti,nella manualistica siamo molto in-dietro, così come nelle guide turi-stiche, cioè nelle letture più stru-mentali che esistano. Potrà appari-re paradossale, ma la strada perl’aumento della lettura in Italia pas-sa per la desacralizzazione del li-bro, che solo se viene pensato co-me uno strumento utile e non unoggetto di prestigio può passarepiù facilmente dai banconi delle li-brerie nelle case degli italiani, edalle biblioteche nelle loro mani.8

A questo si aggiunge il fatto che inmolte parti d’Europa (soprattuttoladdove le biblioteche pubblichesono un servizio consolidato dadecenni) la richiesta di servizi bi-bliotecari tradizionali, come il pre-stito agli adulti di libri di narrativa,è in progressivo calo, probabil-mente per la diffusione di quantitàsempre maggiori di contenuti emedia culturali di altro genere (te-levisione digitale, Internet ecc.) eper l’aumento di persone che pre-feriscono acquistare, invece cheprendere in prestito, i libri che vo-gliono leggere.9

Tornando alla situazione italiana,secondo un dato del Censis rima-sto pressoché immutato negli ulti-mi sei anni, il 47% della popola-zione non usa più di tre media (in-tendendo per media qualsiasi stru-mento di informazione o comuni-cazione, dal libro, ai giornali, allatelevisione, a Internet, al telefonocellulare), che sono per lo più latelevisione, la radio e il telefonocellulare. Oltre il 10% utilizza la te-levisione come unico strumento diinformazione. L’Italia è al venti-duesimo posto in Europa e al ven-tinovesimo nel mondo per livellodi lettura di quotidiani e periodici(dopo di noi c’è la Malesia).Il digital divide tra le famiglie ita-liane è forte e non accenna a di-minuire.10 Secondo l’Istat il 64,4%delle famiglie non ha accesso a In-

ternet da casa (siamo al quindice-simo posto rispetto agli altri paesieuropei); ma quel che è più graveè che la maggior parte di coloroche non hanno accesso a Internetnon vi accedono soprattutto per-ché non percepiscono l’utilità diquesto strumento (il 39,6%) o nonsi ritengono in grado di utilizzarlo(il 31,9%). È evidente che il pro-blema non è tanto (o solo) di na-tura economica, ma anzitutto dinatura socioculturale: basti pensa-re alla diffusione capillare dei tele-foni cellulari in Italia (primo postoal mondo), con costi di acquisto egestione ancora elevati.11 L’esclu-sione digitale non scomparirà dasola: l’inevitabile espansione dellasocietà dell’informazione basatasemplicemente sullo sviluppo delmercato non sarà sufficiente ad at-tirare coloro che per le più svaria-te ragioni ne sono esclusi.

Una biblioteca per tutti?

Ciò detto, con particolare riferimen-to alle statistiche di acquisto di li-bri, vorrei proporre una sintesi for-se un po’ rozza e approssimativa:una biblioteca pubblica che offrasoltanto servizi legati alla lettura ri-uscirà a rivolgersi appena al 20%della popolazione, considerandoanche gli studenti e i bambini.Dunque, se vi sono biblioteche dipubblica lettura che offrono essen-zialmente servizi legati alla letturae che raggiungono un indice diimpatto pari addirittura al 20% delbacino di utenza, si può affermareche esse raggiungano sostanzial-mente tutti i loro utenti potenziali,e che quindi facciano un ottimo la-voro. Quelle che invece raggiun-gono il 10% della popolazione fa-rebbero comunque un buon lavo-ro, in quanto raggiungono la metàdei loro utenti potenziali.Non posso, però, fare a meno dimettere in discussione l’assunto dibase: concordo pienamente, infatti,

con chi dice che se la bibliotecapubblica (parlo della “biblioteca dipubblica lettura”, non di quella diricerca né di quella di conservazio-ne) offre un servizio efficiente edefficace, rivolto però solo a una par-te esigua della comunità locale, al-lora rischia di essere un investimen-to sbagliato. Quanto meno perché,vista la scarsità di risorse dei comu-ni, sarebbe forse meglio finanziaredei servizi (in ambito bibliotecario enon) mirati esclusivamente a speci-fiche fasce di utenza (per esempiostudenti, bambini, anziani ecc.) chemagari utilizzano una parte dei ser-vizi bibliotecari e non sanno chefarsene di tutto il resto.Considerando che una bibliotecapubblica bella ed efficiente è unamacchina assai costosa, è difficileconvincere politici e amministrato-ri a investire una parte ingente delloro bilancio in un servizio che giàper principio si rivolge solo al 15-20% dei cittadini; per costruire, man-tenere e gestire edifici che nell’im-maginario collettivo sono conside-rati luoghi polverosi, di conserva-zione e tutela, destinati prevalen-temente agli studenti, o dove, tut-t’al più, è possibile prendere dei li-bri in prestito.In Italia le biblioteche di pubblicalettura non sono considerate servi-zi di prima necessità, come gli asi-li o gli ospedali, i quali, anche sesono destinati a una percentualelimitata della popolazione, sonocomunque irrinunciabili nella vitae nell’economia della città e delterritorio. E d’altronde, in Italia,anche nelle realtà più avanzate, lebiblioteche risultano spesso unservizio pubblico che, pur essendoper definizione “per tutti”, nellarealtà dei fatti finisce per essereper poche categorie di utenti, spes-so tipizzate (bambini, studenti, an-ziani ecc.), selezionate non in ba-se a una scelta ponderata ma comeconseguenza di altri fattori, qualigli orari di apertura o la localizza-zione dell’edificio.

