Chiara Carboni, L'apocalisse nella Commedia di Dante

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Chiara Carboni, "L'apocalisse nella Commedia di Dante"

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  • CHIARA SBORDONI

    LApocalisse nella Commedia di Dante

    Osservando i luoghi della Commedia in cui Dante fa ricorso allimmaginarioapocalittico o dellApocalisse 1 cita interi passi, appare evidente che tutti questicorrispondono a momenti in cui il discorso poetico improvvisamente si allarga aconsiderare un orizzonte pi ampio, momenti in cui una temperie di tono o stileviene spezzata e un argomento nuovo viene introdotto con la forza di un lin-guaggio e di uno stile possenti, suffragati dal richiamo allautorit del testobiblico-profetico. Si pensi al XIX dellInferno, quando alla medietas e al comi-co fino ad allora consueti di Malebolge succede tanta gravitas nellarringaperentoria di Dante a Niccol III; o a quando il paesaggio non solo metaforica-mente edenico viene attraversato dal primo lampo corrusco della processio-ne/visione nel XXIX del Purgatorio che apre lillustrazione e rappresentazionedella storia della Chiesa del XXXII; o al passo in cui Tommaso dAquino rac-conta a Dante la storia di un personaggio dello spessore di San FrancesconellXI del Paradiso; o, ancora, allincontro del poeta con il suo avo Caccia-guida che gli offre la possibilit di parlare della politica di Firenze e di se stessoin senso esemplare ed emblematico in unottica che abbraccia limpegno neiconfronti di tutto il mondo cristiano, proiettandosi nellorizzonte delle crociate.

    Il fatto che gli echi dellApocalisse risuonino proprio in questi momenti incui lorizzonte, soprattutto politico (e proprio quando centrale la figura diDante-uomo), si amplia, suggerisce che Dante abbia prediletto un certo filonedellinterpretazione di questo testo profetico.

    Dante sembra attingere infatti alla tradizione esegetica storica alle cui ori-gini troviamo nel IV secolo il donatista Ticonio e poi Agostino e che culminaalla fine del XII secolo con i commenti di Gioacchino da Fiore2 (lExpositio in

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    1 Il primo debito, nella stesura di questo saggio stato contratto con la voce Apocalissedi R. MANSELLI nellEnciclopedia Dantesca, diretta da Umberto Bosco, Roma, Istituto dellaEnciclopedia Italiana, 1970-1978.

    2 Gioacchino da Fiore (1130/35-1202) aveva scritto varie opere dedicate allApocalisse,lExpositio in Apocalypsim (iniziato nel 1183), che, in otto libri, la seconda parte dedicata al

  • Apocalypsim, lEnchiridion super Apocalypsim, la Praefatio super Apocalyp-sim) 3. Nel XII canto del Paradiso, nel cielo del Sole nella seconda corona di

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    Chiara Sbordoni

    Figlio di una trilogia che comprendeva la Concordia Novi ac Veteris Testamenti (dedicata alPadre) e lo Psalterium decem chorfarum (dedicato allo Spirito Santo); lEnchiridion superApocalypsim (1183-85); la Praefatio super Apocalypsim (che comprende in realt due trattatisulla cui datazione gli studiosi non concordano) di cui lEnchiridion, modificato, diventer ilLiber introductorius, e un breve trattatello che attraverso i sette sigilli dellApocalisse, rac-conta delle persecuzioni di Vecchio e Nuovo Testamento.

    3 Su tale lunghissimo lavoro [linterpretazione del testo dellApocalisse, n.d.a.] giunse comeun turbine lappassionata e veemente interpretazione di Gioacchino da Fiore. Il contadino calabre-se che si era affrancato entrando nel pi colto degli ordini monastici, il cisterciense, us lApoca-lisse e il resto della Scrittura come fondamento del proprio modo di pensare, con una novit eunautonomia ideali che si spiegano soltanto per il fatto che anchegli si riteneva profeta. Linterastoria umana si svolge in tre fasi o et, di quarantadue generazioni ciascuna, cio di 1260 anni. Laprima et, del Padre, si conclusa con lAntico Testamento; la seconda, del Figlio, si sta conclu-dendo; la terza, dello Spirito, sta per giungere, appunto nel 1260. In tale et e qui emerge laspet-to millenaristico Cristo regner personalmente sulla terra, mentre beatitudine, pace e prosperitsaranno garantiti da un nuovo ordine monastico di eremiti, suoi collaboratori e suo esercito: i ver-gini di Apoc. 7 e 14 sono una profezia dellordine florense, fondato da Gioacchino stesso con ilmonastero di San Giovanni in Fiore. La bestia che sale dal mare (Apoc. 13) lIslam: la sua feritache pareva mortale quella inferta dalle crociate; ma ora il Saladino ha riconquistato Gerusalem-me, facendo stupire il mondo intero, e lo stesso Saladino forse destinato a realizzare la profeziadel piccolo corno di Dan. 7, 8 e 11. Oggi si tende a ritenere che Francesco e il suo movimento (an-zi, il pullulare di movimenti che si collegavano alla sua figura) siano stati i veri eredi di Gioacchi-no e delle sue idee. In essi le opere esegetiche e insieme profetiche di Gioacchino [...] furono con-siderate quelleuangelium aeternum che labate florense aveva predetto sarebbe apparso ad annun-ciare e sostenere let dello Spirito. Ancora Dante, che pure era nato dopo lanno fatidico, poneGioacchino fra i santi profeti del paradiso; e la sua Commedia, lultima grande apocalisse del Me-dioevo europeo, imbevuta di tensioni gioachimite, sin dalla visione del veltro. Il regno di Cristosulla terra secondo Gioacchino durer quindi 1260 anni. Secondo lui, lApocalisse suddivisa inotto parti; le prime sei (ciascuna essendo a sua volta suddivisa in sette elementi) descrivono leprime sei fasi della storia delle sofferenze della chiesa nellet del figlio, mentre la settima (=Apoc. 20, I-II) il millennio (let dello Spirito), seguito dallottavo e definitivo eterno momentodella beatitudine nella nuova Gerusalemme. Limportanza per noi di Gioacchino e dei suoi conti-nuatori consiste in questo, che essi reinserirono pienamente il testo di Giovanni nella storia a lorocontemporanea. LApocalisse non solo fu di nuovo storicizzata, ma fu interpretata politicamente.A partire dalla fine del XII secolo (il Commento di Gioacchino del 1195), non si contano i gruppie i movimenti che considerano programmatiche per la propria attivit religiosa e politica le paginedellApocalisse dove sono descritti il millennio e la Gerusalemme celeste. La tensione antieccle-siastica e antipapale, specie nel periodo avignonese, era chiara: un ordine religioso spirituale divergini (di solito i francescani) salver la vera chiesa, mentre la gerarchia ecclesiastica ufficiale coinquinata con questo mondo (cfr. Apoc. 14, 4). Secondo Pietro di Giovanni Oliva, il papato stes-so lanticristo e, secondo Ubertino da Casale, Bonifacio VIII la bestia che sale dal mare. E.LUPIERI, Introduzione a LApocalisse di Giovanni, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, ArnoldoMondadori Editore, 1999, pp. xxi-xxiii compresa la nota 3.

  • spiriti sapienti Dante colloca anzi il calavrese abate Giovacchino / di spiritoprofetico dotato.

    Importanza centrale, nella sostanza e nei toni di Gioacchino da Fiore, rivestela missione militante della Chiesa e le vicende che la vedono contrapposta aisuoi nemici nello svolgersi dei tempi. Gioacchino da Fiore aveva anzi indicatonel proprio tempo lavvento dello scontro pi cruento tra le forze del male anni-diate sin nel seno della Chiesa e la parte sana di essa.

    Circa ottanta anni dopo, negli anni Ottanta del 200, Pietro di Giovanni Oli-vi, francescano, maestro presso lo studio di Santa Croce in Firenze, inscrivendoil proprio impegno filosofico nel solco della tradizione gioachimita, raccogliernella sua Lectura super Apocalipsim anche leredit del pensiero francescanoche aveva visto il suo culmine pochi anni prima in San Bonaventura sia attra-verso gli scritti teologico-mistici e la polemica contro i maestri secolari dellate-neo di Parigi, sia attraverso le Vite di San Francesco. La vita del santo avevaanzi dato origine ad una ricca letteratura che da Tommaso da Celano a Ubertinoda Casale aveva prodotto una miriade di scritti.

