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Casco Primavera 2015

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Periodico trimestrale riservato alla classemedica edito in collaborazione con

Via Vitorchiano 151 – 00189 RomaTel 06 36 19 11 – Fax 06 36 380 311www.msd-italia.itNumero verde 800 23 99 89

Primavera 2015

Registrazione del Tribunale di Roma in corso

Direzione scientifica: Fausto RoilaEnzo BallatoriGruppo editoriale:Claudia Caserta Sonia Fatigoni Guglielmo FumiAzienda Ospedaliera di Terni

Il Pensiero Scientifico EditoreVia San Giovanni Valdarno 8 00138 RomaTel 06 862 821 – Fax 06 862 82 250Internet:www.pensiero.itStampa:Arti Grafiche Tris, RomaGiugno 2015Direttore responsabile:Giovanni Luca De FioreRedazione: Manuela BaronciniProgetto grafico:Antonella MionPrezzo: Fascicolo singolo €15,00

I contenuti pubblicati dalla rivistarispecchiano le opinioni degli Autori e non necessariamente quelle dell’Editore o della MSD Italia S.r.l.

Ogni farmaco menzionato deve essere usato in accordo con il relativoriassunto delle caratteristiche delprodotto fornito dalla ditta produttrice.

In questo numero

Primavera 2015

In copertina: Juan Gris,Verre et fruits(1920).

A conclusione del MASCC è previsto il varo delle

nuove linee guida di terapiaantiemetica

EDITORIALE

4 Le nuove linee guida di terapia antiemeticaEnzo Ballatori,Fausto Roila

LINEE GUIDA E PRATICA CLINICA

5 Linee guida sulla mucosite orale e gastrointestinale da terapie antitumorali Paolo Bossi,Roberta Granata

GESTIONE EVENTI AVVERSI

9 Tossicità dei MEK inibitori Elisa MinenzaSonia Fatigoni

13 Tossicità endocrina da targeted therapiesFausto Roila, Claudia Caserta, Sonia Fatigoni

CASI CLINICI

17 La protezione della funzioneovarica nelle donne sottoposte a chemioterapiaEnzo Ballatori,Fausto Roila

STATISTICA PER CONCETTI

20 Test bidirezionali e test unidirezionaliEnzo Ballatori

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CASCO — Primavera 20154

Le nuove linee guida di terapia antiemeticaEditoriale

Il prossimo 28 giugno, a Copenaghen, a conclusione

del congresso annuale del MASCC (Multinational

Association of Supportive Care in Cancer), è previsto il

varo delle nuove linee guida di terapia antiemetica.

Rispetto all’ultima consensus conference ESMO/MASCC del

2009 non ci sono stati studi clinici rivoluzionari che

abbiano modificato profondamente i risultati disponibili già

da allora. In ogni caso avremo la possibilità di discutere

l’utilizzo, sempre in associazione ad un 5-HT3 antagonista

e desametasone, del fosaprepitant nella prevenzione

dell’emesi indotta da cisplatino a dosi basse e ripetute per

5 giorni consecutivi, come nel caso della chemioterapia

con PEB nel cancro del testicolo, nella prevenzione

dell’emesi da carboplatino (regime considerato

moderatamente emetogeno ma che, nelle donne affette

da carcinomi della sfera ginecologica, induce un’elevata

incidenza di nausea e vomito) e da regimi di alte dosi di

chemioterapia. In tutte queste tre situazioni avremo la

dimostrazione di un incremento significativo apportato

dall’aggiunta di un NK1 antagonista ai farmaci antiemetici

già disponibili.

Inoltre verranno per la prima volta esaminati i risultati

ottenuti con i nuovi NK1 antagonisti, il netupitant*

(approvato FDA solo in combinazione con palonosetron in

unica compressa) e il rolapitant* e si valuterà l’impatto di

questi farmaci nella prevenzione dell’emesi acuta e

ritardata da cisplatino e da chemioterapia di moderato

potere emetogeno, che, quando utilizzata in combinazioni

del tipo EC/AC e FEC/FAC nelle donne affette da carcinoma

della mammella, presenta caratteristiche di chemioterapia

ad alto potere emetogeno. Ovviamente la consensus

conference discuterà come questi nuovi NK1 antagonisti si

pongano rispetto all’aprepitant e al fosaprepitant.

Infine, verranno presentati i risultati positivi, da poco

pubblicati, sull’efficacia dell’aprepitant nella prevenzione

dell’emesi da chemioterapia fortemente e moderatamente

emetogena nei bambini.

Purtroppo nella conferenza non verranno presentate novità

di rilievo nel controllo della nausea acuta e ritardata perché

in questo settore, che è restato il punto dolente della

terapia antiemetica, c’è stata e c’è poca ricerca.

La consensus conference, come già nelle precedenti

edizioni, è articolata in 10 commissioni con la

partecipazione di almeno 5 esperti in ogni commissione

che avranno il compito di preparare la discussione del

28.6.2015 identificando anzitutto i punti critici da

sciogliere per aggiornare le precedenti linee guida, quali,

ad esempio, se e come valutare studi non etici (che hanno

privato una parte dei pazienti della miglior terapia

antiemetica disponibile),

se e come valutare studi dal disegno metodologicamente

non corretto (ad esempio, con comparator subottimale).

Avremo una commissione che rivaluta il potenziale

emetogeno dei farmaci antitumorali (commissione

importante data la commercializzazione di molti nuovi

farmaci negli ultimi 5 anni), quella sui farmaci altamente

emetogeni, sui farmaci moderatamente emetogeni, sui

farmaci utilizzati per più giorni consecutivi, sulla terapia

antiemetica in pazienti sottoposti ad alte dosi di

chemioterapia, sui trattamenti di rescue in pazienti che

vomitano dopo la somministrazione delle migliori

associazioni di farmaci antiemetici, sull’emesi anticipatoria

ed infine, novità assoluta, sui farmaci antiemetici nei

pazienti in fase terminale.

Insomma un bell’impegno per i circa 30 membri di queste

commissioni con la speranza di tornare con novità che

permettano ai nostri pazienti un controllo sempre migliore

di questi sintomi.

Enzo BallatoriFausto Roila*Non autorizzato in Italia.

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CASCO — Primavera 2015 5

RIASSUNTOQuesto lavoro consiste nel riassunto di una serie di evi-

denze che riguardano la mucosite orale e gastrointestinale,causata dalla chemioterapia convenzionale o dalle nuove te-rapie antitumorali. Le lesioni alla mucosa orale causate dalleterapie antitumorali sono comuni tossicità di questi farmaci odei trattamenti chemioradianti in pazienti con tumori del di-stretto cervico-facciale1.

Tutto il tratto gastrointestinale può essere colpito da un’in-fiammazione causata dalle terapie antiblastiche; tale muco-site può richiedere l’utilizzo di antidolorifici per migliorare ildolore o il ricovero ospedaliero per la somministrazione di an-tibiotici o terapia di supporto.

Nei pazienti immunodefedati, le infezioni delle lesioni dellamucosa orale e gastrointestinale possono portare a battere-mia, fungemia e sepsi.

In alcuni casi, la morbilità associata a mucosite è signifi-cativa e può portare a riduzione delle dosi, ritardi e/o interru-zione dei trattamenti antitumorali, determinando così unimpatto negativo sull’esito oncologico dei trattamenti stessi2.

Il trattamento delle mucositi orali e gastrointestinali sibasa essenzialmente sulla terapia di supporto e in particolaresull’igiene orale, sul controllo algico, sulla prevenzione e trat-tamento delle infezioni e sul supporto nutrizionale. Le nuovelinee guida cliniche per le mucositi orali e gastrointestinalisono state aggiornate dal MASCC/ISOO (Multinational Asso-ciation of Supportive Care in Cancer and International Societyof Oral Oncology)3. Queste linee guida sono state sviluppatesulla base di livelli di evidenza con tre possibili denominazioni:raccomandato, suggerito o assenza di linea guida3.

Parole chiave. Mucosite orale, mucositegastrointestinale, MASCC, ISO, linee guida, trattamentoclinico.

SUMMARYOral and gastrointestinal mucositis in patientsreceiving anticancer therapy: clinical guidelinesThis work provides a summary of clinical suggestions re-

garding oral and gastrointestinal mucositis caused by con-ventional and emerging cancer therapy. Oral mucosal injurycaused by cancer therapies is a common toxicity of anti-

Paolo Bossi, Roberta GranataOncologia medica tumori testa-colloFondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori Milano

Linee guida e pratica clinica

Linee guida sulla mucosite orale e gastrointestinale da terapie antitumorali

neoplastic drugs and/or head and neck radiation in cancerpatients1. All the gastrointestinal tract can be affected byinflammation of anticancer therapy that may require sys-temic narcotics for pain relief or hospital admission for an-tibiotics or rehydration.

In patients with a reduction of immune responses, sec-ondary infection of oral and gastrointestinal mucositis lesionscan lead to bacteremia, fungemia, and sepsis.

Sometimes the significant morbidity associated with mu-cositis may result in dose reductions, delays, and/or treatmentinterruptions in cancer therapy which in turn may negativelyimpact patient outcome2. Management of oral/gastrointesti-nal mucositis is mainly directed to supportive care includingbasic oral care, oral pain control, prevention and treatmentof infection, and nutritional support2. The clinical guidelinesfor oral and gastrointestinal mucositis have been updated byMultinational Association of Supportive Care in Cancer andInternational Society of Oral Oncology (MASCC/ISOO)3. Theseguidelines were developed and based on the level of evidence,with three possible guideline determinations: recommenda-tion, suggestion, or no guideline possible3.

Key words. Oral mucositis, gastrointestinal mucositis,MASCC, ISOO, guidelines, clinical management.

Le linee guida qui schematizzate non rappresentanouna risposta esaustiva a diversi quesiti in merito al tratta-mento delle mucositi, poiché in diverse aree non è statopossibile individuare sufficienti studi a supporto di deter-minati interventi. Questo fatto, che deriva dalla costruzionedi linee guida con una metodica rigorosa, può rappresen-tare un limite di queste linee guida, ma allo stesso tempoè uno stimolo forte alla conduzione di studi clinici per l’in-dividuazione di nuovi strumenti di prevenzione e tratta-mento di questa tossicità. •

Bibliografia1. Sonis ST, Elting LS, Keefe D, et al. Perspectives on cancer therapy-

induced mucosal injury: pathogenesis, measurement,epidemiology, and consequences for patients. Cancer 2004; 100: 1995-2025.

2. Jensen SB, Peterson DE. Oral mucosal injury caused by cancertherapies: current management and new frontiers in research. J Oral Pathol Med 2014; 43: 81-90.

3. Lalla RV, Bowen J, Barasch A, et al. MASCC/ISOO Clinical PracticeGuidelines for the Management of Mucositis Secondary to CancerTherapy. Cancer 2014; 120: 1453-61.

Si ringrazia la Prof.ssa Alessandra Majorana, dell’Università di Brescia, per la collaborazione alla traduzione delle linee guida.

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6 CASCO — Primavera 2015

| Linee guida e pratica clinica | Linee guida sulla mucosite orale e gastrointestinale da terapie antitumorali

Raccomandazioni in favore diintervento(l’efficacia del settingterapeutico elencato è supportata da forte evidenza)

Suggerimenti in favore di intervento(l’efficacia del setting terapeutico elencato è supportata da evidenza più debole)

Tabella I. Linee guida raccomandate per intervento nella mucosite orale.