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È così che gli orari di apertura o lescelte di localizzazione della bi-blioteca, che dovrebbero essereconseguenza di una strategia attaal raggiungimento di determinatiobiettivi socioculturali e di servi-zio, divengono i fattori primari didefinizione del servizio stesso edella missione della biblioteca. Perfare un esempio banale: una bi-blioteca aperta al mattino ma chiu-sa il sabato pomeriggio e la dome-nica escluderà tutti coloro che la-vorano (artigiani, impiegati, pro-fessionisti, commercianti ecc.) eche rappresentano il “ceto produt-tivo” della comunità, il quale nonavrà dunque alcun radicamentonella biblioteca stessa. In questomodo la biblioteca non farà checonfermarsi come luogo di studioe magazzino di prestito dei libri.

Biblioteche al bivio

All’estero, al contrario, le bibliote-che pubbliche sono sempre consi-derate il fiore all’occhiello delleamministrazioni comunali, gangliimportanti del welfare locale, stru-menti basilari di alfabetizzazionedi massa, centri di gestione e dif-fusione delle informazioni per lacomunità, servizi fondamentali perle utenze svantaggiate e strategiciper l’integrazione sociale. Ma perquesto, la biblioteca pubblica deveessere e offrire molto di più.Per sopravvivere e rilanciare il suoruolo, la biblioteca pubblica devecercare di ampliare il suo “target”di riferimento, affermando più for-temente la sua funzione di luogosociale di promozione di politicheculturali, da un lato puntando sul-l’implementazione dei servizi diinformazione e di quelli tradizio-nali di reference, dall’altro cercan-do di trovare spazio nel settoredell’intrattenimento culturale, deltempo libero e della formazionepermanente.Non si tratta di ritornare al model-

lo del centro culturale degli anniSettanta, dopo trent’anni di tempoper acquisire una propria identità,né tanto meno di rinunciare ai ser-vizi legati alla lettura e alla diffu-sione della conoscenza. Si trattaperò di compiere un ulteriore sal-to di qualità, unica strada per la bi-blioteca pubblica per confermareuna legittimità che, per quantoconquistata sul campo con fatica,potrebbe per i motivi suddetti es-sere facilmente messa in discussio-ne proprio da coloro che dovreb-bero sostenerla e finanziarla.La biblioteca deve dunque diven-tare un catalizzatore della vita ur-bana: da un lato laboratorio di for-mazione e informazione, porta diaccesso e strumento di orienta-mento nell’universo multimedialecontro il digital divide; dall’altroimportante luogo di aggregazionesociale, nuova piazza per incon-trarsi, comunicare, consolidare ilsenso di appartenenza a una col-lettività.Per fare questo è necessario attiva-re strategie di rete tra le bibliotechestesse e stringere alleanze con altrisoggetti del mondo della cultura,della formazione, dello spettacolo,del turismo, dell’intrattenimento; av-viare strategie di promozione deipropri servizi e di raccolta di finan-ziamenti pubblici e privati.Le biblioteche pubbliche potreb-bero, per esempio, connettersi inmodi sempre più efficaci ad altriservizi operanti sul territorio, comei centri di impiego, le organizza-zioni non governative, le associa-zioni, i patronati, le scuole, i cen-tri di educazione, gli uffici comu-nali stessi, al fine di offrire ai citta-dini informazioni, supporto e assi-stenza, favorendo l’inclusione so-ciale e facilitando il collegamentocon le altre strutture già esistenti,per integrarli nei modi più oppor-tuni o erogare servizi comuni. Lacooperazione con altre istituzioniculturali locali, quali archivi, mu-sei, fondazioni, associazioni ecc.,

