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C ome quasi in tutte le città d’Italia, il calcio ha origini dilet- tantistiche e d’importazione britannica. Intorno al 1910, quando già da circa dieci anni la squadra di foot-ball di Genova aveva conquistato il suo primo trofeo, nella città di Catania avvenivano degli incontri occasionali con delle squa- dre di marinai inglesi di transito nel porto della città, giocati nell’ampio spiazzo della villa Bellini, dove adesso i bambini ruz- zano con i loro piccoli semoventi giocattoli. Successivamente le partite venivano disputate in un altro campetto nei pressi dell’attuale aeroporto di proprietà del DLF (dopolavoro ferroviario) della stazione di Acquicella. Solo nel 1928 apparve il primo rudimento sportivo organizzato sotto il nome “LA CATANESE” dai colori rosso-azzurri, tipici della città. L’anno successivo fu ribattez- zata “Società Sportiva Catania”. In questa fase iniziarono ad aver luogo delle parti- te contro altre squadre dell’interland della Sicilia Orientale, quali Messina, Siracusa ed altre città di minore importanza. Fu questo il periodo in cui nacque il “tifo” per i colori della squadra nell’animo dei catanesi, con episodi di aperto sostegno sporti- vo, discussioni, critiche, suggerimenti, giustificazioni e quant’altro adesso avviene. La partite contro le squadre avversarie avvenivano “dentro casa” oppure “fuori casa.” In quest’ultimo caso i giocatori si spostavano in macchina, poche ore prima dell’in- contro con delle macchine attraverso le strade non molto efficienti in verità. Sicché l’operazione influiva molto negativamente sull’eventuale risultato negativo ed era motivo di discussione tra i tifosi che imputavano la sconfitta ai tornanti delle strade, ai sussulti delle macchine, responsabili, ora del malore del centravanti, ora alla per- dita di intuito del portiere od altro difensore. Nonostante il moltiplicarsi dei tifosi, pochi di costoro riuscivano a seguire la squadra in trasferta nelle varie località, con- trariamente a quello che avviene adesso. A dare un impulso nuovo ed un indirizzo ben definitivamente tracciato al calcio catanese, fu senza dubbio l’avvento del PNF per l’alto l’interesse che il regime aveva per gli avvenimenti sportivi. La Società Sportiva Cal- cio Catania venne ribattezzata “Associazione Fascista di Calcio Catania” e gli venne asse- gnato, come terreno di gioco la Piazza Espo- sizione, corrispondente all’attuale piazza Gio- vanni Verga, quando ancora non esistevano né l’attuale albergo Excelsior, né il Tribunale di Catania, né tanto meno la fontana che ri- corda i Malavoglia. Venne ufficializzato tutto, dai colori della squadra, alla gestione di tutto il sodalizio, con un “mecenate” rego- larmente scelto dal Podestà ed ovviamente riconosciuto dai giocatori, nonché dai tifosi. Soltanto nel 1938, venne abbandonato il terreno di piazza Esposizione, per l’asse- gnazione del costruendo stadio “Cibali”, dove non si attese l’ultimazione dei lavori per consentirne l’uso. Solamente in data recentissima sono stati apportati dei lavori di completamento, quando ormai lo stadio “Cibali” aveva cambiato nome, essendo stato intestato ad Angelo Massimino, per i suoi alti meriti sportivi e la sua tragica scomparsa. È da dire che, ancor prima dell’assegnazione del “Cibali”, mecenate l’emi- nentissimo ed eccellentissimo Duca di Mister- bianco, era riuscito a provare il brivido della promozione in serie A. Sotto la guida di costui, si era riusciti a formare uno splendido squa- drone che alla fine del campionato di serie B, dove era precedentemente passato muoven- do dalla serie C, era in testa alla classifica a pari merito con il Genoa. Si rese necessario lo spareggio, che il Catania stava per vincere. Si racconta che l’illustre mecenate, preoccupato di non poter sostenere le spese per il manteni- mento della squadra in serie A, sia intervenuto presso i giocatori, durante l’interval- lo, pregandoli di astenersi dal vincere la partita e … così fu!. A causa di motivazioni economici il Catania nel 1940 si trovava a militare in serie C. Solamente alla fine del girone 1942/43, regolarmente