MUCOSITEORALE

1. Il panel raccomanda l’utilizzo di crioterapia orale per 30 minuti nella prevenzionedella mucosite orale in pazienti che ricevono 5-fluorouracile in bolo (livello di evidenza II).

2. Il panel raccomanda l’utilizzo del fattore di crescita per i cheratinocitiricombinante umano (KGF-1/palifermin) nella prevenzione della mucosite orale(ad una dose di 60 μg/kg al giorno per 3 giorni prima del regime dicondizionamento e per 3 giorni successivi al trapianto) in pazienti conneoplasia ematologica che ricevono chemioterapia ad alte dosi e irradiazionetotal-body (TBI) seguiti da trapianto di cellule staminali autologhe (livello di evidenza II).

3. Il panel raccomanda che la terapia laser low-level (lunghezza d’onda 650 nm,potenza 40 mW, con ciascun cm2 trattato per il tempo richiesto con una dose dienergia tessutale pari a 2 J/cm2 (2 s/point)) sia utilizzata per la prevenzione dellamucosite orale in pazienti che ricevono trapianto di cellule staminali precedutoda regime di condizionamento ad alte dosi, con o senza una irradiazione total-body (TBI) (livello di evidenza II).

4. Il panel raccomanda che un trattamento analgesico con morfina controllato dalpaziente sia utilizzato per il trattamento del dolore dovuto a mucosite orale inpazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali (livello di evidenza II).

5. Il panel raccomanda sciacqui con benzidamina nella prevenzione della mucositeorale nei pazienti con neoplasia del distretto testa-collo, che ricevono una dosemoderata di radioterapia (fino a 50 Gy), senza chemioterapia concomitante(livello di evidenza I).

Tabella II. Linee guida suggerite per intervento nella mucosite orale.

MUCOSITEORALE

1. Il panel suggerisce che i protocolli di igiene e cura del cavo orale siano utilizzatiper la prevenzione della mucosite in tutte le fasce di età e indipendentementedalle modalità di trattamento oncologico (livello di evidenza III).

2. Il panel suggerisce che la crioterapia orale sia utilizzata per la prevenzione dellamucosite orale in pazienti che ricevono melfalan ad alte dosi, con o senza unairradiazione total-body (TBI), come regime di condizionamento per il trapiantodi cellule staminali ematopoietiche (livello di evidenza III).

3. Il panel suggerisce che la terapia laser low-level (lunghezza d’onda 632,8 nm) sia utilizzata per la prevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevonoradioterapia senza chemioterapia concomitante per neoplasie del distrettotesta-collo (livello di evidenza III).

4. Il panel suggerisce che l’applicazione di fentanyl transdermico possa essereefficace per il trattamento del dolore dovuto a mucosite orale in pazienti chericevono chemioterapia convenzionale o ad alte dosi, con o senza irradiazionetotal-body (TBI) (livello di evidenza III).

5. Il panel suggerisce che sciacqui con morfina al 2‰ possano essere efficaci nel trattamento del dolore dovuto a mucosite orale in pazienti sottoposti aradioterapia per neoplasia del distretto testa-collo (livello di evidenza III).

6. Il panel suggerisce che sciacqui con doxepina allo 0,5% possano essere efficacinel trattamento del dolore dovuto a mucosite orale (livello di evidenza IV).

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7CASCO — Primavera 2015

| Linee guida e pratica clinica | Linee guida sulla mucosite orale e gastrointestinale da terapie antitumorali

Raccomandazionicontro l’intervento(esiste una forte evidenza che indica la mancanza di efficaciadei trattamenti elencati)

Suggerimenti contro l’intervento(una evidenza più debole indica la mancanza di efficacia dei trattamenti elencati)

Tabella III. Raccomandazioni contro l’intervento nella mucosite orale.

MUCOSITEORALE

1. Il panel raccomanda che l’utilizzo di pastiglie antimicrobiche contenenti PTA(polimixina, tobramicina, anfotericina B) e BCoG (bacitracina, clotrimazolo,gentamicina) e creme ad uso orale contenenti PTA non siano utilizzate nellaprevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevono radioterapia perneoplasie del distretto testa-collo (livello di evidenza II).

2. Il panel raccomanda che gli sciacqui con l’antimicrobico iseganan non sianoutilizzati nella prevenzione della mucosite orale in pazienti con neoplasiaematologica che ricevono chemioterapia ad alte dosi con o senza irradiazionetotal-body (TBI) seguiti da trapianto di cellule staminali autologhe o in pazientiche ricevono radioterapia o radiochemioterapia concomitante per unaneoplasia del distretto testa-collo (livello di evidenza II).

3. Il panel raccomanda che gli sciacqui con sucralfato non siano utilizzati per laprevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevono chemioterapia (livello di evidenza I) o in pazienti che ricevono radioterapia (livello di evidenza I) o radiochemioterapia concomitante (livello di evidenza II)per neoplasie del distretto testa-collo.

4. Il panel raccomanda che gli sciacqui con sucralfato non siano utilizzati per il trattamento della mucosite orale in pazienti che ricevono chemioterapia (livello di evidenza I) o in pazienti che ricevono radioterapia (livello di evidenza II) per neoplasie del distretto testa-collo.

5. Il panel raccomanda che il trattamento con glutamina per via endovenosa non sia usato come prevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevonochemioterapia ad alte dosi, con o senza irradiazione total-body (TBI), per il trapianto di cellule staminali emtopoietiche (livello di evidenza II).

Tabella IV. Suggerimenti contro l’intervento nella mucosite orale.

MUCOSITEORALE

1. Il panel suggerisce che gli sciacqui di clorexidina non siano utilizzati nellaprevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevono radioterapia perneoplasie del distretto testa-collo (livello di evidenza III).

2. Il panel suggerisce che i fattori di crescita per i granulociti macrofagi (GM-CSF) in sciacqui non siano utilizzati nella prevenzione della mucosite orale in pazientiche ricevano chemioterapia ad alte dosi, per il trapianto di cellule staminaliautologo od eterologo (livello di evidenza II).

3. Il panel suggerisce che gli sciacqui con misoprostolo non siano utilizzati nellaprevenzione della mucosite orale in pazienti che ricevono radioterapia perneoplasie del distretto testa-collo (livello di evidenza III).

4. Il panel suggerisce che la pentossifilina sistemica per via orale non sia utilizzataper la prevenzione della mucosite orale in pazienti sottoposti a trapianto dimidollo (livello di evidenza III).

5. Il panel suggerisce che la pilocarpina sistemica per via orale non sia utilizzata per la prevenzione della mucosite orale in pazienti sottoposti a radioterapia perneoplasia del distretto testa-collo (livello di evidenza III) o in pazienti chericevono chemioterapia ad alte dosi con o senza irradiazione total-body (TBI)per trapianto di cellule staminali ematopoietiche (livello di evidenza II).

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| Linee guida e pratica clinica | Linee guida sulla mucosite orale e gastrointestinale da terapie antitumorali

CASCO — Primavera 20158

Raccomandazioni in favore di intervento(l’efficacia del settingterapeutico elencato è supportata da forte evidenza)

Suggerimenti in favoredi intervento(l’efficacia del settingterapeutico elencato è supportata da evidenza più debole)

Raccomandazioni contro l’intervento(esiste una forte evidenzache indica la mancanza di efficacia deitrattamenti elencati)

Tabella V. Linee guida raccomandate per intervento nella mucosite gastrointestinale.

MUCOSITEGASTROINTESTINALE

1. Il panel raccomanda l’utilizzo di amifostina endovena, ad una dose ≥ 340 mg/m²,per la prevenzione della proctite da raggi in pazienti sottoposti a terapia radiante(livello dell’evidenza II).

2. Il panel raccomanda l’utilizzo di octreotide, ad una dose ≥ 100 μg sottocutaneadue volte al giorno, per il trattamento della diarrea indotta da dosi standard dichemioterapia o da alte dosi associata a trapianto di cellule staminali, quandoloperamide risulti inefficace (livello dell’evidenza II).

Tabella VI. Linee guida suggerite per intervento nella mucosite gastrointestinale.

MUCOSITEGASTROINTESTINALE

1. Il panel suggerisce l’utilizzo di amifostina endovena per la prevenzionedell’esofagite indotta da chemioterapia concomitante a terapia radiante in pazienti affetti da carcinoma non a piccole cellule del polmone.

2. Il panel suggerisce l’utilizzo di clisteri di sucralfato per il trattamento dellaproctite cronica indotta da radiazioni in pazienti con sanguinamento rettale(livello di evidenza III).

3. Il panel suggerisce l’utilizzo di sulfasalazina sistemica, ad una dose di 500 mgsomministrata per os due volte al giorno, per la prevenzione dell’enteropatiaradio-indotta in pazienti sottoposti a terapia radiante alla pelvi (livello di evidenza II).

4. Il panel suggerisce l’utilizzo di probiotici contententi Lactobacillus, per laprevenzione della diarrea in pazienti sottoposti a chemioterapia e/o a terapiaradiante per un tumore pelvico (livello di evidenza III).

5. Il panel suggerisce l’utilizzo di ossigeno iperbarico per il trattamento dellaproctite radio-indotta in pazienti sottoposti a terapia radiante per un tumoresolido (livello di evidenza IV).

Tabella VII. Raccomandazioni contro l’intervento nella mucosite gastrointestinale.

MUCOSITEGASTROINTESTINALE

1. Il panel raccomanda di non utilizzare sucralfato sistemico, somministrato per os, per il trattamento delle mucositi gastroenteriche in pazienti sottoposti a terapia radiante per un tumore solido (livello di evidenza I).

2. Il panel raccomanda di non utilizzare acido 5-acetilsalicilico (ASA) e i relativicomponenti mesalazina e olsalazina, somministrati per os, per la prevenzionedella diarrea acuta indotta da radiazione in pazienti sottoposti a terapiaradiante per un tumore della pelvi (livello di evidenza I).

3. Il panel raccomanda di non utilizzare supposte di misoprostolo per la prevenzionedelle proctiti acute radio-indotte in pazienti sottoposti a terapia radiante per una neoplasia prostatica (livello di evidenza I).

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CASCO — Primavera 2015 9

RIASSUNTOL’immunoterapia è una delle strategie di trattamento in

oncologia più interessanti ed innovative. Recentemente l’im-munoterapia ha dimostrato di essere potenzialmente effi-cace in diversi tumori, con un prolungato controllo della ma-lattia in una percentuale importante di pazienti.

I MEK inibitori sono un altro gruppo interessante di far-maci; essi sono stati valutati in numerosi studi, soprattutto peril trattamento del melanoma, dimostrando efficacia soprat-tutto in combinazione con gli inibitori di BRAF. In particolare,trametinib e cobimetinib sono stati valutati in combinazionerispettivamente con dabrafenib e vemurafenib, con importantirisultati nel melanoma metastatico.

Questi farmaci hanno effetti collaterali caratteristici comead esempio la tossicità oculare e cardiaca, di solito gestibilesenza gravi complicanze.

Parole chiave. Trametinib, cobimetinib.