potrebbe dare origine a interes-santi collaborazioni per lo svilup-po e la promozione delle culturelocali, condividendo materiali e ri-sorse, anche mediante la produ-zione di contenuti specifici finaliz-zati a rendere più agevole l’acces-so alle informazioni e ai documen-ti legati alla storia, alla memoria,alla cultura locale, ma anche al tu-rismo, all’arte e agli eventi cultura-li e sociali.Diversamente, la biblioteca non ri-uscirà a competere con i mille altrisoggetti privati e commerciali chele contendono lo stesso pubblico,nelle stesse ore. È sufficiente an-dare in una qualsiasi grande libre-ria o mediastore (pensiamo a qual-che grande libreria Feltrinelli oMondadori, o a Barnes&Noble al-l’estero), per vedere persone chesostano e passano il tempo a leg-gere, a consultare riviste e giorna-li, a bere un caffé, senza necessa-riamente comprare. O pensiamo acatene di caffetterie tipo Starbucks,sempre affollate da persone diogni età, provenienza, professioneed estrazione sociale che siedonoa chiacchierare, a leggere un quo-tidiano o un libro; professionisti egiovani che lavorano o studiano alnotebook tramite connessione wire-less offerta gratuitamente dal loca-le. È facile poi constatare come,anche da noi, i grandi centri com-merciali abbiano ormai sostituitole piazze come luoghi di aggrega-zione sociale e di incontro, soprat-tutto per certe fasce di età. Ma re-sta il fatto che tutti i luoghi sud-detti hanno una finalità prettamen-te commerciale e sono ben lontanida quello che è (o dovrebbe esse-re) una biblioteca pubblica, dovela dimensione individuale e quellacollettiva si incontrano libere dacondizionamenti, dall’ossessionedel consumo economico e dallacompulsione all’acquisto.Mentre in Italia ancora si discutese le biblioteche pubbliche debba-no essere considerate afferenti alla

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sfera dei beni culturali o siano ser-vizi di informazione locale, in altripaesi del mondo esse sono sotto-poste da qualche anno a drastichetrasformazioni, finalizzate ad ade-guarle al cambiamento dei tempi edelle necessità delle comunità loca-li che devono servire, alle nuovesfide sociali, ai mutamenti dovutialle tecnologie di informazione ecomunicazione. Penso alle media-teche francesi e alle biblioteche te-desche, alle sperimentazioni in cor-so nei paesi scandinavi, alle biblio-teche catalane, alle recentissime einteressanti esperienze londinesi.Rispondere al cambiamento nonsignifica solo assecondare. La bi-blioteca ha una funzione sociale,culturale ed educativa imprescin-dibile che fa parte del suo DNA eche non va snaturata: non deverincorrere dei modelli commercialiper cercare di compiacere un pub-blico potenziale che, oltretutto, co-sì facendo difficilmente riuscirà adattrarre. Rispondere al cambiamento, inol-tre, non significa copiare un mo-dello dedotto da un’altra realtà(dalla Francia, dalla Germania, dalRegno Unito, ma anche da qual-che esempio italiano che si è di-mostrato vincente). Prima di qual-siasi azione è necessario valutarecon la massima attenzione il posi-zionamento strategico della biblio-teca nel territorio, rispetto al profi-lo di comunità, all’analisi dei biso-gni espliciti e sommersi, alle carat-teristiche socio-demografiche, allepriorità sociali.Sono termini che tante volte i bi-bliotecari hanno sentito ai corsi diformazione o incontrato nella ma-nualistica professionale, ma chetroppo spesso rimangono letteramorta proprio nel momento in cuisi realizza una nuova biblioteca,quando un sindaco decide di inve-stire (anche politicamente) nellarealizzazione di un intervento diampliamento, ristrutturazione onuova costruzione della biblioteca,

e, senza prima porsi alcuna doman-da rispetto a quello che è, dovreb-be essere e soprattutto potrebbe es-sere la biblioteca, avvia un proces-so difficilmente reversibile di deci-sioni fondamentali: dalla scelta del-la localizzazione, alla dimensione,alla scelta del progettista o del pro-getto. Solo poi, a decisioni prese –e spesso a progetto già approvato –convoca il bibliotecario, chiedendo-gli di “riempire di arredi e di libri” ilnuovo edificio.

Investire in biblioteche

Abbiamo parlato della bibliotecacome “condensatore sociale dipromozione di politiche culturali”,“laboratorio multimediale di infor-mazione per la comunità locale” e“catalizzatore della vita urbana”.Per un’amministrazione, investirenella biblioteca pubblica significainvestire nel futuro della sua co-munità.È ormai evidente anche ai più re-frattari che nella società attualel’investimento in cultura e forma-zione è quello che potrà consenti-

re di ottenere un vantaggio com-petitivo, anche dal punto di vistaeconomico. Il lifelong learning (la formazionelungo tutto l’arco della vita) è di-ventato un principio basilare che ri-guarda ogni ambito formativo e la-vorativo. Le biblioteche pubblichepossono (devono) assumere unruolo chiave, sostenendo la forma-zione nel modo più ampio possibi-le, sia come attività formale com-plementare a un’istituzione (scola-stica, universitaria ecc.), sia comeattività informale in grado di offrirecontenuti, istruzione e supporto atutti i cittadini.Purtroppo non esiste una formulache consenta di dimostrare quantouna moderna ed efficiente biblio-teca possa incidere sullo svilupposocioeconomico e culturale, sullacoesione e l’inclusione sociale. Inquesto settore, all’atavica abitudi-ne tutta italiana di sottovalutarel’impatto che hanno i servizi cultu-rali si aggiunge la difficoltà di mi-surare in modo oggettivo i benefi-ci a fronte dell’elevato costo di in-vestimento iniziale. Mancano, inoltre, efficaci modelli

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Londra: Idea Store di Whitechapel

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bibliotecari italiani di riferimento,benché l’esperienza di questi ulti-mi anni (Vimercate, Bologna, Pesa-ro, solo per fare tre esempi tra i piùnoti e piuttosto diversi tra loro) in-segna che in questo settore è l’of-ferta a creare la domanda, e che unservizio che in precedenza nonc’era diventa fondamentale e indi-spensabile per la comunità locale.Non ultimo, le biblioteche semprepiù spesso possono essere utiliz-zate dalle amministrazioni comeutili strumenti per avviare processidi riqualificazione urbana e socia-le di parti della città e del territorio,diventando protagoniste del mar-keting urbano.