vinto, passò in serie B. In seguito allo sfacelo bellico. Insieme a tutta l’organizzazione calcistica, anche il Catania venne assorbito dalla tragedia nazionale e tutto fu perso. Passata la bufera, nel dopoguerra nacquero i nuovi germogli del calcio cittadino (la Virtus, La Catanese, l’Elefante), l quali confluirono nel- la formazione della nuova Società “Club Calcio Catania”, i cui colori furono sempre quelli ros- so-azzurri ed il cui primo presidente fu Santi Manganaro. La squadra venne assegnata alla serie C. Bisogna attendere il girone 1948/49 per il salto in serie B sotto la guida di Arturo Michisanti, che riusci a portare la squadra alla soglia della serie A senza, purtroppo, riuscirci. Soltanto successivamente, sotto la guida del presidente Giuseppe Rizzo la squadra fece il grande salto in serie A, restandovi per un solo anno e e retrocedere ancora dalla B in serie C in seguito al coinvolgimento in uno scandalo, in cui erano anche coinvolti molti arbitri. Solo nel 1960/61, presidente Ignazio Marcoccio, allenatore Di Bella, il Catania ri- tornò in serie A restandovi per ben 6 anni e retrocedendo nel 1965/66 in serie B, dove stazionò fino al 1970, anno in cui, presidente Angelo Massimino, allenatore Rubino, fu promosso in serie A. La permanenza fu di un solo anno con la disperazione del povero Massimino, che la “favola metropolitana” vuole alla ricerca “dell’amalgama” dei giocatori a costo di doverla comprare a qualunque prezzo. La discesa fu inarre- stabile fino al 1974, quando il Catania ripiombò in serie C. Solo nel 1980 il Catania fu promosso in serie B e nel campionato 1982/83 la squadra per la quarta volta ritornò in serie A per merito espresso dell’allenatore Di Marzio. Ma nel 1984 la squadra retro- cedeva in serie B concludendo il campionato all’ultimo posto e sfiorando la retroces- sione in serie C2 per deficienze economiche e quant’altro. Sorvolando sugli avvenimenti sportivi di questi ultimi anni, in cui vi sono state alterne vicende di gioia e dolore per i tifosi, dei quali alcuni finirono per definirsi “am- muccalapuni”, cioè, dei poveri minchioni che credono “a matula” nella rivincita della squadra e nel riscatto sportivo della città di Catania calcistica, alla luce di ristrettez- ze economiche, nonché scandali e lotte per la poltrona di presidente, siamo giunti ai nostri tempi che vedono la squadra militare, non tanto brillantemente, in serie cosiddetta “pro”, che altro no è se non la serie C. Pur non spegnendosi l’eco dei mal- contenti e delle critiche salaci alla vendita di questo o quel giocatore ed alle critiche più attente sulle decisioni societarie ed anche arbitrali, non cessa la speranza dei tifosi di rivedere la squadra giocare i serie A, sognando favolosi scontri con le squa- dre migliori di sempre quali la Juventus, il Milan, l’Inter ed altre che sembrano aver piantato in eterno le tende in serie A. Mi piace evidenziare, che in queste sue alter- ne vicende, il Catania ha sconfitto sul campo, squadre di indubbio valore, quali quelle sopra elencate e che inoltre sotto i suoi colori, han- no militato giocatori non solo mediocri, ma anche di alto rango, quali Carapellese, Nor- dhal, Calvanese, Seveso, Spikoski. Ricordo al- tri nomi, quali l’ormai scomparso Preosti, che fu detto anche il “motorino della C” e la coppia Petrigno e Luvanor, promesse sudamericane che furono croce e disastro per quello che co- stò d’ingaggio. Naturalmente la storia del Calcio catanese non finisce qui. Essa continua nel suo cammino verso la meta di sempre maggiori e migliori traguardi e l’augurio migliore è quello che la cittadinanza possa godere del piacere, anche se del tutto effimero, di possedere una squadra di calcio veramente efficiente e di cui andare fieri. L’altro au- gurio è che mai più possano ripetersi gli scandali lamentati, nonché le intemperan- ze delle tifoserie, le quali, proprio al Massimino, si sono rese protagoniste di gravi fatti, realizzando anche una vittima tra le forze dell’ordine. Breve storia del calcio catanese di Pippo Nasca Il Catania nella stagione 1933-1934 Lo Stadio “Angelo Massimino” Francesco Lodi e Pietro Lo Monaco