    Si vedr come i richiami al testo dellApocalisse costituiscano nella Comme-dia come lordito su cui tessuta la trama di pi di uno dei grandi temi delpoema e che abbracciano le dimensioni storica ed escatologica universale e per-sonale: il tema della visione politica generale legata, quindi, alla critica allaChiesa corrotta dellepoca, nelle persone dei suoi ministri dediti allaccumula-zione del potere temporale (sotto forma di ricchezze e potere politico, attraversola vendita delle cariche ecclesiastiche) e del rapporto tra papato ed impero (pro-blemi su cui viene proiettata la luce della missione salvifica della Chiesa) equello del destino dello stesso Dante uomo-politico, poeta, cristiano 4.

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    NellApocalisse Gioacchino commenta cos le visioni. La prima visione corrisponde alle settechiese dAsia, al tempo degli apostoli come primi pastori che devono fronteggiare gli Ebrei incre-duli come nuovi Egiziani; la seconda visione dei sette sigilli, al tempo dei martiri perseguitati daipagani (impero romano) prefigurati dai cananei del Vecchio Testamento; la terza visione dei setteangeli con le trombe al tempo dei dottori della Chiesa impegnati a contrastare le eresie prefiguratenei Siri del Vecchio Testamento; la quarta visione della donna vestita di sole al tempo dellistitu-zione del monachesimo contro i Saraceni, nuovi Assiri; la quinta visione alla Chiesa generale vistacome Gerusalemme contro la Babilonia del peccato e dei malvagi prefigurata dai Caldei nel Vec-chio Testamento; la sesta visione alla sconfitta di Babilonia e dellAnticristo prefigurata nel librodi Giuditta; la settima visione al compimento della Legge e del trionfo della Gerusalemme celeste.

    A proposito dellinterpretazione gioachimita dellApocalisse si confronti anche R. K.EMMERSON and R. B. HERZMAN, The Apocalyptic Imagination in Medieval Literature, Phila-delphia, University of Pennsylvania Press, 1992, in particolare il capitolo 1 (The Apocalypseand Joachim of Fiore: Keys to the Medieval Apocalyptic Imagination).

    4 R. B. HERZMAN in Dante and the Apocalypse, allinterno di The Apocalypse in theMiddle Ages, edited by R. K. EMMERSON and B. MC GINN, Ithaca and London, CornellUniversity Press, 1992, collega significativamente alcuni dei nodi apocalittici pi importanti

  • Ritornando su un argomento che aveva costituito la sostanza del terzo librodella Monarchia, Dante stigmatizza, questa volta con la forza possente dei suoiversi, la condotta simoniaca ma soprattutto lingerenza nella politica fiorentinain particolare e italiana in genere dei papi del suo tempo, condannando la dona-zione di Costantino come, seppur in buona fede, la principale causa della corru-zione della Chiesa, e affermando la necessit della separazione dei due poteri,luno volto a garantire la felicit terrena, laltro a raggiungere quella celeste,entrambi emanazione della volont e giustizia divine.

    Sono cos evocate le pi grandi figure negative (Bonifacio VIII e ClementeV) del tempo e quelle positive: Arrigo VII e Cangrande della Scala. La centra-lit del tema politico , inoltre, sottolineata in questi canti dai continui riferi-menti alla riconquista della terra santa.

    Questo quadro si collega allorizzonte salvifico rappresentato dalla figura diSan Francesco e dal ruolo degli ordini mendicanti francescano e domenicanoche, pur non esenti da critiche, incarnano listanza riformatrice nel seno dellaChiesa con lesempio della povert e del ritorno allo spirito delle origini delCristianesimo.

    In questi canti la voce del poeta, ora dura invettiva in prima persona, oraespressione del raptus visionario, ora beata contemplazione di intensit lumino-se, si fa profetica e solenne ed esplicitamente dichiara lautorit propria e dellamissione dellautore.

    Daltro canto la prospettiva politica talmente portante e centrale in tutta laCommedia che si potrebbe riconoscere al testo dantesco unistanza apocalittica(profetica e salvifica) che percorre tutti e cento i canti come uno degli elementiforti dellispirazione e della forma poetica5.

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    Chiara Sbordoni

    della Commedia, soffermandosi in particolare sul ricorrere della simbologia delle stimmati-sigilli che istituirebbero unidentit tra il libro dellApocalisse e la figura di Cristo, tra la figuradi Cristo e quella di San Francesco e della croce che collegherebbe la figura di Cacciaguida adun modo di vivere la fede militante, nellevocazione della crociata e pronto al martirio dellesi-lio. Tutte queste figure si pongono come modelli paradigmatici dellesperienza di esule-pelle-grino di Dante e del suo percorso di conversione dalla selva del peccato alla visione di Dio.Scrive Herzman: Thus here too [in Inferno XIX], as in the examples from the Paradiso andInferno, the personal and the cosmic come together and offer an interpretative paradigm for theentire poem: the need to understand one as it is intensified by the other. The Commedia is anapocalyptic text not primarily because of its cryptic references to the future but because it pla-ces the present in a coherent scheme of history by exploring the relationship between the parti-cular and the general, between Dantes personal drama and Gods plan for the governance of thecosmos. Conversion involves the continual attempt to try to see things more and more from aGods-eye perspective and, therefore, a continual attempt to see how human and divine perspec-tives merge. Dantes apocalypticism is one of the ways in which this attempt can be made.

    5 Lucia Battaglia Ricci interrogandosi sulla natura del rapporto tra la Commedia e le suefonti bibliche analizza il procedimento di costruzione stilistica del testo dantesco sottolinean-

  • 1. ProfeziaProprio da questa intenzionalit profetica conviene forse cominciare a segui-

    re il discorso apocalittico di Dante. Se allinizio del suo viaggio il poeta avevarichiamato lesperienza di Enea e Paolo, giungendo ad una consacrazione chepassava attraverso la designazione di Virgilio a sua guida nei primi due regniautorizzata dallintervento delle tre donne celesti, arrivato nella terza di Male-bolge il poeta afferma ormai con decisione il valore profetico e testimonialedella propria missione oltremondana. E lo fa invocando lautorit di Giovannidal cui testo trae limmaginario per la propria invettiva contro i papi simoniaci.A questo punto per la dimensione profetica gi stata evocata dalle parole diNiccol III che ha annunciato lattesa dei suoi successori Bonifacio VIII eClemente V6 simoniaci ma, vedremo nellinvettiva di Dante, pi ancora colpe-voli di funestare la politica dItalia osteggiando limperatore e svendendo laChiesa al re di Francia. Profetica la rivelazione della loro prossima venuta,profetica linvettiva dantesca che denuncia con le immagini dellApocalisseladempimento di ci che il testo giovanneo aveva annunciato secondo linter-pretazione di tutto il filone storico-morale dellesegesi apocalittica: la trasfor-

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    do che la scelta formale operata da Dante il risultato di una doppia effrazione del codicecorrente che consiste nellutilizzazione di forma e convenzioni proprie della poesia per unascrittura che si proclama profetica e sacrale da un lato e, dallaltro, nellattribuzione alla poe-sia di una precisa funzione dottrinaria, sacrale e profetica. Una volta svelato il processo dicontaminazione dello schema della struttura epica classica e della sua opposizione io-narrato-re/egli-eroe con il modello narrativo dei libri profetici dove narratore e personaggio coincido-no e sono espressi dal pronome personale io Battaglia Ricci sostiene che si pu riconosce-re il segno e la marca della re-invenzione e ri-semantizzazione in senso sacrale del poemaallegorico; ma in essa si pu riconoscere, anche, al contrario, il segno e la marca della lette-rarizzazione di un libro sacrale: da questa, certo ambivalente e sarebbe da chiedersi quantomistificatoria, contaminazione e coartazione, da questo straniamento reciproco dei due codicinasce il poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra. L. BATTAGLIA RICCI, Scritturasacra e sacrato poema, in Dante e la Bibbia, Atti del Convegno Internazionale promossoda Biblia Firenze, 26-27-28 settembre 1986 a cura di G. BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988,pp. 295-321 [citate p. 301 e p. 321].

    Per una trattazione generale del sostrato apocalittico che percorre molte delle opere diDante, si veda inoltre N. MINEO, Profetismo e Apocalittica in Dante: Strutture e temi profeti-co apocalittici in Dante dalla Vita Nuova alla Divina Commedia, Catania, Universit diCatania, Facolt di Lettere e Filosofia, 1968.

