Carr Lettura Dei Padri 1

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Lettura dei Padri

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  • 94001 Lettura Liturgica dei Padri - prof. Ephrem Carr osb

    (v. l'Ordo Anni Academici dove si trova una sintetica descrizione del Corso, insieme con una bibliografia essenziale. Nel Seminario Metodologico parleremo di pi di bibliografia patristica.)

    Questo corso un'iniziazione allo studio dei padri, in funzione dello studio della liturgia: i padri sono gli scrittori ecclesiastici greci sino a S. Giovanni Damasceno, l'ultimo grande teologo patristico greco, morto verso l'anno 750. Per i padri della chiesa latina alcuni indicano come ultimo Isidoro di Siviglia morto nell'anno 636, altri invece il monaco benedettino Beda il Venerabile, morto nell'anno 735.

    In questo semestre si studieranno alcuni testi di diverso tipo, ma sempre di carattere liturgico. I testi patristici saranno spiegati in base agli autori e al contesto storico-liturgico. Circa la liturgia nei padri, si possono consultare il manuale Scienza Liturgica (Basil Studer, Liturgia e padri, 1, 67-94; Basil Studer, Documenti liturgici nei primi quattro secoli, 1, 217-242); cf. anche Michele Pellegrino, Padri e liturgia I, in Liturgia, ed. D. Sartore A.M. Triacca C. Cibien, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, 1404-1411 [= Nuovo dizionario di liturgia, Paoline, Roma 1984, 1008-1015.]; Michele Pellegrino, Liturgia II: Liturgia e padri, in Nuovo dizionario patristico e di antichit cristiane, 2, Genova-Milano 2007, 2857-2861 [=Dizionario patristico e di antichit cristiane 2, ed. A. Di Berardino, Marietti, Casale Monferrato 1983, 1976-1979.]; A.M. Triacca, Padri e liturgia II, in Liturgia, ed. D. Sartore A.M. Triacca C. Cibien, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, 1411-1426; Seminarium 30 (1990) specifico sul tema liturgia e padri o padri e liturgia.

    Nel nostro contesto (liturgia) il tema dei Padri si pu impostatare in quattro modi:

    1) di studiare l'uso dei padri nella liturgia attuale (es., l'Ufficio divino: ufficio delle letture); 2) di studiare i padri come fonti della liturgia (es., Leone Magno, circa il Sacramentario

    Veronese, detto anche Leoniano; v. il Sacramentario gelasiano, quello gregoriano; v. per la liturgia ispanica, Isidoro di Siviglia, ecc.);

    3) di studiare i documenti liturgici che vengono dal tempo patristico (es. la Didach, la cosdetta Traditio apostolica, la Didascalia, la Costituzione apostolica, i Canoni di Ippolito, le Costituzioni apostoliche, lEuchologion attribuito a Serapione di Thmuis, il Testamento del Signore nostro Ges Cristo);

    4) di studiare i padri considerati come testimoni della liturgia. In questo corso vedremo alcuni documenti patristici di natura liturgica (3) e testi dei padri (4)

    come testimonianze della liturgia dal II secolo sino al IV secolo. I Padri sono testimoni fondamentali del dialogo fra Dio e l'uomo, che continua anche nella chiesa

    doggi. Noi siamo gli eredi di questo dialogo che iniziato con i padri della chiesa. A tale riguardo c' un testo importante nella Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum del Concilio Vaticano II, cap. 2, n 8:

    Pertanto la predicazione apostolica, che espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con successione continua fino alla fine dei tempi. Gli apostoli perci, trasmettendo ci che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cf. 2 Ts 2,15), e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre (cf. Giuda 3). Ci che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; cos la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ci che essa , tutto ci che essa crede. Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto

  • delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cf. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una pi profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verit. Cos la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verit divina, finch in essa vengano a compimento le parole di Dio. Le asserzioni dei santi padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega. questa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l'intero canone dei Libri Sacri e nella Chiesa fa pi profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture. Cos Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti alla verit intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cf. Col 3,16).1

    In altre parole, il documento conciliare sottolinea l'azione dinamica e onnipresente dello Spirito Santo nella Chiesa. La sua presenza necessaria per il dono - carisma - che assicuri la verit nella chiesa: le asserzioni dei padri attestano la vivificante presenza di questa tradizione di fede nella chiesa orante. Dio non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto e per mezzo dello Spirito Santo ci introduce e ci guida a tutta la verit intera.

    Ma cosa la liturgia nei padri? Dando uno sguardo allinizio, le strutture liturgiche hanno

    origine nell'epoca apostolica e si sviluppano nei primi secoli: un esempio concreto la prassi eucaristica (per esempio verso l'anno 150 San Giustino parla per primo della Liturgia della Parola nella liturgia domenicale, ancora oggi presente). L'iniziazione cristiana fortemente indicativa di questo sviluppo, essa inizia con la catechesi e trova il suo culmine nell'Eucaristia. Nei padri si segue lo sviluppo dei diversi ministeri della chiesa e uno sviluppo della liturgia intorno alle chiese di una certa importanza, come ad esempio, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme (anche Cesarea di Cappadocia, ed Efeso), e per la liturgia di lingua siriaca, che era la seconda lingua nell'Oriente, dopo il greco, la tradizione liturgica di Edessa. Ci sono diverse chiese di una certa importanza, in merito allo sviluppo della tradizione occidentale come ad esempio, Roma, Milano, Lione, Siviglia/Toledo e Cartagine.

    La lettura liturgica dei padri importante anche per la regula fidei, sotto il profilo teologico e

    nellambito del rapporto tra fede e liturgia: come la Sacra Scrittura era norma della liturgia, per i padri, tale liturgia esprime la tradizione della chiesa e diventa norma per lo sviluppo della teologia. La massima lex orandi - lex credendi (Prospero di Aquitania [+463]: ut legem credendi statuat lex supplicandi, cf. [Ps. Celestino], Indiculus c. 8 in Enchiridion symbolorum, ed. H. Denzinger-A. Schnmetzer, Barcelona, ecc., 321962, 246) intravedibile nel contesto della fede e richiama al contesto liturgico della catechesi in preparazione del battesimo: gi San Basilio il Grande nel suo De Spiritu Sancto (verso l'anno 375) cita una dossologia liturgica come prova indiscutibile della personalit divina dello Spirito Santo. A ci bisogna profondamente credere, altrimenti non c' corrispondenza tra la liturgia celebrata e la fede professata in Dio uno e Trino.

    DIDACH Il primo documento (testo greco della Didach presa dall'edizione critica di Karl Bihlmeyer, Die

    apostolischen Vter, Mohr [Siebeck], Tbingen 1956, 5-8) una compilazione di diversi testi sulla vita e liturgia in una chiesa locale della Siria romana (pare che sia una Chiesa di campagna e non di

    1 Documenti. Il Concilio Vaticano II, testo ufficiale e traduzione italiana, Dehoniane, Bologna 61967, 501-503.

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  • citt). Il suo genere letterario riguarda le prescrizioni pratiche in seno alla Chiesa, con elementi di diritto, di liturgia, di morale e di spiritualit escatologica. Il compilatore ha preso qua e l diversi elementi di diverse epoche: gli studiosi parlano di un arco di tempo che va dall'anno 50 al 110 (la compilazione sarebbe avvenuta tra il 100-110).

    Il documento intitolato Didach dei dodici apostoli o L'insegnamento del Signore per mezzo

    dei dodici apostoli alle genti. Il testo c' stato trasmesso da un manoscritto che risale al secolo XI ( stato scoperto negli anni 1873 e pubblicato nel 1883 a cura di Philotheos Bryennios).

    Si pu dividere la Didach in 16 capitoli e in diverse sezioni: a) Le due vie (i capitoli 1-6 parlano della via della vita e della morte); alla base c un

    documento gi esistente, del quale ci sono altri testimonianze (ad esempio, l'Epistola di Barnaba 18,1-21,9). Ci sarebbe alla radice una catechesi giudaica di tipo morale;

    b) diversi elementi liturgici (il capitolo 7: Battesimo, il capitolo 8: digiuno e preghiera giornaliera).

    c) Nei capitoli 9-10 c' una presentazione dell'Eucaristia. (NB: 1-7 + 9-10 = sequenza dIniziazione cristiana)

    d) I capitoli 11, 12, 13 e linizio del 15 sono di natura disciplinare soprattutto in merito ai ministeri della chiesa.

    e) Nel capitolo 14 si parla della celebrazione domenicale. f) L'ultima sezione del capitolo 15 parla della scomunica e della disciplina penitenziale. g) Il capitolo 16 ha uno sbocco escatologico ed un ammonimento. Riportiamo il testo bifronte di Greco con a fianco una traduzione in italiano:

    6. 1. 3Ora, mh/ ti/j se planh/sh| a)po\ tau/thj th=j o(dou= th=j didaxh=j, e0pei\ parekto\j qeou= se dida&skei.

    LINSEGNAMENTO DEI DODICI APOSTOLI.

    6.1. Guarda che nessuno ti distolga da questa via (Mt 24,4 con Dt 11,28) della dottrina, poich timpartirebbe un insegnamento lontano a Dio.

    6.2 Ei0 me\n ga_r du/nasai basta&sai o#lon to\n zugo\n tou= kuri/ou, te/leioj e1sh|: ei0 d' ou0 du/nasai, o# du/nh|, tou=to poi/ei.

    6.2 Se, dunque, tu puoi portare tutto intero il giogo del Signore, sarai perfetto; se non puoi, fa quello che puoi.

    6.3 Peri\ de\ th=j brw&sewj, o# du/nasai ba&stason: a)po\ de\ tou= ei0dwloqu/tou li/an pro&sexe: latrei/a ga&r e0sti qew~n nekrw~n.

    6.3 Quanto ai cibi, fa quello che puoi; ma astieniti assolutamente dalle carni immola-te agli idoli, poich culto degli dei morti.

    Nel capitolo 6 viene messa in luce una certa flessibilit nel comportamento, ma pone un

    principio assoluto: non si pu mangiare il cibo offerto agli idoli. Circa il giogo del Signore, vi losservanza della Legge mosaica, alla quale alcuni volevano che fossero sottoposti anche i cristiani provenienti dal paganesimo. La questione fu trattata dagli apostoli nel concilio di Gerusalemme, dove le parole di Pietro furono acute: un giogo che n i nostri padri, n noiabbaimo potuto portare(At 15,10).2

    Le disposizioni del concilio, a riguardo dei cibi, lasciano la responsabilit alla propria coscienza. Ci si pu richiamare a Rm 14,1-5: Ognuno segua la sua coscienza. Pare proprio che lapostolo voglia arrestare gli scrupoli, che potevano sorgere dal precetto della Didach, che chi vuol essere perfetto deve portare intero il giogo del Signore. E questo un indizio che i due scritti 2 Si pu citare anche le parole taglienti di Paolo nella Lettera ai Galati: Non vi lasciate imporre di nuovo il giogo della schiavit (Gal 5,1).

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  • riflettono la stessa situazione. Paolo trattava la questione del mangiare carne sacrificata agli idoli per esteso nella Prima Lettera ai Corinti 8,1-13. Paolo insiste sulla liberta di coscienza, ma anche sulla la necessit di non fare scandolo ai deboli. Invece nel capitolo 10 della stessa Lettera: Ci che i pagani sacrificano, sacrificato ai demoni e non a Dio; or, io non voglio che voi siate in comunione coi demoni (10,20). 7.1 Peri\ de\ tou= bapti/smatoj, ou3tw bapti/sate: tau=ta pa&nta proeipo&ntej,bapti/sate ei0j to\ o1noma tou= patro\j kai\tou= ui9ou= kai\ tou= a9gi/ou pneu/matoj e0n u3dati zw~nti.

    7.1 Riguardo al battesimo, battezzate (= immergete) in questo modo: dopo aver esposto tutte queste cose, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in acqua viva.

