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Home / Energia/ Speciali Che cos’è un geosito? Ci sono dei paesaggi che a guardarli sembrano essere lì da sempre, incastonati nella natura circostante come perle di rara bellezza. Eppure questi meravigliosi angoli di mondo si sono trasformati allo scorrere del tempo geologico che, epoca dopo epoca, ha lasciato la sua incancellabile impronta. I “geositi”, questo il termine con cui sono stati identificati i siti di particolare interesse geologico, costituiscono dei libri aperti in cui è possibile toccare con mano aspetti altrimenti nascosti dell’evoluzione terrestre. Le loro peculiarità geologiche, geomorfologiche, paleontologiche, vulcaniche, geo- mineralogiche contengono un valore scientifico e didattico inestimabile per cui se da un lato è necessario adottare strategie per la loro “geo-conservazione” dall’altro sono in grado di operare un forte richiamo turistico. Cascata di Svartifoss, Parco nazionale Skaftafell, Islanda Le peculiarità geologiche della Basilicata In Italia sono stati censiti dall’ISPRA circa 4000 geositi di cui per ora pochissimi in Basilicata. Eppure per le sue peculiarità geologiche questa piccola regione del sud Italia è ricca di geodiversità più di altre regioni italiane. Alla base di questa geodiversità vi è la naturale coesistenza sul territorio regionale delle tre porzioni (o domini), ciascuna delle quali è caratterizzata da una distinta evoluzione geologica: - il dominio di Catena, costituito dalle elevate vette che costituiscono l’Appennino Campano-Lucano; esso è il risultato dell’accavallamento e del sovrascorrimento dei terreni (falde), che per milioni e milioni di anni erano appartenuti alla Piattaforma Campano-Lucana, una zona marina caratterizzata da mare poco profondo e da clima tropicale molto

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Che cos’è un geosito? Ci sono dei paesaggi che a guardarli sembrano essere lì da sempre, incastonati nella natura circostante come perle di rara bellezza. Eppure questi meravigliosi angoli di mondo si sono trasformati allo scorrere del tempo geologico che, epoca dopo epoca, ha lasciato la sua incancellabile impronta. I “geositi”, questo il termine con cui sono stati identificati i siti di particolare interesse geologico, costituiscono dei libri aperti in cui è possibile toccare con mano aspetti altrimenti nascosti dell’evoluzione terrestre. Le loro peculiarità geologiche, geomorfologiche, paleontologiche, vulcaniche, geo-mineralogiche contengono un valore scientifico e didattico inestimabile per cui se da un lato è necessario adottare strategie per la loro “geo-conservazione” dall’altro sono in grado di operare un forte richiamo turistico.

Cascata di Svartifoss, Parco nazionale Skaftafell, Islanda

Le peculiarità geologiche della Basilicata In Italia sono stati censiti dall’ISPRA circa 4000 geositi di cui per ora pochissimi in Basilicata. Eppure per le sue peculiarità geologiche questa piccola regione del sud Italia è ricca di geodiversità più di altre regioni italiane. Alla base di questa geodiversità vi è la naturale coesistenza sul territorio regionale delle tre porzioni (o domini), ciascuna delle quali è caratterizzata da una distinta evoluzione geologica:

- il dominio di Catena, costituito dalle elevate vette che costituiscono l’Appennino Campano-Lucano; esso è il risultato dell’accavallamento e del sovrascorrimento dei terreni (falde), che per milioni e milioni di anni erano appartenuti alla Piattaforma Campano-Lucana, una zona marina caratterizzata da mare poco profondo e da clima tropicale molto

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simile a quello delle attuali scogliere coralline, e ai bacini che la bordavano: ad ovest il Bacino Ligure e ad est il Bacino Lagonegrese.

- il dominio dell’Avanfossa Bradanica, una profonda depressione originatasi al fronte della catena in sollevamento e progressivamente colmata dai sedimenti sia continentali che marini derivanti dall’erosione della catena stessa;

- il dominio di Avampaese, una zona topograficamente piatta perché non ancora raggiunta dalla deformazione appenninica, il cui fronte continua a spostarsi progressivamente verso Est.

La presenza di una così ricca geodiversità sul territorio della regione Basilicata, ha portato i ricercatori ad individuare e studiare i numerosi geositi allo scopo di censirli e predisporne la loro conservazione. La geoconservazione è diventata, così, una nuova disciplina delle Scienze della Terra, che ha lo scopo di salvaguardare particolare aree dal degrado indotto dalla crescente antropizzazione, oltre che a favorirne una conoscenza tramite una corretta e ampia divulgazione scientifica.

Il settore di catena: il patrimonio geologico dell’Alta Val d’Agri Incamminandosi da Marsico Nuovo nel cuore del Parco dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese verso le cime innevate del monte Pierfaone, non si è ancora raggiunto il crinale quando ci s’imbatte in quella che agli occhi di una persona inesperta potrebbe sembrare una comunissima roccia calcarea, di quelle che si trovano disseminate da nord a sud lungo tutta la catena appenninica. E, invece, Pietra Maura, così si chiama il geosito che prende il nome dalla località in cui è ubicato, è uno scrigno di fossili, attraverso cui è possibile fare un salto indietro nel tempo di circa 250 milioni di anni, attraverso scogliere coralline e spiagge triassiche. Di particolare interesse geologico è la fauna a brachiopodi, dei lamellibranchi di ambiente marino che risalgono al Triassico, ed in particolare all’intervallo Anisico-Ladinico (245-230 milioni di anni). Andando avanti col tempo geologico, nell’Alta Val d’Agri è altresì possibile “toccare con mano” gli effetti della tettonica compressiva, e cioè di quella fase della storia geologica durante la quale le varie tipologie di rocce si sono accavallate e inarcate verso Est, originando, ad esempio, le spettacolari pieghe del monte Volturino e del monte Lama.

