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Bottazzi - Nessi e Connessi Scientifici Amianto INCA 2009

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    ANNO XXVII - N. 4-5 APRILE-MAGGIO 2009

    Salute e sicurezza

    Migrazioni

    Maternit e paternitHandicap e disabilit

    Welfare State in Europa

    Diritti e tutele nel mondo

    Approfondimenti

    NotiziarioInca

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    Salute e sicurezza Provvedimento correttivo o controriforma? 7

    Note sullo schema di decreto correttivo e integrativo del D.Lgs. 81/08 in tema di tutela

    della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

    a cura di Carlo Smuraglia, Olivia Bonardi e Luca Masera

    Le Marzabotto dellamianto 29di Laurent Vogel

    Nessi e connessi scientifici dellamianto 37di Marco Bottazzi

    Il fenomeno infortunistico e tecnopatico nei lavoratori stranieri 63di Marco Bottazzi e Gabriele Norcia

    Migrazioni Scenari e tendenze per le migrazioni internazionali. Ipotesi al vaglio 85

    di Giulio Mattiazzi

    Oltre la tolleranza zero 89di Vittorio Angiolini

    Immigrazione non fa rima con burocrazia 91di Luca Santini

    In Emilia Romagna titoli di soggiorno express 93di Ennio Santolini

    Immigrato in attesa di giudizio 95di Lisa Bartoli

    Maternit e paternit Diritto negato per le lavoratrici autonome? 101

    di Cristian Perniciano

    Sommario

    Antonella LupiBozzetto per la tessera della CGIL1995Acquerello su cartacm 12,711,5Direzione Nazionale CGIL

    Tutte le immagini di questo numerosono tratte da CGIL Le raccolte darteedito da Ediesse, 2005

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    Handicap e disabilit Il valore terapeutico di una legge 107

    di Francesco Milani

    Welfare State in Europa Le convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale in Belgio 113

    di Carlo Caldarini

    Diritti e tutele nel mondo Crisi mondiale, disoccupazione e disuguaglianza dei redditi 121

    di Vittorio Longhi

    Approfondimenti Disuguaglianze economiche e non solo: lItalia del malessere sociale 127

    di Maurizio Franzini

    direttore responsabileLisa Bartoli

    redazione

    Sonia Cappelli

    Via G. Paisiello 43

    00198 Roma

    Tel. (06) 855631

    Fax (06) 85352749

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    delle pubblicazioni periodiche

    del Tribunale di Roma

    il 22.12.1983

    Progetto grafico: Antonella Lupi

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    CHIUSO IN TIPOGRAFIA

    GIUGNO 2009

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    Provvedimento correttivo o controriforma?Note sullo schema di decreto correttivo e integrativo del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 27marzo 2009, in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

    a cura di Carlo Smuraglia*, Olivia Bonardi**, Luca Masera***

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    SOMMARIO: Premessa. 1. La mancata attuazione

    del d.lgs. n. 81/08. 1.1. Le proroghe. 1.2. I

    ritardi nellemanazione dei decreti attuativi. 2.

    La deresponsabilizzazione dei datori di lavoro. 2.1. Le

    presunzioni di conformit. 2.2. La certificazione.

    2.3. Le conseguenze sul diritto al risarcimento dei danni

    delle vittime di infortunio. 3. Le nuove ipotesi di

    esclusione della responsabilit penale del datore di lavoro

    e la rivisitazione del sistema sanzionatorio. 3.1.

    Lart. 15-bis. 3.2. Lart. 16. 3.3. La rivisitazione

    del sistema sanzionatorio. 4. La violazione degli obbli-

    ghi comunitari. 4.1. La violazione della clausola di re-

    sponsabilit contenuta nell art. 5, Direttiva n.

    89/391/CE. 4.2. Il contrasto con la Direttiva n.

    89/391/CE delle disposizioni relative alla valutazione dei

    rischi. 4.3. La valutazione dei rischi da interferenze la-

    vorative. 4.4. La riduzione del campo di applicazione.

    5. Labbassamento dei livelli di protezione. 5.1.

    Lincostituzionalit per violazione del criterio direttivo di

    cui allart. 1, comma 3, legge n. 123/07. 5.2. I passi

    indietro rispetto al d.lgs. n. 81/08. 6. Il ruolo pubbli-

    co. 7. La riduzione dei poteri degli organi di vigilan-

    za. 7.1. I limiti al potere di sospensione dei lavori.

    7.2. I limiti di carattere amministrativo. 8. La parteci-

    pazione dei lavoratori. 8.1. I limiti alla costituzione e

    ai diritti dei RLS. 8.2. Il ruolo degli organismi parite-

    tici. Considerazioni conclusive.

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    Salute e sicurezza

    Ennio CalabriaIl vento si scaglia contro le cose2005Acrilico su tela, cm. 160120Direzione Nazionale CGIL

    * Gi ordinario di Diritto del lavoronellUniversit statale di Milanoe gi presidente 11aCommissionelavoro del Senato.** Ricercatrice di Diritto del lavoronellUniversit di Milano.*** Docente di Diritto penalenellUniversit di Brescia.

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    Premessa

    Il Testo Unico varato col decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il frutto di unlavoro di ricerca trentennale, la cui origine ufficiale si fa risalire allart. 24 dellalegge di riforma sanitaria (n. 833/1978). In questi anni, vi sono state elaborazio-ni, proposte di legge, indagini parlamentari, contributi di esperti, associazioni,

    parti sociali.Una volta adottato, finalmente, un testo di coordinamento e di innovazione, que-sto avrebbe dovuto rappresentare un punto fermo per tutte le forze e gli organi-smi pubblici e privati che hanno percepito la gravit di un fenomeno, come quel-lo degli infortuni sul lavoro e delle malattie da lavoro, che incide fortemente e tra-gicamente sul capitale umano e perfino sulle complessive capacit produttive delpaese.Era logico aspettarsi un fervore di iniziative, la pronta adozione dei decreti attuati-vi, il completamento del sistema organizzativo, un rinnovato impegno collettivoper la formazione di una vera cultura della prevenzione.Lesperienza concreta avrebbe poi suggerito, in dettaglio, i miglioramenti da ap-portare e le eventuali discrasie da correggere. A ci aveva pensato il legislatore, det-tando la norma ormai abituale in questi casi secondo la quale la delega origina-ria si doveva estendere anche allemanazione di un provvedimento correttivo e in-tegrativo da emanare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedi-mento principale. Correzioni, dunque, per gli eventuali difetti e aggiustamentiche si rendessero concretamente visibili e dunque meritevoli di intervento; e inte-grazioni, l dove risultasse non sufficientemente trattato (o non affrontato affat-to) uno specifico punto, rilevante per il complesso del sistema.

    Nella fattispecie, a differenza di altri casi di emanazione di Testi Unici, in contrastodi quanto imporrebbe la logica, tutto questo non accaduto; anzi si verificato ilcontrario, come dimostrato: dalle dichiarazioni rese anche da esponenti gover-nativi subito dopo lemanazione del d.lgs. n. 81; dagli interventi in qualche modoriduttivi realizzati nei mesi immediatamente successivi da parte degli organi go-vernativi; dalle proroghe previste anche per termini di notevole rilievo; dalla man-cata emanazione di gran parte dei decreti attuativi. stato giustamente osservato che il periodo di reale applicazione del d.lgs. n. 81,tenuto conto anche di alcune modifiche successivamente apportate e del differi-mento di alcuni adempimenti fondamentali come la valutazione dei rischi, stato

    troppo breve per consentire significative esperienze, rivelatrici di eventuali critici-t e carenze e tali da richiedere interventi correttivi e integrativi di ampia portata.Cos, ora ci si trova di fronte a uno schema di provvedimento correttivo che appa-re frutto di convinzioni radicate da tempo in alcuni settori, privati e pubblici, piut-tosto che di concrete esperienze; che si risolve alla fine in un sostanziale ribalta-mento della filosofia del Testo Unico, dei contenuti fondamentali e delle pro-spettive essenziali dello stesso. La stessa ampiezza del Testo proposto (136 articoli),le modifiche talora assai rilevanti e talaltra incidenti anche su profili soltanto appa-rentemente marginali, la riformulazione di intere parti o settori, sotto un profilo si-

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    stematico, assumono in concreto laspetto di un provvedimento che corrispondeassai poco a ci che intendeva il legislatore quando conferiva una delega anche perlimitati interventi correttivi e integrativi e ancora meno alla ratioe alle finalit com-plessive desumibili dal testo del decreto n. 81.Di quanto si rilevato sar fornita una dimostrazione analitica, cercando di ap-profondire sinteticamente i singoli aspetti e le singole questioni che appaiono de-

    gne di maggior attenzione. Fin dora per va detto che i rischi di una operazione co-me quella che emergerebbe dallo schema del decreto appaiono evidenti e possonoessere cos sintetizzati, in via di larga approssimazione: un abbassamento dei livelli di tutela; una minor chiarezza ed efficacia del dettato complessivo; lo svuotamento di alcune misure e di alcuni istituti essenziali; la deresponsabilizzazione di alcuni dei principali responsabili della sicurezza; la riduzione dei poteri e delle funzioni degli organismi di vigilanza; alcuni messaggi negativi sotto il profilo della cultura della prevenzione; serie possibilit di contrasto, su punti tuttaltro che secondari, con disposizioni

    e direttive comunitarie e con norme costituzionali.

    1. La mancata attuazione del d.lgs. n. 81/08

    1.1. Le proroghe

    Con diversi provvedimenti, dopo il 18 maggio 2008, stata rinviata lentrata invigore delle novit pi salienti del decreto, quando addirittura non ne stata ri-dotta la portata innovativa, introducendo anche elementi di forte contradditto-riet nel sistema. Il d.l. 3 giugno 2008, n. 97 (convertito in legge 2 agosto 2008,n. 129), ha posticipato al 1 gennaio 2009 lentrata in vigore di alcuni importantiobblighi, come quello di effettuare la valutazione dei rischi secondo i nuovi cri-teri (vedi par. 4.2.), di comunicare gli infortuni agli enti previdenziali (vedi par.6) e di rivolgersi a strutture pubbliche per effettuare le visite mediche preassun-tive (vedi par. 5.2.). Il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133/08,ha ridotto la possibilit di controllo e sanzioni cancellando il potere precedente-mente attribuito agli organi di vigilanza di sospendere i lavori in caso di viola-zioni alla normativa in materia di orario di lavoro ed eliminando la sanzione am-

    ministrativa per lappaltatore che non fornisce ai propri dipendenti il tesserinodi riconoscimento. Si introdotto in questo modo un forte elemento di con-traddittoriet nel sistema, in quanto non pi sanzionato il datore di lavoro chenon fornisce il tesserino di riconoscimento, ma lo comunque il lavoratore chenon lo indossa.Infine, il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito nella legge 27 febbraio2009, n. 14, ha ulteriormente prorogato fino al 16 maggio 2009 i termini gi po-sticipati dal d.l. n. 97/08, introducendo una proroga particolare per la valutazionedei rischi dello stress lavoro-correlato (vedi par. 4.2.).