L’occasione unica di realizzareuna nuova biblioteca

La costruzione di una nuova bi-blioteca è un’occasione unica e uningente investimento, soprattuttoper un comune di piccole o mediedimensioni, e dovrebbe dunqueessere sempre attentamente valu-tata e programmata. Invece è sor-prendente quante decisioni vinco-lanti vengano prese da parte del-l’amministrazione prima di averconsultato esperti in materia, pre-valentemente per motivi di urgen-za o di opportunità politica. È al-trettanto avvilente quanto questo“peccato originale” spesso finiscaper costare caro in termini di fun-zionalità, efficacia dell’intervento esuccessivi costi di gestione.Per questa ragione è convenienteinvestire in modo adeguato nellaprogrammazione prima di proce-dere all’avviamento di un proget-to, avvalendosi dei necessari con-sulenti. Premesso, infatti, che ognifase deve durare il tempo stretta-mente necessario e sufficiente aottenere i risultati preposti, l’espe-rienza insegna che cercare di ri-sparmiare troppo (in termini ditempo e di denaro) nelle fasi pre-liminari e di programmazione soli-

tamente inficia l’efficacia comples-siva dell’intervento.Costruire una nuova biblioteca oampliare la sede esistente è un’oc-casione unica non soltanto perl’amministrazione e per la comuni-tà ma anche per il bibliotecario,che ha un’opportunità raramenteripetibile in una carriera professio-nale. È l’occasione per aggiornarsi,per acquisire nuova e forte profes-sionalità, per affermarsi in modocredibile come programmatore egestore di servizi informativi e cul-turali, per ripensare il suo ruolo ela missione della biblioteca stessarispetto alla comunità.La cosa peggiore è banalizzare taleintervento come un semplice am-pliamento di superfici edilizie o unsemplice trasloco in altra sede. Alcontrario, “realizzare una nuova bi-blioteca significa rifondarla”:12 ri-pensarne radicalmente il ruolo, iservizi e la missione, il posiziona-mento e il target di riferimento.Proprio per questo è necessario par-tire dai bisogni della comunità loca-le, che vanno analizzati e studiatidotandosi di strumenti adeguati.

Un’idea nuovaper le biblioteche

In proposito, un’esperienza interes-sante è avvenuta di recente nelRegno Unito, a Tower Hamlets, co-mune autonomo dell’East End diLondra (213.000 abitanti).L’amministrazione, avendo decisodi investire nelle biblioteche e neicentri di formazione permanenteper far fronte ai forti problemi diemarginazione, integrazione e di-soccupazione e per avviare unprocesso di riqualificazione socia-le, culturale ed economica dellacomunità locale, ha promosso nel1999 uno studio di sei mesi per va-lutare le esigenze reali della popo-lazione.13 A tale scopo sono statiorganizzati un sondaggio median-te due questionari a risposta mul-

tipla, una ricerca di mercato ap-profondita su un campione signifi-cativo e laboratori di progettazio-ne partecipata con focus group.Dalla consultazione pubblica è e-merso che il 98% di coloro chehanno risposto, sia utenti sia non-utenti, consideravano la bibliotecaun servizio importante o molto im-portante, ma la maggior parte deinon-utenti riteneva che le bibliote-che locali avessero un servizio sca-dente e che fossero prive di attrat-tiva (le biblioteche di TowerHamlets avevano l’indice di impat-to più basso del Regno Unito).Oltre il 70% della popolazione af-fermava di non frequentare la bi-blioteca essenzialmente per cin-que motivi: – per mancanza di tempo; – perché riteneva inadeguati gliorari di apertura; – perché non trovava motivo o in-teresse per andarci; – perché riteneva che l’offerta di li-bri fosse insufficiente; – perché non gradiva l’atmosferadel luogo (si trattava prevalente-mente di edifici storici, di epocavittoriana).I non-utenti affermavano inoltreche ciò che avrebbe potuto fare ladifferenza sarebbe stato: – avere orari più ampi e l’aperturadomenicale; – avere la biblioteca vicina a ne-gozi e centri commerciali; – poter trovare in biblioteca servi-zi di informazione del comune ealtre attività culturali; – poter usufruire del servizio diprestito di audiovisivi e di un’of-ferta di collezioni librarie migliorie più aggiornate. In particolare, quello che emerge-va era la necessità, sia da parte de-gli utenti sia da parte dei non-uten-ti, di unire la visita alla bibliotecacon altre attività, prima fra tutte gliacquisti, e in particolare la spesasettimanale al supermercato. Que-sti risultati confermano il fatto chebiblioteche collocate in prossimità