SUMMARYMEK inhibitors toxicityImmunotherapy is one of the most interesting and inno-

vative treatment strategy in oncology. Recently immunother-apy showed potential efficacy in several tumours, with pro-longed disease control in a significative percentage of patients.

MEK inhibitors are another group of interesting drug; theyhave been evaluated in several studies, especially for the treat-ment of melanoma, when they showed efficacy mostly incombination with BRAF inhibitors. In particular, trametinib andcobimetinib have been evaluated in combination withdabrafenib and vemurafenib respectively, with important re-sults in metastatic melanoma.

These drugs have peculiar side effects, including ocular andcardiac toxicity, usually well manageble.

Key words. Trametinib, cobimetinib.

IntroduzioneNel corso dell’ultimo anno sono stati pubblicati numerosi

lavori sull’impiego di MEK inibitori per il trattamento di varitumori come ad esempio il melanoma metastatico, dove al-cuni di questi farmaci sono già stati autorizzati dagli enti re-

golatori, perché hanno portato ad un aumento della pro-gressione libera di malattia (PFS) e della sopravvivenza (OS).

In particolare, in questo articolo, ci occuperemo di tra-metinib e cobimetinib, come MEK inibitori, perché sono lemolecole su cui recentemente si sono accumulati più dati.

MEK inibitoriTrattando di questa classe di farmaci, faremo riferimento

ai più recenti studi nel melanoma avanzato, perché i dati diutilizzo in altre neoplasie sono molto limitati e quindi ricavareil profilo di tossicità è più difficile; nella tabella I riportiamo leprincipali tossicità emerse dagli studi di fase III.

Circa la metà dei pazienti con melanoma avanzato pre-senta una mutazione di BRAF, una delle tre proteine, insiemea ARAF e CRAF, della famiglia di chinasi RAF che fanno tutteparte della cascata di trasduzione del segnale delle mitogen-activated protein kinase (MAPK). La mutazione porta ad un’at-tivazione di BRAF che fosforila e attiva la chinasi MEK che at-tiva, a sua volta, ERK, l’effettore finale della cascata delleMAPK, con conseguente proliferazione ed aumento della so-pravvivenza delle cellule tumorali. L’inibizione di MEK porta adun blocco dell’attivazione della cascata delle MAPK, poten-zialmente anche nei pazienti resistenti all’inibizione di BRAF.

Per tale motivo i MEK inibitori sono stati valutati sia cometerapia singola, purtroppo dimostrando un’efficacia limitata1,sia come terapia di combinazione con gli inibitori di BRAF, conl’obiettivo di ritardare l’insorgenza della resistenza a tali far-maci e prolungare la PFS. La combinazione, inoltre, sembraridurre la frequenza di alcuni effetti collaterali dei BRAF ini-bitori come la comparsa di carcinomi cutanei squamocellu-lari. La combinazione, invece, ha dimostrato solo un’effica-cia modesta in pazienti resistenti agli inibitori di BRA2.

TrametinibÈ un inibitore selettivo, allosterico, reversibile di MEK1/

MEK2, a somministrazione orale. Nel 2012 sono stati pub-blicati i primi lavori1,3 di cui abbiamo già parlato in precedenza(vedi CASCO 2012 volume 2 n. 3), che hanno valutato tra-metinib da solo verso chemioterapia e trametinib + dabrafe-nib. A marzo 2014 è stato pubblicato anche un lavoro sullaqualità di vita dei pazienti dello studio con trametinib versochemioterapia4, valutata attraverso il questionario sulla qua-lità di vita dell’European Organization for Research and Tre-atment of Cancer (EORTC); il lavoro ha evidenziato un minoredeclino funzionale e nello stato di salute ed una minore esa-cerbazione dei sintomi con trametinib rispetto alla chemio-terapia.

Tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 sono stati pubbli-

Tossicità dei MEK inibitori

Gestione eventi avversi

Elisa Minenza, Sonia FatigoniStruttura Complessa di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera“S. Maria”, Terni

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CASCO — Primavera 201510

Tabella I. Principali tossicità della combinazione di BRAF inibitori e MEK inibitori.

Tossicità dabrafenib dabrafenib vemurafenib+ + +

trametinib trametinib cobimetinib

Studio Long5 Studio Robert7 Studio Larkin9

NEJM 2014 NEJM 2015 NEJM 2014(%) (%) (%)

Febbre 51 53 26

Fatigue 35 32

Mal di testa 30 35

Nausea 30 35 40

Brividi 30 31

Artralgie 24 24 32

Diarrea 24 32 56

Rash 23 22 39

Ipertensione 22

Vomito 20 29 21

Tosse 16

Edemi periferici 14

Dolore ad un arto 14

Riduzione appetito 11

Dolore addominale 11

Aumento ALT 11 23

Aumento AST 11 22

Aumento creatin-chinasi 31

Stipsi 11

Mialgie 11

Astenia 10

Vertigini 10

Nasofaringite 10

Dolore alla schiena 9

Secchezza cute 9

Prurito 8 35

Alopecia 7 6 14

Sindrome mano-piede 5 4

Ipercheratosi 3 4 10

Papilloma cutaneo 1 2

Fotosensibilità 4 29

CR cutaneo squamoso 2 1 3(compreso il cheratoacantoma)

Riduzione frazione eiezione 4 8 8

↑ Intervallo Qt 4

Corioretinopatia <1 1 13

Distacco di retina 0 9

Vista sfocata 2

Dermatite acneiforme 8 6

| Gestione eventi avversi | Tossicità dei MEK inibitori

Page 11: Casco Primavera 2015

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| Gestione eventi avversi | Tossicità dei MEK inibitori

cati due importanti studi di fase III che hanno valutato la com-binazione di trametinib con dabrafenib.

Il primo5 è uno studio doppio cieco, randomizzato, che haconfrontato dabrafenib + trametinib verso dabrafenib + pla-cebo, su 423 pazienti con melanoma stadio IIIC non reseca-bile o IV, con mutazione BRAF V600E o V600K, mai trattatiin precedenza. La dose di dabrafenib era 150 mg x 2/die equella di trametinib 2 mg/die. Lo studio ha evidenziato unaPFS di 9,3 mesi verso 8,8 mesi (un vantaggio statisticamentesignificativo ma di soli 0,5 mesi); le risposte sono state 67%verso 51%; a 6 mesi c’è un trend in favore della combina-zione per la sopravvivenza globale.

Gli effetti collaterali sono risultati simili nei due bracci conuna frequenza elevata (95% verso 96%), e un grado 3 nel32% e 34% rispettivamente, anche se una discontinuazionepermanente della terapia si è verificata nel 9% dei casi conla combinazione verso 5% con dabrafenib + placebo e unariduzione di dose si è resa necessaria nel 25% verso 13%; glieventi di grado 3-4 si sono verificati nel 35% vs 37% dei casi.L’evento collaterale più frequente nei due bracci è risultato lafebbre (51% verso 28%) che è anche il motivo più frequentedi discontinuazione della terapia; seguono fatigue (35% vs35%), mal di testa (30% vs 29%), nausea (30% vs 26%) , bri-vidi (30% vs 16%), artralgie (24% vs 27%), diarrea (24% vs14%), rash (23% vs 22%) e ipertensione (22% vs 14%). Nelbraccio con la combinazione sono risultati meno frequenti ilcarcinoma cutaneo squamocellulare (2% vs 9%) e l’iperche-ratosi cutanea (3% vs 32%). Non si sono verificati casi di oc-clusione venosa retinica. In generale possiamo quindi con-cludere che l’effetto collaterale più frequente ed invalidantedella combinazione dabrafenib + trametinib è la febbre, an-che perché il 63% dei pazienti che aveva manifestato febbreha avuto un secondo episodio e il 47% tre o più episodi. Perla gestione della febbre in circa il 15% dei pazienti è stata ef-fettuata una terapia con steroidi per 3 o più settimane dopoil primo o secondo episodio.

Successivamente è stato anche pubblicato un lavoro6

sulla qualità di vita legata allo stato di salute (healht-relatedquality of life, HRQoL) nei pazienti arruolati nello studio, va-lutato attraverso il questionario sulla qualità di vita C30 del-l’EORTC. Con tutte le limitazioni legate alla valutazione sullaqualità di vita, il lavoro ha comunque evidenziato una migliorepreservazione della HR-QoL ed un miglioramento del dolorecon la combinazione; un trend in favore della combinazioneè stato registrato per gli aspetti funzionali (dimensione fisica,sociale, di ruolo, emozionale e cognitiva), mentre per i sintominausea e vomito, diarrea, dispnea e stipsi è stato riportato untrend in favore della monoterapia.

Il secondo studio7 ha confrontato dabrafenib + trameti-nib verso vemurafenib su 704 pazienti con melanoma meta-statico, mutazione BRAF V600; le dosi impiegate erano da-brafenib 150 mg x 2/die, trametinib 150 mg x 2/die evemurafenib 960 mg x 2/die. I risultati hanno evidenziato unaPFS di 11,4 verso 7,3 mesi e risposte nel 64% verso 51%. Si-mili sono risultate nei due bracci le percentuali di effetti col-laterali (91% vs 98%, di cui quelli di grado 3-4 nel 53% vs63%), di discontinuazione permanente della terapia (13% vs

12%) e di riduzione della dose (33% vs 39%). La causa piùfrequente per l’interruzione o riduzione di dose è risultata lafebbre nel braccio con la combinazione e il rash cutaneo nelbraccio con vemurafenib. Gli eventi avversi che sono risultatipiù frequenti nel braccio con la combinazione sono risultatila febbre (53%), la nausea (35%), la diarrea (32%), i brividi(31%), la fatigue, il mal di testa e il vomito (29%); nel brac-cio con vemurafenib, invece, i più frequenti erano gli effetticollaterali cutanei quali rash (43%), reazioni di fotosensibilità(22%), sindrome mano-piede (25%), papillomi cutanei (23%),carcinomi squamocellulari e cheratoacantomi (18%), iper-cheratosi (25%). Da segnalare, inoltre, una riduzione della fra-zione di eiezione cardiaca di grado 2-3 nell’8% dei pazientinel braccio con la combinazione, due casi di corioretinopa-tia di grado 1 sempre nel braccio con la combinazione ed uncaso di occlusione venosa retinica nel braccio con vemura-fenib. La febbre, effetto collaterale più frequente nel bracciocon la combinazione, viene riferita di facile gestione contrattamenti sintomatici o interruzioni temporanee dei farmaciche possono essere ripresi dopo 24 ore senza febbre.

CobimetinibÈ un potente e selettivo MEK inibitore a somministrazione

orale. Dagli studi di fase 1 che hanno valutato l’utilizzo in mo-noterapia, gli effetti collaterali più frequenti sono risultati diar-rea, rash, fatigue, edemi.

Nel 2014 sono stati pubblicati due importanti lavori ri-guardanti la combinazione di vemurafenib con cobimetinb inpazienti con melanoma avanzato BRAF mutati. Ad agosto èstato pubblicato uno studio di fase 1b che ha valutato la com-binazione su 129 pazienti mai trattati oppure in progressionea vemurafenib8, determinando la sicurezza e la tollerabilità deifarmaci alla dose di 960 mg x 2/die di vemurafenib + 60mg/die per 21 giorni sì e 7 no di cobimetinib. Con questaschedula di trattamento le tossicità più frequenti sono risul-tate la diarrea (64%), il rash non acneiforme (60%), l’aumentodegli indici epatici (50%), la fatigue (48%), la nausea (45%)e la fotosensibilità (40%).