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    1.2. I ritardi nellemanazione dei decreti attuativi

    La scelta di un sostanziale disimpegno emerge con evidenza anche considerando iprovvedimenti di carattere regolamentare che avrebbero dovuto dare attuazione alnuovo Testo Unico e che ancora non sono stati emanati, nonostante che i terminisiano in molti casi scaduti da tempo. Limitandosi qui ai decreti che riguardano le

    misure di carattere generale, e senza entrare nel dettaglio delle disposizioni specifi-che relative a singoli fattori di rischio, basti sottolineare come non siano ancora sta-ti emanati i decreti necessari per consentire il coordinamento della nuova norma-tiva con quella relativa a settori particolari e fonte di gravi incidenti, quali quelli dellavoro nel trasporto ferroviario, in ambito portuale e a bordo delle navi (d.m.exart.3, comma 2, d.lgs. n. 81/08, relativo al coordinamento della normativa e d.m. exart. 13, comma 3, per il coordinamento delle funzioni di vigilanza negli stessi set-tori). Il governo, anzich provvedere tempestivamente, ha prolungato i termini perlemanazione dei decreti in questione di ulteriori 12 mesi (cfr. lart. 32, d.l. n. 207/08,convertito in legge n. 14/09).Nemmeno sono stati emanati i decreti e i provvedimenti amministrativi necessa-ri per mettere in funzione il nuovo sistema istituzionale, che costituisce una dellenovit pi salienti del nuovo Testo Unico e che avrebbe dovuto consentire final-mente la realizzazione di vere e proprie politiche per la prevenzione. Manca an-cora il decreto (che avrebbe dovuto essere emanato entro 180 giorni) volto a defi-nire le regole tecniche per la realizzazione del SINP (il nuovo Sistema informati-vo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro). Per quanto consta, non so-no ancora stati istituiti n il Comitato per lindirizzo e la valutazione delle politi-che attive e per il coordinamento nazionale in materia di vigilanza, avente lim-portantissimo compito di garantire lattuazione del principio di leale cooperazio-ne tra Stato e Regioni in materia, n la Commissione per gli interpelli prevista dal-lart. 12 del Testo Unico. Peraltro, nonostante la mancata istituzione della Com-missione, a cui devono partecipare anche le Regioni, trattandosi di materia di com-petenza concorrente, il Ministero ha provveduto comunque a rispondere a un im-portante interpello (risp. del 19 dicembre 2008, n. 52), relativo alle modalit diconsultazione da parte dei rappresentanti della sicurezza del documento di valu-tazione dei rischi, fornendo una risposta nettamente in contrasto con il dettato le-gislativo. Il Ministero ha sostenuto, infatti, che sufficiente la consegna dellostesso su supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video al-

    linterno dellazienda, modalit questa che si risolve nella sola possibilit di vi-sione, mentre il d.lgs. n. 81/08 in ben tre norme diverse afferma che il RLS devericevere il documento di valutazione dei rischi (cfr. art. 18, lett. o; art. 50, comma1, lett. e, e art. 50, comma 4).Nonostante la dichiarata volont di sostenere le piccole e medie imprese nella dif-ficile opera di messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, sono mancati anche iprovvedimenti attuativi delle semplificazioni e dei sostegni a favore di queste atti-vit. Mancano ancora, ad esempio, sia il decreto che definisce le modalit di finan-ziamento delle attivit promozionali (d.m. exart. 11, comma 2), sia quello di sem-

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    plificazione degli adempimenti per le imprese agricole che occupano solo lavora-tori stagionali (d.m. exart. 3, comma 13).Manca tra laltro, anche il decreto volto a regolamentare lattivit di consulenza svol-ta dai principali enti pubblici (INAIL, ISPESLe IPSEMA, d.m. exart. 9, comma3) (vedi anche par. 7).

    2. La deresponsabilizzazione dei datori di lavoro

    2.1. Le presunzioni di conformit

    in questo contesto che si predisposto lo schema di decreto legislativo correttivodel d.lgs. n. 81/08. Il provvedimento si colloca, in una prospettiva di deresponsa-bilizzazione di tutti i soggetti che sono coinvolti nella messa in sicurezza dei luoghidi lavoro, a cominciare dal datore di lavoro per finire con i soggetti pubblici. Si in-terviene con numerose disposizioni in varie parti del provvedimento, talvolta incontrasto con le norme comunitarie in materia e in particolare con la Direttiva qua-dro n. 89/391/CE,talaltra realizzando eccessi di delega, con la violazione della re-gola sancita nella legge n. 123/07 del divieto di abbassamento dei livelli di tutela, espesso con modifiche contrastanti con altre parti del nuovo Testo Unico.Il primo aspetto che desta contrariet riguarda la figura del datore di lavoro. Si trat-ta del soggetto fondamentale e principale dellintero sistema di prevenzione, sulquale grava il generale dovere di sicurezza. appena il caso di ricordare che lattri-buzione a tale soggetto dei principali obblighi in materia non avviene per caso. Es-sa risponde non solo a un quadro normativo e giurisprudenziale ormai ultracin-quantennale, ma anche ai principi generali sanciti dalla Direttiva n. /391/CE ed giustificato sulla base della elementare constatazione che lobbligo e le corrispon-denti responsabilit devono gravare su tale soggetto in quanto egli il titolare deipoteri organizzativi e decisionali sui luoghi di lavoro. Solo aderendo a unidea del-la sicurezza sul lavoro basata sulla predisposizione di singoli dispositivi tecnici ideada tempo superata in tutta la Comunit europea, le cui disposizioni confermanoche la sicurezza deve essere realizzata mediante lintegrazione della prevenzione nel-lorganizzazione del lavoro si potrebbe pensare di alleggerire il dovere di sicurez-za del datore di lavoro. Ma questo ci porterebbe indietro addirittura alla situazioneantecedente al d.lgs. n. 626/94 e al di fuori delle regole comunitarie, che limitano

    fortemente la possibilit di esentare da obblighi e responsabilit il datore di lavoro(vedi par. 4).In contrasto dunque con i principi fondamentali in materia, la responsabilit deldatore di lavoro viene fortemente limitata sia sul piano civile, sia su quello ammi-nistrativo, sia infine su quello penale.

    Anzitutto, lart. 2 dello schema di decreto introduce nel d.lgs. n. 81/08 un nuovoart. 2-bis, contenente tre diverse presunzioni di conformit. Si dispone, infatti,che la corretta attuazione delle norme tecniche e delle buone prassi [] conferi-sce presunzione di conformit alle prescrizioni di corrispondente contenuto del

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    [] decreto legislativo. Ora, le norme tecniche e le buone prassi a cui si riferiscela norma sono disposizioni diverse da quelle stabilite nel d.lgs. n. 81/08. Inoltre,mentre le norme tecniche hanno carattere specifico e ulteriore rispetto a quelle sta-bilite nel d.lgs. n. 81/08, le buone prassi sono soluzioni organizzative o procedura-li che devono essere coerenti con la normativa ma che possono essere adottate solovolontariamente. Le misure indicate nel d.lgs. n. 81/08 hanno invece carattere tas-

    sativo e il datore di lavoro non pu sostituirle con altre. Dunque, non si vede in chemodo il rispetto delle norme tecniche e delle buone prassi possa indurre a ritenereche anche le misure previste tassativamente dalla legge siano state adottate e, in ognicaso, non si vede perch il rispetto di una procedura volontaria dovrebbe esclude-re il controllo sul rispetto dellintera normativa. Ove poi le buone prassi introdu-cessero misure alternative a quelle stabilite dalla legislazione vigente, ci si trovereb-be in una posizione di contrasto con lordinamento comunitario con il rischio diulteriori condanne da parte della Corte di Giustizia CE, che in pi occasioni ha af-fermato che semplici prassi amministrative non sono idonee a garantire lesattoadempimento delle direttive comunitarie da parte degli Stati membri (C-394/00;C-254/00; C-159/99 e C-315/98).

    Ancora pi problematica la seconda parte del nuovo art. 2-bis, ove si afferma cheladozione certificata di un modello di organizzazione e gestione della sicurezzasecondo i parametri di cui allart. 30 conferisce presunzione di conformit allinte-ro decreto n. 81/08, cio sostanzialmente a tutta la normativa prevenzionistica. An-che in questo caso si commette lerrore di confondere ladozione di procedure spe-cifiche (in questo caso di carattere organizzativo) con il rispetto dellintero corpuslegislativo.Rivela lo stesso errore (confondere lattuazione di una piccola parte della normati-va con il tutto) anche la previsione, sempre contenuta nellart. 2-bis, per cui luti-lizzo di macchine marcate CE conferisce presunzione di conformit alle prescri-zioni del decreto.

    2.2. La certificazione

    Lo schema di decreto introduce, attribuendole un valore rilevante, una forma dicertificazione, oltre tutto con seri problemi perfino di tecnica normativa. Si stabi-lisce che le commissioni di certificazioni istituite presso gli enti bilaterali e presso leuniversit ai sensi dellart. 76, d.lgs. n. 276/03, possono certificare ladozione e cor-

    retta attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza, rilevanti,ai sensi dellart. 30, per escludere la responsabilit amministrativa degli enti. A par-te il fatto che gli enti bilaterali di certificazione possono non coincidere affatto congli organismi paritetici previsti dal d.lgs. n. 81/08, avendo questi ultimi funzionispecifiche in materia di sicurezza sul lavoro e avendo invece gli enti bilaterali di cuial d.lgs. n. 276/03 funzioni di politica attiva del mercato del lavoro, non previstaalcuna garanzia circa la competenza professionale e tecnica dei soggetti abilitati arilasciare la certificazione, soprattutto in materia di organizzazione aziendale e dicarattere tecnico.

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    2.3. Le conseguenze sul diritto al risarcimento dei danni delle vittime di

    infortunio

    Si deve inoltre rilevare che le modifiche cos introdotte avrebbero effetti dannosinon solo sul piano importantissimo della prevenzione ma anche su quello che pur-troppo rimane lambito di applicazione prevalente della normativa: quello risarci-

    torio. Lintroduzione di sistemi di presunzione di conformit allordinamento ri-schia di avere leffetto di minare anche gli aspetti risarcitori sul piano penalistico,su quello civilistico e su quello della normativa prevenzionistica, rendendo pi dif-ficoltosa al lavoratore la prova dellinadempimento da parte del datore di lavorodellobbligo di sicurezza e imponendogli di vincere con evidenti ed enormi diffi-colt, soprattutto per ci che attiene allorganizzazione del lavoro la presunzionedi conformit legale cos introdotta.

