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Casco Autunno 2014

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volume 4 – numero 11 – Autunno 2014

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Page 3: Casco Autunno 2014

Periodico trimestrale riservato alla classemedica edito in collaborazione con

Via Vitorchiano 151 – 00189 RomaTel 06 36 19 11 – Fax 06 36 380 311www.univadis.itNumero verde 800 23 99 89

Autunno 2014

Registrazione del Tribunale di Roma in corso

Direzione scientifica: Fausto RoilaEnzo BallatoriGruppo editoriale:Claudia Caserta Sonia Fatigoni Guglielmo FumiAzienda Ospedaliera di Terni

Il Pensiero Scientifico EditoreVia San Giovanni Valdarno 8 00138 RomaTel 06 862 821 – Fax 06 862 82 250Internet:www.pensiero.itStampa:Arti Grafiche Tris, RomaDicembre 2014Direttore responsabile:Giovanni Luca De FioreRedazione: Manuela BaronciniProgetto grafico:Antonella MionPrezzo: Fascicolo singolo €15,00

I contenuti pubblicati dalla rivistarispecchiano le opinioni degli Autori e non necessariamente quelle dell‘Editore o della MSD Italia S.r.l.

Ogni farmaco menzionato deve essere usato in accordo con il relativoriassunto delle caratteristiche delprodotto fornito dalla ditta produttrice.

In questo numero

Autunno 2014

In copertina: James Whistler,Nocturne-Battersea Bridge(dettaglio),1872-73.

Poiché l’esigenza di migliorare le cure dei pazienti è un bisogno

reale nella pratica clinica quotidiana, è nato il NICSO. www.nicso.it

EDITORIALE

4 NICSO: finalmente la ricerca

PROTOCOLLI DI RICERCA

5 I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

DAI CONGRESSI

10 Le novità dell'ASCO 2014Fausto Roila,Sonia Fatigoni

GESTIONE EVENTI AVVERSI

14 Tossicità di afatinib,vismodegib, axitinib e cabozantinibElisa Minenza,Carla Fonte

IL PUNTO SU...

22 Cancer-related fatigue: i trattamenti non farmacologici e le nuove linee guidaAnnalisa Giacalone

CASI CLINICI

27 L’irresistibile leggerezza della ricerca clinica sugli antiemeticiEnzo Ballatori,Fausto Roila

STATISTICA PER CONCETTI

32 Test non parametrici per campioni indipendentiEnzo Ballatori

Page 4: Casco Autunno 2014

CASCO — Autunno 20144

NICSO: finalmente la ricercaEditoriale

Èsempre più evidente nella pratica clinica la necessità di accompagnare le

persone da noi curate mediante trattamenti oncologici attivi con un

supporto farmacologico e non farmacologico prontamente associato,

adeguato e personalizzato.

Secondo le indicazioni del Multinational Supportive Care in Cancer (MASCC)

l’obiettivo delle Cure di Supporto al paziente oncologico è quello di garantire che

le terapie antineoplastiche necessarie al trattamento attivo (curativo e palliativo)

delle malattie oncologiche possano essere effettuate con la migliore prevenzione

e cura degli eventi avversi, tossicità e comorbilità, al fine di garantire il benessere

psico-fisico del paziente ed una maggiore aderenza ai protocolli di cura sia in

termini di intensità di dose che di intervallo di somministrazione.

Poiché l’esigenza di migliorare le cure dei pazienti è un bisogno reale nella pratica

clinica quotidiana, il 4 luglio 2014 è nato il Network Italiano di Cure di Supporto

Oncologico (NICSO) www.nicso.it con i seguenti obiettivi:

1. la formazione continua di oncologi, radioterapisti, ematologi, psicologi,

internisti e delle figure specialistiche mediche ed infermieristiche che seguono

il paziente oncologico circa il ruolo e la pratica delle cure di supporto in

oncologia;

2. la ricerca scientifica su temi di interesse effettuata con rigore ed entusiasmo,

insieme con gruppi europei interessati specificamente alle cure di supporto;

3. la pubblicazione dei dati ottenuti su riviste internazionali e nazionali;

4. la preparazione di un sito web aggiornato.

Questo Network non si pone in alternativa ad altre Associazioni e Società

Scientifiche Nazionali ma vuole svolgere un ruolo di integrazione e crescita

nell’ambito della ricerca scientifica e nella formazione continua.

In questo numero di CASCO sono riassunti i primi 3 protocolli supportati dal

NICSO. La speranza è che raccolgano l’adesione di molti centri italiani che hanno

come fulcro del loro lavoro l’obiettivo di soddisfare i reali bisogni dei pazienti

neoplastici che sono sostanzialmente solo due: migliorare la sopravvivenza

globale e, quando possibile, guarire i nostri pazienti e migliorarne la qualità di

vita. Chi volesse aderire può scrivere al nostro sito web: www.nicso.it

Consiglio Direttivo del NICSO

Page 5: Casco Autunno 2014

CASCO — Autunno 2014 5

Studio osservazionale prospettico sulle caratteristiche ed il trattamento della fatigue nei pazienti oncologici in Italia F. Roila1, G. Fumi1, S. Fatigoni1, E. Ballatori2

1. Oncologia Medica, Ospedale, Terni; 2. Statistico Medico, Spinetoli - AP. [email protected]

IntroduzioneLa fatigue nei pazienti oncologici, indicata propriamente

come fatigue cancro-correlata (Cancer Related Fatigue, CRF),è un sintomo ad elevata prevalenza (circa 74%) e spesso in-validante; è definita dal National Comprehensive Cancer Net-work (NCCN) come una sensazione soggettiva, stressante,persistente di stanchezza o spossatezza correlata al cancro oal suo trattamento, che non è proporzionale all’attività ese-guita e che interferisce con le abituali attività. Un’importantecaratteristica della CRF è che spesso non è alleviata dal sonnoo dal riposo. Tra i vari sintomi riferiti dal paziente neoplasticola fatigue è quello ritenuto più fastidioso perché ha un im-patto fortemente negativo sulla sua qualità di vita.

La fatigue è considerata un sintomo multidimensionale,comprendendo aspetti riguardanti la sfera fisica, emozio-nale e cognitiva. Su questa impostazione patogenetica, èstata studiata una varietà di interventi mirati al sollievo dellaCRF. Un recente studio ha documentato il miglioramentodella fatigue a seguito del monitoraggio e trattamento di unpanel di sintomi correlabili.

Le determinanti della CRF sono numerose e non tuttecompletamente identificate. Infatti, la fatigue:1. può essere correlata al cancro e alle sue complicanze

(anemia, turbe elettrolitiche, disidratazione, anoressia/ca-chessia, insufficienza epatica, renale e cardiaca, ipossia,insufficienza corticosurrenalica, febbre, deficit neurolo-gici);

2. può dipendere da sintomi fisici del cancro e/o del tratta-mento (dolore, dispnea, difficoltà a deglutire, perdita diappetito);

3. può essere dovuta a comorbilità (ipotiroidismo, diabetemellito, scompenso cardiaco, malattie cardiovascolari,infezioni, broncopneumopatia cronica ostruttiva);

4. può derivare da sintomi psicologici/comportamentali (an-sietà, depressione, insonnia, diminuita attività fisica);

5. può dipendere dalla presenza di fattori iatrogeni (che-mioterapia, radioterapia, terapie a bersaglio molecolare,ormonoterapia, immunoterapia, chirurgia);

6. può essere vista come effetto collaterale di farmaci nonconnessi alla terapia antitumorale (oppioidi, farmaci psi-chiatrici, antistaminici, beta-bloccanti, corticosteroidi).

La fatigue, quindi, ha spesso eziologia multipla, in quantopiù fattori, tra quelli elencati, possono contribuire a produrlanel paziente.

Può insorgere prima, durante e anche dopo molto tempoil completamento del trattamento antitumorale; dalla lette-ratura internazionale si evince che fino al 40% dei pazienti ri-feriscono fatigue alla diagnosi e sostanzialmente tutti i pa-zienti neoplastici presentano tale sintomatologia nel corsodella terapia antitumorale (80% e 90% dei pazienti trattati,rispettivamente, con chemioterapia e radioterapia). La fre-quenza del sintomo è elevata anche dopo la fine delle tera-pia (dal 20% al 50% circa).

Tutti i pazienti neoplastici dovrebbero essere screenati perla fatigue al momento della prima visita con l’oncologo e, suc-cessivamente, rivalutati durante e dopo la fine delle terapie an-titumorali. I pazienti in tale occasione dovrebbero essere in-formati circa l’importanza del sintomo fatigue. Se il pazientelamenta fatigue, questa dovrebbe essere quantificata conuno degli strumenti validati disponibili, così come tutte le po-tenziali cause determinanti sopra riportate andrebbero iden-tificate, dovrebbero essere rimosse, se possibile, o trattate ade-guatamente per ridurne l’impatto sulla fatigue del paziente.

La terapia della fatigue, che persiste nonostante il trattamentodelle cause identificate o che non ha cause rimovibili, com-prende terapie complementari (ad esempio agopuntura, yoga,ginseng), terapie comportamentali (esercizio fisico), terapie psi-cologiche e farmacologiche (metilfenidato e desametasone). Almomento solo pochi studi e pochi farmaci sono stati valutati ri-spetto ai numerosi studi su trattamenti non farmacologici.

Da diversi anni sono disponibili linee guida per la gestionedella fatigue (linee guida del National Comprehensive CancerNetwork), ma nella pratica clinica le caratteristiche della fati-gue nel nostro paese e l’attitudine degli oncologi ad indagaree trattare la CRF negli ospedali generali, nelle strutture uni-versitarie e negli istituti a carattere scientifico sono poco o pernulla conosciute.

Sulla scorta di quanto sopra si è proposto di studiare la fa-tigue nei pazienti oncologici seguiti in Italia, e di fare questonel contesto dell’attività di ricerca supportata dal NICSO (Net-work Italiano per le Cure di Supporto in Oncologia). Si trattadi uno studio prospettico osservazionale, da condursi in qual-siasi struttura che segua pazienti neoplastici. (I pazienti par-tecipanti dovranno dare il loro consenso a partecipare allo stu-dio e all’utilizzo dei dati personali).

I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

Protocolli di ricerca

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6 CASCO — Autunno 2014

| Protocolli di ricerca | I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

compilazione da parte degli investigatori della scheda di re-gistrazione inerente domande sulle caratteristiche del pa-ziente, della malattia e dei trattamenti ricevuti o in atto,verrà richiesto della presenza di fatigue. I pazienti che nonsiano trattati contro la fatigue e che non riferiranno fatigueusciranno dallo studio. I pazienti con fatigue (o senza fatigue,perché trattati per essa) compileranno la scala di valutazionenumerica che ne misura l’intensità e gli altri item del Brief Fa-tigue Inventory (BFI), versione validata in italiano, che ne va-luta le caratteristiche e l’impatto sulla qualità di vita. In que-sti pazienti l’investigatore dovrà indicare la possibile relazionecon elementi eventualmente presentati dal paziente (anemia,disidratazione, insufficienza d’organo, farmaci, ecc.).

Lo studio verrà eseguito in due giorni non consecutivi deimesi di Novembre/Dicembre 2014. L’ufficio operativo ricer-che cliniche della Struttura Complessa di Oncologia di Ternifungerà da centro di coordinamento dello studio. •

Studio osservazionale di coorte per l’analisidell’incidenza, grado e managementdell’ipertensione arteriosa in pazienti conneoplasia in fase metastatica in trattamentodi prima linea con inibitori tirosin-chinasici di VEGFR (sunitinib, sorafenib, pazopanib).Management Ipertensione arteriosa daInibiTOri di VEGFR – M.I.ITOA. Antonuzzo, E. Vasile, M. Lucchesi, L. Galli, L. Ginocchi, S. Ricci. U.O. Oncologia Medica 1 e 2, Pisa. [email protected]

RazionaleL’angiogenesi rappresenta uno dei bersagli principali dei

nuovi farmaci antitumorali e la sua inibizione è oggi applicatacon successo in molte neoplasie in fase avanzata. Le strate-gie più diffuse di inibizione dell’angiogenesi sono l’utilizzo dianticorpi monoclonali contro il VEGF (Vascular EndothelialGrowth Factor) o contro la famiglia dei recettori per il VEGF(VEGFR), oppure l’utilizzo di piccole molecole inibitori del-l’attività tirosin-chinasica (TKI) dei VEGFR che spesso agi-scono anche su altri recettori di membrana. Tra i TKI diVEGFR rientrano tra gli altri il sunitinib, il sorafenib e il pazo-panib; tutti e 3 i farmaci sono oggi approvati per l’utilizzo nelcarcinoma renale metastatico dove ottengono una sopravvi-venza libera da progressione di malattia (PFS) mediana di circa8-10 mesi; il sorafenib è anche utilizzato in pazienti con epa-tocarcinoma avanzato con una PFS mediana di circa 6 mesi.Il carcinoma renale e l’epatocarcinoma hanno un’incidenzastimata annuale in Italia di oltre 20.000 nuovi casi, alcune mi-gliaia dei quali ogni anno ricevono un trattamento con unodei farmaci citati. L’ipertensione arteriosa rappresenta unadelle comorbilità più frequenti in pazienti oncologici ma è an-che uno degli effetti collaterali più riportati in pazienti in trat-

Obiettivi dello studioLo studio si propone di valutare prevalenza ed intensità

della CRF nei pazienti che si presentano presso gli ambulatori,day hospital e reparti oncologici per visita, trattamento me-dico o radioterapico, in qualunque fase di malattia.

Nei pazienti con fatigue di qualunque intensità, valu-tarne l’impatto sulla qualità di vita. Verificare nel paziente conCRF la presenza delle possibili cause determinanti sopra ri-portate. Valutare la coesistenza di una serie di sintomi cor-relabili alla fatigue.

Accertare se viene effettuato un trattamento della CRFnella pratica clinica, che tipo di trattamento e con che risul-tato valutato dallo stesso paziente.

Criteri di inclusione/esclusioneTutti i pazienti afferenti alle strutture oncologiche in cui

si effettua lo studio in due giorni precedentemente definiti,non consecutivi, verranno valutati per la presenza e l’inten-sità della CRF tramite il Brief Fatigue Inventory (BFI), versionevalidata in italiano, che ne valuta le caratteristiche e l’impattosulla qualità di vita mediante scale di valutazione numerica(NRS, da “0” a “10”, dove “0” corrisponde ad assenza del sin-tomo e “10” è la massima intensità immaginabile), le cui ca-ratteristiche saranno spiegate ai pazienti.

Sarà predisposta una scheda di rilevazione con le carat-teristiche anagrafiche e la storia clinica di ogni paziente (tipodi neoplasia, stadio, trattamenti ricevuti e data dei tratta-menti, farmaci utilizzati al momento, ecc.).

Nei pazienti con fatigue verranno valutate con appositascheda le cause determinanti della fatigue sopra riportate.

Inoltre verrà segnalato ogni trattamento della fatiguemesso in atto dal paziente o suggerito dal medico di famigliao dallo specialista.

Criteri di inclusione:• età ≥ 18 anni; • modulo di consenso informato approvato dal comitato

etico firmato e datato;• pazienti uomini o donne affetti da cancro in varie fasi di

malattia, anche in trattamento chemio o radioterapico inqualunque momento del trattamento.

Criteri di esclusione:• Pazienti con diagnosi di disturbi cognitivi o non in grado

di fornire una compliance adeguata a giudizio dell’onco-logo.

Procedure operative dello studioNei due giorni previsti dal protocollo, a tutti i pazienti neo-

plastici che si presenteranno presso gli ambulatori, i DH o sa-ranno ricoverati nelle degenze di ogni struttura ospedaliera,universitaria o istituto a carattere scientifico per essere sot-toposti a visita per poi sottoporsi a terapia o a controlli pe-riodici e che saranno eleggibilità, sarà richiesto di partecipareallo studio.

A coloro che firmeranno il consenso informato di ade-sione allo studio e all’utilizzo dei dati personali, dopo la

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7CASCO — Autunno 2014

| Protocolli di ricerca | I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

tamento con inibitori dell’angiogenesi. Rappresenta inoltre unfattore di rischio rilevante per cardiopatia ischemica, cere-bropatie vascolari, insufficienza renale. L’incidenza e la gra-vità dell’ipertensione dipendono dal tipo di anti-angioge-nico utilizzato ma anche dalle caratteristiche del pazientetrattato e dalle sue comorbilità. L’avvento delle terapie anti-angiogeniche e delle nuove strategie di cura ha consentito unprolungamento della sopravvivenza importante in pazienticon malattia oncologica avanzata; questo aumento della so-pravvivenza impone che la comunità oncologica conosca almeglio gli effetti collaterali dei farmaci che oggi sono utiliz-zati anche per periodi lunghi di trattamento come i farmacianti-angiogenici e che possono favorire eventi avversi mag-giori (es. cardiovascolari) possibili cause di mortalità, come adesempio l’ipertensione arteriosa. Mentre abbiamo diversidati da ampi registri sull’ipertensione in pazienti trattati conanticorpi anti-VEGF (es. bevacizumab), conosciamo menobene l’impatto e le caratteristiche dell’ipertensione arteriosain pazienti in trattamento con TKI di VEGFR. L’incidenza diipertensione riportata negli studi clinici randomizzati chehanno valutato sunitinib, pazopanib e sorafenib varia dal 5 al40%, con una frequenza di eventi di grado 3 o superiore del2-10%. La letteratura attuale ci permette di avere informa-zioni riguardo all’incidenza dell’ipertensione nella pratica cli-nica dei tre farmaci analizzati separatamente. Questo studiovuole approfondire tale aspetto prendendo in considera-zione sunitinib, pazopanib e sorafenib raccogliendo insiemei dati provenienti dai tre tipi di farmaco. Il NICSO (Network Ita-liano Cure di Supporto in Oncologia) supporta la diffusionedel protocollo in ambito scientifico; i centri che aderiscono alprotocollo fanno tutti parte del Network.

Obiettivi dello studioPrimario: Valutazione dell’incidenza e del grado del-

l’ipertensione arteriosa nella coorte in studio.Secondari: descrizione del trattamento prescritto per

l’ipertensione arteriosa e dei suoi effetti; descrizione dell’in-cidenza di ipertensione arteriosa basale come comorbilità edella sua gestione all’inizio del trattamento; valutazione dieventuali eventi avversi correlati all’ipertensione (eventi car-diaci, accidenti cerebrovascolari, insufficienza renale).