A novembre è stato pubblicato lo studio di fase 3 rando-mizzato9 che ha valutato su 495 pazienti mai trattati per me-lanoma stadio IIIC o IV con mutazione BRAF V600 vemura-fenib + cobimetinib verso vemurafenib + placebo. Le dosiutilizzate erano 960 mg x 2/die per il vemurafenib e 60mg/die per 21 giorni ogni 28 per cobimetinib. I risultatihanno evidenziato una PFS mediana di 9,9 mesi verso 6,2mesi, con un tasso di risposte complete/parziali di 68% verso45%; l’analisi ad interim della sopravvivenza a 9 mesi è risul-tata dell’81% verso 73%. La combinazione non ha eviden-ziato una differenza significativa nell’incidenza di effetti col-laterali: complessivamente, il 95% dei pazienti nel braccio dicombinazione e il 96% nel braccio vemurafenib + placebohanno avuto effetti collaterali; quelli di grado 3 o superioresono risultati del 65% verso 59%, e il tasso di sospensionedella terapia è stato del 13% verso 12%.

Gli eventi avversi più frequenti con la combinazione ri-spetto alla monoterapia sono risultati diarrea nausea, vomito,fotosensibilità, aumento delle transaminasi e della creatin-chi-

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nasi, retinopatia; meno frequenti sono risultati, invece, car-cinomi cutanei squamocellulari, cheratoacantomi, alopecia eartralgie. Simili sono risultati la febbre e la tossicità cardiaca(riduzione della frazione di eiezione e prolungamento del QT).

Va sottolineato che molti eventi avversi dei MEK inibitorisono comuni anche ad altri nuovi farmaci utilizzati nel mela-noma, come ipilimumab e anti-PD1. In generale si tratta ditossicità ben gestibili; i gradi lievi possono essere trattati confarmaci sintomatici e non richiedono una sospensione del far-maco o una riduzione di dose. Nei gradi moderati-severi si ri-corre, invece, quasi sempre ad una sospensione temporaneae alla ripresa del farmaco alla risoluzione dell’evento, spessoa dose ridotta10. – Febbre: compare in genere dopo qualche giorno dall’ini-

zio del trattamento e si accompagna a malessere gene-rale; può essere trattata con paracetamolo, se necessariosteroidi come il prednisone a basse dosi e nei casi più im-portanti con la sospensione del farmaco.

– Diarrea: è quasi sempre di grado lieve-moderato e può es-sere trattata con modificazione della dieta e/o sintoma-tici come la loperamide.

– Ipertensione: è un effetto collaterale abbastanza fre-quente per cui si richiede il monitoraggio della pressionearteriosa e l’eventuale introduzione o l’adeguamentodella terapia farmacologica.

– Complicanze cardiache: si può verificare una riduzionedella frazione di eiezione in una bassa percentuale di pa-zienti per cui, probabilmente, in assenza di una storia dicardiopatia, non è giustificato il monitoraggio ecocar-diografico di routine. Si può avere, inoltre, un prolunga-mento dell’intervallo QT che non è riportato con i MEK ini-bitori da soli, ma con la combinazione anche se anch’essoè un’evenienza rara; può essere utile, comunque, effet-tuare un ECG e il controllo degli elettroliti basale, dopo unmese di trattamento e dopo ogni modifica di dose.

– Complicanze oftalmologiche: con i MEK inibitori sono se-gnalate complicanze retiniche che si manifestano in ge-nere con riduzione dell’acuità visiva o visione sfocata eche possono essere segno anche di un distacco di retina.Anche se rare, quindi, è importante istruire il paziente ariportare ogni cambiamento anche minimo della vista edeffettuare una valutazione oculistica basale in pazienti conproblemi preesistenti come, ad esempio, il glaucoma.

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| Gestione eventi avversi | Tossicità dei MEK inibitori

ConclusioniSi tratta, in conclusione, di farmaci molto interessanti, che

hanno una potenziale efficacia in molte neoplasie ed il cuiprofilo di tossicità è diverso da quello della chemioterapia tra-dizionale, ma in genere ben gestibile, anche se ovviamentel’impiego nella pratica clinica porterà ad una maggiore co-noscenza anche di possibili tossicità più rare. •

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SUMMARYEndocrine toxicity induced by targeted therapiesDifferent endocrine toxicities induced by targeted thera-

pies have been reported. Thyroid dysfunction, especially hy-pothiroidism, occurs in 20-50% of the patients receiving themultikinase inhibitors sunitinib, sorafenib, axitinib, pazopanib,regorafenib. Despite this, symptoms of hypothyroidism, suchas fatigue, weakness, constipation, depression, and cold in-tolerance may be incorrectly attributed to the neoplastic dis-ease or to the antineoplastic agent. This can have importantconseguences for cancer patient management; in fact, thesymptoms can lead to dose reductions of potentially life-sav-ing therapies, to alter kinetics and clearance of medications,with undesirable side effects and to a negative impact on thepatient’s quality of life. The hypothiroidism can be classifiedinto 2 types: recurrent and de novo hypothyroidism. The for-mer, described with imatinib, sorafenib and motesanib, ischaracterized by increased TSH levels within 2 weeks of start-ing therapy and occurs in thyroidectomized pts with knownhypothyroidism controlled with stable dose of levothyroxine.The second, described with sunitinib, sorafenib, and axitinib,is the de novo hypothyroidism, diagnosed in pts with regularthyroid function before the start of therapies. Central hy-pogonadism has recently been reported in 80-100% male ptsreceiving crizotinib. It occurs within 2-3 weeks of crizotinib ini-tiation, is diagnosed by reduction in testosterone, FSH and LHlevels and is reversible with treatment interruption. In pts sub-mitted to crizotinib it is important to monitor symptoms of hy-pogonadism such as erectile dysfunction, fatigue, loss ofmuscle mass, to check testosterone levels, and, if indicated,to administer testosterone replacement. Finally different im-mune-related endocrinopaties have been described with ip-ilimumab. Therefore evaluation is suggested before and dur-ing treatment of the pituitary, thyroid, adrenal, and gonadalstatus.

Key words. Endocrine toxicities, targeted therapies,hypothiroidism, hypogonadism.

La tossicità endocrina indotta dalle targeted therapies èfrequente nei pazienti oncologici. Nonostante ciò, ci sonomolte aree di incertezza sui meccanismi patogenetici deldanno causato alle ghiandole endocrine e sulle possibili stra-tegie di prevenzione e di trattamento.

La più comune tossicità endocrina delle targeted thera-pies è rappresentata dalle disfunzioni tiroidee, ed in partico-lare, l’ipotiroidismo; più recentemente è stato segnalatoipogonadismo, ipopituitarismo e iperparatiroidismo secon-

RIASSUNTOSono riportate differenti tossicità endocrine indotte dalle

targeted therapies. Disfunzione tiroidea, soprattutto ipoti-roidismo, occorre nel 20-50% di pazienti che ricevono gli ini-bitori multichinase sunitinib, sorafenib, axitinib, pazopanib, re-gorafenib. Nonostante ciò, i sintomi dell’ipotiroidismo, comefatigue, debolezza, costipazione, depressione e intolleranza alfreddo possono essere scorrettamente attribuiti alla patolo-gia neoplastica o agli agenti neoplastici. Ciò può avere im-portanti conseguenze nella gestione del paziente oncolo-gico; infatti, i sintomi possono portare a ridurre il dosaggio diterapie potenzialmente salva-vita, ad alterare la cinetica e laclearance dei farmaci, con effetti indesiderati e un impatto ne-gativo sulla qualità di vita del paziente. L’ipotiroidismo può es-sere classificato in due tipi: ipotiroidismo ricorrente e denovo. Il primo, descritto con imatinib, sorafenib e motesanib,è caratterizzato da aumentati livelli di TSH nelle due settimanedall’inizio della terapia e occorre in pazienti tiroidoctomizzaticon ipotiroidismo sconosciuto controllato con dosi stabili dilevotiroxina. Il secondo, descritto con sunitinib, sorafenib eaxitinib, è ipotiroidismo de novo, diagnosticato in pazienti confunzione tiroidea regolare prima dell’inizio delle terapie. Ipo-gonadismo centrale è stato recentemente riportato nell’80-100% di pazienti maschi che ricevono crizotinib. Occorrenelle 2-3 settimane dall’inizio del crizotinib, è diagnosticatocon la riduzione del testosterone, livelli di FSH e LH ed è re-versibile con l’interruzione del trattamento. In pazienti rice-venti crizotinib, è importante monitorare i sintomi di ipogo-nadismo quali la disfunzione erettile, la fatigue, la perdita dimassa muscolare, controllare i livelli di testosterone e, se in-dicato, somministrare sostituto del testosterone. Infine, di-verse endocrinopatie immuno-relate sono state descritte conipilimumab. Pertanto prima e durante il trattamento si sug-gerisce una valutazione dello stato ipofisario, tiroideo, surre-nale e gonadale.

Parole chiave. Tossicità endocrine, targeted therapies,ipotiroidismo, ipogonadismo.

Fausto Roila,Claudia Caserta, Sonia FatigoniStruttura Complessa di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera“S. Maria”, Terni

Tossicità endocrina da targeted therapies

Gestione eventi avversi

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| Gestione eventi avversi | Tossicità endocrina da targeted therapies

dario. L’obiettivo di questo articolo è fare il punto su questediverse tossicità.

IpotiroidismoRiconoscere una disfunzione della tiroide in un paziente

oncologico può essere piuttosto difficile poiché alcuni sintomidell’ipotiroidismo, come ad esempio la fatigue e la stipsi,sono molto comuni nei pazienti oncologici ed è difficile di-stinguerli dai sintomi attribuibili al cancro o alle terapie usateper controllare i sintomi. A volte i sintomi di una disfunzionetiroidea possono essere confusi con gli eventi avversi della te-rapia antitumorale, inducendo erroneamente a ridurre la doseo a cambiare la terapia. L’ipotiroidismo può alterare la far-macocinetica e la clearance di vari farmaci con conseguenterischio di effetti collaterali. Infine, sebbene raramente, le di-sfunzioni tiroidee possono portare a conseguenze anche graviper la vita del paziente. Ad esempio con sunitinib è stato se-gnalato un coma da mixedema.

Nei pazienti che ricevono una targeted therapy che puòcausare disfunzioni della tiroide, l’oncologo dovrebbe so-spettare una patologia tiroidea in presenza di sintomi com-patibili con ipotiroidismo che comprendono fatigue, aumentodi peso, secchezza della cute e dei capelli, fragilità delle un-ghie, stipsi, bradicardia, ipotermia. Il test di screening miglioreper valutare la funzione tiroidea è il dosaggio del TSH; nei pa-zienti con malattia pituitaria e in quelli con un TSH anomaloè indicata la determinazione della tiroxina libera (FT4). Il do-saggio della triiodotironina libera (FT3) solo raramente è utile,poiché di solito FT3 risulta soppresso.