    7.2 0Ea_n de\ mh\ e1xh|j u3dwr zw~n, ei0j a1llo u3dwr ba&ptison: ei0 d' ou0 du/nasai e0n yuxrw~|, e0n qermw~|.

    7.2 Se non hai acqua viva, immergi in altra acqua; se non puoi nella fredda, (immergi) nella calda.

    7.3 0Ea_n de\ a)mfo&tera mh\ e1xh|j, e1kxeon ei0j th\n kefalh\n tri\j u3dwr ei0j o1noma patro\j kai\ ui9ou= kai\ a(gi/ou pneu/matoj.

    7.3 Se non disponi n delluna n dellaltra, versa acqua sul capo tre volte in nome di Padre, Figlio e Spirito Santo.

    7.4 Pro\ de\ tou= bapti/smatoj pronhsteu-sa&tw o( bapti/zwn kai\ o( baptizo&menoj kai\ei1 tinej a1lloi du/nantai: keleu/eij de\nhsteu=sai to\n baptizo&menon pro\ h1 du/o.

    7.4 Prima del battesimo digiunino il battezzante ed il battezzando e se possono, alcuni altri; ordinerai per che il battezzando digiuni per uno o per due giorni prima.

    Il capitolo 7 parla del battesimo. Prima c' una catechesi prebattesimale (le due vie). C' gi una

    struttura, evidente in tutto il periodo patristico, che si richiama al comando di Ges (Mt 28,19). Battezzare in acqua viva vuol dire in acqua corrente come anche nell'ambiente giudaico vive gi una tradizione che indica non idonea al bagno rituale l'acqua ferma o stabile. Se uno non pu battezzare con acqua corrente o fresca, almeno il battesimo avvenga in una piscina dacqua fresca (v. le terme del tempo a Roma: ad es., la Chiesa di Santa Pudenziana costruita dentro delle terme romane). Il testo d quattro possibilit: acqua corrente, acqua fresca, acqua calda o acqua versata sul capo. Con quest'ultima la menzione per la prima volta di versare tre volte per accompagnare i tre nomi. Viene poi posta la condizione secondo cui fondamentale il digiuno di almeno un giorno prima del battesimo.

    Da ci si vede una struttura gi stabilita per la celebrazione del battesimo: a) catechesi prebattesimale; b) preparazione immediata per il battesimo con il digiuno; c) l'acqua del battesimo; d) invocazione trinitaria.

    8.1 Ai9 de\ nhstei=ai u9mw~n mh\ e1stwsan meta\tw~n u9pokritw~n: nhsteu/ousi ga_r deute/ra| sabba&twn kai\ pe/mpth|: u9mei=j de\nhsteu/sate tetra&da kai\ paraskeuh/n.

    8.1 I vostri digiuni non siano insieme agli ipocriti; essi infatti digiunano il secondo e il quinto giorno della settimana; voi invece digiunate il quarto e quello della preparazione.

    8.2 Mhde\ proseu/xesqe w(j oi9 u9pokritai/, a)ll' w(j e0ke/luesen o( ku/rioj e0n tw~| eu0aggeli/w| au0to~, ou3tw proseu/xesqe: Pa&ter h9mw~n o( e0n tw|~ ou0ranw~|, a(giasqh/tw to\ o1noma& sou, e)lqe/tw h9 basilei/a sou,

    8.2 Neppure pregate come gli ipocriti, ma come comand il Signore nel suo vangelo, cos pregate: Padre Nostro che sei nel cielo, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua

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  • genhqh/tw to\ qe/lhma& sou w(j e0n ou0ranw|~ kai\ e0pi\ gh=j: to\n a1rton h9mw~n to\n e0piou/sion do\j h9mi=n sh/meron, kai\ a1fej h9mi=n th\n o0feilh\n h9mw~n, w(j kai\ h9mei=j a)fi/ementoi=j o0feile/taij h9mw~n, kai\ mh\ ei0sene/gkh|j h9ma~j ei0j peirasmo&n, a)lla_ r(u=sai h9ma~j a0po\tou= ponhrou=:

    volont come in cielo cos in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi il nostro debito, come anche noi lo rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno.

    o3ti sou= e0stin h9 du/namij kai\ h9 do&ca ei0j tou\j ai0w~naj.

    Perch tua la potenza e la gloria nei secoli.

    8.3 Tri/j th=j h9me/raj ou3tw proseu/xesqe. 8.3 Pregate cos tre volte al giorno.

    I vostri digiuni non siano insieme agli ipocriti, cio i Giudei che non si sono convertiti;3 nel vangelo invece si tratta dei Farisei (Mt 6,16; 23,13-15.23.25.27.29). Il documento continua e raccomanda la tradizione cristiana di due giorni di digino, mercoled e del venerd, rispetto ai Giudei che digiunavano il luned ed il gioved. Nel testo non c ancora una ragione teologica data per la scelta dei giorni menzionati. Non c menzione di diversit nel modo di digiunare.

    Circa la preghiera, la Didach raccomanda di pregare come il Signore ha preordinato e prescritto nel suo vangelo: il Padre Nostro (vedi Mt 6,9-13). Il testo del Padre nostro sostanzialmente quello di San Matteo - e della liturgia greca - con tre particolarit: nelle frasi nel cielo e il nostro debito c' il singolare al posto del plurale di Matteo e il verbo rimettiamo nel presente e non nell'aoristo del NT. L'aggiunta di una dossologia, secondo l'uso giudaico di terminare una preghiera, indica che l'insieme gi una formula liturgica. Una dossologia simile penetr alla fine del Padre nostro anche in un certo numero di manoscritti e di versioni antiche del Vangelo di Matteo. C' un richiamo alla tradizione giudaica della preghiera quando il testo si conclude con una dossologia o benedizione conclusiva. Questa sezione finisce con una rubrica: cos pregate per tre volte al giorno, come la preghiera giudaica Tefillah. Come la preghiera stessa, la ripetizione tre volte al giorno fa parte dell'apologia contro gli ipocriti. Lusanza segue anche la divisione naturale della giornata dei greci e romani (mattina, pomeriggio e sera) che si aggancia alla liturgia del nostro tempo: le Lodi, la Messa e i Vespri. 9.1 Peri\ de\ th=j eu0xaristi/aj, ou3twj eu0xaristh/sate:

    9.1 Per lEucaristia, poi, cos rendete grazie:

    9.2 prw~ton peri\ tou= pothri/ou: Eu0xaristou=me/n soi, pa&ter h9mw~n, u(pe\r th=j a(gi/aj a)mpe/lou Daui\d tou= paido&j sou, h[j e0gnw&risaj h9mi=n dia_ 0Ihsou= tou= paido&j sou: soi\ h9 do&ca ei0j tou\j ai0w~naj.

    9.2 Prima per il calice: Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la santa vite di Davide, tuo servo, che ci hai fatto conoscere per mezzo di Ges, tuo servo; a te la gloria nei secoli!

    9.3 Peri\ de\ tou= kla&smatoj: Eu0xaristoume/n soi, pa&ter h(mw~n, u(pe\r th~j zwh~j kai\ gnw&sewj, h[j e0gnw&risaj h(mi=n dia_ )Ihsou= tou= paido&j sou, soi\ h9 do&ca ei0j tou\j ai0w~naj.

    9.3 Poi per il (pane) spezzato: Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza, che ci hai fatto conoscere per mezzo di Ges, tuo servo; a te la gloria nei secoli!

    9.4 3Wsper h]n tou=to kla&sma dieskorpisme/non e0pa&nw tw~n o0re/wn

    9.4 Come questo (pane) spezzato era disperso sulle montagne e, raccolto,

    3 Secondo VICTOR SAXER gli ipocriti non sono i giudei, ma i giudeo-cristiani; cfr. suo La Didach: Miroir de communauts chrtiennes du Ier sicle , in Domum tuam dilexi: Miscellanea in onore di Aldo Nestori (Studi di antichit cristiana 53), Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Citt del Vaticano 1998, 784.

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  • kai\ sunaxqe\n e0ge/neto e3n, ou3tw sunaxqh/tw sou h9 e0kklhsi/a a)po\ tw~n pera&twn th=j gh=jei0j th\n sh\n basilei/an: o3ti sou= e0stin h9 do&ca kai\ h9 du/namij dia\ 0Ihsou= Xristou= ei0j tou\j ai0w~naj.

    divenuto uno, cos sia raccolta la tua Chiesa dalle estremit della terra nel tuo regno; perch tua la gloria e la potenza per mezzo di Ges Cristo nei secoli!

    9.5 Mhdei\j de\ fage/tw mhde\ pie/tw a)po\th=j eu0xaristi/aj u9mw~n, a)ll' oi9 baptisqe/ntej ei0j o1noma kuri/ou: kai\ ga_r peri\ tou/tou ei1rhken o( ku/rioj: Mh\ dw~te to a#gion toi=j kusi/.

    9.5 Nessuno per mangi, n beva della vostra eucaristia, al di fuori di quelli che sono battezzati nel nome del Signore, poich anche a questo riguardo il Signore ha detto: Non date ci che santo ai cani (Mt 7,6).

    Nei capitoli 9-10 si parla dell'eucaristia. Ci sono diverse ipotesi: quella massimalista vede le

    preci come preghiere sacramentali sul pane e vino. La posizione minimalista considera le preci simplicemente per un agape o cena religiosa in qualche modo in relazione con il banchetto eucharistico sacramentale. Unaltra ipotesi parla della Cena del Signore nella forma di una cena communitaria un banchettto liturgico ma non sacramentale. Si tratterebbe di una eucaristia minore o di un rito vigiliare preparatorio e di transizione alleucaristia vera e propria. Per altri si deve distinguere tra capitolo 9 il rito del vino e del pane del cap. 9 la doppia consacrazione di una vera eucharistia e il pasto che segue la comunione - e capitolo 10 un ringraziamento alla communione. Altri, invece, limiterebbero il momento della consacrazione del vino alla preghiera che seguiva il pasto, chiamato a volte la Birkat ha-mazon cristiana.

    In base al testo all'inizio del capitolo 9 c' un chiaro riferimento alleu)xaristi/a, come nel capitolo 7 al battesimo. In riferimento alla prima ipotesi, c la convinzione che questi due capitoli siano una vera e propria preghiera eucaristica, anche se ovviamente diversa da quelle dei secoli seguenti. Se ci si basa alla descrizione lucana dellultima cena (v. Lc 22,14-29) si ha invece la stessa struttura: primo rito del calice (vv. 14-16); primo rito del pane (v.19), pasto o cena (v. 20) e secondo rito del calice dopo il pasto (v. 20). Orbene, in qualche comunit della Siria occidentale, verso il 50 o anche prima doveva esistere unimpostazione eucharistica ripresa anche dal Vangelo di Luca. Si puo citare anche I Corinti 10,16-17: Prima un rito del calice con benedizione come una communione del sangue di Cristo e poi un rito del pane come comunione del corpo di Cristo. Il rito giudaico di una cena solenne segue un ordine simile: prima della cena, rito del calice con benedizione, rito del pane con benedizione, e dopo la cena rito del calice con eucarestia. Il vocobulario dei capitoli 9-10 si riferiscono allo stesso fatto liturgico di capitolo sulla liturgia domenicale - 14,1: (spezzare il pane) e capitolo 9,3.4: k (pane spezzato); 14,1: (rendere grazie) e capitolo 9,2.3 e 10,2.4: (rendiamo grazie) e (ringraziamento); capitolo 9,4: (si riunisca) e 14,1: (riuniti). Vedi anche Luca 22,17-19: , .