Disegno dello studio e trattamentoLo studio, a carattere multicentrico, ha un disegno

osservazionale secondo il modello degli studi di coorteprospettici. Saranno arruolati pazienti affetti da carcinomarenale o epatocarcinoma che intraprendono trattamento consunitinib, sorafenib o pazopanib. I pazienti riceveranno iltrattamento oncologico deciso dall’oncologo curante con ifarmaci utilizzati secondo le loro autorizzazioni per l’immissionein commercio come parte della normale pratica clinica edeventuali modifiche a tale trattamento non saranno influenzatedalla partecipazione allo studio. La decisione di prescrivere ilfarmaco al singolo paziente è del tutto indipendente da quelladi includere il paziente stesso nello studio e le procedurediagnostiche e valutative corrispondono alla pratica clinicacorrente. Non sono previste procedure o costi aggiuntivi per

le procedure del protocollo. I pazienti riceveranno adeguateinformazioni sul protocollo dai medici curanti del centropartecipante allo studio, riceveranno copia della letterainformativa per il paziente e per il medico curante e dovrannofirmare il modulo di consenso prima dell’arruolamento in studioe quindi della raccolta dei dati clinici. Le reazioni avversesaranno segnalate analogamente a quanto previsto dalle normein vigore per le segnalazioni spontanee (post-marketing). Losperimentatore principale si impegna a produrre un rapportofinale e a rendere pubblici i dati alla conclusione dello studio.Il protocollo verrà registrato sul registro degli StudiOsservazionali dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

MetodiSaranno arruolati nel protocollo circa 200 pazienti affetti

da carcinoma renale o epatocarcinoma avanzati che inizianotrattamento con sunitinib, sorafenib o pazopanib in uno deicentri partecipanti allo studio. Si prevede che lo studio abbiauna durata complessiva di circa un anno: 6 mesi per l’arruo-lamento dei pazienti e 6 mesi aggiuntivi, dalla data di inseri-mento dell’ultimo paziente, come periodo di osservazione. Ifarmaci oggetto di studio verranno assunti secondo la nor-male pratica clinica e l’autorizzazione per l’immissione incommercio dei farmaci. L’assunzione avviene per via orale. Èprevisto nella scheda tecnica dei farmaci un monitoraggiodella pressione arteriosa durante il trattamento. I pazienti ef-fettueranno una visita basale prima dell’inizio del trattamento(precedente alla prima prescrizione di farmaco) e una suc-cessiva visita ogni mese durante l’assunzione del trattamentoper 6 mesi totali al massimo. Al momento della visita basalesaranno raccolti i seguenti dati: anamnesi generale (con par-ticolare riferimento a sesso, età, storia nota di ipertensione ar-teriosa o di altra cardiopatia, fumo, altre comorbilità); anam-nesi farmacologica (con particolare riferimento a terapieantipertensive o cardiovascolari attuali o pregresse); esameobiettivo (con particolare riferimento a valutazione del pesoe dell’altezza e calcolo del BMI, misurazione della pressionearteriosa, esame cardiovascolare). Al momento delle visitemensili durante trattamento saranno raccolti i seguenti dati:anamnesi generale (con particolare riferimento a sviluppo diipertensione arteriosa, eventi cardiovascolari); anamnesi far-macologica (con particolare riferimento a assunzione del far-maco antitumorale, eventuali modifiche della terapia farma-cologica antipertensiva e non); esame obiettivo (conparticolare riferimento a valutazione del peso e dell’altezza ecalcolo del BMI, misurazione della pressione arteriosa, esamecardiovascolare). I dati saranno registrati in CRF cartacee chesaranno inviate in copia al Centro Coordinatore che conser-verà i dati presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana per almeno sette anni. Gli originali sarannoconservati presso i vari Centri Arruolatori secondo le procedureinterne di ogni centro. Il Centro Coordinatore (U.O. Oncolo-gica Medica 1 – Polo Oncologico – Azienda Ospedaliero-Uni-versitaria Pisana) sarà responsabile di:• Revisione del protocollo• Centralizzazione dei dati• Controllo della qualità dei dati trasmessi

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| Protocolli di ricerca | I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

CASCO — Autunno 20148

• Emissione di moduli di richiesta di chiarimento di dati• Generazione dei report dello studio• Effettuazione di analisi statistiche.

La proprietà dei dati e la pubblicazione dei risultati sarannocondivise tra le strutture partecipanti allo studio. Sarannomesse in atto tutte le procedure necessarie per garantire laconfidenzialità delle informazioni raccolte; in particolare nonverrà fatto riferimento al nome e cognome dei pazienti masolo a un codice costituito da un numero progressivo: il nu-mero paziente (XXX) seguito dal numero di centro (ZZZ).

Valutazioni statistiche e dimensioni del campioneLo studio prevede la partecipazione di vari centri sul ter-

ritorio nazionale. L’incidenza del carcinoma renale e del-l’epatocarcinoma in Italia è di circa 24.000 nuovi casi all’anno;di questi circa il 20% (quindi circa 5000 casi) è in stadio avan-zato non suscettibile di trattamenti loco-regionali. La maggiorparte di questi pazienti riceve un trattamento con sunitinib,sorafenib o pazopanib. Considerando un’incidenza media diipertensione arteriosa in pazienti in trattamento con sunitinib,pazopanib o sorafenib di circa il 30%, si prevede un arruola-mento di circa 200 pazienti nello studio per poter osservare50-60 eventi (casi di sviluppo di ipertensione arteriosa) nei 6mesi di periodo di osservazione per ogni paziente dall’iniziodel trattamento. Per la valutazione dell’incidenza dell’iper-tensione nel periodo di studio verranno condotte analisi sta-tistiche di tipo descrittivo. Si prevede che lo studio abbia unadurata complessiva di circa un anno: 6 mesi per l’arruola-mento dei pazienti e 6 mesi aggiuntivi, dalla data di inseri-mento dell’ultimo paziente, come periodo di osservazione. Ladurata mediana prevista del trattamento è di circa 8-10 mesiper i pazienti con carcinoma renale e di circa 5-6 mesi per ipazienti con epatocarcinoma. In caso di interruzione precocedel trattamento, saranno considerati valutabili ai fini dello stu-dio solo i pazienti che abbiamo ricevuto almeno 2 mesi ditrattamento con VEGFR TKI e di relativa osservazione. •

Quale è l’impatto delle terapie targeted nello sviluppo di mucosite? Un protocollobasato sulla patient-reported outcome (PRO)P. Bossi1, G. Antonacci2, E. Togliardi3, G. Saibene3

1. SS Oncologia Medica dei tumori testa-collo 2. Infermiera di ricerca3. Farmacia Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano. [email protected]

IntroduzioneLa mucosite da “targeted therapy” (TT) in oncologia ha

una patogenesi e una presentazione clinica diverse da quelleindotte da terapie citotossiche convenzionali.

La familiarità dei medici nel riferire segni e sintomi diquesto tipo di mucosite potrebbe essere limitata e le scale divalutazione inadeguate.

Ciò spiega quanto sia indispensabile una valutazione piùaccurata che comprenda non solo i sintomi, ovvero il doloree l’impossibilità di alimentarsi, ma anche la capacità di co-municare e lo stato di salute generale del paziente.

Il crescente utilizzo delle TT ha inevitabilmente portato al-l’aumento dell’impatto che tale fenomeno ha sulla qualità divita dei pazienti.

I farmaci inibitori del pathway mTOR quali everolimus etemsirolimus inducono mucosite con un range di incidenzache in letteratura è stato riportato tra il 41% e il 64%, men-tre la diarrea è presente nel 30% dei casi trattati con evero-limus e 20% con temsirolimus. Per gli inibitori della tirosin-chi-nasi “multi-targeted” quali il sorafenib e sunitinib, lapercentuale di mucosite di tutti i gradi riportata in letteraturaè tra il 20% e il 45%.

La mucosite al cavo orale da TT è differente da quella svi-luppatasi in seguito a terapia citotossica. La chemioterapiastandard e la chemioterapia ad alte dosi mieloablativa indu-cono una mucosite caratterizzata da infiammazione, dolore,eritema e ulcerazioni che raggiungono il loro grado più altonei pazienti sottoposti a radioterapia concomitante a che-mioterapia nel distretto testa-collo.

Le TT, in particolare da inibitori mTOR, determinano una mu-cosite differente, con lesioni aftose descritte come ulcere ovaliche hanno un’area centrale grigia circondata da una fascia eri-tematosa, generalmente accompagnate da rash cutaneo.

La maggior parte degli eventi avversi da TT a carico deltratto mucoso (sia mucosite al cavo orale, sia diarrea) non rag-giunge i gradi più alti di tossicità, rimanendo per lo più con-finata a grado 1 e 2. Da qui ne consegue che anche la misu-razione di tali eventi avversi possa essere spesso sottostimata,poiché il medico è abituato a riportare le tossicità di grado piùelevato.

Inoltre la caratterizzazione della mucosite, specie da TT,comprende una importante componente soggettiva, legataall’impatto sui sintomi che tale tossicità genera; inoltre ènoto come le tossicità riportate solo dal medico tendano asottostimare la reale entità del problema.

Vi è poi un’altra problematica, legata alla durata delle tos-sicità stesse: con le TT si assiste sempre più a terapie a lungotermine, che vengono proseguite per diversi mesi se non anni.

In questo senso è spesso difficile stabilire se vi sia un im-patto sulla qualità di vita più importante dall’intensità del sin-tomo o dal tempo per cui questo perdura.

Identificare il reale impatto delle TT sullo sviluppo dellamucosite e dei sintomi percepiti in uno studio prospettico èun campo della ricerca in oncologia non ancora percorso.

Per questo motivo è in fase di approvazione in più di 15Centri italiani uno studio prospettico che mira a valutarel’impatto delle TT sullo sviluppo di mucosite del cavo orale edi diarrea. Tale studio è aperto alla eventuale partecipazionedi altri centri che trattano pazienti oncologici.

La popolazione a cui verrà offerta tale valutazione è rap-presentata dai pazienti che iniziano terapie mirate per via orale

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CASCO — Autunno 2014 9

| Protocolli di ricerca | I protocolli di ricerca supportati dal NICSO nel 2014

in singola modalità suddivisi nelle diverse coorti:– Inibitori di mTOR (everolimus, ridaforolimus).– Inibitori tirosin-kinasici ad azione sul pathway Erb-B (ge-

fitinib, erlotinib, afatinib, dacomitinib, lapatinib).– Inibitori tirosin-kinasici ad azione su pathways multipli (axi-

tinib, sunitinib, sorafenib, pazopanib, vandetanib, cabo-zantinib).L’obiettivo principale è valutare la mucosite (intesa come

stomatite e diarrea) riferita dal paziente e rilevata dal medicodurante il trattamento con TT in termini di durata e severitàdei sintomi.

Obiettivi secondari:a. Valutare la presenza, la durata e l’intensità di mucosite e

diarrea riferita dal paziente e valutata dall’osservatorenelle diverse classi di farmaci considerate.

b. Confrontare il risultato riportato dal paziente con la va-lutazione del medico.

c. Identificare la percentuale dei pazienti che interromponola terapia antitumorale a causa della mucosite e/o diarrea.

d. Valutare le formulazioni topiche utilizzate per la gestionedella mucosite orale da TT.I questionari impiegati saranno:

– OMWQ-HN (Oral Mucositis Weekly Questionnaire-Headand Neck), costituito da 12 quesiti che descrivono setti-manalmente la salute complessiva del paziente, la QOL

(quality of life) e le capacità funzionali, integrato da duedomande specifiche sulla diarrea;

– MDASI-HN (Medical Anderson Symptom Inventory-Headand Neck) descrive i sintomi più importanti che interferi-scono con le attività quotidiane e la difficoltà nell’eseguiredeterminati compiti.Inoltre ogni paziente sarà valutato dal medico con scale

specifiche, quali la WHO, e mIAS (mTOR inhibitor-associatedstomatitis).

La scala WHO rappresenta lo strumento di valutazione piùsemplice e largamente utilizzato negli studi clinici e nellanormale pratica clinica, ma potrebbe non essere appropriatoper la valutazione delle mucosite da TT per la carenza di in-formazioni quali il dolore e la persistenza dei sintomi.

Dai risultati che emergeranno sarà possibile identificarel’impatto della mucosite orale e della diarrea nei trattamenticon terapie a bersaglio molecolare, stimando la differentepercezione dei sintomi da parte del paziente rispetto alla va-lutazione del clinico. Lo studio prospettico sarà la base per po-tere delineare uno scenario verosimile dei possibili effettidella terapia sulla mucosa orale e gastrointestinale e le suemanifestazioni cliniche. Rappresenterà quindi un’occasioneper valutare i sintomi che impattano sulla qualità di vita deipazienti e comprendere quali strategie adottare o imple-mentare in futuro. •

Grado 0 Grado 1 Grado 2 Grado 3 Grado 4

Scala WHO Nessun sintomo Eritema, Eritema e ulcere. Eritema, necessita Alimentazionelieve fastidio Cibi solidi tollerati dieta liquida per os impossibile

Scala mIAS Nessun dolore Dolore orofaringeo Dolore orofaringeo Dolore orofaringeo(criteri di orofaringeo (nelle ultime 24 ore) (nelle ultime 24 ore) (nelle ultime 24 ore)classificazione pari a ≤2 pari a ≤5 pari a ≥6soggettivi) su scala 0-10 su scala 0-10 su scala 0-10

Scala mIAS Nessuna stomatite Eritema orale Visibili ulcerazioni Visibili ulcerazioni(criteri di visibile (non eritema e/o faringeo orali e/o faringee orali e/o faringee,classificazione e non ulcerazione ma senza della durata con almenooggettivi) nella zona ulcerazione <7 giorni un’ulcerazione

orofaringea) che persisteper ≥7 giorni

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Q uest’anno sono stati sottoposti all’ASCO 165 abstract; al-cuni di questi sono potenzialmente practice changing e

saranno discussi per primi data la rilevanza del messaggio inessi contenuto. Ovviamente sarà necessario attendere la pub-blicazione per esteso del lavoro in una rivista peer reviewedprima di modificare la nostra pratica clinica.

Prevenzione della perdita di fertilità indotta da chemioterapiaMenopausa precoce e perdita di fertilità possono essere

effetti collaterali devastanti in giovani donne con carcinomada sottoporre a chemioterapia. Per prevenire questi effetticollaterali è stato utilizzato il goserelin, un farmaco LH-RHagonista, in grado di determinare una castrazione chimicache in teoria potrebbe prevenire il danno indotto dalla che-mioterapia sull’ovaie. Il goserelin è stato somministrato per4 dosi ogni mese a partire da sette giorni prima dell’iniziodella chemioterapia in donne con carcinoma della mam-mella in premenopausa con recettori ormonali negativi1.

L’endpoint primario dello studio era l’insufficienza ovaricaprecoce caratterizzata da amenorrea da almeno 6 mesi e livellipostmenopausali di FSH. Questa è stata osservata nel 22%(15/69) delle donne sottoposte a sola chemioterapia e nell’8%(5/66) di quelle trattate con chemioterapia più goserelin.

Ma il risultato più interessante e finora mai descritto èstato l’impatto del goserelin sulla fertilità della donna, che eraun endpoint secondario dello studio. Circa lo stesso numerodi pazienti in ambedue i bracci di trattamento aspiravano adavere una gravidanza. In questo studio la gravidanza si rag-giungeva nel 21% delle pazienti sottoposte a chemioterapiapiù goserelin rispetto all’11% di quelle che facevano solo che-mioterapia.

Lo studio evidenziava altresì un possibile beneficio del go-serelin: dopo circa 4 anni dal trattamento la sopravvivenzasenza progressione di malattia − PFS (89% versus 78%) e lasopravvivenza globale (92% versus 82%) erano superiorinelle pazienti sottoposte a goserelin. Ovviamente non es-sendo lo studio pianificato per osservare differenze indottedal goserelin in termini di PFS e di OS, tali risultati dovrannoessere confermati da altri studi.

Prevenzione degli eventi scheletrici in pazienti con metastasi ossee di carcinoma della mammellaUn altro studio molto interessante è stato eseguito in 403

donne affette da metastasi ossee di carcinoma della mam-mella che sono state randomizzate, dopo avere ricevuto te-rapia con acido zoledronico o pamidronato somministratiogni mese per almeno 9 mesi, a ricevere acido zoledronicoogni 4 settimane (terapia standard) versus ogni 12 setti-mane per via endovenosa2. Questo era uno studio di non in-feriorità. Ad un follow-up mediano di 11,9 mesi gli eventischeletrici (ipercalcemia, fratture ossee vertebrali e non ver-tebrali, radioterapia su lesioni ossee o chirurgia per lesioni os-see) erano osservati nella stessa percentuale di pazienti (22%versus 23,2%) così come non significativamente differenteera il tempo al primo evento scheletrico. Gli effetti collateralidei due trattamenti erano simili ma meno insufficienza renale(7,9% versus 9,6%) e meno osteonecrosi della mandibola (0versus 2) erano osservate nelle pazienti sottoposte ad acidozoledronico ogni 12 settimane.

Terapia antiemeticaAltri lavori presentati all’ASCO 2014 riguardano i farmaci

antiemetici, in particolare, inerenti il ruolo degli NK1 anta-

Fausto RoilaSonia Fatigoni Struttura Complessa di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera“S. Maria”, Terni

Dai Congressi

Le novità dell’ASCO 2014

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gonisti in associazione ai 5-HT3 antagonisti e al desameta-sone nella prevenzione del vomito acuto da farmaci antitu-morali altamente o moderatamente emetogeni e al desa-metasone nella prevenzione del vomito ritardato dacisplatino.