Sono stati descritti due tipi di disturbi tiroidei in pazientiche assumono inibitori delle tirosina-kinasi. Il primo tipo di di-stiroidismo, che è stato descritto con imatinib, sorafenib e mo-tesanib, ma non con sunitinib, è una recidiva di ipotiroidismoin pazienti con preesistente ipotiroidismo, ad esempio pazientisottoposti a tiroidectomia per un carcinoma della tiroide in te-rapia con dosi stabili di levotiroxina esogena. L’aumento delTSH sembra essere dovuto all’aumentata clearance degli or-moni tiroidei dovuta all’incremento dell’attività dell’enzima de-iodinasi di tipo 3 che inattiva sia T3 che T4. Nei pazienti cheiniziano imatinib, sorafenib e motesanib e che stanno rice-vendo levotiroxina, si raccomanda il dosaggio basale del TSHripetuto ogni 4 settimane per aggiustare appropriatamente ladose di levotiroxina. Se il TSH e la dose di levotiroxina sono sta-bili, la frequenza del monitoraggio può essere ridotta a unavolta ogni 2 mesi. Per l’imatinib si consiglia di raddoppiare ladose di tiroxina già all’inizio della terapia.

Il secondo tipo di disturbo tiroideo descritto è l’ipotiroidi-smo in pazienti con una funzione tiroidea normale prima di ini-ziare la terapia ed è stato riportato con sunitinib, sorafenib edaxitinib. Ci sono dei casi descritti in letteratura in cui l’ipoti-roidismo indotto dal sunitinib è preceduto da una fase di iper-tiroidismo. Questi dati suggeriscono che l’ipotiroidismo po-trebbe essere la conseguenza di una tiroidite acuta o subacutadistruttiva associata ad una tireotossicosi transitoria. La causadella tiroidite potrebbe essere l’effetto del farmaco sull’inibi-zione del pathway del VEGF e sulla riduzione della vascola-rizzazione nella ghiandola tiroidea. La riduzione del flusso

ematico nella tiroide comporterebbe una tiroidite ischemica.In tutti i pazienti che assumono questi farmaci è raccoman-dato un regolare monitoraggio della funzione tiroidea. Aquesto scopo è sufficiente il dosaggio del TSH e del T4 primadi iniziare la terapia e poi ogni 4 settimane per 4 mesi, seguitoda un controllo ogni 2-3 mesi.

L’ipotiroidismo da targeted therapies è più frequente consunitinib. Inizialmente in 42 pazienti eutiroidei trattati con su-nitinib veniva evidenziato un TSH alterato nel 62% dei casi se-guito da un ipotiroidismo nel 40%. Nei vari studi pubblicatisuccessivamente il sunitinib ha indotto ipotiroidismo in unapercentuale di pazienti variabile dal 7% al 85%. In alcuni diquesti studi come detto sopra una fase di ipertiroidismo pre-cedeva la comparsa di ipotiroidismo. Va considerato altresì chenon vi è stata alcuna segnalazione di ipertiroidismo isolatosenza successivo ipotiroidismo. L’insorgenza di ipotiroidismoaumentava con il tempo dall’inizio del trattamento e con il nu-mero di cicli effettuati; inoltre, dato che il farmaco spessoviene somministrato per 4 settimane seguito da 2 settimanedi riposo, i livelli di TSH crescevano durante il trattamento ediminuivano dopo interrotto. Continuando il sunitinib però ilTSH può rimanere elevato anche alla fine delle due settimanedi interruzione del trattamento. Il tempo medio all’inizio del-l’ipotiroidismo è variabile insorgendo da 4 settimane a addi-rittura 94 settimane dall’inizio del trattamento. Alla sospen-sione definitiva del farmaco alcuni pazienti rimangonoipotiroidei mentre altri riacquistano una normale funzione ti-roidea. Nei pazienti con carcinoma neuroendocrino pancrea-tico in cui il sunitinib è somministrato a dosi continuative piùbasse l’incidenza di ipotiroidismo sembra essere minore.

Nei vari studi pubblicati il sorafenib induce ipotiroidismoin una percentuale inferiore di pazienti rispetto al sunitinib va-riabile dal 6% al 38% ed insorge dopo un tempo medio dal-l’inizio del trattamento di 20 mesi anche se può appariredopo solo 6 settimane di terapia. Alla sospensione del tratta-mento alcuni pazienti riacquistano uno stato eutiroideo ma idati su questo aspetto sono pochi.

Il vandetanib, approvato per il trattamento del carcinomamidollare della tiroide metastatico, ha determinato un au-mento del TSH nel 49,3% dei pazienti trattati; quasi tutti i pa-zienti erano stati tiroidectomizzati. Anche l’imatinib ha de-terminato nel 60% dei pazienti la necessità di aumentare ledosi di tiroxina nei pazienti tiroidectomizzati, ma nessun casodi ipotiroidismo è stato segnalato in pazienti eutiroidei primadell’inizio del farmaco.

Il pazopanib da ipotiroidismo nel 12% dei pazienti trattatiper carcinoma renale metastatico e nel 60% dei pazienti ti-roidectomizzati ha indotto un aumento di più di due volte delTSH. Con motesanib in pazienti tiroidectomizzati un aumentodei livelli di TSH e ipotiroidismo è stato riportato nel 22% deipazienti. Infine il cabozantinib sembra indurre ipotiroidismo nel57% dei pazienti tiroidectomizzati e nel 15% di quelli non ti-roidectomizzati.

Ipogonadismo È stato segnalato nell’80-100% dei pazienti sottoposti a

crizotinib, un inibitore delle tirosina-kinasi attivo nei carcinomi

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del polmone non microcitomi che esprimono ALK, ROS1 eMEK. I sintomi di ipogonadismo sono rappresentati dalla di-sfunzione erettile, dalla diminuzione della libido, fatigue eperdita della massa muscolare. Spesso si accompagna laperdita o la diminuzione dei peli pubici e ascellari. Tali sintomi,difficilmente attribuiti all’ipogonadismo nella pratica clinicaoncologica, di fatto non sono regolarmente valutati nel car-cinoma del polmone. Il meccanismo d’azione non è noto.

L’ipogonadismo insorge dopo circa 2-3 settimane dal-l’inizio del crizotinib. Si caratterizza per una riduzione del te-stosterone libero e totale, FSH, LH, albumina e globulinalegante gli ormoni sessuali (SHBG) che indicano un effettocentrale del crizotinib sull’asse ipotalamo-ipofisario.

L’ipogonadismo è reversibile interrompendo il tratta-mento. I sintomi migliorano eseguendo una terapia sostitu-tiva con testosterone. Pertanto è importante monitorare ipazienti sottoposti a crizotinib per identificare rapidamentei sintomi, controllare i livelli di testosterone e, se indicato, ini-ziare terapia sostitutiva.

Ipopituitarismo e ipofisiteL’ipilimumab è un anticorpo anti CTLA4 (Cytotoxic T Lym-

phocyte Antigen 4) che rimuove il posto di blocco rappre-sentato dal CTLA4 che favorisce un’immuno-tolleranza alcancro. Ciò determina il pieno espletamento della reazioneimmunitaria T cellulare contro le cellule neoplastiche che de-termina oltre la distruzione delle cellule tumorali anche im-portanti effetti collaterali immuno-mediati.

L’ipofisite indotta dall’ipilimumab ha un’incidenza in-torno al 4-6% dei pazienti trattati; che è di grado 3-4 nell’1-5% dei pazienti. Tale effetto collaterale ha una frequenzanettamente inferiore rispetto alla tossicità cutanea e ga-strointestinale, rispettivamente 47-68% e 31-46% dei pa-zienti trattati. La dose di ipilimumab influenza l’incidenza diipofisite, una reazione potenzialmente molto grave se nonrapidamente sospettata in quanto determina un’insufficienzacorticosurrenalica; al contrario se ci si pensa è facilmente dia-gnostica e trattata. L’ipopituitarismo causato dall’ipilimumabè raramente reversibile e pertanto richiede una terapia or-monale sostitutiva a lungo termine.

L’ipofisite è caratterizzata da cefalea, nausea, vertigini,modifiche del comportamento, disturbi visivi come diplopiae astenia che insorgono in media dopo 6 settimane dall’ini-zio della terapia. La diagnosi differenziale più importante ècon le metastasi cerebrali. Una RM con gadolinio dell’ence-falo con tagli per la regione ipofisaria mostra l’edema dellaghiandola o la sua eterogeneità confermando il sospetto dia-gnostico.

Prima del trattamento è necessario valutare lo stato del-l’ipofisi, tiroide, surrene e delle gonadi determinando i livelliserici di cortisolo, ACTH, T3, T4, TSH, e, in aggiunta, testo-sterone nei maschi e FSH, LH e prolattina nelle femmine. Ladiagnosi si caratterizza per livelli base di ormoni tiroidei, sur-renalici e gonadici. Per questo è utile eseguire prima dell’ini-zio della terapia con ipilimumab e prima di ogni sommini-strazione successiva gli ormoni tiroidei ed un profilobiochimico includente gli elettroliti e la funzione epatica.

L’ipopituitarismo primario determina bassi livelli di ACTH ecortisolo, e si distingue dalla sindrome di Addison, che puòessere osservata anche con ipilimumab, che è caratterizzatada bassi livelli di cortisolo ma ACTH nella norma. L’ipopitui-tarismo primario causa bassi livelli di TSH, T3 e T4 che vannodistinti da una tiroidite periferica determinante ipotiroidismoperché in questo caso il TSH è aumentato mentre il T3 ed ilT4 sono bassi.

Se insorge un panipopituitarismo sintomatico e qualsiasiendocrinopatia di grado 3-4, la dose di ipilimumab dovrebbeessere mantenuta e dovrebbe essere somministrata una dosedi metilprednisolone di 1-2 mg/kg/die endovena. Questa do-vrebbe essere seguita da una dose di prednisone di 1-2mg/kg/die per via orale che va ridotta gradualmente in 4 set-timane e rimpiazzata da appropriata terapia ormonale comela dose degli steroidi si riduce.

In genere dopo pochi giorni di trattamento steroideo i sin-tomi migliorano e si osserva una riduzione dell’edema e del-l’eterogeneità della ipofisi alla RM di controllo. Se compaionosintomi di iposurrenalismo, come disidratazione severa, ipo-tensione o shock, è necessario somministrare corticosteroidicon attività mineralcorticoide per via endovenosa ed il pa-ziente dovrebbe essere valutato per la presenza di sepsi.

Il tempo medio alla risoluzione dei sintomi e la terapiasostitutiva con dosi fisiologiche di steroidi (idrocortisone)può essere più lungo di 20 settimane e sebbene alcuni pa-zienti possono riacquistare la funzione ipofisaria e non averpiù bisogno di una terapia sostitutiva, molti pazienti seguitiperfino a 7 anni presentano una disfunzione ipofisaria per-manente che richiede la somministrazione di ormoni.