    Lespressione vite di Davide pu riferirsi a Ges come discendente di re Davide (lalbore

    genetico) o alla Chiesa in quanto compimento del regno davidico ormai pervenuto alla fase perfetta del regno messianico. Il titolo pai~j dato a Davide e a Cristo puo significare un fanciullo (et), o figlio (discendenza), o servo/schiavo (posizione sociale). Cristo chiamato servitore di Dio particolarmente per la sua funzione di rivelatore della fase perfetta del regno di Dio, ma anche perch il mediatore dei beni della salvezza escatologica di questo regno. Con lespressione Ti rendiamo grazie per la vita e la conoscenza ci troviamo nel contesto del NT dove si conosce Dio solo per rivelazione per mezzo di Ges Cristo, che stesso la vera vita (Giov 14,6).4 Lespressione

    4 Cf. Giov 17,3: La vita eterna questa, che conoscono te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Ges Cristo.

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  • Ges tuo servo caratteristica della cristologia pi antica, che identifica Ges come il Servo di Jahv (Is 42, 49-50.52-53). Questa espressione pai~j applicata a Ges in Mt 12,18 che riporta Is 42,1-4, in uno dei pi antichi discorsi di Pietro, nella preghiera dei cristiani a Gerusalemme (At 4,27.30) e nellEpistola di Barnaba (6,1) che cita anche Isaia.

    Circa lespressione greca kla/sma, letteralmente pane spezzato,5 si tratta del pane destinato alla frazione, come pure ad un pezzo di pane. Non si deve tuttavia confondere questo fatto con la frazione da farsi dopo la benedizione dello stesso pane in ordine alla distribuzione. Certamente la Didach fa un interessante collegamento fra il pane, di cui parla, e lunit della Chiesa. Si tratterebbe proprio del pane eucaristico (vedi 1Cor 10,17) che connette la sua unit con lunit della Chiesa. Il richiamo al comando del Signore di non dare ci che santo ai cani (Mt 7,6, ma in un contesto totalmente diverso) si riferisce verosimilmente al pane ed al vino benedetto diventato cibo santo (vedi Es 29,33; Lv 22,10).

    E significativo il forte ammonimento: la comunione non per tutti, ma solo per i battezzati nel nome del Signore.6 In questo senso c un nesso forte tra battesimo ed eucaristia. 10.1 Meta\ de\ to\ e0mplhsqh=nai ou3twj eu0xaristh/sate:

    10.1 E dopo esservi saziati, cos rendete grazie:

    10.2 Eu0xaristou=me/n soi, pa&ter a#gie, u(pe\r tou= a9gi/ou o0no&mato&j sou, ou[ kateskh/nwsaj e0n tai=j kardi/aij h9mw~n, kai\u9pe\r th=j gnw/sewj kai\ pi/stewj kai\a0qanasi/aj, h[j e0gnw&risaj h9mi=n dia_ 0Ihsou= tou= paido&j sou: soi\ h9 do&ca ei0j tou\j ai0w~naj.

    10.2 Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo Nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza e la fede e limmortalit7 che ci hai fatto conoscere per mezzo di Ges, tuo servo; a te la gloria nei secoli.

    10.3 Su/, de/spota pantokra&tor, e1ktisaj ta_ pa&nta e3neken tou= o0no&mato&j sou: trofh/n te kai\ poto\n e1dwkaj toi=j a)nqrw&poij ei0j a0po&lausin, i3na soi eu0xaristh/swsin, h(mi=n de\ e0xari/sw pneumatikh\n trofh\n kai\ poto\n kai\ zwh\n ai0w&nion dia\ < 0Ihsou= > tou= paido&j sou.

    10.3 Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose (Sap. 1,14; Sir 18,1) a causa del tuo nome, cibo e bevanda hai dato agli uomini in godimento, perch ti rendessero grazie; ma a noi hai dato la grazia di un cibo e di una bevanda spirituali e della vita eterna per mezzo di tuo servo.

    10.4 Pro\ pa&ntwn eu0xapistou=me/n soi, o#ti dunato\j ei]: soi\ h9 do&ca ei0j tou\j ai0w~naj.

    10.4 Per tutte queste cose ti rendiamo grazie, perch sei potente; a te la gloria nei secoli.

    10.5 Mnh/sqhti, ku/rie, th=j e0kklhsi/aj sou tou= r(u/sasqai au0th\n a0po\ panto\j ponhrou=,kai\ teleiw~sai au0th\n e0n th=| a0ga&ph| sou, kai\su/nacon au0th\n a0po\ tw~n tessa&rwn a0ne/mwn, th\n a9giasqei=san, ei0j th\n sh\n basilei/an, h3n h9toi/masaj au0th=|: o3ti sou= e0stin h9 du/namij kai\ h9 do&ca ei0j tou\j

    10.5 Ricordati, Signore, della tua chiesa, di liberarla da ogni male e renderla perfetta nel tuo amore e raccoglila dai quattro venti (cf. Mt 24,31), santificata, nel tuo regno, che per lei hai preparato; perch tua la potenza e la gloria nei

    5 J. MAGNE, Klasma, sperma, poimnion. Le voeu pour le rassemblement de Didach IX,4, in Mlanges dhistoire des religions offerts Henri-Charles Puech, Paris 1974, 197-208. 6 Cf. Michel Quesnel, Les premiers tmiognages du baptme au nom de Jsus, in Alle origini del battesimo cristiano, ed. P.R. Tragan (Studia anselmiana 106), Roma 1991, 129-144. 7 Nel NT solo in Paolo 1 Cor 15,53-54 e 1 Tim 6,16. Per lassociazione di conoscenza e fede, vedi Giov 6,69, 8,31-32, 10,38, 16,30.

    7

  • ai0w~naj. secoli. 10.6 0Elqe/tw xa&rij kai\ parelqe/tw o( ko&smoj ou[toj. 9Wsanna\ tw~| qew~| Daui/d. Ei1 tij a#gioj e0stin, e0rxe/sqw: ei1 tij ou0k e1sti, metanoei/tw: maranaqa&: 0Amh/n.

    10.6 Venga la grazia e passi questo mondo. Osanna al Dio di Davide. Chi santo venga, chi non lo si converta. Maranath. Amen.

    10.7 Toi=j de\ profh/taij e0pitre/pete eu0xaristei=n, o#sa qe/lousin.

    10.7 Ai profeti, per, lasciate che rendano grazie come vogliono.

    Nel capitolo 10 della Didach, dando uno sguardo ai paragrafi si pu notare in modo evidente la

    struttura della preghiera giudaica (la berak). Com gi stato detto, secondo il racconto di Luca, le parole di Ges avvengono prima della cena (prima coppa) e dopo la cena (seconda coppa).

    Il primo rito del calice sarebbe solo una benedizione preparatoria, come lo fu nellultima cena descritta da Luca. Molti studiosi mettono il rito stesso in parallelo col Qiddush giudaico. Il fatto che le altre tre fonti non ne fanno cenno, come atto iniziale, segno che le loro comunit lo ritenevano del tutto secondario.

    E probabile che altre comunit seguissero lo schema descritto da Luca. La Didach si riferirebbe a tale uso, che poi spar perch si considerava non appartenente allazione essenziale, come si pu dedurre da Marco, Matteo e da 1Cor 11.

    Con tutta probabilit i capitoli 9-10 danno la pi antica preghiera eucaristica, giunta fino a noi. Nel testo di questi due capitoli il rito del primo calice del tutto secondario, mentre quelli essenziali sono il rito del pane prima e quello del vino dopo la cena.

    Il capitolo 10, indica tra laltro, che il nome di Dio, come suggerisce il compilatore, soprattutto la sua presenza nei nostri cuori. C' un concetto forte di conoscenza, seguito da una dossologia.

    La preghiera, dopo una piccola dossologia, continua con un'orazione che si riferisce al cibo e alla bevanda: si tratta di una preghiera di ringraziamento di tenore giudaico: Dio che onnipotente, Dio ha creato tutte le cose. Tutto avvenuto a causa del tuo nome. Dio ha dato cibo e bevanda agli uomini per il loro piacere. Questo fa comprendere che il cibo non dato solo per il corpo, ma anche per la gioia dell'uomo. Dio ci ha dato gratis (da xa/rij - xari/zomai) cibo e bevanda spirituale, nonch la vita eterna per mezzo del suo figlio Ges. Si sviluppa, cos, una cristologia molto presente nei primi secoli, ma che tramonter dopo le prime controversie cristologiche. Prima dogni cosa tu, Dio, hai il potere su tutto e puoi fare tutte le cose. Segue, poi, una piccola dossologia.

    La sezione cinque inizia con unintercessione: Ricordati Signore della tua chiesa, tu che lhai preservata da ogni male. Ci richiama al contesto del Padre Nostro: non solo ci ha preservato da ogni male, ma Dio ha reso la chiesa perfetta nel suo amore (cf. 1Giov 4,18). Dio ha raccolto la chiesa dai quattro venti e dai quattro angoli del mondo e l'ha santificata verso il suo regno che Dio ha preparato per la chiesa. Qui si trova una dossologia pi solenne: non c' solo un ringraziamento, ma c' la coscienza di aver ricevuto un cibo ed una bevanda spirituale.

    Dopo segue una serie dacclamazioni (nell'antichit vi era l'usanza di acclamare il re). Forse erano usate in forma dialogica. Il testo chiede che venga la grazia (vedi il Padre Nostro), cio il regno di Dio, e che questo mondo passi. L'acclamazione ha diverse forme: Osanna alla casa (oi1kw|) di Davide (vedi Lc 1,69) corrisponde al copto; Osanna al figlio (ui(w|~) di Davide secondo la versione delle Costituzioni apostoliche (vedi Mt 21,9.15); e Osanna al Dio (qew|~) di Davide proprio del testo greco della Didach. C' anche un riferimento ai santi cio i cristiani degni di partecipare alleucaristia. Per i peccatori c bisogno di conversione. Le preghiere finiscono in aramaico con

    8

  • l'espressione Maranath, che pu essere letto marana tha, un'invocazione che significa Vieni, Signore, o maran atha, un'esclazione di giubilo che vuol dire Il Signore venuto, cio "Il Signore qui!", o anche "Il Signore viene [o verr]", e con la risposta "Amen".

    Secondo la rubrica finale, a coloro che sono profeti permesso di rendere grazie in ogni circostanza secondo lispirazione profetica dognuno. Le preghiere eucaristiche della Didach non sono formule prescritte, ma modelli di struttura e contenuto per le celebrazioni. Come nei capitoli 6 e 7, c una flessibilit dentro una struttura gi tradizionale.

    Le sezioni che seguono dal 11 al 13 e 15 non sono propriamente liturgiche. Parlano in gran parte delle diverse categorie di ministri. In esse vediamo tre figure:

    a) ministri itineranti (capitolo 11); b) ministri stabili di una chiesa locale (capitolo 13); c) ministri con nuovi uffici che diventano vescovi o diaconi, dietro lelezione da parte della comunit (capitolo 15,1-2).

    11.1 $Ov a!n ou]n e0lqw_n dida&ch| u9ma~j tau=ta pa&nta ta_ proeirhme/na, de/casqe au0to&n:

    11.1 Se qualcuno, dunque, venuto (fra voi), vinsegner tutte le cose che furono dette sopra, accoglietelo;

    11.2 e0a_n de\ au0to_j o( dida&skwn strafei\j dida&skh| a!llhn didaxh\n e0ij to\ katalu=sai, mh\ au0tou= a)kou/shte: ei0j de\ to_ prosqei=nai dikaiosu/nhn kai\gnw~sin kuri/ou, de/casqe au0to_n w(j ku/rion.

    11.2 ma se il maestro stesso, pervertito, vinsegnasse unaltra dottrina, mirando a distruggere, non ascoltatelo; se invece (il suo insegnamento) mira ad accrescere la giustizia e la conoscenza del Signore, accoglietelo come il Signore.

    11.3 Peri\ de\ tw~n a)posto&lwn kai\profhtw~n, kata_ to_ do&gma tou= eu0aggeli/ou ou3tw poih/sate.

    11.3 Riguardo agli apostoli e i profeti, secondo il precetto del vangelo, fate cos:

    11.4 Pa~j de\ a)po&stoloj e0rxo&menoj pro_j u9ma~j dexqh/tw w(j ku/rioj:

    11.4 Ogni apostolo che viene tra voi, sia accolto come il Signore;

    11.5 ou0 menei= de\ h9meran mi/an: e0a_n de\ h]| xrei/a, kai\ th\n a!llhn: trei=j de\ e0a_n mei/nh|, yeudoprofh/thj e0sti/n.