Breve storia del calcio catanese storia del... · C ome quasi in tutte le città d’Italia, il calcio ha origini dilet - tantistiche e d’importazione britannica. Intorno al 1910,

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Page 1: Breve storia del calcio catanese storia del... · C ome quasi in tutte le città d’Italia, il calcio ha origini dilet - tantistiche e d’importazione britannica. Intorno al 1910,

Come quasi in tutte le città d’Italia, il calcio ha origini dilet-tantistiche e d’importazione britannica. Intorno al 1910, quando già da circa dieci anni la squadra di foot-ball di

Genova aveva conquistato il suo primo trofeo, nella città di Catania avvenivano degli incontri occasionali con delle squa-dre di marinai inglesi di transito nel porto della città, giocati nell’ampio spiazzo della villa Bellini, dove adesso i bambini ruz-zano con i loro piccoli semoventi giocattoli. Successivamente le partite venivano disputate in un altro campetto nei pressi dell’attuale aeroporto di proprietà del DLF (dopolavoro ferroviario) della stazione di Acquicella.

Solo nel 1928 apparve il primo rudimento sportivo organizzato sotto il nome “LA CATANESE” dai colori rosso-azzurri, tipici della città. L’anno successivo fu ribattez-zata “Società Sportiva Catania”. In questa fase iniziarono ad aver luogo delle parti-te contro altre squadre dell’interland della Sicilia Orientale, quali Messina, Siracusa ed altre città di minore importanza. Fu questo il periodo in cui nacque il “tifo” per i colori della squadra nell’animo dei catanesi, con episodi di aperto sostegno sporti-vo, discussioni, critiche, suggerimenti, giustificazioni e quant’altro adesso avviene. La partite contro le squadre avversarie avvenivano “dentro casa” oppure “fuori casa.” In quest’ultimo caso i giocatori si spostavano in macchina, poche ore prima dell’in-contro con delle macchine attraverso le strade non molto efficienti in verità. Sicché l’operazione influiva molto negativamente sull’eventuale risultato negativo ed era motivo di discussione tra i tifosi che imputavano la sconfitta ai tornanti delle strade, ai sussulti delle macchine, responsabili, ora del malore del centravanti, ora alla per-dita di intuito del portiere od altro difensore. Nonostante il moltiplicarsi dei tifosi, pochi di costoro riuscivano a seguire la squadra in trasferta nelle varie località, con-trariamente a quello che avviene adesso.

A dare un impulso nuovo ed un indirizzo ben definitivamente tracciato al calcio catanese, fu senza dubbio l’avvento del PNF per l’alto l’interesse che il regime aveva per gli avvenimenti sportivi. La Società Sportiva Cal-cio Catania venne ribattezzata “Associazione Fascista di Calcio Catania” e gli venne asse-gnato, come terreno di gioco la Piazza Espo-sizione, corrispondente all’attuale piazza Gio-vanni Verga, quando ancora non esistevano né l’attuale albergo Excelsior, né il Tribunale di Catania, né tanto meno la fontana che ri-corda i Malavoglia. Venne ufficializzato tutto,

dai colori della squadra, alla gestione di tutto il sodalizio, con un “mecenate” rego-larmente scelto dal Podestà ed ovviamente riconosciuto dai giocatori, nonché dai tifosi.

Soltanto nel 1938, venne abbandonato il terreno di piazza Esposizione, per l’asse-gnazione del costruendo stadio “Cibali”, dove non si attese l’ultimazione dei lavori per consentirne l’uso. Solamente in data recentissima sono stati apportati dei lavori di completamento, quando ormai lo stadio “Cibali” aveva cambiato nome, essendo stato intestato ad Angelo Massimino, per i suoi alti meriti sportivi e la sua tragica scomparsa. È da dire che, ancor prima dell’assegnazione del “Cibali”, mecenate l’emi-nentissimo ed eccellentissimo Duca di Mister-bianco, era riuscito a provare il brivido della promozione in serie A. Sotto la guida di costui, si era riusciti a formare uno splendido squa-drone che alla fine del campionato di serie B, dove era precedentemente passato muoven-do dalla serie C, era in testa alla classifica a pari merito con il Genoa. Si rese necessario lo spareggio, che il Catania stava per vincere. Si racconta che l’illustre mecenate, preoccupato di non poter sostenere le spese per il manteni-mento della squadra in serie A, sia intervenuto presso i giocatori, durante l’interval-lo, pregandoli di astenersi dal vincere la partita e … così fu!. A causa di motivazioni economici il Catania nel 1940 si trovava a militare in serie C. Solamente alla fine del girone 1942/43, regolarmente vinto, passò in serie B. In seguito allo sfacelo bellico. Insieme a tutta l’organizzazione calcistica, anche il Catania venne assorbito dalla tragedia nazionale e tutto fu perso.