Il NEPA, una combinazione di netupitant 300mg + palo-nosetron 0,5 mg in unica compressa, è stato dimostrato su-periore rispetto al palonosetron da solo, quando ambedue itrattamenti sono associati al desametasone, nella prevenzionedell’emesi acuta e ritardata in pazienti per lo più donne(98%) sottoposte al primo ciclo di chemioterapia moderata-mente emetogena. In uno studio nella stessa popolazione dipazienti è stata valutata l’efficacia e la tossicità dei due trat-tamenti antiemetici quando somministrati per più cicli dichemioterapia consecutivi3. L’endpoint principale era la per-centuale di risposte complete (non vomito né terapia di sal-vataggio) dal giorno 1 al giorno 5 dopo la chemioterapia. De-gli originari 1455 pazienti 1286 hanno partecipato a questostudio. Il 76% delle pazienti ha eseguito 4 cicli di chemiote-rapia. Il numero delle pazienti arruolate si riduceva di ciclo inciclo passando da 724 a 551 con NEPA e da 725 a 560 conpalonosetron. La percentuale di risposta completa era man-tenuta nel corso dei cicli ed era sempre significativamente su-periore con NEPA rispetto al palonosetron (ciclo 1: 74,3% ver-sus 66,6%; ciclo 2: 80,3% versus 66,7%, ciclo 3: 83,8%versus 70,6% e ciclo 4: 83,8% versus 74,6%). Gli effetti col-laterali non erano significativamente diversi tra i due tratta-menti. È molto importante verificare se un nuovo tratta-mento mantiene la sua efficacia e non aumenta la tossicitànel corso dei cicli successivi di chemioterapia. Purtroppo que-sto studio ha semplicemente riportato quanto osservato neivari cicli con i due trattamenti antiemetici. Il tutto senza mi-nimamente verificare l’eventuale bias di selezione da un cicloall’altro nei due gruppi di pazienti, cosa che generalmente av-viene e che potrebbe spiegare l’aumento osservato nellapercentuale di risposte da un ciclo di chemioterapia al suc-cessivo (un aumento complessivo di risposte complete in 4 ci-cli di circa l’8-9%).

Un altro studio ha valutato in 555 pazienti sottoposti a ci-splatino a dosi ≥ 60 mg/m2, il ruolo del rolapitant, un altroNK1 antagonista utilizzato a dosi di 200 mg os, associato algranisetron e a desametasone rispetto al granisetron e de-sametasone da solo4. Il granisetron era utilizzato a dosi di 10 μg/kg ev nel primo giorno mentre desametasone erasomministrato a dosi di 20 mg os il giorno 1 e 8 mg os duevolte die nei giorni 2-4. L’endpoint primario era la percentualedi risposte completa dal giorno 2 al giorno 5 (prevenzione del-l’emesi ritardata). I pazienti che ricevevano anche il rolapitantpresentavano una risposta completa durante i giorni 2-5 si-gnificativamente superiore rispetto a chi non era sottopostoa rolapitant (70,1% versus 61,9%). Le risposte completeerano superiori ma non statisticamente significative anche nelgiorno 1 (83,4% versus 79,5%) e nei giorni 1-5 (67,5% ver-sus 60,4%). Infine i pazienti trattati con rolapitant presenta-vano significativamente meno nausea nella fase ritardata(58,3% versus 46,9%) e nei giorni 1-5 (55,0% versus 44,0%).Gli effetti collaterali erano simili tra i due trattamenti.

Un altro studio ha valutato il ruolo del rolapitant, sem-pre alla dose di 200 mg os in unica somministrazione primadella chemioterapia al giorno 1, in 1332 pazienti sottopostia chemioterapia moderatamente emetogena (l’80% circaerano donne, oltre il 50% delle quali sottoposte a AC o ECper cancro della mammella)5. Il desametasone era sommi-nistrato a 20 mg os il giorno 1 e il granisetron a 2 mg os neigiorni 1-3. La risposta completa nei giorni 2-5, che era l’en-dpoint primario dello studio, era significativamente superiorecon rolapitant (71,3 versus 61,6) così come la risposta com-pleta nei giorni 1-5 (68,6% versus 57,8). Superiore ma nonstatisticamente significativa era la risposta completa al giorno1 (83,5% versus 80,3%). La frequenza di nausea non era si-gnificativamente diversa tra i due trattamenti così come glieventi avversi tra i due trattamenti.

Purtroppo i due studi (sul cisplatino ve ne è anche un al-tro con risultati non pubblicati) non erano in doppio ciecoe, come è noto, l’assenza di cecità influenza fortemente lavalutazione dell’impatto del trattamento sulla nausea. Inogni caso se si analizzano i risultati degli studi che hannoportato alla registrazione dell’aprepitant o del fosaprepitant,e quelli che porteranno probabilmente alla registrazione delnetupitant e del rolapitant, si osserva che i tre NK1 antago-nisti aumentano la risposta completa generalmente in nonpiù del 10% dei pazienti trattati rispetto al braccio di con-trollo. Pertanto in assenza di studi doppio cieco controllaticomparativi tra i 3 NK1 antagonisti si può concludere che ilnetupitant ed il rolapitant sono farmaci me-too dell’aprepi-tant (o fosaprepitant) e pertanto la scelta tra i 3 farmaciquando disponibili nel mercato dovrà essere fatta in base alcosto per ogni trattamento.

Un altro studio randomizzato, doppio cieco controllato,ha valutato il ruolo dell’aprepitant rispetto alla metoclopra-mide, ambedue associati al desametasone nella preven-zione dell’emesi ritardata da cisplatino6. Sono stati arruolati288 pazienti che ricevevano la stessa profilassi per il vomitoacuto (aprepitant 125 mg os, desametasone 12 mg ev e pa-lonosetron 0,25 mg ev). A partire da 24 ore dopo la som-ministrazione della chemioterapia, i pazienti erano rando-mizzati a ricevere metoclopramide 20 mg os 4 volte die +desametasone 8 mg os 2 volte die nei giorni 2-4 o aprepi-tant 80 mg os nei giorni 2-3 + desametasone 8 mg os dienei giorni 2-4. È corretto ricordare la recente nota EMA − re-cepita da AIFA − che limita l’utilizzo di metoclopramide alladose massima di 30 mg/die per una settimana per i possi-bili effetti indesiderati di tipo neurologico (sindrome extra pi-ramidale). Lo studio è stato pianificato come uno studio disuperiorità e voleva dimostrare che l’aprepitant inducesse al-meno un 12% in più di risposte complete dal vomito ritar-dato. La risposta completa (no vomito né terapia di salva-taggio) era simile nelle prime 24 ore quando i pazientiricevevano la stessa terapia antiemetica. Nei giorni 2-5 la ri-sposta completa era altresì non significativamente diversa(80,3% con aprepitant + desametasone versus 82,5% conmetoclopramide + desametasone). Anche gli altri endpointsecondari (no vomito, no nausea, ecc.) erano non significa-tivamente differenti nei due bracci di trattamento così come

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gli eventi avversi. In conclusione l’aprepitant non è superiorealla metoclopramide nella profilassi dell’emesi ritardata da ci-splatino ma ottiene simile efficacia e tossicità della metoco-pramide costando 7 volte di più. Questo però in Italia, non sipuò tradurre in un risparmio effettivo dal momento che l’apre-pitant è disponibile nella sola confezione tripack (1 compressada 125 + 2 da 80 mg), e, per il controllo corretto dell’emesiacuta, si deve utilizzare una triplice terapia contenente apre-pitant, desametasone e un 5HT3 antagonista.

CardiotossicitàBen tre studi sulla tossicità cardiovascolare della terapia

antitumorale sono stati presentati oralmente nella sessionesulle terapie di supporto/palliative.

Il primo è uno studio retrospettivo che ha valutato il ri-schio a lungo termine di insufficienza cardiaca in pazienti concarcinoma della mammella sottoposte ad antracicline e tra-stuzumab o sole antracicline7. In totale sono state valutate19.074 pazienti di cui 3371 (17,7%) hanno ricevuto anchetrastuzumab. L’84,9% delle pazienti usavano antracicline. Idue gruppi non differivano in base alle caratteristiche dellepazienti e ai fattori di rischio cardiaco. Dopo un follow up me-diano di 5,9 anni le pazienti trattate con trastuzumab e che-mioterapia sviluppavano più frequentemente insufficienzacardiaca rispetto a quelle trattate solo con sola chemiotera-pia (5,3% versus 2,6%). Dopo aggiustamento per i vari fat-tori prognostici il trastuzumab associato alla chemioterapia ri-maneva un fattore indipendente di scompenso cardiaco neiprimi 1,5 anni dopo la somministrazione ma non dopo. Que-sto dato è tranquillizzante perché dimostra che la cardiotos-sicità del trastuzumab a lungo termine, anche in un am-biente non selezionato come quello della pratica clinica, è difatto trascurabile.

Il secondo studio, anche questo retrospettivo, ha valutatose il rischio cardiovascolare in pazienti con morbo di Hodgkinpersiste anche dopo 35 anni dalla diagnosi e dal tratta-mento8. Uno studio di coorte ha valutato 2528 pazienti;1449 patologie cardiovascolari erano osservate in 752 diquesti pazienti dopo 21 anni di follow up mediano. In seguito

alla radioterapia mediastinica l’incidenza cumulativa di pato-logie cardiovascolari dopo 35 anni era del 46,3% dei pazientirispetto al 18,6% di chi non l’aveva ricevuta. Il più frequenteevento cardiaco era un fatto ischemico nel 49% dei pazienti,seguito da una patologia valvolare nel 40%. Multipli episodidi patologie cardiovascolari erano evidenziati nel 40% dei pa-zienti. Il rischio era aumentato nei pazienti sottoposti a ra-dioterapia e ad antracicline. Quindi bisogna essere partico-larmente attenti a monitore a lungo termine dal punto di vistacardiologico questi pazienti.

Il terzo studio ha monitorato con ecocardiogramma pa-zienti adulti (> 25 anni) che erano stati trattati in età pedia-trica con radioterapia sul mediastino e chemioterapia e nonavevano ricevuto uno screening cardiologico negli ultimi 5anni9. Sono stati valutati 472 pazienti randomizzati a ricevereuna terapia standard (234 pazienti) che era caratterizzata dal-l’esame del trattamento oncologico ricevuto e da racco-mandazioni di tipo cardiologico, o una terapia standard + 2telefonate di infermiere esperte nel suggerire comportamentiadeguati (238 pazienti). L’endpoint primario era l’esecuzionedi un esame ecocardiografico entro un anno dall’inizio dellostudio. Le caratterisctiche dei due gruppi di pazienti erano si-mili. Dopo un anno uno screening ecocardiografico avvenivanel 52,2% dei pazienti sottoposti alle 2 telefonate di infer-miere esperte rispetto al 22,3% di chi non le aveva ricevute.In una popolazione ad alto rischio di danno cardiaco uncounseling telefonico fa sì che i pazienti si sottopongano dipiù ad una valutazione del rischio di scompenso cardiaco.

Sintomi vaginali in pazienti con neoplasiaDonne in post-menopausa affette da pregressa neopla-

sia ginecologica o della mammella spesso lamentano sintomidi atrofia vaginale e difficoltà a raggiungere un’adeguata sod-disfazione sessuale. Lo studio ha randomizzato 441 donnecon ≥ moderata secchezza vaginale o dolore a ricevere unemolliente vaginale rappresentato da 3,25 o 6,5 mg di dei-droepiandrosterone o placebo (147 pazienti per ogni gruppo)applicato quotidianamente tramite una siringa preriempitaper 12 settimane prima di andare a letto dopo ogni attivitàsessuale. I sintomi miglioravano in tutti e tre i bracci di trat-tamento (-1,4; -1,6; e -1,3 rispettivamente con 3,25; 6,5 eplacebo). La dose di 6,5 rispetto al placebo migliorava signi-ficativamente tutti gli aspetti della funzione sessuale a 12 set-timane eccetto l’orgasmo. La tossicità di grado 2/3 non eradifferente tra i trattamenti anche se i cambi di voce e la ce-falea era superiore in chi riceveva il deidroepiandrosterone.

Vampate di caloreDati preliminari sembrano evidenziare l’efficacia del ma-

gnesio nel controllare le vampate di calore in donne affette dacancro della mammella.

In questo studio randomizzato doppio cieco placebo con-trollato donne con vampate di calore erano randomizzate a ri-cevere ossido di magnesio 800 mg o 1200 mg al giorno o ilrispettivo placebo11. Le vampate di calore erano registrate peruna settimana prima dell’inizio del trattamento. Successiva-mente 289 pazienti erano randomizzate ai 4 bracci di tratta-

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mento; le caratteristiche delle pazienti erano ben distribuite. Lafrequenza di vampate di calore e l’intensità si riducevano contutti i trattamenti senza che vi fossero differenze tra le due dosidi magnesio e rispetto al placebo. Le pazienti che assumevanomagnesio presentavano maggiore incidenza di diarrea.

Prevenzione della sindrome da lisi tumoraleIl rischio di sindrome da lisi tumorale ed i conseguenti

danni renali aumentano di 1,75 e 2,21 volte rispettivamenteper ogni mg/dL di aumento di acido urico; pertanto un mi-glior controllo di questo aumento durante la chemioterapiapotrebbe essere un intervento ottimale per la prevenzionedella sindrome da lisi tumorale. Il febuxostat, un inibitore se-lettivo somministrato per via orale della xantina ossidasi, è su-periore rispetto all’allopurinolo nel diminuire i livelli di acidourico in soggetti con gotta.

Uno studio doppio cieco controllato di confronto fra fe-buxostat e allopurinolo è stato eseguito in pazienti con neo-plasia ematologica a rischio alto od intermedio di sindromeda lisi tumorale. Il trattamento era iniziato due giorni primadella chemioterapia e continuato per 7-9 giorni. Le dosi di al-lopurinolo erano di 200/300/600 mg die, a scelta dell’inve-stigatore, mentre quelle di febuxostat erano di 120 mg die.L’endpoint primario dello studio era la concentrazione diacido urico nei giorni 1-8 e il valore della creatininemia in ba-sale e al giorno 8.

Sono stati valutati 339 pazienti con caratteristiche ben di-stribuite tra i due trattamenti eccetto che più pazienti con lin-fomi e leucemie acute erano trattati con febuxostat e più pa-zienti con leucemia linfatica cronica erano trattati conallopurinolo.

La concentrazione di acido urico era significativamente in-feriore con febuxostat che con allopurinolo. Invece la creati-ninemia non aumentava con i due trattamenti. Infine non vierano differenze in termini di tossicità.

Pertanto in questo studio il febuxostat era superiore al-l’allopurinolo nel ridurre i livelli di acido urico. Rimane da chia-rire non osservando nei due gruppi di pazienti una sindromeda lisi tumorale, se questo endpoint aggiunge vantaggi clinicirispetto all’allopurinolo.

Inizio della terapia di supporto/palliativaStudi clinici controllati supportano l’integrazione delle te-

rapia di supporto/palliativa con i trattamenti antitumorali.Quanto precocemente questo debba avvenire non è stato an-cora definito. Uno studio eseguito in pazienti con carcinomametastatico ha randomizzato a ricevere tali terapie imme-diatamente o dopo tre mesi dalla diagnosi (studio ENABLE)13.Le misure di outcome erano l’impatto sulla qualità di vita esui sintomi a 3 e 6 mesi e sulla sopravvivenza ad 1 anno.

Sono entrati nello studio 104 pazienti che hanno ricevutoimmediatamente la terapia di supporto/palliativa e 103 pa-zienti che l’hanno ricevuta dopo 3 mesi. Il rischio di morte ad

un anno era inferiore per i pazienti riceventi un immediatotrattamento di supporto/palliativo (-28%). La sopravvivenzamediana era rispettivamente 18,3 mesi versus 11,8 mesi.Non vi erano d’altronde differenze a lungo termine né un im-patto differente sui sintomi e sulla qualità di vita. •

Bibliografia1. Moore HCF, et al. Phase III trial (prevention of early menopause

study [POEMS]-SWOG S0230) of LHRH analog duringchemotherapy to reduce ovarian failure in early-stage, hormonereceptor-negative breast cancer: an international intergroup trialof SWOG, IBCSG, ECOG and CALGB (Alliance). J Clin Oncol 2014;32: 6s, abstract LBA505.

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CASCO — Autunno 201414

AFATINIB

IntroduzioneIl carcinoma del polmone è la principale causa di morte

per cancro con 1,2 milioni di morti ogni anno nel mondo. La percentuale di pazienti sopravvissuti a 5 anni dalla

diagnosi è solo moderatamente aumentata negli ultimi ventianni passando dal 10 al 14% nei maschi e dal 12 al 18% nelledonne.

Nei pazienti con malattia avanzata nel 2008 una metana-lisi ha dimostrato che la chemioterapia determina un incre-mento statisticamente significativo della sopravvivenza rispettoalla sola terapia di supporto, ma il beneficio è modesto1.

Un nuovo paradigma di trattamento è basato su specifi-che caratteristiche biologiche e molecolari tra cui l’EGFR (Epi-dermal Growth Factor Receptor).

Un’aberrante attivazione di EGFR è stata osservata inmolte neoplasie e può essere indotta attraverso svariati mec-canismi come l’iperespressione (presente in circa il 40-80%dei NSCLC)2, la mutazione, la dimerizzazione del recettore li-gando-dipendente e l’attivazione indipendente dal ligando,ma gli inibitori di tirosin chinasi hanno mostrato modesta at-tività (10-15%) in una popolazione non selezionata di NSCLC.

Mutazioni somatiche di EGFR sono presenti in circa il 10-15% della popolazione caucasica e nel 30% circa della po-polazione asiatica.

In questa popolazione selezionata, studi randomizzati, tracui gli studi registrativi di prima linea EURTAC e IPASS, hannodimostrato un significativo aumento per gli inibitori di tirosinchinasi reversibili erlotinib e gefitinib rispetto alla chemiote-rapia dei tassi di risposte obiettive (circa 60-70%) e della so-pravvivenza libera da progressione (PFS) con sopravvivenzemediane superiori a 20 mesi3,4.

Impiego clinicoAfatinib è un potente inibitore selettivo e irreversibile

della famiglia Erb, in particolare dei recettori transmembranariad attività tirosin-chinasica EGFR, HER2 e ErbB4 al fine di ini-bire la crescita tumorale e indurre la regressione del tumore5.

Gli studi di fase III LUX-Lung 3 e LUX-Lung 66,7 hanno do-cumentato, in una popolazione affetta da NSCLC in prima li-nea di trattamento selezionata per mutazione di EGFR, unvantaggio statisticamente significativo in termini di PFS etasso di risposte (ORR) di afatinib rispetto alla chemioterapiacon cisplatino e pemetrexed nel primo studio e con cisplatinoe gemcitabina nel secondo.

Nel primo studio il guadagno in PFS era di 11,1 versus 6,9mesi, nel secondo 11 versus 5,6 mesi.

RIASSUNTOLe nuove scoperte di biologia molecolare sulla patoge-

nesi di numerose neoplasie hanno consentito lo sviluppo dinuovi farmaci a bersaglio molecolare.

Tali farmaci hanno fornito all’oncologo nuovi strumentiterapeutici, ma hanno anche aperto un nuovo scenario di tos-sicità determinato dal loro differente meccanismo d’azionerispetto ai farmaci citotossici tradizionali.

Diversamente dai chemioterapici, i farmaci a bersagliomolecolare vengono somministrati per periodi più lunghi,con prolungamenti significativi della sopravvivenza libera daprogressione, pertanto è fondamentale riconoscere e gestireprecocemente le tossicità correlate al trattamento per cer-care di evitare riduzioni di dose o interruzioni definitive delleterapie.