    6 Clemente V (il guascone Bertrand de Got papa tra il 1305 e il 1314), ritenuto da Danteresponsabile del fallimento della politica di Arrigo VII, qui punito per la sua politica filo-francese, attraverso la quale si era assicurato il pontificato, asservendo di fatto la curia al re diFrancia che a quel tempo era Filippo il Bello, e dando inizio, con il trasferimento della curiaad Avignone, a quella cattivit avignonese (durata fino al 1377) contro cui si leveranno tantispiriti del tempo tra cui Caterina da Siena.

  • mazione della Chiesa, sposa di Cristo, in meretrix, e la sua prostituzione ai redella terra. La curia di Roma e il re di Francia.

    Dante daltro canto rende ancor pi forte la propria posizione di testimone eprofeta attento a rimanere comunque nel seno dellortodossia: egli infatti nontradisce mai la sua fedelt ideale alla Chiesa come istituzione sacra, considerataindipendentemente da coloro che la amministrano, e scinde nettamente il giudi-zio sugli uomini dal rispetto per lautorit della Chiesa come simbolo terrenodella spiritualit cristiana.

    Ma proseguiamo sulla linea profetica. Se in Inferno XIX Dante aveva cerca-to unidentificazione con Giovanni attraverso la citazione del suo testo, nelXXIX del Purgatorio il confronto tra il testo dellevangelista e la Commedia proposto alla pari. Descrivendo infatti i quattro animali della processione cheaccompagna il carro della Chiesa, Dante scrive:

    [...]ma leggi Ezechel, che li dipigne[...]e quali i troverai ne le sue carte,tali eran quivi, salvo cha le penneGiovanni meco e da lui si diparte.(Purg., XXIX, 101; 104-106)7

    Giovanni meco. Dante pone s stesso come pietra di paragone del testo diGiovanni: forte qui la volont di presentare il proprio testo come autorevoleallo stesso livello dei testi biblici, di Ezechiele, di cui addirittura corregge lalezione affermando la concordanza con lApocalisse, e dellApocalisse stessaponendosi come primo termine rispetto ad essa, stabilendo, infine, con entrambii testi precedenti una continuit8.

    Per, in pro del mondo che mal vive,al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,ritornato di l, fa che tu scrive.(Purg. XXXII, 103-105) Tu nota; e s come da me son porte,cos queste parole segna a vividel viver ch un correre a la morte.(Purg. XXXIII, 53-4)

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    Chiara Sbordoni

    7 Tutte le citazione dalla Commedia sono prese dal testo a cura di N. SAPEGNO, Firenze,La Nuova Italia, 1957.

    8 Parziale sovrapponibilit prospettica e progressiva integrazione di evidente matricetipologico-figurale dei tre testi dicono infatti che Dante vuol collocare il suo libro in questacatena culturale, terzo tra i libri sacri, con i quali stabilisce un rapporto fatto al contempo dicontinuit e di integrazione, L. BATTAGLIA RICCI, Op. cit. p. 298.

  • Gi per lo mondo sanza fine amaro,e per lo monte del cui bel cacumeli occhi de la mia donna mi levaro,e poscia per lo ciel, di lume in lume,ho io appreso quel che sio ridico,a molti fia sapor di forte agrume;e sio al vero son timido amico,temo di perder viver tra coloroche questo tempo chiameranno antico.La luce in che rideva il mio tesorochio trovai l, si f prima corusca,quale a raggio di sole specchio doro;indi rispuose:Coscenza fuscao de la propria o de laltrui vergognapur sentir la tua parola brusca.Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,tutta tua vison fa manifesta;e lascia pur grattar dov la rogna.Ch se la voce tua sar molesta nel primo gusto, vital nodrimentolascer poi, quando sar digesta.Questo tuo grido far come vento,che le pi alte cime pi percuote;e ci non fa donor poco argomento.(Par. XVII, 112-135)e tu, figliuol, che per lo mortal pondoancor gi tornerai, apri la bocca,e non asconder quel chio non ascondo.(Par. XXVII, 64-66).

    Il modello di queste esortazioni a scrivere e testimoniare pu ben essere neltesto stesso dellApocalisse nei reiterati comandi angelici a Giovanni:

    10 Fui in spiritu in dominica die, et audivi post me vocem magnam tamquam tubae 11dicentis: Quod vides, scribe in libro, et mitte septem ecclesiis quae sunt in Asia: Epheso etSmyrnae et Pergamo et Thyatirae et Sardis et Philadelphiae et Laodiciae.

    (Apocalise, 1, 10-11)Scribe ergo quae vidisti, et quae sunt, et quae oportet fieri post haec.(Apocalisse, 1, 19)Et audivi vocem de caelo dicentem mihi: Scribe(Apocalisse, 14, 13)Et dixit qui sedebat in throno: Ecce nova facio omnia. Et dixit mihi: Scribe, quia haec

    verba fidelissima sunt et vera.(Apocalisse, 21, 5).

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

  • Particolarmente interessante sembra quel riferimento allamarezza del conte-nuto delle parole che si trasforma in vital nodrimento. Se vero che numerosesono le reminiscenze classiche del contrasto amarezza della parola / contenutosalvifico del significato, altrettanto vero che anche Giovanni si serve di questaimmagine:

    9 Et abii ad angelum, dicens ei ut daret mihi librum. Et dixit mihi: Accipe librum et devo-ra illum; et faciet amaricari ventrem tuum, sed in ore tuo erit dulce tamquam mel. 10 Et acce-pi librum de manu angeli, et devoravi illum; et erat in ore meo tamquam mel dulce: et cumdevorassem eum, amaricatus est venter meus. 11 Et dixit mihi: Oportet te iterum prophetaregentibus et populis et linguis et regibus multis.

    (Apocalisse, 10, 9-11).

    Ma il senso delleffetto sembra rovesciato in Dante. Mentre Giovanni avvi-sato che il rotolo contenente le profezie della condanna dei malvagi ( langelodella settima tromba che tuona a gran voce il comando) amaregger il suo ven-tre, e che la conoscenza stessa delle cose che vi sono scritte amara e amarosar lannuncio di esse, Dante al contrario enfatizza leffetto positivo della pro-pria voce e, combattuto tra il timore di dispensare lagrume della sua parolabrusca al mondo gi sanza fine amaro e quello di scivolare nelloblio dei tempitacendo o edulcorando nella menzogna la conoscenza acquisita, viene esortatodal suo avo a non esitare nella propria missione rivelatrice che certamente sar,a suo vantaggio, argomento di grande onore.

    Questa riflessione sul valore profetico del viaggio e della propria scrittura sicolloca in uno dei canti in cui lafflato profetico evocato dal completamentodella profezia dellesilio di Dante, gi annunciata da Brunetto Latini nel XVdellInferno, attraverso le parole di Cacciaguida.

    Quello che appare evidente in questi esempi lintenzione del poeta nonsolo di dare autorit al proprio testo, ma anche di collocarlo sullo stesso pianodei testi citati o riecheggiati. Lidea, insomma, di presentare il proprio poemacome il poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra (Par. XXV, 1-2).Questo implica una riflessione rispetto allinterpretazione del testo dantesco.Tante delle immagini create da Dante in questi canti dal segno apocalittico, e ingenerale lispirazione apocalittica che percorre la Commedia sembrano autoriz-zare una certa cautela nel voler spiegare con esattezza e univocamente i simbolipresentati. Come i simboli dei testi sacri erano infatti sottoposti a numerosediverse interpretazioni dalle quali scaturiscono tradizioni esegetiche diverse econtrapposte, talora intrecciantesi e sovrapponentesi, altrettanto, sembra lecitopensare che lo stesso Dante, presentandosi come profeta, proponga intenzional-mente una lettura polisemica del proprio testo e consapevolmente utilizzi imma-gini cariche di sensi diversi ciascuno dei quali parzialmente rispondente alsignificato che lautore ha in mente. Del resto anche la pretesa di svelare assolu-