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di centri commerciali aumentanosignificativamente il numero degliutenti, avviando con i centri com-merciali stessi un circolo virtuosodi cui entrambi beneficiano.14

Il caso di Tower Hamlets mette inluce come l’esistenza di una bi-blioteca e la sua “vicinanza a casa”non sia di per sé sufficiente a ga-rantire la frequentazione da partedei lettori. Accessibilità e localizza-zione non sono più fattori mera-mente geografici. La buona loca-lizzazione di un servizio è oggi unfatto legato più al tempo che allospazio, ovvero alla possibilità diconiugare più attività: il tempo èprezioso, e le persone spesso nonpossono o non vogliono andareappositamente in biblioteca, persi-no quando è a portata di mano.Se si vuole che le biblioteche di-ventino parte integrante della vitaquotidiana delle persone, è neces-sario far sì che esse possano con-correre alla pari con gli altri com-petitori commerciali per ottenere iltempo e l’attenzione dei potenzia-li utenti. A tal fine, l’amministrazione di TowerHamlets ha compreso che le bi-blioteche dovevano da un latoavere una diversa e più adeguatalocalizzazione, dall’altro accanto-nare l’immagine istituzionale epolverosa della biblioteca vittoria-na, investendo molto sia sulla for-ma (l’architettura dell’edificio) siasul contenuto (l’architettura deiservizi). Di conseguenza, l’ammi-nistrazione ha deciso di sostituirele dodici public libraries esistenticon sette nuove biblioteche, chia-mate “Idea Store”, localizzate inmodo strategico, per lo più in areemolto frequentate e in prossimitàdi centri commerciali, aperte settegiorni su sette (ma con orari mira-ti), in cui gli utenti potessero tro-vare un insieme integrato di servi-zi per la cultura e la formazione: – servizio bibliotecario di prestito econsultazione di libri e audiovisivi; – informazioni di comunità e ser-

vizio di reference, Internet e com-puter; – spazi di studio; – aule per la formazione perma-nente; – spazi per corsi per il tempo libero; – locali per le associazioni; – caffetteria.Il motto “Library, learning, infor-mation” descrive bene l’offerta diqueste nuove biblioteche, che as-sommano i servizi in precedenzaerogati da biblioteche e centri diformazione permanente, ospitatein edifici nuovi e attraenti, luoghidi socializzazione per la comunità,dove è possibile leggere, studiare,prendere a prestito un libro o unaudiovisivo, incontrare gli amici,bere un caffé, coltivare i proprihobby, frequentare corsi per iltempo libero, ottenere informazio-ni sul lavoro o sulla salute. I bam-bini e i ragazzi possono frequenta-re il doposcuola, e gli adulti corsidi formazione o avviamento pro-fessionale.15

L’investimento ha dato i suoi frutti:gli Idea Store (finora ne sono sta-ti realizzati quattro, tra il 2001 e il

2006) hanno quadruplicato il nu-mero degli utenti. Queste bibliote-che sono le uniche che sono ri-uscite ad aumentare l’indice di pre-stito dei libri, invertendo una ten-denza che in tutto il Regno Unitoregistra invece un progressivo ecostante declino. Sono frequentateda tutti, senza distinzione di età, et-nia, reddito, livello culturale, conuna forte presenza di giovani,adulti e bambini (tanto che sono incorso strategie per attirare la popo-lazione di utenti anziani).

Imitare il metodo,non il modello

Non intendo affermare che il mo-dello degli Idea Store dovrebbeessere pedissequamente adottatodai comuni italiani, benché struttu-re di questo genere potrebbero es-sere efficaci in molte delle nostrerealtà urbane (declinandone ov-viamente le caratteristiche di servi-zio in funzione del contesto socia-le di riferimento) e potrebbero fa-vorire l’alfabetizzazione (informa-

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Il settore d’ingresso di un Idea Store londinese

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tica, ma non solo), la formazionepermanente e soprattutto l’integra-zione sociale (nonché culturale edetnica).Intendo invece sottolineare l’ap-proccio metodologico: il fatto che,prima di imbarcarsi in un’opera-zione di svariati milioni di euro,un’amministrazione comunale sisoffermi sei mesi (un tempo piùche ragionevole) per studiare qua-li siano le reali esigenze e il profi-lo della comunità, decida di inve-stire sulle biblioteche, cerchi i mo-di per valorizzarle e per intercetta-re nuovi utenti; il fatto che ammi-nistratori e dirigenti dei vari settoriabbiano il coraggio e la volontà dirimettere in discussione strutture eservizi afferenti a dipartimenti di-versi (il Dipartimento delle biblio-teche per le public libraries, e quel-lo dell’Istruzione per i learningcentres) e si impegnino a realizza-re una nuova struttura coordinata;il fatto che i bibliotecari (alcuni an-che anziani) abbiano il coraggio ela voglia di rimettere in discussionela loro attività professionale, ade-guandosi alle necessità di serviziodi una struttura completamentenuova, lasciando le abitudini ac-quisite per spostarsi in nuovi edifi-ci, assieme ad altri colleghi neo-assunti o di altri biblioteche.