    3. Le nuove ipotesi di esclusione

    della responsabilit penale del datore di lavoroe la rivisitazione del sistema sanzionatorio

    3.1. Lart. 15-bis

    Lart. 10-bisdello schema, che introduce un articolo aggiuntivo (15-bis), rappre-senta senza dubbio la norma ove pi evidente appare la riduzione dellarea di re-sponsabilit penale del datore di lavoro e dei dirigenti. Per le ragioni che si andran-no ora ad analizzare, la nuova disposizione creerebbe una vasta area di impunit peril datore di lavoro e i dirigenti, ponendosi in assoluto contrasto con i principi dasempre accolti nella nostra giurisprudenza penale, in armonia con le importantidisposizioni della Carta Costituzionale.La nuova norma introduce una deroga al principio generale in tema di responsa-bilit penale per omissione affermato dallart. 40, comma 2, del codice penale (percui non impedire un evento, che si ha lobbligo giuridico di impedire, equivale acagionarlo) disponendo che nei reati commessi mediante violazione delle normerelative alla prevenzione degli infortuni e alligiene sul lavoro tale principio vale sol-tanto a determinate condizioni: a) che sia stato violato un obbligo derivante dauna posizione di garanzia nei confronti del bene giuridico tutelato; b) che il titola-re della posizione di garanzia sia in possesso dei poteri giuridici o di fatto idonei a

    impedire levento; c) che la posizione di garanzia sia tassativamente istituita dallalegge, salvo poter esser, nei limiti da essa determinati, specificata da regolamenti,provvedimenti della pubblica autorit, ordini o atti di autonomia privata; d) chelevento non sia imputabile ai soggetti di cui agli artt. 56, 57, 58, 59 e 60 del pre-sente decreto legislativo per la violazione delle disposizioni ivi richiamate.Il primo motivo di contrariet rispetto a tale disposizione di natura metodologi-ca. Si inserisce in un decreto legislativo (e senza che la legge delega facesse alcun ri-ferimento a tale modifica) una norma che, per la sua rilevanza sistematica, dovreb-be addirittura venire collocata nella parte generale del codice penale.

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    Ben pi gravi, tuttavia, sono le censure di merito cui la norma si espone. Mentre iprimi due requisiti richiesti dalla norma (lettere ae b) non costituiscono novit ri-levanti, posto che si tratta di presupposti gi pacificamente richiesti dalla giuri-sprudenza per fondare la responsabilit a titolo omissivo, la prima modifica im-portante alla lettera c, dove si richiede che la posizione di garanzia sia tassativa-mente istituita dalla legge: formulazione che potrebbe revocare in dubbio quan-

    to meno per interpretazioni poco sensibili alle linee portanti del sistema di sicurez-za la legittimit di fondare la responsabilit del datore di lavoro sullart. 2087 cod.civ., cui la nostra giurisprudenza penale fa abitualmente riferimento quando lin-fortunio non sia addebitabile alla violazione di specifiche disposizioni, ma derivipiuttosto da carenze strutturali o da inadeguatezze dellintero impianto di preven-zione. Sul punto, invece, necessaria la maggior chiarezza, non solo perch lart.2087 contiene un principio generale fondamentale per lintero sistema, finora con-siderato da tutti intangibile, ma anche perch eventuali interpretazioni riduttivedelle nuove norme potrebbero non solo privare il lavoratore della possibilit di ve-dere riconosciuti i propri diritti in sede penale, ma anche compromettere la tutelarisarcitoria in sede civile, considerato il legame che lart. 10, d.P.R. n. 1124/65, in-staura in detta materia tra le due forme di responsabilit.Il dato davvero dirompente rispetto ai principi peraltro contenuto nella letterad,ove si stabilisce che il datore o il dirigente non risponde della morte o dellinfortu-nio se levento imputabile al fatto colposo di un preposto, progettista, fabbrican-te, fornitore, installatore, medico, lavoratore o lavoratore autonomo, cio al fattodi uno qualsiasi degli altri soggetti operanti nel contesto produttivo. In altri termi-ni: contrariamente a quanto impongono i princpi generali in materia di concorsodi pi soggetti nella causazione di un evento, e contrariamente a quanto affermatodalla nostra giurisprudenza, se nella causazione dellinfortunio fosse intervenuto ilfatto colposo di un altro soggetto subordinato, il vertice dellimpresa per definizio-ne non ne risponderebbe, indipendentemente dal fatto che il datore o il dirigenteabbiano a loro volta contribuito causalmente e colposamente alla verificazione del-linfortunio.Francamente non si vede alcuna motivazione razionale che possa giustificare la crea-zione di una simile area di impunit: un conto affermare che il datore non pu es-sere chiamato a rispondere degli infortuni anche quando non ha colpa (principioconsolidato nella nostra giurisprudenza), altro esentarlo da responsabilit anchequando in colpa, solo perch con la sua concorrono altre responsabilit. In que-

    sto modo si svuoterebbe di significato lobbligo di vigilanza in capo al datore di la-voro in ordine al corretto espletamento da parte di tutti i soggetti delle funzioni lo-ro assegnate, visto che anche il datore che non avesse adempiuto a tale obbligo nondelegabile, e dunque non avesse vigilato sul rispetto della normativa, andrebbe co-munque esente da responsabilit, per la sola sussistenza del contributo colposo diun altro soggetto; eventualit questultima tuttaltro che rara, considerato come nel-lassoluta normalit dei casi linfortunio non sia imputabile esclusivamente al da-tore di lavoro, bens allinterazione di una serie di fattori di rischio, su cui la leggeimpone precipuamente al datore di vigilare. Cos che paradossalmente si realizze-

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    rebbe la regola secondo cui meno si vigila e pi si sommano le colpe dei soggettisubordinati, e quindi pi insicuro lambiente di lavoro, pi il vertice dellimpre-sa certo di andare esente da responsabilit, mentre un datore di lavoro attento anominare preposti capaci si potrebbe trovare in difficolt in caso di infortunio, per-ch non vi sarebbero altri soggetti su cui scaricare le proprie responsabilit: davve-ro un risultato contrario alla logica (e non solo a quella giuridica).

    La norma poi particolarmente grave, perch non incide tanto sul sistema sanzio-natorio del decreto (dove sono previste fattispecie che, comunque, da un punto divista penalistico, sono di modesta entit, e per le quali, anche quando commina-ta in astratto la pena detentiva, sono numerosi gli strumenti per convertirla in san-zioni pecuniarie), ma provoca conseguenze sui processi per omicidio o lesioni per-sonali, dove invece la risposta penalistica, e la minaccia di una vera pena detentiva,pu e deve avere senso in chiave di deterrenza, cos come esplicitamente richiestodalla normativa europea.La modifica appare ancora pi grave, se si considera che, trattandosi di norma fa-vorevole al reo, potrebbe incidere su processi in corso, nei quali lassoluzione del da-tore potrebbe essere invocata solo perch sussistente la responsabilit anche di altrisoggetti.Non si intende prendere qui posizione su questioni delicate e complesse, relativeanche a gravi procedimenti pendenti, sui quali spetter ogni valutazione alle auto-rit giudiziarie competenti. Ma sufficiente prospettare la questione per dimo-strare, oltre tutto linopportunit (oltre alla illegalit) della previsione dellart. 15-bis, suscettibile di creare discussioni e problematiche in procedimenti nei quali siimpone, invece, la obiettiva e serena ricerca delle responsabilit. certo, in ogni caso, che se la norma non venisse eliminata (ma confidiamo dav-vero che essa non resti, in toto e soprattutto per quanto riguarda la lettera d) nonmancherebbero gli argomenti per dimostrarne lincostituzionalit: per contrastocon lart. 76 Cost., dal momento che la legge delega non faceva alcun riferimentoa una tale forma di limitazione di responsabilit per datori di lavoro e dirigenti, e siconfigura dunque un evidente caso di eccesso di delega; per contrasto con lart. 117Cost., in quanto la disposizione non viola ma violerebbe la normativa comunita-ria, che alla Direttiva n. 391/89 limita lesclusione della responsabilit del datore dilavoro alle sole ipotesi di intervento di fattori eccezionali e imprevedibili (vedi par.4); e infine per contrasto con lart. 3 Cost., posto che verrebbe irragionevolmenteistituito un regime di favore per il datore e i dirigenti rispetto agli altri soggetti ope-

    ranti nel settore della sicurezza (sulla sindacabilit costituzionale di norme istituentiingiustificati regimi di favore nei confronti di particolari categorie di condotte o diagenti, cfr. la recente pronuncia di incostituzionalit in materia di falsi elettorali:Corte Cost. n. 394/2006).

    3.2. Lart. 16

    Una modifica significativa al sistema delle responsabilit viene introdotta an-che dallart. 11 del decreto correttivo, che modifica lart. 16, comma 3, secon-

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    do periodo, del d.lgs. n. 81, stabilendo che lobbligo di cui al precedente ca-poverso (lobbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro sulloperato dei dele-gati) si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello diverifica e controllo di cui allart. 30, comma 4. Con questa modifica, la re-sponsabilit del datore di lavoro viene modellata su quella della persona giuri-dica, nel senso che ladozione e lefficace attuazione di uno di quei modelli di

    verifica e controllo che, exart. 6, d.lgs. n. 231/01, fanno venir meno la respon-sabilit penale-amministrativa dellente, comporta altres lautomatica esenzio-ne da responsabilit dellimprenditore-persona fisica.Tale sovrapposizione tra persona fisica e persona giuridica per radicalmentein contrasto con la logica che ha ispirato lintroduzione nel 2001 del sistema diresponsabilit delle persone giuridiche, con cui il legislatore, aderendo a solle-citazioni di provenienza comunitaria, aveva inteso creare una autonoma sfera diresponsabilit dellente, indipendente da quelle dei singoli soggetti, proprio perfare in modo che il giudizio sulle colpe dei singoli fosse cosa diversa dal giudiziosulle colpe dellorganizzazione nel suo complesso. Ora si propone di compiereun passo indietro, tornando a identificare (sia pure solo in prospettiva esimen-te) responsabilit dellente e responsabilit del singolo, con il risultato (del tut-to privo di giustificazione) che un datore di lavoro, per ipotesi gravemente ina-dempiente dei propri doveri funzionali, potrebbe comunque giovarsi dellim-plementazione di un efficace modello organizzativo.Si tratta di unipotesi, non soltanto teorica, che il sistema del d.lgs. n. 231 pren-de esplicitamente in considerazione quando prevede che lente non risponde delreato commesso da soggetti in posizione apicale, qualora sia stato predispostoun efficace modello di organizzazione e le persone hanno commesso il reatoeludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione (art. 6,comma 1, lett. c, d.lgs. n. 231/01). Ebbene, alla luce della nuova disposizione,anche il datore di lavoro che, contravvenendo al proprio dovere di vigilanza, ab-bia contribuito a una elusione fraudolenta dei modelli (ad esempio, concorren-do con il delegato nel distrarre fondi in origine destinati a garantire la sicurezzadei luoghi di lavoro) non risponderebbe dellinfortunio che si fosse verificatoproprio a causa del mancato investimento in sicurezza, potendosi giovare del-lassoluzione della persona giuridica. Da strumento per ampliare gli strumentidi reazione a disposizione dellordinamento, il sistema del d.lgs. n. 231 diven-terebbe cos lo schermo dietro cui il datore di lavoro potrebbe nascondersi,

    evitando di assumere le responsabilit derivanti dalle proprie personali condot-te: anche in questo caso un risultato davvero contrario ai princpi, e ispirato auna logica di generalizzata de-reponsabilizzazione dei vertici aziendali in mate-ria di sicurezza.

