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Metaprogetto Linea di T-shirt Brand Corso di semiotica docente: Deni M. ISIA Firenze 2009/2010 Brando della Croce Andrea Lascialfari

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PROGETTAZIONE DI UNA LINEA DI T-SHIRTS SULL'ECOSOSTENIBILITA' CORSO DI SEMIOTICA - ISIA FIRENZE 2010/2011

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Metaprogetto Linea di

T-shirt Brand

Corso di semiotica

docente: Deni M.

ISIA Firenze

2009/2010

Brando della CroceAndrea Lascialfari

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Indice

Introduzione .......................................................................... pag.5

1. Il tema dell’ecologia e dei giovani .................. pag.6

2. Stilema: progettisti e committenti ........................ pag.6

3. Corpus d’analisi ............................................................. pag.8

4. Utente modello ............................................................... pag.9

5. Valori e usi da comunicare ..................................... pag.10

6. Studio del percorso narrativo possibile .......... pag.12

7. Strategie enunciative ................................................. pag.14

8. Prova di commutazione ............................................. pag.25

9. Comunicazione e distribuzione ............................ pag.26

Conclusioni ............................................................................. pag.28

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retro indice

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Introduzione

Alla luce di varie riflessioni e dei consigli dati dai professori, abbiamo deciso di incentrare il

nostro metaprogetto su un argomento che non riguardasse strettamente quanto stiamo affron-

tando nei corsi curricolari ma che si accostasse ai nostri comuni interessi: seguire l’iter proget-

tuale di una linea di t-shirts ecosostenibili che abbiano un alto potenziale comunicativo. La

nostra idea nasce da una passione comune (ovvero “customizzare” i nostri indumenti) che unita

ad una forte coscienza critica ci spinge a non limitare il nostro apporto progettuale soltanto

al campo estetico, bensì di focalizzare le nostre attenzioni anche e soprattutto al contenuto.

Speriamo dunque, avvalendoci della semiotica, di riuscire a creare un prodotto o meglio una

serie di prodotti che siano coerenti al nostro pensiero e facilmente riconoscibili agli occhi di

un’utenza potenzialmente sensibile . Per arrivare ad un risultato rispondente ai nostri ambiziosi

presupposti, vorremmo in questa occasione non basarci più sul “colpo di fulmine” o sull’idea ge-

niale che ha molte volte guidato le nostre creazioni, ma cercheremo di sviluppare questa idea

partendo dai concetti più astratti e basilari per poi concretizzarla o meglio figurativizzarla,

seguendo un percorso interdisciplinare che si avvale sia della semiotica e della sociologia.

L’intento è quello di non produrre un oggetto di moda ma un prodotto capace di sensibilizza-

re e spingere l’utente a riflettere sui veri problemi dell’ecosostenibilità anche solo indossando

una maglietta. Avendo la consapevolezza che molto spesso questo argomento viene tratta-

to da politici e mass media con retorica ed indeterminatezza, abbiamo l’obbligo di non ca-

dere nella trappola della banalità di una visione scontata e preconfezionata sull’argomento.

Cominciamo dunque questo metaprogetto con intenti più che nobili, sperando che la no-

stra vena creativa non offuschi quel percorso ragionato che ci siamo promessi di seguire ma

che, anzi, ci consenta di trovare altri modi per comunicare i valori che vogliamo divulgare.

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1. Il tema dell’ecologia e dei giovani

Innanzi tutto è bene introdurre il tema dell’ecologia, dei problemi riguardanti lo sviluppo soste-

nibile in relazione alla scarsa considerazione che i giovani hanno di questi argomenti. Ciò è

dovuto, a nostro parere, non solo a una limitata lungimiranza delle nuove generazioni ma an-

che ad una scadente capacità di sensibilizzazione da parte delle istituzioni e dei mass madia.

Fin dal primo modello di educazione ambientale, nato negli anni ‘70, il rapporto tra sviluppo

sostenibile e organi di comunicazione è stato controverso, ovvero si è cercato di diffondere

messaggi di tipo populistico, senza mai approfondire o agire concretamente su scala globa-

le (ne sono esempio i numerosi fallimenti dei cosiddetti “summit mondiali”). Nonostante oggi sia

subentrata un’idea di educazione ambientale come contesto in cui si sviluppano interventi e

processi educativi orientati alla sostenibilità, dove la complessità del rapporto uomo e am-

biente nelle società post industriali è il nodo principale con cui confrontarsi, la distanza tra

questo che sembra un argomento astratto e la gente comune rimane elevata. Abbiamo dunque

pensato di unire questi due mondi così distanti fra loro (giovani ed ecologia) attraverso un

ambito che può rappresentare un efficace ponte di collegamento: l’ abbigliamento giovanile.

Creare così, attraverso la moda, un processo enunciativo che parte da un concetto astratto

come quello della sensibilizzazione all’ecosostenibilità e arrivare infine a concretizzarlo in un

qualcosa di veramente accessibile e fruibile dai giovani. Consci che oggigiorno in molti casi

l’abbigliamento rappresenta unicamente un mezzo per soddisfare bisogni superflui (anche se

non vogliamo in questa sede andare a trattare argomenti che meritano un’attenta e complessa

analisi antropologica e culturale), cercheremo di trasformare, nel nostro piccolo, un prodotto

dall’anima puramente commerciale, in un oggetto denso di significati. Si tratta dunque di mo-

dificare il processo di valorizzazione della t-shirt che non dovrà più essere aquistata esclusi-

vamente perché esteticamente “bella” ma soprattutto perchè enunciatrice valori etico-sociali.

2. Stilema: Progettisiti e commitenti

Abbiamo scelto di aggregare insieme le figure di committente e progettista ovvero “di essere

noi committenti di noi stessi” forse peccando di superbia ma convinti però che ciò consentirà di

esprimere al meglio le nostre idee senza alcun vincolo prestabilito. Cercheremo ora di spiegare

quali sono le idee, i pensieri, le identità dei due progettisti nel modo più oggettivo possibile.

Brando: è la parte più ponderata del gruppo, vive concretamente nel mondo attuale con

coscienza. Si fa portatore di valori sociali, anti-capitalistici e a favore della pace. E’ colui che

riesce al meglio nel passaggio dall’astrazione teorica delle idee, alla “concretezza” della figu-

rativizzazione dei concetti, con immagini critiche ironiche e alternative, prestando un’attenzione

particolare alla politica e all’etica. Devoto del movimento “guerrilla art”, estimatore di Bansky,

amante del “Pulp” cinematografico. Il suo compito sarà quello di riuscire a rendere visibili, at-

traverso le grafiche accattivanti e la commercializzazione alternativa, i valori che il gruppo

cercherà di promuovere creando un unione tra satira ed etica, che esuli dalla moda fine a se

stessa.