Passata la bufera, nel dopoguerra nacquero i nuovi germogli del calcio cittadino (la Virtus, La Catanese, l’Elefante), l quali confluirono nel-la formazione della nuova Società “Club Calcio Catania”, i cui colori furono sempre quelli ros-so-azzurri ed il cui primo presidente fu Santi Manganaro. La squadra venne assegnata alla serie C. Bisogna attendere il girone 1948/49 per il salto in serie B sotto la guida di Arturo Michisanti, che riusci a portare la squadra alla soglia della serie A senza, purtroppo, riuscirci.

Soltanto successivamente, sotto la guida del presidente Giuseppe Rizzo la squadra fece il grande salto in serie A, restandovi per un solo anno e e retrocedere ancora dalla B in serie C in seguito al coinvolgimento in uno scandalo, in cui erano anche coinvolti molti arbitri.

Solo nel 1960/61, presidente Ignazio Marcoccio, allenatore Di Bella, il Catania ri-tornò in serie A restandovi per ben 6 anni e retrocedendo nel 1965/66 in serie B, dove stazionò fino al 1970, anno in cui, presidente Angelo Massimino, allenatore Rubino, fu promosso in serie A. La permanenza fu di un solo anno con la disperazione del povero Massimino, che la “favola metropolitana” vuole alla ricerca “dell’amalgama” dei giocatori a costo di doverla comprare a qualunque prezzo. La discesa fu inarre-stabile fino al 1974, quando il Catania ripiombò in serie C. Solo nel 1980 il Catania fu promosso in serie B e nel campionato 1982/83 la squadra per la quarta volta ritornò in serie A per merito espresso dell’allenatore Di Marzio. Ma nel 1984 la squadra retro-cedeva in serie B concludendo il campionato all’ultimo posto e sfiorando la retroces-sione in serie C2 per deficienze economiche e quant’altro.

Sorvolando sugli avvenimenti sportivi di questi ultimi anni, in cui vi sono state alterne vicende di gioia e dolore per i tifosi, dei quali alcuni finirono per definirsi “am-muccalapuni”, cioè, dei poveri minchioni che credono “a matula” nella rivincita della squadra e nel riscatto sportivo della città di Catania calcistica, alla luce di ristrettez-ze economiche, nonché scandali e lotte per la poltrona di presidente, siamo giunti ai nostri tempi che vedono la squadra militare, non tanto brillantemente, in serie cosiddetta “pro”, che altro no è se non la serie C. Pur non spegnendosi l’eco dei mal-contenti e delle critiche salaci alla vendita di questo o quel giocatore ed alle critiche più attente sulle decisioni societarie ed anche arbitrali, non cessa la speranza dei tifosi di rivedere la squadra giocare i serie A, sognando favolosi scontri con le squa-dre migliori di sempre quali la Juventus, il Milan, l’Inter ed altre che sembrano aver piantato in eterno le tende in serie A.

Mi piace evidenziare, che in queste sue alter-ne vicende, il Catania ha sconfitto sul campo, squadre di indubbio valore, quali quelle sopra elencate e che inoltre sotto i suoi colori, han-no militato giocatori non solo mediocri, ma anche di alto rango, quali Carapellese, Nor-dhal, Calvanese, Seveso, Spikoski. Ricordo al-tri nomi, quali l’ormai scomparso Preosti, che fu detto anche il “motorino della C” e la coppia Petrigno e Luvanor, promesse sudamericane che furono croce e disastro per quello che co-stò d’ingaggio.

Naturalmente la storia del Calcio catanese non finisce qui. Essa continua nel suo cammino verso la meta di sempre maggiori e migliori traguardi e l’augurio migliore è quello che la cittadinanza possa godere del piacere, anche se del tutto effimero, di possedere una squadra di calcio veramente efficiente e di cui andare fieri. L’altro au-gurio è che mai più possano ripetersi gli scandali lamentati, nonché le intemperan-ze delle tifoserie, le quali, proprio al Massimino, si sono rese protagoniste di gravi fatti, realizzando anche una vittima tra le forze dell’ordine.

Breve storia del calcio catanesedi Pippo Nasca

Il Catania nella stagione 1933-1934

Lo Stadio “Angelo Massimino”

Francesco Lodi e Pietro Lo Monaco