Parole chiave. Terapie target, diarrea, sindrome mano-piede, ipertensione, rash cutaneo, mucosite,sopravvivenza libera da progressione.

SUMMARYToxicity of afatinib, vismodegib, axitinib and cabozantinibRecent advances in molecular biology for the pathogen-

esis of several cancers have allowed the development ofnew targeted therapies. These drugs have provided newtherapeutic options, but they also opened a new scenarioof toxicity determined by their different mechanism of ac-tion compared with conventional cytotoxic drugs. Unlikechemotherapy, targeted therapies are administered forlonger periods, with significant prolongation of progression-free survival. So, it is very important to recognize and man-age the early toxicity related to treatment to avoid dosereduction or definitive interruption of therapy.

Key words. Target therapies, diarrhea, hand-footsyndrome, hypertension, cutaneous rash, mucositis,progression free survival.

Elisa Minenza Carla FonteStruttura Complessa di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera“S. Maria”, Terni

Tossicità di afatinib, vismodegib, axitinib e cabozantinib

Gestione eventi avversi

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15CASCO — Autunno 2014

| Gestione eventi avversi | Tossicità di afatinib, vismodegib, axitinib e cabozantinib

Anche il tasso di risposte nei due studi risultava circa dop-pio per afatinib rispetto alla chemioterapia.

Lo studio LUX-Lung 3 è lo studio registrativo di afatinibper la prima linea di trattamento dei pazienti con NSCLC ma-lattia avanzata selezionati per mutazione di EGFR.

All’ASCO del 2014 è stata presentata una pooled analisicombinata dei due studi8 che includeva 631 dei 709 pazienticomplessivi. Il follow-up mediano per la sopravvivenza glo-bale era di 36,5 mesi. La prima linea con afatinib migliora lasopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia (27,3 versus 24,3 mesi, p=0,037) nei pazienti con NSCLC e muta-zioni attivanti comuni di EGFR.

Tossicità da afatinibAfatinib viene somministrato alla dose di 40 mg al

giorno; raggiunge il picco di concentrazione plasmaticadopo 2-5 ore dalla somministrazione. L’assoluta biodisponi-bilità di afatinib non è nota. Il cibo ha un moderato effettosull’assorbimento di afatinib, per questo motivo i pazientidovrebbero assumere il composto 1 ora prima o due-tre oredopo il pasto. Afatinib inoltre è altamente solubile a PH fi-siologico9, diversamente dagli altri inibitori di tirosin-chinasierlotinib, gefitinib e dacomitinib che mostrano una solubilitàPH dipendente che influenza l’assorbimento e dovrebberoessere assunti con il pasto.

Il raggiungimento dello steady-state per afatinib avvieneentro otto giorni dalla somministrazione e non subisce flut-tuazioni significative con le successive somministrazioni.L’afatinib ha una elevata distribuzione plasmatica10.

Afatinib, diversamente da erlotinib, gefitinib e dacomiti-nib non subisce intenso metabolismo epatico a carico dei ci-tocromi P450 con conseguente minore impatto del fumo disigaretta o degli antiacidi come gli inibitori di pompa proto-nica sulla sua biodisponibilità. Gli inibitori di tirosin chinasihanno una prevalente escrezione fecale che per afatinib si at-testa attorno all’85% circa10; l’eliminazione renale è re-sponsabile solo del 5% circa delle dosi somministrate.

Alterazioni della funzionalità epatica da lievi a moderatenon richiedono sospensioni o aggiustamenti di dose dei far-maci in questione; i dati scientifici sono scarsi per pazienti congrave alterazione della funzionalità epatica per cui è oppor-tuno effettuare un monitoraggio laboratoristico molto strettoin corso di terapia. Non è consigliata la somministrazione inpazienti con grave insufficienza renale (clearance creatinina< 30 ml/min).

Afatinib è un substrato e inibitore della glicoproteina 1 oglicoproteina di permeabilità (P-gp) e della proteina di tra-sporto BRCP (breast cancer resistance protein)11.

Potenti inibitori della P-gp aumentano la biodisponibilitàdi afatinib; alcuni di essi, invece, aumentano la concentra-zione solo se vengono somministrati prima di afatinib, èmolto importante quindi il timing di somministrazione (il ri-tonavir ad esempio può aumentare l’esposizione di afatinibsolo se somministrato un’ora prima dell’inibitore di EGFR,non 6 ore dopo o in concomitanza)11. Gli induttori della P-gp (ad es. rifampicina, carbamazepina, fenitoina e fenobar-bital), invece, riducono la biodisponibilità del farmaco.

È consigliato un incremento di 10 mg del dosaggio di afa-tinib e un decremento di 10 mg se vengono somministraticontemporaneamente un induttore o inibitore della P-gp11.

Gli effetti collaterali degli inibitori di tirosin chinasi equindi di afatinib sono correlati all’inibizione di EGFR anchesu tessuti sani, in particolare sulla cute e sul tratto gastroin-testinale. La più comune tossicità riguarda infatti rash cuta-nei simil-acneiformi e la diarrea. Meno frequenti stomatiti,paronichia, secchezza cutanea, cheiliti, congiuntiviti e sec-chezza oculare. Le polmoniti interstiziali riguardano circal’1,1-1,5% dei pazienti12-14.

Studi retrospettivi suggeriscono che la severità del rashcutaneo e della diarrea (per quanto riguarda afatinib ed er-lotinib) correla con l’esposizione9.

Tossicità cutanea e unguealeLa tossicità cutanea e ungueale di afatinib si manifesta

principalmente con rash, acne, dermatiti acneiformi, sec-chezza cutanea e paronichia13,14.

Nello studio registrativo LUX-Lung III5 tra i 229 pazientitrattati con afatinib la tossicità cutanea ha riguardato granparte dei pazienti sottoposti a trattamento con inibitore ir-reversibile di EGFR, l’89,1% dei pazienti ha presentatorash/acne di ogni grado, il 56,8% paronichia, il 29,3% sec-chezza cutanea e il 18,8% prurito.

Anche nello studio randomizzato di fase III di confrontotra afatinib e chemioterapia con cisplatino e gemcitabina7 si-mili sono le percentuali per quanto riguarda la tossicità cu-tanea.

Il 49% (112) dei pazienti nello studio LUX-Lung 3 ed il36% nello studio LUX-Lung 6 presentavano invece eventi av-versi di G3; la tossicità cutanea e ungueale comunque risul-tava ben gestibile con rare e brevi interruzioni di dose o ri-duzione di dose del farmaco anche per quanto riguarda letossicità di G3 (rash acneiforme nel 15% dei casi circa(rash/acne nel 16,2%, paronichia nell’11,4%, secchezza cu-tanea nello 0,4% e prurito nello 0,4%).

In particolare i risultati dell’analisi farmacocinetica ha di-mostrato che soggettive modifiche nel dosaggio di afatinibbasate sulla tolleranza individuale ottimizzavano la sua espo-sizione e mantenevano efficaci livelli plasmatici.

La paronichia ha comportato un’interruzione della som-ministrazione del farmaco nello 0,9% dei pazienti.

Nello studio LUX-Lung 6 il rash/acne risultava l’effetto col-laterale più frequente di G3 nel gruppo di afatinib (in 35(14,6%) pazienti dei 239 complessivi).

Nello studio di fase I/II LUX-Lung 415 in cui afatinib venivasomministrato alla dose di 50 mg (anche se il 69,4% ha ri-chiesto una prima riduzione di dose a 40 mg e il 35,5% unaulteriore riduzione a 30 mg) il 91,9% dei pazienti (57 dei 62complessivi) ha presentato rash/acne di tutti i gradi, G3 nel24% (17 pazienti) circa dei pazienti. Quattro pazienti nellostudio (tre con rash/acne e un paziente con paronichia)hanno avuto una progressione di malattia subito dopo la so-spensione di afatinib per la tossicità, ma meno del 10% deipazienti ricorreva alla somministrazione di terapia antibioticaorale per il rash.

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CASCO — Autunno 201416

Tossicità similari nello studio LUX-Lung II16 in cui l’afati-nib veniva somministrato nella popolazione costituita per ol-tre l’80% da popolazione asiatica alla dose di 50 mg.

Per far fronte a tale tossicità vengono raccomandate al-cune norme igieniche in profilassi: un’adeguata igiene per-sonale (utilizzando saponi a PH neutro, acqua tiepida, fare at-tenzione ad abrasioni o tagli mentre si fa la barba, attentacurettage ungueale, ecc.), utilizzare adeguata protezioneprima dell’esposizione al sole (massima protezione evitandoorari di esposizione più intensa e adeguato abbigliamentoper l’esposizione), utilizzare trattamenti idratanti (accarez-zando uniformemente la cute almeno una volta al giorno perprevenire la secchezza evitando creme grasse o medica-menti topici dell’acne); per la prevenzione della paronichia siconsiglia di lavare accuratamente e spesso le mani, utilizzarepetrolato attorno alle unghie per il suo potere lubrificante eprotettivo, evitare inoltre attriti o pressioni sulle unghie.

Importanti raccomandazioni variano inoltre in base algrado di tossicità.

La frequenza e la severità degli effetti collaterali e la di-scontinuazione del trattamento sembrano risultare maggioriper l’afatinib rispetto a gefitinib ed erlotinib negli studi di faseIII che ne hanno decretato lo standard di somministrazionein prima linea nei pazienti con mutazione di EGFR.

Per quanto riguarda il grado di tossicità cutanea: il G1 olieve (eruzioni maculari o papulari o eritema senza altra sin-tomatologia associata) prevede l’utilizzo di steroidi per via to-pica e dovrebbe essere considerato anche l’utilizzo di cremetopiche antibiotiche (clindamicina, eritromicina, metronida-zolo); il G2 o moderato (eruzioni maculari o papulari con pru-rito o altra sintomatologia associata, desquamazioni localiz-zate o altre lesioni che coprono meno del 50% dell’interasuperficie corporea) prevede l’utilizzo di trattamenti topici abase di steroidi, antibiotici per via orale (anche per 6 setti-mane, come doxiciclina, minociclina, ecc.); il G3 o 4, severo,(eritrodermia severa, generalizzata, maculare, papulare ovescicolare; desquamazione che interessa oltre il 50% dellasuperficie corporea, con associata sintomatologia, con do-lore, ulcerazione o desquamazione; nel G4 dermatite esfo-liativa, ulcerativa, bollosa) prevede la somministrazione ditrattamenti topici o sistemici come per il G2, se ci sono in-fezioni sospette culture batteriche o switch eventuali di an-tibiotici.

Nei pazienti che sviluppano una tossicità di G2-3-4 è op-portuna una valutazione specialistica dermatologica.

DiarreaInsieme alla tossicità cutanea è l’effetto collaterale più

frequente dopo trattamento con afatinib. La diarrea generalmente compare entro due settimane

dall’inizio della somministrazione9,12,14, di solito si presentadi grado lieve o moderato ma una riduzione del dosaggiodel farmaco o l’interruzione precoce del trattamento èmolto importante per evitare la disidratazione e ciò che neconsegue.

I pazienti che iniziano la somministrazione di afatinib,oltre ad essere messi al corrente di tale evento avverso do-

vrebbero ricevere loperamide per eventuale uso precoce incaso di necessità e consigliati nelle norme di comporta-mento da tenere (alimentazione, utilizzo di presidi farmaco-logici, adeguata idratazione, ecc.).

Per quanto concerne i gradi di tossicità, il grado lieve oG1 corrisponde ad un incremento delle evacuazioni giorna-liere (comunque al di sotto delle 4 evacuazioni giornaliere)o al lieve incremento delle stomie in uscita rispetto alla nor-malità. In tal caso non è necessaria un’interruzione del far-maco o una riduzione di dose ma vengono consigliatisintomatici come la loperamide e adeguata idratazione.

Il numero delle evacuazioni sale da 4 a 6 nel G2 ed èmoderato l’incremento delle stomie in uscita; in questo casose il G2 persiste per più di 48 h è opportuna un’interruzionedel farmaco fino a tornare almeno al G1.

Il G3 è caratterizzato da oltre sette evacuazioni giorna-liere e notevole incremento delle stomie in uscita, può ri-chiedere l’ospedalizzazione e la somministrazione dei fluidiin modalità endovena; in questo caso il trattamento va in-terrotto fino al ripristinarsi del G1 ma quando si riprende iltrattamento va ridotta la dose.

Nel G4 ci sono conseguenze con pericolo di vita per ilpaziente e in questo caso la gestione è la stessa del G3.

Nello studio registrativo LUX-Lung III6 la diarrea di ognigrado veniva registrata nel 95,2% dei pazienti (14,5% diG3). Nell’1,3% dei casi il trattamento con afatinib è statodefinitivamente interrotto a causa della diarrea.

Nello studio LUX-Lung 67 la diarrea di G3 ha riguardatoil 5,4% (13 dei 239 pazienti in trattamento nello studio).

Nello studio LUX-Lung 415 afatinib alla dose di 50 mg hacausato diarrea in tutti e 62 pazienti dello studio. Il 90% deipazienti doveva ricorrere alla somministrazione di loperamidee il 37% dei pazienti presentava una diarrea di G3. La diar-rea è stato l’effetto collaterale che ha causato più frequen-temente una sospensione del trattamento, due pazienti lohanno interrotto definitivamente a causa della diarrea; per-centuali simili nella popolazione asiatica del LUX-Lung 216.

VISMODEGIB

IntroduzioneIl carcinoma basocellulare è la forma più comune di neo-

plasia cutanea. Negli Stati Uniti vengono diagnosticati 2,8 mi-lioni di nuovi casi ogni anno. Questi carcinomi sono indottidalla proliferazione delle cellule basali localizzate nello stratopiù profondo dell’epidermide. Il principale fattore di rischioè l’esposizione al sole. Il carcinoma basocellulare colpisce piùfrequentemente il sesso maschile ed è una neoplasia tipicadell’età avanzata anche se si stima che il numero di donnecon età inferiore a 40 anni in cui venga diagnosticato un car-cinoma basocellulare è più che raddoppiato negli ultimi 35anni17.

La chirurgia è il trattamento di elezione con una percen-tuale vicina al 100% di pazienti vivi a 10 anni ma dopo 3 annicirca dall’intervento chirurgico il 65-85% dei carcinomi ba-socellulari tende a recidivare18.

| Gestione eventi avversi | Tossicità di afatinib, vismodegib, axitinib e cabozantinib

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| Gestione eventi avversi | Tossicità di afatinib, vismodegib, axitinib e cabozantinib

17CASCO — Autunno 2014

Nei rari casi in cui la malattia si presenta o recidiva in modosistemico o localmente avanzato tale da escludere un ap-proccio chirurgico e/o radioterapico e/o trattamenti locali adintento radicale deve essere intrapresa una terapia sistemica.

Impiego clinicoVismodegib è indicato nelle forme di carcinoma basocel-

lulare localmente avanzato o metastatico sintomatico. Vismodegib è una piccola molecola che inibisce il payh-

way Hedgehog. Le proteine di segnale Hedgehog sono pro-teine coinvolte nei processi di crescita e differenziazione tes-sutale durante lo sviluppo embrionale. Nell’adulto, le proteinedi segnale Hedgehog hanno un ruolo secondario, ma alcunemutazioni possono riattivare tali proteine che risulterebberocoinvolte nello sviluppo di alcune forme tumorali. In circa il90% dei basaliomi sono state individuate mutazioni a caricodel segnale Hedgehog.

Una proteina transmembranaria chiamata Smoothened(SMO) porta all’attivazione e alla localizzazione nucleare deifattori di trascrizione dell’Oncogene Associato al Glioma (GLI)e l’induzione dei geni bersaglio di Hedgehog che hanno unruolo centrale nella proliferazione, sopravvivenza e differen-ziazione. Vismodegib si lega e inibisce la proteina SMO bloc-cando la trasduzione del segnale Hedgehog19,20.

Lo studio registrativo ERIVANCE BCC è uno studio multi-centrico, internazionale, a braccio singolo, in aperto, a 2 co-orti. 33 pazienti con malattia avanzata e 63 pazienti con ma-lattia localmente avanzata venivano trattati con una singoladose giornaliera di vismodegib 150 mg. Il 97% dei pazienticon malattia avanzata era stato sottoposto a terapie prece-denti incluse la chemioterapia (97%), radioterapia (58%) e te-rapie sistemiche (30%).

Il 94% dei pazienti affetti da malattia localmente avanzataera stato sottoposto a terapie precedenti come la chirurgia(89%), radioterapia (27%), terapie sistemiche/topiche (11%).

La durata media del trattamento è stata di 12,9 mesi (in-tervallo tra 0,7 e 36,6 mesi).

L’endpoint primario era l’objective response rate (ORR); larisposta obiettiva veniva definita come risposta completa oparziale determinata da due valutazioni consecutive a di-stanza di almeno 4 settimane.

Nei 33 pazienti con malattia avanzata il tasso di risposteè stato del 30%. Nei pazienti con malattia localmente avan-zata il tasso di risposte risultava del 43% con risposte com-plete nel 21% (13 pazienti).

La durata mediana di risposta era di 7,6 mesi in entrambele coorti21.

Tossicità da vismodegibVismodegib viene assunto in monosomministrazione gior-

naliera alla dose di 150 mg ed ha una farmacocinetica nonlineare a causa dell’assorbimento saturabile e del legame adalta affinità con proteine saturabili come l’albumina siericaumana e la glicoproteina acida alfa 1.

Dopo una singola somministrazione orale vismodegib haun’emivita finale di circa 12 giorni.

La somministrazione di vismodegib può avvenire indi-

pendemente dai pasti, in quanto in condizioni cliniche rile-vanti (steady state) la sua farmacocinetica non è influenzatadal cibo.

Vismodegib è prevalente nel plasma, con concentrazioniche rappresentano oltre il 98% della concentrazione totalecircolante (inclusi i metaboliti) e viene eliminato lentamente,in prevalenza con le feci (82% circa della dose sommini-strata), minore invece la percentuale riscontrata nelle urine(4,4%).

Vismodegib e i suoi metaboliti sono eliminati quindi pre-valentemente per via epatica20.

Dalle analisi di farmacocinetica emerge che l’età nonesercita un effetto clinicamente significativo sulla concen-trazione di vismodegib allo steady state; negli studi clinicicirca il 40% dei pazienti era in età geriatrica (≥ 65 anni).

