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Capitolo 1 - Un sorriso di plastica
I racconti di mio nonno Ashad avevano sempre un
effetto rassicurante, ma quel pomeriggio nulla
sembrava tranquillizzarmi. Neanche la vista delle
distese brulle alla periferia della citt riusciva ad
aprire un varco di stabilit emotiva dentro di me.
Gli attacchi quotidiani dei Taliban erano cessati.
Il giorno dopo, le rocce e le case ancora fumanti
di bombe, lo stato fangoso del paesaggio
stridevano con un sole splendente sulla citt di
Jalalabad, dopo una settimana sotto la sferza del
maltempo.
Era un venerd di ottobre, strabuzzai gli occhi
mentre un cinguettio inusuale mi dava il buon
giorno, dico inusuale perch di solito ero
svegliato dai sibili dei proiettili.
ADOV Associazione Donatori di Voce Genova_Pubblicazione ad uso esclusivo e gratuito di persone con Difficolt Specifiche di Apprendimento ai sensi dell'art. 71bis del Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n 86, riproduzione vietata
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Dal tempo, la giornata si prospettava piacevole:
avrei trascorso nel gioco quella mattina e,
siccome era la giornata libera di mio padre, avrei
potuto passare pi tempo con lui.
Calzai i sandali e scesi al pianterreno. Sul divano
era disteso pap, ancora assonnato, che ascoltava
le notizie del telegiornale. Felice di vederlo a
casa, gli corsi incontro e lo abbracciai: quello era
il mio modo di dargli il buongiorno il venerd. In
cucina vidi mia madre che cuoceva il latte della
nostra capra markhor. Sulla tavola cerano una dozzina di bichak, tipici della nostra zona: pensai che nulla avrebbe potuto turbare la giornata.
Allimprovviso, per, udii un forte bussare alla
porta. Tum, tum! Aprite Tum, tum! Se c qualcuno in casa, ci apra.
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Chi ? mio padre si rec alla porta.
Sono tuo cognato Salim gli rispose una voce
implorante.
Cos accaduto che bussi cos for mio padre
apr la porta e gli disse seccato, ma non riusc a
continuare la frase, come se avesse avuto un
nodo alla gola: si trov di fronte a quattro
uomini che sorreggevano per i lembi una
voluminosa coperta macchiata di rosso. Mio padre
con lo sguardo incupito li indirizz verso la
cucina Adagiatelo sul tavolo, io corro a
chiamare il dottore.
Avevo udito questa parola diverse volte e non ne
afferravo il significato. Mi avviai verso la cucina,
ma mia madre mi sbarr la strada e richiuse la
porta. Incominciai a protestare.
Perch non mi lasci entrare?
Omid, non puoi, non ora lei mi rispose.
Dimmi almeno che sta succedendo.
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Quello che ormai si ripete ogni santo giorno,
ogni ora, da molti anni.
Cosa si ripete?
La guerra.
E com la guerra?
brutta, tanto brutta.
A quelle parole mia madre cerc di reprimere
delle lacrime.
Mamma, perch piangi? Ti ho fatto qualcosa?
No, Omid, tu non hai fatto nulla
Siccome quando piango voglio essere lasciato da
solo, pensai di allontanarmi, ma lei mi ferm e mi
disse: Andiamo nella tua cameretta e leggiamo
un po, cos non disturbiamo i signori...
Non ne fui tanto entusiasta, ma per non darle un
dispiacere acconsentii. Mentre salivamo le scale,
le chiesi: Mamma, ma il figlio dello zio Salim
morto?
Morto? Chi ti ha detto questo?
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Laltro giorno il generale Abu, seduto sul lato
opposto della strada, mi ha chiamato a s e mi ha
domandato come stavi tu, pap e gli zii.
Pensando che conoscesse un po tutta la famiglia,
gli domandai di Ismaele e lui mi rispose che era
morto e che non lavrei pi rivisto le dissi.
Quelluomo voleva dire che Ismaele partito
per un lungo viaggio.
Davvero! dissi E quando torner?
Non torner pi, andato via da questo mondo
malvagio.
a causa di quegli uomini cattivi che fanno
tanto rumore con le armi che Ismaele se n
andato?
S, Omid.
Ci sedemmo sul letto e iniziammo ci che per me
era la scuola, visto che da tempo non era pi
sicuro uscire per strada, rischiando di rimanere
feriti o persino uccisi.
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