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Andrea: nato tra le filande pratesi, è un giovane progettista dalle spiccate doti nell’ambito tessile

ed è dotato di una particolare sensibilità nei riguardi delle mode giovanili, dei cambiamenti sociali

e delle tendenze del momento. Inoltre è un buon conoscitore delle strategie di visual merchandising,

utili alla fine del progetto per creare una buona correlazione tra scelte valoriali, prodotto, punti

vendita e consumatore. Cultore della pop art, ammiratore di Keith Haring e collezionista di urban toys

(a sottolineare la sua anima ancora giocosa e vivace) è un ragazzo acuto e dinamico, attento ai

cambiamenti giovanili. E’ colui che dovrà apportare al progetto un’impronta attuale e coerente, cer-

cando un giusto connubio tra valorizzazione del prodotto, scelte cromatiche e materiali da utilizzare.

Nel nostro caso non si parla dunque di un committente esterno ma di un’auto produzione che ri-

sulta atipica in quanto è data dall’unione dei due progettisti stessi che dovranno esclusivamente

definire come, e se, rendere evidente la loro dualità. Andremo allora a definire il rapporto esisten-

te tra le due personalità dei progettisti, i due stili e cercheremo di creare una “soluzione” il più

possibile omogenea, sia sotto il punto di vista concettuale che grafico e materico. Cercheremo di

riproporre i tratti pertinenti di entrambi i progettisti quando e dove sarà possibile. Pur parlando

di una committenza virtuale e totalmente personalizzata non dobbiamo prescindere da quelli che

sono i parametri del mercato perché, tale progetto, ha la presunzione di rappresentare l’inizio

di un percorso più lungo che porterà alla creazione di qualcosa di più elaborato e concreto.

Almeno inizialmente proveremo esplicare gli “stilemi” del nostro laboratorio di committen-

za, compito che risulta difficile in quanto ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo, che sta

muovendo i primi passi oggi e sarà, quindi più facile e più comprensibile, riconoscere dei

tratti pertinenti non quanto negli oggetti progettati ma nei valori che ci si promette di pro-

mulgare (in parole brevi una sorta di isotopia a livello del contenuto più che dell’espressione).

Innanzitutto si parla di laboratorio perché tale parola richiama immedia-

tamente i concetti di work in progress, di luogo di elaborazione e confron-

to di idee, di riflessione sul ruolo della società e dei prodotti inseriti sul mercato.

Definiamo ora esattamente l’identità di committente: un’azienda giovane che punta principal-

mente su un utenza altrettanto giovane e intende la progettazione come un processo me-

todico ma creativo che deve avere ripercussioni sulla comunità di cui fa parte. Lo scopo è

quello di produrre oggetti che siano al tempo stesso competitivi sul mercato ma che sollecitino

un processo di riflessione che li differenzia dai prodotti concorrenti: vendere sensibilizzando.

“Brand”, nome del nostro committente, deriva dalla combinazione diretta dei due nomi dei proget-

tisti stessi che generano questa ironica ambiguità: la parola brand in inglese significa marchio.

Nei casi in cui si vada a settorializzare l’attività il marchio Brand necessita di un’ulteriore spe-

cificazione che vada ad inquadrare immediatamente la natura del nuovo progetto, per cui

sarà affiancato da un termine supplementare. Concludendo, l’immagine di Brand è dunque un

marchio giovane con uno sguardo spiccatamente critico sulla società e sul mondo attuale che

attraverso scelte minimali, attente e coerenti genererà progetti sempre nuovi ma fedeli a que-

ste linee guida che possono dunque essere definite come tratti pertinenti del marchio stesso.

“Essendo noi stessi committenti di noi stessi”, la nostra idea sarebbe quella di dare vita ad un

laboratorio che in questo specifico metaprogetto si concentri sul tema dell’ecosostenibilità ma

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che in un futuro (quantomai prossimo) possa sviluppare anche altre linee di abbigliamento.

Dovendo inserire il prodotto in un mercato sempre più attento alle tendenze della moda

ma altrettanto sensibile ai problemi dell’ambiente (anche se in molti casi si nota solo un in-

teresse di facciata) dobbiamo cercare di creare un buon connubio tra materiali e concept.

3. Corpus d’analisi

Andiamo a vedere come si presenta il settore del mercato in cui vogliamo inserirci osservando

quali aziende possono essere concorrenti, più o meno pertinenti, e quali invece possono fornir-

ci buoni spunti riflessivi ed essere fonte di ispirazione anche per il nostro progetto. Innanzitutto

occorre dire che il settore dell’ecosostenibilità sta attraversando un periodo di buona notorietà

anche se viene trattato in maniera superficiale e talvolta con scopi puramente comunicativi e

commerciali oppure viene utilizzato come valore elitario per rendere ancora più aristocratico

un determinato settore della moda e dell’abbigliamento. Niente di più lontano da quello che

il nostro marchio si propone di fare, ovvero unire una linea completamente ecosostenibile con

dei messaggi forti per la società. Tralasciando quei fenomeni estemporanei che vedono nelle

speciali collaborazioni tra stilisti e aziende più o meno note (è il caso del connubio tra Stella

McCartney e la GAP) dei momenti in cui andare a rilanciare, in parte, l’abbigliamento sosteni-

bile. Andiamo ad analizzare quelli che sono i marchi che davvero hanno optato per un’etica

bio più onnicomprensiva: citiamo innanzittutto la KIN un marchio specializzato in sneakers che

prevede una politica ad impatto zero completa, partendo dal prodotto stesso, fino ad arriva-

re alla logistica dell’azienda (questa idea può essere molto utile ai fini del nostro progetto).

Abbiamo poi altre tipologie di abbigliamento ecosostenibile come, per esempio, l’espe-

rienza che ha dato vita a “The North Circular”, azienda in cui cinque designer di ses-

so femminile incentrano la loro attività sul settore della maglieria (che è rappresenta una

componente importante del mercato tessile ma che non va a influenzare il nostro ambito) man-

tenendo però una sorta di primato culturale e di presunzione stilistica che noi vorremmo evitare.

Un’altro marchio che merita di essere citato è sicuramente Milky Wear che fa dei materiali utilizzati

la sua peculiarità, in quanto è l’unico nel mondo a produrre t-shirt (e abbigliamento in generis)

utilizzando gli scarti della lavorazione del latte che, attraverso complessi passaggi biochimici,

danno origine al filato utilizzato poi nei loro prodotti (uno degli elementi fortemente penalizzan-

ti, a nostro avviso, è la scarsa attenzione dedicata all’aspetto grafico degli oggetti proposti).

Durante la ricerca dei competitors abbiamo rilevato una quasi totale carenza di linearità

nei messaggi espressi e la mancanza pressochè completa di marchi che vadano alla ricer-

ca del giusto connubio tra materiali e scelte grafiche che le rendano coerenti con i con-

cetti espressi, ci sentiamo quindi di sottolineare l’esistenza di una tendenza all’ecosostenibilità

di superficie che non va però ad esprimere concetti profondi e radicati nelle convinzioni dei

produttori (una sorta di distacco commerciale tra piano dell’espressione e piano del conte-

nuto). Si va alla ricerca di materiali biologici perchè risultano un espediente per diversificare

la propria immagine e non per motivazioni etiche che devono nascere nell’individuo (ecce-

zion fatta per il marchio KIN); ed è questo concetto che il marchio Brand si propone di ribal-

tare cercando di saldare inscindibilmente i due piani producendo oggetti con una coeren-

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za logica e cosciente che vadano aldilà della semplice etichetta bio.