La sicurezza e l’efficacia di vismodegib in pazienti congrave compromissione della funzionalità renale o epatica nonsono ancora state stabilite, pertanto i pazienti devono essereattentamente monitorati per la comparsa di potenziali rea-zioni avverse.

È controindicata la sua somministrazione durante la gra-vidanza perché vismodegib può causare morte embrio-fetaleo gravi difetti congeniti.

Farmaci che alterano il PH gastrointestinale superiorecome ad esempio gli inibitori di pompa protonica possonoalterare la solubilità di vismodegib e quindi ridurne la biodi-sponibilità. Tuttavia, aumentare la dose di vismodegib po-trebbe non compensare la riduzione di esposizione, in man-canza di studi clinici specifici.

Studi in vitro, inoltre, dimostrano che vismodegib è unsubstrato di un trasportatore di efflusso, la glicoproteina P (P-gp) e degli enzimi CYP2C9 e CYP3A4 che metabolizzano ilfarmaco. La somministrazione concomitante di vismodegibcon inibitori della P-gp (ad es. claritromicina, verapamil, ci-closporina) o del CYP2C9 (ad esempio amiodarone, fluco-nazolo o miconazolo9 o CYP3A4 (ad esempio claritromicina,ritonavir, voriconazolo ecc.) potrebbero aumentare l’esposi-zione sistemica di vismodegib e l’incidenza di eventi avversiad esso correlati.

Studi in vitro, inoltre, (non sono disponibili dati in vivo)indicano che vismodegib ha potenzialmente la capacità di ini-bire la BRCP (proteina di resistenza del tumore della mam-mella) che è deputata al trasporto di alcuni farmaci come adesempio la sulfasalazina, la rosuvastatina e il topotecano. Iltrattamento concomitante con questi farmaci richiede mo-nitoraggio per il possibile incremento dell’esposizione ai me-dicinali sopra indicati20.

Gli effetti collaterali, meccanismo-relati, più frequente-mente descritti dopo assunzione di vismodegib sia per ilcarcinoma basocellulare avanzato che localmente avanzato,sono: spasmi muscolari, fatigue, diminuzione dell’appetito,disgeusia e ageusia, disturbi gastrointestinali come la nauseae la diarrea, diminuzione di peso, alopecia ma di solito digrado lieve20,22,23.

Nello studio registrativo21 la maggior parte dei pazienti(57% circa) presentava almeno un evento avverso di gradolieve (G1 o G2). Gli effetti collaterali di G3 e 4, presenti in circa

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il 25% dei pazienti in studio, più frequentemente riportati nellostudio registrativo (coerentemente con i dati di fase I24) sono:fatigue, perdita di appetito, perdita di peso, spasmi muscolari.

Il 12% dei pazienti (13 su 104) ha dovuto interromperela somministrazione del farmaco per tossicità, soprattutto pergli spasmi muscolari (2 pazienti).

Nello studio ci sono state 7 morti non correlate con la pro-gressione di malattia (3 di causa non meglio precisata, un ic-tus ischemico cerebrale, un infarto del miocardio, uno shockipovolemico e un caso di meningite). La relazione con la tos-sicità indotta dal farmaco non è nota. I 7 pazienti presenta-vano comunque significativi fattori di rischio prima dell’in-gresso nello studio.

AXITINIB

IntroduzioneNegli ultimi 10 anni i progressi scientifici nella cono-

scenza della via metabolica del Vascoular Endothelial GrowthFactor (VEGF) e del suo recettore (VEGFR) hanno aperto unnuovo scenario terapeutico nel panorama del carcinoma re-nale metastatico (mRCC), fornendo di fatto un primo stru-mento valido nel trattamento di una patologia consideratachemio e radioresistente. Considerando che tali terapie ven-gono proseguite fino a progressione di malattia o tossicitàinaccettabile, risulta chiara la necessità di una corretta ge-stione clinica degli eventi avversi riscontrabili, in modo da po-ter permettere una migliore qualità di vita dei pazienti duranteil trattamento ed evitare, per quanto possibile, interruzioni te-rapeutiche prolungate o sospensioni delle cure che potreb-bero inficiare la prognosi dei pazienti. La problematica dellagestione delle tossicità da inibitori del VEGF, in virtù del par-ticolare meccanismo di azione di questi farmaci, ha portatoall’attenzione clinica una lunga serie di eventi avversi rara-mente riscontrati con i chemioterapici classici.

Impiego clinicoAxitinib è un potente inibitore dei recettori per il VEGF di

tipo 1, 2 e 3 di seconda generazione che ha dimostrato atti-vità nel trattamento di seconda linea nel carcinoma renalemetastatico. La potenza relativa di axitinib è stimata fra 50 e450 volte superiore a quella degli inibitori di VEGFR di I ge-nerazione. Inoltre, mentre gli inibitori di I generazione agi-scono anche su altri recettori come PDGFR, b-RAF, KIT e FLT-3, axitinib svolge la sua azione selettivamente su recettori delVEGF. La selettività recettoriale di axitinib potrebbe spiegareil differente profilo di tossicità rispetto agli inibitori di primagenerazione.

Axitinib è stato approvato nel trattamento di seconda li-nea del mRCC sulla scorta dei risultati dello studio di fase IIIAXIS, che ha dimostrato maggiore efficacia di axitinib ri-spetto a sorafenib in termini di PFS in questo gruppo di pa-zienti (6,7 vs 4,7 mesi). Tale vantaggio è stato statistica-mente significativo nei sottogruppi di pazienti che eranostati precedentemente trattati con citochine o sunitinib. An-che il tasso di risposte obiettive è stato del 19% nel braccio

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| Gestione eventi avversi | Tossicità di afatinib, vismodegib, axitinib e cabozantinib

in trattamento con axitinib rispetto al 9% nel braccio intrattamento con sorafenib con una durata di risposta me-diana di 11 mesi rispetto a 10,6 mesi25.

L’aggiornamento dei dati pubblicato nel 2013 su Lancetha confermato il vantaggio di axitinib rispetto a sorafenib intermini di PFS mediana globale e nei sottogruppi di pazientiprecedentemente trattati con citochine o sunitinib26.

Tossicità da axitinibAxitinib viene somministrato alla dose iniziale di 5 mg due

volte al giorno. In assenza di comparsa di reazioni avverse digrado superiore a 2 per due settimane consecutive, è pos-sibile aumentare il dosaggio a 7 mg due volte al giorno, ameno che la pressione arteriosa del paziente non sia >150/90 mmHg o il paziente sia in terapia antiipertensiva. Suc-cessivamente, in base agli stessi criteri, la dose può essere ul-teriormente aumentata fino a 10 mg due volte al giorno.

In caso di insorgenza di alcune reazioni avverse gravi, po-trebbe essere necessario sospendere temporaneamente odefinitivamente il trattamento e/o ridurre la dose di axitinib.In caso di riduzione, la dose di axitinib può essere ridotta a3 mg due volte al giorno e successivamente a 2 mg due volteal giorno. Il metabolismo di axitinib è prevalentemente epa-tico, tramite il citocromo CYP3A4/5 e in misura minore tra-mite CYP1A2, CYP2C19, and UGT1A1. Per tale motivo, oc-corre molta attenzione nell’uso concomitante di farmaciinibitori del CYP3A4/5 che possono aumentare le concen-trazioni di axitinib e con farmaci induttori del citocromo, cheal contrario possono ridurne la concentrazione. Mentre nonè necessario alcun aggiustamento di dose in pazienti concompromissione epatica lieve, si raccomanda di ridurre ladose in caso di somministrazione di axitinib in pazienti concompromissione epatica moderata (Stadio Child-Pugh B)(es. riduzione della dose iniziale di 5 mg due volte al giornoa 2 mg due volte al giorno).

L’impiego di axitinib non è stato studiato in pazienti congrave compromissione epatica (stadio Child-Pugh C), per-tanto axitinib non deve essere utilizzato in questa popola-zione di pazienti.

Il profilo di tossicità di axitinib è differente rispetto aquello degli inibitori tirosinkinasici di prima generazione uti-lizzati nel trattamento del carcinoma renale, ciò dovuto allaselettività per i recettori del VEGF.

Tossicità gastrointestinaleTra gli eventi avversi più frequenti registrati nello studio

AXIS risulta la diarrea (54%), che si è verificata di grado 3nell’11% dei pazienti. Molto frequenti sono stati anche la ri-duzione dell’appetito (31%), nausea (30%)26. Anche un suc-cessivo studio di fase III, che ha confrontato axitinib e sora-fenib nel setting in I linea, ha confermato il differente profilodi tossicità dei due farmaci. In particolare, tra gli eventi av-versi più comuni nei pazienti sottoposti a terapia con axiti-nib sono stati registrati la diarrea (50%), anche di grado 3(9%), riduzione dell’appetito (29%), calo ponderale (37%).Sono stati inoltre riportati casi di ulcera gastrica, emorragiagastrointestinale e rettale, melena, nausea, mucosite27.

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CASCO — Autunno 2014 19

Tossicità cardiovascolareIl secondo avvento avverso più comune registrato nello

studio AXIS e negli studi successivi è stato l’ipertensione, chesi è verificata complessivamente di tutti i gradi tra il 42% e il49% dei pazienti e di grado 3 tra il 13% e il 17% dei pazienti.Tale effetto si instaura generalmente entro il primo mese ditrattamento, ma sono stati riportati casi di aumenti pressorigià nei primi quattro giorni di terapia. I pazienti devono es-sere valutati attentamente prima dell’inizio del trattamento e,se necessario, deve essere intrapresa una terapia antiiper-tensiva standard. In caso di ipertensione persistente nono-stante l’impiego di farmaci antipertensivi, la dose di axitinibdeve essere ridotta. Nei pazienti che sviluppano ipertensionegrave, è necessario sospendere temporaneamente axitinib ericominciare il trattamento ad una dose inferiore una voltache i valori pressori si sono normalizzati. In caso di iperten-sione arteriosa grave o persistente e di sintomi riconducibilialla sindrome di encefalopatia posteriore reversibile (posteriorreversibile encephalopathy syndrome − PRES), si deve con-siderare di sottoporre il paziente ad una procedura diagno-stica di risonanza magnetica (MRI) cerebrale. Nel successivostudio di fase III nel setting in I linea, tra gli eventi avversi graviriportati, l’arresto cardiaco si è verificato nel 2% dei pazientiin trattamento con axitinib, ma sono stati riportati anche casidi flutter atriale, infarto del miocardio, crisi ipertensiva. Un pa-ziente in trattamento con axitinib è morto per arresto car-diaco correlato al trattamento25,27.

Tossicità cutaneaComune in questa classe di farmaci, l’eritrodisestesia

palmo-plantare è stata riportata tra il 26% e il 27% dei pa-zienti, mentre il rash cutaneo tra il 10% e il 13%25,27. Per taleragione, anche nei pazienti in trattamento con axitinib è rac-comandabile una adeguata prevenzione delle complicanze,quali l’insorgenza di vescicole o le sovrainfezioni. A talescopo devono essere raccomandate linee generali di igiene,l’uso di creme o unguenti ad alto potere idratante, l’uso diguanti di cotone e calzini per ridurre il rischio di traumatismi.

Tossicità endocrino-metabolicaSappiamo ormai che l’ipotiroidismo rappresenta una tos-

sicità tipica di questa classe di farmaci e nello studio regi-strativo i pazienti in trattamento con axitinib hanno riportatotale tossicità con frequenza maggiore rispetto ai pazienti intrattamento con sorafenib (19% vs 8%)25. Anche nel suc-cessivo studio di fase II nel setting in I linea, tali dati sono staticonfermati e il 21% dei pazienti in trattamento con axitinibha riportato ipotiroidismo27. Ipocalcemia è stata riscontratanel 39% dei pazienti25.

Disordini costituzionaliL’astenia è un evento comune in questa categoria di pa-

zienti, ma è difficile stabilire quanto questo sintomo sia con-dizionato dalla patologia oncologica o dalle terapie. Verosi-milmente la presenza e l’intensità del sintomo dipendono siadalla malattia di base che dalla terapia cui il paziente si sotto-pone. Nello studio AXIS astenia si è verificata nel 22% dei pa-

zienti in trattamento con axitinib e nel 5% dei pazienti è statadi grado 3 o 425. Anche nel successivo studio nel setting in Ilinea, l’astenia si è presentata nel 21% dei pazienti, la fatiguenel 33% e la riduzione dell’appetito nel 29% dei pazienti.

Encefalopatia posteriore reversibileSono effettuate segnalazione singole di casi di PRES.La PRES è un disturbo neurologico che si può manifestare

con cefalea, convulsioni, letargia, confusione, cecità e altri di-sturbi visivi e neurologici. Può essere associata a ipertensioneda lieve a grave. Nel caso in cui sia sospettata una PRES, ladiagnosi deve essere sempre confermata tramite risonanzamagnetica. Nei pazienti che presentano segni e sintomi diPRES, si deve sospendere temporaneamente o interromperedefinitivamente il trattamento con axitinib. Non è noto se laripresa della terapia con axitinib in pazienti che hanno ma-nifestato PRES sia sicura28.

CABOZANTINIB

IntroduzioneNumerosi studi hanno dimostrato che la via di segnale

mediata da c-MET (mesenchymal-epitelial transition factor)risulta essere deregolata in una serie di neoplasie umane, tracui le neoplasie gastriche, polmonari, intestinali, mammarie,uroteliali, del distretto testa-collo, ovariche, prostatiche, ti-roidee e pancreatiche, nonché malattie oncoematologichee del sistema nervoso centrale29.

Oltre al riscontro di mutazioni di MET in tessuti tumoralidi carcinomi renali papillari, che ne dimostrerebbero il po-tenziale oncogeno30, sembra che l’iperattivazione della viadi segnale di MET potrebbe rappresentare uno dei mecca-nismi alla base della resistenza acquisita agli inibitori tiro-sinkinasici diretti contro i recettori dell’epidermal growth fac-tor (EGFR)31.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati una serie di far-maci diretti contro la via di segnale di cMET, tra cui inibitoriselettivi come tivantinib e inibitori non selettivi come cabo-zantinib.

Impiego clinicoInizialmente identificato come XL184, cabozantinib è un

potente inibitore dei recettori tirosinkinasici, inclusi VEGFR,MET, RET, KIT, Flt-3, AXL e Tie-2. Da studi preclinici su mo-delli animali, cabozantinib ha dimostrato di ridurre la proli-ferazione cellulare e di promuovere l’ipossia e l’apoptosicellulare.

Diversi studi di fase 2 hanno indagato l’attività di cabo-zantinib in differenti tipi di neoplasie, tra cui il carcinoma delpolmone non a piccole cellule, l’epatocarcinoma, il carci-noma gastrico e della giunzione gastro-esofagea, il carci-noma mammario, il melanoma, il carcinoma renale e il car-cinoma prostatico resistente alla castrazione32-36.

Cabozantinib è attualmente approvato in Italia esclusi-vamente per il trattamento del tumore midollare della tiroidenon operabile, sulla scorta dei risultati dello studio EXAM di

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fase III randomizzato in doppio cieco, che ha confrontato ca-bozantinib a placebo in pazienti con carcinoma midollaredella tiroide localmente avanzato o metastatico, in progres-sione dopo qualsiasi tipo di trattamento. Lo studio ha dimo-strato vantaggio in termini di PFS e sopravvivenza globale neipazienti in trattamento con cabozantinib. L’analisi per sot-togruppi ha dimostrato che il vantaggio in termini di PFS ve-niva mantenuto indipendentemente dalle precedenti terapie.Tale vantaggio è risultato statisticamente significativo neipazienti portatori di mutazioni MET o con stato mutazionalenon noto, mentre non è risultata aumentata nei pazientiwild type per tali mutazioni37,38.

Studi di fase 3 sono tuttora in corso con l’obiettivo di va-lutare l’efficacia di cabozantinib in diverse neoplasie.

Tossicità di cabozantinibCabozantinib è risultato sostanzialmente ben tollerato

nei pazienti con differenti tipi di neoplasie coinvolti nei varistudi. La gestione degli eventi avversi è stata agevolmenteeseguita tramite farmaci di supporto, riduzioni di dose o in-terruzioni transitorie del trattamento.

Tossicità gastrointestinaleL’evento avverso più frequente registrato nello studio

EXAM è stato la diarrea (63%), verificatasi di grado 3 o 4 nel16% dei pazienti37. La gestione della diarrea prevede l’utilizzodi antidiarroici e in casi particolarmente gravi, l’interruzionedel trattamento. Anche per quanto riguarda la nausea, ri-portata nel 43% dei pazienti nello studio registrativo, è rac-comandato l’utilizzo di terapie antiemetiche alla comparsa deiprimi sintomi. Mucosite e disgeusia sono state riportate nel29% e nel 34% dei casi, per cui si può ritenere necessaria pro-filassi con adeguata igiene orale ed eventuali sciacqui con ac-qua e bicarbonato di sodio. Bisogna inoltre segnalare chenello studio registrativo quattro pazienti sono morti per la for-mazione di fistole ed emorragia, attribuibili al trattamento conanti-VEGF37.

Tossicità cutaneaL’eritrodisestesia palmoplantare, anche nota come sin-

drome mano-piede, è stato il secondo evento avverso piùfrequentemente riportato nello studio EXAM (50% dei pa-zienti). Con minore frequenza sono stati anche riportati rasheritematoso, rash maculare, rash papulare, esfoliazione, der-matite acneiforme, prurito, secchezza cutanea37. I pazientiche iniziano una terapia con cabozantinib vanno istruiti a uti-lizzare creme e lozioni ipoallergeniche, unguenti per la sec-chezza, evitare l’esposizione al sole o utilizzare cremeprotettive con SPF≥30; evitare l’esposizione ad acqua calda,utilizzare guanti di cotone e calzini per evitare traumatismi amani e piedi. Pazienti che sviluppano tossicità cutanea de-vono essere strettamente controllati, per ridurre il rischio disovrainfezioni. Segni precoci di sindrome mano-piede (do-lore, formicolii, rossore e gonfiore a livello dei palmi dellemani e/o dei piedi) non devono essere sottovalutati, per evi-tare l’insorgenza di eventi più gravi, quali vescicole, desqua-mazione, ulcerazione, necrosi o sovrainfezioni.

Disordini costituzionaliLa fatigue è un evento avverso comune nei pazienti in te-

rapia con cabozantinib, riportata nel 41% dei pazienti nellostudio registrativo. È difficile stabilire quanto il trattamentoe la malattia di base influiscano sull’insorgenza e il gradodella stessa. Possono essere utilizzati presidi farmacologici enon, considerando che l’uso continuativo di modanafil do-vrebbe essere evitato per il potenziale rischio di ridurrel’esposizione al cabozantinib. Anche per quanto concerne lariduzione dell’appetito e il calo ponderale, riportati nel 46%e nel 48% dei pazienti, possono essere presi in considera-zione tutti i presidi previsti dalle attuali linee guida, compresoil megestrolo acetato37.