Iperparatiroidismo secondarioÈ caratterizzato da una diminuzione della fosforemia e

della calciuria con o senza una riduzione della calcemia ed uncontemporaneo aumento del PTH rispetto a valori basali. Èstato evidenziato in pazienti trattati con sorafenib, sunitinib,imatinib e nilotinib. Anche con una terapia protratta i valoribiochimici non peggiorano e la densità minerale ossea ri-mane stabile o aumenta leggermente in un periodo di dueanni. In risposta all’aumento del PTH c’è un aumento dei li-velli della 1,25-diidrossivitamina D3 con il sunitinib, imatinibe nilotinib, mentre i livelli sono abnormemente bassi nei pa-zienti trattati con sorafenib. Questo perché il sorafenib in-duced sarcopenia e osteomalacia.

Non è necessario fare un monitoraggio del calcio, del fo-sforo e del PTH e della densità minerale ossea nei pazienti sot-toposti a sunitinib, imatinib e nilotinib. Invece nei pazienti sot-toposti a sorafenib l’ipovitaminosi D in associazione conl’iperparatiroidismo può contribuire alla comparsa di sarco-penia che può portare a osteomalacia. In questi pazientisupplementi di vitamina D possono normalizzare la ipofo-sforemia ed i livelli di PTH.

Un altro effetto collaterale è l’ipofosforemia indotta dal-l’everolimus che in uno studio preclinico ha indotto fosfatu-ria con aumento della 1,25-diidrossivitamina D3, senzaindurre alterazioni del PTH. L’ipofosforemia è stata segna-lata anche con gli inibitori dell’istone deacetilasi, del MET e

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dell’ALK. È stato suggerito pertanto di eseguire un monito-raggio del fosforo nel sangue e nelle urine e nel caso si rac-comandano supplementi di fosforo. Solo nei casi severi diipofosforemia si consiglia l’interruzione del trattamento.

ConclusioniLa tossicità endocrina da targeted therapies è un fre-

quente effetto collaterale specie con alcuni farmaci come ilsunitinib e ha un forte impatto negativo sulla qualità di vitadel paziente neoplastico. Molti sintomi generici (fatigue, ce-falea) sono erroneamente attribuiti al cancro o al suo tratta-mento e non alla tossicità endocrina indotta dalle targetedtherapies. Ciò pone a repentaglio la sopravvivenza del pa-ziente ed è quindi assolutamente necessario che l’oncologoconosca bene queste tossicità e si avvalga sempre più di unastretta collaborazione con gli endocrinologi al fine di preve-nire e trattarla nel miglior modo possibile. •

Bibliografia di riferimento• Hamnvik OPR, Larsen PR, Marqusee E. Thyroid dysfunction from

antineoplastic agents. JNCI 2011; 103: 1572-87.• Brown RL. Tyrosine kinase inhibitor-induced hypothyroidism:

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17CASCO — Primavera 2015

Lo studio è randomizzato, a gruppi paralleli, open label,condotto con donne in premenopausa di età compresa tra19 e 49 anni, randomizzate a ricevere la chemioterapia piùo meno Goserelin (GOS), un agonista dell’ormone gonado-tropo. Si tratta di uno studio “ospite”, nel senso che le pa-zienti sono state arruolate tra le partecipanti ad altri trial;quindi, probabilmente non si sono potuti porre in essere tuttigli accorgimenti per un disegno ed un management ottimaledella ricerca; il che avrebbe evitato almeno alcuni dei difettiche il lavoro presenta, come, ad esempio, la mancata cecità,e avrebbe potuto limitare l’entità del numero dei persi al fol-low up, difetti che saranno discussi in ordine sparso, e nonin una graduatoria di severità ai fini della valutazione dell’at-tendibilità dei risultati ottenuti.

Endpoint secondariDue dei tre obiettivi secondari sono insignificanti e quindi,

a nostro avviso, non andavano né previsti nel protocollo, néanalizzati. a. Sopravvivenza. Trattandosi di uno studio di terapia neo-

adiuvante e adiuvante, il periodo di follow up (mediana:4,1 anni) è troppo breve per valutare effetti di GOS sullasopravvivenza globale e sulla sopravvivenza libera da pro-gressione, come si può osservare anche dalle curve ri-portate nel lavoro: oltre l’80% delle pazienti dopo 4 anniè ancora in vita e poco più del 20% di esse è andato inprogressione; in corrispondenza di tempi superiori le nu-merosità delle pazienti si fanno così piccole da rendere in-fattibile il confronto. L’irrilevanza di tali endpoint di-scende dalla considerazione che nessuno può assicurareche il guadagno osservato a favore di GOS si mantenganel tempo, in quanto nel prosieguo del follow up esso po-trebbe essere riassorbito o addirittura rovesciato. Questeconsiderazioni evitano anche di commentare l’uso delmodello di Cox per la valutazione della sopravvivenza e diindagare sulle ragioni per cui la risposta è aggiustata peri fattori di stratificazione usati nella randomizzazione,dato che questi sono introdotti solo per avere due gruppiperfettamente comparabili (una volta stratificata la ran-domizzazione, sembra inutile aggiustare perché i duebracci sono perfettamente bilanciati rispetto ad essi).

b. Gravidanze. A causa della mancata (e forse difficile darealizzare per uno studio “ospite”) cecità dello studio, ledonne sottoposte a sola chemioterapia più difficilmentedelle altre, che ricevevano (e sapevano di ricevere) ancheun farmaco protettore della funzione ovarica, avrebberoforse deciso di avventurarsi in una gravidanza. L’argo-mento si presta ad una più generale riflessione sulle la-

Enzo BallatoriStatistico medico, Spinetoli (AP)

Fausto RoilaSC di Oncologia MedicaAzienda Ospedaliera “S. Maria”, Terni

Casi clinici

La protezione della funzione ovarica nelle donne sottoposte a chemioterapia

RIASSUNTOSono discussi metodi e risultati di uno studio volto a va-

lutare l’efficacia di goserelin, un agonista dell’ormone gona-dotropo, nella protezione della funzione ovarica di giovanidonne sottoposte a chemioterapia contenente ciclofosfa-mide.

Parole chiave. Distorsione da selezione, testunidirezionali, perdita della funzione ovarica.SUMMARYOvarian protection during breast-cancer adjuvantchemotherapyMethods and results of a study on the efficacy of gosere-

lin, a gonadotropin-releasing hormone agonist, in the pre-vention of ovarian failure in young women submitted tochemotherapy-containing cyclophosphamide were discussed.

Key words. Selection bias, one-sided test, ovarian failure.

Un effetto collaterale di alcuni regimi chemioterapici par-ticolarmente rilevante nelle donne giovani è l’induzione dellamenopausa precoce che non solo impedisce successive gra-vidanze, ma anticipa gli effetti indesiderati della menopausa,quali, ad esempio, lo squilibrio ormonale e la diminuzionedella densità ossea.

Per quanto concerne la preservazione della funzione ri-produttiva l’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in-coraggia le giovani a rivolgersi a specialisti della funzione ri-produttiva per valutare la possibilità di una crioconservazionedi embrioni. Tuttavia, per ragioni di tempi, nel senso che il con-gelamento degli embrioni ritarderebbe l’inizio della chemio-terapia, e di costi, tale raccomandazione è poco seguita.

La somministrazione congiunta di un agonista dell’or-mone gonadotropo alla chemioterapia può essere un’op-zione più praticabile, anche usata congiuntamente alla pra-tica del congelamento degli embrioni, perché comunqueriduce il rischio di insorgenza della menopausa precoce contutti gli effetti indesiderati che essa comporta, come è giàstato dimostrato da un gruppo di ricerca italiano (Del MastroL, et al. Effect of the gonadotropin-releasing hormone ana-logue triptorelin on the occurrence of chemotherapy-inducedearly menopause in premenopausal women with breast can-cer. JAMA 2011; 306: 269-76). Lo studio sintetizzato nellascheda si colloca in questo contesto.

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SCHEDA

Pazienti e metodiDonne in pre-menopausa di etàcompresa tra 18 e 49 anni furonoconsiderate eleggibili se affette dacarcinoma mammario ER- e PR-,stadio I-IIIa, per le quali fossepianificata una chemioterapia neo-adiuvante o adiuvante a base diciclofosfamide. Le partecipantifurono arruolate tra le donnereclutate in vari studi internazionalisul carcinoma della mammella(SWOG, IBCSG, ecc.).Le pazienti furono randomizzate1:1 a ricevere il trattamentostandard previsto dal protocollodello studio di provenienza, da solo(S) o in aggiunta al Goserelin (GOS).La randomizzazione fu stratificataper età (<40, 40-49 anni), regime dichemioterapia (3-4 cicli vs 6-8 cicli),uso di antracicline (sì, no).Obiettivo primario: confronto deltasso di perdita della funzioneovarica tra i due gruppi ditrattamento. La perdita dellafunzione ovarica fu definita comeamenorrea negli ultimi 6 mesi elivelli dell’ormone follicolo-stimolante (Follicle-StimulatingHormone, FSH) nel range post-

menopausale a 2 anni. In ognicaso, le pazienti rimaste incintefurono considerate tra coloro chenon avevano subito la perdita dellafunzione ovarica. Le donne cheavevano subito un’isterectomia ouna ooforectomia bilaterale nonfurono valutate.Endpoint secondari: gravidanzaentro 5 anni (valutataannualmente), disfunzione ovarica,definita come amenorrea negliultimi 3 mesi e livelli post-menopausali di FSH, o estradiolo, oinibina B valutati dopo 1 e 2 annidalla randomizzazione. Inoltre, furono considerate lasopravvivenza globale e lasopravvivenza libera da malattia(Disease-Free Survival, DFS).Solo gli eventi avversi correlati aglieffetti ormonali e gli eventi avversigravi occorsi durante lachemioterapia furono registratiroutinariamente.Fissata come clinicamente rilevanteuna riduzione del 15% del tasso diperdita della funzione ovarica conl’uso di GOS e stabilito un livello disignificatività del 2,5% per il testunidirezionale scelto per eseguire il

confronto tra i due gruppi, sisarebbero dovute reclutare 416pazienti per avere una probabilitàdell’80% di trovare una differenzasignificativa.Lo studio fu chiusoanticipatamente per mancanza difondi per la distribuzione deifarmaci. Tuttavia, ad unarivalutazione post hoc,considerando le pazientieffettivamente arruolate, risultò chelo studio avrebbe avuto unapotenza superiore all’80% se ladifferenza minima clinicamenterilevante della differenza nel tassodi perdita della funzione ovaricafosse stata fissata al 20% (anzichéal 15%).L’analisi statistica dell’endpointprimario fu condotta mediante unmodello logistico, considerandotutte le pazienti valutabili cheavessero completato i 2 anni difollow up, assumendo comevariabili esplicative il fattore età(due livelli: <40, 40-49 anni) e iltipo di chemioterapia [in altreparole, gli stessi fattori usati perstratificare la randomizzazione].Inoltre, furono analizzate sia lafrequenza delle gravidanze nei duegruppi, sia la sopravvivenza globalea 4 anni, derivando la stima dell’HR(Hazard ratio) e il relativo intervallodi confidenza al 95% in base almodello di Cox, con aggiustamentoper i fattori di stratificazione e perstadio della malattia.