Creare la percezione del valore

Un altro aspetto interessante è ilmodo in cui queste nuove biblio-teche hanno investito sulla comu-nicazione, da ogni punto di vista.Sono luoghi attraenti per aspetto,architettura e grafica, cui sono sta-ti applicati concetti attinenti sia al-le biblioteche e ai centri di ap-prendimento e formazione, sia al-le attività commerciali e ai serviziper il tempo libero.In particolare sono stati molto ac-centuati gli aspetti inerenti al cosid-detto branding, mediante il qualesi cerca di individuare un’identità

forte che sia ben riconoscibile eche, soprattutto, aumenti nell’uten-za il valore percepito.16 In questocaso, però, l’utilizzo di tali strumentidi marketing è finalizzato alla pro-mozione di un servizio di tipo stret-tamente culturale ed educativo.Questo è un aspetto particolar-mente significativo, su cui conver-rebbe ragionare approfonditamen-te. Troppo spesso le bibliotechepubbliche italiane offrono i loroservizi anche di grande qualità co-me se li “distribuissero”, senza mi-nimamente valorizzarli. Sperandodi non cadere troppo nel luogocomune, è facile constatare chenella mentalità italiana “ciò che ègratis ha poco valore”. Ben lungidal voler proporre il pagamentodei servizi bibliotecari, intendo pe-rò affermare fortemente che è ne-cessario creare negli utenti la per-cezione del valore dei servizi bi-bliotecari stessi. E non solo nell’u-tente, ma anche nell’amministra-zione pubblica. Per far questo ènecessario ricorrere a oculate stra-tegie di marketing e di branding:nelle modalità di erogazione deiservizi e nei loro contenuti, nell’ar-chitettura dell’edificio, nella pro-gettazione degli spazi interni, nel-la comunicazione visiva, nella se-gnaletica, nell’impostazione del si-to Internet, nel comportamento enell’atteggiamento stesso del per-sonale addetto.

Architettura del servizioe architettura dell’edificio

L’architettura del servizio (ovverol’organizzazione dei servizi eroga-ti, la qualità e varietà del patrimo-nio documentario) è condizionenecessaria ma non sufficiente perrendere efficace una biblioteca.È determinante in tal senso anchel’architettura dell’edificio, non soloper consentire l’efficienza e la fun-zionalità dei servizi offerti, ma an-che per attrarre e consolidare nuo-

vi utenti. L’efficacia di una bibliote-ca dipende infatti anche, e non po-co, dalle scelte architettoniche eurbanistiche, dalla sua ubicazionenel tessuto della città, dalla proget-tazione degli spazi esterni e dellefacciate dell’edificio, degli spazi in-terni e della loro distribuzione, de-gli arredi e della loro disposizione.Le scelte architettoniche, oltre adavere un’evidente valenza funzio-nale, svolgono un ruolo di primopiano nel comunicare un’immagi-ne, nell’infondere nella comunità enei potenziali utenti una “percezio-ne” della biblioteca.All’estero tutte le biblioteche han-no investito molto nel rinnova-mento dell’architettura dei lorospazi, per offrire ambienti confor-tevoli, attraenti, in grado di rispon-dere alle differenti necessità dellevarie categorie di utenti, ai vari usie comportamenti. Al contrario, inItalia, troppo spesso non viene ri-conosciuto all’architettura dell’edi-ficio e al progetto degli interni ilruolo centrale che spetterebbe lo-ro nelle strategie di promozionedei servizi bibliotecari.Troppe volte si ha la percezioneche un’architettura innovativa, effi-cace e attraente comporti necessa-riamente un aumento del budget eun lusso che non ci si può per-mettere, e si parte dal presuppostoche la strategia da perseguire sia lamera diminuzione dei costi.Troppe volte, infine, si parte dalpresupposto che un buon progettodi architettura comporti un inevita-bile aumento di spesa, quando inrealtà un progetto di architetturaquando è ben fatto dovrebbe dareun migliore rapporto qualità/prez-zo, e dunque essere sempre con-veniente (altrimenti non è un buonprogetto). Tanto più che le spesedi progettazione in media corri-spondono a meno dello 0,8% delcosto complessivo di un edificio intutto il suo ciclo di vita, dalla co-struzione alla dismissione, mentrene costituisce la fase principale.