La concezione di KIN di non fermarsi esclusivamente al prodotto ma di ricercare la sostenibilità

a tutti i livelli dell’azienda rappresenta un punto di partenza interessante anche per il nostro

progetto in cui cercheremo di sviluppare esclusivamente un prodotto fine a se stesso ma andre-

mo ad analizzare tutti gli ambiti produttivi e anche quelli comunicativi per far sì che il nostro

sia uno studio che comprenda tutti gli ambiti progettuali.

4. Utente modello

Adesso alla luce dell’identità del nostro progetto possiamo cominciare a prefigurarci e a distin-

guere le varie tipologie di utenza. Partiamo dal delineare l’utente modello principale: “l’isiota”.

Vogliamo spiegare che con questo termine intendiamo rappresentare una determinata catego-

ria di persone , al di là che appartengano o meno all’Isia (ma che studiano in ambiti comunque

in continua evoluzione); individui giovani che sono al passo coi tempi (espressione presa in

prestito da molte campagne pubblicitarie ma che nel nostro caso può essere idonea) ma che

siano capaci di comprendere criticamente il mondo che li circonda.

L’isiota (ed il nostro utente modello) si sveglia in ritardo dopo una serata passata a guardare

un film con gli amici, apre l’armadio (se lo ha) e sceglie una maglietta a tema col film visto la

sera prima, inforca la tracolla col “Mac” ed esce senza mangiare. Macchina, bicicletta, treno o

autobus arriva a scuola (criticando ogni sistema di trasporto utilizzato)e, nonostante la lezio-

ne sia iniziata si ferma a fare colazione e poi giunge in classe visibilmente sconvolto. Segue la

lezione sbirciando di tanto in tanto il giornale che ha comprato in precedenza (che sia L’Unità

o La Repubblica non ci interessa) e attende la pausa per interagire con i compagni. Nel pome-

riggio quando non è all’università (cosa che succede raramente), intervalla lo studio con mo-

menti dedicati ai propri interessi (l’isiota medio scarica da internet l’ultimo cd dei Mogwai men-

tre guarda in streaming la nuova uscita di Tarantino o legge l’e-book di Banana Yoshimoto o

mentre fa shopping on-line su Threadless.com). Se non cena a casa, deve sempre tenere conto

delle esigue finanze, ed entra nel primo take away cinese che incontra se non ha già saccheg-

giato un kebabbaro. Conclude la giornata con un individuo del sesso opposto (almeno solita-

mente) per un fugace confronto di idee.

Introduciamo ora altre tipologie di utenza diverse da quella primaria ma che comunque posso-

no interessare il nostro prodotto: il tipo cool.

Il tipo cool alzandosi con i postumi della partita di calcetto della sera prima, indossa gli abiti

preparati con cura la notte precedente ma solo dopo aver speso il giusto lasso di tempo per

la cura del proprio io (in bagno o di fronte allo specchio). Se studia o lavora, contemporanea-

mente controlla la sua pagina di Facebook e si documenta costantemente sull’evoluzione dello

street-wear ma solo se glamour e chic. Nel pomeriggio si ritrova con gli amici e discute di argo-

menti che spaziano dalla fanta-politica al calciomercato, passando talvolta per temi più nobili

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quando la situazione lo richiede. Si prepara per la cena ed esce per una piz-

za o per andare a mangiare un hamburger sperando di non sporcar-

si i vestiti perchè dopo dovrà andare alla ricerca di un fugace confronto di idee.

Il terzo ed ultimo tipo di utenza, che conclude la nostra ricerca sul target, è

una persona sensibile alle problematiche legate alla sostenibilità, ma desidero-

so di esprimere ed esternare le proprie convinzioni sul mondo attuale: il vegan.

Il vegan dopo aver fatto i suoi esercizi di thai chi, fa colazione con un tè verde del Nica-

ragua comprato in un mercatino equosolidale. Si reca a lavoro rigorosamente in bici, meglio

a piedi, nel tragitto si ferma in un negozio di LP o, se capita, in un negozio etnico. Placa la

sua fame esclusivamente con frutta e dedica tutto il pomeriggio alla cura del suo orto bo-

tanico (che occupa la totalità del suo piccolo terrazzo). Cena a base di tofu e prodotti

bio comprati dall’agricoltore di fiducia, prima di andare a letto beve un distillato di erbe, si

toglie i pantaloni di canapa indiana, per andare in cerca di un fugace confronto di idee.

Queste brevi e ironiche descrizioni delle giornate tipo degli uten-

ti modello ci servono per sottolineare la poliedricità dei soggetti che andranno a com-

porre la nostra utenza. Bilanciando in maniera adeguata il rapporto tra materiali, grafi-

che e scelte commerciali, cercheremo di soddisfare le esigenze di tutti e tre i tipi di utenza.

5. Valori e usi da comunicare

Come si è detto in precedenza nell’analisi dell’utenza e dello stilema dobbiamo creare un proget-

to che veicoli diversi valori, tutti riconducibili al concetto principe dell’ecosostenibilità. Avendo

l’intenzione non solo di comunicare determinati concetti etico-sociali ma anche di generare all’in-

terno degli utenti uno spirito attivo nei confronti dei problemi in questione si dovrà porre partico-

lare attenzione all’universo dei valori da comunicare e quali connotare in maniera più marcata.

Iniziamo col prendere in analisi il termine in sé dal punto di vista lessematico: la parola ecososteni-

bilità nasce, grammaticamente parlando, dall’unione di due termini diversi che sono eco e sosteni-

bile. Essendo due elementi che appartengono allo stesso universo semantico già la riproposizione

di entrambi all’interno della stessa istanza crea un rafforzamento dei valori delle singole parole.

Abbiamo però rilevato una possibile differenziazione tra questi due termini in quanto: “eco” riman-

da direttamente al mondo naturale (deriva dal termine greco oikos: “casa”, “ambiente”) mentre la

parola “sostenibilità” rimanda, a nostro avviso, ad un atteggiamento nei confronti della natura

stessa (che noi definiremo come “azione”). Ecco dunque spiegato il percorso generativo che ha

portato alla definizione della linea di abbigliamento in questione: Bamboo Shots che in inglese

significa letteralmente “germogli di bamboo”. Risulta ovvio, ai nostri occhi, il collegamento seman-

tico tra bamboo e natura (e quindi tra bamboo e eco) mentre la relazione che lega il termine

shots a quello di azione merita un’analisi più approfondita. Il cambio di livello significativo che

avviene nella lingua inglese riguardo al termine shot ci sembrava ben esplicativo: singolarmente

è traducibile con “colpo” o “tiro” quindi due azioni vere e proprie che fanno del dinamismo una

propria peculiarità mentre, se associato alla parola bamboo, esso va ad assumere un significato

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completamente diverso ovvero quello di germoglio. In conclusione abbiamo deciso di adottare

questo nome per la nostra linea, per mantenere un legame saldo con i concetti che rappresen-

tano i valori di base del nostro progetto generando così un’isotopia a livello del contenuto.