Eventi tromboemboliciLe complicanze tromboemboliche sono comuni nel pa-

ziente oncologico. Trombosi venose sono state riportate nel12% dei pazienti in trattamento con cabozantinib, inclusieventi fatali. Eventi trombotici arteriosi (attacchi ischemicitransitori, infarto miocardico) sono invece stati osservati ra-ramente. Prima di iniziare il trattamento con cabozantinib, èraccomandabile comunque una valutazione del rischio car-diovascolare basale37. •

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RiassuntoLa fatigue affligge tra il 20 e il 95% della popolazione on-

cologica. È presente in tutte le fasi di malattia attiva, nella fasedi follow-up e nella fase di lungo sopravvivenza. Pur essendotra i sintomi meno riferiti dai pazienti, ne peggiora pesante-mente la qualità di vita e impedisce una aderenza ottimale allecure sanitarie. Di eziologia multifattoriale, il trattamento dellafatigue cancro-correlata (CRF) implica un approccio a suavolta multifattoriale, farmacologico e non farmacologico,che si basi su una corretta valutazione del sintomo e dellecause predisponenti (per es., anemia, squilibri endocrini, me-tabolici o dell’umore).

Di seguito verranno discussi i principali trattamenti nonfarmacologici per la gestione della CRF.

Parole chiave. Fatigue, cancro, trattamenti nonfarmacologici.

Summary Cancer-related fatigue: non pharmacologicalapproaches and new guide linesOne of the most common and debilitating symptoms ex-

perienced by cancer patients – and cancer survivors, too – isthe fatigue (incidence 20-95%). Cancer-related fatigue (CRF)involves all the phases of the illness going on even after theend of treatments. It may worsen the quality of life, forcingto give up the treatments and increasing the health care cost.Research has showed that CRF has a multi-factorial aetiol-ogy that involves a suitable pharmacological and non-phar-macological treatments based on the right evaluation of thesymptom fatigue and the pre-existing causes (anaemia, en-docrine, metabolic and mood disorders).

This paper aims to give a brief overview of non-pharma-cological approaches to cancer-related fatigue.

Key words. Fatigue, cancer, non-pharmacologicaltreatments.

IntroduzioneLo spostamento di obiettivo da mera sopravvivenza ad

attenzione per la qualità di vita dei pazienti oncologici, ini-ziato nella seconda metà del secolo scorso, ha originato uninteresse via via più ampio per gli effetti collaterali dei trat-tamenti antineoplastici e, di conseguenza, la gestione effi-cace dei sintomi. Tra i sintomi più frequentemente riferiti dai

pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia, radiotera-pia, trapianto di midollo osseo o trattamenti biologici vi è lafatigue, termine anglosassone ormai diventato di uso co-mune tra gli addetti ai lavori, meno tra i pazienti che prefe-riscono riferire questo sintomo con i termini di “stanchezza”o “spossatezza”.

Concetto multidimensionale, il sintomo fatigue è statodescritto come alterazione/mancanza di energia percepita,capacità mentale e stato psicologico lungo un continuumche va da stanchezza a spossatezza a esaurimento.

Come sindrome, la cancer-related fatigue (CRF) identi-fica un persistente e disturbante senso di stanchezza ospossatezza fisica, emotiva e/o cognitiva, correlata alla ma-lattia oncologica o ai suoi trattamenti, che non è propor-zionale alla recente attività e interferisce con la gestionedella vita quotidiana1. Si noti che lo stesso termine vieneusato anche per la fatigue riferita dai pazienti a distanza dimesi o anni dalla fine dei trattamenti.

La CRF è oggi considerata un serio e complesso pro-blema. In letteratura, la prevalenza della CRF nella popola-zione oncologica varia tra il 20-95%, a seconda deglistrumenti utilizzati per la misurazione2-4. Nel 40% dei pa-zienti è presente già al momento della diagnosi, l’80% deipazienti sottoposti a chemioterapia e il 90% di quelli trat-tati con radioterapia ne soffrono durante i trattamenti4; il20-40% dei survivor ne soffre a distanza di anni dalla finedei trattamenti5,6. I pazienti la descrivono come il sintomopiù invalidante, anche rispetto a dolore nausea e vomito, inquanto ne peggiora notevolmente l’aderenza ai trattamentie la qualità di vita.

Nonostante la prevalenza e l’impatto negativo dellaCRF, la fatigue è spesso sottovalutata dai pazienti, che ten-dono a non riferirla adeguatamente al proprio medico, esottostimata e sotto trattata dai clinici. Una possibile bar-riera al corretto riconoscimento e trattamento della CRF èla mancanza di informazioni riguardo all’eziologia di questosintomo, ai fattori di rischio e quali sono gli approcci piùefficaci.

Il trattamento della CRF comporta, infatti, una correttadiagnosi differenziale tra i fattori e le comorbilità che pos-sono causare fatigue, quali l’anemia, gli squilibri endocrino-metabolici, o i fattori psicologici (ansia e depressione), oalterazioni dello stato funzionale (figura 1). Spesso non èpossibile identificare specifiche cause per la CRF nei pazientiin trattamento antineoplastico, ad eccezione della malattiao degli stessi trattamenti. Il moderno approccio per il trat-tamento della CRF combina interventi di tipo farmacolo-gico7 e non farmacologico.

Cancer-related fatigue: i trattamenti non farmacologici e le nuove linee guida

Il punto su...

Annalisa Giacalone Psicologa psicoterapeutaPordenone

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Gli interventi non farmacologici

Attività fisicaL’effetto dell’esercizio fisico sulla fatigue è senza dubbio

l’intervento non farmacologico oggetto di maggiore atten-zione da parte dei ricercatori. La letteratura riporta numerosistudi: trial clinici, studi randomizzati, metanalisi e review. Ilrazionale che sostiene questi studi ritiene che la prolungataed eccessiva inattività inneschi rapidamente un circolo viziosoche genera ipotrofia muscolare e, aggravando la affaticabi-lità, spinga il paziente a una ulteriore riduzione dell’iniziativapsicomotoria. Con l’esecuzione di sequenze di esercizi fisicipreordinati si può interrompere questo circolo vizioso e po-tenziare la resistenza e/o la capacità fisica/aerobica allo sforzodel paziente. Una migliore performance muscolare generaottimismo e accresce l’interesse per l’attività fisica con con-seguente ipertrofia muscolare.

Negli ultimi quattro anni sono state pubblicate numerosereview e metanalisi sull’attività fisica nel trattamento dellaCRF8-20. Sotto il nome di attività fisica, gli studi analizzati ri-portano qualsiasi movimento che coinvolga i muscoli delloscheletro: dall’attività occupazionale (esercizio fisico fatto allavoro), all’attività casalinga, all’attività ricreativa. L’attività fi-

sica varia nel grado di intensità, da leggera (svolgere lavoridomestici) a vigorosa (corsa).

A causa dei diversi strumenti utilizzati per misurare la fatigue,gli studi analizzati riportano livelli diversi di efficacia. Nel com-plesso, l’esercizio fisico ha dimostrato un effetto positivo nel ri-durre la fatigue durante e dopo le cure antineoplastiche, ma lamedia della misura dell’effetto di -0,27/-0,38 indica una efficaciamoderata20.

Inoltre, la maggior parte degli studi ha preso in considerazionepazienti affette da tumore al seno in trattamento o post-tratta-mento, rendendo difficile estendere i risultati ottenuti all’intera po-polazione oncologica9. Ciò nonostante, la letteratura suggerisceche iniziare o conservare un adeguato livello di attività fisica puòridurre la CRF durante e dopo i trattamenti. Inoltre, eseguire gliesercizi sotto la supervisione di un insegnante è risultato essereun intervento più efficace nel tempo rispetto all’attività fisicaeseguita a casa dopo aver ricevuto uno specifico training10.

L’intensità di esercizio fisico raccomandata è di 10-45/90-150minuti da 3 a 7 giorni alla settimana (50-70% dell’attività cardiaca)di attività aerobica, quale camminare, andare in bicicletta, nuo-tare. Il potenziamento muscolare (2-3 sedute alla settimana di at-tività moderata, per es. sollevare pesi) è consigliato in aggiunta al-l’attività aerobica.

Figura 1. Fattori eziologici della CRF.

Complicazioni e fattoricancro-correlati• tipo di tumore• stadio malattia• anemia• disidratazione• anoressia/cachessia• insufficienza renale• ecc.

Sintomi fisicitumore/trattamentiassociati• dolore• dispnea• perdita appetito• ecc.

Fattori iatrogeni• chemioterapia• radioterapia• immunoterapia• terapia ormonale• chirurgia• ecc.

Stato funzionale• performance status• livello attività fisica• funzionamento

fisico• lavoro

Comorbilità• ipotiroidismo• diabete mellito• disfunzioni

cardiovascolari• infezioni• ecc.

Cancer-relatedfatigue

Effetti collateralifarmaci• oppiodi• antistaminici• betabloccanti• corticosteroidi• psicofarmaci• ecc.

Stato demografico• età• sesso• supporto sociale• livello educazione /

etnia

Fattori psicologici• ansia• depressione• disturbi del sonno• stile di coping

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Interventi di medicina integrativaSotto il nome di interventi mente-corpo viene inclusa una

moltitudine di tecniche diverse che si focalizzano sull’inte-razione tra cervello, mente, corpo e comportamento e sullemodalità con cui i fattori emozionali, mentali, sociali, spiri-tuali e comportamentali influenzano in modo diretto la sa-lute. Esempi sono il rilassamento, l’ipnosi, l’imagerie, la me-ditazione, lo yoga, l’agopuntura, il Qigong, il Reiki, lamassoterapia, la mindfullnesss-based stress reduction, lamusicoterapia. Lo scopo che queste tecniche si prefiggonoè fornire al paziente la conoscenza e le abilità per gestire i sin-tomi e raggiungere un personale controllo su di essi.

Nel 2010 Mitchell25 e Kwekkeboom26 hanno pubblicatodue revisioni della letteratura in argomento. La ricerca ad am-pio spettro, condotta sui principali motori di ricerca, ha pro-dotto solo pochi studi open-label e/o non controllati condottisu esigui numeri di pazienti. Molti degli studi valutavanol’efficacia dell’intervento non sulla CRF ma su cluster di sin-tomi comprendenti il dolore e i disturbi del sonno oltre allafatigue.

I risultati, preliminari, indicano una possibile efficacia diqueste tecniche nella riduzione della fatigue. Sono necessariulteriori studi, condotti con maggior rigore scientifico, per sta-bilire quali interventi sono effettivamente efficaci nella ridu-zione della CRF e con quale intensità.

Le linee guidaI pazienti oncologici non sono tutti uguali, ciascun pa-

ziente cambia durante il proprio percorso di cura. Non è pos-sibile prescrivere o suggerire interventi non farmacologiciper la gestione della CRF prescindendo da una attenta valu-tazione delle condizioni fisico/cliniche di ogni paziente. Adesempio, i pazienti affetti da comorbilità, da poco sottopo-sti a intervento chirurgico invasivo, con specifici malfunzio-

Interventi psicosocialiTre metanalisi16,21,22 e una Cochrane review23 hanno va-

lutato gli interventi di tipo psicosociale nella riduzione dellaCRF riportando una riduzione della fatigue, con una misuramedia dell’effetto di -0,10/-0,30, indicativa di scarsi/moderatibenefici20. Diversi tipi di interventi sono stati inclusi in questacategoria: – counseling e interventi educativi miranti a fornire al pa-

ziente informazioni sulle differenze tra CRF e stato nor-male di stanchezza, evoluzione della CRF;

– interventi psicoeducativi che, attraverso l’analisi dellecause e dei fattori contribuenti, si propongono di modi-ficare il comportamento errato del paziente;

– tecniche di risparmio energetico, cioè raccomandazionimirate per ottimizzare i livelli di attività fisica e il riposo;

– tecniche di addestramento motivazionale. Il risparmio energetico, per esempio, insegna al paziente

a esaminare le attività giornaliere per trovare modalità di ese-cuzione che riducano la quantità di energia necessaria per laloro esecuzione, eliminare o posticipare alcune attività, al-ternare periodi di riposo all’attività fisica per conservare/ri-generare l’energia e scoraggiare l’inattività.

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si propone diinterrompere il circolo vizioso, tra fattori cognitivi, ambientali,psicologici, comportamentali e psicologici, che perpetua i sin-tomi e la disabilità, fungendo da ostacolo alla guarigione, ri-formulando convinzioni e comportamenti erronei del pa-ziente (figura 2).

In uno studio multicentrico randomizzato su 147 pa-zienti, non in terapia da tre mesi, assegnati a due diversigruppi (attività aerobica + resistenza muscolare + CBT, attivitàaerobica + resistenza muscolare), van Weert et al. hanno tro-vato che la CBT non aggiunge alcun beneficio alla riduzionedella CRF rispetto alla sola attività fisica24.

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CASCO — Autunno 201424

Figura 2. Terapia cognitivo-comportamentale e CRF: il circolo vizioso.

Convinzioni del pazienteSentirsi più stanco

Fattori psicologiciAnsia/depressione

Fattoricomportamentali

Misure di “evitamento”

Fattori fisiologiciRidotta tolleranza

attività fisica

Fattori ambientaliPrescrizione riposo

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namenti fisici o anatomici, necessitano di programmi di eser-cizi personalizzati. Inoltre, l’attività fisica e alcuni trattamentimente-corpo devo essere prescritti con attenzione nei pazienticon metastasi ossee, trombocitopenia, anemia, febbre o infase infettiva8.

Ma allora, qual è il giusto approccio per il trattamentodella CRF?

Per rispondere alla richiesta di linee guida per la correttaprescrizione di programmi di esercizi fisici adatti alla popola-zione oncologica, nel 2010 l’American College of SportsMedicine ha pubblicato ampie ed esaustive linee guida per iltrattamento della CRF, suddividendoli in base alle caratteri-stiche e alla fase della malattia oncologica. Le principali rac-comandazioni, per i pazienti in trattamento e per i survivors,sono:– rivolgersi agli esperti per impostare un corretto pro-

gramma di esercizi,– iniziare il programma di esercizi con moderazione, inten-

sificando gradatamente la durata e l’intensità dello sforzo,– combinare esercizi aerobici con esercizi di potenziamento

muscolare.Queste linee guida integrano quelle del National Com-

prehensive Cancer Network (NCCN), emanate con l’intentodi fornire indicazioni utili ai clinici e per implementare l’at-tenzione verso la gestione della qualità di vita dei pazienti on-cologici e dei survivors. Aggiornate ogni anno, le linee guidaNCCN1,28 raccomandano di:– valutare tutti i pazienti per la fatigue nella prima visita, du-

rante le cure e la fase di follow-up,– trattare tutti i pazienti che risultano avere CRF, indipen-

dentemente dalla fase in cui si trovano (in trattamento,post trattamento, no trattamento, fine vita),

– valutare e trattare le comorbilità (dolore, insonnia, de-pressione).Come interventi farmacologici e non farmacologici per la

CRF, le linee guida NCCN raccomandano il risparmio ener-getico, una adeguata attività fisica e gli interventi psicosociali;la terapia con psicostimolanti deve essere valutata in ag-giunta all’intervento non farmacologico e qualora ve nesiano le indicazioni.

L’American Society of Clinical Oncology (ASCO), ad aprile2014, ha pubblicato le proprie linee guida evidence-basedsulla valutazione e il trattamento della fatigue nei pazienti enei survivors.

In sintesi, possono essere così riassunte:– potenziare gli interventi educativi del personale sanitario,

dei pazienti e dei familiari nel riconoscimento della CRF(differenza tra stanchezza e CRF, cause e fattori contri-buenti la CRF, persistenza della CRF anche dopo la finedelle cure antineoplastiche),

– attuare screening regolari nei pazienti con età ≥18 anniaffetti da tumore e trattati con intento curativo, in re-missione clinica, dopo la fine delle terapie o nei pazientiliberi da malattia in trattamento di mantenimento al finedi valutare e trattare quanto prima la CRF,

– promuovere trattamenti della CRF di comprovata effica-cia: attività fisica (150 min. di esercizi aerobici moderati

alla settimana + 2/3 sedute di potenziamento muscolare),interventi psicosociali (CBT, interventi psicoeducativi), in-terventi di medicina integrativa (yoga, agopuntura),

– rivolgersi sempre ad un esperto in materia per la prescri-zione dell’intervento più adatto.Un utile algoritmo per il trattamento della CRF si trova in

Koornstra, 201412.

Cosa ricordare• La fatigue è un sintomo invalidante che colpisce

la maggior parte dei pazienti oncologici prima,durante e dopo la fine delle cure.

• Tutti i pazienti devono essere valutati per la CRFdurante tutto il decorso della malattia e nei follow up.

• Il trattamento della fatigue deve tenere conto delle caratteristiche psico-fisiche e cliniche dei pazienti e dei suoi bisogni.

• Utilità degli interventi psicoeducativi per pazienti,familiari e personale sanitario.

• Promozione di una adeguata attività fisica:camminare a velocità moderata/sostenuta.

• Sono necessari nuovi studi per la correttavalutazione di tutti gli interventi non farmacologiciper la CRF. •

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| Il punto su... | Cancer-related fatigue: i trattamenti non farmacologici e le nuove linee guida

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RiassuntoDue recenti studi sulla persistenza degli effetti di un nuovo

farmaco antiemetico, netupitant + palonosetron, in successivicicli di chemioterapia sono stati sintetizzati nelle schede 1 e2, e la metodologia adottata è stata discussa sottolineandoche la sua eccessiva semplificazione, se da un lato giova a vei-colare più direttamente un messaggio, dall’altro può condurrea risultati poco attendibili e, comunque, non è utile alla com-prensione scientifica dei meccanismi dell’emesi indotta dallachemioterapia, e quindi alla pratica clinica.

Parole chiave. Antiemetici, endpoint di efficacia, ciclimultipli di chemioterapia, distorsione da selezione.

SummaryThe irresistible lightness of the clinical research on antiemeticsTwo recent studies on the persistence of a new antiemetic

drug, netupitant + palonosetron, in subsequent chemother-apy cycles have been synthesized in the “Scheda 1” and in the“Scheda 2”, and the used methodology has been discussedhighlighting that the over-simplification can be useful tocommunicate more directly a message, but it is useless for thescientific understanding of the mechanisms of chemotherapy-induced nausea and vomiting, and, therefore, for the dailyclinical practice.