    3.3. La rivisitazione del sistema sanzionatorio

    Nella relazione di accompagnamento al decreto correttivo grande attenzione dedicata allopera di rivisitazione del sistema sanzionatorio, termine con il qua-

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    le si voluta indicare quella che in realt si configura come una diffusa riduzio-ne dellentit e dellefficacia del sistema stesso rispetto a quanto previsto nel de-creto n. 81/08. Riduzione che stata realizzata non soltanto diminuendo alcu-ne delle pene previste per singoli reati, ma anche incidendo, negativamente, sul-la concreta praticabilit del sistema, sulla sua effettivit, sui poteri degli organi divigilanza; infine, intervenendo anche sul meccanismo di sostituzione della pena

    detentiva con la pena pecuniaria nelle ipotesi di contravvenzioni punite con lasola pena dellarresto (art. 302, d.lgs. n. 81/08), sostituzione che oggi possibi-le pagando una somma pi bassa rispetto a quanto previsto in precedenza (nellaversione del 2008 la somma era compresa tra 8.000 e 24.000 euro, oggi si appli-cano i criteri di conversione dettati in generale dallart. 135 cod. pen., ove si pre-vede che a un giorno di pena detentiva corrisponde una pena pecuniaria di 38euro, e la somma non pu comunque essere inferiore ai 2.000 euro), e anche nel-le ipotesi di recidiva, prima escluse dallapplicabilit del beneficio.Si parlato di riduzione della entit delle sanzioni, perch in alcuni casi si ri-pristinata lalternativit con lammenda quando era prevista la sola pena del-larresto (vedi, ad esempio, art. 10, lettera c), in altre, la sanzione pi consisten-te stata limitata alla sola ammenda, in altre ancora, si passati da sanzioni pe-nali a sanzioni amministrative, in altre si semplicemente ridotta la pena mini-ma o la pena massima prevista, senza alcuna ragionevole spiegazione.Ma poi, il problema complessivo, per cui trattando di sistema sanzionatorio non si pu prescindere da quanto si detto in precedenza, in questo stessoparagrafo e nellintero paragrafo 2 di queste note, a proposito di scelte che fa-voriscono la deresponsabilizzazione del datore o comunque ne rendono assaipi ardua la punibilit anche in caso di gravi eventi.Di per s una modesta riduzione del carico sanzionatorio potrebbe rientrare nel-lambito della discrezionalit legislativa, da un lato, se essa avesse una giustifi-cazione oggettiva e chiaramente percepibile e, dallaltro, se ci dipendesse da ri-sultati gi conseguiti e da una situazione che suggerirebbe di rendere pi mitelintervento sanzionatorio. Ma, francamente, davvero non pu dirsi anche fa-cendo il confronto con molti altri settori che il carico sia eccessivo e insoste-nibile, anche perch gi il Testo Unico aveva provveduto a inserire sistemi di-retti soprattutto a prevenire, incoraggiare e premiare ladempimento e a crearediverse ipotesi di alternativit; n pu dirsi che vi siano risultati cos incorag-gianti da indurre a una maggiore mitezza (nonostante le decantate e discutibili

    diminuzioni numeriche degli eventi, il quadro complessivo resta di una dram-maticit insostenibile). Nulla, dunque, imponeva una ristrutturazione del si-stema sanzionatorio, cos estesa analitica e dettagliata, senza neppure la perce-pibilit di un disegno organico ma incidendo non solo sulle contravvenzioni,bens anche sui reati pi gravi previsti dal codice penale; tant che invece di av-vicinarsi al sistema comunitario, che richiede costantemente che le sanzioni, inquesta materia, siano proporzionali, adeguate e dissuasive, si finisce per al-lontanarsene di pi, introducendo ulteriori discrasie e creando minori certezze.In pi, non va dimenticato che siamo in sede di un provvedimento correttivo,

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    da adottare pur sempre nellambito della delega originaria, che davvero non sem-bra giustificare in alcun modo la linea perseguita nello schema.Ma ci che davvero inaccettabile il significato simbolico che questa rivisitazio-ne finisce per assumere: in una legislatura in cui la politica del governo in materiapenale tutta tesa a un generale inasprimento della reazione penale sulla scorta del-la costante invocazione di pene esemplari (pensiamo alle immigrazioni, alla circo-

    lazione stradale, alle molestie ecc.), la sicurezza sul lavoro lunico settore in cui in-vece si ritiene oggi preferibile ristrutturare al ribasso il carico sanzionatorio, at-traverso la riduzione e lo svuotamento del sistema, che finisce per essere pi durocon le situazioni di marginalit che non con quelle in cui entrano in gioco beni giu-ridici di importanza primaria, come la salute, il lavoro, la dignit della persona uma-na e la stessa vita.

    Ancora pi grave diventa la scelta normativa se si considera che in questo quadrocomplessivoper i lavoratori le pene sono assai spesso aumentate(allart. 55, ad esem-pio, dallarresto sino a un mese e dallammenda da 200 a 600 euro, allarresto sinoa un mese e allammenda da 300 a 800 euro).

    Anche in questo caso non tanto e solo questione di misura, quanto del messaggioche si trasmette, favorendo la convinzione che in definitiva, in moltissimi casi lemaggiori responsabilit sono delle stesse vittime o comunque dei lavoratori nel lo-ro complesso.Un messaggio che, da sempre, va di pari passo con quello altrettanto nefasto re-lativo alla fatalit degli infortuni. In un momento in cui lopinione pubblica sta-ta pi volte colpita dalla gravit di alcuni fenomeni particolarmente drammatici ementre si dovrebbe tendere, finalmente, alla corretta e convinta applicazione di unanormativa faticosamente unificata e definita col Testo Unico, ci sarebbe e c biso-gno di ben altri messaggi, tutti in favore della formazione di una vera e diffusa cul-tura della prevenzione.

    4. La violazione degli obblighi comunitari

    4.1. La violazione della clausola di responsabilit contenuta nellart. 5,

    Direttiva n. 89/391/CE

    Come si gi accennato sopra (ai parr. 2 e 3) le disposizioni volte a limitare la

    responsabilit del datore di lavoro, sia sul piano civile, sia su quelli penale e am-ministrativo (vedi parr. 2, 3 e 4), si pongono in contrasto con lordinamento co-munitario e in particolare con la Direttiva n. 89/391/CE, in base alla quale nil ricorso a competenze esterne, n gli obblighi posti a carico dei lavoratori pos-sono escludere la responsabilit del datore di lavoro. Secondo espressa disposi-zione comunitaria (cfr. art. 5, Direttiva n. 89/391/CE) lesonero dalla respon-sabilit del datore di lavoro pu essere ammesso solo per fatti dovuti a circo-stanze a lui estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le con-seguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza

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    osservata. La Corte di Giustizia CE ha affrontato il tema della responsabilit deldatore di lavoro in una recente sentenza, riguardante lordinamento britanni-co, nella quale ha avuto modo di chiarire i limiti e la portata della clausola di re-sponsabilit contenuta nellart. 5 della Direttiva n. 89/391/CE, affermando chese pacifico che il n. 4 dellart. 5 non comporta una responsabilit oggettiva,tuttavia esso non consente agli Stati membri di escludere la responsabilit lad-

    dove sussista un profilo di colpa, e certamente non consente al datore di lavorodi invocare quale esimente il fatto di essersi avvalso della collaborazione di ter-zi o degli stessi lavoratori (C-127/05).

    4.2. Il contrasto con la Direttiva n. 89/391/CE delle disposizioni re-

    lative alla valutazione dei rischi

    Parimenti in contrasto con i principi da tempo elaborati dalla giurisprudenzadella Corte di Giustizia CE sono quelle disposizioni che introducono elementidi contraddizione nel sistema o che comunque lo rendono meno intellegibile,in quanto la situazione giuridica scaturente dallattuazione delle direttive deveessere sufficientemente precisa e chiara e i destinatari devono conoscere esat-tamente la portata dei loro diritti (C-49/00; C-65/01; C-455/00; C-441/02).Si allude in particolare alle disposizioni relative alla valutazione dei rischi, checostituisce il principale e pi delicato adempimento del datore di lavoro. Si gidetto che diversi decreti legge hanno posticipato lentrata in vigore dei nuoviobblighi in materia e che dalla valutazione dei rischi complessiva stata, per co-s dire, scorporata quella relativa allo stresslavoro-correlato. Lo schema di de-creto correttivo prevede ora, allart. 16, che la valutazione di questo rischio spe-cifico ma tuttaltro che secondario debba avvenire nel rispetto delle indicazio-ni fornite dalla Commissione di cui allart. 6 entro 180 giorni dalla emanazio-ne delle stesse. Si tratta di un rinvio inaccettabile, da un lato, perch i tempi diemanazione delle indicazioni da parte della Commissione saranno necessaria-mente lunghi, data la quantit di adempimenti affidata dal d.lgs. n. 81/08 a ta-le organismo e, dallaltro, perch sia la Direttiva n. 89/391/CE sia il d.lgs. n.626/94 impongono gi da tempo di valutare tutti i rischi connessi al lavoro. Laviolazione di questobbligo tra laltro gi costata allItalia una condanna perinadempimento da parte della Corte di Giustizia CE (C-49/00).Si introduce (con lart. 16) inoltre una norma secondo la quale la scelta dei cri-

    teri di redazione del documento rimessa al datore di lavoro, che vi provvedecon criteri di semplicit, brevit e comprensibilit, in modo da garantirne lacompletezza e lidoneit quale strumento operativo di pianificazione degli in-terventi. La norma genera confusione perch lart. 28 del d.lgs. n. 81/08 pre-vede invece, al preciso scopo di supportare le imprese nella difficile attivit inquestione, che siano elaborate procedure standardizzate di valutazione dei ri-schi da parte della Commissione consultiva di cui allart. 6; essa rischia di risol-versi in un danno per le imprese anzich in una semplificazione, perch la man-canza di criteri certi le espone maggiormente al rischio di affidarsi a soggetti non