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    Chiara Sbordoni

  • tamente il significato del simbolo si rivela fallimentare nel momento in cui, spo-gliando il simbolo della propria natura ambigua e polivalente, se ne tradisce lapregnanza e la ragion dessere, come in uno snaturamento. Peter Dronke, ten-dendo a riconoscere in Dante una lettura che si inscrive nel solco della tradizio-ne gioachimita e che sembra avere affinit con quella di Riccardo di SanVittore, ha poi notato come Dante si sia servito, in molti casi, di una particolaretecnica nellincorporare nel suo testo la fonte biblica: la collatio occulta, ovverolinnesto di un elemento, di unimmagine esterna che sembra nata allinternodel testo e che partecipa contemporaneamente e allusivamente di entrambi itesti 9. Dante, inoltre, che in tanti di questi canti evoca immagini che fanno veni-re in mente le pitture dei cicli figurativi che illustravano le Scritture sulle paretidelle Chiese del tempo e che si serve anche di parole che fanno riferimentoallarte della pittura (colori e immagini)10, conosce bene la lezione della potenzaevocativa dellimmagine simbolica e della sua ineffabilit. E inaugura anzi gi apartire dagli ultimi canti del Purgatorio quel tema, come nota Muresu11, o sipotrebbe quasi dire una vera poetica, dellineffabile che non a caso si esplicitaanche a proposito del suo stesso ruolo profetico, e proprio in quel canto XVIIdove Beatrice lo esorta a scrivere senza esitazione. Lo ammonisce infattiCacciaguida a non rivelare le cose che sarebbero incredibili ai vivi a propositodi Cangrande:

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    9 facile vedere che Dante conosceva intimamente i momenti apocalittici della Bibbia,e aggiungerei, conosceva alcuni modi della loro esegesi anche se non possiamo specificarecon sicurezza i commentatori che egli abbia letto. Nondimeno, bench molti degli elementiapocalittici nella visione dantesca sembrino riconoscibili, questo riconoscimento ha [83] sem-pre un che di illusione, perch tali elementi, sia isolati sia congiunti, non funzionano maicome nella Bibbia. [...]Nessun elemento nelle visioni individuali di Dante pu essere ridottoal suo punto di partenza biblico oppure esegetico; niente offre una lettura semplice e diret-ta.[...][84] Ci che capitale per la poesia che Giovanni, come pure Ezechiele, avevamostrato a Dante che questa vena di immagini macabre e splendide poteva essere sfruttata indue modi non esclusivi: poteva collegarsi con le esperienze spirituali del visionario stesso, edanche con lavvenire spirituale che egli sognava per il mondo intorno a lui., P. DRONKE,LApocalisse negli ultimi canti del Purgatorio, in Dante e la Bibbia, Atti del ConvegnoInternazionale promosso da Biblia Firenze, 26-27-28 settembre 1986 a cura di G.BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988 [pp. 82-84].

    10 e vidi le fiammelle andar davante,/ lasciando dietro a s laere dipinto,/ e di tratti pen-nelli avean sembiante;/ s che l sopra rimanea distinto/ di sette liste, tutte in quei colori/ ondefa larco il Sole e Delia il cinto. (Purg. XXIX, 73-78).

    11 G. MURESU, Tra gli arcani dellEden (Purgatorio XXXII), in Il richiamo dellanticastrega. Altri saggi di semantica dantesca, Roma, Bulzoni, 1997: p. 174 [...] il tentativo dichiarire ogni singolo aspetto comporta una totale incomprensione del senso pi autentico del-linsegnamento che Dante ha ricevuto e che intende trasmettere al lettore: lazione di Dioprocede per vie misteriose e comunque non attingibili dallumano ingegno.

  • A lui taspetta e a suoi benefici;per lui fia trasmutata molta gente,cambiando condizion ricchi e mendici;e porterane scritto ne la mentedi lui, e nol dirai; e disse cose incredibili a quei che fier presente.(Par. XVII, 88-93).

    Se anche il silenzio dantesco qui motivato dal fatto di trovarsi di fronte adeventi sconosciuti, in effetti sembra che in questa ammonizione si possa scorge-re il richiamo ad una responsabilit profetica a discernere ci che lecito rac-contare e ci che non lo .

    Anche Giovanni, era stato ammonito a non scrivere alcune delle rivelazioniriguardanti la fine dei tempi nellApocalisse:

    Et cum locuta fuissent septem tonitrua voces suas, ego scripturus eram, et audivi vocemde caelo dicentem mihi: Signa quae locuta sunt septem tonitrua, et noli ea scribere.

    (Apocalisse, 10, 4).

    Tutti i passi citati, e molti altri allinterno del poema, in cui Dante investitodella sua missione di testimone e profeta di ci che ha visto nel suo viaggio, inuna prospettiva salvifica dellumanit intera, hanno dato luogo ad un accesodibattito intorno al problema se Dante ritenesse di aver vissuto davvero lespe-rienza del viaggio descritto nella Commedia e soprattutto se davvero credesse alvalore della propria missione.

    Bruno Nardi scriveva in un suo famoso saggio del 1942, Dante profeta, cheDante fu vero profeta non perch i suoi disegni di riforma politica ed ecclesiastica si

    siano attuati [...] ma perch come tutti i grandi profeti, seppe levare lo sguardo oltre gli avve-nimenti che si svolgevano sotto i suoi occhi e additare un ideale eterno di giustizia come cri-terio per misurare la statura morale degli uomini ed il valore delle loro azioni12.

    E a Nardi hanno fatto eco molti critici pro e contro: dal Morghen13 che ricono-sceva in Dante la coscienza della propria missione divina di monito allumanit ealla Chiesa corrotta come nelle vesti di un profeta biblico portatore di unistanzadi riscatto religioso e civile per lavvenire, al Marzot che vedeva in queste partiprofetiche e apocalittiche il limite di un mero senso di erudizione veneranda 14.

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    Chiara Sbordoni

    12 B. NARDI, Dante profeta, in Dante e la cultura medievale. Nuovi saggi, Bari, Laterza,1942, p. 333.

    13 R. MORGHEN, Dante profeta, in Civilt medievale al tramonto, Bari, Laterza, 1971,pp. 145-163.

    14 G. MARZOT, Il linguaggio biblico nella Divina Commedia, Pisa, Nistri-Lischi, 1956.

  • Gli studi di Nardi del resto, contemporaneamente anche se in polemica a voltecon quelli di tienne Gilson, si erano spinti a fondo sul terreno filosofico, e avevanodefinitivamente infranto la barriera dellinterpretazione in chiave tomistica del pen-siero filosofico-teologico di Dante e della visione politica che ne derivava15.

    Quello che sembra evidente ripercorrendo i passi in cui Dante riecheggialApocalisse, che in tutti questi luoghi lintento profetico, il pensiero teologicoe filosofico e la visione politica in chiave critica e riformista, si intreccianosapientemente.

    2. Visione politica 16

    Un richiamo allimmaginario apocalittico si ha allinizio del XVII cantodellInferno, quando allo sguardo dello stupefatto pellegrino appare Gerione,mostro simbolo della frode, il peccato punito nellultima parte dellInferno, lapi profonda, verso la quale Dante e Virgilio si preparano a scendere.

    Ecco la fiera con la coda aguzza,che passa i monti e rompe i muri e larmi!Ecco colei che tutto l mondo appuzza![...]La faccia sua era faccia duom giusto,tanto benigna avea di fuor la pelle,e dun serpente tutto laltro fusto;[...]Nel vano tutta sua coda guizzava,torcendo in s la venenosa forcacha guisa di scorpion la punta armava.(Inf. XVII 1-3; 10-12; 25-27).

    Il mostro, che sar il loro veicolo per lulteriore catabasi, una fiera dallacoda aguzza, come di scorpione e dalla faccia duomo giusto. Come le cavallet-te evocate dal suono della tromba del quinto angelo, in Apocalisse 9, nella terzavisione di Giovanni.

    7 Et similitudines locustarum similes equis paratis in proelium, et super capita earumtamquam coronae similes auro, et facies earum tamquam facies hominum [...]

    (Apocalisse 9, 7)

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    15 . GILSON, Dante et la philosophie, Paris, J. Vrin, 1939. 16 A proposito della prospettiva storica e politica di Dante di matrice apocalittica molto

    interessante la lettura di Aldo Vallone che sottolinea lottimismo del poeta sempre rivolto alfuturo, per cui si confronti A. VALLONE La Divina Commedia e LApocalisse, in DeutschesDante Jahrbuch 65, 1990, pp. 107-145.