CASCO — Primavera 201518

cune di conoscenza nella ricerca clinica circa una serie diargomenti che sembrano invece rilevanti. Ad esempio,non sappiamo quante (e quali) donne eleggibili abbianodeciso di non dare il consenso ad entrare nello studio per-ché, tenendo troppo a preservare la funzione ovarica, sa-pevano (dal consenso informato) che, se avessero parte-cipato, avrebbero avuto solo 1/2 di probabilità di ricevereGOS, mentre, al di fuori dello studio, avrebbero potutocomunque averlo. Si potrà obiettare che essendovi statala randomizzazione, tale informazione è irrilevante ai finidel confronto, e in qualche modo è così. Ma conoscere

la frazione delle partecipanti, e le loro caratteristiche ri-spetto al totale delle donne eleggibili, è utile per ridefinirela popolazione target. Se la frazione delle mancate ade-sioni allo studio fosse elevata i risultati non potrebbero es-sere più riferiti alle donne eleggibili, ma solo a quelle chehanno dato il consenso e che potrebbero rappresentareun sottogruppo diversamente connotato da quello ditutte le donne cui è stato chiesto di partecipare. Infine,nello specifico, non ci sono dati sulle gravidanze tentaterispetto a quelle andate a buon fine, così come non cisono dati sulla integrità dei nati, importanti in quanto la

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Moore HCF, Unger JM, Phillips K-A, et al. Goserelin for ovarian protectionduring breast-cancer adjuvant chemotherapy. N Engl J Med 2015; 372:923-32.

Questo studio di fase III ha per obiettivo di provare se l’impiego di unagonista dell’ormone gonadotropo riesce a proteggere la funzione ovaricadelle pazienti sottoposte a chemioterapia.

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CASCO — Primavera 2015 19

| Casi clinici | La protezione della funzione ovarica nelle donne sottoposte a chemioterapia

RisultatiUn totale di 257 pazienti furandomizzato tra febbraio 2004 emaggio 2011. Di queste pazienti,24 risultarono ineleggibili e 15 nonvalutabili, lasciando 218 pazientinello studio, 105 nel grupposperimentale (GOS) e 113 in quellodi controllo (S, solo chemioterapia). Ma per impossibilità di valutare laperdita della funzione ovarica permorte, per perdita al follow up, eper altre ragioni, le pazientirealmente considerate ai finidell’endpoint primario furono 69nel gruppo di controllo (S) e 66 inquello sperimentale (GOS). Il follow up mediano fu di 4,1 anni.Le caratteristiche delle pazientifurono trovate ben bilanciate tra idue gruppi, sia considerando le218 pazienti eleggibili che le 135valutate.Endpoint primario: perdita dellafunzione ovarica. In 15/69pazienti del gruppo di controllo(22%) e in 5/66 pazienti delgruppo sperimentale (8%) furiscontrata la perdita della funzioneovarica. Il modello logistico mostròche questa differenza erasignificativa, sia rispetto ad un testunidirezionale (P = 0,02) che aquello bidirezionale (P = 0,04);l’odds ratio fu pari a 0,30, con unintervallo di confidenza da 0,09 a0,97. La significatività delladifferenza si mantenne ancheconsiderando il solo fattore

“trattamento” [ossia, senzaaggiustare per i fattori consideratinella randomizzazione stratificata].Analogamente, ancheconsiderando come variabilerisposta l’amenorrea o i livelli diFSH postmenopausale a 2 anni, lasignificatività della differenza tra idue gruppi fu raggiunta.Endpoint secondari.− La disfunzione ovarica fu

valutata a 1 anno e a 2 anni,considerando le pazienti in statomestruale che avessero avutoalmeno due valutazioni dilaboratorio, cioè due o più misuredi FSH o di estradiolo o di inibinaB. A un anno erano disponibilidati per 153 pazienti. Ladisfunzione ovarica fu presente in28 delle 75 pazienti (37%) delgruppo di controllo (S) e in 18/78pazienti (23%) del grupposperimentale (GOS), differenzanon significativa. A 2 anni i datifurono disponibili per 130pazienti. La disfunzione ovaricaera evidenziata in 22/67 pazienti(33%) nel braccio di controllo e in9/63 pazienti (14%) nel bracciosperimentale (P < 0,03).

− Gravidanze. Tra le 238 pazientiche potevano essere valutate, 34(12%) ebbero almeno unagravidanza: 12/113 (11%) nelgruppo S e 22/105 (21%) nelgruppo GOS; tale differenzarisultò significativa (P = 0,03).

Sopravvivenza libera da malattia esopravvivenza globale. Le stime diKaplan-Meier a 4 anni mostrano unleggero vantaggio per il grupposperimentale, sia per quantoriguarda la sopravvivenza libera damalattia (con aggiunte le morti)89% nel gruppo GOS e 78% nelgruppo S (P = 0,04), sia per lasopravvivenza globale: 92% nelbraccio GOS e 82% nel braccio S (P = 0,05). Tollerabilità dei trattamenti.Le pazienti valutate per tossicitàfurono 214, 111 nel gruppo dicontrollo (S) e 103 nel grupposperimentale (GOS). Gli effettitossici di grado 3 o 4 furono pochisia nel gruppo S (6/111, 5,4%) chenel gruppo GOS (8/103, 7,8%).Tuttavia, alcuni effetti tossici digrado 2 furono più frequenti nelbraccio GOS che nel braccio S, inparticolare vampate di calore (29 vs 14) e mal di testa (12 vs 1). Sia nella sezione discussione, sianel riassunto sono stati sempreevidenziati i maggiori punti criticidel lavoro: l’incompletoarruolamento rispetto a quantoprevisto dal protocollo e l’elevatonumero di missing data. Tuttaviagli autori concludono sostenendoche i risultati confermano quantoprovato in altri studi circa laprotezione della funzione ovaricaindotta da agonisti dell’ormonegonadotropo somministrati nelcorso della chemioterapia. •

chemioterapia potrebbe interferire con il sistema ripro-duttivo anche in modi diversi dalla perdita della funzioneovarica.

Gruppo di controlloIl braccio di controllo non riceve alcun trattamento. Que-

sta è una situazione che, in linea di massima, dovrebbe essereevitata, perché se poi (come di fatto è accaduto) il gruppo ditrattamento mostra migliori risultati questi, in generale, po-trebbero essere imputati al solo effetto placebo del farmaco.Nel caso presente probabilmente non è così non solo per il

quadro teorico di riferimento, ma perché i suoi risultati cor-roborano quelli ottenuti da altri studi sull’argomento.

Test unidirezionaliTra i metodi usati per la determinazione della numerosità

del campione viene menzionato il test unidirezionale (sebbeneconsiderato ad un livello di significatività dimezzato: 0,025,anziché 0,05). Apparentemente il razionale dello studio sem-bra consentirlo, perché un gruppo di pazienti riceve la solachemioterapia, mentre all’altro gruppo viene aggiunto go-serelin. In realtà, un notevole numero di mancate valutazioni

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poteva essere preventivato e, quando molti pazienti nonsono valutati il dubbio della presenza di una distorsione da se-lezione fa cadere i presupposti per l’uso di un test unidire-zionale (di ciò si parlerà in dettaglio nella rubrica Statistica perconcetti).

Incompletezza dell’arruolamentoCome sottolineato più volte dagli autori (persino nel sum-

mary), il più importante limite del lavoro deriva dalla chiusuraprecoce dello studio e dalla possibile distorsione da selezionedovuta all’elevata frazione di pazienti per cui non fu valutatol’endpoint primario. Gli autori hanno reiteratamente avvertitodell’esistenza di tali problemi, e, quindi, della necessaria cau-tela con cui vanno interpretati i risultati, ma ciò, se attesta laloro onestà intellettuale, non rimuove certo il difetto.

Delle 416 pazienti che, in base al protocollo, si sarebberodovute arruolare, ne furono randomizzate 233, ma di 15 nonfu possibile la valutazione (9 avevano ritirato il consenso, 5avevano subito un intervento di isterectomia, 1 di ooforec-tomia).

Delle restanti 218 pazienti che furono randomizzate e va-lutabili, solo per 135 fu valutata la perdita della funzione ova-rica a 2 anni (endpoint principale). In conclusione, la pre-ventivata dimensione del campione si è ridotta ad 1/3.

ConclusioniLo studio è randomizzato e appare meticolosamente con-

dotto. Desta qualche sorpresa il fatto che un simile studio,che non ha prodotto rilevanti novità in materia, data l’esi-stenza di studi pubblicati in precedenza sullo stesso argo-mento, e con tutti i difetti che ha, sia stato pubblicato dalNEJM.

Malgrado tutto, si può ritenere che goserelin abbia unasua efficacia. Infatti, la perdita della funzione ovarica si è os-servata in 5/66 (8%) nel gruppo GOS e in 15/69 (22%) pa-zienti nel gruppo S (differenza significativa), valori assai vicinia quelli ottenuti circa 4 anni prima dallo studio di Lucia DelMastro et al., sopra citato, con triptorelin (8,9% nel gruppodelle pazienti trattate, 25,9% nel gruppo di sola chemiote-rapia). Va osservato che poco meno del 10% delle giovanidonne sottoposte a chemioterapia e trattate con un far-maco che protegge la funzione ovarica, comunque la per-dono. Pertanto andrebbe raccomandato alle pazienti chetengono particolarmente alla loro capacità riproduttiva di se-guire, se possono, anche la strada della crioconservazione de-gli embrioni. •

| Casi clinici | La protezione della funzione ovarica nelle donne sottoposte a chemioterapia

CASCO — Primavera 201520

Test bidirezionali e test unidirezionali

Statistica per concetti

RiassuntoVengono anzitutto sintetizzate la logica e la costruzione ditest statistici per l’analisi dei risultati di esperimenti com-parativi, precedentemente trattate nei numeri 5 e 6 diCASCO, con lo scopo di procedere alla definizione dei testunidirezionali, più potenti di quelli bidirezionali, illustrandole ragioni del loro scarso utilizzo nella ricerca clinica.Parole chiave. Test unidirezionale, test bidirezionale,livello di significatività, valori critici del test.

SummaryTwo-sided and one-sided statistical testsMethodological aspects of statistical tests used in compa-rative studies, previously described in CASCO 5 and 6, weresynthetized to introduce the one-sided tests, more power-ful than two-sided tests, highlighting the reasons of theirnot frequent use in clinical research. Key words. One-sided test, two-sided test, significancelevel, critical values of a statistical test.

L’argomento riguarda tutti i tipi di test statisticiche man mano sono stati descritti dal n. 5 al n. 11 diCASCO. Per facilitarne la comprensione, si consiglia diriguardare la costruzione dei test statistici esposta neln. 6 di CASCO (estate 2013) e la logica del teststatistico esposta nel n. 5 di CASCO. Comunque, percomodità del Lettore, riepiloghiamo i punti salientidella costruzione di un test statistico in modo tale cheil contenuto della rubrica resti, come al solito,autosufficiente, nel senso che non richieda conoscenzepregresse.

Costruzione di un test statistico (sintesi)1. Formulazione dell’ipotesi nulla, H0. Negli

esperimenti comparativi, l’ipotesi nulla è quella di ugualeefficacia dei trattamenti. Siano A e B due trattamenti ePA e PB (parametri sconosciuti) le frequenze relative deisuccessi terapeutici nelle popolazioni target (cioè nellepopolazioni cui va riferito il risultato del test). Se i duetrattamenti hanno la stessa efficacia, le percentuali disuccessi nelle due popolazioni sono uguali:

H0 : PA = PB o anche H0: PA – PB = 0.