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    sufficientemente qualificati. Ci appare in contrasto non solo con lesigenza dichiarezza pi volte sottolineata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE,ma anche con quella dellesatta definizione dei requisiti e delle capacit degli ad-detti alla prevenzione in azienda, gi costata allItalia una condanna per ina-dempimento (C-49/00).Parimenti, lintroduzione, sempre nellart. 28, della firma del RLS per presa

    visione del documento di valutazione dei rischi appare riduttiva sia rispetto aldovere del datore di lavoro di consultarlo prima delleffettuazione della valuta-zione stessa, sia rispetto allobbligo posto a carico dello stesso di consegnare ma-terialmente il documento di valutazione al RLS stesso. Si tratta di norme chegenerano confusione su una questione delicata e da tempo controversa. In tut-te le indagini svolte sullapplicazione del d.lgs. n. 626/94 era, infatti, emersocome lobbligo di consultazione del RLS preventivo alla valutazione dei rischifosse uno dei meno rispettati in assoluto. Quanto alla consegna materiale deldocumento al RLS noto come su tale questione, nonostante lintervento delMinistero prima e del legislatore con la legge n. 123/07, ancora oggi sussistanonumerose resistenze (vedi la Circolare di Confindustria n. 18952 del 20 otto-bre 2007).

    4.3. La valutazione dei rischi da interferenze lavorative

    Analoghe considerazioni potrebbero svolgersi con riferimento allobbligo di va-lutazione dei rischi da interferenze lavorative previsto dallart. 26, d.lgs. n. 81/08,e che lo schema di decreto correttivo vorrebbe fortemente limitare, prevedendoche essa non debba essere effettuata quando si tratti di lavori la cui durata nonsia superiore ai due giorni (art. 14) e attribuendo alla Commissione consultivail compito di individuare tipologie di attivit per le quali non operi lobbligo divalutare le interferenze lavorative (art. 6). Lesclusione in questione, oltre allaviolazione dellobbligo di valutare tutti i rischi del lavoro contenuto nellart. 6,n. 3, Direttiva n. 89/391/CE, rischia anche di violare gli specifici obblighi di co-ordinamento stabiliti per gli appalti dallart. 6, n. 4, della stessa Direttiva.

    4.4. La riduzione del campo di applicazione

    Lo schema di decreto contiene anche altre norme di assai dubbia legittimit sul

    piano comunitario, contraddicendone i principi di fondo. Si allude in partico-lare alle disposizioni volte a limitare il campo di applicazione della normativa,ad esempio attraverso la riduzione del numero dei lavoratori da computare ai fi-ni dellapplicazione del decreto stesso, come avviene con le modifiche allart. 4.La Corte di Giustizia ha, infatti, sempre affermato che le definizioni contenutenelle direttive devono essere interpretate in senso ampio e non restrittivo, perevitare che un numero significativo di lavoratori non possa beneficiare della pro-tezione accordata e per assicurare che non venga gravemente compromesso lef-fetto utile della Direttiva (C-11/99; C-303/98; C-428/04).

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    5. Labbassamento dei livelli di protezione

    5.1. Lincostituzionalit per violazione del criterio direttivo di cui allart.

    1, comma 3, legge n. 123/07

    In numerose occasioni si prospetta labbassamento di livelli di tutela precedente-

    mente previsti. Talvolta la riduzione delle tutele avviene solo rispetto al d.lgs. n.81/08; in altri casi, invece, labbassamento del livello di protezione realizzato ri-spetto alle previsioni della normativa precedente. In queste ipotesi le disposizioniche lo prevedono devono ritenersi incostituzionali, per eccesso di delega. La leggen. 123 prevede, infatti, allart. 1, comma 3, che i decreti delegati non possono di-sporre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o una ri-duzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.Tra le norme di pi dubbia costituzionalit vanno segnalate la forte riduzione deicasi in cui sussiste lobbligo di effettuare la valutazione dei rischi da interferenza cor-relati agli appalti, gi prevista dallart. 7, d.lgs. n. 626/94, come modificato dallart.3, legge n. 123/07 (vedi par. 4.3.).Con labrogazione del comma 2 dellart. 42 scompare il diritto del lavoratore dive-nuto inidoneo alla mansione per motivi sanitari alla conservazione della qualificaoriginaria, consentendo di fatto un demansionamento, in deroga allart. 13, leggen. 300/70, e oltretutto senza distinguere i casi di inidoneit temporanea da quellidi inidoneit permanente, con il rischio di compromettere gravemente la profes-sionalit del lavoratore.Parimenti realizza una riduzione dei livelli di tutela la previsione, per molti versiambigua, contenuta nellart. 28, in base al quale il RLS svolge le funzioni di cui al-

    lart. 9 della legge 30 maggio 1970, n. 300, limitando cos la possibilit, ricono-sciuta da tale norma ai lavoratori, di controllare, mediante proprie rappresentanzela sicurezza degli ambienti di lavoro (vedi par. 8.1.).Costituisce un abbassamento del livello di protezione la riduzione dei casi in cui possibile procedere alla sospensione dei lavori per gravi violazioni in materia di si-curezza. Sulla questione si torner diffusamente al par. 7.1., ma utile rilevare sinda ora che anche in questo caso si pu configurare un eccesso di delega, essendo ta-le sospensione gi prevista anche dalla disciplina antecedente alla legge n. 123/07.

    5.2. Arretramenti rispetto al d.lgs. n. 81/08

    Lo schema di decreto correttivo cancella alcune importanti acquisizioni contenu-te nel d.lgs. n. 81/08 prefigurando cos un rilevante abbassamento del livello di pro-tezione. Ci avviene con la riduzione o lo svuotamento di alcune sanzioni (vedi par.3) ma anche con altre gravi previsioni.La riduzione pi evidente lesclusione dei volontari dai soggetti equiparati ai la-voratori e quindi destinatari dellobbligo di sicurezza del datore di lavoro. La mo-difica motivata dalla considerazione degli effetti distorsivi che la suddetta equi-parazione avrebbe sulle associazioni di volontariato e dalla conseguente necessit

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    di definire un regime di tutela particolare; ma il problema si risolve semplicemen-te equiparando i volontari ai lavoratori autonomi, con leffetto paradossale di ad-dossare al volontario il costo di alcuni importanti adempimenti.Un notevole abbassamento dei livelli di tutela si realizza anche in materia di sorve-glianza sanitaria, con leliminazione del divieto di effettuazione delle visite preas-suntive da parte di medici di fiducia del datore di lavoro e dellobbligo di consegna

    al lavoratore e allIspesl al termine del rapporto delle cartelle sanitarie. Ci signifi-ca che mentre i Servizi sanitari regionali si evolvono verso la possibilit di tutti glioperatori del settore di accedere al fascicolo sanitario dei cittadini in modo da faci-litarne lattivit, i dati relativi alla sorveglianza dei lavoratori restano frammentatiin un numero di cartelle sanitarie pari a quello dei rapporti di lavoro e senza possi-bilit per il servizio pubblico di ricostruirne le vicende (vedi par. 6).Gravemente riduttive, per ragioni analoghe a quelle appena esposte con riferimentoalle cartelle sanitarie, sono le disposizioni relative alla formazione dei lavoratori. Siprevede, infatti, allart. 20 dello schema di decreto correttivo che questa sia regi-strata sul libretto formativo ove concretamente disponibile in quanto attivato nelrispetto delle vigenti disposizioni. La registrazione costituiva una novit impor-tante introdotta dal d.lgs. n. 81/08; e non si tratta di un adempimento formale, madi uno strumento per rendere effettivo lo svolgimento della formazione. La limi-tazione dellobbligo di registrazione ai casi in cui il libretto formativo sia effettiva-mente stato istituito, da un lato, sminuisce limportanza della formazione in s e,dallaltro, impedisce di fatto di fare chiarezza anche sulle responsabilit in caso diinfortunio.

    Ancora, costituiscono gravi limitazioni dei diritti dei Rappresentanti dei lavorato-ri per la sicurezza le disposizioni che ne riducono il finanziamento (par. 8).

    6. Il ruolo pubblico

    Si gi accennato alla limitata attenzione riservata al ruolo pubblico in questa ma-teria. Si gi anche rilevato che la definizione di un sistema istituzionale volto a rea-lizzare politiche attive per la prevenzione e la sicurezza costituisce uno degli aspet-ti pi salienti del d.lgs. n. 81/08. Non solo mancata lemanazione di tutti i prov-vedimenti amministrativi che sarebbero stati necessari, ma nello schema di decre-to correttivo si introducono anche misure che ne limitano gravemente loperato. Si

    allude in particolare alle disposizioni che compromettono la creazione del SINP, ilnuovo Sistema informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che secondolart. 8 ha la funzione di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare evalutare lefficacia della prevenzione e indirizzare lattivit di vigilanza. Lo schemadi decreto correttivo ne mina alla base le possibilit di funzionamento in modi di-versi. Anzich predisporre le misure attuative necessarie per la sua attivazione, siprevede allart. 12 una modifica allart. 18 del d.lgs. n. 81. Questultimo, in unot-tica di semplificazione degli adempimenti, ha previsto lobbligo di comunicazionedegli infortuni sul lavoro comportanti lassenza anche di un giorno in sostituzione

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    dellobbligo di tenere nel luogo di lavoro il registro infortuni. La nuova disposizio-ne che si vorrebbe introdurre invece stabilisce, da un lato, che lobbligo in questio-ne si considera assolto mediante la denuncia di infortunio allINAIL prevista dal-lart. 53, T.U. n. 1124/65 (il cui ambito di applicazione per pi limitato agliinfortuni comportanti lassenza di almeno 3 giorni , rispetto alla previsione con-tenuta nel d.lgs. n. 81/08), e, dallaltro, che la comunicazione dei dati relativi agli

    infortuni comportanti lassenza di almeno un giorno decorre dalla scadenza del ter-mine di 6 mesi dalladozione del decreto istitutivo del SINP. Queste disposizionirischiano, in sostanza, di compromettere gravissimamente la conoscenza e la rac-colta dei dati e quindi la loro analisi statistica relativa agli infortuni sul lavoro.