    11.5 ma si fermer un solo giorno; se ve ne fosse bisogno anche un secondo; ma se si fermer tre giorni, egli un falso profeta.

    11.6 'Ecerxo&menoj de\ o( a)po/stoloj mhde\n lambane/tw ei0 mh\ a!rton, e3wj ou[ au0lisqh|=: e0a_n de\ a)rgu/rion ai0th|=,yeudoprofh/thj e0sti/.

    11.6 Partendo, lapostolo non prenda (per s) nulla se non il pane sufficiente fino al luogo dove allogger; se invece chiede denaro, un falso profeta.

    11.7 Kai\ pa&nta profh/thn lalou=nta e0n pneu/mati ou0 peira&sete ou0de\ diakrinei=te: pa~sa ga_r a(marti/a a)feqh/setai, au3th de\ h9 a(marti/a ou0k a)feqh/setai.

    11.7 E non metterete a prova n giudicherete ogni profeta che parla in spirito; poich qualunque peccato sar rimesso, ma questo peccato non sar rimesso (Mt 12,31).

    11.8 Ou0 pa~j de\ o( lalw~n e0n pneu/mati profh/thj e0stin, a)ll' e0a_n e1xh| tou\j tro&pouj kuri/ou. 0Apo_ ou]n tw~n tro&pwn gnwsqh/setai o( yeudo-profh/thj kai\ o( profh/thj.

    11.8 Non chiunque parla in spirito per profeta, ma solo se abbia i costumi (o modi) del Signore. Dai costumi, dunque, si conosceranno il falso profeta e il (vero) profeta.

    11.9 Kai\ pa~j profh/thj o(ri/zwn 11.9 E ogni profeta che, in spirito, ordina 9

  • tra&pezan e0n pneu/mati, ou0 fa&getai a)p' au0th=j, ei0 de\ mh/ge, yeudoprofh/thj e0sti/.

    dimbandire una mensa, non ne mangia, a meno che non sia un falso profeta.

    11.10 Pa~j de\ profh/thj dida&skwn th\n a)lh/qeian, ei0 a# dida&skei ou0 poiei=,yeudoprofh/thj e0sti/.

    11.10 Ogni profeta che insegna la verit, e non pratica quello che insegna, un falso profeta.

    11.11 Pa~j de\ profh/thj dedokimasme/noj, a0lhqino/j, poiw~n ei0j musth/rion kosmiko_n e0kklhsi/aj, mh\dida&skwn de\ poiei=n, o#sa au0to_j poiei=, ou0 kriqh/setai e0f' u9mw~n: meta_ qeou= ga_r e1xei th\n kri/sin: w(sau/twj ga_r e0poi/hsan kai\ oi9 a)rxai=oi profh=tai.

    11.11 Ogni profeta provato e veridico, che opera in vista del mistero cosmico della Chiesa, ma tuttavia non insegna che si debba fare tutto quello che egli fa, non deve essere giudicato da voi, perch ha il giudizio da Dio; cos fecero anche gli antichi profeti.

    11.12 $Oj d' a!n ei1ph| e0n pneu/mati: do/j moi a)rgu/ria h1 e3tera& tina, ou0k a)kou/sesqe au0tou=: e0a_n de\ peri\ a!llwn u(sterou/ntwn ei1ph| dou=nai, mhdei\jau0to\n krine/tw.

    11.12 Se per alcuno dir in spirito: dammi denaro o qualche altra cosa, non lo ascolterete; ma se egli dir di dare per altri bisognosi, nessuno lo giudichi.

    Il capitolo 11 parla dell'insegnamento. Dopo un ammonimento sulla dottrina corretta, la Didach

    tratta degli apostoli e profeti cristiani. San Paolo, elencando i carismi, scrive: Dio pose nella sua Chiesa, in primo luogo gli apostoli, in secondo luogo i profeti, in terzo luogo i maestri (1Cor 12,28).8 Lo stesso ordine segue la Didach nellelencare i ministri carismatici. Gli apostoli (non si tratta dei Dodici in senso stretto, ma della categoria pi estesa) sono elencati per primi, perch depositari del kh/rugma, gli araldi del vangelo; hanno la missione di predicare il vangelo come fecero Barnaba, Sila, Timoteo, ecc.. I profeti invece parlano sotto lispirazione dello Spirito Santo ed hanno il compito di edificare, esortare, consolare ed interpretare la parola di Dio. I maestri o dottori, infine, fanno valere la loro scienza nellinstruire. Come si vedr, i profeti ed i maestri possono stabilirsi in una chiesa (capitolo 13), mentre lapostolo non pu rimanere pi di uno o due giorni al massimo. Dunque per essere apostoli bisogna essere itineranti: per ci pare che non ci sia, almeno apparentemente, una distinzione tra lapostolo ed il profeta itinerante, perch ambedue hanno alcune cose in comune. Una condizione essenziale, per, che stabilisce chi il vero profeta - o il vero apostolo - che da parte loro non ci deve essere linteresse per le cose materiali, tanto meno per il denaro.

    La chiesa locale non pu giudicare tutte le azioni del profeta. Lautore afferma pi volte che chi insegna una dottrina diversa da quella della chiesa non va ascoltato, ma va considerato falso profeta o falso apostolo. Chi, invece, imita il comportamento del Signore, venga accolto ed ascoltato. Il vero apostolo pu chiedere il pane soltanto per il viaggio, ma non altro. Se c' un profeta che parla in modo ispirato non va messo alla prova. Un elemento interessante la sezione 7 del capitolo 11, perch sembra un riferimento alla possibilit della remissione dei peccati postbattesimali: lunico peccato che non pu essere rimesso proprio quello contro lo Spirito Santo. Anche in questo caso c unallusione al Padre Nostro quando si dice: Rimetti a noi il nostro debito come anche noi lo rimettiamo ai nostri debitori. Tale contesto si ricollega a quello che lautore dice al capitolo 14, sezione 2, dove pone una condizione primaria per celebrare leucaristia: necessario riconciliarsi con i fratelli prima di alimentarsi del-lEucaristia. Certamente coloro che peccano contro lo Spirito Santo, sono quelle persone che sottomettono alla prova il vero profeta, ispirato da Dio. Un altro 8 Cf. anche Ef 2,20: Voi siete costruiti sopra il fondamentodegli apostoli e dei profeti e Ef 4,11-12Ed lui che costitu alcuni apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori e dottori, organizando cos i santi per compiere lopera del ministero, per la edificazione del corpo di Cristo.

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  • criterio per distinguere i falsi dai veri profeti se costoro hanno le usanze del Signore, in altre parole se vivono alla stessa maniera del Signore. Questa norma generale diventa un criterio per il giudizio: vero o falso.

    Il testo d, poi, alcuni esempi: colui che ispirato dallo Spirito colui che raccomandando la comunit di organizzare la cena (mensa) per i poveri, non vi partecipa. Egli non pu insegnare la verit se poi non la mette in pratica. Un altro esempio che se un profeta fa un mistero visibile, ed assume un comportamento strano, ma non pretende che lo facciano anche gli altri, non pu essere giudicato. Lui avr il giudizio da parte di Dio, per il suo operato. In tal senso, anche i profeti dellAT facevano delle stranezze, ma non le insegnavano, n le imponevano, tanto che sul loro esempio si devono adeguare anche i profeti della chiesa. Se chiedessero del denaro non per s, ma per i poveri (come Paolo per la comunit di Gerusalemme), non possono essere giudicati, ma vanno ascoltati. Un po di luce sui profeti della chiesa antica pu portare il passo di 1Cor 14,26-33. 12.1 Pa~j de\ o( e0rxo&menoj e0n o)no&mati kuri/ou dexqh/tw: e1peita de\dokima&santej au0to_n gnw&sesqe, su/nesin ga_r e3cete decia_n kai\a)ristera&n.

    12.1 Chiunque viene a voi nel nome del Signore (Sal 117,26), sia accolto. In seguito, mettendolo alla prova, potrete conoscerlo, poich avrete senno da distinguere la destra dalla sinistra.

    12.2 Ei0 me\n paro&dio&j e0stin o( e0rxo&menoj, bohqei=te au0tw~|, o#sondu/nasqe: ou0 menei= de\ pro_j u9ma~j ei0 mh\du/o h1 trei=j h9me/raj, e0a_n h]| a)na&gkh.

    12.2 Se colui che viene di passaggio, aiutatelo per quanto potete; non dovr rimanere presso di voi che due o tre giorni, se ce ne fosse bisogno.

    12.3 Ei0 de\ qe/lei pro_j u9ma~j kaqh=sqai, texni/thj w!n, e0rgaze/sqw kai\ fage/tw.

    12.3 Se vuole stabilirsi presso di voi, ed esercita un mestiere, lavori e mangi.

    12.4 Ei0 de\ ou0k e1xei te/xnhn, kata_ th\n su/nesin u9mw~n pronoh/sate, pw~j mh\a)rgo_j meq' u9mw~n zh/setai xristiano&j.

    12.4 Se invece egli non ha alcun mestiere, provvedete secondo il giudizio vostro, affinch un cristiano non abbia a vivere tra voi ozioso.

    12.5 Ei0 d' ou0 qe/lei ou3tw poiei=n, xriste/mporo/j e0sti: prose/xete a)po_ tw~n toiou/twn.

    12.5 Se egli non vuole fare cos, un trafficante di Cristo. Guardatevi da gente simile.

    Il capitolo 12 parla dei cristiani che vengono da fuori: i forestieri devono essere accolti.

    Mettendoli alla prova si pu vedere se sono della destra o della sinistra (vedi Mt 25,31-46). Ma come discernere? Tra laltro l'autore da un criterio basato sul permanere dei giorni in quella comunit - 2 o se necessario 3 per un ospite. Ma se uno vuole stabilirsi ed ha un mestiere, lavori e si guadagni da mangiare. Se non ha un mestiere, agisce secondo il buon senso, cos che nessun cristiano possa vivere nellozio. Se qualcuno non vuole fare alcun lavoro chiaramente uno che fa commercio di Cristo. Da questi bisogna stare attenti. In sostanza, tale regola il precetto ripetuto pi volte da San Paolo e confermato costantemente dal suo esempio. A Corinto, in casa di Aquila egli si mise a fabbricare le tende (At 18,1-4); parlando agli anziani di Efeso, pu asserire che ai suoi bisogni hanno provveduto le sue mani (At 20,4). Nella 2Ts raccomanda con forza il lavoro, fino a ricordare che chi non vuol lavorare neppure deve mangiare (2Ts 3,7-12). Si pu notare cos una certa rassomiglianza tra la Didach e San Paolo: i due scritti sono vicini, sia per lo sviluppo di questargomento, sia per il contesto generale che offrono. 13.1 Pa=j de\ profh/thj a)lhqino&j, qe/lwn kaqh=sqai pro_j u9ma=j, a!cio&j e0sti th=j trofh=j au0tou=.

    13.1 Ogni vero profeta, che vuole stabilirsi presso di voi degno del suo nutrimento (Mt 10,10).

    11

  • 13.2 9Wsau/twj dida&skaloj a)lhqino&j e0stin a!cioj kai\ au0to&j w#sper o( e0rga&thj th=j trofh=j au0tou=.

    13.2 Similmente il vero maestro degno egli pure, come loperaio, del suo nutrimento.

    13.3 Pa~san ou]n a)parxh\n genhma&twn lhnou= kai\ a#lwnoj, bow~n te kai\proba&twn labw_n dw&seij th\n a)parxh\n toi=j profh/taij: au0toi\ ga&r ei0sin oi9 a)rxierei=j u9mw~n.