Key words. Antiemetic research, efficacy endpoints,multiple cycles of chemotherapy, selection bias.

Caratteristiche comuni ai due studiEntrambi i lavori presentati nelle schede si riferiscono ad

un nuovo farmaco, il NEPA, ottenuto combinando inun’unica compressa due principi attivi, un antagonista deirecettori NK-1 (NEtupitant) e un antagonista dei recettori 5-HT3 (PAlonosetron), da assumere in un’unica somministra-zione ad ogni ciclo, il che è un evidente vantaggio rispettoalla terapia antiemetica raccomandata dalle attuali lineeguida. Caratteristiche comuni di entrambi gli studi sono: – lo stesso disegno: randomizzati, in doppio cieco;– adottano gli stessi due endpoint di efficacia: risposta

completa (CR: no vomito, no rescue) e presenza di nau-sea moderata o severa (VAS < 25 mm);

– ad ogni ciclo, considerano tutti i pazienti valutabili per

quel ciclo, indipendentemente da ciò che è loro accadutonei cicli precedenti.

1. Gli endpoint di efficaciaCR è un endpoint composto, in quanto il “no rescue” si

riferisce ovviamente alla nausea. Come già altre volte rilevatoin questa rubrica, la scelta di CR è inadeguata perché com-bina un dato di realtà (no vomito) con un dato che invece di-pende dall’esigenza, per il paziente che soffre di nausea, dichiedere una terapia di salvataggio e dalla possibilità di rice-verla (non sempre un paziente che soffre di nausea di unacerta severità chiede un rescue; se lo richiede, non sempre èdisponibile un medico che lo prescriva tempestivamente). L’al-tro endpoint (VAS < 25 mm, assenza di nausea moderata osevera) si riferisce alla severità della nausea, quando è provatoche l’impatto della nausea sulla qualità di vita del paziente di-pende soprattutto dalla sua durata e solo secondariamentedalla sua severità1. Nello studio riportato nella scheda 2, gliautori sostengono di aver valutato la durata del vomito,mentre sarebbe stata da valutare quella della nausea (la du-rata del vomito ha un’ottima proxy nel numero di episodi divomito).

2. Indipendenza delle osservazioniIn entrambi gli studi i dati relativi ai diversi cicli sono stati

trattati come indipendenti, mentre non lo sono affatto per-ché si riferiscono agli stessi pazienti.

Per quanto riguarda nausea e vomito ad un certo ciclo, giàda tempo è dimostrato che il più importante fattore pro-gnostico è ciò che è accaduto nel ciclo (o nei cicli) precedenti.Infatti, per un paziente, la probabilità di vomitare (di averenausea) ad un certo ciclo dipende soprattutto dal fatto cheabbia vomitato (avuto nausea) nel ciclo precedente. Più pre-cisamente, distinguendo tra emesi (nausea o vomito) acuta(quella che interviene nelle prime 24 ore dalla somministra-zione della chemioterapia) e ritardata (quella che si manife-sta dal secondo al quinto giorno), si riuscì a provare che laprobabilità di soffrire di vomito/nausea acuto/a ad un certociclo dipende soprattutto dalla presenza di vomito/nauseanella fase ritardata e di vomito/nausea nella fase acuta nel ci-clo precedente; così, la probabilità di avere vomito/nauseanella fase ritardata dipende quasi esclusivamente dall’aver sof-ferto di vomito/nausea acuto/a nello stesso ciclo e di averavuto vomito/nausea ritardato/a nel ciclo precedente2.

Analogamente per gli eventi avversi, si può ragionevol-mente pensare che se, ad un certo ciclo, un paziente ha avutoun effetto collaterale, C, dovuto ad una determinata terapia,nei successivi cicli, quando riceve la stessa terapia, la proba-

Casi clinici

L’irresistibile leggerezza della ricerca clinica sugli antiemetici

Enzo BallatoriStatistico medico, Spinetoli

Fausto RoilaSC di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera “S. Maria”, Terni

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SCHEDA 1

Aapro M, Karthaus M,Schwartzberg L, et al. Multiple cycleCINV control and safety of NEPA, a capsule containing netupitant andpalonosetron administered onceper cycle of moderately emetogenicchemotherapy (MEC). J SupportCare Cancer 2014; 22 (suppl. 1):5108.

NEPA è una combinazione a dosefissa di un nuovo antagonista deirecettori NK-1, NEtupitant, e di un 5-HT3 antagonista, PAlonosetron,somministrato oralmente (unacapsula per ciclo). Scopo dello studioè valutare il mantenimento diefficacia e sicurezza in successivi ciclidi chemioterapia.Si tratta di uno studio randomizzato,doppio cieco, di confronto tra NEPAe palonosetron (PALO) in pazienti

sottoposti per la prima volta ad unachemioterapia contenenteantracicline, e programmati ariceverne per più cicli. Tutti i pazientiricevettero desametasone per os soloal giorno 1 (quello dellachemioterapia). Come endpoint di efficacia furonoconsiderati la risposta completa (no vomito, no rescue) e protezionedalla nausea moderata o severa (no nausea o nausea lieve, ossiainferiore a 25 sui 100 mm di un

analogo visivo lineare, VAS) nei giorni1-5.

Risultati. Furono arruolati 1286pazienti osservati per un totale di5969 cicli di chemioterapia il 76%dei quali fu sottoposto ad almeno 4 cicli.L’incidenza di eventi avversi futrovata simile nei due gruppi, mentrei risultati di efficacia furono tuttisignificativamente superiori nelgruppo NEPA. •

CASCO — Autunno 201428

bilità di avere C sia più alta di quella relativa ai pazienti chenon hanno sofferto di C in precedenza.

In conclusione, trattare i dati, sia di efficacia che di tolle-rabilità, nei cicli di chemioterapia successivi al primo come fos-sero indipendenti da quanto è accaduto in passato è unmodo ingenuo di operare che, denotando inappropriatezzanella scelta degli strumenti statistici, apre una discussione sul-l’affidabilità dei risultati ottenuti.

È un vero peccato, soprattutto per la pratica clinica, chei risultati scientifici della ricerca sugli antiemetici, così fatico-samente acquisiti, siano stati sacrificati ad una semplificazioneche, se giova al marketing, evitando all’oncologo di pensarea fenomeni complessi, non è affatto funzionale alla cono-scenza dei meccanismi dell’emesi.

3. Bias da selezioneLa maggiore difficoltà nel condurre studi nei cicli di che-

mioterapia successivi al primo è la progressiva riduzione delnumero di pazienti valutabili. A complicare le cose intervieneanche il fatto che un paziente che sia stato sottoposto, adesempio, al secondo ciclo salta il terzo e ridiventa valutabileal quarto. Riteniamo che questo fenomeno non sia molto fre-quente, ma è sempre opportuno darne una misura dell’en-tità. In nessuno dei due lavori considerati è stato fornitoquesto dato.

Inoltre, la riduzione non è lineare nel tempo, ma si ac-centua al passare dei cicli.

La progressiva riduzione dei pazienti da un ciclo all’altro

non può certo essere attribuito al caso, ma è verosimile chedipenda soprattutto dalla tollerabilità e dall’efficacia dei trat-tamenti ricevuti. Ad esempio, un paziente che ha avutoun’emesi severa al primo ciclo può uscire dallo studio, perchéreputa inefficace il trattamento antiemetico che dovrebbecontinuare ad assumere nei successivi cicli di chemioterapia.Poiché il fenomeno dell’emesi dipende anche da una perso-nale predisposizione a soffrirne (per molteplici fattori psico-fisici), il risultato è che saranno valutabili nei cicli successivi so-prattutto coloro che sono più resistenti all’emesi, e ciò è tantopiù accentuato quanto più alto è il numero d’ordine del ci-clo. Naturalmente vi sono anche altre ragioni per tale drop-out, come inefficacia e/o effetti collaterali dei trattamenti an-tiemetici, o motivi connessi agli effetti indesiderati dellachemioterapia che, comunque, contribuiscono a selezionareil gruppo di pazienti valutabili nei cicli successivi (un pazienteche soffre molto per gli effetti collaterali della chemioterapiaha delle caratteristiche diverse da quello che, invece, la tol-lera benissimo e tali diversità potrebbero anche essere con-nessi alla predisposizione all’emesi).

Il fenomeno della progressiva riduzione dei pazienti neisuccessivi cicli di chemioterapia potrebbe essere inquadratocome distorsione da selezione (selection bias) che è una delleprincipali ragioni di inaffidabilità dei risultati di uno studio epi-demiologico. Si osservi che non è necessario che la selezionesia molto accentuata per avere ripercussioni pesanti.

Di ciclo in ciclo dovrebbero essere confrontati, tra i gruppi,almeno le caratteristiche note che facilitano od ostacolano

Risposta completa No nausea M/S

Ciclo; N=NEPA/PALO NEPA PALO NEPA PALO

Ciclo 1; N=724/725 74% 67% 75% 69%

Ciclo 2; N=635/651 80% 67% 77% 72%

Ciclo 3; N=596/606 84% 70% 78% 73%

Ciclo 4; N=551/560 84% 75% 80% 75%

| Casi clinici | L’irresistibile leggerezza della ricerca clinica sugli antiemetici

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SCHEDA 2

Gralla RJ, Bosnjak SM, Hontsa A,et al. A phase III study evaluatingthe safety and efficacy of NEPA, a fixed-dose combination ofnetupitant and palonosetron, for prevention of chemotherapy-induced nausea and vomitingover repeated cycles ofchemotherapy. Ann Oncol 2014;25: 1333-9.

Nei pochi trial che valutanol’efficacia di terapie antiemetichein successivi cicli di chemioterapia,il numero di pazienti valutabilidiminuisce rapidamente dal primociclo in poi. Pertanto, lapersistenza di efficacia osservatapuò essere sì un fatto reale, mapuò anche ricondursi all’effettodei drop out dovuti o allamancanza di controllo dell’emesi oall’insorgenza di effetti collaterali.Scopi del presente studio(multinazionale, multicentrico,randomizzato, doppio cieco,double dummy) registrativo di faseIII sono indagare sulla sicurezza edescrivere l’efficacia di NEPA, unacombinazione di un nuovoantagonista dei recettori NK-1(netupitant) e di un clinicamentesuperiore antagonista dei recettori5-HT3 (palonosetron, PALO), inpazienti trattati con chemioterapiamoderatamente (MEC) oaltamente (HEC) emetogena insuccessivi cicli di chemioterapia.

Metodi. Una volta stratificati persesso ed emetogenicità dellachemioterapia (HEC, MEC), ipazienti furono randomizzati inrapporto 3:1 a ricevere: − NEPA per os + Desametasone

(DEX) − Aprepitant (APR, 125 mg al

giorno 1 + 80 + 80 mg neigiorni 2 e 3) + PALO (0,50 mg ilgiorno 1) + DEX.

DEX fu somministrato per os,open label, a tutti i pazienti in dosi

relate all’emetogenicità dellachemioterapia (chemioterapiaaltamente emetogena, HEC: 12mg il giorno 1 e 8 mg i giorni 2-4:chemioterapia moderatamenteemetogena, MEC: 12 mg il giorno1). Non ci fu un limiteprespecificato al numero dei ciclidi chemioterapia cui il pazientesarebbe dovuto essereassoggettato.L’efficacia fu valutata medianteuna diary card che il pazientedoveva compilare dal giorno 1 algiorno 6, annotandovi il numero ela durata degli episodi di vomito el’intensità della nauseariportandola su un analogo visivo(VAS) lungo 100 mm. Furonoconsiderati due endpoint diefficacia: la risposta completa (CR:no vomito, no rescue) eprotezione dalla nausea moderatao severa (VAS < 25 mm) nella faseacuta (0-24 ore), ritardata (25-120ore) e complessivamente (0-120ore) dalla somministrazione dellachemioterapia.Scopo principale dello studio fucaratterizzare il profilo di tossicitàdi NEPA per la durata di 6 cicli dichemioterapia. La dimensionedello studio fu stabilita ipotizzandoche arruolando al primo ciclo 300pazienti, più di 100 sarebbero statiosservati in ciascuno dei ciclisuccessivi. Inoltre, se un eventoavverso non fosse stato osservatoin 100 pazienti trattati con NEPA,si sarebbe potuta escludere unasua incidenza ≥3% con probabilitàdel 95%. Per gli eventi avversi solostatistiche descrittive, e nonformali test statistici di confrontotra i due gruppi, furono eseguite.Per la valutazione di efficacia,furono calcolate le proporzioni dipazienti con CR e quelle di pazientiprotetti da nausea moderata osevera con i relativi intervalli diconfidenza al 95%.

Risultati. Furono randomizzati413 pazienti e ne furono valutati412, per un totale di 1961 cicli(1446 nel braccio NEPA e 515 inquello di controllo). Il 98% deipazienti completò il ciclo 1, il75% i primi 4 cicli e il 40% seicicli. Il 75,7% dei pazienti futrattato con MEC e il 24,3% conHEC. Le caratteristiche deipazienti furono ben bilanciate trai due gruppi.L’incidenza complessiva e pertipo degli eventi avversi (EA) fucomparabile tra i due gruppi.Inoltre, l’incidenza degli EA fuindipendente dall’emetogenicitàdella chemioterapia e dal sesso.La maggior parte degli eventiavversi riconducibili altrattamento fu di lieve omoderata intensità e solo pocopiù di ¼ di essi furono classificaticome severi nei due bracci. Nonfu osservata alcuna indicazionedi un trend crescentedell’incidenza degli EA altrascorrere dei cicli. Considerando l’intero periodo (0-120 ore dalla chemioterapia), laproporzione di risposte complete(CR) si mantenne alta nei 6 ciclidi chemioterapia e simile nei duebracci dall’81 (ciclo 1) al 92%(ciclo 5) con NEPA, dal 76 (ciclo1) all’88% (ciclo 4) nel gruppo dicontrollo. Anche la percentualedi pazienti protetti dalla nauseasevera fu alta e simile tra i duegruppi: dall’84 al 92% con NEPA,dall’81 all’87% con iltrattamento alternativo. Nelbraccio trattato con NEPA, lapercentuale di CR fu simile neipazienti trattati con HEC (79-91%) e con MEC (80-93%);invece, nel braccio di controllo,l’incidenza di CR fu un po’inferiore tra i pazienti chericevettero una chemioterapiaHEC (58-86%) rispetto a quellitrattati con MEC (82-89%). •

Page 30: Casco Autunno 2014

l’insorgenza dell’emesi; per quanto esposto sopra, ad esem-pio, sarebbe importante confrontare tra i due bracci l’inci-denza dell’emesi acuta e ritardata nei cicli precedenti. Se sitrova che nel braccio A, rispetto a B, sono stati più spesso eli-minati pazienti che avevano sofferto di emesi, nelle compa-razioni successive il braccio A (quello trattato con la terapiameno efficace) risulta avvantaggiato perché i soggetti più pre-disposti all’emesi in A si sono molto ridotti di numero rispettoa B. Fu l’Italian Group for Antiemetic Research (IGAR) che perprimo provò la presenza del bias da selezione in successivi ci-cli di chemioterapia2,3.

In sintesi, la distorsione da selezione, nei limiti del possi-bile, andrebbe controllata, cosa di cui non vi è traccia nei duelavori.

Esaminiamo, ora, le specificità dei due studi, ad iniziare daquello riportato nella scheda 1, presentato all’ultimo con-gresso del MASCC sotto forma di abstract.

Anzitutto, si tratta di uno studio non etico. Infatti, en-trambi i bracci non furono trattati con la terapia raccoman-data dalle più recenti linee-guida, che prevedono la sommi-nistrazione di desametasone anche nei giorni 2 e 3. Inoltre,i pazienti del braccio di controllo sono stati privati del migliortrattamento disponibile, contenente, oltre al desametasonee ad un antagonista dei recettori 5-HT3 (5-HT3 r.a.), ancheun antagonista dei recettori NK-1 (NK-1 r.a.). Infine, è uno stu-dio metodologicamente non corretto perché il gruppo di con-trollo riceve una profilassi antiemetica sub-ottimale.

In secondo luogo, è uno studio di scarsa utilità perché èben noto che l’aggiunta, alla combinazione di desametasone+ 5-HT3 r.a., di un NK-1 r.a. ne accresce l’efficacia. Fin dalprimo ciclo si può osservare un 7% in più di risposte completenel gruppo sperimentale e, per l’effetto di trascinamento cuiabbiamo sopra accennato, questo vantaggio si ripercuote neicicli successivi. Nel quarto ed ultimo ciclo considerato accadeche la differenza di efficacia fra i trattamenti osservata nei ci-cli 2 e 3 si attenua. Probabilmente è l’effetto del bias da se-lezione che, come si è visto, premia il trattamento peggiore(quello non contenente l’NK-1 r.a.).

In terzo luogo, aver considerato come endpoint primariola risposta completa nei giorni 1-5 non consente di valutarese la persistenza dei risultati sia riferibile alla fase acuta o aquella ritardata. Auspichiamo che nel lavoro che sarà pub-blicato venga colmata questa lacuna.

Infine, nei dati presentati c’è qualcosa che non quadra: siparla di 1286 pazienti arruolati, di cui il 76% ha completatoalmeno 4 cicli. Inaspettatamente, al primo ciclo, la somma deipazienti trattati in entrambi i bracci è 1449, cioè sono cresciutidi ben 163 unità!

Da quanto esposto si evince che nei congressi interna-zionali il sistema di referaggio è alquanto carente.

Malgrado soffra di tutti gli inconvenienti esaminati nelle“Caratteristiche comuni”, lo studio riportato nella scheda 2è assai più accurato del primo. In esso è esplicitamente dettoche scopo principale è la definizione del profilo di sicurezzadel nuovo farmaco. In genere tale obiettivo viene raggiunto

con un classico studio di fase 2, ed è pienamente apprezza-bile che gli autori abbiano invece scelto un disegno basatosulla randomizzazione non solo perché così si offre una va-lutazione comparativa, ma anche ai fini di future metanalisi.Coerentemente con l’obiettivo principale, la dimensione delcampione è stata calcolata rendendo minima la probabilità dinon osservare un evento avverso che abbia una probabilitàdi presentarsi di almeno il 3%. Tale scelta, però, inibiscel’uso di test statistici comparativi per la prova di efficacia dif-ferenziale tra i due trattamenti. Infatti, gli autori, corretta-mente, non li eseguono; però descrivono ugualmente le dif-ferenze come fossero dati di popolazione, giungendo perfinoa condurre un’analisi per sottogruppi quando confrontano ledifferenze riscontrate nei due bracci tra i pazienti che ricevonouna chemioterapia moderatamente emetogena e quelli trat-tati con chemioterapia altamente emetogena.