    Ancora pi grave la situazione relativa alle malattie da lavoro, rispetto alle quali ilprovvedimento denota una totale disattenzione. Lunico modo possibile per co-noscere la diffusione e la portata delle malattie da lavoro e soprattutto per iniziarea svolgere indagini e ricerche epidemiologiche volte a identificare i rischi lavorati-vi e a distinguere le malattie da lavoro da quelle generiche , infatti, costituito dal-la raccolta dei dati da parte dellISPESL. Raccolta che pu avvenire grazie allinvioda parte dei medici competenti ai servizi appositi di rapporti annuali contenenti leinformazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori previsto dal-lart. 40, d.lgs. n. 81/08, e tramite linvio allISPESL delle cartelle sanitarie dei la-voratori al termine del rapporto di lavoro previsto dallart. 25, lett.f, d.lgs. n. 81/08.Entrambe le disposizioni sono, inspiegabilmente, abrogate dallo schema di decre-to correttivo (art. 23 e art. 13, comma 1). Viene in questo modo meno la possibi-lit di una effettiva conoscenza dei dati relativi agli effetti del lavoro sulle condizio-ni di salute e della conseguente possibilit di programmare attivit di prevenzionein proposito.

    7. La riduzione dei poteri degli organi di vigilanza

    Diverse disposizioni, frammentate in diverse parti dello schema di decreto corret-tivo, incidono in modo rilevante sullattivit di vigilanza pubblica. Si gi rilevatocome manchino ancora i decreti attuativi del coordinamento dei diversi organi divigilanza competenti in materia, si deve ora aggiungere che i loro poteri risultanonello schema di decreto notevolmente limitati.

    7.1. I limiti al potere di sospensione dei lavori

    Assolutamente inaccettabili e ingiustificate sono le disposizioni relative alla ri-duzione delle ipotesi di sospensione dei lavoro previste dallart. 10 dello sche-ma, che riscrive gran parte dellart. 14, d.lgs. n. 81/08. Si prevede in primo luo-go che la sospensione dei lavori non avvenga pi in caso di violazioni gravi ereiterate ma solo in caso di gravi e plurime violazioni. Il decreto stabilisceespressamente che per plurime si intendono almeno 3 violazioni contestuali ola ripetizione nel biennio della stessa grave violazione. La disposizione forte-

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    mente riduttiva poich le violazioni per le quali prevista la sospensione sonodi per s gravissime e tali da giustificare il provvedimento. Tra laltro, rischia dicompromettere lefficacia del provvedimento anche lattribuzione in via esclu-siva al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco del potere di sospensione in caso diviolazione delle norme di prevenzione incendi. Tale disposizione renderebbeinapplicabile lo stesso provvedimento di sospensione tutte le volte in cui lin-

    tervento degli organi di vigilanza non avvenisse congiuntamente, perch in ta-li casi diventerebbe impossibile accertare le tre violazioni richieste dalla nuovadisposizione.

    Anche la sanzione interdittiva stabilita dal d.lgs. n. 81/08 per un periodo pa-ri a quello di sospensione, seguito da un ulteriore periodo pari al doppio del pe-riodo di sospensione, con il limite massimo di 2 anni ora ridotta al solo pe-riodo di sospensione dei lavori per il caso in cui limpresa sia sospesa perch oc-cupa meno del 50% dei lavoratori in modo irregolare. Si prevede inoltre che lin-terdizione sia di due anni e non a tempo indeterminato nel caso in cui non vi siarevoca del provvedimento di sospensione. Si deve ricordare che la revoca su-bordinata al ripristino delle condizioni di sicurezza e/o alla regolarizzazione deilavoratori, sicch la mancata revoca spesso indice della mancata messa in si-curezza dellimpresa, ci che dovrebbe giustificare il prolungamento dellim-possibilit di contrarre con la PA.Parimenti si prevede la riduzione della sanzione aggiuntiva per il caso di lavoroirregolare (mentre lentit resta uguale per le violazioni in materia di sicurezza),nonch della sanzione per mancata ottemperanza al provvedimento di sospen-sione, attualmente stabilita nella sola forma dellarresto e per la quale si preve-de nello schema di decreto correttivo la pena alternativa di arresto o ammenda.Unaltra ipotesi di limitazione del potere di sospensione lesclusione dellap-plicazione del provvedimento nel caso di primo lavoratore occupato dallim-presa. Si tratta di una previsione che non ha giustificazioni, manifestando un at-teggiamento di tolleranza verso un fenomeno grave quale quello del lavoro ne-ro, che non pu essere valutato in modo diverso a seconda delle dimensioni del-limpresa che lo viola.Come si gi accennato, queste modifiche sono di dubbia costituzionalit, inquanto in violazione del criterio direttivo del divieto di abbassamento dei livel-li di tutela, essendo la sospensione dei lavori gi prevista da provvedimenti an-tecedenti al d.lgs. n. 81/08 (cfr. d.l. n. 223/06, convertito in legge n. 248/06 e

    legge n. 123/07).

    7.2. I limiti di carattere amministrativo

    I poteri degli addetti alla vigilanza sono limitati anche in via amministrativa. Siprevede, infatti, allart. 8-bisuna modifica allart. 12, comma 3, del d.lgs. n.81/08, in base alla quale le indicazioni fornite nelle risposte a interpello costi-tuiscono criteri vincolanti per lesercizio delle attivit di vigilanza. La disposi-zione suscita contrariet, anzitutto perch limita fortemente il potere di valuta-

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    zione dellispettore, che potrebbe rilevare una situazione di pericolo nonostan-te il rispetto delle indicazioni fornite dalla risposta allinterpello e, stante la nuo-va formulazione dellart. 12, non potrebbe emanare il provvedimento di pre-scrizione necessario per il ripristino delle condizioni di sicurezza. Oltre tutto,lattribuzione di un potere interpretativo di siffatta portata crea delicati proble-mi di equilibrio istituzionale, sia perch rischia di interferire con le funzioni che

    gli addetti alla vigilanza svolgono in qualit di ufficiali di polizia giudiziaria, siasul piano pi generale, perch sottrae al giudice la funzione interpretativa chegli propria.Parimenti riduttiva delle funzioni di vigilanza la previsione contenuta nellart.29 dello schema di decreto, che inserisce il comma 3-bisallart. 51, prevedendoche gli organi di vigilanza, nella programmazione della loro attivit, debbano te-nere conto dellattestazione, che pu essere rilasciata dagli organismi paritetici,che limpresa ha usufruito delle attivit e dei servizi di supporto al sistema delleimprese. La questione del ruolo e delle funzioni che sono attribuite a tali organi-smi assai delicata e su di essa si torner in seguito, qui interessa piuttosto rile-vare come la previsione in questione di fatto introduca una forma di esonero dalcontrollo pubblico basata sullattribuzione di funzioni a soggetti privati senza chea questi siano richiesti particolari requisiti di qualificazione professionale.Non contribuisce certamente alla chiarezza normativa e applicativa la previsio-ne contenuta nellart. 132, di modifica dellart. 302-bisdello schema di decre-to, che attribuisce agli organi di vigilanza il potere di emanare disposizioni ese-cutive ai fini dellapplicazione delle norme tecniche e delle buone prassi. Il po-tere di disposizione previsto dal d.lgs. n. 124/04, ma limitato ai casi in cui sidebba applicare la legge ma sia concesso un certo apprezzamento discrezionale.Nel nuovo art. 302-bisinvece la disposizione svolge tuttaltra funzione, in quan-to si riferisce allapplicazione di norme tecniche e buone prassi non obbligato-rie bens volontariamente adottate dal datore di lavoro, onde non si compren-de nemmeno quale potere di intervento possa essere riconosciuto a un organopubblico a fronte di soluzioni liberamente adottate. In ogni caso, la sussistenzanellordinamento di due distinti poteri di disposizione (exart. 302-bis, d.lgs. n.81/08, ed exart. 14, d.lgs. n. 124/04) aventi presupposti e ambiti di applica-zione diversi costituisce un elemento difficilmente comprensibile da parte deisoggetti che poi sono chiamati a eseguire gli ordini impartiti.Fonte di difficolt anche la previsione, del tutto nuova, della possibilit di estin-

    zione agevolata degli illeciti amministrativi contenuta nellart. 131 dello sche-ma di decreto correttivo che aggiunge al d.lgs. n. 81/08 il nuovo art. 301-bis. Sitratta di una previsione che riecheggia il potere di prescrizione previsto dal d.lgs.n. 758/04 per i reati in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, ma che a diffe-renza di esso di ben ardua attuazione, non essendo previsto dallordinamentoun analogo potere di prescrizione da parte degli organi di vigilanza. Un siffattopotere in effetti previsto, con il nome di diffida, dallart. 13, d.lgs. n. 124/04,ma la sua emanazione riservata al personale ispettivo delle Direzioni provin-ciali del lavoro e non a quello delle Asl, alle quali invece lordinamento attri-

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    buisce la primaria competenza in materia di vigilanza sulla sicurezza del lavoro.Indirettamente, le funzioni del personale di vigilanza risultano condizionate an-che mediante la previsione contenuta nellart. 9 dello schema di decreto corret-tivo, che modifica lart. 13, d.lgs. n. 81/08, limitando al solo personale svolgentele funzioni di vigilanza il divieto di svolgere attivit di consulenza. Si tratta diuna previsione, che ancora una volta abbassa il livello di protezione preceden-

    temente stabilito. Il d.lgs. n. 81/08 ha, infatti, esteso il regime di incompatibi-lit a tutto il personale degli uffici addetti alla vigilanza, essendo evidente che glistessi conflitti di interesse che si generano quando le due funzioni sono svoltedallo stesso soggetto possono crearsi anche quando esse sono svolte da funzio-nari che operano fianco a fianco o, a maggior ragione, quando uno di essi sia ge-rarchicamente subordinato allaltro. Per le stesse considerazioni, ma a maggiorragione in considerazione del delicato ruolo dei medici competenti, appare for-temente discutibile anche la modifica dellart. 39, comma 3, d.lgs. n. 81/08,contenuta nellart. 22 dello schema di decreto correttivo. Secondo la nuova for-mulazione solo il medico che svolga attivit di vigilanza e non anche quello chesia assegnato a uffici che svolgono attivit di vigilanza senza svolgerla personal-mente non pu essere nominato medico competente delle imprese.