A questa dualità a livello immanente può essere ricondotta a livello manifesto attraverso i materiali e

le grafiche: i primi sono, a nostro avviso, direttamente riconducibili al concetto di natura (nello schema

precedentemente esposto) in quanto sono ciò che rende il progetto compatibile con l’ambiente. Le

seconde sono invece riconducibili direttamente a ciò che dovrà maggiormente sensibilizzare l’utente

ed, essendo materialmente create da noi “futuri” progettisti, possono sicuramente essere associate alla

categoria dell’azione (in termini semiotici si può parlare di manipolazione all’azione, ovvero “far-fare”).

Eco

Bamboo

Natura

Shots

Azione

Sostenibilità

Ecosostenibilità

BambooShots

Eco

Materiali

Natura

Gra�che

Azione

Sostenibilità

Ecosostenibilità

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Andiamo ad effettuare una categorizzazione dell’utenza rispetto ai valori proposti sopra e agli

elementi concreti che li definiscono:

Attraverso questo schema si vuole rappresentare in maniera semplice e chiara come le varie com-

ponenti del prodotto vadano ad influenzare valorialmente vari tipi di persone. Dunque, andando a

considerare le scelte etiche della parte di utenza più sensibile al tema della sostenibilità, il vegan

concentrerà la sua attenzione sui materiali, processi produttivi e sulle strategie comunicative (va-

lori: ecosotenibilità, comunicabilità etica e anticonformismo) . Al contrario il tipo cool concentrerà

il suo interesse sull’impronta grafica, sulla riconoscibilità del marchio e sulle scelte stilistiche della

linea (valori: originalità e ricchezza figurativa). L’utente medio (l’Isiota) dovrebbe, a nostro avviso,

rappresentare la fusione tra i due precedenti e quindi essere “attratto” dagli aspetti espressivi del

prodotto ma allo stesso tempo non potrà prescindere dai valori socio-culturali di cui il progetto è

investito (alori: vefficacia comunicativa, fermezza degli intenti ecosostenibili e costo del prodotto.)

6. Studio del percorso narrativo possibile

Ora che abbiamo analizzato il contesto nel quale si inserirà il nostro lavoro, il messaggio promulgato,

i molteplici referenti e aver delineato tutte le realistiche linee guida, possiamo passare ad impostare

la struttura concreta del progetto. Partiamo dall’elaborazione di un programma narrativo possibile.

Il programma narrativo d’usoIl progetto deve strutturarsi in modo da fornire al consumatore la possibilità di avvicinarsi alle

problematiche ambientali, di acquisire i cosiddetti oggetti modali, cioè in questo caso il sapere,

il poter fare, in modo tale da creare nell’utente uno spirito attivo e partecipativo alla tematiche

trattate. Accompagnando in questo modo, il ragazzo ignaro dell’argomento, in un percorso di

sensibilizzazione consapevole, ma proponendo inoltre,al consumatore più avveduto, un oggetto

capace di rispecchiare i valori fondamentali dell’ecosostenibilità, in modo ironico e provocante.

Natura Azione

Materiali Gra�che

U

U

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Il programma narrativo d’azioneLo scopo del progetto, cioè il nostro programma d’azione, non è unicamente quello di informare e

coinvolgere il destinatario nelle problematiche sociali, ma anche di stimolarlo a comportamenti so-

stenibili. E’ esattamente questo il punto chiave del progetto, creare un vero programma d’azione che

investa un gruppo sempre crescente di individui, spingendoli verso una critica costruttiva alla società

e ai valori, spesso fittizi, da essa promulgati. Interagire con la comunità (quella di Prato innanzi tutto)

per mettere in azione un meccanismo collettivo capace di far fiorire all’interno di una città un vero

movimento-verde capace in un futuro non troppo lontano, di fornire idee e creare nuove prospettive

all’industria tessile pratese nel campo delle fibre tessili naturali come il cotone, lino, canapa, juta, ecc...

Attanti e attoriStare in questo contesto a discutere se una maglia può essere considerata un testo dal punto di

vista semiotico ci sembra inutile e scontato (la risposta è certamente sì) ma andare ad analizzare

gli interpreti della struttura narrativa che la caratterizza può risultare utile ed allo stesso tempo

interessante per meglio comprendere la natura del progetto. Come in ogni racconto vi suono

ruoli attanziali esistenti sulla sfera immanente che poi vengono concretizzati a livello manifesto

attraverso gli attori: nel nostro caso il ruolo attanziale del soggetto è sicuramente riscontrabi-

le con quello del consumatore, che attraverso il sito, che acquista la maglietta. Il contatto tra

l’utente e l’oggetto è dunque il primo momento dell’istanza narrativa. Contestualizzando il tutto

si deve però notare che la t-shirt non rappresenta l’oggetto di valore per le sue componenti

materiche ma bensì perchè, in seguito alla prassi enunciativa, tale elemento si fa portatore di

concetti ben più aulici quali l’ecosostenibilità e la presa di coscienza (un percorso molto simile

a quello che il protagonista compie nelle favole proppiane). I progettisti e il marchio Brand, a

nostro avviso, possono assumere la figura dei destinanti in quanto producono nell’utente (ovve-

ro nel soggetto) un sentimento di mancanza, provocando l’insorgere ,all’interno di quest’ultimo,

una sensazione di non conoscenza e quindi di non congiunzione con l’elemento desiderato

(l’acquisizione di una coscienza etica) che può avvenire attraverso la giunzione con l’oggetto

di valore: la t-shirt. Si aggiunge inoltre l’aspetto manipolatorio del marchio Brand, i cui ideatori

(che saremmo noi) nutrono l’aspirazione di spingere l’utente a compiere qualcosa di pratico, di

attivo per l’ambiente (e qui ritorniamo al concetto di eco/azione espresso in precedenza) quin-

di dal punto di vista modale si parla di un far-fare. Questo far-fare sarà molto probabilmente

coaudivato dall’inserimento nel progetto di una diffusione del nostro messaggio via internet,

probabilmente attraverso il sito stesso (specificheremo nel capitolo 6 sulle strategie enunciative).

Se andiamo a prendere in considerazione gli stati modali si nota come l’utente modello li

attraversi tutti. Dunque attraverso il percorso che lo porta all’acquisto e all’utilizzo della T-

shirt: si passa da una condizione in cui esso non è cosciente del problema della mancan-

za, per poi far sì che tale problema divenga a lui noto e che lo stimoli all’azione fino ad

arrivare ad un momento di auto-sanzione ovvero, il soggetto stesso va a riconoscere su se

stesso se è divenuto o no una persona cosciente e attiva riguardo al problemi ambienta-

li (essere dell’essere). Discutendo in questi termini si potrebbe quasi parlare del rapporto tra

il marchio Brand e il suo utente (attraverso una visione bambinesca) quasi come quello di

una favola dove il lieto fine è rappresentato dal rispetto della natura; chiameremo quindi,

in chiave ironica e romantica, questo racconto “la favola verde”. (cfr. Magli 2004: 61-83)

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7. Strategie enunciative

Il mercato nel quale dovremo inserirci è caratterizzato da una sempre maggiore standardizza-

zione dei prodotti (grafiche, materiali, valori) per cui è molto importante, per essere competitivi

sul mercato, avere una forte immagine di marca, dalla grafica del marchio, al logotipo, fino ad

arrivare alle strategie di marketing. In questo capitolo esplicheremo le nostre intenzioni riguar-

danti le strategie enunciative e illustreremo le scelte dei mezzi secondo noi più adeguati ed più

efficaci, affinché l’identità della marca possa essere comunicata nella maniera migliore possibile.