    13.3 Prenderai dunque le primizie di tutti i prodotti del torchio e dellaia, dei buoi e delle pecore e le darai ai profeti; essi, infatti, sono i vostri sommi sacerdoti.

    13.4 0Ean de\ mh e1xhte profh/thn, do/te toi=j ptwxoi=j.

    13.4 Se non avete un profeta, date ai poveri.

    13.5 0Ea_n siti/an poih|=j, th\n a)parxh\n labw_n do_j kata_ th\n e0ntolh/n.

    13.5 Se tu fai il pane, prendi la primizia e dlla secondo il precetto.

    13.6 9Wsau/twj kera&mion oi1nou h1 e0lai/ou a)noi/caj, th\n a)parxh\n labw_n do_j toi=j profh/taij:

    13.6 Similmente, se apri unanfora di vino o dolio, prendi la primizia e dlla ai profeti.

    13.7 a)rgiri/ou de\ kai\ i9matiosmou= kai\panto_j kth/matoj labw_n th_n a)parxh\n w(j a!n soi do&ch|, do_j kata_ th\n e0ntolh/n.

    13.7 Del denaro, del vestiario e dogni tuo possesso prendi la primizia, come ti parr bene, e dlla secondo il precetto.

    Con il capitolo 13 si tratta dei ministri stabili, cio i profeti e maestri della comunit locale. Il

    vero profeta, che vuole stabilirsi in una comunit locale, degno del suo nutrimento (vedi Mt 10,10, cf. Lc 10,7; 1Tim 5,18). Nello stesso modo uninsegnante degno, come un operaio, del suo nutrimento. Il testo distingue, dunque, due tipi di ministri: il profeta ed il maestro. La comunit dovrebbe prendere le primizie di tutte le cose per destinarle ai profeti: un'usanza veterotestamentaria (Ez 44,30) viene applicata ai profeti (e maestri) perch essi sono considerati come equivalenti ai sommi sacerdoti dellAT. Dogni suo bene un cristiano dovrebbe prendere le primizie secondo il precetto e dare ai profeti o ai poveri. Rimane, dunque, viva la tradizione giudaica, in merito a questusanza. Bisogna dare anche del denaro a questi ministri stabili, al contrario di quello che lautore stabilisce per gli apostoli e profeti itineranti.

    Per completare il quadro relativo alle diverse figure di ministri andiamo, per il momento, alla

    prima sezione del capitolo 15 della Didach: 15.1 Xeirotonh/sate ou]n e9autoi=j e0pisko/pouj kai\ diako&nouj a)ci/ouj tou= kuri/ou, a!ndraj praei=j kai\ a)filar-gu/rouj kai\ a)lhqei=j kai\ dedokimas-me/nouj: u9mi=n ga_r leitourgou=si kai\au0toi\ th\n leitourgi/an tw~n profhtw~n kai didaska&lwn.

    15.1 Eleggetevi dunque vescovi e diaconi degni del Signore, uomini premurosi, non attaccati al denaro, veraci e provati; essi, infatti, esercitano per voi lo stesso ministero dei profeti e dei maestri.

    15.2 Mh\ ou]n u9peri/dhte au0tou/j: au0toi\ga&r ei0sin oi9 tetimhme/noi u(mw~n meta_ tw~n profhtw~n kai\ didaska&lwn.

    15.2 Perci non disprezzateli; essi, infatti, insieme ai profeti e ai maestri, sono uomini onorati tra voi.

    15.3 0Ele/gxete de\ a)llh/louj mh\ e0n o)rgh|=, a)ll' e0n ei0rh/nh|, w(j e3xete e0n tw|~ eu0aggeli/w|: kai\ panti\ a)stoxou=nti kata_ tou= e9te/rou mhdei\j lalei/tw mhde\par' u9mwn a)koue/tw, e3wj ou[

    15.3 Correggetevi a vicenda, non nellira, ma nella pace, come avete nel vangelo. Se alcuno offende il prossimo, nessuno gli parli; che egli non abbia ad ascoltare neppure una parola da voi, fino a che non

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  • metanoh/sh|. si sia pentito. 15.4 Ta_j de\ eu0xa_j u9mw~n kai\ ta_j e0lehmosu/naj kai\ pa&saj ta_j pra&ceij ou3tw poih/sate, w(j e1xete e0n tw|~eu0aggeli/w| tou= kuri/ou h9mw~n.

    15.4 Le vostre preghiere, le elemosine e tutte le azioni fatele come avete nel vangelo del Signore nostro.

    Nel capitolo 15 si trova la terza categoria di ministri: accanto ai profeti e maestri, cio i ministri

    carismatici, ci sono gli episcopi ed i diaconi, funzionari scelti tra i membri della comunit locale ed eletti dalla comunit stessa. Qui nominata nella Didach per la prima volta la gerarchia locale: vescovi e diaconi (non sono menzionati i presbiteri!). Allinizio c' un invito all'elezione di coloro che sono degni del Signore. Si tratta di coloro che sono solleciti per gli altri, non attaccati ai beni di questo mondo, veraci e veritieri, fedeli, sicuri e ben preparati nella fede: sono dunque degni del Signore. Il verbo xeirotone/w ha due sensi: ha il senso di scegliere e di votare con la mano (xei/r), o eleggere, ma ha anche il senso di mettere la mano su qualcuno per indicare la scelta che rivolta a quelle persone. Questa scelta indicata con la mano alzata o con la mano sulla testa diventa per il cristianesimo la prassi normale per lordinazione dei futuri vescovi e dei futuri diaconi, in altre parole di coloro destinati ad un servizio liturgico (pubblico) per il popolo. Ci troviamo in un momento di sviluppo della chiesa, dove si nota il passaggio da un ministero profetico-carismatico a quello pi istituzionale del-lepiscopato e del diaconato. L'autore sottolinea il servizio (liturgico) come caratteristica dei vescovi o dei diaconi. I nuovi ordini di vescovi e diaconi non sembrano ben accettate da tutti nella comunit; per questa ragione c linsistenza sulla loro uguaglianza in onore con i didascaloi e i profeti: Non disprezzateli! 14.1 Kata_ kuriakh\n de\ kuri/ou sunaxqe/ntej kla&sate a!rton kai\eu0xaristh/sate,prosecomologhsa&me-noi ta_ paraptw&mata u9mw~n, o#pwjkaqara_ h9 qusi/a u9mw~n h|].

    14.1 Nel giorno del Signoredel Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo avere confessato i vostri peccati, affinch il vostro sacrificio sia puro.

    14.2 Pa~j de\ e1xwn th\n a)mfiboli/an meta_ tou= e9tai/rou au0tou= mh\ sunelqe/tw u9mi=n, e3wj ou[ diallagw~sin, i3na mh\koinwqh|= h9 qusi/a u9mw~n.

    14.2 Chiunque abbia qualche discordia con il suo compagno, non si unisca a voi prima che siano riconciliati, affinch non sia contaminato il vostro sacrificio.

    14.3 Au3th ga&r e0stin h9 r(hqei=sa u9po_ kuri/ou: 0En panti\ to&pw| kai\ xro&nw|prosfe/rein moi qusi/an kaqara&n: o#ti basileu\j me/gaj ei0mi/, le/gei ku/rioj, kai\to\ o!noma& mou qaumasto_n e0n toi=j e1qnesi.

    14.3 Questo, infatti, (il sacrificio) di cui ha detto il Signore: In ogni luogo e tempo, mi sia offerto un sacrificio puro; poich un grande re sono io, dice il Signore, e il mio nome mirabile tra le genti (Mal 1,11).

    Ritornando al capitolo 14 c' un richiamo alla domenica quando tutta la comunit si raduna per

    celebrare l'Eucaristia. Prima di tutto, ancora prima di spezzare il pane e rendere grazie, importante confessare le vostre trasgressioni. Nel quarto capitolo della Didach c' un passo simile, dove si afferma che prima di pregare nellassemblea (e0n e00kklhsi/a) bisogna confessare vicendevolmente i peccati. In realt se uno santo pu venire, ma se uno non lo deve cambiare vita (Didach 10,6). In questo contesto, c un richiamo alle parole di Ges nel Vangelo: Se uno viene per fare l'offerta all'altare, ma ha qualcosa contro di qualcuno, lasci l'offerta per riconciliarsi con il fratello (Mt 5,23-24). Ci d il senso vero del sacrificio puro. Nel capitolo 14 la prima volta che si usa il termine "sacrificio" in riferimento allEucaristia. Linsieme eucaristia-sacrificio segna l'inizio di uno sviluppo teologico dellEucaristia nellorizzonte del pasto in seno alla Chiesa. C' una forte raccomandazione al fatto di evitare i sacrifici contaminati o impuri. Alla sezione terza abbiamo la

    13

  • ragione nella forma di una citazione della profezia di Malachia presentata come un detto del Signore (una variante di Mal 1,11.14). La Didach aggiunge in ogni tempo a in ogni luogo, cio un sacrificio universale e definitivo. C' nuovamente l'invito ad offrire un sacrificio puro, giacch il Signore dice di essere un Dio grande tra le nazioni.

    Concludendo, la Didach risale al tempo in cui il NT non gode ancora di una piena autorit

    scritturistica. C ancora il vangelo che la predicazione di Ges, ma non c' ancora una versione definitiva scritta sui detti ed insegnamenti di Ges. Ci troviamo ancora nellambiente della tradizione orale. Certi elementi ripresi dalla Didach sono probabilmente anteriori ai nostri vangeli canonici. La Didach attesta chiaramente il nesso fra la liturgia cristiana e quella della sinagoga contemporanea, per non parlare della liturgia domestica, della cena, nonch il legame tra il cristianesimo di questo documento e la dottrina morale delle due vie nel giudaismo. La Didach anche il prototipo di tutti i documenti posteriori, circa lordinamento della vita ecclesiale. Si rivela, cos, come fonte straordinaria circa l'ordinamento della vita ecclesiale. E' una fonte di valore straordinario sia per la liturgia, sia per il diritto della Chiesa.

    GIUSTINO Per la vita e le opere di Giustino sono utili tre studi di carattere generale: Cf. A. WARTELLE, Bibliographie historique et critique de saint Justin philosophe et martyr, et des apologists grecs du IIe sicle, Paris 2001.

    1) BARNARD, L.W., Justin Martyr: His Life and Thought, Cambridge 1967. 2) OSBORN, E.F., Justin Martyr (Beitrge zur historischen Theologie 47), Tbingen 1973. 3) ROBILLARD, E., Justin, Montreal 1989. 4) SANCHEZ, S.J.G., Justin, apologiste chrtien, Paris 2000. 5) KANNENGIESSER, CH., - A. SOLIGNAC, Justin de Rome, in Dictionnaire de Spiritualit 8,

    Paris 1974, 1640-1647. In italiano vi un articolo della Bibliotheca Sanctorum 7. Per il testo greco, c' una nuova edizione critica dellApologia (o meglio delle Apologie) di

    Giustino: ed. C. Munier (Sources chrtiennes 507), Cerf, Paris 2001. C' solo un manoscritto completo, scritto nel 1364, che non molto accurato. Per i capituli sulla liturgia (61-67) c un altro manoscritto del 400. Troviamo anche dei brani nella Storia Ecclesiastica di Eusebio e nel De fide orthodoxa di San Giovanni Damasceno. La versione italiana presa da S. Giustino martire. Apologie (Corona patrum salesiana, serie greca 3), Torino 1938, 118-121.128-135.