    8. La partecipazione dei lavoratori

    8.1. I limiti alla costituzione e ai diritti dei RLS

    Diverse disposizioni, disseminate nel testo, riducono e compromettono il ruo-lo dei rappresentanti per la sicurezza e delle parti sociali, in taluni casi, snatu-rando anche il ruolo degli enti bilaterali. Si gi rilevato come le disposizioni re-lative alla firma per presa visione del documento di valutazione dei rischi da par-te del RLS creino confusione su alcune questioni centrali attinenti alla concre-ta partecipazione di tale soggetto allattivit di prevenzione in azienda.

    Anche altre disposizioni compromettono seriamente lesercizio dei diritti dei RLS.In primo luogo, si prevede allart. 27 che i lavoratori debbano comunicare al da-tore di lavoro la mancata elezione del RLS, e che questultimo debba a sua voltadarne comunicazione al SINP. Contemporaneamente, si vuole modificare (conlart. 12 dello schema) la lett. adellart. 18, che impone al datore di lavoro di co-municare annualmente allINAIL i nominativi dei RLS. In sostanza lobbligo di

    comunicazione resta, da un lato, subordinato alleffettiva attuazione del SINP e,dallaltro, ridotto nella sua effettiva utilit. Mentre la comunicazione annuale halo scopo di consentire il monitoraggio della situazione, quella della sola elezione(o mancata elezione) rischia di introdurre gravi lacune nel sistema, perch la per-dita del lavoro da parte del RLS o il suo trasferimento ad altra unit produttiva, lasua mancata sostituzione o linerzia dei lavoratori nel comunicare la mancata ele-zione non sono pi registrati tempestivamente.Inoltre, allart. 30 si introduce una modifica allart. 52 del d.lgs. n. 81/08 desti-nata a ridurre considerevolmente le risorse dei RLS territoriali. Nella sua attua-

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    le formulazione lart. 52 dispone che almeno il 50% del fondo di sostegno isti-tuito presso lINAIL sia destinato alle loro attivit e formazione, mentre lo sche-ma di decreto correttivo, da un lato, elimina la previsione di tale soglia minimadi finanziamento, destinandola invece alle attivit degli organismi paritetici e,dallaltro, riduce considerevolmente le entrate del fondo, sopprimendone dueimportanti fonti di finanziamento.

    Si gi accennato, al paragrafo 6.1., alla modifica che si vorrebbe introdurre conlart. 28, alla funzione dellRLS, in relazione allart. 9 dello Statuto. Si era di-scusso, dopo lintroduzione della figura degli RLS circa la sopravvivenza o me-no della norma della legge n. 300 e sembrava pi convincente la tesi che le duepredisposizioni non erano affatto inconciliabili, dovendo restare fermi i mag-giori poteri conferiti ai lavoratori e alle loro rappresentanze. Ora, si rimette tut-to in discussione, creando inutilmente problemi interpretativi e, di fatto, con-figurando la possibilit di esclusione degli organismi pi propriamente sinda-cali da funzioni rilevanti proprio in tema di sicurezza. Col rischio del contrastocol divieto di abbassamento dei livelli di tutela e con lo stesso principio di libertsindacale.

    8.2. Il ruolo degli organismi paritetici

    Un discorso particolare deve essere infine svolto con riferimento agli organismiparitetici, in quanto diverse norme dello schema di decreto correttivo sono vol-te a ridefinirne le attivit. Suscita perplessit anzitutto lalterazione delle fun-zioni di tali organismi in assenza di un accordo con le parti sociali in tal senso.Soprattutto per destano serie perplessit le funzioni di assistenza alle impreseche questi sarebbero ora chiamati a svolgere in modo pi consistente, sia pureanche con maggiori finanziamenti, ma senza alcuna garanzia di qualificazionee preparazione adeguata. Le disposizioni pi preoccupanti da questo punto divista sono quelle contenute nel nuovo art. 2-bis, che attribuisce agli enti bilate-rali il potere di certificare ladempimento degli obblighi di sicurezza (vedi sopra,par. 2) e nellart. 51 che consente agli organismi paritetici di attestare che lim-presa si avvalsa dei loro servizi di assistenza, attestazione questultima di cui gliorgani di vigilanza dovrebbero tenere conto nel programmare lattivit di con-trollo. Si attribuisce cos alla bilateralit una funzione sostitutiva di quella pub-blica inaccettabile, in quanto incidente su funzioni pubbliche poste a presidio

    del diritto fondamentale della persona alla tutela della salute, garantito dallart.32 Cost.

    Considerazioni conclusive

    Ovviamente, ci sarebbero molte altre osservazioni da fare, dedicando un esamepi analitico a singole disposizioni, alla parte dedicata a specifici settori e aglistessi allegati. Ma si preferito limitarsi agli aspetti pi generali e alle questioni

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    di fondo, nellintento di recare un contributo alla reale attuazione dei princpienunciati nel Testo Unico e con lauspicio che lintervento delle Regioni, i pa-reri delle Commissioni parlamentari e delle stesse parti sociali possano ricon-durre il decreto alla sua funzione originaria, apportando al d.lgs. n. 81 solo lecorrezioni che si rendano davvero indispensabili e se mai integrando quelle par-ti che nello stesso decreto legislativo del 2008 erano rimaste pi in ombra, ben-

    ch meritevoli di adeguata attenzione, come la tutela del lavoro minorile e dellavoro femminile sotto il profilo della sicurezza e una pi attenta considerazio-ne del grave fenomeno delle malattie da lavoro.

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    L a crisi attuale ha rafforzato limmagine di un capitali-smo finanziario predatore e senza frontiere che si op-pone, talora, alle virt delleconomia reale, delle in-dustrie ben inserite nel territorio, che sviluppano una capaci-t di fare industria. Questa visione ingenua rimessa in di-scussione dalla storia dellamianto. Esperienza che mostracome gruppi industriali, con una tradizione centenaria, ab-biano coscientemente sviluppato il mercato di una sostanzacancerogena. Il numero preciso delle vittime non sar mainoto ma esso calcolabile in milioni di persone. Solo nel-lEuropa occidentale, le stime dei casi di mortalit determi-nata dallamianto quantificano per il periodo 2000-2030 in500.000 i decessi previsti.

    La lana della salamandra divienela fibra adatta a qualsiasi scopo

    Lamianto indica un insieme di fibre minerali naturali. A partiredallepoca neolitica, diversi gruppi umani si sono meravigliati difronte alla caratteristiche tecniche che queste fibre condividono.Una estrema resistenza al fuoco, alle materie corrosive ed alle tra-zioni, la possibilit di essere filate o amalgamate ad altri materia-li. Lamianto pu resistere a temperature superiori ai 1.500 gra-di. Sono stati ritrovati oggetti di vasellame prodotte con argillaed amianto nei siti archeologici sia della Finlandia che del Sud-Est asiatico. Abiti magici resistenti alle fiamme sono stati con-

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    Pericle Fazzinis.t.1985Scultura in bronzo, in parte doratocm. 30,58,531,5Direzione Nazionale CGIL

    * Traduzione a cura di Marco Bottazzi.** Direttore del Dipartimento salutee sicurezza dellIstituto sindacaleeuropeo.

    Le Marzabotto dellamianto*di Laurent Vogel**

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    fezionati per i sovrani. Una antica tradizione popolare considera lamianto comela lana della salamandra.Lutilizzazione dellamianto su vasta scala nellindustria e nelle costruzioni moltopi tardiva. solo nel corso dellultimo scorcio del XIX secolo che lofferta incon-tra richieste nuove sostenute da numerosi brevetti. Lofferta stimolata dallaper-tura delle miniere a cielo aperto del Quebec e dei monti Urali in Russia. Poco a po-

    co, vengono aperti nuovi siti estrattivi in regioni generalmente periferiche rispettoai grandi centri industriali: nellAfrica del Sud, in Australia, in Corsica, in Italia (Pie-monte), nello Zimbabwe. Lamianto perde il fascino misterioso che aveva esercita-to per millenni per divenire il materiale magico sulle cui molteplici utilizzazionivengono scritti trattati tecnici.Linvenzione del cemento-amianto come materiale da costruzione il punto dipartenza di un vero boom dellamianto. Nel 1901, un inventore austriaco, Lud-

    wig Hatschek, deposita il brevetto di un materiale che si chiama Eternit. Due an-ni pi tardi nasce la prima societ svizzera Eternit. Durante tutto il XX secolo laproduzione di cemento-amianto estremamente concentrata. Essa viene realiz-zata a livello mondiale principalmente ad opera di quattro gruppi: Johns Main-ville impiantato negli USA, Turner and Newall insediati in Gran Bretagna, Ca-pe Asbestos, altro gruppo britannico con interessi importanti in Africa del Suded Eternit. Questultimo gruppo formato da un insieme di decine di societ in-sediate in tutto il mondo. Il gruppo diretto, essenzialmente, da dinastie di im-prenditori belgi e svizzeri. Le famiglie Emsens e Schmidhenny vi svolgono unruolo chiave.Oltre a questo utilizzo massivo, come materiale da costruzione, lamianto si prestaa circa 3.000 ulteriori usi. A partire dagli articoli di consumo domestico (placchedi amianto per la cottura lenta, talco, parti dei tostapane, ecc.) fino ad utilizzi in-dustriali assai diversificati (placche di amianto nel freni delle automobili, filtri e dia-frammi nellindustria chimica, giunti di valvola e di caldaia, materiali tessili, carto-ni ecc.) passando per i rivestimenti dei suoli in vinile, per i filtri delle sigarette e peri sipari dei teatri. La costruzione navale e ledilizia hanno fatto ricorso a grandi quan-tit di amianto.