  • [...] 10 et habebant caudas similes scorpionum, et aculei erant in caudis earum: et potestasearum nocere hominibus mensibus quinque.

    (Apocalisse 9, 10)17.

    Limmagine apocalittica serve ad illustrare un momento di particolare ten-sione: Dante infatti sta per visitare quella zona dellInferno in cui punito ilpeccato pi grave, culminante nella figura del traditore massimo, Lucifero, con-fitto nel lago ghiacciato. La prospettiva storica si va ampliando fino a compren-dere una dimensione divina ed escatologica.

    Come sappiamo, il primo avvicinarsi di Dante a questa dimensione sarscandito dallincontro con il papa simoniaco Niccol III nel canto successivo.

    Il XIX canto dellInferno si apre con linvettiva contro Simon mago, eponi-mo del peccato di simona e contro i suoi rapaci seguaci che scontano il lorocontrappasso nella terza bolgia18. La simona, vale a dire il commercio di cosesacre, peccato legato alla cupidigia che, a sua volta, rappresenta uno dei fulcridella Commedia sin dallapparizione della lupa nel I canto dellInferno, quandoDante, appena uscito dalla selva, dirige i propri passi verso il dilettoso monte,ma il suo cammino impedito dal sopraggiungere delle tre fiere tra le quali laterza, la lupa appunto, gli fa perdere la speranza dellaltezza 19. Tra i peccati in-scritti nellorizzonte della cupidigia, la simona riveste un ruolo particolarmentegrave proprio perch collegato alla condotta della Chiesa e dei suoi ministri.

    Anna Maria Chiavacci Leonardi fa notare nella sua introduzione al canto,come la simona possa essere collegata anche alleresia, come peccato contro lo

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    Chiara Sbordoni

    17 La terza visione allude nel commento gioachimita al tempo dei dottori della Chiesaimpegnati contro leresia e la quinta tromba allo scontro tra la Chiesa generale al tempo diGioacchino e leresia catara. Pietro di Giovanni Olivi dal canto suo sottolineava nel suo com-mento allApocalisse la coincidenza tra terzo tempo e tempo dei concili in cui sono stabiliti eproclamati i dogmi della Chiesa e dunque viene fissata la disciplina interna alla Chiesa stessa.La tromba del quinto angelo allude allet in cui la Chiesa si trova allapice della propriapotenza mondana e i suoi ministri sono corrotti al punto che si comportano come re. Proprio aquesto punto, sempre secondo lintrepretazione del francescano Olivi, entra nella storia lafigura salvifica di San Francesco, evocato nella seconda visione dallangelo del sesto sigillo.

    18 Raccontano gli Atti degli Apostoli VIII 9-20 che Simone di Samara, esperto di arti magi-che, aveva tentato di comprare dagli apostoli Giovanni e Pietro la facolt di trasmettere lo SpiritoSanto mediante limposizione delle mani e Pietro gli aveva opposto il proprio sdegnato rifiuto:Pecunia tua tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri.

    Sulla figura di Simon Mago in questo canto si veda R. K. EMMERSON and R. B. HERZMAN,Op. cit., in particolare il capitolo 4 (The Commedia: Apocalypse, Chirch, and DantesConversion).

    19 La maggior parte dei commentatori sono daccordo nel vedere simboleggiata in questoanimale spettrale per la magrezza e inquieto, sanza pace, carico di tutte le bramosie umane,lavidit, il male peggiore che conduce ai peccati pi gravi, i peccati di frode degli ingannato-ri e dei traditori.

  • Spirito Santo. La pena dei simoniaci consiste nellessere confitti in buche scava-te nella pietra livida di cui sono costituite le pareti e il fondo della bolgia, lepiante dei piedi fuoriuscenti percorse dal fuoco. La pietra, linvisibilit di unaparte del corpo, il fuoco, che richiama uno degli attributi dello Spirito Santo oanche della carit, sono tutti elementi che gi avevano costituito lo scenariodella punizione degli eretici 20.

    Ma veniamo al passo eminentemente apocalittico del canto:

    Di voi pastor saccorse il Vangelista,quando colei che siede sopra lacqueputtaneggiar coi regi a lui fu vista;quella che con le sette teste nacque,e dalle diece corna ebbe argomento,fin che virtute al suo marito piacque.(Inf. XIX, 106-111).

    Questi versi derivano direttamente dal passo di Apocalisse 17, 1-321:1 Et venit unus de septem angelis [...] dicens:Veni, ostendam tibi dannationem meretricis

    magnae, quae sedet super aquas multas; 2 cum qua fornicati sunt reges terrae, et inebriati suntqui inhabitant terram de vino prostitutionis eius. 3 Et abstulit me in spiritu in desertum, etvidi mulierem sedentem super bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentemcapita septem et cornua decem.

    (Apocalisse, 17, 1-3).Poco pi oltre, sette alberi dorofalsava nel parere il lungo trattodel mezzo chera ancor tra noi e loro;ma quandio fui s presso di lor fatto,che lobietto comun, che l senso inganna,non perdea per distanza alcun suo atto,

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    20 Una possibile interpretazione del significato di questo contrappasso la fornir un altropapa incontrato da Dante nel corso del suo viaggio: Adriano V in Purg. XIX spiegher aDante che la pena degli avari nella quinta cornice del Purgatorio consiste nellessere chinaticon la faccia rivolta a terra proprio come in vita non erano stati in grado di sollevare lo sguar-do in alto, verso Dio (S come locchio nostro non saderse / in alto, fisso a le cose terrene, /cos giustizia qui a terra il merse Purg. XIX 118-120). Per analogia, molti commentatorihanno pensato che i simoniaci siano confitti nella pietra per lo stesso motivo: perch non sep-pero sollevare lo sguardo alle cose spirituali di cui pure come ministri di Dio si sarebberodovuti occupare.

    21 Giovanni racconta di un angelo che gli annuncia la visione della dannazione dellagrande meretrice che siede sopra le acque. Subito dopo langelo lo solleva e lo conduce inspirito nel deserto. A questo punto Giovanni vede la donna seduta sulla bestia dalle settecorna e dieci teste.

  • la virt cha ragion discorso ammanna,s comelli eran candelabri apprese,e ne le voci del cantare Osanna.Di sopra fiammeggiava il bello arnesepi chiaro assai che luna per serenodi mezza notte nel suo mezzo mese.(Purg. XXIX, 43-54).

    Limmagine deriva evidentemente da

    Et conversus sum ut viderem vocem quae loquebatur mecum; et conversus vidi septemcandelabra aurea, 13 et in medio septem candelabrorum aureorum similem filio hominisvestitum podere et praecintum ad mamillas zona aurea.

    (Apocalisse, 1, 12-13).5 Et de throno procedebant fulgura et voces et tonitrua, et septem lampade ardentes ante thro-

    num, qui sunt septem spiritus Dei. 6 Et in conspectu sedis tamquam mare vitreum simile crystallo(Apocalisse, 4, 5).

    Nellinterpretazione gioachimita ci troviamo nella descrizione dellet deimartiri sui quali discende lo spirito settemplice di Dio.

    Sotto cos bel ciel comio diviso,ventiquattro seniori, a due a due,coronati venien di fiordaliso.(Purg. XXIX, 84-86).vennero appresso lor quattro animali,coronati ciascun di verde fronda.Ognuno era pennuto di sei ali;le penne piene docchi; e li occhi dArgo,se fosser vivi, sarebber cotali.[...]Lo spazio dentro a lor quattro contenneun carro, in su due rote, trunfale,chal collo dun grifon tirato venne.[...]e di retro da tutti un vecchio solovenir, dormendo, con la faccia arguta.[...]E quando il carro a me fu rimpetto,un tuon sud, e quelle genti degneparvero aver landar pi interdetto,fermandosi ivi con le prime insegne.(Purg. XXIX 94-98; 108-110; 143-44; 151-154).

    4 Et in circuito sedis sedilia viginti quattuor, et super thronos viginti quattuor senioressedentes circumamicti vestimentis albis, et in capitibus eorum coronae aureae. [...] 6 [...] et in

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    Chiara Sbordoni

  • medio sedis et in circuito sedis quattuor animalia plena oculis ante et retro; 7 et animal primumsimile leoni, et secundum animal simile vitulo, et tertium animal habens faciem quasi hominis, etquartum animal simile aquilae volanti. 8 Et quattuor animalia singula eorum habebant alas senas,et in circuitu et intus plena sunt oculis, et requiem non habebant die ac nocte dicentia: Sanctus,sanctus, sanctus Dominus Deus omnipotens, qui erat et qui est et qui venturus est.