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Che cosa NON fare

Concludo con una lista di propo-ste su ciò che si dovrebbe “smet-tere di fare”, nella realizzazione diedifici pubblici in generale e di bi-blioteche in particolare. – Non considerare la progettazio-ne architettonica come un optionalaggiuntivo.– Non considerare la mera riduzio-ne dei costi come il massimo o-biettivo da perseguire.– Non considerare il costo inizialedi investimento della costruzionecome più importante del costodell’intero ciclo vitale dell’edificio.– Non valutare gli edifici dal pun-to di vista meramente funzionale,senza considerarne la valenzasimbolica per la città e la comu-nità.– Non presumere che l’efficacia el’efficienza possano essere svinco-late dalla buona progettazione.– Non aver paura di assumere deirischi calcolati.– Non presumere che gli edificipubblici debbano essere meno cu-rati di quelli privati.Questa lista è stata pubblicata inun documento emesso dal Mini-stero della cultura del governo in-glese, e redatta da una commissio-ne che fa riferimento direttamenteal primo ministro.Il documento, intitolato Better pub-lic libraries (2003), conclude così:

Speriamo che questo documentodimostri quanto una buona proget-tazione architettonica possa con-correre a restituire alle bibliotechepubbliche la loro importanza. Dobbiamo smetterla di vedere lebiblioteche come polverosi deposi-ti di libri e cominciare a conside-rarle come parte di quel collanteche tiene assieme la società civile. Crediamo che sia possibile riscopri-re l’entusiasmo e l’importanza dellebiblioteche pubbliche e farle torna-re ad essere nel cuore delle nostrecomunità.17

Note

1 “Programmare e progettare la biblio-teca pubblica. Scenari e potenzialità,organizzazione dei servizi, architetturadegli spazi”, convegno e corso di ag-giornamento per bibliotecari, ammini-stratori e tecnici degli uffici comunaliorganizzato dal Servizio bibliotechedella Provincia di Milano, in collabo-razione con alterstudio partners srl,organizzazione e logistica a cura diCristina Borgonovo e Alessandra Sca-razzato, direzione scientifica e coordi-namento a cura di Marco Muscogiuri.Cfr. in proposito l’articolo Programma-re e progettare la biblioteca pubblica,“Biblioteche oggi”, 25 (2007), 6; <http://temi.provincia.milano.it/cultura/bibliot2/index.shtm>.2 Si rimanda in proposito alle statistichedella Provincia di Milano e a quelle deisingoli sistemi bibliotecari, consultabilinei seguenti siti: Servizio bibliotechedella Provincia di Milano, <http://www.provincia.milano.it/cultura/progetti/biblioteche/index.html>; Consorzio si-stema bibliotecario Nord-Ovest Milano,<http://www.csbno. net>; Sistema Brian-za biblioteche, <http://www.brianzabiblioteche.it>; Sistema bibliotecarioNord-Est Milano, <http://www.biblio-click.it>; Sistema bibliotecario Vimerca-tese, <http://www.sbv.mi.it>; Sistema bi-bliotecario Milano Est, <http://www.bibliomilanoest.it>; Fondazione perleggere – Biblioteche Sud-Ovest Milano,<http://www.fondazioneperleggere.it>.3 Dpr 14 gennaio 1972, n. 3, Trasferi-mento alle Regioni a statuto ordinariodelle funzioni amministrative statali inmateria di assistenza scolastica e di mu-sei e biblioteche di enti locali e dei relati-vi personali ed uffici. Sulla storia e l’evo-luzione delle biblioteche civiche in Italia(dalle biblioteche popolari alle bibliote-che civiche) si vedano: PAOLO TRANIELLO,La biblioteca pubblica. Storia di un isti-tuto dell’Europa contemporanea, Bolo-gna, Il Mulino, 1997, p. 75-133, 144-156;GIORGIO MONTECCHI – FABIO VENUDA, Ma-nuale di bibliotecomia, Milano, EditriceBibliografica, 2003, p. 51-64. 4 Si rimanda in proposito al lavoro diindagine compiuto da Belotti e ripor-tato nel volume La biblioteca difficile:inchiesta su pubblica lettura e territo-rio in provincia, a cura di MassimoBelotti, Milano, Mazzotta, 1978.

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5 Abitare la biblioteca: arredo e orga-nizzazione degli spazi nella bibliotecapubblica, a cura di Massimo Accarisi eMassimo Belotti, Edizioni Oberon, Ro-ma, 1984.6 “Biblioteche oggi”, 12 (1994), 1; AN-GELO MARCHESI, Nuovi spazi per nuoviservizi nel Vimercatese, “Bibliotecheoggi”, 19 (2001), 2, p. 52-62; ID., Luo-ghi per viaggiatori immobili. Le biblio-teche e i servizi del Sistema biblioteca-rio del Vimercatese, Vimercate, Sistemabibliotecario del Vimercatese, 2001.7 Cfr. ricerca Mondadori/IPSOS, La cre-scita diseguale. Leggere e comperarelibri in Italia 2003-2005; Comunica-zione e Media, in 40° Rapporto an-nuale sulla situazione sociale del Pae-se, Fondazione Censis, p. 517-570.8 40° Rapporto annuale sulla situazio-ne sociale del Paese, cit., p. 147.9 Si veda in proposito: Il nuovo ruolodelle biblioteche pubbliche nella socie-tà dell’informazione e della conoscen-za, Unione europea, Fondo socialeeuropeo – Ministero del lavoro e del-le politiche sociali, trad. italiana a cu-ra di Sibylle Mopebius, 2004.10 Secondo l’Istat tra le famiglie concapofamiglia operaio e quelle con ca-pofamiglia dirigente o simili c’è unadifferenza di 30 punti nel possesso dicomputer e di 37 nell’accesso a Inter-net; le famiglie costituite da soli an-ziani sono prevalentemente esclusedall’accesso alla tecnologia. Si veda:ISTAT, Le tecnologie dell’informazionee della comunicazione: disponibilitànelle famiglie e utilizzo degli indivi-dui, anno 2006, <http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20061218_01/testointegrale.pdf>.11 Per approfondimento si rimandaanche al testo di ELENA BORETTI, Utenticompetenti e cittadinanza digitale: vi-vere e lavorare nella società dell’ap-prendimento, intervento al Convegno“Biblioteche&formazione: dall’infor-mation literacy alle nuove sfide dellasocietà dell’apprendimento”, Milano,Palazzo delle Stelline, 15 marzo 2007,di prossima pubblicazione per i tipidella Editrice Bibliografica.12 SERGIO CONTI, Realizzare e gestirebiblioteche pubbliche, intervento alConvegno “La biblioteca pubblica: unservizio su cui investire”, organizzatodal Settore cultura della Provincia diMilano, 6 dicembre 2006, Sala Nuovo