    Una fibra che uccide

    Lamianto stato progressivamente identificato come uno dei principali killer pre-sente nei luoghi di lavoro. La sua esposizione associata a diverse malattie. Lasbe-stosi una fibrosi del polmone molto simile alla silicosi dei minatori. Le polveri diamianto ostruiscono gli alveoli, le fibre dure ed estremamente fini provocano unaalterazione cicatriziale. La respirazione diviene sempre pi difficile e si accompa-gna ad una tosse secca e dolorosa. Nei casi pi gravi, i malati finiscono per moriresoffocati. Il mesotelioma un tumore estremamente raro nella popolazione gene-rale. Colpisce pi frequentemente la pleura e pi raramente il peritoneo. Nella gran-de maggioranza dei casi, la sua comparsa legata ad una esposizione ad amianto. Il

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    numero dei mesoteliomi rappresenta un marcatore preciso del livello di esposizio-ne in una popolazione data. Ad oggi nessun trattamento in grado di guarire il me-sotelioma. Esso porta a morte in un quadro di sofferenze terribili. Lamianto an-che una causa importante di tumore del polmone. Si associa inoltre a tumori del si-stema gastro-intestinale, della laringe e delle ovaie. Altre patologie come ad esem-pio le placche pleuriche devono essere oggetto di menzione. Tutte le variet di amian-

    to sono agenti cancerogeni.I primi allarmi sono stati lanciati alla fine del XIX secolo. Una ispettrice del lavorobritannica redige nel 1896 un rapporto sulla nocivit delle fibre di amianto. Nel1906 la volta di un ispettore del lavoro che in Francia segnala cinquanta decessiin una filatura di amianto. Gli allarmi si moltiplicano. A partire dagli anni trenta,si dispone di conoscenze mediche precise in merito allasbestosi. Le prime ricerchesul rapporto fra amianto e i tumori del polmone vengono condotte negli anni qua-ranta, il legame con il mesotelioma chiaramente stabilito agli inizi degli anni ses-santa. In termini chiari, da cinquanta anni si dispone di un insieme di conoscenzesufficienti che associano lamianto a patologie mortali, e queste conoscenze sonodiffuse su larga scala. Le decisioni politiche hanno tardato ad arrivare.Il ritardo con cui si pervenuti allinterdizione dellamianto ha avuto un costo uma-no spaventoso. Cos nei Paesi Bassi lamianto stato vietato nel 1993 e si calcolache se questa proibizione fosse stata assunta nel 1965, quando sono divenute di-sponibili informazioni in merito al mesotelioma, si sarebbero potuti evitare 34.000morti.NellUnione europea, la Commissione disponeva gi nel 1976 delle competenzegiuridiche necessarie per mettere al bando lamianto. La decisione stata assuntasolo nel 1999 con una entrata in vigore ritardata al primo gennaio 2005. La cecitpolitica della Commissione stata tale che nel 1994 essa ha intentato una proce-dura giuridica contro la legge italiana di messa al bando dellamianto adducendocome motivo che lItalia avrebbe dovuto comunicare preliminarmente alla Com-missione il testo del progetto di legge1.

    Perch questo ritardo?

    Come possibile spiegare questo enorme ritardo? Come non stupirsi della diver-sit fra le reazioni estremamente rapide assunte per far fronte allinfluenza suina o

    allinfluenza aviaria e la passivit del mondo politico di fronte ad una causa di mor-talit molto pi importante? A me pare che tre fattori possano spiegare questa si-tuazione. Da una parte vi stato un lobbismo molto attivo e coordinato dei grup-pi industriali. Interessi economici potenti non hanno esitato a finanziare ricerchepseudo-scientifiche per instillare il dubbio e minimizzare i pericoli dellamianto.I principali produttori si sono coordinati fra di loro al fine di dissimulare e falsifi-

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    1 Decisione della Corte di Giustizia delle Comunit europee, Commissione c. Italia 16 settembre1997, causa C279/94.

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    care i dati, fare pressione sui poteri politici, trarre in nome della difesa dei posti dilavoro nel loro campo un certo numero di sindacalisti. Questo lavoro di lobbying lungi dallessere giunto al suo termine. Recentemente, nel gennaio 2009, la Com-missione europea ha prolungato le deroghe autorizzando, sotto le pressioni deigruppi Solvay e Dow Chemical, lutilizzo dellamianto nelle industrie chimiche.In alcuni casi, questo lavoro di lobbying appoggiato direttamente dagli Stati

    esportatori, principalmente dal Canada e dalla Federazione russa. Lamianto rap-presenta un caso che fa scuola nella manipolazione della scienza da parte degli am-bienti industriali. Occorrerebbe ricordarsene quando si sente elevare elogi al par-tenariato ricerca-industria. Tuttavia, la manipolazione non spiega completamen-te il ritardo.Un secondo fattore il tempo. Fra lesposizione allamianto e il decesso che essoprovoca, il periodo di latenza delle malattie pu raggiungere anche i quaranta an-ni. Ma questo fattore tempo non una fatalit. Esso ha potuto svolgere un ruolosolo in quanto le politiche di salute pubblica sono rimaste cieche di fronte ai rischida lavoro, perch si realizzata una specie di divisione dei territori fra una sanitpubblica, che non ha intenzione di perturbare la vita delle imprese, e una medici-na del lavoro priva di reali poteri in tema di organizzazione del lavoro; resa ancorapi fragile da una assai relativa indipendenza, conseguente al fatto di essere finan-ziata da quelle stesse figure che creano il rischio.Un terzo fattore appare fondamentale, a mio avviso. Lamianto non colpisce in ma-niera identica le diverse categorie sociali. Infatti, questa fibra rappresenta uno deimaggiori elementi nella costruzione delle ineguaglianze sociali in tema di salute. Lamaggioranza delle vittime sono state operai o membri delle loro famiglie. Questoha contribuito a determinare lindifferenza nei confronti dellamianto. Le malattieche questa fibra determina erano considerate come il prezzo del progresso. Su que-sto tema, possibile rilevare la convergenza della fede produttivistica fra il sistemasovietico grande promotore a partire dai piani quinquennali degli anni trenta del-lutilizzazione dellamianto ed il sistema capitalista.

    Una cartografia delle ineguaglianze sociali

    Lo studio del mesotelioma offre una immagine concentrata di un fenomeno sot-tostimato. In quale maniera le condizioni di lavoro contribuiscono alle inegua-

    glianze sociali di salute, in particolare per quanto concerne i tumori?La gran parte dei mesoteliomi possono essere attribuiti ad una esposizione al-lamianto. Lenorme ritardo con cui le autorit pubbliche sono pervenute allamessa al bando di questa sostanza probabilmente legato allorigine sociale del-le vittime: in gran parte operai. La copertura mediatica della catastrofe sanita-ria dellamianto parsa pervenire a scoprire le malattie solo nel momento in cuiesse superavano le frontiere sociali. I primi grandi reportage sono stati dedicatialla presenza dellamianto nei locali universitari o scolastici o negli edifici dellaCommissione europea di Berlaymont. Rari sono stati i giornalisti che si sono

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    interessati ai villaggi-fabbrica dellindustria dellamianto. Queste citt e vil-laggi, diffusi ovunque in Europa e nel mondo, contano ognuno centinaia se nonmigliaia di vittime: da Casale Monferrato in Piemonte a Kapemme-op-den-bosin Belgio, da Szczucin in Polonia a Payerne in Svizzera. Esse rappresentano del-le Marzabotto in tempo di pace.Il registro regionale dei casi di mesotelioma nella regione Veneto2 registra 1093

    casi di mesotelioma di cui 613 con una esposizione allamianto durante il lavo-ro. Peraltro, la limitazione delle indagini al solo lavoro esclude i compiti dome-stici non remunerati delle donne che sono computati nella categoria delle espo-sizioni domestiche o ambientali (102 casi analizzati in maggioranza donne). Cipermette di concludere che, se non si fosse fatto uso dellamianto, la frequenzadei mesoteliomi sarebbe stata fortemente ridotta e sopratutto che si in presenzadi una ineguaglianza nella frequenza in funzione delle attivit professionali.Nel periodo 1990-1999, il fenomeno dei mesoteliomi nella popolazione ma-schile stato di 1,73 casi per anno ogni 100.000 persone. Questa frequenza rag-giunge i 170,3 casi su 100.000 fra i lavoratori delle industrie del fibrocemento,i 36,6 casi per 100.000 fra i lavoratori dei cantieri navali, i 14,7 casi ogni 100.000fra gli scaricatori portuali e gli altri lavoratori addetti alla movimentazione del-le merci. Il settore della chimica caratterizzato da una frequenza di mesotelio-mi tre volte superiore alla media, quello delle costruzioni da una frequenza dop-pia rispetto alla media.I dati del programma nazionale francese di sorveglianza del mesotelioma for-niscono indicazioni convergenti3. La probabilit di essere colpiti da un meso-telioma della pleura 17,5 volte pi elevata per un tubista industriale rispettoalla media della popolazione. Per un calderaio o un lattoniere industriale, il ri-schio moltiplicato per 7,12 e per un operaio non qualificato delle costruzio-ni per 2,36.Uno studio britannico pubblicato di recente4 , a fronte di una frequenza del me-sotelioma nella popolazione generale in Gran Bretagna5 dellordine di una per-sona ogni 1.000, osserva una ripartizione socialmente assai ineguale della ma-lattia. Un falegname su 17, appartenenti alla generazione nata negli anni qua-ranta, morir di un mesotelioma ed una proporzione simile morir per un tu-more del polmone causato dallamianto. I ricercatori hanno potuto individua-re altre professioni con elevati tassi per mesotelioma. Si tratta, in particolare, de-gli elettricisti e degli idraulici. Fra le donne, il coabitare con una persona che

    stata esposta professionalmente allamianto raddoppia il tasso di frequenza dei

    notiziarioin

    ca

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    2 E. Merler (dir.), Il ruolo dellesposizione lavorativa ed ambientale ad amianto nella genesi dei casi dimesotelioma insorti in residenti del Veneto. Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma, Secondo re-port, Padova 2006.3 M. Goldberg, E. Imbernon: Quels dispositifs pidemiologiques dobservation de la sant en relationavec le travail?, Revue Franaise de Affaires Sociales, n. 2-3, 2008, pp. 21-44.4J. Peto et al., Occupational domestici and environmental mesothelioma risks in Britain, Health andSafety Executive, Research Report 696, 2009.5 Si tratta della frequenza dei casi calcolati sulla durata della vita.

  • 5/19/2018 Bottazzi - Nessi e Connessi Scientifici Amianto INCA 2009

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    S

    aluteesicurezza

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    mesoteliomi. Questo dato si spiega principalmente con il fatto che le mogli han-no frequentemente dovuto lavare gli abiti da lavoro dei loro mariti.

    Altri studi dimostrano un aumento di mortalit dovuto alle malattie causate dal-lamianto nei quartieri situati in vicinanza degli stabilimenti industriali in cuiveniva utilizzato lamianto in grande quantit: fabbriche di cemento-amianto,cantieri navali, ecc... Si tenga conto del dato che le abitazioni delle fasce operaie

    si trovano pi facilmente concentrate nelle zone di inquinamento industriale,fattore, questultimo, che contribuisce altrettanto alle ineguaglianze sociali del-la salute.In America Latina la situazione ancora pi drammatica. La strategia dellin-dustria dellamianto ed in particolare del gruppo Eternit stata orientata prin-cipalmente verso le popolazioni urbane pi povere. Le bidonville e periferie po-polari di Lima, Citt del Messico, Caracas o San Paolo contengono milioni ditonnellate di cemento-amianto nelle forme pi diverse: tetti in onduline, cas-soni dellacqua, canalizzazioni, pareti. Questi materiali, finch non si rovinano,non presentano rischi significativi. Tuttavia, va precisato che raro trovarli inbuono stato di conservazione nelle abitazioni povere in cui gli abitanti stessi ta-glian