Il logo è il primo elemento dal quale si parte per la costruzione di una marca. E’ costitui

to da un gruppo di segni, dal carattere tipografico al colore, che servono a dare un’iden-

tità visivamente riconoscibile alla marca Brand (rappresenta una realtà varia al cui interno

verrà sviluppata anche la linea ecologica). Il primo passo è stato buttare giù diverse op-

zioni per il logo esteso, seguendo comunque una stessa linea stilistica (una forte componen-

te legata al mondo del grafitismo e del design urbanwear, per poi andare a ricercare si-

gnificanti plastici che permettano una riconoscibilità delle isotopie principali del marchio).

La rotondità cilindrica dei caratteri rimanda sul piano del contenuto ad una mar-

ca dinamica, costruita con un design attuale, vivace ma legato ad una forte componen-

te grafica (nella streetart è definito “old-school” ). La larghezza dei contorni contribuisce

nella costruzione ininterrotta e continua del disegno. Inoltre la specularità delle lettere ini-

ziali e finali (la b e la d) concorre ad una chiusura stabile della composizione del logo.

troppo commerciale

troppo comune troppo statico

troppo confuso

troppo ordinario troppo caotico

troppo canonico

troppo slim

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La forma generale del logo esteso crea una forte relazione con un determinato stile grafico, tipi-

co della streetart, chiamato “bombing”. Questo stile è caratterizzato, a livello plastico, da forme

estremamente tondeggianti e minimali, aggregate come un insieme di nuvole. Questo comporta

nel complesso una certa dinamicità, ma, allo stesso tempo, la fermezza necessaria al logotipo.

Per concludere, queste peculiarità a livello plastico, rimandano a nostro avviso, alle isotopie

di fondo del marchio: la vitalità, la relazione con la street art, con la moda giovanile e la pe-

culiarità della trattazione di una molteplicità di temi (ecosostenibilità, politica, società,ecc..).

A questo punto è stato facile trovare un logo condensato che unisse le iniziali dei nomi

dei due progettisti e che permettesse una forte ed immediata visibilità del marchio.

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Andiamo ora a definire l’immagine grafica della collezione di T-shirt ecosostenibili partendo dal

logo. Come abbiamo già detto il logo delle T-shit è formato dal logo del Brand e dalle parole

Bamboo Shots. Il primo passo è stato cercare un font che richiamasse simbolicamente il bamboo e

i valori legati alla natura. Il “Cute Line” è perfetto per il nostro specifico caso, poiché è plastica-

mente costruito come un intreccio di foglie di bamboo. Infine per la conformazione finale del logo

espanso è bastato disporre il logo del Brand + Bamboo ( scritto in Cute Line) + la parola Shots.

In aggiunta abbiamo pensato di creare anche un logo condensato per la linea eco, aggre-

gando insieme la b e la d del logo Brand si ottiene un’icona che rimanda al muso stilizzato di

un panda. Abbiamo scelto quest’ultima come logo condensato della collezione Bamboo Shots.

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Siamo giunti ora a dover concretizzare tutti i concet-

ti espressi in precedenza condensandoli in un unico oggetto, di cui analizzeremo non

solo la componente grafica ma anche la scelta dei materiali e il processo produttivo.

Andiamo a prendere in analisi i materiali con cui andremo a lavorare, questo argomento deve

essere studiato attentamente in quanto rappresenta una parte essenziale del progetto. Come

abbiamo già anticipato intendiamo produrre t-shirt in cui l’aspetto valoriale sia dato anche

dalla coerenza materica dell’oggetto e dunque siamo andati alla ricerca di materiali eco-so-

stenibili o totalmente a impatto zero. Durante quest’indagine ci siamo imbattuti in un’azienda che

propone filati di cotone biologico e che fa dell’ecosostenibilità un proprio valore aggiunto:la

“Monticolor filati”. Dopo essere entrati in contatto con i rappresentanti di tale industria siamo in

grado di affermare che i loro prodotti (e più esattamente la linea BioPhilosophy) risponde per-

fettamente alle nostre esigenze: è adatta per produrre t-shirt ed è totalmente ad impatto zero.

Deciso il materiale, rimane da specificare il processo produttivo che porta alla creazio-

ne finale dell’oggetto: occupiamoci ora dei passaggi successivi tra cui parleremo in par-

ticolar modo della stampa che non sempre si attiene a parametri ambientali sostenibili. Per

quanto riguarda le fasi che portano il filato ad essere trasformato in maglia essi posso-

no essere facilmente risolti nella realtà pratese che, rimane a tutt’oggi, uno dei maggiori di-

stretti tessili italiani; questa scelta ci sembra ottima perchè, come abbiamo sottolineato più

volte, il legame tra il nostro progetto e la città in cui abitiamo è molto forte e anche l’uto-

pia di poter cambiare la situazione in cui oggi Prato verte merita un’attenzione particolare.

Passiamo al problema della stampa: abbiamo optato per una stampa serigrafica (tecnologia più utiliz-

zata nell’ambito delle grandi produzioni) facendo però attenzione alla natura degli inchiostri utilizzati.

La serigrafia o stampa serigrafica è una tecnica di stampa artistica di immagi-

ni e grafiche su qualsiasi supporto o superficie mediante l’uso di un tessuto (tessu-

to di stampa), facendo depositare dell’inchiostro su un supporto attraverso le aree li-

bere del tessuto. Il termine “serigrafia” deriva dal latino “seri” (seta) e dal greco

“grapho” (scrivere), dato che i primi tessuti che fungevano da stencil erano di seta.

La serigrafia come tecnica artigianale e industriale è stata adottata anche in am-

biti artistici e commerciali sin dai primi del Novecento. In ambito commerciale è usa-

ta principalmente per stampare immagini su tessuti di seta, T-shirt, foulard, cap-

pelli, CD, DVD, ceramica, vetro, polipropilene, polietilene, carta, metalli e legno.

La diversa definizione delle tipologie di serigrafia dipende dalle procedure e dagli obiet-

tivi (ad esempio la serigrafia tessile è un ambito applicativo quasi a sé stante e include

tutte le specialistiche applicazioni per gli innumerevoli supporti definiti tessuti); la serigrafia

grafica è quella normalmente intesa per stampa pubblicitaria o di illustrazioni e grafici

o disegni; la serigrafia industriale per applicazioni di decorazione funzionale e non solo

decorativa (pannelli di comando, segnaletica stradale ecc.), serigrafia artistica è sia tec-

nica artistica che modalità operativa per riprodurre opere più vicine possibile all’originale.