Discussione e conclusioniLe linee guida di trattamento antiemetico sono riferite sia

alla fase acuta che a quella ritardata, perché tale distinzionesi basa su conoscenze fisiopatologiche consolidate, come adesempio quelle ottenute con modelli animali (soprattutto il fu-retto) in cui l’emesi ritardata non si manifestava4. Considerareuna risposta composta (giorni 1-5) significa dunque esserenell’impossibilità di capire se la maggior efficacia di un nuovotrattamento si estrinseca nella fase acuta o in quella ritardatao in entrambe. Nello studio sintetizzato nella scheda 2, in ve-rità, si considera, oltre la CR nei giorni 1-5, anche la CR in faseacuta e in fase ritardata, ma, non essendo l’efficacia un en-dpoint primario, i confronti non furono eseguiti formalmente.

Ad un certo ciclo, la dipendenza dei risultati di efficaciada ciò che è accaduto nei cicli precedenti, provata da circa unventennio, non può essere ignorata; pertanto si può conclu-dere che le analisi statistiche adottate, che considerano i datirilevati nei successivi cicli come indipendenti, sono inappro-priate. Anziché tentare di comprendere fenomeni complessi,si cerca una iper-semplificazione che, se è funzionale al mar-keting in quanto veicola immediatamente il messaggio da tra-smettere, non consente di accumulare conoscenze scientifi-che, essenziali per una pratica clinica sempre più appropriata.

Concludiamo con una riflessione. Da tempo c’è la con-sapevolezza della scarsa efficacia dei 5-HT3 r.a. nella fase ri-tardata. Così sembra essere anche per gli NK-1 r.a.; infatti, direcente abbiamo provato con uno studio dal disegno inec-cepibile, che, nella fase ritardata, aprepitant ha praticamentela stessa efficacia della metoclopramide5. Per spiegare tali fe-nomeni, si potrebbe avanzare la seguente ipotesi: una voltache, con la prima somministrazione, entrambi questi recettoridell’emesi siano stati “saturati”, nel massimo modo possibileper un dato paziente, la somministrazione di dosi aggiuntivenei successivi giorni ottiene solo modesti risultati. Se questaipotesi fosse vera, potrebbe spiegare la simile efficacia diNEPA rispetto alla terapia raccomandata dalle linee guida.Sotto tale assunzione, l’aggiunta di un corticosteroide o di an-tagonisti di altri recettori coinvolti nella trasduzione dei segnalidell’emesi (come la metoclopramide) potrebbe migliorarnel’efficacia. •

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Esempio 2. Il Functional Living Index-Emesis (FLI-E) per il vomito è composto da9 item per ciascuno dei quali la risposta ècollocata su una scala di Likert a 7 punti;quindi, per un paziente, FLI-E assumevalori da un minimo di 9 (peggioreimpatto del vomito sulla qualità di vita) adun massimo di 63 (nessun impatto). Talidati, per ciascun paziente, possono esseretrasformati in un carattere dicotomico,considerando un cut-off di 54, definendo ivalori non inferiori a tale soglia come No(or minimal) Impact (of vomiting) onpatient’s Daily Life (NIDL), mentre quelli aldi sotto come Impact (of vomiting) onpatient’s Daily Life (IDL).

Come già esposto in “Statistica perconcetti 2” del precedente numero diCASCO, nel caso di dati ottenuti conscale nominali, l’unica analisi possibileè quella basata sulle frequenze. Poichéi test basati su frequenze nonrichiedono alcuna assunzione sullapopolazione target, in caso di scalenominali i test da usare sonoesclusivamente quelli non parametrici.

Nel caso di studi comparativi, iltest basilare è il test “esatto” di Fisher,descritto in Statistica per concetti deln. 7 di CASCO (autunno 2013), cuivanno ad aggiungersi suegeneralizzazioni (quando almeno unodei due caratteri presenti un numerodi modalità maggiore di 2: test diFreeman-Halton) ed approssimazioni(test chi-quadrato con o senza lacorrezione di Yates: cito i nomi perchéconsentono di individuarli nei packagestatistici). Tutti tali test sono nonparametrici.

Scale OrdinaliRiguardando la rubrica “Casi

clinici” del numero precedente(CASCO 9), si può osservare la correttascelta degli autori di usareesclusivamente test non parametriciavendo a che fare con dati ottenutimediante di scale di Likert.

Anche nel caso di scale ordinali,non possono essere usati testparametrici perché non si conosce ladistanza tra due modalità consecutive.Ad esempio, per valutare l’intensitàdella nausea si può usare la scala diLikert: 0 = no nausea; 1 = nausea lieve

Test non parametrici per campioniindipendenti

Statistica per concetti

RiassuntoSono presentati i test non parametrici utilizzabili nel caso di campioni indipen-denti, cioè, nella ricerca clinica, nel caso di uno studio prospettico randomiz-zato a gruppi paralleli. L’esposizione è condotta in relazione alla naturadell’endpoint da analizzare, ossia se la risposta al trattamento è collocabile suuna scala nominale, ordinale o di rapporti. Inoltre, si accenna anche al con-cetto di potenza-efficienza che lega i test parametrici ai corrispondenti test nonparametrici.Parole chiave. Test non parametrici, ranghi, studi comparativi, potenza-efficienza.

SummaryNonparametric tests for independent samples. Nonparametric tests can be used in analysing results of a prospective, parallel,randomised study. These tests are shown in relationship with the type of theconsidered endpoint: nominal, ordinal, or ratio scale. Moreover, the concept ofpower-efficiency with respect to the correspondent parametric test is outlinedKey words. Nonparametric tests, ranks, comparative studies, power-efficiency.

In “Statistica per concetti 2” del numero precedente di CASCO, si sonodefiniti i test parametrici (quelli che sono basati su assunzioni circa lapopolazione target), in relazione al tipo di dati che possono presentarsi nellaricerca clinica.

Nella presente nota proseguiamo il discorso introducendo i test nonparametrici, ma considerando solo quelli più utilizzati per l’analisi dei risultatidi uno studio clinico randomizzato a gruppi paralleli. Questi test prendono ilnome di “test per campioni indipendenti” in quanto ciò che accade in unbraccio dello studio non è influenzato da quanto osservato negli altri bracci(i pazienti sono diversi). Tale restrizione, dettata unicamente da esigenze dispazio, non è esaustiva di tutti i test non parametrici, in quanto restanoesclusi quelli appropriati per l’analisi dei dati sia nel caso di altri tipi didisegni comparativi (cross over, matching), sia nel caso di studi di fase 2,quando tutti i pazienti ricevono lo stesso trattamento.

Si dicono non parametrici i testper la cui costruzione non si fa ricorsoad ipotesi sulla popolazione target.

Scale nominali Le scale nominali sono

particolarmente importanti nellaricerca clinica, non solo per la loroampia diffusione (si pensi ai caratteridicotomici – ossia a due modalità –come guarito/non guarito,successo/insuccesso terapeutico), ma

anche perché, all’occorrenza, dati dialtra natura possono essere ricondottia caratteri dicotomici.

Esempio 1. La sopravvivenza globale(Overall Survival, OS) è un caratterequantitativo continuo. Nei casi in cui èopportuno o conveniente, la OS puòessere trasformata in carattere dicotomicoconsiderando, ad es., la sopravvivenza adue anni: vale “alta” se supera due anni,vale “bassa” altrimenti.

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(compatibile con tutte le attivitàquotidiane); 2 = nausea moderata(rende impossibile l’esercizio dialmeno alcune attività); 3 = nauseasevera (costringe il paziente a letto).La distanza che c’è tra 1 e 2 non puòessere considerata uguale a quella chec’è tra 2 e 3: le reali distanze nonsono conoscibili a priori e variano dapaziente a paziente, in relazioneall’impatto della nausea sulla qualitàdi vita, come percepita dal paziente.Non avrebbe dunque senso calcolarela media delle intensità osservate(perché i dati, sebbene spessoesprimibili in forma numerica, nonsono sommabili), mentre è possibilecalcolare la mediana1.

Nel caso di scale ordinali, i testnon parametrici che consentono ilconfronto tra mediane sono basati sui“ranghi” che rappresentano i postioccupati nella distribuzione ordinata(detta “graduatoria”) daicorrispondenti attributi.

Esempio 3.0. I ranghi. Siano 12, 8, 24,4, 42 le osservazioni ottenute su 5pazienti. Esse costituiscono unadistribuzione. Ordinandoli in senso, adesempio, crescente, si passa allacorrispondente graduatoria:4, 8, 12, 24, 42.Si assegni, ora, il posto che taliosservazioni ordinate occupano nellagraduatoria:1, 2, 3, 4, 5.I valori così ottenuti si chiamano ranghi, esono semplicemente i posti che leosservazioni ottenute occupano nellagraduatoria.Esempio 3.1. Ranghi in uno studiocomparativo. I valori rilevati su una scaladi Likert a 9 punti nei pazientirandomizzati a due trattamenti, A e Bsiano i seguenti:A: 4, 3, 7, 1

B: 6, 8, 9.Tali valori vanno sostituiti con i ranghi(cioè i posti che essi occupano nellagraduatoria complessiva dei 7 attributielencati). Ordinandoli senza riferimento altrattamento si ha:1, 3, 4, 6, 7, 8, 9cui corrispondono i ranghi (cioè i posti ingraduatoria) 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.Pertanto le risposte ai due trattamentivalutati con i ranghi sono:A: 3, 2, 5, 1B: 4, 6, 7.Esempio 3.2. Ranghi legati (tied ranks).Nel caso che più attributi siano uguali (e quindi abbiano lo stesso rango) aciascuno si sostituisce la media dei ranghiche avrebbero avuto nella graduatoria sefossero stati diversi. Ad esempio, A: 5; 2; 2; 1B: 5; 2; 9.Ordinando i dati senza far riferimento altrattamento si ha:1; 2; 2; 2; 5; 5; 9.Complessivamente, i ranghi da assegnareai dati ordinati sono sempre 7 (da 1 a 7).Pertanto, a 1 si assegna il rango 1, ai 2 lamedia dei ranghi che avremmo assegnatose fossero stati diversi: (2 + 3 + 4) / 3 = 3,analogamente ai due 5 (che occupano il5° e il 6° posto): (5 + 6) / 2 = 5,5; infine a 9il rango maggiore: 7. In tal modosostituendo ai dati originali i ranghi si ha 1; 3; 3; 3; 5,5; 5,5; 7che, ricollocati rispetto ai due trattamenti,danno luogo alle seguenti duedistribuzioni:A: 5,5; 3; 3; 1B: 5,5; 3; 7.

L’analisi dei dati consiste nelvalutare se la mediana dei ranghicorrispondenti alle osservazioni neltrattamento A (nel primo esempio,per mediana dei ranghi incorrispondenza di A, si può assumere2,5) possa ritenersi significativamentediversa dalla mediana dei ranghi di B(nel primo esempio: 6). Nel secondoesempio (ranghi legati) la mediana deiranghi per A è 3, quella per B è 5,5.

In tali casi, le due mediane sonoconfrontate per mezzo del test U diMann-Whitney (Mann-Witney U-test) o anche mediante il test diWilcoxon per la somma dei ranghi(Wilcoxon rank sum test). Tali duetest, trovati indipendentemente daautori diversi, seguono logichedifferenti, ma sono equivalenti, nelsenso che a qualunque distribuzione

siano applicati, danno sempre lostesso risultato in termini disignificatività della differenza tra ledue mediane.

Nel caso che i trattamenti fosseropiù di due, un test complessivo checonsente di determinare se almenouna mediana sia significativamentediversa dalle altre è il test di Kruskall-Wallis. Ad esempio, nel caso di 3trattamenti, si calcola il test diKruskall-Wallis. Se esso risultasignificativo, vuol dire che almeno unamediana è significativamente diversadalle altre. Per individuare a qualetrattamento si riferisca, o siriferiscano, le medianesignificativamente diverse, si puòprocedere confrontandole a due adue con il test di Wilcoxon per lasomma dei ranghi, badando però acorreggere il livello di significatività inbase alla disuguaglianza di Bonferroni(v. CASCO 1): quindi occorre fare ilminor numero possibile di confronti,scegliendo quelli essenziali, per nonpenalizzare troppo il livello disignificatività per ciascuno di essi.

Scale di rapporti.Come si è visto in “Statistica per

concetti 2” del numero scorso diCASCO, in uno studio clinicorandomizzato a due gruppi paralleli,per il confronto tra le mediepotrebbero essere usati i testparametrici (t-test per campioniindipendenti), ma a condizione chesiano rispettate le ipotesi su cui talitest si basano (normalità dell’errore,uguaglianza delle varianze), o chequeste siano al più moderatamenteviolate (il t-test è un test robusto).

Per verificare se le suddetteassunzioni sono rispettate esistonotest statistici (test di normalità, testper l’uguaglianza delle varianze).

Potrebbe, però, anche essereusato il test U di Mann-Whitney (o, equivalentemente, il test diWilcoxon per la somma dei ranghi).

Per decidere quale test sia piùvantaggioso, e di quanto, occorreintrodurre il concetto di Potenza-Efficienza (P-E).

Supponiamo di avere due test, S eT, ugualmente ammissibili per eseguire

1. Si definisce “mediana” il termine che divide lacorrispondente graduatoria (cioè la distribuzioneordinata) in modo da lasciare a sinistra lo stessonumero di termini che lascia a destra. Ad esempio:distribuzione: 28, 12, 36, 54, 8graduatoria: 8, 12, 28, 36, 54.Mediana della distribuzione è 28 perché, nellagraduatoria, lascia a sinistra due termini e adestra gli altri due.Un altro esempio.distribuzione: 44, 8, 4, 12graduatoria: 4, 8, 12, 44.Mediana è qualunque valore compreso tra 8 e12, ma, convenzionalmente, per mediana siassume la semisomma dei termini centrali: (8 + 12) / 2 = 10.

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un determinato confronto (ad es., t-test e test U). Supponiamo, inoltre,che occorrano 100 pazienti perbraccio affinché il test S abbia unapotenza dell’80% di individuare ladifferente efficacia tra i duetrattamenti (ossia che ci sia l’80% diprobabilità che il test S risultisignificativo, se i due trattamentihanno una diversa efficacia), mentrene occorrano 120 per raggiungerecon il test T la stessa potenza. In talcaso, la Potenza-Efficienza di Trispetto a S è pari a

P-E di T = (100/120) x 100 = 83,3%.

Si dice allora che il test T ha una P-E dell’83,3% del test S; in altreparole, per usare T con la stessapotenza di S, nelle condizionidell’esempio, occorre arruolare il 20%di pazienti in più.

Supponiamo che siano rispettatele ipotesi di normalità e di uguaglianzadelle varianze. In tal caso il testparametrico (t-test) è più potente delcorrispondente non parametrico (testU), ma la Potenza-Efficienza del test Uè circa il 95% di quella del t-test, cioèper avere un test U con la stessapotenza del t-test, sarebbe necessarioarruolare solo poco più del 5% dipazienti in più. Tutto ciò vale solo se leassunzioni alla base del t-test sonorispettate, altrimenti il confrontosarebbe illogico e potrebbe ancheaccadere che una differenza nonrisulti significativa con il t-test mentrelo sia con il test U (mi è capitato più diuna volta).

Nel caso di più di due trattamenti,il test parametrico da usare pervalutare se almeno una media possaessere ritenuta significativamentediversa dalle altre è il test F di Fisher-Snedecor per l’analisi della varianza. Il corrispondente test non parametricoè il test di Kruskall-Wallis.

Come si è detto, sono piùvantaggiosi i test parametrici (hannouna potenza superiore e quindirichiedono un minor numero dipazienti da arruolare), ma acondizione che siano rispettate leassunzioni su cui fondano. La verificadi tali assunti va condotta con apposititest statistici (di normalità, diuguaglianza delle varianze): se nonrisultano significativi, possono essereusati i test parametrici, altrimenti lascelta dovrebbe ricadere su quelli nonparametrici.

Nel caso di piccoli campioni, però,non è possibile decidere se leassunzioni su cui si basano i testparametrici siano rispettate, perchénon c’è una potenza sufficienteaffinchè possano risultare significativi.In tali casi o si hanno informazioniesterne allo studio che convincanoche le assunzioni siano verosimili (adesempio, quando i dati si riferiscono avariabili biometriche di cui è nota laforma normale della distribuzione,come ad es., per la glicemia che sidistribuisce normalmente nei soggettinon malati), oppure, per sicurezza, èpreferibile usare i test non parametrici.

In conclusione, sarebbe sempreragionevole usare i test nonparametrici, proprio in quanto hanno

una Potenza-Efficienza prossima aquella dei corrispondenti testparametrici; eppure il loro uso non èmolto frequente. La ragione piùplausibile è che, nell’analisi dei dati,oggi si tende ad usare, anziché test,modelli statistici che non soloconsentono il confronto tra i gruppisperimentali, ma permettono anche diottenere preziose informazionisull’importanza dei fattori prognosticie, quindi, di fare più accurateprevisioni.

Brevissima guida bibliograficaUn manuale praticamente

completo sui test non parametrici,molto chiaro e ricco di esempi è

– Siegel S. Non Parametric Statistics. Tokio: Mc Graw Hill-Kogakusha, 1956.

Molto più approfondito dal punto divista teorico, ma tratta solo i test nonparametrici basati sui ranghi, è ilvolume:

– Lehmann EL. Nonparametrics:statistical methods based on ranks.San Francisco: Mc Graw Hill, 1975.

Come si vede, tali opere sonomolto datate, proprio perché oggi siragiona soprattutto in termini dimodelli statistici. Tuttavia per unclinico, ricercatore o utente dei risultatidella ricerca, è importante averequalche nozione sui test nonparametrici soprattutto perché si usanospesso negli studi clinici per i confrontidell’endpoint primario e di quellisecondari tra i gruppi sperimentali.

Enzo Ballatori

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delle caratteristiche del prodotto accluso.

www.msd-italia.it www.contattamsd.it [email protected] www.univadis.it

Materiale depositato presso l’AIFA il 09/12/2014

*CINV=Nausea e vomito indotti dalla chemioterapia

**Triplice Terapia=EMEND, un 5-HT3 antagonista, e un corticosteroide.

La prevenzione della CINV inizia con la triplice terapia

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ONCO-1138223-0000-EMD-PU-12/2015