    San Giustino martire emerge tra i Padri del II secolo come il pi importante apologista greco e tra le pi affascinanti e significative personalit del cristianesimo antico: egli stesso si presenta come figlio di Prisco. Nacque a Flavia Neapolis (lodierna Nablus) in Palestina intorno al 100 d.C., probabilmente da coloni di origine latina. Frequent diverse scuole filosofiche (i peripatetici, gli stoici, i pitagorici), ma rimase deluso. Approder per un certo tempo al platonismo, ma grazie ad un episodio curioso (lincontro con un personaggio strano, un vegliardo) entrer in crisi e scoprir la vera filosofia, cio la via che conduce a Dio, dopo aver scoperto che lanima da sola non in grado di soddisfare la sua aspirazione al divino. Questa vera filosofia la scoprir nelle Sacre Scritture. Il vegliardo lo esorta alla preghiera, perch a lui si aprano le porte della luce: infatti la comprensione dei libri sacri dono concesso da Dio.

    Cos egli si convertir al cristianesimo intorno al 130, forse ad Efeso, luogo in cui, secondo Eusebio di Cesarea, si sarebbe svolto il dialogo con Trifone. Divenuto cristiano si impegn con ardore a difendere la fede cristiana e divulgarla come la vera ed unica filosofia. Nel 140, giunto a Roma, fond una scuola, durante il regno di Antonino Pio (138-161) per coloro che si volevano iniziare al cristianesimo. Per la sua opera indefessa di diffusione della fede cristiana, viene arrestato,

    14

  • condannato dal prefetto Giunio Rustico e decapitato intorno al 165 d.C. Uno dei discepoli fu proprio Taziano, futuro apologista, mentre uno degli avversari fu proprio il filosofo cinico Crescente.

    I testi di Giustino che ci interessano in modo particolare si trovano nellApologia di questo maestro (didascalos), filosofo e martire. LApologia, assieme al Dialogo con Trifone, sono tra i pochi scritti che ci sono rimasti fra le opere assai numerose attribuite a Giustino. LApologia stata composta a Roma verso l'anno 150. La cosiddetta Apologia seconda unappendice aggiunta verso il 160. L'Apologia di Giustino formata dunque da due scritti.

    Il genere letterario di questa opera rientra nel quadro del movimento apologetico del secolo secondo. Gli apologisti greci del II secolo dovevano da una parte difendere lesistenza della comunit cristiana: i loro diritti civili e la loro buona fama contro il comportamento della societ pagana e dellautorit civile e anzitutto contro le false accuse nei loro confronti. La societ pagana ha scatenato persecuzioni locali ed accusato i cristiani di misantropia, pratiche magiche, cannibalismo, incesto, ateismo, mancanza di coinvolgimento nella vita politica e sociale. I dotti, invece, hanno cercato di mettere in ridicolo o di smantellare le credenze dei cristiani. Quindi, lapologia era quasi un documento legale di appello alle autorit statali per le ingiustizie subite e, nel suo genere, difendeva i cristiani dalle accuse di gravi crimini. D'altra parte, gli apologisti sentivano il bisogno di promuovere una propaganda missionaria, che arrivasse anche nei ceti pi alti della societ di allora. Per questo duplice proposito essi rifiutavano le opinioni anti-cristiane e i miti religiosi dei pagani, ma dallaltro lato esponevano le ragioni positive per unaffermazione della religione cristiana. L'apologia aveva come scopo inoltre quello di spiegare ai cristiani stessi la realt del cristianesimo nella mentalit e nella cultura ellenistica, ben sapendo che il cristianesimo era nato nellambiente semitico e non in quello pagano. Ci comport anche un adattamento della spiegazione del cristianesimo a quella che non era pi la realt giudaica, ma solo lellenismo che si era diffuso a partire gi dal III secolo a.C.

    Gli apologisti si prefiggono un triplice compito: 1) Confutare le accuse, cio sia i delitti legali sia quelle infamanti che giravano tra il popolo. 2) Contrattaccare la religione e la filosofia pagana, per giustificare il rifiuto dei cristiani di

    aderire alla religione e al pensiero pagano, ritenuti immorali. 3) Esporre la dottrina cristiana, per dimostrare che solo i cristiani possiedono la verit. Gli apologisti sono coloro che, convertiti al cristianesimo, non solo vogliono dimostrare la

    superiorit della dottrina cristiana, ma vogliono rendere gli altri partecipi della loro personale esperienza di conversione e di adesione al cristianesimo.

    In conclusione latteggiamento degli apologisti di fronte alla filosofia e alla cultura pagana piuttosto complesso, dove evidente una certa tensione dialettica di amore e odio che li porta da una parte ad accettare il patrimonio della paideia greca nel suo complesso - soprattutto nella sua componente retorica e filosofica - e per laltro verso a prendere per le distanze di fronte a qualunque cedimento possibile circa il dato rivelato nella Bibbia e la moralit giudeo-cristiana.

    Perci, lApologia di Giustino viene considerata come difesa davanti al pubblico non cristiano, ma non manca del carattere di missionariet, per il quale, il contenuto dellapologia rivolto a tutti sia ai cristiani, sia ai pagani per la loro conversione.

    Per capire ancora meglio il significato dellApologia di Giustino, dobbiamo avere presente la sua vita e dobbiamo soprattutto porre l'attenzione su due fatti:

    1) il valore biografico dei primi capitoli nel Dialogo con Trifone (dove Giustino descrive il suo passaggio dal paganesimo al cristianesimo come vera filosofia, quella primitiva, pi antica della platonica);

    2) la sua instancabile ricerca della verit tramite le diverse filosofie (stoicismo, aristotelismo, pitagorismo, sino ad arrivare alla filosofia medio-platonica del suo tempo).

    Giustino ha visto tuttavia nel cristianesimo la continuit della realt giudaica. Lo sfondo della sua teologia molto pi biblico di quanto sembri a prima vista. Le sue considerazioni sono

    15

  • simultaneamente di natura biblica, teologica e filosofica. Un buon esempio la sua dottrina del Logos (lo/goj): in sostanza, egli presenta un dialogo tra logos nella cultura e filosofia greca (ragione, intelletto, pensiero, parola e discorso) e il Logos della Bibbia (vedi il logos, principio della creazione, ecc. in Gv 1,1ss.).

    I capitoli 61, e 65-67 dellApologia danno una descrizione del culto cristiano, in contrasto con le accuse false, ma ardentemente credute, della sua epoca. Essi si trovano nel contesto generale della sua apologia. Dei 68 capp. della Apologia, i primi tre servono come un introduzione, mentre nei capp. 4-12 si trova una confutazione delle accuse fatte ai cristiani ed una difesa dalle medesime. Dal cap. 13 al cap. 67 Giustino presenta una giustificazione della religione cristiana, soprattutto della condotta di vita del cristiano che risulta migliore rispetto a quella dei pagani. Lautore, tra laltro, insiste molto sul fondamento storico del cristianesimo, a partire dal contesto del profetismo veterotestamentario come preparazione e dalla stessa religione cristiana come attuazione delle verit annunciate, mediante la quale si snoda tutto il discorso del culto cristiano e della via della verit. Dopo aver parlato dei miti pagani, dei demoni (le divinit pagane), come lautore li ama definire, egli illustra il concetto di consacrazione dei cristiani, della preparazione dei candidati al battesimo, la preparazione in forma immediata sotto le forme delle preghiere comunitarie e del digiuno. Infine parlando del rito battesimale, spiega, poi, il significato e lo svolgimento del medesimo, presentando il battesimo come rigenerazione, come perdono di peccati e come illuminazione. In questo senso, si pu notare uno sviluppo teologico del battesimo promosso da Giustino. Il cap. 68 la conclusione. Lappendice, gi menzionata, costituisce una difesa contro lopinione pubblica e una spiegazione delle persecuzioni contro i cristiani.

    I nostri capitoli si trovano nella parte che espone in modo positivo come i cristiani pregano, come anche loro sono credenti e devoti e quindi non sono atei.

    Iniziazione cristiana

    61.1 ,, .

    61.1 In qual modo rinnovati da Cristo ci siamo consacrati a Dio, esporremo affinch non sembri che tralasciando ci, noi nella esposizione siamo in errore.

    61.2 , , , .

    61.2 Quanti sono persuasi e credano che sono vere queste cose che sono da noi insegnate e dette, e promettono di poter vivere cos, imparano a pregare e a chiedere con digiuni a Dio la remissione dei peccati, mentre noi preghiamo e digiuniamo assieme ad essi.

    61.3 , , , .

    61.3 Quindi sono condotti da noi dove lacqua e nello stesso modo di rigenerazione, col quale noi medesimi fummo rigenerati, sono rigenerati giacch nel nome di Dio padre di tutte le cose e padrone e del salvatore nostro Ges Cristo e lo Spirito Santo, compiono allora il lavacro nellacqua.

    61.4 , .

    61.4 E infatti Cristo disse: Se non sarete rigenerati, non entrerete nel regno dei cieli (Gv 3,3.5; Mt 18,3).

    61.5 61.5 Che sia impossibile che quelli che una volta nati entrino nel seno delle madri chiaro a tutti.

    16

  • ,.61.6 , , , .

    61.6 E dal profeta Isaia, come sopra abbiamo scritto (cap. 44), stato detto in quale maniera eviteranno i peccati quelli che li commisero e se ne pentono.

    61.7 , , , , , , , , , .

    61.7 Fu detto cos: Lavatevi, purificatevi, togliere il male dalle anime vostre, imparate a fare il bene, difendete lorfano e rendete giustizia alla vedova, e venite qua e discutiamo, dice il Signore; e se i vostri peccati fossero come porpora, come lana li schiarir; e se fossero come scarlatto, come neve li sbiancher.

    61.8 , .

    61.8 Ma se non mi ascoltate, una spada vi divorer; infatti cos la bocca del Signore ha parlato queste cose (Is 1,16-18.20).

    61.9 .

    61.9 Ed questa la dottrina su questo argomento abbiamo imparato dagli apostoli.

    61.10 , , , , .

    61.10 Poich nella nostra prima nascita siamo stati generati di necessit, senza averne coscienza, da umido seme, per lunione dei genitori fra loro, e siamo crescuti con cattive abitudini e perverse inclinazioni, per non rimanere per figli di necessit o dincoscienza, ma di elezione e dintelligenza, otteniamo la remissione dei peccati prima commessi, su colui che ha deliberato di rigenerarsi e s pentito dei peccati sinvoca nellacqua il nome di Dio padre di tutte le cose e padrone. Chi conduce colui che dovr essere lavato al lavacro pronunzia questo solo nome.

    61.11 ,.

    61.11 Infatti, nessuno in grado di dare un nome al Dio inesprimibile; e se qualcuno osasse dire che vi sia, sarebbe preso da incurabile pazzia.

    61.12 ,.

    61.12 Ma questo lavacro si chiama illuminazione in quanto illumina la mente di coloro che hanno imparato queste cose.

    61.13, , , ,.

    61.13 E nel nome di Ges Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, e nel nome dello Spirito Santo, il quale per mezzo dei profeti predisse tutte le cose che riguardano Ges, lavato chi illuminato.

    Il verbo principale spiegheremo; e/oi spesso un termine tecnico per

    lattivit di sacerdoti o altri che comunicano informazioni su cose sacre e segrete. Il tema indicato la realt della consacrazione di chi si fa cristiano. La forma indica di mettere qualcosa

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  • in alto (a)nati/qemai), cos d lidea di consacrazione, ma come tale il concetto non presente nel NT. Lespressione proverrebbe dal paganesimo, dove presente lidea di consacrare o dedicare altari e statue alle divinit pagane. In questo modo pone un confronto tra una usanza pagana e quella cristiana, utilizzando una forma medio-riflessiva (). Cosa vuol dire essere cristiani? Vuol dire dedicarsi totalmente a Dio. Ma per essere tali occorre diventare . Anche questo termine non presente nel NT, ma presente gi nellambiente cristiano come realt. Come cristiani sono diventati nuovi tramite Ges e cos si sono consacrati a Dio. Sono, dunque, una nuova creazione (2 Cor 5,17; Gal 6,15; Col 3,9-10).Giustino usa dei termini che provengono dalle religioni misteriche.