La piega del monte Volturino (Fonte: www.congresso.geologibasilicata.it)

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Ma la peculiarità geologica dell’Alta Val d’Agri è sicuramente legata alla presenza del giacimento di idrocarburi più grande dell’Europa continentale. A condurre a tale scoperta, furono sicuramente le manifestazioni naturali di idrocarburi presenti nel territorio di Tramutola, studiate fin agli inizi del ‘900 da vari geologi e che ancora oggi visitate da numerosi studenti. Si tratta di fuoriuscite naturali di idrocarburi pesanti lungo la faglia che segue il corso del torrente Fossatello, un affluente del più grande Rio Cavolo; qui idrocarburi liquidi insieme a composti gassosi, tra cui H2S e CH4, fuoriescono all’interno di polle di acqua in un contesto assolutamente incontaminato, in cui la flora e la fauna sembrano essersi adattate e integrate.

Manifestazioni naturali di idrocarburi nel comune di Tramutola

Allontanandosi dalla Val d’Agri, non si può non rimanere affascinati dallo spettacolare paesaggio delle Piccole Dolomiti Lucane, in cui il Flysch di Gorgoglione, così si chiama uno dei più noti depositi di riempimento dell’Avanfossa Bradanica, affiora in maniera imponente. Delle Dolomiti hanno in comune sicuramente la bellezza paesaggistica, ma non la composizione, essendo, quelle Lucane, costituite non da dolomie ma da spessi banconi di arenarie a cui si alternano in maniera subordinata argilliti e livelli conglomeratici (Flysch di Gorgoglione). La valorizzazione del patrimonio geologico delle Piccole Dolomiti Lucane è tra gli esempi più virtuosi: su uno sfondo scenico di grande impatto è stata sovrapposta l’attrattiva del Volo dell’Angelo, una fune di acciaio sospesa a circa 1000 m di altezza lungo cui è possibile apprezzare tutta l’unicità del posto e dei due paesi che in esso sono incastonati: Castelmezzano e Pietrapertosa.

Il settore di Avanfossa: i calanchi Il paesaggio dell’Avanfossa Bradanica è totalmente diverso da quello della Catena e ricade nella fascia altimetrica che individua la collina. Le collinette, costituite prevalentemente da argille sub-appenniniche si presentano con forme erosive a calanco, dando luogo ad un paesaggio molto suggestivo.

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Calanchi, Basilicata

I calanchi sono forme di erosione dovute alle acque dilavanti che, su terreni particolarmente erodibili quali quelli argillosi, inclinati a reggipoggio ed esposti a mezzogiorno, producono una molteplicità di rivoli, e creste in continuo e veloce cambiamento. Alla base del fronte calanchivo spesso si trovano dei piccoli rilievi tondeggianti (aree mammellonari), addossati l’uno all’altro che costituiscono la zona di transizione verso rilievi tondeggianti isolati, detti biancane. Nel territorio di Aliano, che ricade nel Bacino di Sant’Arcangelo, le biancane si presentano spesso con alla sommità una pianta tipica della macchia mediterranea che è il lentisco (Pistacia lentiscus).

Il settore di Avampaese: Matera Nell’estremo settore orientale della regione Basilicata, quasi al confine con la Puglia, i caratteri geomorfologici cambiano ancora una volta e sembrano essere preludio dei paesaggi pugliesi del Gargano, delle Murge e del Salento. Qui i carbonati della Piattaforma Apula, coeva della Piattaforma Appenninica ma più spostata verso est e separata da questa dal suddetto Bacino Lagonegrese, costituiscono la potente ossatura della Murgia materana. La città di Matera e in particolare il ben noto rione antico dei Sassi, è scavato all’interno di una zona geologica di transizione tra l’Avampaese e l’Avanfossa bradanica, costituita dalla presenza di una tipologia di roccia, la Calcarenite di Gravina, localmente conosciuta col nome di “tufo calcareo”.

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I Sassi di Matera

E ancora… Come se non bastasse, a questo si aggiungono altre due aree geologicamente interessanti:

- il complesso vulcanico del Monte Vulture, un vulcano attivatosi tra 700.000 e 130.000 anni fa e ora spento; la sua importanza geologica è legata alla sua posizione “anomala” rispetto alla catena visto che tutti gli altri edifici vulcanici dell’Italia centro-meridionale sono notoriamente ubicati lungo la fascia peritirrenica. Particolarmente suggestivi sono i laghi di Monticchio, due laghi vulcanici gemelli impostatisi all’interno della caldera vulcanica di collasso.

- il complesso del Pollino, situato al confine calabro-lucano, dove è possibile osservare in affioramento le successioni ofiolitiche di “Timpa delle Murge” e “Timpa di Pietrasasso”. Si tratta di frammenti di crosta oceanica che testimoniano l’esistenza di un antico bacino risalente a circa 200 milioni di anni e noto in geologia come Tetide Occidentale o Tetide Alpina.

A cura di Elisabetta Fortunato

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