Secondo l’associazione di settore SIOTEC - Associazione Italiana per i settori serigrafia

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grafica, serigrafia industriale e serigrafia tessile - le diverse tecniche di stam-

pa serigrafica fanno capo a diversi ambiti di applicazione e diversi proces-

si che portano alla definizione di serigrafia industriale, grafica, tessile e artistica.

Una volta disegnato o trasferito lo stencil sul telaio (mediante varie tecniche), que-

sto viene posto sul supporto scelto, l’inchiostro viene poi posizionato sulla parte alta

del telaio e con una spatola di gomma viene spalmato sull’intero telaio, comprese ov-

viamente le aree aperte al substrato. L’inchiostro passa attraverso gli spazi aperti e si

deposita sul supporto (carta, tela, stoffa ad esempio). Il telaio viene quindi rimosso e

il supporto viene fatto asciugare. Il telaio può essere riusato dopo essere stato pulito.

(cit. http://it.wikipedia.org/wiki/Serigrafia)

Per quanto riguarda gli inchiostri ci siamo relazionati con un’azienda che si occu-

pa di stampa serigrafica ed, analizzando i vari prodotti, abbiamo scelto una linea

di inchiostri di nome “Plastisol Ecoline” che garantisce un’ottimo risultato prestaziona-

le e al contempo ci consente di ridurre al minimo l’impatto ambientale dovuto alla stampa.

La coerenza che vede la riproposizione a più livelli del connubio tra natura e attività (specifi-

catamente tra eco e azione) trova un ulteriore sviluppo nella tecnica di colorazione del capo

(ovvero di ogni singola t-shirt) che abbiamo deciso di promuovere per aumentare il potere

interattivo del prodotto e la possibilità di personalizzazione dell’oggetto da parte dell’utente.

La nostra idea è quella di realizzare prodotti grezzi (dal punto di vista tessile tale termine va

a riassumere il concetto di “tessuto non sottoposto a processi di tintura”) che poi ogni singolo

utente potrà andare a colorare seguendo le indicazioni fornite all’interno del sito o dello store

in evidenza. Ovviamente abbiamo preso in considerazione esclusivamente tipi di coloranti che

provengono direttamente dalla natura per riproporre ancora una volta l’isotopia che attra-

versa tutto il nostro progetto e che abbiamo ricordato poche righe sopra: l’eco è garantita

dalla totale naturalità degli elementi coloranti presi in considerazione mentre l’azione è rap-

presentata proprio dall’attività che l’utente deve compiere per colorare la t-shirt. Il processo

è costituito da un’attualizzazione delle tecniche tintorie utilizzate in antichità ovvero modi-

ficando le strumentazioni (che devono comunque risultare facilmente accessibili alla totalità

dell’utenza) ma mantenendo praticamente inalterati gli ingredienti utilizzati per tingere l’oggetto:

Per prima cosa occorre procurarsi una pentola di acciaio bella capiente per poter immergere al

meglio il capo di abbigliamento da tingere. Riempire di acqua la pentola e aggiungere alcuni

cucchiai di sale grosso da cucina (un cucchiaio di sale grosso da cucina ogni 150 cc di acqua).

Dopo aver scelto il colore voluto aggiungi l’ingrediente naturale all’interno della pentola. Consi-

dera che per ogni 25 gr di tessuto sono necessari 25 gr di foglie, bacche o fiori secchi oppure 15

gr di spezie, the o caffè. Non resta che aggiungere la maglietta o il pantalone da tingere, por-

tare l’acqua ad ebollizione e quando bolle spegnere il gas e lasciare raffreddare almeno 2 ore.

(cfr http://www.saperlo.it/guida/come-tingere-i-tessuti-in-modo-ecologico-13556)

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In conclusione del capitolo sulle strategie enunciative scelte per la nostra linea di abbigliamento,

andiamo ad analizzare le componenti grafiche delle t-shirt. Partiamo dal definire gli elementi secon-

dari presenti sulla maglietta, cioè quelli non inerenti alla grafica principale posta sul fronte: logo

ed etichetta stampata. Il logo condensato della linea specifica sarà posto sulla parte posteriore

della maglia, poco sotto il colletto, per garantire la riconoscibilità della collezione e richiamare

l’identità del marchio principale. Per quanto riguarda il secondo elemento, l’etichetta, abbiamo

scelto di stamparla direttamente all’interno della t-shirt per evitare l’utilizzo di un ulteriore materiale

differente dal cotone biologico. Questa componente è caratterizzata dall’inserimento al suo in-

terno di un codice a barre appositamente modificato per rappresentare nuovamente un richiamo

al mondo naturale (abbiamo preso in prestito questa idea da un collega isiota, Cosma Frascina.)

Brand Prato Italy solo cotone bio

Brand Prato Italy solo cotone bio

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Arriviamo, dunque, all’analisi delle stampe principali della maglietta. Come abbiamo già ac-

cennato, questo è un work in progress, per cui abbiamo scelto di presentare solamente quattro

delle immagini realizzate in questo breve lasso di tempo. Partiamo dall’analizzare, in modo sin-

tetico, la relazione tra il piano dell’ espressione e quello del contenuto di ogni specifica maglia:

La prima maglia raffigura una lampadina alogena, con all’interno la silhouette di un albero spo-

glio. Al di sotto dell’immagine c’è una scritta: “turn on the nature” (accendi la natura). Questa sem-

plice configurazione plastica rimanda sul piano del contenuto, a nostro parere, ad un concetto

abbastanza complesso che cercheremo di esplicare in poche righe: l’albero spoglio rappresenta

la scarso interesse che il problema dell’ecosostenibilità suscita nella società (dal nostro punto di

vista siamo a quello che possiamo definire “l’autunno dell’ecologia”) ma siamo convinti che, anche

attraverso piccoli cambiamenti come quello dell’abbandono delle vecchie lampadine alogene

per fare spazio a oggetti con un minor consumo energetico sia possibile ottenere, in tempi re-

lativamente brevi, un miglioramento della situazione ambientale ed una “rinascita dell’ecologia”.

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La seconda maglietta ritrae un semplice paesaggio con, sulla sinistra delle pale eoliche, mentre sulla

destra sono rappresentati, in modo molto sintetico, i lineamenti di due figure a cavallo (tali figure

in un contesto come questo rimandano semi-simbolicamente alle figure di Don Chisciotte e Sancho

Panza). I colori sono scuri e piatti, il tutto per creare un’ambientazione surreale. Sotto la scritta reci-

ta: “not be scared by the giants” (non abbiate paura dei giganti). Questa grafica che rimanda al

racconto di Cervantes può apparire prevalentemente ironica ma in realtà, a livello del contenuto,

nasconde una critica abbastanza dura alla società, veicolata soprattutto dal messaggio sotto-

stante la stampa. Il messaggio che vuole trasmettere riguarda la diffidenza che gran parte della

società nutre nei confronti degli impianti per la produzione di energia sostenibile e del loro relati-

vo impatto ambientale sull’estetica del paesaggio ed invita scherzosamente a non averne paura.