    Quali sono le tappe di questo processo che comporta la consacrazione? Nel NT abbiamo due elementi: convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1,15). In Giustino viene prima di tutto l'espressione , sono persuasi, una categoria razionale e non una semplice categoria affettiva. Se nel NT credere credere in Cristo, nella prima Apologia vuol dire considerare e credere che le cose insegnate (nella catechesi) sono vere. C' un'espressione di fede molto intellettiva, ma non un senso di fede come una relazione che comporta una fiducia in Dio, un abbandono totale a lui. La presentazione di Giustino tipica del mondo greco e ci introduce al contrasto tra il concetto di fede nellAT e nel NT e quello presente nel mondo ellenistico.

    Per Giustino la fede cristiana come lunica vera filosofia cerca la verit, e la verit si trova nellinsegnamento della vera religione. Giustino parla anche della promessa che si pu vivere secondo la verit che fa parte del catecumenato. Viene a svilupparsi in questo caso una vera e propria catechesi di ordine dogmatico e morale, a differenza della Didach in cui di sola natura morale. Di questa promessa non c alcuna traccia prima di Giustino. Il catecumenato comporta qundi sia la piena convinzione della propria fede cristiana e la capacit di vivere in una maniera che corrisponde alla fede.

    Poi si impara a pregare e digiunare per la remissione dei peccati. La preghiera e il digiuno coinvolgono tutta la comunit cristiana in solidariet con i catecumeni. Ci costituisce la preparazione immediata al battesimo. Lintera chiesa partecipe di questo evento battesimale e questa prassi dar luogo alla spiritualit liturgica della Quaresima. Questo coinvolgimento di aiuto per i catecumeni preparandosi a ricevere il battesimo.

    Il fatto che i candidati sono condotti dove c' l'acqua, indica a Roma probabilmente il fiume Tevere. Qui manca, per, la categoria giudaica di "acqua viva". Giustino introduce anche l'idea di rigenerazione (nascere una seconda volta). Il vocabolario greco che troviamo nel 3: - si trova soltanto nella 1Pt 1,3.23; , invece, una terminologia gi nota alla cultura ellenistica, dove non estraneo il concetto di rinascita. Anche qui abbiamo elementi di un ponte tra tradizione cristiana e cultura ellenistica. La struttura del battesimo simile a quella che si trova anche nella Didach.

    L'altro elemento nella rigenerazione linvocazione del nome di Dio padre e signore delluniverso, del salvatore nostro Ges Cristo e dello Spirito Santo nel quale avviene il battesimo nellacqua; ci segna l'inizio del credo battesimale. C' il richiamo al lavacro nell'acqua: l'acqua non solo per rigenerare ma anche per lavare.

    Giustino passer a dare alcune giustificazioni richiamandosi a Gv 3,3-5 in una forma rimaneggiata con al posto di (dove si parla dellincontro di Ges con Nicodemo). Cristo ci invita in Giovanni a rigenerarci nellacqua e nello spirito. Successivamente Giustino cita la profezia di Isaia (Is 1,16-18.20): il lavacro anche per togliere il male dalle nostre anime (i peccati) e per imparare a fare il bene. C' dunque una giustificazione dell'AT (lavare le colpe) e del NT (remissione dei peccati). L'autore cita questi passi per dimostrare la veridicit della tradizione degli Apostoli. Giustino fa anche un paragone tra la nostra prima nascita (la realt delluomo perduto / pagano) e la seconda nascita suggellata della remissione dei peccati (la realt delluomo convertito / rigenerato). Per tale ragione c' l'invocazione del nome sull'acqua per la remissione dei peccati. Il lavacro avviene nel nome di Dio, padre di tutte le cose e padrone (). Giustino usa questi titoli non per dare un nome proprio al Dio indicibile ma

    18

  • come descrizione dellazione di Dio nel mondo. Se qualcuno tentasse di dare un nome a Dio, sarebbe irrimediabilmente pazzo.

    Un altro elemento teologico l'uso del termine (illuminazione): lo troviamo nella Sacra Scrittura, ma lindicare il battesimo come illuminazione un fatto nuovo, anche se il termine fotismos presente gi nelle religioni misteriche. Il NT non parla dell'illuminazione dell'intelletto, ma della conoscenza delle cose. Ancora oggi, nella chiesa di lingua greca il candidato nel rito dell battesimo chiamato menoj cio lilluminando, e il neo-battezzato t, cio illuminato nella mente e nel cuore. Ci indica una certa enfasi che anche tipica del mondo greco. Una cosa simile la troviamo nellattuale rito romano delliniziazione cristiana degli adulti (OICA). Giustino richiamandosi a ci passa a parlare una seconda volta dellinvocazione battesimale del nome di Ges Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato e dello Spirito Santo che ha preannunziato tramite i profeti tutto che riguarda Ges.

    Giustino ci fornisce una descrizione delliniziazione cristiana e promuove anche uno sviluppo teologico del battesimo secondo tre temi: rigenerazione, bagno lustrale per la remissione dei peccati ed illuminazione. Lesposizione delliniziazione cristiana indica i seguenti componenti:

    a) Preparazione / catechesi dottrinale e morale per i catecumeni; b) Consenso intelletuale ben informato alla fede; c) Promessa di vivere cristianamente secondo la fede; d) Istruzione sulla preghiera; e) Preparazione immediata per il battesimo: preghiera e digiuno con la comunit associata; f) Lavacro / bagno in acqua in un luogo adatto con invocazione trinitaria. Nei capp. 62-64, la spiegazione del battesimo viene approfondita mediante un confronto

    dettagliato tra i riti cristiani e quelli pagani (ad es., il culto di Mitra), visti come imitazione demoniaca del rito cristiano.

    Il cap. 65 continua la descrizione delliniziazione cristiana, con la spiegazione del secondo momento del rito battesimale, quando i neo-battezzati entrano nel luogo di culto della comunit, entrano anche nella comunit stessa come suoi nuovi membri. Giustino parla poi della celebrazione eucaristica e della comunione.

    La celebrazione eucaristica per i neobattezzati

    65.1 , , , , .

    65.1 Noi dopo aver cos lavato (col battesimo) chi stato persuaso e ha acconsentito, lo conduciamo tra quelli che si chiamano fratelli, dove essi sono radunati, per fare con fervore preghiere comuni per noi stessi e per lilluminato e per tutti gli altri in qualunque luogo siano, affinch meritiamo, dopo aver appreso la verit, di diventare attraverso le opere buoni cittadini e osservanti dei comandamenti, al fine di conseguire leterna salvezza.

    65.2 .

    65.2 Cessate le preghiere, ci salutiamo lum laltro con un bacio.

    65.3 ,

    65.3 Quindi viene portato al preposto dei fratelli un pane e una coppa dacqua e vino temperato, ed egli, avendolo preso, innalza lode e gloria al Padre di tutte les cose per il nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa per lungo tempo uneucaristia (azione di grazie), per essere stati

    19

  • .

    fatti degni da Lui di questi doni. Quando egli ha terminato le preghiere e leucaristia, tutto il popolo presente acclama dicendo Amen.

    65.4.

    65.4 Lamen in lingua ebraica significa cos sia.

    65.5 .

    65.5 Quando il preposito ha terminato lazione di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che da noi sono chiamiati diaconi, fanno partecipe ciascuno dei presenti del pane, del vino e dellacqua su cui stata compiuta lazione di grazie, e ne portano agli assenti.

    Giustino prosegue nel discorso sul battesimo e nella descrizione del rito: ritorna allintroduzione

    del cap. 61 e richiama nuovamente al concetto di adesione intellettuale, di convincimento del neo-battezzato che ha acconsentito al suo battesimo. Si verifica il passaggio dal luogo del battesimo a quello dove i fratelli sono riuniti. Quelli che si chiamano fratelli indicano un modo di essere e di parlare. Nel difendere i cristiani dallaccusa di orge sessuali, Giustino ci fa notare il contrasto con il mondo greco-romano in cui usare i vocaboli fratello e sorella potrebbero avere il significato di indirizzare il proprio amore fisico verso il marito o verso la moglie, mentre nel mondo cristiano richiama al concetto di agap fraterna. Si tratta di coloro che sono uniti da ununica fede e, figli di un unico Padre, sono fratelli e sorelle. Descrivendo lassemblea cristiana e fraterna, Giustino rileva, dunque, la falsit della accusa fatta ai cristiani di orge.

    Segue subito la menzione dell'offerta delle preghiere comuni, cio le preghiere dei fedeli, fatte con vigore e con fervore. Giustino raccomanda preghiere per colui che stato battezzato, ma anche per le proprie necessit personali e degli altri. Si tratta quidi di un tipo di preghiera universale. Lo scopo delle preghiere che tutti meritino di diventare degni di Cristo nella verit accolta e vissuta. Cos i cristiani si mostrano buoni cittadini tramite le buone opere e losservanza dei comandamenti. Questa idea di essere buoni cittadini (i/) una risposta allaccusa di essere estranei dalla vita sociale e civile dell'Impero Romano, giacch la polis il cuore della vita civile-sociale di tutti i giorni. I veri buoni cittadini sono quelli che osservano i comandamenti di Dio che portano alla salvezza come realt eterna.

    Giustino descrive, poi, la fine delle preghiere contraddistinta dal saluto del bacio: si tratta di un bacio di fraternit (vedi il termine fi/loj). Questa usanza tipica delle liturgie antiche (e moderne) ed indica l'essere veramente in pace con gli altri. Ci avviene dopo la preghiera dei fedeli, ma si differenzia dalla liturgia romana che con Papa Gregorio I, ha spostato il saluto fraterno alla preparazione alla comunione. Liturgicamente parlando, tale saluto andrebbe posto come allorigine avveniva prima delle offerte allaltare (dopo la preghiera dei fedeli): il suo significato sta nel fatto che non si pu celebrare lEucaristia se i fratelli vivono in discordia. Si pu notare linflusso di Mt 5,23-24: Se, dunque, tu stai presentando la tua offerta allaltare ed ivi ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta l dinanzi allaltare e va prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta.

    Successivamente Giustino descrive lazione preparatoria per la celebrazione eucaristica: il portare i doni. Assieme al pane il testo parla del vino e dell'acqua, perch? Non c nei racconti del NT. Nell'antichit greco-romana chi beveva il vino puro, veniva considerato un uomo ubriaco. Cos la chiesa, per un motivo culturale, mescola il vino con l'acqua. Solo la chiesa armena (fuori dellambiente ellenistico) ha conservato la tradizione del solo vino.

    Nella preghiera eucaristica il presidente innalza la lode e la glorificazione prendendo la coppa del vino mescolato con acqua ed il pane. Il contenuto di questa preghiera propriamente lode e gloria al Padre tramite il Figlio e dello Spirito Santo. Si tratta di unenfasi sulla forma trinitaria. Un

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  • altro elemento dellorazione proprio il ringraziamento (eucharista) per essere resi degni delle cose di Dio. E' una preghiera non breve ( per molto tempo).

    Continuando a leggere il testo, per, non sembra una sola preghiera, ma diverse preci. Tutto il popolo reso partecipe della celebrazione eucaristica con un'acclamazione, un genere letterario che era gi presente nel mondo greco-romano. Giustino intendi lespressione Amen come unacclamazione, giacch ne fa rilevare la sua origine ebraica. Al termine dellazione di grazie, coloro, che sono chiamati i diaconi, distribuiscono ai presenti i doni eucarizzati, il pane e il vino mescolato con lacqua, ed anche a coloro che non sono presenti.

    La struttura della seconda parte del rito, dunque, include: a) Ingresso nellassemblea (gi riunita); b) Preghiere comuni; c) Bacio di pace; d) Offerta dei doni (pane e vino mescolato con acqua); e) Lunga orazione del presidente: lode, gloria, ringraziamento al Padre per il Figlio e lo Spirito

    Santo; f) Risposta del popolo: Amen; g) Distribuzione dei doni benedetti per leucharistia ai presenti e agli assenti tramite i diaconi.