2. Formulazione dell’ipotesi alternativa, H1. L’ipotesialternativa sia quella di differente efficacia; pertanto, se i

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CASCO — Primavera 2015 21

5. Costruzione della statisticatest. Una variabile casuale normalegode di due proprietà: è asintotica (nelsenso che si avvicina indefinitamenteall’asse delle ascisse man mano che cisi allontana dalla media) e simmetrica.Essa si trasforma nella variabile casualenormale standardizzata quando le sisottrae la media e la si divide per loscarto quadratico medio (errorestandard). Quindi, la variabile casualenormale standardizzata ha media 0 ederrore standard pari a 1.

Pertanto, essendo fA – fB unadeterminazione di una normale (nelcaso di grandi campioni), sottraendolela media e dividendo per lo scartoquadratico medio dello stimatore sottoH0, si trasforma in una determinazionedi una variabile casuale normalestandardizzata.

Sotto l’ipotesi nulla, la media dellostimatore è uguale a 0 e l’errorestandard è ES0.

Pertanto, la quantità

z = (fA – fB) / ES0 [1]

è una determinazione di una normalestandardizzata.

In altre parole, z è un qualsiasipunto dell’asse delle ascisse del graficoriportato nella figura 1.

Tenendo presente che le aree sottola curva vanno interpretate comeprobabilità, si fissa una probabilitàpiccola di commettere un errore nelrespingere l’ipotesi nulla (detta livellodi significatività, generalmente il 5%,come nella figura 1).

Quindi, se è vera l’ipotesi nulla, lavariabile normale standardizzata puòassumere tutti i valori compresi tra – ∞ e + ∞, solo che quelli nelle codedella distribuzione (tra – ∞ e – 1,96 etra + 1,96 e + ∞) hannocomplessivamente una probabilitàpiccola di presentarsi (il 5% nelgrafico), mentre quelli tra – 1,96 e + 1,96 hanno un’alta probabilità dipresentarsi (il 95%).

Collochiamo quindi nel grafico ilvalore z ottenuto con la [1]:– Se cade tra – 1,96 e + 1,96 si

accetta l’ipotesi nulla perché, sottoH0, si è presentato uno degli eventiche avevano un’alta probabilità dipresentarsi (il 95%); quindi nonabbiamo elementi per respingerla.L’intervallo dell’asse delle ascissecompreso tra –1,96 e +1,96 sichiama regione di accettazione.

– Se cade tra – ∞ e – 1,96 o tra + 1,96 e + ∞ vuol dire chepossono essersi presentate unadelle due seguenti situazioni:a. l’ipotesi nulla è vera, ma si è

presentato un evento raro, cioèuno degli eventi checomplessivamente avevano il5% di probabilità di presentarsi;

b. l’ipotesi nulla è falsa.

Tra tali due possibilità si sceglie laseconda argomentando che, sel’ipotesi nulla fosse stata vera sisarebbe presentato un evento raro;ma, con pratica certezza, un eventoraro non si presenta. La zona dell’assedelle ascisse compresa tra – ∞ e – 1,96 e tra + 1,96 e + ∞ sichiama regione di rifiuto.

I punti – 1,96 e + 1,96 sichiamano valori critici del test inquanto dividono la regione diaccettazione da quella di rifiuto e, perconvenzione, appartengono allaregione di rifiuto.

Pertanto, tra le due alternativesopra esposte, si sceglie la seconda,senza però dimenticare che potevainvece essere vera H0 ed essersipresentato un evento raro. Quindi il5% è la probabilità di sbagliare neldecidere di respingere l’ipotesi nulla

trattamenti non sono ugualmenteefficaci, la percentuale dei successinelle due popolazioni risulta diversa:

H1: PA ≠ PB, ossia H1: PA – PB ≠ 0.

3. Stima dei parametri. Lepercentuali di successi nei due braccidi trattamento, fA e fB, costituisconole migliori stime dei parametri.Pertanto, fA – fB è la migliore stima diPA – PB.

4. Stimatore sotto H0. Al variaredel campione nell’universo deicampioni la stima del parametro varia.In altre parole, ripetendo lo stessostudio i pazienti arruolati sarebberodiversi e, poiché la risposta dipendenon solo dal trattamento ma anchedal paziente, la differenza fA – fB

sarebbe diversa nei vari studi.L’insieme di tutti i possibili valori diuna stima ha la natura di una variabilecasuale e prende il nome di stimatore(v. Statistica per concetti in CASCO 5).Quindi, nel nostro caso, al variare delcampione nell’universo dei campioni,fA – fB varia e descrive una variabilecasuale FA – FB, detta stimatore.

Se la numerosità dei due gruppi èsufficientemente grande (n > 20 perciascun gruppo), si può dimostrareche lo stimatore FA – FB è una variabilecasuale normale (cioè rappresentabilecon la curva di Gauss) con media PA –PB ed un certo errore standard ES dicui, per semplicità, omettiamo laformula (si ricordi che ES è lo scartoquadratico medio dello stimatore emisura quanto ciascuna stima sidiscosta, in media, dalla media ditutte le stime).

Da questo punto in poi, il testprosegue come se l’ipotesi nulla(uguale efficacia dei trattamenti) fossevera fino a giungere ad unaconclusione che (probabilisticamente)la contraddica (in tal caso H0 saràrespinta) o non la contraddica (in talcaso H0 sarà accettata).

Quindi, se è vera l’ipotesi nulla, ESsi trasforma nell’errore standard sottoH0, ES0, e la media dello stimatore,essendo pari a PA – PB, è uguale a 0.

| Statistica per concetti | Test bidirezionali e test unidirezionali

Figura 1. Curva normale standardizzata nelcaso di un test bidirezionale.

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CASCO — Primavera 201522

confronto di un trattamento attivoverso nessun trattamento non èaccettabile perché, in caso si riscontriuna significativamente maggiorefficacia nel braccio di trattamentorispetto a quello di controllo, sipotrebbe sempre pensare che essa siariconducibile all’effetto placebo delfarmaco e non ad una sua realeattività farmacologica. Comunque,non si dovrebbe pensare all’uso di untest unidirezionale, soprattutto inpresenza di una forte selezione deipazienti (come nello studio riportatonella scheda), in quanto potrebbeaccadere che vi siano effettiindesiderati del trattamento chepossano modificare la risposta – oessere modificati dalla risposta – cosìche l’uscita dei pazienti che nesoffrano possa giungere a privilegiareil gruppo di controllo. In tal caso (eforse anche nel caso di altri effetti diselezione) non si può escludere apriori che il trattamento di controllorisulterà nei fatti significativamentepiù efficace di quello sperimentale.

Nel caso di sperimentazionecontro placebo, l’uso dei un testunidirezionale è comunquesconsigliato soprattutto perché, se ipazienti sono valutati in accordo alprincipio di intenzione a trattare(come viene quasi sempre richiesto aduno studio clinico), se per la tossicitàdel trattamento molti pazientisospendono la sua assunzione, nelgruppo di controllo tutti i pazientiricevono un placebo, mentre in quellosperimentale molti pazienti nonricevono alcun trattamento e,pertanto, al termine dello studio nelbraccio di trattamento si potrebberoriscontrare risultati significativamentepeggiori di quelli osservati nel gruppodi controllo.

In conclusione, nella ricerca clinical’uso di un test unidirezionale è quasisempre da sconsigliare. Invece, essotrova utili impieghi in altri settori diricerca (ad esempio, nelle applicazionidella Statistica all’analisi dei processiproduttivi).

Enzo Ballatori

| Statistica per concetti | Test bidirezionali e test unidirezionali

ed è detta livello di significatività(significance level) del test.

Test unidirezionaliIl test sopra esposto di chiama

bidirezionale – o a due code – (two-sided test), nel senso che la regione dirifiuto è ugualmente ripartita nelle duecode della distribuzione. In altreparole, se si respinge l’ipotesi nulla èperché il trattamento A è più efficacedi B (se è fA > fB) o anche perché iltrattamento B è più efficace di A (se èfA < fB). Quindi, il segno di z indicaquale delle due situazioni sia daaccogliere.

In alcune circostanze, però, unadelle due situazioni può essere esclusaa priori (cioè, prima di eseguire il test).Se è così si può modificare l’ipotesialternativa in modo più vantaggiosoper il ricercatore (si ricordi chel’interesse del ricercatore è direspingere l’ipotesi nulla perché nelcaso di accettazione non vorrebbe direche H0 è vera, ma solo che non ci sonoevidenze per respingerla).

Ad esempio nel caso disperimentazione contro placebo(indichiamolo con B), si può ritenereche l’effetto placebo sia incorporato inqualunque trattamento attivo. Il talcaso, l’ipotesi nulla è che iltrattamento attivo (indicato con A)non abbia alcun effetto farmacologico,cioè abbia solo un effetto placebo.Pertanto, nell’ipotesi alternativa,sembra potersi escludere l’altrapossibilità, cioè che sia PB > PA. Talesituazione si ha anche nel caso in cuiad un gruppo sperimentale èassegnato un trattamento che inveceall’altro è negato (come nello studioesaminato in “Casi clinici” di questonumero).

In tali casi sembra potersi formulareun’ipotesi alternativa più vantaggiosaper il ricercatore:

H1: PA > PB ovvero H1: PA – PB > 0

Tale ipotesi è quella che dà luogoad un test unidirezionale (one-sidedtest) per la cui comprensioneintroduciamo la figura 2 che invitiamoil lettore di confrontare con la figura 1.

Come si può osservare, avendoescluso la possibilità che sia PA – PB <

0, il livello di significatività si concentranella sola coda di destra e, pertanto, ilvalore critico del test diminuisce(passando da + 1,96 a + 1,645)rendendo più facile respingerel’ipotesi nulla.

Ad esempio, se avessimo ottenutoun valore della statistica-test pari a +1,80, nel caso di un test bidirezionalerisulterebbe non significativo (èinferiore a + 1,96), mentre con un testunidirezionale si giungerebbe ad unaconclusione opposta (è superiore a +1,645).

A parità delle altre circostanze iltest unidirezionale è più potente diquello bidirezionale, ma, ricordiamolo,lo si può usare solo a condizione dipoter escludere, prima di eseguirlo,una delle due alternative (quindi, mailo si può usare quando si confrontanodue trattamenti attivi).

Osservando la figura 2, nel caso diun test unidirezionale, la regione diaccettazione va da – ∞ a + 1,645(escluso) e quella di rifiuto va da +1,645 (incluso) a + ∞. Quindi, seanche il risultato della statistica-testfosse pari a – 4 (un valore che per untest bidirezionale condurrebbe arespingere l’ipotesi nulla ad un livellodi significatività pari a P < 0,001),l’ipotesi nulla dovrebbe essereaccettata, sebbene con qualcheperplessità.

Nelle applicazioni cliniche, un testunidirezionale si potrebbe usare soloquando si sperimenta verso placebo oquando ad un braccio si somministraun trattamento che all’altro è negato.

Nel secondo caso, come giàsottolineato in “Casi clinici”, il

Figura 2. Curva normale standardizzata nelcaso di un test unidirezionale.

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ONCO-1154431-0000-EMD-PU-06/2016 Materiale depositato presso l’AIFA il 24/06/2015