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La terza maglia rappresenta un buddha inserito all’interno del simbolo del riciclo, sotto all’immagine c’è

scritto: “bio philosophy” (risparmiamo la traduzione). Il tutto è contraddistinto da una scelta cromatica

che si avvicina di più al concetto filosofico buddista (rosso e giallo) che non a quello del riciclo (ver-

de). In questa t-shirt abbiamo voluto sensibilizzare l’utente specificando che, a nostro parere, l’eco-

sostenibilità non può essere più assunto come pura ideologia astratta ma debba diventare un vero

stile di vita, una filosofia personale, capace di far tornare il rispetto della natura come bene assoluto.

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La quarta ed ultima maglia che vogliamo illustrare è un semplice elenco cronologico che riporta

quelle che sono conosciute come le più famose sconfitte della storia; dal punto di vista plastico

è l’immagine più essenziale in quanto è formata esclusivamente dai nomi delle battaglie seguiti

dalla data in cui sono avvenute. Grafica totalmente in bianco e nero, varia solo il font utilizzato

a seconda dell’epoca storica presa in considerazione. Interessante è notare come nel corso della

storia il concetto di sconfitta sia passato da avere una valenza esclusivamente militare ad avere,

oggi, un valore soprattutto politico,sociale, concettuale, molto spesso legato ai rapporti tra uomo

e natura. Con questa maglietta vogliamo ricordare e far sapere all’utenza che tutti i grandi incontri

incentrati sull’ambiente hanno avuto esiti negativi e sono serviti esclusivamente come spot elettorali

(sottolineando ancora una volta l’inutilità di una ecosostenibilità apparente e puramente retorica).

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8. Prove di commutazione

Per eseguire una prova di commutazione e riconoscere per via indiretta i tratti pertinenti del

nostro progetto bisogna prendere in considerazione due diversi piani: quello manifesto che nel

nostro caso sarà rappresentato dai materiali e dalle scelte grafiche e quello imminanente in cui

si dovrà verificare la pertinenza concettuale del progetto. Non andremo in questa sede a met-

tere in discussione le scelte inerenti al taglio della maglietta (ovvero la tipologia di vestibilità)

perchè riguardano ambiti estremamente specifici e inerenti esclusivamente al mondo della moda

mentre la nostra attenzione si è concentrata soprattutto gli aspetti comunicativi del progetto.

Iniziamo dall’analisi del piano espressivo e più precisamente prendiamo in considerazione i materiali:

avremmo potuto utilizzare materie prime differenti e con origini tutt’altro che naturali ma questo, a

nostro avviso, avrebbe causato non solo un cambiamento del messaggio che vogliamo divulgare

ma soprattutto un indebolimento della potenza critica dei nostri oggetti. Ci risulta quindi che la

scelta del cotone biologico (a cui in seguito si potranno aggiungere altre tipologie di tessuto

ma tutte ad impatto zero) sia estremamente caratteristica e imprescindibile al nostro progetto.

Passiamo all’analisi delle scelte grafiche considerando come parametri importanti non tanto la

posizione delle stampe (risulta evidente che una t-shirt che abbia un alto potere comunicativo

presenti la parte più curata sul fronte) quanto lo stile delle raffigurazioni scelte e dei messaggi

scritti sopra ogni t-shirt. Innanzitutto tutte le maglie presentano una parte meramente figurativa

e una parte scritta recante un messaggio inerente alla scelta grafica in questione: prendiamo in

considerazione l’ipotesi che tali scritte siano caratterizzate da font diversi ed appaiano quindi

differenti l’una dall’altro ciò, rappresenterebbe a nostro avviso, un campo di variazione troppo

elevato che minerebbe pericolosamente la riconoscibilità del marchio o comunque non facilite-

rebbe il posizionamento della T-shirt all’interno della collezione. Inoltre riteniamo che, mantenendo

costante il carattere, esso possa rappresentare un tratto pertinente della linea di abbigliamento

senza però denotarla come statica in quanto, comunque, il senso delle parole varia di volta in

volta nonostante l’immagine complessiva rimanga coerente. La grafica principale delle T-shirt ri-

mane coerente all’interno di tutto il progetto ed è rappresentata da un’immagine complessiva de-

rivante dal collage di altri elementi; pensiamo ad un tipo diverso di rappresentazione magari più

fumettistica o meno concreta e alle conseguenze che queste scelte avrebbero sulla collezione:

riteniamo che una grafica più fumettistica avrebbe causato una variazione nella percezione del

messaggio che sarebbe apparso più ironico che critico, determinando così un allontanamento

dal nostro concetto di base. In egual misura la scelta di una grafica più astratta potrebbe com-

promettere la natura del messaggio rendendolo ancora più astratto e complicando oltremodo

la fruizione e la comprensione di quest’ultimo. La tipologia del collage critico ci sembra dunque

la soluzione più idonea per divulgare un messaggio chiaro, deciso che sia dotato comunque

di una valenza espressiva che accresca ancora di più il potere comunicativo dell’oggetto.

Andiamo ad analizzare il piano del contenuto e come il progetto abbia aderito o meno ai bisogni

espressi inizialmente: il concetto da divulgare era quello dell’ecosostenibilità attraverso una criti-

ca del comportamento della maggior parte della popolazione verso la natura e verso i cambia-

menti possibili per modificare la situazione. Avremmo potuto utilizzare esclusivamente delle scritte

o immagini con un contenuto più forte, probabilmente ottenendo un potere comunicativo più ele-

vato ma generando così un prodotto destinato ad una fetta troppo piccola di mercato perché,

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come abbiamo ricordato più volte, il nostro obbiettivo (forse utopistico ma comunque perseguibi-

le) è quello di modificare l’atteggiamento dell’utenza che deve, dunque essere varia e numerosa.

Probabilmente peccando di superbia possiamo però affermare, che a nostro avviso, le scelte effettuate

risultano le più giuste o comunque quelle più adatte ad ottenere il giusto equilibrio che ci consente di avere

un prodotto che non sia fuori dalle logiche del mercato ma che, allo stesso tempo, ne possa effettuare

una critica stimolando la collettività all’azione e alla presa di coscienza sul tema dell’ecosostenibilità.

9. Comunicazione e distribuzione

Il guerrilla marketing è un insieme di tecniche di comunicazione non convenzionali che consente di

ottenere il massimo della visibilità con il minimo degli investimenti. Infatti, tramite la creatività e l’effet-

to “eco”, si possono raggiungere ottimi livelli di comunicazione a costi contenuti. Per realizzare una

campagna di successo sfruttando il guerrilla marketing devono essere presenti i seguenti elementi:

1) Incuriosire, intrigare e coinvolgere. Il messaggio e il mezzo con il quale lo si comunica

devono essere originali e devono stupire l’ascoltatore e attirare la sua attenzione. Tutto

si basa sulla creatività e sulla capacità di creare un qualcosa di innovativo e di effetto.