Spazio Guicciardini, Milano, <http://www.provincia.milano.it/cultura/progetti/biblioteche/doc/programmare_progettare_biblioteca_pubblica.pdf>.13 In particolare, nell’East End risulta-va esserci una percentuale molto alta(31-36%) della popolazione che ne-cessitava di quelli che in inglese ven-gono chiamati basic skills, ovvero lecompetenze di base, di alfabetizzazio-ne primaria (anche dovuta all’alta per-centuale di stranieri). Tutto questo afronte di un alto numero di bibliote-che, addirittura dodici, alcune dellequali si sovrapponevano come bacinodi utenza, per lo più localizzate in edi-fici storici, di epoca vittoriana. L’am-ministrazione si trovava, oltretutto, nelparadosso di dover mantenere dodicibiblioteche funzionanti, i cui edificiavrebbero avuto nei cinque anni suc-cessivi dei costi di manutenzione or-dinaria e straordinaria e di adegua-mento funzionale (abbattimento dibarriere architettoniche e adeguamen-to di impianti) pari a circa 12-13 mi-lioni di euro.14 Quando la Stratford Library del sob-borgo di Newham fu trasferita in unedificio nuovo vicino a un centrocommerciale, il numero delle visiteannue ebbe un incremento del 239%.Ma lo stesso dicono i bibliotecari del-la Biblioteca di Brugherio (Milano),che nel periodo di ristrutturazione del-la sede dovette essere trasferita mo-mentaneamente vicino a un centrocommerciale, portando da un lato aun incremento del numero degli uten-ti della biblioteca, dall’altro all’aumen-to del numero di clienti del centrocommerciale.15 Sull’esperienza degli Idea Store si ri-manda al sito ufficiale: <http://www.ideastore.co.uk>; sull’architettura de-gli edifici degli Idea Store si veda: KEN

ALLISON, London’s contemporary ar-chitecture, London, Architectural Press,2006, p. 228-229; DAVID ADJAYE, Mak-ing public building. Specifity, customi-zation, imbrication, a cura di PeterAllison, London, Thames & Hudson,2006, p. 160-208. 16 Con il termine brand, “marchio”,“marca”, si indica un prodotto, un ser-vizio o un’idea che sia ben individua-ta e distinta da altri prodotti, servizi oidee, in modo da essere facilmentecomunicabile e vendibile. Il branding

è il processo di creazione e diffusionedell’identità di un marchio, l’insiemedelle strategie volte a evidenziare epropagandare l’immagine e la missio-ne di un’azienda attraverso l’uso dellapubblicità e il ripetuto utilizzo del logo.Esempi di brand sono Ikea, Starbucks,Pret a Manger, ma anche le marche diprodotti e accessori, quali Apple, Ar-mani, Prada ecc.17 Better public libraries, a cura di CABE(Commission for Architecture and theBuilt Environment), London, CABE,2003; <http://www.mla.gov.uk/resources/assets/I/id874rep_pdf_5334.pdf>.

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Today, the public libraries haveto accept more and morecomplex challenges, mostly dueto the social changes and theICT diffusion. In Italy, furthermore,they are still young institutions,with a low index of impact onthe population. In order to changethis situation it is necessary thatthe public library, besides thepromotion of the reading services,becomes first and foremost anaggregation space and a placefor promoting cultural policies.To do so, it has to invest in theimplementation of the informa-tion and the reference services,and it has to find its space in theentertainment, spare time andlifelong learning sphere.To reach this goal, it is necessaryto start up common strategiesamong the libraries, and to formalliances with other subjects ofthe culture, education, tourism,entertainment world. It is alsoimportant to launch processesaimed to promote one’s services,as well as fundraising activities.It is also necessary to invest alot on the communication, onthe service and on the architec-tural design, also using market-ing and branding strategies.

Abstract