    (Apocalisse, 4, 4; 6-8).

    Siamo qui nella prima visione di Giovanni, che Gioacchino e Olivi associa-no allet della Chiesa degli apostoli.

    Trasformato cos l dificio santomise fuor teste per le parti sue,tre sovra l temo e una in ciascun canto:le prime eran cornute come bue,ma le quattro un sol corno avean per fronte:simile monstro visto ancor non fue.Sicura, quasi rocca in alto monte,seder sovresso una puttana scioltamapparve con le ciglia intorno pronte;e come perch non li fosse tolta,vidi di costa a lei dritto un gigante;e basciavansi insieme alcuna volta.Ma perch locchio cupido e vagantea me rivolse, quel feroce drudola flagell dal capo infin le piante;poi, di sospetto pieno e dira crudo,disciolse il monstro, e trassel per la selva,tanto che sol di lei mi fece scudoalla puttana ed alla nova belva.(Purg. XXXII, 143-161)

    3 Et visum est aliud signum in caelo, et ecce draco magnus rufus, habens capita septem etcornua decem, et in capitibus eius diademata septem; et cauda eius trahebat tertiam partemstellarum caeli, et misit eas in terram. Et draco stetit ante mulierem quae erat paritura, ut cumpeperisset, filium eius devoraret. [...] 7 [...] et draco pugnabat et angeli eius: 8 et non value-runt, neque locus inventus est eorum amplius in caelo. 9 Et proiectus est draco ille magnus,serpens antiquus qui vocatur diabolus et Satanas, qui seducit universum orbem; et proiectusest in terram, et angeli eius cum illo missi sunt.

    (Apocalisse, 12, 3-9)[...] vidi...bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentem capita septem et

    cornua decem[...](Apocalisse, 17, 3)Veni, ostendam tibi dannationem meretricis magnae, quae sedet super aquas multas; cum

    qua fornicati sunt reges terrae, et inebriati sunt qui inhabitant terram de vino prostitutioniseius. [...] Et vidi mulierem sedentem super bestiam [...] Et in fronte eius nomen scriptum [...]:Babylon magna, mater fornicationum terrae.

    (Apocalisse, 17, 1-5).

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

  • Ci troviamo qui nella sesta visione, secondo linterpretazione gioachimitaquella della punizione di Babilonia, la meretrix magna.

    Le interpretazioni dei simboli oscillano legate come sono al sincretismo pro-prio del metodo di Dante nel ricorrere alle fonti e alle varie tradizioni esegeticherelative.

    In tutte queste immagini, da Inf. XIX a Purg. XXIX e XXXII, ci troviamo difronte alla rappresentazione della storia della Chiesa nelle varie epoche scanditeattraverso il ricorso al testo giovanneo. La Chiesa appare cos prima nelle sem-bianze di una creatura che si prostituisce con i re della terra. Dante ce la presen-ta, riunendo in una sorta di allucinazione gli attributi di mostri diversi, tuttefigure attinte dallApocalisse, come avente sette teste, che quasi tutti i commen-tatori antichi e moderni identificano come le sette virt o i sette doni dello Spi-rito Santo e dieci corna, i dieci comandamenti, che la guidarono finch al maritopiacque. La meretrix evidentemente la Chiesa e il marito il Papa (secondo iltopos delle nozze mistiche): Dante sta inveendo contro la condotta corrotta, si-moniaca ma soprattutto esiziale per la politica di Firenze e dItalia, dei papi deltempo (Bonifacio VIII e Clemente V). Pochi versi dopo il cenno a Costantino

    Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,non la tua conversion, ma quella doteche da te prese il primo ricco patre!(Inf. XIX, 115-117)

    collega linvettiva anti simoniaca al progetto politico dantesco della neces-sit della divisione dei poteri imperiale ed ecclesiastico come duplice emanazio-ne della giustizia divina, luna riguardante le cose temporali, laltra spirituali.

    Lo stesso orizzonte ampliato ad una dimensione veramente escatologica siha nei due canti alla fine del Purgatorio.

    La processione mistica, una visione nella visione, mostra i suoi simboli: icandelabri, lo spirito settemplice di Dio, associato, dallesegesi di Gioacchino eOlivi, allera dei martiri (la seconda) e del loro sacrificio allepoca delle perse-cuzioni; e i ventiquattro seniori vestiti di bianco, i ventiquattro libri del VecchioTestamento che appaiono insieme ai quattro animali, gli evangelisti e la lorotestimonianza scritturale (il Nuovo Testamento) posti proprio attorno al cuoredella visione dantesca, appartengono alla prima visione apocalittica associataalla Chiesa apostolica. Ultimo della processione proprio il libro dellApocalissenella figura di un vecchio solo che avanza dormendo (allusione alla dimensionevisionaria e profetica) con la faccia arguta. Al centro di questi simboli, tuttiassociabili nelle interpretazioni storiche correnti al tempo di Dante alle primeepoche della storia della Chiesa, quando la Chiesa era ancora integra sebbeneminacciata da nemici di ogni sorta, appare il carro, simbolo della Chiesa mili-

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    Chiara Sbordoni

  • tante stessa, come autorizza a pensare il senso generale di questo passo e unpasso della lettera di Dante ai Cardinali22. Il carro attaccato al collo di ungrifone, animale dalla duplice natura, simbolo di Cristo Dio e uomo. Nel XXXIIdel Purgatorio il grifone-Cristo lega il carro-Chiesa alla pianta dellEden: lette-ralmente lalbero della conoscenza del bene e del male, allegoricamente, comedichiara lo stesso Dante in Purg. XXXIII 70-2, la giustizia divina. Attraverso iltimone, fatto dello stesso legno della pianta, che nellinterpretazione medievaleera anche il legno della croce, limmagine assume il significato della redenzionedellumanit (che ancora potrebbe essere rappresentata dalla pianta come sim-bolo del lignaggio umano, come pensa Tondelli23 basandosi sulle corrisponden-ze tra limmaginario dantesco e alcune tavole del Liber figurarum diGioacchino da Fiore). Redenzione che Cristo compie attraverso il sacrificiodella crocifissione. Cos la pianta torna a fiorire nella porpora che quasi fa pen-sare, come osserva Anna Maria Chiavacci Leonardi, al sangue di Cristo. Subitodopo quattro immagini violente rompono lincanto della scena: prima unaquilacala in picchiata stralciando le fronde dellalbero e rovinando una parte delcarro, basculante come una barca sferzata dalle onde e dai venti; quindi unavolpe vorace si avventa contro il carro ed messa in fuga solo dallintervento diBeatrice; poi di nuovo laquila scende sul carro e vi depone le proprie penne;infine la terra si spacca e un drago ne fuoriesce figgendo la propria coda simileal pungiglione della vespa nel ventre del carro per poi ritrarsi e strisciare viacome serpente.

    Di nuovo Dante ripercorre in queste immagini i tempi della storia della Chiesamilitante costretta ad affrontare la persecuzione pagana degli imperatori romani nelprimo tempo; leresia nel secondo e poi nel quinto tempo; la disgrazia della dona-zione di Costantino origine della degenerazione della Chiesa; infine lo squarcio pro-dotto dalla coda del drago, figura apocalittica interpretata come lelemento scismati-co (lIslam) che si insinua nel seno della Chiesa stessa proprio allepoca dellistitu-zione del monachesimo e pronto a mangiare il figlio della donna vestita di sole.

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    22 Vos equidem, Ecclesie militantis veluti primi prepositi pili, per manifestam orbitamCrucifuxi currum Sponse regere negligentes, non aliter quam falsus auriga Pheton exorbita-stis; et quorum sequentem gregem per saltus peregrinationis huius illustrare intererat, ipsumuna vobiscum ad precipitium traduxistis. Nec adimitanda recenseo cum dorsa, non vultus,ad Sponse vehiculum habeatis, et vere dici possetis, qui Prophete ostensi sunt, male versi adtemplum vobis ignem de celo missum despicientibus, ubi nunc are ab alieno calescunt;vobis columbas in templo vendentibus, ubi que pretio mensurari non possunt, in detrimentumhinc inde commutantium venalia facta sunt. Sed attendatis ad funiculum, attendatis ad ignem,neque patientiam contemnatis Illius qui ad penitentiam vos expectat., D. ALIGHIERI, EpistolaVIII Cardinalibus ytalicis Dantes de Florentia, Roma, Newton Compton, 1993, p. 1174.