2) Deve far parlare di sè. Grazie all’originalità e all’effetto sorpresa, il messaggio ten-

de a diffondersi tramite il passaparola, fino ad ottenere, in particolari situazioni,

una risonanza gratuita anche sui media tradizionali come la TV, la radio e i giornali.

3) Coinvolgimento. Questa è forse la fase più difficile, cioè il mantenimento del messaggio

tramite la creazione di una community on line. Lo scopo è far si che le persone si rico-

noscano parte di una comunità, ne siano coinvolti e la facciano vivere di luce propria.

La sua enorme potenzialità risiede nella capacità esponenziale di diffusione sfruttan-

do l’originalità di un’idea (storie divertenti, giochi online, filmati e siti web curiosi). Nel

giro di pochi giorni queste tecniche possono letteralmente attrarre milioni di visitatori.

(cit. http://www.begcom.it/img/guerrilla_marketing)

Specificando quanto accennato in precedenza in merito al radicamento sul territorio del marchio

Brand è necessario adesso sottolineare come le nostre idee nascano in un contesto ed in una

realtà complessa come quella pratese. La situazione economico/sociale a Prato meriterebbe un

analisi più attenta, poiché la condizione in cui versa ha sicuramente influenzato il nostro percorso.

Il progetto mira anche a riviltalizzare una città che un tempo era la patria del tessile e che oggi

versa in uno stato critico. Mostreremo dunque come la nostra origine andrà direttamente a carat-

terizzare la tipologia comunicativa scelta sia attraverso l’utilizzo di oggetti provenienti da questa

realtà a noi cara sia divenendo il “palcoscenico” delle nostre eco-azioni (non solo commerciali).

Ripercorrendo le linee guida della guerrilla art, il nostro progetto nasce come un azione coper-

ta da anonimato. Questo concetto è quello che vorremmo, anche solo inizialmente, mantenere

finché il progetto non prende piede. Fondendo insieme due fenomeni dalla forte natura sovver-

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siva come quello del guerrilla marketing e del guerrilla gardening vogliamo dare vita ad una

tipologia di advertisement che non prevede esclusivamente messaggi commerciali ma che anzi,

giovi materialmente all’ambiente attraverso un’adesione da parte della comunità. (l’importanza

della vendita delle maglie, a nostro avviso, è paragonabile a quella dell’aumento della sensi-

bilizzazione all’ecosostenibilità). Nasce così il concetto di eco-azione che rappresenta ancora

una volta un’isotopia, stavolta a livello estremamente concreto e comportamentale, che ga-

rantisce, se ancora fosse necessario, un alto livello di coerenza e riconoscibilità del marchio.

Per quanto riguarda la commercializzazione del prodotto risulta essenziale la capaci-

tà di incuriosire l’utenza fondendo appunto elementi che richiamino la storia pratese (nel

nostro caso utilizzeremo dei supporti ormai caduti in disuso nella filiera tessile) con elemen-

ti che rappresentino la natura del marchio (adesivo con il nome del sito e il logo) e che va-

dano a richiamare i valori dell’ecosostenibilità (in questa situazione vere e proprie piante).

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Ipotizziamo un possibile andamento della nostra eco-azione che vorremmo venisse realizzata a Prato:

1) La prima fase prevede l’inserimento all’interno della città (aiuole, giardini,vasi,ecc...)

di un numero elevato di Shots (abbiamo deciso di chiamare così l’oggetto di comuni-

cazione perchè richiama ancora il concetto di germogli e di colpo). Tutto si concentra sul

far breccia nella curiosità della gente, attraverso questo mezzo innovativo e di effetto.

2) Magari ci vorrà del tempo, ma il messaggio comincerà a diffondersi tramite il passaparo-

la (anche su social network quali facebook o twitter), magari arrivando a coinvolgere qual-

che blog sul tema dell’ecologia. Lo scopo primario è di far arrivare le persone al nostro sito.

3) Le persone una volta arrivate sul sito, oltre che visitare lo shop online in cui saranno presentate le

magliette, potranno leggere le nostre idee riguardo al loro coinvolgimento nel progetto di guerrilla

gardening della città. L’idea è quella di coinvolgere direttamente gli utenti, facendo si che si sen-

tano parte di un progetto comunitario capace di creare una coscienza ecosostenibile nella città.

L’aspetto della commercializzazione viene, in questo oggetto, trattato attraver-

so l’apposizone di un adesivo recante il logo del marchio, il nome del progetto e l’indi-

rizzo web a cui accedere per ottenre ulteriori informazione e per acquistate le T-shirt. W

Il SitoAbbiamo optato per un’immagine grafica molto semplice ed intuitiva ma con un web design

attraente ed efficace. Sarà un sito dalla alta usabilità, in modo tale che le persone si sentano

subito inserite all’interno del progetto. Nella pagina web, come abbiamo già detto, saranno

inserite diverse finestre: shoponline, community online (per la partecipazione degli utenti, foto,

scambio di idee), un “chi siamo” ( in cui spieghiamo come è nato il progetto e a cosa pun-

tiamo), un’area in cui possiamo dare consigli sulla nostra idea di eco azione collettiva e ri-

ceverne allo stesso modo ed una sezione dedicata alle esperienze simili in giro per il mondo.

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Conclusioni

Giunti alla conclusione di questo metaprogetto dall’identità completamente personale, possiamo

dire di aver appreso l’importanza della semiotica applicata al progetto. Il percorso semiotico

è uno strumento con il quale analizzare analiticamente i passi da seguire durante lo sviluppo

del proprio lavoro, per non perdere mai di vista le proprie linee guida, le proprie direttive in

modo da sviluppare un discorso consapevole, capace di guidare il progetto verso una mag-

giore sensibilizzazione alle significazioni del mondo. L’importanza del lavoro semiotico è quella

di guidare il progettista verso la formulazione delle giuste domande da porsi, lo guida verso

la previsione dei possibili scenari nei quali il proprio oggetto dovrà inserirsi. Speriamo dunque

di essere stati in grado di mettere in pratica un processo semiotico applicabile alla totalità

dei progetti che affroteremo in futuro. Speriamo che questo metaprogetto sia stato esplica-

to nel modo più chiaro possibile, considerando il poco tempo a disposizione e le numerose

questioni analizzate all’interno, inoltre ci auspichiamo che la relazione tra le componenti concet-

tuali e grafiche del progetto abbia rispettato una logica di senso comprensibile e condivisibile.

Infine dobbiamo dire che ci riteniamo soddisfatti del nostro lavoro in quanto abbiamo gettato le basi

per la creazione di un progetto concreto che cercheremo di sviluppare e realizzare in un prossimo futuro.

(breve documentazione fotografica delle T-shirt realizzate)

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Bibliografia

DENI M.2008 La semiotica nel progettoin DENI M., PRONI G. La semiotica e il progetto. Design, comuni-cazione, marketing, Milano: Franco Angeli.

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Webgrafia

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www.saperlo.it/guida/come-tingere-i-tessuti-in-modo-ecologi-co13556

www.begcom.it/img/guerrilla_marketing