    La comunione del corpo e del sangue di Cristo. 66.1 , , , .

    66.1 E questo cibo da noi chiamiato eucaristia, di cui lecito partecipare a nessun altro se non a colui che crede essere vere le cose da noi insegnate, e che stato lavato col lavacro per la remissione dei peccati e per la rigenerazione, per vivere cos come Cristo ha tramandato.

    66.2 , , , .

    66.2 Poich noi non lo prendiamo come un pane comune ed una comune bevanda, ma a quel modo che, in virt del verbo di Dio, Ges Cristo, il nostro Salvatore, incarnatosi prese carne e sangue per la nostra salvezza, cos anche il cibo sul quale fu compiuta lazione di grazie tramite la parola di preghiera tramandat da lui, di cui si nutrono il nostro sangue e le nostre carni per assimilazione, abbiamo imparato che carne e sangue del medesimo Ges incarnato.

    66.3 , , , .

    66.3 Gli apostoli infatti nelle Memorie da loro fatte, le quali si chiamono Evangeli, proprio questo tramandarono che fosse stato loro ordinato, che Ges avendo preso il pane e avendo reso grazie abbia detto loro: Fate questo in memoria di me. Questo il mio corpo; e poi avendo preso similmente il calice e avendo reso grazie, abbia detto: Questo il mio sangue; e ne abbia dato ad essi soli.

    66.4

    66.4 Per imitazione i malvagi demoni tramandarono che si facesse nei misteri di Mitra; infatti anchessi pongono innanzi del pane e un calice dacqua nei riti diniziazione,

    21

  • , .

    pronunziando alcune formule, come voi sapete o potete apprendere.

    Nel cap. 66 Giustino spiega ulteriormente l'Eucaristia nell'orizzonte del mistero

    dell'incarnazione. Giustino porta il paragone tra il pane e il vino che diventano carne e sangue di Cristo e lincarnazione medesima: il pane ed il vino benedetto, in un certo senso, diventano la garanzia vera e propria dellincarnazione e vice versa. Il cibo eucaristizzato tramite la parola della preghiera che viene dal Signore.9 Giustino si riferisce cos allistituzione da Ges e menziona le imitazioni da parte delle religioni misteriche (il culto di Mitra) dei riti cristiani.

    Per Giustino, come nella Didach, lEucaristia riservata al soli battezzati, lavati per la remissione dei peccati e per la rigenerazione, che continuano a vivere secondo i comandamenti. Un concetto molto importante in questo capitolo il riferimento alle memorie degli apostoli o Vangeli che suggella la tradizione della chiesa sulla celebrazione eucaristica garantita dalla successione apostolica, insieme allautenticit delle parole e dei gesti sul pane e vino mescolato che arrivano fino a noi tramite la para/dosi (tradizione).

    Lassemblea eucaristica della domenica, giorno chiamato del Sole

    67.1 , .

    67.1 Del resto noi dopo ci sempre ricordiamo a vicenda tra noi la memoria di queste cose. Cos quelli che hanno (di pi) aiutiamo tutti i bisognosi, e siamo sempre uniti gli uni con gli altri.

    67.2 .

    67.2 In tutte le cose che offriamo, benediciamo il creatore di tutte le cose per mezzo del Figlio suo Ges Cristo e per mezzo dello Spirito Santo.

    67.3 , ,.

    67.3 E nel giorno chiamato del Sole, si fa ladunanza nello stesso luogo di tutti quelli che dimorano in citt o in campagna, e si leggono le Memorie degli apostoli e gli scritti dei profeti, finch il tempo lo permette,

    67.4 .

    67.4 Quando il lettore ha terminato, il presidente fa per un discorso ammonizione e esortazione allimitazione di questi esempi buoni.

    67.5 , , , , , , , ,

    67.5 Quindi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto sopra, avendo noi terminato la preghiera (comune), si porta pane, vino ed acqua, e il presidente, secondo la sua capacit, innalza preghiere come anche rendimenti di grazie, e il popolo acclama dicendo Amen. La distribuzione e la partecipazione ai doni benedetti (eucaristizzati) si fa a ciascuno e se ne manda, per mezzo dei diaconi, anche ai non

    9 Cf. G.J. CUMING, (JustinApologyi.66.2),JournalofTheologicalStudies31(1980)8082.

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  • . presenti. 67.6 , , , , , , .

    67.6 Quelli che hanno in abbondanza invero e lo vogliono, ciascuno a suo piacemento d ci che vuole. Ci che viene raccolto, depositato presso il presidente ed egli soccorre gli orfani e le vedove, e coloro che, per malatia o per altra ragione, sono bisognosi, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, egli si prende cura di tutti coloro che hanno bisogno.

    67.7 , , , ,, , , .

    67.7 Ci raduniamo tutti in comune il giorno del Sole, perch il primo giorno in cui Dio cre il mondo, avendo mutato la tenebra e la materia; nello stesso giorno anche il nostro Signore Ges Cristo risuscit dai morti. Di fatto lo crocifissero prima del giorno di Saturno e nel giorno dopo quello di Saturno, cio il giorno del Sole, apparso agli apostoli suoi e discepoli, insegn loro le queste cose, che abbiamo presentato anche al vostro esame.

    Il Cap. 67 d una descrizione e spiegazione del giorno di domenica chiamato anche il giorno

    del Sole. La stessa vita cristiana si snoda intorno a questo giorno santo, nel quale si celebra la risurrezione del Signore. Circa la celebrazione dellEucaristia nel giorno del Sole, ci sono diversi elementi aggiunti al analogo rito nella celebrazione del battesimo:

    1) assemblea di tutti i fedeli della citt e della campagna; 2) lettura degli scritti profetici e delle memorie degli Apostoli (non c ancora il lezionario); 3) il discorso del presidente (ha gi il senso di omelia, come discorso organizzato); Giustino da delle ammonizioni vere e proprie di natura spirituale, ribadisce il valore della

    celebrazione dellEucaristia ed esprime un invito forte all'imitazione di Cristo. Si tratta di una vera e propria omelia.

    In questo capitolo si nota, dunque, gi una struttura della liturgia domenicale attuale, giacch lautore parla delle offerte per le persone pi bisognose, ma dopo la celebrazione liturgica. Dunque, si pu cos individuare la struttura della celebrazione domenicale gi al tempo di Giustino in questo modo:

    a) Liturgia della parola; b) Lomelia; c) Preghiere di intercessione d) Liturgia delle offerte; e) Prece eucaristica; f) Comunione; g) Conclusione e congedo. Da tale schema si pu comprendere come gi a quel tempo ci fosse una struttura gi fissata. Giustino, concludendo il cap. 67, parla della domenica come il "giorno del Sole": si tratta della

    liturgia domenicale. La chiesa fa adunanza in un determinato luogo. Si hanno due momenti della liturgia: la parola e lEucaristia.

    Il sermone ha due elementi principali: l'ammonimento e l'incoraggiamento. E' importante l'invito ad alzarsi dopo la predica perch indica un particolare modo di pregare. La

    descrizione di queste preghiere universali, richiama profondamente al sensus ecclesiae. C' poi la

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  • preghiera di ringraziamento. importante la figura del presidente, che secondo la sua perizia eleva la preghiera eucaristica, mentre il popolo alla fine acclama con espressione di assenso. suo compito di disporre delle opere caritative. Coloro che sono benestanti, devono fare parte comune con coloro che non hanno: essi danno secondo il proprio piacere, mentre il presidente dell'assemblea liturgica si prende cura di tutti quelli che hanno bisogno. Come si gi visto per il battesimo viene distribuita la comunione, anche ai non presenti, mediante il diacono.

    Dopo segue una teologia della domenica che : a) una commemorazione della creazione (Dio avendo cambiato le tenebre in luce, ha creato il

    mondo ordinato, cio il kosmos); b) Ges Cristo risorto. Egli il nostro salvatore. Giustino d un senso pasquale della

    domenica come giorno in cui si festeggia la resurrezione di Cristo. c) Ges Cristo apparso ai suoi apostoli e discepoli, e ha insegnato a loro tutte queste cose,

    vuol dire anche le tradizioni liturgiche.

    IRENEO DI LIONE

    Epideixis

    Guardando alla sua vita e attivit, si pu dire che SantIreneo, vescovo di Lione, il pi importante tra i teologi del II secolo e, in un certo senso, il padre della teologia sistematica cristiana. Oriundo dellAsia Minore, era stato in giovent discepolo di San Policarpo, vescovo di Smirne e martire (Eusebio, Storia Ecclesiastica 5,20,4ss.). Di Ireneo non si conosce lanno esatto della sua nascita, ma esso va probabilmente fra il 130 ed il 140. La sua citt natale senza dubbio Smirne. Sembra che Ireneo ha studiato a Roma per un certo periodo. Ai tempi dellimperatore Marco Aurelio era prete a Lione in Gallia; venne inviato a Roma, presso Papa Eleuterio, per avere chiarimenti sulla controversia con i Montanisti. Divenne poi successore del vescovo e martire Fotino di Lione, nel 177 o 178. Ireneo condusse una strenue lotta contro la falsa gnosi. Quando Papa Vittore I (189-198) lanci la scomunica contro le chiese dellAsia Minore, sulla questione del giorno della celebrazione di Pasqua, Ireneo esort il papa alla pace. Nullaltro di certo si sa della sua vita. Molto pi tardi e solo con Gregorio di Tours (Historia Francorum 1,27) si ha la notizia del suo martirio, avvenuto intorno al 202. Poich Eusebio non vi fa nessun riferimento, questa tardiva notizia sembra molto discutibile.

    Dopo la sua morte, Ireneo ha avuto un influsso immenso sulla teologia posteriore, sia greca che latina, ad es. su Tertulliano (e, tramite Tertulliano, su Cipriano), su Metodio di Olimpo e sul grande Atanasio. Pu essere considerato come uno dei padri preferiti della teologia moderna, specialmente per ragione del suo concetto della storia della salvezza. Il suo indirizzo anti-gnostico si esprime concretamente nella difesa forte della salvezza delluomo intero, della risurrezione del corpo. A questo scopo servono le affermazioni dellunit della creazione e della risurrezione, cio della bont della creazione, della realt dellincarnazione del Verbo di Dio, dellunit della storia salvifica. Alla tematica dellunit corresponde anche un metodo teologico: cercare di dimostrare la validit della Scrittura (VT) ispirata dallo Spirito profetico, riferirsi per questo ai vangeli e scritti apostolici, e confermare le prove neotestamentarie tramite la tradizione apostolica garatita dalla succesione dei vescovi nelle chiese di fondazione apostolica.

    Fra le numerose opere di Ireneo, a parte qualche frammento di epistole nella Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, solo due opere ci sono state trasmesse. Si tratta dei cinque libri dellAdversus Haereses (o Esposizione e Rifutazione della cosiddetta gnosi) e lEpideixis. Sfortunatemente, loriginale greco di ambedue perduto. Mentre abbaimo la prima opera per intero solo in una versione latina antica e letterale, la Dimostrazione (epideixis) ci pervenuta unicamente in una versione armena. Il titolo completo : Dimostrazione della predicazione degli apostoli. Il testo, scoperta solo nel 1904 nella chiesa di Nostra Signora di Erevan, fu tradotto presto in lingue moderne. La prima pubblicazione in armeno di Karapet Ter Mekertschian e E.T. Minassiantz

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  • ([TU 31,1], Leipzig 1907). A causa della lingua e del metodo di traduzione il testo rimane ancora di difficile interpretazione. Un certo aiuto ci troviamo nella versione francese dell'Adversus Haereses che si trova nella collana Sources chrtiennes, per la quale diversi studiosi hanno cercato di ricostituire il testo greco delle parti conservate in latino e nei diversi frammenti in armeno. Con laiuto del greco ristabilito, accanto ai frammenti armeni, possiamo farci unidea anche della forma originale dellEpideixis.

    Il testo qui presentato include una ver