    23 L. TONDELLI, M. REEVES, B. HIRSCH-REICH, Il libro delle figure dellabate Gioachinoda Fiore, Torino, Societ Editrice Internazionale, 1953.

  • Anche in questa serie di visioni Dante contamina immagini diverse e le saldacon lintento di dare forza alla sua rappresentazione della storia del mondo. Lafantasia possente di questa fantasmagorica contaminatio culmina nella caleido-scopica metamorfosi finale del carro della Chiesa squarciato e ricoperto dallepenne dellillecito potere temporale, come dallevangelica gramigna, in mostrodalle sette teste e dieci corna. La fantasia dantesca ricrea cos la famosa immagi-ne apocalittica ma dandole una nuova funzione al punto che lautore stessorivendica:

    simile mostro visto ancor non fue.(Purg. XXXII, 146).

    La Chiesa che era stata rappresentata come la prostituta dalle sette teste edieci corna (elementi positivi) ora la bestia immonda, il monstrum, il prodigiomalefico su cui trionfano i vizi nati dalla corruzione. La mutazione nellAnticri-sto completa: lultimo nemico dalla ingannevole doppia natura sorto nel se-no della Chiesa. Su di esso troneggia sguaiatamente la puttana sciolta, Babiloniae poi la Roma pagana dellApocalisse e della sua esegesi, infine qui, la curiaromana cresciuta nel vizio e nellabbaglio del potere. Di nuovo torna limmagi-ne della meretrix magna colta nel lascivo baciarsi col gigante, simbolo del re diFrancia.

    La proposta di Lino Pertile24 di vedere nel gigante unaltra figura dellAnti-cristo e nel suo baciarsi con la puttana e nel fustigarla un rovesciamento dellenozze mistiche del Cantico dei Cantici tra il gigante-Cristo e la Sposa-Chiesa,nulla toglie alla certezza del rimando al testo giovanneo. Viene se mai a provareancora una volta il complesso sincretismo delle scelte dantesche e del costruirsidella sua immaginazione per sovrapposizioni di fonti e di stili.

    La critica alla Chiesa corrotta del proprio tempo si salda poi, come si dicevaallinizio, allorizzonte del francescanesimo.

    NellXI canto del Paradiso San Tommaso tesse lelogio di San Francesconarrandone la vita.

    Gli episodi salienti della vita del santo sono scanditi da immagini presedallApocalisse e rivisitate dalla letteratura francescana.

    O insensata cura de mortali,quanto son difettivi sillogismiquei che ti fanno in basso batter lali!Chi dietro a iura, e chi ad aforismi

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    Chiara Sbordoni

    24 L. PERTILE, La puttana e il gigante. Dal Cantico dei Cantici al Paradiso Terrestre diDante, Ravenna, Longo, 1998.

  • sen giva, e chi seguendo sacerdozio,e chi regnar per forza o per sofismi,e chi rubare, e chi civil negozi;chi nel diletto della carne involtosaffaticava, e chi si dava allozio,[...](Par. XI, 1-9)Di questa costa, l dovella frangepi sua rattezza, nacque al mondo un sole,come fa questo tal volta di Gange.(Par. XI, 49-51)Ma perchio non proceda troppo chiuso,Francesco e Povert per questi amantiprendi oramai nel mio parlar diffuso.(Par. XI, 73-75)ma regalmente sua dura intenzionead Innocenzio aperse, e da lui ebbeprimo sigillo a sua religione.(Par., XI, 91-93)nel crudo sasso intra Tevero e Arnoda Cristo prese lultimo sigillo,che le sue membra due anni portarno.(Par., XI, 106-108)

    2 Et vidi alter angelum ascendentem ab ortu solis habentem signum Dei vivi; et clamavitvoce magna quattuor angelis quibus datum est nocere terrae et mari [...]

    (Apocalisse, 7, 2).

    Il canto inizia con una condanna di coloro che guardano in basso, alle coseterrene, di nuovo sembra esserci un accenno a quella stessa bassezza che fa gua-dagnare ai simoniaci il contrappasso dellessere confitti con la faccia nella terra.In alto sta la felicit (il dilettoso monte principio e cagion di tutta gioia) e que-sto sembra essere il messaggio di Francesco, rappresentato secondo la tradizio-ne francescana di Tommaso da Celano (Legenda prima, Legenda secunda,Legenda trium sociorum), San Bonaventura (Legenda maior) e del Sacrumcommercium beati Francisci cum domina Paupertate, come il Sole. Francesco,che qui viene da Oriente come langelo del sesto sigillo, langelo del giudizio,non si lasciato confondere ma ha saputo seguire lesempio di Cristo, anzi piprecisamente figura Christi, una figura capovolta come fa notare Auerbach inuno dei suoi saggi pi densi25. E, come Cristo, anche Francesco abbraccia la

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    25 E. AUERBACH, Francesco dAssisi nella Commedia, in E. A. Studi su Dante, Milano,Feltrinelli, (1963) 1995, pp. 227-240. Se quindi di solito si tende a leggere i personaggi del

  • donna che nessuno vuole, madonna Povert, e la conduce allaltare delle misti-che nozze che contengono lunico messaggio in grado di riportare la Chiesa allapurezza delle proprie origini riformando e rinnovando se stessa, tornando a fis-sare il proprio sguardo al cielo e alla propria missione spirituale.

    Francesco poi presentato ancora una volta come alter Christus attraversoquellultimo sigillo, signum Dei vivi, ricevuto alla fine della vita terrena: lestimmati26.

    Il rilievo dato da Dante al rapporto del santo con lIslam e a quella piccolacrociata pacifica intesa a convertire il Saladino, che di nuovo suggerisce il con-fronto tra le immagini dantesche e le pitture di Giotto nella basilica superiore diAssisi e poi nella cappella Bardi a Santa Croce in Firenze, sembra far affioraredi nuovo leco del drago che squarciava il carro della Chiesa e insieme sembraanticipare uno dei temi portanti dei canti di Cacciaguida, lavo di Dante mortoin Terra Santa.

    A questo punto doveroso fermare lattenzione sullultimo anello di con-giunzione che salda le varie dimensioni del poema sempre sotto il segno deitemi legati allimmaginario apocalittico. Alla dimensione escatologica legataalla lettura della missione salvifica della Chiesa contigua al ruolo profetico deltesto dantesco, e alla stigmatizzazione della condotta della Chiesa secolare, sipu accostare infatti lingresso di Dante uomo-politico, poeta e cristiano nel suocammino di salvazione, seguendo un filo che da Inf. XIX, riemerge in Par. XV,XVI e XVII, e, infine in Par. XXV e XXVI.

    In Par. XV, infatti, Dante incontra il suo avo Cacciaguida. Si gi mostratocome alla fine di Par. XVII sia presente lesortazione pi forte ad assumersi laresponsabilit di vates. In effetti anche allinizio di Par. XV Dante aveva dinuovo istituito un paragone esplicito tra il suo incontro con Cacciaguida e lin-contro di Enea con Anchise nei campi Elisi, ribadendo lappartenenza a quellatriade formata da Enea, Paolo e infine s stesso di visitatori dellal di l investitidi una missione di salvezza. Ma questa volta il richiamo alla dimensione storicapersonale di Dante, gi ovvio nellincontro stesso, evidentemente quello pre-valente. Nel momento dellelogio della Firenze antica pronunciato dal suo avo,ad esempio, ricorre il riferimento al Battistero di San Giovanni dove entrambiDante e Cacciaguida hanno ricevuto il battesimo e che rappresenta pi volte nel

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    Chiara Sbordoni

    Vecchio Testamento o della letteratura classica, vissuti prima di Cristo, come figure diCristo, in questo caso si legge come figura di Cristo un personaggio vissuto dopo di lui.

    26 A proposito di questo ricorso alla parola sigillo e al suo eco apocalittico molto inte-ressante il saggio gi citato di R. B. HERZMAN, Dante and the Apocalypse. Inoltre si rimandaanche a R. K. EMMERSON and R. B. HERZMAN, Op. cit., soprattutto al capitolo 2 (The LegendaMaior: Bonaventures Apocalyptic Francis).

  • poema il simbolo del legame tra il poeta e Firenze, sua patria storica e spitirituale.Anche Cacciaguida sottolinea infatti: A cos riposato, a cos bello / viver di cit-tadini, a cos fida / cittadinanza, a cos dolce ostello / Maria mi di, [...]/ e nel-lantico vostro Batisteo / insieme fui cristiano e Cacciaguida. (Par. XV, 130-135).

    Dante rievocava il battistero, il suo bel San Giovanni anche al verso 17 di Inf.XIX nella descrizione della terza bolgia, e lo far anche in Par. XXV, che come sivedr pu essere considerato: lesito di questo canto XV per quanto riguarda Dantepersonaggio ma in prospettiva escatologica. Anche la descrizione della Firenzeantica, reintroduce in chiave diversa il tema della corruzione derivante dalle ric-chezze e dai costumi molli, che, se affligge e degrada la Chiesa, produce altrettantosconquasso nellintegrit e nel sistema di valori dei concittadini di Dante. Il riferi-mento alla citt, ovile di San Giovanni, (ancora il Battistero e quella metaforadellovile che ricorre anche in Par. XXV, 5) si ritrova poi in Par. XVI al v. 25;mentre in Par. XVII la profezia dellesilio salda il destino terreno di Dante, la poli-tica di Firenze e la corruzione della curia romana di Bonifacio VIII:

    Questo si vuole e questo gi si cerca,e tosto verr fatto a chi ci pensal dove Cristo tutto d si merca.(Par. XVII, 49-51).

    Di nuovo, la dimensione personale connessa a quella storica nel riferimen-to a Cangrande e, come si visto, allassunzione del ruolo profetico di Dante.

    In Par. XXV, sembrano tirarsi le fila di questo percorso, nel momento in cuiDante incontra San Giovanni, favilla luminosa nel cielo delle stelle fisse. Il cantosi apre infatti di nuovo con un richiamo al ruolo profetico del proprio canto nel-lipotesi che possa vincere la crudelt dei concittadini e guadagnare a Dante ilritorno in Firenze: di nuovo prospettiva dellesilio e dunque richiamo alla politi-ca di Firenze e al rapporto di Dante con i concittadini, valenza sacra del poema edunque ruolo profetico ma anche chiaramente poetico dellautore (ritornerpoeta, ed in sul fonte / del mio battesmo prender l cappello) si intreccianoesplicitamente. Lincontro con San Giacomo innesta il tema della Speranza, laseconda virt teologale su cui Dante, che ha gi risposto alle domande di SanPietro sulla Fede, chiamato a rispondere prima di essere ammesso alla visionecon cui si concluderanno il suo viaggio e il suo poema. Se Beatrice intervenendosulla seconda domanda di San Giacomo circa la speranza di Dante, riconduce ildiscorso sul suo ruolo di viator cui dato in vita (anzi chel militar li sia pre-scritto) di compiere il suo cammino dallEgitto in Gerusalemme, Dante con lasua risposta riguardo alla natura della Speranza (Spene [...] uno attender certo /della gloria futura, il qual produce / grazia divina e precedente merto) si avvici-na ancor pi esplicitamente a quello che sar il destino di salvazione della suaanima post mortem e il riscatto della ingiusta condanna subita in terra. Subito

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

  • dopo, lincontro con San Giovanni e il rifiuto di Dante della credenza secondocui Giovanni sarebbe stato assunto in cielo con tutto il corpo, prima del Giornodel Giudizio, introducono un altro richiamo allApocalisse:

    In terra terra l mio corpo, e sarglitanto con li altri, che l numero nostrocon letterno proposito sagguagli.Con le due stole nel beato chiostroson le due luci sole che saliro;e questo apporterai nel mondo vostro. (Par. XXV, 124-128).

    Questo passo riecheggia probabilmente:Datae sunt illis singulae stolae albae; et dictum est illis ut requiescerent adhuc tempus

    modicum donec compleantur conservi eorum, qui interficiendi sunt sicut et illi(Apocalisse, 6, 11).

    Di nuovo presente, sotto il segno della fonte giovannea, lesortazione ascrivere la verit perch sia conosciuta in terra, questa volta collegata al destinodi salvezza che aspetta Dante dopo la morte gi annunciato nei versi:

    Dice Isaia che ciascuna vestitaNe la sua terra fia di doppia vesta:e la sua terra questa dolce vita.E l tuo fratello assai vie pi digesta,l dove tratta delle bianche stole,questa rivelazion ci manifesta.(Par. XXV, 91-93).

    che rimandano a:

    Vidi turbam magnam, quam dinumerare nemo poterat ex omnibus gentibus et tribubus etpopulis et linguis; stantes ante thronum et in conspectu Agni, amicti stolis albis, et palmae inmanibus eorum.

    (Apocalisse, 7, 9).

    Anna Maria Chiavacci Leonardi, ripercorrendo questo canto dallinizialeipotesi dellimpossibile (Se mai continga...) a questi ultimi versi, scrive:

    Cos tutta la sequenza finale del canto, lincontro con lapostolo, lansioso guardare diDante per intravederne il volto, e la solenne risposta, appare come un riproporne, in forma didiretta esperienza, il tema centrale: la suprema felicit sperata dalluomo, lingresso dellesu-le nella patria la sua terra cio dal tempo nelleterno, indossando per la veste che allamorte egli ha dovuto lasciare, e senza la quale luomo non se stesso.

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    Chiara Sbordoni

  • [...]Al fallimento del Dante storico, cacciato e misero come il popolo di Isaia, senza alcun

    successo umano, n politico n letterario, corrisponde la gloria dellaltro Dante che entra nel-laltra eterna citt, nella sua terra, con diversa corona. Quella speranza non gli verr meno27.

    Nel canto seguente, infine, la figura di San Giovanni ulteriormente collega-ta alla dimensione profetica dellopera di Dante, attraverso la definizionedellAmore di Carit, che ancora una volta riecheggia il testo di Giovanni (sialApocalisse che il Vangelo):

    Lo ben che fa contenta questa corte,Alfa ed O di quanta scritturami legge Amore o lievemente o forte.(Par. XXVI, 16-18)Ego sum Alpha et Omega, primus et novissimus, principium et finis(Apocalisse, XXII, 13)

    ma soprattuto:

    Ego sum Alpha et Omega, principium et finis, dicit Dominus Deus: qui est, et qui erat, etqui venturus est, omnipotens

    (Apocalisse, 1, 8).

    che torna anzi come esplicito riferimento a Giovanni qualche verso dopo,quando Dante risponde alla seconda domanda che riguarda le fonti della suaconcezione di Amore-Caritas e del suo possederlo:

    Sternilmi tu ancora, incominciandolalto preconio che grida larcanodi qui l gi sovra ogni altro bando.(Par. XXVI, 43-45)

    Tutti gli elementi costitutivi della Commedia, sembrano saldarsi sotto ilsigillo apocalittico: Dante profeta esule sceglie la rivelazione emblematica delprofeta e esule in Patmos come sottotesto del suo argomentare in prospettivastorica ed escatologica generale e storica ed escatologica personale, istituendouna possibile identit tra s e il suo modello (Dante come Giovanni?). Cos ilsuo poema sacro, che ha il fine di removere viventes in hac vita de statu miserieet perducere ad statum felicitatis, contempla il fulgore di quella francescana

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    LApocalisse nella Commedia di Dante

    27 A. M. CHIAVACCI LEONARDI, Le bianche stole: il tema della resurrezione nel Paradi-so, in Dante e la Bibbia, Atti del Convegno Internazionale promosso da Biblia Firenze, 26-27-28 settembre 1986 a cura di G. BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988, p. 267; pp. 268-269.

  • paupertas cum letitia che si contrappone al lusso e al potere corrotto della curiaromana. Dante, infine, che far (ma in realt ha gi fatto) parte per s stessoattende, il cinquecento e diece e cinque, il profetico Veltro che solo potr libera-re il mondo dalla lupa e allo stesso tempo gi proiettato nella luce della visio-ne salvifica di Dio che anticipa il destino glorioso della sua anima gi ardente inquellattender certo della gloria futura che la sua Speranza e in quellAmore-Caritas che , ancora con le parole di Giovanni, lAlfa e lOmega della sua ispi-razione e della sua scrittura.

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    Chiara Sbordoni